bollettino parrocchiale giugno agosto 2011

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1 C amminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011 1 C amminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011 n° 27 giugno - agosto 2011 C amminiamo insieme Periodico della Comunità dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

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Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

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Page 1: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

1Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011 1Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

n° 27 giugno - agosto 2011

Camminiamo insiemeP e r i o d i c o d e l l a C o m u n i t à d e i S a n t i P i e t r o e P a o l o i n C a s t r e z z a t o

Page 2: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

2 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Sommario

I nove Cori angelici - Paternità.

Trinità del Nuovo Testamento

Russia centro-settentrionale, I metà

del XIX sec. (Tela, gesso, tempera su

foglia oro).

Quest’anno la Solennità della S.S. Trinità cade in giugno. Ecco perché pro-poniamo come frontespizio del nostro Bollettino questa pregevole icona della Trinità del nuovo Testamento, posta al centro dei nove Cori angelici. “È un soggetto alquanto raro, così com’è descritto nella presente icona. L’immagine della Trinità del Nuovo Testamento costituisce uno dei due mo-duli iconografi ci con cui l’antica arte russa illustrava la santa Trinità. Il mo-dulo più antico e diff uso è quello della Trinità dell’Antico Testamento, che illustra il modello biblico del dogma trinitario, la trinità angelica apparsa ad Abramo e Sara sotto le parvenze di tre misteriosi angeli (il modello più celebre è il capolavoro di Andrej Rublev). Nell’icona qui riprodotta, al centro, troviamo una solenne raffi gurazione Dio Padre, Creatore, severo vegliardo, che regge davanti a Sé il Figlio, sul quale è disceso lo Spirito sotto forma di colomba. La Trinità è inclusa in una “mandorla” di gloria circolare, sul cui fondo d’oro spiccano fi ammeggianti cherubini, dalle caratteristiche sei ali. I cherubini sono disposti a formare l’immaginario trono su cui sono assisi i due personaggi. Il grande cerchio è circondato da una fascia blu scuro, sim-boleggiante la sfera celeste e contenente le raffi gurazioni degli arcangeli e dell’Angelo Custode. Quest’ultimo si trova in basso, sotto ai piedi di Dio Padre. In alto, sopra il suo capo, vi è invece l’arcangelo Michele, il princi-pe degli angeli, l’arcistratega che guida le schiere celesti nella lotta contro satana. Sulla sinistra lo affi anca Ga briele, il messaggero che portò a Maria l’annuncio della divina concezione. Dal grande cerchio che contiene la Pa-ternità si dipartono, in basso, quattro raggi rossi, contenenti le raffi gurazioni simboliche degli Evangelisti: (da sinistra) l’angelo per Giovanni, il leone per Marco, il toro per Luca e l’aquila per Matteo. Attorno al grande cerchio con-tenente la Trinità, sono disposte le schiere angeliche, presentate nel solenne dispiegamento di tutti i cori che le compongono. Sono contraddistinte dalle diverse vesti e sono così distribuiti : a sinistra in alto le Dominazioni, sotto i Troni; in basso, da sinistra, gli Arcangeli, i Principati, gli Angeli; salendo, a destra, le Virtù e infi ne le Potenze. I due cori più alti nella gerarchia angelica, i Cherubini e i Serafi ni, si librano in alto, e sono presentati nella loro tradizio-nale raffi gurazione iconografi ca: creature con il capo circondato dall’aureola e sei ali, rosse per i Cherubini e nere per i Serafi ni. Il ricco contenuto dell’i-cona si realizza in una composizione di grande eff etto e particolarmente consona al soggetto, che vuole trovare una soluzione visiva al concetto di consustanzialità e uguaglianza delle tre persone trinitarie e al trionfo della divinità nella gloria dei cieli. Particolarmente suggestivo è l’eff etto di espansione del nucleo centrale dell’icona, di apertura verso gli spazi scon-fi nati, popolati dalla folla degli angeli. I due cerchi concentrici creano una forte illusione di dilatazione progressiva. Il risultato è un insieme che, mos-so da una forza centrifuga, si apre all’infi nito, evocando una dimensione cosmica. La sontuosa policromia completa la notevole suggestione estetica dell’immagine, in cui il contrasto fra le intense tonalità di rosso e blu-nero è illuminato dalla generosa presenza dell’oro, il colore per eccellenza della divinità”. Dott. Andrej Pirlik

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Camminiamo insieme

N.27 giugno - agosto 2011

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, p. Matteo Fo-gliata, Lucia Zanetti, Gruppo Missionario di Castrezzato, A.C. e A.C.R. di Castrezzato, Catechisti dei ragazzi e degli adulti, Tiziano Bissolotti, C.P.P. e Membri delle Commissioni, Sergio Danieli, dott. A. Pirlik, p. Alberto e p. Renato Modonesi, Silvana Brianza, Mirta Festa.Testi magisteriali: Papa Benedetto XVI, Mons. Luciano Monari vescovo di BresciaContributi di: Rivista Battaglie sociali, Shahbaz Bhatti, Credere (Ed. San Paolo)Fotografi e Erika ZaniSegreteria Agostina CavalliImpaginazione Giuseppe Sisinni

Lettera del Parroco3 “Attirate i nostri cuori in cielo”

Con la Chiesa

Così la Chiesa e i cattolici hanno costruito l’identità italiana

Formazione biblica

Cristo unico ed eterno Sacerdote (II)

Formazione biblica

Fondamento biblico del primato petrino

Formazione spirituale

Sulla Lectio Divina

Con la Diocesi

Il vescovo indice il Sinodo diocesano sulle Unità Pastorali

Vita in parrocchia

Dialoghi di pace

Spazio famiglia

Il mio matrimonio va male

Spazio missioni

Mons. Lorenzo Voltolini, arcivescovo di Portoviejo

Spazio oratorio

Un percorso da continuare

Spazio oratorio

Prime confessioni e Cresime

Spiritualità

Il cammino francese che porta a Santiago di Compostela

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In copertina

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Page 3: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

Lettera del Parroco

3Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Carissimi,la Festa dei Patroni è festa di tutta la famiglia parrocchia-

le che riconosce nei propri Patroni la pietra di fondazione della pro-pria storia religiosa, ma anche so-ciale e culturale. L’indagine storica ci rivela che per alcuni secoli qui a Castrezzato fu venerato come patrono solo S.Pietro apostolo. La primitiva chiesa parrocchiale, piut-tosto angusta, sorgeva all’interno dell’area delle mura del castello; aveva l’abside volta ad oriente ed occupava parte dell’attuale cano-nica (lato ovest) e della chiesetta di S. Lorenzo (denominata anche dell’Immacolata Concezione). Il campanile, abbattuto per far po-sto alla chiesetta di S. Lorenzo, era posizionato sul lato ovest dell’at-tuale facciata della chiesetta. Nel Seicento si edifi cò anche una chie-sa dedicata al domenicano S. Pie-tro Martire (ancora oggi esistente ad ovest), come sede della Confra-ternita dei Disciplini. Infi ne si pen-sò di edifi care l’imponente chiesa parrocchiale attuale (siamo nel 1750) e la si dedicò a tutti e due gli Apostoli, considerati da sem-pre “come le colonne della Chiesa”. Bellissima nel suo signifi cato è la scritta che campeggia sulla fac-ciata “ NOSTRA IN CAELUM PRIN-CIPES PECTORA TRAHITE” ( O Prin-cipi degli Apostoli, attirate i nostri cuori in cielo”). Queste sono le no-tizie storiche sicure e documenta-te, confermate anche dalla ricerca storica recentemente eff ettuata dal prof. V. Volta .Dal punto di vista liturgico, la so-lennità degli Apostoli di Roma

(Gloriosi Principes Apostolorum), è già celebrata dalla Depositio Martyrum del 354, alla data del 29 giugno, quando si festeggiava san Paolo sulla sua tomba sulla via Ostiense e san Pietro alla ca-tacomba della Via Appia (perché la basilica vaticana costantiniana era in costruzione). Secondo la testimonianza più antica di Ter-tulliano (sec. II), Pietro di Betsaida (sul lago di Galilea), il cui nome giudaico era Simone, poi chiama-to Kefa ( che signifi ca roccia), morì crocifi sso a Roma nel 67; e secon-do Origene, con la testa all’in giù (secondo l’uso romano di crocifi g-gere gli schiavi; anche nella nostra chiesa, in un pregevole aff resco dello Scalvini, è raffi gurato così). I recenti scavi hanno confermato che il martirio del capo degli apo-stoli, è avvenuto sul colle vaticano, dove oggi, sopra una stupenda

necropoli romana, sorge l’impo-nente basilica di San Pietro. Paolo di Tarso (in Cilicia, attuale Turchia), il cui nome era Saulo, fariseo di fede poi convertito (anni 31/32), dopo la seconda prigionia a Roma fu decapitato verso il 67, come attesta pure Tertulliano secondo una tradizione costante, presso la via Ostiense (Ad Aquas Salvias, a cinque chilometri da Roma), non molto lontano dalla grande basili-ca di San Paolo costruita sul luogo della prima traslazione e affi data ai monaci già nel VI secolo.Queste le notizie storiche. La festa del 29 giugno li celebra insieme per l’eloquente testimonianza del martirio e per la fraterna comu-nione apostolica che essi rappre-sentano. Gli antichi inni liturgici celebravano la sede apostolica di Roma perché “presiede alla carità di tutte le chiese” (S. Ignazio); per-

“Attirate i nostri cuori in cielo”

Celebrare e vivere la Festa dei Patroni

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Lettera del Parroco

4 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

ché è “stata imporporata dal pre-zioso sangue di così grandi capi” (Inno carolingio); perché – come dice ancora S. Ambrogio – “è fondata su tale sangue”. La sede apostolica di Roma è stata ono-rata dalla santità di grandi fi gure di Pontefi ci (anche se qualcuno conosce solo i Papi nepotisti o la fi gura moralmente miseranda di Papa Borgia…). In duemila anni di storia, tra i successori di S. Pietro si contano almeno quattro papi morti martiri; otto scomparsi per morte violenta; undici morti in esilio o in prigione, e cinquantuno (anzi , ora cinquantadue con Gio-vanni Paolo II) canonizzati. La san-tità è stata di casa anche sul Colle Vaticano! S. Agostino, in un famo-so sermone tenuto nella festa de-gli Apostoli, così si esprimeva:“Un solo giorno della passione per i due apostoli, ma questi due erano una cosa sola; benchè ab-biano soff erto in giorni diversi, erano una cosa sola. Ha preceduto Pietro, lo ha seguito Paolo. Cele-briamo il giorno festivo degli apo-stoli consacrato per noi dal loro sangue. Amiamone la fede, la vita, le fatiche, la passione, la predica-zione”. Tale è l’attualità permanen-te di questa festa ecumenica.

Cosa signifi ca per noi onorare i nostri Patroni? Possiamo fermarci solo alla celebrazione liturgica? Certamente no. E’ doveroso inter-rogarci se la fede degli Apostoli trova ancora spazio nella forma-zione delle nostre coscienze, nella elaborazione degli stili di vita, nel-la mentalità concreta del quoti-diano, nel tempo dato alla forma-zione religiosa, nella celebrazione liturgica, all’esercizio dell’amore e della carità verso il prossimo. Il sangue dei martiri diventa per noi fedeltà al Vangelo di Gesù, sequela di un Dio crocifi sso “scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani” (come diceva san Paolo). I nostri Patroni sapevano che era la croce

la vera linea discriminante dell’ap-partenenza a Gesù. “Chi vuole es-sere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua”(Gesù). Quanto sono ancora vere ed attuali le pa-role dette dalla Ginzburg, ebrea, negli anni ’80: “Il crocifi sso non ge-nera discriminazione. Tace. E’ l’im-magine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fi no ad allora assente. La rivoluzio-ne cristiana ha cambiato il mondo. Dicono che da un crocifi sso ap-peso al muro, in classe, possono sentirsi off esi gli scolari ebrei o di altre religioni. Perché mai? Cristo non era forse un ebreo e un per-seguitato, non è forse morto nel martirio, come è accaduto a mi-lioni di ebrei nei lager? Il crocifi sso è il segno del dolore umano. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro de-stino. Prima di Cristo nessuno ave-va mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e po-veri, credenti e non credenti, neri e bianchi”. Nessuna cultura può comparire e svilupparsi senza una religione e la cultura di un popolo è l’incarnazione della sua religione (Eliot). Ci vergogneremo di essere discepoli di Cristo? “Non arrossi-sco del Vangelo”- ci rispondereb-be san Paolo con vigore. Non sarà allora forse il caso di recuperare un po’ più di entusiasmo e di co-erenza guardando ai nostri Patro-ni? Perché tante bocche”cucite” in chiesa, quando ci si va per ascol-tare/pregare/cantare? Perché così poco entusiasmo nel professare una fede che è per sua natura fon-te di gioia e di entusiasmo? Perché non trarre dal Vangelo proposte pubbliche e sociali per una socie-tà più fraterna e rispettosa di tutti i diritti umani e religiosi? Ci aiuti-no i nostri Patroni a riscoprire una virtù piuttosto trascurata oggi: quella della fi erezza; la fi erezza di essere seguaci di Cristo; di essere amici di un Redentore così buono

e coraggioso che interpella an-cora l’uomo “così potente e così fragile” del nostro tempo. Se gli Apostoli Pietro e Paolo tornassero a peregrinare come ai loro tempi e con i mezzi poverissimi di cui disponevano, parlerebbero anco-ra di Gesù e direbbero a tutti che Egli è ancora necessario, che la vita buona del Vangelo non è roba da museo. Nonostante tante con-traddizioni, l’interesse per Gesù si fa sempre più esuberante. E’ in atto una vera inquietudine “cristo-logica”: Gesù di Nazareth interpel-la ancora l’uomo contemporaneo. Nonostante il diff ondersi di vaste sacche di indiff erenza e di diffi -denza verso l’istituzione ecclesiale (anche a motivo della controtesti-monianza di alcuni suoi membri), unite alla paura generata dal clima diffi cile tra culture e religioni così radicalmente diverse per dottrina e comportamenti, la persona e il messaggio di Gesù stanno tornan-do ad interessare e a provocare molti. Gesù “resta il nervo scoper-to” delle stesse Chiese cristiane: E’ su di Lui che si gioca l’essenziale, lo specifi co,la partita decisiva, sia per capire il cristianesimo nella sua storia, quanto per cercare di viverlo. I due apostoli direbbero anche a noi, oggi: “Di null’altro mai ci gloriamo se non della Cro-ce del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale c’è salvezza, vita e risur-rezione!”. Sia grande e sentita per davvero la nostra Festa patronale sopprattutto dal punto di vista re-ligioso e ci aiuti a rapportarci con gli insegnamenti e gli esempi di questi nostri “grandi amici e mo-delli di vita”. Con questo spirito e con questo entusiasmo viviamo la Solennità dei nostri Patroni, acco-gliendo di buon grado le iniziative religiose e culturali che ci vengo-no proposte.

Buona festa patronale a tutti.

Il vostro Parroco don Mario

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5Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Con la Chiesa

Il 150° anniversario dell’unifi ca-zione politica dell’Italia mi off re la felice occasione per rifl ettere

sulla storia di questo amato Paese, la cui Capitale è Roma, città in cui la divina Provvidenza ha posto la Sede del Successore dell’Apostolo Pietro. Pertanto, nel formulare a Lei e all’intera Nazione i miei più fervidi voti augurali, sono lieto di parteciparLe, in segno dei profon-di vincoli di amicizia e di collabora-zione che legano l’Italia e la Santa Sede, queste mie considerazioni.

Il processo di unifi cazione avve-nuto in Italia nel corso del XIX secolo e passato alla storia con il nome di Risorgimento, costituì il naturale sbocco di uno svilup-po identitario nazionale iniziato molto tempo prima. In eff etti, la nazione italiana, come comunità di persone unite dalla lingua, dal-la cultura, dai sentimenti di una medesima appartenenza, sep-pure nella pluralità di comunità politiche articolate sulla penisola, comincia a formarsi nell’età me-dievale. Il Cristianesimo ha con-tribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italia-na attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fi ssando modelli di comportamento, confi gurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la

I 150 anni dell’Unità d’Italia: “Mai in confl itto fede e cittadinanza”

Così la Chiesa e i cattolici hanno costruito l’identità italiana

pittura, la scultura, l’architettura, la musica. Dante, Giotto, Petrarca, Michelangelo, Raff aello, Pierluigi da Palestrina, Caravaggio, Scarlat-ti, Bernini e Borromini sono solo alcuni nomi di una fi liera di grandi artisti che, nei secoli, hanno dato un apporto fondamentale alla formazione dell’identità italiana. Anche le esperienze di santità, che numerose hanno costellato la storia dell’Italia, contribuirono fortemente a costruire tale identi-tà, non solo sotto lo specifi co pro-fi lo di una peculiare realizzazione

del messaggio evangelico, che ha marcato nel tempo l’esperienza re-ligiosa e la spiritualità degli italiani (si pensi alle grandi e molteplici espressioni della pietà popolare), ma pure sotto il profi lo culturale e persino politico.San Francesco di Assisi, ad esem-pio, si segnala anche per il contri-buto a forgiare la lingua naziona-le; santa Caterina da Siena off re, seppure semplice popolana, uno stimolo formidabile alla elabo-razione di un pensiero politico e giuridico italiano. L’apporto della

Il messaggio di Benedetto XVI, consegnato dal cardinale Bertone al Presidente della Repubblica, sottolinea le radici pro-fondamente cristiane del Paese e ne ripercorre la storia alla luce dell’unità di un popolo prima che di un territorio

Il grande canone culturale

Nel suo messaggio, il Papa cita alcuni nomi che hanno segnato con la loro arte la cultura del Belpaese, diventando l’humus di quella «identità» che si radica in una sorta di canone culturale che Bene-detto XVI traccia — «solo alcuni nomi di unafi liera di grandi artisti» — con polso sicuro. Vale la pena di citarli tutti: Dante, Petrarca, Raff aello, Michelangelo, Pierluigi da Palestrina, Ber-nini e Borromini, Domenico Scarlatti, Manzoni. Scrittori, poeti, pit-tori, scultori, architetti, compositori e musicisti. Il pantheon dell’arte italiana, la cui arcata si estende dal Medioevo alla soglia dell’Unifi -cazione. Il Papa stesso sottolinea questa coralità del genio italiano. E non sorprende, per esempio, la citazione di. Palestrina e Scarlatti, poiché è ben nota la raffi nata cultura musicaledel Pontefi ce. Il primo, vissuto tra il 1525 e il 1594, fu un compositore dal complesso linguaggio polifonico e maestro dell’arte contrappu_ntistica; il secondo, vissuto tra il 1685 e i11757, fu esponente della musiea barocca, ma continuatore dello stile classico. Va notato, in-fi ne, che questo «canone» sintetico evoca una identità italiana non solo religiosa e spirituale, ma anche culturale e politica.

GLI ARTISTI

Page 6: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

6 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Con la Chiesa

Chiesa e dei credenti al processo di formazione e di consolidamen-to dell’identità nazionale continua nell’età moderna e contempora-nea.

Anche quando parti della penisola furono assoggettate alla sovrani-tà di potenze straniere, fu proprio grazie a tale identità ormai netta e forte che, nonostante il perdurare nel tempo della frammentazione geopolitica, la nazione italiana potè continuare a sussistere e ad essere consapevole di sé. Perciò l’unità d’Italia, realizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento, ha potuto aver luogo non come artifi -ciosa costruzione politica di iden-tità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità na-zionale forte e radicata, sussitente da tempo. La comunità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in defi nitiva, come collante che te-neva unite le pur sussistenti diver-sità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modella-mento il Cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fonda-mentale.

