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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

Giovedì Santo

Con il Giovedì santo inizia il cosiddet-to triduo pasquale, il mistero dei tre giorni santi. Celebriamo l'istituzione dell'eucaristia nell'ultima cena. Gesù ha voluto lasciarci un segno visibile per mostrarci il suo amo-re fino alla fine. Mentre Gesù spezzava il pane e lo dava ai discepoli, mentre benedi-ceva il calice come segno della nuova al-leanza e lo porgeva ai discepoli, mostrava con chiarezza come egli stesso compren-desse la propria morte in croce: come com-pimento del proprio amore, come donazio-ne per noi. All'arresto si sarebbe anche po-tuto sottrarre, fuggendo in un altro paese. Invece è rimasto, perché non voleva abban-donare i suoi discepoli, ai quali aveva pre-dicato l'amore di Dio, mostrandolo loro nel suo concreto agire. Nella sua morte in cro-ce ha mostrato loro che li amava fino alle estreme conse-guenze. In ogni eucaristia noi prendiamo parte all'amore di Gesù, che non ha evitato neppure la morte. Come segno del propr io amore Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Questo rito, compiuto dal sacerdote du-rante la liturgia, rivela quanto Gesù ha fatto per noi nella sua morte in croce. Si è chinato su di noi, fino nella polvere della morte, e ha lavato e guarito i nostri piedi sporchi e feriti.

Venerdì Santo

Il Venerdì santo potrebbe essere un giorno particolare. Molti lo celebrano come giorno di silenzio: una colazione in silenzio, insieme a musica adatta, unisce la famiglia in un modo diverso dai soliti discorsi. Durante questo giorno alcuni digiunano o mangiano solamente pane secco o si limitano alle bevande. Fa bene all'anima che questo giorno venga distinto dal solito tran tran, che pratichiamo perso-nalmente e come famiglia. Nel venerdì santo si celebra la liturgia della passione e della morte di Gesù Si inizia con un lungo silenzio, durante il quale i sa-cerdoti si prostrano per terra: questo gesto insolito esprime che ci possiamo avvicinare al mistero della morte in croce di Gesù solamente nel silenzio. Poi viene letta la passione dal vangelo secondo Giovanni

Già all'inizio Giovanni pone in risalto chi è questo Gesù che le guardie arrestano. Di fronte a lui cadono a terra e senza volerlo rendono omaggio a colui che è il vero re. Pilato cerca di intimidire Gesù, ma, pur avendo potere poli-tico, di fronte a Gesù appare impotente e debole. Gesù ri-corda il fondamento della propria sovranità: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36). La dignità di Gesù non è di questo mondo. Egli è sceso dal cielo sulla terra. Il mondo non ha potere su di lui, anche se da fuori sembra essere così. Noi non ascoltiamo la passione di Gesù per ammirar -lo, ma per meditare in Gesù Cristo il superamento del no-stro dolore.

Nella nostra vita sperimentiamo le stesse stazioni dolorose che Gesù ha percorso prima di noi. Siamo imprigionati, condannati, incompresi, feriti, percossi e infine appesi alla

croce della nostra contraddittorietà. Là passeremo soli la porta della morte. Eppure, nonostante tutto, anche per noi è vero che vi è in noi un regno che non è di questo mondo, che in noi c'è qualcosa di divino, sul quale questo mondo non ha potere. Questo ci dà la fiducia di percorre-re con Gesù, in libertà e dignità, la nostra strada verso la gloria di Dio. Dopo le lunghe preghiere di intercessio-ne, nelle quali la chiesa intercede per tutti gli uomini del mondo intero, l’adora-zione della croce costituisce il culmine della liturgia del venerdì santo. La croce è adorata non come simbolo della sofferen-za, ma come immagine della nostra salvez-za. La croce è il segno che Cristo ha assun-to tutta la contraddizione dell'essere umano e l'ha trasformata con il suo amore: niente

in noi è più escluso da questo amore di Dio. Per questo di fronte alla croce cantiamo la nostra gioia per l'amore di Gesù: «Ecco il legno della croce: venite adoriamo!».

Sabato Santo

Per molti il Sabato santo è solamente un giorno per le pulizie o per prepararsi alla Pasqua. Eppure, proprio questo giorno che non prevede alcuna liturgia ha un suo particola-re significato spirituale. Gesù non è solamente morto per noi, è stato tre giorni nel sepolcro. Dovremmo allora abbandonarci consapevolmente al contenuto spirituale di questo giorno. Ciò avviene al me-glio nel silenzio, quando ci poniamo di fronte alla nostra verità e al “nostro sepolcro”. Cristo è sceso nel regno della morte, negli inferi, nel regno delle ombre. Possiamo immaginarmi come Gesù scenda nel regno delle nostre ombre. Possiamo provare a chieder-ci:

he cosa escludo dalla mia vita? Dove non voglio guardare? Dove ho rimosso qualcosa, represso nella ca-

mera oscura della mia anima? Dove mi rifiuto di guardare in me stesso? Che

cosa voglio nascondere a me stesso, agli altri, a Dio?

