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CPA GEOENGINEERING - Dott. Geol. Paolo CERUTTI via Selvagreca, 14H – 26900 Lodi tel: 0371 427203 (r.a.) – fax: 0371 50281 e-mail: [email protected] Comune di Azzano Mella (BS) – Nuovo P.G.T. ex L.R. 12/05 - Analisi della componente geologica, idrogeologica e sismica ex D.G.R. 8/7374/08 – Relazione Geologica Marzo 2010 – Filename A13-RF01.doc – Pagina 1 di 124 CONTENUTI PARTE I - INTRODUZIONE 1. PREMESSE 1.1. Attività e risultati prodotti 1.2. La normativa PARTE II - INQUADRAMENTO TERRITORIALE 2. ELEMENTI METEO-CLIMATICI 3. CARATTERI MORFOLOGICI E PEDOLOGICI DELL'AREA 3.1. Premessa metodologica 3.2. La Geomorfologia e le Unità di Paesaggio 3.3. Paesaggi e suoli 3.3.1. Capacità protettiva delle acque di falda 3.3.2. Capacità protettiva delle acque superficiali 3.3.3. Capacità d’uso dei suoli 3.3.4. Valore naturalistico dei suoli 3.4. Paesaggio e vegetazione: il progetto DUSAF 4. CARATTERI GEOLOGICI ED IDROGEOLOGICI DELL'AREA 4.1. Geologia generale 4.2. Caratteri litologici 4.3. Struttura idrogeologica e caratteristiche degli acquiferi 4.4. Le risorse idriche sotterranee della pianura fra Oglio e Chiese 4.5. La stratigrafia del sottosuolo e le caratteristiche delle falde 4.6. Qualità delle acque del F. Mella 4.7. Qualità delle acque sotterranee 5. CARATTERISTICHE GEOLOGICO-TECNICHE DELL’AREA 5.1. Indagini geognostiche 5.1.1. Indagini geofisiche 5.1.2. Prove penetrometriche dinamiche SCPT 5.1.3. Sondaggi a carotaggio continuo 5.1.4. Prove penetrometriche in foro SPT 5.1.5. Indagini di caratterizzazione idraulica

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tel: 0371 427203 (r.a.) – fax: 0371 50281 e-mail: [email protected]

Comune di Azzano Mella (BS) – Nuovo P.G.T. ex L.R. 12/05 - Analisi della componente geologica, idrogeologica e sismica ex D.G.R. 8/7374/08 – Relazione Geologica

Marzo 2010 – Filename A13-RF01.doc – Pagina 1 di 124

CONTENUTI

PARTE I - INTRODUZIONE 1. PREMESSE

1.1. Attività e risultati prodotti 1.2. La normativa

PARTE II - INQUADRAMENTO TERRITORIALE 2. ELEMENTI METEO-CLIMATICI 3. CARATTERI MORFOLOGICI E PEDOLOGICI DELL'AREA

3.1. Premessa metodologica 3.2. La Geomorfologia e le Unità di Paesaggio 3.3. Paesaggi e suoli

3.3.1. Capacità protettiva delle acque di falda 3.3.2. Capacità protettiva delle acque superficiali 3.3.3. Capacità d’uso dei suoli 3.3.4. Valore naturalistico dei suoli

3.4. Paesaggio e vegetazione: il progetto DUSAF 4. CARATTERI GEOLOGICI ED IDROGEOLOGICI DELL'AREA

4.1. Geologia generale 4.2. Caratteri litologici 4.3. Struttura idrogeologica e caratteristiche degli acquiferi 4.4. Le risorse idriche sotterranee della pianura fra Oglio e Chiese 4.5. La stratigrafia del sottosuolo e le caratteristiche delle falde 4.6. Qualità delle acque del F. Mella 4.7. Qualità delle acque sotterranee

5. CARATTERISTICHE GEOLOGICO-TECNICHE DELL’AREA 5.1. Indagini geognostiche

5.1.1. Indagini geofisiche 5.1.2. Prove penetrometriche dinamiche SCPT

5.1.3. Sondaggi a carotaggio continuo 5.1.4. Prove penetrometriche in foro SPT 5.1.5. Indagini di caratterizzazione idraulica

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5.2. Proprietà geotecniche dei terreni 6. ANALISI DEL RETICOLO IDRICO COMUNALE

6.1. Inquadramento idrografico generale 6.2. Reticolo idrico principale 6.3. Reticolo idrico minore 6.4. Fasce di rispetto 6.5. Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) 6.6. I fontanili

7. RACCORDO CON IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO

DELLA PROVINCIA DI BRESCIA

PARTE III - DEFINIZIONE DELLA COMPONENTE SISMICA

8. PERICOLOSITÀ SISMICA: QUADRO METODOLOGICO 9. ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE

9.1. 1° livello di approfondimento 9.2. 2° livello di approfondimento: scenario Z4a

PARTE IV - LA FATTIBILITÀ DELLE AZIONI DI PIANO

10. LA FATTIBILITÀ DELLE AZIONI DI PIANO

10.1. Premesse 10.2. Quadro generale 10.3. Vincoli e ambiti di pericolosità 10.4. Le classi di fattibilità 10.5. Le zone

PARTE V - CONCLUSIONI 11. SINTESI 12. LE NORME GEOLOGICHE DI ATTUAZIONE

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APPENDICI

N° Titolo 1 Stratigrafie pozzi per acqua 2 Indagini geofisiche: metodi e risultati 3 Documentazione fotografica 4 Norme Geologiche di Attuazione pregresse (1996)

ALLEGATI (Tavole)

N° Titolo Scala 1 Carta geologica e geomorfologia 1:5.000 2 Carta idrogeologica e del sistema idrografico 1:5.000 3 Carta dell’uso del suolo e della vegetazione 1:5.000 4 Carta dei Vincoli 1:5.000 5 Carta di Sintesi 1:5.000 6 Carta di Pericolosità PAI 1:5.000 7 Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano 1:5.000

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PARTE I - INTRODUZIONE

1. PREMESSE Il presente documento rappresenta l’elaborato conclusivo predisposto su incarico dell’Amministrazione comunale (il Committente): 1. nell’ambito della redazione del nuovo P.G.T. (Piano di Governo del Territorio,

di seguito anche semplicemente il Piano) di Azzano Mella (BS); 2. per la definizione dell’assetto geologico, idrogeologico e sismico del comune,

annesso al documento di Piano – Legge Regione Lombardia n° 12/2005; 3. ai sensi della D.G.R. 28 maggio 2008 n° VIII/7374/08 (pubblicata su 2° Suppl.

Straord. N° 24 al B.U.R.L., il 12 giugno 2008) “Aggiornamento dei «Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio, in attuazione dell’art. 57 comma 1 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12»”;

4. quale aggiornamento dei precedenti studi sul territorio comunale, primo dei quali quello realizzato nel 1996 dalla Dott.ssa Laura Ziliani.

Le attività svolte e gli elaborati predisposti sono conformi a quanto richiesto dall’Amministrazione comunale ed in merito a quanto stabilito dalla L.R. 11 marzo 2005 n. 12 e dalle relative delibere attuative e considerano anche le indicazioni fornite dal Committente in termini di problematiche geologiche emergenti sul territorio comunale. Nel seguito della Relazione si forniranno: la definizione del quadro normativo in materia di relazioni tra interventi

urbanistici ed aspetti geologici, idrogeologici e sismici; un quadro meteo-climatico, geologico, idrogeologico e geotecnico del settore

nel quale ricade l’area del citato Piano di Governo del Territorio (di seguito nel testo definito anche più semplicemente “Piano”);

la descrizione del reticolo idrico comunale e delle relative fasce di rispetto attorno allo stesso reticolo, redatta sulla base dell’analisi svolta da apposito studio precedente (“Dott. Ing. G. Rossi - Individuazione del reticolo idrico minore e Regolamento di Polizia idraulica - 2005”);

un’analisi della componente sismica, finalizzata alla valutazione della pericolosità sismica locale;

le relative conclusioni, che forniscono valutazioni, norme e prescrizioni inerenti agli interventi sull’area comunale.

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Le caratteristiche del territorio sono illustrate nella cartografia allegata a corredo della Relazione, in scala 1:5.000: Tavola 1 – Carta geologica e geomorfologica, illustra i terreni presenti nel

territorio comunale, le forme ed i processi geomorfologici più significativi ai fini della valutazione della pericolosità indotta da fenomeni di tipo geologico, gli elementi morfologici e idrografici che strutturano il paesaggio;

Tavola 2 – Carta idrogeologica e del sistema idrografico, illustra gli elementi idrogeologici e idrografici rilevati, l’ubicazione di pozzi e piezometri, la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi;

Tavola 3 – Carta dell’uso del suolo e della vegetazione, individua le tipologie vegetazionali presenti;

Tavola 4 – Carta dei Vincoli, rappresenta le limitazioni d’uso del territorio derivanti da normative e piani sovraordinati in vigore;

Tavola 5 – Carta di Sintesi, illustra gli ambiti di pericolosità e di vulnerabilità del territorio comunale;

Tavola 6 – Carta di Pericolosità PAI, riporta la delimitazione delle fasce di pertinenza fluviale, rappresentante le aree soggette ai diversi gradi di pericolosità idraulica;

Tavola 7 – Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano, illustra la suddivisione del territorio in aree alle quali è stata attribuita una classe di fattibilità all’interno del territorio comunale, nonché gli scenari di pericolosità sismica e le aree suscettibili di effetti locali.

Le attività svolte hanno permesso la formulazione di un giudizio di sostenibilità geologica e delle variazioni delle destinazioni d’uso; con riferimento alle diverse aree l'obiettivo è stato inoltre identificato nella necessità di fornire indicazioni concernenti le misure da adottare, nonché le indagini da effettuare successivamente, onde adeguare l’uso del territorio alle norme di prevenzione del dissesto potenziale, di mitigazione dei possibili impatti e di salvaguardia delle risorse. Lo studio qualitativo, nonché la classificazione finale dell’intero territorio comunale, tengono conto di tutte le conoscenze attualmente disponibili in merito alle componenti geologiche, idrogeologiche, geomorfologiche e sismiche. Il Committente ha provveduto a fornire tutta la documentazione cartografica di base, quella tematica, gli studi affini effettuati sulle aree o su aree e problematiche assimilabili, i dati e le informazioni utili alla redazione del rapporto finale e di cui era in possesso ed a qualificare gli operatori di terreno presso le Amministrazioni od i privati sul cui territorio o sulle cui proprietà si è intervenuti.

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1.1. Attività e risultati prodotti La metodologia proposta per l’analisi della componente geologica dei P.G.T. si fonda, in linea con quanto previsto delle vigente norme regionali, su quattro distinte fasi di lavoro: fase di analisi, comprendente la ricerca storica e bibliografica e la compilazione della cartografia di inquadramento, fase di approfondimento/integrazione, fase di sintesi/valutazione e fase di proposta, fasi che vengono più in dettaglio descritte nel seguito. Fase di analisi La fase di analisi prevede: ricerca storica e bibliografica; realizzazione di una cartografia di inquadramento finalizzata alla

caratterizzazione del territorio comunale dal punto di vista geologico, geomorfologico, idrologico ed idrogeologico;

identificazione degli elementi litologici, geologico-tecnici e pedologici ricavate da carte ufficiali pubblicate e/o dalla letteratura scientifica;

identificazione degli elementi geomorfologici e di dinamica geomorfologica; identificazione degli elementi idrografici, idrologici e idraulici; identificazione degli elementi idrogeologici.

Fase di approfondimento/integrazione La fase di approfondimento e integrazione, a partire dalla documentazione di cui alla fase precedente, costituisce il valore aggiunto operato dal professionista e deve comprendere anche l’analisi della sismicità del territorio. La metodologia per la valutazione dell’amplificazione sismica locale, in adempimento a quanto previsto dal D.M. 14 gennaio 2008 ”Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”, dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 e della D.G.R. n. 8/7374 del 28 maggio 2008, si fonda sull’analisi di indagini dirette e prove sperimentali effettuate su alcune aree campione della Regione Lombardia, i cui risultati sono contenuti in uno “Studio–Pilota” redatto dal Politecnico di Milano – Dip. di Ingegneria Strutturale, reso disponibile sul SIT regionale. La procedura di valutazione prevede tre livelli di approfondimento: • 1° Livello: consiste in un approccio di tipo qualitativo e costituisce lo studio

propedeutico ai successivi livelli di approfondimento; è un metodo empirico che trova le basi nella continua e sistematica osservazione diretta degli effetti prodotti dai terremoti.

• 2° Livello: si applica a tutti gli scenari qualitativi suscettibili di amplificazioni sismiche e riguarda le costruzioni il cui uso prevede normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali

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essenziali; industrie con attività non pericolose, reti viarie e ferroviarie la cui interruzione non provoca situazioni di emergenza.

• 3° Livello: si applica in fase progettuale agli scenari qualitativi suscettibili di instabilità, cedimenti e/o liquefazioni, nonché per le aree suscettibili di amplificazioni sismiche che sono caratterizzate da un valore di Fa superiore al valore di soglia corrispondente così come ricavato dall’applicazione del 2° livello. Il livello 3° si applica anche nel caso in cui si stia progettando costruzioni il cui uso prevede affollamenti significativi, industrie con attività pericolose per l’ambiente, reti viarie e ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza e costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, sociali essenziali.

Fase di sintesi/valutazione La fase di sintesi/valutazione è definita tramite la carta dei vincoli, che individua le limitazioni d’uso del territorio derivanti da normative in vigore di contenuto prettamente geologico, e la carta di sintesi, che propone una zonazione del territorio in funzione dello stato di pericolosità geologico-geotecnica e della vulnerabilità idraulica e idrogeologica. Fase di proposta La fase di proposta è definita attraverso la redazione della carta di fattibilità geologica delle azioni di piano e delle norme geologiche di attuazione. Tale fase prevede modalità standardizzate di assegnazione della classe di fattibilità agli ambiti omogenei per pericolosità geologica e geotecnica e vulnerabilità idraulica e idrogeologica individuati nella fase di sintesi, al fine di garantire omogeneità e obiettività nelle valutazioni di merito tecnico. Alle classi di fattibilità individuate devono essere sovrapposti gli ambiti soggetti ad amplificazione sismica locale, che non concorrono a definire la classe di fattibilità, ma ai quali é associata una specifica normativa che si concretizza nelle fasi attuative delle previsioni del P.G.T.

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1.2. La normativa Premesso che sono intercorse recenti e rilevanti evoluzioni del quadro legislativo e normativo di riferimento, tanto nazionale, quanto regionale, in materia di pianificazione del territorio, di classificazione sismica dello stesso, di progettazione delle costruzioni, corrispondenti a: • O.P.C.M. 3274 del 20.03.03; • D.M. 14 settembre 2005 “Norme Tecniche per le Costruzioni”; • D.G.R. 8/1566 del 22.12.05 “Criteri ed indirizzi per la definizione della

componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio in attuazione art. 57 L.R. 12/05”, pubblicata il 19 gennaio 2006;

• O.P.C.M. 3519 del 28 aprile 2006 “Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone”, pubblicata il 11 maggio 2006 su Gazzetta Ufficiale n° 108;

• D.M. 14 gennaio 2008 «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni»;

• D.G.R. 8/7374 del 28.05.08 “Aggiornamento dei «Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12», approvati con d.g.r. 22 dicembre 2005, n. 8/1566”, pubblicata il 12 giugno 2008;

facendo seguito più in generale alle previsioni della L.R. 12/05 sopra citata che prevede modifiche sostanziali al quadro previgente, si ritiene di fare cosa utile proponendo un’analisi dello stato di fatto inerente in particolare alla nuova classificazione sismica del territorio (nell’ambito della quale il comune di Azzano Mella è inserito in Zona 3), facendo riferimento anche a quanto già divulgato dai competenti servizi regionali. Con l’Ordinanza PCM n. 3274 del 20 marzo 2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 105, 8 maggio 2003, Supplemento Ordinario n. 72, sono state individuate in prima applicazione le zone sismiche sul territorio nazionale, nonché fornite le normative tecniche da adottare per le costruzioni nelle zone sismiche stesse. L’entrata in vigore di tale Ordinanza è stata più volte prorogata sino al 23 ottobre 2005, data coincidente con l’entrata in vigore delle “Norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 settembre 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 222, 23 settembre 2005, Supplemento Ordinario n. 159. A far tempo da tale data è in vigore la classificazione sismica del territorio nazionale così come deliberato dalle singole regioni (D.G.R. n. 14964 del 7 novembre 2003 - Presa d’atto della classificazione fornita in prima applicazione dalla citata Ordinanza

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3274/03). Da tale data entrano in vigore le “Norme tecniche per le costruzioni”, che prevedono comunque un periodo di 18 mesi, da leggersi verosimilmente come di “regime transitorio”, nel quale si può ritenere ancora applicabile la normativa previgente in materia, ossia le norme di attuazione della legge n. 1086 del 5 novembre 1971 e della legge n. 64 del 2 febbraio 1974, tra cui D.M. 11 marzo 1988, D.M. 9 gennaio 1996, D.M. 16 gennaio 1996. A seguito dell’approvazione del D.M. 14 gennaio 2008 «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni», entrato in vigore il 6 marzo 2008, e della legge 28 febbraio 2008, n. 31 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, si è modificata la sostanza dell’approccio alla tematica della difesa sismica e le relative modalità e tempistiche di applicazione. A partire dal 1º luglio 2009 la progettazione antisismica, per tutte le zone sismiche e per tutte le tipologie di edifici è regolata dal D.M. 14 gennaio 2008. La Legge Regionale 11 marzo 2005 n. 12, così come modificata ed integrata dalla Legge Regionale 14 luglio 2006 n.12, dalla Legge Regionale 3 ottobre 2007 n. 24 e dalla Legge Regionale 14 marzo 2008 n. 4, definisce le regole per il governo del territorio lombardo; la Regione garantisce lo sviluppo sostenibile e la sostenibilità ambientale negli indirizzi di pianificazione e verifica la compatibilità di ogni Piano di Governo del Territorio con i piani a scala sovracomunale quali il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ed il Piano Territoriale Regionale, di cui si occupa direttamente (articolo 1, comma 3, LR 12/05 e s. m. e i.). Per ciò che concerne il quadro relativo a ogni territorio comunale: 1. ogni Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) dovrà in ogni caso essere

accompagnato da studio conforme ai criteri di cui alla D.G.R. 8/1566 pubblicata il 19.01.06;

2. per ciò che concerne le relazioni tra P.G.T. e Studio Geologico, la D.G.R. regionale indicata in apertura specifica che: • tutti i comuni sono comunque tenuti ad aggiornare i propri studi geologici

ai sensi della più recente D.G.R. relativamente alla componente sismica (in linea con le disposizioni nazionali introdotte dall’O.P.C.M. 3274, da cui scaturiscono le nuove classificazioni sismiche del territorio su base comunale) ed all’eventuale aggiornamento delle carte dei vincoli, di sintesi e di fattibilità,

• ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera c) della L.R. 12/05, nel Documento di Piano del P.G.T. deve essere definito l’assetto geologico, idrogeologico e sismico del territorio ai sensi dell’art. 57, comma 1, lettera a); considerato

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l’iter di approvazione previsto dall’art. 13 della stessa L.R. 12/05, al fine di consentire alle Province la verifica di compatibilità della componente geologica del P.G.T. con il proprio P.T.C.P., il Documento di Piano deve contenere lo studio geologico nel suo complesso,

• le fasi di sintesi/valutazione e di proposta (rappresentate dalle Carte di Sintesi, dei Vincoli, di Fattibilità delle Azioni di Piano e dalle relative prescrizioni) costituiscono parte integrante anche del Piano delle Regole nel quale, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera d della L.R. 12/05, devono essere individuate le aree a pericolosità e vulnerabilità geologica, idrogeologica e sismica, nonché le norme e le prescrizioni a cui le medesime sono assoggettate,

• allo scopo di migliorare la fruibilità della documentazione dello Studio Geologico, sarebbe possibile ed utile programmare la predisposizione di elaborati unitari, comprensivi sia degli elementi presenti nel precedente studio e già conformi ai nuovi criteri, sia di quelli aggiornati;

3. relativamente alla già citata O.P.C.M. 3519 pubblicata l’11 maggio u.s., con la quale è stata approvata una nuova classificazione di pericolosità del territorio nazionale, è necessario tenere conto della possibile parziale riclassificazione sismica da parte delle regioni, prevedibile in un arco di tempo di alcuni mesi, e della possibili conseguenze sulla pianificazione comunale.

Per ciò che concerne più specificatamente il quadro regionale, la prevenzione del rischio idrogeologico attraverso una pianificazione territoriale compatibile con l’assetto geologico, geomorfologico e con le condizioni di sismicità del territorio a scala comunale viene attuata in Regione Lombardia dal 1993. Le deliberazioni n. 5/36147 del 18 maggio 1993, n. 6/37918 del 6 agosto 1998 e n. 7/6645 del 29 ottobre 2001 hanno costituito gli indirizzi tecnici per gli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici generali dei comuni, secondo quanto stabilito dalla L.R. 24 novembre 1997 n. 41, abrogata dalla L.R. 11 marzo 2005, n. 12 «Legge per il governo del territorio». I criteri e indirizzi approvati con la D.G.R. 8/1566/05, come detto, sono stati di recente aggiornati e integrati a seguito dell’approvazione del D.M. 14 gennaio 2008 «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni», pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008, Supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore il 6 marzo 2008, e della l. 28 febbraio 2008, n. 31 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, pubblicata sulla G.U. n. 51 del 29 febbraio 2008. Tali normative modificano, rispettivamente, la sostanza dell’approccio alla tematica della difesa sismica e le relative modalità e tempistiche di applicazione. Questo ha comportato innanzitutto (v. D.G.R. 8/7374/08), la necessità di modificare l’Allegato 5 della

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Direttiva n. 8/1566/05 «Analisi e valutazione degli effetti sismici di sito in Lombardia finalizzate alla definizione dell’aspetto sismico nei Piani di Governo del Territorio». Parimenti si è proceduto ad aggiornare l’allegato A, sia modificando quanto non più attuale ai sensi della nuova normativa, sia puntualizzando, dopo oltre due anni di applicazione, alcuni passaggi fondamentali della direttiva stessa. Sono state inoltre apportate alcune modifiche agli allegati 1, 4, 13 e 14, aggiornandoli alla situazione attuale, e corretti errori materiali presenti in altri allegati. A livello nazionale, inoltre, l’entrata a regime dei piani di bacino previsti dalla legge 183/89, ha contribuito notevolmente a valorizzare il ruolo della pianificazione locale come strumento di base di ogni pianificazione sovraordinata. In conclusione, l’entrata in vigore della L.R. 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”, modifica profondamente l’approccio culturale ispiratore in materia urbanistica e il passaggio dalla pianificazione al governo del territorio; la conseguente variazione degli atti costituenti lo strumento urbanistico comunale (Piano di Governo del Territorio – P.G.T.), impone una ridefinizione dei criteri tecnici volti alla prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici, e sismici del nuovo strumento urbanistico generale a scala comunale. Scopi della più recente direttiva regionale sono: • fornire indirizzi, metodologie e linee guida da seguire per l’analisi dell’assetto

geologico, idrogeologico e sismico del territorio comunale, per l’individuazione delle aree a pericolosità e vulnerabilità idrogeologica e per l’assegnazione delle relative norme d’uso e prescrizioni; in particolare vengono in questo atto forniti i nuovi criteri per la definizione della vulnerabilità e del rischio sismico, a seguito della nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sulle più recenti metodologie messe a punto dalla comunità scientifica;

• fornire indicazioni per l’aggiornamento del quadro delle conoscenze geologiche per i comuni che hanno già realizzato uno studio geologico del proprio territorio a supporto della pianificazione;

• rendere coerenti e confrontabili i contenuti degli strumenti di pianificazione comunali con gli atti di pianificazione sovraordinata (P.T.C.P. e P.A.I.), definirne le modalità e le possibilità di aggiornamento.

Per ciò che concerne il reticolo idrico, nel seguito sono elencati e sinteticamente descritti i riferimenti normativi in materia: R.D. n. 523/1904 “Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere

idrauliche delle diverse categorie”. È la norma fondamentale di riferimento per la polizia idraulica; prevede fasce di rispetto per i corsi d’acqua pubblici e

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indica le attività vietate e quelle consentite previa autorizzazione all’interno di tali fasce.

R.D. n. 368 del 1904. È la norma fondamentale di riferimento per la polizia idraulica esercitata lungo ben precise fasce di rispetto attorno ai canali e alle opere di bonifica.

Legge 36/94 “Disposizioni in materia di risorse idriche” (Legge Galli). Tale legge prevede, tra l’altro, che tutte le acque superficiali e sotterranee siano considerate pubbliche.