Per ragioni storiche, culturali e po-litiche complesse, il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, al Cattolicesimo, talora anche alla religione in generale. Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune mar-cate da venature giurisdizionali-ste o laiciste, non si può sottacere l’apporto di pensiero — e talora di azione — dei cattolici alla for-mazione dello Stato unitario. Dal punto di vista del pensiero politicobasterebbe ricordare tutta la vi-cenda del neoguelfi smo che co-nobbe in Vincenzo Gioberti un illustre rappresentante; ovvero pensare agli orientamenti catto-lico-liberali di Cesare Balbo, Mas-simo d’Azeglio, Raff aele Lambru-schini. Per il pensiero fi losofi co, politico ed anche giuridico risalta la grande fi gura di Antonio Ro-smini, la cui infl uenza si è dispie-gata nel tempo, fi no ad informare punti signifi cativi della vigente Costituzione italiana. E per quella letteratura che tanto ha contribu-ito a “fare gli italiani”, cioè a dare loro il senso dell’appartenenza alla nuova comunità politica che il processo risorgimentale veniva

plasmando, come non ricordare Alessandro Manzoni, fedele in-terprete della fede e della morale cattolica; o Silvio Pellico, che con la sua opera autobiografi ca sulle dolorose vicissitudini di un patrio-ta seppe testimoniare la concilia-bilità dell’amor di Patria con una fede adamantina. E di nuovo fi gu-re di santi, come san Giovanni Bo-sco, spinto dalla preoccupazione pedagogica a comporre manuali di storia Patria, che modellò l’ap-partenenza all’istituto da lui fon-dato su un paradigma coerente con una sana concezione liberale: «cittadini di fronte allo Stato e reli-giosi di fronte alla Chiesa».La costruzione politico-istituzio-nale dello Stato unitario coinvol-se diverse personalità del mondo politico, diplomatico e militare, tra cui anche esponenti del mon-do cattolico. Questo processo, in quanto dovette inevitabilmente misurarsi col problema della so-vranità temporale dei Papi (ma an-che perché portava ad estendere ai territori via via acquisiti una le-gislazione in materia ecclesiastica di orientamento fortemente laici-sta), ebbe eff etti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani, divisi tra gli opposti sentimenti di fedeltà na-scenti dalla cittadinanza da un lato e dall’appartenenza ecclesiale dall’altro. Ma si deve riconoscere che se fu il processo di unifi cazio-ne politico-istituzionale a produr-re que confl itto tra Stato e Chiesa che è passato alla storia col nome di «Questione Romana», suscitan-do di conseguenza l’aspettativa di una formale “Conciliazione”, nes-sun confl itto si verifi cò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e co-munità ecclesiale.

L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tra-dizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquista-

Figure esemplari per il Paese. Anche per i laici

Nel Messaggio di toccante bellezza e calore inviato da Benedetto XVI, un ruolo signifi cativo è riservato a tre santi: Francesco d’Assisi, Caterina da Siena e Giovanni Bosco. Per farsi intendere da tutti i suoi frati, il santo di Assisi scriveva in latino.Nell’ultimo periodo della sua vita, tuttavia, nell’entusiasmo del «Can-tico delle creature» avvertiva l’esigenza di rivolgersi agli italiani, con i quali aveva iniziato la sua straordinaria avventura, nel linguaggio del cuore, in quella lingua italiana che egli contribuiva cosi a pla-smare. Nel ritorno dei Pontefi ci a Roma Caterina vedeva la via che portava congiuntamente alla riforma della Chiesa e alla pacifi cazio-ne dell’Italia, quasi che le due realtà procedano di pari asso.Ai due santi patroni d’Italia il Papa accosta san Giovanni Bosco. È un invito al Paese a prestare attenzione a quei giovani cui il santo dell’orato-rio dedicò il suo genio educativo e la sua congregazione, i salesiani. Nell’accenno del Pontefi ce a Francesco e al suo Cantico, infi ne, vi è anche il ricordo della bellezza del paesaggio che cattolici e laici, credenti e non credenti, no chiamati insieme a custodire. (E. Guer.)

I SANTI

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7Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Con la Chiesa

ta unità politica. In defi nitiva, la Conciliazione doveva avvenire fra le Istituzioni, non nel corpo socia-le, dove fede e cittadinanza non erano i confl itto. Anche negli anni della dilacerazione i cattolici han-no lavorato all’unità del Paese.L’astensione dalla vita politica, se-guente il «non expedit», rivolse le realtà del mondo cattolico verso una grande assunzione di respon-sabilità nel sociale: educazione, istruzione, assistenza, sanità, coo-perazione, economia sociale, furo-no ambiti di impegno che fecero crescere una società solidale e for-temente coesa.

La vertenza apertasi tra Stato e Chiesa con la proclamazione di Roma capitale d’Italia e con la fi ne dello Stato Pontifi cio, era partico-larmente complessa. Si trattava indubbiamente di un caso tutto italiano, nella misura in cui solo l’Italia ha la singolarità di ospitare la sede del Papato. D’altra parte, la questione aveva una indubbia rilevanza anche internazionale. Si deve notare che, fi nito il pote-re temporale, la Santa Sede, pur reclamando la più piena libertà e la sovranità che le spetta nell’or-dine suo, ha sempre rifi utato la possibilità di una soluzione della «Questione Romana» attraverso imposizioni dall’esterno, confi -dando nei sentimenti del popolo italiano e nel senso di responsabi-lità e giustizia dello Stato italiano. La fi rma dei Patti lateranensi, 1’11 febbraio 1929, segnò la defi nitiva soluzione del problema. A propo-sito della fi ne degli Stati pontifi ci, nel ricordo del beato Papa Pio IX e dei Successori, riprendo le paro-le del Cardinale Giovanni Battista Montini, nel suo discorso tenuto in Campidoglio il 10 ottobre 1962: “Il papato riprese con inusitato vi-gore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e

nell’irradiazione sul mondo, come prima non mai”.

L’apporto fondamentale dei cat-tolici italiani alla elaborazione del-la Costituzione repubblicana del 1947 è ben noto. Se il testo costi-tuzionale fu il positivo frutto di un incontro e di una collaborazione tra diverse tradizioni di pensiero, non c’è alcun dubbio che solo i costituenti cattolici si presentaro-no allo storico appuntamento con un preciso progetto sulla legge fondamentale del nuovo Stato ita-liano; un progetto maturato all’in-terno dell’Azione Cattolica, in par-ticolare della Fuci e del Movimento Laureati, e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ed oggetto di ri-fl essione e di elaborazione nel Co-dice di Camaldoli del 1945 e nella XIX Settimana Sociale dei Cattolici Italiani dello stesso anno, dedicata al tema «Costituzione e Costituen-te». Da lì prese l’avvio un impegno molto signifi cativo dei cattolici italiani alla politica, nell’attività sindacale, nelle istituzioni pubbli-che, nelle realtà economiche, nel-le espressioni della società civile,

off rendo così un contributo assai rilevante alla crescita del Paese, con dimostrazione di assoluta fe-deltà allo Stato e di dedizione al bene comune e collocando l’Italia in proiezione europea. Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo, poi, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie fi gure, quelle dell’On. Aldo Moro e del Prof. Vittorio Bachelet? Dal canto suo la Chiesa, grazie anche alla lar-ga libertà assicuratale dal Concor-dato lateranense del 1929, ha con-tinuato, con le proprie istituzioni ed attività, a fornire un fattivo con-tributo al bene comune, interve-nendo in particolare a sostegno delle persone più emarginate e soff erenti, e soprattutto prose-guendo ad alimentare il corpo so-ciale di quei valori morali che sono essenziali per la vita di una società democratica, giusta, ordinata. Il bene del Paese, integralmente in-teso, è stato sempre perseguito e particolarmente espresso in mo-menti di alto signifi cato, come nel-la «grande preghiera per l’Italia» indetta dal Venerabile Giovanni

Impegno fedele e anche sacrifi cio per valori e Stato

C’è a livello storiografi co un grande dibattito ancora irrisolto sull’in-fl uenza politica dei cattolici liberali post-unitari-neoguelfi , o comunque “transigenti” rispetto al Regno d’Italia, nel determinare le successive fasi dell’evoluzione del movimento cattolico fi no al Ppi di Luigi Sturzo e alla Dc di Alcide De Gasped. Nel suo messaggio. Benedetto XVI sem-bra indicare nelle fi gure di Massimo D’Azeglio, Cesare Balbo e Raff aele Lambruschini i precursori di cattolici al servizio dello Stato e della isti-tuzioni. I tre, a diverso titolo e con opinioni non sempre perfettamente convergenti, parteciparono culturalmente e con il diretto impegno par-lamentare o ministeriale alla costruzione dello Stato unitario. Il segno della testimonianza cristiana vissuta fi no all’estremo sacrifi cio, accomu-na invece Aldo Moro e Vittorio Bacheiet, assassinati dalle Brigate Rosse rispettivamente nel 1978 e nel 1980:16 due vittime più famose di una lunga scia di sangue lasciata da esponenti cattolicidemocratici. Moro e Bachelet avevano in comune anche la formazione nell’Azione Cattolica e l’amicizia con Paolo VI. Ma mentre il primo si era dedicato a tempo pieno nell’attività di governo e di partito nella Dc. se-condo era diventato presidente nazionale cleU’Ac dal 1964 fi no al 1973. (G. Gra.)

I POLITICI

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8 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Paolo II il 10 gennaio 1994.

L a conclusione dell’Accordo di re-visione del Concordato lateranen-se, fi rmato il 18 febbraio 1984, ha segnato il passaggio ad una nuova fase dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. Tale passaggio fu chiara-mente avvertito dal mio prede-cessore, il quale, nel discorso pro-nunciato il 3 giugno 1985, all’atto dello scambio degli strumenti di ratifi ca dell’Accordo, notava che, come «strumento di concordia e collaborazione il Concordato si si-tua ora in una società caratterizza-ta dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazio-ne delle diverse componenti so-ciali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di cresci-ta, favorendo la profonda unità di ideali e di sentimenti, per la quale tutti gli italiani si sentono fratelli in una stessa Patria». Ed aggiungeva che nell’esercizio della sua diaco-nia per l’uomo «la Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell’au-tonomia dell’ordine politico e del-la sovranità dello Stato. Parimenti, essa è attenta alla salvaguardia della libertà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell’uomo, che

solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l’impegno so-lidale ed unitario al bene comu-ne». L’Accordo, che ha contribuito largamente alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano ed il suo ordinamen-to giuridico, ha evidenziato i due principi supremi che sono chia-mati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione. Una colla-borazione motivata dal fatto che, come ha insegnato il Concilio Va-ticano II entrambe, cioè la Chiesa e la comunità politica, «anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale del-le stesse persone umane» (Cost. Gaudium et spes, 76). L’esperien-za maturata negli anni di vigenza delle nuove disposizioni pattizie ha visto, ancora una volta, la Chie-sa ed i cattolici impegnati in vario modo a favore di quella «promo-zione dell’uomo e del bene del Paese» che, nel rispetto della re-ciproca indipendenza e sovranità, costituisce principio ispiratore ed orientante del Concordato in vigo-re (art. 1). La Chiesa è consapevole

non solo del contributo che essa off re alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che ri-ceve dalla società civile, come aff erma il Concilio Vaticano II: «chiunque promuove la comunità umana nel campo della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale che internazionale, porta anche un non piccolo aiuto, secondo la volontà di Dio, alla co-munità ecclesiale, nelle cose in cui essa dipende da fattori esterni» (Cost. Gaudium et spes, 44).

Nel guardare al lungo divenire della storia, bisogna riconoscere che la nazione italiana ha sempre avvertito l’onere ma al tempo stes-so il singolare privilegio dato dalla situazione peculiare per la quale è in Italia, a Roma, la sede del suc-cessore di Pietro e quindi il centro della cattolicità. E la comunità na-zionale ha sempre risposto a que-sta consapevolezza esprimendo vicinanza aff ettiva, solidarietà, aiu-to alla Sede Apostolica per la sua libertà e per assecondare la realiz-zazione delle condizioni favorevoli all’esercizio del ministerospirituale nel mondo da parte el successore di Pietro, che è Vescovo di Roma e Primate d’Italia. Passate le turbolenze causate dalla «que-stione romana», giunti all’auspica-ta Conciliazione anche Io StatoItaliano ha off erto e continua ad off rire una collaborazione reziosa, di cui la Santa Sede uisce e di cui èconsapevolmente grata.

Nel presentare a Lei, Signor Pre-sidente, queste rifl essioni, invoco di cuore sul popolo italiano l’ab-bondanza dei doni celesti, affi n-ché sia sempre guidato dalla luce della fede, sorgente di speranza e di perseverante impegno per la li-bertà, la giustizia e la pace.

Dal Vaticano, 17 marzo 2011Benedetto XVI

Leader coerenti tra lettere evita pubblica

Intellettuali e letterati che non disdegnarono il coinvolgimento nel-la vita pubblica del nascente Stato, con fede coerente e forte amore di patria. Questo accomuna alcune delle fi gure evocate dal Papa. Vincenzo Gioberti (Torino, 1801 -Parigi, 1852), sacerdote e fi losofo, fu l’alfi ere del movimento neoguelfo («Primato civile e morale degli italiani»), che vedeva nel Papa il fulcro della rinascita nazionale ita-liana in chiave federalista. Fu anche ministro del Regno di Sardegna, prima di andare in esilio. Ardente patriota fu il poeta Silvio Pellico (Saluzzo, 1789 -Torino, 1854), affi liato alla Carboneria. Fu arrestato dagli austriaci nel 1820 e condannato a morte, sentenza poi com-mutata in 15 anni di carcere allo Spielberg. Il racconto della deten-zione (fu graziato nel 1830), nel celebre libro «Le mie prigioni», «dan-neggiò l’Austria - disse Metternich - pin di una battaglia perduta». Così famoso da non aver bisogno di presentazioni è infi ne Alessan-dro Manzoni (Milano, 1785- Milano, 1873), l’autore dell’immortale oI promessi sposi» e anche senatore del Regno.

GLI INTELLETTUALI

Con la Chiesa

Page 9: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

9Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Formazione biblica

Fino a qualche tempo fa si leggeva nel lezionario della S. Messa: Lettera di S. Paolo

Apostolo agli Ebrei. Oggi il nome di Paolo non compare più. Di fatto fi n dai primi secoli del cristianesi-mo si erano notate forti diff eren-ze di contenuto e di stile rispetto alle lettere di S. Paolo. In sintesi si può dire che «l’autore della Lettera agli Ebrei è un cristiano, probabil-mente della seconda generazione, biblicamente preparato, a cono-scenza dei metodi esegetici del

Cristo unico ed eterno Sacerdote (II)

Lettera agli Ebrei, seconda parte

suo tempo, aperto all’ambiente culturale del giudaismo ellenisti-co; teologicamente originale, ma nello stesso tempo saldamente agganciato alla tradizione teolo-gica e catechistica cristiana che fa capo a San Paolo» (Rinaldo Fabris). «Forse, continua Fabris, è un mae-stro, responsabile di comunità (cfr. Eb 13,7.17). La data di composizio-ne della lettera può essere tra gli anni 80 e 90 d.C.

L’originalità tematica della Lette-

ra agli Ebrei è quella di «leggere» la fi gura di Gesù, specialmente il suo Mistero Pasquale, di morte e risurrezione, in chiave liturgica. Da sempre la liturgia è via all’incon-tro con Dio e l’atto liturgico com-prende, secondo la tradizione, tre segni: il sacerdozio, il sacrifi cio, il santuario. Ebbene, tutto ciò si re-alizza in Gesù in marnerà nuova ed esclusiva, tale da segnare ogni liturgia per sempre: quindi ogni incontro con Dio, ogni alleanza passa attraverso di Lui.

Page 10: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

10 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Formazione biblica

Sacerdozio vuol dire fedeltà alla missione data da Dio e solidarietà con il popolo. Gesù lo è in manie-ra originale, «secondo l’ordine di Melchisedek», ossia senza parago-ni e di valore trascendente, come è questo personaggio biblico, quasi strano nella sua solitudine dentro la Bibbia.Ma le qualità del sacerdozio di Cristo si rivelano pienamente nel sacrifi cio. In ogni religione infatti, e in quella biblica in particolare, l’incontro con Dio o alleanza avve-niva mediante il sacrifi cio, dimo-strazione suprema del dono di sé a Dio a favore degli uomini. Gesù pone la sua stessa morte come sacrifi cio, quale prova di assoluta fedeltà a Dio e di amore per noi, sacrifi cio che vale quindi una volta per tutte. Infatti, prima di lui Isra-ele sacrifi cava un numero infi nito di animali, ora ciò non è più neces-sario, perché il sacrifi cio di Cristo garantisce un incontro sicuro e permanente con Dio, una «Allean-za Nuova ed Eterna».Sacerdozio e sacrifi cio vogliono il santuario, ossia il luogo dell’incon-tro: per Cristo, non più un tempio di pietra, ma il suo stesso Corpo di Risorto; non più un santuario ter-restre limitato e fragile, ma «Egli è entrato proprio nel cielo, e ora si

presenta davanti a Dio a interce-dere per noi» (cfr. Eb 9,24).

«Un popolo in cammino»: sono le parole di un canto molto bello delle nostre comunità. I cristiani sono il popolo di Dio verso la ter-ra promessa, di fronte alle tante tribolazioni. Tale cammino ha un precursore, una guida: Gesù (cfr. Eb 2,9.10; 6,20; 12,2; 13,13), che in qualità di sacerdote introduce al mondo di Dio con sicurezza e con senso di profondo amore e com-passione nei confronti di ciascuno (cfr. Eb 4,14-16; 10,19-20). Cam-mino vuol dire lotta e liberazione dagli impedimenti del peccato, coraggio nelle prove e crescita re-sponsabile e coerente alla piena maturità della fede (cfr. Eb 5,11-6,3).Cammino non da eroi solitari, ma insieme, dentro un popolo più grande, che parte da Abele, attra-versa tutto l’Antico Testamento e giunge fi no agli anonimi, ma eroi-ci testimoni della fede di oggi. Il terminal è la «città futura» (cfr. Eb 13,14), in certo modo anticipata nella nuova liturgia cristiana: lì, sotto la povertà e semplicità dei segni, è la stessa «Gerusalemme celeste», «la città del Dio vivente», «l’assemblea dei fi gli primogeniti

di Dio, che hanno i nomi scritti nel cielo» (cfr. Eb 12,22-23).

