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IV / 1 Università degli Studi di Roma Tor Vergata Dipartimento di Ing. Elettronica corso di ELETTRONICA APPLICATA Prof. Franco GIANNINI ANALISI GRAFICA DI CIRCUITI NON LINEARI

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IV / 1

Università degli Studi di Roma Tor VergataDipartimento di Ing. Elettronica

corso diELETTRONICA APPLICATA

Prof. Franco GIANNINI

ANALISI GRAFICA DI CIRCUITI NON LINEARI

IV / 2A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

SOMMARIO

Introduzione

Comportamento di induttori e condensatori in presenza di salti

Multivibratori

Oscillatori a rilassamento di tipo N

Oscillatori a rilassamento di tipo S

Oscillatori monostabili, bistabili, astabili

IV / 3A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ANALISI GRAFICA DI CIRCUITI NON LINEARI

L’analisi dei circuiti comprendenti uno o due elementi non lineari ed un solo elemento reattivo, condensatore o induttore, può farsi in modo agevole utilizzando le curve caratteristiche di uno degli elementi non lineari.

Il metodo è particolarmente efficace se la forma d’onda d’ingresso, che pilota il circuito, è di tipo impulsivo. In questo caso si può infatti tracciare agevolmente il “ciclo di lavoro” del dispositivo sul piano della sua caratteristica di uscita, partendo da alcune semplici considerazioni ed in particolare osservando che:

a) Un condensatore, che in continua si comporta come un circuito aperto, in presenza di un salto di tensione si comporta dinamicamente come un cortocircuito. La tensione ai suoi capi rimane cioè costante onde evitare che diventi infinita la corrente che lo attraversa nell’istante di salto, ovvero ΔVC=0.

a) Un induttore, che in continua si comporta come un cortocircuito, in presenza di un salto di tensione si comporta dinamicamente come un circuito aperto. La corrente che lo attraversa rimane cioè costante onde evitare che diventi infinita la tensione ai suoi capi nell’istante di salto, ovvero ΔIL=0.

IV / 4A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 1 (I)

( )i D D Ddv t L i v R idt

= + + ⋅

iD vD

v0(t)vi(t)L D

R

rd

ri

Il punto di lavoro è inizialmente nell’origine e vi rimane nell’istante to in quanto l’induttanza non fa variare istantaneamente il regime di corrente del diodo D. Successivamente, se T è abbastanza lungo perché si esauriscano i transitori, il punto di lavoro si porterà in C e lì resterà quando, per t=t1, la tensione di ingresso passerà istantaneamente

La caratteristica i-v del diodo D viene linearizzataa tratti per semplificare l’analisi.

da V+ a V-. Il punto di lavoro si sposterà poi verso il punto E’, in quanto, finché il diodo non cambia stato (cioè fino a che il punto di lavoro non raggiunge l’origine) rimane in conduzione e l’evoluzione del circuito va studiato con lo schema (a).

ED

t

V2

V1

t0 t1

TA

B C

V-

V+

vD

iD

A=B

C=D

E

E’

V+/R

V- /R

V+

V-

V1

V2

IV / 5A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 1 (II)

iD vD

v0(t)vi(t)L rd

R

'd

D Ed

rv V VR r

−= =+

Raggiunta l’origine, il diodo si interdice e l’analisi del circuito si farà utilizzando lo schema (b), dal quale si deduce che il punto di lavoro si porterà nel punto E.

Gli andamenti temporali sono esponenziali e possono essere ricavati graficamente nel modo indicato.

A=B

E

E’

V+

V-

C=Drd

ri

vD

iD

Vc

VE’

VE VkVk

Vh1τ

1d

LR r

τ =+

2i

LR r

τ =+

Schema (a)Schema (b)

ri

iD E

i

rv V VR r

−= =+

IV / 6A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 1 (III)

Vk’

Vk

Vh 1τ

V+

V-

vi vo

t

' '

C H

E K

E K

V V V

V V V

V V V

+

⎧ − =⎪

− =⎨⎪ − =⎩

Quanto alla tensione di uscita, si osservi che l’andamento sarà analogo, gli esponenziali avranno cioè le stesse costanti di tempo. I valori iniziali e finali saranno però differenti e dovranno essere calcolati dalla:

IV / 7A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 2 (I)

Analizziamo il comportamento del circuito sul piano delle caratteristiche d’uscita del transistore, proponendoci di valutare l’andamento temporale della tensione di collettore VCE

rd

ri

0 H L’ L

K JT

ib= ibL

ib= ibK

VCC

VCC

rd

ri

ri

JJ’

J’’

KL’L’’H≡L

VCC/(R//ri) Al “salto” l’induttore si comporta da circuito aperto ed il transistore vede come carico solo il diodo D che era e rimane aperto. La retta di carico dinamica avràperciò pendenza –arctg(1/ri) ed il punto di lavoro si porterà istantaneamente nel punto K corrispondente all’intersezione con la caratteristica ib=ibk=cost, tendendo prima in J’ e poi, dopo il punto J’’ dove il transistore esce dalla saturazione, in J, che viene raggiunto se T è sufficientemente lungo. Per t=Tinterviene un nuovo salto di tensione che porta il punto di lavoro in L’, seguendo la spezzata indicata.

+VCC

R

L

D

IV / 8A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 2 (II)

i b=i bLi b=

i bK

VCCrd

ri

ri

J

J’ J’’ K

L’

L’’H≡L

VCC/(R//ri)

vCE

iCt

T

1τ2τ

Finché la tensione di collettore non raggiunge il valore Vcc infatti, il diodo D rimane aperto e presenta la resistenza inversa ri. Raggiunto tale valore, il diodo si chiude e presenta la resistenza diretta rd. Da qui la spezzata indicata. Raggiunto il punto L’, intersezione della spezzata con la caratteristica ib=ibk=cost, il punto di lavoro la seguirà tendendo in H≡L. In L’’ però il diodo cambierà nuovamente stato e farà variare la costante di tempo dell’evoluzione temporale esponenziale. Dal seguente grafico si ricava l’andamento della tensione di uscita.

( )1

2

'3

'3 2

//

1//

1//

1//

i sat

ioe

doe

ioe

L r r R

L r Rh

L r Rh

L r Rh

τ

τ

τ

τ τ

= +

⎛ ⎞= +⎜ ⎟⎝ ⎠⎛ ⎞= +⎜ ⎟⎝ ⎠⎛ ⎞= +⎜ ⎟⎝ ⎠

Si noti in particolare come la presenza del diodo D, detto di free wheeling(libera circolazione) limiti l’entità delle sovratensioni che si sviluppano ai capi del transistore, evitando il possibile danneggiamento (caso dei “relais”)

IV / 9A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 3 (I)

0 H L

K JT

R

R1

C

vi

vo

+VCC

vBE

iB

ibH≡ibL

ibK≡ibJ

Vi/R

L’analisi viene svolta sul piano delle caratteristiche di uscita del transistore, determinando così l’andamento della tensione di collettore. Il calcolo della vo(t) è immediato osservando:

1. I salti di tensione sul collettore si ritrovano tali e quali in uscita (il condensatore è un corto circuito per le variazioni brusche di tensione);

2. I livelli a regime corrispondono ad un unico valore possibile di vo, e cioè vo=0 ;

3. Gli andamenti temporali sono esponenziali e le costanti di tempo sono le stesse, quale che sia il punto del circuito che si esamina.

IV / 10A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

ESEMPIO 3 (II)

Tracciamo ora il luogo dei punti di lavoro.

R1//rd

R1//ri

L H

JK

VCC

VCC/R1 ibK≡ibJ

ibH≡ibL

Al salto il condensatore si comporta come un corto circuito, sicché la retta di carico dinamica avrà la pendenza:

1

1/ / i

a r c t gR r

⎛ ⎞− ⎜ ⎟

⎝ ⎠

L

H

J

K

i bK≡i

bJ

i bH≡i

bL

vCE

iC

vC vo

t1τ 2τ

( )( )

1 1

2 1

//1

//1oe i

oe d

C R h r

C R h r

τ

τ

= ⋅ +

= ⋅ +

Il salto di tensione positivo in ingresso produce infatti un abbassamento della tensione di collettore e quindi un salto negativo ai capi del diodo D che risulta interdetto presentando la resistenza inversa ri. Il punto di lavoro si porta istantaneamente in K e poi, con legge esponenziale, raggiunge J. Al tempo t=T interviene un nuovo salto di tensione, negativo, in ingresso che produce un salto positivo in uscita. Il diodo, che al tempo T è in condizioni di riposo, è polarizzato ora in diretta e presenterà la corrispondente resistenza rd. Il punto di lavoro si riporta perciò istantaneamente in L, ottenuto come intersezione della caratteristica iB=iBL=cost con la retta di carico dinamica di pendenza:

1

1// d

a rc tgR r

⎛ ⎞− ⎜ ⎟

⎝ ⎠

Successivamente, sempre con legge esponenziale, il punto di lavoro ritorna in H chiudendo il ciclo.

