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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA’ DI ARCHITETTURA Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17 prof. arch. Caterina Giannattasio Corso di Teoria e Storia del Restauro Il restauro nel XIX secolo L. Beltrami e G. Moretti Le opere

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17

prof. arch. Caterina Giannattasio

Corso di Teoria e Storia del Restauro Il restauro nel XIX secolo

L. Beltrami e G. Moretti

Le opere

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Luca BELTRAMI 1854-1933

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1854 1933

1883-96

Rocca Viscontea

Soncino

Castello Sforzesco

Milano

1893-1905

Camera di Commercio

Cagliari

1915

RESTAURO

NUOVA REALIZZAZIONE

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La città di Soncino, nella seconda metà del Quattrocento, ricopriva un ruolo difensivo molto

importante per la sua posizione in prossimità dell'Oglio, il quale costituiva la linea naturale

di difesa dei confini orientali del Ducato di Milano nei confronti della Repubblica Veneta.

Nel 1473, Galeazzo Maria Sforza dà avvio alla costruzione del complesso fortificatorio.

Passata, dopo la caduta degli Sforza, in mano ai

Veneziani, ai Francesi e poi agli Spagnoli, la rocca

subì adattamenti e rimaneggiamenti fino all'Ottocento

inoltrato.

Utilizzata per lungo tempo come magazzino, fu ceduta

nel 1876 dagli Stampa, suoi ultimi proprietari, al

Comune di Soncino.

Mappa della Rocca nel XVII sec.

La cittadella fortificata (planim. - XX sec.).

Rocca Viscontea - Soncino | 1883-96

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Il tipo della rocca si distingue da

quello del castello medievale,

oltre che per il suo scopo

esclusivamente militare, senza

concessioni all'aspetto

residenziale, per connotazioni

architettoniche e difensive

nuove: spesse muraglie, bassi

torrioni, imponente rivellino,

profondi fossati, sistematico

impiego dell'apparato a

sporgere.

La rocca, sorta nell'angolo sud occidentale della cerchia

muraria del borgo, ha impianto quadrato, con tre grandi

torri quadrate e una cilindrica con doppio apparato a

sporgere: soluzione rarissima che dà all'edificio una

connotazione unica.

Rocca Viscontea - Soncino | 1883-96

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Luca Beltrami nel 1883 eseguì una

serie di rilievi del Castello di Soncino

su incarico del Ministero della Pubblica

Istruzione.

Alcuni disegni divennero poi le tavole

illustrative del volume del Beltrami

intitolato "Soncino: la Rocca sforzesca

e Torre Pallavicina" edito a Milano dalla

Hoepli nel 1898.

Nel 1886 si occupò anche del restauro del Castello

di Soncino, prevedendo:

la demolizione dei porticati e delle altre

fabbriche addossate agli spalti;

il ripristino delle merlature, dei tetti delle torri;

la ricostruzione in muratura dei ponti levatoi;

il recupero del Rivellino.

Questo intervento ha riportato il fortilizio

all’unità di architettura e all’immagine originaria

che le aggiunte e il degrado dei secoli avevano

modificato.

Rocca Viscontea - Soncino | 1883-96

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Rocca Viscontea - Soncino | 1883-96

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Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

Il Castello sorge (forse tra 1360 e 1370) per volere di Galezzo il

Visconti, a cavallo delle mura medievali dove si apriva la pusterla

Giovia o Zobia, da cui deriva il nome originario.

Il Castello visconteo è costituito da un ampio recinto

fortificato, di forma quadrata, cui Gian Galeazzo, il figlio del

fondatore, fa aggiungere nel 1392, sul lato verso la campagna,

una cittadella per l'alloggiamento delle truppe stipendiate.

Le due parti della struttura sono separate dal fossato della

cinta medievale.

Questa originaria costruzione lascia tracce ancora oggi

riconoscibili nella parte del Castello rivolta verso il parco: il

basamento in pietra grigia (serizzo) è quello voluto da

Galeazzo Visconti e dai suoi successori.

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A Filippo Maria, l'ultimo dei Visconti, si deve la

prosecuzione, nella prima metà del XV sec., dei lavori,

con il collegamento tra le due parti del fortilizio e la

sistemazione a "zardinum" o "barcho" del grande

terreno adiacente. È in questo periodo che il Castello,

d'impianto quadrato e quattro torri angolari anch'esse

quadrate, si trasforma in austera residenza.

