capitolo quarto 1. i risultati della consulenza chimico

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157 CAPITOLO QUARTO 1. I risultati della consulenza chimico- tossicologica della dr.ssa Francesca Righini. Il 29 settembre 2005 la dr.ssa Francesca Righini del dipartimento di scienze biomediche dell Università di Ferrara, diretto dal prof. Francesco Avato, titolare della cattedra di medicina legale dalla quale dipendono pure i medici incaricati di eseguire l autops ia e di rispondere al quesito sulla causa della morte di Federico Aldrovandi, è incaricata di svolgere l indagine chimico- tossicologica, complementare al complesso dei rilievi al tavolo settorio. L indagine affidata ha per obbiettivo l individuazione nei liquidi e tessuti biologici prelevati in sede di autopsia di eventuali xenobiotici , loro natura e quantità; la determinazione degli effetti psicofisici delle sostanze eventualmente rilevate; la successione temporale degli effetti delle sostanze eventualmente rilevate; la risposta al quesito se nelle ultime ore di vita il soggetto avesse assunto xenobiotici. Sulla base dei dati circostanziali e delle risultanze necrosettorie di ordine macroscopico, la tossicologa reputava doversi svolgere le seguenti indagini tossicologiche: - obbiettivazione e quantificazione del tasso ematico di alcool etilico; - ricerca di sostanze stupefacenti nell urina; - ricerca di morfina nel sangue, nell urina e nella bile; - ricerca generica di sostanze a carattere acido nel sangue e nel contenuto gastrico, - ricerca generica di sostanze a carattere neutro e basico nel sangue e nel contenuto gastrico I campioni biologici esaminati, consegnati dai medici legali, erano costituiti da campioni di uguali dimensione di sangue+NaF; sangue, urina, bile, oltre 30 ml di contenuto gastrico. La ricerca di sostanze a carattere acido nel sangue e nel contenuto gastrico ( il rinvenimento ne avrebbe segnalato recente assunzione ) , veniva eseguita due volte con metodi diversi. I risultati ottenuti erano i seguenti: valori ematici di morfina pari a 0.36 μg/ml ed urinari di 21.7 μg/ml; rilevati inoltre a livello biliare, valori di morfina pari a 70 μg/ml. Si rilevavano valori di ketamina pari a 0.04 μg/ml a livello ematico e livelli < 0.01 μg/ ml nella bile, nonché un tasso alcolemico pari a 0.4 g/ l. Negativa la ricerca generica di altre sostanze a carattere acido, neutro e basico nel sangue e nel contenuto gastrico. R invenuta una modesta quantità di alcool etilico nel sangue pari a 0,4 g/L. In sede di valutazione la consulente tossicologa osservava che il dato tossicologico rilevato indicava una modesta assunzione di bevande alcoliche, di eroina e di

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CAPITOLO QUARTO

1. I risultati della consulenza chimico-tossicologica della dr.ssa Francesca Righini.

Il 29 settembre 2005 la dr.ssa Francesca Righini del dipartimento di scienze biomediche dell Università di Ferrara, diretto dal prof. Francesco Avato, titolare della cattedra di medicina legale dalla quale dipendono pure i medici incaricati di eseguire l autopsia e di rispondere al quesito sulla causa della morte di Federico Aldrovandi, è incaricata di svolgere l indagine chimico-tossicologica, complementare al complesso dei rilievi al tavolo settorio. L indagine affidata ha per obbiettivo l individuazione nei liquidi e tessuti biologici prelevati in sede di autopsia di eventuali xenobiotici , loro natura e quantità; la determinazione degli effetti psicofisici delle sostanze eventualmente rilevate; la successione temporale degli effetti delle sostanze eventualmente rilevate; la risposta al quesito se nelle ultime ore di vita il soggetto avesse assunto xenobiotici. Sulla base dei dati circostanziali e delle risultanze necrosettorie di ordine macroscopico, la tossicologa reputava doversi svolgere le seguenti indagini tossicologiche:

- obbiettivazione e quantificazione del tasso ematico di alcool etilico; - ricerca di sostanze stupefacenti nell urina; - ricerca di morfina nel sangue, nell urina e nella bile; - ricerca generica di sostanze a carattere acido nel sangue e nel contenuto

gastrico, - ricerca generica di sostanze a carattere neutro e basico nel sangue e nel

contenuto gastrico I campioni biologici esaminati, consegnati dai medici legali, erano costituiti da campioni di uguali dimensione di sangue+NaF; sangue, urina, bile, oltre 30 ml di contenuto gastrico. La ricerca di sostanze a carattere acido nel sangue e nel contenuto gastrico ( il rinvenimento ne avrebbe segnalato recente assunzione ), veniva eseguita due volte con metodi diversi. I risultati ottenuti erano i seguenti: valori ematici di morfina pari a 0.36 µg/ml ed urinari di 21.7 µg/ml; rilevati inoltre a livello biliare, valori di morfina pari a 70 µg/ml. Si rilevavano valori di ketamina pari a 0.04 µg/ml a livello ematico e livelli < 0.01 µg/ml nella bile, nonché un tasso alcolemico pari a 0.4 g/ l. Negativa la ricerca generica di altre sostanze a carattere acido, neutro e basico nel sangue e nel contenuto gastrico. Rinvenuta una modesta quantità di alcool etilico nel sangue pari a 0,4 g/L. In sede di valutazione la consulente tossicologa osservava che il dato tossicologico rilevato indicava una modesta assunzione di bevande alcoliche, di eroina e di

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ketamina. La consulente spiega che gli effetti della morfina, costitutiva dell eroina, in caso di intossicazione acuta, sono di tipo depressivo della funzione respiratoria, causa principale della morte. La ketamina è invece farmaco utilizzato in ambiente ospedaliero come anestetico generale che, a dosaggi inferiori a quelli anestetici, provoca, potenti stati allucinatori. Dal punto di vista farmacologico, la ketamina causa uno stato catalettico, amnesia e analgesìa. La ketamina con la sua modesta azione miorilassante causa aumento della pressione arteriosa, della frequenza e gittata cardiaca, del flusso e del consumo di ossigeno cerebrale, della pressione intracranica ed intraoculare, ipotensione, bradicardia, aritmie, transitoria depressione respiratoria e dei riflessi laringei; aumenta i valori di adrenalina e noradrenalina ma anch essi in modo transitorio. Tutto ciò in via generale, con una emivita plasmatica di due ore. Su tale premessa la consulente, chiamata ad un giudizio sugli effetti psicofici delle sostanze rilevate nei liquidi biologici, considerava irrilevante il livello alcolemico; puntualizzava che la morfina nel sangue ha effetti analgesici e obunubilanti , salvo sindrome di astinenza, a livello iniziale, nella fase finale dell effetto stupefacente (dopo tre o quattro ore dall assunzione ) con possibile agitazione psicomotoria e aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca ( possibile per la presenza del tossico nella bile, indicativo di abitudine all uso e quindi di tolleranza). La presenza di ketamina nel sangue nelle quantità rilevate rifletteva assunzione in quantità inferiori alle dosi anestetiche e non abitudine all uso dell allucinogeno per la sua assenza alla bile. Gli effetti psicofisici causati dalla ketamina vanno da una prima fase nella quale prevalgono gli effetti allucinogeni graditi ad una seconda fase con permanenza di importanti effetti a carico dell apparato cardiovascolare. Non facilmente descrivibile l effetto combinato dell assunzione delle due sostanze, anche per l assenza di alcun dato di certezza sulla successione delle due sostanze. La consulente alla luce delle circostanze del caso azzarda l ipotesi di un assunzione ravvicinata degli stupefacenti e quindi un quadro clinico caratterizzato da sicura disforìa, dove l effetto gratificante degli stupefacenti è in fase di annullamento e vi è il permanere degli effetti neurovegetativi.

Nessuna assunzione di sostanze negli ultimi attimi di vita: Le conclusioni escludono una rilevanza causale diretta delle sostanze rilevate e rimettono ogni valutazione al giudizio medico-legale. Tale sorprendente conclusione ( sostanziale irrilevanza degli stupefacenti rinvenuti non solo a spiegare di per sè la morte ma anche a definire un quadro sufficientemente giustificativo dell agitazione psicomotoria e di pesanti effetti tossici sull apparato cardiovascolare e cardiorespiratorio con uno stato finale tendente alla disforia piuttosto che all eccitazione), inducevano il p.m. a richiedere un supplemento di indagine volta all accertamento della presenza nel sangue di altre sostanze tossiche, di per sé idonee a cagionare una morte improvvisa: l erba del diavolo ( allucinogeno euforizzante ); aconito; ayahuasca, bufotenina ( sostanza in

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grado di produrre repentina eccitazione psichica); claviceps ( dagli effetti simili all LSD ); GHB ( c.d. droga dello stupro); Kawakawa. Nulli i risultati di questa seconda indagine che peraltro mette in evidenza come l orientamento dell indagine fosse persistentemente e unilateralmente rivolto alla ricerca di una causa tossica della morte, fino al punto da indurre gli inquirenti a ricercare nei liquidi biologici di Aldrovandi sostanze tossiche e stupefacenti assolutamente inconsuete. La seconda relazione Righini reca la data del 6 marzo 2006.

2. I risultati della consulenza medico-legale disposta dal pubblico ministero.

I medici legali Stefano Malaguti ed Eleonora Lumare firmano la relazione ed espongono i risultati dell autopsìa sul cadavere di Federico Aldrovandi in una corposa relazione con allegati e apparato iconografico, depositata il 21 febbraio 2006. I consulenti del p.m., titolare al tempo delle indagini, devono rispondere ai seguenti quesiti:

accertare la causa della morte di Aldrovandi Federico, mezzi di produzione ed epoca previo prelievo di materiale organico della salma . Si tratta di un quesito ampio e piuttosto generico nel quale non viene posta esplicitamente l esigenza di stabilire un nesso causale o concausale tra la morte, la colluttazione e l intensità della violenza esercitata dagli agenti, così come non viene chiesto di stabilire un rapporto tra la morte ed un possibile stato di agitazione psicomotoria e neppure, posta quest ultima premessa, viene segnalata l esigenza di stabilire natura causa ed origine di questa eventuale agitazione psicomotoria alla stregua dell indagine tossicologica che viene contestualmente svolta e i cui esiti come si è visto non consentono di attribuire alle sostanze stupefacenti rilevate sui liquidi biologici, in quantità non molto elevate , rilievo causale. I consulenti devono, dunque, fornire risposta, sapendo di dovere escludere l assunzione di stupefacenti dalle cause di morte ma al contempo disponendo di un quadro circostanziale che è frutto esclusivo delle indagini svolte, nei termini e nei modi esaminati in precedenza, dalla polizia nella giornata del 25 settembre dalle quali si evince soltanto un elevatissimo stato di agitazione psicomotoria nel giovane, possibili atti autolesionistici al capo, una catastrofica caduta al suolo ( senza specificazione delle parti del corpo interessate ) da una posizione a cavalcioni sullo sportello dell auto di servizio con immediato rimbalzo, colluttazione e successiva nuova colluttazione; nell ambito dei primi atti di polizia l intervento contenitivo degli agenti appare descrittivamente a carattere conservativo ( limitare l azione dell agitato, impedirgli di nuocere a se stesso e agli agenti). Improvviso inspiegabile decesso. Il capitolo dedicato alla documentazione di polizia giudiziaria, il cui contenuto è largamente riportato in premessa, è nella relazione assai ampio. Il documento riporta largamente il contenuto delle relazioni di servizio e delle annotazioni dei

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diversi operatori intervenuti sul posto ( polizia scientifica, carabinieri personale sanitario, abitanti della zona, amici e genitori di Federico, e degli stessi imputati): 33 documenti, compresi i referti sanitari degli imputati, per 37 pagine sulle complessive 88 della relazione. L ispezione esterna occupa altre dieci pagine ma è molto importante perché consente di avere un quadro completo delle lesioni riportate da Federico, ciascuna delle quali è astrattamente riconducibile a percosse. Si dà atto anzitutto che buona parte dei capelli del ragazzo sono imbrattati di sangue. Le lesioni descritte sono quindi le seguenti:

1. La regione parietale sinistra del cuoio capellu to (foto A), presenta area d iscromica

verde-bluastra, circolariforme, d i d iametro pari a 4.5 cm, a contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga ai tegumenti limitrofi; alla palpazione si apprezza,

altresì, consensuale modesta tumefazione dei tessuti molli pericranici (foto A:

freccia 1). Inscritta al centro d i codesta lesività, si apprezza soluzione d i continuo a

tu tto spessore, lineariforme, lievemente ondulata ,pressoché parallela, rispetto

all asse fronto-occipitale del cranio, d i lunghezza pari a 3 cm; essa presenta margini

d iscretamente frastagliati, d i colorito rosso-nerastro, d iastasati d i 0.5 cm; attraverso

i suddescritti margini è possibile apprezzare fondo umido, d i colorito rosso-

nerastro interessato da lacinie fibrose a ponte (foto A: freccia 2).

2. In regione parietale destra del cuoio capellu to (foto B), a circa 2.5 cm dalla

soluzione d i continuo sopra descritta, e lungo la stessa linea, si apprezza d iscromia

cutanea viola-bluastra, circolare, d i d iametro pari a 2 cm, a contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga ai tegumenti limitrofi; alla palpazione si rileva

modesta tumefazione dei tessuti molli pericranici (foto B: freccia 1). Inscritta in

codesta lesività, si apprezza soluzione d i continuo superficiale, lineariforme, a

modesta concavità laterale, parallela all asse fronto-occipitale, d i lunghezza pari a

0.5 cm, a margini lievemente frastagliati, irregolari, rossastri, d iastasati d i 0.1 cm,

attraverso i quali si obiettiva il sottostante tessuto sottocutaneo, umido, d i colorito

rosso-nerastro (foto B: freccia 2).

Va segnalato come anche questa lesione, pur modesta, presenti una sia pur

limitata perdita ematica.

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3. La regione occipitale sinistra del cuoio capelluto (foto C), presenta discromia rosata,

ovalariforme, ad asse maggiore (orientato in senso cranio-caudale e medio-laterale,

rispetto all asse fronto-occipitale) di lunghezza pari a 6 cm ed asse minore di 1.5 cm,

a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga ai tessuti limitrofi(foto C: freccia

1); si obiettiva, inscritta nella sua porzione craniale, u lteriore d iscromia verde-

bluastra, ovalare, ad asse maggiore, orientato in senso cranio-caudale e medio-

laterale, rispetto all asse fronto-occipitale, di lunghezza pari a a 3 cm ed asse minore

d i 1 cm circa (foto C:freccia 2). Inscritta in codesta d iscromia si rileva area d i

ablazione tissutale superficiale, circolare, d i d iametro pari a 0.2 cm. (foto C: freccia

3).

4. In regione frontale sinistra si apprezza area d iscromica cutanea rosa-bluastra con

sfumature verdastre, d i forma non riproducibile, a maggiore estensione cranio-

caudale, d i d imensioni pari a 7 x 3 cm, contraddistinta da contorni sfumati,

irregolari, avente consistenza, al tatto, analoga ai tessuti limitrofi (foto D: freccia 1).

5. Si obiettiva, inscritta all estremità craniale della suddetta lesività, area d icromica

cutanea, nastriforme, ad asse maggiore orientato in senso cranio-caudale, latero-

mediale, rispetto all asse longitudinale del soma, d i lunghezza pari a 1 cm ed asse

minore d i 0.3 cm, contradd istinta da cromatismo rosso-nerastro, contorni

scarsamente irregolari e consistenza, al tatto, aumentata rispetto alla cute

circostante (foto D: freccia 2).

6. A circa 0.3 cm caudalmente ad essa si apprezza altra d iscromia cutanea circolare, d i

d iametro pari a 0.5 cm, avente cromatismo rosso-nerastro, contorni scarsamente

irregolari e consistenza, al tatto, aumentata rispetto alla cute circostante. (foto D:

freccia 3).

7. In regione fronto-temporale sinistra si rileva area d iscromica cutanea verdastra, d i

foggia grossolanamente circolare (foto D: freccia 4), in cui risu ltano inscritte due

aree discromiche cutanee lineariformi.

8. Quella craniale (foto D: freccia 5), a partenza dall estremità laterale del sopracciglio

sinistro, presenta cromatismo verde-brunastro, orientamento caudo-craniale ed

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antero-posteriore (rispetto all asse fronto-occipitale del cranio), d imensioni pari a 5

x 0.5 cm, contorni d iscretamente regolari e netti e consistenza, al tatto, analoga ai

tegumenti limitrofi.

9. Quella più caudale (foto D: freccia 6), d istanziata da quest ultima per un tratto pari

a 2 cm circa, presenta cromatismo viola-brunastro, medesimo orientamento d i

quella prima descritta, d imensioni pari a 4 x 0.7 cm circa, contorni d iscretamente

regolari e netti e consistenza, al tatto, analoga alla cute circostante

10. In corrispondenza della regione orbitaria laterale superiore sinistra, la cute risulta

interessata da d iscromia rosata, ovalare, ad asse maggiore (orientato in senso

cranio-caudale, medio-laterale, rispetto all asse longitudinale del soma) d i

lunghezza pari a 4 cm ed asse minore d i 2 cm; essa presenta contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga ai tessuti limitrofi (foto D: freccia 7).

11. Inscritta in codesta lesività, si reperta area d iscromica cutanea, rosso-brunastra,

nastriforme, ad asse maggiore, orientato in senso cranio-caudale, medio-laterale,

rispetto all asse longitudinale del soma, d i lunghezza pari a 2 cm ed asse minore d i

1 cm, a contorni netti e d iscretamente regolari e consistenza, al tatto, aumentata

rispetto alla cute circostante (foto D: freccia 8).

12. La palpebra inferiore sinistra, in prossimità della commissura palpebrale laterale,

presenta d iscromia rosso-nerastra, d i forma navicolare, d i d imensioni pari a 0.5 x

0.3 cm, a contorni irregolari e consistenza, al tatto, lievemente aumentata rispetto

alla cute limitrofa (foto D: freccia 9).

13. In corrispondenza della congiuntiva bulbare destra si apprezzano due elementi

puntiformi, di diametro pari a 0.1 cm circa, di cromatismo rosso-violaceo, a contorni

netti e non confluenti tra loro.

14. In regione zigomatica sinistra, si apprezza d iscromia cutanea rosata circolariforme,

d i d iametro pari a 4 cm, a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga alla cute

circostante (foto D: freccia 10), in cui risu ltano inscritte tre aree d iscromiche

cutanee, nastriformi, parallele tra loro e rispetto all asse longitudinale del soma, d i

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cui quella posta medialmente (foto D: freccia 11), presenta d imensioni pari a 2.5 x

0.1.

15. Quella intermedia a 2 x 0.5 cm (foto D: freccia 12)

16. Quella laterale 1.8x 0.8 cm (foto D: freccia 13)

17. Dall estremità craniale della lesività d isposta medialmente, si d iparte,

perpendicolarmente e lateralmente, u lteriore d iscromia cutanea, rosso-nerastra, d i

d imensioni pari a 1 x 0.3 cm, contraddistinta da contorni netti, d iscretamente

irregolari e consistenza, al tatto, aumentata rispetto alla cute limitrofa.

18. In regione geniena sinistra, ad 1 cm caudalmente alle suddette lesività si reperta

u lteriore d iscromia rosata, ovalare, ad asse maggiore (orientato parallelamente

rispetto all asse longitudinale del soma) d i lunghezza pari a 3 cm ed asse minore d i

1.5, contraddistinta da contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga ai tessuti

circostanti (foto E: freccia 2).

19. La cute sovrastante l ala sinistra del naso, presenta piccola area d iscromica nerastra,

lineariforme, orientata parallelamente, rispetto all asse longitudinale del soma, d i

lunghezza pari ad 0.5 cm, a contorni d iscretamente regolari e consistenza, al tatto,

aumentata modicamente rispetto alla cute circostante (foto E: freccia 3).

20. Lateralmente a detta lesione, la cute dell ala sinistra del naso presenta tenue

d iscromia rosata d i consistenza, al tatto, analoga ai tessuti viciniori (foto D: freccia

14).

21. In sede naso-labiale sinistra si obiettiva d iscromia, rosata, arciforme, a concavità

caudale, d i d imensioni pari a 4.5 x 0.3 cm, a contorni sfumati e consistenza, alla

palpazione, analoga ai tessuti viciniori (foto E: freccia 4).

22. Il labbro superiore, in corrispondenza della linea mediana, presenta d iscromia

lievemente arciforme a concavità laterale sinistra, d i d imensioni pari a 0.5 x 0.2 cm,

avente le medesime caratteristiche morfo-cromatiche d i quella precedentemente

descritta (foto E: freccia 5).

23. Il labbro superiore, inoltre, in corrispondenza del suo margine libero, risu lta

interessato, per tutta la sua lunghezza, da tenue discromia viola-bluastra, a contorni

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irregolari e consistenza, al tatto, aumentata rispetto alla mucosa circostante (foto F:

freccia 1).

24. La regione circostante il frenulo del labbro superiore, all altezza degli incisivi

mediali e laterali, appare interessata da d iscromia bluastra sottogengivale, ovalare,

ad asse maggiore (orientato perpendicolarmente rispetto all asse longitudinale del

soma) d i lunghezza pari a 2.5 cm ed asse minore d i 1 cm, a contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga ai tessuti gengivali limitrofi, integri (foto F: freccia 2).

25. Il labbro inferiore, in corrispondenza del suo margine libero, risu lta interessato, per

tu tta la sua lunghezza, da d iscromia viola bluastra, a contorni irregolari, d i

consistenza, al tatto, aumenta rispetto alla mucosa circostante (foto G: freccia 1).

26. All emiarcata inferiore sinistra, in corrispondenza del frenulo, in sede sotto

congiungivale, all altezza dell incisivo mediale e laterale, si rileva d iscromia

nerastra, rettangolariforme, d i d imensioni pari a 1.5 x 1 cm, ad asse maggiore

d isposto perpendicolarmente rispetto all asse longitudinale del soma, a contorni

sfumati e consistenza, al tatto, analoga alla mucosa gengivale limitrofa, integra (foto

G: freccia 2).

27. In regione mentoniera si apprezza discromia rosata, circolariforme, di diametro pari

a 4 cm, contorni sfumati e consistenza, alla palpazione, analoga ai tegumenti

viciniori (foto F: freccia 3).

28. In regione mentoniera sinistra si rinviene altra d iscromia viola-brunastra

lievemente arciforme, a concavità mediale, d i lunghezza pari a 2 cm, a contorni

sfumati e consistenza, al tatto, analoga ai tessuti limitrofi (foto F: freccia 4).

29. In regione sottomandibolare sinistra, si obiettiva d iscromia rossastra, nastriforme, ad asse

maggiore (orientato in senso cranio-caudale, latero-mediale rispetto all asse longitudinale

del soma) d i lunghezza pari ad 1 cm ed asse minore d i 0.2 cm, a contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga alla cute circostante (foto F: freccia 5).

30. A circa 0.3 cm caudalmente e parallelamente ad essa si rinviene altra d iscromia, d i

lunghezza pari a 0.5 cm, avente le medesime caratteristiche morfo-cromatiche d i

quella sopra descritta (foto F: freccia 6).

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31. La superficie u lnare del polso destro presenta d iscromia rosata, circolariforme, d i

d iametro pari a 1.5 cm, a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga alla cute

circostante (foto H: freccia 1).

32. A 2 cm da questa, la superficie volare del polso, lungo la stessa linea, presenta altra

area d iscromica, circolariforme, d i d iametro pari a 1.5 cm, avente le medesime

caratteristiche morfo-cromatiche d i quella precedentemente descritta (foto H:

freccia 2).

33. La superficie dorsale del polso destro, a circa 1 cm inferiormente al processo

stiloideo dell u lna, presenta d iscromia rosata, lineriforme, perpendicolare all asse

longitudinale dell arto, d i lunghezza pari a 1.5 cm, a contorni netti e consistenza, al

tatto, analoga ai tegumenti limitrofi (foto I: freccia 1).

34. A 2.5 cm medialmente e cranialmente da questa, si obiettiva u lteriore d iscromia, d i

lunghezza pari a 3 cm, aventi le medesime caratteristiche morfocromatiche d i

quella sopra descritta (foto I: freccia 2).

35. La superficie dorsale della mano destra, in corrispondenza del tratto d istale del 2°

raggio metacarpale e della corrispondente articolazione metacarpo-falangea,

presenta due aree d iscromiche (inscritte nella circolare area ipercromica descritta

precedentemente) rosso-nerastre, circolariformi, d i d iametro pari a 0.5 cm, a

contorni sfumati e consistenza aumentata al tatto. Area d iscromica delle medesime

caratteristiche morfo-cromatiche d i quella testè descritta, si rileva anche in

corrispondenza della superficie dorsale della seconda articolazione metacarpo-

falangea destra (foto I: freccia 3).

36. La regione olecranica del medesimo arto presenta due aree d iscromiche: quella più craniale

(foto L: freccia 1), d i consistenza aumentata al tatto, presenta foggia ovalare, contorni netti

ed irregolari, asse maggiore (orientato in senso cranio-caudale e latero-mediale rispetto

all asse longitud inale dell arto), d i lunghezza pari a 1.5 cm ed asse minore di 1 cm;

37. Quella più caudale (foto L: freccia 2), d i consistenza aumentata al tatto, presenta

forma grossolanamente triangolare con lati d i lunghezza pari a 1.5 cm circa, e

contorni irregolari.

