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MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURA DIRETTORE responsabile: sac. dott. Luigi Villa Direzione - Redazione - Amministrazione: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà Via G. Galilei, 121 25123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003 Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990 Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS) contiene I. R. Spedizione in abb. post. - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di Brescia Expedition en abbon. postal - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di Brescia Abbonamento annuo: ordinario Euro 35, sostenitore Euro 65 una copia Euro 3, arretrata Euro 3,5 (inviare francobolli). Per l’estero Euro 65 + sovrattassa postale Le richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà 25123 Brescia, Via G. Galilei, 121 - C.C.P. n. 11193257 I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti Ogni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità «LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI» (Jo. 8, 32) Chiesaviva ANNO XXXIII - N° 349 APRILE 2003 «Fides christianorum resurrectio Christi est». (Sant’Agostino)

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MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURADIRETTORE responsabile: sac. dott. Luigi VillaDirezione - Redazione - Amministrazione:Operaie di Maria Immacolata e Editrice CiviltàVia G. Galilei, 12125123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS)contiene I. R.

Spedizione in abb. post. - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di BresciaExpedition en abbon. postal - Comma 20/C - art. 2 - Legge 662/96 - Filiale di BresciaAbbonamento annuo:ordinario Euro 35, sostenitore Euro 65 una copia Euro 3, arretrata Euro 3,5(inviare francobolli). Per l’estero Euro 65 + sovrattassa postaleLe richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà25123 Brescia, Via G. Galilei, 121 - C.C.P. n. 11193257I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituitiOgni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità

«LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI»(Jo. 8, 32)

ChiesavivaANNO XXXIII - N° 349APRILE 2003

«Fides christianorumresurrectio Christi est».

(Sant’Agostino)

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2 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

Alla Vittima pasquale,s’innalzi, oggi, il sacrificio di lode!L’Agnello ha redento il suo gregge,l’Innocente ha riconciliatonoi peccatori col Padre!

Morte e vita di sono affrontatein un prodigioso duello.Il Signore della vita era morto,ma ora, vivo, trionfa!

«Raccontaci, Maria;che hai visto sulla via?».

Con animo riconoscente,

«La tomba del Cristo vivente,la gloria del Cristo risorto,e gli Angeli suoi testimoni,il sudario e le sue vesti.Cristo, mia speranza, è risorto;e vi precede in Galilea».

Sì, ne siamo certi;Cristo è davvero risorto!Tu, Re vittorioso,portaci la tua salvezza.

(Sequenza: liturgia della Domenica di Pasqua)

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ILLUSO IO O ILLUSI QUELLI CHE VOGLIONO

PAOLO VI BEATO?

del sac. dott. Luigi Villa

“Chiesa Viva” *** Aprile 2003 3

C ontinuando le riflessioni del cardi-nale Ruini, in quel suo discorso dichiusura del processo diocesano

per la “canonizzazione” (sic!) del so-praddetto Papa, scelgo, ora, tra le suepresunte virtù cristiane, quella di cui ilCardinale ebbe a dire che Paolo VI “èstato, prima di tutto, un esempio vi-vente di umiltà, manifesta a tutti”!«Risum teneatis, amici?..1 Mi sarà facile,anche in questo, sottolineare quel suocomportamento tutt’altro che di umiltà!..Come sempre, saranno i “fatti” a parla-re. A comprova, cito subito un “passoinedito” che tolgo dal prezioso e impa-reggiabile lavoro “Jota Unum” del prof.Romano Amerio, là dove scrisse: «Virtùdi umiltà o umiliazione della Chiesa edel Papato?»2.Scrive:«E se troppo si prosternavano gli uominiai piedi della pontificale maestà, con tri-plice genuflessione, e se troppo equivo-camente il giornale della Santa Sede, si-no a pochi anni fa, per designare il Papaadoperò la formula: “La Santità di No-stro Signore”, una sorta di rovescia-mento operò Paolo VI, troppo, viceversa,prosternandosi Egli a personaggi che isuoi antecessori avevano trattato a maio-re o a pari, ma non mai a minore.Furono delle teatralità, ma sono ben piùprofonda cosa che l’agire scenico quelsuo prostrarsi, improvviso, baciando ilpiede al legato del patriarca Atenago-ra; quell’uscire inopinato dal corteggiopapale, in San Pietro, per salutare il pa-store Boegner; quel regalare il propriobastone pastorale al segretario delleNazioni Unite, U’ Thant; quell’inanellaredel proprio anello il dott. Ramsey, che

1929, il dittatore musulmano IdiAmin4... Non è da stupire, quindi, che ilsenso maiestatico del Romano Ponteficesia tanto scemato, e che l’OsservatoreRomano del 1° gennaio 1972, per la pen-na del suo Vice-direttore, mettesse il Pa-pa “tra i più noti leaders spirituali delmondo”.Sono gesti, questi, di Paolo VI, che conti-nuavano quegli altri, moltissimi, che feceda Arcivescovo di Milano, come quando,per incosciente liberalità umanistica, pre-fazionò il libro del Mazzucchelli sulla“Monaca di Monza” (che poi dovette ri-trattare!), o come quando, nel velodromomilanese, si mise il berretto da ciclista;o quando parlò agli operai nel cortiledell’arcivescovado, dove era stato innal-zato un simulacro di Cristo con falce emartello!»...Bastano questi accenni per dire che lapersona privata di Montini veniva da Luiconfusa con la sua persona pubblica,credendo, forse, che la maestà dell’ufficioche rivestiva fosse anche maestà pro-pria, e che la riverenza che si doveva alSuo Ufficio dovesse essere prestata an-che alla Sua persona, umiliando, così,la dignità del Papato e della Chiesa!..E questo non era, certo, frutto di umiltà,bensì il suo esatto contrario! E questo vo-leva dire che Paolo VI era tutt’altro cheumile, ma umiliò di continuo la Chiesa!..Ancora, qui, saranno i “fatti” a provare ilnostro asserto, come vedrete in questosintetico elenco che vi presentiamo:– Accenno subito ad alcuni dei tantissimierrori, o deviazioni dottrinali, di questadrammatica situazione della Chiesa delVaticano II, ormai tanto lontana dalla Tra-dizione Apostolica.

porta il titolo di Primate anglicano mache, secondo il Decreto di Leone XIII,“Apostolicae curae” del 1896, non potéavere ordinazione valida; quel suo inopi-nato dar benedizione particolare allasquadra calcistica del Cagliari,nell’omelia al Santuario della Madonna diBonaria3; quel suo incontrare a bracciaaperte e con fasto, non più usato dal

2

1Cfr. Orazio, “Ors Poetica”, 5.2 Cfr. Romano Amerio, “Jota Unum”, Riccar-

do Ricciardi Editore, Milano-Napoli.3 Cfr. “Corriere della sera”, 24 aprile 1970.

4 Cfr. “Weltwoche”, 29 sett. 1975.

Papa Paolo VI.

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di radice sincretista.– Ha scambiato il Cristianesimo in unsemplice “umanesimo”8, quando PaoloVI ha scritto: «La Chiesa fa “dialogo”(non più “evangelizzazione”, quindi!), equesto “dialogo” dovrà caratterizzareil Nostro compito apostolico»9.– Ha rinunciato alla “tiara” con le trecorone, donando, poi, al Segretario Ge-nerale dell’ONU, M. U Thant, un birmano,di alto grado massonico, i due altri sim-boli del suo Papato: l’Anello Pontificalee la Croce Pettorale. (Riceverà, poi, incambio, il simbolo del “Grande Sacerdo-te Ebreo” del Sanhédrin (= Sinedrio):l’EPHOD, ossia il Pettorale che Caifaportava sul petto al momento dellacondanna di Nostro Signore!.. e chePaolo VI porterà, per molti anni, sopra la“mozzetta”!).– La sua “apertura al mondo”10, quellavoluta del modernismo: un adattamentodella Chiesa al mondo, programma che èappunto l’essenza e l’anima del moderni-smo, (già condannato dall’enciclica “Pa-scendi” di San Pio X), e sempre volutadalla Massoneria!– Ha smantellato il baluardo anti-mo-dernista, il Sant’Uffizio, aprendo, così,le porte a una rivoluzione permanente,sia nell’ordine temporale che nell’ordinespirituale.– Il suo “dialogo” con la Massoneria dicui si era circondato deliberatamente, no-nostante che tutti i Papi che l’avevanopreceduto l’avessero denunciata e con-dannata da sempre, proprio per lo scopostesso per cui la Massoneria è stata fon-data, e cioè, come scrisse il Capo degliIlluminati dell’Alta Vendita, il Nubius: «ilnostro scopo finale è quello di Voltairee della Rivoluzione Francese: l’anni-chilimento totale del cattolicesimo epersino dell’idea cristiana»!.. (E questosuo legame massonico non fu, certo, néper ignoranza né per dabbenaggine, co-me l’ho dimostrato nel capitolo IV° delmio libro: “Paolo VI - Processo a unPapa”11, riportando persino, in appendi-ce, il satanico marchio massonico che

4 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

Eccoli:

1. Una nuova concezione ecumenicadella Chiesa, divisa nella Fede, giàcondannata dal “Sillabo”, n. 185;

2. Una posizione nuova, democrati-ca, della Chiesa, già condannatadal Vaticano I°;

3. Una nuova concezione dei “dirittinaturali dell’uomo”, quali appaiononel Decreto sulla “Libertà Religio-sa”, già condannata nella “Quantacura”, (Pio IX) e nella enciclica “Li-bertas” di Leone XIII;

4. Una nuova concezione del poteredel Papa6;

5. Un cambio radicale su concezio-ne protestante del “Santo Sacrifi-cio della Messa” e dei “Sacramen-ti”, già condannata dal Concilio diTrento (Sessione XXII);

6. Una voluta libera circolazione del-le “eresie” e soppressione delSant’Uffizio.

***

Ora, si può ignorare che la dottrina disempre della Chiesa cattolica fu quellainsegnata dai Padri e dai Dottori dellaChiesa, come un San Roberto Bellarmi-no, il quale, esprimendo un principio diMorale generale, ha affermato che si de-ve resistere a quel Pontefice la cuiazione fosse nociva alla salvezza delleanime7.Perciò, leggete e giudicate questo po-po’di auto-distruzione della “nuova Chie-sa” di Paolo VI:– Una Messa ecumenica in cui fu “de-sacralizzata” la Santa Comunione, pre-sa in piedi, in mano, distribuita da laici, incui fu attaccato il “Sacrificio Propiziato-rio”, in cui la definizione di Messa fa ladistinzione del sacerdozio, quello “co-mune” del popolo di Dio, e quello delprete, divenuto solo Presidente, un diret-tore del rito; in cui la “riforma” del rito fuispirata da un massonico ecumenismo

5 Cfr. Dz. N. 2918.6 Cfr. Dz. N. 3115.7 Cfr. “De Romano Pontifice”, 1, 2, c. 29.

8 Cfr. “Ecclesiam suam”.9 Cfr. “Ecclesiam suam”, n. 60.10 Cfr. “Gaudium et spes”.

11 Cfr. “Paolo VI... beato?” - Editrice Civiltà -Brescia Appendice, p. 279ss.

In alto a sinistra: Paolo VI con Tito.

Sopra: Paolo VI riceve Janos Kadar, il perse-cutore del cardinale Mindszenty.

In alto a destra: Il tradimento dei popoli cri-stiani consegnati al comunismo. Mindszentyconfidò a don Luigi Villa queste parole: «Micreda: Paolo VI ha consegnato i Paesi cristia-ni in mano al comunismo»!

Paolo VI incontra, nel 1964, il Patriarca di Co-stantinopoli,e massone del 33° grado del RitoScozzese Antico e Accettato, Atenagoras.