Ricordiamo le famose parole che il celebrante pronuncia sul cero pa-squale la notte di Pasqua: «Cristo, ieri, oggi, nei secoli». Sono tratte da questa Lettera (cfr. Eb 13,8) e fi ssano in maniera indelebile la centralità di Gesù nella storia della salvezza (cfr. il prologo in Eb 1,1-3). Tale storia della salvezza, guidata dalla Parola di Dio, proprio dalla Lettera agli Ebri viene caratteriz-zata come storia di due alleanze: quella prima di Cristo e quella che parte da Lui. Gesù ne è l’insupera-bile «mediatore». Chiunque vuole incontrare Dio e lasciarsi incontra-re da Dio deve fare sosta e strada «in Gesù» (cfr. Eb 8,6; 9,15; 12,24).Da questo punto di vista l’autore della Lettera agli Ebrei ha la capa-cità di darci, assieme a S. Paolo e a S. Giovanni, una profonda lettura cristiana della Bibbia, confron-tando personaggi e avvenimenti dell’Antico Testamento (=profe-zia) con Gesù (=compimento delle promesse antiche).Il cristiano sa che quando va alla S. Messa partecipa al sacrifi cio di Gesù. Ma forse dimentica che Gesù è il sacerdote di ogni Messa, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, per cui il prete e l’assemblea dei fedeli sono, ciascuno a suo modo, segno dell’azione dell’Unico ed Eterno Sacerdote. Il sacrifi cio che viene celebrato è sempre la ripre-sentazione dell’unico sacrifi cio della Croce. Come ogni fedele è invitato a partecipare alla stessa alleanza o comunione con Dio che Gesù ha istituito. Da questo punto di vista la Chiesa, grande o piccola, bella o meno, in cui il cristiano en-tra per incontrare Dio, non è tanto l’edifi cio, quanto piuttosto il Corpo di Gesù, assieme alle sue membra, cioè noi cristiani. (continua)

don Claudio

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11Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

San Pietro occupa una posi-zione preminente nel Nuo- vo Testamento, dove è men-

zionato 114 volte nei Van geli e 57 volte negli Atti degli Apostoli.Parla a nome di tutti gli Apostoli (Lc 12, 41, Mt 19, 27, Mc 10, 28, Lc 18, 28), risponde per loro (Gv 6, 68, Mt 16, 16, Mc 8, 29) e agisce per tutti (Mt 14, 28, Mc 8, 32, Mt 16, 22, Lc 22, 8, Gv 18, 10). Altre volte gli evangelisti si riferiscono agli Apo-stoli dicendo “Pietro e i suoi” (Mc 1, 36, Lc 8, 45; 9, 32, Mc 16, 7, At 2, 14.37). Gesù lo elegge dopo aver fat to un grande miracolo (Lc 5, 1-11); Si serve della sua bar ca per predicare alle moltitudini (Le 5, 3); alloggia in casa sua (Mc 1, 29); lo associa a Se nel pagamento del tributo (Mt 17, 23-26); lo sceglie, con Giacomo e Giovanni, per as- sistere alla resurrezione della fi glia di Giairo (Mc 5, 37), alla trasfi gu-razione (Mc 9, 2) e all’agonia nel Getsemani (Mc 14, 33); è il primo a cui appare resuscitato (Le 24, 34). È unico dei Dodici che l’angelo no-mina affi nché sia loro comunica-to il messaggio della Pasqua (Mc 16,7). San Giovanni aspetta l’arrivo di San Pietro, per lasciarlo entrare per primo nel Sepolcro di Gesù (Gv 20, 2-8).Dopo l’Ascensione e la Penteco-ste, vediamo San Pietro esercitare l’autorità massima nella Chiesa. Completa il Collegio Apostolico con l’elezione di San Mattia (At 1, 5ss); parla in nome degli Aposto-li nel giorno di Pentecoste (At 2,

14ss); difende davanti alle autorità giudaiche il diritto degli Apostoli di predicare la Fede in Cristo (At 4, 8-12); condanna Anania e Safi ra (At 5, 1-11); è ispirato ad aprire le porte della Chiesa anche ai paga-ni, con la conversione del centu-rio- ne Cornelio (At 10, 47); presie-de il Concilio di Gerusalemme (At 15, 6ss); tutta la Chiesa pregava per la sua liberazione, quando fu incarcerato per ordine di Erode (At 12, 5). D’altra parte, San Paolo segnala in modo preminente l’im-

Fondamento biblico del primato petrino

portanza di San Pietro come capo della Chiesa. Dopo il suo soggior-no in Arabia, si dirige a Gerusalem-me per vederlo (Gal 1, 18); ricono-sce in lui una delle colonne della Chiesa (Gal 2, 9); lo colloca come il primo tra i testimo- ni delle appa-rizioni di Cristo resuscitato (Cor 15, 5); anche quando gli si oppone “a viso aperto” ad Antiochia, agisce come chi riconosce la sua autori-tà, pertanto, conferma in qualche modo il suo primato (Gal 2, 11-14).

d. M.

Vocazione degli Apostoli Pietro e Andrea”, di Duccio di Buoninsegna - National Gallery of Art, Washington DC (Usa)

Formazione biblica

San Pietro, il primo degli apostoli

Page 12: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

Lettera del Parroco

Camminiamo insiemen. 25 dicembre 2010 - febbraio 201112

Sulla Lectio Divina

La meditazione della Sacra Scrittura

Formazione spirituale

Che signifi ca e in che consiste.

Lectio Divina in latino signifi ca lettura e spiegazione divina del-la Sacra Scrittura proclamata in occasione della celebrazione li-turgica per edifi care la spiritualità dei fedeli. Possiamo immaginarci come i monaci e i chierici pre-gavano dal Medioevo fi no a San Francesco (nel 1100 / 1200) e in alcune regioni del nord Europa fi no al Concilio di Trento. Quando non c’era ancora il rosario e soltan-to i salmi, i salmi erano riservati ai preti e ai monaci. E la Lectio Divina era praticata grazie alla lettura, fre-quentazione, memorizzazione, in-fl usso della Bibbia nella cultura. Ci possiamo domandare perchè si è riproposta la Lectio, o si è riscoper-ta? Proprio la riforma liturgica che ci ha fatto il bel regalo delle letture tematiche spinge ogni ascoltatore a pensare e a ragionare su ciò che è stato proclamato.

Quando aveva luogo la Lectio Di-

vina.

Essa era stabilita dalla liturgia e era fatta negli incontri comunitari ed era esercitata individualmente, come avremo modo di vedere nel-la Lettera di Guigo. La Lectio Divi-na come spiegazione della Sacra Scrittura trae origine dai Santi Pa-dri, che commentavano pubblica-mente i testi o la divulgavano con i propri scritti. Tra i monaci la Lectio Divina aveva luogo nella sala ca-pitolare e individualmente nella propria cella. La Parola di Dio co-nosciuta, meditata e proclamata divenne l’apostolato dei monaci, che lo tradussero nella preparazio-ne ed edizione dei testi liturgici. Possiamo pensare che la Lectio Divina si mantenne anche quan-do incominciò la Devotio mo-derna, il cui rappresentantente fu il canonico lateranense Tom-maso da Kempis, autore dell’Imi-

tazione di Cristo.

La Devotio Moderna e la Chiesa

dei poveri.

La spiritualità della Devotio Mo-derna è di stampo individuale e non comunitario come la Bibbia ri-chiede. Le varie devozioni ai santi, il rosario, l’adorazione al Santissi-mo Sacramento soppiantarono un certo ordine di cose che la Lectio richiedeva. Con San Simone Stock generale dei Domenicani iniziò la devozione del Rosario (il numero 150 dei salmi è eguagliato ai quin-dici misteri e alle 150 Ave Maria).Quindi il Rosario è provenuto dai religiosi ai fedeli. In questa epoca la vita religiosa è stata riconosciu-ta giuridicamente dalla Chiesa come stato di vita. I vari ordini reli-giosi hanno allora espresso la loro nuova e accessibile al popolo spi-ritualitàper es.: i domenicani con il Rosario, i Servi di Maria con la co-roncina dei Sette Dolori. La nuova maniera di pregare arriva ai fedeli laici ravvivando e ed esortandoli alla ripetizione più meccanica che meditativa. Intanto i testi dell’A-ve Maria e del Padre Nostro sono preghiere evangeliche. La stes-sa preghiera del monaco greco: Gesù, abbi pietà di me peccatore (testo di Lc) era fatta con tecnica di espirazione e inspirazione. Que-sto divenne ritmo di preghiera e di vita in salute. Sia questa preghiera sia il rosario hanno le loro radici nel Vangelo. Dal momento della ricezione del rosario si è lasciata in disparte la Lectio divina, ancora praticata presso i religiosi istruiti.

Page 13: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

13Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Formazione spirituale

Questa occupazione passerà più tardi ad essere lettura spiritua-le ma di un buon libro e non più della Bibbia e del suo commento. Il beato Giovanni Paolo II aggiun-se la quarta serie dei misteri della Luce al Rosario. Sono misteri che si riferiscono alla persona di Gesù e esplicitano l’intuizione del valore della persona di Gesù per il fedele. Si può intravedere in questo come forse il Rosario si sia avvicinato agli eff etti della Lectio Divina. Quindi il Rosario recitato e meditato prese il posto della Lectio, che purtrop-po come si è detto esigeva tempo, preparazione, pazienza, desiderio di molte persone riunirsi e ricavare qualcosa da un testo e capapcità di prenderne parte. Quindi possia-mo farci l’idea di come pregavano allora i fedeli fuori della liturgia dei salmi e fuori della liturgia della Messa, che non era celebrata tutti i giorni e in tutti i paesi. Le parroc-chie solo con il Concilio Laterano II cominceranno a funzionare. La Sacra Scrittura era conosciuta dai fedeli che non sapevano leggere attraverso le prediche e i mosaici e le pitture sulle pareti delle chie-se. Le cosi’ dette Bibbie dei poveri passavano ad essere disegnate negli aff reschi delle chiese e poi stampate con miniature e gravure dei fatti biblici anche con l’aggiun-ta di frase si spiegazione.Vennero San Francesco e San Domenico per rimediare a questo suggeren-do la pratica della ripetizione del Padre Nostro e dell’Ave Maria, per-chè la gente non era capacitata alla Lectio Divina.

Lettera di Guigo II: fi ne della Lec-

tio Divina ?

La simpatica lettera di Guigo II certosino al confratello Gervasio spiega la Lectio Divina come mez-zo per confermare l’aff ettività del monaco alle sue occupazioni.La lettera appoggia lo sforzo del mo-naco di garantire la propria identi-

tà lontano dalla gente, nel mona-stero. La contemplazione esige la totale dedicazione a Dio. La lettera ha la sua bellezza grazie al modo ispirato di come Guigo II presenta il contenuto. Guigo II è uno dei pri-mi certosini. Come monaco copri’ incarichi di responsabilitàquando nel 1173 divenne priore del suo ordine in Francia. Morì nel 1188. La lettera è pubblicata nella collezio-ne dei Padri della Chiesa,in fran-cese, Sources Chretiennes nr.163. Guigo presenta le sue intuizioni: “un giorno occupato in un lavo-ro manuale, cominciai a pensare all’attività spirituale dell’uomo e si presentatono improvvisamente alla mia rifl essione quattro gradi-ni spirituali, ossia la lettura- come studio attento delle Scritture fatto con uno spirito tutto teso a com-prenderle; la meditazione – come oprazione dell’intelligenza per in-vestigare le verità nascoste; la pre-ghiera come supplica per evitare il male e fare il bene; la contempla-zione come innalzamento dell’a-nima verso Dio gustando le gioie dell’eterna dolcezza. La Lectio è una scala che porta l’uomo dalla

terra al cielo”.

La Lectio Divina è rimasta ai Pro-

testanti?

Noi cattolici ci meravigliamo dei protestanti e di altre sette che ci tengono a leggere il testo letteral-mente e ad aggiungere il discorso, che nel contesto della loro cele-brazione riceve il maggiore signi-fi cato di altre cerimonie. Pare che proprio nel sermone c’è il resto della Lectio Divina, che il monaco agostiniano Martin Lutero impo-neva come responsabile del nuo-vo gruppo religioso.Questi ser-moni ebbero il loro infl usso nella cultura e nel modo di pensare dei protenstanti, che dall’Europa pas-sarono all’America. Se i cattolici si mettono a fare adesso la Lectio Di-vina ecco una probabile occasione di comprendersi vicendevolmente grazie alla varietà di interpretazio-ni in base ai testi biblici, sempre rispettando la tradizione e l’in-segnamento del Magistero. Noi cattolici possediamo migliori con-dizioni di interpretazione grazie alla riforma liturgica, che presenta i testi dell’AT in parallello con i testi del NT.

Il ritorno della Lectio Divina.

Non è un ritorno forzato. Che prenda piede la Lectio Divina tra noi. Usiamola. Avviciniamoci alla maniera di pensare degli autori bilbici. Loro erano pensatori, che avevano l’intuizione di realizzare in forma scritta l’opera con un un preciso scopo.In questo loro sono stati sostenuti dallo Spirito Santo. Noi lettori, meglio ascoltatori, di queste opere ispirate ci possiamo avvicinare e appropriarci delle stesse intuizioni di fede. Ci accor-geremo che la nostra fede, la no-stra preghiera e le nostre azioni e le nostre celebrazioni sono soste-nute dallo Spirito Santo, che ci uni-sce alle Persone della Trinità e a chi da Esse sono stati ispirati.

p. Matteo Fogliata

Page 14: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

14 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Con la Diocesi

Carissimi,mi è stato suggerito di spie-gare al presbiterio e alla

diocesi le motivazioni che mi spin-gono e gli obiettivi che mi ripro-metto con il prossimo Sinodo sulle Unità Pastorale. E lo faccio volen-tieri con questa lettera.La nostra pastorale è fondata da secoli sulla parrocchia e sul parro-co strettamente legati tra loro. La Chiesa locale (la diocesi) è articola-ta in parrocchie e ciascuna parroc-chia è assegnata a un parroco che ne è pastore proprio e ne ha quindi piena responsabilità. Naturalmen-te possono darsi delle collabora-zioni — soprattutto in momenti di particolare necessità: confessioni generali o sagre patronali — ma la relazione parrocchia-parroco ri-mane assoluta ed esclusiva: nella parrocchia il parroco è tutto, fuori della parrocchia è niente. Questa defi nizione pastorale ha avuto de-gli enormi meriti: ha permesso an-zitutto una presenza capillare del-la Chiesa sul territorio, la vicinanza continua alle singole famiglie nei momenti importanti della vita. Il parroco era sentito (e in alcune parrocchie è ancora sentito) come uno di casa. Questo stile di servizio ha favorito nei parroci il senso di responsabilità e ha prodotto espe-rienze di dedizioni ammirevole al ministero. Si pensi, ad esempio, a quel modello straordinario che è il santo Curato d’Ars.Siamo però testimoni e attori, oggi, di cambiamenti profondi

che obbligano a ripensare la situa-zione. La mobilità delle persone è notevolmente aumentata e oggi quasi tutti si allontanano dalla loro residenza per andare a scuola o al lavoro o al luogo di divertimento; spesso a casa rimangono solo gli anziani. Attraverso la radio e la televisione il mondo intero entra nelle singole case e le persone diventano consapevoli di drammi che si svolgono fi sicamente lon-tano; si aggiunga internet attra-verso cui il singolo utente naviga nel mondo intero alla ricerca di ciò che lo interessa e costruisce legami con persone diverse. Il ter-ritorio rimane ancora un elemento essenziale per defi nire l’identità della persona e della famiglia, ma ormai non è più il riferimento uni-co o decisivo. Se vogliamo seguire le persone e agire sul loro vissuto

dobbiamo creare una pastorale che attraversi i diversi luoghi in cui le persone vivono e s’incontra-no. Molto si è fatto con quella che veniva chiamata “pastorale d’am-biente” — pastorale scolastica, pa-storale del lavoro e così via. Ma le trasformazioni sono più profonde di quanto la pastorale d’ambiente riesca a cogliere.In secondo luogo l’ecclesiologia (e l’insegnamento del Vaticano II) ci ha insegnato l’importanza decisi-va della comunione per cogliere il senso della Chiesa. La parrocchia, come espressione di Chiesa, rie-sce a comprendere la sua identi-tà e a vivere la sua missione solo se rimane aperta in modo vitale alle altre parrocchie e alla Chiesa particolare (la diocesi); i confi ni mantengono un signifi cato giu-ridico prezioso, ma non possono diventare limiti invalicabili per l’a-zione pastorale. Insistere troppo sull’identità parrocchiale e dimen-ticare la comunione diocesana fa perdere alcuni elementi preziosi dell’ottica di comunione.Infi ne la diminuzione del nume-ro dei preti rende impossibile l’affi damento di ogni parrocchia a un parroco come nel passato. Dal punto di vista del territorio le scelte diventano: o eliminare le piccole parrocchie o affi dare più parrocchie a un singolo parroco. Entrambe queste soluzioni non soddisfano perché sono troppo ri-gide e inevitabilmente producono spazi sempre più ampi non rag-

Il vescovo di Brescia, Luciano Monari: a breve il decreto che indice il Sinodo

Il vescovo indice il Sinodo diocesano sulle Unità Pastorali

Page 15: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

15Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Con la Diocesi

giunti dall’attività pastorale.La creazione di Unità Pastorali non risolve tutti questi problemi. Mi sembra, però, che aiuti ad af-frontarli meglio perché va nella linea di una maggiore fl essibilità. Si spezza il legame rigido parroc-chia-parroco e se ne crea uno più ampio: Unità Pastorale (quindi un insieme di più parrocchie) ed équipe pastorale (quindi un insie-me di presbiteri e di altri operatori pastorali). Questo permette una maggiore valorizzazione delle atti-tudini di ciascun operatore (prete giovane o prete anziano o diaco-no o catechista....) entro una visio-ne unitaria di servizio. Nello stesso tempo questa articolazione pasto-rale favorisce la vita comune dei presbiteri (che non è e non diven-terà un obbligo ma è un’opportu-nità preziosa che risponde a reali bisogni), la collaborazione e la cor-responsabilità (perché c’è un pro-gramma pastorale che può essere fatto solo sollecitando il servizio di molti; e se molti debbono opera-re insieme diventa più facile che rifl ettano e decidano e verifi chino insieme), l’attivazione di abilità nuove (un parroco, per quanto ge-niale, non riesce a fare tutto quello che una comunità umana oggi ri-chiede; si pensi anche solo al mon-do di internet o all’attenzione alle dinamiche del mondo giovanile).Come dicevo, sono ben lontano dal ritenere che le Unità Pastora-li siano la soluzione dei problemi pastorali attuali. I cambiamenti ri-chiesti sono ben più profondi e si radicano nella cultura del mondo contemporaneo. Ma sono convin-to che la Unità Pastorali sono un elemento della soluzione e che, se fatte bene, possono favorire una trasformazione di tutto il tes-suto pastorale, possono stimola-re l’impegno di molti. Il rischio è che l’Unità Pastorale sia percepi-ta e vissuta come un’altra forma dell’accorpamento delle parroc-chie e in questo modo si verifi chi

quella rarefazione della presenza sul territorio che vorremmo invece evitare. Per questo abbiamo biso-gno di accompagnare la formazio-ne delle Unità Pastorali con forme di capillarità che facciano capire e vedere alla gente che la Chiesa c’è, che è accanto a loro, che li cer-ca, che si mette al loro servizio. La pastorale contemporanea ha in-ventato (sta inventando) una mol-teplicità di forme di presenza di questo genere: i gruppi di ascolto del vangelo, le cellule di evange-lizzazione, le comunità famigliari, le piccole comunità di base e così via. Le forme sono molteplici ma nascono tutte da un bisogno sen-tito che è quello della prossimi-tà. In una comunità cristiana ci si deve sentire prossimi gli uni degli altri; non ci possono essere perso-ne o famiglie che nessuno ha in nota; bisogna che ogni battezzato senta di essere parte viva della co-munità. E tutto questo si può otte-nere solo con uno sforzo grande di prossimità.In particolare capisco che le Uni-tà Pastorali non sono la soluzione ultima della pastorale cittadina. La città è un sistema unico con dina-miche proprie e la pastorale deve cercare di intrecciare questo siste-ma di vita nei suoi gangli vitali, i luoghi di incontro, i fl ussi di spo-stamento delle persone. Questo pone un problema che, mi sem-bra, non siamo ancora in grado di aff rontare e di risolvere. In ogni modo, sono convinto che l’artico-lazione della Diocesi in Unità Pa-storali vada nella direzione giusta e che quindi di questo si possa e si debba discutere per giungere — se abbiamo un suffi ciente con-senso — a una decisione. Credo di avere già detto a suffi cienza che non si tratta di cambiare in modo traumatico l’articolazione della diocesi. Si tratta di defi nire un tra-guardo da porre davanti al nostro cammino in modo che le diverse decisioni che si prenderanno in fu-

turo non siano scoordinate, ma si muovano verso una meta precisa, con un ritmo calmo ma anche con progressione continua.Il motivo poi per cui desidero prendere questa decisione in un Sinodo si rifà alla tradizione del-la Chiesa. Il Sinodo fa parte della tradizione più antica della vita ecclesiale ed esprime nel modo migliore quel dinamismo di co-munione che deve innervare tut-te le scelte della Chiesa. La Chiesa non è una democrazia nella quale il potere appartiene al popolo e viene eventualmente gestito at-traverso l’elezione di rappresen-tanti. Ma la Chiesa non è nemme-no una monarchia assoluta nella quale il potere appartiene al re e ai sudditi è lasciato solo il dovere dell’esecuzione fedele. La Chiesa è comunione gerarchica: le decisio-ni appartengono al vescovo, ma il processo che conduce alle deci-sioni deve coinvolgere tutta la co-munità. Tutti i battezzati sono por-tatori della sapienza del vangelo e sono mossi dallo Spirito santo. Sarebbe stolto non ascoltare chi ha realmente (anche se non tutto) il dono dello Spirito; sarebbe arro-gante pensare di avere in modo completo questo dono senza il bi-sogno di confrontarsi con gli altri. Certo, un cammino di comunione non semplifi ca i passi e per certi aspetti può renderli anche più dif-fi cili. Solo se tutti sono davvero in ascolto dello Spirito, cercano non di prevalere ma di contribuire a formare una convinzione condivi-sa, sono liberi da impulsi di orgo-glio e di autoaff ermazione... solo in questo caso la logica sinodale si rivela vincente perché rende tutti davvero corresponsabili. Il cammi-no sinodale funziona bene solo se è accompagnato da umiltà, sag-gezza, desiderio di comunione, servizio fraterno.La scelta di fare un Sinodo è una scommessa: scommetto sulla maturità di fede della Chiesa bre-

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Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 201116

Con la Diocesi

sciana. Sono convinto che sia una Chiesa matura, capace di rifl ettere nella pace e nella fraternità; capa-ce di decidere senza animosità e senza parzialità; capace di accet-tare le decisioni senza risentimen-to. La sfi da è tanto più importante nel contesto culturale attuale che non è certo incline alla sinodalità ma piuttosto allo scontro a tre-centosessanta gradi. Se la Chiesa bresciana riesce a fare trionfare lo spirito sinodale sullo spirito di contrapposizione e contrasto ob-bedisce allo Spirito e nello stesso tempo immette nella società pre-ziosi valori di comunione.Intendo quindi il Sinodo come un momento solenne della vita dio-

cesana, ma non come un momen-to straordinario. Vorrei, piuttosto che la logica sinodale entrasse nel vissuto quotidiano delle nostre comunità e che la celebrazione di Sinodi fi nisse per apparire cosa normale. Non è un `evento’, come oggi si dice; è una funzione nor-male dell’esistenza diocesana.Questi sono i motivi della scel-ta di fare un Sinodo. Non sono ancora in grado di determinare i tempi della celebrazione perché non vorrei che una defi nizione prematura impedisse la rifl essio-ne calma e il contributo di tutti. Per di più nel 2012 si celebrerà a Milano l’incontro Mondiale delle famiglie che coinvolgerà anche le

diocesi della regione. Staremo at-tenti a che le due celebrazioni non s’intralcino a vicenda. Con que-sti intendimenti pubblicherò tra qualche settimana il decreto che indice il Sinodo secondo gli esisti della consultazione fatta in tutte le zone pastorali; e chiedo a tutti di vivere questo momento di grazia con fede e con gioia.