D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, corredato dalle rispettive note”. Contiene indicazioni di varia natura, ma in particolare all’art. 41 viene sancito che le regioni debbano disciplinare gli interventi di gestione della fascia di terreno di ampiezza 10 m dalla sponda di fiumi e laghi e lagune.

L.R. 1/2000 “Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112”. Tra le varie disposizione prevede che prevede che la Regione Lombardia individui il reticolo idrico principale su cui continuerà a svolgere le funzioni di polizia idraulica e trasferisce ai comuni tutte le competenze di polizia idraulica relative al reticolo idrico minore.

D.G.R. n. 7/7868 del 25 gennaio 2002 “Determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall’art. 3 comma 114 della L.R. 1/2000 – Determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica”.

D.G.R. n. 7/13950 del 1 agosto 2003 “Modifica della D.G.R. 25 gennaio 2002 - determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall’art. 3 comma 114 della L.R. 1/2000 – Determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica”.

Sentenza n. 91/04 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in materia di Demanio Idrico, Polizia Idraulica e questioni collegate.

L.R. n. 5 del 24 gennaio 2004 “Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo e territorio, Collegato ordinamentale 2004”.

D.G.R. n. 8/1239 del 30 novembre 2005 (pubblicata sul B.U.R.L. n. 50 del 12 dicembre 2005).

Considerato che, come detto, l’art. 3 della L.R. 1/2000 stabilisce che “ai comuni sono trasferite le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore”, con la Delibera n. 7/7868 la Regione oltre ad individuare il reticolo idrico principale di competenza regionale,

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ha stabilito che le funzioni relative alla manutenzione verranno esercitate dal comune così come tutte le attività di Polizia Idraulica. Con la D.G.R. n. 7/13950 del 1 agosto 2003 sono state introdotte alcune modifiche rispetto alla precedente D.G.R. di riferimento (n. 7/7868 del 25 gennaio 2002), in particolare relativamente a: elenco dei corsi d’acqua costituenti il reticolo idrico principale; criteri per l’esercizio delle attività di polizia idraulica di competenza

comunale; canoni regionali di polizia idraulica.

In dettaglio, per il reticolo minore di competenza comunale, nella delibera di riferimento vengono definiti: 1. i criteri per l’esercizio dell’attività di Polizia Idraulica, che comprendono:

• i criteri di autorizzazione di scarichi nei corsi d’acqua, • i criteri per il ripristino dei corsi d’acqua a seguito di violazioni in materia

di polizia idraulica, • le procedure di autorizzazione nel caso l’area oggetto di intervento ricada

in zona soggetta a vincolo paesistico, • le procedure per le concessioni nel caso di interventi ricadenti nel

demanio; 2. i canoni regionali di Polizia Idraulica, i cui proventi “verranno introitati dai

comuni ed utilizzati per le spese di gestione delle attività di polizia idraulica e per la manutenzione dei corsi d’acqua del reticolo minore stesso”;

3. la funzione da parte del comune di realizzatore delle opere di pronto intervento (L.R. 34/73) relative alle aree, ai manufatti e alle infrastrutture e della loro progettazione, esecuzione e gestione.

Per quanto riguarda invece i corsi d’acqua appartenenti al reticolo idrico principale così come definito dall’elenco allegato alla D.G.R n. 7/13950, l’esercizio delle attività di polizia idraulica, i provvedimenti autorizzativi e concessori, il calcolo dei canoni di polizia idraulica e gli introiti derivanti da essi, sono invece di competenza delle strutture provinciali della Regione Lombardia in base alle rispettive competenze territoriali. Con l’adozione della nuova normativa vengono quindi definite in maniera inequivocabile le competenze comunali e la caratterizzazione dei corsi d’acqua per poter procedere ad una più adeguata attività di controllo degli interventi di gestione e di trasformazione sia del demanio idrico che del suolo da esso interessato.

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Si determina quindi un’evoluzione normativa rispetto allo status giuridico precedente in materia di gestione e controllo del reticolo idrico e del suolo da esso interessato. Il testo di riferimento era infatti il Regio Decreto 25 luglio 1904 n. 523 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”, che istituiva delle fasce di rispetto dalle acque pubbliche aventi ampiezza di 10 m misurate dal piede arginale esterno o, in assenza di argini in rilevato, dalla sommità della sponda incisa. Con la definizione delle nuove fasce di rispetto, secondo i criteri della presente D.G.R. n. 7/13950, attorno al reticolo idrico minore ed elaborando la normativa relativa alle attività vietate e concesse previa autorizzazione comunale nelle aree adiacenti ad essi (fasce di rispetto), si definiscono in maniera più dettagliata e specifica le problematiche locali, tenendo comunque conto delle antecedenti normative di riferimento. Tale ridefinizione delle fasce di rispetto costituisce quindi una deroga a quelle previste dal R.D. 523/1904. Affinché le distanze di rispetto e le relative norme previste dal R.D. 523/1904 siano derogate devono essere recepite dallo strumento urbanistico vigente, mediante l’adozione di apposita variante al P.R.G. comunale, comprensiva della parte cartografica e di quella normativa. Si ricorda infine che per quanto concerne le derivazioni d’acqua si dovrà fare riferimento comunque alla normativa in vigore. La Sentenza n. 91/04 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, come già accennato, annulla parzialmente le Deliberazioni della Giunta Regionale n. 7/7868/02 e n. 7/13950/02: “ i poteri [di polizia idraulica, dei comuni e dei Consorzi di bonifica, sono] ... incompatibili con la titolarità esclusiva dei suddetti canali ed acquedotti e con la loro strumentalità rispetto al legittimo esercizio delle derivazioni e degli usi di cui sono titolari i ricorrenti” (il testo precedente recitava: “ai comuni sono trasferite le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore, previa individuazione dello stesso da parte della Giunta regionale”). Analogamente, la Legge regionale n. 5 del 24 gennaio 2004 apporta numerose modifiche ad altrettante leggi regionali. L’articolo 21 in particolare modifica l’art. 3 comma 114 della Legge regionale 1/2000: “ ... Le Regione è competente alla determinazione delle delimitazioni fra i beni demaniali e quelli privati. Ai comuni sono delegate le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore, limitatamente ai corsi d’acqua indicati come demaniali in base a normative vigenti o che siano stati oggetto

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d’interventi di sistemazione idraulica con finanziamenti pubblici, previa individuazione dello stesso da parte della Giunta regionale”. La D.G.R. 11 febbraio 2005 n. 7/20552 “Approvazione del reticolo idrico di competenza dei consorzi di bonifica ai sensi dell’art. 10, comma 5 della L.R. 7/2003” recepisce le indicazioni fornite dalla Sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e riporta l’elenco aggiornato dei corsi d’acqua appartenenti al reticolo di competenza dei Consorzi di Bonifica. La successiva Delibera della Giunta regionale n. 8/1239 del 30 novembre 2005, recependo la Sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n. 129/2005, ha stralciato da due Reticoli “dei Consorzi di bonifica” alcuni canali, perché “... di proprietà privata ...” dei titolari ricorrenti, quindi non inseribili in alcun Reticolo, essendo, quest’ultimo, area demaniale. La citata delibera pertanto prende atto che siano da non includere nei Reticoli di polizia idraulica i canali privati, cioè già non pubblici, nonostante la vigenza del criterio regionale.

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PARTE II - INQUADRAMENTO

TERRITORIALE 2. ELEMENTI METEO-CLIMATICI La situazione meteorologica della Pianura Padana, con la presenza delle Alpi e dell'Appennino, è particolarmente svantaggiata. La Lombardia si trova nella parte centrale della Pianura Padana, in un contesto che presenta caratteristiche uniche, dal punto di vista climatologico, determinate in gran parte dalla conformazione orografica dell'area. La vasta pianura è circondata a nord, a ovest e a sud da catene montuose che si estendono fino a quote elevate, determinando così peculiarità climatologiche sia dal punto di vista fisico sia da quello dinamico. Le principali caratteristiche fisiche sono la spiccata continentalità dell'area, il debole regime del vento e la persistenza di condizioni di stabilità atmosferica. Dal punto di vista dinamico, la presenza della barriera alpina influenza in modo determinante l'evoluzione delle perturbazioni di origine atlantica, determinando la prevalenza di situazioni di occlusione ed un generale disaccoppiamento tra le circolazioni nei bassissimi strati e quelle degli strati superiori. Tutti questi fattori influenzano in modo determinante le capacità dispersive dell'atmosfera, e quindi le condizioni d’accumulo degli inquinanti, soprattutto in periodo invernale, ma anche la presenza di fenomeni fotochimici nel periodo estivo. Il clima della pianura padana è, pertanto, di tipo continentale, ovvero caratterizzato da inverni piuttosto rigidi ed estati calde, l’umidità relativa dell'aria è sempre piuttosto elevata. Le precipitazioni di norma sono poco frequenti e concentrate in primavera ed autunno. La ventilazione è scarsa in tutti i mesi dell’anno. La continentalità del clima è meno accentuata in prossimità delle grandi aree lacustri. Durante l’inverno il fenomeno di accumulo degli inquinanti è più accentuato, a causa della scarsa circolazione di masse d’aria al suolo. La temperatura media è piuttosto bassa e l'umidità relativa è generalmente molto elevata. La presenza della nebbia è particolarmente accentuata durante i mesi invernali. Lo strato d'aria fredda, che determina la nebbia, persiste spesso tutto il giorno, ma di regola si assottiglia in modo evidente durante le ore pomeridiane.

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La zona centro-occidentale della pianura Padana, specie in prossimità delle Prealpi, è interessata dalla presenza di un vento particolare, il foehn: corrente di aria secca che si riscalda scendendo dai rilievi. La frequenza di questo fenomeno è elevata nel periodo compreso tra dicembre e maggio, raggiungendo generalmente il massimo in marzo. Il fenomeno del foehn, che ha effetti positivi sul ricambio della massa d'aria quando giunge fino al suolo, può invece determinare intensi fenomeni di accumulo degli inquinanti quando permane in quota e comprime gli strati d'aria sottostanti, formando un’inversione di temperatura in quota. In generale, si ha il fenomeno dell'inversione termica quando la temperatura dell'aria diminuisce avvicinandosi al suolo oppure aumenta con la quota invece di diminuire: se l'aumento di temperatura parte dal suolo, per irraggiamento notturno in condizioni di cielo sereno o poco nuvoloso e di calma di vento o di vento debole, si ha l'inversione da irraggiamento con base al suolo; se l'aumento di temperatura lo si incontra a partire da una certa quota sul suolo si ha l'inversione con base in quota, come nel caso di subsidenza anticiclonica. Nei mesi invernali si hanno spesso combinazioni d’inversione con base al suolo con inversioni da subsidenza, in questo caso lo spessore totale può essere assai superiore a quello della semplice inversione da irraggiamento con base al suolo. Dopo l'alba, per effetto del riscaldamento del suolo da parte del sole, si creano dei moti turbolenti, che tendono a distruggere l'inversione iniziando dalla sua parte inferiore, mentre al tramonto si riforma l'inversione al suolo. Nell'ambito degli studi eseguiti da parte del Dipartimento di Milano dell’ARPA Lombardia, per determinare l'influenza delle variazioni climatiche sul consumo dei combustibili e quindi sull'inquinamento atmosferico da SO2, NO2 e PTS e PM10, è stato accertato un andamento climatologico che ha innalzato sempre più le temperature invernali, in particolare le minime e, dopo un marcato aumento iniziale ed una fase di stazionarietà, anche le temperature estive. Queste variazioni che, calcolate a livello decadico, sono di circa 2 °C per le temperature estive, e di circa 4 °C per le temperature invernali, sono dovute, fino ai primi decenni del 1900, alle fluttuazioni climatiche naturali, seguite al termine della "Piccola Era Glaciale (1550-1750)", caratteristiche della nostra era, ed attualmente alle variazioni di origine antropica conseguenti all'aumento della superficie edificata. Questo ciclo climatico, che ha portato ad una minore escursione termica diurna ed annuale degli estremi termici, ha avuto il culmine nel corso del decennio 1920-30. Negli anni 1940-50 questa tendenza si è in parte bloccata: infatti, gli inverni hanno ripreso ad essere più rigidi, e le estati più calde, successivamente negli anni 1960-70 gli inverni hanno continuato ad essere sempre più miti, ma le estati più fresche, mentre dal 1970 gli inverni rigidi sono sempre più delle eccezioni e le

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estati tornano ad essere più torride, oltre che afose, gli autunni e le primavere sono diventate le più calde in assoluto ed il clima di Brescia tende ad assumere caratteristiche tropicali. Ne consegue una maggiore variabilità stagionale e, in definitiva, un peggioramento, dal punto di vista ambientale, delle condizioni climatiche. La tropicalizzazione del clima di Brescia è confermata anche dalla variazione del regime pluviometrico, che a fronte di una stazionarietà delle precipitazioni invernali e ad una diminuzione delle precipitazioni primaverili ed autunnali, mostra un incremento dell’intensità delle precipitazioni estive. Molto più complesse sono invece le ragioni delle differenze climatiche tra zone urbane e rurali, specie per quanto riguarda la temperatura, che è generalmente più elevata in ambiente urbano. È però da tener presente che le differenze dei valori climatici tra zone urbane e zone rurali rappresentano solo l'aspetto più facilmente percepibile dai sensi umani e più facilmente misurabile dai correnti strumenti meteorologici di un fenomeno di ben maggiore portata definito "le città come isole di calore". Tali isole, costituite ed individuate nelle maggiori città, producono a loro volta la variazione dei parametri meteorologici e climatici locali urbani, avendo per le altre conseguenze l'effetto ultimo di ostacolare il ricambio dell'aria sovrastante le città; in taluni casi queste isole di calore possono pure originare fenomeni di miglioramento ambientale, come è, ad esempio, il caso non insolito e sempre più frequente, di pressoché totale preservazione dell'ambiente urbano dalla presenza di nebbia che pure può essere fitta, nello stesso momento, nelle zone rurali circostanti. Nella Tabella 1 seguente si riportano le precipitazioni mensili (somma dei valori cumulati su 24h) registrate nella stazione meteorologica di Brescia - Ghedi (FONTE: Banca Dati Agrometeorologica Nazionale). Ulteriori informazioni sui dati meteoclimatici sono rese disponibili dal Servizio Meteorologico Regionale di ARPA Lombardia, Settore Sistemi Informativi Ambientali – U.O. Meteorologia; la Tabella 2 seguente illustra l’andamento medio mensile delle precipitazioni registrate nel corso dell’anno 2006 misurate nella stazione di Brescia, via Ziziola.

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Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Sett Ott Nov Dic Totale1998 68,4 8,7 4,5 102,8 92,5 140,3 28,9 107,3 214,4 136,8 23,3 7,7 935,6 1999 45,8 2 102,2 70,5 44,3 114 56,1 76,6 122 206,1 70,8 38,7 949,1 2000 2,2 2,2 80,2 76,7 36,1 47,8 14,7 128,8 79,5 239,6 111 67,9 886,7 2001 93,7 20,8 172,4 74,9 196 17,5 61,7 50,4 121 57 65,5 0,2 931,1 2002 23,3 129,4 16,8 93,5 146,3 44,6 158,9 275,2 115,9 58,8 183 87,8 1333,52003 46,6 0,1 13 60,6 44,7 81,1 36,4 6,8 23,2 128,1 109,9 55,5 606 2004 -- 127,4 111,9 97,9 81,3 38,9 78,6 14,3 66,9 114,7 119,4 52,4 903,7 2005 9,1 5,6 12,6 101,6 89,5 25,6 74,2 157,3 57,5 163,5 107,9 73,3 877,7 2006 31,8 88,4 26,1 80,3 31,2 54,2 18 191,5 105,4 29,1 24,9 31,2 712,1 2007 26,2 29,2 44,8 13,2 102,5 93,5 25,5 62,6 128,4 45,7 85,8 5,9 663,3 2008 91,7 35,7 25,3 136,6 75,1 180,3 43,5 14,3 56,7 51,5 192,9 118,8 1022,4

Tab. 1: precipitazioni mensili in mm (somma dei valori cumulati su 24h) registrate nella

stazione meteorologica di Brescia - Ghedi (FONTE: Banca Dati Agrometeorologica Nazionale).

Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Sett Ott Nov Dic Media2006 47,0 89,2 35,6 76,0 38,6 31,4 15,0 81,6 7,2 20,2 21,4 38,0 41,8

Tab. 2: precipitazioni mensili in mm registrate nella stazione meteorologica di Brescia –

via Ziziola (FONTE: ARPA Lombardia).

Fig. 1: anni 2005 e 2006 – trend mensili delle precipitazioni (FONTE: ARPA Lombardia).

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Il regime pluviometrico nel 2006 è stato superiore alla media, rispetto all’anno precedente; nella stagione invernale sono stati rilevati 171,8 mm di pioggia ed in quella primaverile 146 mm. In estate la pioggia (103,8 mm) ha superato quella registrata nel 2005, viceversa in autunno (79,6 mm). Nel 2005 il regime pluviometrico è stato inferiore alla media, rispetto all’anno 2004, per la stagione invernale, durante la quale si sono rilevati 44,8 mm di pioggia e per quella primaverile, con 49,2 mm. In estate il livello di pioggia rilevato è stato superiore a quello del 2004 (33,6 mm), così come in autunno, con 144,6 mm. La stagione invernale del 2002 ha fatto registrare la minor frequenza di eventi piovosi, con un picco di altezza di pioggia di circa 11 mm a febbraio; più frequenti e distribuite le frequenza di piovosità delle altre stagioni, con un picco estivo di 20 mm a luglio e a settembre, mentre nelle restanti stagioni il picco di piovosità ha raggiunto i 12 mm. La stagione invernale del 2001 ha fatto registrare una elevata frequenza di giorni piovosi, con un massimo giornaliero di altezza di pioggia di 40 mm a marzo; meno frequenti i giorni con precipitazioni nelle altre stagioni, con un massimo giornaliero nel trimestre estivo di 110 mm; l’autunno si presenta come la stagione meno piovosa sia per frequenza sia per intensità. Le Figure 2 - 5 seguenti presentano l’andamento nel corso dell’anno 2004 della pressione media e delle precipitazioni totali giornaliere misurate nella stazione meteo del Broletto nel comune di Brescia.

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Fig. 2: autunno 2004 – pressione atmosferica media e precipitazioni totali giornaliere

Fig. 3: inverno 2004 – pressione atmosferica media e precipitazioni totali giornaliere

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Fig. 4: primavera 2004 – pressione atmosferica media e precipitazioni totali giornaliere

Fig. 5: estate 2004 – pressione atmosferica media e precipitazioni totali giornaliere

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3. CARATTERI MORFOLOGICI E PEDOLOGICI DELL'AREA 3.1. Premessa metodologica L'intero territorio comunale di Azzano Mella ricade entro i limiti del rilevamento pedologico eseguito nell'ambito del progetto regionale coordinato da E.R.S.A.F. "Carta dei suoli della Regione Lombardia". A questo studio si farà ampio riferimento nella presente relazione. Per gli scopi del presente studio, si é ritenuto pienamente significativo il dettaglio cartografico ed il modello interpretativo della distribuzione dei suoli proposto dallo studio citato; si sono quindi rispettate le unità da esso individuate e nel loro ambito si é comunque ritenuto di dovere verificare la variabilità locale, nonché l'eventuale presenza di tipologie atipiche che, seppur trascurabili in un ambito più esteso, possono essere significative nel contesto più ristretto in cui si opera in sede di pianificazione del territorio a livello comunale. L'indagine geomorfologica condotta nell'area é stata invece realizzata principalmente con l'ausilio delle fotografie aeree. In particolare sono state utilizzate le foto aeree a colori, a scala 1:20.000 circa, eseguite dalla Compagnia Generale Riprese Aeree di Parma su commissione della Regione Lombardia. La foto-interpretazione ha permesso il riconoscimento sia delle forme superficiali attualmente in evoluzione, sia delle forme ormai disattivate e testimoni di dinamiche geomorfologiche completamente differenti da quelle attualmente presenti. L'uso della fotointerpretazione rientra in ogni metodologia di studio approntata per aree di pianura; in particolare per lo studio di quest'area si é cercato quanto più possibile di adeguare la metodologia a quella proposta da CASTIGLIONI & Alii (1986) ed ampiamente accettata dalla comunità scientifica per lo studio di aree di pianura. La combinazione di analisi aereofotografica ed altimetrica ha fornito inoltre un ausilio decisivo nella interpretazione delle forme del microrilievo non sempre univocamente definibili da una semplice indagine aereofotografica. Le problematiche geomorfologiche più evidenti nell'area di studio sono legate al riconoscimento dei paleoalvei e delle forme di erosione in genere (soprattutto scarpate) e al loro rapporto spazio-temporale.

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3.2. La Geomorfologia e le Unità di Paesaggio La definizione delle caratteristiche del territorio fa riferimento alla genesi delle unità che lo compongono, definite "Unità di Paesaggio", e quindi alla loro distribuzione areale. Il territorio comunale, dal punto di vista del paesaggio geomorfologico, si colloca in una fascia di transizione tra l’alta e la bassa pianura in direzione nord-sud; l’area indagata si inserisce nel settore medio della pianura bresciana e presenta una morfologia piuttosto omogenea, con andamento sub pianeggiante pressoché costante che mostra una debole pendenza verso sud, caratterizzata dalla depressione costituita dalla piana alluvionale del Fiume Mella, che borda gran parte del territorio comunale verso est. Le principali alterazioni all’uniformità di questo paesaggio si riferiscono alla presenza del modesto rilievo del Monte Netto (situato al di fuori del territorio comunale di Azzano Mella) ed al reticolo idrografico costituito dal Mella e dai vari corsi d’acqua (vasi colatori e canali irrigui in parte alimentati da fontanili) presenti nel territorio. La quota massima di 106 m s.l.m. è localizzata nell’estremo settore settentrionale, mentre la quota minima, pari a 83 m s.l.m., è localizzata nelle immediatamente vicinanze dell'alveo attuale del Mella, in corrispondenza del confine comunale meridionale. Per quanto concerne le Unità morfologiche, nel territorio comunale di Azzano Mella si riconoscono due grandi unità: la Piana fluvioglaciale, che costituisce il cosiddetto “Livello Fondamentale

della Pianura”; il Ripiano alluvionale del Fiume Mella.

La Piana fluvioglaciale, che costituisce il settore occidentale del territorio comunale, presenta una morfologia debolmente ondulata e viene distinta nei seguenti due sottoambiti: media pianura idromorfa, a nord del territorio comunale; bassa pianura a meandri, a sud del territorio comunale.

La parte settentrionale del territorio comunale, a partire all'incirca da una linea ideale congiungente C.na Nigolina, la Madonna della Formica e C.na Fenilnuovo, è la zona contraddistinta dalla presenza delle testate dei fontanili. Si presenta

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anch'essa piuttosto ondulata a causa dell'azione erosiva delle acque provenienti dalle risorgive. La zona orientale del territorio comunale è invece caratterizzata dalla depressione morfologica costituita dalla Piana alluvionale del Mella, creatasi nel corso del tempo a seguito delle divagazioni dell'alveo del fiume stesso e comprendenti: terrazzi fluviali, a nord del territorio comunale; pianure alluvionali attuali e recenti, ad est del territorio comunale.

Nel territorio comunale sono tuttora visibili alcune testimonianze delle divagazioni dell'alveo del Mella. Il fiume ha inciso depositi fluvioglaciali del Pleistocene che costituiscono il “Livello Fondamentale della Pianura”, formando aree ribassate che sono state successivamente risedimentate da depositi fluviali; ancora oggi è possibile rilevare in alcune zone la posizione leggermente ribassata di queste aree rispetto al livello fondamentale della pianura. Spesso le originali forme e differenze altimetriche sono state cancellate da interventi di livellamento e ricomposizione fondiari e la struttura del paesaggio è sempre più condizionata da nuovi insediamenti residenziali. Le forme connesse ai principali processi geomorfici riconosciuti nell’area, riportate con apposito segno grafico nella Tavola 1 – Carta geologica e geomorfologica, comprendono: orli di scarpata di erosione fluviale; rotture di pendenze.

Nel territorio di Azzano Mella non sono presenti fenomeni di dissesto di rilievo; anche la Carta inventario dei fenomeni franosi, redatta dalla Regione Lombardia (SIT – Dissesto idrogeologico) ed il Censimento dei dissesti reso disponibile dall’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici) nell’ambito del Progetto IFFI (Inventario Fenomeni Franosi in Italia) e valido per tutto il territorio nazionale, non ne evidenziano. L’altro elemento morfologico che ha pesantemente modificato il paesaggio di Azzano Mella, così come l’intera Provincia di Brescia, è l’intervento antropico. Nel comune di Azzano Mella sono infatti presenti aree urbanizzate piuttosto estese comprendenti: nuclei di antica formazione ed edilizia residenziale; zone produttive, terziarie e commerciali; zone agricole; servizi pubblici e tecnologici.

