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LE TAPPE La riflessione sul cammino spirituale del cristiano ha portato, dalla fine del IV secolo, a cercare di determinare i principali stadi di questo progresso; si è venuta, così, a stabilizzare una tradizione che presenta la vita spirituale secondo tre tappe fondamentali: purgati va, illuminativa, unitiva, o, secondo un'altra terminologia: degli inci- pi enti, dei proficienti, dei perfetti. Per incipienti (principianti) si intendono coloro che deliberata- mente intraprendono il cammino spirituale e cominciano "3 coltivare la vita interiore, cercando di conoscere e di compiere la volontà di Dio nei loro riguardi. I proficienti (progredenti) sono quelli che han- no raggiunto la padronanza dei loro istinti e procedono spediti nella conformazione a Cristo che informa i loro giudizi e i loro affetti de- terminando i loro comportamenti. I perfetti sono coloro che nel- l'unione piena con Dio si immergono, ormai, nel mare della sua san- tità se nza trovare resistenze nel fare il bene e senza altri limiti che quelli stabiliti da Lui. L'inizio oggettivo del cammino spirituale è dato dai sacramenti del Battesimo, Cresima, Eucaristia, dalla preparazione ed accoglien- za di essi. Il cammino soggettivo è dato dalla conversione e dalla as- similazione personale dei valori che essi contengono e delle esigen- ze che comportano. Il vero punto di partenza l'abbiamo nel momen- to in cui uno si decide davvero per il Signore. Man mano che l'indi- viduo cresce e si prende le sue responsabilità deve saper introdurre i valori di fede nella vita e assumerli come elementi determinanti di scelte e di comportamenti. Tale processo è necessario perché la fede si traduca in vita. In effetti, si vive una «vita di fede» quando questa influenza e determina l'esis tenza . La ass imilazione si realizza attra- verso una progressiva personalizzazione e interiorizzazione. Vale a dire una sempre maggiore capacità di vivere il rapporto di intimità con Dio che è prese nte nell'anima in grazia, con ri spett iva capacità di raccoglimento interiore e di riflessione, e, allo stesso tempo, una 181

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LE TAPPE

La riflessione sul cammino spirituale del cristiano ha portato, dalla fine del IV secolo, a cercare di determinare i principali stadi di questo progresso; si è venuta, così, a stabilizzare una tradizione che presenta la vita spirituale secondo tre tappe fondamentali: purgati va, illuminativa, unitiva, o, secondo un'altra terminologia: degli inci­pienti, dei proficienti , dei perfetti.

Per incipienti (principianti) si intendono coloro che deliberata­mente intraprendono il cammino spirituale e cominciano "3 coltivare la vita interiore, cercando di conoscere e di compiere la volontà di Dio nei loro riguardi. I proficienti (progredenti) sono quelli che han­no raggiunto la padronanza dei loro istinti e procedono spediti nella conformazione a Cristo che informa i loro giudizi e i loro affetti de­terminando i loro comportamenti. I perfetti sono coloro che nel­l'unione piena con Dio si immergono, ormai, nel mare della sua san­tità senza trovare resistenze nel fare il bene e senza altri limiti che quelli stabiliti da Lui.

L'inizio oggettivo del cammino spirituale è dato dai sacramenti del Battesimo, Cresima, Eucaristia, dalla preparazione ed accoglien­za di essi. Il cammino soggettivo è dato dalla conversione e dalla as­similazione personale dei valori che essi contengono e delle esigen­ze che comportano. Il vero punto di partenza l'abbiamo nel momen­to in cui uno si decide davvero per il Signore. Man mano che l'indi ­viduo cresce e si prende le sue responsabilità deve saper introdurre i valori di fede nella vita e assumerli come elementi determinanti di scelte e di comportamenti. Tale processo è necessario perché la fede si traduca in vita. In effetti, si vive una «vita di fede» quando questa influenza e determina l'esistenza. La assimilazione si realizza attra­verso una progressiva personalizzazione e interiorizzazione. Vale a dire una sempre maggiore capacità di vivere il rapporto di intimità con Dio che è presente nell'anima in grazia, con rispettiva capacità di raccoglimento interiore e di riflessione, e, allo stesso tempo, una

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sempre maggiore capacità di cogliere il senso e la presenza di Dio nelle persone e negli avvenimenti della vita. Il che vuoi dire, in sin­tesi, meno agitazione e superficialità, più di sponibilità all ' azione di Dio e più dedizione per assecondarne i disegni nella stori a.