Nel 1450, fu ricostruito per volere di Francesco

Sforza , che affidò all’architetto fiorentino Antonio

Averlino, detto il Filarete, il compito di realizzare la

torre dell'orologio.

Ludovico il Moro, alla fine del XV sec., chiamò a corte

grandi artisti per decorare il Castello, tra i

quali Donato Bramante e Leonardo da Vinci.

Il Castello nel XVI sec. Veduta del Castello di Milano, in una incisione del 1790.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Anche il Castello, al quale nel 1860 è

affiancata una Cavallerizza, e la

vasta area che lo circonda, sono al

centro della discussione, nonché

oggetto di tentativi di speculazioni

edilizie.

Castello di Milano, litografiada un disegno di

Giuseppe Elena, 1836.

Nella Milano post-unitaria fervono progetti per il rinnovo urbanistico, che interessa vie e

piazze, intere porzioni di città e singoli edifici, in un dibattito continuo relativo soprattutto

alle modalità di restauro degli edifici storici.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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I primi interventi di restauro del Castello vengono eseguiti negli anni 1893-1894 dall'Ufficio

Tecnico Regionale per la Conservazione dei Monumenti, istituito nel 1891 e diretto, per la

Lombardia, da Beltrami, che propone un restauro "filologico", basato sull'attento studio

delle fonti grafiche e letterarie antiche.

Si interviene dapprima riportando all'altezza originaria il torrione cilindrico est, poi si

rialzano quello ovest e la Torre di Bona, si iniziano gli sterri del fossato, si sistema parte

della Corte Ducale e della Rocchetta, si demoliscono infine la Ghirlanda e la Cavallerizza.

Lato dalla Ponticella di Ludovico il

Moro.

Milano. Veduta del Castello Sforzesco prima dell'inizio dei restauri intrapresi da Luca Beltrami.

Lato della Porta del Barco.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Tra il 1895 e il 1897 si ricostruiscono finestre, cornicioni, tetti e pavimenti, si ripristinano le

antiche sale, si scrostano i muri, riscoprendo splendidi affreschi, si destinano infine gli

ambienti della Corte Ducale e della Rocchetta a Istituti culturali e Musei artistici e

archeologici, che vengono aperti al pubblico nel maggio 1900.

Angolo sud-ovest del quadrilatero, prima, durante i lavori di restauro e oggi.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Progetto di massima ed esecutivo della Torre del Filarete.

Beltrami si oppone alla demolizione della struttura, al posto della quale si voleva realizzare un nuovo quartiere, provvedendo alla redazione di un accurato rilievo dello stato di fatto e ad un’approfondita ricerca documentaria, al fine di redigere il progetto ricostruttivo.

Senza poter “arrivare alla materiale e scrupolosa esattezza originaria della struttura”, esegue un’opera di ripristino “il cui significato e la cui efficacia si affidano essenzialmente alla linea d’assieme ed al movimento generale delle masse” (Beltrami 1905).

Documenti raccolti da L. Beltrami per la ricostruzione e veduta della torre del Filarete.

Il 24 settembre 1904 il Beltrami restituì alla cittadinanza il castello voluto dai Visconti, che però fu ribattezzato "Sforzesco", come segno del recupero del tempo in cui aveva vissuto la sua migliore stagione.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Il torrione orientale della Piazza d’Armi con la Porta del Carmine. Sulle mura sono state rimontate parti di due edifici del Quattrocento e del primo Cinquecento.

Citazioni didascaliche con tratti di

muratura appartenenti alle preesistenti

case di abitazione

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Beltrami definisce il progetto partendo dal piano ambientale e urbanistico, per giungere a quello restitutivo della decorazione.

Effettua riparazioni, ripristini, ricostruzioni, dove le aggiunte sono abbastanza distinguibili. Molto spesso, però, si fa prendere da slanci di fantasia, entrando nel dettaglio di molti elementi, e dunque avvicinandosi alla prassi del restauro stilistico.

Attraverso demolizioni e ricostruzioni, Beltrami ripristina cortine, torri, merlature. Reintegra e ricompone profili e decorazioni, sistema i cortili, adatta i vari corpi di fabbrica a nuove utilizzazioni: in altre parole, esegue una ricostruzione pressoché integrale del castello.