IV / 11A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

OSCILLATORI NON SINUSOIDALI (MULTIVIBRATORI)

Il tipo di oscillatore non sinusoidale che viene esaminato utilizza dispositivi a due terminali a resistenza negativa, quali il diodo Tunnel, Gunn, il transistore unigiunzione (ovvero un transistore bipolare polarizzato in zona di valanga e con la giunzione base-emettitore chiusa su una resistenza R). Quale che sia l’elemento attivo, si può comunque far riferimento a due categorie di resistenze negative, unificando le proprietà dei circuiti che le utilizzano: resistenze negative di tipo N e di tipo S.

v

i

tipo N

v

i

tipo S

In entrambi i casi è evidente che si tratta di dispositivi non lineari (linearizzati a tratti per comodità) che sarà opportuno analizzare utilizzando le curve caratteristiche e rimanendo nel dominio del tempo. Si vedrà in particolare che, con opportune scelte circuitali, sarà possibile individuare tre “modi” di funzionamento del dispositivo, realizzando tre diversi tipi di multivibratori,differenti in base al numero di stati stabili che il circuito presenta: monostabile, se lo stato stabile è uno soltanto; bistabile, se esistono due stati stabili(*); astabile, se non esistono stati stabili.Quest’ultimo in particolare è il vero e proprio oscillatore non sinusoidale, potendosi i primi due considerare dei sottocasi del funzionamento astabile.(*) Si vedrà in seguito che gli stati stabili possibili sono tre e non due. Il terzo stato non è comunque raggiungibile dal sistema in condizioni normali di funzionamento.

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OSCILLATORI A RILASSAMENTO TIPO DIODO TUNNEL (TIPO N) (I)

Consideriamo il seguente circuito:

iD

vDVCC

RL

Ed osserviamo che, al variare di VCC e di R, la retta di carico

CC D DV R i v− ⋅ =

può intersecare la caratteristica del diodo una o tre volte

vD

iD

R1

R2 R3

R4

VCC1VCC2 VCC3VCC4

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OSCILLATORI A RILASSAMENTO TIPO DIODO TUNNEL (TIPO N) (II)

Consideriamo le diverse possibilità, partendo dall’equazione differenziale che regola il funzionamento del circuito

CC D D DdV L i R i vdt

= + ⋅ +

Che poniamo nella forma

'CC DdV v L idt

− =

dove ' D Dv v R i= + ⋅è la proiezione sull’asse delle tensioni del generico punto della caratteristica di coordinate (iD,vD) fatta in “direzione R”

vD

iD

R

(iD,vD)

V’R iDvD

IV / 14A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

OSCILLATORI A RILASSAMENTO TIPO DIODO TUNNEL (TIPO N) (III)

Esaminiamo ora il caso seguente supponendo di chiudere l’interruttore dell’alimentazione all’istante t=0. Il punto di lavoro del diodo, inizialmente nell’origine, si muove lungo il tratto 0-H1 tendendo al punto di lavoro a regime K. Ciò può dedursi facilmente dal fatto che in ogni istante si ha vD

iD

R

VCC

VCC/R

v’

H1

H2

K

'CCV v> per cui 0Dd idt

>

La corrente perciò cresce fino a che, nel punto K, il punto di lavoro si ferma essendo

'CCV v= e quindi 0Dd idt

=

Consideriamo ora il caso in cui il punto K, unica intersezione con la retta di carico, sia localizzato nella zona a RD<0 e partiamo ancora nell’origine O.

C

vD

iDR

VCC

H1

H2

K

v’Bv’H1 v’H2

A

B

D

R1R3

IV / 15A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

OSCILLATORI A RILASSAMENTO TIPO DIODO TUNNEL (TIPO N) (IV)

Il punto di lavoro tende a portarsi all’intersezione della caratteristica con la retta di carico statica (punto A), ovvero al punto d’incontro della retta corrispondente alla resistenza R1 e della retta corrispondente alla resistenza R. Giunto in H1 si avrà ancora:

'1CC HV v> per cui dovrà ancora essere 0D

d idt

>

e il punto di lavoro non potrà seguire il tratto H1-H2 tendendo a K perché ciò comporterebbe una 0Dd idt

<

Il punto di lavoro dovrà perciò saltare, portandosi sul terzo ramo della caratteristica (punto B). Il salto avverrà a corrente costante per la presenza dell’induttore L sul circuito. Poiché poi

'CC BV v< 0D

d idt

<

il punto di lavoro potrà spostarsi verso il basso tendendo al punto C. Giunto in H2 si avrà ancora'

2CC HV v<

e

0Dd idt

<E quindi ancora :

E il punto di lavoro non potrà seguire il tratto H2-H1 tendendo a K perché ciò comporterebbe 0Dd idt

>

Il punto di lavoro dovrà perciò nuovamente “saltare” sul primo ramo della caratteristica (punto D), riprendendo successivamente a spostarsi verso l’alto (punto A) ripetendo il ciclo indefinitamente (comportamento astabile).

IV / 16A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

OSCILLATORI A RILASSAMENTO TIPO DIODO TUNNEL (TIPO N) (V)

C vD

iDRH

1

H2

K

AB

D

R1 R3

t

t

11

23

LR R

LR R

τ

τ

=+

=+

iDLe forme d’onda d’uscita sono chiaramente non sinusoidali e si possono ottenere graficamente come nel grafico riportato a fianco.

Ritornando ai salti del punto di lavoro da H1 a B e da H2 a D, osserviamo quanto segue. Il punto di lavoro deve, per definizione, appartenere alla caratteristica del dispositivo. Questo principio è apparentemente contraddetto durante il salto, perché il punto di lavoro abbandona la curva caratteristica. In realtà il corrispondente ∆i è assorbito dalla capacità parassita presente in parallelo al diodo e normalmente trascurata.A titolo di esempio è perciò indicato un possibile ciclo di lavoro quando si porti in conto l’effettiva influenza dell’elemento parassita C

∆iDVCC

RL

vD

iD

∆i∆i

vD

iD

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OSCILLATORE MONOSTABILE

( )CC D DV V v R i± Δ − = ⋅

Esaminiamo ora il caso di un’unica intersezione con un ramo a resistenza positiva, R3 ad esempio, ed osserviamo che il punto K è ancora un punto di lavoro stabile. Partendo dall’origine, viene raggiunto seguendo il luogo indicato nella figura. Supponiamo ora di applicare un impulso di tensione negativo (positivo se l’intersezione ècon il tratto di pendenza R1) di ampiezza sufficiente perché la retta di carico corrispondente alla nuova situazione:

intersechi la caratteristica in un ramo diverso da quello di partenza e di durata tale da consentire al punto di lavoro di raggiungere il punto di rottura H2 (H1 se l’intersezione è con R1). In questo caso il punto di lavoro, raggiunto H2, salta sul ramo R1e prosegue nel ciclo indicato fino a rispostarsi in K dove si ferma. Il comportamento del circuito ètipicamente monostabile, in quanto perturbato dal suo stato stabile, vi torna dopo un’evoluzione temporale che è determinata dalle sue caratteristiche intrinseche e dagli elementi che costituiscono il circuito, ma non dal segnale di ingresso.

vD

iD

R

H1

H2

K

R3R1

∆V

vD

iD

H1

H2

K

t

A

B

C

∆V

vint

11

23

LR R

LR R

τ

τ

=+

=+

1τ2τ

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OSCILLATORE BISTABILE

Esaminiamo ora il caso di triplice intersezione ed osserviamo, in particolare, che anche l’intersezione con il tratto a R<0 dà luogo ad una condizione di equilibrio stabile. È facile vedere infatti che una perturbazione che allontani da K il dispositivo è contrastata dal circuito che tende a riportare il circuito in K.Supponiamo ora di essere nel punto K2 e di ripetere le considerazioni fatte per il monostabile. Un impulso negativo di ampiezza ∆V1 e di durata opportuna, sposta il punto di lavoro nel tratto OH1. Il circuito si evolve raggiungendo K1 dove rimane indefinitamente fino a che un nuovo impulso , questa volta positivo, non costringe il dispositivo a portarsi sul ramo a pendenza R3. il circuito si evolverà nuovamente fino a tornare su K2.

Il funzionamento è tipicamente bistabile (K1 e K2 sono i due punti stabili) ed il circuito si porterà alternativamente nei due stati. Come si vede, malgrado K sia un terzo stato stabile, una volta che il circuito se ne allontani non può piùtornarvi.

L’oscillogramma ottenuto è riportato a fianco.

iD

vD

R

VCC

VCC/RH1

H2

K

K1

K2

R1

R3

o

vD

iD

H1

H2

t

A

B

∆V

vint

K1

K

K2

∆V

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OSCILLATORE A RILASSAMENTO A TRANSISTORE (TIPO S)

Un transistore montato ad emettitore comune con la base a massa tramite una resistenza Rb, presenta nella zona di valanga un tratto ad Rt<0 di tipo S.

Rb

i

v

i

v

i

Rb

v

rc

i

v

Esaminiamo dunque il circuito di fianco, cui corrisponde l’equazione differenziale:

( )CC cdV R i i v Ri v RC vdt

= + + = + +

che poniamo nella forma'

CCdV v RC vdt

− =

Essendo v’ la proiezione in direzione “R” del generico punto di lavoro (i,v) sull’asse delle ascisse.Usiamo allora le stesse considerazioni già fatte per il caso R<0 di tipo N: l’evoluzione del circuito sarà studiata sulla base della posizione della tensione v’ rispetto alla tensione di alimentazione VCC.