Giovedì santo, 21 aprile 2011 Brescia — Chiesa Cattedrale

Il vostro vescovo+ mons. Luciano Monari

Domenica 8 maggio 2011

Rinnovo delle promesse battesimali dei Gruppi Nazareth

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17Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

Don Mario presenta le fi na-lità di questo convegno. La Parrocchia e l’Oratorio,

nell’ambito delle iniziative tese ad incentivare una cultura della pace, propongono un colloquio/conferenza con testimonianze del vissuto quotidiano relative all’in-tegrazione tra la realtà locale e le nuove presenze di culture altre.Gli interventi riguarderanno al-cuni ambiti sociali: il mondo del-la scuola con la presenza della professoressa Elena Cavenaghi, il Centro di Aggregazione Giovanile con l’educatrice Flavia Cattaneo, il settore sanitario con la dottoressa Lucia Zotti, il lavoro con Adriano Casali; chiuderà gli interventi Don Armando Nolli da anni impegnato nella realtà dell’integrazione. I re-latori saranno poi disponibili a ri-spondere ad eventuali richieste da parte del pubblico.Prof. Elena Cavenaghi. La profes-soressa introduce il suo intervento chiarendo che lei esporrà espe-rienze personali che si appoggia-no su un intero sistema didatti-co- educativo organizzato con i colleghi dell’Istituto Comprensivo di Castrezzato dove lei svolge con una collega della scuola primaria la Funzione Strumentale Inter-cultura. Le persone che rivestono questo ruolo si occupano dell’or-ganizzazione e della gestione dell’integrazione degli allievi stra-nieri e collaborano con il CT3 di Chiari (Centro Territoriale Intercul-tura) che fornisce materiale per la realizzazione dell’alfabetinazione.Per rendere tangibile la situazione

7 marzo 2011 Convegno - colloquio parrocchiale

reale della presenza di allievi di al-tre culture vengono subito esposti i dati delle presenze nell’Istituto Comprensivo di Castrezzato di al-lievi stranieri: scuola secondaria di primo grado:24%, scuola primaria di primo grado: 33% scuola dell’in-fanzia: 59%.Da questi signifi cativi numeri si devono distinguere due tipologie di allievi stranieri quelli di”seconda generazione” e i “neo arrivati”.Gli studenti di “seconda generazione”sono nati in Italia da genitori immigrati o giunti nel no-stro Paese all’inizio dell’età scolare. Questi costituiscono la percen-tuale più consistente e per i quali l’attivazione di percorsi di acco-glienza ed integrazione garantisce buoni risultati. Infatti per loro l’ap-prendimento della lingua italiana avviene in contemporanea con i coetanei italiani, inoltre a partire dalla scuola primaria i bambini ini-ziano a tessere relazioni amiche-voli con i coetanei italiani. Il loro inserimento risulta spontaneo.Diverso è l’approccio con la scuola dei ragazzi neo arrivati. Solitamen-te la maggioranza degli alunni neo arrivati ha un’età scolare avanzata. In questo casovi è una grande crisi personale, il senso di appartenenza ad un luo-go ad una cultura viene improvvi-samente messo in pericolo e que-sto crea smarrimento. La scuola in questi casi gioca un ruolo deter-minante perché permette un con-trollato incontro con le diversità una prima alfabetizzazione con la lingua non solo attraverso corsi

mirati ma anche attraverso la so-cializzazione.In questi ragazzi si assiste spesso ad una regressione rispetto all’età anagrafi ca perché il non saper co-municare con l’altro crea diffi coltà.La scuola predispone per loro dei percorsi, dei progetti mirati, a se-conda dell’età, per l’accoglienza, l’integrazione e l’alfabetizzazione.Perché l’integrazione abbia suc-cesso, è necessario che sia valo-rizzata la diversità come risorsa, come occasione di consolidamen-to della propria identità.È importante facilitare ,attraver-so il dialogo, confronti sui diversi modi di vivere, di come è organiz-zata la propria casa, quali siano i giochi, le tradizioni ... questo per favorire la conoscenza, affi nché la diversità non sia ostacolo ma pos-sibilità di conoscere e quindi supe-rare i pregiudizi.Nel corso dell’anno capita di sen-tirsi chiedere dai genitori italiani: “La presenza di alunni stranieri ral-lenta la programmazione?”Sebbene alcuni avanzino perples-sità riguardo alla presenza di stra-nieri che si teme possano condi-zionare la didattica, è necessario ribadire che la classe multietnica non è un limite, ma va vista come risorsa. Gli alunni hanno l’oppor-tunità-occasione di conoscersi, confrontarsi, capirsi. Solo dalla co-noscenza deriva l’accettazione e il rispetto.Quando arrivano stranieri che hanno compiuto i quattordici la scuola si organizza in questo modo: il ragazzo o la ragazza neo

Dialoghi di pace

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18 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

arrivato/a vengono inseriti per due settimane alla scuola Secondaria di primo grado per permettere la scelta della scuola secondaria di secondo grado. È compito degli insegnanti informare le famiglie delle diverse possibilità che il ter-ritorio off re, attraverso l’aiuto del mediatore culturale. Spesso que-sta modalità di inserimento dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado da esiti positivi, talvolta però vi sono ri-nunce da parte degli studenti che non reggono l’urto dei repentini cambiamenti. Spesso la positività delle esperienze è data anche dal-la collaborazione delle famiglie.In conclusione l’insegnante Ca-veneghi racconta una storia che è quasi una parabola per aprire ad una rifl essione mirata; è la sto-ria delle tre bambole tre bambini stranieri), la prima di vetro, la se-conda di metallo, la terza di pla-stica. Cadono (caduta metafora dell’immigrazione) su tre tipi di pavimento: sul marmo, dove la bambola di vetro si rompe, quella di metallo si ammacca e quella di plastica accusa il colpo ma non si rompe; sul legno, dove la bambola di vetro si rompe, quella di metallo e plastica più o meno se la cavano; sulla moquette, dove le bambole cadono ma non succede nulla di grave.Interviene l’educatrice del CAG (Centro di Aggregazione Giovani-le) F. Cattaneo aff ermando che le percentuali della scuola per quan-to riguarda le presenze dei ragazzi stranieri si confermano anche per il CAG.L’integrazione all’interno del CAG avviene attraverso la socializzazio-ne di esperienze comuni soprat-tutto attraverso il gioco: il calcio per i maschi e le attività laboratori ali per le femmine.Vi sono anche iniziative di carat-tere educativo come ad esempio l’aiuto per svolgere i compiti e ini-ziative laboratoriali tese ad educa-

re alla scoperta dell’altro, che non deve fare paura perché diverso da noi.Le iniziative del CAG per gli adole-scenti dai 14 ai 20 anni si svolgono la sera, per questo motivo non vi è un’alta percentuale di stranieri frequentanti durante le serate in-vernali, vi è una modesta parteci-pazione durante il periodo estivo.Dott.sa L. Zotti. La dottoressa ri-porta dati di tipo storico: circa 15 anni fa la presenza di stranieri era soprattutto di origine maghrebina mentre negli ultimi cinque anni vi è stato un aumento esponenziale di presenze di immigrati dai paesi balcanici ed il ricongiungimento familiare dei primi.Le persone con il permesso di sog-giorno possono accedere al servi-zio sanitario.La dottoressa spiega che non c’è un numero elevato di patologie particolarmente gravi. Le persone straniere, come le italiane, sono soggette a malattie acute stagio-nali come infl uenze, raff reddori, tossi ...Vi sono anche casi di infortuni sul lavoro che riguardano soprattutto i maschi. I ricongiungimenti fami-liari hanno comportato l’arrivo dei fi gli e delle mogli. I fi gli sono con-siderati una grande ricchezza e la possibilità di non averne compor-ta forti crisi familiari.Le donne si rivolgono al medico di sesso femminile soprattutto nelle fasi di gestazione, concepimento e cura dei loro fi gli (che allattano fi no a due anni).Le donne sono la parte debole delle famiglie stra-niere, sono completamente subor-dinate al marito che spesso gesti-sce tutto, anche l’aspetto sanitario delle mogli. Hanno ben compreso il sistema sanitario italiano che nei loro Paesi natali non esiste, questo comporta spesso ad atteggiamen-ti di sfruttamento della possibilità di sottoporsi ad esami anche non necessari o ad assumere medicine mutuabili senza averne una vera

necessità.Interveto di A. Casali imprenditore nel campo dell’edilizia. La caren-za di manodopera qualche anno fa ha portato all’esigenza di assu-mere operai anche extracomuni-tari. Oggi questi extracomunitari si sono specializzati nei lavori più umili che nessun italiano faceva più. Ora le nuove maestranze lavo-rano nei cantieri e collaborano con le imprese. Rifi utare gli immigrati abbasserebbe il tenore di vita! Tra i nuovi lavori svolti dagli immigra-ti c’è l’assistenza ad personam, le cosiddette badanti, i raccoglito-ri stagionali in ambito agricolo e nell’allevamento delbestiame. Chi ben lavora deve es-sere tutelato e anche lo straniero deve avere il diritto di mantenere il permesso di soggiorno.Intervento di Don Nolli. “L’uomo cerca un luogo dove stare meglio”, la carestia ha costretto all’immi-grazione in Egitto, come ci si può porre da cristiani di fronte alla problematico dell’immigrazio-ne? Come vivere la problematica dell’immigrazione in modo uma-no?Vista la situazione attuale nelle zone libiche l’immigrazione non è più sopravvivenza ma è cercare salvezza! Nel discorso di Fatima Benedetto XVI ha messo in guar-dia l’uomo dall’utilitarismo. uno stile di vita basato sulra legge del più forte, sul guadagno facile, ri-schia di modifi care il nostro modo di pensare e di agire. Anche il ve-scovo di Brescia ha recentemente ripreso questo concetto sottoline-ando il fatto che l’atteggiamento latente della società è quello di far pagare la crisi al più debole:” Quando non servi più, ti caccio!” la mentalità difensiva della società segue una spietata logica oppor-tunistica. Come uscire da questo atteggiamento? Salvaguardando i principi che ci rendono umani, usare il buon senso, usare la testa per trovare soluzioni!

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19Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

La “Giornata del migrante” festeg-gia quest’anno 91 anni dalla sua fondazione, quindi l’immigrazione non è un problema degli ultimi anni, basti pensare che nel 1969 a Francoforte c’erano 25.000 di ita-liani che abitavano nei garage e nelle soffi tte! Ma le problematiche che queste migrazioni comporta-no non hanno trovato il modo per non creare problematiche che a volte sembrano insuperabili. A ti-tolo esemplare di quanto sostenu-to don Nolli cita l’esperienza bre-sciana degli immigrati sulla gru e confessa che la fatica più grande è stata la comunicazione, l’ascoltarsi e il capirsi. La presenza poi di per-sone che hanno approfi ttato della visibilità mediatica, che ha dato l’avvenimento solo a scopo politi-co, ha reso disumano l’epilogo.Con voce forte il sacerdote sol-lecita il pubblico a porsi una do-manda: “Mi rincresce o no che così numerose persone oggi abbiano abbandonato la loro terra e sbar-chino in un altro Paese per cercare di vivere una vita migliore?” Non proviamo rincrescimento per la si-tuazione in cui si trovano, che per-sone siamo?Uno statista del 1800 scrisse: “Il mondo è come un abisso che si sta sempre più approfondendo e allargando fi no a quando non ci sarà qualcuno che si impegnerà a fare più del dovuto”.Colui che fa più del dovuto crea civiltà.Don Nolli conclude l’intervento aff ermando: “Bisogna riappro-priarsi della sensibilità per capire e condividere la soff erenza delle persone che sono ai limiti della sopravvivenza. Questa sensibilità è il punto di partenza per cercare soluzioni. Il momento è diffi cile, riconosciamolo e cerchiamo solu-zioni logiche”.

Lucia Zanetti

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20 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Con la Chiesa

Penso al prete che conosco. Lui direbbe che l’essere pre-te non è un mestiere, eppu-

re sa esserlo con mestiere. Piutto-sto direbbe che è una vocazione divina ma che, per tradurla, oc-corre una passione tutta umana. È bravo. Conosce i trucchi di questo mondo. Sa come stare in mezzo agli altri, come incuriosirli. Non è un tuttologo, ma a volte glielo ab-biamo chiesto: teologo, fi losofo, animatore, psicologo, consulente familiare e professionale, giudice, perfi no capo. Peraltro qualche suo

collega è diventato anche archi-tetto, esperto di conti. Lui no. A lui della comunità interessa poco ampliare il perimetro dei muri, semmai quello delle persone. Includere è un verbo che gli pia-ce. Certo, i muri li mette a posto, anche i “beni” vanno tenuti bene e con cura: non sono roba sua e poi sono la chiesa visibile anche questi, no? Gli piacciono le como-dità, ma non si off ende per le sco-modità: le cose di questo mondo

sono tutte provvisorie, relative. L’assoluto non lo scopre lì dentro. Semmai cura la liturgia e le paro-le: usa spesso le parole di tutti noi, ma non tutte, perché alcune peg-giorano lo sguardo. E comunque in ogni omelia ci infi la una parola esatta (o giusta o nuova), perché per far crescere le persone biso-gna anche dar loro gli strumenti.Una volta l’abbiamo visto pregare da solo. È un prete che non ha mai lasciato solo nessuno. Però sapeva che prima o poi avrebbe lasciato lui la comunità. Per questo non l’ha

Il prete che conosco

organizzata come un’impresa, non ci sono funzioni e organigrammi, ma ha incentivato l’autonomia, la nascita delle commissioni, dei gruppi e delle associazioni, che resteranno. Non le vuole a sua immagine e somiglianza, però sorveglia che non perdano mai il fi lo col Vangelo. Perché mentre i contemplativi cercano visioni di futuro e mentre i laici vivono in un eterno presente, tocca proprio ai preti cercare di riportare il futuro

e il presente alla Parola e alla tradi-zione che incarnano.Gli interessa la politica ma non il potere, gli piace plasmare più che infl uire. Forse ha questo gusto per-ché legge le biografi e di certi pre-ti (a volte anche di pretacci) che hanno condiviso le gioie e le sof-feren- ze dei loro parrocchiani. Quando una volta gli hanno detto che era un uomo di comunità, lui l’ha preso come il miglior compli-mento. Infatti ha sempre pensato che senza la comunione tra preti e laici e tra preti e preti si manca

di profezia. Questo prete, in realtà, non è un prete che esattamente conosco. È un po’ una sintesi dei molti che ho conosciuto in questa diocesi. Sono preti che benedico-no la Chiesa, nel senso che “dico-no bene” di lei, fanno parlare bene del suo nome e “per estensione” di quello del Padre. E non è sempre un dire di parole: a volte basta lo sguardo.

da “Battaglie sociali”

Preti che fanno parlare bene della Chiesa

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21Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Con la Chiesa

Il mio nome è Shahbaz Bhatti.Sono nato in una famiglia cat-tolica. Mio padre, insegnante in

pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valo-ri cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno infl uenzato la mia infanzia.Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispi-razione negli insegnamenti, nel sacrifi cio, e nella crocifi ssione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad off rire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizio-ni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricor-do un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrifi cio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese isla-mico.Mi sono state proposte alte cari-che al governo e mi è stato chie-sto di abbandonare la mia bat-taglia, ma io ho sempre rifi utato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre sta-ta la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che

I martiri di oggi: “ai piedi di Gesù”

sto seguendo Gesù Cristo.Tale de-siderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sfor-zo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrifi -cio della mia vita.Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte vol-te gli estremisti hanno desidera-to uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, fi nché avrò vita, fi no al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sof-ferente umanità, i cristiani, i biso-gnosi, i poveri.Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musul-mani colpiti dalla tragedia del ter-remoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, colti-veranno la pace e la comprensio-ne in questa regione. Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vec-chio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia

determinazione. Quando rifl etto sul fatto che Gesù Cristo ha sacri-fi cato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi».I passi che più amo della Bibbia re-citano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero fore-stiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gen-te povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.Per cui cerco sempre d’essere d’a-iuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli aff amati, agli assetati.Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro reli-gione vadano considerati innan-zitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portia-mo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergo-gna.

Shahbaz Bhatti Cristiani in Pakistan.

Nelle prove la speranza, Marcianurn Press 2008

Il testamento spirituale del ministro pakistano ucciso dai fondamentalisti

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22 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio famiglia

Un anno, dieci anni, trenta anni di vita in comune.Non esistono periodi par-

ticolari. Una coppia può, in qual-siasi momento della sua vita co-niugale, trovarsi di fronte a gravi diffi coltà. La vita in comune di-venta pesante.A poco a poco cresce il malessere...Non ci si parla più, o assai poco. Spesso, sono i fi gli a rimanere l’u-nico argomento di conversazio-ne, oppure la vita materiale, che prende un’importanza esagerata a scapito di un profondo scambio di reciproci doni. A volte, violenti litigi avvelenano la vita famigliare, per altri invece a vincere è il risen-timento, la delusione, la perdita di stima per il coniuge.E allora basta un nuovo incontro amoroso perché tutto crolli e si arrivi a una separazione dalle con-seguenze inevitabili: un enorme senso di fallimento, soff erenze dei fi gli, scioglimento della famiglia. Per far fronte alla degradazione del proprio matrimonio ci vuole molta lucidità, molto coraggio. Ri-costruirlo su nuove basi ed essere di nuovo felici è sempre possibile per coloro che vi si impegnano.

Ciò che uccide la coppia

La critica continua

Siamo tutti propensi alla critica. Soprattutto in un mondo che dà tanta importanza alla performan-ce e al successo.Chi non è conforme ai criteri vin-centi spesso è guardato con di-

sprezzo dai congiunti. E quando ci si mette il coniuge, è una rovi-na. Osservarsi a vicenda con uno sguardo malevolo è il modo più si-curo per creare una distanza che a poco a poco diventa insormonta-bile. Ne soff re anche la sessualità. L’intolleranza

Non accettare la storia dell’altro, non voler comprendere a fondo il suo modo di pensare, non amarlo per quel che ha di unico e di perso nale signifi ca rischiare gravi malin-tesi. Amarsi non vuol dire tollerare che l’altro sia diverso, ma al con-trario rallegrarsi delle sue diff e- renze.