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38. Medialmente a quest ultima, a circa 0.5 cm, si rileva area d i superficiale ablazione

epidermica, nastriforme, ad asse maggiore (orientato in senso cranio-caudale,

medio-laterale, rispetto all asse longitudinale dell arto), d i lunghezza pari a 1cm ed

asse minore di 0.5 cm (foto L: freccia 3);

39. La superficie dorsale del tratto prossimale dell avambraccio destro, su lla linea

mediana, presenta d iscromia rosso-nerastra, circolariforme, d i d iametro pari a 0.5

cm, contraddistinta da contorni netti e lievemente irregolari e consistenza, al tatto,

aumentata rispetto alla cute circostante. Da questa si d iparte, cranialmente,

superficiale area d i ablazione epidermica, nastriforme, rosata, avente asse maggiore

(orientato parallelamente rispetto all asse longitudinale dell arto), d i lunghezza pari

a 1 cm ed asse minore di 0.5 cm.

40. La superficie d i suddetta lesività mostra taluni lembetti epidermici triangolariformi

che, sollevandosi, formano un angolo aperto infero-medialmente (foto L: freccia 4).

41. La porzione inferiore antero-laterale dell emiscroto sinistro, presenta discromia

violacea, ovalariforme, ad asse maggiore, disposto cranio-caudalmente e latero-

medialemente (rispetto all asse longitudinale del soma), di lunghezza pari a 3 cm

ed asse minore di 2cm, a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga ai

tessuti limitrofi (foto M: freccia 1).

42. In regione glutea destra si apprezzano tre aree d iscromiche cutanee, circolariformi,

di diametro pari a 2 cm (quella più mediale);

43. 2.5 cm (quella intermedia),

44. 2 cm (quella più laterale), d i cromatismo rosso-nerastro, contorni

irregolari e consistenza aumentata al tatto.

45. La superficie laterale della coscia destra, al terzo medio d istale, presenta d iscromia

verdastra, ovalare, ad asse maggiore, orientato perpendicolarmente rispetto all asse

longitudinale dell arto, d i lunghezza pari a 10 cm ed asse minore di 3 cm, a contorni

sfumati e consistenza, al tatto, analoga alla cute circostante (foto N: freccia 1);

46. Inscritta in codesta lesività si apprezza ulteriore area d iscromica rosata,

lineariforme, orientata perpendicolarmente rispetto all asse longitudinale dell arto,

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di lunghezza pari a 4 cm ed asse minore d i 0.2 cm, a contorni definiti e consistenza

alla palpazione, analoga ai tessuti viciniori (foto N: freccia 2).

47. La superficie posteriore della coscia destra, al terzo medio, presenta d iscromia

cutanea, circolare, d i d iametro pari a 3 cm, d i colorito bluastro, contorni sfumati e

consistenza, al tatto, analoga ai tegumenti limitrofi.

48. In sede sovrarotulea destra, si obiettavano due discromie cutanee, lineariformi,

parallele tra loro e d istanziate d i 1.5 cm l una dall altra, d isposte

perpendicolarmente rispetto all asse longitudinale dell arto, d i lunghezza pari a 3

cm e larghezza d i 0.2 cm, contraddistinte da cromatismo rosato e contorni netti e

consistenza, al tatto, analoga ai tessuti limitrofi (foto N: freccia 3). ( si tratta dunque

di due distinte lesività: n.d.r.).

49. In regione patellare omolaterale si apprezza area d iscromica cutanea verdastra

circolare, d i d iametro pari a 7 cm, a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga

ai tessuti limitrofi, in cui risu ltano inscritte due aree discromiche circolariformi,

rosso nerastre, a margini irregolari, d i d iametro pari a 1 cm (quella più craniale) e

1.3 cm (quella più caudale), d i consistenza aumentata al tatto. ( si tratta dunque d i

tre distinte lesività: n.d.r.)

50. In corrispondenza della superficie mediale del ginocchio destro si rilevano due

aree d iscromiche rosa violacee ravvicinate e parallele tra loro, orientate in senso

cranio-caudale, antero-posteriore rispetto all asse longitudinale dell arto, ciascuna

delle quali risu lta costitu ita da due contorni lineari netti e regolari violacei, lunghi

rispettivamente in senso cranio-caudale 3.5, 6, 2 e 4 cm e larghe 0.2 cm circa

delimitanti area cutanea integra rosae della larghezza d i circa 1.5 cm. Le estremità

laterali d i tali elementi convergono mediante breve tratto d i lunghezza pari a 0.5

cm. (foto O: freccia 1). (Si tratta dunque di due distinte lesività: n.d.r.).

51. La regione surale destra presenta d iscromia cutanea, circolariforme, d i d iametro

pari a 3 cm, avente le medesime caratteristiche morfo-cromatiche d i quella sopra

descritta.

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52. Il contorno supero-anteriore della regione malleolare mediale dell arto destro,

presenta area d iscromica cutanea rosa-violacea, nastriforme, ad andamento arcuato

a concavità inferiore, contraddistinta da contorni d iscretamente regolari e

consistenza, alla palpazione, analoga ai tessuti limitrofi (foto O: freccia 2).

53. In corrispondenza del contorno laterale della regione rotulea sinistra, si apprezza

area d iscromica cutanea rosso-nerastra, ovalare, ad asse maggiore, orientato

parallelamente rispetto all asse longitudinale dell arto, d i lunghezza pari a 2 cm ed

asse minore d i 1 cm, a contorni netti ed irregolari e consistenza, al tatto, aumentata

rispetto ai tessuti limitrofi. La superficie della suddetta lesione mostra taluni

lembetti epidermici triangolariformi, che, sollevandosi, formano un angolo aperto

lateralmente (foto P: freccia 1).

54. A 0.5 cm caudalmente a questa, si obiettiva altra d iscromia ovalare, ad asse

maggiore (orientato in senso cranio-caudale, latero-mediale rispetto all asse

longitudinale dell arto), d i lunghezza pari a 2.5 cm ed asse minore d i 1.5 cm,

contraddistinta da cromatismo rosso-nerastro, contorni netti e d iscretamente

regolari e consistenza aumentata al tatto (foto P: freccia 2).

Si è voluto riportare la descrizione completa di tutte le lesioni riscontrate all ispezione cadaverica esterna perché solo in questo modo è possibile avere chiaro il quadro dell intensità, della forza e della violenza esercitata su Federico Aldrovandi, ove si debba ammettere che tutti o quasi detti punti di lesività siano ascrivibili all azione degli agenti, o comunque all esito della colluttazione di Federico Aldrovandi con gli agenti. Un diversa lettura ed esposizione, più veloce e più sintetica, avrebbe reso meno vivido il quadro, potendo indurre a sottovalutare l importanza dell eccellente lavoro svolto dai consulenti medico legali dal punto di vista descrittivo. Ciascuno dei 54 punti di rilievo medico-legale potrebbe singolarmente dare corso ad un procedimento penale per lesioni. Non interessa qui rilevare la gravità e la rilevanza medico-legale di ciascuna di queste lesioni. Molte delle quali di rilievo minimo ma pur sempre riconducibili al campo penale delle lesioni lievi. Ciò che preme osservare è l insieme che appare indiscutibilmente indicativo di uno scontro violento, prolungato, doloroso, di una serie continua di contatti violenti, effetto delle due colluttazioni in cui Aldrovandi fu coinvolto. Il confronto con il tipo di lesioni riportate dagli agenti da risultati di tutta evidenza. Così come è evidente che eventuali lesioni del tipo di quelle lamentate dagli agenti non possono essere

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rilevate sull Aldrovandi per i limiti dell indagine autoptica e per l impossibilità della vittima di fornire indicazioni soggettive , atte ad individuare od ipotizzare lesioni di carattere muscolare o altri tipi di lesione interna. Ancora una volta ciò che interessa davvero è disporre di un quadro impressionistico, sulla base dell evidenza medico-legale, di un furioso corpo a corpo tra gli agenti di polizia e Federico Aldrovandi dal quale può ricavarsi l intensità della violenza da esso sprigionatasi, gli effetti osservabili di tale violenza e la durata. La stessa superficialità di quasi tutte le lesioni, rilevate sulle sole parti scoperte del volto e delle mani, nonché sugli arti sui quali gli agenti hanno ammesso di avere colpito con i manganelli ( sulle braccia e sulle mani possono osservarsi lesioni interpretabili anche come da difesa), confermano che eventuali pressioni sul busto non hanno lasciato traccia per la difesa apprestata dai diversi strati di indumenti, di minor consistenza sugli arti inferiori e superiori, anche per la presenza di indumenti a maniche corte, sui quali si è sviluppata la maggiore violenza dei colpi di manganello, un paio soltanto dei quali potrebbe avere colpito la testa, spaccandola , secondo la puntuale affermazione del dr. Sidero. Dalla sezione cadaverica risultano soffusioni emorragiche interne nel cuoio capelluto in regione occipitale e parietale sinistra e in parietale destra. Della complessa descrizione dello stato dei diversi organi, si tratterà in sede di discussione. Preme qui sottolineare la descrizione del cuore che non sarà oggetto di successiva discussione da parte dei medici-legali estensori:

Il cuore, del peso d i 280 g e d i forma tronco-conica, una volta posto sul piano d appoggio mantiene la forma. L epicard io è lucente, liscio, trasparente. Il tessuto ad iposo subepicard ico risulta scarsamente rappresentato ed il miocard io sottostante appare d i cromatismo bruno-violaceo. Alla presso-palpazione, la consistenza è mantenuta. Al taglio della punta, 3/4 della superficie d i sezione è costitutita dal ventricolo sinistro. Gli osti valvolari appaiono pervi e gli apparati valvolari sono normo-conformati ed indenni. Si dà atto che la camera ventricolare sinistra, nella regione compresa tra la valvola semilunare destra e posteriore e quella circostante la valvola semilunare sinistra, presenta d iscromia rosso-nerastra, a contorni sfumati e consistenza, al tatto, analoga, ai tessuti limitrofi.

Venivano prelevati campioni politissutali per le indagini istologiche ( encefalo, polmone, cuore, fegato, milza, reni surreni, cute della zona interessata dalla ferita in regione parietale sinistra ). I risultati dei rilievi istologici erano i seguenti:

IPOFISI: normorappresentate le componenti ghiandolare e nervosa. Spiccata congestione vasale. La capsula risulta talora slaminata con presenza al suo interno d i modesto spandimento eritrocitario (cfr. foto n. 21). Sporadiche aree d i ispessimento interstiziale, talora sostituente porzioni ghiandolari con tralci che si d ipartono in varie d irezioni (cfr. foto n. 22).

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ENCEFALO: abbondante replezione eritrocitaria dei lumi vascolari e notevole slargamento degli spazi pericellulovasali (cfr. fot n. 23). Modesto spandimento eritrocitario pervasale (cfr. foto n. 24). Sporadici addensamenti di elementi parvirorotondocellulari attorno alla parete vasale, dove risulta talora presente materiale granulare giallo-brunastro. CUORE: spiccata congestione vasale. Miofibrille di volume aumentato, così come aumentato risulta lo spazio interstiziale (cfr. foto n. 25). Evidenza dei nuclei e della striatura trasversale miofibrillare. Frequente aspetto retratto e francamente ondulato delle miofibre, colte longitudinalmente alle sezioni, nonché sovente

frammentate (cfr. foto n. 26-27). Frequenti ispessimenti interstiziali esclusivamente in sede perivasale. Presenza di rare emazie in sede interstiziale. POLMONE: spiccata congestione vasale e dei setti alveolari. Frequente presenza di eritrociti nei lumi alveolari, talora in abbondante quantità (cfr. foto n. 28). Alveoli sovente occupati da materiale amorfo, omogeneo, eosinofilo, acellulato (cfr. foto n. 29-30). Talora presenza di voluminose cellule a citoplasma occupato da materiale granulare brunastro, nei lumi alveolari. Talora interruzione dei setti alveolari. FEGATO: normorappresentata la citoarchitettura parenchimale. Aree con epatociti a citoplasma occupato da spazi otticamente vuoti ( a piccole gocce ; cfr. foto n. 31). Presenza di numerosi epatociti binucleati. In sede centrolobulare gli epatociti risu ltano talora con nucleo scarsamente visibile od assente, a citoplasma rigonfio ed ipotingibile. Spiccata congestione vasale e sinusoidale in particolare in sede centrolobulare. Presenza di rari elementi della serie bianca a nucleo plurilobato (cfr. foto n. 32). MILZA: normorappresentate le componenti pulpare rossa e bianca, e quella trasecolare, con follicoli linfatici nella norma per numero e d imensioni ed abbondante congestione dei seni (cfr. foto n. 33). RENE: d isegno glomerulo tubulare ben apprezzabile. Stasi ematica ubiquitaria. Tubuli talora coinvolti da spiccati fenomeni autolitici post-mortem (cfr. foto n. 34). SURRENE: maggiormente rappresentata la componente corticale rispetto alla midollare (cfr. foto n. 35). Presenza d i numerosissimi minuti spazi otticamente vuoti a carico della componente corticale. Congestione vasale (cfr. foto n. 36). CUTE: abbondante infarcimento eritrocitario d i tu tti i p iani tissutali, in particolare dello strato muscolare (cfr. foto n. 37-38).

Lindagine genetica sul sangue prelevato dal cadavere di Federico Aldrovandi e sulle tracce di sangue repertate in corso di sopralluogo consentiva di stabilire che un medesimo profilo genetico caratterizzava sia le tracce ematiche che il sangue dell Aldrovandi. Le tracce appartenevano quindi alla vittima. Sotto il profilo medico-legale, nessun particolare problema presentava la determinazione dell ora della morte, determinata in un arco orario compatibile con il dato circostanziale. Lora della morte veniva quindi determinata intorno alle ore 6,15 in concomitanza con l arrivo del primo mezzo del 118. Per la determinazione di cause e modalità della morte, i consulenti movevano dai risultati dell accertamento tossicologico. Assumevano che la concentrazione di

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morfina rinvenuta sul sangue di Aldrovandi rientrava nei valori di concentrazione riscontrati in soggetti venuti a morte in seguito all assunzione di oppioidi. I dati deponevano quindi per una certa abitualità nell assunzione ma anche per una assunzione non recentissima della sostanza, certamente non nell imminenza del decesso. I valori di ketamina riscontrati erano giudicati bassi . Tali valori non erano tali però da escludere gli effetti psicodislettici della sostanza e quelli sistemici a carico del sistema nervoso centrale e cardiovascolare. Molto importante la discussione delle lesività tegumentarie rilevate e descritte in sede di ispezione cadaverica. Anzitutto veniva definita la causa della ferita lacero contusa in regione parietale sinistra, lesione certamente vitale, compatibile con l applicazione di elevata energia meccanica (di entità sufficiente a vincere la resistenza elastica dei tessuti pericranici, ma non tale da creare discontinuità ossea e lesività del parenchima encefalico), a mezzo di corpo contundente dotato di superficie piana o convessa, comunque priva di angoli o margini taglienti, che aveva agito verosimilmente con direzione pressoché perpendicolare e con meccanismo verosimilmente combinato di compressione / scoppio . Tale conclusione era avvalorata dalla particolare forma lineare e lievemente ondulata della discontinuazione, dalla superficializzazione delle sue estremità ( più accentuata alla divaricazione manuale dei suoi margini), dalla presenza di alone ecchimotico uniformemente distribuito alla regione circostante la lesione stessa, nonché dalla particolare profondità delle residue lacinie fibrose. Ferita lacero-contusa doveva ugualmente definirsi la soluzione di continuo rilevata in sede parietale contro laterale. Si riconoscono le stesse modalità di produzione della precedente (compressione /scoppio). Luniforme distribuzione dell ecchimosi nella zona circostante la ferita induceva, infatti, ad ipotizzare un impatto perpendicolare di un corpo contundente avente le medesime caratteristiche morfo-strutturali di quello sopra descritto, che aveva agito, alla luce della modesta estensione ecchimotica e della modesta estensione della discontinuità cutanea, con vis lesiva di minore entità rispetto alla precedente. A questo punto i consulenti rendono omaggio a tutto il contenuto degli atti a loro disposizione e dichiarano non potersi escludere una diversa dinamica lesiva quale la proiezione ad elevata energia meccanica di un distretto anatomico (nella fattispecie il capo) contro struttura rigida a superficie piana o convessa e priva di angoli o margini taglienti (ad esempio cadute o precipitazioni al suolo, violento urto contro strutture rigide, ecc.). Sta di fatto che questa seconda, minore, ferita lacero contusa potrebbe essersi prodotta nella fase della prima colluttazione, nella quale gli atti e le testimonianze parlano appunto di caduta al suolo, dovendosi invece escludere gli atti di autolesionismo che non hanno alcun riscontro probatorio. I consulenti finiscono tuttavia con l escludere altre cause di produzione delle due ferite, diverse dal corpo contundente che colpisce le aree interessate, osservandosi che la

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disposizione parietale delle ferite lacere in sede alta del capo doveva far presumere l azione di un corpo contundente sul capo più che la proiezione del capo su di esso. In quest ultimo caso ci si sarebbe dovuto attendere una localizzazione più bassa delle ferite, interessante, cioè, la regione occipitale, o più facilmente raggiungibile come le regioni frontale e temporale, dovendosi peraltro ipotizzare,

in tale ultimo caso, una flessione ed inclinazione estrema del capo sui vari piani tale da consentire l impatto pressoché perpendicolare con la superficie rigida oppure una proiezione del capo verso l alto contro la stessa, posta perpendicolarmente ad esso. In pratica, realisticamente, le due ferite potevano essere solo conseguenze dell azione di un corpo contundente. Anche la superficiale escoriazione in regione occipitale sinistra, doveva ascriversi all azione di corpo contundente a superficie piana o convessa e priva di angoli o margini taglienti, che aveva agito con modalità di compressione / trazione ; a conforto di tale ipotesi il rilievo, nei tessuti circostanti la lesività, di area ecchimotica di non uniforme cromatismo, espressione di una energia lesiva non uniformemente distribuita (ossia maggiore nella porzione craniale dell area ecchimotica, di cromatismo verdastro, minore in quella di colorito rosa-violaceo). In questo caso poteva ipotizzarsi una minore applicazione di energia meccanica da parte del corpo contundente. Per la sua localizzazione, non poteva escludersi, come causa di produzione, un urto diretto del capo su strutture rigide, comunque di ridotta superficie di impatto. Linsieme delle discromie rosa-violacee, rilevate a carico dell emivolto sinistro (regione fronto-tempo-zigomatica, geniena), mentoniera, sottomandibolare sinistra, del polso destro, dell emiscroto sinistro e dell arto inferiore destro (superficie laterale della coscia, faccia mediale del ginocchio e regione malleolare mediale) potevano esse pure dirsi espressione di applicazione di azione contusiva, espressa da un mezzo a superficie piana o convessa e priva di angoli o margini taglienti, sufficiente a ledere le pareti vasali con conseguente spandimento emorragico consensuale, senza, però, discontinuare i tessuti sovrastanti. Osservano i consulenti come il meccanismo di produzione delle suddette discromie, definibili aree ecchimotiche, apparivano riconducibili ad applicazione di energia meccanica (propria di corpi contundenti o di mezzi naturali) atta a comprimere e, quindi, a schiacciare direttamente i vasi sanguigni contro le strutture sottostanti, determinando discontinuità delle pareti vasali e successivo stravaso ematico nei tessuti circostanti. Questa prevalente interpretazione, in termini concreti, equivale a dire percosse con manganelli o a mani nude. Ovvio poi che l approccio prudente dei consulenti e l obbligo di attenersi agli elementi in loro possesso, imponga una seconda subordinata ipotesi, priva, sappiamo ora, di qualsivoglia plausibilità alla stregua delle prove raccolte: un

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meccanismo opposto al precedente, per proiezione diretta e violenta di un distretto anatomico verso struttura rigida a superficie piana o dotata di spigoli arrotondati o smussi, comunque non taglienti. Esclusi gli atti di autolesionismo, questa ipotesi potrebbe avere un parziale fondamento in una proiezione dell Aldrovandi contro la carrozzeria dell autovettura, nel corso del primo scontro con gli agenti, proiezione idonea a produrre il danneggiamento della portiera dell auto e la rottura del vetro. Osservano ancora i consulenti come la particolare foggia delle lesioni ecchimotiche riscontrate a carico della regione temporo-zigomatica sinistra, di lunghezza prevalente rispetto alla larghezza, risultano compatibili con l applicazione di energia compressiva da parte di corpo contundente a struttura rigida, a superficie di

impatto regolare, di sezione ridotta. Ma identico meccanismo lesivo poteva essere ipotizzato per le discromie lineariformi rilevate a carico della regione dorsale del polso destro. Qui le lesioni da difesa contro i colpi di manganello sono chiaramente affermate. E sulla medesima linea tutte le altre lesioni sulle quali vi è sostanziale ammissione da parte degli imputati a carico della superficie laterale della coscia destra e della superficie mediale del ginocchio omolaterale, nelle quali si rilevavano discromie rosa violacee lineariformi, ravvicinate e parallele tra loro, orientate in senso cranio-caudale, antero-posteriore rispetto all asse longitudinale dell arto, ciascuna delle quali risultava costituita da due contorni lineari netti e regolari violacei, lunghi rispettivamente in senso cranio-caudale 3.5, 6, 2 e 4 cm e larghe 0.2 cm circa, delimitanti area cutanea di colorito roseo della larghezza di circa 1 cm. Benchè per dovere d ufficio non si escluda la solita causa alternativa della proiezione contro struttura rigida a sezione circolare o superficie convessa, la spiegazione del meccanismo produttivo, secondo l azione del corpo contundente, non ammette dubbi alla luce di quanto successivamente emerso. Si osservava, infatti, come le estremità laterali di tali elementi convergessero mediante breve tratto di lunghezza pari a 0.5 cm. Una tale conformazione era propria dell azione di un corpo contundente a sezione circolare agente, verosimilmente, sulla parte centrale della lesione considerata, con conseguente spremitura ematica laterale che per la particolare linearità del corpo contundente stesso produceva contorni netti e regolari, paralleli e distanziati proporzionalmente, anche se non necessariamente sovrapponibile in termini metrici, al diametro del corpo contundente utilizzato. Anche le altre lesioni non possono che avere avuto la medesima causa (l applicazione della forza da parte degli agenti, avendo il dibattimento escluso la fondatezza delle cause alternative ipotizzate ex ante dai consulenti). E quindi le discromie bluastre sottogengivali rilevate ad entrambe le arcate dentarie, anch esse ascrivibili, in virtù delle loro caratteristiche macroscopiche, ad aree ecchimotiche. Su queste il personale sanitario ed in particolare la dr.ssa Fogli ha radicalmente escluso la loro riconducibilità a manovre rianimatorie. Ne segue che, nonostante la mancanza di lesività esterne, anche per queste ferite le cause debbono essere ricercate nella fase della colluttazione, mediante uno specifico meccanismo di

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produzione. Ovviamente tutte le lesioni riscontrate dovevano temporalmente collocarsi in epoca recente rispetto alla morte. Anche le altre escoriazioni, più o meno modeste ( in regione frontale sinistra, in quella orbitaria, al naso, in regione olecranica destra, al dorso della mano, ai glutei) avevano la caratteristica di essere recenti e quanto al meccanismo produttivo veniva indicata l azione del mezzo

contundente, operante con azione tangenziale e successiva azione di sfregamento ed asportazione tissutale superficiale. In qualche caso la forza aveva agito in direzione opposta all apertura dell angolo dell escoriazione, prodottasi con lo sfregamento. Secondo i consulenti, quindi, il sangue rilasciato sull asfalto nella zona antistante il parco giochi e quindi alcune decine di metri più avanti rispetto al luogo ov era stato rinvenuto il corpo, derivava da una delle ferite lacero-contusive osservate. Ad opinione di chi scrive non necessariamente la più sanguinante, posto che altrimenti le macchie di sangue avrebbero dovuto essere più numerose. Avendo i consulenti indicato alternativamente come cause di produzione l azione di corpi contundenti, lasciando aperta l alternativa della proiezione del capo contro il corpo contundente, oltre naturalmente all ipotesi inversa, esclusa in base all evidenza l atto autolesivo, residuano come alternative concrete il colpo di manganello o la proiezione del capo contro il corpo contundente da parte di terze persone e quindi da parte degli agenti. La caduta dallo sportello è oltre che scarsamente verosimile, incompatibile con le relazioni di servizio nelle quali si parla di caduta in avanti e di lesione alla bocca come conseguenza, dinamiche entrambe escluse dai rilievi medico-legali. Quanto alla lesione alla scroto, al di là della spiegazione che tendono a darne gli imputati, piena compatibilità della stessa con un colpo di manganello o con un calcio sferrato nel corso della colluttazione, secondo esplicita indicazione dei consulenti in relazione, confemata a dibattimento. Le lesività ecchimotiche alla coscia e al ginocchio destro sono senza esitazione ascritte all azione di contenimento . Altrettanto pacifico deve ritenersi che il tentativo di ammanettamento sia stato la di causa delle lesioni al polso destro. Tutte le altre aree ecchimotiche e/o escoriate vanno sicuramente ricondotte allo scontro fisico Si tratta, secondo i consulenti, di generica espressione dell applicazione di energia meccanica quale urto o compressione su superfici rigide piane o smusse (pali, muro, manto stradale) o dell

applicazione di corpo contundente variabile per dimensione o forma, comunque privo di margini taglienti, capaci di discontinuare i tegumenti, descrizione del tutto compatibile con l uso del mnganello, ovvero mezzi naturali, quali gli arti degli imputati. Ancora del tutto plausibile l attribuzione delle ferite ai glutei alla colluttazione di Aldrovandi con gli agenti di polizia. Le ecchimosi lineariformi presenti in regione tempo-parietale sinistra risultano compatibili con la pressione dei tegumenti su struttura rigida