R

R

C

rC

VCC

C

RVCC S v

i

ic

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MULTIVIBRATORE ASTABILE (I)

L’intersezione tra la retta di carico statica VCC-v=Ri e la caratteristica deve avvenire solo sul tratto a R<0

Supponiamo che il punto di lavoro sia, a t=0, nell’origine e seguiamo l’evoluzione del fenomeno. Il punto di lavoro si muove da 0 verso A, come si vede dal fatto che essendo:

'CCV v> 0d vdt

>sarà anche

Nel punto H1, per ragioni analoghe, il punto di lavoro non potrà seguire il tratto a R<0 e “salterà” a tensione costante per la presenza del condensatore, nel terzo ramo della caratteristica (punto B). In tale punto si ha:

'CC BV v< 0d v

dt>sarà anche

( )( )

1 1

2 3

//

//

C R R

C R R

τ

τ

= ⋅

= ⋅

v

i

VCC

A

VCC/R

B

C

D

K

H1

H2

t

t

i

IV / 21A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

MULTIVIBRATORE BISTABILE (II)

t

i

t( )( )

1 1

2 3

//

//

C R R

C R R

τ

τ

= ⋅

= ⋅

vVCC

i

A

B

C

D

K

H1

H2

K1

K2

Esaminiamo infine il caso di un multivibratore bistabile. In questo caso il circuito prima di tornare al punto di partenza K1, si sposta in K2 da cui si sposta solo in seguito all’intervento di un impulso di segno opposto a quello che lo ha spostato da K1. L’evoluzione del fenomeno, per quel che riguarda il resto, è analogo a quanto già visto. Il risultato è mostrato in figura.

Consideriamo il caso di un multivibratoremonostabile e supponiamo che l’intersezione avvenga con il ramo a R1>0 (punto K). Supponiamo inoltre che l’ampiezza e la durata dell’impulso di comando siano opportune. Il punto di lavoro si sposta tendendo in A. Giunto in H1 “salta” in B per poi proseguire tendendo in C. In H2 salta nuovamente portandosi in D e prosegue quindi fino a K. Il risultato è mostrato nella figura al fianco

i

C

D

H1

vVCC

A

B

K H2

1τ2τ

t

t

iC

D

v

A

B

K

H2

IV / 22A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

Un dispositivo a resistenza negativa, il diodo tunnel ad esempio, può essere utilizzato per realizzare un amplificatore a riflessione.Compensando la capacità parassita con uninduttanza in parallelo, infatti, ed utilizzandoun circolatore per separare l’ingresso dallauscita, si avrà, un coefficiente di riflessione

ρ > 1

essendo RT – R0

RT + R0

ρ = −−−−−−−

RT < 0R0 > 0con

Di conseguenza, un segnale che entra nella porta 1, esce dalla porta 2, viene riflesso dal dispositivo a R<0, rientra amplificato nella porta 2 ed esce dalla porta 3 raggiungendo il carico

1

2

3

Il circolatore è un dispositivo non reciproco che consente ai segnali di “viaggiare” solo nella direzioneIndicata dalla freccia, garantendo l’isolamento per la circolazione del segnale in direzione opposta

AMPLIFICATORE A RIFLESSIONE

IV / 23

Università degli Studi di Roma Tor VergataDipartimento di Ing. Elettronica

corso diELETTRONICA APPLICATA

Prof. Franco GIANNINI

MIXER

IV / 24A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

SOMMARIO

Introduzione

Moltiplicazione tra segnali

Mixer con differenziale

Mixer a cella di Gilbert

IV / 25A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

MIXER. INTRODUZIONEIn una catena ricevente, il segnale a radiofrequenza viene amplificato da un amplificatore a basso rumore (LNA) ed inviato ad un mescolatore (Mixer) per la conversione a frequenza più bassa, facendolo “battere” con un segnale generato localmente da un oscillatore (LO). Successivamente, tra i prodotti del battimento si sceglie una banda, filtrando le altre e, quella prescelta viene amplificata da un amplificatore a frequenza intermedia (IFA) e poi mandato all’utilizzatore

LNA IFA

LO

Mixer

N.B.In una catena trasmittente si effettua l’operazione inversa scegliendo, all’uscita del mixer, il risultato del battimento a frequenza più alta, che viene inviato allo stadio finale di potenza.

IV / 26A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

MIXER (I)

2ds gs gsi a v b v= ⋅ + ⋅

Per moltiplicare tra loro due segnali può essere utilizzato un circuito non lineare, realizzando così, la traslazione di un segnale da un campo di frequenza ad un altro.

id

vgs

( )o L dsv R i t= ⋅RL

ids(t)IDD

+VDD

L0

VGG

vrf(t)

vlo(t)

Sarà quindi, in generale

( ) ( ) ( ) ( )2ds DS GG gs gsI t I V a v t b v t= + ⋅ + ⋅

Ponendo ora IQ=IDS(VGG) e vgs(t)= vrf + vlo ,

( ) 2 2

2 r

ds Q rf lo rf l

f o

o

l

I t I a v a v b v

b

b v

v v+ ⋅

= + ⋅ + ⋅ ⋅

+ + ⋅

( )( )

cos

cosrf R F R F

lo LO LO

v V t

v V t

ω

ω

=

=

Avremo

Assumendo ora sinusoidali le due tensioni vrf e vlo ovvero

Avremo, in questo caso, che i termini al quadrato daranno un contributo in continua ed uno alla seconda armonica,mentre il doppio prodotto darà un contributo alla frequenza somma ed uno alla frequenza differenza

IV / 27A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

Più esattamente , lo sviluppo darà, per la parte in continua

( )2 2continua

12DD Q RF LOI I I b V V= = + ⋅ +

( ) ( ) ( )

( ) ( )

2 2cos(2 ) c1cos cos2

cos

(

s

os 2 )

co

RF L

RF LO RF LO R

ds RF RF LO LO RF LO

F LO RF LO

O

b V V

i

t b V V

t a V t a V t tb V V

t

t

ω ω ω ω

ωω ω ω

+ ⋅ ⋅ ⋅ − + ⋅ ⋅ ⋅ +⎡ ⎤

⎡ ⎤= ⋅ + ⋅ + ⋅ + +⎣ ⎦

⎡ ⎤⎣ ⎦ ⎣ ⎦

Un contributo che tra l’altro,tenderà a spostare il punto di lavoro ed in ogni caso aumenterà la potenza fornita dalla batteria), mentre,per la parte in alternata avremo:

( )o L dsv R i t= ⋅RL

ids(t)IDD

+VDD

L0

VGG

vrf(t)

vlo(t)

MIXER (II)

Ne segue che la parte in alternata della corrente ids(t) contiene, tra gli altri, traslato in frequenza in basso ed in alto di una quantità ωLO, il segnale a radiofrequenza ωRF. Uno di tali segnali, con opportuni filtri potrà essere separato dagli altri ed utilizzato nella catena di trasmissione e/o ricezione di un T/R.

IV / 28A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

MIXER (III)

+VDD

( )( )

1

2

cos

coso O RF LO

o O RF LO

v V t

v V t

ω ω

ω ω

= ⋅ −⎡ ⎤⎣ ⎦= ⋅ +⎡ ⎤⎣ ⎦

RL

L1

VGG

vrf(t)

vlo(t)

C1

Sostituendo infatti l’induttanza Lo di choke, presente sul drain, con un circuito risonante si potrà effettuare l’operazione di filtraggio ovvero di scelta di uno dei termini della corrente di drain in modo da ottenere sul carico RL un segnale alla frequenza voluta. Nel caso in figura, scegliendo L1 e C1 in modo da avere:

1 1 11RF LO L Cωω ω−= =

trasleremo in basso la frequenza ωRF, ovvero la porteremo in banda base.Se invece scegliamo L1 e C1 in modo da avere

2 1 11RF LO L Cωω ω+= =

trasleremo in alto la frequenza ωRF, ovvero moduleremo la portante ωLO con la banda base.

In ogni caso, l’ampiezza del segnale d’uscita

O L LO RFV R b V V= ⋅ ⋅ ⋅risulterà, tra l’altro, funzione anche del livello dell’oscillatore locale (VLO).

Il circuito risonante L1 C1 è un corto circuito per tutte le armoniche tranne che per la frequenza di risonanza per cui si comporta come un circuito aperto

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MIXER CON AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE (I)

Per moltiplicare tra loro due segnali,, possiamo ricorrere ad un differenziale ad accoppiamento di emettitore “modulando”il generatore di corrente I0.Ricordiamo infatti che in un transistore, latrasconduttanza è funzione lineare della corrente di polarizzazione ovvero

qm= I0/ VT

Perciò, se I0 varia linearmente con la tensione dell’Oscillatore Locale sarà

qm= K1 VLO / VT

Il segnale d’uscita, poi è proporzionale a quellod’ingresso, ovvero

Vout = qmVRFRL

Sarà perciò, ottenendo il prodotto dei due segnali,

Eseguendo l’operazione di battimento con un circuito non lineare, in realtà si producono dei segnali inutili allo scopo (il quadrato dei segnali che facciamo battere), mentre utilizziamo solo il doppio prodottodell’operazione, che possiamo ottenere direttamente con un moltiplicatore analogico.