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In particolare, sia le zone a destinazione industriale che residenziale hanno cancellato quasi definitivamente gli originari segni del paesaggio della pianura bresciana come ad esempio i dislivelli legati all’erosione fluviale; anche la rielaborazione della superficie topografica conseguente alle attività agricole ha determinato la scomparsa delle rotture di pendenza più marcate.

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3.3. Paesaggi e suoli Al fine di esaminare il complesso dei diversi elementi costituenti la matrice “geologica” dell’ambiente nell’area in esame, si sono presi in considerazione anche gli aspetti pedologici dei suoli presenti in questa zona; le varie unità cartografiche, cui corrispondono le varie tipologie di suolo rappresentate nella carta pedologica ERSAF, sono state riprodotte in Figura 6. Queste aree appaiono ubicate all’interno di una zona mediamente antropizzata con porzioni edificate residenziali e miste ed infrastrutture viarie (strade provinciali, comunali e private per l’accesso ai fondi agricoli); la destinazione d’uso attuale delle aree agricole è quella a seminativi semplici. L’area in esame, come detto, appartiene ai depositi della Piana fluvioglaciale e fluviale costituente il “Livello Fondamentale della Pianura”, formatasi per colamento alluvionale durante l’ultima glaciazione wurmiana, nonchè ai depositi delle Valli alluvionali corrispondenti ai piani di divagazione dei corsi d’acqua attivi o fossili, rappresentanti il reticolo idrografico olocenico. All’interno di questo “sistema” di paesaggio si possono distinguere, ad un livello gerarchico inferiore, quattro sottosistemi: sottosistema LF - porzione meridionale di pianura caratterizzata da aree

sufficientemente stabili per la presenza di un'idrografia organizzata di tipo meandriforme; è costituita esclusivamente da sedimenti fluviali fini, privi di pietrosità in superficie e di scheletro nel suolo ("bassa pianura sabbiosa");

sottosistema LQ - porzione centrale di pianura con intensi fenomeni di idromorfia, riconducibili all'emergenza delle risorgive e/o alla presenza di una falda sottosuperficiale, caratterizzate da variabile presenza di scheletro nel suolo e di pietrosità in superficie ("media pianura idromorfa");

sottosistema VT – formato da superfici terrazzate costituite da “alluvioni antiche o medie”, delimitate da scarpate d’erosione e variamente rilevate sulle piane alluvionali (Olocene antico);

sottosistema VA – formato da piane alluvionali inondabili con dinamica prevalenmente deposizionale, costituite da sedimenti recenti od attuali (Olocene recente ed attuale).

All’interno di questi sottosistemi si possono distinguere diverse Unità di Paesaggio; nello specifico, all’interno del secondo sottosistema (LQ) nell’area in esame, si distinguono: unità LQ3 - costituita da superfici subpianeggianti interposte alle principali

linee di flusso ed alle zone più stabili, a drenaggio mediocre o lento; comprendono anche le aree di transizione con l'alta pianura ghiaiosa;

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unità LQ4 – costituita da superfici modali stabili meglio conservate, a morfologia subpianeggiante od ondulata, dotate di drenaggio mediocre o buono.

Per quanto riguarda i restanti sottosistemi individuati, si possono distinguere le corrispettive sottounità: unità LF2 - costituita da superfici modali stabili, pianeggianti o leggermente

ondulate, intermedie tra le aree più rilevate (dossi) e depresse (conche e paleoalvei);

unità VT1 - costituita da terrazzi fluviali stabili, delimitati da scarpate erosive evidenti, a morfologia pianeggiante o ondulata, comprendenti antiche linee di drenaggio (paleoalvei) lievemente ribassate ed affrancate dall’idromorfia;

unità VA8 – costituita da superfici subpianeggianti corrispondenti alle piane alluvionali delle valli più incise, comprese tra i terrazzi antichi e le fasce maggiormente inondabili limitrofe ai corsi d’acqua, da cui sono generalmente separate da gradini morfologici. Appartengono ai tratti medio-alti dei fiumi ove dominano patterns intrecciati, rettilinei e sinuosi.

3.3.1. Capacità protettiva delle acque di falda Per quanto attiene la capacità protettiva delle acque sotterranee, si intende fornire informazioni sulla capacità che i suoli hanno di agire da filtro e da tampone nei confronti degli inquinanti trasportati dalle acque di infiltrazione verso la falda freatica; l’attribuzione alle varie classi di capacità protettiva deriva essenzialmente dalla classe granulometrica (fine loamy) individuata.

Unità cartografica Capacità protettiva delle acque sotterranee VT1 elevata LF2 da moderata a bassa LQ3 moderata LQ4 moderata VA8 da bassa/moderata a bassa

Tab. 3: capacità protettiva delle acque sotterranee.

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Fig. 6: le Unità di Paesaggio del territorio comunale di Azzano Mella.

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3.3.2. Capacità protettiva delle acque superficiali La capacità protettiva delle acque superficiali è stata determinata secondo determinati parametri quali il comportamento idrologico del suolo, inteso come attitudine ad ostacolare la penetrazione delle acque nel suolo e originare scorrimenti in superficie (runoff), la sua pendenza, la permeabilità e l’inondabilità, ovvero il rischio di inquinamento diretto delle acque superficiali per sommersione. I suoli presenti nel territorio comunale di Azzano Mella (v. Figura 7) hanno una capacità protettiva delle acque superficiali classificata come “variabile da moderata ad elevata”. 3.3.3. Capacità d’uso dei suoli Allo scopo di fornire una valutazione dell’attitudine e del comportamento dei suoli in relazione a specifici usi e/o funzioni del territorio, di seguito viene indicata la Capacità d’uso dei suoli, ottenuta attraverso l’impiego di modelli interpretativi dell’ERSAF. Essa è basata sulla Land Capability Classification (USDA), che "....consente di individuare i suoli agronomicamente migliori, che possono convenientemente ospitare una vasta gamma di colture e quelli che presentano limitazioni di vario tipo e gravità, allo scopo di operare scelte colturali e pratiche agronomiche diversificate il più possibile in armonia con le situazioni pedologiche esistenti". Tale metodologia prevede la classificazione dei suoli in otto classi principali ed in successive sottoclassi ed unità definite in base al tipo e gravità delle limitazioni che ostacolano le pratiche agricole.

Nel caso in esame, come si evince dalla Figura 8, la porzione nord ovest del territorio compreso all’interno del comune presenta una capacità d’uso dei suoli intermedia (classe III per ERSAL), dal momento che sono presenti suoli adatti all’agricoltura, ma che presentano pur tuttavia severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali pratiche conservative. Tali suoli hanno infatti caratteristiche e qualità tali da sconsigliare l’uso di fanghi e tali, comunque, da rendere di norma delicate le pratiche di fertilizzazione in genere. Inoltre la presenza sulla superficie del suolo di pietre di medio - grosse dimensioni (>7,5 cm) in quantità elevata (>3%) e, soprattutto, molto elevata (>15%) può causare limitazioni nell’uniforme distribuzione dei reflui, determinare una minore capacità di “digestione” della sostanza organica ed in generale rendere più difficoltose le operazioni colturali connesse con lo spandimento dei reflui.

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Fig. 7: Capacità protettiva delle acque superficiali.

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3.3.4. Valore naturalistico dei suoli Per quanto riguarda il valore naturalistico dei suoli, si rammenta che i suoli di valore naturalistico sono rappresentati da quelle tipologie pedologiche che hanno peculiarità interessanti dal punto di vista della correlazione suolo-paesaggio, della rappresentatività come indicatori di processi pedologici particolari o rari o fossili e da quello più generale dell’interesse scientifico-naturalistico. Anche in questo caso la scelta di valore viene effettuata sulla base delle codifiche predisposte da ERSAF, che ha selezionato alcuni grandi gruppi meritevoli di tutela. I suoli presenti nel territorio comunale di Azzano Mella sono definiti “a basso valore naturalistico”, poiché non presentano particolarità come indicatori di processi pedologici rari o fossili avvenuti in condizioni ecologiche e climatiche non più esistenti ai nostri giorni.

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Fig. 8: Capacità d’uso dei suoli di Azzano Mella.

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3.4. Paesaggio e vegetazione: il progetto DUSAF Ai fini di aggiornamento ed approfondimento del dettaglio della base informativa esistente, nell’estate del 2000 è stato formalizzato un accordo tra l’ERSAF e la Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia per la realizzazione di un nuovo progetto denominato Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali (DUSAF). Scopo del progetto è stato quello di realizzare una base informativa omogenea di tutto il territorio lombardo sulla destinazione d'uso dei suoli, per consentire un'efficace pianificazione territoriale degli interventi nel settore agricolo e forestale e per fornire un supporto per l'istruttoria ed il controllo delle domande di contributo degli agricoltori. In questo senso il progetto DUSAF si integra con le informazioni già presenti nell'Anagrafe delle Imprese Agricole realizzata nell'ambito del SIARL (Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia). Il Progetto DUSAF è stato realizzato attraverso la fotointerpretazione delle ortofoto digitali a colori “IT2000”; i limiti fotointerpretati sono stati digitalizzati e restituiti cartograficamente alla scala 1:10.000 nel sistema cartografico Gauss-Boaga e ricoprono tutto il territorio della regione Lombardia. Il paesaggio nell’area in oggetto si può apprezzare nella Tavola 3 - Carta dell'uso del suolo e della vegetazione; lo sviluppo delle coltivazioni intensive e la specializzazione colturale hanno dato inizio ad una progressiva scomparsa della vegetazione sia di origine naturale, sia introdotta dall’uomo nel paesaggio agrario secondo schemi ben precisi. Per primi sono diminuiti i lembi boschivi, poi via via il sistema di siepi e i filari campestri; le siepi, infatti, spesso sono considerate un intralcio alla meccanizzazione agricola e una fonte di parassiti per le colture agrarie (malerbe, insetti nocivi, malattie, ecc.). Si è assistito così nel corso degli ultimi anni ad una progressiva semplificazione del paesaggio e ad un impoverimento della popolazione vegetale, che ha trasformato il territorio in una grande distesa coltivata a seminativi. Le principali formazioni vegetali che caratterizzano il territorio comunale si possono ricondurre alle seguenti categorie (informazioni ricavate dalla consultazione della banca dati DUSAF, 2007):

Seminativi semplici – sono terreni interessati da coltivazioni erbacee soggetti all’avvicendamento o alla monocoltura (ad esclusione dei prati permanenti e dei pascoli), nonché terreni a riposo.

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Vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale – si tratta di vegetazione naturale prevalentemente erbacea e/o arbustiva, a volte discontinua e rada, a volte in associazione a specie arboree, o caratterizzata da alternanza di macchie di vegetazione arborea (evoluzione verso forme forestali).

Vegetazione incolta (superfici agricole abbandonate) – si tratta di vegetazione

a diversa composizione floristica e strutturale di sostituzione dei coltivi e delle superfici soggette ad usi agricoli non utilizzate da più anni. Include sia le associazioni erbacee che quelle erbacee ed arbustive.

Filari e siepi campestri – elementi aventi sviluppo lineare sul terreno maggiore

di 40 metri, riferiti all’interno dei singoli appezzamenti su cui insistono, e larghezza superiore a 5 metri.

Le siepi campestri e le formazioni ripariali in particolare costituiscono l’elemento “forestale” più significativo del territorio. Esse sono distribuite lungo le strade campestri, i campi coltivati, le rogge e le scarpate a formare un reticolo forestale a diversa densità. Si tratta di strutture boscate lineari caratterizzate dalla presenza di più piani (o strati) di vegetazione. Lo strato alto è composto dalle chiome degli alberi, il piano intermedio dagli arbusti e il piano più basso dalle erbe.

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4. CARATTERI GEOLOGICI ED IDROGEOLOGICI DELL'AREA 4.1. Geologia generale Nel presente capitolo vengono descritti gli aspetti territoriali di carattere geologico che caratterizzano la porzione di pianura in cui ricade l’area oggetto di interesse e più in generale la zona dell’alta pianura bresciana. L'assetto geologico dell'area in esame presenta i caratteri tipici della successione di depositi fluvioglaciali ed alluvionali, che hanno determinato il progressivo interramento del mare Pliocenico e la conseguente formazione dell’intera Pianura Padana. Alla base della successione alluvionale della pianura vi sono appunto il basamento roccioso costituito dalla successione mesozoica e terziaria che definisce una superficie che immerge verso sud, presentando locali irregolarità, dovute alla presenza di strutture anticlinaliche e sinclinaliche sepolte, che localmente condizionano sensibilmente la struttura geologica dei depositi clastici soprastanti. Estesi affioramenti del substrato roccioso, si rinvengono invece immediatamente a nord, in corrispondenza dei rilievi mesozoici e terziari di Brescia, che costituiscono le ultime propaggini meridionali delle Prealpi lombarde. Il comprensorio montuoso tra Brescia e l’alta Valle Trompia, costituisce il bacino di alimentazione del materiale alluvionale presente nelle zone di pianura, infatti le varietà litologiche presenti nei rilievi bresciani, si riflettono nella composizione litologica delle frazioni più grossolane dei depositi alluvionali più o meno recenti. Più specificatamente, l’intero territorio comunale di Azzano Mella si colloca all’interno della porzione centro-settentrionale della pianura bresciana in cui si assiste alla transizione tra la media pianura idromorfa a nord e la bassa pianura a meandri a sud, mentre ad est si risente maggiormente dell’azione morfogenetica del Fiume Mella, che modella il paesaggio con elementi morfologici tipici quali scarpate, orli di terrazzo di erosione fluviotorrentizia e meandri. I depositi tipici di questo settore di pianura sono formati da alluvioni prevalentemente ghiaioso-sabbiose, sabbiose e limose. La granulometria è piuttosto variabile in conseguenza dell'azione delle acque superficiali, che nel corso delle ultime migliaia di anni hanno divagato rielaborando i materiali precedentemente depostisi.

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La maggior parte del territorio comunale è, come detto, costituita dai depositi fluvioglaciali del Pleistocene superiore (“Wurm”) che formano il cosiddetto “Livello Fondamentale della Pianura” che, tra l’altro, costituisce l’unità arealmente più diffusa dell’intera Pianura Padana. I depositi tipici di questa formazione sono formati da alluvioni prevalentemente ghiaioso-sabbiose, sabbiose e limose. La granulometria è piuttosto variabile da zona a zona all’interno dei vari settori della pianura padana in conseguenza dell'azione delle acque superficiali che nel corso delle ultime migliaia di anni hanno divagato in questo settore di pianura, rielaborando i materiali precedentemente depostisi. Si riconoscono alcune aree caratterizzate da materiali più fini, leggermente ribassate rispetto al livello fondamentale della pianura, che frequentemente sono state occupate da paludi anche fino agli inizi di questo secolo. In corrispondenza del Mella si rinvengono inoltre le alluvioni attuali e recenti, separate dal Livello Fondamentale della Pianura da un modesto dislivello, localmente irriconoscibile per l’intenso intervento antropico. Durante l'Olocene il fiume ha inciso i depositi fluvioglaciali, formando una valle all'interno della quale ha sedimentato abbondanti depositi fluviali prevalentemente sabbioso-ghiaiosi e sabbiosi. Il territorio comunale di Azzano Mella è attraversato, nella sua porzione orientale e in direzione all’incirca N-S, da tali depositi.

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4.2. Caratteri litologici A scala provinciale, si riconoscono variazioni tessiturali sia realmente sia in profondità: procedendo da nord verso sud, ovvero passando dall’alta alla media pianura, si riscontra una graduale diminuzione della granulometria, passando da depositi prevalentemente ghiaioso – sabbiosi, conglomeratici nelle zone apicali delle conoidi, a depositi più fini. La transizione dall’alta alla media pianura è evidenziata dalla fascia delle risorgive che decorre all’unghia delle conoidi. I depositi della media pianura sono prevalentemente sabbiosi o sabbioso ghiaiosi, con intercalazioni sabbioso limose argillose. I depositi della bassa pianura sono sabbiosi limosi, con intercalazioni sabbiose o ghiaiose e orizzonti limoso argillosi. Le variazioni granulometriche sono strettamente legate agli antichi percorsi delle acque superficiali e ai meccanismi di deposizione fluviale. A scala locale, come detto, la maggior parte del territorio comunale si colloca all’interno dei depositi fluvioglaciali recenti del Pleistocene sup. che costituiscono il cosiddetto “Livello Fondamentale della Pianura”; una fascia di terreni posti attorno al Fiume Mella è invece da ricollegare ai depositi alluvionali attuali e recenti di età Olocenica. Tali unità litologiche che si ritrovano nell’area e nel relativo sottosuolo corrispondono a quanto di seguito elencato e riportato in Figura 9. Alluvioni attuali e recenti Sono costituite da depositi fluviali prevalentemente sabbioso-ghiaiosi e sabbiosi. Tali depositi localmente presentano materiali a granulometria generalmente più fine rispetto a quelli fluvioglaciali tipici delle zone circostanti; in essi infatti la frazione sabbiosa talora diventa dominante ed è frammista a ghiaie, limo ed argilla. Alluvioni fluvioglaciali Sono costituite da materiale derivante dalle alluvioni fluvio-glaciali e fluviali legate all’ultima glaciazione wurmiana. Sono caratterizzate da terreni sciolti aventi granulometria variabile da zona a zona all’interno del territorio comunale. Si hanno infatti sia depositi a ghiaie dominanti sia depositi a sabbie o ghiaie frammiste a locali depositi fini (limi e argille).

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Fig. 9: le unità litologiche del territorio comunale di Azzano Mella.

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4.3. Struttura idrogeologica e caratteristiche degli acquiferi La pianura bresciana è delimitata a sud e ad ovest dal Fiume Oglio, ad est dal Fiume Chiese e dal sistema morenico benacese, mentre a nord è chiusa dai primi rilievi prealpini dell’anfiteatro morenico sebino; è inoltre percorsa dal Fiume Mella. Dal punto di vista idrogeologico, a scala provinciale, si possono distinguere tre settori con caratteristiche differenti: 1. il settore montuoso, 2. gli anfiteatri morenici, 3. la pianura. Nel settore montuoso prevalgono gli acquiferi fessurati, mentre gli anfiteatri morenici e la pianura sono caratterizzati dalla presenza di depositi prevalentemente sciolti e permeabili per porosità. La principale fonte di approvvigionamento idrico dei comuni è rappresentata da pozzi che, nell’anfiteatro benacense e sebino, sono integrati da captazioni di acqua lacustre e alcune sorgenti di esigua portata. I depositi alluvionali presenti nella pianura bresciana presentano caratteristiche riscontrabili in altri settori della pianura lombarda e sono rappresentati, da un punto di vista formazionale, da alluvioni fluviali attuali, recenti e antiche di età olocenica e da depositi fluvioglaciali attribuibili al Pleistocene inferiore ed al Pliocene. Il substrato immerge globalmente verso sud, ma presenta locali irregolarità dovute alla presenza di strutture anticlinaliche e sinformi sepolte che condizionano sensibilmente la struttura geologica sovrastante. Particolare interesse dal punto di vista idrogeologico assume la dorsale sepolta che attraversa la pianura con direzione SW–NE, responsabile dell’emergenza dei rilievi di Piedevizio, Monte Netto, Castenedolo e Ciliverghe. Nell’alta pianura i depositi ghiaioso sabbiosi contengono una falda libera con uno spessore che lungo il margine pedealpino supera i 100 metri, mentre nella fascia di passaggio dall’alta alla media pianura si riduce a qualche decina di metri; dove la granulometria dei depositi diminuisce, i livelli limoso argillosi assumono spessori ed estensioni più continui dando origine a falde semiconfinate che diventano, a scala comunale, completamente confinate nei depositi sabbioso

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limosi meridionali della bassa pianura. In questo ambito gli acquiferi sono essenzialmente tipo multifalda, con orizzonti acquiferi separati da livelli a bassa o bassissima permeabilità. L’approccio tradizionalmente seguito negli studi idrogeologici della pianura bresciana è quello riassunto nella Tabella 4 sotto riportata, dove vengono riportate le diverse denominazioni utilizzate per la descrizione geologica ed idrogeologica del sottosuolo della pianura bresciana.

Tab. 4: schema strutturale del sottosuolo della Provincia di Brescia; nella prima colonna

sulla base di criteri puramente litologici si possono individuare alcune unità idrogeologiche principali.

Substrato roccioso indifferenziato E’ costituito da rocce delle ere Mesozoica e Cenozoica che affiorano in corrispondenza dei rilievi delle Prealpi. Il substrato roccioso si approfondisce progressivamente spostandosi verso sud al di sotto della coltre di depositi clastici quaternari. Il substrato contiene talora falde idriche limitate ma di buona qualità.

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Unità Villafranchiana Questa unità idrogeologica risulta costituita da depositi continentali formati da limi, limi sabbiosi e argillosi, con intercalazioni di sabbie e rare ghiaie; non affiora in superficie ma la sua presenza è messa in evidenza dalle numerose stratigrafie dei pozzi esistenti. Gli acquiferi manifestano una netta pseudostratificazione assumendo sovente forma lenticolare; le ghiaie e le sabbie sono ovunque subordinate ai terreni limosi che hanno la caratteristica colorazione grigio-azzurra e spesso recano intercalazioni di torbe nerastre. A questa unità fanno seguito verso il basso i sedimenti del Pleistocene inferiore di origine marina, i quali hanno litologia e comportamento idrogeologico analogo a quello dei sedimenti continentali sopra descritti. L’Unità Villafranchiana, che costituisce il substrato degli acquiferi superficiali più produttivi, ha un certo interesse pratico in quanto ospita lenti ghiaioso-sabbiose di sensibile estensione ma non di grande spessore nelle quali possono essere contenute acque che si sono rivelate scadenti dal punto di vista organolettico per l’elevato contenuto in ferro, manganese e idrogeno solforato. L’importanza di tali falde risiede comunque nel fatto che esse sono separate dagli acquiferi dell’unità soprastante da livelli impermeabili dotati di grande continuità laterale e spessore generalmente significativo, che rende queste falde molto meno vulnerabili agli inquinanti di quelle soprastanti. Lo spessore dei sedimenti continentali villafranchiani è talora molto ridotto (poche decine di metri) al punto che spesso i pozzi pubblici raggiungono i depositi limoso-argillosi marini del pleistocene inferiore che ne costituiscono la base. Unità a conglomerati e fluvioglaciale Mindel-Riss L’Unità Villafranchiana viene sostituita superiormente dall’unità a conglomerati tradizionalmente denominata “Ceppo”; si tratta di una successione di conglomerati, sabbie, arenarie e rare ghiaie, con scarse intercalazioni argillose, che si rinviene, a profondità varie, nella fascia di pianura bresciana più vicina ai rilievi prealpini dove può raggiungere anche una potenza di 250 m. Procedendo verso sud si osserva una graduale riduzione di spessore dei conglomerati che fanno transizione a sabbie, ghiaie e prevalenti argille attribuibili

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alle diverse fasi glaciali del Pleistocene medio (unità idrogeologica “Fluvioglaciale Mindel-Riss”). Unità ghiaioso-sabbiosa Questa unità, in cui spesso è contenuta la prima falda, è costituita dalle ghiaie e dalle sabbie dei sedimenti alluvionali recenti e di quelli fluvioglaciali wurmiani. L’interesse idrogeologico dell’unità ghiaioso-sabbiosa risiede principalmente nella capacità che hanno tali terreni di assorbire le infiltrazioni dalla superficie e di trasmettere alimentazione alle falde.

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4.4. Le risorse idriche sotterranee della pianura fra Oglio e Chiese In Provincia di Brescia sono individuate nella Tav. 9 del Programma di Tutela ed Uso delle Acque (P.T.U.A. della Regione Lombardia, v. Figura 10 sottostante), le cosiddette aree di riserva ottimale; esse comprendono, tra gli altri, una porzione del comune di Dello e l’intero comune di Bagnolo Mella. Le macroaree di riserva, invece, sono ubicate nella zona di pianura a valle della linea delle risorgive, e comprendono i comuni di Azzano Mella e Mairano.