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dotata di margine regolare e rettilineo, e quindi con la compressione della testa al suolo. Allo stesso modo le aree escoriate presenti in regione occipitale sinistra, in regione frontale ed orbitaria sinistra, all ala del naso omolaterale, alla regione olecranica destra e al dorso della mano omolaterale, nonché al gluteo destro ed alle regioni rotulee, risultano compatibili con le fasi di immobilizzazione a terra del giovane in posizione supina, ovvero prona, cui seguiva traumatismo tangenziale della cute per attrito contro il manto stradale. In particolare, le superficiali aree escoriate presenti all emivolto sinistro, risultano compatibili con l attrito sul manto stradale conseguente alla immobilizzazione in posizione prona dell Aldrovandi. La descrizione e la spiegazione delle innumerevoli ferite riportate dall Aldrovandi convergono con i riscontri dibattimentali che fanno riferimento ad una prolungata azione violenta dei quattro agenti che si avvalsero dell uso di manganelli con i quali colpirono l Aldrovandi in varie parti del corpo, continuando dopo che lo stesso era stato costretto a terra e qui immobilizzato al suolo, nonostante i verosimili ma impari tentativi del ragazzo di sottrarsi alla pesante azione di contenimento che ne limitava il respiro e la circolazione. La parte meno soddisfacente della relazione dei consulenti è quella conclusiva che passiamo ora ad esporre. Va tuttavia sin d ora osservato come, sia pure con tutta la prudenza nel non prendere una posizione esplicita in nessuna direzione, dovuta anche alla parzialità dei dati circostanziali a loro disposizione, dovendo essi far riferimento in pratica alle sole versioni difensive degli imputati, le osservazioni dei consulenti sono pienamente compatibili con la tesi d accusa e certamente valorizzabili in questa direzione in combinazione con tutti gli altri elementi emersi dall istruttoria dibattimentale, oltre che con il decisivo intervento del prof. Thiene. Nella parte della relazione più direttamente rivolta alla spiegazione delle cause della morte, i consulenti osservano anzitutto che in sede di sezione cadaverica non erano state riscontrate alterazioni riconducibili a processi morbosi di origine naturale o spontanea, né lesività traumatiche potenzialmente significative nel determinismo del decesso. Ciò significa che tutte le possibilità esplicative della morte rimanevano in quel momento aperte. Asserivano, peraltro, di avere riscontrato spiccata congestione poliviscerale, iperfluidità ematica, talune petecchie sub-pleuriche e discreta iperespansione. Indenne l impalcatura scheletrica. Inoltre, l indagine istologica aveva permesso di apprezzare franco edema e congestione cerebrale, edema cardiaco con miofibre ad andamento ondulato ovvero retratto , nonché frammentate; a livello polmonare

spiccata congestione vasale e dei setti, discreto edema, spandimenti eritrocitari endoalveolari, talora presenza di interruzioni dei setti alveolari, presenza di cellule macrofagiche intralveolari a citoplasma granulare. A livello epatico

spiccata congestione vasale e dei sinusoidi con aspetti di stasi centrolobulare, aree di steatosi a piccole e medie gocce, circoscritte aree di sofferenza epatocitaria, presenza di numerosi epatociti

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binucleati e colestasi. A carico di milza, rene e surrene

spiccata congestione. Il

tessuto cutaneo prelevato in corrispondenza della ferita lacera presente in regione parietale sinistra, risultava interessato da spiccata infiltrazione eritrocitaria.

In assenza di trauma cranico e di conseguenti ematomi e diffuse emorragie, doveva escludersi il ruolo eziopatogenetico delle ferite alla testa e al volto. Neppure la quantità di sangue perduta, stimata in 200-300 ml, poteva dirsi condizione sufficiente ad assumere un ruolo eziopatogenetico. Per determinare le cause della morte erano quindi decisive i dati storico circostanziali e le circostanze chimico-tossicologiche. Le sostanze stupefacenti rinvenute nel cadavere, per quanto in quantità modeste, sarebbero state efficaci, a produrre, per quanto riguarda la morfina, diffusa vasodilatazione ed indebolimento della funzione respiratoria; e per quanto riguarda la ketamina, effetti psicodislettici e cardiovascolari; tipici effetti lievemente euforizzanti ascrivibili all alcol. In base alle risultanze cliniche i consulenti non sono assolutamente in grado alcuna ipotesi esplicativa del meccanismo letifero e devono rimettersi al dato circostanziale, un dato che, come abbiamo visto, è in quel momento parziale confuso, frammentario e quindi del tutto fuorviante. Vediamo come i consulenti leggono i dati ma osserviamo soprattutto come tutti i dati circostanziali che da questo momento in avanti gli stessi pongono a base della propria diagnosi siano stati ridimensionati, contraddetti ed in buona parte falsificati dall istruzione dibattimentale. Ne segue che tutte le conclusioni dei consulenti, a partire da questo momento, così come quelle di tutti i consulenti della difesa che su una base sostanzialmente simile si fondano, sono letteralmente strutture, castelli, fondati sulla sabbia. Teorie basate su apriori metafisici, perché niente di effettivo, concreto e specifico si è in grado di dire su effettività, natura, intensità, cause e momento d inizio dell agitazione psicomotoria di Federico Aldrovandi, ragion per cui, anche ammettendo in ipotesi che un tale stato realmente sussistesse, le diverse combinazioni delle predette circostanze che possono astrattamente ottenersi, nessuna tale da giustificare un effettiva condizione di excited delirium syndrome, della quale non emergono in nessun modo le devastanti forme di manifestazione clinica , neppure nella versione difensiva dibattimentale estrema degli imputati,

rendono del tutto aleatorie le conclusioni che da un tale dato di base si volessero trarre. Il dato circostanziale in queste condizioni opera come un autentica petizione di principio, nel senso che data la conclusione che si deve raggiungere, esso viene liberamente ricostruito in funzione dell obbiettivo. I consulenti ricavano l agitazione psicomotoria di Federico Aldrovandi, dalle testimonianze dei residenti. Vedremo come queste testimonianze siano non congruenti all anzidetto scopo dimostrativo e consentano invece di ascrivere l agitazione ad un momento pressocchè contestuale arrivo della polizia e non precedente o non molto precedente.

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I consulnti riconducono l agitazione psicomotoria di Aldrovandi come atto di fede alle sostanze assunte, senza porsi il problema se quel mix possa davvero produrlo. Sappiamo che la premessa dei consulenti è spazzata via dai periti d ufficio i quali, volendo pur sempre spiegare la morte con l agitazione psicomotoria, devono presumere l assunzione di una sostanza eccitante, l LSD, di cui non vi è traccia nell analisi chimico-tossicologica che pure, come visto, si è spinta a ricercare ogni genere di sostanza astrattamente idonea a produrre quegli effetti, senza alcun risultato. I periti per il loro scopo si fonderanno sul testimoniale che è peraltro, come vedremo, assai contraddittorio, senza comunque spiegare plausibilmente il rapporto tra assunzione certa ed effetti dati, con un assunzione che non lascia traccia all analisi. Lo stato di agitazione di Federico Aldrovandi, di cui sappiamo pochissimo, diventa così motore immoto, primum movens, per ricostruire un eziopatogenesi della morte dalla quale spariscono in un primo momento i 54 punti di contatto lesivi, salvo un recupero in una prospettiva secondaria che dimostra come l ipotesi di un contributo causale della colluttazione fosse ben presente nelle menti dei consulenti e realisticamente fondata sull insieme dei fattori lesivi da essi riscontrati e descritti, anche se non accolta in un contesto investigativo nel quale quell ipotesi era stata palesemente accantonata. Secondo i consulenti del p.m., lo stato di agitazione psicomotoria è di per sé una basilare condizione di stress nella quale vengono ad attivarsi complessi meccanismi neuro-endocrini principalmente rappresentati dall incremento ematico di catecolammine (peraltro verosimilmente favorito anche dall azione simpaticomimetica della ketamina), responsabili di effetti isotropi e cronotropi a carico del sistema cardiovascolare, nella fattispecie aumento della contrattilità e della frequenza cardiaca, seguiti da un successivo incremento della gittata cardiaca e conseguente aumento del fabbisogno di ossigeno da parte del miocardio. Tale richiesta non veniva adeguatamente soddisfatta in virtù dell azione deprimente la funzione respiratoria indotta dalla morfina. Le sostanze stupefacenti agiscono quindi sul meccanismo patologico conseguente all insorgenza dello stato di agitazione psicomotoria ma non intervengono come causa esse stesse dell agitazione. Origine, natura e soprattutto intensità dell agitazione tali che il meccanismo sinergico morfina/ketamina possa agire in modo intrinsecamente letale, rappresentano un buco nero sul piano esplicativo; non vi i n realtà è alcuna spiegazione del meccanismo letale, ancorata a dati sicuri; si tratta di una assunzione apriori per far funzionare un ragionamento per più versi traballante. I consulenti del p.m. non pensano di poter fornire una spiegazione della causa di morte che prescinda dallo scontro fisico di Federico con la polizia. Hanno diligentemente segnalato 54 punti lesivi, e quindi uno scontro fisico prolungato, doloroso e violento che non può essere considerato ininfluente rispetto allo stato in cui si trova Federico al momento del contatto della polizia. Il livello, il grado, gli

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effetti della postulata agitazione sono tutt altro che indifferenti rispetto al meccanismo eziopatogenetico che i consulenti vanno costruendo. Ed infatti essi scrivono testualmente in relazione che questa precaria condizione cardiaca si sommava agli eventi stressogeni a franca impronta emotiva e fisica, che si instauravano in occasione del successivo intervento delle Forze dell Ordine, con ulteriore incremento ematico di catecolammine comportanti una condizione di sofferenza ischemica miocardica conseguente alla discrepanza tra l aumentata richiesta di ossigeno da parte del muscolo cardiaco ed il ridotto apporto ematico, venendosi a creare, pertanto, quel substrato necessario per l instaurarsi di un insufficienza contrattile acuta del miocardio, ovverosia, un incapacità da parte del cuore di mantenere una portata sistolica valida a soddisfare il fabbisogno metabolico dell organismo; tale ipotesi risultava supportata dal rilievo microscopico di spiccato edema intermiofibrillare, dal frequente aspetto ondulato , retratto e spesso frammentato delle miofibre.

La somma dell agitazione più gli effetti stressogeni dell intervento delle forze dell ordine rafforzano il meccanismo deficitario tra richiesta di ossigeno da un lato e ridotta capacità respiratoria per l azione della morfina fino a produrre l insufficienza miocardica acuta. Ma come valutare in questa prospettiva quei segni che indicano un insufficienza polmonare indotta dall esterno? La spiegazione dei consulenti deve mantenersi coerente. Lapparato respiratorio si congestiona da solo nel corso dello stress. Ma qui vi è una debolezza intrinseca che gli esperti della difesa cercheranno di tamponare. Perché Federico si agita oltre il limite della sua capacità di respirare? Su questo punto Malaguti e Lumare tacciono. La loro ricostruzione è assolutamente deterministica. Federico va volontariamente incontro alla morte, sforzandosi oltre ogni limite con piena libertà di autodeterminarsi, salvo gli effetti degli stupefacenti le cui azione dovrebbe limitarsi a deprimere la respirazione in un contesto di accresciuta richiesta di ossigeno ma non a fargli perdere la coscienza dell intensità dello sforzo. Il meccanismo che i consulenti del p.m. descrivono è lineare, si autoalimenta senza una specifica ragione, una volta escluso dal nesso un qualsiasi contributo causale dell azione degli agenti, ragion per cui essi scrivono:

E , inoltre, da sottolineare, che questo d isequilibrio della pompa card iaca comporta

inevitabilmente un progressivo rigurgito d i sangue nella circolazione polmonare, provocando aumento pressorio nelle vene polmonari, trasmesso ai capillari (che, come nel caso d i specie, possono sfiancarsi e lacerarsi promuovendo la formazione d i petecchie , ossia piccoli spandimenti emorragici sub-pleurici) e conseguente congestione multiviscerale ed edema polmonare (anch essi ben testimoniati non solo dai rilievi emersi dalla lettura istologica, ma anche da quelli rilevati macroscopicamente a carico dei visceri ove si evidenziava abbondate percolatura ematica dalle superfici d i sezione ed aumento d i peso con d iscreta schiumosità a carico dei polmoni).

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Gli effetti dello scontro sono tutti a carico di Federico. Lazione di contenimento degli agenti sfuma nell indeterminato ma è comunque priva della minima influenza nel meccanismo che conduce alla morte. Una conclusione in tali termini sarebbe stata letteralmente impresentabile. I consulenti si rendono conto che la loro analisi esige di essere raddrizzata e inseriscono qui, senza discuterlo, quel fattore aggiuntivo su cui i consulenti della parte civile si inseriranno in pieno per fornire un interpretazione non solo decisamente più realistica dell intera vicenda ma che consentirà di rivoltare in senso colpevolista l intera costruzione della consulenza Malaguti-Lumare. Una volta rimessa in gioco l azione degli agenti, la stessa acquisisce un ruolo decisivo e determinante nell evento per quella specifica azione deprimente della respirazione i cui segni, riscontrati dai consulenti, rimandano a fattori esterni. Scrivono i consulenti essere doveroso sottolineare come dalle risultanze storico-circostanziali risultasse che l immobilizzazione e l ammanettamento dell Aldrovandi avesse richiesto un particolare impegno e partecipazione da parte delle Forze dell Ordine intervenute e che alcune di tali fasi avvenivano con il sunnominato in posizione clinostatica . In tale situazione poteva ipotizzarsi anche l instaurarsi di una condizione di ridotta escursione dei movimenti respiratori della gabbia toracica con possibile conseguente insufficiente apporto di ossigeno a livello polmonare. Rimessa in gioco l ipotesi più reale e concreta, la successiva riserva appare estremamente debole e quasi un auto giustificazione. Basteranno le esperienze e la competenza degli ottimi consulenti della parte civile ed elementari rilievi logici per rendere irrilevante il contro argomento di Malaguti Lumare che suona così:

Tuttavia il mancato riscontro d i lesività traumatiche a carico del tessuto cutaneo, sottocutaneo,

muscolare ed osseo a livello toracico, appare poco suggestivo per una valida ed importante compressione applicata sulla gabbia toracica. Infatti nelle forme classiche d i immobilizzazione del mantice respiratorio la compressione esercitata risulta tale da produrre franca protrusione dei globi oculari, turgore delle labbra e del volto con aspetto tip ico d i maschera ecchimotica conseguente a scarsa o nulla ossigenazione ematica.

Una violazione da manuale della legge di Hume; dall essere non può derivarsi alcuna norma. La prevalenza di situazioni quale quella descritta da Malaguti e Lumare non vieta affatto che il caso in esame appartenga alla categoria di casi nei quali quel fenomeno non è stato osservato e alla quale ha tutto il diritto di essere ascritto. Lultimo argomento costituisce un altra manifesta contraddizione logica:

La presenza, altresì, d i abbondanti ipostasi, d i iperfluid ità ematica, spiccata congestione poliviscerale, d i petecchie congiuntivali a destra e sub-pleuriche, non risultano rilievi specifici d i meccanismo asfittico d i tipo meccanico potendosi frequentemente rilevare anche per morti cardiache o di natura tossicologica.

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Laspecificità dei segni non rende necessario ma non esclude il meccanismo eziopatogenetico alternativo legato all azione violenta, incontrollata ed eccessiva degli agenti. Anzi, in assenza di spiegazioni alternative dell evento, quel quadro si combina perfettamente con un azione che presenta tutte le caratteristiche per essere l elemento in più di innesco del meccanismo letifero. Lultimo argomento dei consulenti del p.m. consiste in una arbitraria e approssimativa lettura del dato circostanziale:

In aggiunta, dall attenta lettura della documentazione agli atti, risulta che alle ore 06.04, veniva

richiesto l intervento dell ambulanza, motivata per la particolare agitazione psico-motoria dell ALDROVANDI e per la fuoriuscita di sangue dal cavo orale , ritenendosi tale momento, a parere degli scriventi, dotato comunque d i significativa criticità tanto che viene descritta una intermedia fase d i relativa affievolimento della forza espressa dell ALDROVANDI, da cui risulta d ifficile pensare che in questo contesto fosse necessario, per il suo contenimento, il gravare sulla sua persona in posizione prona di uno o più agenti.

Malaguti e Lumare non si pongono minimamente il problema di spiegare sulla base della loro teoria come Federico, che avrebbe smesso di agitarsi dopo le 6,04, sia morto per effetto dell agitazione psicomotoria, alle ore 6,15, senza che gli agenti negli ultimi minuti abbiano compiuto alcun atto idoneo a limitare la respirazione del soggetto. Le conclusioni dei consulenti del p.m. Malaguti e Lumare secondo cui la causa e la modalità della morte di Federico ALDROVANDI risiederebbe in una insufficienza miocardica contrattile acuta, sostenuta da una condizione di particolare stress psico-fisico, determinante massimale stimolazione simpatica responsabile dell incremento dell attività cardiaca e, quindi, del suo fabbisogno di ossigeno, non adeguatamente supportato per l indebolimento funzionale dei centri respiratori bulbari, conseguente all assunzione di eroina, ketamina ed alcool, appare priva di fondamento in quanto non spiega, in assenza di fattori concausali e costrittivi, la ragione per cui l agitazione di Federico Aldrovandi avrebbe dovuto raggiungere, naturalmente e volontariamente, quello stato parossistico che avrebbe comportato l arresto cardiaco. Senza l excited delirium syndrome la spiegazione dei consulenti non si sostiene. Ed ecco perché solo questa particolare sindrome può sostenere le ragioni della polizia nei casi di morte susseguenti a scontri violenti. Ma la sindrome è uno strumento delicato che oltre ad essere assai discusso, non può essere tirata fuori e applicata in tutte le situazioni nelle quali è difficile giustificare l azione degli agenti. Né può essere agita fuori dai casi nei quali essa è effettivamente riscontrabile in base alla letteratura. Senza anticipare ragionamenti che andranno svolti altrove, resta il fatto che, senza ammettere e spiegare un caso di excited delirium syndrome, le conclusioni di Malaguti e Lumare sono prive di consistenza. E poiché della sindrome Malaguti e Lumare non parlano, dobbiamo ricavarne a livello meramente

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indiziario che anche per i consulenti non ve ne fossero i presupposti e che i due medici legali non abbiano azzardato un ipotesi che, in base allo stesso testimoniale raccolto dalla polizia, non era in grado di sostenerla, esponendosi per giustificare le proprie conclusioni a delle critiche piuttosto agevoli anziché percorrere l impervia via della sindrome che verrà richiamata in una fase successiva, quando apparirà chiaro che da Malaguti e Lumare i consulenti tecnici della parte civile traevano argomenti invincibili per dimostrare la responsabilità degli imputati.

3. La consulenza medico-legale di parte civile.

Nei giorni successivi al deposito della relazione Malaguti-Lumare, i medici legali incaricati dalla difesa dei familiari della vittima, replicavano con note scritte nelle quali erano sottolineate le più evidenti debolezze delle conclusioni dei consulenti d ufficio. I dottori Zanzi e Gualandri avevano buon gioco nel sottolineare il nessun peso attribuito dai consulenti d ufficio alle circostanze dell ammanettamento e della restrizione fisica del soggetto in posizione prona con le mani ammanettate dietro la schiena, posizione di per sé idonea a ridurre la capacità di ventilazione dei polmoni. Ricordavano come casi di morti improvvise di soggetti sottoposti a restrizione fisica erano ben noti in letteratura ( malati psichiatrici, soggetti arrestati dalle forze di polizia), casi questi ultimi, rari in Italia, ma conosciuti e studiati negli Stati Uniti. Per questi esperti è chiara la complessità della diagnosi in casi nei quali i riscontri autoptici sono di regola aspecifici. Laccurata definizione delle circostanze nelle quali è avvenuta la morte è condizione per stabilire una relazione causale tra restrizione e morte. Diventa quindi fondamentale stabilire il momento in cui vi è perdita di coscienza cui segue la morte. La morte di Federico Aldrovandi era certamente fenomeno inatteso, prodotto da fenomeni morbosi rapidamente letali consumatisi in un tempo inferiore alla mezz ora. Il dato esposto è sostanziale e non va perduto mai di vista. Vi è concordia nell escludere la dimostrabilità di un rilievo causale diretto delle lesioni cranio encefaliche traumatiche, così come nella mancanza di segni di patologia di natura spontanea. In merito alle sostanze rilevate all indagine tossicologica, si sottolinea l ininfluenza dell alcolemia, ad un tasso inferiore al limite legale per la capacità di guida di autoveicolo; una concentrazione minimale di ketamina, largamente al di sotto dei livelli di significatività. Per quanto concerne la concentrazione di morfina, si sottolinea l errore metodologico consistente nel non tenere conto che gli effetti mortali della morfina non sono dose-dipendenti. Non basta il rilievo della quantità nel sangue per affermarsene un ruolo causale, occorrendo che siano soddisfatti altri criteri. Tra questi il criterio clinico-circostanziale. E ovviamente le circostanze della morte di Federico Aldrovandi non convergono con la casistica di morti correlate ad abuso da oppiacei ( agitazione psicomotoria vs stato di ottundimento/sedazione

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acuto con edema polmonare). La morfina deprime sì l attività respiratoria ma tale depressione non rappresenta un problema clinico se non in quanto coesistano patologìe polmonari. Il problema del meccanismo letifero nel caso di specie poteva essere risolto soltanto con un accurata correlazione dei riscontri autoptici e del dato circostanziale. Pacifico che il soggetto al Link avesse assunto sostanze stupefacenti ( eroina, ketamina e bevuto una birra). Al rientro a Ferrara era descritto dagli amici come tranquillo ed assopito. Ragionando sulle stesse relazioni di servizio degli agenti e sul materiale documentale disponibile al tempo, i consulenti di parte civile osservano come il primo dato da prendere in considerazione fosse la marcata agitazione psico-motoria del soggetto descritta nelle relazioni. Osservano i consulenti come un agitazione del livello e dell intensità descritte appartiene a soggetti con psicosi acuta, schizofrenia, sindromi maniacali, elevate concentrazioni ematiche di cocaina e meta anfetamine o altri stimolanti. La quantità e la qualità delle sostanze rinvenute nel sangue spiegavano solo in parte l agitazione psicomotoria descritta. Questa si era certamente autoalimentata durante la colluttazione. Per i due consulenti di parte l agitazione psicomotoria del soggetto è comunque un dato di partenza dal quale l analisi può muovere. Ma il secondo dato è sicuramente costituito dai violenti sforzi compiuti da Aldrovandi durante la colluttazione nella quale tutti i partecipanti avevano riportato lesioni traumatiche e nel corso della quale Aldrovandi aveva posto in essere una forza inaudita . In questa fase Aldrovandi aveva riportato numerose lesioni traumatiche e gli agenti avevano usato sfollagente, due dei quali si erano spezzati all altezza del manico. Del tutto incontroverso in base alle risultanze autoptiche che le lesioni di natura contusiva riportate da Aldrovandi dovessero ricondursi all azione di mezzi contundenti diversi, tra questi anche sfollagente, pugni e calci. Il terzo dato da valorizzare in base alle risultanze di contesto è costituito dalla restrizione fisica del soggetto prima della morte, nella fase finale posto in posizione prona ( testimonianze degli agenti e riscontri autoptici con lesioni all emivolto sinistro riconducibili a pressioni sul capo per mantenerlo fermo a terra, ipotesi condivisa dai consulenti del p.m.). La immobilizzazione a terra, da ultimo con le mani immobilizzate dietro la schiena era stata mantenuta per diversi minuti, essendo verificata ancora dai carabinieri intervenuti alle 6,10. In questi minuti l Aldrovandi è vivo perché gli agenti danno atto del suo persistente agitarsi e divincolarsi. Il soggetto si calmava quindi una seconda volta e da quel momento non dava più segni di vita. In questo momento si ha dunque perdita di coscienza e morte. La morte di Aldrovandi aveva quindi avuto una genesi multifattoriale. Gli sforzi intensi compiuti prima durante e dopo l immobilizzazione. Lazione, peraltro del tutto ipotetica delle sostanze stupefacenti ( il ruolo più significativo, in ipotesi, quello della Ketamina, data la modestissima quantità poteva tradursi in un minimale incremento della pressione arteriosa ed in qualche battito

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cardiaco in più al minuto, con un minimo incremento della domanda di ossigeno; per l eroina non poteva essere escluso l effetto diagnosticato dai consulenti d ufficio

un incremento dell incapacità di soddisfare l aumentata richiesta

d ossigeno-, dovuta però essenzialmente all agitazione e alla colluttazione) aveva avuto un peso del tutto relativo e subordinato, ampiamente superato da quello dell agitazione alimentata dallo scontro fisico e dalla successiva fase di immobilizzazione inducente asfissia. Il terzo decisivo fattore era quindi la restrizione fisica in posizione prona con le mani ammanettate, una posizione che in letteratura è riconosciuta come causa di morte per il verificarsi di fenomeni di tipo asfittico. In un soggetto immobilizzato in posizione prona con le mani dietro la schiena si verificano fenomeni restrittivi della respirazione dovuti alla restrizione dei movimenti delle coste che limita l espansione della gabbia toracica e la spinta verso l alto degli organi addominali ch finiscono con il limitare i movimenti del diaframma e quindi lo spazio utile per i polmoni per potersi espandere. La compressione del torace è accentuata oltre che dalla posizione, dalle manovre di immobilizzazione poste in essere degli operanti che producono ulteriore compressione del torace. Per controllare un individuo non collaborante in posizione prona può essere esercitata pressione con le mani o con le ginocchia, così come può essere usato il peso del corpo per mantenere l individuo fermo in posizione prona, premendo ì sulle ragioni dorsali, compromettendosi ulteriormente la possibilità di espansione del torace e la capacità ventilatoria. Qui i consulenti di parte hanno facile buon gioco dell argomento con il quali i consulenti d ufficio avevano scartato quest ipotesi che essi stessi avevano affacciato.