Proprio in questi ambiti di morte e di oscurità

Cristo vuole scendere, per smuovere e portare alla vita quanto di rigido e di morto, quanto di oscuro è in noi. Cristo è stato nel sepolcro. Così il sabato santo ci invita a guardare alle nostre situazioni inte-riori di morte.

Solamente se troviamo il coraggio di meditare

sul nostro sepolcro e di sotterrare tutto quello che ci tiene lontano dalla vita, risorgeremo a Pa-squa come persone redente e liberate.

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

La lavanda dei piedi è la scuola dell'Amore; è il vangelo più eucaristico, perché l'Eucaristia è il

massimo dell'abbassamento di Dio; la lavanda dei piedi è un atteggiamento talmente impossibile che solo Dio poteva inventarlo. Non credere di poterci riuscire da solo. Tutto si gioca su un'umiliazione; le umiliazioni sono le cose più pre-ziose che abbiamo; stiamo parlando un linguaggio incom-prensibile al mondo, siamo al Giovedì Santo. Qui non si parla di servizi da vetrina, ma di servizi non gratificanti. Un servizio che si venga a sapere, con il rischio che qualcuno ti lodi, perde i connotati della lavanda dei piedi. Non credere di lavare i piedi quando servi i poveri, ma quando fai, senza farti accorgere, un lavoro noioso che toccherebbe a un altro, senza brontolare o farlo pesare. Quando fai un servizio a uno che soffre molto, non credere di lavargli i piedi, è lui che lava i piedi a te. Lavi i piedi quando sei umiliato ingiustamente, o quando qualcuno ti butta in faccia un difetto in malo modo e tu non ti ribelli, ma accogli con umiltà la verità da qualunque parte venga, anche se detta senza carità. Lavi i piedi quando sopporti con pazienza una persona indigesta. Lavi i piedi quando per amo-re del Signore non ti risparmi, accettando qualsiasi lavoro, senza che qualcuno si accorga, sen-za ricevere approvazioni o ringraziamenti. Colui che lava i piedi è uno schiavo, e dunque uno senza diritti; per cui tutto quello che riceve, lo riempie di stupore e di gioia. Lavare i piedi è schiavitù per amore. Per questo senza la grazia divina è un atteggiamento impossibile all'uo-mo. Il lavare i piedi se è autentico, non è episodico, ma dura tutta la vita. Lavare i piedi è mori-re ogni giorno e non da eroe. (don Tonino Bello)

PERCHÉ SI MANGIANO LE UOVA PER PASQUA?

La tradizione di decorare uova risale già ai primi cristiani che pitturavano le uova di rosso, per ricordare il sangue di Cristo, e le decoravano con croci o altri simboli (una tradi-zione che dura ancora oggi nei paesi ortodossi e cristiano-orientali). La simbologia dell’uovo è evidente: dall’uovo nasce la vita che a sua volta veniva associata con la rinascita del Cristo e quindi con la Pasqua. In real-tà, le uova decorate secondo questa simbologia sarebbero andate bene anche per il Natale, in occasione della nascita di Cristo, ma secondo alcuni studi la tradizione delle uova pasquali venne rafforzata da un’usanza tipicamente pasquale: la Quaresi-ma, il periodo di quaranta giorni prima della Pasqua nel quale i credenti sono tenuti al digiuno e all’astinenza. In questo periodo è vietato mangiare carne. In passato, e tuttora nelle chiese cristiane orientali, era vietato mangiare anche le uova. Era difficile però costringere le galline a non depositare uova in quel periodo, così i primi cristiani si trovavano con un surplus di uova che non potevano mangia-re. Dalla necessità di farci qualcosa sarebbe nata la tradizione di bollirle fino a farle di-ventare dure come sassi e poi dipingerle con colori sacri e simbolici.

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

In un campo pascolavano un'asina con il suo puledro. Era stato svez-

zato da poco e talvolta, quando si metteva nei guai, cercava ancora il conforto della sua mamma. Il suo nome era Lollo e aveva grandi orec-chie appuntite e occhioni scuri, intelligenti e furbi. Come tutti i cuccioli era birbaccione, chiassoso, prepotente. Appena poteva si al-lontanava verso i confini del campo cercan-do di sconfinare e, quando il padrone andava a ripren-derlo, puntava le zampe sul terreno e non c'era modo di smuoverlo. Bisognava trascinarlo e quanto erano acuti i suoi ragli di protesta! Il padrone ancora non si decideva a metterlo al lavoro: era talmente giovane e testone! Una bella mattina di primavera giungono nel campo degli uomini, parlottano un po' col padrone e poi co-minciano a guardare verso Lollo. Erano venuti infatti a fare una richiesta curiosa che riguardava proprio lui. Questi uomini erano servi di un tale, un certo Nazare-no e, mandati da questo, volevano in prestito proprio Lollo. Serviva al loro Maestro per entrare in Gerusa-lemme. Il padrone era perplesso: "Macché Lollo! Per il vostro Maestro ci vuole un cavallo. Io non ce l'ho, ma il mio vicino è un soldato e certamente sarà contento di pre-starvi il suo bel cavallo bianco". Ma quelli insistevano, si erano proprio fissati! Vole-vano un asino che fosse giovane che non avesse mai lavorato. "E' il Maestro che lo chiede - dicevano - ma non temere te lo restituiremo". Il padrone alzava gli occhi al cielo: "Ma allora proprio non capite, quest'asino non è adatto! E' prepotente, testone e farà fare a me e al vostro Maestro una brutta figura. E' capace di fermarsi in mezzo alla strada e di non voler più camminare, se gli gira, incomincia a ragliare così forte e non la finisce più, e poi, morde!". E i servi a lui: "Così come è, lo vuole il Maestro, e Lui non sbaglia! Se ha chiesto quest'asino avrà i suoi buoni motivi!". Il padrone allora, avvilito, prende un pezzo di corda, lo butta intorno al collo di Lollo e lo consegna ai servi. Lollo è troppo interessato alla fac-cenda per pensare a fare i capricci, e docile si lascia legare e condurre fuori del campo. Fatta poca strada arrivano a un bivio, poco fuori Geru-salemme. Ci sono uomini, donne e anche bambini che attorniano un giovane uomo. I servi dirigono proprio verso di Lui: "Ecco, Maestro, questo è l'asino che ave-vi chiesto". Il Maestro si volta, si avvicina a Lollo, allunga una mano, lo accarezza sulla testa e lo guarda.