Fig. 10: estratto da Tav. 9 del P.T.U.A. Con il termine “risorsa idrica” si intende il volume di acqua che può essere estratta dal sistema idrologico durante un dato periodo, tenuto conto dei vincoli fisico-tecnici, socio-economici, ambientali e politici esistenti. La caratterizzazione idrogeologica del territorio di Azzano Mella e dei comuni limitrofi si inserisce nella più ampia trattazione dell’area compresa tra i fiumi Oglio e Chiese, per la quale è stata individuata in Letteratura una serie idrogeologica costituita da

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quattro unità litostratigrafiche, ovvero da formazioni aventi comportamento idrogeologico omogeneo e caratteristiche di permeabilità, trasmissività e porosità simili (Denti & alii, 1988). Partendo dall’unità più profonda, si distinguono: un substrato roccioso indifferenziato, l’unità Villafranchiana, l’unità fluvioglaciale Mindel-Riss, l’unità ghiaioso-sabbiosa (per la descrizione delle suddette unità si rimanda al paragrafo precedente, relativo alla struttura idrogeologica dell’area). Dalle sezioni reperibili in Letteratura, si desume una progressiva diminuzione della granulometria dei sedimenti procedendo verso sud, con aumento delle lenti sabbioso-limose o sabbioso-argillose anche in prossimità della superficie. Passando da nord a sud tale diminuzione granulometrica dei depositi fluvioglaciali, con la diminuzione della pendenza della superficie topografica, determina un avvicinamento alla superficie della falda acquifera libera, creando in questo modo una serie di risorgive che in passato hanno dato luogo a paludi e a zone acquitrinose. Per la valutazione dello stato delle falde sono state definite dalla Regione Lombardia (v. All. 3 del P.T.U.A.) delle zone acquifere omogenee che suddividono il territorio in diversi settori in base ai limiti idrogeologici. Il sottobacino Oglio – Chiese in particolare (v. Figura 14 seguente), corrisponde all’alta pianura Bresciana e fa parte, a nord, dell’ampia fascia assoggettata ai prelievi che comprendono Brescia e Rezzato; il limite occidentale è definito dal Fiume Oglio, quello orientale dalle colline moreniche del lago di Garda. L’acquifero tradizionale (ovvero il secondo acquifero), si presenta differenziato e separato dal primo acquifero da un aquitard. La trasmissività media complessiva è elevata (quasi 0,1 mq/s), tale da poter far fronte ad un prelievo areale discreto (in media quasi 2,9 l/s per Kmq).

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Fig. 11: Carta delle unità idrogeologiche della bassa pianura bresciana (Vercesi, 1994).

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Fig. 12: Carta idrogeologica della pianura bresciana tra i fiumi Oglio e Chiese (Denti et al., 1988).

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Fig. 13: schema idrogeologico della pianura lombarda; la freccia rossa individua il settore di pianura dove è ubicata l’area di studio.

Fig. 14: la porzione di pianura bresciana tra i fiumi Oglio e Chiese e i settori in cui è stata suddivisa; in rosso è evidenziata l’area di studio.

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Settore 1 Rovato Il settore in esame si ubica in corrispondenza dell’alta pianura bresciana, nella fascia altimetrica compresa tra 170 m s.l.m. a nord e 84 m s.l.m. a sud. Il limite occidentale è definito dal fiume Oglio, quello orientale dal Mella. L’area è caratterizzata da un acquifero differenziato, la cui base si trova tra 0 e 100 m s.l.m.; l’aquitard più o meno continuo di separazione tra falda superficiale e confinata è compreso all’incirca tra le quote di 80 e 100 m s.l.m. La trasmissività media è di 1.28 10-1 mq/s. Aspetti quantitativi Il prelievo per unità di superficie è alto (circa 7 l/s per Kmq). Ciononostante la buona consistenza delle risorse idriche contenute negli acquiferi, derivante dalla elevata trasmissività e da un’ottima rialimentazione proveniente dalla conca del lago d’Iseo, consente il mantenimento di un equilibrio fondamentale nel bilancio, anche nella parte occidentale di Brescia, dove si riscontrano prelievi di particolare entità. Si osserva infatti come l’uscita verso valle tramite falda sia molto cospicua e nettamente superiore alla portata d’ingresso. Nell’ambito della città di Brescia sono rilevanti i fabbisogni idrici per usi industriali, che hanno comportato fra il 1980 e il 1992 la formazione di depressioni piezometriche accentuate. Le attuali condizioni non sono molto diverse da quelle del periodo di crisi. Si deve considerare quindi la parte dell’area comunale di Brescia compresa in questo settore come una zona di crisi idrica potenziale, per la possibilità non remota che l’incremento demografico e il ritorno a un più intenso utilizzo delle acque sotterranee riproduca le condizioni degli anni ‘80. Aspetti qualitativi Il settore presenta uno stato di degrado della risorsa idrica di media entità (frequenza dei pozzi inquinati tra 20% e 50%) caratterizzato principalmente da nitrati ed antiparassitari. Settore 2 Orzinuovi Il settore si ubica nella bassa pianura bresciana, su una superficie di 339 kmq, tra le quote 93 m s.l.m. a nord e 45 m s.l.m. a sud. Il limite occidentale è definito dal fiume Oglio, quello orientale è costituito dal Mella, nei comuni di Dello, Milzano e Seniga, e dai confini dei comuni di Offlaga, Manerbio e Cigole. L’area è caratterizzata da un acquifero differenziato, la cui base si trova tra 0 e -120 m s.l.m.; l’aquitard più o meno continuo di separazione tra falda superficiale e confinata è compreso all’incirca tra le quote di 30 e 80 m s.l.m. La trasmissività media è di 2.21 10-2 mq/s.

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Aspetti quantitativi Nonostante il prelievo areale relativamente ridotto (inferiore a 2 l/s·Kmq), si riscontra un elevato rapporto (3,58) fra prelievi e ricarica, essendo quest’ultima molto modesta in rapporto all’area totale del settore. L’apporto della falda da monte risulta molto elevato, in considerazione della notevole trasmissività dell’acquifero (2,2 10-2 mq/s), e tale da garantire uno stato di equilibrio quantitativo. Aspetti qualitativi Si riscontra un degrado spinto della qualità delle acque, che interessa la totalità dei comuni monitorati e rende precaria la gestione del settore (frequenza dei pozzi inquinati >50%). Gli inquinanti rilevati sono di origine naturale: ferro, manganese e ammoniaca. Settore 3 Brescia Il settore, che copre una superficie di 417 kmq, si ubica in corrispondenza dell’alta pianura bresciana, tra le quote 170 m s.l.m. a nord e 107 m s.l.m. a sud. Il limite occidentale è definito dal fiume Mella, quello orientale dai confini del comune di Bedizzole. L’area è caratterizzata da un acquifero differenziato, la cui base si trova tra 0 e 80 m s.l.m.; l’aquitard più o meno continuo di separazione tra falda superficiale e confinata è compreso tra le quote di 70 e 90 m s.l.m. La trasmissività media è di 3·10-1 mq/s. Aspetti quantitativi L’area è caratterizzata da un’ottima trasmissività, anche superiore a 0,1 mq/s e da un elevata domanda (prelievo areale oltre 5 l/s per Kmq), che dà luogo a un marcato squilibrio fra alimentazione e prelievo (è oltre 2 il rapporto fra prelievi e ricarica del settore nel suo complesso). Si osserva inoltre che la portata della falda in uscita è sia pure di poco inferiore a quella in entrata. Per una migliore comprensione del bilancio idrico del settore si può osservare la Tab. sottostante relativa al solo comune di Brescia, dalla quale emergono le caratteristiche salienti dell’area. Si deve osservare soprattutto l’elevato rapporto prelievi/ricarica, che risulta di 8,1 determinando una classificazione quantitativa molto bassa (E), e l’altissimo prelievo areale (24,4), sintomi di un forte squilibrio locale. Questo settore va quindi considerato area di crisi e deve essere sottoposto a un controllo dei prelievi nelle aree a maggiore concentrazione industriale e a interventi migliorativi della qualità delle acque a iniziare dalla istituzione delle zone di salvaguardia delle captazioni.

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PRELIEVO MEDIO AREALE 24,4 l/s/kmq TRASMISSIVITÀ MEDIA 1,30·10-1 mq/s PRELIEVI/RICARICA 8.1 CLASSE QUANTITATIVA E CLASSE QUALITATIVA 2

Tab. 5: elementi del bilancio relativo al comune di Brescia.

Aspetti qualitativi Il settore presenta uno stato di degrado della risorsa idrica di media entità (frequenza dei pozzi inquinati tra 20% e 50%) dovuto esclusivamente al comune di Brescia caratterizzato principalmente da cromo ed organoalogenati. Settore 4 Ghedi Il settore, la cui superficie è di circa 283 kmq, si ubica in corrispondenza della media pianura bresciana, tra le quote 164 m s.l.m. a nord e 36 m s.l.m. a sud. Il limite occidentale è definito dal Mella e dai confini comunali di Offlaga e Leno, mentre quello orientale dai confini dei comuni di Calcinato, Montichiari e Carpenedolo. L’area è caratterizzata da un acquifero differenziato, la cui base si trova tra 0 e -100 m s.l.m.; l’aquitard più o meno continuo di separazione tra falda superficiale e confinata è compreso tra le quote di 40 e 60 m s.l.m. La trasmissività media è di 1.5·10-1 mq/s. Aspetti quantitativi Anche in questo caso l’elevata trasmissività media (1,5·10-1 mq/s) permette di far fronte al notevole prelievo areale (5.56 l/s kmq), anche per la buona alimentazione proveniente dalla pianura posta a monte. Nonostante il grado di sfruttamento delle riserve sia alto (rapporto prelievi/ricarica pari a 1,11), si assume un sostanziale equilibrio tra disponibilità e sfruttamento della risorsa determinando un uso sostenibile nel breve periodo. Aspetti qualitativi Il settore non presenta rilevanti problemi di degrado della risorsa idrica (frequenza dei pozzi inquinati <20%); i casi di contaminazione rilevati sono dovuti principalmente a sostanze di origine naturale, quali ammoniaca, ferro e manganese. Settore 5 Manerbio Il settore è situato in corrispondenza della pianura bresciana medio – bassa a

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cavallo del Mella, in una fascia altimetrica compresa tra le quote 80 m s.l.m. a nord e 54 m s.l.m. a sud. L’area comprende i comuni di Offlaga, Leno, Manerbio, Cigole e Pavone Mella ed è caratterizzata da un acquifero differenziato, la cui base si trova tra -100 e -20 m s.l.m.; l’aquitard più o meno continuo di separazione tra falda superficiale e confinata è compreso tra le quote di 35 e 45 m s.l.m. La trasmissività media è di circa 3·10-2 mq/s. Aspetti quantitativi L’area è caratterizzata da un elevato prelievo areale (7.09 l/s kmq) che è sostenuto dalla notevole trasmissività (3·10-2 mq/s), elemento tuttavia non sufficiente a garantire l’equilibrio. Le condizioni sono aggravate dalla necessità di provvedere al recupero qualitativo delle acque sotterranee. Aspetti qualitativi Si riscontra uno spinto degrado della qualità delle acque che rende precaria la gestione del settore (frequenza dei pozzi inquinati >50%). Gli inquinanti rilevati sono di origine naturale: ferro, manganese e ammoniaca.

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4.5. La stratigrafia del sottosuolo e le caratteristiche delle falde A scala locale, la possibilità di ricostruzione delle geometrie e delle litologie presenti nel sottosuolo del territorio in esame si affida alla disponibilità delle stratigrafie dei pozzi per acqua (v. Appendice 1), solo parzialmente integrate con quelle provenienti dalle indagini geognostiche.

Tab. 6: elenco dei pozzi per acqua comunali di Azzano Mella.

I dati raccolti relativi ai pozzi non comunali (caratteristiche tecniche, valori di soggiacenza, stato di attività ecc.) sono raccolti nella Tabella 7 seguente.

I litotipi prevalenti, presenti nel sottosuolo del territorio comunale di Azzano Mella, sono costituiti da: ghiaie con sabbia subordinata e locali lenti di argilla nei primi 30 m circa di

profondità (Unità ghiaioso-sabbiosa), argilla dominante e poca sabbia in profondità (Unità Villafranchiana).

Per la descrizione delle suddette unità si rimanda ai Paragrafi precedenti, relativi alla struttura idrogeologica dell’area. La quota della falda, nel territorio comunale di Azzano Mella, presenta un dislivello di circa 20 m, andando dai 102-103 m s.l.m. nella zona a nord al confine con il comune di Torbole Casaglia e Castel Mella, agli 82-83 m s.l.m. nella porzione più a sud. L’andamento delle isopiezometriche risente del sollevamento del substrato profondo tra Pievedizio ed il Monte Netto che, come già evidenziato, determina la presenza a limitata profondità (circa 30 m) di depositi fini appartenenti all’Unità Villafranchiana.

ANAGRAFICA DEI POZZI PER ACQUA COMUNALI CODICE POZZO NOME LOCALITA’ /

INDIRIZZO COMUNE PROPRIETA’ QUOTA DA P.C.

ANNO DI

COSTR. PROF. N.

FILTRI INIZIO FILTRI

FINE FILTRI

PZ0170080001 Niga S.P. 11/via

Niga Azzano Mella Comune 93 1980 68 2 19 28,5

PZ0170080004

C.na Bonifica Nuovo C.na Bonifica Azzano

Mella Comune 101 1996 50 2 30 48

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ANAGRAFICA DEI POZZI NON COMUNALI INDIVIDUATI CODICE POZZO PROPRIETA’ LOCALITA’ /

INDIRIZZO ANNO

PERFORAZ. ANNO

RILIEVO QUOTA DA P.C.

LIVELLO STATICO STRATIGRAFIA

A3 CONS. BISCIA, CHIODO, PRANDONA

700m NW DI C.NA BONIFICA

1992 1992 102,00 3,30 SI

A4a CONS. BISCIA, CHIODO, PRANDONA

600m NE DI C.NA NIGOLINA

1986 1986 101,00 1,00 SI

A5 SANTI CONFEZIONI

MELLA, VIA NIGA 60 1973 1973 94,00 1,65 SI

A6 MICHELI BATTISTA E FIGLI

VIA NIGA 32 1969 1995 93,80 2,70 SI

6 BELLINI GIUSEPPE

N DI C.NA CANINO 99,50 1,80 NO

7 STABIUMI AMATO E F.LLI

C.NA S. ANTONIO 1995 4,70 SI

8 AZ. AGR. BETTONI

C.NA LODOVICA 102,00 1,60 NO

9 C.NA FRANCIOSINA

S.P. BS - QUINZANO 1995 93,30 1,60 NO

15 FOGLIATA LUIGI

C.NA NIGOLINA 1995 100,20 1,50 NO

Tab. 7: sintesi dei pozzi non comunali individuati.

La cadente piezometrica varia da circa 0,3% a 0,4% nella porzione settentrionale e meridionale del territorio, mentre nell’area centrale, in corrispondenza dell’abitato di Azzano Mella, essa aumenta, raggiungendo lo 0,7%. Il deflusso delle acque sotterranee è generalmente verso SE, in quanto le isopieze sono orientate NE-SW, verosimilmente, secondo alcuni Autori, in ragione della distorsione prodotta sulla falda dal drenaggio operato dal Mella; verso nord le isopieze si incurvano e aggirano il Monte Netto, assumendo una direzione prevalente ENE-WSW. La falda acquifera si trova a circa 1,5 - 2,5 m di profondità dal piano campagna nelle aree debolmente depresse situate nella zona settentrionale, dove emergono i fontanili. Scendendo verso sud, nella fascia debolmente rilevata che interessa la porzione centrale dell’abitato di Azzano e il territorio a sud dello stesso, il livello statico si approfondisce fino a raggiungere e talvolta superare i 4 metri dal piano campagna, mentre in corrispondenza della zona occidentale del territorio e della fascia più depressa, la falda risulta più superficiale (1,5-3 m di profondità dal p.c.). Per quanto attiene l’oscillazione del livello di falda, per un’analisi storica delle fluttuazioni che contraddistinguono il settore in oggetto si può fare riferimento ai

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dati dall’Ufficio Idrografico del Po rilevati presso un piezometro di controllo posto in comune di Dello; per questo punto di monitoraggio si dispone di una serie storica comunque estesa su un periodo molto lungo (1947-1979) che può fornire valide indicazioni in merito al regime di ricarica-deflusso che caratterizza l’area. Il grafico riportato in Figura 15 evidenzia delle fluttuazioni a scala pluriennale, principalmente legate alla ricarica operata dalle irrigazioni con massimi generalmente coincidenti con i mesi estivi e minimi invernali. A prescindere dalle fluttuazioni stagionali, che possono comportare variazioni di livello della falda generalmente inferiori al metro, a scala pluriennale si è manifestata una sostanziale stabilità dei livelli piezometrici con quote piezometriche medie che si sono sempre mantenute su valori dintorno a 81.2 m s.l.m.

79,880,080,280,480,680,881,081,281,481,681,882,082,282,482,6

gen-

47ge

n-48

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49ge

n-50

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n-78

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79

Fig. 15: oscillazione del livello piezometrico in comune di Dello (1947-1979; FONTE: Ufficio Idrografico del Po)

Per illustrare l'andamento dei depositi presenti nel sottosuolo si riportano nel seguito due sezioni idrostratigrafiche, le cui tracce sono riportate nella Tavola 2 – Carta idrogeologica e del sistema idrografico allegata.

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Fig. 16: sezione idrostratigrafica nord est – sud ovest (v. traccia in Tavola 2 – Carta idrogeologica e del sistema idrografico).

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Fig. 17: sezione idrostratigrafica ovest – est (v. traccia in Tavola 2 – Carta idrogeologica e del sistema idrografico).

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4.6. Qualità delle acque del F. Mella Con Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio n. 367 del 6 novembre 2003, sono stati fissati gli standard di qualità per le sostanze pericolose nelle acque superficiali e i termini temporali per il raggiungimento degli stessi, previsti al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2015. Per verificare il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale per le acque superficiali, tali standard sostituiscono, dal 1° gennaio 2008, la Tab. 1 dell’Allegato 1 del D.Lgs. 152/99, relativa ai principali inquinanti chimici da controllare per la definizione dello stato chimico delle acque e, conseguentemente, del loro stato di qualità ambientale.

Stazione % metalli % colif. fec. % altri % totale F. Mella Villa Carcina 17,76 4,28 11,18 33,22 F. Mella Concesio 15,79 4,28 11,51 31,58 F. Mella Castelmella 16,12 2,63 13,16 31,91 F. Mella Manerbio 8,22 4,93 12,50 25,66 F. Mella Pralboino 5,92 4,61 12,83 23,36

Tab. 8: percentuale dei parametri analizzati che superano i limiti previsti dalla classe D

del P.R.R.A. (acque pessime, adatte a nessuno dei possibili usi), suddivisi in metalli, coliformi fecali ed altri, esclusi i coliformi totali (estratto da: “Regione Lombardia,

Programma di tutela ed uso delle acque. Relazione di sintesi, marzo 2006”). Per avere un quadro complessivo dello stato ambientale dei corsi d’acqua, il P.T.U.A. definisce una caratterizzazione integrata che, oltre alla classica caratterizzazione basata sulla qualità dell’acqua - include l’analisi di ulteriori aspetti di tipo geomorfologico, biologico e idrologico. Al Mella nella sua porzione intermedia è stato attribuito il giudizio “pessimo”; esso infatti presenta una concentrazione di sostanze chimiche addizionali e pericolose così elevata da non far ritenere possibile una loro completa eliminazione dalla matrice acquosa e dai sedimenti. Si ritiene che eliminando queste sostanze dalla matrice acquosa sia possibile raggiungere, nel 2016, lo stato “sufficiente”.

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4.7. Qualità delle acque sotterranee La qualità delle acque sotterranee è un importante indicatore dell’entità della pressione antropica sugli acquiferi e dell’efficacia degli interventi di salvaguardia. Nella media pianura centro occidentale bresciana le acque sotterranee presentano frequentemente una composizione chimica caratterizzata da ammoniaca, ferro e manganese, caratteristiche peraltro ricorrenti nelle acque profonde della Pianura padana. La presenza di tali parametri è spesso legata all’ambiente riducente creatosi nei livelli acquiferi captati, a causa della scarsa ossigenazione delle acque e dell’azione di sostanze riducenti quali la torba. Generalmente si nota un incremento di ammoniaca, ferro e manganese procedendo da nord verso sud. In alcuni comuni della bassa pianura bresciana, oltre a ferro, ammoniaca e manganese, sono stati rinvenuti anche nitriti in quantità superiore ai limiti di legge. I parametri sopra ricordati sono da considerarsi di origine geologica e sono peculiari di acquiferi confinati e quindi protetti da forme di inquinamento provenienti dalla superficie del suolo. II degrado legato all’attività antropica è dovuto nella maggior parte dei casi alla presenza nelle acque captate di cromo, solventi clorurati, idrocarburi, nitrati ed erbicidi. I parametri cromo e solventi clorurati interessano le acque captate dal conoide del Mella, in corrispondenza del quale si è sviluppata la città di Brescia. Altri fenomeni di inquinamento da cromo e da solventi clorurati, più raramente da idrocarburi, si sono verificati in fasce ad alta concentrazione industriale dell’alta pianura bresciana (es. Rovato). Infine per quanto riguarda gli erbicidi, in particolare l’atrazina, i casi più frequenti di valori superiori ai limiti di legge sono stati riscontrati nell’alta pianura bresciana. Nell’intorno dell’area d’indagine, i dati in possesso sulla qualità delle acque sotterranee si riferiscono in particolare ad analisi chimiche eseguite su campioni di acqua prelevati dai seguenti due pozzi: 1. pozzo della Raffineria Metalli Capra in comune di Castel Mella (prof. 60 m); 2. pozzo comunale di Flero (prof. 90 m) e captante un acquifero isolato e

indipendente. Per l’acquifero più superficiale i dati di cui si dispone evidenziano valori di conducibilità di poco inferiori ai 600 uS/cm e durezza superiore ai oscillante tra i

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28 e i 33° F; i nitrati in genere superiori ai 20 mg/l. Dal confronto due sono i parametri che evidenziano chiaramente il diverso chimismo delle due falde e pertanto anche la sostanziale indipendenza; la conducibilità dell’acqua contenuta nella falda sfruttata dal pozzo comunale si attesta su valori prossimi ai 400 uS/cm, mentre i nitrati sono presenti n concentrazioni minime (4 mg/l) e comunque di molto inferiori a quella rilevata nella prima falda. In entrambi casi particolarmente significativa può essere ritenuta l’assenza di elementi quali il Cromo e i metalli pesanti in genere e i Solventi Clorurati in quanto indicatori di alto valore diagnostico nella mappatura dell’inquinamento industriale. L’assenza dei nitriti, unitamente a quella degli indici microbiologici, conferma che contaminazioni di tipo organico non sono in atto nelle falde indagate. Nello studio redatto dai ricercatori del Politecnico di Milano (Studio Idrogeologico della Pianura Bresciana compresa tra i fiumi Oglio e Mella - Milano 1988), i dati presentati in precedenza vengono confermati; ad esempio nel sottosuolo della zona oggetto del presente studio vengono segnalate acque caratterizzate da valori conducibilità oscillanti tra i 500 e i 600 uS/cm e questo consente di classificare le acque come “medio-minerali”. Il valore della durezza indicato è inferiore ai 35 °F, e conferma che nel complesso si tratta di acque dure. In generale i parametri considerati, si attestano su valori così bassi che quasi mai raggiungono il Valore Guida stabilito dal D.P.R. 236/88. Per valutare la qualità delle acque sotterranee si sono anche utilizzati i dati chimici, riferiti al periodo 1999 – 2001, riguardanti le acque distribuite dall’acquedotto pubblico di Mairano. Nella Tabella 9 sono riportati i valori massimi e minimi per i parametri chimici più significativi rilevati; nelle Figure 18 – 20 seguenti è illustrato l’andamento nel tempo della conducibilità elettrica specifica, della durezza totale e dei nitrati.

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Fig. 18: variazione nel tempo della conducibilità elettrica specifica a 20°C risultante

dalle analisi su acque prelevate dal pozzo comunale di Mairano.

Fig. 19: variazione nel tempo della durezza totale delle acque in gradi francesi risultante

dalle analisi su acque prelevate dal pozzo comunale di Mairano.

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Fig. 20: variazione nel tempo del contenuto in nitrati risultante dalle analisi su acque prelevate dal pozzo comunale di Mairano.

Parametro Valore massimo Valore minimo Numero di analisi

Conducibilità elett. 20°C (µs/cm) 672 619 4 Residuo (mg/l) 504 464 4 Durezza tot. (gradi francesi) 39.1 31.2 4 Alcalinità (HCO3

-) (mg/l) 342 329 4 Cloruri (Cl-) (mg/l) 17.4 11.7 4 Solfati (SO4

-) (mg/l) 53 34.8 4 Nitrati (NO3

-) (mg/l) 41 27.3 4 Nitriti (NO2

-) (mg/l) <0.01 - 3 Ammoniaca (NH4

+) (mg/l) <0.05 - 3 Ossidabilità sec. Kübel (mg/l) 0.4 0.2 4 Cromo (Cr6+) (µg/l) <5 - 3 Solventi clorurati (µg/l) <0.5 - 1

Tab. 9: valori massimi e minimi dei parametri chimici, riferiti al periodo 1999 – 2001, riguardanti le acque distribuite dall’acquedotto pubblico di Mairano.

