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Avvenire 09/14/2012 Page : A13 Copyright © Avvenire September 14, 2012 8:49 am / Powered by TECNAVIA / H Copy Reduced to 50% from original to fit letter page LOTTA ALLE COSCHE DA ROMA ANTONIO MARIA MIRA e diocesi di Aversa, di Na- poli, di Oppido-Palmi, di Crotone, di Agrigento, di Mazara del Vallo, di Trapani e di Piazza Armerina. Le parrocchie di Mondragone, Cerignola, Reg- gio Calabria, Gioia Tauro, Poli- stena. Caritas diocesane del Nord, del Centro e del Sud. Grup- pi scout Agesci e associazioni di volontariato. Sono decine ormai le realtà della Chiesa italiana che gestiscono beni confiscati alle mafie. Luoghi di riscatto, di testimo- nianza, di educazione, di giustizia. Storie "vecchie" ormai di più di dieci anni. Esperienze che vanno in- crementate, sostenute, rafforzate, messe in rete. È lo spirito con cui nasce il progetto "Libera il bene - Dal bene confiscato al bene comune", promosso da tre organismi della Conferenza episcopale italia- na e dall’associazione Libera, che in questi giorni sta iniziando il suo cammino. L’iniziativa che vede coin- volti l’Ufficio nazionale per i Problemi sociali e del lavoro, il Servizio nazionale di Pastorale giovanile e la Caritas italiana, è in questa prima fase indirizzata a 45 diocesi in 17 regioni, del Nord, del Centro e del Sud. Perché mafie e beni confiscati, ormai è noto a tutti, non sono solo legati al Mezzogiorno. Il progetto, come si legge nella lettera inviata ai de- legati regionali e diocesani, prende spunto dalle ri- flessioni di due documenti dei vescovi italiani. Il pri- mo è la nota pastorale Educare alla legalità del 1991 nella quale si ricordava come «il senso della legalità non è un valore che si improvvisa. Esso esige un lun- go e costante processo educativo». Nel secondo, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, del 2010, dopo aver ribadito che «le chiese hanno fatto sorgere e accompagnano esperienze di rinnova- mento pastorale e di mobilitazione morale» nella lotta alle mafie, si citavano le cooperative del Progetto Policoro, «alcune delle quali lavorano con terreni e beni sottratti alla mafia». Proprio partendo da queste affermazioni il proget- to, si legge ancora nella lettera, «intende continuare e rafforzare l’opera di sensibilizzazione e supporto alla gestione dei beni confiscati alle mafie, diffon- dendo l’idea di una redistribuzione sociale delle ri- sorse illecitamente sottratte alla collettività». L’o- biettivo, si legge invece nel programma dell’iniziati- va, è quello «di promuovere interventi integrati in grado di combinare in maniera efficace e funziona- le la promozione del valore della legalità e il soste- gno allo sviluppo locale del territorio». Un progetto molto concreto che vuole «sviluppare le conoscen- ze e le competenze in materia» e «promuovere un maggiore confronto territoriale». Insomma, "fare re- te". Proprio in questo senso si comincerà col «cen- simento delle esperienze positive e delle buone pras- si già realizzate dalle varie espressioni di Chiesa», che sono davvero tante, «in modo da favorire percorsi di reciprocità e di sostegno». Anche perché «molte di queste realtà sono deboli e alcune di esse hanno su- bito intimidazioni e danneggiamenti come atti di ri- torsione delle organizzazioni mafiose». Il secondo passo sarà «animazione e formazione per promuovere nuove opportunità di riutilizzo dei be- ni confiscati». È così previsto un ciclo di seminari formativi nelle 45 diocesi, con la partecipazione di docenti universitari, magistrati, rappresentanti del- l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati e delle prefetture. Vi saranno, inoltre, te- stimonianze delle esperienze positive realizzate. Se- guirà la pianificazione di interventi, per ogni dioce- si, per un concreto ed efficace utilizzo dei beni. An- che con visite guidate di giovani, campi di volonta- riato per gruppi parrocchiali e scout. E questo, con- clude la lettera, per «trasformare i beni confiscati da beni posizionali (che ostentano il potere mafioso) in beni relazionali, capaci di creare relazioni di comu- nità». © RIPRODUZIONE RISERVATA L Beni confiscati Un progetto di Cei e Libera li rende luoghi di riscatto Raccolta