In senso positivo, il cammino spirituale si avverte come pro­gressivo avvicinamento e compenetrazione con Dio (conoscenza amorosa di Dio e adesione piena alla sua santa volontà). In senso ne­gativo come eliminazione e purificazione di tutto ciò che nella per­sona gli ripugna (aridità e notte oscura). La purificazione riguarda sia ciò che è oggetto delle operazioni della conoscenza ossia ciò che si vuole conoscere, esplorare, ricercare, esperimentare, sia ciò che è oggetto delle operazioni della volontà e dei diversi appetiti , ossia ciò che è oggetto dei vari desideri. Man mano che si progredisce nel cammino le due facoltà supreme (intelligenza e volontà) coordinano tutte le varie operazioni e procedono sempre più unite e di comune accordo, arricchendosi a vicenda.

Nell'insegnamento di san Giovanni della Croce l'itinerario spi­rituale o trasformazione dell' anima in Dio procede secondo due di­rettive concomitanti: la purificazione (spogliamento) e la contem­plazione.

La contemplazione come tale suppone già un certo grado di perfezione; essa, comunque, è sviluppo «normale» del cammi no della preghiera che inizia con la meditazione o orazione discorsiva. Il suo progressivo perfezionarsi è legato e interdipendente con la pu­rificazione.

La purifi cazione, secondo il Dottore mistico, è duplice. La pu­rificazione altiva che viene realizzata dal soggetto stesso che coope­ra con la grazia di Dio attraverso la mortificazione e l'abnegazione delle varie concupi scenze. La purificazione passiva che è prodotta più direttamente da Dio attraverso la contemplazione infusa che fa affiorare alla coscienza le radici stesse del peccato e i vari modi troppo umani di giudicare e di reagire; spingendo, d'altra parte, ad eliminare tutto questo per appoggiarsi e lasciarsi condurre solo da Lui. Non è escl uso che il Signore si serva anche di prove esteriori particolarmente pesanti (malattie, persecuzioni , ecc.), per portare a compimento la sua opera di purificazione

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I principianti e la purificazione attiva

La tappa iniziale del cammino, inaugurata con la decisione di dedicarsi alla vita interiore e spirituale, è caratterizzata dalla lotta contro le tendenze disordinate e le abitudini peccaminose che domi­nano la vi ta dell'uomo decaduto. La pressione che lo spirito del ma­le esercita medi ante il mondo e la carne sulla volontà ancora debole, crea conflitti e tensioni all'interno della persona stessa la cui vi ta di­venta, spesso, un campo di battaglia. Le stesse virtù, ancora allo sta­to iniziale, sono come imbrigliate dalle passioni disordinate, e la ca­rità è quasi continuamente ed esclusivamente impegnata nell ' ingra­to compito di lottare e resistere alle tentazioni. In effetti, più che dal­l' amore il fedele è spinto dal timore di Dio.

In questo stadio la purificazione consiste sostanzialmente nel sacrificio, nella rinuncia e nella mortificazione. Innanzitutto dei sen­si es/emi che tendono ciecamente al piacere, suscitando passioni e desideri disordinati (Salita /, 1, 15). Si sa che le creature sono via per andare a Dio, ma quando le soddisfazioni e il piacere che producono si pongono come fini, allora si sostituiscono a Lui e ne diventano la negazione. A causa del disordine del peccato questo rischio è co­stantemente presente. Di qui la necessità della morti ficazione per eliminare ciò che è distorto, ma anche della rinuncia nelle stesse co­se legi ttime, in quanto costituisce un insuperabile allenamento per stabilire il dominio della volontà sulle altre tendenze. La tradizione spirituale ha sempre insegnato che la «custodia dei sensi» costitui­sce una condizione indispensabile per raggiungere e mantenere la padronanza di sé.