VCC

iC1 RL RL

vrf

iC2

ie1

Io( )

Q1 Q2vout

E ie2

vlo

Vout = K1 VRFRL VLO / VT

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Q1 Q2

VCC

I1C

Re

Rcvo

Rc

+- vs1

+- vs2

Rs RsE

B2B1

I2C

ib1 ib2

-I1e -I2e

IET

-VEE

Come è noto, nell’amplificatore differenziale con accoppiamento d’emettitore abbiamo:

( ) ( )1 2 1 21

e e ET c cF

I I I I Iα

− + = = +

dove, assumendo uguali le due correnti di saturazione inversa Is1= Is2 dalle

( ) ( )1 1 1 2 2 2ln lnbe T c s be T c sV V I I V V I I= =

avremo:

1 21 2 exp expbe be id

c cT T

V V VI IV V

⎛ ⎞ ⎛ ⎞−= =⎜ ⎟ ⎜ ⎟

⎝ ⎠ ⎝ ⎠

e quindi:

1 21 1

1 exp 1 expc c F ET

id id

T T

I I IV VV V

α

⎛ ⎞⎜ ⎟⎜ ⎟+ = +⎜ ⎟⎛ ⎞ ⎛ ⎞

+ − + +⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟⎜ ⎟⎝ ⎠ ⎝ ⎠⎝ ⎠

MIXER CON AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE (II)

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MIXER CON AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE(III)

Assumendo infatti IET=I0+ΔI0:

( ) ( )

( ) ( ) ( )00

2 2 4

4 4

loF ET F ETC lo

T T

FFlo rf lo

TT

V tI II tgh V tV V

I V I tV

V t VV

t

α α

α α

⎛ ⎞Δ = =⎜ ⎟

⎝ ⎠

= +

con un termine quindi che contiene il prodotto

Vrf*Vlonella tensione Vout(t)=2ΔICRL

Vout=2RLΔIC1:1Vid/2

Vid/2V1be V2be

I1eI2e

RLRL

-VEE

I1C=ICC+ΔIC I2C=ICC-ΔIC

ΔIC

IET=I0+ΔI0R1

R2R3

Ccpli

Ccple

Vrf(t)

Vlo(t)

Alimentando ora il differenziale nel modo indicato ( modulando in particolare la corrente IET con la tensione Vrf) e variando qm= IET/ VT , otteniamoil voluto mixing dei segnali.

Si avrà:

+VCC

K1

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MIXER A CELLA DI GILBERTCombinando opportunamente due celle differenziali usate per moltiplicare vRF e vLO, si ha:

( )

( )

00

,,

2 2

2 2

rfF

T

F A B LOA B

T

V tII tghV

I V tI tgh

V

α

α

⎛ ⎞Δ = ⎜ ⎟⎜ ⎟

⎝ ⎠⎛ ⎞

Δ = ⎜ ⎟⎝ ⎠

RL RL

1 12 2A B

A B

I II I

++ Δ − Δ

1 12 2A B

A B

I II I

++ Δ − Δ Vout=2RLΔIout

12 A AI I+ Δ

12 A AI I−Δ 1

2 B BI I−Δ

12 B BI I+ Δ

AIΔBIΔ

out A BI I IΔ =Δ −Δ

0IΔ

12 0 0AI I I= + Δ 1

2 0 0AI I I= −Δ

VLO

VRF

I0

da cui:( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( )

20 0

202

2 2

2 2 2

8

2 2

FLO

F A B LOout A B

T

rfL

r

O L

f

T

T

OF F

T T

I I V tI I I tgh

V

V tV t V tI Itgh tgh tghV

t

V

I t VV

V

α

α α

⎛ ⎞−Δ =Δ −Δ = =⎜ ⎟

⎝ ⎠⎛ ⎞⎛ ⎞ ⎛ ⎞Δ

= = ⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠

che dipende solo dal prodotto dei due segnali e che ricade nei casi precedenti ricordando che:

( ) 2out L outv t R I= Δda cui è facile filtrare il contributo ωRF ± ωLO voluto.

+-

IV / 33A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

Nelle applicazioni viste, i moltiplicatori analogici eseguono in realtà il prodotto delle tangenti iperboliche delle tensioni interessate.Ne segue che il prodotto dei due segnali si ha solo con segnali piccoli rispetto a VT( 26 mV ). Per estendere la dinamica dei moltiplicatori, si può ricorrere ad una predistorsione dei segnali, con un circuito, ad esempio, che dia in uscita la funzione inversa della tangente iperbolica ( tgh-1 (v) ).Ponendo infatti: VCC

vin I1

vout

Q1 Q2

I2

Convertitore tensione-corrente

DINAMICA DEL MIXER(I)

I1= I0 + gmVin

I2= I0 - gmVin

ΔV=Vout= VTln((I0 + gmVin)/Is)-VTln((I0 - gmVin)/Is)

ΔV=Vout= VTln((I0 + gmVin)/ (I0 - gmVin))

ΔV=Vout= 2VT tgh-1 (gmVin/ I0)

Si ottiene per la tensione d’uscita

Ovvero:

Da cui:

tgh-1 (v)= ½ ln((1+v)/(1-v))Ricordiamo che vale la:

IV / 34A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

Vrf

Vlo

Tgh-1(Vrf)

Tgh-1(Vlo)

Vout

Avremo, in questo caso,

ΔV=Vout= I0 (gm1Vrf/ I01)(gm2Vlo/ I02)

I0

Garantendo il legame lineare voluto

DINAMICA DEL MIXER (II)

IV / 35

Università degli Studi di Roma Tor VergataDipartimento di Ing. Elettronica

corso diELETTRONICA APPLICATA

Prof. Franco GIANNINI

AMPLIFICATORI OPERAZIONALI

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SOMMARIO

Introduzione

Caratteristiche degli Op. Amp.

Amplificatore invertente

Amplificatore non invertente

Amplificatore differenziale

Integratore e derivatore

Integratore e derivatore reali

Banda passante

Generatori di tensione di riferimento

Alimentatore stabilizzante

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AMPLIFICATORI OPERAZIONALIL’amplificatore operazionale è il più diffuso integrato lineare ed è utilizzato per la realizzazione di un gran numero di circuiti sia lineari che non lineari che effettuano le tre operazioni fondamentali in elettronica: amplificazione, generazione, elaborazione dei segnali. E’ realizzato in genere con amplificatori in continua ad elevato guadagno ed ha in genere un ingresso differenziale. E’ alimentato in modo simmetrico o meno a seconda che il livello di uscita debba o no variare intorno allo zero.

-

+

-

+

+V

-V

Le proprietà dei circuiti che li utilizzano, sono praticamente dipendenti solo dalla rete di retroazione, almeno nel caso di op.amp. idealeche presenta le seguenti caratteristiche:

a) Guadagno di tensione infinito Av=∞

b) Impedenza di ingresso infinita Zin=∞

c) Impedenza d’uscita nulla Zo=0

d) Rapporto di reiezione (CMRR) infinito

e) Banda infinita

Se ne deduce che l’uscita è finita se l’ingresso è nullo, che la corrente di ingresso è al pari della tensione di ingresso, nulla (massa virtuale), che le prestazioni sono indipendenti dal carico, che se i segnali di ingresso sono uguali l’uscita è nulla, che il tempo di ritardo in-out è nullo. Si noti infine che le tensioni di alimentazione rappresentano la massima e la minima tensione ottenibile in uscita, ovvero i valori delle tensioni di saturazione dell’op. amp. Essendo poi Av infinito, l’op. amp. a catena aperta può assumere solo uno dei due valori di saturazione.

massa virtuale v

c.a.

c.c.

i

Due condizioni

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AMPLIFICATORE INVERTENTE

Circuito (a): amplificatore invertente

Essendo nulla la tensione di ingresso avremo:

1 1 1 2 2 2V Z I V Z I= = −

Essendo inoltre nulla la corrente di ingresso sarà:

21 II = e quindi 2 2

1 1

V ZV Z

= −

In particolare se il circuito prende il nome di invertitore, se Z2 e Z1 sono semplici resistenze il circuito invertente si comporta come amplificatore di tensione ideale (Rin=∞,R0=0).

Circuito (b): sommatore

Essendo nulla la tensione e la corrente di ingresso (massa virtuale) si ha:

4321 IIII =++

1 1 1 2 2 2 3 3 3; ;V Z I V Z I V Z I= = =

da cui: 4 4 44 1 2 3

1 2 3

Z Z ZV V V VZ Z Z

= − − −

In generale l’uscita è una combinazione lineare dei segnali di ingresso (somma pesata se Z1, Z2, Z3, Z4, sono delle resistenze).

( )0ii =

( )0iv =

( )0ii =

( )0iv =-

++ V1-

Z2

Z1

I2

I1

a)

vi+ V2-

-++

V1-

+ V2-

+ V3-

Z3

Z2

Z1

Z4

I1

I3

I4I2

b)

+ V4-

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2 2 2iv v Z i− = −

1 2i i

AMPLIFICATORE INVERTENTE : Av≠∞

=

1 1 1iv v Z i− =

2 viv A= −

+ V2-

-

++ V1-

Z2

Z1

I2

I1vi

Supponendo ancora che la corrente ii sia nulla, avremo quindi:

( )2 1 2 1 2v v Z Z i− = − + ⋅

2

2

2

22

11Z

vAZ

vvi i

−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +=

−−

=

ed essendo

sarà:

21

2212

11ZZ

ZA

vvv+

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +=−

da cui:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

+−=

AZZZvv 111

21

221 ovvero ⎥

⎤⎢⎣

⎡+

+−=AZZ

ZZZvv 1

21

1

2

121

e quindi2 2 1

1 1 21 1 2

2 2 1

11 11

v Z ZZ Z Zv Z ZZ Z A A Z

= − = −+ ⎛ ⎞++ + ⎜ ⎟

⎝ ⎠Il guadagno A ≠∞ comporta quindi una differenza rispetto al guadagno teorico (-Z2/Z1) tanto minore quanto maggiore è il valore di A.