Anche Lollo alza gli occhi verso questo bizzarro Mae-stro che ha voluto a tutti i costi averlo come cavalca-tura, e i suoi occhi si immergono nello sguardo del

Maestro: "Mai nessuno mi aveva guardato così" - dirà poi Lollo - "neanche la mia mamma". E' come se con un solo sguardo il Maestro mi dicesse: "Non temere, va bene così. Sì sei un po' un brigante, ma ce la puoi fare. Io mi fido di te e ti voglio bene! Coraggio! Cominciamo questo viaggio, sarai tu a portarmi a Gerusalem-me". Lollo sente come un fuoco dentro il suo cuore, è contento e un po' ha voglia di piangere, senza motivo... Mansueto si la-scia mettere un mantello rosso sulla grop-

pa, si lascia montare dal Maestro e, lentamente, inco-minciano il loro viaggio verso Gerusalemme. Via via che si avvicinano alla città la gente diventa più nume-rosa. Stendono per terra dei mantelli rossi, hanno in mano dei rami di palma e di ulivo, li agitano e grida-no: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell'alto dei cieli!". Lollo si sente davvero un asinello importante... Tutti fanno festa alla persona che lui sta portando in grop-pa, bardato con quel bel manto rosso! Anche i bambi-ni fanno festa e alcune bambine portano dei fiori. Ad un tratto una voce si leva dalla folla e chiede: "Chi è quest'uomo?". Qualcuno risponde: "E' Gesù, da Nazareth di Gali-lea!". "Che cosa ha fatto?". "Io sono vedova, Gesù ha risuscitato il mio unico fi-glio. Eccolo!". "Io ero muto per colpa di un demonio e Gesù mi ha liberato". "Io avevo questa mano come morta e lui mi ha detto: Stendila! E la mia mano è tornata come nuova! Ha fatto bene ogni cosa!". Lollo ascolta tutto quello che la gente dice sull'uomo che sta accompagnando a Gerusalemme. "Ora capisco perché alcuni chiamano Gesù il Signore!". La folla è al colmo della gioia e della festa. Gesù è pronto per entrare nel tempio. Prima di allontanarsi, con la mano sfiora lentamente il muso dell'asinello. Gesù e Lollo si guardano per un lungo istante. Gesù capisce ciò che l'asinello gli vuol dire: "Grazie Signore di avermi cercato. Tu hai avuto bisogno di me e hai avuto fiducia in me! D'ora in poi, anche se non credo che riuscirò ad essere sempre bravo, voglio provare ad essere come tu mi vedi. Forse scalcerò ancora e certamente raglierò ogni tanto ma non potrò mai dimenticare che hai avuto fiducia in me. Grazie Gesù, anche io ti voglio bene".

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

L'amore eterno penetra nel tempo

Sono i giorni supremi, i giorni del nostro de-stino. «Volete sapere qualcosa di voi e di Me? - dice il Signore -. Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto».

Il giorno prima, giovedì, l'appuntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in basso. Che

cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il tuo lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma Tu sei tutto matto. E Lui a riba-dire: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Il cristianesimo è scandalo e follia.

E io, nella vita, di fronte all'uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello del Salvatore? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lavapiedi dell'uomo?

Ve la immaginate una umanità dove ognuno corre ai piedi dell'altro? Dove ognuno si inchina davanti all'uo-mo, come il gesto emozionante del vescovo di Roma che si inchina, al balcone di San Pietro, al suo primo ap-parire, chiedendo preghiera e benedizione, dando venerazione e onore a ogni figlio della terra?

La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo ingi-nocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).

Dio è così: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spez-za se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me.

E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è attrazione e seduzione, c'è bellezza. La suprema bellezza della storia è quel-la accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morir d'amore. Do-ve un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuo-co, e divampa.

Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto d'amore totale. La croce è domanda sempre aperta, so di non capire. Alla fine però ciò che convince è di una semplicità assoluta:

Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/ Credimi / è così semplice / quando si ama. (Jan Twardowski)

Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. Una notazione temporale che ha il potere di riempir-mi di speranza: perché dice che è fissato un limite alla tenebra, un argine al dolore: tre ore può infierire, ma non andrà oltre, poi il sole ritorna. Così fu in quel giorno, così sarà anche nei giorni della nostra angoscia.

«Ciò che ci fa credere è la croce, ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce, la vittoria della vi-ta» (Pascal).

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

5. Perdonare le offese La quinta opera di misericordia spirituale è quella di perdonare le ingiurie e le offese ricevute da altri. E qui, intorno all'obbligo che tutti abbiamo di perdonare sinceramente, di cuore, a chiunque ci offenda, in qualsiasi cosa, tanto con ragione come contro ragione; io, per non dilungarmi troppo, mi limito a richiamarvi alla memoria quello stesso che Gesù Cristo ci lasciò scritto nel suo Vangelo, là dove parlando a tutti i suoi seguaci, disse loro: « Se voi non perdonerete ai vostri offensori, nemmeno il vostro Padre celeste perdonerà a voi i vostri peccati. Nella stessa maniera con cui avrete trattato il vostro prossimo, sarete trattati pure voi, davanti al mio tribunale ». Di qui derivano due conseguenze: 1) non basta che il nostro perdono sia a parole, ma occorre che sia di cuore, che non conservi avversione per nessuno. 2) Il Signore, come sapete, si diporterà con noi, come noi ci siamo di-portati con i nostri prossimi. 6. Sopportare pazientemente le persone moleste Finalmente la sesta opera di misericordia è quella di sopportare pazientemente le persone moleste, cioè i no-stri fratelli per i loro difetti. Questi difetti che dobbiamo noi compatire nel prossimo possono essere per cose naturali o morali. Dobbiamo avere per tutti compassione e tolleranza. Quella inferma ad esempio, è troppo esigente, non è mai contenta, si lagna continuamente, benché a torto; quell'altra è fastidiosa, trova a ridire su tutto, niente va mai bene per lei; questa ha un carattere sofistico e altero; l'altra usa villanie; quell'altra fa il broncio e non parla; ebbene, abbiate pazienza, non vi risentite, non vi adirate, non vi offendete; solo con la dolcezza e le buone maniere riuscirete a farle ritornare al loro dovere e a indurle ad emendarsi.

Del resto, offrite ogni cosa in penitenza delle vostre colpe. E come il Signore sopporta le no-stre deficienze: tiepidezza, negligenze, imperfe-zioni e peccati; non vorremo noi tollerare nei nostri prossimi un piccolo difetto? Riflettiamo ai meriti grandi che, con questo atto di carità, potremo acquistare presso Dio; essi sono tali e tanti che S. Bernardo diceva che se in una co-munità, in una casa, non ci fosse qualche perso-na fastidiosa da sopportare, bisognerebbe anda-re a cercarla e pagarla anche a peso d'oro. Dob-biamo pure tollerare e compatire i difetti morali più noti del nostro prossimo. Se qualche infeli-ce, diceva San Paolo ai Galati, cadesse, per sua disgrazia, in qualche peccato, voi, che fate pro-fessione di pietà, non fate le meraviglie, abbia-tene compassione con spirito di carità e di dol-cezza: guardate, se potete, ricondurlo sul retto sentiero. Sì siamo tutti peccatori; se non cadia-mo in certi peccati in cui cadono i nostri simili, è perché Dio ci tiene la mano sul capo e non ce lo permette; del resto, se Dio ci abbandonasse alla miseria del nostro nulla, saremmo anche noi capaci di commettere tutte le iniquità del mon-do. Amen. 7. pregare Dio per i vivi e i morti Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e goder-lo per sempre in paradiso, e cioè per vivere sempre in comunione con lui. Ognuno di noi lo prega dall’intimo del cuore, perché sa che Dio, suo creatore, è un padre buo-no e fedele ai suoi progetti e alle sue promesse. La settima opera di misericordia spirituale c’in-vita a rivolgere a Dio una preghiera tutta parti-colare che ci sta molto a cuore, cioè la supplica e l’intercessione in favore dei vivi e dei defunti.

Sono sette per il corpo e sette per lo spirito,Sono sette per il corpo e sette per lo spirito,Sono sette per il corpo e sette per lo spirito,Sono sette per il corpo e sette per lo spirito, in

una simmetria quasi perfetta. E diciamo “quasi”

solo perché nella Regola san Benedetto introduce un’ottava opere di misericordia spirituale, «non

disperare mai della misericordia di Dio», che può

anche servire da sintesi. Le sette opere di misericordia corporale • Dar da mangiare agli affamati.

• Dar da bere agli assetati.

• Vestire gli ignudi.

• Alloggiare i pellegrini.

• Visitare gli infermi.

• Visitare i carcerati.

• Seppellire i morti.

Le sette opere di misericordia spirituale

• Consigliare i dubbiosi.

• Insegnare agli ignoranti.

• Ammonire i peccatori.

• Consolare gli afflitti.

• Perdonare le offese.

• Sopportare pazientemente le persone mole-

ste.

• Pregare Dio per i vivi e per i morti.