di fichi d’india a Corleone in un terreno sequestrato alla mafia DA ROMA ettere in re- te le espe- rienze», «U- na convergenza di forze», «Sollecitare tutta la comu- nità cristiana», «La positi- vità del "noi». Concetti che si ripetono nelle parole dei tre responsabili degli Uffi- ci della Cei e di don Luigi Ciotti, promotori del pro- getto sui beni confiscati. «Educare a uno sviluppo integrale, alla legalità e al- la cittadinanza – spiega monsignor Angelo Casile, direttore dell’Ufficio Na- zionale per i Problemi so- ciali e il lavoro –. Un’edu- cazione del cuore delle sin- gole persone e delle co- munità, mettendo in rete le diverse esperienze. E questa è una mossa vin- cente che la mafia teme: quando ha davanti singo- le persone è lei a vincere». Dunque, aggiunge, «quella della Chiesa sui beni con- fiscati è una battaglia cul- turale e sociale. Che fun- ziona. Gli stessi attentati dei mafiosi sono il segno della riuscita». Ma, avverte, «noi non siamo preti anti- mafia ma per Gesù. E il Vangelo non può stare col male». «Il soggetto di questa ini- ziativa deve essere la co- munità cristiana – insiste monsignor Nicolò Ansel- mi, direttore del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile –. Non solo degli eroi, ma temi che devono essere di tutti». Fare attività sui beni confiscati, «è uno schierarsi, non tirarsi in- dietro. Implica il coraggio della verità. Esporsi in no- me della giustizia e della le- galità. Ma tutti – ripete – abbiamo bisogno di que- sto coraggio evangelico, messaggio di speranza». Niente di straordinario, sottolinea don Francesco Soddu, direttore della Ca- ritas italiana, «ma l’impe- gno quotidiano per lo svi- luppo del bene, della lega- lità, della trasparenza, del- la giustizia. Uno strumen- to di promozione umana e di recupero di valori per li- berare dalla mentalità ma- fiosa». Anche perché nel- l’uso dei beni confiscati «si trovano grandi difficoltà e i primi avversari – denun- cia – non sono solo i ma- fiosi ma chi con la mafia ha a che fare». Dunque, «que- sto progetto è un’occasio- ne in più per avere uno strumento in più. Non è al- tro che quello che stiamo facendo da anni ma per farlo al meglio». Davvero «la positività del "noi", di realtà diverse che si sono messe insieme, non l’opera di navigatori solita- ri», sottolinea con forza don Luigi Ciotti, presiden- te di Libera. Che però av- verte: «Nell’impegno sui beni confiscati serve con- tinuità, condivisione e cor- responsabilità». Per que- sto, «il progetto è un se- gnale forte rispetto ai gio- chi delle mafie che divido- no. Vederlo nascere è una grande gioia. Ne sono ri- conoscente a Dio e a chi lo ha permesso». Ma è pro- prio l’uso dei beni confi- scati ed essere un’"arma" vincente. «C’è la dimen- sione culturale per estirpa- re le radici della mafie che in realtà non fanno cultu- ra. C’è poi la riparazione del danno: bene come spa- zio pubblico, condiviso e non più esclusivo. Con la consapevolezza che il riu- tilizzo a fini sociali e per lo sviluppo economico sono la sintesi delle dimensioni che deva avere il contrasto alle mafie». Non si parte da zero. «In tante iniziative si è coltivato il bene e il futu- ro dando prova che etica ed economia possono an- dare sotto braccio. Un’eco- nomia giusta e sana, frut- to del "noi". Prodotti non avariati dagli interessi cri- minali ma che hanno il sa- pore dei territori e della le- galità. Diritti invece di fa- vori, dignità invece di sot- tomissione, coraggio e non più paura, speranza contro la rassegnazione, libertà contro la dipendenza, de- mocrazia contro oppres- sione». Insomma, ancora una volta, «quella strada per unire la Terra al Cielo». Antonio Maria Mira © RIPRODUZIONE RISERVATA M « gli «attori» Casile: il Vangelo non può stare col male. Anselmi: occorre schierarsi, non tirarsi indietro Soddu: uno strumento per liberare dalla mentalità mafiosa Ciotti: questo impegno richiede condivisione e corresponsabilità Un cartellone sottolinea l’importanza del sequestro e della confisca dei beni per combattere le mafie Sottrarre quanto acquisito illegalmente è da anni una delle punte di lancia della strategia anti cosche Emmanuel Duemila per i giovani disabili LAZIO In una villetta di tre piani a Formia (Latina), confiscata