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AMPLIFICATORE NON INVERTENTE

1v V+ =

12

1 2

Zv VZ Z

− =+

1 2i i=

+ V2-

-

++ V1-

Z2

Z1

I2

I1

Anche in questo caso essendo nulla la tensione e la corrente di ingresso avremo:

121

12 v

ZZZ

v =+

da cui:

2 2

1 1

1v Zv Z

= +

legame, nell’ipotesi di Z1 e Z2 puramente resistite, tipico di un amplificatore di tensione non invertente. Osserviamo poi che assumendo Z2=0 ovvero il rapporto tra l’uscita e l’ingresso diventa unitario restando positivo. Si realizza così uno stadio di buffer (separatore) ideale (Rin=∞, Ro=0, Av=1) in una delle due configurazioni seguenti:

-+

Z2=0

Z1

V1

V2

-+

Z2

Z1=∞

V1

V2

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AMPLIFICATORE DIFFERENZIALE

Utilizzando entrambi gli ingressi dell’amplificatore e applicando la sovrapposizione degli effetti, è facile ottenere, per le tensioni ai morsetti I ed NI, le espressioni:

21

13

21

21 RR

RvRR

RvvI ++

+=

43

42 RR

RvvNI +=

1 2 4 23 2 1

3 4 1 1

R R R Rv v vR R R R

+= −

+

3

4

1

2

RR

RR

=

( )121

23 vv

RR

v −=

4 1 2 22 2

2 23 2 1

1 4 1 13 1

R R R Rv v vR R R

R v vR RR

R+ −

+= −

+ ( ) ( ) 2431

324112

1

23 v

RRRRRRR

vvRRv

+−

+−=

21 vv ≅ 221

2vvv

≅+

( )1 4 2 3

1 3 4s

R R R RAR R R

−=

+

2 4

1 3

4 2

3 1

1d

s

R RR RACMRR R RA

R R

⎛ ⎞+⎜ ⎟

⎝ ⎠= =−

poiché la tensione tra i due morsetti è per ipotesi nulla (vI=vNI) avremo

che è la tipica funzione di trasferimento di un amplificatore differenziale di amplificazione Ad=R2/R1. Notiamo però che, anche partendo da un operazionale ideale, il CMRR dell’amplificatore differenziale così realizzato non è infinito a causa delle inevitabili differenze tra le resistenze usate. Si ha infatti:

Assumendo ora e quindi

+ V3-

che, supponendo verificata la condizione

diventa

da cui

da cui

-

+

V1

R2

R1

V2

R3

R4

I

NI

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INTEGRATORE E DERIVATORE

+ V2-

-

+

V1

C

R

i

a) integratore

+ V2-

-

+

V1

C

Ri

b) derivatore

Nel caso di un amplificatore invertente il legame tra ingresso ed uscita è del tipo:

1

2

1

2

ZZ

vv

−=

che possiamo particolarizzare nel caso dei due circuiti indicati. Nel caso (a), poiché:

CjZ

ω1

2 = RZ =1e avremo 2 11v v

j RCω= −

che corrisponde ad avere in uscita un segnale proporzionale all’integrale dell’ingresso - si ricordi che ∫ →

ωjdt 1

Nel caso (b), poiché:

11Z

j Cω=2Z R= e avremo 2 1v j RCvω= −

che corrisponde ad avere in uscita un segnale proporzionale alla derivata dell’ingresso - si ricordi che d j

dtω→

Si noti poi che le funzioni di trasferimento così ottenute dimostrano una notevole sensibilità dei due circuiti rispettivamente alle basse frequenze (circuito integratore) e alle alte frequenze (circuitoderivatore). Nei due casi infatti, anche in corrispondenza di piccoli valori dell’ingresso, l’uscita è notevolmente elevata, fatto questo che può portare a cattivo funzionamento.

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INTEGRATORE E DERIVATORE REALI

+ V2-

-

+

C

R1

a)

R2

V1+ V2-

-

+

V1

C

R2

b)

R1

Per rendere l’integratore ed il derivatore meno sensibili rispettivamente alle alte ed alle basse frequenze, i circuiti vengono modificato come in fig. (a) e (b). Si ha infatti:

sffjR

RCRjR

RZZ

vv

+−=

+−=−=

1

11

1

1

2

21

2

1

2

1

2

ω

jffR

R

CRjRR

ZZ

vv

i+−=

+−=−=

1

111

1

1

2

1

1

2

1

2

1

2

ωL’inserzione delle resistenze, non presenti negli schemi ideali, modifica dunque le risposte impedendo che vadano all’infinito nei casi limite esaminati. Ciò comporta in realtà l’aver limitato superiormente (caso a) ed inferiormente (caso b) la banda passante dell’operazionale, che èsupposta infinita. Ciò suggerisce di limitare la banda dell’operazionale nel modo seguente

b)

a)

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INTEGRATORE E DERIVATORE REALI

Per rendere l’integratore ed il derivatore meno sensibili rispettivamente alle alte ed alle basse frequenze, i circuiti vengono modificato come in fig. (a) e (b). Si ha infatti:

sffjR

RCRjR

RZZ

vv

+−=

+−=−=

1

11

1

1

2

21

2

1

2

1

2

ω

jffR

R

CRjRR

ZZ

vv

i+−=

+−=−=

1

111

1

1

2

1

1

2

1

2

1

2

ωL’inserzione delle resistenze, non presenti negli schemi ideali, modifica dunque le risposte impedendo che vadano all’infinito nei casi limite esaminati. Ciò comporta in realtà l’aver limitato superiormente (caso a) ed inferiormente (caso b) la banda passante dell’operazionale, che èsupposta infinita. Ciò suggerisce di limitare la banda dell’operazionale nel modo seguente

b)

a)

+ V2-

-

+

V1

C1R2R1

C2

ω

|G|dB

2

1

20 log RR 20dB

dec 20dBdec−

1 1

12 i RCfπ =

2 2

12 s RCfπ =

0, 0i

s

fff f2

1

VGV

=

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INTEGRATORE REALE

Utilizzando i diagrammi di Bode, la risposta dell’integratore reale diventa:

22

1

120log 20log

1

v dB

s

RAR f

f

= +⎛ ⎞

+ ⎜ ⎟⎝ ⎠

2 2

12sf R Cπ

=con

vs

fA arctgf

π∠ = −

|Av|

3 dB

fs log(f)

fs log(f)

Av180°

90°

45°

Confrontando questi risultati con la risposta in frequenza del passa basso

V1

R2

C V2 s

v

ffjv

vA+

==1

1

1

2

CRf s

221

π=

2

120log

1

v dB

s

Aff

=⎛ ⎞

+ ⎜ ⎟⎝ ⎠

vs

fA arctgf

∠ = −

se ne deduce che l’integratore reale si comporta come il passa basso, ovvero che il gruppo R2C limita la banda di funzionamento dell’operazionale che dà in uscita un segnale proporzionale all’ingresso fino alla frequenza fs, frequenza di taglio superiore, ed integra il segnale per frequenze superiori a fs.

ovvero

con

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DERIVATORE REALE

Utilizzando i diagrammi di Bode, la risposta del derivatore reale diventa:

22

1

120log 20log

1v dB

i

RAR f

f

= +⎛ ⎞

+ ⎜ ⎟⎝ ⎠

1 1

12if R Cπ

=con

iv

fA arctgf

π∠ = +

|Av|

3 dB

fi log(f)

fs log(f)

270°

180°

45°

Av

Confrontando questi risultati con la risposta in frequenza del passa alto

V1R2

C

V2

2

1

1

1v

i

vA fvj f

= =+

⋅1

12sf R Cπ

=

2

120log

1v dB

i

Aff

=⎛ ⎞

+ ⎜ ⎟⎝ ⎠

iv

fA arctgf

∠ =

Ne deduciamo che il derivatore reale si comporta come il passa-alto, ovvero che il gruppo R,C limita la banda di funzionamento dell’operazionale che dà in uscita un segnale proporzionale all’ingresso per frequenze superiori a fi, frequenza di taglio inferiore, e “deriva” il segnale per frequenze inferiori a fi.

ovvero

con

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BANDA PASSANTE

Riprendiamo il caso dell’amplificatore operazionale “caricato” come in figura:

+ V2-

-

+

V1

C1R2R1

C2è evidente che la sua risposta in frequenza, in termini di modulo e di fase, potrà essere scritta come:

( ) 22 2

1

1 120log 20log 20log

11 i

s

RA fR ff

ff

= + +⎛ ⎞ ⎛ ⎞

++ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟⎝ ⎠⎝ ⎠

( ) i

s

ffA f arctg arctgf f

π∠ = − +

i

ovvero come mostrato in figura:

f sf

1 1

12if R Cπ

=2 2

12sf R Cπ

=log(f)

20 dBdec 20 dB

dec−

if sfBanda Passante

dove (fs-fi) è la banda passantedell’amplificatore.

IV / 48A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi

GENERATORI DI TENSIONE DI RIFERIMENTO

V2

-

+

R2

R1

VR a)

V2

-

+

R2

VZ

R1

V+

b)

Il problema comune a tutti i generatori di tensione di riferimento (dalle batterie agli zener) è quello di nongarantire la tensione in condizioni di erogazione di corrente, ma può essere risolto inserendo tra l’utilizzatore ed il generatore di tensione uno stadio di buffer costituito da un semplice operazionale. Con riferimento al circuito di b) avremo:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

1

22 1

RRvv z

tensione maggiore di Vz e fornita da un circuito con .Inrealtà con la scelta circuitale fatta, la tensione Vz èfunzione della tensione di alimentazione V+ e come tale può subire indesiderate variazioni. L’inconveniente può essere evitato col circuito di c). Sarà infatti:

32

322 RR

Rvvv z +

=− da cui ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

2

32 1

RR

vv z

Che è analoga alla precedente ma indipendente dall’alimentazione V+.