Lassenza di lesività traumatica toracica non esclude affatto che la restrizione fisica abbia inciso sulla capacità di ventilare adeguatamente i polmoni. Infatti le problematiche diagnostiche di questa fattispecie lesiva sono proprio dovute alla mancanza di oggettivi risocntri autoptici . Nel caso l asserita obbligata presenza di segni traumatici sarebbe stata legata a blocco del mantice respiratorio come unico fattore mortale. Ma nel caso in discussione non si trattava del blocco del mantice richiamato dai consulenti del p.m. ( c.d. asfissia traumatica ) ma di una asfissia dovuta alla posizione, costituente concausa della morte in quanto condizione idonea a determinare turbe della ventilazione polmonare, una posizione di per sé non mortale che può diventarlo in concorso con altre cause, ciascuna delle quali necessaria a produrre l evento. D altra parte è di elementare evidenza che Aldrovandi prima della restrizione era vivo e che la perdita di coscienza e la morte erano sopravvenute dopo la restrizione. Si era quindi trattato di una morte dovuta ad una acuta insufficiente assunzione di ossigeno da parte del soggetto rispetto alle richieste; una morte di tipo asfittico del tutto coerente con i dati emersi dall esame anatomo-isto-patologico, tutti aspecifici ma univocamente convergenti verso il fenomeno asfittico e consistenti in:

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- Intensa congestione al volto. Su questo punto si segnala un errore nella consulenza tecnica a pag. 39 laddove si parla di macchie ipostatiche al volto di colorito rosso-violaceo. La presenza di ipostasi al volto sarebbe evenienza impossibile ( salvo il caso di posizione prona del cadavere per diverese ore, circostanza inesistente). In realtà- proseguono i consulenti di parte- il colorito rosso violaceo al volto, descritto dai consulenti del p.m., evidenziabile dalle fotografie scattate durante il sopralluogo, sarebbe ascrivibile ad un intensa congestione vasale, propria di tale tipo di decessi nei quali una restrizione fisica interferisce con la ventilazione polmonare che, a sua volta, determina stasi venosa nel territorio cefalico. L intensa congestione del distretto cefalico sarebbe indirettamente confermata dal rilievo sul cadavere di atipica formazione di macchia verde putrefattiva, in topografica corrispondenza delle vene del collo, segno di abbondante presenza di sangue nel distretto.

- Presenza di petecchie congiuntivali, descritte di colorito violaceo in sede di sopralluogo e di colorito rosato durante l esame necroscopico.

- Petecchie sub pleuriche con focolai microemorragici al polmone e all encefalo nonchè alla capsula ipofisaria e spandimento di emazie al miocardio.

- Iperespansione polmonare e segni microscopici di lacerazione dei setti interalveolari ( condizione indicativa di un enfisema polmonare acuto).

- Ondulazione di miofibre miocardiche, segno di iniziale ischemia da carenza di ossigeno al cuore in soggetto con coronarie indenni.

- Intensa congestione pluriviscerale. Sangue fluido e scuro. La conclusione dei consulenti di parte converge nell attribuire all insufficiente assunzione di ossigeno, produttiva di insufficienza miocardica acuta, la causa della morte. Ma la spiegazione della carenza di ossigeno è assai più articolata ed espressiva di tutte le circostanze del caso, riuscendo in tal modo a dare conto di un evento che nessuna delle diverse concause riuscirebbe a spiegare da sola. L insufficienza di ossigeno non potrebbe essere ascritta alla sola agitazione psicomotoria, sia pure lievemente aggravata dalle sostanze assunte, perché l agitazione ha essa stessa un limite che il soggetto evita di raggiungere. Sui due fattori indicati interviene un terzo fattore che sui primi due si innesta e che determina un evento che gli altri due fattori non sarebbero in grado di realizzare. Quindi stress psicofisico per l agitazione psicomotoria e gli sforzi intensi posti in essere durante la colluttazione e per resistere alla immobilizzazione; condizione aggravata da depressione respiratoria secondaria alla assunzione di oppiacei ma pure intervento determinante della restrizione fisica in posizione prona con mani ammanettate dietro la schiena. Solo una convergenza di fattore di origine diversa è in grado di dare spiegazione esaustiva dell evento, una sola causa essendo insufficiente perché il soggetto sarebbe stato in condizione di prevenirne l effetto, interrompendo la resistenza e autocontenendo l agitazione sotto la spinta del bisogno insoddisfatto di ossigeno.

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Solo un fattore esterno non dipendente dal soggetto, l impedimento della ventilazione per l azione insistita degli agenti, avrebbe potuto condurre all esito fatale. D altra parte la spiegazione è non solo coerente e lineare ma attribuisce un ruolo all azione degli agenti che altrimenti sarebbero meri spettatori passivi in una situazione nella quale questa considerazione è del tutto implausibile perché ad una violenta azione di resistenza deve necessariamente contrapporsi un attività di immobilizzazione altrettanto efficace e quindi corrispondentemente violenta. E immobilizzazione significa agire non solo sugli arti ma anche sul busto del soggetto, anche per accelerarne la resa; un azione di questo genere, compiuta senza consapevolezza dei rischi e dei possibili effetti, è in grado di condurre ad effetti catastrofici se il solo obbiettivo diventa quello di immobilizzare il soggetto e renderlo inoffensivo, comprimendolo e schiacciandolo al suolo, nonostante l ammanettamento, fino alla totale immobilità; un immobilità che di fronte ad un soggetto agitato, che non accenna a placarsi spontaneamente, non può che derivare dall innesco di meccanismi patologici, in particolare da un asfissia indotta prima che il soggetto potesse manifestare la sua volontà di arrendersi; una resa provocata dall asfissia. La relazione dei consulenti di parte si presenta, a differenza di quella dei consulenti del p.m., assai più coerente e riesce a spiegare logicamente l intero quadro circostanziale anziché mutilarlo, assumendo come dati elementi che dovrebbero invece essere spiegati. La più evidente dimostrazione di questa conclusione è nella necessità dello stesso p.m., ricevuta la relazione dei consulenti di parte, di richiedere un integrazione della consulenza al prof. Francesco Avato, capo del dipartimento presso cui operavano Malaguti e Lumare. Ed il compito del dr. Avato è all evidenza quello di salvare la consulenza dei suoi collaboratori e con essa anche, in un certo senso, il prestigio dell istituto di cui egli è a capo e al quale la procura si era rivolto in un caso così complesso e delicato. La consulenza Gualandri-Zanzi con la sua semplicità, con la capacità di fare proprie ma anche di superare le considerazioni dei consulenti d ufficio aveva effettivamente posto radicalmente in crisi le conclusioni dei consulenti del p.m., attribuendo un ruolo decisivo e condizionante dell evento all azione improvvida, violenta, incontrollata e incurante dei possibili effetti lesivi della loro azione attuata dai quattro agenti, decisi a venire a capo ad ogni costo della resistenza di Aldrovandi, con un azione tanto più violenta e decisa quanto forte era stata la resistenza iniziale del ragazzo.

4. Il supplemento di indagini medico-legali richiesto dalla Procura di Ferrara ai consulenti d ufficio. L inserimento nel collegio del prof. Avato, direttore dell istituto di medicina-legale.

Le osservazioni precedenti spiegano i motivi per i quali il pubblico ministero, letta la consulenza Zanzi-Gualandri, abbia dovuto chiedere ai propri consulenti una verifica

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delle conclusioni sulla causa della morte alle quali gli stessi erano giunti al termine dell autopsìa. L incarico è questa volta attribuito in associazione al direttore dell istituto di Medicina Legale, prof. Francesco Avato, del quale facevano parte i primi consulenti. Lampliamento del collegio dei consulenti è indicativo della capacità dell analisi dei consulenti di parte di cogliere aspetti d indagine inesplorati. E un incarico che mira a permettere una replica qualificata ai consulenti d ufficio. A costoro erano state mosse, sia pure con tutti i riguardi del caso e riconoscendo loro il merito di una scrupolosa e completa descrizione dei reperti, delle critiche distruttive, tanto più severe quanto più il ragionamento dei consulenti di parte aveva fatto proprie tutte le premesse di base del ragionamento dei consulenti. La critica era particolarmente severa nel metodo oltre che nel merito. Il quadro circostanziale orientava manifestamente verso una convergenza di fattori e di condizioni che dimostravano all evidenza come il meccanismo causale fosse stato innescato da una pluralità di fattori convergenti, tra i quali la dura azione di contenimento degli agenti che aveva ragionevolmente accentuato e portato all estremo lo stress psico-fisico e quindi la domanda di ossigeno che l organismo non riusciva a fornire non soltanto per l eccesso della domanda stessa ma anche per una riduzione dell offerta, conseguenza inevitabile dell azione di contenimento e di blocco da parte degli agenti, dovuta alla compressione del soggetto a terra, nella fase finale in posizione prona e con le mani ammanettate dietro la schiena. Lavere totalmente eliminato dalle valutazioni questo dato storico-circostanziale, assolutamente pacifico, sulla base di un argomento ( l assenza di segni fisici della compressione, la cui presenza obbligata poteva essere richiesta solo, eventualmente, in un caso di asfissia traumatica , diverso da quello in esame ) privo di reale spessore logico e clinico,

rendeva la spiegazione dell evento indeterminata: Federico moriva da solo a causa della sua stessa agitazione. Ma questo meccanismo era a sua volta privo di spiegazione, oltre a non tenere conto di un azione positivamente accertata con notevole influenza sulla condizione del paziente agitato. Orbene, se questo era il limite della prima indagine dei consulenti d ufficio, la formulazione del quesito rivela una incompleta comprensione del nucleo centrale della critica. Il nuovo quesito del 10 marzo 2006 è formulato nei seguenti termini:

illustrare la casistica riferita dai consulenti tecnici di parte e depositata in letteratura riguardante gli effetti delle modalità di costrizione fisica in corso di operazioni di contenimento forzato, richieste per il blocco di soggetti in condizioni di ipereccitazione; specificare il significato tossicodinamico e tossicocinetico delle sostanze esogene ad attività farmacologica obiettivate sui liquidi biologici prelevati in corso di autopsia sulla salma di Federico Aldrovandi, con particolare riferimento alle concentrazioni in concreto misurate e all ipotesi di sinergismo tra le sostanze stesse.

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Appare chiaro come il primo quesito colga parzialmente il senso della questione posta dai consulenti di parte per i quali il problema non erano tanto le modalità di costrizione fisica quanto il fatto in sé che un azione di costrizione fisica violenta potesse da un lato accrescere l agitazione e dall altro costringere ad un azione di contenimento severo che poteva, in un modo o in un altro, inevitabilmente comportare una restrizione della capacità di restrizione del soggetto, proprio nel momento in cui questi aveva maggiore necessità di ventilare. Per altro verso, il secondo quesito non teneva conto che i consulenti di parte, pur dubitandone, avevano comunque accettato di ragionare sugli assunti di base di Malaguti e Lumare, quanto ad effetti delle sostanze tossiche, dando da un lato per ammesso che il soggetto fosse ipereccitato e dall altro che le sostanze assunte potessero in qualche misura interferire negativamente sulla sua capacità di respirazione di base. La seconda relazione, di ben 168 pagine, consta principalmente della riproduzione dei documenti e dei verbali d indagine, acquisiti alla data della nuova indagine dei consulenti ( il materiale acquisito è a questo punto assai più cospicuo rispetto ai documenti disponibili per la prima relazione, essendosi integrato con gli atti delle indagini difensive e con gli interrogatori del pubblico ministero successivi al 15 gennaio 2006 ). Coerentemente con il tenore del quesito, i consulenti si diffondono sulla letteratura americana in tema di idoneità asfissiogena dell applicazione di mezzi naturali a scopo contentivo. Lanalisi si svolge su un piano del tutto teorico e riporta una casistica in grado di dimostrare e smentire ogni teoria sicchè nessuna delle concrete ipotesi sviluppate dai consulenti ne viene definitivamente smentita o confermata. Si assume anzitutto l esistenza di casistica americana relativa a decesso improvviso di soggetti sottoposti a contenzione. Detti studi evidenzierebbero la figura della cosiddetta asfissia da posizione ( positional asphyxia ) e quella della asfissia da contenzione ( restraint asphyxia ), sottolineandone la possibilità diagnostica nel momento in cui si verifichino alcuni presupposti riferiti a posizioni corporee che potrebbero interferire con la respirazione:

1. Risultanze circostanziali, che diano conto di difficoltà del respiro o di segni fisici quali cianosi, gorgoglii, respiro ansimante; 2. Negatività di manifestazioni lesionali organiche autonomamente sufficienti ad individuare la causa di morte; 3. Assenza di molecole esogene farmacologicamente attive in concentrazioni idonee a determinare la morte (cfr. bibliografia n. 2).

Il decesso improvviso per patogenesi aritmogena cardiaca o arresto respiratorio richiederebbe poi l interazione di almeno tre possibili fattori convergenti:

1. Una condizione di eccitazione delirante (riferibile a patologia psichiatrica propriamente detta ovvero ad effetto tossico di molecole farmacologicamente attive), che determina l iperproduzione di catecolammine;

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2. Una condizione di iperattività psicomotoria, che trova contrasto nell attività diretta al contenimento della motilità e che risulta idonea ad elevare la richiesta di ossigeno per l attività cardiaca e polmonare;

3. L impedimento della posizione prona alla escursione della gabbia toracica.

I consulenti dànno conto di questa variegata casistica per dire come la letteratura sperimentale non sia in grado di stabilire con certezza una relazione diretta tra contenzione in posizione prona e compromissione della funzione cardiopolmonare o ventilatoria. Ricordano i consulenti

ma l esempio non appare calzante in quanto la vicenda richiamata attiene ad una situazione assolutamente regolata e controllata

le condizioni in cui si svolgono le competizioni di lotta, caratterizzate da fattori di rischio. E ricordano soprattutto come la casistica esaminata, in molti casi, faccia riferimento a importanti alterazioni del comportamento della vittime, individuate come espressioni di delirio , e soprattutto gli esempi siano caratterizzati da modalità di contenzione volte d impedire l impiego contemporaneo degli arti superiori ed inferiori (ben diverse, quindi, dalla posizioni normalmente fatte assumere per applicazione delle modalità di contenimento nel nostro Paese). Nonostante questo in un solo caso, verificatosi in Giappone, si ha con certezza una morte determinata da traumatismo meccanico esercitato da agenti di polizia nel tentativo di contenere un uomo. Il caso documenterebbe una pluralità di lesioni macroscopiche e di fenomeni istologici che lo renderebbero un unicum per desumerne un nesso di causalità diretto e univoco. Sta di fatto che la restante casistica affronta casi dalle caratteristiche piuttosto marcate e significative: contenzione in posizione hog tie ; soggetti in condizione di grave infermità psichica o assuntori di sostanze psicotrope. In ogni caso si tratta di casi relativamente rari, nei quali non sarebbe possibile definire parametri cardiorespiratori che possano dare conto preventivamente di condizioni di rischio. Non vi sarebbero quindi evidenze scientifiche in grado di dimostrare una diretta relazione causale tra manovra di contenzione e decesso improvviso. Nel caso del decesso di Federico Aldrovandi le prove non sarebbero tali da rendere la condizione plausibile. Quanto al secondo quesito l analisi dei consulenti è altrettanto articolata e ipotetica. Essi osservano preliminarmente che i metodi analitici adottati dai consulenti tossicologi risultano adeguati a garantire la conferma delle classi molecolari organiche più frequentemente utilizzate a scopo di abuso; al contempo rilevano come non potesse escludersi la mancata obiettivazione di altre molecole che, pur assunte, avrebbero richiesto l adozione di un approccio analitico specifico e mirato (LSD, molecole psicotrope volatili tipo nitrito di amile, anabolizzanti steroidei, per es.). Losservazione è più che sorprendente, posto che i consulenti tossicologi ai quali ci si riferisce sono la dr. Righini e collaboratori, incaricati dagli stessi consulenti che

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firmano la relazione, e diretti dal prof. Avato, sicchè più che di una tale generica doglianza ci si sarebbe atteso che la mancata ricerca di altre sostanze fosse giustificata ed in particolare che fosse riferita la ragione della mancata adozione di diversi metodi ed in particolare se fosse o meno ancora possibile procedere ad una siffatta ricerca. La conclusione in ordine all inevitabilità di dovere ragionare esclusivamente sulle molecole ritrovate è quindi ambigua, non comprendendosi se si tratta di posizione di ripiego che inficia l analisi nel suo complesso o di una posizione che non esclude comunque l utilità e l efficaci dell indagine. Dovendosi per forza di cose presumere questa seconda posizione, con un ragionamento piuttosto involuto i consulenti d ufficio pervengono alla conclusione definitiva che esclude l eroina assunta come causa di morte. Si afferma inoltre che le le concentrazioni di morfina riscontrate non solo nel sangue ma anche nelle urine e nella bile, documentano un assunzione anticipata di almeno 2 o 3 ore rispetto al momento della morte, che ha sostanzialmente fissato il processo di distribuzione ed escrezione della molecola. Ci si diffonde quindi sulla possibilità di non considerare clinicamente neutra la concentrazione di alcol etilico rilevata, pur ammettendo che una tale conclusione sarebbe comunque da legare alle condizioni e alle caratteristiche del soggetto. Anche sul possibile sinergismo tra etanolo e morfina come causa di morte i consulenti affermano una positività riscontrata ma citando studi uno solo dei quali pone la correlazione al di sotto della soglia di 0,4 g/l. Sulla ketamina i consulenti sottolineano la sua azione immediata e di breve durata:

Essa fa parte delle club drugs , sostanze (per es. extasy, acido gammaidrossibutirrico, popper ) che sono ampiamente utilizzate nei luoghi di ritrovo giovanili. La modalità di assunzione più diffusa è quella orale o nasale, per cui la massima concentrazione plasmatica si raggiunge dopo circa 1 ora. Peraltro, lo sviluppo degli effetti della ketamina più precisamente, si ha entro pochi secondi se fumata, entro 1-5 minuti se iniettata, entro 5-15 minuti se inalata ed entro 10-30 minuti se assunta per via orale. Gli effetti tipicamente perdurano 30-45 minuti dopo iniezione, 45-60 minuti dopo inalazione ed 1-2 ore dopo assunzione per via orale.

Quanto agli effetti nulla di nuovo: se ne sottolineano gli effetti cardiovascolari, l ipertensione, la tachicardia, i possibili effetti psicotici. Nessun rilievo viene peraltro attribuito per la valutazione del caso alla modestissima quantità di sostanza rinvenuta nei reperti. Giova segnalare che viene citato uno studio della dr.ssa Licata, attribuendo quindi alla stessa il rango di specialista nello studio della sostanza, che interverrà a dibattimento come consulente tecnico delle parti civili e che fornirà elementi di valutazione assai utili ma in senso contrario a qualsiasi rilievo causale della ketamina nella dose rilevata. Il rilievo sulla quantità è molto significativo se si tiene conto del seguente passo della relazione:

Correntemente la quantità di ketamina che viene assunta da consumatori voluttuari oscilla tra 25-50 mg per via intramuscolare, 30-75 mg per via inalatoria e 75-300 mg per via orale. È stato anche determinato che, pur non essendoci una correlazione diretta tra le concentrazioni di ketamina ematica e la fenomenologia comportamentale, si possono registrare nell assuntore distorsioni percettive, sonnolenza,

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fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione a concentrazioni ematiche di circa 50-200 ng/ml, corrispondente ad un assunzione di una dose di ketamina pari a circa 0,2 mg/kg.

Ricordiamo che la quantità di ketamina rilevata è pari a 0,04 mg/ml nel sangue e a 0,01 mg/ l nella bile. Ciononostante i consulenti non escludono che la ketamina, al ritorno di Federico Aldrovandi da Bologna, possa avergli provocato effetti secondari e collaterali sgraditi (ansia, agitazione, psicosi, atteggiamento paranoideo o schizoideo), osservati nella casistica a distanza di tempo dall assunzione. Si conviene peraltro ( l osservazione è importante perché ignorata dai consulenti della difesa ) sulla mancanza di studi sugli effetti combinati di eroina e ketamina sull uomo, osservandosi soltanto che nell uomo le osservazioni sino a questo punto condotte evidenziano che dosi molto basse di ketamina esaltano il potere analgesico degli oppiacei senza che si determini un corrispondente incremento degli effetti sedativi. Si ricordano casi di effetti deprimenti della ketamina abbinata alla morfina sul respiro ma con quantità che nulla hanno a vedere con il caso in esame. Si tratta anche qui di argomenti che non giovano in alcun modo alla spiegazione del caso. Le conclusioni di questa superconsulenza non riescono a scalfire la coerenza dell impostazione critica dei consulenti della famiglia Aldrovandi. Da un lato confermano l esistenza di studi che associano numerosi decessi alle modalità di contenzione e che comunque pongono in generale come rischiosa questa attività nei confronti di soggetti agitati. Dall altro si sottolinea come il caso in esame non sia riconducibile alla casistica che associa direttamente la morte alla contenzione. Ma non era certamente questo l intento dei consulenti di parte civile che avevano fatto ricorso alla categoria della concausa e dell evento a carattere multifattoriale. Ciò è tanto vero che per escludere la fondatezza dell ipotesi concausale, il lungo e tormentato discorso dei consulenti del p.m. finisce con il cadere pur sempre sul dato storico circostanziale, interpretato in modo apoditticamente liberatorio. Quanto all assunzione delle sostanze, si confermano gli indiscutibili effetti negativi, peraltro all esito di una discussione che numerosi dubbi solleva sull effettiva efficacia della ketamina, in dosi assolutamente minime e dell eroina assunta alcune ore prima, e di cui si afferma esservi prova della tolleranza del soggetto alla sostanza. Ma tutti questi effetti erano stati ammessi e scontati da Gualandri e Zanzi che avevano ragionato, correttamente, sulla premessa dell ipotesi peggiore per la difesa della famiglia di Federico Aldrovandi, giungendo anche per tale via a sottolineare l incidenza causale della condotta degli imputati, idonea ad aggravare e rendere dirompente i fattori preesistenti, posto che un intervento di contenimento aspro prolungato e violento diventa causalmente determinante per la sua capacità di aggravare l agitazione e i suoi effetti sul cuore e sul respiro di un soggetto ipereccitato e verosimilmente sotto l effetto di sostanze stupefacenti che ne condizionano la capacità respiratoria, rispetto ad un intervento nei confronti di una persona normale.

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4. Impulso alle indagini

Tra i primi ad intervenire sul blog aperto da Patrizia Moretti è tale Simone, alias Massimiliano Spada. Invia un messaggio sconvolgente nel quale afferma di essere un abitante di via Ippodromo, di essere uscito di casa alle 6,30 del mattino e di avere visto il corpo di Federico, coperto da un telo, sangue per terra, agenti di polizia che pareva avessero perso la testa. Al rientro a casa aveva saputo dalla madre, Menegatti Giuseppina, di essere stata svegliata la mattina dalle urla di un ragazzo che gridava BASTA, SMETTETELA, BASTA VI PREGO! Nel messaggio sul blog, Spada dichiarava di avere supposto trattarsi della voce di Federico che implorava gli agenti di smettere, circostanza che lo portava a chiedersi cosa Federico desiderasse che gli agenti smettessero di fare. Concludeva il messaggio affermando di dubitare che nessuno quella notte avesse visto. Il contenuto del messaggio del 13 gennaio verrà ridimensionato da Spada a dibattimento; e soprattutto sarà solo parzialmente confermato dalla madre. Spada dichiarerà di essere stato in buona fede nel messaggio sul blog e di essere convinto di avere veramente sentito dalla madre quella frase; solo successivamente costei, parlandone, gli aveva detto di avere sentito delle parole parzialmente diverse.1

Esamineremo più avanti la testimonianza Menegatti. Al momento vale osservare come il messaggio al blog di Spada apriva uno squarcio sull effettiva azione della polizia che poteva sembrare assai diversa da come rappresentata dagli agenti nelle relazioni di servizio. D altra parte Spada non ha negato a dibattimento di avere sentito dalla madre quelle parole; ha solo detto di avere pensato di essersi sbagliato dopo che la madre, vedremo come, non gliele aveva confermate a seguito di un successivo confronto. Vedremo pure come la testimonianza della Menegatti presenti aspetti che inducono a ritenere la teste reticente. Il teste Massimiliano Polelli, appartenente al gruppo degli amici e conoscenti di Federico Aldrovandi che aveva cominciato a darsi da fare per acquisire testimonianze e prove di ciò che era realmente accaduto, ha riferito sulle circostanze che lo portarono ad identificare insieme ad Andrea Boldrini un ragazzo di colore, di nome Chanel, che sembrava in grado di fornire importanti indicazioni sulle vicende della mattina del 25 settembre. La fonte apparve subito assai importante alla famiglia e ai suoi legali che conducevano un indagine parallela prchè Chanel risultò figlio di una persona che poteva sicuramente avere visto esattamente ciò che era accaduto la mattina del 25 ma che aveva fornito fino a quel momento testimonianza generica e non significativa. Così Polelli ricorda l identificazione e l approccio con Chanel:

1 RISPOSTA

Io quando ho rilasciato quella dichiarazione mi sembrava che mia madre avesse riferito quella frase, però dopo anche parlandone con mia madre non ne sono più tanto sicuro che mi abbia detto quelle parole.