Insieme a quelli esterni bisogna purificare anche i sensi interni: immaginazione e memoria, estimativa e senso comune. Ogni realtà esterna che noi conosciamo giunge all'intelletto attraverso una «fo­tografia» impressa nel1a immaginazione, che poi la memoria imma­gazzina. Ora una immaginazione incontrollata a cui arriva di tutto, porta ad un duplice risultato negativo: la dissipazione che produce dispersione, superficialità e incostanza, e la tentazione con cui si au­mentano le attrattive al male e le difficoltà del bene. Lo stesso si di­ca della memoria che, se non si impone una severa selezione, fini sce con l'accumulare ogni tipo di conoscenza, spesso inutile o dannosa per il cammino di santificazione. La estimativa, come capacità di percepire e conoscere la realtà esterna, e il senso comune, come C3-

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pacità di valutaria con criterio, costituiscono, a loro volta, una guida necessaria per porsi in modo corretto di fronte alla realtà che ci cir­conda; di qui la necessità che siano illuminate dalla ragione e dalla fede, piuttosto che dalle reazioni istintive.

Si sa che il bene conosciuto attraverso i sensi mette in movimen­to l'appetito sensitivo (libido e aggressività) che provoca le passioni. Queste sono prepotenti e disordinate e devono, dunque, essere rese ordinate attraverso la luce della intelligenza e il controllo della volon­tà. lnnanzitutto attraverso la sincera ricerca della verità e della retta dottrina. Il primo impegno è, dunque, pensare in modo retto valutan­do le cose per quello che valgono (e non semplicemente in vista del piacere o comodo che ce ne deriva). Questo è fondamentale perché sono le idee che originano i comportamenti. D'altra parte è ancora più importante sforzarsi di agire bene o in modo retto; le azioni, infatti, suscitano i sentimenti che, a loro volta, influenzano le idee. Per que­sto Pascal affermava che chi non vive come crede, finisce col credere come vive. Mantenere viva e costante la intenzione del bene evitando compromessi ed ambiguità è, dunque, altrettanto fondamentale.

Va ricordato che la passione è qualcosa di negativo e diventa ostacolo solo quando è disordinata o incontrollata. Quando se ne di­venta padroni e capaci di usarla bene, può trasformarsi in provvi­denziale alleato nel cammino spirituale. Bisogna arrivare a tendere al bene con passione e a lottare contro il male con altrettanta passio­ne. È così, del resto, che si orienta la propria energia affettiva nel modo giusto. L'ideale è di «appassionarsi» per Dio, per il Regno, per una nobile causa! In caso contrario, l'energia affett~va, rimasta inutilizzata, finisce con l'esprimersi in forme non autentiche.

La dottrina cristiana della mortificazione non è motivata dal ri­fiuto o dal disprezzo: si tratta, in fondo, di un atteggiamento positivo che ha come ultimo e determinante movente l'amore. San Giovanni della Croce ci dà indicazioni precise al riguardo. È necessario, innan­zitutto, che il fedele «abbia un costante desiderio di imitare Cristo in ogni azione, conformandosi con la propria vita a Lui» (Salita J, 13,3); in secondo luogo è necessario che accetti soltanto quelle soddIsfazIO­ni della sensibilità (vista, udito, gusto, tatto, fantasia, ecc.) che aiuta­no a migliorarsi per Dio (Salita 3,24,7) e siano a lui riferite. Il piace­re, infatti, non è mai mezzo prossimo di unione amorosa con DIO. Tutto ciò comporta il controllo della emotività (aggressività e concu-

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piscibile) attraverso la rimozione di ciò che è negativo e l'orienta­mento a Dio di tutto il resto alla luce della fede (Salita 1,13,5-6).