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Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici sotterranei viene anche definito sulla base dello stato quantitativo e dello stato chimico: tale classificazione deve essere riferita ad ogni singolo acquifero individuato. Per la classificazione quantitativa e chimica bisogna riferirsi alle indicazioni riportate ai punti 4.4.1. e 4.4.2. dell’Allegato 1 al D.Lgs. 152/99, qui di seguito riportati. Stato quantitativo I parametri e i relativi valori numerici di riferimento per la classificazione quantitativa dei corpi idrici sotterranei, sono definiti dalle regioni utilizzando gli indicatori generali elaborati sulla base del monitoraggio secondo i criteri che verranno indicati con apposito decreto ministeriale su proposta dell’ANPA, in base alle caratteristiche dell’acquifero (tipologia, permeabilità, coefficienti di immagazzinamento) e del relativo sfruttamento (tendenza piezometrica o delle portate, prelievi per vari usi). Un corpo idrico sotterraneo è in condizioni di equilibrio quando le estrazioni o le alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili per lungo periodo (almeno 10 anni): sulla base delle alterazioni misurate o previste di tale equilibrio viene definito lo stato quantitativo. Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei è definito da quattro classi così caratterizzate:

Classe A L’impatto antropico è nullo o trascurabile con condizioni di equilibrio idrogeologico. Le estrazioni di acqua o alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili sul lungo periodo.

Classe B L’impatto antropico è ridotto, vi sono moderate condizioni di disequilibrio del bilancio idrico, senza che tuttavia ciò produca una condizione di sovrasfruttamento, consentendo un uso della risorsa sostenibile sul lungo periodo.

Classe C Impatto antropico significativo con notevole incidenza dell’uso sulla disponibilità della risorsa evidenziato da rilevanti modificazioni agli indicatori generali sopraesposti (1).

Classe D Impatto antropico nullo o trascurabile, ma con presenza di complessi idrogeologici con intrinseche caratteristiche di scarsa potenzialità idrica.

(1) nella valutazione quantitativa bisogna tener conto anche degli eventuali surplus incompatibili con la presenza di importanti strutture sotterranee preesistenti.

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Stato chimico Le classi chimiche dei corpi idrici sotterranei sono definite secondo il seguente schema:

Classe 1 Impatto antropico nullo o trascurabile con pregiate caratteristiche idrochimiche;

Classe 2 Impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo e con buone caratteristiche idrochimiche

Classe 3 Impatto antropico significativo e con caratteristiche idrochimiche generalmente buone, ma con alcuni segnali di compromissione;

Classe 4 Impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche scadenti;

Classe 0 (*)

Impatto antropico nullo o trascurabile ma con particolari facies idrochimiche naturali in concentrazioni al di sopra del valore della classe 3.

(*) per la valutazione dell’origine endogena delle specie idrochimiche presenti dovranno essere considerate anche le caratteristiche chimico-fisiche delle acque. Ai fini della classificazione chimica si utilizzerà il valore medio, rilevato per ogni parametro di base o addizionale nel periodo di riferimento. La classificazione è determinata dal valore di concentrazione peggiore riscontrato nelle analisi dei diversi parametri di base o dei parametri addizionali.

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Per quanto concerne invece lo stato ambientale delle acque sotterranee, vengono definiti al punto 2.2.1. dell’Allegato 1 al D.Lgs. 152/99, 5 stati di qualità ambientale come riportato nella tabella sottostante. ELEVATO Impatto antropico nullo o trascurabile sulla qualità e quantità della

risorsa, con l’eccezione di quanto previsto nello stato naturale particolare;

BUONO Impatto antropico ridotto sulla qualità e/o quantità della risorsa;

SUFFICIENTE Impatto antropico ridotto sulla quantità, con effetti significativi sulla qualità tali da richiedere azioni mirate ad evitarne il peggioramento

SCADENTE Impatto antropico rilevante sulla qualità e/o quantità della risorsa con necessità di specifiche azioni di risanamento;

NATURALE PARTICOLARE

Caratteristiche qualitative e/o quantitative che pur non presentando un significativo impatto antropico, presentano limitazioni d’uso della risorsa per la presenza naturale di particolari specie chimiche o per il basso potenziale quantitativo.

Tab. 10: definizioni dello stato ambientale per le acque sotterranee.

Nella Tabella 11 sottostante viene riportato il risultato della classificazione quali-quantitativa della falda per il pozzo comunale di Azzano Mella. RISULTATI DELLA CLASSIFICAZIONE QUALI - QUANTITATIVA DELLA FALDA EX D.LGS. 152/99 CODICE POZZO COMUNE Data Stato

chimico Stato quantitativo

Stato ambientale

PZ0170080003 Azzano Mella 2003 3 A sufficiente

Tab. 11: risultato della classificazione quali-quantitativa della falda.

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5. CARATTERISTICHE GEOLOGICO-TECNICHE DELL’AREA Le indagini necessarie per la costruzione di edifici e opere sono normate da: • D.M.LL.PP. del 11.03.1988 "Norme tecniche riguardanti le indagini sui

terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione";

• D.M. 14/01/08 “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”, pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008, Supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore definitivamente il 1 luglio 2009.

I giudizi relativi alle caratteristiche geotecniche dei terreni espressi nei successivi paragrafi sono indicativi del comportamento medio dei litotipi e non possono quindi sostituire indagini geologiche e geotecniche di dettaglio (come previsto dal citato D.M. 14 gennaio 2008) per la realizzazione di interventi specifici sul territorio; permettono tuttavia di esprimere una valutazione di massima sull’area e di programmare le indagini geotecniche più opportune in relazione alle caratteristiche litologiche. 5.1. Indagini geognostiche A supporto delle attività di studio, sono state effettuate indagini geognostiche specifiche, in diverse fasi, nell’area di studio, comprendenti: indagini geofisiche mediante l’uso di microtremori con tecnica tipo “Re.Mi”; prove mediante penetrometro (dinamiche S.C.P.T.); sondaggi a carotaggio continuo; prove SPT in foro; prove idrauliche di assorbimento e test di portata specifica su piezometri.

5.1.1. Indagini geofisiche Nell’ambito dell’attuazione di precedenti studi geologici in prospettiva sismica, nella giornata del 5 novembre 2007 erano state effettuate prove geofisiche non invasive, per la caratterizzazione sismica del sottosuolo comunale e la definizione del profilo di velocità delle onde di taglio (onde S), mediante analisi sperimentale dei microtremori, con array lineare (metodo ad antenna singola con tecnica passiva).

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In Appendice 2 viene presentata la procedura utilizzata per l’analisi esplorativa del territorio e la valutazione del profilo di Vs nell’ambito dei primi trenta metri di sottosuolo; tale analisi, realizzata con tecnica tipo “Re.Mi” a partire dall’acquisizione delle onde superficiali presenti nel rumore sismico ambientale, ha permesso di ricostruire un modello geofisico rappresentativo dell’intero territorio comunale di Azzano Mella. Nello specifico, era stata eseguita una linea sismica della lunghezza di 115 metri utilizzando 24 geofoni, mentre la distanza tra i geofoni è risultata essere pari a 5 metri. Lo stendimento sismico, la cui ubicazione è riportata nella Tavola 1 (Carta geologica e geomorfologica, redatta in scala 1:5.000 su tutto il territorio comunale), è stato posizionato immediatamente a sud del cimitero comunale, lungo la strada che collega l’abitato di Azzano a C.na Masnina e C.na Ponticella. Tale area, visibile anche nella documentazione fotografica riportata in Appendice 3, è stata scelta in funzione della logistica del luogo, intesa come possibilità di accesso con i mezzi e facilità di manovra; durante la scelta del punto di indagine, è stata altresì considerata la vicinanza delle prove penetrometriche eseguite, in modo da operare un confronto dello stesso, cosi da poterlo utilizzare con consapevolezza rispetto al grado di attendibilità. 5.1.2. Prove penetrometriche dinamiche SCPT Al fine di investigare con l'opportuno dettaglio la natura e le caratteristiche geotecniche dei litotipi presenti, sono state effettuate, in più fasi ed in punti diversi del territorio comunale, prove penetrometriche dinamiche di tipo S.C.P.T., spinte sino ad una profondità massima di -15 m dal piano campagna: • 5 prove eseguite nel mese di ottobre 2007, • 5 prove eseguite nel mese di novembre 2007, • 7 prove eseguite nel mese di ottobre 2008, • 5 prove eseguite nel mese di novembre 2008, • 6 prove eseguite nel mese di marzo 2010. L’attrezzatura utilizzata è un penetrometro dinamico “superpesante” tipo Emilia, con massa battente a sganciamento automatico, prodotto da Pagani (PC), avente le seguenti caratteristiche: diametro della punta: 50.8 mm diametro delle aste: 34 mm angolo di apertura: 60 ° peso del maglio: 73 kg

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altezza di caduta: 0.75 m diametro tubi rivestimento: 48 mm penetrazione standard: 30 cm (N30).

La prova consiste normalmente nell’infissione, mediante caduta del maglio sulle aste, di una batteria di aste con alla base una punta conica e nella contemporanea registrazione del numero di colpi necessario per avanzamenti successivi di 30 cm; lo stesso procedimento viene adottato per infiggere successivamente un rivestimento, che ha lo scopo di ridurre nella misura maggiore possibile l'effetto di attrito, o di “presa” laterale sulle aste. Tuttavia, nel caso in esame, considerate le limitate profondità di indagine, nonché il fatto che l’attrito laterale esercitato sulle aste non influenzava i valori di resistenza alla penetrazione, non è stata usata la tubazione di rivestimento. L’analisi dei risultati delle prove penetrometriche svolte ha consentito di poter parametrizzare il sottosuolo in termini di proprietà indice, caratteristiche di consistenza, grado di sovraconsolidazione, plasticità e proprietà geotecniche nelle condizioni naturali. 5.1.3. Sondaggi a carotaggio continuo A supporto di precedenti attività di studio erano stati effettuati tra i mesi di ottobre e novembre 2008, n. 5 sondaggi a carotaggio continuo condotti sino alla profondità massima di 30 m dal p.c., di cui n. 3 attrezzati con piezometro a tubo aperto per la misura del livello della falda freatica. Nelle pagine successive si riportano le stratigrafie di n. 2 sondaggi. 5.1.4. Prove penetrometriche in foro SPT Le prove SPT sono state effettuate con punta conica chiusa per ottenere l’avanzamento altrimenti impossibile con il campionatore (tipo Raymond) nei terreni sabbioso-ghiaiosi; le prove hanno interessato sia gli strati sabbiosi che quelli ghiaiosi (granulari) della successione stratigrafica. Le caratteristiche dell’attrezzatura SPT utilizzata sono le seguenti: • Peso del maglio = 63,5 kg • Altezza di caduta = 75 cm • Conicità alla punta = 60° • Area della punta = 19,6 cm2

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• Diametro della punta = 50 mm • Peso delle aste = 7 kg/ml • Penetrazione standard = 30 cm. La determinazione dei valori di resistenza e addensamento dei terreni granulari espressa attraverso l’angolo di attrito efficace (ϕ‘), è stata effettuata a mezzo di correlazioni sperimentali con la resistenza alla penetrazione (NSPT); tra tali formulazioni, esistenti nella letteratura tecnico-scientifica internazionale maggiormente riconosciuta, si citano quelle di Terzaghi e di Gibbs & Holtz che determinano il valore di ϕ‘ passando per la densità relativa del terreno (DR). Allo scopo di ottenere valori medi rappresentativi (caratteristici) del sottosuolo locale, sono state ricavate le medie dei valori NSPT relativamente ad ogni profondità di esecuzione comune a tutte le prove, ovvero in corrispondenza di 5, 10, 15, 20 e 25 m dal. p.c.; al seguito si espone una tabella riassuntiva di analisi statistica dei valori di NSPT in funzione delle prove medie alle diverse profondità..

Sondaggio Prof. [m] Prof. [m] Prof. [m] Prof. [m] Prof. [m] 5 10 15 20 25

S2 35 43 44 41 100 S3 41 69 100 100 100 S4 38 77 91 75 100

Media 38 63 68 58 100 Dev. St. 3 18 33 24 0 Minimo 35 45 34 34 100

Tab. 12: tabella riassuntiva di analisi statistica dei valori medi di NSPT.

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Fig. 21: diagramma penetrometrico medio delle prove S.C.P.T. eseguite.

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5.1.5. Indagini di caratterizzazione idraulica A supporto delle attività di studio sono state effettuate prove idrauliche di assorbimento su piezometri, nel corso della realizzazione degli stessi, prove che in termini semi-quantitativi hanno fornito indicazioni che confermano, come ordine di grandezza, i dati disponibili per gli acquiferi della zona di studio. Sono stati effettuati, inoltre, test di portata specifica dei piezometri, ovvero prove di emungimento a bassa portata che hanno fornito indicazioni di portata specifica perfettamente in linea con i valori forniti dalle prove di collaudo dei pozzi in sistemi idrogeologici assimilabili, compresi tra 5 e 6 l/sec/m. Indicazioni sulle caratteristiche idrauliche dei terreni acquiferi possono essere dedotte anche da analisi granulometriche sui materiali campionati nel corso della realizzazione dei sondaggi geognostici a carotaggio continuo realizzati. Ulteriore fonte di valutazione delle caratteristiche idrauliche del sottosuolo è rappresentata dalle portate specifiche al collaudo dei pozzi esistenti nella zona, inseriti nella Tabella 13 sottostante:

Codice pozzo Comune Q di collaudo

(l/sec)

Livello statico

(m)

Livello dinamico

(m)

Abbassamento (m)

Q specifica (l/s/m)

PZ0170080001 Azzano M. 9,0 1,90 5,50 3,60 2,50 PZ0170080003 Azzano M. 14,0 1,40 12,90 11,50 1,21

A4a Azzano M. Loc. Nigolina 17,7 1,00 11,00 10,00 1,77

A4b Azzano M. Loc. Nigolina 17,0 1,00 13,20 12,20 1,39

A5 Azzano M. 50,0 1,65 8,00 6,35 7,87 A6 Azzano M. 15,0 6,00 8,00 2,00 7,50

Tab. 13: portate specifiche al collaudo dei pozzi esistenti.

Le prove di pompaggio consistono nel misurare l'evoluzione del livello di falda dovuta a un impulso creato da un emungimento; poiché il volume interessato da questo tipo di prova è più rilevante di quello interessato da prove ad esempio su campioni, questa tecnica viene preferita ad altre che forniscono valori puntuali, difficilmente correlabili con le proprietà reali dell'acquifero.

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Queste prove vengono effettuate per ricavare i parametri idrogeologici degli acquiferi e principalmente il coefficiente di permeabilità k (m/s) e la trasmissività T (m²/s), espressa dal prodotto tra coefficiente di permeabilità e spessore dell'acquifero. Quando inizia l'estrazione di una portata Q da un pozzo, il pelo libero dell'acqua si abbassa e per un dato tempo t si può tracciare il profilo piezometrico della falda; le variazioni di carico idraulico vengono registrate come abbassamento s rispetto alla sua altezza iniziale definita "livello statico". Fintanto che il livello misurato tende ad abbassarsi si è in presenza di un "regime transitorio" o di non equilibrio. Essendo la quantità d'acqua pompata costante nel tempo e il volume di terreno interessato dall'effetto del pompaggio sempre più grande, la velocità di abbassamento tende a diminuire e qualora si verifichi una effettiva stabilizzazione del livello, si raggiungono condizioni di "regime permanente" o "stazionario". Nel caso in esame sono stati considerati come più rappresentativi e quindi utilizzati i dati relativi a due prove di collaudo di pozzi di Azzano Mella e ad una prova di pompaggio di breve durata su un piezometro, i cui risultati sono riportati nella seguente Tabella 14 e nel grafico in Figura 22. I risultati delle prove sono stati elaborati in regime stazionario utilizzando il metodo di Cassan M., 1980 (v. Figura 23), che può essere applicato qualora noti i valori di portata e di abbassamento, registrati durante la prova, e alcune altre caratteristiche della falda.

Tab. 14: abbassamenti misurati in piezometro.

PIEZOMETRO

Q = 0,88 l/sec Qs (l/sec/m)= 4,89

L.S.= 1,83 m DISCESA RISALITA t (sec) s (m) t (sec) s (m) 0 1,83 0 2,01 5 1,87 10 1,88 10 1,98 45 1,87 60 1,99 65 1,86 120 2,00 190 1,85 420 2,01 655 1,84 900 2,01 1500 1,84

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1,821,841,861,881,9

1,921,941,961,98

22,02

0 200 400 600 800

t (sec)

s (m

)

. Fig. 22: curva di abbassamento del piezometro.

Fig. 23: grafico di Cassan.

Per l'applicazione di questo metodo si utilizzano il grafico di Cassan e le seguenti relazioni:

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s

σ = -------- i r

2 π s Θ = --------- T

Q dove: s (m) = abbassamento in pozzo i = gradiente idraulico r (m) = raggio del pozzo Q (m3/s) = portata di emungimento. Ricavando il valore di σ ed inserendolo nella funzione standard riportata nel grafico in Figura 23, si ottiene Θ e successivamente la trasmissività. Da quest'ultimo parametro si può infine ricavare la conducibilità idrica mediante la formula:

k = T / l dove l rappresenta lo spessore dell’acquifero (o la lunghezza dei filtri). Dall'applicazione di questa metodologia si ottengono i valori di trasmissività e conducibilità idraulica riportati nella seguente Tabella 15:

Pozzo T (m2/s) K (m/s) Azzano n. 6 prop. Battista 7.1·10-3 3.6·10-4 Azzano n. 5 prop. Santi 8.7·10-3 1.2·10-3 Pz 3 4.2·10-3 1.7·10-4

Tab. 15: valori di trasmissività T e permeabilità K.

dalla cui media si ottiene il valore utilizzato per le simulazioni riportate di seguito, che è pari a:

T = 6.7·10-3 m²/s

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5.2. Proprietà geotecniche dei terreni Le indagini geognostiche eseguite sul territorio comunale hanno evidenziato che i terreni di natura ghiaiosa o sabbiosa, presenti inferiormente al suolo, possiedono caratteristiche geotecniche buone. L'esame delle caratteristiche litologico-tecniche desunte dalle prove penetrometriche S.C.P.T. effettuate ha permesso di identificare il seguente modello geologico-geotecnico del sottosuolo fino ai 15 m: 1° livello, superficiale:

si estende dal p.c. fino a una profondità di circa 2,0 m dal p.c. - la media dei valori rilevati nel corso delle prove dinamiche si attesta sui 5 colpi/piede - è costituito da ghiaia mista ad argilla e sabbia limosa;

2° livello, intermedio:

si sviluppa dal letto stratigrafico dello strato di superficie fino a mediamente 5,0 m dal p.c. - la media dei valori rilevati nel corso delle prove dinamiche si attesta sui 13 colpi/piede - è costituito da ghiaia e sabbia;

3° livello, profondo:

si sviluppa a partire dal letto stratigrafico dello strato precedente (livello intermedio) fino a 15 m dal p.c. - la media dei valori rilevati nel corso delle prove dinamiche si attesta sui 29 colpi/piede - è costituito da ghiaia prevalente e sabbia subordinata.

L’analisi dei risultati delle prove penetrometriche svolte ha consentito di poter parametrizzare il sottosuolo in termini di proprietà indice, caratteristiche di consistenza, grado di sovraconsolidazione, plasticità e proprietà geotecniche nelle condizioni naturali. In particolare, dai valori medi di N-30 = numero di colpi necessari per un avanzamento di 30 cm si sono ricavati i corrispondenti valori di NSPT (numero della Standard Penetration Test), attraverso le medie scaturite dalle correlazioni empirico-sperimentali maggiormente riconosciute in ambito tecnico-scientifico internazionale. Successivamente da detto valore (NSPT), nonché da esperienze simili in terreni del tutto analoghi ed estrapolando opportunamente i risultati, si sono ricavati i valori dei parametri di resistenza degli strati di terreno interessati dalle indagini geognostiche. Relativamente all’interpretazione delle prove dinamiche, si ricorda che la correlazione empirica tra stato di addensamento (per terreni granulari) e densità relativa DR [%] è espressa nella seguente Tabella 16.

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Densità Relativa – DR [%] Addensamento

0 ÷ 15 Molto sciolto

15 ÷ 35 Sciolto

35 ÷ 65 Medio

65 ÷ 85 Denso

85 ÷ 100 Molto denso

Tab. 16: correlazione empirica tra stato di addensamento e densità relativa DR [%]

Confrontando le indagini eseguite in aree litologicamente assimilabili a quella in oggetto e utilizzando i dati delle prove penetrometriche in combinazione con i diagrammi e le relazioni proposte dai vari Autori, è stato possibile ricavare alcune proprietà specifiche dei terreni testati come i valori di angolo di attrito interno o di coesione. Pertanto, al fine della caratterizzazione geomeccanica dei terreni oggetti di studio, in relazione alla natura e allo stato di addensamento o di consistenza dei terreni, è stato possibile suddividere il sottosuolo indagato in due principali unità litotecniche così mediamente schematizzabili: Terreni misti: Peso di volume γ=1.8-1.9 gr/cm3 Angolo di attrito φ=28°-38° sess. Densità relativa %=40-100 Coesione 0 Ghiaie e Ghiaie sabbiose: Peso di volume γ=1.9-2.0 gr/cm3 Angolo di attrito φ=40°-48° sess. Densità relativa %=80-100 Coesione 0

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6. ANALISI DEL RETICOLO IDRICO COMUNALE Per quanto concerne la determinazione del reticolo idrico e delle relative fasce di rispetto, sono stati ripresi i risultati di uno studio precedente affidato ad altro professionista (“Dott. Ing. G. Rossi - Individuazione del reticolo idrico minore e Regolamento di Polizia idraulica - 2005”). 6.1. Inquadramento idrografico generale Il reticolo idrografico è caratterizzato dalla presenza del Fiume Mella, da un buon numero di vasi colatori e da un fitto reticolo di canali irrigui, in parte alimentati da fontanili. Il Fiume Mella II Fiume Mella nasce in alta Val Trompia, sulle pendici del Monte Maniva, e attraversa un lungo tratto di pianura bresciana prima di immettersi nel fiume Oglio tra Seniga ed Ostiano, dopo un percorso di 96 km circa. Il carattere torrentizio del fiume, che non è regolamentato verso monte da alcun bacino, ha dato origine a varie inondazioni e rende difficoltoso un utilizzo razionale delle sue risorse idriche a scopo irriguo. Il Mella, in occasione delle piene di maggiori dimensioni, ha mutato spesso tracciato all'interno della sua piana alluvionale, come si può dedurre dalla morfologia, talora ben conservata, che consente di leggere i vecchi percorsi e le linee di accrescimento fluviale. Nel territorio di Azzano il Mella scorre all'interno di un'area debolmente depressa rispetto al “Livello Fondamentale della Pianura”; oggi il fiume è difeso da un argine lungo tutto il tratto che interessa il territorio comunale. I corsi d’acqua minori Sul territorio del comune di Azzano Mella sono presenti anche corsi d'acqua minori, quali vasi colatori, seriole e rogge, in parte legati alla bonifica delle paludi Biscia, Chiodo e Prandona, talora alimentati dalle acque dei fontanili. Essi presentano un andamento prevalente NNE-SSW.

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Procedendo da est verso ovest si trovano: il Vaso Mandolossa, che segue per un buon tratto il confine comunale per poi

gettare le proprie acque nel Mella; il Torrente Gandovere che deriva le sue acque dal Vaso Mandolossa e riceve

le acque dal Vaso Troglio; il Vaso Quinzanella; il Vaso Gatella; la Seriola d’Acquadora; il Vaso Pola; la Scolo Fossadone; la Seriola Molina.

Alcuni di questi corsi d'acqua, in occasione di eventi di piena, possono tracimare allagando i settori di campagna circostanti.