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GENERATORI DI TENSIONE DI RIFERIMENTO

V2

-

+

R2

VZ

R1

V+

b)

Il problema comune a tutti i generatori di tensione di riferimento (dalle batterie agli zener) è quello di nongarantire la tensione in condizioni di erogazione di corrente, ma può essere risolto inserendo tra l’utilizzatore ed il generatore di tensione uno stadio di buffer costituito da un semplice operazionale. Con riferimento al circuito di b) avremo:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

1

22 1

RRvv z

tensione maggiore di Vz e fornita da un circuito con .Inrealtà con la scelta circuitale fatta, la tensione Vz èfunzione della tensione di alimentazione V+ e come tale può subire indesiderate variazioni. L’inconveniente può essere evitato col circuito di c). Sarà infatti:

32

322 RR

Rvvv z +

=− da cui ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

2

32 1

RR

vv z

Che è analoga alla precedente ma indipendente dall’alimentazione V+.

V2

-

+

VZ

R1

V+

c)

+-

R2

R3

iZ

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ALIMENTATORE STABILIZZATO

Nello stabilizzatore di tensione indicato, la corrente al carico è fornita da un transistore di potenza anziché dall’amplificatore operazionale. Nell’ipotesi che l’amplificatore operazionale abbia guadagno infinito a catena aperta, dovrà essere nulla la differenza di tensione all’ingresso (VNI=VI). Sarà perciò:

zu VRR

RV =+ 21

1⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

1

21RRVV zuda cui

perciò si potrà variare la tensione di uscita agendo sul rapporto R2/R1. Le resistenze R4 ed R5 sono invece inserite per proteggere il circuito da eventuali sovraccarichi. Si noti poi come l’operazionale sia alimentato dalla tensione non stabilizzata Vi mentre la tensione di riferimento Vz sia ottenuta dalla tensione stabilizzata Vu.Quanto il condensatore C, in alcuni schemi inserito per evitare che improvvise variazioni della tensione di uscita possano rendere instabile il circuito (C shunta le variazioni rapide di Vu).

Vi-

+

VZR1

R2 R3

R4

R5

RL

T

VuI

NI

IV / 51

Università degli Studi di Roma Tor VergataDipartimento di Ing. Elettronica

corso diELETTRONICA APPLICATA

Prof. Franco GIANNINI

CIRCUITI NON LINEARI CON AMPLIFICATORI

OPERAZIONALI

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SOMMARIO

Introduzione

Limitatore ad un livello

Limitatore a due livelli

Limitatore di precisione

Raddrizzatore a doppia semionda

Amplificatore logaritmico ed antilogaritmico

Comparatore

Comparatore con isteresi

Rivelatore di picco

Modulo sample-hold

Generatore di segnali: impulso, onda quadra, rampa

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CIRCUITI NON LINEARI CON OP. AMP.

I circuiti non lineari che utilizzano l’op. amp. sono essenzialmente di due tipi: quelli che utilizzano l’elemento non lineare (diodo, zener, transistore) essenzialmente come interruttore, o più in generale come dispositivo che presenta due relazioni i-v differenti a seconda che sia o no in conduzione, e quelli che sfruttano la relazione i=f(v), tipicamente non lineare, in quanto non riconducibile ad una semplice relazione tipo i=Gv.

Al primo tipo appartengono, tra gli altri, i limitatori ed i convertitori AC-DC, al secondo tipo gli amplificatori logaritmico e antilogaritmico e , più in generale, i generatori di funzione.

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LIMITATORI AD UN LIVELLO (I)

Supponiamo che il diodo del circuito a) presenti una delle due caratteristiche raffigurate in b) e valutiamo la curva di trasferimento v2(v1) del circuito.La condizioni di scatto del diodo è in entrambi i casi:

γVv −=2

2v VSe poi γ> − sarà

11

22 v

RRv −=

2v VSe invece γ< − sarà

11

22

//v

RrR

v d= 2 cost=-Vv(caso α) γ= (caso β);

i

v

αβ

V2

-

+

R1

a)

V1

D

R2

b)V1

V2

-Vγ

β

α

-R2/R1

2

1

// dR rR

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LIMITATORI AD UN LIVELLO (II)

V2

-

+

R1

a)

V1

D1

R2

D2

Supponendo D2 ideale (rd=0, ri=∞ , Vγ= Vγ2 ) e supponendo Rz=0 per lo zener, è facile vedere che fino a che v2<VZ+ Vγ2 si avrà:

2 2zv V Vγ= +

22 1

1

Rv vR

= −

Quando invece lo zener passa in conduzione, l’uscita vale:

( )11 2

2z

Rv V VR γ≤ − +e ciò si verifica per :

La curva di trasferimento è indicata in b).

-R2/R1

VZ+ Vγ2

(VZ+ Vγ2) (-R1/R2)

V1

V2

b)

D2 on

D2 off

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LIMITATORI A DUE LIVELLO

V2

-

+

R1

a)

V1

D1

R2

D2

-R2/R1

+VZ1

-VZ1(R1/R2)

V1

V2

b)-VZ2

VZ2(R1/R2)

Il circuito a) utilizza due zener per realizzare una limitazione del segnale di uscita a due livelli (Vz1 e –Vz2). Si noti infatti che per –VZ2<v2< VZ2 uno dei due diodi è polarizzato inversamente e nella ipotesi di diodi ideali sarà :

11

22 v

RR

v −=

22 zVvL’uscita sarà invece:

−= 22

11 zV

RR

v +≥

12 zVv += 12

11 zV

RRv −≤

se

se

La curva di trasferimento è perciò quella indicata in b).

D2 on

D2 off

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LIMITATORE DI PRECISIONE

V2

-

+

R1

a)

V1

D1

R2D2

V3

b)

I circuiti fin qui visti hanno l’inconveniente che il livello di taglio è fortemente dipendente dalle caratteristiche dell’elemento non lineare e quindi in particolare dalla temperatura. Un limitatore di precisione, nel caso di livello di taglio uguale a zero, è quello di Figura a) cui corrisponde la curva di trasferimento di b). In particolare, la tensione v3 coincide con v2 quando D2 è in conduzione e ciò avviene per v1<0. In tal caso si ha

11

23 v

RRv −=

Quando v1>0, D2 è interdetto mentre D1 passa in conduzione portando praticamente a zero la tensione di uscita v3 mentre v2 risulta circa pari a –Vγ1.

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LIMITATORE DI PRECISIONE: CURVE DI TRASFERIMENTO

12

2

i

RVrγ−

V2

-

+

R1

a)

V1

D1

R2D2

V3RX

v1

v1

+Vγ2

-Vγ1

-ri/2R1

-rd/R1

-R2/R1D2 on

D2 off

D1 off

D1 on

-R2/R1

-rd≈0

11

2

i

RVrγ

Tra +Vγ2 e - Vγ1 entrambi i diodi sono aperti, quindi: ( )1 2 2 2// 2x i i iR r R r r= +

21 1

1

2x iv R R r Rv

= − = −

Al di sopra di +Vγ2 , D2 è chiuso, quindi:

( )1 2 2 2//x i dR r R r R= +2

1 2 11

xv R R R Rv

= − = −

Al di sotto di –Vγ1 , D1 è chiuso, quindi:

( )1 2 2 1//x d i dR r R r r= +2

1 1 11

x dv R R r Rv

= − = −

Ne segue per v3 che se:

2 2 3 0v V vγ≤ → =2

2 2 3 2 22 2d

Rv V v v vR rγ> → =

+

1) 2)

3)

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RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA (I)

0iv <

V2

R

a)

V1

D1

-

+

D2

V3

-

+

R

R

R/2

R

V4

Come si è visto, se allora 3 i iRv v vR

= − = − ; se 0iv > allora 3 0v =

Di conseguenza, per la tensione v4 avremo:

caso 0iv <

caso 0iv >

4 3 22i i i i

R Rv v v v v vR R

= − − = − + =

4 i iRv v vR

= − = −

v4

v1

45° 45°

b)

La caratteristica di trasferimento (-|x|) è dunque quella di figura b).

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RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA (II)

Il circuito in figura è un esempio pratico dell’applicazione precedente.Poiché l’uscita di un segnale sinusoidale contiene un livello in continua pari a:

( ) ( )40 0

1 1 2sinT T

m M MV v t dt V t dt VT T

ωπ

= = =∫ ∫È possibile ottenere questo livello filtrando in uscita le armoniche contenute nella tensione raddrizzata inserendo nello schema il condensatore C2 che introduce una frequenza di taglio superiore ωs=(R2C2)-2 di valore opportuno.