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c’era sulla formella N° 12 della “Portadi bronzo” della Basilica di San Pietro,quasi a firma, non generica, del suo Pon-tificato!..). E che dire dello sconvolgente “elogio fu-nebre” che l’ex Gran maestro di Palaz-zo Giustiniani, Giordano Gamberini,fece su “La Rivista Massonica” di Pao-lo VI, in cui concludeva: «... per la primavolta nella storia, i Massoni possonorendere omaggio al tumulo di un Pa-pa!»?..– Il Suo aver aperto alla Chiesa la “de-mocrazia universale”, nonostante lasua costituzione atea, nonostante i suoisofismi, quali: “il princìpio di ogni auto-rità esiste essenzialmente nella nazio-ne”; nonostante sia la negazione e la di-struzione dell’Autorità; nonostante il Ma-gistero passato, quale quello di Pio VII(“Lettera Apostolica”), di Gregorio XVI(“Mirari vos”), di Pio IX (“Quanta cu-ra”), di Leone XIII (“Immortale Dei”,“Diuturnum”); nonostante che nessunPapa, prima di Paolo VI, abbia mai osatoneppure pensare che la Chiesa potes-se diventare “democratica”, e che i cri-stiani dovessero farsi o dirsi democratici!Fu, dunque, anche questo volere la “de-mocrazia universale” di stampo sociali-sta, ossia massonico-modernista, nellaChiesa, fu una accettazione della Rivolu-zione Francese del 1789, dalla qualenacque, essendo stati i Giudei a volere edirigere quella Rivoluzione satanica permezzo della Framassoneria, proprio me-diante l’idea democratica!.. Un vero tradimento, quindi, perché la“democrazia universale” soffocherà laChiesa per cambiarla in un “umanesi-mo ateo!..– Il “male” che ha lasciato fare, che hafavorito con la sua tolleranza indebita,donde il silenzio e il non intervento da-vanti all’errore! - è una tacita approvazio-ne e una complicità!.. Il suo celarsi sottola maschera della “tolleranza”, del ri-spetto a tutte le religioni, del dialogo,lo condannano, senza scuse, davanti al“fumo di Satana” entrato nella Chiesa edavanti all’“auto-distruzione” di tutta laChiesa! I suoi “aggiornamenti”, infatti,hanno distrutto i Seminari, gli Istituti Reli-giosi, la vita spirituale e intellettuale delclero.

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La sua errata “tolleranza” e la sua “fal-sa bontà” davanti alle “passioni” e agli“errori” li ha allontanati da Dio e immersinel mondo, senza mai che Lui intervenis-se a correggere la sua direttiva sbagliatache li portava alla deriva!.. I suoi “catechismi” perversi furono unoscandalo e una piaga che hanno feritomaggiormente la Chiesa durante il suoPontificato!.. E quella frana montiniananon si è ancora fermata!.. Seminari, Con-venti, Chiese chiuse, svendute, profana-te, abbattute... e l’artefice principale diquesta auto-distruzione della Chiesacattolica fu Lui!..– E fu Lui a non permettere che il Vati-cano II condannasse il comunismo,per esplicita sua volontà!.. E la suadiabolica Ost-politik denuncia, ancoraoggi, quel suo atteggiamento aperto alcomunismo ateo, tradendo anche PioXII, benché fosse il Suo Sostituto! - co-me continuerà a tradire la linea anti-co-munista di quel grandissimo Papa, anchedopo il suo arrivo al Soglio Pontificio! Ba-sterebbe ricordare le sue inqualificabilidecisioni di rimuovere tutti i Cardinali (co-me Mindszenty, Slipy, ecc.) che non ce-devano davanti al suo “nuovo corso”,impostato di equivoci e d’ipocrisia, con icomunismo-marxismo che Pio XI nellasua “Divini Redemptoris”, aveva bolla-to come “intrinsecamente perverso”!..– La sua fissazione di voler riconcilia-re, ad ogni costo, la Chiesa con il“mondo moderno”, ossia con la sua fi-losofia soggettivista e immanentista.E sarà sempre quel Suo “culto dell’uo-mo”, quel Suo “amore per il mondo”che alimenterà le sue chimere, quali:l’umanità in marcia verso un mondo nuo-vo, verso una società ideale di libertà,fratellanza ed eguaglianza, che dovrannoformare la “Grande Democrazia” giàsognata dalla Rivoluzione Francese. Lasua enciclica “Populorum progressio”è tutta qui: non più evangelizzazione perla salvezza delle anime, ma la Chiesadovrà impiegare “tutti i suoi sforzi”per la promozione di un “umanesimopieno”, anzi, passando addirittura al-l’“avanguardia dell’azione sociale”ignorando quello che dice la Sacra Scrit-tura: «Guai all’uomo che mette la suaconfidenza nell’uomo, che fa di una

In alto a sinistra: Il Card. Ottaviani pone ilTriregno sul capo di Paolo VI.

Sopra: Papa Paolo VI depone definitivamen-te il Triregno, simbolo dei tre poteri papali.

In alto a destra: Paolo VI indossa l’Ephod,il pettorale che indossava Caifa quando con-dannò a morte Gesù Cristo.

Sopra: Paolo VI incontra l’arcivescovo diCanterbury, Dr. Ramsey.

Sotto: Paolo VI e gli “osservatori protestanti”che hanno partecipato alla Riforma Liturgica.

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carne il suo appoggio!»12, e quello chedisse Gesù: «senza di Me non potetefare niente!»”13; e le altre della SacraScrittura: «Felice l’uomo che mette inDio la sua fiducia, e che non si volgeverso i superbi!»14.– E’ un fatto che Paolo VI non vollemai condannare, e impedì anche chesi condannasse (eccetto mons. Lefeb-vre!). Infatti, disse (nel 1958): «i confinidella ortodossia non coincidono conquelli della carità pastorale». Per PaoloVI, quindi, la “pastorale” era al di làdella stessa Fede! E questo lo era an-che in documenti gravi e solenni, comenel “suo Credo”, come nella Sua “Hu-manae vitae”, in cui non ci sono piùné oblighi né sanzioni!..; e per questodemolì alcune encicliche dei suoi prede-cessori che avevano condannato il “Co-munismo”, il “Modernismo”, la “Mas-soneria”. E così fece con la sua scanda-losa passività di fronte allo scisma olan-dese, permettendo, cioè, che gli “errori”dilagassero ovunque. E così fu la suanon-azione verso i catechismi eretici,verso il “pluralismo teologico”. E cosìfu anche quel non aver voluto condan-nare l’eretico massone gesuitaTeilhard de Chardin; e quel aver dife-so, personalmente, l’eretico HansKüng, ecc. ecc...– E che dire della diminuizione del“sacerdozio ministeriale” che Paolo VIavvicinò al ministero dei “Pastori prote-stanti” e al “sacerdozio dei fedeli?”...– E non è stato forse Lui a toglierel’abito talare, per un altro abito borghe-se?..– E non è stato Lui a eliminare la“Tonsura”, l’Ostiariato, l’Esorcistato, il“Suddiaconato”, ossia tutti gli Ordini Mi-nori?..– E non è stato Lui ad eliminare moltefeste di precetto?.. a sopprimere l’asti-nenza delle carni il venerdì?.. a emettere

un “Decreto” per il “matrimonio mi-sto”, senza esigere il battesimo catto-lico per i figli? E non fu Lui ad inviare ilcard. Willebrandt, come suo “Legato”,all’Assemblea luterana di Evian, per tes-sere l’elogio a Lutero?... E non è statoLui a volere la prima donna ambascia-trice in Vaticano (di neppure 28 anni!)?..e a benedire i “Pentecostali”, danzantie urlanti, in San Pietro?..

***

E potrei continuare ancora a lungo suquel cumulo di rovine del Pontificato diPaolo VI, che Lui stesso dovette chiama-re: “auto-distruzione”!Ma, ormai, il gregge cattolico si è disper-so e gli agnelli, abbandonati, seguono imercenari.Questo nostro intervento, perciò, non puòavere che gli stessi sentimenti che eb-be San Paolo di fronte a San Pietro, al-lorché lo rimproverò di non seguire la“verità del Vangelo” (Gal. 2, 11-14); ememore anche di quanto scrisse SanRoberto Bellarmino, esprimendo unprincipio di Morale generale, che si deveresistere a quel Pontefice la cui azionefosse nociva alla salvezza delleanime15! Ora, questo fu, appunto, in to-to, il Pontificato di Paolo VI, tradendototalmente il “GIURAMENTO” che feceEgli nel giorno della Sua “Incoronazio-ne” (30 giugno 1963), ma che Lui, poi,non lo tenne in alcun conto, rendendolo,così, un autentico “spergiuro”!..

NOTE

12 Cfr. Ger. 17, 5.13 Cfr. Jo. 15, 5.14 Cfr. Ps. 40, 5.15 Cfr. “De Romano Pontifice”, 1, 2, c. 29.

LA “NUOVA CHIESA” DI PAOLO VIsac. dott. Luigi Villa (pp. 380 - 119 Fofografie - Euro 20)

Per richieste, rivolgersi a:

Operaie di Maria Immacolata e Editrice CiviltàVia G. Galilei, 121 - 25123 Brescia Tel. e Fax. 030. 3700003 - C.C.P. n° 11193257

Tutte le speranze nate col Vaticano II sono poi svanite. L’aggiornamento, infatti,ha creato solo turbamenti e rimpianti che hanno suscitato contestazioni per il de-classamento degli stessi dogmi della dottrina cattolica.Questo libro sulla “Nuova Chiesa” di Paolo VI, perciò, viene a confermare, conevangelica franchezza, che le analisi e le previsioni emerse nel corso degli anniconciliari, e dopo, si sono rivelate tragicamente vere. Inutile, quindi, stracciarsi levesti, puntare il dito accusatore, indignati, e condannare... Il dramma che vive oggila Chiesa, dopo Paolo VI, ha reso conto del cumulo di giudizi arbitrari e faciloni, dideformazioni e di varie bugie su tutto quanto è storicamente attinente alla “NuovaChiesa” di Paolo VI!

NOVITÀ

La bara di Paolo VI. Sulla cassa da morto nonc’era la croce.

Dettaglio della 12a formella della “Porta dibronzo” della Basilica di San Pietro con la“Stella a cinque punte” impressa sul dorsodella mano sinistra di Paolo VI.

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D opo aver assistito alla Messa diPadre Pio, un sacerdote disse:«Io non ho sentito alcun profu-

mo, non ho avuto rivelazioni, non misono accorto che egli conoscesse isegreti della mia anima. Ma ho assisti-to alla sua Messa, e quella Messa ionon la dimenticherò mai»!A un amico che esprimeva meraviglia nelvederlo piangere durante la Messa, Pa-dre Pio rispose: «Che cosa sono quellepoche lacrime di fronte a ciò che av-viene sull’altare? Torrenti di lacrime civorrebbero!».Un suo figlio spirituale gli chiese: «Padre,come dobbiamo partecipare alla Mesa?».Rispose: «Come la Madonna, san Gio-vanni e le pie Donne sul Calvario, aman-do e compatendo».E a un altro: «Nell’assistere alla Messaincentra tutto te stesso nel tremendo mi-stero che si sta svolgendo sotto i tuoi oc-chi: la Redenzione della tua anima e lariconciliazione con Dio».Gli fu detto: «Padre, quanto le tocca sof-frire nello stare per tutta la Messa in pie-di, poggiando sulle piaghe sanguinantidei piedi!». E il Padre rispose: «Durantela Messa non sto in piedi: sto appeso».Con Gesù sulla Croce, crocifisso con Lui!Chi ha assistito alla Messa di Padre Pioricorda quelle sue lacrime brucianti, quel-la sua imperiosa richiesta ai presenti diseguire la Messa in ginocchio. Ricorda ilsilenzio impressionante che avvolgeva ilsacro rito e la sofferenza crudele che sisprigionava dal volto del Padre quandosillabava a strappi violenti le parole dellaConsacrazione, mentre i presenti lo se-guivano in silenzio per più di un’ora.A volte stentava visibilmente a toccarel’Eucaristia perché se ne riteneva inde-gno.