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6.2. Reticolo idrico principale La definizione dei corpi idrici appartenenti al reticolo idrico da considerarsi principale è stata effettuata dalle strutture dell’ex Genio Civile presenti nei diversi STAP (attuali Sedi Territoriali della Regione Lombardia). Tali strutture per ciascun territorio provinciale di competenza hanno individuato quei corsi d’acqua che possiedono quei requisiti elencati dalla D.G.R. n. 6/47310 del 22 dicembre 1999, verificandone poi la corrispondenza con gli ulteriori criteri, per lo più di tipo morfologico, indicati nella Delibera n. 7/7868. Si ricorda che ai sensi della sopra citata D.G.R. n. 6/47310, devono essere inseriti negli elenchi del reticolo idrico tutti i corsi d’acqua sui quali era consuetudine svolgere, da parte degli uffici del Genio Civile, le funzioni di Polizia Idraulica secondo le disposizioni del R.D. n. 523/1904 e precisamente quelli che possiedono almeno una delle seguenti caratteristiche: corsi d’acqua già iscritti negli elenchi delle acque pubbliche; corsi d’acqua anche non iscritti su cui sono state eseguite opere idrauliche da

parte di Enti pubblici; corsi d’acqua non iscritti su cui sono già state rilasciate autorizzazioni di

polizia idraulica, avendone riconosciuto la caratteristica di acque pubbliche; corsi d’acqua non iscritti su cui sono già state rilasciate autorizzazioni di

polizia idraulica, avendone riconosciuto la caratteristica di acque pubbliche. Nel territorio del comune di Azzano Mella i corsi d’acqua compresi nell’Allegato A della D.G.R. 1 Agosto 2003, n. 7/13950, e pertanto appartenenti al Reticolo principale sono: il Fiume Mella (n. BS061 del predetto elenco) ed il Torrente Mandolossa (n. BS062). Entrambi i predetti corsi d’acqua sono iscritti nell’Elenco delle Acque Pubbliche di cui al R.D. 11.12.1933, n. 1775, con i seguenti numeri dell’Elenco Principale, approvato con R.D. 19.11.1913: Fiume Mella: n. 143, Torrente Mandolossa: n. 147.

Il Mella non è compreso nell’Allegato D della D.G.R. 25 Gennaio 2002, n. 7/7868 e pertanto rientra nell’ambito della competenza regionale, fatte salve le competenze dell’Autorità di Bacino del Fiume Po e dell’AIPO-Magistrato per il Po sulle opere idrauliche della 3ª Categoria, ai sensi del R.D. 25 Luglio 1904, n° 523, e nell’ambito delle Fasce Fluviali, definite nel Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.).

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Il Mandolossa è invece compreso nell’Allegato D della D.G.R. del 25 gennaio 2002 n. 7/7868, fra i corsi d’acqua del Consorzio Mella e dei Fontanili, al n. 72. Il predetto consorzio tuttavia non è costituito e nessun altro consorzio di bonifica gestisce questo corso d’acqua. Inoltre il Torrente Mandolossa non è compreso nell’elenco che individua il reticolo idrico di competenza dei Consorzi di Bonifica, approvato con D.G.R. del 11 febbraio 2005 n. 7/20552; la competenza pertanto rimane alla Regione.

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6.3. Reticolo idrico minore I criteri seguiti per l’individuazione del reticolo idrico minore di competenza comunale sono quelli previsti dalla D.G.R. di riferimento (n. 7/13950). In particolare il reticolo idrico minore di competenza comunale è definito secondo i criteri del regolamento di attuazione della legge 36/94 (D.P.R. n. 238/1999) come il reticolo idrografico costituito da tutte le acque superficiali (art. 1 comma 1 del regolamento) ad esclusione di tutte “le acque non ancora convogliate in un corso d’acqua” (art. 1 comma 2). Si considerano rispondenti alla definizione sopra riportata i corsi d’acqua che rispondono ai seguenti criteri: siano indicati come demaniali sulle carte catastali o in base a normative

vigenti; siano stati oggetto di sistemazione idraulica con finanziamenti pubblici; siano rappresentati come corsi d’acqua delle cartografie ufficiali (IGM, CTR).

Nel caso specifico di Azzano Mella, sono compresi nel reticolo minore i corsi d’acqua non compresi nel reticolo principale, attualmente esistenti, con portata perenne o discontinua, aventi funzione idraulica rilevante e/o valenza ambientale di pregio. In genere sono compresi in questo reticolo i corsi d’acqua attualmente esistenti, già identificati sia nelle mappe del Cessato Catasto Terreni, che del NCTR come aree e particelle di acque senza numero di mappa. Nessun corso d’acqua del Reticolo Minore è iscritto nell’Elenco delle Acque Pubbliche di cui al R.D. 11.12.1933, n. 1775. La maggior parte dei corsi d’acqua del Reticolo Minore è compresa negli elenchi dell’Allegato D della D.G.R. 25 Gennaio 2002, n° 7/7868, il quale individua il reticolo dei corsi d’acqua (canali di bonifica), gestiti dai Consorzi di Bonifica. Ai sensi della lettera c), comma 4 dell’art. 5 della L.R. 16.06.2003, n. 7: “Norme in materia di bonifica e irrigazione”, i consorzi di bonifica esercitano le funzioni concessorie e di polizia idraulica sui canali individuati nell’Allegato D della D.G.R. n. 7868/02, ricompresi nei comprensori del territorio regionale di cui al comma 1 dell’art. 20 (norma transitoria) della L.R. stessa. Il territorio comunale di Azzano Mella rientra interamente nel territorio regionale classificato di bonifica. Secondo la perimetrazione approvata dalla Regione

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Lombardia con D.C.R. 26.03.1986, n. IV/213, l’intero territorio comunale è compreso nell’ambito del Comprensorio di Bonifica n. 10 “Mella e dei Fontanili”. Il Consorzio di bonifica comprensoriale, tuttavia, non è attualmente costituito, rimanendo vigenti ed operativi i preesistenti Consorzi di bonifica, fra i quali il C.B. “Biscia, Chiodo e Prandona” i cui canali interessano parzialmente il territorio comunale di Azzano Mella. Nell’elenco che individua il reticolo idrico di competenza dei Consorzi di bonifica, approvato dalla Regione Lombardia con D.G.R 11 Febbraio 2005, n° 7/20552, ai sensi dell’art. 10 comma 5 della L.R. 16 Giugno 2003, n. 7, per quanto riguarda il comprensorio di bonifica n°10, risultano annoverati i soli corsi d’acqua del C.B. Biscia, Chiodo e Prandona. Stante la situazione, la polizia idraulica sui corsi d’acqua del reticolo minore, non facenti parte della rete dei canali del Consorzio di bonifica “Biscia, Chiodo e Prandona”, ancorché iscritti negli elenchi dell’Allegato D alla D.G.R. 7868/02, è di competenza comunale; il Consorzio di bonifica “Biscia, Chiodo e Prandona” mantiene la competenza sui canali del proprio reticolo, secondo il proprio ordinamento. Consorzi irrigui Su questa rete di corsi d’acqua sono operativi alcuni consorzi di utenti per l’uso irriguo delle acque, costituiti in prevalenza nella forma dei consorzi irrigui di natura privatistica, gestiti con autonome amministrazioni. I consorzi legalmente costituiti ed operanti nella gestione dell’irrigazione, all’interno del territorio comunale di Azzano Mella, risultano i seguenti: Consorzio di miglioramento fondiario Vaso Gandovere, Consorzio irriguo Vaso Quinzanella, Consorzio irriguo Vaso Gatella, Consorzio di bonifica Biscia, Chiodo e Prandona.

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6.4. Fasce di rispetto La normativa regionale di riferimento (D.G.R. n. 7/13950), prevede che, una volta individuato il reticolo idrico minore, dovranno essere individuate le fasce di rispetto dei corsi d’acqua costituenti tale reticolo. Le fasce di rispetto delimitano porzioni di territorio che non possono essere utilizzate a fini urbanistici, in quanto riservate a funzioni di salvaguardia del reticolo idrografico del territorio comunale, così come regolamentate dalle normative di riferimento in materia. Le fasce, individuate sui corsi d’acqua dell’intero reticolo idrico di Azzano Mella sono di ampiezza variabile in funzione delle caratteristiche, della posizione e della valenza del singolo corso d’acqua. Si precisa che l’ampiezza della fascia è la misura lineare presa trasversalmente al corso d’acqua dal piede esterno degli argini, se esistenti, o, altrimenti, dalla sommità delle scarpate dell’alveo o del ciglio superiore delle incisioni nel caso dei valloni. Nel caso di canali coperti, l’ampiezza della fascia è misurata a partire dal limite esterno delle murature perimetrali dei manufatti. Nella cartografia allegata le diverse ampiezze delle fasce di rispetto sono individuate con segni grafici convenzionali, i quali rappresentano solo approssimativamente, nella scala della carta, la fascia stessa, dovendosi individuare le distanze minime da rispettare con misure dirette in sito. I vincoli in materia di reticolo idrico presenti nel territorio del comune di Azzano Mella sono: fascia di ampiezza di 10 metri per ogni lato del F. Mella e del T. Mandolossa; fascia dell’ampiezza di 10 metri per ogni lato dei corsi d’acqua a cielo libero,

esterni ai centri edificati ed alle aree edificabili del P.R.G.; fascia dell’ampiezza di 4 metri per ogni lato dei corsi d’acqua a cielo libero,

all’interno dei centri abitati edificati e delle aree edificabili del P.R.G.; lungo i tratti coperti la fascia di rispetto è stabilita nella misura di 1 metro per

parte, per ragioni di integrità dei manufatti e di accessibilità per l’ispezione e la manutenzione;

fascia nulla in particolari casi, all’interno dei centri densamente edificati, in cui le murature perimetrali degli edifici esistenti costituiscono le sponde dei corsi d’acqua canalizzati;

le fasce di rispetto sui corsi d’acqua di competenza del Consorzio di bonifica, individuano l’ambito di competenza del Consorzio di bonifica stesso, secondo il proprio ordinamento.

I precedenti criteri generali di delimitazione delle fasce, di tipo geometrico, valgono in linea generale, fatte salve le opportune diverse disposizioni adottate in caso di particolari situazioni o esigenze di ordine idraulico.

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6.5. Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) Il Piano per l’Assetto Idrogeologico, adottato dall’Autorità di Bacino del Fiume Po con Deliberazione del Comitato Istituzionale 26 Aprile 2001 n. 18, individua, nell’ambito del territorio comunale di Azzano Mella, le aree delle regioni fluviali del Fiume Mella entro le quali si applicano le Norme di Attuazione del P.A.I.. Il territorio comunale è interessato dalle fasce fluviali della sponda destra, ed in alcuni tratti anche della sponda sinistra dell’alveo arginato. Si evidenzia che: nella zona di confluenza in Mella del Torrente Mandolossa, il limite della

fascia A coincide con il limite della fascia B ed è tracciato esternamente all’argine destro fluviale per un tratto di circa 900 metri, per cui una parte del territorio esterno all’argine fluviale risulta compreso nella Fascia A;

successivamente, i limiti sempre coincidenti delle fasce A e B seguono l’andamento dell’argine destro del Mella, fino oltre il ponte della S.P. n. 21, alla distanza di circa 500 metri da questo;

da questo punto in poi, il limite della Fascia A coincide ancora con l’argine fluviale destro, mentre il limite della Fascia B è tracciato esternamente, talché una parte del territorio comunale limitrofa al corso del Mella, dell’estensione di circa 32 ettari, rientra nella Fascia B;

la Fascia C è ovunque delimitata esternamente ai limiti delle fasce A e B, comprendendo buona parte del territorio comunale, specialmente nella zona a Nord. Nella Fascia C rientra inoltre parte della zona urbana del capoluogo e la frazione Pontegatello.

Nelle zone del territorio comunale comprese nelle fasce fluviali A, B e C, valgono le disposizioni rispettivamente degli articoli 29, 30 e 31 delle Norme di Attuazione del PAI e gli obblighi derivanti dalla normativa regionale D.G.R. 11 Dicembre 2001, n. 7/7365 “Attuazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Po (PAI) in campo urbanistico”. Nonostante il sopra descritto tracciamento delle fasce fluviali del PAI, le fasce di rispetto relative all’attività di polizia idraulica per il Fiume Mella ed il Torrente Mandolossa, sono individuate a partire dal piede esterno degli argini, essendo questi le opere di difesa idraulica classificate nella terza categoria, ai sensi del R.D. 523/1904.

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6.6. I fontanili Il territorio comunale si colloca, come già detto, in quella porzione della pianura lombarda in cui si assiste ad una graduale diminuzione di granulometria e permeabilità dei depositi alluvionali quaternari. La diminuzione della permeabilità dei terreni, insieme alla diminuzione della pendenza della superficie topografica, induce la falda acquifera ad avvicinarsi al piano campagna; ciò determina la venuta a giorno delle acqua della prima falda a formare i cosiddetti fontanili o risorgive. La linea delle risorgive nel territorio provinciale ha essenzialmente il valore di limite di monte della zona delle risorgive e tale linea presenta una marcata risalita verso nord in corrispondenza della Valle del Mella e quindi anche del territorio comunale di Azzano Mella. Generalmente i fontanili si situano in corrispondenza di una marcata incisione nella quale si sviluppa l’emergenza d’acqua. Le singole emergenze sono tradizionalmente note in letteratura con il nome di “teste” del fontanile. Va inoltre fatto presente che per le caratteristiche di rappresentatività e l’elevato valore scenico, i fontanili rinvenuti possono essere considerati un “bene geologico”. L’attribuzione dei vari fontanili ai “beni geologici” è avvenuta secondo le indicazioni riportate nella D.G.R. del 6 agosto 1998, n. 6/37918. Si ricorda che tale Deliberazione di Giunta Regionale ha costituito lo strumento normativo tecnico per l’elaborazione degli studi geologici ai sensi della L.R. 41/97, recentemente sostituita dalla D.G.R. n. 7/6645 del 2001. In quest’ultima delibera è ancora prevista l’individuazione all’interno dello studio geologico a supporto della pianificazione comunale dei beni geologici presenti nel territorio comunale. I fontanili sono caratterizzati da portate costanti e generalmente abbastanza elevate; nel corso degli ultimi anni si è assistito in molte zone ad una migrazione verso sud dei punti di emergenza delle acque e ad una diminuzione netta delle portate, che in molti casi hanno assunto un andamento stagionale, con dei massimi in corrispondenza dei periodi con piovosità più elevata o di irrigazione intensiva. La causa va ricercata nell'abbassamento subito dalla falda acquifera superficiale conseguente al forte aumento nell'entità degli emungimenti che si è reso necessario per soddisfare soprattutto le esigenze delle attività industriali.

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Nel territorio comunale sono stati censiti sei fontanili che mostrano portate apprezzabili. Particolarmente significativo per il numero di tubi e per la portata risulta quello ubicato in prossimità del confine comunale con Lograto e Torbole Casaglia, le cui acque confluiscono nel Vaso Pola. In condizioni discrete appaiono anche i fontanili che si trovano a nord di C.na Bonifica e gettano le proprie acque nel Vaso Gatella, mentre i rimanenti si presentano come tubi infissi in prossimità delle sponde all'interno di alcune rogge che attraversano il territorio comunale. Infine, circa 500 metri ad ovest di Pontegatello, è presente una risorgiva (testa di un canale) profonda circa 3.5 metri rispetto al piano campagna, presumibilmente scavata per bonificare il terreno circostante. In corrispondenza del fondo della fossa emerge una buona quantità di acqua.

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7. RACCORDO CON IL PIANO TERRITORIALE DI

COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI BRESCIA Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Brescia, approvato con D.C.P. n. 22 del 21 Aprile 2004, identifica le risorse sul territorio provinciale e definisce le strategie di assetto, organizzazione e tutela ambientale del territorio; esso si configura come quadro di riferimento e strumento urbanistico in merito alle scelte territoriali di competenza provinciale o di rilevanza sovracomunale, nonché all’attuazione di scelte di massima operata ai livelli di pianificazione superiore mediante quadri di riferimento economico-territoriali e piani settoriali. Il P.T.C.P. è redatto in conformità dell’art. 5 della legge quadro Urbanistica n. 1150/1942, nonché delle Leggi nazionali e regionali di settore, dell’art. 20 del D.Lgs. n. 267/2000 Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), dell’art. 57 del D.Lgs. n. 112/1998, dell’art. 3 della Legge regionale n. 1/2000 e della D.G.R. n. 6/49509 del 7 aprile 2000 “Linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell’art. 3, comma 39 della L.R. n. 1/2000” e della D.G.R. n. 7/7582 del 21 dicembre 2001 “Documento integrativo alle “Linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell’art. 3, comma 39 della L.R. 1/2000”, approvate con D.G.R. n. 6/49509 del 7 aprile 2000”, visti alla luce della Legge n. 3/2001 che costituzionalizza il principio di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza. Il principale obiettivo del P.T.C.P. è quello del coordinamento tra la pianificazione sovra e quella sotto ordinata al livello provinciale, orientando le scelte di assetto e di sviluppo del territorio in modo coerente con il sistema dei progetti di rilevanza provinciale. Il P.T.C.P. contiene: • l’indicazione delle vocazioni generali del territorio; • l’indicazione delle peculiarità proprie di ciascun ambito provinciale; • il programma generale delle maggiori infrastrutture puntuali ed a rete di

mobilità e la loro collocazione di massima; • le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, ed idraulico

forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque.

Il P.T.C.P. ha efficacia di piano paesistico – ambientale ed individua, tra le altre cose, le zone di particolare interesse paesistico-ambientale, le aree protette e gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l'istituzione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS). Esso recepisce inoltre la pianificazione extra-provinciale

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vigente alla sua data di adozione quale ad esempio le indicazioni contenute nel “Piano stralcio delle fasce fluviali” e nel “Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del Fiume Po”. Il P.T.CP., inoltre, identifica a livello provinciale le destinazioni urbanistiche generali e soprattutto le infrastrutture come strade e strutture di utilizzo generale sovracomunale. L’analisi paesistica di dettaglio, che copre l’intero territorio provinciale, così come rappresentata nella Tav. 2: “Paesaggio – scala 1:25.000” e descritta nell’Allegato I alle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) - Il sistema del paesaggio dei beni storici. Disciplina per la tutela e la valorizzazione delle componenti del paesaggio della Provincia di Brescia - costituisce: • approfondimento dei sistemi territoriali definiti in base ai caratteri paesistico-

ambientali; • individuazione delle zone di particolare interesse paesistico nel rispetto dei

criteri paesistici di cui alla D.G.R. n° VI/47670 del 29/12/99; • perimetrazione degli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di

Parchi locali di interesse sovracomunale; • definizione dei criteri per la trasformazione e l’uso del territorio rivolti alla

salvaguardia dei valori paesistici ed ambientali da proteggere. Il P.T.C.P. individua nell’Atlante dei Rischi i cosiddetti “elementi di criticità”, riportati cartograficamente alle Tavv. 3: “Ambiente e Rischi – scala 1:25.000”. L’Atlante dei Rischi contiene in particolare l’analisi di rischio idraulico ed idrogeologico e l’analisi di pericolosità del dissesto, con zonazione cartografica delle aree in dissesto e con finalità di definizione normativa delle limitazioni d’uso del suolo. La determinazione del rischio idraulico ed idrogeologico deriva dalla valutazione della pericolosità connessa alle diverse tipologie di dissesto e della vulnerabilità propria del contesto socio-economico e infrastrutturale potenzialmente soggetto a danni in dipendenza del manifestarsi di fenomeni di dissesto. L’identificazione e la delimitazione delle aree in dissesto, inoltre, consente il riconoscimento delle componenti dirette che possono indurre una condizione di pericolosità e quindi di rischio più o meno vasto ed elevato su una determinata area. Le prescrizioni, gli indirizzi e le direttive del sistema paesistico, nonché i relativi rischi idrogeologici e del dissesto, hanno costituito gli elementi di riferimento per l’emissione della presente verifica. Sul territorio comunale di Azzano Mella, per quanto concerne la componente idrogeologica, emergono problematiche riferibili alla presenza di zone nelle quali la combinazione di soggiacenza e composizione del terreno segnalano una vulnerabilità della falda alta e molto alta.

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Il P.T.C.P., con riferimento alla carta dei dissesti regionali (Tav. 3B), individua anche gli ambiti di rischio connessi a dissesti idrogeologici che possono causare danni a persone, cose e patrimonio ambientale in relazione al grado di vulnerabilità del territorio e alla pericolosità dell’evento. Onde evitare le possibili contaminazioni della falda anche superficiali da inquinamenti derivati da impianti ed attività urbane, l’art. 43 – “Zone ad alta vulnerabilità della falda” delle N.T.A. prescrive in tali aree: • nella realizzazione di infrastrutture stradali, zone industriali e alle relative

superfici pavimentate pertinenziali in genere, dovrà essere assicurata la raccolta e la depurazione delle acque di prima pioggia;

• le fognature miste e nere dovranno essere realizzate con tecnologie atte ad evitare possibili perdite e l’impermeabilizzazione di superfici carrabili può avvenire in deroga al principio della permeabilità;

• si propone alla pianificazione regionale di settore la classificazione della zona come area sensibile ai sensi del D.Lgs. 152/99.

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PARTE III - DEFINIZIONE DELLA

COMPONENTE SISMICA 8. PERICOLOSITÀ SISMICA: QUADRO METODOLOGICO Nel seguito si riporta una descrizione della procedura definita nell’Allegato 5 alla D.G.R. VIII/7374/08, relativo alla “analisi e valutazione degli effetti sismici di sito in Lombardia finalizzate alla definizione dell’aspetto sismico nei P.G.T.”. Le particolari condizioni geologiche e geomorfologiche di una zona (condizioni locali) possono influenzare, in occasione di eventi sismici, la pericolosità sismica di base producendo effetti diversi da considerare nella valutazione generale della pericolosità sismica dell’area. Tali effetti vengono distinti in funzione del comportamento dinamico dei materiali coinvolti; pertanto gli studi finalizzati al riconoscimento delle aree potenzialmente pericolose dal punto di vista sismico sono basati, in primo luogo, sull’identificazione della categoria di terreno presente in una determinata area. In funzione, quindi, delle caratteristiche del terreno presente, si distinguono due grandi gruppi di effetti locali: • quelli di sito o di amplificazione sismica locale; • quelli dovuti ad instabilità. Effetti di sito o di amplificazione sismica locale Interessano tutti i terreni che mostrano un comportamento stabile nei confronti delle sollecitazioni sismiche attese; tali effetti sono rappresentati dall’insieme delle modifiche in ampiezza, durata e contenuto in frequenza che un moto sismico (terremoto di riferimento), relativo ad una formazione rocciosa di base (bedrock), può subire, durante l’attraversamento degli strati di terreno sovrastanti il bedrock, a causa dell’interazione delle onde sismiche con le particolari condizioni locali. Tali effetti si distinguono in due gruppi che possono essere contemporaneamente presenti nello stesso sito: • effetti di amplificazione topografica: si verificano quando le condizioni locali

sono rappresentate da morfologie superficiali più o meno articolate e da irregolarità topografiche in generale; tali condizioni favoriscono la focalizzazione delle onde sismiche in prossimità della cresta del rilievo a seguito di fenomeni di riflessione sulla superficie libera e di interazione fra il campo d’onda incidente e quello diffratto; se l’irregolarità topografica è

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rappresentata da substrato roccioso si verifica un puro effetto di amplificazione topografica, mentre nel caso di rilievi costituiti da materiali non rocciosi l’effetto amplificatorio è la risultante dell’interazione (difficilmente separabile) tra l’effetto topografico e quello litologico di seguito descritto;

• effetti di amplificazione litologica: si verificano quando le condizioni locali sono rappresentate da morfologie sepolte (bacini sedimentari, chiusure laterali, corpi lenticolari, eteropie ed interdigitazioni, gradini di faglia ecc.) e da particolari profili stratigrafici costituiti da litologie con determinate proprietà meccaniche; tali condizioni possono generare esaltazione locale delle azioni sismiche trasmesse dal terreno, fenomeni di risonanza fra onda sismica incidente e modi di vibrare del terreno e fenomeni di doppia risonanza fra periodo fondamentale del moto sismico incidente e modi di vibrare del terreno e della sovrastruttura.