V2

10 kΩV1

D1

-

+

D2

V3

-

+

20 kΩ

20 kΩ

10 kΩ

20 kΩ

V4

C2=4,7 μF

2,5 kΩ

10 kΩ 5,1 kΩ

4,7 μF

4,7 μF

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AMPLIFICATORE LOGARITMICO E ANTILOGARITMICO (I)

D

V2

R1

a)

V1 -

+

V+ -i

V1

V2

b)

-

+

R2

D

V+ -

i

Gli amplificatori logaritmico e antilogaritmico sfruttano per il loro funzionamento la caratteristica i,v di un diodo in conduzione, cioè la relazione:

0 1TvVi I e⎛ ⎞= −⎜ ⎟

⎝ ⎠con v>0

Caso a) : amplificatore logaritmico

Riferendoci al circuito a) e approssimando la caratteristica del diodo con la relazione

0T

vVi I e= abbiamo ( )0logTv V i I=

e poiché 1 1i v R= e 2v v= −

risulterà

( )2 1 1 0logTv V v R I= −

Caso b) : amplificatore antilogaritmico

Riferendoci al circuito b) e approssimando la caratteristica del diodo con la relazione

0T

vVi I e= abbiamo

2 2v i Re poiché = − ⋅

risulterà ( )2 2 0 1exp Tv R I v V= −

ossia ( )12 2 0 1log Tv R I v V−= −

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AMPLIFICATORE LOGARITMICO E ANTILOGARITMICO (II)

V2

R1

a)

V1

-

+

ic

vcb veb

Gli schemi indicati hanno alcuni inconvenienti. Nel caso dell’amplificatore antilogaritmico, ad esempio, la resistenza d’ingresso è estremamente bassa ed èquindi necessario premettere uno stadio di buffer. In entrambi poi l’estensione di validità della relazione del diodo non supera le due-tre decadi con grosse limitazioni di funzionamento. Il problema è risolto dal circuito c), in cui il transistore T presenta la voluta legge ic,v2 per almeno sette-otto decadi. Partendo da:

0 01 11 1

CBEB

T T

VVV VC C

ci i

I Ii e eααα αα

− −⎛ ⎞⎛ ⎞= − − −⎜ ⎟⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟− −⎝ ⎠ ⎝ ⎠

ed osservando che si ha: 0CBV e 2EBV v=

avremo che :

1 02 1log

1E

Ti

R Iv V v ααα

⎡ ⎤= − ⎢ ⎥−⎣ ⎦

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AMPLIFICATORE LOGARITMICO E ANTILOGARITMICO (III)

V6-

+

R4

D2

V1

D1

V3

R1-+

R2

V2

D1

V4

R1-+

R2

V5

-

+

R3

Una tipica applicazione dei circuiti visti è il moltiplicatore analogico, riportato in figura. Si ha infatti:

13

1 0

logTvv V

R I= − 2

41 0

logTvv V

R I= −e

da cui ( )3 31 2 1 2

5 22 1 0 1 0 2 1 0

log log logT TR Rv v v vv V VR R I R I R R I

⎛ ⎞⎛ ⎞ ⋅= + = ⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟⎝ ⎠ ⎝ ⎠

E ancora( )

1 3 1 26 4 02 2

2 1 0

log logT

T

V R v vv R IR V R I

−⎛ ⎞⋅

= − ⎜ ⎟⎜ ⎟⎝ ⎠

( )Se R3=R2

4 026 1 22

1 0

R Iv v vR I

= − ⋅

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COMPARATORE

( )2 Zv v i= −

In numerose applicazioni è necessario sapere quando un segnale di forma d’onda arbitraria raggiunge un certo livello VR. In linea di principio ciò può essere realizzato mediante un comparatore invertente, in cui l’uscita è alta (H) fino a che v1(t) è inferiore a VR e diventa bassa (L) quando v1(t)raggiunge o supera VR.

v2(t)

v1(t)

VR

VR

v1

v2 H

L

Già un normale limitatore utilizza un comparatore in quanto riproduce il segnale di ingresso solo per valori superiori o inferiori ad una tensione prefissata. Poiché però in questo caso la riproduzione del segnale non interessa, si può modificare opportunamente un circuito limitatore in modo che l’uscita assuma livelli prefissati a seconda del segno della tensione complessiva d’ingresso (v1(t) - VR).Operazionale usato come comparatore

D

V2

R1

a)

-

+

v1

iV R2 Semplifichiamo l’analisi assumendo che la tensione ai capi dello zener sia uguale solo a –Vz o a Vγ. Poiché si ha sempre:

avremo allora, a seconda del verso della corrente i, e quindi dello stato del diodo:

2v =vγ−

Zv+Quanto alla corrente i si ha: 2 1 1i V R v R= + da cui la condizionedi scatto (i=0) darà per v1 :

11

2R

Rv V VR

= − = − (grafico b)

v2

v1

Vz

-Vγ

-VR

b)

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COMPARATORE CON ISTERESI (I)

v2

-

+

R1

v1

V

R2

Il semplice comparatore sin qui visto presenta l’inconveniente che l’uscita cambia ogni volta che il segnale “attraversa” il segnale di riferimento. In alcune applicazioni ciò non è desiderato: si vuole cioè che il livello di riferimento cambi solo se il segnale “supera” un certo valore o se “scende” sotto ad un valore differente di tensione. Questo secondo tipo di comparatore, indicato in figura, si chiama “comparatore con isteresi” ed ha un doppio livello di riferimento che è funzione della tensione di uscita v2. osserviamo infatti che, se l’uscita è alta cioèse:

2 2 Hv V=

si ha 2 12

1 2 1 2R R H H

R RV V V VR R R R

= = ++ +

Se l’uscita è invece bassa, cioè se:

2 2 Lv V=

si ha 2 12

1 2 1 2R R L L

R RV V V VR R R R

= = ++ +

Per tracciare la funzione di trasferimento facciamo ora l’ipotesi che sia V>0. in tal caso, se la tensione d’ingresso v1(t) ènegativa oppure positiva ma di valore inferiore a VRH, l’uscita v2(t) è costante, positiva e pari all’unico livello possibile positivo, cioè V2H. Se invece la tensione d’ingresso è positiva e superiore a VRL, l’uscita v2(t) è costante, negativa e pari all’unico livello possibile negativo, cioè V2L.

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COMPARATORE CON ISTERESI (II)

v1

v2

V2H

V2LVH

VRHVRL

La caratteristica di trasferimento è perciò quella a lato e viene in genere individuata dalla lunghezza VH del ciclo di isteresi e del valore medio della tensione di riferimento. Nel nostro caso valgono rispettivamente:

( )

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

++

+=

+=

+−=−=

2222

21

2

21

2

21

122

LHRLRHrm

LHRLRHH

VVRR

RRR

RVVVV

RRRVVVVV

Si noti come la larghezza del ciclo di isteresi (VH) sia indipendente dalla tensione V e dipenda solo dai livelli possibili per la tensione d’uscita. V può quindi essere usato per “traslare”, lungo l’asse v1, la caratteristica del comparatore, variandone il valore di riferimento medio.Anziché un comparatore integrato, ovvero un circuito costruito appositamente, può essere usato un amplificatore operazionale utilizzante, come già visto nel caso del semplice comparatore, uno zener. In tal caso i livelli d’uscita possibili diventano ovviamente Vz e –Vγ (circuito b).

v2

-

+

R1

v1

V

R2

D

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CIRCUITI CON MEMORIA (I)

In alcune applicazioni è necessario non solo conoscere il valore assunto da un segnale in un generico istante, ma anche memorizzare tale valore per un tempo più o meno lungo. In tal caso, normalmente si usa come elemento di memoria un condensatore che, caricato al valore di interesse, èsuccessivamente isolato in modo che si scarichi perda quindi l’informazione acquisita. Poiché d’altra parte è necessario poter “leggere” l’informazione per utilizzarla in altre parti del circuito, è opportuno operare in modo che anche questa fase non alteri lo stato del condensatore. Tutto ciò richiede l’uso di op.amp. In grado sia di caricare e poi isolare il condensatore dalla parte della sorgente, sia di separarlo dall’utilizzatore.

Viene utilizzato per memorizzare solo il valore massimo (positivo o negativo) della forma d’onda in ingresso. Il circuito utilizzato si basa sullo schema di principio già noto e serve ad ovviare agli inconvenienti rappresentati dal diodo non ideale e dal carico diverso da zero (carico nullo

RL=∞). Lo schema seguente, ad esempio, risolve il problema del diodoreale. Quando vi>v0, v’>0 per cui D1 conduce e l’uscita segue l’ingresso perché nel complesso il circuito è un inseguitore di tensione. Se vi<v0, v’<0 per cui D1 si apre e C rimane carico all’ultimo valore per cui vi=v0.

Rilevatore di piccoD

C RL

D1

vi’

-

+ C

vi

vo

vi

vo

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CIRCUITI CON MEMORIA (II)

In realtà nel caso visto il condensatore C si scaricherebbe comunque su un eventuale carico ed inoltre, quando la tensione d’ingresso scende sotto il valore cui è caricato il condensatore, l’amplificatore operazionale tenderebbe a saturare perché si aprirebbe l’anello di retroazione (se v’<v0 D1 si apre). I due inconvenienti sono evitati modificando lo schema di principio visto nel modo indicato.

D2

In questo caso infatti il gruppo modificatore (diodo D1 – condensatore C) è separato dal carico da un amplificatore non invertente a guadagno unitario (“R2”=0) ed è alimentato da un altro amplificatore non invertente sempre a guadagno unitario (“R1”=∞). Si noti poi come l’inserimento del diodo D2 eviti al primo operazionale di saturare al livello negativo dell’alimentazione quando D1 non conduce (v’<0) agganciando la stessa tensione v’ al valore –Vγ+vi ed eliminando i ritardi di funzionamento connessi all’uscita dell’amplificatore operazionale dalla saturazione.Si noti infine che l’inserimento della resistenza Rc consente al morsetto invertente del primo op.amp. Di assumere tensioni differenti dal morsetto invertente del secondo op.amp. Come è necessario durante la fase di “memorizzazione” quando l’uscita non segue più l’ingresso ma resta agganciata alla tensione ai capi di C.

RC

v1

-

+

-

+C

v2

R

D1

v’

2 1v v Vγ≠ −

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MODULO SAMPLE-HOLDIl modulo sample-hold permette di riprodurre una parte della forma d’onda di ingresso (fase di campionamento o sampling) e di memorizzarne l’ultimo valore (fase di mantenimento o holding). Il passaggio dall’una all’altra fase è determinato da un comando che agisce su un interruttore elettronico.

Un impulso positivo sul gate di controllo chiude l’interruttore e consente al condensatore C di caricarsi, con , seguendo la v1(t). Quando il FET si interdice, C rimane carico all’ultimo valore memorizzato.La maggiore limitazione del circuito è rappresentata dal tempo di acquisizione che, per τ molto piccolo, è limitato dalla massima corrente di uscita che l’operazionale può fornire (dv/dt=I/C). Un netto miglioramento si ottiene con il circuito seguente, in cui la configurazione complementare carica e scarica molto velocemente (I è molto alta) il condensatore C.