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

Giornata mondiale dell’acqua, 10 cose che non sai su quanta ne consumi Mentre 2,5 miliardi di persone vivono ancora senz’acqua, ogni giorno il mondo occidentale ne consuma oltre 4mila litri al giorno. Ecco 10 paradossi sul consumo “inconsapevole” 1. Un uomo usa in media 2 litri al giorno di acqua per bere, 4mila per alimentarsi Pensiamo che il nostro consumo d’acqua si limiti ai due litri che beviamo ma, a nostra insaputa, ne usiamo fino a 4mila litri. Si chiama acqua virtuale ed è la quantità di acqua usata per produrre i cibi.

2. Servono 15mila litri d’acqua per produrre un chilo di carne Secondo questo studio questo è il quantitativo neces-sario per ottenere un chilo di carne bovina. Il dato può variare a seconda del tipo di allevamento: rispetto agli impianti al pascolo, quelli intensivi richiedono il triplo in termini di apporto idrico, a causa dei mangi-mi concentrati che richiedono ingenti quantità di ac-qua per essere prodotti.

3. Quasi il 90% di acqua consumata è destinata al-la produzione del cibo Marta Antonelli, autrice del libro L’acqua che man-giamo ha messo in evidenza che l’89 % del nostro consumo idrico è riconducibile al solo consumo di cibo.

4. Se tutti seguissero la dieta occidentale: +75% acqua utilizzata Altro paradosso: nonostante tra le diete occidentali ci sia anche quella mediterranea, particolarmente econo-mica per il consumo idrico virtuale, questi regimi so-no basati sul consumo di carne. Aumentando il con-sumo di prodotti di origine animale, lo spreco idrico mondiale aumenterebbe del 75%.

5. Si usa più acqua per produrre prodotti di origi-ne animale che per le verdure Contrariamente a ogni aspettativa, la produzione di alimenti di origine animale è più idro-esigente di quel-la di frutta e verdura.

6.

1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttato all’anno corrispondono a 3 Laghi di Ginevra evaporati Il consumo eccessivo di acqua virtuale non è creato solo dalla produzione di cibo, ma anche dal suo spreco. Ogni anno 1,3 miliardi tonnellate di ci-bo vengono sprecate (circa un terzo della produzione mondiale), con una conseguente perdita 250 chilome-tri cubi di acqua all’anno, una quantità pari a tre volte il volume del Lago di Ginevra.

7. In Italia ogni anno si sprecano 706 milioni di me-tri cubi di acqua a causa del cibo inutilizzato L’Italia, terzo importatore di acqua virtuale al mondo, ne spreca ogni anno 706 milioni di metri cubi solo per il cibo che non utilizza.

8. 43% di acqua sprecata in Italia da cibo è per spreco di carne Questa è l’incidenza idrica della carne non consumata sul suolo italiano. Se consideriamo anche le perdite di alimenti che avvengono durante la filiera alimentare e che non raggiungono mai la distribuzione, il bilancio sale a 1.226 milioni di metri cubi d’acqua.

9. Nel 2050 servirà il 20% di acqua in più per nu-trire tutti Ma cosa succederà quando nel 2050 sulla Terra ci saranno nove miliardi di persone? Per nutrirsi, faranno lievitare i consumi idrici del 20%.

10. 2.400 chilometri cubi all’anno è il deficit globa-le di acqua in futuro (30 laghi di Ginevra) Aumenterà anche il deficit idrico: saranno 2.400 i chi-lometri cubi annui d’acqua perduti per il cibo. Riuscite a immaginare trenta laghi di Ginevra che scompaiono? È questo il volume idrico che si manderebbe in fumo.

22 MARZO 2016

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

KKKK ahn, che, in questi luoghi inaccessibili via ter-ra, aveva lasciato numerosi dei suoi cavalli mentre lui e il suo esercito procedevano verso

Occidente. Figli dei cavalli da lavoro che il regime di Ceaucescu un giorno volle eliminare e che qualcuno non ebbe cuore di uccidere.

Superstiti della lotta per sopravvivere alla Storia (e alla fame) che la caduta del dittatore rumeno rese ancora più difficile nelle aree marginali della Romania.

I più poveri dei rumeni, che i cavalli li sfruttano fino alla fine per farli lavorare ma di solito non li mangiano, senza più lavoro nei campi, li abbandonarono al loro destino, imprigionando-li fra le acque del Danubio.

Sono piccoli cavalli (i maschi arrivano a 1 metro e 50 centimetri al garrese), quasi tutti bai, un misto di Arabo e Tarpan.

Vivono in un luogo inospitale, dove, soprattutto d'inverno, le risorse di cibo sono scarse e perenne-mente contese con un migliaio di vacche che pa-scolano libere e senza padrone.

Un cavallo non nato qui farebbe fatica a sopravvi-vere. Perché quei pochi fili d'erba che resistono al fiume crescono su un mare di sabbia rendendo concreto il rischio di coliche letali.

A queste settecento magnifiche creature basta poco per vivere. Galoppano con i loro pule-dri in un'area sperduta del Parco naturale dove il Danubio, dopo aver attraversato mezzo continente, fra mille canali si unisce finalmente al mare.