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Venimmo a sapere che c era un ragazzo più giovane di un altra compagnia che si trovava sempre nello stesso parco, di nome Chanel, che già conoscevamo di vista, la cui madre avrebbe visto tutto quanto accaduto a Federico. A quel punto io e Andrea Boldrini ci allontanammo per andare a parlare con Chanel. Appena Lo raggiungemmo lui disse che sua mamma aveva visto tutto e che lui l aveva raggiunta alla finestra a seguito del trambusto che si sentiva fuori. Diceva che lui stesso aveva visto dalla finestra un poliziotto seduto a cavalcioni sopra il corpo di Federico steso a pancia in giù, ammanettato. Mi è rimasto in mente soltanto questo, non so dire altro .

La testimonianza di Massimiliano Polelli è doppiamente importante perché riscontra e conferma le modalità e le circostanze che hanno consentito alla Tsague di testimoniare attendibilmente, seppure con tutti i timori che sappiamo e che l avevano indotta inizialmente ad essere reticente; in secondo luogo perché Polelli è pur sempre un attendibile teste de relato, anche se smentito da Chanel che ha negato di avere osservato fasi dello scontro. Va ricordato che Polelli ha ribadito de relato la testimonianza di Chanel, rendendo deposizione a verbale al difensore di parte civile e confermandone l attendibilità rispetto alla riduttiva testimonianza di quest ultimo nella fase dibattimentale. Chanel si mostrava molto timoroso delle notizie in suo possesso e talvolta cercava di ritrattare. La frase conclusiva del teste è stata, infatti:

DOMANDA - Le chiedo quello che lei ricorda del colloquio con Chanel. Vorrei ripercorrere quello che disse Chanel a lei quel giorno. RISPOSTA

Quello che disse a me è quello che io ho detto quel giorno all Avvocato Anselmo.

Va, infine qui ricordata la testimonianza dell avv. Tagliani. Si tratta del professionista al quale don Bedin, dopo avere raccolto la confessione di AnneMarie Tsague, la indirizzò affinchè la stessa potesse avere tutte le garanzie legali, nel caso si fosse decisa a testimoniare e dal quale essere rassicurata rispetto ai timori che la stessa nutriva in ordine alle possibili conseguenze della sua testimonianza. Lazione dell avv. Tagliani, attuale sindaco di Ferrara, eletto nelle recenti consultazioni di giugno, e teste assolutamente attendibile, fu volta a spiegare alla teste l importanza della sua testimonianza e a convincerla sul suo dovere a renderla senza timori nonostante la sua condizione di straniera soggetta alle norme sul soggiorno. Lavv. Tagliani ha anzitutto riferito le circostanze del primo incontro con la Tsague:

RISPOSTA

Io per la verità sono stato contattato da Don Domenico Bedin, il quale mi chiese un appuntamento in studio con una persona, di cui non mi fece il nome, mi disse che era una cosa piuttosto delicata e voleva un colloquio con me. Siccome ho dei rapporti di amicizia con Don Domenico, non è la prima volta che lui esprime la necessità di incontrarmi per diverse ragioni, gli ho dato appuntamento, lui si è presentato nel mio studio con questa signora e questa signora mi disse che era abbastanza agitata, insomma si vedeva, io non l avevo mai vista, era abbastanza agitata, disse che aveva reso delle deposizioni davanti all autorità di pubblica sicurezza in merito alla vicenda di Aldrovandi e che però a suo dire non aveva detto la verità, o aveva detto cose diverse da quelle che erano successe, e voleva capire da me quali potessero essere le conseguenze di una sua deposizione diversa, rettificata o diversa da quella che avevo

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reso in precedenza, e soprattutto voleva essere in qualche modo tranquillizzata rispetto a quello che poteva succederle, rispetto al permesso di soggiorno suo, rispetto al figlio, un ragazzo minore, quindi era molto preoccupata del clima o delle conseguenze che avrebbe potuto incontrare facendo questa deposizione.

Il dato centrale è costituito dalla perfetta consapevolezza della donna di avere negato le circostanze di cui era effettivamente a conoscenza e di avere reso la mattina del 25 settembre agli agenti Pasquini e Parziale un verbale di dichiarazioni falso e reticente del quale temeva le conseguenze. La Tsague fornisce privatamente al legale, quello stesso pomeriggio, il racconto di ciò che aveva effettivamente visto. La testimonianza dell avvocato è quindi testimonianza de relato che conferma e riscontra la successiva deposizione diretta di AnneMarie. Il racconto fu in questi termini:

RISPOSTA

Mi disse, adesso vado nei limiti della memoria, ma disse di essere stata svegliata da dei rumori e dalla percezione dalla sua camera della luce blu del lampeggiante di una macchina, di essersi affacciata dal balcone e di aver visto questo ragazzo che si muoveva, andava incontro ai poliziotti. Cerano due macchine parcheggiate, sostanzialmente con uno spazio tra le stesse in maniere più o meno parallela, questo ragazzo andava incontro ai poliziotti in maniera diciamo così, cioè lei mi disse la parola sforbiciata, individuammo un po , fece il gesto così e mi disse che avanzava in questo modo, poi mi ha riferito che i Carabinieri che erano sul posto hanno cercato di immobilizzarlo, lo hanno colpito DOMANDA

Carabinieri o poliziotti? RISPOSTA

Scusate, poliziotti, erano due macchine della Polizia, hanno cercato di immobilizzarlo, lo hanno colpito, lei mi disse, con i manganelli, con una rapida frequenza, e lo hanno atterrato, e poi lo hanno immobilizzato descrivendomi una poliziotta teneva le gambe perché questo ragazzo da terra si lamentava, la poliziotta si lamentava dei calci, quindi lei lo teneva per i piedi, un altro poliziotto, più o meno mi sembra di ricordare, a livello della cintura, e l altro gli immobilizzava le spalle. Lei mi raccontò questa scena, mi disse che ad un certo punto sono intervenuti i Carabinieri, mi riferì che a quel punto svegliò suo figlio perché voleva che il figlio in qualche modo vedesse, perché aveva anche preoccupazione rispetto alla condotta del ragazzo, voleva che prendesse cognizione di che cosa succedeva a girare di notte, a fare cose non del tutto corrette, e il figlio quando uscirono sul balcone uscirono più o meno quando arrivarono i Carabinieri, poi lo riportò dentro immediatamente perché il figlio voleva in qualche modo intervenire, dire la sua, allora in qualche modo per evitare tornarono a letto e questo è quello che mi ha raccontato in quel primo episodio. Poi abbiamo discusso, io le ho detto che lei aveva in qualche modo l obbligo di dire la verità, che se intendeva deporre non doveva temere conseguenze, però io non l avevo mai vista prima e quindi le ho chiesto di tornare in una seconda occasione, anche senza Don Domenico, mi sembra di ricordare che venne accompagnata ma senza Don Domenico, mi ha ripetuto sostanzialmente le cose nella stessa maniera. La scena è più o meno quella, il ragazzo che entra nello spazio fra le due macchine, in quale modo c è una colluttazione anche violenta, il ragazzo è agitato, anche se lei mi dice di non aver mai sentito espressioni verbali da parte sua. Poi lei mi riferisce che i Carabinieri con i manganelli e poi prendendolo per i capelli, mi sembra di ricordare, e tirandolo a terra, lo portano a terra e lo immobilizzano.

Un altro passaggio importante della deposizione dell avv. Tagliani, con riferimento a ciò che lo stesso ebbe a sentire dalla testimone, deve essere qui riportato testualmente per evitare fraintendimenti:

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DOMANDA

La riformulo. Dopo l immobilizzazione a terra le ha riferito di avere assistito a che

cosa? RISPOSTA

Dunque, mi ha riferito che uno dei poliziotti, lei non poteva vedere, mi sembra di

ricordare le gambe, ma dai movimenti che poteva percepire, stesse dando dei calci, ed era quello posto alle spalle del ragazzo, cioè dalla parte della testa, e poi sostanzialmente basta. La poliziotta che teneva ferme le gambe perché evidentemente il ragazzo scalciava, e poi non ricordo altro. So che uno dei poliziotti, mi pare di ricordare che mi abbia detto, che è andato in macchina e poi è tornato sulla scena, c è anche un ragazzo e poi non ricordo. DOMANDA

Non ricorda che cosa ? RISPOSTA

Non ricordo. So che cè stato, ciò che lei mi ha riferito di un pestaggio, nel senso proprio di, più che calci pestaggi con i piedi, però mi disse anche che dal suo punto di osservazione non vedeva esattamente tutta la figura però percepiva i movimenti delle gambe e mi disse

Ha riferito ancora il teste che la donna era molto preoccupata perché nelle precedenti dichiarazioni alla polizia nell immediatezza dei fatti non aveva detto la verità e temeva le conseguenze che avrebbe potuto subire se fosse successivamente emersa la verità. Il teste ha quindi riferito dei timori che la donna le riportava sugli effetti di una possibile testimonianza pubblica, per sé, per la sua condizione di immigrata, per la condotta del figlio quindicenne piuttosto irregolare e per i rapporti di quest ultimo con le forze dell ordine. Il teste ha riferito di avere riflettuto a lungo sulle dichiarazioni della donna, di essersi fatto ripetere il racconto, di averne verificato la costanza, e solo quando si era convinto della sua attendibilità aveva chiesto un colloquio con il pubblico ministero, chiedendo di interrogare la fonte. Un altra importante parte della deposizione concerne le circostanze della deposizione avanti al p.m., il timore della donna di rimanere da sola con il magistrato, le difficoltà linguistiche, il timore di firmare il verbale in assenza dell avvocato. Importante è poi la parte della testimonianza dalla quale apprendiamo le motivazioni che inducono la donna al suo comportamento. Sono spiegazioni che sostengono la piena attendibilità della testimonianza:

RISPOSTA

Sì, lo confermo, erano principalmente due: la principale delle ragioni era una ragione in qualche modo di coscienza, cioè riteneva di avere detto una cosa non vera e avendo un ragazzo come figlio, avendo la preoccupazione di avere celato la verità e di avere quindi in qualche modo contribuito, cioè non contribuito alla verità voleva rendere la deposizione piena perché aveva un peso sulla coscienza, per questo mi pare che mi disse anche che, per questo si è rivolta a Don Bedin credo anche in confessione, mi sembra di ricordare, quindi voleva scaricarsi la coscienza. Laltra ragione era anche obiettivamente che lei aveva reso una deposizione diversa dal vero e in qualche modo temeva che se le indagini avessero fatto emergere, ma questo era molto secondario rispetto alla prima ragione, tra le sue preoccupazioni c era quella di dire se emergerà in futuro una verità diversa da quella che ho detto io non voglio neanche avere le conseguenze di questa deposizione mia in contraddizioni con emergenze, non disse emergenze istruttorie, ma con quello che può emergere da un accertamento della verità diverso da un confliggente da quello che io ho raccontato in precedenza.

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Si tratta pertanto di una testimonianza fondamentale sia per quanto riguarda l attendibilità delIa Tsague- il teste ha più volte sottolineato il timore della donna legato al suo permesso di soggiorno e alle conseguenze che avrebbe potuto riportarne se avesse riferito ciò che sapeva sulla polizia, in relazione al fatto che era dalla Questura che si attendeva il rinnovo del permesso, il che consente di escludere un qualsiasi movente utilitaristico all eventuale falsa testimonianza- sia perché la riproduzione fedele della successiva testimonianza della Tsague consente di apprezzarne la genuinità e la veridicità e dall altro lato, sotto il profilo contenustico, testimonia dell elevato tasso di violenza esercitata dagli agenti e di come gli stessi abbiano lottato a lungo con Aldrovandi per immobilizzarlo, trattenendogli arti e bloccandolo al terreno con l uso della massima forza.

6. Lassunzione con incidente probatorio dei testi Anne Marie Tsegue e del figlio Chanel

Le circostanze, faticose difficili e precarie, di acquisizione della testimonianza di AnneMarie Tsague, il concreto rischio che per la sua condizione di migrante, di persona socialmente debole e vulnerabile la stessa potesse sottrarsi al dibattimento o non giungervi con la stessa lucidità e disponibilità a testimoniare dimostrata nell ultima fase, il timore più volte comunicato delle conseguenze di un esposizione alla testimonianza in pubblica, in considerazione della precarietà della sua condizione esistenziale, inducevano il nuovo pubblico ministero titolare delle indagini a chiedere e ottenere l assunzione della prova con incidente probatorio ad indagini preliminari ancora aperte. Sentita all udienza del 16 giugno 2006, la cittadina camerunense AnneMarie Tsague, che dimorava al tempo al numero 10\b di via Ipppodromo, con ottima vista da finestra e balcone sull area antistante il cancello d ingresso dell ippodromo, dichiarava di essersi svegliata a causa dei lampeggianti blu delle auto della polizia. In precedenza aveva avvertito del rumore indistinto ( di macchine, di persone che parlavano ) ma non era riuscita a comprenderne la causa per il sonno profondo. Vede tutta la scena dello scontro dal suo appartamento, attraverso la finestra della cucina. Poi si trasferisce nel balcone per osservare meglio. Sente una voce concitata che gridava ripetutamente apri il baule . Vede quindi un ragazzo che si avvicina a quattro poliziotti, fermi, vicini alle loro macchine, due di essi fuori dalla propria macchina le erano proprio di fronte. Il ragazzo entra nella zona delimitata dalle due auto ferme, passando in mezzo alle due auto. Egli proveniva dal fondo chiuso del parco giochi antistante l Ippodromo. Nella descrizione della donna, Federico Aldrovandi si sposta quindi di alcune decine di metri per avvicinarsi dal fondo del parco alle due auto della polizia. Sappiamo dalle foto che le auto erano perpendicolari tra loro, anche se l angolo formato non è un angolo retto. La donna vede arrivare il ragazzo non di corsa ma a

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passo svelto e deciso. Mentre il ragazzo si avvicina gli agenti ripetevano la frase apri il baùle . Il ragazzo si dirige nella zona centrale dello spazio delineato dalle due

auto ferme. Entrato in questo spazio accenna ad un azione con le gambe che sembra una sforbiciata. Il gesto è unico e privo di effetti. Improvvisamente tutti i poliziotti si avventano sul ragazzo come le formiche che sono già là con i bastoni fanno così per picchiarlo . La teste è colpita dalla scena dei poliziotti addosso al ragazzo, con il bastone lo picchiavano . A questo punto vede un agente prendere il ragazzo per i capelli e trascinarlo a terra. Lo vede subito per terra; in questo frangente continuavano a percuotere, senza fermarsi, nonostante fosse già per terra. Si sentiva la voce di una donna. Dopo avere assistito a questa prima scena, la donna si sposta nell angolo del balcone per osservare il seguito. Vede un corpo per terra. Vede i poliziotti attorno al corpo del ragazzo. La poliziotta si colloca sui piedi. Un altro uomo sulle cosce, sopra i ginocchi. Il terzo sulla parte superiore ed il quarto era in movimento libero. La ragazza è inginocchiata. Il secondo seduto sulle cosce e con le mani sulle cosce. Il terzo sulla parte superiore del busto lo tiene bloccato. Un momento dopo, poiché il ragazzo era forte e si agitava si siedono tutti cercano una posizione più stabile per terra per tenerlo di più.

A causa delle difficoltà espressive la teste mima la scena ma questi gesti non vengono descritti nel verbale. Sappiamo comunque ( pag. 16 ) che un poliziotto ad un certo punto si siede e sfugge alla vista della teste che può dire soltanto che questo agente rimane sulla sua posizione, cioè seduto: tutti avevano lo stesso movimento di tenere la persona che era per terra con le mani. Il ragazzo scalcia e si agita. A questo punto procedono ad immobilizzarlo, sedendoglisi sopra: il primo momento era con le mani dopo, perché il ragazzo era forte vedevi che si sbatteva proprio, per quello la ragazza si siede, e tutti loro cercano una posizione più stabile per terra, per tenerlo di più ( 17) La descrizione non può avere senso diverso. Non sembra possano esservi dubbi sul fatto che la testimone voglia dire che i poliziotti si siano seduti addosso al ragazzo: Tutti e tre si siedono, si mettono non più una soltanto i piedi e le mani, però si appoggiano proprio su di lui che perché dopo questo movimento, che si siede la ragazza, tutto questo, lui non si muove più, lui rimane che non può, non lo vedo più fare perché io vedevo solo i piedi eh, non è che vedevo il corpo perché avevo la macchina davanti a lui. L immobilizzazione, il giovane che non si muove più segue all atto del sedersi , dell appoggiarsi su di lui , del cercare e mettersi in posizione più stabile . Solo il bloccare con il peso del corpo degli agenti il ragazzo che si agitava può produrre l immediata immobilizzazione dello stesso. La poliziotta batte i piedi del ragazzo con il manganello. Il quarto agente, che ha una maggiore libertà di movimento, si muove e lo picchia; si muove verso la macchina e picchia. Anche questo agente, all inizio, aveva contribuito all immobilizzazione a

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terra. Solo in una seconda fase si avvicina alla macchina e contestualmente colpisce il ragazzo: Anche lui lo tiene però, perché io dico vicini alla macchina perché è una posizione che adotta lui, ad un primo momento tutti loro sono su di lui, tutti e quattro, ognuno con questa posizione qua, e poi il quarto ogni tanto si libera per entrare nella sua macchina, per uscire, ogni tanto che esce lo picchia, lo picchia ( p. 18 ) La teste non ha esitazione nel descrivere un autentico pestaggio con i bastoni, con i manganelli.2

La teste non incertezze nel dichiarare che gli agenti all arrivo del ragazzo avevano già in mano gli sfollagente. Nel tempo necessario ad Aldrovandi per avvicinarsi agli agenti, questi avevavno fatto in tempo a prelevarli dal baùle della macchina e ad impugnarlo sicchè li tengono già in pugno quando il ragazzo arriva. Lazione è preordinata se non premeditata. Nessuna alternativa all azione con i manganelli sembra, in base a questa descrizione sia stata considerata. La difesa attiva con i manganelli ha la caratteristica di non potere essere misurata, calibrata, si conclude quando il soggetto è reso inoffensivo ma anche in questo caso, non potendosi prevedere quanti colpi siano necessari per raggiungere il risultato, l eccesso, la sovrabbondanza, qualche colpo in più è nell ordine illegale delle cose. Prosegue la Tsague: lo picchiano con il bastone, tutti e quattro proprio su di lui così ( p.18). Lo colpiscono in tutte le parti del corpo. L immagine di questi colpi sferrati all impazzata che la teste ha negli occhi è tale che la stessa deve candidamente ammettere di non potere indicare alcuna parte specifica dove il ragazzo sia stato colpito di più o di meno. La donna ha in mente solo un gruppo di persone che colpiscono un individuo prima a piedi e poi a terra, un roteare di manganelli che si abbattono su una figura a terra, dalla testa ai piedi. Federico Aldrovandi ha appena il tempo di abbozzare un improbabile sforbiciata che gli agenti si scatenano. Notare che gli agenti avevano impugnato il manganello prima che Aldrovandi cercasse di colpirli con il calcio. Ciò significa che l intento era di colpire, senza un preciso limite, al minimo movimento aggressivo. Quando il ragazzo è per terra gli agenti cercano di contenerlo. Il ragazzo si dibatte e quindi la pressione a terra, la forza con cui lo tengono giù, ben descritta dalla teste, è tanto maggiore quanto più Aldrovandi resiste. La donna poliziotto riceve un calcio e reagisce con il suo bastone : Quando è per terra cercano di contenerlo, di questi movimenti qua che usano, però il ragazzo si dibatte, e loro cercano di tenerlo di più. Questa ragazza che gli tiene qua, perché il ragazzo quando fai così, lei che sta sul piede prende calci, e con il suo bastone li picchia, questo qua che è qua

Il quarto poliziotto picchia con i piedi. Il poliziotto picchia con i piedi quando la donna viene colpita da un calcio. Smette quando il ragazzo non si muove più.

2 Va rilevato come alla luce di questa deposizione non vi sia altra spiegazione della rottura dei manganelli se non come conseguenza dei colpi sferrati dagli agenti sul corpo di Aldrovandi.

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Nella fase più cruenta dello scontro, quella fin qui descritta, il ragazzo viene descritto con la faccia ed i piedi all insù, quindi in posizione supina. L indicazione è coerente con le circostanze se si considera che il ragazzo è precipitato a terra di spalle, tirato giù per i capelli. Durante tutta la descritta fase di scontro, la Tsague non sente parole pronunciate dal ragazzo. Ad un certo momento gli agenti notano del sangue per terra e si sorprendono. E ancora una volta la Segatto che, nel ricordo della testimone, pronuncia le parole ma mica siamo stati noi è la roba .3

Ma è poi sempre la poliziotta che, rendendosi conto dell eccesso di cui si stanno rendendo responsabili, ha un momento di resipiscenza che la porta a preoccuparsi non tanto della loro condotta per gli effetti che potrebbe avere sulla persona sulla quale si sta svolgendo l azione violenta dei poliziotti ma per eventuali testimonianze di quell esagerata, sproporzionta, ingiustificata azione di immobilizzazione, violenta e punitiva. E, infatti, sempre alla Segatto che la Tsague sente pronunciare le parole: moderate che ci sono le luci accese . Quel moderate ha un evidente significato

confessorio di responsabilità, non meno decisivo dell abbiamo bastonato di brutto per mezz ora di Pontani. Equivale a consapevolezza di una smodatezza, del superamento di un limite, di un contegno che, se giudicato, potrebbe essere contestato e censurato; da ciò la necessità ma solo a questo scopo e ad eccessi già consumati di un invito a rientrare nei limiti, di mantenere una misura già largamente superata. I carabinieri arrivano quando gli agenti non picchiano più. Il quarto poliziotto che picchiava stando in piedi era colui che la teste aveva visto recarsi in macchina per effettuare una comunicazione via radio o telefono. Agevole riconoscere in questa figura l imputato Pollastri. All arrivo dei carabinieri, i poliziotti commentano con questi ultimi e raccontano ciò che è appena accaduto e che essi hanno fatto. Nessun rischio di confusione o di scarsa visibilità: la teste osserva a distanza di pochi metri, in un settembre piuttosto chiaro. Dichiara, quindi, di non avere riferito subito la verità per timore dei poliziotti: aveva il permesso di soggiorno da rinnovare e non voleva passare dei guai. Si convince a parlare quando viene a sapere che il figlio aveva riferito ciò che sapeva e che aveva appreso da lei stessa. E evidente quindi come si tratti di una testimonianza alla quale la Tsague non si è potuta sottrarre per effetto della ostinata ricerca di fonti da parte degli amici di Federico. Forse solo un timore più grande del mancato rinnovo del permesso di soggiorno ha indotto la Tsague a ricordare la

3 Non vi è alcuna ragione per dubitare di questo preciso riferimento della teste. Dovendosi ritenere che la frase sia stata effettivamente pronunciata dalla Segatto, essa è indicativa della superficialità con la quale i quattro agenti intervenuti hanno ritenuto di potere agire con la massima violenza perché a loro opinione giustificati dall avere a che fare con una persona in stato di agitazione per effetto di sostanze stupefacenti.