È chiaro, comunque, che tutto ciò è possibile e desiderabile solo se è presente l'amore di Dio. Nel vero seguace di Cristo non è la du­rezza dell'asceta che guida la vita, ma la tenerezza dell'innamorato. Il radicalismo o totalitarismo delle rinuncia è tutto legato e dipenden­te dalla cura delicatezza e attenzione con cui si custodisce e si desi­dera approf~ndire l'amicizia e la comunione con il Signore. È vero, sì, che senza amore è duro vivere a lungo un esclusivismo da inna­morati, ma è altrettanto vero per chi, ama, che la rinuncia non è che u,n costante esercizio di predilezione. E evidente, in ogni caso, che la n­nuncia legata al progredire del cammino spirituale, non solo suppone l'amore, ma ne è una reale manifestazione e un autentico esercizio,

Ma è evidente che non sono solo i movimenti dei sensi e le pas­sioni che devono essere purificati e rettificati. Anche le nostre facol­tà spirituali, intelletto e volontà, hanno bisogno di purificazione.

Con l'intelletto noi apprendiamo le cose in modo immateriale, arriviamo a conoscerne la natura e capirne il senso, e ci formiamo una conoscenza universale, In esso si distingue una triplice funzio­ne: l'apprendimento con cui si viene a conoscenza della cosa, il giu­dizio con cui se ne fa una valutazione attraverso 1'esame e il con­fronto, il ragionamento con cui se ne approfondisce il senso e si tira­no le conclusioni. I mistici distinguono la mens (la parte più alta del­l'intelletto, la più vicina a Dio), e la ratio ( o ragione inferiore, più vicina alle cose materiali e sensuali).

L'intelletto è un po' come l'occhio che guida la persona. Si trat­ta di vedere quale è la luce che lo illumina. Sappiamo che se si lascia illuminare dalla sola apprensione dei sensi si lascerebbe condurre solo dal piacere e dal comodo, e ciò non è degno dell' uomo che è fatto per la verità e per il bene, non per il piacere.

Ma anche la sola conoscenza razionale è insufficiente per ga­rantire un comportamento autenticamente umano; anche questa, in­fatti, è inficiata dall'orgoglio intellettuale che si propone come arbi­tro della verità e che tutto vuoi sottomettere alla sua logica, alle sue pretese, alle sue sofisticazioni.

Se non vuole essere accecato dalla propria superbia e presun­zione l'uomo deve accettare di lasciarsi guidare dalla luce della fe­de. Ciò vale per quanto riguarda le scelte e i comportamenti dell'esi-

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stenza terrena, ma vale soprattutto per quanto riguarda la nostra co­noscenza di Dio. In effetti nessuna specie intelligi bile creata CI può di re Dio; solo la fede ci fa aderire a Lui così come è, anche se la co­noscenza che ne deriva rimane buia ed oscura.

La purificazione dell ' intelligenza (Salita 1,1 .-32) comporta il rifiUto di pensieri vani ed inutili , la rinuncia a .notlzle ed tnformazl~­ni che servono solo ad ingombrare la mente, " superamento del cn ­ticismo e dell'eccessivo attaccamento alle proprie idee. In positivo, si purifica la intelligenza attraverso l' impegno a conoscere le cose spirituali, ricordando che si tratta di veri tà da tradurre in VIta ed eVI­tando, dunque, di restare imprigionati in una stenle cUrIosità I~tel­lettuale . Il tutto si comprova facilmente attraverso la doclhtà e l ob­bedienza da parte della volontà

Anche la volo11là è disordinata, sia perché non è pienamente sottomessa a Dio (superbia), sia perché non è capace di sottomettere gli altri istinti disordinati (sensualità) e se ne lascia facilmente domI­nare (Salita 1/1, 1-45). Si tratta di eliminare dal propn OrIZzontI af­fetti vi qualunque oggetto o progetto contrario alla propna vocazIOne e, in genere, qualunque desiderio che sia contrario o non confanne alla volontà di Dio.