Solo una manciata di chilometri separa dall'Ucrai-na quest'area del Delta che appartiene alla Romania. Letea, come C.A. Rossetti, Miglio 23 e altri, sono villaggi di po-che anime dove la storia si è fermata. Sono luoghi di confi-ne.

La maggior parte degli abitanti sono discendenti dei lipo-veni, che qui ar r ivarono dalla Russia alla fine del ' 600: i Vecchi Credenti perseguitati dagli Zar.

I cavalli selvaggi di LeteaI cavalli selvaggi di LeteaI cavalli selvaggi di LeteaI cavalli selvaggi di Letea

Cavalli allo stato brado nel Delta del Danubio

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

A?@ABC GDEBDFFG VA?FHEG?G nasce a Forgaria (UD) il 22 dicembre 1859 da Do-menico ed Elena Bosero. Fin da ragazzo dimostra una singolare attitudi-ne per il disegno progettuale e l’arte edile, per la quale rivela un’evidente predisposizione. Dotato di una spiccata e forte personalità, e cosciente dei propri mezzi, vuole sempre pri-meggiare e distinguersi: è per questo che, per evitare un caso di omonimia, aggiunge a Gar-latti il secondo cognome, Venturini. Nel 1881, dopo il servizio militare, Angelo parte per la Romania assieme ai fratelli Dome-nico e Luigi, attratti dall’affinità linguistica, ma molto probabilmente dalle ricchezze “nascoste” del paese, che era diventato un re-gno per effetto dell’unione della Valacchia e della Moldavia. Angelo si stabilisce a Sinaia, meta di un turi-smo di élite, attratto dal clima mite, dal casinò e dalla presenza di molti nobili di Europa. L’e-spansione edilizia del villaggio situato ai piedi delle Alpi Transilvaniche, è dunque assicurata da una forte domanda di alloggi, e così la città diviene una delle più importanti dello Stato. Garlatti Venturini diventa quindi, anche grazie alla sua perfetta padronanza del rumeno, il principale impresario della città, “o compravi terens, o fasevi sù vilutis di gale e o tornavi a vendi dut a possidents e professioniscj”. Fra le costruzioni maggiori vanno ricordati l’Hotel Palace, e l’Hotel des Bains. La sua impresa dispone di trenta persone, fra le quali numero-

si erano i muratori reclutati a Forgaria. A n g e l o G a r l a t t i V e n t u r i n i “Bocje di Aur” in Romanie Nel 1885 si sposa con Eu-genia Coletti che gli dà sei figli. E, se nei primi anni del secolo, la moglie si reca sal-tuariamente in Romania per badare alla men-sa degli operai, nel 1910 si stabilisce ufficial-mente nella bella casa che il marito aveva costruito per sé in Boulevard Ghica. Nel frat-

tempo i figli Adamo ed Emilio, ormai cresciuti e diplomatisi con profitto alla “Scuola Prima-ria di Disegno”, possono affiancarlo nel lavo-ro. Provvido e caritatevole con il prossimo, a ogni ritorno a Forgaria “al ordenave di fâ un grum di pan di dâ ai puars, i plaseve vistîsi ben e, une robe une vore ecezionâl, i vevin dât il sorenon di “Bocje di Aur”, par vie che si jere fat riviestî ducj i dincj cul plui nobil dai metâi, tant a marcâ che al jere un strava-gant”. (**) Era anche un esperto di fotografia. Nell’immi-nenza della Prima Guerra Mondiale, investe parte dei suoi risparmi a Spilimbergo; qui in-fatti, fra il 1911 e il 1916, in località Ponte Roitero, acquista una ventina di ettari di terre-no agricolo con un vasto caseggiato secente-sco. Dalla Romania rientra definitivamente nel 1919, mentre i suoi figli continuano a lavorare a Sinaia mantenendo l’impresa su livelli di ec-cellenza. Persa la moglie nel 1935, lui stesso si spegne dieci anni più tardi .

L'impresario Angelo Garlatti Venturini (1859- 1945), appena ricordato. Fece una grande for tu-na in Romania, ma non si dimenticò mai della sua terra. Ogni volta che faceva rientro a Forgaria ordi-nava una grande infornata di pane da distribuire ai poveri. Amava il vestire ricercato ed elegante e si era guadagnato il soprannome di “boccadoro” per-chè si era fatto rivestire i denti con il più nobile dei metalli, come segno di eccentr ica distinzione. Nell'imminenza della Grande Guerra, Angelo fiutò

il vento infido, capì che gli anni delle vacche grasse erano finiti e investì gran parte dei suoi risparmi a Spilimbergo, cittadina più vivace del paese natio, e forse più adatta al suo carat-tere esuberante. Qui infatti tra il 1911 e il 1916, in località Ponte Roitero, acquistò dal nobile Daniele Asquini una ventina di ettari di buon terreno agricolo con un vasto caseggiato secentesco comprensivo di case e stalle. Rac-contano che anche a Spilimbergo, fino al 1915, mantenne la tradizione dell'infornata gratuita.

HOTEL PALACE in Sinaia

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Fratelli carissimi, questa as-semblea liturgica é preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la peni-tenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e de-vozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chie-diamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione.