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verità ma proprio l ingenuo timore di conseguenze per il mendacio, non molto comune secondo massime d esperienza, finisce con il fornire la massima garanzia di attendibilità della teste, in attuazione di una precisa regola di comportamento che fa considerare alla Tsague doveroso testimoniare il vero per non subire più gravi conseguenze. Ricorda ancora la Tsague come in occasione della prima deposizione ufficiale, avanti al p.m. che ancora non conosceva, aveva preferito rispondere in modo generico ed evasivo. Era stata convinta a dire tutto ciò che sapeva dall avv. Tagliani e da don Bedin, dopo che a quest ultimo aveva parlato in confessionale. Ennesima conferma della piena attendibilità della testimone. Sottoposta a controesame, la teste appare coeente e lucida. Nega di avere dichiarato di avere visto Aldrovandi prendere a calci i poliziotti. Puntualizza di avere visto soltanto l inutile e velleitaria sforbiciata in aria, senza alcun contatto fisico, iniziato solo un momento dopo con la reazione degli agenti. Rinnega il verbale del 25 settembre, dichiarando di avere reso quelle dichiarazioni agli agenti che le erano entrate in casa, proprio per non tirare in ballo i poliziotti, giacchè capiva che una testimonianza autentica l avrebbe coinvolta in una vicenda che l avrebbe portata ad avere i poliziotti tra i piedi , condizione che considerava indesiderabile. Per allontanare la verità dai poliziotti e questi ultimi da lei, aveva dichiarato che gli agenti avevano cercato di calmare il ragazzo. Dichiara di avere visto bene la poliziotta e l altro agente seduti sulle cosce e di avere visto meno meno bene gli altri. Ribadisce che il movimento del poliziotto che girava attorno al ragazzo era di chi tirava calci; questi calci o andavano sul ragazzo in terra o colpivano il terreno. La poliziotta aveva preso un calcio nella pancia e se ne lamentava; di conseguenza la pressione sul ragazzo per impedirgli di muoversi si era accentuata. Il ragazzo si dibatteva. La donna lo teneva e picchiava le caviglie. Vede gli altri due poliziotti ricurvi di schiena sul ragazzo. La teste dichiara di avere avuto più difficoltà a notare ciò che accadeva sulla parte alta del corpo del ragazzo ma la stessa non ha esitazione nell affermare che tutti gli agenti erano rovesciati sul corpo per bloccarlo, conclusione che appare abbastanza logica, tenuto conto che due degli agenti li vedeva piuttosto distintamente a bloccare piedi gambe e, verosimilmente, busto del ragazzo mentre gli altri due si notavano agitarsi più avanti e uno di essi, Pollastri, si muoveva anche verso la macchina. Al di là della mancata specifica descrizione di una parte dell azione, il senso complessivo del racconto è univoco: tutti i poliziotti erano riversi sul corpo di Aldrovandi per immobilizzarlo con la maggior forza possibile ( tutti si mettono in posizione curva su di lui , p.63), desumibile dalla loro rispettiva precedente condotta, dalle ragioni della loro azione, dalla stessa opposizione manifestata dal ragazzo. La testimone ha espressamente dichiarato in controesame che per vedere meglio era uscita dal balcone per seguire tutte le fasi dello scontro da un altra postazione ed in questa fase tutti gli agenti

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erano inconfondibilmente fermi sopra il ragazzo, salvo uno di essi. La testimonianza con tutte le difficoltà di linguaggio della Tsague e le tecniche di controesame per mettere in difficoltà la teste, in difficoltà nell esprimersi, fornisce un quadro sufficientemente completo della situazione, un disegno che come in un mosaico ha un senso compiuto univoco anche in assenza di piccoli modesti tasselli. Il profluvio di domande permette alla teste di chiarire più volte il suo pensiero e di aggiungere in extremis elementi nuovi e di grande interesse. La teste sta spiegando che in questa seconda fase tutti gli agenti tengono fermo Aldrovandi usando le mani, solo la Segatto ( l agente indiscutibilmente individuato dal colore dei capelli, oro ), ogni tanto stacca una mano per colpire ripetutamente con il manganello le caviglie e i polpacci. Chiede a questo punto il difensore come gli altri due - si intende Forlani e Pontani, visto che Pollastri è quello che si è alzato per andare alla radio- che tengono questo giovane per terra che si dibatte, come lo tengono? Hanno entrambe le mani appoggiate su di lui.

La risposta della teste chiarisce la situazione meglio di ogni altra precedente risposta nella sua incisiva sinteticità: Questi due qua, sono qua, proprio così, su di lui. Prima sono curvi con le mani, dopo lui si agita e tutti si mettono proprio fermano sotto il ginocchio . La descrizione non potrebbe essere più chiara e più vivida: all agitarsi del ragazzo gli agenti rispondo mettendosi in ginocchio sul corpo, sul busto del ragazzo. Qui si consuma probabilmente il dramma: Federico a terra soffoca sotto il peso di due pesanti agenti sul petto e sullo stomaco che non gli permettono di respirare; al contempo la durissima pressione per il peso del corpo e la durezza del ginocchio degli agenti produce un accidentale colpo mortale nel punto più sensibile del cuore compresso dal peso dei due poliziotti. La situazione che la teste osserva è così terribile, angosciante e terrorizzante che la stessa ritiene di doverla fare vedere al figlio che sta dormendo, perché possa servirgli da terribile lezione e ammaestramento, trattandosi di un ragazzo piuttosto scapestrato, solito a non rispettare gli orari di rientro in casa. E così che la scena finale di Federico Aldrovandi, schiacciato a terra da quattro agenti, viene offerta in visione finale al ragazzo sedicenne, perché ne serbi ricordo e paura e abbia conferma della effettività delle peggiori conseguenze che la madre andava rappresentandogli come conseguenza delle sue trasgressioni. Lespressione della teste non è certamente lusinghiera per la polizia italiana. Dichiara la Tsague di avere svegliato il figlio per fargli vedere cosa può accadere a chi sta fuori di notte ( in genere i pericoli di notte non dovrebbero venire dalle pattuglie della polizia ): diceva io ti porto dai poliziotti che ti fanno veder e ti fanno capire è solo per questo sono andato, per spaventarlo, tutto qua.

Dunque la scena che Annemarie vuol far vedere al figlio è spaventevole e i poliziotti, in quel momento, stanno esattamente rispecchiando tutto l armamentario delle scene di terrore con le quali una donna originaria d Africa cerca di ammonire il figlio a stare in casa di notte. In quell alba del 25 settembre la Tsague potrà aggiungere ai suoi

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ammonimenti al figlio Chanel che potrebbe fare la stessa fine di quel ragazzo che, sotto casa loro all alba, sta sotto ammanettato e tenuto fermo dal peso e dalla forza di quattro poliziotti. Sempre con il ricorso allo strumento dell incidente probatorio, il 25 luglio 2006 viene assunta la testimonianza di Tatangmo Kenfack Chanel, figlio di Anne Marie Tsague. Abbiamo visto come le propalazioni private di Chanel di informazioni su ciò che era realmente accaduto all alba del 25 settembre, abbia guidato verso l acquisizione della genuina testimonianza della madre, in precedenza reticente e mendace. Svegliato e chiamato dalla madre sul balcone di casa, la scena che si presenta a Chanel è quella di un ragazzo per terra con alcuni poliziotti intorno a lui che lo tenevano per terra. L indomani Chanel riconosce Federico Aldrovandi come un ragazzo che girava nella compagnia dei ragazzi più grandi che frequentavano la sua stessa parrocchia. Alla vista di Chanel, il ragazzo veniva ancora tenuto fermo dai poliziotti a terra e a pancia in giù e non si muoveva. Solo dopo avere focalizzato questa scena, vede arrivare la macchina dei carabinieri. Il ragazzo era immobilizzato per terra

da tre o quattro poliziotti. Il ragazzo era tenuto fermo. I poliziotti erano anch essi chinati per terra o in ginocchio. Il ragazzo non si muoveva ma l azione dei poliziotti era esattamente rivolta ad impedirglielo. Arrivato alla fine della colluttazione, osserva la scena per un paio di minuti. Non vede movimento manganelli, non sa dire come lo tenevano. Lavevano già immobilizzato. In quel lasso di tempo non si muove nessuno. Tra i poliziotti c era una donna che stava di fianco al ragazzo Il ragazzo immobilizzato a pancia in giù in posizione obbliqua rispetto al cancello dell ippodromo e la donna sulla sinistra partecipava all immobilizzazione. Non ha visto nessuno sopra Federico, tutti gli agenti in quel momento gli erano a fianco. La madre non aveva voluto dirgli niente di ciò che aveva visto. Di ciò che aveva visto ne aveva parlato solo con due amici, Marco e Giacomo, non meglio identificati, non con Andrea Boldrini. Dal suo punto di osservazione era in grado di vedere tutto il corpo del ragazzo; non si vedeva solo la faccia perché era rivolta verso terra. Si tratta di una testimonianza che nulla aggiunge a quella della Tsague, se non la circostanza del protrarsi dell immobilizzazione anche nella fase finale in cui Federico Aldrovandi è messo in posizione prona con la faccia a terra. La testimonianza è però importante per il fatto che il ragazzo, in grado di esprimersi assai meglio della madre, non ha avuto esitazioni nell affermare che dal suo balcone la situazione del corpo disteso per terra e la posizione degli agenti erano ben visibili. Resta un dubbio che il ragazzo possa avere visto e sentito più di quanto non abbia riferito. Appare scarsamente credibile che la madre non gli abbia riferito nulla, se consideriamo la ragione per la quale era stato da questa svegliato e chiamato sul balcone. E

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probabile che tra madre e figlio sia sopravvenuto un accordo per fare esporre solo la madre e lasciare la posizione del ragazzo la più defilata possibile, per i timori più volte manifestati dalla Tsague, nonostante proprio Chanel avesse propalato importanti rivelazioni sulla colluttazione tra il gruppo degli amici. La questione è allo stato non definibile una volta per tutte perché se da un lato Chanel appare reticente vi è anche il rischio che egli abbia esagerato le sue effettive informazioni nel gruppo degli amici, per la naturale tendenza dei ragazzi al protagonismo individuale. Per questo motivo le testimonianze de relato su quanto riferito da Chanel vanno valutate con la massima circospezione, anche se non può trascurarsi qui di osservare come la testimonianza di Massimiliano Polelli che ha dichiarato di avere sentito da Chanel che gli agenti sormontavano con il corpo quello di Federico Aldrovandi, appare corrispondente e compatibile con la testimonianza della Tsague, ragion per cui anche per tale via tale circostanza può ammettersi come provata, anche in relazione a ciò che apprenderemo dalla teste Bassi, la cui testimonianza sarà esaminata oltre.

7. L indagine peritale con incidente probatorio.

Acquisite alcune fondamentali testimonianze tra le quali quelle in precedenza riportate, il nuovo pubblico ministero chiede ed ottiene il conferimento di un incarico peritale allo scopo di acquisire con incidente probatorio un indagine ed un responso sulle cause della morte, tenuto conto delle insufficienti conclusioni dei propri consulenti, in relazione alle osservazioni dei consulenti della famiglia Aldrovandi. L incarico era affidato ai dottori Roberto Terzi, medico-legale, e al dr. Emanuele Bignamini, specialista in patologìe da dipendenza. Lesame dei periti si svolge davanti al GIP il 14 dicembre 2006; la relazione che ne sintetizza le conclusioni reca la data del 10 novembre 2006 e risulta ritualmente acquisita al fascicolo per il dibattimento. Il quesito del Giudice è più specifico ma non si estende esplicitamente all indagine sugli effetti della colluttazione e dell azione violenta e prolungata di immobilizzazione di soggetto agitato e resistente, quale avrebbe potuto essere in relazione ai temi sollevati nelle consulenze di parte. Si chiede ai periti di dire, sulla base della documentazione acquisita, quali siano state le cause del decesso di Aldrovandi Federico con particolare riferimento all entità e alla tipologìa delle lesioni subìte nel corso della colluttazione e al loro eventuale rilievo causale nel decesso. Viene chiesto, quindi, un parere sul rilievo causale delle lesioni e non della colluttazione e dell immobilizzazione, sulle modalità delle quali le lesioni potevano intervenire come elementi di valutazione. Si chiede ancora ai periti quali risultino, anche alla luce di nuovi accertamenti, tipologìa e quantitativi di sostanze farmacologiche eventualmente assunte da

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Aldrovandi, quali siano gli effetti di dette sostanze e quale il rilievo causale nella morte.

La perizia si svolge questa volta nel contraddittorio di numerosi consulenti di parte. Consulenti del pubblico ministero sono ancora il prof. Avato coadiuvato questa volta da un esperta tossicologa, la prof.ssa Elisa Margarìa. I due gruppi di consulenti delle parti civili si presentano folti ed agguerriti. I periti dànno anzitutto conto dei sorprendenti risultati dell analisi sui campioni di liquidi biologici appartenuti ad Aldrovandi. L indagine, compiuta presso un laboratorio di assoluta eccellenza ( il laboratorio del Consorzio Regionale antidoping, sito presso l Ospedale San Luigi di Orbassano, dava i seguenti risultati, per quanto di specifico interesse: Nel sangue: morfina totale: 26 ng/ml 6monoacetilmorfina:negativo ketamina: negativo. Nella bile: Morfina totale 4,8 microg/ml 6-monoacetilmorfina: negativo Ketamina: negativo Un ulteriore analisi con un diverso protocollo di spettrometria di massa escludeva addirittura ogni positività. A fronte di questo responso che sembrerebbe modificare in radice il quadro da valutare, i periti introducono l assunto circostanziale, derivante dalle testimonianze degli amici, della sicura assunzione di altre sostanze, non dosate e non reperite in relazione alle caratteristiche delle stesse ed al deterioramento dei campioni: LSD, popper, gas esilarante. Ciò posto i periti affermano in via generale come la modificazione delle fisiologia e del comportamento indotte da stupefacenti sia una variabile dipendente da specifici fattori: sensibilità specifica alla sostanza su base costituzionale; attuale condizione fisiopatologica; dose e modalità di assunzione; condizioni soggettive e ambientali in cui avviene l assunzione e si sviluppa l effetto. I periti passano quindi ad analizzare le caratteristiche delle diverse sostanze coinvolte nell indagine del caso. A proposito della ketamina osservano come il suo effetto sia dissociativo e psichedelico. In letteratura viene definita low dose di ketamina quella di 0,1 microg/ml, pari a più del doppio della ketamina rinvenuta nel sangue di Federico Aldrovandi a Ferrara La conclusione, perentoria, è che i dati riportati permettono di escludere che i livelli di concentrazione plasmatica delle sostanze rilevate dall esame tossicologico sui liquidi biologici della vittima possano avere giocato un ruolo causale o concausale nell evento . Lesclusione di un ruolo causale era già stato formalizzato dai consulenti del p.m.

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Più interessante è invece rilevare come anche il ruolo concausale delle sostanze stupefacenti rinvenute nei liquidi biologici sia spazzato via senza incertezze o alternative subordinate come possibile spiegazione dell evento, sia pure sotto il profilo dell associazione tra più sostanze: si può affermare che le concentrazioni riscontrate nei liquidi biologici delle sostanze atte a deprimere le funzioni vitali sono tali da consentire di escludere che anche la loro sommatoria possa avere determinato o contribuito come concausa a determinare il decesso

( pag. 12) Il ruolo delle sostanze viene quindi valutato non tanto sotto il profilo clinico quanto sotto quello comportamentale. E sotto questo profilo i periti non hanno difficoltà ad ammettere che tutti i testimoni descrivano nel complesso Aldrovandi come giovane in buona salute, integrato nelle amicizie, che svolgeva una piccola attività lavorativa. Aveva sviluppato negli ultimi due o tre anni un particolare interesse per le esperienze psichiche sotto l effetto di sostanze psicotrope , per cui, pur non strutturando mai una vera tossicodipendenza, aveva sperimentato numerose sostanze ( vengono riferite: eroina, cocaina ecstasy, cannabinodidi, LSD, alcol, ketamina, popper). Non viene descritta come una persona propensa a scoppi di rabbia o tendente a comportamenti violenti, né particolarmente eccentrico o complicato nel relazionarsi. Lassunzione di sostanze riferita è di tipo occasionale, prevalentemente nei fine settimana e nelle occasioni di divertimento; nessuno dei suoi amici lo definisce un tossicodipendente, anche se viene riferito che alcune volte esagerava ( in particolare con l ecstasy) e che aveva avuto un periodo di maggior frequenza di assunzione. Lassunzione di sostanze era accompagnata da curiosità intellettuale, testimoniata dalla ricerca e dalla organizzazione di informazioni sulle droghe e dagli interessi di tipo filosofico correlati. Peraltro è segnalato un suo atteggiamento salutista , che lo portava ad avere attenzioni per il suo corpo e per la sua alimentazione . Nessun problema sanitario, economico o giudiziario correlato alla droga, né difficoltà in famiglia. Proseguendo nell esposizione degli elementi rilevanti al fine di comprendere il comportamento di Federico Aldrovandi nelle circostanze che lo portarono alla morte, i periti così proseguono: Ne risulta un quadro generale di un giovane alla ricerca di sensazioni e di

esperienze interiori anche esoteriche, con una certa predisposizione ad accettare dei rischi e alcune contraddittorietà, non dipendente da sostanze, ma con un pattern di assunzione da weekender poliabusatore . Questo profilo consente di ipotizzare che il giovane avesse sviluppato una certa capacità di tollerare e controllare gli effetti delle sostanze, pur avendo alcuni momenti di avidità potenzialmente rischiosi . Il quadro della personalità di Federico Aldrovandi in generale e del suo rapporto con le droghe che i periti delineano, costituisce una sintesi condivisibile, precisa e accurata dei risultati delle testimonianze a disposizione degli stessi che non verrà

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modificata dal dibattimento. Le diverse testimonianze successive sottolineeranno questo o quel profilo e saranno tendenzialmente volte a rivalutare in melius la figura di Federico, soprattutto sotto il profilo della mitezza e della non violenza. La sintesi dei periti può essere quindi adottata come base di valutazione della figura della vittima. I periti descrivono quindi le condizioni in cui si trovava l Aldrovandi la notte del decesso in base alle testimonianze, sottolineandone la parziale contraddittorietà e la modifica nel corso del tempo. Su questa parte valgono le precedenti osservazione sulle circostanze di assunzione delle deposizioni degli amici. Va comunque dato atto ai periti di avere associato le testimonianze più preoccupanti sulle condizioni del ragazzo a quelle che lo descrivono come sostanzialmente normale . Tra le prime quelle che indicano le sostanze che Federico potrebbe avere assunto, rispetto ad alcune delle quali, le più significative ( LSD, ketamina, eroina ) mancano tuttavia testimonianze dirette; il suo apparire sconvolto

paonazzo

con le pupille dilatate e gli occhi iniettati di sangue ; molto stanco e assopito in macchina. Una sonnolenza che avrebbe commentato dicendo che gli acidi che aveva preso non gli avevano fatto niente . I periti riferiscono poi le fasi comportamentali successive al rientro a Ferrara: la scelta di non rientrare a casa subito, la richiesta agli amici di restare con lui; le telefonate a conoscenti ed amici ad orario insolito; la crisi di agitazione violenta, segnalata da telefonate di residenti alla polizia che interviene sul posto Su questo punto, peraltro, i periti, rilevano una circostanza non provata e da escludere: si scaglia contro oggetti riportando qualche ferita . Non è dato sapere quanto questa falsa supposizione abbia influita sul giudizio successivo. Dalle testimonianza, giudicate parzialmente contraddittorie, i periti ricostruiscono in sintesi una sequenza comportamentale articolata in tre fasi: eccitazione in discoteca, esaurimento durante il ritorno in macchina, agitazione psicomotoria una volta rientrato a Ferrara. La condizione in cui si presenta Aldrovandi in discoteca si armonizzerebbe, secondo i periti, con l assunzione contemporanea di ketamina, popper e alcol. Si tratta di sostanze sulla cui assunzione vi è un sufficiente consenso testimoniale. Non si hanno effettivamente testimonianze sull assunzione dell eroina che i periti ragionevolmente pongono in coda all assunzione delle precedenti sostanze forse anche per controllarne gli effetti eccessivamente stimolanti e diventati sgradevoli.

Questa osservazione dei periti porterebbe peraltro ad escludere l effetto interattivo e sinergico rispetto a fenomeni di agitazione psicomotoria della combinazione delle suddette sostanze. Lassunzione di una rilevante quantità di eroina darebbe ragione della sonnolenza e del sopore in prossimità del rientro, posto che in prossimità del rientro, verso le 4 del mattino, si sommavano gli effetti dannosi sul coordinamento motorio di popper, ketamina e, probabilmente, dell LSD che iniziava la sua azione.

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Qui i periti, pur dando semplicemente come probabile l assunzione dell LSD, iniziano la costruzione della loro ipotesi esplicativa che ha per base la sicura assunzione della sostanza, secondo un meccanismo di ragionamento scientifico che muove da premesse soltanto indiziarie, modo di argomentare che, come sappiamo, è stato approvato dalla Cassazione nella definizione dell accertamento della causalità giuridica. LLSD che di solito produce effetto dopo 30-90 minuti dall assunzione, può in casi non infrequenti produrre effetto dopo alcune ore dall assunzione. Così si spiega perché in qualche caso l assuntore ritenga i avere preso un pacco e sulla base d questa convinzione si espone all assunzione di ulteriori dosi o di altre sostanze. Il picco degli effetti psicoattivi si ha a 2.5 ore dall assunzione e possono durare fino a 12 ore. Le considerazioni dei periti potrebbero dirsi pertinenti se non si scontrassero con l atteggiamento da essi stesso definito scientifico di Aldrovandi che, studiando per suo interesse personale gli effetti delle sostanze stupefacenti, non avrebbe dovuto ignorare questo possibile effetto ritardato dell LSD. Leffetto ordinario dell LSD non giustifica un comportamento agitato e violento. Più fondata, sempre nell ottica di spiegare il comportamento agitato e violento di Federico, che viene dato come premessa fattuale del ragionamento, l ipotesi un bad trip , un cattivo viaggio , frutto di uno sviluppo tardivo della sostanza,

abbinato alla coda di altre sostanze, che spiegherebbe il comportamento violento fino all estremo senza un ragionevole cedimento ai rappresentanti della legge e alla superiorità delle forze . Lazione delle sostanze avrebbe quindi sviluppato un interpretazione distorta della realtà, allucinazioni costituenti una realtà radicalmente angosciosa e drammaticamente minacciosa contro la quale il giovane lottava con tutte le sue forze. In questo senso, e non in senso strettamente tossicologico, l LSD può avere avuto un ruolo negli eventi, avendo determinato il crearsi di un mondo allucinatorio di tipo persecutorio, contro il quale l Aldrovandi si è scagliato . Si tratta di una ricostruzione certamente plausibile e chiara che però ha il difetto logico di spiegare la causa con l effetto per ritornare poi all effetto attraverso la causa. Un classico ragionamento circolare che non può essere quindi considerato definitivo. Purtroppo si tratta di un ragionamento ripreso con accentuazione massima del medesimo vizio da tutti i consulenti della difesa. Il bad trip , nel caso concreto, produce effetti devastanti per la condizione di solitudine in cui il soggetto si trovava, una condizione che gli esperti assuntori di allucinogeni tenderebbero ad evitare, nella consapevolezza dell imprevedibilità degli effetti della sostanza.4

4 Si tratta di un osservazione interessante ai nostri fini complessivi perché lascia intendere che i suddetti assuntori, nella previsione degli effetti perversi del viaggio, confidano nella presenza altrui come possibilità di soccorso salvifico. In questo caso non solo Aldrovandi non ha trovato soccorso salvifico nella polizia, ma il suo comportamento,

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Il passaggio dalla sonnolenza alla decisione di rimanere fuori casa e la richiesta di compagnia assumono in questo senso il valore di indizi di un malessere crescente e temuto. La lotta estrema con la polizia sarebbe frutto di vissuti persecutori e angosciosi effetto di un cattivo viaggio , dell assunzione di LSD, causa non di alterazioni fisiche ma di effetti psicologici produttivi di un comportamento apparentemente inspiegabile, innesco di eventi successivi, conclusisi con il decesso. Fin qui la parte tossicologica dell analisi. Da qui muove l indagine medico-legale. Il metodo dichiarato consiste questa volta nel ricorrere il meno possibile alle testimonianze e di concentrarsi sulla interpretazione degli accadimenti secondo la ricostruzione essenziale condivisa dai consulenti del p.m. e da quelli delle persone offese così sintetizzabile: stato di alterazione del giovane ufficialmente rilevato alle 5,45; richiesta di intervento ai carabinieri, arrivo dell auto della polizia alfa3; azione del giovane che si scaglia contro agenti e volante; retromarcia; richiesta e invio di supporto; arrivo di alfa2; colluttazione con l impiego di manganelli; caduta in posizione supina, e imposizione, dopo violentissima colluttazione, di posizione prona con manette ai polsi; in tale ultima fase, contestuale richiesta alle 6,04 di ausilio ai carabinieri e soccorso sanitario; arrivo dei sanitari e constatazione del decesso. Rilevante nella spiegazione causale del decesso la cronologia degli avvenimenti. Da segnalare come i periti insistano nell ipotizzare che parte delle lesioni traumatiche possano essere frutto di urti violenti contro ostacoli fissi ante arrivo della volante alfa3, circostanza tuttavia priva di qualsiasi evidenza probatoria. Corretto invece affermare l impossibilità di assegnare le singole lesioni alla prima o alla seconda fase della colluttazione, salvo per la lesione allo scroto che i periti, sulla base delle dichiarazioni in atti assegnano alla fase precedente l arresto e per

almeno una delle ferite lacero-contuse al capo. Ragionamento quest ultimo certamente fondato, date le macchie di sangue rilevate nella zona del primo scontro. Condivisibile inoltre l assunto che segnala la possibilità di interpretare come lesioni da difesa le ecchimosi al dorso della mano e all avambraccio destro. Modesto è giudicato il politraumatismo contusivo ed in particolare il traumatismo cranico. Lecchimosi escoriata in sede cranio-facciale sinistra, compatibile con la compressione del capo contro l asfalto nella fase di immobilizzazione in posizione prona. Lesione giudicata di scarsissimo rilievo. Nel complesso convergenza sull inidoneità delle riscontrate lesioni traumatiche a cagionare la morte anche solo come concause.

manifestamente anomalo e attribuito dagli stessi agenti all assunzione di sostanze stupefacenti, è stato considerato meritevole di punizione attraverso un immobilizzazione violenta e ad ogni costo non diretta e non finalizzata ad un intervento sanitario, posto che nella migliore delle ipotesi l intervento del 118 era richiesto dagli agenti per curare le ferite fisiche del paziente, rispetto alla cui agitazione violenta il rimedio era stato individuato nell immobilizzazione coatta attraverso la produzione di lesioni, un immobilizzazione meccanica dalla quale veniva esclusa l adozione di presidi terapeutici e sanitari. Le percosse come terapia.