Il fratello di San Giuseppe Cottolengoespresse la sua meraviglia che il santopiangesse di commozione celebrando laMessa. La mamma gli disse: «Lasciapure che pianga: lui sa il perché.All’altare si piange bene».Alla Messa si preparava con ore di pre-ghiera (nel nuovo messale non sono piùriportate le preghiere di preparazione e diringraziamento!), e non consentiva che losi disturbasse prima o dopo la celebra-

zione. Diceva: «Prima Dio, poi il resto».Gli capitò anche con la marchesa Fausti-na, dama di corte venuta a parlargli innome del re. Mostrandosi infastidita perl’attesa, il Santo se ne scusò dicendoleche era in udienza presso la Maestà diDio.A tutti, insegnanti, infermiere, medici, ge-nitori raccomandava la Messa quotidia-na, e a chi diceva di non aver tempo, ri-spondeva: «Cattiva economia, cattivaeconomia di tempo!». Quanto a se stes-so diceva: «Se la Chiesa permettesse dicelebrare dieci Messe al giorno, vorreicelebrarle tanto volentieri senza lasciarneuna sola».Arrivava fino a dire: «Le ostie per me fa-tele grosse, perché ho bisogno di tratte-nermi a lungo con Gesù e non vorrei chele sacre Specie si consumassero troppopresto».

A San Giuseppe da Copertino il supe-riore chiese come mai inceppasse nelpronunciare le parole della consacrazio-

ne, e il santo rispose: «Le parole santissi-me della Consacrazione sono sulle mielabbra come carboni ardenti. Pronuncian-dole devo fare come chi deve ingoiare ci-bi bollenti». E avrebbe desiderato averemani riservate solo a toccare l’Eucaristia.

Nel suo diario, Sant’Ignazio di Loyolaannota spesso le lacrime da lui sparsedurante la celebrazione della Messa.«Ogni mattina, nonostante i molti impe-gni, premetteva un tempo di preparazio-ne alla celebrazione dell’Eucaristia, allaquale seguivano abitualmente due ore diorazione durante le quali non voleva es-sere disturbato. La celebrazione eucari-stica costituiva il centro della sua orazio-ne, era il tempo privilegiato per le sue piùintime comunicazioni con Dio, spesso ac-compagnate da doni mistici. All’Eucaristiaportava le sue intenzioni e preoccupazio-ni, che non mancavano nel governo dellaCompagnia, e in essa riceveva illumina-zioni e ispirazioni che lo guidavano al fe-dele compimento dei disegni divini» (Gio-vanni Paolo II, 31 luglio 1990).

San Francesco di Assisi ascoltava abi-tualmente due Messe, e le lacrime da luiversate a volte diventavano sanguigne.Diceva: «L’uomo deve tremare, il mondodeve fremere, il Cielo intero deve com-muoversi quando sull’altare, tra le manidel sacerdote, appare il Figlio di Dio».

San Tommaso d’Aquino, dopo la suaMessa, ne serviva un’altra in ringrazia-mento. Sono suoi i meravigliosi inni perla festa del Corpus Domini.

San Luigi IX, re di Francia, ascoltavaogni giorno diverse Messe. A quel mini-stro che lo voleva più dedito agli affari delregno, il santo rispose: «Se impiegassidoppio tempo nei divertimenti o nellacaccia, nessuno ne avrebbe da ridire!».Ascoltava la Messa in ginocchio sul nudopavimento, e quando gli fu presentato uninginocchiatoio, disse: «Nella Messa, Diosi immola, e quando Dio si immola, an-che i re si inginocchiano sul pavimento».

Altri rilievi si potrebbero fare ricordando ilrispetto dei Santi per i frammenti eu-caristici, così scandalosamente tra-

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I SANTI E L’EUCARESTIA

di A. Z.

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8 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

scurati non solo nelle Messe dei neo-catecumenali. Essendogli caduta inav-vertitamente una particola, San CarloBorromeo per quattro giorni non ebbe ilcoraggio di celebrare la Messa e si impo-se la penitenza di otto giorni di digiuno.

Santa Teresa d’Avila, dopo la Messa,vide un frammento di Ostia sulla patena.Chiamò allora le novizie, e in processio-ne portò in sacrestia la patena con som-ma venerazione. Esagerazione di Santi?No, ma senso di proporzione di fronte al-la divina Presenza.

Occorrerebbe rileggere le vite dei Santi,come Filippo Neri, Lorenzo da Brindisi,Veronica Giuliani, Giuseppe da Coper-tino, Alfonso de Liguori, Gemma Gal-gani, e tanti altri, per conoscere la lorosentita e spesso sofferta partecipazioneal mistero della Croce. «Come rimanere indifferenti di fronte allacrocifissione di Gesù? Non saremo comegli Apostoli addormentati nel Getsemani,o peggio come i soldati che, ai piedi dellaCroce, giocavano a dadi, incuranti deglispasimi atroci di Gesù morente? Eppurequesta è l’impressione angosciosa che siprova, oggi, assistendo alle Messe cele-brate al ritmo delle chitarre e delle taran-tole, con donne in abiti sconci e giovanidalle fogge più stravaganti?» (P. StefanoManelli). E peggio ancora.

LA MESSA É ANZITUTTO SACRIFICIO

Al di là delle aberrazioni avvenute in que-sti anni, rimane una Riforma Liturgica in-fetta di progressismo e superficialità, ela-borata in fucine progressiste ben lontanedalla luce donata alla Chiesa dalla tradi-zione di mistici e Santi che ben perce-pivano il valore redentivo della Messa.Il cardinal Ratzinger denunzia una diffu-sa riluttanza di teologi anche cattolici adaffermare il valore sacrificale della Mes-sa, per accentuarne l’aspetto conviviale,riducendola a cena alla maniera prote-stante. Tale deformazione va contro lechiare indicazioni della Scrittura, le paro-le di Gesù nell’istituzione eucaristica, latradizione perenne della Chiesa e l’atteg-giamento dei Santi. Occorre approfondire il senso del Sacrifi-cio. “Sacrificium” è “sacrum facere”,rendere sacro, consacrare.I sacrifici, anche pagani, si ispirano, più omeno consapevolmente, all’idea che l’og-getto offerto in sacrificio entra nella sferainviolabile del sacro.Mediante il Sacrificio della Croce, Cri-sto “entra nel Santuario una volta pertutte” (Eb. 9, 11s), entra nella Luce inac-cessibile di Dio, offrendo se stesso al Pa-dre come vittima senza macchia che sisostituisce a tutte le vittime offerte a Diodagli uomini, sia nell’Antica Alleanza chenella Nuova: il suo è il Sangue dellaNuova Alleanza.Il senso della sua offerta è espresso daGesù stesso entrando nel mondo conqueste parole rivolte al Padre: «Tu nonvolesti sacrifici e oblazioni, ma mi haifoggiato un corpo; non volesti olocau-

sti né vittime espiatorie. Allora dissi:“Eccomi, o Dio, come è scritto per Me,a fare il tuo volere”». È un “volere peril quale noi siamo santificati mediantel’oblazione del Corpo di Gesù Cristouna volta per sempre... Il nostro Sa-cerdote ha offerto in perpetuo un soloSacrificio per i peccati e si è assiso al-la destra di Dio, e con un’unica obla-zione ha reso perfetti per sempre colo-ro che vengono santificati” (Eb. 10,5s).Questa “consacrazione” è espressa,dunque, da Gesù nel “fare il volere delPadre”: “Mio cibo è fare la volontà diColui che mi ha mandato e compierel’opera sua” (Gv. 4, 34).Il Sacrificium si attua, dunque, in unaconfigurazione di Amore del Figlio per ilPadre, in forza dello Spirito che fa delPadre e del Figlio una cosa sola. Il fondodel Sacrificio è quindi l’Amore, che con-sacra nella verità.Il Sacrificio di Gesù Cristo ci rende sa-cri configurandoci con Gesù nel suoAmore per il Padre. Quindi, il Sacrificio

Eucaristico, che perenna il Sacrificio del-la Croce, è essenzialmente Comunionedi Amore di Gesù con il Padre, comunio-ne nostra di amore con Gesù. La Comu-nione è il compimento del Sacrificio.Il Sacrificio della Croce e il SacrificoEucaristico che lo attualizza hanno pernoi un valore redentivo: il significatoprofondo della Messa è la Redenzioneoperata da Gesù sulla Croce: lo ha dettoLui stesso nell’atto di istituire il SacrificioEucaristico: “Questo è il mio Corpo, da-to per voi... Questo Calice è la NuovaAlleanza nel mio Sangue: fate questo,tutte le volte che lo berrete, in memo-ria di Me”. “Quindi - commenta l’Aposto-lo - ogni volta che voi mangiate di que-sto Pane e bevete di questo Calice, voiannunziate la morte del Signore fino ache Egli venga” (1 Cor. 11, 23s. e parr.).

DA SACRO CONVITO A COMUNITÀ SECOLARIZZATA

Spostando la prospettiva verso una con-cezione conviviale della Messa incentratanella comunità, ossia oscurando il valoresacrif icale della Messa a vantaggiodell’aspetto conviviale, la corrente liturgi-ca modernista cade inevitabilmentenell’alterazione dello stesso valore convi-viale dell’istituzione eucaristica, ossiadell’indole essenzialmente redentiva delSacro Convito: da Comunione di Redenti,radunati per alimentarsi del Corpo e delSangue di Cristo e trasformarsi in Coluiche mangiamo (LG 26), l’assemblea de-cade in riunione umanitaria, un incontrodi amici per interessi terreni.A questo punto, rileviamo un altro incre-scioso smarrimento di certa teologia at-tuale: ossia l’esortazione a non fare, nellacelebrazione eucaristica, moralismo odell’ethos, come allude Ratzinger.

DECADIMENTO DELLA SPIRITUALITÀ

Questa “messa in guardia” dal morali-smo appare nella lettera del cardinalMartini per il Congresso Eucaristico diMilano, elaborata da mons. Serenthà. Cisi chiede che senso abbia tale esclusio-ne: non è forse istituita l’Eucaristia persantificarci nella Verità, come ha pregatoGesù nell’orazione sacerdotale? Chesenso dare alle parole di Gesù: “Come ilPadre, il Vivente ha mandato me, e Iovivo per il Padre, così chi mangia diMe vivrà per Me” (Gv. 6, 57)? Come dis-sociare l’Eucaristia dalla configurazionespirituale e morale con Gesù Amore, dal-la metanoia, o conversione, che animal’intero Vangelo? Dimenticando l’aspettoconversivo, di configurazione spiritualecon Cristo, si può ancora parlare di Euca-ristia? O si vuole ridurre la comunione aun fatto puramente fisiologico o simboli-co? Vivere per Gesù significa vivere nella suagrazia, vivere senza peccato, rinunciarea se stessi e portare la croce, vivere mo-ralmente puri come esige il Vangelo.S. Giovanni Crisostomo esortava: «Co-me potremmo noi fare dei nostri corpiun’Ostia? I vostri occhi non guardinonulla di cattivo, e avrete offerto un sa-crificio; la vostra lingua non profferi-sca parole sconvenienti, e avrete fattoun’offerta; la vostra mano non com-metta peccato, e avrete compiuto unolocausto».Senza trasformazione morale la comu-nione è vana.Col consueto acume teologico, il grandeAgostino insegna che «il Sacrificio Eu-caristico ha come scopo che tutta lacittà redenta, ossia la riunione e la co-munità dei Santi, si offra a Dio comesacrificio universale per mezzo delGrande Sacerdote, il quale ha offertose stesso per noi con la sua Passioneper farci diventare corpo di così eccel-so Capo» (PO 2). L’offerta non è tantomateriale quanto spirituale, di conformitàcon Cristo e con Dio.