BENEDIZIONE DELLE PALME C. Dio onnipotente ed eterno, +benedici questi rami , e concedi a noi tuoi fedeli, che accompa-gniamo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli A . Amen

VANGELO Dal vangelo secondo Luca. In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Ge-rusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, tro-verete un puledro legato, sul qua-le non è mai salito nessuno. Sle-gatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli in-viati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegava-no il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del mon-te degli Ulivi, quando tutta la folla

dei discepoli, pieni di gioia, co-minciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Si-gnore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». Parola del Si-gnore A. Lode a te o Cristo. PROCESSIONE C. Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che ac-clamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace. (Il canto accompagna la processione) RIT: Osanna al Figlio di David, osan-na al Redentor. ** Mentre il Cristo entrava nella città san-ta, la folla degli Ebrei, preannunziando la risurrezione del Signore della vita, agita-va rami di palma e acclamava: RIT ** Quando fu annunziato che Gesù veni-va a Gerusalemme, il popolo uscì per andargli incontro; agitava rami di palma e acclamava: RIT ** Sei giorni prima della solenne cele-brazione della Pasqua, quando il Signore entrò in Gerusalemme, gli andarono incontro i fanciulli: portavano in mano rami di palma, e acclamavano a gran voce:RIT ** Sollevate, porte, i vostri frontali, alzate-vi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore degli eserciti é il re della gloria. RIT

COLLETTA C. O Dio onnipotente ed eter-no, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’u-nità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal libro Del Profeta Isaia

Il Signore Dio mi ha dato una lin-gua da discepolo, perché io sap-pia indirizzare una parola allo sfi-duciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi so-no tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappa-

vano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergogna-to, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R/. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le lab-bra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R/. Un branco di cani mi circon-da, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. R/. Si dividono le mie vesti, sul-la mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. R/. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israe-le. R/.

Seconda Lettura

Dalla lettera di S.Paolo ai Filip-pesi Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cri-sto è Signore!», a gloria di Dio Pa-dre. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R.Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la vivono ogni giorno. Per noi Cristo si è fatto obbedien-te fino alla morte e a una morte di croce.

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Is 43,16-21 Sal 125 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome. Beati quelli che ascoltano…... (Seduti) PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GE-SÙ CRISTO SECONDO LUCA. Quando venne l’ora, Gesù prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desi-derato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia pas-sione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ri-cevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo pas-sare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in me-moria di me». E, dopo aver cena-to, fece lo stesso con il calice di-cendo: «Questo calice è la nuo-va alleanza nel mio sangue, che è versato per voi». «Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciaro-no a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.E nac-que tra loro anche una discussio-ne: chi di loro fosse da considera-re più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi co-me il più giovane, e chi gover-na come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavo-la o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché man-giate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E sederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele. Simone, Simone, ec-co: Satana vi ha cercati per va-gliarvi come il grano; ma io ho

pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, ab-bia negato di conoscermi». Poi disse loro: «Quando vi ho man-dato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu an-noverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!». Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli ap-parve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lot-ta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormi-vano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in ten-tazione». Mentre ancora egli par-lava, ecco giungere una folla; co-lui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvi-cinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per acca-dere, dissero: «Signore, dobbia-mo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne di-cendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sa-

cerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre». Dopo averlo cat-turato, lo condussero via e lo fe-cero entrare nella casa del som-mo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si era-no seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una gio-vane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attenta-mente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Gali-leo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora par-lava, un gallo cantò. Allora il Si-gnore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente. E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profe-ta! Chi è che ti ha colpito?». E mol-te altre cose dicevano contro di lui, insultandolo. Appena fu gior-no, si riunì il consiglio degli an-ziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condus-sero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uo-mo sederà alla destra della po-tenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dis-sero: «Che bisogno abbiamo an-cora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca». Tutta l’assemblea si alzò; lo con-dussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare

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tributi a Cesare e affermava di es-sere Cristo re». Pilato allora lo in-terrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pila-to disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uo-mo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver comin-ciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Geru-salemme. Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti an-che i capi dei sacerdoti e gli scri-bi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi sol-dati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diven-tarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia. Pi-lato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo co-me agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nes-suna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha ri-mandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a grida-re tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barab-ba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppia-ta in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché vole-va rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Cro-cifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in pri-gione per rivolta e omicidio, e

che essi richiedevano, e conse-gnò Gesù al loro volere. Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tor-nava dai campi, e gli misero ad-dosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e faceva-no lamenti su di lui. Ma Gesù, vol-tandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grem-bi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Per-ché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Insieme con lui veniva-no condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. Quando giunsero sul luogo chiamato Cra-nio, vi crocifissero lui e i malfatto-ri, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cri-sto di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e diceva-no: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giu-dei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che ab-biamo meritato per le nostre azio-ni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo re-gno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel pa-radiso». Era già verso mezzogior-no e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, per-ché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, dis-se: «Padre, nelle tue mani con-segno il mio spirito». Detto que-sto, spirò.

(Chi può si metta in ginocchio.