alla camorra, opera l’associazione Emmanuel Duemila, guidata da don Vittorio Valerio. L’associazione dal 1993 si occupa di giovani disabili. Nella villetta, assegnata nel 2008, si svolgono è stata avviata un’attività diurna di accoglienza e aggregazione. E si organizzano soggiorni estivi per bambini e giovani portatori di ritardi evolutivi, intellettivi, handicap motori e malattie gravi. Emmanuel, inoltre, svolge iniziative sui temi della legalità nelle parrocchie della città. Le mozzarelle di don Peppe Diana CAMPANIA Nel settembre 2010 è nata la cooperativa Le terre di don Peppe Diana che prende il nome dal parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. I giovani della cooperativa gestiscono terreni confiscati al clan del casalesi nei comuni di Pignataro Maggiore e Castel Volturno. Coltivano grano col quale vengono prodotti i "paccheri di don Peppe Diana" e da quest’anno producono mozzarella biologica di bufala. Il 2 luglio ben 12 ettari a grano sono stati incendiati. Perduto metà del raccolto ma grazie alla collaborazione di alcuni agricoltori si è ugualmente riusciti a produrre la pasta. Una parrocchia sul terreno del clan CALABRIA C’è anche una parrocchia su un bene confiscato. È San Gaetano Catanoso, nata nel 2005 su un terreno a Gioia Tauro sequestrato al potentissimo clan dei Piromalli. Fino ad ora è ospitata in un grande tendone verde, ma sono a buon punto i lavori per la vera chiesa in muratura. L’iniziativa promossa dalla diocesi di Oppido-Palmi e in particolare dal vicario don Pino Demasi non è l’unica. Sempre a Gioia Tauro alcuni uffici diocesani sono ospitati in un palazzo confiscato alla cosca Molè, mentre a Polistena un altro edificio, sequestrato al clan Versace, è stato assegnano alla parrocchia di Santa Marina. Una base scout nel nome dei Saetta SICILIA/1 A Naro, in provincia di Agrigento, in località Robbadao è stata da poco inaugurata la base scout dell’Agesci, intitolata al giudice Antonino Saetta, ucciso dalla mafia il 25 settembre 1988 assieme al figlio Stefano. Sui terreni dove è stata realizzata la base, grazie al contributo del Pon sicurezza del Viminale, stava indagando il giudice Rosario Livatino, amico di Saetta, colpito dei killer mafiosi due anni dopo, il 21 settembre 1990. Al "giudice ragazzino", del quale è in corso il processo di beatificazione, è stata intitolata la cooperativa, anch’essa nata da pochi mesi, promossa da Libera assieme alla Diocesi di Agrigento. Fondazione San Vito sui campi dei mafiosi SICILIA/2 La Fondazione San Vito è stata costituita nel 2001 dalla diocesi di Mazara del Vallo. Presieduta da don Franco Fiorino, ha avuto assegnati vari beni confiscati in alcuni comuni del Trapanese, sia terreni coltivati a vigneto, origano, uliveto e grano, sia edifici dove svolge attività di accoglienza e assistenza, per immigrati, minori, poveri. Un’altra struttura sequestrata a Cosa nostra nel comune di Salemi ospita un agriturismo e dà lavoro a persone del luogo. La Fondazione ha subito in questi anni molti attentati e intimidazioni, l’ultimo pochi giorni fa proprio nel fondo di Salemi. Coop L’Arcobaleno Centro Anziani PUGLIA Una comunità per accogliere bambini abbandonati. Ma an- che per sostenere famiglie in difficoltà. Nascerà nelle prossi- me settimane a Villa San Luigi, bene confiscato a Cerignola (Foggia) e assegnato dal comune all’Associazione Volontari Emmanuel (Ave), legata alla parrocchia San Francesco d’As- sisi e della quale è presidente monsignor Nunzio Galantino, a lungo parroco e da pochi mesi vescovo della diocesi cala- brese di Cassano allo Jonio. L’Ave è impegna fin dal 1989 in attività e iniziative di prevenzione del disagio giovanile ed al recupero e reinserimento so- ciale delle persone tossicodi- pendenti. Nel 2001 le è stato as- segnato il bene confiscato do- ve sono state svolte varie atti- vità e che ora, grazie alla con- venzione firmata pochi giorni fa col comune, potrà ospitare la nuova comunità di acco- glienza. Una battaglia culturale e sociale che implica il coraggio della verità l’iniziativa Quarantacinque le diocesi coinvolte in questo progetto: si punta a una redistribuzione sociale di terreni sottratti alle mafie VENERDÌ 14 SETTEMBRE 2012 13 le buone pratiche