La mortificazione dei desideri è più importante delle grandi pe­nitenze. Poiché «Dio è tutto», l'attaccamento a qualunque altra cosa è attaccarsi al «nulla» e impedire la vera unione con Dio. L' UO~O ~ posto al vertice della creazione e l'unico desiderio degno di Lu,' è Il desiderio di Dio. Per questo bisogna tendere a fare dI DIO solo l UIII ­

co vero ~ggetto dei desideri dell'anima, attraverso il progressivo su­peramento e polarizzazione di tutti gli altri, come Insegna san GIO­vanni della Croce: «per giungere a gustare il tutto, non cercare Il gu­sto in niente .. . (Salita 1,4).

Via illuminativa o dei progredenti

La prima fase, che inizia con la lotta contro il peccato e proce­de attraverso la progressiva eliminazione delle InChnaZ101II pecca­minose e la purificazione del cuore dalle solleCItudinI e affetti pura­mente naturali , introduce nella fase illuminativa dove la conoscenza e la fam igliarità con Cristo diviene abi tuale, intima e profonda: l~ questo stadio il fedele acquista anche una piena padronanza dI se che gli permette di dedicarsi interamente al culto dI DIO e alla co-

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struzione de l suo Regno. Anche in questa seconda fase si entra in modo progressivo, man mano che si dominano le inclinazioni catti­ve e si sviluppano quelle buone; man mano, cioè, che la grazia di Cristo comincia a portare i suoi frulli attraverso la rettificazione del­le varie tendenze con l' esercizio delle virtù.

Tale tappa è detta «illuminativa» perché, dominando le impres­sioni sensibili con relative reazioni istintive e tendenze egoistiche. l'uomo incomincia anche a mettersi in sintonia con i veri valori pro­posti dalla fede, e incomincia, pertanto, anche ad averne una certa co­noscenza sostanziale, quasi per connaturalità. Le verità di fede, so­prattutto l' amore di Dio rivelato in Cristo, che prima erano estranee alla nostra esperienza e che rimanevano, dunque. oscure, cominciano ad appari re nella loro luminosa bellezza e a rischiarare tutta l'esisten­za. Non solo si crede al Padre, ma s i comincia a senlirlo tale, e sotto la luce del suo amore si comincia a vedere tutto, noi stessi, gli altri e il mondo, come lui lo vede e lo vuole, cioè come dono di amore.

In questo stadio il male viene facilmente conosciuto come tale e non può, dunque, proporsi sotto forma di bene; le sue attrattive, pertanto, sono molto ridotte. Compito della volontà animata dalla carità, più che resistere alle tentazioni che l'assediavano come in una cittadella (s tadio precedente), sarà quello di affrontarle e di sgo­minarle attraverso l'impegno a produrre opere sempre più perfette. La carità, direbbe san Tommaso, non è impegnata a resistere alle tentazioni, ma a vincer/e; non ad evitare il male, ma a fare il bene. L'esercizio delle virtù non sarà più laborioso, perché non sarà più l'uomo con i suoi sforzi il protagon ista della vita, ma lo stesso Spiri­to Santo.

Tutto ciò in parallelo con il progredire della purificazione. È normale, infatt i, che man mano che si eliminano atteggiamenti e abi­tudini cattive si sviluppino le virtù e l'uomo si stabilisca sempre più saldamente nella via de lla verità e del bene. Il fedele cominc ia, così, a ritrovare - nei rapporti con Dio, con sé e con gli altri - quell'armo­nia che il peccato aveva distrutto. I suoi dinamismi interiori - purifi­cati, rinnovati e sostanzialmente trasformati - lo fanno camminare con speditezza verso il suo vero fine, rendendo lo progressivamente capace di riflettere in se stesso il volto di Cristo attraverso una sem­pre più piena partecipazione al suo modo di vedere (fede), di deside­rare (speranza) e di amare (cari tà).

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