Effetti di instabilità Interessano tutti i terreni che mostrano un comportamento instabile o potenzialmente instabile nei confronti delle sollecitazioni sismiche attese e sono rappresentati in generale da fenomeni di instabilità consistenti in veri e propri collassi e talora movimenti di grandi masse di terreno incompatibili con la stabilità delle strutture; tali instabilità sono rappresentate da fenomeni diversi a seconda delle condizioni presenti nel sito. Nel caso di versanti in equilibrio precario (in materiale sciolto o in roccia) si possono avere fenomeni di riattivazione o neoformazione di movimenti franosi (crolli, scivolamenti rotazionali e/o traslazionali e colamenti), per cui il sisma rappresenta un fattore d’innesco del movimento sia direttamente a causa dell’accelerazione esercitata sul suolo sia indirettamente a causa dell’aumento delle pressioni interstiziali. Nel caso di aree interessate da particolari strutture geologiche sepolte e/o affioranti in superficie tipo contatti stratigrafici o tettonici quali faglie sismogenetiche si possono verificare movimenti relativi verticali ed orizzontali tra diversi settori areali che conducono a scorrimenti e cedimenti differenziali interessanti le sovrastrutture. Nel caso di terreni particolarmente scadenti dal punto di vista delle proprietà fisico- meccaniche si possono verificare fenomeni di scivolamento e rottura connessi a deformazioni permanenti del suolo; per terreni granulari sopra falda sono possibili cedimenti a causa di fenomeni di densificazione ed addensamento del materiale, mentre per terreni granulari fini (sabbiosi) saturi di acqua sono possibili fluimenti e colamenti parziali o generalizzati a causa dei fenomeni di liquefazione. Nel caso di siti interessati da carsismo sotterraneo o da particolari strutture vacuolari presenti nel sottosuolo si possono verificare fenomeni di subsidenza più o meno accentuati in relazione al crollo parziale o

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totale di cavità sotterranee. I criteri e indirizzi approvati con la D.G.R. 8/1566/05 sono stati di recente aggiornati e integrati a seguito dell’approvazione del D.M. 14 gennaio 2008 «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni», pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008, Supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore il 6 marzo 2008, e della l. 28 febbraio 2008, n 31 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria», pubblicata sulla G.U. n. 51 del 29 febbraio 2008. Tali normative modificano, rispettivamente, la sostanza dell’approccio alla tematica della difesa sismica e le relative modalità e tempistiche di applicazione. Durante tale periodo, fino al 30 giugno 2009, si possono utilizzare per la progettazione sia le norme del D.M. 14 gennaio 2008, sia le norme previgenti, elencate al comma 2 del sopracitato art. 20 della L. 28 febbraio 2008, n. 31. Fanno eccezione le nuove progettazioni degli interventi relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali di cui al decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile 21 ottobre 2003, per le quali si applicano da subito le disposizioni del D.M. 14 gennaio 2008. In relazione alla definizione della componente sismica e alla pericolosità sismica locale, in Allegato 5 alla D.G.R. VIII/7374/08 è riportata la metodologia per la valutazione dell’amplificazione sismica locale, in adempimento a quanto previsto dal D.M. 14 gennaio 2008, dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, e della D.G.R. n. 14964 del 7 novembre 2003 e del D.D.U.O. n. 19904 del 21 novembre 2003. La metodologia utilizzata si fonda sull’analisi di indagini dirette e prove sperimentali effettuate su alcune aree campione della Regione Lombardia, i cui risultati sono contenuti in uno “Studio–Pilota” redatto dal Politecnico di Milano – Dip. di Ingegneria Strutturale, reso disponibile sul SIT regionale. Tale metodologia prevede tre diversi livelli di approfondimento, organizzati nel diagramma di flusso riportato alla pagina seguente e successivamente sintetizzati.

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1°LIVELLO

Carta della pericolosità sismica locale

2°LIVELLO

Litologia prevalenteGradiente Vs-zGradiente γn-z

Stratigrafiacon Vs e Spessori di

ciascuno strato Sezioni geologiche

Modello geofisico -geotecnico Abachi T-Fa

Carta delle aree di FaValori di soglia comunale

Fa > soglia

Uso degli spettri dinormativa per la zonae la categoria di su olo

Analisi di 3° livello

3°LIVELLO

Uso degli spettri calcolati

Moto di input (almeno 3)

Modelli geofisici -geotecnici di dettaglio

Curve di degrado e smorzamento

Programmi di calcolo 1D e 2D

SINO

Carta geologica Carta geomorfologicaTabella scenari di

pericolositàsismica locale

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1^ livello: riconoscimento delle aree passibili di amplificazione sismica sulla base sia di osservazioni geologiche (cartografia di inquadramento), sia di dati esistenti; questo livello, obbligatorio per tutti i comuni, prevede la redazione della Carta della pericolosità sismica locale, nella quale deve essere riportata la perimetrazione areale delle diverse situazioni tipo, riportate nella Tabella 1 dell’Allegato 5, in grado di determinare gli effetti sismici locali (aree a pericolosità sismica locale - PSL). 2^ livello: caratterizzazione semi-quantitativa degli effetti di amplificazione attesi nelle aree perimetrate nella carta di pericolosità sismica locale, che fornisce la stima della risposta sismica dei terreni in termini di valore di Fattore di Amplificazione (Fa); l’applicazione del 2^ livello consente l’individuazione delle aree in cui la normativa nazionale risulta insufficiente a salvaguardare dagli effetti di amplificazione sismica locale (Fa calcolato superiore a Fa di soglia comunali forniti dal Politecnico di Milano); per queste aree si dovrà procedere alle indagini ed agli approfondimenti di 3º livello o, in alternativa, utilizzare lo spettro di norma caratteristico della categoria di suolo superiore, con il seguente schema: • anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria

di suolo C; nel caso in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro della categoria di suolo D;

• anziché lo spettro della categoria di suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D;

• anziché lo spettro della categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D.

Il secondo livello è obbligatorio, per i comuni ricadenti nelle zone sismiche 2 e 3, negli scenari PSL, individuati attraverso il 1º livello, suscettibili di amplificazioni sismiche morfologiche e litologiche (zone Z3 e Z4 della Tabella 1 dell’Allegato 5) interferenti con l’urbanizzato e/o con le aree di espansione urbanistica. Per le aree a pericolosità sismica locale caratterizzate da effetti di instabilità, cedimenti e/o liquefazione (zone Z1 e Z2 della Tabella 1 dell’Allegato 5) non è prevista l’applicazione degli studi di 2º livello, ma il passaggio diretto a quelli di 3º livello, come specificato al punto successivo. Non è necessaria la valutazione quantitativa al 3º livello di approfondimento dello scenario inerente le zone di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse (zone Z5), in quanto tale scenario esclude la possibilità di costruzioni a cavallo dei due litotipi. In fase progettuale tale limitazione può essere rimossa qualora si operi in modo tale da avere un terreno di fondazione omogeneo. Nell’impossibilità di ottenere tale condizione, si dovranno prevedere opportuni accorgimenti progettuali atti a garantire la sicurezza dell’edificio. 3^ livello: definizione degli effetti di amplificazioni tramite indagini e analisi più approfondite. Al fine di poter effettuare le analisi di 3^ livello la Regione

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Lombardia ha predisposto due banche dati, rese disponibili sul SIT regionale, il cui utilizzo è dettagliato nell’allegato 5. Tale livello si applica in fase progettuale nei seguenti casi: • quando, a seguito dell’applicazione del 2^ livello, si dimostra l’inadeguatezza

della normativa sismica nazionale all’interno degli scenari PSL caratterizzati da effetti di amplificazioni morfologiche e litologiche (zone Z3 e Z4 della Tabella 1 dell’Allegato 5);

• in presenza di aree caratterizzate da effetti di instabilità, cedimenti e/o liquefazione (zone Z1 e Z2), nelle zone sismiche 2 e 3 per tutte le tipologie di edifici, mentre in zona sismica 4 nel caso di costruzioni di nuovi edifici strategici e rilevanti di cui al D.D.U.O. n. 19904 del 21 novembre 2003, ferma restando la facoltà dei comuni di estenderlo anche alle altre categorie di edifici.

Nel caso di sovrapposizione di più scenari sul medesimo ambito territoriale si dovrà procedere con il grado di approfondimento più cautelativo. Il 3^ livello è obbligatorio anche nel caso in cui si stiano progettando costruzioni il cui uso prevede affollamenti significativi, industrie con attività pericolose per l’ambiente, reti viarie e ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza e costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, sociali essenziali. Gli approfondimenti di 2^ e 3^ livello non devono essere eseguiti in quelle aree che, per situazioni geologiche, geomorfologiche e ambientali o perché sottoposte a vincolo da particolari normative, siano considerate inedificabili, fermo restando tutti gli obblighi derivanti dall’applicazione di altra normativa specifica. Relativamente alla Carta della Pericolosità Sismica Locale, nella Carta di Fattibilità devono essere riportate con appositi retini “trasparenti” le aree a pericolosità sismica locale distinguendo quelle con Fa maggiore al valore soglia comunale da quelle con Fa minore. Tale sovrapposizione non comporta quindi un automatico cambio di classe di fattibilità ma fornisce indicazioni su dove poter utilizzare, in fase di progettazione, lo spettro di risposta elastico previsto, oppure dove sia necessario realizzare preventivamente gli studi di 3^ livello, fermo restando la possibilità di utilizzare i parametri di progetto previsti dalla normativa nazionale per la categoria di suolo superiore. L’obbligo di eseguire gli approfondimenti di 3^ livello per gli ambiti interessati deve essere chiaramente inserito nelle normativa di ciascuna delle classi di fattibilità interessate.

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9. ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE La sismicità del territorio di Azzano Mella è legata alla presenza di attività neotettonica, intendendo con questo termine i movimenti tettogenetici relativi al periodo compreso tra il Pliocene e l’attuale. La sismicità di questa zona della pianura è legata alla tettonica molto complessa del margine padano settentrionale. Le sorgenti sismogenetiche dovrebbero trovarsi ad una profondità compresa tra i 5 ei 15 km, in corrispondenza dello scollamento tra il basamento cristallino e la sovrastante copertura sedimentaria. Il rischio sismico di un territorio può essere identificato con i danni attesi prodotti da un terremoto in un dato sito e deriva dall’interazione tra la pericolosità sismica e la vulnerabilità sismica del sito stesso. Per quanto riguarda il rischio sismico, è stato individuato lo scenario sismico: “Z4a - Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi”. La presenza di un potente materasso alluvionale incoerente, formato da materiale prevalentemente ghiaioso-sabbioso, potrebbe indurre un’amplificazione diffusa del moto del suolo in occasione di un evento sismico, a causa della differenza di risposta sismica tra copertura e substrato. Come si evince dalla Cartografia allegata, l’intero territorio amministrativo di Azzano Mella è stato classificato sismico.

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Fig. 24: Carta neotettonica riferita al territorio bresciano (FONTE: Prealpi bresciane a sud dell’Adamello: breve sintesi delle conoscenze geologiche e ulteriori temi di ricerca –

Cassinis, Perotti, Vercesi – 1990).

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9.1. 1° livello di approfondimento Il 1° livello di approfondimento consiste in un approccio di tipo qualitativo e costituisce lo studio propedeutico ai successivi livelli di approfondimento; è un metodo empirico che trova le basi nella continua e sistematica osservazione diretta degli effetti prodotti dai terremoti. Il 1° livello è obbligatorio per tutti i comuni della Lombardia ed è basato sul riconoscimento delle aree passibili di amplificazione sismica sulla base sia di osservazioni geologiche sia di dati esistenti. Nel caso specifico dell’area in oggetto, il primo livello di approfondimento ha comportato quanto descritto per fasi nel seguito. Definizione della componente geologica ed idrogeologica Per la ricostruzione del quadro geologico ed idrogeologico, si è fatto riferimento a quanto già ricostruito nel corso dello studio realizzato ai sensi della L.R. 41/97 e della D.G.R. VII/6645/01. Raccolta di ulteriori dati disponibili Si è proceduto ad una fase di ulteriore raccolta dei dati esistenti: • stratigrafie di pozzi per acqua, • prove penetrometriche dinamiche S.C.P.T., • sondaggi stratigrafici, • prove penetrometriche in foro S.P.T. • prove sismiche di tipo “Re.Mi”, • consultazione del S.I.T. regionale. Indagini geognostiche e caratteri lito-stratigrafici Si è effettuata un’analisi dei risultati delle indagini geognostiche (geotecniche e geofisiche) svolte onde poter caratterizzare in termini qualitativi (successione litologica) e quantitativi (geometrie e spessore delle coperture, condizioni stratigrafiche generali, posizione e regime della falda) il sottosuolo.

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Sulla base delle indagini relative a quanto sopra, si è potuto ricostruire il seguente modello geologico-geotecnico del sottosuolo fino ai 30 m: 1° livello, superficiale:

si estende dal p.c. fino a una profondità di circa 2,0 m dal p.c. - la media dei valori rilevati nel corso delle prove dinamiche si attesta sui 5 colpi (Nspt = 8) - è costituito da ghiaia mista ad argilla e sabbia limosa;

2° livello, intermedio:

si sviluppa dal letto stratigrafico dello strato di superficie fino a mediamente 5,0 m dal p.c. - la media dei valori NSPT rilevati nel corso delle prove si attesta sui 38 colpi - è costituito da ghiaia e sabbia;

3° livello, profondo:

si sviluppa a partire dal letto stratigrafico dello strato precedente (livello intermedio) fino a 30 m dal p.c. - la media dei valori NSPT rilevati nel corso delle prove risulta pari a 72 colpi - è costituito da ghiaia prevalente e sabbia subordinata.

Valutazioni geotecniche L’analisi dei risultati di alcune indagini geotecniche ha consentito di poter parametrizzare il sottosuolo in termini di proprietà indice, caratteristiche di consistenza, grado di sovraconsolidazione, plasticità e proprietà geotecniche nelle condizioni naturali. Questo permette l’individuazione delle zone ove i diversi effetti prodotti dall’azione sismica sono, con buona attendibilità, prevedibili. Analisi della Pericolosità Sismica Locale Dall’analisi dei dati esistenti già inseriti nella cartografia di analisi e inquadramento (carta geologica, carta geomorfologica, ecc.) è stata identificata la pericolosità sismica locale facendo riferimento agli scenari codificati dalla normativa (v. Tabella 1 dell’Allegato 5 alla D.G.R. VIII/7374/08 riportata nella pagina successiva) in grado di determinare specifici effetti sismici locali. Nel caso dell’area in studio, prendendo in considerazione il contesto geologico generale, nonché procedendo per analogia a situazioni assimilabili e comparabili e facendo riferimento agli scenari codificati dalla norma regionale, si è classificata

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l’area come “Z4a - Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi”; da tale scelta deriva la necessità di procedere nell’approfondimento di 2° Livello. Sigla Tabella 1:

SCENARI DI PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE EFFETTI

Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana

Instabilità

Z2 Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, depositi altamente compressibili, ecc.) Zone con depositi granulari fini saturi

Cedimenti e/o liquefazioni

Z3a Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)

Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: appuntite - arrotondate Amplificazioni topografiche

Z4a Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi

Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre

Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (compresi le coltri loessiche)

Z4d Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine eluvio-colluviale

Amplificazioni litologiche e geometriche

Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse

Comportamenti differenziali

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9.2. 2° livello di approfondimento: scenario Z4a Per il comune di Azzano Mella, ricadente in Zona sismica 3, il secondo livello di approfondimento è obbligatorio quantomeno all’interno delle aree a P.S.L. individuate attraverso il 1° livello. Nel caso dell’area in studio, prendendo in considerazione il contesto geologico generale, nonché procedendo per analogia a situazioni assimilabili e comparabili e facendo riferimento agli scenari codificati dalla norma regionale, si è classificata l’area come: “Z4a - Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi”; anche da tale scelta, obbligata, deriva la necessità di procedere nell’approfondimento di 2° Livello nelle aree PSL Z4a. La procedura consiste in un approccio di tipo semiquantitativo e fornisce la stima quantitativa della risposta sismica dei terreni in termini di valore di Fattore di amplificazione (Fa); gli studi sono condotti con metodi quantitativi semplificati, validi per la valutazione delle amplificazioni litologiche e morfologiche e sono utilizzati per zonare l’area di studio in funzione del valore di Fa. Il valore di Fa si riferisce ai due intervalli di “periodo” proprio delle tipologie edilizie presenti più frequentemente nel territorio regionale, intervalli rispettivamente compresi tra 0,1-0,5 s e 0,5-1,5 s; in particolare l’intervallo tra 0,1-0,5 s si riferisce a strutture relativamente basse, regolari e piuttosto rigide, mentre l’intervallo tra 0,5-1,5 s si riferisce a strutture più alte e più flessibili. La procedura di 2° livello implica l’analisi, ai fini della valutazione dell’amplificazione locale, di effetti di diverso tipo (topografici e litologici) e fornisce, per gli effetti litologici, valori di Fa per entrambi gli intervalli di periodo considerati, mentre per gli effetti topografici (che tuttavia non interessano l’area in studio) solo per l’intervallo 0,1-0,5 s: questa limitazione è causata dall’impiego, per la messa a punto della scheda di valutazione, di codici di calcolo di tipo bidimensionale ad elementi di contorno che sono risultati più sensibili all’influenza del moto di input nell’intervallo di periodo 0,5-1,5 s. Per l’area in studio si è proceduto secondo la sequenza di seguito descritta: 1. ricostruzione del modello geofisico, sulla base dei profili di Vs, delle

risultanze delle prove penetrometriche dinamiche, delle indagini dirette (sondaggi a carotaggio continuo con prove SPT), del modello geologico-geotecnico del sottosuolo e delle categorie di suolo fornite dall’O.P.C.M. n.

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3274. In mancanza del raggiungimento dei 30 m con le prove penetrometriche SCPT, si è ipotizzato un opportuno gradiente con la profondità sulla base dei dati ottenuti dalle indagini, tale da raggiungere la profondità di 30 m (v. Figura 25 seguente). In considerazione delle caratteristiche litologiche e geotecniche del sottosuolo, che si collocano in una fascia di transizione tra le categorie proposte dalle norme statali e regionali, si è scelto di effettuare le successive analisi facendo riferimento a scenari corrispondenti alla scheda litologica (riferita all’Allegato 5 della D.G.R. 28 maggio 2008 – n. 8/7374 e riportata nel seguito): “effetti litologici – scheda litologia sabbiosa”;

y = 0,373x - 0,9017

0

5

10

15

20

25

30

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50N colpi SCPT

prof

ondi

tà (m

)

Fig. 25: distribuzione NSCPT / profondità.

2. calcolo, in funzione di NSPT, delle velocità delle onde di taglio mediate sui

primi 30 metri di terreno (parametro Vs30), utilizzando la formula di Ohta e Goto (1978):

Vs = 54,33 · (NSPT)0,173 · a · b · (Z/0,303)0,193

Vs30 (m/s) = 30 / ∑ hi / Vi

dove: • a = fattore d'età (Olocene = 1,000; Pleistocene = 1,303) • b = fattore geologico (argille = 1,000; sabbie = 1,086) • Z = profondità in metri • hi = spessore in metri dello strato i-esimo • Vi = velocità dell'onda di taglio i-esima • Nspt = numero di colpi SPT

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il calcolo delle Vs in funzione di Nspt è stato effettuato in modo da operare un confronto dei profili di Vs ottenuti dalle indagini geofisiche, cosi da poterli utilizzare con consapevolezza rispetto al loro grado di affidabilità;

3. scelta della curva di correlazione T/Fa sulla base delle caratteristiche dello

strato superficiale; 4. calcolo del periodo proprio di ciascun sito utilizzando l’equazione:

=

=

=

×

×=

n

ii

n

iii

n

ii

h

hVs

hT

1

1

14

5. calcolo del valore di Fa per i due intervalli di periodo 0,1-0,5 s e 0,5-1,5 s in funzione del valore del periodo proprio calcolato e della curva scelta;

6. confronto fra il valore Fa calcolato ed il valore di soglia comunale

(variabilità di 0,1).

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Per quanto concerne la scelta dei dati stratigrafici, geotecnici e geofisici, in termini di valori di Vs, utilizzati nella procedura di 2° livello, la Tabella 17 assegna ai risultati ottenuti dall’analisi, esposta in precedenza nel testo, i vari livelli di attendibilità.

Dati Attendibilità Tipologia Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe Litologici Alta Da prove di laboratorio su campioni e da prove in sito Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe Media Da prove indirette (penetrometriche e/o geofisiche)

Stratigrafici (spessori)

Alta Da indagini dirette (sondaggi a carotaggio continuo) Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe Media Da prove indirette e relazioni empiriche

Geofisici (Vs)

Alta Da prove dirette (sismica in foro o sismica superficiale)

Tab. 17: livelli di attendibilità assegnati.

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PARTE IV - LA FATTIBILITÀ

DELLE AZIONI DI PIANO 10. LA FATTIBILITÀ DELLE AZIONI DI PIANO 10.1. Premesse Le indagini effettuate hanno permesso di definire un quadro sufficientemente dettagliato relativamente alla situazione geologica, geomorfologica ed idrogeologica del territorio comunale. In particolare, dall’interpretazione integrata dei dati acquisiti si è potuta effettuare una preliminare zonizzazione del territorio comunale nelle seguenti 4 classi di fattibilità geologica delle azioni di piano. Queste classi, distinte in funzione delle loro caratteristiche di propensione al dissesto idrogeologico ed alle condizioni di edificabilità, sono le seguenti: CLASSE 1 - FATTIBILITÀ SENZA PARTICOLARI LIMITAZIONI CLASSE 2 - FATTIBILITÀ CON MODESTE LIMITAZIONI CLASSE 3 - FATTIBILITÀ CON CONSISTENTI LIMITAZIONI CLASSE 4 - FATTIBILITÀ CON GRAVI LIMITAZIONI. Questa zonizzazione geologica del territorio comunale in merito all’edificabilità ha come finalità quella di fornire indicazioni, in merito ad attitudini e vincoli, per la formulazione delle proposte di pianificazione della Variante generale del P.R.G. comunale e pertanto precede le proposte urbanistiche relative alla definizione delle aree di possibile espansione. Le indagini necessarie per la costruzione di edifici e opere sono normate da: • D.M.LL.PP. del 11.03.1988 "Norme tecniche riguardanti le indagini sui

terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione";

• D.M. 14/01/08 “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”, pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008, Supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore definitivamente il 1 luglio 2009.

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10.2. Quadro generale L’indagine condotta per il territorio di Azzano Mella evidenzia la presenza di aree a differente sensibilità nei confronti delle problematiche geologiche, idrogeologiche e morfologiche. Tali aree, sulla base delle limitazioni individuate, sono state riconosciute in distinte classi di fattibilità degli interventi e sono state riportate nella Cartografia allegata. Introducendo una suddivisione ed una classificazione degli ambiti idrogeologici e geologico-tecnici, si propone una zonizzazione di massima del territorio comunale, come risultante dalla tabella che segue ed esplicitata meglio nella descrizione delle singole classi. Alla distribuzione dei fattori naturali in essa indicati vanno inoltre sovrapposte le considerazioni relative alla componente vincolistica. La sintesi del lavoro svolto, illustrata nella cartografia allegata (in scala 1:5.000), corrisponde pertanto alle indicazioni in merito alla fattibilità geologica.

Limitazioni modeste consistenti gravi

Componenti Idrogeologica-idraulica; - alta vulnerabilità degli acquiferi - aree potenzialmente esondabili - aree periodicamente allagate - aree ad alto rischio di esondazione Vincolistica; - aree di tutela assoluta pozzi per acqua - zone di rispetto pozzi per acqua - fasce di rispetto corsi d’acqua

Tab. 18: sostenibilità delle azioni di piano in funzione delle componenti geologiche

naturali e della vincolistica. Dalla Tabella 18 emergono limitazioni riferibili a quattro classi di problemi: 1. vulnerabilità molto alta della falda acquifera; 2. fenomeni di allagamento ed inondazione diretta di manufatti ed aree edificate -

a questo proposito qualunque intervento non potrà prescindere da un’adeguata analisi idrologica ed idraulica;

3. aree di salvaguardia delle captazioni di acque sotterranee destinate al consumo umano - allo stato attuale per le zone di rispetto dei pozzi è applicato il criterio geometrico, che assume quale zona di rispetto una superficie di raggio pari a 200 m intorno alla captazione; tali zone di rispetto, all’interno delle quali si

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applicano i vincoli previsti dall’art. 21 del D.L. 152/99 e successive modificazioni, presentano le geometrie riportate nella Tavola 4 (Carta dei Vincoli, in scala 1:5.000);

4. fasce di rispetto del reticolo principale, del reticolo minore e dei canali di bonifica - sono state previste fasce di 10, 4 e 1 m dal ciglio di sponda dei corsi d’acqua, secondo i criteri già esposti in precedenza nel testo.

A quanto sopra si aggiungano infine le elevate limitazioni d’uso agronomico dei suoli di questa porzione di territorio. Va infatti segnalato come la tessitura grossolana e la debole strutturazione non favoriscano la capacità di trattenere acqua utilizzabile dalle colture e come l'elevata permeabilità dei vari orizzonti rappresenti un fattore di importante limitazione del “potere tampone” nei confronti sia di potenziali inquinanti idrosolubili che di liquami. Nella Tavola 7 (Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano, in scala 1:5.000), compare la classificazione del territorio proposta; si richiama il fatto che le classi possibili sono quattro: alla classe 4 corrispondono le limitazioni più gravi.

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10.3. Vincoli e ambiti di pericolosità Sulla scorta dei dati geologici, geomorfologici e idrogeologici descritti in precedenza, unitamente alle indicazioni contenute nelle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale a suo tempo redatto, è stato possibile definire, illustrandoli nella cartografia allegata (in scala 1:5.000), gli ambiti di pericolosità e di vulnerabilità del territorio e gli elementi di limitazione d’uso del suolo, di seguito elencati. I vincoli normativi e urbanistici che comportano delle limitazioni d’uso del suolo, riportatati nella Tavola 4 (Carta dei Vincoli), sono posti, all’interno del territorio comunale, dalla presenza delle seguenti aree: 1. aree di salvaguardia della captazione dei pozzi ad uso idropotabile, ai sensi art.