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Avvenire 09/14/2012 Page : A13

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LOTTAALLE COSCHE

DA ROMAANTONIO MARIA MIRA

e diocesi di Aversa, di Na-poli, di Oppido-Palmi, diCrotone, di Agrigento, di

Mazara del Vallo, di Trapani e diPiazza Armerina. Le parrocchiedi Mondragone, Cerignola, Reg-gio Calabria, Gioia Tauro, Poli-stena. Caritas diocesane delNord, del Centro e del Sud. Grup-pi scout Agesci e associazioni divolontariato. Sono decine ormaile realtà della Chiesa italiana che gestiscono beniconfiscati alle mafie. Luoghi di riscatto, di testimo-nianza, di educazione, di giustizia. Storie "vecchie"ormai di più di dieci anni. Esperienze che vanno in-crementate, sostenute, rafforzate, messe in rete.È lo spirito con cui nasce il progetto "Libera il bene- Dal bene confiscato al bene comune", promossoda tre organismi della Conferenza episcopale italia-na e dall’associazione Libera, che in questi giorni stainiziando il suo cammino. L’iniziativa che vede coin-volti l’Ufficio nazionale per i Problemi sociali e dellavoro, il Servizio nazionale di Pastorale giovanile ela Caritas italiana, è in questa prima fase indirizzataa 45 diocesi in 17 regioni, del Nord, del Centro e delSud. Perché mafie e beni confiscati, ormai è noto atutti, non sono solo legati al Mezzogiorno.Il progetto, come si legge nella lettera inviata ai de-legati regionali e diocesani, prende spunto dalle ri-flessioni di due documenti dei vescovi italiani. Il pri-mo è la nota pastorale Educare alla legalità del 1991nella quale si ricordava come «il senso della legalitànon è un valore che si improvvisa. Esso esige un lun-go e costante processo educativo». Nel secondo, Per