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La modestia del traumatismo non contrasta, peraltro, con la descrizione di una furibonda resistenza da parte della vittima e di notevoli sforzi posti in essere dgli agenti per farlo cadere ed immobilizzarlo. Resta comunque confermato che i traumi contusivi, verosimilmente portati con un manganello , furono di modesta entità.5

A questo punto, per spiegare la causa della morte improvvisa di Federico Aldrovandi, prendendo atto della spiegazione offerta dai consulenti del p.m., i periti spostano l attenzione sull esperienza nordamericana ( quella nazionale essendo considerata meramente anedottica ) di morti improvvise immediatamente dopo o durante una colluttazione con la polizia di soggetti in preda a reazioni violente ed incontrollate. Viene richiamata la letteratura americana ed in particolare una parte di un manuale di patologia forense a firma di Vincent Di Maio nel quale si polemizza contro la ricerca ad ogni costo di responsabilità della polizia o di sanitari intervenuti nell immobilizzazione di soggetti agitati, nei casi, piuttosto frequenti in America, in cui sopravviene una morte improvvisa. In tutti questi casi gli esperti americani avrebbero coniato la definizione di excited delirium syndrome fattispecie alla quale secondo i periti potrebbe essere agevolmente ricondotto il decesso di Federico Aldrovandi. La sindrome, riscontrata inizialmente in pazienti psichiatrici, dopo l introduzione delle terapie neurolettiche, in grado di risolvere sostanzialmente il problema psichiatrico, si sarebbe riproposta come attuale, a partire degli anni ottanta in forme acute in soggetti sotto l effetto di sostanze stimolanti. I periti descrivono alcuni degli aspetti della presunta patologia. Tra questi è importante notare come siano inseriti due componenti di assoluto rilievo per la soluzione del caso in esame: l uso di costrizione fisica e la storia di patologìa mentale o abuso di farmaci . In sostanza, volendo soprassedere al momento sull effettiva attendibilità di tale presunta sindrome a spiegare l evento, se anche si volesse ammettere una tale chiave di lettura, di essa farebbero parte come elementi costitutivi, e non come circostanze esterne od occasionali, irrilevanti nella costruzione della sindrome stessa e dei suoi effetti, l uso della costrizione fisica sul soggetto e una pregressa storia di patologia mentale o di abuso di farmaci. Da un lato quindi l uso della costrizione fisica è componente integrante della patologia e la sua presenza è conditio sine qua non degli effetti e dall altra la storia pregressa di abuso di farmaci è ugualmente elemento costitutivo e determinante dell insorgenza e degli effetti della patologia. Senza questi elementi non potrebbe parlarsi di excited delirium syndrome come causa di morte. Secondo questa teoria, pertanto, i contemporanei effetti dell attività fisica e delle sostanze stupefacenti possono indurre una morte improvvisa. E da rilevare come nella spiegazione del meccanismo un ruolo determinante è assegnato dai periti alla violenta colluttazione. E questo gigantesco sforzo che innesca il meccanismo:

5 La circostanza era già stata constatata e condivisa dagli stessi consulenti delle persone offese, ed in particolare dal dr. Zanzi nel suo sommario rapporto alla famiglia dopo l autopsìa, secondo quanto riferito da Patrizia Moretti.

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massiccia increzione di catecolamine aumento della frequenza cardiaca della forza di contrazione del cuore della pressione arteriosa della domanda di ossigeno da parte del cuore abnorme increzione di altri neurotrasmettitori, quali la serotonina alla cui produzione può contribuire l assunzione di stupefacenti azione sinergica della serotonina sull insorgenza di aritmie cardiache aumento e rapida diminuzione della potassiemia come causa di ulteriore rischio di aritmia cardiaca arresto cardiaco immediatamente dopo lo sforzo massimale e all esaurirsi di questo refrattarietà a trattamento rianimatorio. I risultati dell autopsìa risulterebbero compatibili con il meccanismo mortale postulato dalla sindrome. Il quadro emerso dall autopsìa si osserva nelle morti improvvise di origine cardiaca. Interessanti in questo senso i preparati istologici del cuore, indicativi della presenza di fibre miocardiche che suggeriscono, sebbene non dimostrino, una lesione ischemica recentissima. Rilevanti pure in questa direzione la rilevata presenza di piccoli e sporadici focolai sparsi di fibrosi miocardica, non organizzati e quindi verosimilmente non riferibili a episodi ischemici pregressi . Questo elemento crea un elemento di contraddizione nello schema, trattandosi di rilievi su soggetto giovane ed in perfetta salute. A scopo speculativo , e contraddicendosi, i periti sono qui costretti a porre una spiegazione che fa però riferimento all utilizzo cronico di sostanze stimolanti, negato dall evidenza probatoria. La conclusione sul punto mette in evidenza la perplessità dei periti e la scarsa convinzione nella spiegazione proposta: Si tratta di un quadro assai povero di elementi dimostrativi, indicativo di una morte rapida nella quale è certamente intervenuta, almeno in fase finale, una compromissione cardiaca di origine ischemica. Un quadro insomma del tutto sovrapponibile a quello descritto in letteratura come usuale nell excited delirium syndrome . Pare a chi scrive non sia necessario spendere molte parole per dimostrare come l addotta sindrome in realtà nasconda l incapacità di spiegare la morte come effetto della colluttazione e del rifiuto aprioristico di collocare l azione degli agenti come concausa nell innesco di un meccanismo assai più complesso e multifattoriale che produce la morte. Lexcited delirium syndrome è in ultima istanza un tentativo di spiegare una morte che non si riesce a spiegare senza introdurre il fattore concausale dell azione violenta degli agenti e degli effetti della stessa sulle funzioni vitali di un soggetto agitato e resistente. Per poter giungere alla conclusione, i periti devono quindi negare un qualsiasi contributo asfittico nella produzione dell evento letale. I consulenti non negano che i segni rilevabili dall autopsia siano compatibili con l ipotesi asfittica, la loro presenza essendo necessaria per poterla formulare. Ribadiscono peraltro come i segni rilevati non compaiono solo in casi di morte asfittiche ma anche in altri casi in cui l asfissia può essere esclusa. Lo stesso enfisema polmonare riscontrato, l aspetto classicamente considerato come maggiormente indicativo di morte asfittia, non

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potrebbe dirsi perentoriamente dimostrativo, in quanto possibile epifenomeno terminale di morte cardiaca. Nel caso Aldrovandi sussisterebbero, dunque, segni che si accompagnano all asfissia, ma si tratterebbe di segni aspecifici, comuni a tutte le morti rapide e maggiormente rilevabili nell asfissia meccanica. A questo punto, presi dalla foga argomentativa, i periti commettono uno svarione, assumendo a comprova della propria tesi la mancanza di petecchie sottocongiuntivali, della cui presenza l autopsìa aveva invece dato piena conferma, e quindi svalutando la dimensione e l entità di tutti gli altri segni, a loro volta inequivocamente dimostrativi di asfissia (presenza di un significativo numero di petecchie sottosierose, di rotture di setti polmonari ecc. ). Il significato di questi elementi è invece di estremo rilievo nella complessa, articolata e autenticamente scientifica ricostruzione della cause della morte che i consulenti delle parti civili con il contributo determinante del prof. Thiene, il cui intervento chiude il cerchio

di una già sofisticata e intelligente analisi, nel cui corpo si integra in modo non solo coerente ma come unico tassello mancante di un quadro già cospicuamente esplicativo. I periti nell ultima parte del loro lavoro, si pongono quindi il quesito della possibile rilevanza nel determinismo della morte delle manovre poste in essere dagli agenti per immobilizzare Aldrovandi. Occorre avere cura di notare che si tratta di un tema più specifico e ristretto del ruolo della semplice colluttazione nel determinismo causale. Luso della costrizione fisica, e quindi di un confronto fisico tra soggetto ed agenti di polizia, è , come s è detto, una componente essenziale e decisiva nel quadro descrittivo dell excited delirium, secondi i periti. Laccresciuto violentissimo lavoro muscolare di Federico Aldrovandi, già in stato di agitazione psicomotoria, derivato dallo scontro con gli agenti è considerato da tutti, periti e consulenti, una concausa dell evento. Il punto è stabilire se all accresciuto fabbisogno di ossigeno per lo sforzo muscolare si sia aggiunto un deficit di approvvigionamento da compressione delle vie aeree. I periti limitano la discussione alla possibile componente asfittica legata alla posizione prona, con un agente sopra la schiena. Ma il tema è assai più ampio e attiene, ad esempio, al sormontamento del busto di Aldrovandi con tutto il suo peso da parte di un agente sin dal momento della caduta a terra, ancora nella posizione supina. Ancora una volta l ipotesi dell asfissia meccanica per vera e propria immobilizzazione del torace è respinta con l argomento, povero di contenuto logico e scientifico, della mancanza di segni anatomici ( ecchimosi). In realtà l ipotesi era assai più semplice e riconducibile al caso, di seguito esaminato, dell asfissia posizionale. Nulla vieta di esaminare quest ipotesi con una componente aggiuntiva derivante da un peso sulla schiena, sia pure non tale da bloccare del tutto il mantice respiratorio. Ridotta la questione a quella della mera asfissia posizionale da semplice posizione prona con mani legate dietro la schiena, i periti ripercorrono l esposizione della

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letteratura sul punto che già abbiamo rinvenuto nella relazione Avato. A questa letteratura viene aggiunto il richiamo al manuale dei Di Maio del 2006 e al lavoro di Chan. La conclusione, piuttosto sbrigativa, fondata su quest ultimo autore, è che l ipotesi deve considerarsi infondata perché non esisterebbe un deficit della saturazione nella posizione prona neppure con il posizionamento di pesi sulla schiena. Sarà facile ai consulenti di parte civile osservare come una persona in condizioni di agitazione psicomotoria ad altissimo consumo di ossigeno, secondo lo schema dell excited delirium, può giungere rapidamente all asfissia se, a quella condizione, si aggiunge una compressione a terra del torace, violenta e prolungata, con le mani, con un ginocchio o addirittura con il peso del corpo, sia nella posizione supina che, tanto più, nella posizione prona.

7.1. La deposizione dei periti Testi e Bignamini .

Si può agevolmente intuire come le deludente e piuttosto elementare conclusione dei periti che attribuiscono la causa della morte ad excited delirium syndrome, abbia messo in gravissime difficoltà i suoi sostenitori nel contraddittorio avanti al giudice dell incidente probatorio. Sottoposti ad un fuoco di fila di domande, contestazioni, richieste di precisazioni, approfondimento dei quesiti, confronti con dottrina e letteratura, i periti hanno per più aspetti dovuto ammorbidire e modificare le loro posizioni, sicchè può ben dirsi che la loro posizione, all esito del contraddittorio, risulti piuttosto diversa da come emerge dal documento depositato più di un mese prima. Il primo momento in cui i periti debbono prendere atto dell incompletezza, parzialità e insufficienza logica delle loro conclusioni lo si riscontra a pag. 6 del verbale quando, dopo avere risposto alla domanda del p.m. sulla causa dell aumento della domanda di ossigeno da parte del cuore, indicando l agitazione psicomotoria ( come in relazione) sono costretti ad ammettere che, certo, anche la colluttazione era stata causa di aumento del fabbisogno di ossigeno. La domanda del p.m. coglie talmente di sorpresa i periti che rispondono ( in realtà parla il dr. Testi): Dal punto di vista fisiologico, credo assolutamente di sì, ma questo penso che lo

abbiamo scritto, cioè

In realtà, come si è visto, questo nella relazione non è affatto scritto. Più avanti con maggiore chiarezza dirà ( p.10): Se la persona era agitata prima della colluttazione, è chiaro che la colluttazione ha aumentato la richiesta di ( ossigeno). Altro fondamentale passaggio, la lesione ischemica recente che i periti ritengono di avere riscontrato e che attribuiscono a carenza di ossigeno. Il dr. Testi ammette che un aspetto di ondulazione delle fibre miocardiche si riscontra anche in morti non riferite ad evento cardiaco, facendo in tal modo perdere di significatività ad un fondamentale elemento posto a fondamento della sua spiegazione. Egli stesso, dopo averne fatto un cavallo di battaglia nello scritto, afferma: non gli darei questo

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rilievo fondamentale sulla comprensione del meccanismo che ha portato alla morte se il quadro istologico non avesse mostrato quelle ondulazioni miocardiche, non credo che la nostra valutazione della causa della morte, sarebbe stata diversa . Abbiamo quindi un revirement a 180 gradi che tuttavia dimostra assai di più di quanto la mera ritrattazione non possa fare pensare. In fondo dopo avere cercato di inserirla nel quadro, Testi si limita ad eliminare il dato. Ma questo esiste e va spiegato. E se l excited delirium non lo spiega va trovata un altra spiegazione. Questa spiegazione la fornirà uno dei più importanti esperti della materia, il prof. Thiene. Anche sul ruolo della potassiemia si rileva una precipitosa marcia indietro: Devo dire che l affermazione, cioè quanto noi abbiamo riportato sull aumento dell increzione catecolaminica e sulla diminuzione del potassio immediatamente dopo la cessazione dello sforzo, sono dei dati di letteratura che definiscono, che servono a spiegare questo tipo di morti, però non esiste naturalmente un indicazione che, in questo caso, ci sia stata un ipopotassiemìa . Di fronte ad un parterre di prestigiosi consulenti delle parti civili, i periti retrocedono ancora prima di ricevere specifiche contestazioni, ammettendo di avere lavorato su base congetturale. Ma anche sull increzione serotoninica la ritirata è palese, dimostrandosi come il modello esplicativo iniziale sia puramente congetturale e letterario. Diciamo che anche questo è molto più ipotetico Però devo dire che è più marginale, a mio avviso.

Scopriamo che nella sequenza causale descritta dai periti intervengono elementi ipotetici e marginali. Nessun rapporto causale tra l assunzione di sostanze e la morte; problematico attribuire un ruolo d innesco dell agitazione psicomotoria alle quantità di sostanze stupefacenti rinvenute a Ferrara. Il dr. Testi è quindi costretto ad ammettere che in mancanza di altri dati obbiettivi e di una sicura prova di assunzione di LSD, essendo insufficienti i risultati dell indagine tossicologica, il dato di partenza per spiegare la vicenda era stata l agitazione psicomotoria del soggetto, prima dell intervento della prima volante, dato come presupposto da tutti gli intervenuti. La spiegazione dei periti muove quindi da un dato storico-circostanziale senza il quale sarebbe priva di fondamento. Ma questa circostanza imponeva di dare una causa a questa condizione insorta in un diciottenne, sano, senza alcuna patologìa psichiatrica in anamnesi. Per questa ragione, per questa carenza di evidenza fattuale, anche in rapporto ai tempi, i periti ammettono essere stato necessario ricorrere all ipotesi del bad trip : l unica ipotesi che possa spiegare, dal punto di vista dei tempi e dal punto di vista della risposta del soggetto, la situazione in cui sono iniziati fatti che hanno poi portato alla morte del giovane. Ipotesi inevitabile non potendosi quella condizione ascrivere alla Ketamina, nelle quantità rinvenute a Ferrara, né alla morfina la cui azione non

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produce agitazione psicomotoria, ma semmai l effetto farmacologicamente opposto. Assolutamente ininfluente l alcol. Una spiegazione può darsi quindi se si ammette che la circostanza, riferita dagli amici, secondo cui Federico Aldrovandi asseriva di avere assunto due francobolli

di LSD fosse vera e che, contrariamente

a quanto dallo stesso ritenuto, la sostanza avesse prodotto il suo effetto. Un effetto, peraltro, che doveva ritenersi legato all assunzione di una quantità talmente modesta ( leccata su francobolli) da risultare negativa ad una comune analisi. Quella dell LSD, e della sua azione ritardata da bad trip, pur sprovvista di riscontro analitico ma solo testimoniale, è per il perito il solo elemento che possa spiegare il comportamento di un ragazzo sano come Aldrovandi. Lunico dato certo per un analisi come quella svolta dai periti è l agitazione psicomotoria segnalata dalla telefonata di un residente. Quanto, peraltro, fosse marcata l agitazione è per lo stesso perito un altro elemento indeterminato che interferisce sulla spiegazione, rendendola aleatoria. E anche su questo presupposto a priori ( o meglio da racchiudere nei termini della telefonata Chiarelli ) il perito è costretto ad una parziale rettifica di fronte alla contestazione del p.m. di avere dato per oggettivi atti di autolesionismo privi di riscontro. Ribadiscono i periti che la ketamina non può essere causa di agitazione psicomotoria, assunta in quelle quantità e con quelle modalità. Si ha ancora conferma che le ferite lacero contuse furono prodotte da un corpo contundente ( ipotizzabile anche l urto contro ostacolo fermo). Conferma che l ipotesi di ferite da difesa al dorso del polso destro e all avambraccio destro. Conferma che a colpi manganello sarebbero imputabili molte delle lesioni agli arti inferiori. Conferma dell attribuzione all operazione di immobilizzazione a terra delle ecchimosi escoriate al volto ( schiacciamento e trascinamento del viso sulla superficie dell asfalto ). La colluttazione si era certamente protratta per diversi minuti, un tempo assolutamente lungo per produrre gli effetti rilevati. Lesame viene quindi riportato al tema dell asfissia meccanica o da posizione come concausa. E lo stesso dr. Testi ad introdurre la questione dell asfissìa da restrizione, un profilo non affrontato nella relazione scritta ma oggetto di confronto nella fase preliminare alla stesura del testo con i consulenti di parte. Lasfissia da restrizione è tecnicamente il tipo di concausa al quale si fa genericamente riferimento quando si associa il fenomeno asfittico all attività di immobilizzazione. E il concetto più pregnante per ricercare e stabilire la concausa. E Il dr. Testi medesimo ad ammettere che alcuni autori ipotizzano tale restrizione come concausa nell excited delirium syndrome. Lassenza di lesioni traumatiche al

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dorso o al collo portava ad escludere l ipotesi dell asfissìa meccanica. Lasfissìa posizionale è poi in letteratura il caso in cui è proprio la posizione fatta assumere all arrestato a causare la morte. Il caso è raro e descritto in letteratura in singole specifiche situazioni che lo rendono assai evidente. La casistica che descrive i casi di asfissìa posizionale sottolinea l evidenza dei segni che non lasciano spazi alla diagnosi di morte asfittica. La questione più dibattuta è quindi la c.d. asfissia da restrizione o costrizione come concausa della morte nell excited delirium syndrome. Il dr. Testi introduce a questo punto del contraddittorio un tema che neppure sfiorato nella relazione scritta; un assenza che la rendeva assolutamente inidonea a dare risposta ai quesiti che si affollano nel caso. Con la categoria dell asfissìa da restrizione viene in evidenza nel dibattito quell elemento aggiuntivo la cui pretermissione in relazione risultava ingiustificabile anzitutto dal punto di vista logico, date le premesse nella costruzione degli elementi costitutivi della sindrome. Per contestare la configurabilità dell asfissia da restrizione il perito richiama il teste di Di Maio del 2006 che non la considera reale. Ma ancora una volta, dopo avere dato l impressione di avere colto il problema, il perito lo sfugge, ricordando come i lavori successivi avessero dimostrato che la posizione prona diminuisce di una percentuale non superiore al 10% la capacità ventilatoria e non avrebbe alcuna incidenza sulla saturazione dell ossigeno, sull ossigenazione dei tessuti. In realtà la risposta che il perito fornisce, pur riferita alla domanda sull asfissia da restrizione, si riferisce all asfissia da posizione in condizioni predefinite. La domanda riguardava invece non gli effetti di una posizione data ma quelli della immobilizzazione quando questa inevitabilmente finisce con l interferire non solo con la posizione fatte assumere al corpo ma anche con il peso e la sua collocazione quando necessari all obbiettivo. Ed infatti è sempre Testi che su sollecitazione del p.m. , dopo la categorica esclusione della rilevanza della questione, la recupera sul piano delle possibili evenienze concrete, affermando: a meno che il soggetto sia posto in una posizione particolare che meccanicamente alteri la capacità respiratoria . Altrimenti la morte si spiega soltanto con l incapacità del soggetto di autoregolare il lavoro muscolare. Che, ancora una volta, è come ammettere che gli agenti siano rimasti spettatori passivi, un po come gli arbitri dell infelice esempio della lotta greco-romana, esempio richiamato altrettanto impropriamente da Testi, dopo il prof. Avato, essendo la pratica sportiva regolata da criteri, anche temporali, che individuano il limite oltre il quale lo sforzo e la posizione non mettano in pericolo l incolumità dell atleta, essendo questo la ragion d essere degli arbitri, non potendosi escludere che in loro assenza gli atleti portino lo sforzo oltre il limite ammissibile sicchè senza arbitri o con arbitri nel ruolo di giocatori è più che probabile che anche nella lotta greco-romana si verificherebbero casi letali.

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Le domande del p.m. portano quindi il perito a contraddirsi e ad ammettere il ruolo letale della colluttazione anche sotto il diverso profilo dell aumento dell increzione catecolaminica, osservazione di banale buon senso che però tardava a farsi strada nel dibattito: è chiaro che se noi parliamo di concausalità e dobbiamo capire come interagiscono gli elementi, vogliamo mettere dentro questo insieme di fattori, abbiamo parlato dello sforzo, dell eccitazione, certamente anche la colluttazione, quindi anche i traumatismi6 dal punto di vista dell increzione delle catecolamine hanno avuto un efficacia causale che non solo si deve ammettere ma è logico ci sia. ( p. 30 ) Resta confermato quindi che i segni dell asfissia ci fossero tutti anche se quei segni si trovano presenti in morti con pacifica altra origine. Sul piano del metodo occorre obiettare al dr. Testi che la presenza di tutti i segni dell asfissia avrebbe richiesto non di escludere la spiegazione, inseguendo una ipotesi che non dava conto di tutti gli elementi del quadro, ma un migliore è più approfondito riscontro del dato storico o comunque un rinvio allo stesso, secondo le diverse interpretazioni possibili. Certo, anticipando le conclusioni, rispetto alle tesi dell accusa, il dato circostanziale acquisito con la testimonianza Tsague ha lo stesso valore della corda per dimostrare la causa della morte dell impiccato. Apprendiamo, quindi, come la diagnosi medico-legale sia il più delle volte funzione dell interpretazione del dato circostanziale. Il controesame dei periti fornisce altri elementi di decisivo rilievo nella ricostruzione del nesso di causalità. Anzitutto viene chiarito che l LSD agisce a dosi assai basse al punto da sfuggire al rilievo analitico. Non vi sarebbe correlazione per questa sostanza tra quantità assunte e manifestazioni cliniche, ragion per cui dato il rilievo oggettivo dello stato di agitazione del ragazzo, l ipotesi più plausibile diventava il bad trip , non essendovi altre plausibili cause di un comportamento di quel genere in una ragazzo che non aveva problemi psichiatrici, non era un tossicomane e la cui personalità non induceva ad aspettative di comportamenti di quel genere. A pag. 40, abbiamo il rilievo del macroscopico errore commesso dai periti nell avere ragionato sulla mancanza di petecchie sottocongiuntivali come elemento problematico per l ammissione del fenomeno asfittico, segno viceversa pacificamente rilevato all indagine autoptica. La difficoltà dei periti emerge a questo punto con assoluta evidenza dal verbale, ove si rileva che per mantenere la posizione sono costretti a ripiegare sullo scarso numero di quelle rilevate per potere esprimere un franco giudizio di asfissìa. Anche alla contestazione relativa alla

6 Quindi anche le percosse, le lesioni, le sofferenze, il dolore fisico, e la reazione emotiva e fisica ad esse acuiscono l azione di increzione catecolaminica, dimostrandosi così, per ammissione dei periti, come non solo la colluttazione in sé ma anche le modalità della stessa abbiano avuto un ruolo determinante nella produzione del quadro multifattoriale letale.