5 D.Lgs. 258/2000: - zone di tutela assoluta di 10 m di raggio; - zona di rispetto di 200 m di raggio;

2. vincoli di polizia idraulica (fasce di rispetto reticolo minore e dei canali di bonifica);

3. fasce previste dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI, v. anche Tavola 6 – Carta di Pericolosità PAI);

4. fascia di tutela paesaggistica di 150 m (limite geometrico) dal corso d’acqua F. Mella, ai sensi L. 1497/85 e L. 431/85 “Disposizioni vigenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale” (Legge Galasso) - art. 1 lett. c);

Nella Tavola 5 (Carta di Sintesi) sono contenuti gli elementi più significativi evidenziati nella fase di analisi. In questa carta si fornisce quindi un quadro sintetico delle conoscenze del territorio, inerenti i processi fisici rilevanti interessanti l’intero territorio del comune di Azzano Mella. La sovrapposizione di più ambiti ha inoltre determinato dei “poligoni misti” per pericolosità legata a più fattori limitanti. Nella Tavola 5 (Carta di Sintesi) sono inoltre riportate le aree periodicamente allagate, connesse a scenari di pericolosità dal punto di vista idraulico ed idrogeologico. I perimetri delle aree di salvaguardia delle captazioni dei pozzi ad uso idropotabile e delle fasce di rispetto del reticolo idrico principale, minore e consortile, riportati nella Carta dei Vincoli, non sono contemplati nella Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano; a queste aree non è stata attribuita una classe di fattibilità perché già soggette ai vincoli previsti dall'art. 21 del D.L. 152/99 e successive

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modificazioni: “Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano” ed ai vincoli di “polizia idraulica”. Salvaguardia delle acque destinate al consumo umano In materia di approvvigionamento idrico, il riferimento principale è costituito dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 5 comma 4. In particolare nel citato D.Lgs. si individuano i criteri di protezione delle acque da destinare al consumo umano, in particolare le aree di salvaguardia delle risorse idriche vengono distinte in: zone di tutela assoluta, adibite esclusivamente ad opere di presa ed a

costruzioni di servizio e di raggio non inferiore a dieci metri; zone di rispetto, delimitate in relazione alle risorse idriche da proteggere e

comunque con estensione corrispondente ad un raggio non inferiore a duecento metri rispetto al punto di captazione.

Vincoli di polizia idraulica (fasce di rispetto del reticolo minore e dei canali di bonifica) Questo vincolo individua aree attorno al reticolo idrico minore di competenza comunale descritto nel precedente capitolo 5. In particolare vengono identificate le zone interdette all’edificazione comprese nella distanza di 10 metri dall’alveo di piena dei corsi d’acqua. Tale limite è ridotto a 4 m per i tratti di reticolo idrico minore posti all’interno dei centri abitati edificati e delle aree edificabili del P.R.G. vigente. Per quanto riguarda invece il reticolo idrico in gestione al Comprensorio di Bonifica n. 10 “Mella e dei Fontanili”, si sottolinea che il Consorzio di Bonifica comprensoriale non è attualmente costituito, rimanendo vigenti ed operativi i preesistenti consorzi di bonifica, fra i quali il C. B. “Biscia, Chiodo e Prandona” i cui canali interessano parzialmente il territorio comunale. Stante la situazione, la polizia idraulica sui corsi d’acqua del reticolo minore, non facenti parte della rete dei canali del Consorzio di bonifica “Biscia, Chiodo e Prandona”, ancorché iscritti negli elenchi dell’Allegato D alla D.G.R. 7868/02, è di competenza comunale, in via provvisoria in attesa dell’individuazione del reticolo idrico di competenza dei consorzi di bonifica ai sensi dell’art. 10 comma 5 della L.R. 16 Giugno 2003, n. 7. Il Consorzio di bonifica “Biscia, Chiodo e Prandona” mantiene la competenza sui canali del proprio reticolo, secondo il proprio ordinamento.

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Vincoli P.A.I. Con l’istituzione dell’Autorità di Bacino del Fiume Po ai sensi della L. 183/89, è stato redatto a livello di bacino il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI). Tale piano contiene al suo interno l’individuazione delle aree a diverso grado di pericolosità sia per fenomeni legati a dissesti (frane, valanghe ecc.), sia di carattere prettamente idraulico (aree esondabili ecc.). Nello specifico del territorio comunale di Azzano Mella sono state rappresentate le fasce fluviali attorno al Fiume Mella, individuate dall’Autorità di Bacino del Fiume Po e inserite nel P.A.I.. Aree periodicamente allagate Il Fiume Mella ed i corsi d’acqua minori provocano periodicamente esondazioni e/o allagamenti che interessano le aree indicate nella Cartografia allegata. Il Mella è difeso, lungo tutto il tratto che interessa il comune, da un argine costituito da un rilevato dall'altezza variabile tra 2.5 e 4 metri rispetto alla quota del piano campagna adiacente. Il rilevato viene a mancare solamente in un breve tratto situato presso il confine settentrionale con Capriano del Colle, appena a valle di una soglia che determina un salto del fiume che quindi scorre piuttosto incassato rispetto al piano campagna. In occasione di eventi di piena la presenza del salto determina appena a valle una forte turbolenza delle acque fluviali che, anche recentemente, hanno causato la scalzamento della sponda. Ciò ha richiesto il rifacimento della stessa. Questo punto, assieme ad un altro posto più a sud, in corrispondenza della curva che lambisce l’abitato di Azzano all'altezza di via Marconi, è sottoposto a forti azioni dinamiche da parte delle acque fluviali, in occasione di eventi di piena del fiume. Le aree individuate in Tavola 5 (Carta di Sintesi) come periodicamente allagate da parte del Mella possono essere variamente soggette ad inondazioni con allagamento e/o alluvionamento in funzione della portata di piena, della distanza dal fiume, della quota del terreno e della morfologia del piano campagna. Anche il Vaso Mandolossa ed i corsi d'acqua minori, in occasione di precipitazioni particolarmente intense, possono tracimare allagando settori di

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campagna circostanti. In particolare questi fenomeni si verificano lungo tutto il Vaso Mandolossa, lungo un tratto del Torrente Gandovere nelle vicinanze di Fenilnuovo e in un ampio tratto di campagna compreso tra Cascina Bonifica e la Madonna della Formica per la tracimazione del Vaso Quinzanella, laddove le sponde sono particolarmente basse. Più a sud il Vaso Quinzanella fuoriesce dall'alveo anche in corrispondenza della confluenza con lo Scolo Fossadone, mentre vasi irrigui minori provocano allagamenti nelle campagne attorno a Cascina Feniletto. A quanto sopra si aggiungono le limitazioni dovute all’alta vulnerabilità dell’acquifero superficiale, connessa alla presenza di suoli a tessitura grossolana con drenaggio difficoltoso; le aree appartenenti al “Livello Fondamentale della Pianura” caratterizzate da vulnerabilità della falda acquifera molto alta sono riportate in Tavola 5 (Carta di Sintesi). Alle classi di problemi fin qui riportate si devono aggiungere, infine, ulteriori vincoli connessi alla presenza di: scenario sismico di tipo “Z4a - Zona di fondovalle e di pianura con presenza

di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi” (v. Tavola 7 – Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano);

fasce di rispetto stradale; aree soggetto a vincolo ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 490/99 “Patrimonio

storico, artistico, demo-etno-antropologico, archeologico, archivistico, librario”;

zone per attrezzature e servizi pubblici o privati di interesse generale negli ambiti delle cave dismesse;

zone per attrezzature e servizi pubblici o privati di interesse generale di iniziativa pubblica.

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10.4. Le classi di fattibilità Di seguito si riportano le definizioni di classi cosiccome da norma regionale (D.G.R. 22/12/05 n. 8/1566 e s.m.i.). Classe 1 - Fattibilità senza particolari limitazioni “In questa classe ricadono le aree per le quali gli studi non hanno individuato specifiche controindicazioni di carattere geologico all’urbanizzazione o alla modifica di destinazione d’uso delle particelle”. Classe 2 - Fattibilità con modeste limitazioni “In questa classe ricadono le aree nelle quali sono state rilevate puntuali o ridotte condizioni limitative alla modifica della destinazione d'uso dei terreni, per superare le quali si rende necessario realizzare approfondimenti di carattere geologico-tecnico o idrogeologico finalizzati alla realizzazione di eventuali opere di sistemazione e bonifica, le quali non dovranno incidere negativamente sulle aree limitrofe”. Classe 3 - Fattibilità con consistenti limitazioni “La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni per l’entità e la natura dei rischi individuati nell’area di studio o nell’immediato intorno. L’utilizzo di queste zone sarà pertanto subordinato alla realizzazione di supplementi di indagine per acquisire una maggiore conoscenza geologico-tecnica dell’area e del suo intorno, mediante campagne geognostiche, prove in situ e di laboratorio, nonché mediante studi tematici specifici di varia natura (idrogeologici, idraulici, ambientali, pedologici, ecc.). Ciò dovrà consentire di precisare le idonee destinazioni d’uso, le volumetrie ammissibili, le tipologie costruttive più opportune, nonché le opere di sistemazione e bonifica. Per l’edificato esistente dovranno essere fornite indicazioni in merito alle indagini da eseguire per la progettazione e realizzazione delle opere di difesa, sistemazione idrogeologica e degli eventuali interventi di mitigazione degli effetti negativi indotti dall’edificato. Potranno essere inoltre predisposti idonei sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l'evoluzione dei fenomeni in atto o indotti dall’intervento”. Classe 4 - Fattibilità con gravi limitazioni “L’alto rischio comporta gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d’uso delle particelle. Dovrà essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. Per gli edifici esistenti saranno consentiti esclusivamente

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interventi così come definiti dall'art. 31, lettere a) b) c) della L. 457/1978. Si dovranno inoltre fornire indicazioni in merito alle opere di sistemazione idrogeologica e, per i nuclei abitati esistenti, quando non sarà strettamente necessario provvedere al loro trasferimento, dovranno essere predisposti idonei piani di protezione civile ed inoltre dovrà essere valutata la necessità di predisporre sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l'evoluzione dei fenomeni in atto. Eventuali opere pubbliche e di interesse pubblico che non prevedano la presenza continuativa e temporanea di persone, dovranno essere valutate puntualmente. A tal fine, alle istanze per l'approvazione da parte dell'autorità comunale, dovrà essere allegata apposita relazione geologica e geotecnica che dimostri la compatibilità degli interventi previsti con la situazione di grave rischio idrogeologico”.

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10.5. Le zone Per ciò che concerne il rischio geologico, adottando la definizione secondo la quale (comma 2, art. 3, Legge Regionale 21 giugno 1988, n. 33) "le zone a rischio geologico sono quelle in cui frequenza, intensità, accelerazione e dimensione dei processi naturali ed antropici possono produrre significative variazioni nei caratteri morfologici, pedologici, vegetazionali, idrologici e della qualità delle acque", sulla base delle risultanze degli studi e delle analisi condotte e descritte nella presente relazione, si prenderanno in considerazione: rischio per la qualità delle acque sotterranee, rischio connesso a fenomeni di esondazione della rete idrografica, problematiche geotecniche connesse alle caratteristiche dei terreni,

non esistendo i presupposti per sostenere l'esistenza di significativi livelli di rischio di altro tipo. Di seguito si riporta l’individuazione delle zone che ricadono nelle classi di cui al paragrafo precedente ed i criteri di classificazione. Le classi di fattibilità individuate sono state ottenute con il riconoscimento e/o la sovrapposizione di uno o più fattori di rischio presenti sui terreni da edificare o nel loro immediato intorno. Classe 1 - Fattibilità senza particolari limitazioni In questa classe ricadono le aree per le quali non sono emerse dallo studio specifiche controindicazioni di carattere geologico alla fattibilità degli interventi. Si tratta infatti di aree pianeggianti, con caratteristiche geotecniche dei terreni generalmente abbastanza buone. La falda idrica è generalmente situata a profondità compresa tra 2 e 5 m dal piano campagna, anche se localmente può risultare più superficiale. Classe 2 - Fattibilità con modeste limitazioni Nella Classe 2 sono state inserite quelle zone per le quali è necessario considerare una limitazione connessa alle scadenti caratteristiche geotecniche dei terreni, pertanto si è ritenuto opportuno applicare questa classe di fattibilità a tutti i terreni per cui si consiglia di realizzare approfondimenti di carattere geologico-tecnico, preliminarmente alla realizzazione di qualsiasi opera civile od infrastrutture pubbliche.

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In Classe 2 ricadono inoltre alcune aree periodicamente allagate dai corsi d’acqua minori, nonchè zone appartenenti al “Livello Fondamentale della Pianura” caratterizzate da vulnerabilità della falda acquifera molto alta. Classe 3 - Fattibilità con consistenti limitazioni Nel caso specifico del territorio comunale, sono state classificate come consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni quelle aree, di interesse paesaggistico di pertinenza del Mella, comprendenti zone periodicamente allagate ed aree potenzialmente esondabili in occasioni di eventi eccezionali. In tali aree la vulnerabilità della falda acquifera è molto alta. Le limitazioni alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni nelle zone di rispetto delle captazioni di acque sotterranee destinate al consumo umano (raggio di 200 m) sono classificate come consistenti. Tuttavia tali zone, poiché già soggette alle prescrizioni previste dall’art. 21 del D.L. 152/99 e successive modificazioni, non sono contemplate nella Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano (v. Tavola 7). Classe 4 - Fattibilità con gravi limitazioni Allo stato attuale sono state classificate come gravi limitazioni alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni, alcune aree periodicamente allagate dal Mella e dal Vaso Mandolossa, nonchè un’area edificata ad alto rischio di esondazione del Mella. Le limitazioni alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni nelle aree di tutela assoluta delle captazioni di acque sotterranee destinate al consumo umano, cosiccome quelle corrispondenti alla fasce di rispetto del reticolo idrico, sono classificate anch’esse come gravi. Tuttavia tali zone, poiché già soggette alle prescrizioni specifiche previste dalle rispettive normative, non sono contemplate nella Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano (v. Tavola 7). La zona di tutela assoluta circonda il pozzo con una estensione di raggio 10 m e al suo interno possono essere insediati solo le installazioni relative alla captazione ed eventuali impianti di trattamento delle acque.

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PARTE V - CONCLUSIONI

11. SINTESI Il presente documento rappresenta l’elaborato conclusivo realizzato nell’ambito della predisposizione del nuovo Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) ai sensi della L.R. 12/05, ai sensi della D.G.R. 28 maggio 2008 n° VIII/7374/08 (pubblicata su 2° Suppl. Straord. N° 24 al B.U.R.L., il 12 giugno 2008) “Aggiornamento dei «Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio, in attuazione dell’art. 57 comma 1 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12»”. Nel testo della Relazione, od in allegato alla stessa, si sono forniti: la definizione del quadro normativo in materia di relazioni tra interventi

urbanistici ed aspetti geologici, idrogeologici e sismici; un quadro geologico, idrogeologico e geotecnico del settore urbano nel quale

ricade l’area del citato Piano di Governo del Territorio; un’analisi della componente sismica, finalizzata alla valutazione della

pericolosità sismica locale; Tavola 1 – Carta geologica e geomorfologica, illustra i terreni presenti nel

territorio comunale, le forme ed i processi geomorfologici più significativi ai fini della valutazione della pericolosità indotta da fenomeni di tipo geologico, gli elementi morfologici e idrografici che strutturano il paesaggio;

Tavola 2 – Carta idrogeologica e del sistema idrografico, illustra gli elementi idrogeologici e idrografici rilevati, l’ubicazione di pozzi e piezometri, la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi;

Tavola 3 – Carta dell’uso del suolo e della vegetazione, individua le tipologie vegetazionali presenti;

Tavola 4 – Carta dei Vincoli, rappresenta le limitazioni d’uso del territorio derivanti da normative e piani sovraordinati in vigore;

Tavola 5 – Carta di Sintesi, illustra gli ambiti di pericolosità e di vulnerabilità del territorio comunale;

Tavola 6 – Carta di Pericolosità PAI, riporta la delimitazione delle fasce di pertinenza fluviale, rappresentante le aree soggette ai diversi gradi di pericolosità idraulica;

Tavola 7 – Carta di Fattibilità geologica delle Azioni di Piano, illustra la suddivisione del territorio in aree alle quali è stata attribuita una classe di

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fattibilità all’interno del territorio comunale, nonché gli scenari di pericolosità sismica e le aree suscettibili di effetti locali.

Il territorio di Azzano Mella risulta ad oggi classificato in Zona sismica 3 (0.125 < g < 0.150); dall’applicazione al territorio comunale degli scenari di pericolosità sismica locale individuati dalle direttive di cui alla D.G.R. n° VIII/7374/08, risulta uno scenario “Z4a - Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi”. Relativamente alle categorie di suolo, l’Ordinanza n° 3274 del marzo 2003 della Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” aggiorna la normativa sismica in vigore, con l’attribuzione alle diverse località del territorio nazionale un valore di scuotimento sismico di riferimento, espresso in termini di incremento dell’accelerazione al suolo. Inoltre tale ordinanza propone l’adozione di un sistema di classificazione geofisica e geotecnica del profilo stratigrafico del suolo, mediante cinque (A – B – C – D – E) categorie di suoli (più altre due speciali: S1 e S2), da individuare in relazione ai parametri nei primi 30 metri di terreno (Vs30), indicati anche nel EC8 (Euro Codice 8), che specificatamente corrispondono a: • velocità delle onde S, • numero dei colpi della prova SPT, • coesione non drenata. Il valore delle Vs30 calcolati corrispondono alla tipologia di suolo B: “Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori da valori Vs30 compresi tra 360 e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica media NSPT > 50, o coesione non drenata media Cu > 250 kPa)”. Richiamando gli aspetti metodologici esposti in precedenza nel testo, si sottolinea che la valutazione del grado di protezione, in termini sismici, viene effettuata confrontando il valore di Fa ottenuto dalle schede di valutazione con un parametro di analogo significato (valore di soglia) calcolato per ciascun comune e valido per ciascuna zona sismica e per le diverse categorie di suolo soggette ad amplificazioni litologiche (A, B, C, D, E), nonché per ogni intervallo di periodo. Per il comune di Azzano Mella (BS), i valori regionali di soglia dei terreni di categoria B forniti dal Politecnico, nonchè riportati nella banca dati della Regione Lombardia, sono: 1. periodo tra 0,1-0,5 = 1,7

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2. periodo tra 0,5-1,5 = 2,7. Tali parametri rappresentano il valore di soglia oltre il quale lo spettro proposto dalla normativa risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione presente nel sito. I calcoli e le verifiche dei Fattori di Amplificazione (Fa), effettuati per l’area in studio e nei termini esposti in precedenza nel testo, hanno evidenziato un superamento, per i suoli di tipo B, del valore di soglia per il periodo compreso tra 0,1-0,5. Il periodo 0,5-1,5 risulta invece verificato.

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Comune di Azzano Mella (BS) – Nuovo P.G.T. ex L.R. 12/05 - Analisi della componente geologica, idrogeologica e sismica ex D.G.R. 8/7374/08 – Relazione Geologica

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12. LE NORME GEOLOGICHE DI ATTUAZIONE Il comune di Azzano Mella dispone di uno studio geologico, redatto a suo tempo (Dott. Laura Ziliani, 1996) a supporto della redazione del P.R.G., che risulta già conforme ai dettami della L.R. 41/97 (oggi abrogata), nonché della vigente L.R. 12/05 per ciò che concerne gli aspetti geologico ed idrogeologico, per i quali quindi, nella prospettiva della progettazione e della realizzazione degli interventi di Piano, sulla base dei risultati esposti nel testo, valgono le prescrizioni fornite dalle norme contenute nel citato studio (riportate in estratto testuale in Appendice 4 alla presente relazione) e in quelle regionali vigenti. Per gli ambiti ricadenti entro le fasce fluviali PAI valgono le indicazioni fornite nella Tabella 1 della D.G.R n° VIII/7374/08 (riportata nel seguito e in Tavola 7) e nelle Norme Tecniche di attuazione del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico.

Tab. 19: aree ricadenti all’interno delle fasce fluviali: indicazioni per l’attribuzione delle classi di fattibilità (Tabella 1 – Classi di ingresso, della D.G.R n° VIII/7374/08).

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Per quanto non esplicitamente indicato nel seguito (relativamente all’aspetto sismico) si farà quindi riferimento alle indicazioni e prescrizioni fornite dalla citata normativa comunale e regionale vigente in relazione alle diverse classi di fattibilità geologica: Classe 1 - Fattibilità senza particolari limitazioni Classe 2 - Fattibilità con modeste limitazioni Classe 3 - Fattibilità con consistenti limitazioni Classe 4 - Fattibilità con gravi limitazioni Per ciò che concerne le norme generali, di seguito si forniscono alcune ulteriori indicazioni in merito alle indagini da eseguire in relazione alle diverse problematiche identificate nelle diverse zone. Quanto di seguito prescritto ed in precedenza definito per le diverse aree, si basa su conoscenze acquisite anche da studi precedenti ed andrà in ogni caso verificato mediante indagini dirette al momento della effettiva realizzazione di opere civili o di interventi infrastrutturali sulle aree stesse. In sede di formulazione delle proposte di pianificazione e di localizzazione delle aree di espansione, nelle fasce di transizione tra le varie classi occorrerà tenere conto anche delle indicazioni fornite per la classe dotata di caratteristiche più scadenti; in tali situazioni, le verifiche da effettuare a supporto della progettazione degli interventi dovranno dimostrare che le opere previste non muteranno in senso peggiorativo la situazione geostatica esistente, anche prevedendo opere a corollario in grado di migliorare l’assetto idro-geo-morfologico complessivo. Le indicazioni fornite in merito all’edificabilità si riferiscono a costruzioni di non particolare mole e complessità strutturale. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni più restrittive di quelle indicate contenute nelle leggi dello Stato e della Regione, negli strumenti di pianificazione sovracomunale e in altri piani di tutela del territorio e dell’ambiente. Nel caso in cui un intervento insista su terreni appartenenti a zone con diversa zonazione geologica, gli adempimenti di tipo geologico previsti in queste norme, dovranno far riferimento alle prescrizioni più cautelative relative alla zona che presenta maggiori problematiche geologiche. Tale norma dovrà essere applicata, anche nel caso in cui siano previsti interventi insistenti su una singola zona se questa risulta confinante con ”zone 3”. In questo caso gli adempimenti geologici più cautelativi potranno limitarsi ai soli settori prossimi alla zona gravata da una classificazione più restrittiva, ma comunque non potranno prescindere dall’analisi di stabilità del versante relativamente alle condizioni finali previste dalla proposta progettuale e, a lavori ultimati dalla certificazione sulle condizioni di sicurezza del sito.

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Le indagini necessarie per la costruzione di edifici e opere sono normate da: • D.M.LL.PP. del 11.03.1988 "Norme tecniche riguardanti le indagini sui

terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione";

• D.M. 14/01/08 “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”, pubblicato sulla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008, Supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore definitivamente il 1 luglio 2009;

pertanto, ai fini della pianificazione attuativa e per la progettazione esecutiva, le indicazioni qui presenti non sostituiscono quanto previsto dai Decreti citati. Si fa inoltre presente che ove fossero presenti vecchie discariche di r.s.u. o inerti e queste ricadessero in classe 2 andranno effettuate ulteriori ed approfondite indagini geologico conoscitive, più approfondite di quelle già previste per la suddetta classe 2. In merito alla componente sismica, i calcoli e le verifiche dei Fattori di Amplificazione (Fa) effettuati per l’area in studio nei termini esposti in precedenza nel testo, hanno evidenziato un superamento del valore di soglia per il periodo compreso tra 0,1-0,5. Il periodo 0,5-1,5 risulta invece verificato. Per il periodo compreso tra 0,1-0,5 quindi, essendo il valore di Fa superiore al valore di soglia corrispondente, lo spettro previsto dalla normativa (D.M. 14 gennaio 2008) è da considerarsi insufficiente a tenere in considerazione i reali effetti di amplificazione litologica del sito; per queste aree (ovvero l’intero territorio comunale di Azzano Mella), in fase di progettazione edilizia, si dovrà procedere alle indagini ed agli approfondimenti di dettaglio di 3º livello o, in alternativa, utilizzare lo spettro di norma caratteristico della categoria di suolo superiore (anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C; nel caso in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro della categoria di suolo D). Per il periodo compreso tra 0,5-1,5, essendo il valore di Fa inferiore al valore di soglia corrispondente, la normativa è viceversa sufficiente a tenere in considerazione anche i possibili effetti di amplificazione litologica e quindi si applica lo spettro previsto dalla normativa (D.M. 14 gennaio 2008).