un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, del2010, dopo aver ribadito che «le chiese hanno fattosorgere e accompagnano esperienze di rinnova-mento pastorale e di mobilitazione morale» nellalotta alle mafie, si citavano le cooperative del ProgettoPolicoro, «alcune delle quali lavorano con terreni ebeni sottratti alla mafia».Proprio partendo da queste affermazioni il proget-to, si legge ancora nella lettera, «intende continuaree rafforzare l’opera di sensibilizzazione e supportoalla gestione dei beni confiscati alle mafie, diffon-dendo l’idea di una redistribuzione sociale delle ri-sorse illecitamente sottratte alla collettività». L’o-biettivo, si legge invece nel programma dell’iniziati-va, è quello «di promuovere interventi integrati ingrado di combinare in maniera efficace e funziona-le la promozione del valore della legalità e il soste-gno allo sviluppo locale del territorio». Un progettomolto concreto che vuole «sviluppare le conoscen-ze e le competenze in materia» e «promuovere unmaggiore confronto territoriale». Insomma, "fare re-te". Proprio in questo senso si comincerà col «cen-simento delle esperienze positive e delle buone pras-

si già realizzate dalle varie espressioni di Chiesa», chesono davvero tante, «in modo da favorire percorsi direciprocità e di sostegno». Anche perché «molte diqueste realtà sono deboli e alcune di esse hanno su-bito intimidazioni e danneggiamenti come atti di ri-torsione delle organizzazioni mafiose».Il secondo passo sarà «animazione e formazione perpromuovere nuove opportunità di riutilizzo dei be-ni confiscati». È così previsto un ciclo di seminariformativi nelle 45 diocesi, con la partecipazione didocenti universitari, magistrati, rappresentanti del-l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beniconfiscati e delle prefetture. Vi saranno, inoltre, te-stimonianze delle esperienze positive realizzate. Se-guirà la pianificazione di interventi, per ogni dioce-si, per un concreto ed efficace utilizzo dei beni. An-che con visite guidate di giovani, campi di volonta-riato per gruppi parrocchiali e scout. E questo, con-clude la lettera, per «trasformare i beni confiscati dabeni posizionali (che ostentano il potere mafioso) inbeni relazionali, capaci di creare relazioni di comu-nità».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L

Beni confiscatiUn progetto di Cei e Liberali rende luoghi di riscatto

Raccolta di fichi d’india a Corleone in un terreno sequestrato alla mafia

DA ROMA

ettere in re-te le espe-rienze», «U-

na convergenza di forze»,«Sollecitare tutta la comu-nità cristiana», «La positi-vità del "noi». Concetti chesi ripetono nelle parole deitre responsabili degli Uffi-ci della Cei e di don LuigiCiotti, promotori del pro-getto sui beni confiscati.«Educare a uno sviluppointegrale, alla legalità e al-la cittadinanza – spiegamonsignor Angelo Casile,direttore dell’Ufficio Na-zionale per i Problemi so-ciali e il lavoro –. Un’edu-cazione del cuore delle sin-gole persone e delle co-munità, mettendo in retele diverse esperienze. Equesta è una mossa vin-cente che la mafia teme:quando ha davanti singo-le persone è lei a vincere».Dunque, aggiunge, «quelladella Chiesa sui beni con-fiscati è una battaglia cul-turale e sociale. Che fun-ziona. Gli stessi attentatidei mafiosi sono il segnodella riuscita». Ma, avverte,«noi non siamo preti anti-mafia ma per Gesù. E ilVangelo non può stare colmale».«Il soggetto di questa ini-ziativa deve essere la co-munità cristiana – insistemonsignor Nicolò Ansel-mi, direttore del Servizionazionale per la Pastoralegiovanile –. Non solo deglieroi, ma temi che devonoessere di tutti». Fare attività