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mancata considerazione degli abiti indossati dalla vittima come elemento che poteva spiegare la mancanza di segni di pressione sul dorso o sul busto con un ginocchio o con una mano, i periti si mostrano in difficoltà, non potendo contrastare l evidenza del rilievo e ripiegando sull ipotesi, implausibile nel contesto, che il segno si sarebbe dovuto trovare a causa della reazione dela vittima alla pressione. Dovendo quindi ammettere che un ginocchio che preme sul torace può non cagionare lividi, il dr. Testi cerca di uscire dall angolo in cui si è posto assumendo che l ipotesi dell asfissìa non sarebbe congruente con il non eccessivo peso portato sulla schiena e soprattutto con la sorprendete mancata reazione alla rianimazione cardiopolomonare in un giovane in buone condizioni fisiche, situazione viceversa congruente con l ipotesi dell exited delirium. Vedremo come questo fattore che il dr. Testi considera decisivo e che non sa spiegare in modo diverso dal problematico ricorso all excited delirium syndrome, trovi un evidente giustificazione nella spiegazione della morte offerta dal prof. Thiene e anzi, vista in questa luce, la sorpresa del dr. Testi, insostenibile l ipotesi dell excited delirium, diventa un argomento di conferma e sostegno della tesi del prof. Thiene. La difesa di parte civile ottiene conferma dai periti che i lavori di Chan e degli altri esperti anglosassoni da loro citati non escludano affatto una morte ipossica generata dalle circostanze concrete della colluttazione e che quest ultima ed il modo di condurla abbia in queste morti un ruolo causale assolutamente specifico. Nel testo di Chan, citato dalla parte civile, si legge come gli esperimenti svolti non rispecchiano tutte le alterazioni fisiologiche reali che si possono verificare durante la colluttazione in stato di agitazione. Vi si legge, quindi, testualmente: E possibile che una combinazione di fattori, comprese le condizioni cliniche sottostanti, l agitazione, la colluttazione oltre alla posizione possono causare un deficit respiratorio non rilevato nello studio . Lautore principe richiamato dai periti per dare corpo alle proprie conclusioni in materia di asfissìa in corso di contenimento è quindi esplicito nel dare conto della variabilità delle condizioni di campo, tali da rendere l ipotesi di una morte indotta dalle condizioni della colluttazione e dell immobilizzazione del tutto verificabile e dimostrabile. A questa contestazione i periti accedono richiamando il testo dei Di Maio, ove si afferma, in uno specifico capitolo, essere del tutto ammissibile che in alcuni casi particolari si debba necessariamente ammettere che la posizione possa assumere un rilievo causale . Così prosegue Testi ( p. 52): Devo dire che in questa vicenda proprio mi pare che ci siano delle altre componenti che hanno tutta la dignità causale per dar luogo ad un ipossìa che ha condotto a questa morte Non è la mera posizione prona a potere essere indicata come causa alternativa ma è proprio quel complesso di circostanze interne ed esterne alla situazione di immobilizzazione di arrestati che giocano in vario modo nel determinare l esito dell intervento sulla persona agitata. Hanno quindi ragione i periti nel richiamare le indicazioni dei Di Maio, di cui ci occuperemo più avanti, agli operatori sanitari e di polizia su come affrontare il

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problema dell agitato e della sua salvezza. A questo proposito deve essere sottolineata l importanza della parte conclusiva del controesame dei periti, dove essi precisano le prescrizioni prudenziali per il personale che deve intervenire su soggetti psichiatrici agitati, consigli che rispecchiano largamente le acquisizioni americane: tentare di mediare con la persona attraverso un contatto verbale o una qualche forma di accordo sulle cose da fare; se questo non è possibile aspettare che ci sia un momento, una circostanza che ovviamente deve essere anche di preponderanza fisica, perché prima di intervenire si devono preparare i farmaci da somministrare eventualmente in modo immediato, e nel momento in cui si ritiene di intervenire questo intervento deve essere coordinato e assolutamente determinato ( p. 55 ) In conclusione del controesame delle parti civili, il consulente di parte prof. Beduschi introduce una questione interpretativa di grande rilievo e di stringente significato per ricondurre ad unità il contrasto tra i periti ed i consulenti sull esservi o non esservi stata asfissia, sulla natura dei suoi segni e sul suo ruolo causale. Con molta intelligenza e nella logica che tutti gli esperti hanno indicato come la spiegazione più plausibile, quella concausale, il medico legale esperto assume l ipotesi tecnica di qualificare il quadro autoptico come rivelatore di una condizione di ipossìa, una condizione da sola non determinante ma decisiva nel contesto definito dai periti e quindi del tutto compatibili con i segni medico-legali rivelatori di un quadro del genere piuttosto che di una vera e propria asfissia. La risposta del perito è in termini assolutamente adesivi: Una cosa è il concetto di asfissìa meccanica, una cosa è il concetto che in una morte

ci sia un ipossìa e un asfissia. Un ipossìa e un asfissìa ci sono mediamente anche in morti che non hanno nulla a che vedere con le asfissìe meccaniche, in una morte cardiaca per esempio noi vediamo delle petecchie e dei segni ipossici che assolutamente concordano con questo tipo di morte. Quindi è assolutamente corretto. Allora escluso il discorso asfissìa meccanica, cioè qualcosa che meccanicamente impedisce gli scambi respiratori, resta da valutare sulla possibilità di ossigenazione dell organismo quanto possano agire degli elementi che sono il delirio, l iperattività fisica, i traumi e ultima la posizione o la restrizione. Le nostre valutazioni sulla causalità della restrizione e della posizione sono quelle che abbiamo ampiamente dibattuto prima col pubblico ministero, tratti da dati di letteratura, ma sul fatto che ci sia una componente

che questa morte sostanzialmente, necessariamente abbia avuto una componente ipossico-asfittica non meccanica non cè dubbio.

( p. 60 ) Appare evidente come all esito dell esame la posizione del dr. Testi sia radicalmente rivoluzionata. La morte non deriva da un indistinto excited delirium syndrome ma scaturisce da un complesso di fattori dei quali l agitazione del soggetto è solo uno, essendo viceversa decisive le modalità della colluttazione, i traumi inferti, lo schiacciamento a terra, il complesso delle modalità dell intervento e dell immobilizzazione, in grado di produrre un aggravamento determinante delle

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condizioni di rischio in cui il paziente versava per il suo stato di agitazione, un aggravamento, prodotto dalle modalità dell intervento degli agenti, assolutamente estraneo a qualunque protocollo di sicurezza, secondo quanto detto da Bignamini (meglio ultra ), determinante nella produzione dell evento mortale. Che l excited delirium non possa essere considerata di per sé causa di morte, i periti lo confermano riepilogando la storia clinica che ha condotto ad evidenziare la sindrome stessa come diretta erede di quella patologia psichiatrica denominata delirio di Bella per la quale pazienti psichiatrici permanevano in condizioni di

agitazione psicomotoria per diverso tempo; dopo giorni di questo stato, accompagnato da febbre, morivano. Questo tipo di morti nelle istituzioni psichiatriche si verificava anche quando i pazienti in stato di agitazione venivano fermati. Questo tipo di morti nelle condizioni indicate è ora prevenuto dall avvento dei farmaci neurolettici ma la casistica si è ripresentata con soggetti affetti dalla medesima agitazione a causa dell abuso di stupefacenti di tipo anfetaminico. Orbene, nei confronti di questi soggetti dovrebbero essere adottate le stesse precauzioni oggi adottate dal personale psichiatrico per prevenire morti da agitazione prolungata o da intervento contenitivo inappropriato. E anche da questo punto di vista si ricava la conclusione di come non sia l agitazione in sé a causare la morte ma le modalità di intervento e di contenimento. I casi ottocenteschi di morti da agitazione prolungata e da esaurimento della resistenza del cuore sono lontani, incomparabilmente lontani dalla realtà odierna, nella quale il problema sta tutto nelle modalità e nelle tecniche di contenimento e nel rapporto tra contenimento ed efficace e rapida somministrazione dei presidi farmacologici. Ovviamente le descrizione astratte sul tema esigono una precisa definizione del livello, del grado, delle cause dell agitazione anche per rapportare a questi parametri le tecniche d intervento applicate. Vedremo tutti gli errori commessi dagli imputati nel valutare l approccio al caso. Ma vedremo anche come sia fuori dalla realtà l assunto di uno stato di agitazione di Federico riconducibile alla casistica psichiatrica ottocentesca. Resta acquisito dall evoluzione della posizione dei periti d ufficio nel corso del contraddittorio un dato che non consente di attribuire ad excited delirium il ruolo di causa dell evento ma al più ( in via del tutto ipotetica) quello di stato di fatto, di occasione contingente nella quale si sono potute realizzare le condotte umane che determinarono in senso letale l evoluzione dello stato di agitazione nel quale versava Federico Aldrovandi; una condizione che poteva e doveva essere affrontata, in quanto stato patologico, con metodi, tecniche e cautele assai diverse da quelle adottate dagli imputati che agirono come se avessero a che fare con una persona normale che si comportava come se fosse un pazzo, senza esserlo. Se Federico Aldrovandi fosse stato realmente affetto dal grave quadro sintomatico sintetizzato dall espressione excited delirium syndrome, l approccio degli agenti doveva essere di tipo terapeutico e cautelare nei confronti dell ammalato, e doveva essere

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indirizzata a impedire l evoluzione della sindrome e non essere esso stesso causa del suo precipitare.

8. Lalternativa tecnica prospettata dai consulenti delle parti civili in seguito al contraddittorio con i periti d ufficio.

A seguito del contraddittorio con i periti d ufficio, documentato e descritto in precedenza, i consulenti tecnici delle parti civili Prof. Giovanni Beduschi, dr. Giorgio Gualandri, dr. Luciano Varetto e dr. Antonio Zanzi depositavano una relazione scritta autorizzata che confluiva nel fascicolo del dibattimento. Si tratta di una proposta ricostruttiva e interpretativa sulla quale in ultima istanza abbiamo visto come anche i periti d ufficio abbiano concordato; essa tuttavia presenta maggiore articolazione e aderenza ai dati oggettivi. I consulenti di parte muovono dal risultato sostanzialmente negativo dell analisi tossicologica a Torino ma non insistono sulla questione per non coinvolgersi nella defatigante discussione sulla persistente attendibilità dei campioni a mesi di distanza dal prelievo e sulla loro più o meno buona conservazione. Ripropongono gli elementi caratterizzanti la excited delirium syndrome, secondo l esposizione dei periti, suddividendoli tra fattori che originano dall interno dell organismo; fattori esterni all organismo, prodotti da terze persone ( nel caso di specie l azione degli agenti, indicato come uso di costrizione fisica ); fattori terminali e fattori pre-esistenti. In base a questa classificazione, l azione degli agenti, anche per i periti, costituisce un fattore causale concorrente. Ovviamente i consulenti sottolineano l esplicita convergente presa di posizione dei periti nel corso del contraddittorio. Luso della costrizione fisica e lo sforzo correlato alla colluttazione, unitamente allo stato di agitazione psicomotoria, sono per consulenti e periti tra i fattori causali del decesso. Non vi sarebbe altro da aggiungere sul piano del mero accertamento del rapporto causale. Esclusa l azione di sostanze esogene, si tratta dello stesso esito al quale riconduceva la consulenza Malaguti-Lumare. Volendosi dare per ammessa l agitazione psico-motoria, gli sforzi e la colluttazione rappresentano fattori concausali rispetto alla morte, fattori che aumentano l agitazione e contribuiscono ad accrescere le richieste di ossigeno da parte dell organismo. Poste tali premesse, i consulenti ritengono di dovere aggiungere al quadro un ulteriore fattore concausale che essi individuano in un meccanismo asfittico, determinatosi nel corso della colluttazione per effetto dell azione di immobilizzazione. Un meccanismo asfittico di natura posizionale-restrittivo, legato alla posizione fatta assumere dagli agenti al soggetto ma anche all azione degli agenti sulla posizione, fondata su dati di tipo circostanziale e riscontri autoptici. Il dato autoptico consegna la compresenza di tutti i segni, nessuno escluso, per la

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diagnosi di morte asfittica. Segni singolarmente aspecifici ( si rinvengono in decessi con diversa eziologìa), e non dimostrativi ma la cui compresenza rinvia ad un meccanismo asfittico, secondo il procedimento cognitivo degli indizi gravi precisi e concordanti. Tali convergenti e significativi indizi autoptici sono costituiti da:

- Enfisema polmonare acuto, documentato dal riscontro autoptico a livello macroscopico (iperespansione dei polmoni con diffuso crepitìo alla palpazione e mantenimento della fovea digito pressoria) e a livello microscopico (lacerazione dei setti interalveolari, coalescenza degli spazi alveolari). Un quadro che viene definito nel suo insieme tipico nelle morti asfittiche e raro in altre forme morbose, quali ad esempio le morti improvvise

- Petecchie congiuntivali, accertate pacificamente dall autopsìa che le descrive così com erano state già descritte in sede di sopralluogo. A rafforzare il quadro, la presenza di petecchie sub pleuriche, focolai microemorragici al polmone, all encefalo, alla capsula ipofisaria con spandimento di emazie al miocardio. Petecchie e focolai microemorragici costituiscono per i consulenti epifenomeni caratteristici delle morti asfittiche.

- Ondulazioni di miofibre miocardiche che rappresentano l effetto di un diminuito apporto di ossigeno al cuore, effetto che in un soggetto con coronarie indenne può ben derivare non solo dalla maggiore insoddisfatta richiesta di ossigeno per la persistente agitazione ma anche da un minor afflusso dipendente da restrizione della capacità ventilatoria in soggetto con notevole bisogno di ossigeno.

- Intensa congestione all estremo cefalico (stasi), fenomeno male interpretato da Malaguti-Lumare come macchie ipostatiche al volto di colorito rosso-violaceo, evenienza impossibile per un cadavere che era rimasto in posizione prona per pochissimi minuti, e cioè fino all arrivo dei rianimatori ( tant è che in tutte le foto è ripreso in posizione supina). Di talchè, soggiungono i consulenti, il colorito rosso-violaceo al volto, descritto dai consulenti del p.m., è ascrivibile ad intensa congestione vasale, tipica nei decessi asfittici/ipossici, nei quali vi è una restrizione fisica che interferisce con la ventilazione polmonare che, a sua volta, determina stasi venosa nel territorio cefalico. L intensa congestione del distretto cefalico è indirettamente confermata anche dal rilievo sul cadavere di atipica formazione di macchia verde putrefattiva in corrispondenza delle vene del collo, segno della presenza di abbondante quantità di sangue nel distretto.

- Intensa congestione pluriviscerale; sangue fluido e scuro; macchie ipostatiche abbondanti (segni peraltro aspecifici).

Quanto alle modalità di produzione dell asfissìa, i consulenti si dolgono sia stata presa in esame dai periti, per confutarla, una modalità di azione traumatica sul collo con occlusione delle vie aeree, mai dagli stessi proposta nei termini in cui

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viene riportata dai periti, e che pertanto conserverebbe tutta la sua validità euristica ( la compressione da parte di un agente con un ginocchio puntato sul dorso dell antagonista e una trazione esercitata con un manganello sulla superficie anteriore del collo, non comprimerebbe la trachea ma solleverebbe la base della lingua, con un meccanismo simile all impiccamento tale da non lasciare segni traumatici sulla cute se la superficie è liscia come quella di un manganello; in tal caso potrebbe aversi compressione delle vie aeree senza alcuna lesione al collo. L ipotesi, che pure i consulenti non coltivano, è considerata compatibili con i dati dell autopsia mentre non concludenti appaiono gli argomenti adottati per smentirla. L ipotesi alla quale i consulenti di parte credono di più è il meccanismo asfittico/ipossico determinato dalla posizione prona con ammanettamento dietro la schiena e conseguente meccanismo asfittico per effetto di applicazione di forza sul dorso necessaria per mantenere fermo il soggetto, condizione che incrementa il deficit respiratorio. Privo di alcun rilievo il dato della mancanza di ecchimosi in sede dorsale. I diversi indumenti indossati a strati, duri e resistenti ( felpa, giubbotto jeans, maglietta canottiera) erano ampiamente sufficienti a proteggere la cute, lasciando la possibilità di determinare compressione rilevante del torace da parte di un ginocchio o di altre parti corporee o anche di superficie ben più traumatizzante. La circostanza sarebbe ampiamente documentata dalla casistica medico-legale. Da aggiungere che durante il mantenimento della posizione prona il soggetto aveva l emivolto sinistro, poggiato a terra, con evidenti segni di compressione sul volto, coinvolgenti il naso e la bocca. Una lesività in grado di fare pensare all applicazione di violenza traumatica tale da concorrere nella produzione di asfissìa per difficoltà/ impedimento all ingresso dell aria negli orifizi respiratori. Un decesso, pertanto, che presenta una evidente componente asfittica dovuta alla postura e all azione di immobilizzazione, in un quadro in cui la morte, come attestato dai periti, ha una evidente causa ipossica: una insufficiente ossigenazione determinata da accresciuta richiesta di ossigeno e ridotta capacità ventilatoria per la posizione, la compressione necessaria all immobilizzazione, la resistenza e lo sforzo supplementare per sottrarsi ad un azione che produceva asfissia, documentata dall autopsìa e dalle testimonianze dei carabinieri che, ancora al loro arrivo, vedono gli agenti forzare a terra il ragazzo immobile.7

7 Nelle linee guida adottate dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), istituito presso il Consiglio d Europa, nel 2004, si leggono, a pag. 48, le seguenti indicazioni per agenti che debbono operare per attuare l espulsione o l allontanamento di stranieri renitenti: Nei casi in cui viene opposta resistenza, il personale di scorta di solito immobilizza completamente il prigioniero al suolo, e lo mantiene faccia a terra, per mettergli le manette. Il fatto di mantenere un prigioniero in tale posizione, in particolare mentre gli agenti della scorta fanno pressione con tutto il loro peso su varie parti del corpo ( pressione sulla cassa toracica, ginocchia sui reni, immobilizzazione della nuca) mentre la persona si dibatte, comporta un rischio di asfissìa posturale

Il CPT ha chiaramente enunciato che l uso della forza e/ o di mezzi di coercizione tali da poter provocare l asfissìa posturale dovrebbe essere evitato al massimo e utilizzato solo come ultima risorsa e che tale uso, limitato

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I consulenti delle parti civili escludono che i lavori citati dai periti siano indicativi nell escludere la componente asfittica delle morti in corso di agitazione psicomotoria ( è, al contrario, ammessa un insufficienza respiratoria restrittiva dovuta alla posizione prona con decremento statisticamente significativo degli indici ventilatori, pur dovendosi considerare che i lavori citati, effettuati in laboratorio , non sarebbero in grado di riprodurre quanto accade

effettivamente nelle complesse situazioni di campo , in cui si verificano traumi e una colluttazione non riproducibile sperimentalmente, come riconosciuto dagli autori e come hanno convenuto gli stessi periti. Dai rilievi dei consulenti ricaviamo che gli stessi autori anglosassoni citati dai periti non escludono affatto, in ultima istanza, la possibilità di un codeterminismo asfittico nelle morti che avvengono in condizioni di restrizione fisica. Nel manuale dei Di Maio, ampiamente citato dai periti, del quale ci occuperemo più avanti, gli stessi escludono che in caso di morte, in contesti di sforzo/colluttazione violenti con l interazione di due o più individui si possa parlare, di causa naturale. Si tratterà di morte per causa violenta, di omicidio , salvo stabilire se quell omicidio sia (nel nostro linguaggio) imputabile o meno agli agenti. Per gli autori americani non vi sarebbe in realtà alcun dubbio sulla sussistenza del nesso causale tra l evento e la colluttazione e quindi l azione degli agenti; il problema sarebbe soltanto in che termini valutare, dal punto di vista della responsabilità, quell azione. Così inquadrato il problema medico-legale, i consulenti di parte introducono una serie di argomenti pertinenti, dei quali ci si dovrà occupare a tempo debito ma che conviene anticipare per preparare il terreno. I dati probatori escludono che il giovane all arrivo della polizia stesse commettendo reati; né stava mettendo a repentaglio l altrui incolumità.8 Non dimostrati gli atti autolesionistici che, se sussistenti, o se comunque ritenuti sussistenti, avrebbero comunque dovuto rafforzare la consapevolezza che si trattava di un intervento determinato da esigenze di interesse psichiatrico in relazione a comportamenti non espressione di tipo criminale, costituendo tale

a circostanze eccezionali, deve essere disciplinato da linee guida destinate a rendere minimi i rischi per la salute della persona interessata. 8 Conviene richiamare il singolare commento del carabiniere Gallo nel corso della conversazione con la centrale 113 quando comunica la richiesta di intervento della Chiarelli, impaurita per le urla che sente provenire dal parco: OPERATORE QUESTURA - Va beh, ma avete registrato, gli hai detto alla signora: Ma signora noi facciamo in modo che lei (voce sovrapposta) OPERATORE 112 - Sì ma sì No

OPERATORE QUESTURA - una cosa del genere? OPERATORE 112 - Dice che lei si sta alzando per andare a lavorare e allora è preoccupata! Ma va al lavoro e sta zitta! ( segue bestemmia). E evidente come la segnalazione non presenti per i carabinieri alcune effettiva urgenza o rilievo di sicurezza. La consueta, per i carabinieri, defatigante attività di rassicurazione di cittadini impauriti senza alcuna effettiva ragione.

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consapevolezza il fattore decisivo che obbliga a discriminare tra tecniche di intervento profondamente diverse. La stessa versione degli agenti, le loro annotazioni di servizio rappresentano sin dall inizio un quadro clinico caratterizzato da agitazione delirante di manifesta competenza dei sanitari supportati dalla forza pubblica. In questi casi non si tratta di reprimere un crimine o di tutelare l incolumità dei cittadini ma di soccorrere, aiutare e salvare la persone. Ovvio che agenti di polizia mediamente esperti e competenti debbono essere in grado di distinguere tra un azione repressiva ed un azione assistenziale nei confronti di un soggetto agitato, anche, se del caso, nella forma del trattamento sanitario obbligatorio, situazioni nelle quali innumerevoli volte gli agitati si scagliano contro gli agenti intervenuti, senza che mai costoro abbiamo fatto ricorso ad azioni di forza incontrollate, consapevoli, sotto la direzione sanitaria, della intrinseca pericolosità della contenzione fisica in casi siffatti. Tutti i vigenti protocolli sanitari raccomandano di evitare il più possibile la contenzione fisica e lo scontro, dovendosi ricercare ad ogni costo il consenso e la collaborazione del paziente, con approcci tesi a facilitare l esaurimento spontaneo della fase acuta, favorendo una diagnosi clinica. Nel caso Aldrovandi ( sempre ammesso in via d ipotesi un grave stato di agitazione psicomotoria ) la vittima avrebbe avuto diritto ad un immediata sedazione da parte dei sanitari che con il dialogo avrebbero dovuto cercare il consenso, agevolmente raggiungibile in relazione alla personalità di Federico che avrebbe certamente avuto un diverso approccio nei confronti della faccia assistenziale dell Autorità rispetto a quella violenta e occhiuta della polizia. Il dovere minimo ed elementare degli agenti sarebbe stato di richiedere immediato intervento di personale sanitario. Nel contempo controllare la situazione, tenere a bada il ragazzo, fare in modo che l agitazione si esaurisse da sola, provvedere alla propria autodifesa, se del caso anche ritirandosi nell autovettura come avevano fatto dopo la prima colluttazione, in esito alla quale il quadro era già estremamente chiaro. Sostengono i consulenti delle parti civili che il personale medico intervenuto avrebbe sedato lo stato di agitazione delirante senza ricorrere a contenzione fisica e tanto meno alla colluttazione, con ottime probabilità di successo; ove assolutamente necessaria, la contenzione fisica avrebbe potuto essere praticata con tecniche di tipo clinico-infermieristico e non con una colluttazione sregolata.9

9 Il CPT( vedi nota 7), nell affrontare poi il tema della contenzione di pazienti psichiatrici, nelle medesime linee guida stabilisce che la contenzione fisica dei pazienti deve essere oggetto di una politica definita. Questa politica deve definire che i tentativi iniziali di controllo di pazienti agitati e/o violenti devono, per quanto possibile, non essere fisici (per es. istruzioni verbali) e che laddove sia necessaria la contenzione fisica, questa deve essere inizialmente limitata al controllo manuale. Escluso il ricorso a strumenti di contenzione fisica (cinghie, camicie di forza) e tanto meno il ricorso a strumenti di offesa.

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Se, come convenuto dai periti, nell excited delirium syndrome, la morte è costantemente correlata alla costrizione fisica, se questa nella specie non vi fosse stata con tutte le sue negative caratteristiche, circostanze e modalità di contorno, il ragazzo non sarebbe morto. Il meccanismo asfittico, dimostrato dal convergere dei dati autoptici con i dati storico-circostanziali, è in questo senso solo un meccanismo concausale aggiuntivo che aggrava il quadro e la gravità della responsabilità ma che se anche non fosse considerato non escluderebbe la responsabilità degli agenti per avere avviato una colluttazione violenta con un soggetto ammalato e sottoposto ad un grave stato di agitazione psicomotoria che la colluttazione ha accentuato fino a renderla, concausa del decesso, ascrivibile all imprudente e imperita azione degli agenti.

In entrambi i casi- concludono i consulenti delle parti civili- in presenza o meno del meccanismo asfittico, il decesso di Aldrovandi Federico è inquadrabile nell ambito di una morte da causa violenta, posto che la excited delirium syndrome risulta causalmente ascrivibile, da un lato allo stato di agitazione psicomotoria presentato dal soggetto e, dall altro, alla colluttazione con gli Agenti, agli sforzi ad essa correlati ed all uso della costrizione fisica da parte degli Agenti ( p. 11 ). Questa conclusione che chi scrive giudica di esemplare chiarezza ed assolutamente esaustiva per inquadrare il caso in schemi giuridici di elementare evidenza, senza necessità di ulteriore complessa e defatigante attività processuale, non è peraltro bastata a chiudere il caso allo stato degli atti, rendendosi necessario per giungere a conclusioni definitive un difficile e lungo dibattimento all esito del quale non solo le conclusioni raggiunte in sede di indagini preliminari sono state totalmente confermate ma dal quale è emersa una più complessa causa di morte, ascrivibile a più forte ragione all azione violenta, improvvida ed illegale degli agenti, lasciandosi peraltro aperti dubbi e ipotesi su una diversa, inquietante, realtà fattuale, non supportata tuttavia da prove decisive ma certamente tutt altro che falsificata dagli esiti del dibattimento.

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