(continua)

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LA DOTTRINA SOCIALE CATTOLICA(da: La Dottrina sociale cattolica: sfida per il terzo millennio - Rimini)

Da: “RERUM NOVARUM”Lettera Enciclica di S.S. Leone XIII sulla questione sociale - 15. 5. 1891

Poichè soppresse, nel secolo passato, le corporazioni di arti emestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stessoche le istituzioni e le leggi si allontanavano dallo spirito cristiano,avvenne che, a poco a poco, gli operai rimasero soli ed indife-si in balìa della cupidigia dei padroni e di una sfrenata con-correnza.Accrebbe il male un’usura divoratrice che, sebbene condanna-ta tante volte dalla Chiesa, continua lo stesso, sotto altro co-lore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopoliodella produzione e del commercio, tanto che un piccolissimonumero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei pro-letari un giogo meno che servile.A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveril’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e fardi tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune da am-ministrarsi per mezzo del Municipio e dello Stato. Con que-sta trasformazione della proprietà, da personale a collettiva, econ l’eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, cre-dono che il male sia radicalmente riparato.Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che dan-neggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi,giacché manomettere i diritti dei legittimi proprietari altera lecompetenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l’ordi-ne sociale.Infatti, non è difficile capire che lo scopo del lavoro, il fineprossimo che si propone l’artigiano, è la proprietà privata.Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggioaltrui, lo fa per procurarsi il necessario alla vita: e però con ilsuo lavoro acquista un vero e proprio diritto, non solo di esi-gere, ma d’investire come vuole, la dovuta mercede.Se, dunque, con le sue economie è riuscito a far dei risparmi e,per meglio assicurarli, li ha investiti in un terreno, questo terrenonon è, infine, altra cosa che la mercede medesima travestita diforma, e conseguente proprietà sua, né più né meno che la stes-sa mercede. Ora, in questo, appunto, come ognuno sa, consistela proprietà, sia mobile che stabile. Con l’accumulare, pertanto, ogni proprietà particolare, i sociali-sti, togliendo all’operaio la libertà d’investire le proprie mer-cedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggiodal patrimonio domestico e di migliorare il proprio stato, e nerendono, perciò, più infelice la condizione.Il peggio è che il rimedio da costoro proposto è un’aperta ingiu-stizia, giacché la proprietà privata è diritto di natura. Per la sterminata ampiezza del suo conoscimento, che abbrac-cia, oltre al presente anche l’avvenire, e per la sua libertà, l’uo-mo, sotto la legge eterna e sotto la Provvidenza universale diDio, è provvidenza a se stesso!Non vi è, quindi, ragione di ricorrere alla provvidenza dello Sta-to, perché l’uomo è anteriore allo Stato: quindi, prima che siformasse il civile consorzio egli dovette avere dalla natura il di-ritto di provvedere a se stesso!

LA REGINA ISABELLA DI CASTIGLIA

La Regina Isabella di CastigliaNon salirà agli onori degli Altari,In quanto gli israeliti son contrariE pronti a scatenare la guerriglia,

Per cui la Chiesa nicchia e si consiglia,Al fin di non urtare i suoi avversari,Con il Concilio fatti autoritari,E diventati “amici di famiglia”.

La Regina Isabella ebbe il coraggio,Di caccair dalla Spagna i farisei,per cui subì, nei secoli, il linciaggio

Dei quondam detti “perfidi giudei”,Ai quali questo Papa ha reso omaggio,Quantunque abbiano ucciso l’Agnus Dei!

Prof. Arturo Sardini

QUEL DISCOLO DI CRISTO...

Recentemente Cristo è ritornato -Grazie a Letizia - a frequentar la scuola:Il “discolo” che quei della “cazzuola”,Dopo la “breccia” avevano cacciato!

Quel “discolo” di Cristo, condannatoSolo per aver detto una parolaDi verità, indicando la tagliola:Ovverosia l’inganno del peccato!

Dopo il ‘70, il perfido avversarioLo espulse, estromettendolo di peso,Riammesso, poi, dai Patti col Vicario!

Quel “discolo” di Cristo è ancor sospesoTra Cielo e Terra: questo è lo scenario,In quanto l’uomo ancor non l’ha compreso!

Prof. Arturo Sardini

OCCHI SULLA POLITICA

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Documenta-Facta

CATTOLICI: UN MILIARDO

Un miliardo e 61 milioni: sono i cat-tolici nel mondo, secondo i dati del2001. In aumento anche le vocazioni,ma non tanto in Europa quanto inAsia, in Africa e, sorpresa, in Ameri-ca. I sacerdoti sono 405.067, con una di-minuzione di 111 unità rispetto all’an-no precedente, ma sono aumentati icandidati al sacerdozio. Anche quicon differenze, perché, mentre inAsia, in Africa e in America “gli in-crementi sono significativi”, in Eu-ropa e in Oceania, si registrano “fles-sioni”.

UN MARTIRIO CHE CONTINUA ANCOR OGGI

L’hanno chiamata “la mattanza deicristiani”. Centosessantamila mortinel 1999, molti di più nel 2000 e2001.É un allarme mondiale: la persecuzio-ne nei confronti dei cristiani sta cre-scendo, praticamente in ogni area delpianeta, anche in regioni dove fino aqualche anno fa l’equilibrio religiosoed etnico sembrava davvero acquisi-to, in terre dai nomi esotici che, pernoi poveracci malati di immagini e dispot, sono solo possibili méte di va-canze esotiche.L’allarme viene da più parti. NazioniUnite, Organizzazini dei diritti uma-ni, la Commissione Giustizia e Pa-ce, la Federazione protestante diFrancia, Cristiani contro la tortura,Aiuto alla Chiesa che soffre: tutti inquesti ultimi mesi, hanno presentatodenunce, chiesto interventi o attenzio-ne da parte dei media distratti.“Specialmente in India, Sudan, Indo-nesia, Timor Est ed Egitto, ci sono

molte vittime - afferma Gyula Orban,olandese, dell’Aiuto alla Chiesa chesoffre - approssimativamente il 10%dei due miliardi di cristiani nel mondosono perseguitati.Questo significa che cira 200 milionidi cristiani (“martiri senza nome” liha definiti qualcuno) soffrono a causadella loro religione.

TUTTI I CONFLITTI DEL MONDO

Mentre la vecchia Europa camminaverso una sognata unità politica, do-po 56 anni si “pace”, il mondo nonha ancora chiuso i conti con le riven-dicazioni etniche, le battaglie sociali, iconflitti a sfondo religioso.La pace è ancora un sogno, come sipuò, qui, vedere.

***

Secondo l’Istituto di studi per la pacedi Stoccolma (Sipri), consulente delleNazioni Unite, sarebbero 142 i foco-lai di conflitto che sono presenti nelmondo e che interessano 103 Paesi:26 sono vere e proprie guerre o ge-nocidi e 28 i conflitti ad “alta inten-sità”.In 17 casi le tensioni non sono anco-ra degenerate in veri e propri conflitti,mentre esistono 23 situazioni di tre-gua formale, segnata da una certainstabilità: in 8 casi sono in corso pro-cessi di pace.La regione più interessata da guerre etensioni è l’Africa, dove si registranouna quindicina di conflitti: Congo, Ni-geria, Sudan, Costa d’Avorio,Uganda, Somalia, Centrafrica, soloper citarne alcuni.In Asia, oltre l’Afghanistan, in parteancora sotto i riflettori internazionali,si combatte lontano dalle telecamere -

e, quindi, dalle coscienze dell’opinionepubblica - in diverse aree. In Cecenia,continua la guerra venuta alla ribaltanel novembre 2001 con l’assalto alteatro di Mosca e subito ricacciata neldimenticatoio; anche in Indonesia, Fi-lippine, Sri Lanka, India (Kashmir),Nepal, Cina, Myanmar, sono in corsoviolenti conflitti interni. Mentre è anco-ra molto alta la tensione tra le due po-tenze atomiche asiatiche: India ePakistan.In Ameria Latina, la situazione più dif-ficile riguarda la Colombia. Tensionianche in Guatemala.Anche in Europa non mancano i foco-lai di conflitto, Irlanda e Paesi Baschiin testa. Ma anche nell’ex Jugoslaviapermangono situazioni di tensione inKosovo, Macedonia e Bosnia.Nel decennio scorso, le guerre com-battute un po’ ovunque nel mondohanno provocato 27 milioni di morti,35 milioni di rifugiati e 2 milioni dibambini uccisi. (a.p.).

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CHE COSA GLI UOMINI CREDONO SIA NUOVO

Lo scopo per il quale parliamo dellamodernità, cari Confratelli, è, sì, intel-lettuale, ma è soprattutto morale. Edogni considerazione morale deve, perforza sua, accostarsi a considerazionisoggettive, ai fatti cioè che accadononell’interno degli uomini, ai loro modidi vedere, alle loro malattie spirituali,alle tare interiori.Interessa, sì, sapere che cosa ci sia dinuovo a questo mondo; però dal puntodi vista morale interessa anche sapereche cosa si credano gli uomini che sia“nuovo” a questo mondo.Della risposta oggettiva ci siamo oc-cupati nella prima parte della Nostralettera; della risposta alla questionesoggettiva veniamo ad occuparci ora.È importante. Infatti, non è detto che ilnuovo “reale” ed il nuovo “creduto”coincidano, specialmente ove acca-desse che il “nuovo” fosse semplice-mente una formula di evasione dastanchezze o complicazioni spirituali.“Nuovo” potrebbe essere una deco-rosa copertina di debolezze. Si potreb-be continuare.Vediamo allora: che cosa è che lamassa grigia degli uomini crede sianuovo e diverso dall’antico?Sarà o non sarà nuovo; sarà o nonsarà buono: l’importante è che lo cre-de o piuttosto si crede autorizzata aprenderlo per nuovo e per buono senzadiscussione e con arie scandalizzate perchi osasse dubitare.

Nuovo sarebbe il concetto della vita. Non più iscritto tra umiltà, ordine, legge edovere, Dio e famiglia, lavoro e limiti,economia preveggente ed austerità sere-na, normalità e semplicità, dignità e ono-re. Sarebbe, invece, quadrato così: fanta-sia e comodo, istinto e licenza, poltrone-ria e pretese, avventura e fortuna, oblìo esogno. Di questi, i due ultimi sarebbero lapanacea di tutti i mali; quanto all’amore,si dovrebbe trovar modo di farlo entrarein qualcuno degli altri termini elencati,non trovandoglisi miglior sede. Leggetepure una buona parte della stampa perio-dica e diteCi se non è questo il concetto,che, tra un pettegolezzo e l’altro, una

scialba novella od una volgare inchiesta,dona della vita “nuova”.

Nuovo sarebbe il concetto della fami-glia.Non più, infatti, nido e focolare, doveri eamore, dono e gratitudine, fecondità esacrificio, fedeltà e pienezza, intimità e ri-serbo, comunione e raccoglimento, fiori-tura e austerità, silenzio e sorriso, bellez-za e anima. Bensì: porto di un giovanileistinto e rimedio di necessità pratiche, ri-serva per naufraghi e supplemento allastrada ed al ritrovo, fecondità stentata epaternità egoista, necessaria gabbia e ri-fugio sul tramonto.

Nuovo sarebbe il concetto della mo-rale.Non più pastoie e distanze e riguardi e li-

miti e riverenza reciproca tra i duesessi. Non più freni esigenti ed assolu-ti a voglie, istinti, comodi e voluttà.Non più coscienziosa discrezione, ri-gorosità di giustizia, fedeltà inconcus-sa di parola, rispetto scrupoloso del di-ritto altrui nella vita di relazione. Tuttofacile sorridente e libero.

Nuovo sarebbe il concetto di li-bertà.Non più ragionevole autonomianell’ambito del proprio diritto, con pro-tezione ottenuta dai propri doveri, conlimiti nel diritto altrui e nel benesserecomune, no! Piuttosto: licenza in mo-rale, sfruttamento d’ogni possibilità ed’ogni verità in comodo proprio anchefino all’inganno ed alla violenza, conun arresto vigliacco solo alle sogliedella paura. Leggete adunque peresempio sta roba e vedete come viconciano la verità dei fatti e l’obiettivitàdei giudizi, senza coscienza e senzaonore: e saprete che si sa fare e chesi arriva a pensare d’ogni libertà!