sui beni confiscati, «è unoschierarsi, non tirarsi in-dietro. Implica il coraggiodella verità. Esporsi in no-me della giustizia e della le-galità. Ma tutti – ripete –abbiamo bisogno di que-sto coraggio evangelico,messaggio di speranza».Niente di straordinario,sottolinea don FrancescoSoddu, direttore della Ca-ritas italiana, «ma l’impe-gno quotidiano per lo svi-luppo del bene, della lega-lità, della trasparenza, del-la giustizia. Uno strumen-to di promozione umana edi recupero di valori per li-berare dalla mentalità ma-fiosa». Anche perché nel-l’uso dei beni confiscati «sitrovano grandi difficoltà ei primi avversari – denun-cia – non sono solo i ma-

fiosi ma chi con la mafia haa che fare». Dunque, «que-sto progetto è un’occasio-ne in più per avere unostrumento in più. Non è al-tro che quello che stiamo

facendo da anni ma perfarlo al meglio».Davvero «la positività del"noi", di realtà diverse chesi sono messe insieme, nonl’opera di navigatori solita-ri», sottolinea con forzadon Luigi Ciotti, presiden-

te di Libera. Che però av-verte: «Nell’impegno suibeni confiscati serve con-tinuità, condivisione e cor-responsabilità». Per que-sto, «il progetto è un se-gnale forte rispetto ai gio-chi delle mafie che divido-no. Vederlo nascere è unagrande gioia. Ne sono ri-conoscente a Dio e a chi loha permesso». Ma è pro-prio l’uso dei beni confi-scati ed essere un’"arma"vincente. «C’è la dimen-sione culturale per estirpa-re le radici della mafie chein realtà non fanno cultu-ra. C’è poi la riparazionedel danno: bene come spa-zio pubblico, condiviso enon più esclusivo. Con laconsapevolezza che il riu-tilizzo a fini sociali e per losviluppo economico sono

la sintesi delle dimensioniche deva avere il contrastoalle mafie». Non si parte dazero. «In tante iniziative siè coltivato il bene e il futu-ro dando prova che eticaed economia possono an-dare sotto braccio. Un’eco-nomia giusta e sana, frut-to del "noi". Prodotti nonavariati dagli interessi cri-minali ma che hanno il sa-pore dei territori e della le-galità. Diritti invece di fa-vori, dignità invece di sot-tomissione, coraggio e nonpiù paura, speranza controla rassegnazione, libertàcontro la dipendenza, de-mocrazia contro oppres-sione». Insomma, ancorauna volta, «quella stradaper unire la Terra al Cielo».

Antonio Maria Mira© RIPRODUZIONE RISERVATA

gli «attori»Casile: il Vangelonon può starecol male. Anselmi:occorre schierarsi,non tirarsi indietro

Soddu: uno strumentoper liberare dallamentalità mafiosaCiotti: questo impegnorichiede condivisionee corresponsabilità

Un cartellonesottolineal’importanzadel sequestroe dellaconfisca deibeni percombattere lemafieSottrarrequantoacquisitoillegalmente èda anni unadelle punte dilancia dellastrategia anticosche

Emmanuel Duemilaper i giovani disabili

LAZIO

In una villetta di tre piani a Formia (Latina), confiscata allacamorra, opera l’associazione Emmanuel Duemila, guidatada don Vittorio Valerio. L’associazione dal 1993 si occupa digiovani disabili. Nella villetta, assegnata nel 2008, si svolgono

è stata avviata un’attivitàdiurna di accoglienza eaggregazione. E si organizzanosoggiorni estivi per bambini egiovani portatori di ritardievolutivi, intellettivi, handicapmotori e malattie gravi.Emmanuel, inoltre, svolgeiniziative sui temi della legalitànelle parrocchie della città.