( ),o ds onC R rτ = +

vo+

-

+

-

v1

vcontrollo

v’

Cv1

v’

Ro rds

C

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MODULO SAMPLE-HOLDIl modulo sample-hold permette di riprodurre una parte della forma d’onda di ingresso (fase di campionamento o sampling) e di memorizzarne l’ultimo valore (fase di mantenimento o holding). Il passaggio dall’una all’altra fase è determinato da un comando che agisce su un interruttore elettronico.

Un impulso positivo sul gate di controllo chiude l’interruttore e consente al condensatore C di caricarsi, con , seguendo la v1(t). Quando il FET si interdice, C rimane carico all’ultimo valore memorizzato.La maggiore limitazione del circuito è rappresentata dal tempo di acquisizione che, per τ molto piccolo, è limitato dalla massima corrente di uscita che l’operazionale può fornire (dv/dt=I/C). Un netto miglioramento si ottiene con il circuito seguente, in cui la configurazione complementare carica e scarica molto velocemente (I è molto alta) il condensatore C.

( ),o ds onC R rτ = +

v1,vo

vc

t

-

+

-

+

Ro

Vo

V1

Vcontrollo

+Vcc

-Vcc

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GENERATORE DI ONDA QUADRA (I)

Esaminiamo il circuito seguente e supponiamo ideale l’op.amp.L’amplificatore operazionale e le resistenze R2 ed R3 realizzano un comparatore con isteresi che presenta due livelli di riferimento:

3

3

3

3

RH OH OHL

RL OL OLL

RV V VR R

RV V VR R

β

β

= =+

= =+

L’uscita di tale comparatore alimenta il gruppo R’C, per cui il condensatore C tenderà a caricarsi con costante di tempo 'R Cτ =alla tensione VOH o VOL a seconda che l’uscita sia alta o bassa. Supponiamo v0=VOH e notiamo che, quando la tensione vc ai capi di C raggiunge la tensione di riferimento VRH, il comparatore commuta portando l’uscita al livello v0=VOL. Il condensatore comincia a scaricarsi tendendo a VOL, ma quando vc=VRL il comparatore commuta nuovamente iniziando di nuovo il ciclo. I tempi T1 e T2 si calcolano ovviamente a partire dalla legge di evoluzione temporale della tensione vc(t).

VOH

VOL

VRH

VRL

t,t’

vo,vc

T1 T2

T

v0

-

+

R3

v2

vc

R2

R’

C

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GENERATORE DI ONDA QUADRA (II)

Avremo dunque ( ) ( )

( ) ( )'

'

t

c O H O H R L

t

c O L O L R H

v t V V V e

v t V V V e

τ

τ

= − −

= − −

nell’intervallo 0-T1

nell’intervallo T1-T2

Ponendo ora vc(T1)=VRH nella prima espressione e nella seconda vc(T1)=VRH , avremo:

1

2

log log

log log

O H R H O H O L

O L R L O L O H

O L R L O L O H

O H R H O H O L

V V V VTV V V VV V V VTV V V V

βτ τββτ τβ

− −= − =

− −− −

= − =− −

Se ora si assume |VOH|=|VOL|, avremo T1=T2 : 31 2

2

1log log 1 22 1

RTT TR

βτ τβ

⎛ ⎞+= = = = +⎜ ⎟− ⎝ ⎠

Come si può notare la stabilità della frequenza dipende dalle tensioni VOH e VOL. Si usa la soluzione seguente utilizzando due zener che garantiscono una più precisa definizione dei livelli d’uscita.Si noti la presenza della resistenza R1 che ha lo scopo di permettere ai punti A e B di assumere tensioni diverse (A raggiunge i livelli di saturazione dell’op.amp. In genere diversi da quelli fissati dagli zener). Se poi i due livelli, positivo e negativo, sono uguali il periodo di ripetizione è, come si è visto, indipendente da essi e può essere regolato agendo su R’ (regolazione grossolana) o sul partitore R2-R3(regolazione fine)

A causa dei tempi di ritardo dell’op.amp. la frequenza massima è ~ 10 KHz

-

+

R3

v2

vc

R2

R’

C

vZ2

vZ1

R1

A B v0

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GENERATORE DI IMPULSI (I)

Il multivibratore astabile può trasformarsi in monostabile impedendo al condensatore di raggiungere una delle due tensioni di riferimento, inserendo ad esempio nel circuito già visto il diodo D1.Se l’uscita è al livello VOL, la tensione di riferimento nel punto B vale:

3

3

0 se 0B RL OL OL OLL

RV V V V V

R Rβ= = = < <

+

la tensione di riferimento nel punto A vale invece: , perciò se lo stato esaminato èstabile ed il circuito rimane nella condizione indicata. Applichiamo ora nel punto C un impulso positivo di tensione, di ampiezza:

BV Vγ= − B AV V>

B A OLV V V V VγβΔ > − = +

In queste condizioni si verifica la commutazione del comparatore e la tensione v0 raggiunge il valore positivo VOH mentre la tensione nel punto B si porta al valore:

B RH OHV V Vβ= =

Dopo il tempo Ti, poi, l’impulso d’ingresso (trigger) torna al suo valore iniziale e supponiamo che Ti sia breve a sufficienza in modo che il condensatore C non abbia, per t=Ti, una tensione molto diversa da –Vγ, tensione corrispondente come si è detto all’istante t=0

-

+

R3

D1

R2

R’

C

D2

A

B

C

vo

Ti

ΔV

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GENERATORE DI IMPULSI (II)

In questo caso, poiché il diodo D2 blocca il fronte negativo dell’impulso di trigger, il nuovo abbassamento della tensione in B non è tale da far commutare nuovamente il comparatore. Ne segue che il comportamento del circuito è regolato dalla carica del condensatore C che tende a portarsi al valore VOHcon costante di tempo τ=R’C. nell’istante in cui si ha però:

c RHt Tv V

==

il comparatore commuta nuovamente ed il condensatore comincia a scaricarsi tendendo a VOL. Per vc=-Vγ però il diodo D1 passa in conduzione e “aggancia” la tensione vcinterrompendo l’uteriore evoluzione del circuito. Il tempo di monostabile T si valuta a partire dalla legge temporale di vc(t). Si ha:

VOH

VOL

VRH

VRL

t,t’

vo,vc

T

( ) ( ) 't

R Cc O H O Hv t V V V eγ

−= − + da cui:

3

2

1log log log 1

1O H O H

O H O H

V V V V RTV V R

γ γτ τ τβ β+ + ⎛ ⎞

= = +⎜ ⎟− − ⎝ ⎠

( ) ( ) 'T

R Cc O H O Hv T V V V eγ

−= − +

e ancora:

Il tempo di monostabile è quindi indipendente dalle tensioni presenti nel circuito. Poiché tali tensioni sono comunque importanti per evitare che il comparatore saturi durante il funzionamento, si può limitarle utilizzando la coppia di zener in serie già vista nel caso dell’astabile. Si noti infine che, cambiando il verso dei diodi D1 e D2, nonché il segno del comando di trigger, si ottiene in uscita un impulso negativo anziché positivo.

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GENERATORE DI RAMPA (I)

La carica di un condensatore C attraverso una resistenza R ad una tensione Vcc, ha come è noto la legge temporale:

( ) 1t

RCc CC

CCv t tC

eR

V V−⎛ ⎞= −⎜ ⎟

⎝ ⎠

Nell’ipotesi che si abbia t<<RC. In altre parole, la tensione ai capi di C ha un andamento lineare nel tempo per tempi brevi rispetto alla costante di tempo, ed in generale per un tratto minimo dell’andamento complessivo, così da essere apprezzabile solo per valori di VCC ed RC molto alti. Poiché ciò pone dei seri limiti costruttivi, si cerca di ovviare al problema facendo vedere al condensatore una tensione ed una resistenza effettive molto superiori a quelle presenti nel circuito. Èquanto fatto con il “Bootstrap” seguente.

+

-vc

R

C0

VCC

B

v0

VCC

C

ic

a)

R’

CVCC

b)

VCC

V’CC

τ’

t

vc(t)

c)

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GENERATORE DI RAMPA (II)

All’istante t=0, il Fet viene interdetto consentendo alla tensione vc(t) di aumentare di Δvc. L’uscita vo aumenta a sua volta di A Δvc (con A≈1) e della stessa quantità sale la tensione nel punto B interdicendo il diodo D. (si noti che la tensione ai capi di C0 non può variare bruscamente e che, per t=0, vB=VCC. La corrente di carica ic(t) è allora:

( )( ) ( ) ( )CC co c c

c

V v t v t Av ti t

R⎡ ⎤− − +⎣ ⎦=

da cui, ricordando che: ( ) ( )co o cv t C v t C⋅ = ⋅

( )( ) ( )'1

'

CC cCC co

c

CV A v t V v tCi t

R R

⎡ ⎤⎛ ⎞− − +⎜ ⎟ ⎡ ⎤⎢ ⎥ −⎝ ⎠⎣ ⎦ ⎣ ⎦= =si ottiene

avendo posto' 1 ; ' 1C C C C

o o

C CV V A R R AC C= − + = − +

Il risultato è che il condensatore vede il circuito b) con V’CC>>VCC ed R’>>R, caricandosi in modo praticamente lineare fino alla tensione VCC che satura l’amplificatore operazionale.

R’

CVCC

b)