Nuovo sarebbe il concetto di educa-zione.I ragazzi non sarebbero più né deboli,né immaturi, né incompleti; finita l’oradei limiti, delle cautele e delle discipli-ne; inutile, e viete l’autorità e la rinun-cia. Ci sia l’autonomo sfogo della vitaesuberante. L’educazione sia istruzio-ne ed in più servizio e contorno alla

sufficiente perfezione della infantile na-tura.

Nuovo sarebbe il concetto della psico-logia umana.A correggere quella sensibilità che de-borda in tentazione ed assilla le retrogra-de religiose coscienze, basta romperlacon gli indugi e gettare tranquillamente leanime alle smaccate rappresentazioni delmale. Più si forza l’anima e meglio essaresiste. Essa si pasce a preferenza di co-se strane e di brividi.Sono molti coloro che pensano essere di-ventata così stranamente nuova la fisio-nomia del nostro mondo? Non sapremmodire esattamente. Però, l’aria di questamentalità la si respira e la gran parte del-la gente o poco o tanto ne subisce l’in-fluenza.

LA MODERNITÀdi Sua Em.za Mons. Giuseppe Siri

2da una “Lettera Pastorale al Clero”.

Sua Em.za Mons. Giuseppe Siri.

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LE REGOLE MORALI CIRCA IL “NUOVO”

Il problema morale circa la modernità sta,anzitutto, nel formarsi di essa un’ideaesatta ed equilibrata, unica base di un at-teggiamento saggio e conforme alla leg-ge di Dio. A tale scopo abbiamo scritto finqui.Lo stesso problema morale si precisa tut-tavia ancora e pone a noi le seguenti do-mande: se dobbiamo adeguarci al“nuovo”; se possiamo ed in che modopossiamo adeguarci al “nuovo”; sec’è qualcosa di “nuovo”, o creduto ta-le, al quale non ci dobbiamo assoluta-mente adeguare. Con la risposta a talidomande crediamo di poter assolveresufficientemente il compito di dare i limitimorali della “modernità”.Prima, però, di affrontare direttamentele questioni poste sopra, Ci pare ne-cessario sostare ancora un poco, rivol-gendoci una domanda che sembreràpiuttosto un sogno.Che cosa ci dovrebbe dare la mo-dernità, ossia il “nuovo” indotto nelmondo?Maggiori mezzi per compiere il be-ne. Infatti, essa aumenta le cognizionie pertanto la cultura della mente, lachiarezza delle meraviglie create, ladisponibilità facile e pronta delle cosein obbedienza agli uomini, il più fecon-do sfruttamento delle ricchezze terre-ne e pertanto il più diffuso benesseretra di essi. Dovrebbero esserci piùbontà, più luce, meno dolori e guai.Tutti voi siete in grado di dire se inrealtà le cose stiano così. Gli occhi siabbassano e si riempiono di lacrime.Il Signore ha disposte le cose tutte peril bene degli uomini, ma gli uomini, po-co e malamente, colgono il frutto diquesta infinita saggezza. Che tuttaviale ricchezze del mondo e della storianon sono esaurite, che le risorse e lesorprese del meglio non sono sfuma-te, che la strada ha ancora da snodar-si tra panorami di incantevole e pernulla monotona bellezza, noi, proprioper la fede e la fiducia nel Creatore,fermamente lo crediamo.Dobbiamo adeguarci al “nuovo”?Là dove si è solamente spettatori, nonsi segue. Non è detto che perché cisono delle cose nuove, si debba muta-re noi. Bisogna por mente a questaimportante riserva.A due condizioni ci si deve adegua-re al “nuovo”: che sia morale e cheobiettivamente richieda da noi qual-che mutazione od adattamento. Conqueste due condizioni l’adeguarsi è unobbligo di coscienza. Infatti, dobbiamo fa-re la volontà di Dio in tutto; questa ci vie-ne manifestata non solo dalla legge eter-na e da chi ci rappresenta Dio, ma anco-ra dalle circostanze nelle quali viviamo eche si generano dallo svolgersi del pianodella Provvidenza.Le due condizioni sopra esposte sonogiustificate tanto dal generale obbligomorale quanto dal fatto che molte cosenuove non toccano tutti, rimanendoestranee a taluni e forse a molti. Sarà no-stro dovere dirvi, cari Confratelli, le cose

nuove alle quali noi sacerdoti dobbia-mo adeguarci in ragione del nostrostesso ministero.Insistiamo nel dire che certe cose nuoveci possono non riguardare affatto. Posso-no riguardare il campo delle cose di libe-ra scelta; non sarebbe davvero felicel’idea di considerare ogni novità una ridu-zione della libertà. Non sarebbe serioestendere anche a questo campo l’impe-ro del rispetto umano (quanto conta essonell’argomento della modernità!). In più,molte cose nuove sono effimere, troppoeffimere e spesso dannose alla dignità eausterità con le quali si santifica e proteg-ge il nostro ministero.Notare che i princìpi generali, ora espo-sti, valgono per tutti, anche se possonoassumere particolare forza ed applicazio-ne per noi.

Possiamo adeguarci al nuovo?Fatte tutte le riserve, in questo momentoespresse, rispondiamo: sì. La domandaparrebbe oziosa se si considera il “nuo-vo” esclusivamente come una comoditàmaggiore. Ma questa sarebbe un’ideatroppo ristretta. Se è vero che molte cosenuove sono rappresentate dai prodottidel progresso scientifico e tecnico, lequali diminuiscono innegabilmente il mar-gine di fatica e di fastidio, è non menovero che adattarsi a molte cose nuove(situazioni, psicologia, metodi, colpe e bi-sogni) rappresenta semplicemente umiltàe sacrificio.Allora, infatti, occorre dimenticare moltodel proprio passato, buttare a mare un

bagaglio di abitudini ormai connaturate,contraddire le simpatie solite a nasceredalla propria antica consuetudine, fatica-re a rifar sempre qualcosa, tante voltecominciare da capo!In queste parole, Ci accorgiamo di avereanticipato tutto il sugo della Nostra pre-sente lettera.C’è qualcosa di creduto “nuovo” alquale non ci dobbiamo assolutamenteadeguare?Sì. Eccolo.Non possiamo accettare di fruire dellacomodità indotta dal progresso oltrequanto è tollerato dal bene dell’anima no-stra.Non possiamo accettare (per agire diconseguenza) che si creda diminuita ladebolezza della natura umana, in mododa essere autorizzati ad usare meno ri-

serbo, meno prudenza, meno cautele,a gettarci invece in braccio a qualsivo-glia esperienza, sensazione, brivido.Non possiamo accettare si siano alte-rate le proporzioni delle virtù, il rappor-to messo dalla legge di Dio tra il tem-po del lavoro e quello del divertimento,la necessità di frenare le sensualità, ilbisogno di usare la mortificazione cri-stiana, le norme del pudore, della mo-rale familiare, della giustizia.Non possiamo, soprattutto, accettareche siamo dispensati dal seguire inte-gralmente il Vangelo.Cari Confratelli, questo richiamo ci sal-verà dalle illusioni.Fino a questo punto, Ci siamo sforzatidi richiamarvi princìpi universali, chehanno valore per tutti gli uomini.Ora, è necessario che entriamo in ca-sa nostra e studiamo il problema dellamodernità, ossia dell’adeguamento al“nuovo dei nostri tempi” da questoparticolare ed interessante punto di vi-sta. In tutto quello che diremo vi pre-ghiamo, cari Confratelli, di tenere pre-senti le conclusioni generali e partico-lari alle quali siamo già arrivati.

II - IL “NUOVO” CHE VA TENUTO IN GIUSTO CONTO

Riassumiamo, sotto alcune voci, gliaspetti più interessanti, per i quali noinon possiamo semplicemente starea vedere, per i quali, cioè, non riusci-remmo mai ad essere onestamente in-differenti, e che inducono doveri nuovi

ai ministri di Dio. Forse, non è esatto par-lare di doveri nuovi e si sarebbe meglionel giusto a parlare di sfumature nuovein doveri vecchi. La dicitura interessa,anche perché il ritorno della austera pa-rola “dovere” serve a disincantare colo-ro che vanamente sperano essere la mo-dernità una riduzione di oneri ed un au-mento dei propri comodi. Infatti, per le te-ste piccole la posizione del problema, adichiarare il quale abbiamo stese questesudate pagine, è precisamente questa enulla più. No, la modernità arriva per aumentareil capitolo dei doveri. Forse per tutti (aguardarci bene!), ma certo per noi Sa-cerdoti!

Papa Paolo VI col berretto da ciclista.

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bienti, molti dei quali rimarrebbero altri-menti irraggiungibili. Facilita, inoltre, lospirito della cattolicità, perché tutto diven-ta più vicino, più interdipendente, piùesposto alla vicendevole irradiazione.Il giudizio cambia allorché si tratta deimezzi della tecnica in comodo personalenostro.Nessun disprezzo per quello che puògiovare alla nostra azione. Però, noinon possiamo e non dobbiamo diventa-

re delle persone comode. La Croceche teniamo in mano, nel segno dellaquale benediciamo e che predichiamo,ce lo impedisce. Potremo avere dellemoderate e ragionevoli facilitazioni, spin-te talvolta a parere delle comodità allor-ché lo esigono la nostra salute e la mag-giore disponibilità della nostra persona;ma - ripetiamo - noi non possiamo es-sere delle persone comode. Tuttol’ideale di vita che Nostro Signore ciha tracciato nel Suo Vangelo, per se-guirLo ed essere depositari della Suastessa missione, si leva a proibirci diessere delle persone comode. Se ciò cidispiace è segno che non abbiamo intesobene quello che facevamo, seguendoGesù nel sacerdozio, o che abbiamo per-duta la freschezza della prima generosaaccettazione. E, piuttosto che cambiarela verità cristallina delle cose, meglio sa-rebbere riconoscere la propria miseria.Andiamo più innanzi: quando le esigenzedi ministero, le contingenze civili, i parti-colari impegni di speciali missioni ci met-tono in condizione di usare delle como-dità, dobbiamo immediatamente crearci

un contrappeso spirituale, allo scopo diimpedire il danno dell’anima nostra el’inavvertito declino verso lo spirito e lamentalità mondana.In qualunque tempo, con qualunque rota-zione di cose nuove, tanto più - anzi - segli uomini diventano molto comodi, la no-stra forza, dopo la grazia di Dio, è lanostra austerità e la nostra indipen-denza dalle cose di questo mondo.Perché la nostra soprannaturale furbizia

non sta tanto nel segnare il passo colmondo, quasi presi dal timore essorida di noi, umili servi di Dio; bensìnel sorpassarlo arditamente, an-dando audacemente oltre i fugacibeni, che esso serve!A questo proposito, alcuni di voi Cichiedono, certo, delle norme prati-che. Eccole.I mezzi che servono a risparmiaretempo al nostro ministero (salvo ildecoro e le disposizioni diocesane)siano benedetti. Lo stesso dicasi diquelli che reggono e facilitano unapiù efficiente organizzazione. Quelloche è necessario al tenore di vita,per mantenere il decoro anche inconfronto e proporzione con la gentetra la quale si vive, sicchè non siasminuita la estimazione e la dignità,sicchè non si abbia a favorire il di-sprezzo e la commiserazione del no-stro ministero e della classe sacerdo-tale, può venire onestissimamenteusato. Però, non si dimentichino maile cautele dette sopra. I mezzi cheservono ad attirare le anime ed agettare ponti verso i più lontanti(sempre con le stesse cautele), en-trano ugualmente nella luce dell’one-stà.Noi abbiamo estremo bisogno diquesta immunizzazione, che si ottie-ne accettando tutto per il ministero enulla di molle o sensuale per noi,perché il progresso ha una sbalorditi-va andatura e noi saremo semprepiù nella necessità di servircene pernon restare fuori delle correnti della

vita.Vogliamo chiudere lo studio su questoaspetto relativo della modernità, facendorilevare come la tecnica stessa dei rap-porti tra gli uomini, i mezzi di cui essi siservono per far presa, raggruppare, sta-bilire scambi e comunioni di cultura, pos-sono essere fecondo oggetto di studio daparte nostra in ordine all’apostolato. Ciòha bisogno di equilibrio e prudenza, an-che perché non tutti i mezzi hanno ugua-le valore ed opportunità sotto ogni cieloed in ogni clima storico, ma dovunque èpossibile che le risorse puramenteumane “cooperino al bene”.È certo, però, che anche l’impiego dimezzi di apostolato nuovi, tanto più saràsaggio quanto più sarà, nella scelta enella misura, lasciato a chi, nella Chiesa,può legittimamente reggere ed indirizza-re, quanto più sarà frenato dai sacri limitidella disciplina e della tradizione eccle-siastica. Il “nuovo” può entrare, quando lo sibattezza con la sapienza antica!