Le mozzarelledi don Peppe Diana

CAMPANIA

Nel settembre 2010 è nata la cooperativa Le terre di donPeppe Diana che prende il nome dal parroco di Casal diPrincipe ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. I giovanidella cooperativa gestiscono terreni confiscati al clan delcasalesi nei comuni di Pignataro Maggiore e CastelVolturno. Coltivano grano col quale vengono prodotti i

"paccheri di don PeppeDiana" e da quest’annoproducono mozzarellabiologica di bufala. Il 2 luglioben 12 ettari a grano sonostati incendiati. Perduto metàdel raccolto ma grazie allacollaborazione di alcuniagricoltori si è ugualmenteriusciti a produrre la pasta.

Una parrocchiasul terreno del clan

CALABRIA

C’è anche una parrocchia su un bene confiscato. È SanGaetano Catanoso, nata nel 2005 su un terreno a GioiaTauro sequestrato al potentissimo clan dei Piromalli. Finoad ora è ospitata in un grande tendone verde, ma sono abuon punto i lavori per la vera chiesa in muratura.L’iniziativa promossa dalla diocesi di Oppido-Palmi e in

particolare dal vicario donPino Demasi non è l’unica.Sempre a Gioia Tauro alcuniuffici diocesani sono ospitatiin un palazzo confiscato allacosca Molè, mentre aPolistena un altro edificio,sequestrato al clan Versace, èstato assegnano allaparrocchia di Santa Marina.

Una base scoutnel nome dei Saetta

SICILIA/1

A Naro, in provincia di Agrigento, in località Robbadao èstata da poco inaugurata la base scout dell’Agesci,intitolata al giudice Antonino Saetta, ucciso dalla mafia il25 settembre 1988 assieme al figlio Stefano. Sui terrenidove è stata realizzata la base, grazie al contributo del Ponsicurezza del Viminale, stava indagando il giudice Rosario

Livatino, amico di Saetta,colpito dei killer mafiosi dueanni dopo, il 21 settembre1990. Al "giudice ragazzino",del quale è in corso ilprocesso di beatificazione, èstata intitolata la cooperativa,anch’essa nata da pochi mesi,promossa da Libera assiemealla Diocesi di Agrigento.

Fondazione San Vitosui campi dei mafiosi

SICILIA/2

La Fondazione San Vito è stata costituita nel 2001 dalladiocesi di Mazara del Vallo. Presieduta da don FrancoFiorino, ha avuto assegnati vari beni confiscati in alcunicomuni del Trapanese, sia terreni coltivati a vigneto,origano, uliveto e grano, sia edifici dove svolge attività diaccoglienza e assistenza, per immigrati, minori, poveri.

Un’altra strutturasequestrata a Cosa nostranel comune di Salemiospita un agriturismo e dàlavoro a persone del luogo.La Fondazione ha subito inquesti anni molti attentatie intimidazioni, l’ultimopochi giorni fa proprio nelfondo di Salemi.

Coop L’ArcobalenoCentro Anziani

PUGLIA

Una comunità per accogliere bambini abbandonati. Ma an-che per sostenere famiglie in difficoltà. Nascerà nelle prossi-me settimane a Villa San Luigi, bene confiscato a Cerignola(Foggia) e assegnato dal comune all’Associazione VolontariEmmanuel (Ave), legata alla parrocchia San Francesco d’As-sisi e della quale è presidente monsignor Nunzio Galantino,a lungo parroco e da pochi mesi vescovo della diocesi cala-brese di Cassano allo Jonio. L’Ave è impegna fin dal 1989 inattività e iniziative di prevenzione del disagio giovanile ed al

recupero e reinserimento so-ciale delle persone tossicodi-pendenti. Nel 2001 le è stato as-segnato il bene confiscato do-ve sono state svolte varie atti-vità e che ora, grazie alla con-venzione firmata pochi giornifa col comune, potrà ospitarela nuova comunità di acco-glienza.

Una battaglia culturale e socialeche implica il coraggio della verità

l’iniziativa Quarantacinque le diocesi coinvolte in questo progetto: si puntaa una redistribuzione sociale di terreni sottratti alle mafie

VENERDÌ14 SETTEMBRE 2012 13

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