La menzogna più grave

Esistono molti tipi di menzogna. Si può mentire su ciò che si fa, su ciò che si pensa, su ciò che si è.Certamente ognuno deve conser-vare un suo giardino segreto. Ma certe menzogne sono imperdona-bili e uccidono la fi ducia, in parti-colare quelle che portano all’infe-deltà.

La dipendenza alienante

L’alcol, la droga, le immagini por-nografi che sono terribili forme di

dipendenza. Ma si può anche ri-manere dipendenti dai propri ge-nitori, dall’ambiente sociale, dalle abitudini... La dipendenza che si instaura allontana dall’altro, di-strugge il rapporto.

L’accumulo di ferite

Spesso, sono le tante ferite che distruggono l’intimità della cop-pia: piccole frasi cattive, rancori repressi, provocazioni ripetute. Anche gli sposi che si amano si fe-riscono involontariamente. E più il dolore è profondo, più la fi ducia e l’amore sono compromessi.

Ciò che salva la coppia

La tenerezza quotidiana

Incoraggiarsi, ringraziarsi, com-plimentarsi con parole e gesti te-neri e aff ettuosi dovrebbe essere incluso nel programma di tutte le coppie! La tenerezza è inseparabi-le dall’intimità sessuale, indica che si è amati.

L’humor complice

Ridere di tutto e in primo luogo di se stessi, permette di sciogliere molti confl itti. L’humor aumenta la complicità, apre agli altri. È un elemento essenziale dei rapporti amorosi e amicali.

Una parola fi duciosa

Si devono sempre aff rontare i con-fl itti utilizzando le parole. Quelle che tranquillizzano, rimettono in sesto, riconoscono, se è il caso, il proprio errore. Parlare delle pro-

Il mio matrimonio va male

L’amore è l’unica forza in grado di trasformare un nemico in amico

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23Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

prie ferite, di ciò che fa male, senza acrimonia, senza usare il «tu» che accusa, si rivela sempre positivo.

Una sessualità vera

Il piacere sessuale condiviso è un potente fattore di intimità. Fare l’amore con piacere e semplicità è il modo più evidente di manife-stare amore al coniuge. Darsi all’al-tro, con gioia, senza star sempre a pensare che cosa si avrà in cam-bio, è un’arte.

Il perdono

Farsi del male, per una coppia è piuttosto normale. Essere capa-ci di parlarne, di perdonare o di chiedere perdono richiede molta umiltà.Perdonare non ci risulta sponta-neo, è una scelta diffi cile ma libe-ratoria, permette di andare avanti, di vedere il rapporto da un’altra prospettiva.Il perdono non è indiff erenza ver-so l’errore, né oblio, e neppure tollerare l’intollerabile. Ma è dare all’altro la capacita di cambiare.

La preghiera

Molte coppie sperimentano la for-za data da Dio nelle diffi coltà.Nella preghiera, da soli o condivi-dendola, si trova il coraggio di af-frontare, di rinnovare il dialogo. E avolte anche di cambiare! Dio viene sempre in aiuto a quelli che glielo chiedono.

Domande e risposte

La sessualità aiuta la riconcilia-

zione?

A condizione che questa riconci-liazione sia voluta da entrambi.., e che sia espressione dell’amore che unisce profondamente la coppia, oltre le diffi coltà. Spesso, si fa l’a-more per chiedersi perdono...L’atto sessuale, vissuto pienamen-te, spesso sostituisce parole diffi ci-li da dire. Molte coppie ritrovano la

serenità! Invece, rifi utarsi al coniu-ge è segno di un disaccordo che si deve risolvere al più presto!

Si devono evitare i litigi ad ogni

costo?

Le diff erenze dell’altro possono essere dolorose da vivere nel quo-tidiano. L’altro ci è insopportabile. Al punto da esplodere. I litigi rive-lano quello che non va. Bisogna evitare la violenza che distrugge, le parole che feriscono, le grida che spaventano i fi gli. Ma non ci si deve neppure tenere tutto dentro. Litigare fa parte della vita di ogni coppia, e spesso permette di an-dare avanti.

Si deve confessare un’infedeltà?

Non si deve appesantire l’altro con una verità che non può soppor-tare. Ma non dire niente signifi ca vivere nella colpa. Una terza per-sona in cui si ha fi ducia, che non ci giudicherà ma neppure sarà compiacente, può avere un ruolo essenziale.In primo luogo si spiegheranno a lei le ragioni che ci hanno spinto al fatto. Un passo di questo genere ci rassicura, ci solleva dalla parte malsana della colpa. E allora po-tranno arrivare le parole, cariche di senso, cariche di vita.

Esistono situazioni intollerabili?

Sì certamente. Esistono situazioni in cui regna la violenza, l’aggres-sione fi sica e anche morale, che non sono tollerabili e si rivelanopericolose per tutta la famiglia. Allora non bisogna esitare: si deve chiedere aiuto a un familiare o un consulente matrimoniale. Si deve evitare di chiudersi in una spirale di odio. Una coppia non è fatta per autodistruggersi. A volte, la sepa-razione è l’unica via d’uscita.

Un consulente matrimoniale,

chi è?

Può capitare che, malgrado mol-ti sforzi, la coppia sprofondi nei

confl itti. Si rende allora necessario interpellare rapidamente un con-sulente matrimoniale. Più presto si aff rontano le proprie diffi coltà, insieme, meglio le si possono su-perare.Un consulente matrimoniale non dà consigli, ma aiuta le persone a trovare la propria soluzione, il pro-prio ritmo. Il suo ruolo consiste nel far venire a galla le cose.Riceve in un luogo neutrale, per circa un’ora e segue un metodo rigoroso.Uomo o donna, è tenuto al segre-to professionale, e aiuta rispetto-samente le persone a verbalizzare problemi, delusioni, rancori.Durante le sedute si possono af-frontare la questione della sessua-lità, tutti i confl itti (gravidanze non desiderate, diffi coltà educative, al-colismo, tossicomania, violenza...) e le preoccupazioni che nascono nei rapporti. Un confl itto risolto, una crisi superata, rendono la cop-pia più solida e più propensa a go-dere pienamente della sua felicità. Non è necessario essere sposati per andare da un consulente ma-trimoniale.

CredereEdizioni San Paolo

Per saperne di piùhttp://saew.c fcital ia.org/ cfc_itaha/samagazine/indexi. jsp?idPagina=zConsultori Familiari di ispira-zione Cristiana.

http://www.consultonlus.it/ ucipemhst.htmUnione consultori italiani pre-matrimoniali e matrimoniali.

http://www.forumfamiglie.org/Forum delle associazioni fami-gliari.

Spazio famiglia

Page 24: Bollettino Parrocchiale giugno agosto 2011

24 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio missioni

Castrezzato ha la fortuna di avere attualmente due Pa-dri Missionari: Padre Matteo

Fogliata (che svolge il suo apo-stolato in Polonia) e Padre Sergio Targa (che si trova in Bangladesh) e di aver avuto nel passato altri

missionari che hanno dedicato la loro vita ai più deboli; tra tutti ri-cordiamo suor Teresina Sala scom-parsa due anni fa, mentre svolge-va il suo servizio in mezzo ai poveri in Costa d’Avorio. Inoltre abbiamo stretto un forte legame anche con

Mons. Lorenzo Voltolini, arcivescovo di Portoviejo

Un bresciano in Ecuador

Mons. Lorenzo Voltolini, Arcive-scovo di Portoviejo in Equador.Vorremmo in questo angolo par-larvi un po’ di loro, di dove opera-no, della gente con cui vivono.Approfi ttando della recente vi-sita di Mons. Voltolini, il quale ha celebrato la messa vespertina di domenica 22 maggio, inizieremo a parlarvi proprio di lui.Lorenzo Voltolini Esti, originario di Poncarale (BS), è compagno di messa e profondo amico del no-stro parroco Don Mario Stoppani, è stato nominato dal Papa Bene-detto XVI arcivescovo della diocesi di Portoviejo (Manabì) in Ecuador, dopo una lunga esperienza come missionario “Fidei donum” in terra Ecuadoregna.In questa diocesi vi è anche il “Se-minario Mayor San Pedro”, una casa di formazione per sacerdoti diocesani al servizio della Chiesa, del quale Mons. Voltolini è Re-sponsabile. Qui i giovani prove-nienti da tutto l’Ecuador vengono formati per servire il Signore. Oltre ad una formazione religiosa, im-parano anche un mestiere: sarà loro d’aiuto per svolgere l’opera di apostolato e di formazione (inse-gnando a loro volta un mestiere ai propri parrocchiani), ma servirà anche per potersi mantenere una volta usciti dal seminario.Durante la sua visita ci ha fatto dono di un pieghevole di cui ripor-tiamo la preghiera per la famiglia.

E. B. Gruppo missionario di Castrezzato

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25Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Spazio missioni

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26 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio missioni

Due missionari comboniani, i fratelli P. Alberto e P. Rena-to – ci scrivono queste due

lettere per informarci sui proble-mi concreti della vita missionaria oggi. P. Renato era di casa qui da noi, perché Don Giovanni invitava spesso i Comboniani in Parrocchia per il Ministero. Soprattutto la let-tera di P. Alberto ci dà il clima so-ciale che si respira in Egitto dopo i moti scoppiati negli ultimi mesi, che hanno causato importanti cambiamenti a livello sociale e po-litico come in molti paesi dell’Afri-ca del Nord.

Questa mattina avrei voluto anch’io ripartire per l’Africa con Alberto dalla Malpen-

sa !?!?So che le missioni con i suoi pro-blemi, sono ovunque...Prima di ripartire Alberto mi ha la-sciato questa lettera :“.....il dono della vocazione al suo servizio é incommensurabile e stupendo, qualunque sia il modo in cui il Signore vuole manifestarsi: Ringraziamo insieme il Signore! So che il Tuo cuore batte anco-ra all’unisono con le pulsazioni dell’Africa...Quello che Ti chiede il Signore é il sapersi abbandonare alla sua volontà, con il metterti al servi-zio alla Comunità a cui sei asse-gnato....” Brescia “Quando uno fa quello che può e dice quello che sa é un uomo da rispettà” (diceva

la mamma).Purtroppo in Congo ho promesso di aiutare studenti capaci, e alcuni maestri (Adozione Maestri ) .... per-chè so che : “solo nella vita si trova la libertà“ ( Gesù )“salvare l’ Africa con l’Africa” (Cam-boni) So che attualmente nel “Nord Afri-ca“ le cose non vanno tanto bene... Inoltre c’é il Giappone... con le ra-diazioni atomiche...Ma so che Cristo, l’ Unico che é ri-sorto, Egli può vincere tutto!Ha vinto anche la morte!

Augurissimi di ogni bene!! Con amicizia e riconoscenza.

Padre Renato Modonesi

Carissimi,eccomi fi nalmente nel nuo-vo mondo dell’Egitto che

sta scrivendo una nuova pagina della sua storia plurimillenaria.Tutto sembra calmo ora, dopo il 25 gennaio 2011, giorno della rivolu-zione dei giovani della massa di gente di tutti i colori politici e di tutte le tendenze religiose; giova-ni universitari soprattutto assetati di libertà e di giustizia. Dei turi-sti non si vede neppure l’ombra e neppure i poliziotti hanno azzar-dato farsi vedere nelle strade, con-sapevoli di aver puntato le armi contro gente inerme. Le vittime di quei giorni sono 300 all’incirca.

Ora é in corso un lento processo di democratizzazione che richie-derà un lungo periodo di immen-sa saggezza.Le sfi de che l’Egitto attualmente deve aff rontare sono principal-mente 3 :La prima é la contro-rivoluzioe sopportata dal vecchio regime e da una larga fetta della borghe-sia che navigava nella corruzione. Gruppo che lavora nell’ombra die-tro le quinte. La seconda é l’emergere di piccoli clan di bande criminali che metto-no a rischio l’incolumità delle per-sone e le proprietà dei cittadini .La terza é il rapporto tra mussul-mani ( 90%) e i cristiani (10%) che può cementare l’unità nazionale o al contrario rinfocolare inimicizie secolari e condurre il paese nel caos.

La nostra presenza deve aiutare la riconciliazione e la giustizia basata sulla dignità e i diritti della perso-na, qualunque sia la sua affi liazio-ne politica o religiosa.

E’ qui che sono ora e questo é il mio campo di lavoro. Vi chiedo d’essermi ancora vicini, come lo siete sempre stati nei lunghi anni trascorsi in Sudan, che mi ha inse-gnato molto.Pregate per me – Vi ricordo sem-pre nell’Eucarestia .

Padre Alberto ModonesiIl Cairo 10-03-2011

I fratelli Modonesi scrivono alla comunità

Due fratelli missionari in Africa

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27Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

È proprio da questo slogan che vorrei partire per off rir-vi una rifl essione sulla realtà

dell’Azione Cattolica parrocchiale, che sto guidando come presiden-te, visto il mandato che mi è stato affi dato dai membri dell’AC par-rocchiale in seguito alle elezioni del 28 Gennaio 2011.Non nascondo che il mio ruolo è un compito senz’altro più gran-de di me e, devo dire questo mi preoccupa e spaventa un po’. L’A-zione Cattolica non è un luogo in cui chi si prende una responsa-bilità è lasciato solo a se stesso,è una realtà di persone nella quale assumere un incarico signifi ca continuare un cammino di corre-sponsabilità, off rendo un servizio in collaborazione con un gruppo affi atato. È con questo spirito di condivisione che essendo consa-pevole dei miei limiti e non com-petenze in certe situazioni, mi ha portato ad accettare dando la mia disponibilità,superando dubbi o incertezze. Nella comunità l’azio-ne cattolica ha sempre avuto un buon percorso di rinnovo e atten-zione al mondo che ci circonda,un itinerario che per qualcuno è sta-to rapido e immediato (sempre e comunque apprezzato), per altri si sta rivelando più impegnativo e laborioso, ma che per tutti rap-presenta certamente una sfi da per dire quanto può essere signi-fi cativa l’esperienza dell’azione cattolica per far conoscere il vol-to di Cristo agli uomini del no-stro tempo. Ci troviamo di fronte

ad un Dio che nel momento in cui genera alla vita,e alla vita pie-na della Risurrezione ci chiede di abbandonare tutto ciò che è pas-sato e di aprirci con occhi nuovi, innanzi tutto alle persone che ci stanno attorno, superando paure, abitudini,pigrizie. È questo lo stile che abbiamo scelto nella nostra assemblea diocesana,assumendo come impegno esplicito nei con-tenuti del Documento Assemble-are: accogliere, discernere, par-

tecipare, sono ormai azioni che richiedono di uscire da se, dalla mentalità comune,dalle abitudini consolidate,dagli ambienti fami-gliari, dai linguaggi esclusivi, dalle certezze e dalla conoscenza delle cose che si fanno da sempre, per aprirsi al dialogo, all’ascolto, alla creatività che permettano di im-maginare percorsi costruiti con altri “uomini di buona volontà” a partire da valori comuni e condi-visi, innanzitutto dalla centralità dell’uomo, per farsi compagni di strada e testimoniare con auten-ticità che il Cristo ha ancora una Buona notizia da annunciare.

Dal Documento assembleare: “Re-sponsabili nella creatività, acco-gliere, discernere, partecipare”.Il momento sociale, civile ed eccle-siale in cui viviamo richiede sem-pre più una testimonianza creden-te in grado di dare un signifi cato alla vita.La crisi che in questi ultimi anni ha colpito il mondo e continua a condizionare le persone non toc-

ca solo l’ambito economico,ma investe tutta l’esistenza degli uo-mini. Questa situazione dimostra una scarsa capacità di guardare al futuro con fi ducia facendo sì che l’uomo sembra avere smarrito la fi ducia in se stesso e nelle proprie capacità.Di fronte a questo quadro l’Azio-ne Cattolica ribadisce l’impor-tanza come associazione di laici cristiani,di portare il proprio con-tributo per essere “cittadini degni del vangelo”(Fil.1,27).Alla luce del cammino percorso a partire della XIIIma Assemblea riteniamo essenziale ribadire la centralità della scelta Missionaria quale elemento caratterizzante il cammino associativo dell’AC : l’incontro col Risorto e l’Annuncio della speranza Cristiana sono da rimettere costantemente al centro come riferimento.C’è bisogno di rimarcare uno sti-le, scandito da una progettazio-ne e azione, che permetta alla Chiesa Bresciana di essere”Sale e Luce”,fermento nella società: non bastano le dichiarazioni e i richia-mi ai valori cristiani,ma occorrono testimoni autentici e credibili.L’AC non deve commettere di chiudersi in esperienze di nicchia, d’elìte; al contrario,concretamente con la propria tradizione e fe-dele al mandato di Cristo agli Apostoli,deve rivolgere la propria attenzione ad una dimensione che racconti un forte radicamen-to nel Vangelo. Siamo dunque chiamati ad un rinnovato impe-

Un percorso da continuare

Rifl essioni sulla realtà dell’Azione Cattolica

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28 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

gno missionario nella fedeltà del Vangelo e all’uomo. Vivere l’AC è dare l’esempio di un cammino di santità laicale con alcune caratte-ristiche ben precise:SPIRITUALITA’ :bisogna coltivare la vita interio-re mettendo al centro l’adesione a Cristo,incontrarlo facendo di quest’esperienza il motore che guida le nostre scelte i nostri per-corsi. Indispensabile quindi fi n dall’età dei giovanissimi si educhi-no gli associati ad elaborare una regola di vita che defi nisca i modi e i tempi di questa adesione per-sonale (cfr. Progetto Formativo AC, pag. 61-63). Formazione: -”educare alla vita

cristiana del VG”- (Orientamenti pastorali dei nostri vescovi per il decennio 2010-2020), si ribadisce l’importanza di continuare a so-stenere la formazione seria e co-stante che l’AC propone nei suoi cammini ordinari volti alla crescita di conoscenze laicali mature da un punto di vista cristiano e piena-mente umano. Vita associativa: avere la possibilità di ricoprire inca-richi di responsabilità do-vrebbe dunque essere un’oppor-tunità vissuta con entusiasmo, consapevolezza e disponibilità pie-na. Aderire all’AC è una scelta seria e responsabile,caratterizzata dalla vivacità dei gruppi espressione della gioia di appartenere,insieme, a Cristo e al mondo. Il nostro con-tributo alla chiesa e alla società civile nei luoghi in cui siamo e scegliamo di essere, diviene dav-vero incisivo se frutto dell’unita-rietà dei ragazzi,della creatività dei giovani, dell’esperienza degli adulti e dalla vicinanza degli as-sistenti. LO STILE: lo stile che vo-gliamo esprimere si racchiude in tre azioni : accogliere, discernere, partecipare. Sono dimensioni che ci impegnano personalmente nei rapporti di ogni giorno,ma anche associativamente,nella forma e nei modi che ciascuna associa-

zione è chiamata ad individuare come priorità. Accogliere in una realtà solcata da povertà e fragilità spirituali e ma-teriali si fatica a deporre armi per trovare spazi di dialogo e incon-tro, lo stile dell’ascolto e dell’acco-glienza appare come un’oasi in cui la vita delle persone può ritornare a fl uire. È lo stile di Gesù che si fa ultimo con gli ultimi,off rendo la disponibilità ad ascoltare i bisogni e a condividere in maniera auten-tica l’esistenza. Vogliamo farci imi-tatori di questo stile che manifesta nel calore della relazione e nel co-raggio di aprire i nostri gruppi ed associazioni verso l’esterno colla-borando anche con le diverse re-altà educative. Discernere accogliere non signifi -ca assecondare tutto ciò che acca-de attorno. L’accoglienza che vo-gliamo vivere intende tradursi in un cammino condiviso di discer-nimento della realtà, per rispon-dere alla “necessità di pensare,aprire,produrre,suggerire e praticare un cambiamento di stile persona-le ecclesiale e sociale”(Sentieri di speranza, pag. 228). Questo pro-cesso di discernimento scandito dalla Parola di Dio,potrà realizzar-si in un percorso comunitario che giunga alla progettazione di pos-sibili itinerari di vita e di fede,da af-frontare con coraggio, col rischio anche di sbagliare. Partecipare la fedeltà alla storia ci chiede di essere protagonisti nella costruzione di un futuro ca-pace di riconoscere la dignità di ogni uomo. Personalmente come nuovo presidente dell’AC vorrei semplicemente accettare la sfi da della scelta missionari che abbia-mo rinnovato con l’ultima assem-blea diocesana sapendo che que-sta strada impegnativa richiede radici spirituali profonde, per non smarrire l’orientamento a fi anco al coraggio di esporsi,sporcarsi,di ac-cettare l’imperfezione o il rischio di fallire,giocandoci con tutta la

passione che abbiamo per pro-gettare e costruire con creatività e speranza,assieme a tutti gli “uomi-ni di buona volontà”, un futuro per il nostro mondo, la nostra diocesi. È una buona premessa per conti-nuare questo percorso: se ci fer-massimo a pensare i nostri mezzi e le fatiche compiute nel tempo,da noi e da chi ci ha preceduto,forse rinunceremmo. Possiamo solo af-fi darci allo Spirito Santo ed in caso rimanere uniti e generare unità. Questo, credo,è il segno che pos-siamo dare al mondo oggi:una testimonianza viva della nostra fede in Cristo pronti a costruire ponti di dialogo e confronto. Non resta quindi che rimboccarci le maniche, tutti assieme,prendere in mano da subito il mandato del-la XIV assemblea per tradurlo in concreto. Auguro a tutti noi che siano tre anni intensi di relazioni signifi cative e di dialoghi nuovi e costruiti con coraggio. Non è più il momento di attendere, lascian-do operare lo Spirito per uscire dal cenacolo delle nostre comuni-tà e riallacciare un dialogo vero e profondo con chi ci vive a fi anco. Questa è la nostra scelta: il cam-mino è già iniziato continuiamolo assieme, con sorriso accogliente e passo deciso. Ricordo a tutti i responsabili,educatori e assisten-ti che se anche le vacanze sono ormai alle porte i nostri appunta-menti del giovedì non ci lasciano mai. Quindi vi aspetto sempre per continuare il nostro “Percorso”... e continuare il nostro cammino con nuove speranze,desiderio di giocare le nostre energie per realizzare il programma che ab-biamo scelto. Chiedo al Signore e alla Vergine Maria di sostenerci in questo percorso,affi do alla vostra preghiera e al vostro supporto la buona riuscita di quel che faremo. Buon lavoro a tutti.