(continua)

I MEZZI DELLA TECNICA E LORO REGOLE MORALI

La materia si sta trasformando in un im-menso congegno, nel quale sembra pas-si il soffio dell’intelligenza viva e ci vienesostituendo nelle fatiche, ci facilità, ci ac-celera, si piega obbediente ai nostri cen-ni. Le comodità crescono e scemano diprezzo. Tutto questo, a parte la spropor-zione col ridotto progresso spirituale e lapossibilità triste di usarne male, èdono di Dio. Possiamo usarne senzadubbio.Ma è importante tenere una distin-zione: altro è il giudizio, ove i mez-zi della tecnica servono al nostroapostolato, altro è il giudizio allor-ché servono a noi personalmente.I mezzi moderni (attrezzatura, loco-mozione, ecc.) possono e debbonoservire al ministero e all’apostolato.Essi diminuiscono l’impiego del tem-po, aumentano il raggio di azione, di-fendono più efficacemente, permet-tono di sostenere e superare laconcorrenza del male. Il loro usosaggio e tempestivo impedisce ripie-gamenti dolorosi, fa risparmiare uo-mini, economizza le energie prezio-se, dà i collegamenti celeri, facilità iben congegnati piani.Quando diciamo “mezzi moderni”non intendiamo solamente la mac-china e l’utensile, ma tutti gli onestimetodi ed espedienti della tecnicapropagandistica, reclamistica, orga-nizzativa, finanziaria. Fanno parteessenziale di tutta la fungibilità mo-derna.Tutti questi mezzi è giusto servanoal loro Creatore, nella forma e misu-ra in cui diventano validi a tale onori-fico servizio.Il loro uso, però, è soggetto a parti-colari leggi, restrizioni e considera-zioni, allorché si tratta di ecclesiasti-ci, avvertendo come, se può sem-brare limitino, in realtà proteggono.Eccole.La finalità nell’uso dei mezzi moderniè quella apostolica e non quella di lu-cro. Guai se si confondesse la limpida fi-nalità di questo uso.La quantità d’impiego non può compro-mettere, per il suo peso ed il suo vortice,lo spirito sacerdotale. Il quale è più pre-zioso di tutti i mezzi moderni.Quantità e qualità di impiego non debbo-no danneggiare la dignità ecclesiastica,della disciplina e delle istituzioni. Guai se,ad esempio, un convento diventasse fab-brica. Neppure si può indurre nell’uso deimezzi moderni quella esagerazione chemeccanicizza e che altererebbe quellaserena fisionomia di un ambiente eccle-siastico.Particolare attenzione si deve porre nelrispettare al massimo la naturalezzadell’ambiente liturgico; perché in quellonon è la comodità che si deve favorireanzitutto, sebbene la purezza ed espres-sività dei mezzi, della materia e dei sim-boli usati.Non bisogna dimenticare che il saggioimpiego dei sussidi moderni, permette diarrivare ad essere presenti in tutti gli am-

Un mazzo di fiori offerto a Papa Paolo VI da una giovane zingara.

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“Chiesa Viva” *** Aprile 2003 15

M ai come oggi si impone la neces-sità di muovere alla ricerca dellecause del malessere sociale che

ha assunto dimensioni mondiali.Soffermarsi a considerare il significato diparole usuali entrate nel linguaggio dimoda e, a nostro avviso, il presuppostoindispensabile per tentare di dare uncontributo concreto alla soluzione deigrandi problemi del nostro tempo.Dopo aver valutato positivamente l’acce-zione di “capitalismo” nel senso di eco-nomia libera o di mercato, la CentesimusAnnus (n. 42) avverte: «... ma se concapitalismo si intende un sistema incui la libertà nel settore dell’economianon è inquadrata in un solido contestogiuridico che la metta al servizio dellalibertà umana integrale e la considericome una particolare dimensione diquesta libertà, il cui centro è etico-reli-gioso, allora la risposta è decisamentenegativa».Il capitalismo è essenzialmente - comeandremo a dimostrare - un ribaltamentodei valori etico-giuridici, perché sostitui-sce, alla centralità dell’uomo, la centralitàdel capitale.L’espressione usata nella “CentesimusAnnus”, «un sistema non inquadratoin un solido contesto giuridico», richia-ma alla mente l’anatema del Cristo:«Guai a voi, dottori della legge...», per-ché lo stratagemma per «caricare gli al-tri di pesi insopportabili e non sfiorarlinemmeno con un dito» è essenzialmen-te giuridico.Non a caso, con la solida saggezza ro-mana, Menenio Agrippa avvertiva,nell’apologo delle membra ribellatesi allostomaco, che il giudizio di valore è nor-male quando si distingue il momentostrumentale o funzionale - oggettivo -prerogativa dell’organo, dal momentoedonistico - soggettivo - prerogativa del-la collettività sociale. Questo princìpio,

nella sua universalità e perennità, è il fon-damento della tradizione giuridica roma-no-cristiana: è l’essenza del diritto natu-rale.Per arrogarsi il momento edonistico delvalore, era necessario ai dottori dellalegge proporre alla collettività uno stru-mento che avesse la mera immagine del-la persona. Il concepimento di questa ipo-tesi è stato, nella cultura moderna, il“non io” di Hegel, definito come coinci-dente con l’“io”. Si realizzava così la tra-sposizione dell’“io” nel “non io”, chegiustificava la mostruosa immanenza

del momento strumentale, oggettivo,nel momento edonistico, soggettivo.Si è definita, in tal modo, la società comeconcetto carente di contenuto umano, co-me mero “fantasma giuridico”, preziosostrumento nelle mani dei gruppi di potere,partecipi esclusivi di una cultura iniziatica.Una volta realizzata la coincidenza del-l’“io” col “non io”, era consequenzial-mente possibile confondere il “mio” col“tuo”, perché il “tuo” potesse diventare“mio”.È questo il capitalismo, che non è un fe-nomeno solo del nostro tempo, ma cheha avuto un clamoroso precedente stori-co: Mammona. Mammona è, infatti, lasocietà anonima ante litteram. Mancan-do, all’epoca, il concetto di persona giuri-dica, si è ricorsi all’unico concetto dipersona, diverso dalla persona umana,disponibile nella cultura del tempo: la di-vinità.Tanto che, non a caso, Mammona, inaramaico, significa denaro. Era, dun-que, Mammona la soggettività strumenta-le cui attribuire il momento edonistico delvalore, ossia la proprietà della monetaall’atto dell’emissione.Così avveniva che, mentre la collettivitàcreava il valore della moneta, i dottoridella legge, strumentalizzando Mammo-na, diventavano di fatto i proprietaridella moneta.Esattamente con queste medesime carat-teristiche, opera ancor oggi il sistema del-la banche centrali, che espropriano ed in-debitano le collettività nazionali del lorodenaro, perché lo emettono prestandolo;e prestare denaro è una prerogativa delproprietario.Ci sovviene l’incisiva parola della Encicli-ca Quadragesimo Anno (nn. 105 e 106): «E in primo luogo, ciò che ferisce gliocchi, è che, ai nostri tempi, non vi èsolo concentrazione della ricchezza,ma l’accumularsi altresì di una poten-

DEMOCRAZIA INTEGRALE:PROGETTO PER UN DIRITTO DELLA PERSONA

CON CONTENUTO PATRIMONIALE

del dott. Francesco Stilo

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za enorme, di una dispotica padronan-za della economia in mano di pochi, equesti, sovente, neppure proprietari,ma solo depositari ed amministratoridel capitale, di cui essi, però, dispon-gono a loro grado e piacimento. Que-sto potere diviene più che mai dispoti-co in quelli che, tenendo in pugno ildenaro, la fanno da padroni; onde so-no, in qualche modo, i distributori delsangue stesso di cui vive l’organismoeconomico, e hanno in mano, per cosìdire, l’anima dell’economia, sicchénessuno, contro la loro volontà, po-trebbe nemmeno respirare».Poiché non è concepibile uno strumentosenza chi lo adoperi, il concetto di sog-gettività strumentale presuppone, neces-sariamente, la società strumentalizzante,fondata su una concezione economi-cistica dell’etica.Ridotto il concetto di società astrumento, è fin troppo evidente chel’unica ipotesi possibile è il servir-sene, non il servire.Nell’uomo della strada si è consolida-to il convincimento di un interesse mi-tico ed astratto, pur se diverso dalproprio, giudicato meritevole di consi-derazione positiva, proprio perché si èmascherato, sotto la parvenza di sa-crificio etico, il sacrificio economico. Èavvenuto, così, che la somma dei sa-crifici economici individuali ha realiz-zato l’imposizione alle collettività na-zionali di quei “pesi insopportabili”,a beneficio di pochi sapienti manipo-latori di strategie culturali e sociologi-che di dominazione.L’illusione di una mitica partecipazio-ne ad un interesse sociale inesisten-te, ha espresso, nel termine “comu-nismo”, l’assonanza e l’illusione dellacomunione o comproprietà, e, nel “ti-tolo azionario”, la parvenza di unaquota di proprietà del capitale.Come nel sistema socialista la pro-prietà è dello Stato-fantasma e nondel cittadino, così, nella società anoni-ma, la proprietà è della società-fanta-sma e non del socio.Stato socialista e società anonima so-no, dunque, le due facce del capitali-smo. E lo Stato socialista altro non è cheuna forma macroscopica di società anoni-ma.La coincidenza dell’“io” col “non io” haconsentito la possibilità di una assurdarappresentanza organica del momentoedonistico del valore.Posto, infatti, che - in una visione norma-le dei giudizi di valore - il momento edoni-stico è strettamente individuale e non de-legabile, la coincidenza concettuale del-l’“io” col “non io” realizza una soggetti-vità astratta alla quale viene attribuito ilmomento edonistico dei valori giuridici e,conseguentemente, di quelli economici inessi contenuti: cioè la “proprietà”.Questa trasposizione del momento edoni-stico opera, apparentemente, a favoredella società strumentale, sostanzialmen-te, a favore delle società strumentalizzan-ti.Si è realizzata, così, attraverso una sa-piente trappola giuridica, una situazioneanaloga a quella che si verifica quando il

padrone dà da mangiare al cavallo: chigode del foraggio, in senso fisiologico, è ilcavallo; chi ne gode, in senso giuridico, èil padrone.La trasposizione del momento edonisticodegli strumenti giuridici dalla personaumana alla persona giuridica, trasforma,dunque, le società strumentalizzanti in al-levatori di uomini, ed alla persona umana- privata della legittimazione giuridica -non resta altra possibilità che il mero go-dimento fisiologico dei beni.Si realizza, allora, una pseudo-forma di li-bertà dal bisogno del pane, ma non dalbisogno spirituale di poterlo pretendere.Avviene così che, in una concezione con-sumistica, si definisce la distinzionedell’uomo libero dall’uomo schiavo in ba-se ad una semplice valutazione quantita-