Si prega in silenzio.) Visto ciò che era accaduto, il cen-turione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giu-sto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spet-tacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendo-si il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lonta-no a guardare tutto questo. Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’opera-to degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Para-scève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea se-guivano Giuseppe; esse osserva-rono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi torna-rono indietro e prepararono aro-mi e oli profumati. Il giorno di sa-bato osservarono il riposo come era prescritto. Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Da veri discepoli seguiamo il Cristo, che entra in Gerusalem-me per salire sulla croce. Invo-chiamo Dio Padre misericordioso per la salvezza di tutti gli uomini. Preghiamo insieme e diciamo: Per la passione del tuo Figlio, ascoltaci, o Padre. * Per la santa Chiesa, per-ché vivendo nella fede il mistero della passione raccolga dall'albe-ro della croce il frutto della spe-ranza, preghiamo. * Per gli uomini che non credono, perché, come il centu-rione ai piedi della croce, vedano nella morte redentrice di Cristo il segno sconvolgente della divina gloria, preghiamo. Per gli innocenti e i perse-guitati, e per quanti subiscono scandalo a causa delle ingiustizie, perché non venga meno in loro la certezza pasquale della vittoria del bene sul male, preghiamo. * Per gli agonizzanti, perché sentano accanto a sé la presenza del servo obbediente che moren-do sul patibolo ha affidato il suo spirito nelle mani del Padre, pre-ghiamo. * Per noi tutti, perché alla scuola del Signore impariamo a vivere ogni giorno in piena ade-sione alla divina volontà e a con-dividere le infermità e le sofferen-ze del prossimo, preghiamo. C. Ascolta o Padre, la preghie-ra del tuo popolo che celebra la passione del tuo Figlio; fa' che do-po averlo acclamato nel giorno dell'esultanza, sappiamo seguirlo con la fedeltà dell'amore nell'ora oscura e vivificante della croce. Per Cristo nostro Signore. A . Amen. LlITURGIA EUCARISTICA

C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e

gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

(in piedi) SULLE OFFERTE

C. Dio onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il gior-no del tuo perdono; non lo meri-tiamo per le nostre opere, ma l'ot-tenga dalla tua misericordia que-sto unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore.

A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Egli, che era senza peccato, accettò la pas-sione per noi peccatori e, conse-gnandosi a un'ingiusta condanna portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza. E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalzia-mo a te il nostro canto, e procla-miamo insieme la tua lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Bene-detto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE

C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come

noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua men-sa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C O Padre, che ci hai nutriti con i tuoi santi doni, e con la mor-te del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa' che per la sua risurrezione possiamo giun-gere alla meta della nostra spe-ranza. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

BUONABUONABUONABUONA

DOMENICADOMENICADOMENICADOMENICA

DELLE PALMEDELLE PALMEDELLE PALMEDELLE PALME

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*ADESTE nr. 12 / anno 5-Domenca 20 Marzo 2016

Eccidio delle Fosse Ardeatine venerdì 24 marzo 1944 (71 anni fa)

U no dei più vili massa-cri compiuti contro

cittadini inermi e simbolo dell'immane ferocia dell'oc-cupazione nazista durante la Seconda guerra mondia-le. Tutto si svolse in po-co più di ventiquattrore. In risposta all'attentato di via Rasella, compiuto alle 16 del 23 marzo 1944 dai partigiani del GAP (Gruppi d'Azione Patriottica delle brigate Garibal-di), il comando supremo tedesco decise di porre in atto una dura rappresaglia, stabilendo che ve-nissero condannati a morte 10 prigionieri italiani per ognuno dei 32 soldati tedeschi uccisi. Le operazioni di completamento della lista furono condotte tra la notte e la mattina del giorno seguente. Alla fine vennero selezionati 335 pri-gionieri (tra loro diversi ufficiali dell'esercito e dei carabinieri, cittadini di religione ebraica e per-sone accusate di sostenere la lotta partigiana), quindici in più rispetto al numero iniziale: dieci

per via della morte di un altro militare

tedesco, inizialmente ferito, e cinque conteggiati per un errore di calcolo. Come luogo dell'esecuzione vennero scelte le cave di pozzolana sulla via Ardeatina, nella pe-

riferia meridionale di Roma. Qui, nel pomeriggio del 24 marzo, si compì l'or-rendo massacro, cui prese parte anche il capitano delle SS Erich Priebke, condannato all'erga-stolo nel 1998 dalla

giustizia italiana. La pena ai domiciliari e la suc-cessiva tumulazione dopo la morte di Priebke su-scitarono numerose polemiche, facendo propen-dere le autorità italiane per un luogo di sepoltura segreto. In occasione del quinto anniversario della strage venne inaugurato un mausoleo intitolato ai martiri delle Fosse Ardeatine.

B�������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��.: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C9�:: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A9<� I�9.�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T.>.�?���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

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21212121 L����� s. Benedettos. Benedettos. Benedettos. Benedetto

22222222 M������ s. Leas. Leas. Leas. Lea

23232323 M�������� s. Turibio dii M.s. Turibio dii M.s. Turibio dii M.s. Turibio dii M.

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25252525 ������� AnnunciazioneAnnunciazioneAnnunciazioneAnnunciazione

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I SANTI DELLA

SETTIMANA

Mimetizzazioni pasquali