La presidente dell’AC parrocchialeMirta Festa

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29Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

Eccoci qua giunti alla fi ne di un cammino associativo per-corso accanto a nostri ragaz-

zi che ci sono stati affi dati, ”ciò che conta di più”, non è tanto l’espe-rienza di tempo che abbiamo ma-turato al servizio dei nostri ragazzi, ma il modo che ognuno di noi ha scelto di stare accanto a loro, con la consapevolezza di aver cercato di aiutarli ad entrare in una relazio-ne bella e profonda con Cristo. In questo percorso noi educatori che abbiamo vissuto in compagnia dei nostri ragazzi ci ha visto tutti de-siderosi di incontrare Cristo nella nostra vita e di ravvivare il nostro rapporto con Lui. Ci siamo lascia-ti accompagnare dal suo amore, ascoltando la voce dello Spirito correndo con gioia verso il Signo-re (anche se qualche volta siamo caduti nelle pigrizia) perché “tut-

to calcolato”... Lui ci ama ci vuo-le rendere veramente felici,vuol rendere la nostra vita davvero speciale. Ci lascia liberi di vivere e ricercare con entusiasmo il suo progetto d’amore per noi e per la Chiesa. In questo anno associativo come educatori abbiamo avuto la responsabilità di aiutare i nostri ra-gazzi a sentirsi parte di un popolo in cammino,di gustare la bellezza di vivere in una comunità che ac-colga ,e ogni giorno ricerca il bello e il vero della vita di ringraziare il Padre per la compagnia di quanti condividono questo percorso di scoperta e di fraternità. ”Ciò che conta di più”, vuole dire che cia-scuno nella sua originalità ed uni-tà conta, ha un posto privilegiato nel cuore di Dio; vuole esprimere

l’impegno di tutti i bambini e i ra-gazzi a scoprire, scegliere e met-tersi ogni giorno in cammino per ritrovare ciò che conta di più nella loro vita,tutto ciò che è essenziale, tutto ciò che aiuta ciascuno a cre-scere. Il cammino di quest’anno è diventato così un’occasione per-ché ciascuno possa dire: “tu conti nella mia vita,tu sei una persona speciale per me,solo tu puoi do-narmi la gioia di vivere in pienezza i miei giorni ed essere nel mondo testimone di speranza”. Il nostro servizio educativo è un ‘esperien-za che esprime tutta l’attenzione educativa di tutta l’associazione; ecco perché, come educatori, pos-siamo sperimentare la bellezza di un cammino fatto in compagnia di altri educatori, in cui sentirci invia-ti ad annunciare il Vangelo ai più piccoli insieme, come comunità e non come singoli. Abbiamo sapu-to desiderare fortemente di cam-minare dietro a Dio, riuscendo a testimoniare (perdonateci se non siamo riusciti a dimostrarvelo fi no in fondo) ai ragazzi che vivere e seguire Cristo oggi è possibile, an-che in questo tempo che ci sem-bra, per certi versi, così complica-to.” Il passaggio a una fede sempre più personale nel Dio di Gesù Cri-sto non consiste nell’assenso solo intellettuale a una serie di verità astratte, ma nell’adesione intima, esistenziale fatta nella libertà e nell’amore, personale che chiama a vivere con sè. Questa è l’espe-rienza dei primi discepoli; è quella dei santi di ogni tempo; questa è la conversione, l’allargamento di orizzonti che permette di colloca-

re l’esistenza dentro un disegno più grande e cambia lo sguardo: un evento che ha in sè qualcosa dell’innamoramento (Progetto Educativo ac,5.1). Quest’anno è stata: Conto anch’io? È una do-manda che esprime il desiderio di ciascuno di contare nella vita del gruppo della comunità ecclesiale e civile, nello stesso tempo ha sa-puto evidenziare i dubbi e le paure che ha accompagnato il loro per-corso di crescita. Abbiamo guar-dato i nostri ragazzi capaci di im-maginare ciò che è bello e buono per loro,per la propria comunità e per la città in cui vivono,ma anche alla necessità di aiutarli a dare con-cretezza alle loro idee. Abbiamo capito che ciascuno di loro può fare il bene di tutti,che sono capa-ci di mettersi in gioco fi no in fondo dando spazio alla loro creatività. Crediamo in loro, e ci piace pensa-re che questo cammino li accom-pagni e conduca ciascun ragazzo e bambino a maturare scelte con-sapevoli di servizio autentico,a impegnarsi in prima persona a testimoniare al mondo la bellezza di contare prima di tutto nel cuore di Dio, a vivere la compagnia del Signore Gesù, certi che nella loro vita solo Lui è colui che conta di più e con lui e in lui ogni ragazzo può davvero imparare a contare!

Le responsabili dell’ACR parrocchialeElisa Lancini e Giulia Lupatini

Il cammino dell’ACR: “tutto calcolato”

Bilancio di fi ne anno

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30 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

Lunedi 6 giugno, nel salone dell’Oratorio si è svolta la verifi ca dell’anno pastorale

per chi si occupa nella nostra par-rocchia della trasmissione della fede . Per confrontarci e prendere spunto, abbiamo letto la lettera di Mons. Dante Lafranchi Vescovo di Cremona, dal titolo “Gesù fi gura esemplare dell’educatore”.I catechisti degli adulti hanno ri-fl ettuto proprio su quest’ultima:Gesù il vero educatore, il suo inse-gnamento non lo valuta secondo i numeri più o meno grandi di chi li accetta, ma dalla fede assoluta alla parola del Padre; perciò non va considerato fallimento quan-do i ragazzi/adulti/bambini non ci ascoltano, o non mettono in prati-ca ciò che abbiamo loro insegna-to, ma quando non hanno annun-ciatori fedeli alla sua Parola. Perciò lo scoraggiamento non ha più motivo di esserci, anche se i con-ti non tornano, perché cerchiamo sempre la “Fedeltà a Lui”.I catechisti degli adulti sono sod-disfatti della frequenza e parte-cipazione attiva dei genitori che stanno aff rontando il nuovo cam-mino di Catechesi.Per quanto riguarda gli altri grup-pi, la voce comune è di grande soddisfazione per il lavoro svolto e portato a termine con i bambi-ni ed i ragazzi; mentre altrettanto frequente in diversi gruppi è la poca partecipazione dei genitori alla S. Messa della domenica.Sappiamo tutti quanto sia impor-

tante che i bambini ed i ragazzi abbiamo delle fi gure positive da seguire e con cui confrontarsi, in più risulta diffi cile insegnare e farsi rispettare, se non si dà per primi il buon esempio; quindi con umiltà e senza voler insegnare nulla, ci piacerebbe capire come e dove possiamo migliorare, per rende-re alcuni genitori più partecipi. E’ stato suggerito da Mons. Ma-rio di preparare un test con varie domande (che naturalmente sarà compilato anonimamente). Un piccolo gesto che per noi diven-terebbe un prezioso strumento di lavoro per l’anno nuovo che ci aspetta.Il gruppo Emmaus (Ordinario e Acr) che conclude per la prima vol-ta nella nostra Parrocchia il quinto

anno del nuovo cammino di ini-ziazione Cristiana, ha terminato in modo positivo ed i ragazzi hanno acquisito l’importanza ed il valore del “Silenzio”, che porta ad un in-contro personale e speciale con Gesù. Un ringraziamento partico-lare va a tutte le mamme di que-sto gruppo, che hanno collabora-to attivamente e con entusiasmo, all’insegnamento del catechismo.

Concludiamo ringraziando e au-gurando una buona estate a tutti.

I catechisti dei bambini e dei ragazzi, Gli educatori di AC

I catechisti degli adulti

Un altro anno di trasmissione della fede si è concluso. Facciamo il punto.

Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Fontò Maria Paola, il 14 marzo 2011, dopo un percorso di studi universitari durato cinque anni, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, con una votazione di 97/110.

Alla dottoressa Fontò i nostri complimenti e l’augurio che possa aver assaporato nel successo scolastico solo la prima delle gran-di gioie che la vita ci può regalare.

Bilancio positivo per i catechisti

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31Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

All’interno della famiglia dell’ A.C. vive anche il gruppo dei giovani e giovanissimi

dell’ A.C.G. che copre le fascie di età tra i 12 e i 18 anni ma che at-tualmente è composto anche da ragazzi che hanno superato que-sta “soglia”.Cosa facciamo in questo gruppo? Semplice, cerchiamo di portare avanti il fi ne dell’associazione (che è quello di far conoscere Cristo) attraverso l’azione pastorale all’in-terno della comunità .Bello…ma in concreto?Ci incontriamo la domenica sera intorno alle 18.00 con cadenza solitamente quindicinale e aff ron-tiamo alcuni temi che riguardano direttamente il mondo degli ado-lescenti e dei giovani, con attività pensate non solo per rifl ettere, ma anche per sperimentare! e so-litamente con un taglio il più pos-sibile “accattivante” in modo che i ragazzi possano vivere esperienze intense ma non “pallose”.Negli ultimi anni alcuni di questi momenti hanno sicuramente la-sciato il segno, come l’incontro con i giovani della comunità Sha-lom di Palazzolo o il racconto della propria esperienza personale da parte di persone che vivono quo-tidianamente la realtà giovanile in ambiti anche molto diversi (cito ad esempio gli incontri che abbiamo organizzato con una ginecologa obiettrice di coscienza piuttosto che con il chitarrista di Ligabue o recentemente con alcune asso-

ciazioni che operano nel sociale all’interno del nostro paese).A volte ci mettiamo davvero in gioco! Molti ricorderanno la gara di kart che abbiamo organizzato all’autodromo sul tema della fi du-cia nelle proprie capacità.Sì, i temi, ma chi li decide?Normalmente cerchiamo di segui-re le indicazioni dei sussidi pro-posti dalla diocesi, ma spesso cer-chiamo di seguire le esigenze dei ragazzi e strutturiamo gli incontri su temi che li interessano.È un lavoro di “equipe” che fac-ciamo all’inizio dell’anno in modo da poter pianifi -care per tempo anche gli incontri con i nostri ospiti.In qualche occa-sione usiamo an-che il fi lm come spunto di rifl essio-ne ed è incredibile quante sfumature i nostri ragazzi ri-escono a tirar fuori da una pellicola (ad es. “Juno” sul tema dell’aborto o “Si può fare”con C. Bisio sul tema del “fare qualcosa per gli altri”).Dedichiamo sem-pre un posto alla preghiera, anche questa vissuta con tempi e modalità

Azione Cattolica Giovani: la voglia di mettersi in gioco!

diverse ma con la consapevolezza che l’aspetto spirituale è impor-tante e va coltivato.Il vivere insieme un pezzo di cam-mino è alla base del nostro grup-po e lo sperimentiamo anche alla fi ne dell’incontro quando cenia-mo grazie anche al lavoro genero-so di Aldina, Antonella e Angelo: è un momento semplice ma trova anch’esso il suo ruolo formativo all’interno delle attività.

Il responsabile dell’ACG parrocchialeMarco Piscioli

Le attività di giovani e giovanissimi

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32 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spazio oratorio

Dopo il rinnovo degli inca-richi e la nomina del Presi-dente parrocchiale di Azio-

ne Cattolica avvenuta nel Gennaio 2011, gli Educatori e gli incaricati di settore, unitamente al Presiden-te, sottoscrivono le presenti linee guida per il prossimo triennio.Fare riferimento costante allo Statuto di AC in vigore, in colle-gamento vitale con la Diocesi di Brescia.All’inizio di ogni anno pastorale, stilare un calendario delle riunioni del Consiglio Parrocchiale di A.C., in cui partecipa anche l’Assisten-te ecclesiastico (Parroco o Vicario parrocchiale).Il calendario di massima delle at-tività pastorali di AC e delle tappe formative, va fi ssato entro la fi ne dell’estate e comunque prima

dell’inizio delle attività dell’anno pastorale a Settembre. Alla stesu-ra di questo calendario partecipa anche il Direttore dell’Oratorio, cui spetta il compito di armonizzare le attività di AC con tutte le altre attività formative, educative ed aggregative dell’Oratorio.L’Ordine del giorno delle Riunioni del Consiglio Parrocchiale di A.C., vengono stese in comune accordo dal Presidente, dai responsabili di settore e con l’Assistente Ecclesia-stico, in un ragionevole spazio di tempo precedente la convocazio-ne del Consiglio stesso, per poter poi dare comunicazione scritta per tempo dell’ordine del giorno a tutti i membri che ne fanno parte.Ogni seduta del Consiglio Parroc-chiale di AC deve essere verbaliz-zata e fi rmata dal Presidente.

Rinnovo del Presidente e degli incarichi in A.C.

Il reperimento e la scelta degli educatori di AC deve essere af-frontata all’interno del Consiglio Parrocchiale di A.C.

Firme per approvazione

Stoppani mons. Mario (Parroco)Chiecca don Claudio (Vicario Par-rocchiale) Festa Mirta (Presidente)Lancini Elisa (Resp. A.C.R.)Lupatini Giulia (aiuto Resp. A.C.R.) Piscioli Marco (Resp. A.C.G.)Zerbini Mara (Resp. A.C. Adulti)Danesi Stefania (Segretaria)Vescovi Maria LuisaSaronni SimonaRoncali ManuelaZotti DamianaBosetti Andrea

Le linee guida dei nuovi incaricati

Donato alla Parrocchia un Ostensorio d’argentoMons. Vittorio e la sorella Laura hanno fatto dono alla Chiesa Par-rocchiale di un pregevole ostensorio in argento del secolo XIX in memoria dei loro cari genitori Antonio Formenti e Giuseppina Martini.

Li ringraziamo sentitamente.

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Vita in parrocchia

Verbale del Consiglio Pastorale Parrocchiale

Dalla riunione del C.P.P. del 6 maggio 2011

Il CPP della Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Castrezzato si è riunito in data 6 maggio 2011

alle ore 21,00 presso i locali dell’O-ratorio per impostare un’effi cace azione di pastorale famigliare in Parrocchia.Ad animare l’incontro è stato in-vitato il Responsabile diocesano della Pastorale famigliare Don Giorgio Comini allo scopo di aiuta-re ad avviare una corretta azione pastorale in uno dei settori più de-licati e urgenti della vita cristiana.Sono presentiil Parroco, Mons, Mario Stoppani, nella sua qualità di Presidente del Consiglio Pastorale Parrocchiale, introduce la discussione ricor-dando che compito della Chiesa è annunciare il Vangelo e che, oggi più di ieri, si sente la necessità di annunciare il Vangelo in famiglia. Una delle fi nalità del nuovo CPP è proprio quella della pastorale familiare. Il disagio delle famiglie, da una parte. e l’armonia delle stesse, dall’altra, non sono frut-to di un caso, ma hanno molto a che fare con l’accoglienza che le famiglie riservano al messaggio evangelico. Don Giorgio Comini, anche grazie alla sua pluriennale esperienza di responsabile della Pastorale familiare per la Diocesi di Brescia, servirà a dare idee per impostare anche nella nostra co-munità parrocchiale un’effi cace azione in quest’ambito.Detto questo, Don Mario Stoppa-

ni cede la parola a Don Comini, il quale richiama brevemente la re-cente beatifi cazione di Giovanni Paolo II per far notare come i mass media abbiano dato grande risal-to a molti dei temi a lui cari, trala-sciando quello della pastorale fa-miliare - amore di Dio nell’amore umano - che ha invece connotato i primi cinque anni del suo ponti-fi cato. E’ da chiedersi il motivo di tale omissione. Pare quasi esservi una pratica eretica della religione cristiana: il cristianesimo è sentito o no? è sentito o no il bisogno di conoscere pienamente il messag-gio cristiano? E, infi ne, è sentito o no il bisogno di vivere piena-mente il messaggio cristiano? La Chiesa deve contribuire a genera-re Gesù Cristo in parole ed opere, incarnandolo. “Convertitevi e cre-dete al Vangelo” deve diventare un messaggio da riscoprire e da vivere. La battaglia da farsi oggi è la nuova evangelizzazione fatta di testimonianza e di perseveranza; la battaglia deve avere come sco-po portare l’umanità ad incontra-re Cristo sapendo che è l’incontro con Cristo che genera delle scelte di vita e quindi delle “regole”. Cri-sto viene prima di ogni regola ed è Cristo che genera in noi le regole. E’ sbagliato presentare il cristiane-simo come un elenco di precetti a cui attenersi. La Pastorale familiare è presente nella Chiesa a due livelli:in primo luogo, tutta la Chiesa nella sua azione pastorale inter-

cetta sempre come famiglia tutti i fedeli, sia quelli viventi sulla Terra che quelli defunti. Nella sua pri-ma enciclica (Redemptor hominis del 4 marzo 1979) Giovanni Paolo II spiega che nessun uomo può vivere senza amore, senza amore l’uomo non può sussistere, perde ogni suo signifi cato;in secondo luogo, vi è un livel-lo più specifi co di preparazione alla vocazione matrimoniale; tale ambito è in realtà molto ampio: parte dall’educazione dei fanciul-li e adolescenti, per off rire poi un contributo ai giovani che vivono le prime esperienze di coppia, alle coppie in procinto di sposarsi, alle coppie consolidate, alle famiglie che vivono il problema della vedo-vanza, agli uomini e donne divor-ziati (soli o inseriti in nuovi gruppi familiari), alle coppie che vivono l’esperienza della nascita di un fi -glio, alle coppie che vivono il peso della perdita di un bimbo nato o, magari, non nato.Come si vede, questo secondo li-vello ha uno spettro molto ampio e rischia, quindi, di far perdere effi cacia a chi tentasse di approc-ciarlo senza una guida. Allo scopo di evitare tale rischio, dal 1993, è stato pubblicato un Direttorio di Pastorale Familiare che Don Co-mini dona gentilmente al Parroco, Don Mario Stoppani, affi nché lo possa utilizzare nella Commissio-ne parrocchiale per la pastorale familiare.