tiva, per cui l’uomo libero sarebbe tale,solo perché più grasso.Quando Cristo dice: “non di solo panevive l’uomo”, avverte che l’ulteriore biso-gno di libertà, in senso etico e giuridico,non può essere soddisfatto da una “mag-giore quantità di pane”.Su queste premesse, ci si spiega come ilconcetto di capitalismo ha realizzato, sulpresupposto di una concezione economi-cistica dell’etica ed utilizzando il fonda-mentale parametro della soggettività stru-mentale, (stato costituzionale, stato so-cialista, società anonima, multinazionale,ente di Stato, banca, ecc.) la sottrazionedel momento edonistico alla personaumana per attribuirlo alla persona giuridi-ca, e per essa alle società che la stru-mentalizzano (gruppi di potere, classedominante, sindacato di maggioranza de-gli azionisti, ecc.).La forma più imponente di questa pa-tologia dei valori si è realizzata conl’attribuzione del diritto di proprietà -che è godimento giuridicamente protetto -ai fantasmi giuridici delle soggettività

strumentali.Sotto questo aspetto, non corre alcunadifferenza tra capitalismo di Stato ecapitalismo privato, se non nella diver-sa fonte normativa che in quello è la leg-ge, in questo è il contratto. Tanto è verociò che, come nello Stato socialista laproprietà è dello Stato e non del citta-dino, nella società anonima la pro-prietà è della società e non dei soci:entrambe le formule sono il terreno di cul-tura di società strumentalizzanti chespacciano sotto la parvenza di interessegenerale, l’interesse proprio.Ecco perché non si può fare seriamentela storia dello Stato Costituzionale, senon si fa la storia delle logge; non si puòfare la storia dello Stato socialista, se nonsi fa la storia della classe dominante; non

si può fare la storia della società ano-nima e della multinazionale, se non sifa la storia dei sindacati di maggio-ranza degli azionisti e delle scalate.L’esplosione di queste imponenti ma-nifestazioni di patologia etico-giuridi-ca costituisce la prova della insuffi-cienza fondamentale delle modernescuole di dottrina dello Stato e di dirit-to societario, quando pretendono direndere immanente nello strumentogiuridico il princìpio etico.Merita di governare un popolo solochi lo ama, perché solo chi ama èdisposto a servire, e chi non ama aservirsi. E l’amore non può costituireoggetto di un obbligo giuridico: essosta necessariamente al di fuori, al disopra della carta costituzionale.Tra amore e norma costituzionale esi-ste, forse, la medesima incompatibi-lità che vi è stata tra la testa dei re ela lama della ghigliottina.Al primo posto dell’ordine gerar-chico deve stare l’uomo, e non lostrumento: la persona umana enon la persona giuridica. Il diritto èsempre uno strumento, perché è il ri-sultato di una attività creatrice dellospirito, e la strumentalità non è maimomento primario dello spirito. Al pri-mo posto sta sempre la scelta dei fini.

Ed è solo in un momento logicamente ecronologicamente successivo, che vieneconcepito ed approntato lo strumento.Il limite dello Stato costituzionale sta,quindi, nel fatto che, al suo vertice, si tro-va una “volontà voluta e depsicologiz-zata”, quale è appunto quella della nor-ma giuridica. Manca la volontà “volen-te”, manca la volontà dell’uomo vivo,manca la volontà di chi è capace diamare e servire.Una volta personificata la volontà voluta,la “volontà volente” diventa quella dellasocietà strumentalizzante che, per quantosopra detto, ha necessariamente un’eticaeconomicistica.Al principio di diritto naturale e cristianodel conviene essere onesti, convieneessere giusti (“Fate la volontà del Padremio che è nei cieli ed il resto vi saràdato in sovrappiù”), si sostituisce il prin-cipio del “è giusto quello che convie-ne”.Desiderare di porre al vertice dello Statola volontà volente di un re - che può es-sere capace di amore o di tirannia - o la

16 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

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volontà voluta di un patto costituzionale,che implica per difetto di amore, tempi dipacifica decadenza, costituisce forse ungrande pendolo della storia.Occorre, pertanto, recepire negli ordina-menti costituzionali e legislativi il princìpioessenziale di diritto naturale per cui ilmomento edonistico dei valori giuridi-ci - come del resto di tutti i valori - deveessere prerogativa esclusi-va della persona umana edinibito alle soggettivitàstrumentali ed innanzi tuttoalle società strumentaliz-zanti.Quello che deve interessarela scienza del diritto non ètanto se il regime politico siademocratico, monarchico, dit-tatoriale od oligarchico, quan-to affermare quali debbanoessere i criteri per realizzarestrumenti giuridici capaci disoddisfare il bisogno di giusti-zia.Con la trasposizione del mo-mento edonistico dalla perso-na umana alla persona giuri-dica, è nata la società delladisperazione. La speranza è,infatti, la previsione del mo-mento edonistico, e quandoesso viene sottratto all’uomo,e pretestuosamente attribuitoad un fantasma giuridico, i vi-vi invidiano i morti. Non a ca-so il suicidio tra i giovani è di-ventato, ormai, una malattiasociale. E questi giovani muoiono ben nu-triti e ben vestiti: solo assetati di amoreo, per meglio dire, di amare, cioè diideali.L’etica economicistica di stampo hegelia-no porta in sé il vizio di origine: dopo averridotto la realtà all’“io pensante”, non ha

ammesso altra forma di utilità che l’utilitàdell’“io”, riducendo e confondendo il con-cetto di “utilità” con quello di “egoi-smo”. Sul presupposto di questa strate-gia culturale, non vi è spazio per i Santi egli eroi: l’unico ideale possibile e nella mi-gliore delle ipotesi, quello dell’uomo“grasso e disperato”: testimonianza vi-vente del fallimento delle scuole razionali-

ste ed atee, che così lo hanno costruito eplasmato.Dunque, il solo pane - espressione di unamera concezione consumistica dell’edoni-smo umano - non è sufficiente: occorredare all’uomo un di più qualitativamentediverso.

“Esiste un qualcosa che è dovutoall’uomo perché è uomo”, insegna Gio-vanni Paolo II. La parola “dovuto” presuppone la “pre-tesa giuridica”. Il diritto di pretendere è,dunque, il “di più”. E l’espressione “per-ché è uomo...” sta a significare che, peril solo fatto che esiste, l’uomo è legittima-to a pretendere anche il contenuto econo-

mico del diritto sociale...Infatti, che l’anelito vitale siaesso stesso fonte di valore,emerge dai seguenti assiomi:– non esiste ricchezza in unmondo di morti;– dunque il presupposto dellaricchezza è la vita;– l’uomo, per il solo fatto chevive, crea il valore dei beni dicui necessita;– l’uomo contribuisce a crea-re i valori convenzionali mo-netari, perché accetta la mo-neta come mezzo di paga-mento, e cioè come misuradel valore e valore della misu-ra;– dunque all’uomo va ricono-sciuto l’equivalente di questovalore, come oggetto di unapretesa giuridica, e non dielargizione o di benevola con-cessione.

La tradizione giuridica cristia-na medioevale ci ha trasmes-so, del resto, questo messag-gio di socialità nell’istituto

dell’uso civico che, col diritto di caccia, dipesca, di pascolo e di legnatico, costitui-va a favore della persona umana un dirit-to con contenuto patrimoniale, a misuradell’economia del tempo.

(continua)

“Chiesa Viva” *** Aprile 2003 17

Una vista di Wall Street.

Nei precedenti numeri di “Chiesa viva” 347 e 348, pur avendo, verso la fine dell’articolo, fatto riferimento alla fonte delle informazioni sull’U.R.I., dovevamo meglio evidenziare l’Autore di questo testo;

quindi:

ci scusiamo dell’errore commesso attribuendo ad A.Z. lo studio di cui è, invece, autore Epiphanius, a pp. 591 e ss. del suo ben informato volume:

“Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia”,pubblicato in terza edizione notevolmente accresciuta (pp. 776) dell’editrice “Ichtys”, v.Trilussa 45 - 00041 Albano Laziale (RM).

ERRATA CORRIGE

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18 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

Nel 1917, Massimiliano Kolbe fonda la “Milizia dell’Im-macolata”. Naturalmente, la sua lotta non fu quella di ab-battere le anime del nemico, ma quella di richiamarle econvertirle, per la loro eterna salvezza, e per questo, Pa-dre Kolbe si rivolgeva anche ai suoi nemici. In un suo articolo dal titolo: “Poveretti!!!”, scriveva: “L’uo-mo è redento. Cristo ha fondato la sua Chiesa sulla roccia.Una parte del popolo ebreo riconobbe in lui il Messia, gli al-tri, soprattutto i superbi farisei, non vollero riconoscerlo;essi perseguitarono i suoi seguaci e diedero il via ad ungran numero di leggi che obbligavano gli ebrei a persegui-tare i cristiani. Queste leggi, insieme a narrazioni e ad ap-pendici, verso il 500, formarono il loro libro sacro, il “Tal-mud”. In questo libro, i cristiani vengono chiamati: idolatri,peggiori dei turchi, omicidi, libertini impuri, sterco, ani-mali in forma umana, peggiori degli animali, figli deldiavolo, ecc. I sacerdoti vengono chiamati indovini e te-ste pelate (...). La Chiesa (viene chiamata) casa di scem-piaggine e di sporcizia. Le immagini sacre, le medagliette,i rosari, sono chiamati idoli. Nel “Talmud”, le domenichee le feste vengono denominate giorni di perdizione. Inquesto libro si insegna, inoltre, che ad un ebreo è permes-so ingannare e derubare un cristiano, poiché tutti i benidei cristiani - vi è scritto - “sono come il deserto: il primoche li prende, ne diviene il padrone”. Quest’opera che rac-coglie dodici volumi e che ispira odio contro Cristo e icristiani, viene considerata da questi farisei un libro sacro,più importante della Sacra Scrittura. In ricorrenza del Congresso Internazionale dei massoni,che si tenne a Bucarest nel 1926, Padre Kolbe scrisse, inun articolo: «Quei signori (cioè i massoni) credono di esse-re loro a governare: ascoltiamo, allora, ciò che scrivono i“Protocolli dei Savi di Sion”», documento che Padre Kol-be chiamava: “Il libro davvero fondamentale della Mas-soneria”.Il Santo scrive: «Il protocollo n.11 afferma: “Noi creeremoe metteremo in atto le Leggi e i Governi (…) e, al mo-mento opportuno, (...) sotto forma di rivolta nazionale.(...). E necessario che le popolazioni, sconcertate dall’av-venuta rivolta, poste ancora sotto l’influenza del terrore edell’incertezza, comprendano che siamo talmente forti, tal-mente intoccabili, talmente pieni di potere che in nessuncaso terremo conto delle loro opinioni e dei loro desideri,ma, anzi, siamo in grado di schiacciare le loro manifestazio-ni in ogni momento e in ogni luogo (...). Allora, per paura,chiuderanno gli occhi e rimarranno in attesa delle conse-guenze. (...). A quale scopo abbiamo ideato e imposto aimassoni tutta questa politica, senza dare ad essi la possibi-lità di esaminarne il contenuto? Questo è servito di fonda-mento per la nostra organizzazione massonica segreta(...) la cui esistenza neppure sospettano queste “be-stie” da noi adescate nelle logge massoniche».Padre Kolbe, a questo punto, si rivolge ai massoni dicen-do: «Avete sentito, signori massoni? Coloro che vi hannoorganizzato e vi dirigono segretamente, gli ebrei, vi consi-derano delle bestie, attirate nelle logge massoniche perscopi che voi neppure sospettate (...). Ma sapete, signorimassoni, che cosa vi attende il giorno in cui vi verrà in men-te di incominciare a pensare da soli? Ecco, ascoltate: il me-desimo protocollo prosegue affermando: «La morte è l’ine-

del dott. Franco Adessa

Il centro stampa di P. Kolbe, alla periferia di Nagasaki, per la suafelice posizione non andò distrutto in seguito all’esplosionedell’atomica del 1945. Hiroshima e Nagasaki erano le due cittàcon la più alta concentrazione di cattolici in Giappone!

Nota: il testo è tratto da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 125.

vitabile conclusione di ogni vita. (...). Giustizieremo imassoni in modo tale che nessuno, (...) potrà avere deisospetti, neppure le stesse vittime: moriranno tutti nelmomento in cui ce ne sarà bisogno, apparentemente pereffetto di malattie comuni (...)». E il Santo continua: «Signori massoni, voi che, recentemen-te, durante il Congresso di Bucarest, vi siete rallegrati delfatto che la Massoneria si sta rafforzando ovunque, riflettetee dite sinceramente: non è meglio servire il Creatore nellapace interiore (...), piuttosto che obbedire agli ordini dichi vi odia?».San Massimiliano si rivolge, infine, ai Capi Incogniti dellaMassoneria con queste parole: «E a voi, piccolo manipolo diebrei, “Savi di Sion”, che avete provocato coscientementegià tante disgrazie e ancora di più ne state preparando, avoi mi rivolgo con la domanda: quale vantaggio ne ricava-te? (...). Gran cumulo di oro, di piaceri, di svaghi, di po-tere: tutto questo non rende ancora felice l’uomo. E seanche questo desse la felicità, quanto potrà durare?Forse una decina di anni, forse una ventina (...). Epoi?... E voi, capi ebrei, che vi siete lasciati sedurre daSatana, il nemico dell’umanità, non sarebbe meglio se an-che voi vi rivolgeste sinceramente a Dio?».In un altro articolo del 1926, Padre Kolbe, sempre citando i“Protocolli dei Savi di Sion” scriveva: «Essi dicono di sestessi: “Chi o che cosa è in grado di far crollare una for-za invisibile? La nostra forza è appunto di questa natu-ra. La “Massoneria esterna” serve solo per nascondere isuoi scopi, ma il piano d’azione di questa forza saràsempre sconosciuto alla gente».Ma il Santo sottolinea con sottile ironia: «Noi siamo un eser-cito, il cui “Condottiero” vi conosce ad uno ad uno, ha os-servato e osserva ogni vostra azione, ascolta ogni vostraparola, anzi... nemmeno uno dei vostri pensieri sfugge allasua attenzione. Dite voi stessi: in tali condizioni, si può parla-re di segreto nei piani, di clandestinità e di invisibilità?». Equi, Padre Kolbe rivela il nome del “Condottiero” del suoesercito: «E’ l’Immacolata, il rifugio dei peccatori, ma an-che la debellatrice del serpente infernale. Ella vi schiac-cerà il capo!».

Conoscere la Massoneria

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“Chiesa Viva” *** Aprile 2003 19

Lettere alla Direzione

SEGNALIAMO:

«Guardati dall’uomo cheha letto un solo libro».

(S. Tommaso d’Aquino)

CASSIODORO: LE ISTITUZIONI- Basi per una rinascita di civiltà -A cura di Antonio Caruso

Per Flavio Magno Aurelio Cassio-doro, vissuto storicamente nel lonta-no sesto secolo dopo Cristo, ma uo-mo di oggi, cultura classica greco-romana e cristianesimo sono i duefattori più sicuri, collaudati e insosti-tuibili per raggiungere il traguardo diuna vera umanizzazione e quindi, inogni epoca di crisi di valori come lanostra, di una civilizzazione degnadel nome. Senza la ragione umana sgombra dipreconcetti e di ideologie fuorvianti,si rende incomprensibile la ParolaDivina offerta agli uomni, e la culturacorre irrimediabilmente allo sbando.Alla sua epoca, Cassiodoro fu, in unprimo tempo, il Senatore per eccel-lenza, il politico di quel precursoreRegno d’Italia, fondato da Teodorico,conosciuto col nome di “Grande”.In un secondo tempo, fu monaco,fondatore di monasteri che, in mez-zo al dilagare delle alluvioni barbari-che, elaborò, con le Istituzioni, ilconcetto di Studi Universitari, of-frendo le linee della Magna Carta,rimasta fondamento delle Universitàdel Medioevo.

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Rev.mo e illustre Monsignore,benché io non sia teologo, ma l’ultimo

dei fedeli davvero credenti (se non presu-mo troppo!), sento il dovere di rivolgerLeil più intenso plauso per il Suo ottimosaggio: “Eresie” nella dottrina neo-ca-tecumenale.In questo saggio, Lei, teologo di perfettaortodossia cattolica, di autentica genialitàe di vasta e profonda cultura, smascheral’apostasia di tutti quei sovversivi; e ci rie-sce - ardisco dire col massimo rispetto -ancor più e meglio del pur validissimo ecompianto P. Prof. Zoffoli.Tanto è vero che Lei fa vedere da “chi”quei “brigatisti rossi” dello spirito sono“protetti”. Peggio di “quelle” (cf.. pp. 6-16; 99-101). Infatti, si tratta di una enor-me prostituzione spirituale; (per una pal-lida approssimazione si pensi all’8 lugliou. s.); appunto come denuncerebbero iSanti Profeti Isaia, Geremia, Ezechiele;ma, soprattutto, Nostro Signore (cf. Mt.7, 6; ivi 15, 18-20; ivi 23, 1-39; Gv. 8, 44;Ap. 2, 9; ivi 3, 9).E dopo la più convincente dimostrazionedell’apostasia radicale di quella sètta(pp. 17-91), Lei mette a fuoco la schia-vesca dipendenza di essa dall’ebrai-smo cabalistico-talmudico e dal sog-gettivismo protestantico che coinvolge,all’interno di sè, tanto la superbia gnosti-ca quanto la stoltezza fideistica, il piùscatenato immoralismo e persino la bar-barie marxista (cf. pp. 91 s. V. altresìl’agghiacciante tabella riassuntiva diquelle eresie: pp. 95-98).Il Signore La benedica e rimeriti ancheper le altre Sue opere che tanto degna-mente si affiancano a questa.Mi permetta, dunque, di concludere col ri-lievo seguente. Giacché, in una “massi-

ma” di Rochefoucauld, si legge che “lridicolo disonora più del disonore” - equesto detto proviene da vari testi biblici(cf. 1 Re 9, 4-9; Ez. 22, 1-5), mi sembraconseguirne che i “neo-catecenali” maprima e peggio i loro potentissimi“protettori”, vanno bollati e scherniticome “Mao-sinagogali”!In unione con sante di pregiere, La rin-grazio di quanto ci ha insegnato e La os-sequio toto corde in Christo Rege!

(un sostenitore di “Chiesa viva”)

***

Rev.do Don Villa,complimenti per la Sua risposta e per

le altre risposte date al Vescovo di Bre-scia (...). La invito a continuare con sempre piùslancio in questa Sua opera evangelizza-trice...

(S. M. - Vicenza)

***

«RingraziandoVi, auguro a tutta la Vs.grande Famiglia, cominciando dal tantocaro e apprezzato Capostipite, mons.Luigi Villa, ogni bene e benedizione eforza e coraggio in questi momenti pre-APOCALITTICI, dove certamente atten-diamo la “Grande Tribolazione qualemai fu nè sarà!” (Mc. 3, 19; Ap. 16-18)senza escludere il martirio anche fisico(quello spirituale c’è già), per poi goderein pace e giustizia le promesse del Padrenostro!Il Signore Gesù e la SS: Vergine Mariaci concedano la Grazia!Vostro affezionatissimo abbonato da anni.

(S.E.M. - Venezuela)

Page 20: Chiesa viva 349 A mensile.pdf · 2019. 8. 11. · Romano Amerio, là dove scrisse: «Virtù di umiltà o umiliazione della Chiesa e del Papato?»2. Scrive: «E se troppo si prosternavano

20 “Chiesa Viva” *** Aprile 2003

DIOCESI DI XIAMEN (AMOY)

Cheng ShiguangSacerdote, diocesano. Morì di cancro alfegato nel 1972, in conseguenza dei mal-trattamenti subìti. La notizia venne raccol-ta da una commemorazione pubblica, te-nutasi a Xiamen, in onore di vittime dellarivoluzione culturale.

DIOCESI DI XIAPU (FUNING)Staccata dal Vicariato apostolico delFujian settentrionale il 27 dicembre 1926,il vicariato venne affidato ai domenicanispagnoli.

Martini UrbanoSacerdote domenicano. Orignario di Po-lencia, Spagna, dove era nato intorno al1907. Ordinato sacerdote negli Stati Uniti,nel 1932, venne fucilato a Qizhen il 24giugno 1934.

Un CattolicoLaico, di oltre 70 annI. Fucilato a Qizhen,il 24 giugno 1934.

alla prigione di Jiangping senza chesi accertasse l’accusa. In prigione,venne fatto inginocchiare su pianteappuntite di cactus e su gusci d’ostri-che; bastoncini accesi di incensovennero avvicinati alla sua barba e aipeli delle gambe. Appeso al soffitto,fu picchiato per costringerlo a confes-sare di aver nascosto armi. PadreLiao non era colpevole, ma non ave-va modo di difendersi dalle accuse.Per alcuni giorni gli fu rifiutato il cibo.Il suo corpo si gonfiò, non potevadormire e la sua mente era sconvoltadalle torture. Una notte, una donnacattolica, a rischio della vita, gli portòun po’ di minestra di riso, ma il Padrefu incapace di mandarla giù.Fu deciso di portarlo davanti alle au-torità del governo locale, ma a quelpunto, Padre Liao era troppo deboleper riuscire a camminare. I comunistilo legarono e lo trascinarono fino allasede del partito. Là, lo abbandonaro-no nel sottoscala. Le braccia eranogonfie e piagate, piene di pus e persi-no di vermi.Alcuni cattolici erano stati arrestati esi trovavano nello stesso luogo. Unadi essi, Anna Wang, passandogli vici-no non lo riconobbe. «Chi sei?», glichiese. Padre Liao rispose. «Anna,non mi riconosci? Sono Padre Liao.Non dimenticare di pregare per me.Stanotte vado in cielo. Chiederò aDio di lasciarti libera fra tre giorni».Quella notte stessa Padre Liao resela sua anima a Dio e, tre giorni dopo,Anna fu veramente liberata.

(Sunday Examiner, Hong Kong, 8 maggio 1992)

contro Dio contro l’uomo

di Giancarlo Politi

Conoscere il Comunismo

MARTIRI IN PROVINCIA DI FUJIAN

MARTIRI IN CINA

P. LIAO ZEMIN

Padre Liao Zemin era parroco diZhushan, nel disretto di Dongxing, nel-la provincia di Guangdong. Un giornodi autunno del 1951, una donna catto-lica gli portò un bimbo da battezzare.La donna andò, poi, dalle autorità lo-cali e denunciò il sacerdote di avercontravvenuto la legge, battezzandoun bambino. P. Liao venne arrestato.Falsamente accusato di aver nasco-sto armi, il sacerdote venne condotto

2 Buona e Santa Pasqua!

3 Illuso io o illusi quellIche vogliono Paolo VI beato? (2)del sac. dott. Luigi Villa

7 I Santi e l’Eucarestia (1)di A. Z.

9 Occhi sulla politica

10 Documenta-Facta

12 La Modernità (2)di Sua Em.za Mons. Giuseppe Siri

15 Democrazia integrale: progetto per un diritto della persona con contenuto patrimoniale (1)del dott. F. Stilo

18 Conoscere la Massoneria

19 Lettere alla Direzione - In Libreria

20 Conoscere il Comunismo

APRILE 2003

SOMMARIO N. 349

ILLUSO IO O ILLUSI QUELLI CHE VOGLIONO

PAOLO VI BEATO?

SCHEMI DI PREDICAZIONEdi p. Alessandro Scurani s.j.

Epistole e VangeliAnno B

(Dalla IV Domenica di Pasquaalla Pentecoste)