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39Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

L’incontro di oggi verte essenzial-mente su questo secondo livello, ossia sugli interventi specifi ci che si possono mettere in atto affi n-ché Gesù Cristo abiti nelle famiglie di Castrezzato.La casa è il luogo prescelto da Dio per la rivelazione nel Nuovo Testa-mento. Dio ha rinunciato a tutto pur di incarnarsi, tranne che alla famiglia. Dio parla sempre tramite la coppia: quando crea l’uomo lo chiama Adam (il maschile di ada-ma, polvere) e quando crea la don-na la chiama Ishel (il femminile di uomo, Ish). La pastorale familiare oggi non può e non deve essere una pastorale di mantenimen-to, ma - al contrario - deve essere una pastorale di punta. Occorre cioè interrogarsi se stiamo annun-ciando il Vangelo della famiglia oppure no. E’ necessario mettersi in discussione. La prospettiva cri-stiana è di educare all’amore della persona nel suo complesso, facen-do comprendere che la sessualità non ne è che una conseguenza. Occorre trasmettere la bellezza della proposta cristiana. Per fare ciò, è necessario - prima di tutto - che coloro che propongono l’an-nuncio si convertano al messag-gio evangelico.Nel vasto panorama della Pastora-le familiare che abbiamo chiama-to di secondo livello, la Diocesi di Brescia ha fatto le seguenti scelte preferenziali:a) Mondo dei fi danzati, che par-

te dalla preparazione remota all’amore sponsale (remota perché si parte dal catechismo dei fanciulli), passando alla pre-parazione al matrimonio dei ragazzi che cominciano a vive-re le prime relazioni, arrivando infi ne alla preparazione imme-diata di coloro che hanno de-ciso di sposarsi cristianamente. Lo scopo di tale preparazione è quella di riattivare o di ravviva-re il legame con Cristo.

b) Mondo delle giovani coppie di

sposi: per cercare di prevenire il problema delle separazioni e dei divorzi, anziché tentare di curarlo (occorre sapere che le statistiche italiane mostra-no che la separazione avviene mediamente al 13° anno e che il divorzio avviene mediamen-te al 17° anno: spesso in questi casi non ci si risposa, ma si con-vive).

c) Mondo delle coppie diffi cili (convivenze, vedovanza, ma-trimoni che stanno in piedi con molta diffi coltà) o irregolari (rispetto al matrimonio sacra-mentale); nell’ambito del pro-blema della vedovanza, Don Comini fa presente che oggi si preferisce parlare di “famiglie vedove” e a chi fosse interessa-to ad approfondire il tema pro-pone la lettura del testo “Fami-glie ancora” (Ed. Paoline).

d) Mondo dei minori (bambini e ragazzi): ci siamo abituati, pur-troppo, anche agli aborti sia cimici che chimici; in quest’am-bito della Pastorale familiare si ridà dignità ai bambini mai nati (anche a quelli persi per cau-se naturali) oltre che mostrare il dono immenso dell’affi do e dell’adozione; Don Comini ri-corda che i bambini in attesa di affi do nella diocesi di Brescia sono circa 670: di questi solo la metà ha potuto trovare acco-glienza in una famiglia affi da-taria.

Precisati gli ambiti di azione, oc-corre chiedersi che cosa si possa fare in concreto. Don Comini pro-pone tre tracce:1) Meditare su come possa essere

ribaltata la nostra vita affi nché porti alla santità l’intera comu-nità;

2) Comprendere al meglio i quat-tro ambiti preferenziali scelti dalla nostra Diocesi: a questo scopo la commissione per la famiglia potrebbe dedicare un anno del suo mandato allo

studio approfondito del Diret-torio di Pastorale Familiare con un occhio al Magistero e con un occhio alla Comunità di Ca-strezzato, riportando poi al CPP la comprensione acquisita per poi concordare le azioni con-crete.

3) Fare una scelta: scegliere uno degli ambiti di Pastorale fami-liare su cui indirizzare gli sforzi; a questo riguardo, Don Comini ricorda che la Parrocchia non è sola, ma che vi sono varie istituzioni religiose (Istituto “Pro Familia”, “Casa Gabriella” — Ancelle della Carità, per ci-tarne solo alcune) e istituzioni di ispirazione cristiana (INER, e molti altri) che possono off rire alla parrocchia supporto per l’attività che si intende portare avanti.

La riunione si è conclusa alle ore 22,55.

Il segretario Bissolotti Tiziano

Amico, è troppo bella la vita, è tua,carica di promesse e di attese,ricca di amore, di gioia, di speranza,è la tua unica possibilità,aperta all’oggi e al domani,a te e agli altri,con immensi spazi di novità.Inventa la tua vitacostruisci ciò che vuoi essere.

Amico,è dura, buia e diffi cilela strada della tua vita. Vorresti fermarti, non lottare più,lasciare ad altri il timone della tua barca,entrare nelle correnti più forti, nasconderti nella massa anoni-ma e grigia,vorresti giustifi care la tua resacon scuse assurde con teorie contrabbandate come furbizia e destino.

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40 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

È da poco meno di un anno che le commissioni del C.C.P., costituite dai nuovi membri

eletti nel 2010 dalla comunità par-rocchiale, sono attive nella nostra realtà, cercando di attualizzare il senso pieno del loro esistere quali strumenti privilegiati per dialo-gare con la società umana, ovvia-mente, nello spirito del Vangelo.Vado ad incontrare alcuni espo-nenti laici di quella che ritengo essere la commissione con il compito più complesso ed impel-lente da aff rontare considerando il contesto socio-storico in cui si trova ad agire: il gruppo di lavoro che cura il settore della pastorale sociale (famiglia, scuola, educazio-ne, lavoro e vita politica, dialogo e rapporti con la società civile e le Associazioni di volontariato). Sono Adriano, Sergio e Monica, tre persone della nostra parrocchia, di diversa età e formazione, tutti desiderosi di essere utili alla vita parrocchiale e testimoni dei valori evangelici. Ne mancano altri che sono stati impossibilitati ad inter-venire, ma che comunque condi-vidono con i presenti il lavoro in-trapreso.

D- Con quale spirito avete accolto l’incarico di avviare un percorso tanto complicato ed impegnativo nell’ambito della nostra vita socia-le e parrocchiale?R- In prima istanza è stata la vo-lontà di promuovere e supportare iniziative a vantaggio della comu-nità. Quindi via via ci siamo resi conto che, per essere utili agli altri,

è indispensabile una formazione e una maturazione personale di ciascuno di noi; come dire, la vo-lontà e la generosità possono es-sere un primo passo, la molla che ci fa muovere, ma il tutto deve essere ispirato da una adeguata preparazione, da una formazione specifi ca circa i vari settori di inte-resse e di azione.Ci sentiamo cristianamente moti-vati e volenterosi nel collaborare al nostro interno e con quanti vor-ranno unirsi a noi. La formazione potrebbe sviluppare e promuove-re in noi maggior sensibilità per una corretta lettura della realtà e un’adeguata capacità di coinvolgi-mento per dialogare con il sociale.

D- Quali aspetti critici della nostra realtà intendete aff rontare?R- La nostra commissione ha di fronte tante e tali problematiche che a volte ci lasciano disarmati. Pensiamo alla situazione preoccu-pante delle famiglie in genere, alla fragilità dell’unione matrimoniale, alla perdita di signifi cato che ser-peggia nelle relazioni umane, alla paternità e maternità responsa-bili. Se si vuole rimanere nell’am-bito della famiglia non bisogna dimenticare le notevoli diffi coltà educative in cui versano i geni-tori oggi nel rapporto con i fi gli, soprattutto nei momenti cruciali della loro crescita. Non manca in noi l’interesse anche per le perso-ne in situazioni diffi cili o irregolari, per quelle che vivono da sole, per la vedovanza... l’incontro formati-vo con don Comini ci ha permesso

di verifi care il carico di lavoro che potrebbe caratterizzare la nostra azione. Ci orienteremo, però, verso quegli aspetti che maggiormente affl iggono la nostra comunità. Ad esempio ci sta a cuore la condi-zione di disagio vissuta da molti nostri adolescenti e giovani; orga-nizzeremo una proposta per loro e per i genitori che faticano a dialo-gare, inermi di fronte a tali proble-matiche.

D- E sul versante del sociale: il pro-blema del lavoro? il rapporto con gli organismi amministrativi? la povertà dilagante? Cosa intende-te fare?R- Siamo consapevoli che la par-tecipazione dei credenti alla vita socio-politica del territorio rive-sta una fondamentale importan-za: è ora di uscire dai vuoti discor-si, dobbiamo dare corpo al nostro credo religioso esprimendo azio-ni degne del Vangelo. Tuttavia siamo convinti anche che l’impe-gno dei credenti in campo poli-tico debba essere salvaguardato da contaminazioni con il “partiti-co”, che agisce in contesti spesso scarsamente coerenti con i nostri principi.In Oratorio, insieme ad altre com-missioni, abbiamo recentemente animato un incontro centrato sul problema dell’immigrazione av-valendoci del contributo di per-sone del nostro paese coinvol-te direttamente e a vario titolo. Speriamo che possa aver smosso qualche resistenza all’accoglien-za di chi è meno fortunato di noi!

La Pastorale Sociale

Obbiettivo sulle commissioni operative o gruppi specifi ci di lavoro pastorale

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41Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

D- Come avete deciso di agire?R- Anzitutto abbiamo ritenuto op-portuno stabilire una sorta di ag-gregazione e di collaborazione tra le due anime della commissione, il versante dei giovani e quello degli adulti. Ci siamo ritrovati frequen-temente mettendo in comune le nostre esperienze e le nostre per-plessità. Questo giova alla nostra crescita ed alla presa di coscienza della realtà.L’intervento sugli adolescenti o sui giovani può off rire occasioni di coinvolgimento degli adulti inve-stiti nel ruolo genitoriale.

D- Quali sono le prime tappe della vostra pastorale?R- Riteniamo che prima di agire si debba fare una seria e corret-ta lettura della realtà in modo da sondare il campo e far emerge-re i reali bisogni degli individui e della collettività. A tal scopo ab-biamo elaborato un questionario che andremo a somministrare ad un campione signifi cativo di ado-lescenti e di giovani; dai risultati potremo evincere quali siano le necessità più impellenti; in segui-to organizzeremo percorsi forma-tivi diff erenziati per giovani e per adulti.

D- Quali sono le diffi coltà maggio-ri e più preoccupanti a cui dovete far fronte?R- Va sottolineato che noi stiamo agendo quasi ex-novo, cioè senza poterci ispirare a dei modelli già at-tuati, ad esperienze pregresse che potrebbero aiutarci nell’impostare la nostra azione; inoltre riteniamo che, per la rapida evoluzione dei tempi, si debbano adottare delle strategie nuove ed innovative per poter aff rontare, ad esempio, la di-sgregazione del nucleo famigliare o altre gravi problematicità della società attuale. Siamo in poche persone, troppo poche per le te-matiche spinose in campo e, sep-pur animate da tanta buona vo-

lontà, necessitiamo del contributo di altri che abbiano a cuore sia la propria crescita quanto quella del-la nostra società. Vogliamo lancia-re un appello a quanti, sensibili a tali questioni, vogliano contribuire al bene-essere della nostra comu-nità: fatevi conoscere, unitevi a noi in questa avventura che riteniamo essere splendida e carica di doni spirituali.

D- Quali le vostre armi, i vostri punti di forza?R- Siamo armati con la forza della volontà di accogliere la sfi da dei tempi, contrastandola con la no-stra testimonianza nelle piccole e quotidiane vicende della vita, con la forza dell’aggregazione che unisce cuore e menti in un unico obiettivo, con la forza della consa-pevolezza senza drammatizzare; attingeremo al Vangelo e alla pre-ghiera la lucidità dell’agire scorpo-randolo da tensioni ed emozioni fuorvianti.

All’improvviso risuona nella mia mente la voce inconfondibile di papa Giovanni Paolo II, durante quel discorso memorabile in cui rivolgeva paternamente l’invito a non dubitare dell’aiuto di Dio: “Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!Anzi, spalancate le porte a Cristo!Non abbiate paura!”Solo Lui può guidare la nostra mente e le nostre azioni verso tra-guardi ambiziosi che all’apparen-za potrebbero apparirci irraggiun-gibili.

I membri della commissione con i sacerdoti aspettano il vostro pre-zioso contributo!

Silvana Brianza

Verifi ca

dei Centri di Ascolto

e prospettive

anno 2012

(Avvento/ Quaresima 2011-2012)

1) L’esperienza di questa iniziativa si è rivelata ancora molto positiva ed è cresciuto il numero dei partecipanti.

2) Si è convenuto su un leggero incremento del nume-ro degli incontri così distribui-to: una serata di avvio comuni-tario in chiesa nella settimana antecedente l’Avvento, (che nel 2011 corrisponde a mar-tedì 15 novembre); eff ettuare i quattro incontri successivi in data 22 e 29 novembre, 6 e 13 dicembre. Indi sospendere.

3) Riprendere martedì 7 febbraio, 14 febbraio 28 feb-braio, 6 marzo, 13 marzo. Indi sospendere in prossimità della Settimana Santa.

4) Riprendere il martedì 17 aprile (settimana successi-va all’Ottava di Pasqua) e fare la celebrazione conclusiva il martedì 24 aprile.

Gli incontri risultano nove, escluse le celebrazioni di inizio e di conclusione che si tengo-no in chiesa.

Il Parroco Sac. Mario Stoppani

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42 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

E’ legittimo e doveroso, un ricordo aff ettuoso Delle carissime Suore delle Poverelle.Quel nome, dal fondatore volutoPer coerente rigorosità e spirito di povertà.

In Chiesa, nel secondo banco a loro riservato (lato destro)Non sedute, ma inginocchiate,con fl ebile voce, ma ben percettibile,il santo rosario, da loro recitato.

Il loro spirito, il loro stile di vita, il loro carisma;serene e coerenti lo vivevano;per l’ascendente che in virtù di loro doti avevano l’animo delle giovani a sè attiravano.

Unico il loro abito nero, lungo a coprir cavigliecoperte le spalle dal triangolare scialle nero.Di buon mattino ( ore 5,30 ) dal Tito Speri uscivano,a due, a due, con passo dimesso si avviavano.

Silenziose e compunte, chino lo sguardo,assorte nel loro sublime pensiero;loro meta era la Parrocchiale,a pregare e lo spirito a ritemprare.

In settimana alla scuola materna,ai fanciulli, il buon seme distribuivano;alla domenica, catechiste preparate,al gentil sesso, in oratorio, a piene mani lo donavano.

Come dimenticare delle suore l’aff ettuosaLoro cordialità, l’intima forza di loro virtù.In oratorio femminile, allora in auge!Pur in ambiente stretto, non parrocchiale.

Don Bonfadini per preveggente capacità pensò che, l’edifi cio oratorio femminilefosse della parrocchia di proprietà.Allora, tramite el Sior Ceco Magoni

Ricordando con affetto riconoscente le carissime Suore delle Poverelle

acquistò dai Richiedei di GussagoTutta l’area ( ora piazza dell’Amicizia ),per costruire l’oratorio femminile;dando così alle suore duplice impegno servizievole.Un piano concorde, un rapporto amichevoleTra le due strutture; scuola materna e Oratorio Fem-minile.Speranzose erano le Suore che, vocazioni fi orissero,a dare gradevole profumo e arricchire lor schiera delle Poverelle.

Ma quel piano giammai in porto arrivò.Don Bonfadini il 1975, sue dimissioni fi rmò.Le diffi coltà sopravvenute impedironola realizzazione di quel progetto.

Molto sagge furono le disposizioni diocesanedi unire le due sezioni Oratoriane.La Casa Pio XI si prestava per sua capienza a dare vita a nuove iniziative per ogni evenienza.

Ora è giusto e doveroso un sentito grazie,a tutte quelle giovani cheerano in Oratorio non spettatrici,ma con le Suore strette collaboratrici.

Sono passati tanti anni,ma questi sentimenti e valorili sentiamo ancora vivi come allora:che il Signore ce li conservi.

Queste care sorelle sono passate attraverso il fuoco delle diffi coltà,sempre animate da grande speranza e generosità-siano benedette le Suore delle Poverelle.

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43Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Con la Corale “Don Arturo Moladori”

Vita in parrocchia

Tra le Poverelle :

1. Giulia Butti Suor Chiara

2. Francesca Bettoni Suor Maria Valeria

3. Domenica Bonfi glio Suor Maria Gaudiosa

4. Maria Angela Turra Suor Paterna

5. Sabina Baresi Suor Severilde

6. Margherita Ballini Suor Rosita

7. Angela Gallerini Suor Vincenzia

8. Angelina Zani Suor Josephina

9. Giulia Noli Suor Nunzialice

10. Teresina Sala Suor Annalice

11. Angela Zani Suor Gianimelda

Suore di CastrezzatoDal libro curato da Mons. Vittorio Formenti “Oratorio ieri “Rimembranze di volti iniziative di pastorale giovanile e vocazionale a Castrezzato

Dal 1917 al 1958 nell’arco di questo tempo sono undici le giovani di Castrezzato che hanno varcato la soglia dell’ Istituto Palazzolo per diventare Suore delle Poverelle

Ricaviamo i seguenti dati circa le religiose (suore) Castrezzatesi

In altre congregazioni :

1. Lucia Butti Suor Giuseppina (Suore di Maria Bambina)

2. Giulia Magoni Suor Paolina (Suore Ancelle della Carità )

3. Agnese Baresi Suor Albertina (Suore Ancelle della Carità )

4. Maria Tabaglio Suor Maria (Suore della Provvidenza )

5. Celeste Galli Suor Maria Celeste (Suore Francescane Missionarie del Cuore Immaco- lato di Maria)

6. Vittoria Ruffi ni Suor Micaela (Figlie di San Paolo )

7. Mary Mazzotti Suor Mary (Piccola Missioneper i Sordomuti )

8. Teresina Scaglia Suor Rosalia (Famiglia Religiosa di S. Maria Crocifi ssa di Rosa )

9. Teresa Quaresmini Suor Maura (Suore Orsoline di S. Carlo )

10. Berta Campana Suor Maria Redenta (Figlie di San Paolo)

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44 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Vita in parrocchia

Per portare la buona notizia di Gesù

Da almeno tre anni si è ac-cennato nel Consiglio pa-storale all’opportunità di

promuovere negli anni futuri una Missione Parrocchiale, per risve-gliare nei credenti il senso di ap-partenenza a Cristo e alla Chiesa e nel contempo portare la buona notizia di Gesù anche ai lontani e alle nuove generazioni e culture dei nostri diffi cili tempi. Preparare la missione non è cosa da poco. Occorre un coinvolgimento note-

vole di persone e di collaboratori. Alle modalità collaudate di fare le Missioni ne sono nate di nuove, nate sul campo ad opera di Co-munità missionarie agili ed aperte alle innovazioni richieste dai tem-pi moderni. Ecco la necessità di ca-lare il desiderio nella realtà. Per quanto è dato di sapere, le ultime missioni da noi sono sta-te eff ettute negli anni Ottanta, allorchè era parroco don Costa. Per organizzarle abbiamo pensa-

to di rivolgerci ad una Comunità missionaria nuova e pur già ricca sul campo dell’esperienza missio-naria: è la Comunità Missionaria di Villaregia, che gestisce un cen-tro missionario propulsore anche nel bresciano (a Lonato). Questa Comunità ha avuto dal Vescovo diocesano il mandato di animare missionariamente la nostra Zona Pastorale di S. Filastrio. Abbiamo chiesto a questa comunità (che è formata non solo da Sacerdoti, ma anche da consacrati e da laici spo-sati) di venire ad illustrarci i conte-nuti e il metodo di questo nuovo modo di fare la missione. A questo scopo tutti i nostri collaboratori pastorali (CPP- CPAE-Catechisti - Ministri Straordinari della S. Co-munione - Lettori - Membri delle Commissioni del CPP - Gruppo di Preghiera e Compagnia di S. Maria degli Angeli) ed anche ai parroc-chiani sensibili a questa iniziativa parrocchiale che ci vedrà impe-gnati non per pochi giorni o set-timane, ma per circa un triennio. Il criterio fondamentale adottato sarà quello di un coinvolgimento eff ettivo dei parrocchiani in que-sta iniziativa. L’incontro è stato tenuto recentemente, esattamen-te giovedì 23 giugno, in oratorio. Daremo più avanti indicazioni più esatte sul cammino da percorrere. Intanto preghiamo perché lo Spiri-to Santo ci accompagni con i doni del Consiglio e della Sapienza.

In vista delle sante missioni parrocchiali

Incontro verifi ca per i referenti delle commissioni del C.P.P.

(Lunedì 23 maggio 2011)

1 Le Commissioni operative del cpp sono il banco di prova per verifi care l’eff ettiva effi cienza pastorale del cpp. Le commissio-ni non sono abbandonate a se stesse, ma godono dell’interes-samento fattivo dei presbiteri. Esse sono l’espressione concreta dell’azione pastorale del cpp. I referenti, scelti all’interno delle commissioni hanno il compito di contattare i membri delle singole commissioni, di coordinare gli incontri, di convogliare le volontà dei membri verso delle scelte pastorali idonee, con l’approvazione del parroco.

2 Non ci nascondiamo che stiamo passando un momento di cri-si, crisi socio-politica ed anche ecclesiale. C’è anche una crisi di partecipazione alle iniziative della parrocchia, talvolta.

3 Proviamo innanzi tutto a verifi care il numero degli aderenti delle varie commissioni e che cosa si può fare per incremen-tarle

4 Inoltre chiediamoci a che punto di realizzazione sono le inizia-tive che sono state scelte o quelle sulle quali si sta pensando.

5 Per ultimo diamoci delle scadenze per questi prossimi mesi.(Programma Festa dei Patroni )

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45Camminiamo insieme n. 27 giugno - agosto 2011

Èil primo sabato del mese di Giugno ed è scoppiato un temporale.

Scrosci di pioggia accompagnano il profl uvio di parole che animano il racconto della mia amica Carla.I ricordi si accavallano: la pace dei chiostri degli antichi monasteri, la compieta, il profumo della mac-chia mediterranea, il tempo che scorre lento secondo antichi ritmi dettati dalla luce….. Ogni frase esprime l’intensità dell’esperienza spirituale, che ha riempito di gioia pura ogni giorno del cammino per Santiago.E’ tale la vivezza del racconto che vorresti partire subito, perché comprendi che non è solo un’av-ventura, è un percorso interiore, alla scoperta della propria anima, un percorso che cambia la visione del mondo e delle cose.Per questo ho pensato di farvi partecipi dell’esperienza dei due coraggiosi pellegrini, “Colpiti sul cammino francese di Santiago”Naturalmente è stato solo l’inizio di un percorso che li ha portati lontano, ma ascoltiamo le parole di Sergio.

La rete dello Spirito

Da anni chi ci è vicino è a cono-scenza di quanto amore e dedizio-ne Carla ed io mettiamo nel vivere l’esperienza del “pellegrinaggio”, compiuto ovviamente a piedi.La parola “cammino” nel nostro vocabolario era una parola come tante altre, ma dopo che nel 2000

ci siamo lanciati nell’avventura di andare a Santiago de Compostela, la parola ha assunto un signifi cato speciale.

Sentirsi dire “Buon Cammino” non è la stessa cosa del sentirsi dire “buona escursione” o “buona pas-seggiata” o “ buon trekking”, per-ché in queste due parole “Buon” “Cammino” sono condensate emozioni, sentimenti ed incontri veramente speciali che solo nel pellegrinaggio si possono speri-mentare.Nell’anno 2000 sono andato in pensione. Fino ad allora, il mio tempo libero scorreva tra un’e-scursione in montagna ed una in bicicletta. Un giorno di quell’estate, mentre eravamo seduti a tavola, Carla mi dice:” Perché non andiamo a San-tiago?”Superato l’iniziale smarrimento, cominciai a valutare seriamente questa possibilità. Abbiamo, quin-di, organizzato un incontro con un padre scalabriniano di nome Ma-rio Toff ari che era stato più volte a Compostela. Ai suggerimenti e consigli ricevu-ti abbiamo affi ancato una nostra personale ricerca e documenta-zione.Carichi di curiosità e con una buona dose di incoscienza ci sia-mo trovati sul treno-notte che ci avrebbe portati, passando per Ventimiglia, alla stazione francese di Bayonne, per proseguire con un trenino locale, che ci avrebbe por-tati al paese di Saint Jean Pied de Port.Diversamente dalle altre volte ci trovavamo a restare lontani da

Il cammino francese che porta a Santiago di Compostela

Storia di un pellegrinaggio

Spiritualità

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46 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Spiritualità

casa per un mese, sapendo di po-ter contare solo su ciò di cui il no-stro zaino era carico.La casa era sulle spalle e già rice-vevamo il primo insegnamento: “l’importanza dell’essenzialità”. Le tappe erano scandite dalla guida che a casa avevamo studiato nei minimi particolari. Ricordiamo con tanta tenerezza ed emozione il momento in cui abbiamo mosso i primi passi sul-la strada che ci avrebbe portato al confi ne Francia- Spagna, laddove a lato della stessa campeggia la scritta”Inizio del cammino francese di

Santiago”Camminavamo sul sentiero con estrema riverenza e rispetto, ben consci che quella terra era stata calpestata per secoli da schiere di pellegrini desiderosi di pregare sulla tomba di San Giacomo.Nel verde degradante del colle di Ibaneta si stagliava davanti a noi la Collegiata di Roncisvalle. Eravamo solo alla prima giornata e già le emozioni si stavano accavallando prepotentemente nei nostri cuori.Alla sera ci aspettava l’investitura uffi ciale di pellegrino; ciò avven-ne durante la messa celebrata in un’atmosfera che ci ha portato lontano nei tempi. Siamo stati chiamati con nome e cognome all’altare per ricevere la benedizio-ne e la consegna ideale del bordo-ne e della bisaccia, strumenti indi-spensabili e caratterizzanti questa esperienza speciale. Questi eventi aumentarono in noi energia e spe-ranza di farcela.Erano scomparsi i timori iniziali e così rinfrancati abbiamo cammi-nato per tutta la Navarra, di cui Pamplona è la città più rappresen-tativa.Quando arrivavamo ai “refujos”, così sono chiamati i luoghi dove i pellegrini vengono calorosa-mente accolti, avevamo modo di scambiare le nostre impressioni e sensazioni con persone delle più

disparate nazionalità. Erano Spa-gnoli, Francesi, Austriaci, Brasiliani, Americani, e ci chiedevamo cosa fosse quel qualcosa che riuniva ed aff ratellava, al punto che riusciva-mo a comunicare ed a capirci pro-fondamente pur non conoscendo le varie lingue.La risposta era una sola: stavamo condividendo l’esperienza del “Cammino di Santiago” che con la sua millenaria storia possiede un linguaggio universale.Man mano che si procedeva, le due categorie fi losofi che cor-rispondenti allo “spazio” ed al “tempo” venivano colte nella loro iniziale dimensione. Infatti per spostarci di qualche chilometro ci voleva più di un’ora ed alla fi ne di un’intera giornata avevamo per-corso solamente 35 km.Un altro segnale forte del cammi-no era proprio il recupero dello spazio e del tempo nella misura che è stata propria dell’uomo per millenni e che è stata alterata nei

tempi moderni con l’avvento dei grandi mezzi di locomozione.Lo zaino sulle spalle dopo una quindicina di giorni era diventato un tutt’uno con il nostro corpo e la fatica veniva ampiamente ripaga-ta dalle bellezze sia artistiche che naturali che via via incontravamo.Il culmine della bellezza l’abbiamo raggiunta durante la visita alle ma-estose cattedrali gotiche di Leon e Burgos, le cui vetrate con i loro splendidi colori e gli straordinari episodi religiosi rappresentati ci hanno lasciato decisamente in-cantati.Alla sera prima di rilassarci era d’obbligo lavare i capi intimi, la maglietta ed i pantaloncini corti, sudati dopo una giornata di cam-mino. Il bucato non era certo un problema, data l’essenzialità del nostro abbigliamento e nell’even-tualità che a fi ne giornata il vestia-rio non fosse asciugato, provve-devamo ad appenderlo con spille allo zaino, per completare l’asciu-gatura. Non è che ci vergognassi-mo di questi comportamenti, dal momento che ogni azione deve armonizzarsi al contesto in cui essa si manifesta: come pellegrini ci sentivamo autorizzati a compor-tarci in questo modo. Era, fra l’al-tro, aff ascinante sentirsi liberi da quei pregiudizi che troppo spesso condizionano la nostra vita e ci rendono vittime di una società ca-ratterizzata dall’esteriorità.Nell’ultima settimana siamo en-trati in Galizia dove i fi lari degli svettanti eucalipti ci hanno ac-compagnato con il loro carat-teristico profumo fi no al monte Gozo(monte della gioia) così chiamato perché i pellegrini che arrivavano lassù vedevano la cat-tedrale di Santiago ergersi sulla città, provando un’immensa gioia.Non ci sono parole capaci di de-scrivere le emozioni di questo straordinario momento, atteso da giorni ed ora alla nostra portata. Il sogno si stava avverando e non ci

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rimaneva che avvicinarci sempre più all’agognata meta. Attraversati gli ultimi vicoli della città ci siamo trovati nella piazza Obredoiro: la cattedrale era davanti a noi.Carla ed io ci siamo guardati negli occhi, lo stupore e la meraviglia si mescolavano alla commozione ed alla gioia; ci siamo stretti in un lunghissimo abbraccio per alcuni minuti. Gli occhi lucidi testimonia-vano il nostro stato d’animo ed il silenzio più che le parole, sottoli-neava la grande felicità che ci uni-va.Poi, via via, fedeli alle abitudini se-colari seguimmo i riti che sono en-trati nella tradizione dei pellegrini.L’Arco della Gloria ci accoglieva all’ingresso della cattedrale, ma la nostra attenzione era rapita dalla statua raffi gurante un sorridente San Giacomo con bordone e bi-saccia. L’abbiamo fi ssato a lungo e gli abbiamo detto:”Hai visto che ce l’abbiamo fatta. Sapevamo che Tu ci aspettavi e con il tuo aiuto eccoci qui ad incontrarti”. Nono-stante fosse un’esplosione di emo-zioni ce ne attendeva una che le sopravanzava tutte: l’abbraccio

fi sico con il busto di San Giacomo posto sull’altare maggiore.Carla d io ci siamo messi in fi la e passando dietro l’altare, salendo dei gradini siamo arrivati alle spal-le del busto, allargandole brac-cia ci siamo lasciati andare ad un lungo e commovente abbraccio. Abbiamo sentito il santo come un fratello che ci aspettava e che ab-biamo raggiunto dopo circa 900 km e 24 giorni di cammino.Un uffi cio preposto al rilascio del documento, chiamato “Composte-la” uffi cializzava il raggiungimento della meta.L’ultimo atto di un’esperienza che non fi nirà mai di stupirci è stata la partecipazione alla messa del pellegrino, giornalmente celebra-ta al mezzodì. L’intera funzione è incentrata in modo tale che la fi gura del “Pellegrino” sia valoriz-zata e riconosciuta come un cari-sma dello Spirito Santo. Abbiamo poi avuto la fortuna di restare con il fi ato sospeso quando il “buta-fumeiro” si è messo ad oscillare lungo la navata principale come un gigantesco pendolo. Questo incensiere dalle dimensioni enor-

mi, risalente al primo medioevo, con un marchingegno dotato di lunghi cordoni di canapa, veniva azionato in modo tale da aumen-tare via via il periodo di oscillazio-ne, fi no a raggiungere in altezza la volta della navata. Durante queste ampie e lunghe oscillazioni usci-vano folate di fumo d’incenso che con il suo odore permeava l’intera cattedrale.Prima della benedizione l’assem-blea, trascinata da totale parteci-pazione, innalzava a San Giacomo l’inno a lui dedicato.Ricordo in particolare il momento esaltante in cui alzando il braccio al cielo si proferiva a piena voce il versetto”Santiago, patron d’Espa-gna”; si avvertiva il forte trasporto che i fedeli provano nei confronti di questo Apostolo.Il giorno dopo ci aspettava il rien-tro. Giunti a casa abbiamo sten-tato a riprendere la quotidianità che, però, dopo questa esperienza assumeva una luce più serena e tranquilla, perché l’eco del Cam-mino” ci rimaneva nel cuore.

Sergio Danieli

Spiritualità

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Pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese

Viaggio al monte reso sacro da Sant’Ambrogio

È stata una bellissima giorna-ta, complice il bel tempo che ci ha accompagnati fi no al

ritorno.Siamo partiti in pullman da Ca-strezzato il 19 Maggio alle ore 7 e siamo rientrati alle ore 20.Destinazione: Il Sacro Monte di Va-rese.Don Mario, instancabile sacerdote, ci ha accompagnati verso questo luogo di preghiera introducendo-ci nel mistero della Santità con il Santo Rosario e la descrizione del luogo che andavamo a visitare.La fama del Santuario con le 14

cappelle, ha superato i confi -ni dell’Italia ricevendo da parte dell’Unesco il riconoscimento del Sacro Monte come patrimonio dell’umanità.Il santuario è situato alle spalle della città di Varese ad 800 metri sul livello del mare. Fin dai primi secoli del cristianesimo è stato meta di pellegrinaggi ed il vesco-vo Sant’Ambrogio nel 389 collocò una statua della Madonna vene-rata come madre del fi glio di Dio, dando così inizio alla sacralità del monte.Da molti secoli folle di pellegrini

giungono al Sacro Monte di Vare-se per pregare la “Madonna Nera”Anche noi di Castrezzato abbiamo affi dato al cuore materno di Maria, madre di Dio, le nostre soff erenze e le nostre speranze.Ho notato un bel gruppo di gio-vani mamme, anche loro hanno innalzato suppliche affi nchè la Madonna le aiuti a nutrire di fede, di bontà ed amore le nuove gene-razioni.

Maria Angela Genocchio

Vita in parrocchia

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Vita in parrocchia

Nella pagina a fi anco il gruppo che ha partecipato al pellegrinaggio; sopra una veduta panoramica del Sacro Monte di Varese; sotto una della 14 cappelle

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50 Camminiamo insiemen. 27 giugno - agosto 2011

Calendario liturgico

Calendario liturgico pastoraleGiugno

Mese del S.Cuore e dei Santi Patroni Pietro e

Paolo

22 Mercoledì. Inizio della celebrazione delle san-te messe al cimitero (ore 20,30 giugno/agosto)

25 Sabato. Ore 21 In chiesa : Grande Concerto dei Patroni ( Corale A.Moladori e Orchestra)

26 Solennità del S.S. Corpo e Sangue di Cristo. Processione del Corpus Domini.

Festa liturgica dei Patroni 2011

27 e 28 giugno Preparazione spirituale alle sante messe di orario (ore 8 e 20)

29 Solennità liturgica dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.Ore 8 S. Messa - Ore 10 S. Messa solenne con i ragazzi del GrestOre 20 S. Messa solenne della Comunità, pre-sieduta dal Vicario Zonale e concelebrata.Segue la breve processione in Piazza con lo stendardo dei Patroni.

N.B. Per le altre iniziative civiche e culturali, si veda il programma a parte.

30 Memoria dei Primi Martiri della Chiesa romana.

Luglio

Mese dedicato al Preziosissimo sangue di Gesù

1 Venerdì. Solennità liturgica del Sacro Cuore di Gesù.

2 Sabato. Festa del Cuore Immacolato di Maria.3 Domenica XIV del Tempo Ordinario.6 Memoria liturgica di S. Maria Goretti Vergine

e Martire8 Ore 21 Prove del rito del battesimo per ge-

nitori e padrini dei battesimi di domenica 10 luglio.

9 Nozze di Fogliata S. e Nicolini S.10 Domenica XV del T.O. Ore 11: Battesimi comunitari11 Festa di S. Benedetto, Patrono d’Europa.15 Memoria di S.Bonaventura Vescovo france-

scano.16 Sabato. Beata Vergine del Carmelo Ore 20,30 S. Rosario meditato ed omaggio

alla Madonna del Carmelo (in chiesa)17 Domenica XVI del Tempo Ordinario.22 Memoria liturgica di S. Maria Maddalena23 S. Brigida religiosa. Compatrona d’Europa.24 Domenica XVII del Tempo Ordinario.25 Festa di san Giacomo Apostolo.26 Festa dei Santi Anna e Gioacchino genitori

della Madonna29 S. Marta.30 S. Pier Crisologo Ore 16 Nozze Machina - Paccani.31 Domenica XVIII del Tempo Ordinario. Dome-

nica del Perdono di Assisi.

Agosto

Mese dell’Assunta e di S.Rocco.

Nel mese di agosto la s. Messa del mercoledì al Cimitero sarà celebrata alle ore 20.

2 Festa di S.Maria degli Angeli, Titolare dell’Al-tare privilegiato della nostra chiesa.

Ore 20,30: S.Rosario meditato in onore di San-ta Maria degli Angeli.

4 Memoria del S.Curato d’Ars (S.Maria Vianney)5 Dedicazione della Basilica di S. Maria Maggio-

re (Madonna della Neve)6 Sabato. Festa della Trasfi gurazione del Signore. Anniversario del Transito del Servo di Dio Papa

Paolo VI (6 agosto 1978)7 Domenica XIX del Tempo Ordinario.8 Lunedì. Inizia il Triduo di preparazione alle fe-

ste dell’Assunta e di S. Rocco. Ore 15 S. Messa al Cimitero fi no a venerdì 12

agosto.13 Sabato. Dalle ore 16 alle 18: Confessioni per

la festa dell’Assunta e S. Rocco.14 Domenica XX del Tempo Ordinario. Ore 20,30 lucernario vigliliare in onore dell’As-

sunta (in chiesa)15 Solennità dell’assunzione della Beata Vergine

Maria. S. Messe ferstive. Ore 18,30 Processione dal Cimitero alla chiesa

parrocchiale con la statua di S. Rocco.16 Festa di San Rocco. S. Messe ore 8,00-9,30-

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Lettera del Parroco

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Anagrafe parrocchiale

Anagrafe parrocchialeNella luce di Cristo (defunti)Rinati in Cristo (battesimi)

Matrimoni

Zotti Mattia

di Cristian e Toninelli AntonellaWoode Denzel Rhyane

di Duku Frederick e Owusu EstherGrillo Martina

di Fabrizio e Colucci ValentinaPierani Samantha

di Giovanni e Garofalo Rosanna Cavalli Linda

di Mauro e Rossi RossanaPezzotti Andrea

di Renzo e Pisciali LoredanaSimoni Giulia

di Alessio e Vezzoli Michela RosaValotti Gabriele

di Marco e Festa Simona

Guerrini Mauro con Abiendi Mara

D’ Angelo Maurizio con Uberti Valeria

Cinquini Rinaldo di anni 65Martini Giuseppina di anni 90Pelosi Giuseppina di anni 87Zammarchi Giovanni di anni 80Begni Felice di anni 75Corna Italo di anni 71Dotti Mariano di anni 54Campana Bruno di anni 85Assoni Rosa di anni 88Parma Rosa di anni 80Piantoni Giovanbattista di anni 66Faustini Giovanni di anni 80Machina Santina di anni 81Zotti Giovanni Franco di anni 72Gualtieri Angelo di anni 80

18,30. Ore 18,30 S Messa solenne in chiesa e proces-

sione di ritorno al Cimitero. Benedizione con la Reliquia di S.Rocco.

20 Memoria di S. Bernardo Abate.21 Domenica XXI del Tempo Ordinario. Memoria

di S. Pio X papa.22 Festa della Beata Vergine Maria Regina Ore 7,15 S. Rosario meditato e canto delle Li-

tanie.23 S. Rosa da Lima Vergine.24 Festa di S. Bartolomeo Apostolo.

27 Memoria di S. Monica, madre di S. Agostino.28 Festa di S.Agostino, Vescovo e Dottore della

Chiesa.29 Martirio di S.Giovanni Battista il Precursore.30 Memoria del Beato card. Idelfonso Schuster31 Mercoledì. Ore 20 Ultima messa estiva al Ci-

mitero.

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