Castello Sforzesco - Milano | 1893-1905

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Camera di Commercio - Cagliari | 1915

La facciata della Camera di Commercio fu ideata intorno al 1915 da Luca Beltrami

L’edificio si sviluppa su tre piani

con aperture perfettamente

simmetriche, ma con finiture

differenti in ciascuno di essi: ad

arco nel primo, con timpani e

balconi nel secondo, più semplici

nell'ultimo. Il cornicione si

conclude con due coppie di vasi

ornamentali per lato.

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Gaetano MORETTI 1860-1938

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Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

Costruita a partire dal primo giugno 912, probabilmente non fu inizialmente pensata come

torre campanaria, ma come torre di vedetta e difesa, sebbene il palazzo ducale avesse

all’epoca quattro torri di avvistamento.

Veduta di Giovanni Xendocos da Corfù tratta da “Atlante di tre carte

delle coste atlantiche dell’Europa e del bacino del Mediterraneo”

(1520): il campanile di San Marco svetta simbolicamente sulla città

facendo da portabandiera al vessillo marciano.

Alla fine del XII sec. risalgono le notizie circa il

completamento della torre.

Un disegno che rappresenta

approssimativamente l’assetto dell’area

marciana nel XII secolo.

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Nel corso dei secoli, ha subito numerose vicissitudini, talvolta con

conseguenze disastrose, come fulmini, incendi e terremoti.

Ospitò, tra le altre cose, una batteria di cannoni e una torre

telegrafica.

Riedificato nella forma attuale ai primi del '500,

fu aggiunta la cella campanaria con la cuspide

rivestita in rame e sormontata da una specie di

piattaforma girevole su cui viene posta la

statua dell'Arcangelo Gabriele, con la funzione

d'indicare la direzione dei venti.

Addossata alla base del campanile si trova

la loggetta che Jacopo Sansovino costruisce

tra il 1537 ed il 1549 ornandola di marmi e

bronzi.

L’antico campanile di San Marco, in una veduta del

Canaletto.

Riparazioni del campanile di San Marco dopo essere stato colpito da un

fulmine, Canaletto (1745).

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Veduta d’insieme del complesso prima del crollo del campanile.

Per la ricostruzione della vicenda è prezioso il minuzioso lavoro del giornalista Leopoldo

Pietragnoli basato sulla lettura dei quotidiani dell'epoca (Cronaca di una fine annunciata, 1992).

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Già nel 1885, Giacomo Boni e Luigi Vendrasco lamentano le pessime condizioni della torre,

ma ancora nel 1898 una commissione la dichiara “stabile”.

Una delle tante foto che rappresentano il crollo del campanile.

Sono tutte dei falsi in quanto durante il crollo non furono scattate foto.

Nel 1902 la Loggetta del Sansovino aveva bisogno di interventi di restauro: da tempo vi

erano delle infiltrazioni di pioggia. A provvedervi, venne incaricato l'Ufficio per la

Conservazione dei Monumenti del Veneto che designò il proprio architetto Domenico

Rupolo a dirigere i lavori con l'assistenza di Antonio Moresco.

Nel giugno di quell'anno iniziò la sostituzione delle lastre di

piombo che ricoprivano il tetto della Loggetta.

7 luglio: il Rupolo ed il Moresco si accorsero di una

fessurazione trasversale sul muro di laterizi del campanile,

vicino al tetto della Loggetta. Il Rupolo fece subito rapporto

all'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti.

8 luglio: agli occhi del Rupolo e del Moresco la crepa

nell'angolo Nord-Est sembrava essersi allargata.

9 luglio: la fessura appariva ancora più larga. Esaminata da

vicino, i due tecnici si accorsero che il materiale che c'era

all'interno si sbriciolava anche solo entrandovi con la mano,

con grande facilità.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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L'architetto Rupolo presentò un secondo rapporto con il quale, tra l'altro, chiedeva che

fosse ordinato dalle autorità di tenere sgomberata la Piazza.

10 luglio: la fessura camminò verticalmente verso l'alto del lato Nord in corrispondenza dei

finestrini del campanile. Alle ore 15 venne compiuto un sopralluogo.

11 luglio: il custode Pietro Ubaldo Caroncini sentì cadere qualcosa all'interno del campanile,

come si fosse trattato di sassi.

Il Direttore dell'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti, l'ingegnere ed

architetto Federico Berchet, scrisse all'ingegnere Pietro Saccardo, Proto di San Marco,

manifestandogli la propria preoccupazione ed invitandolo a mettersi in contatto al più

presto direttamente con l'architetto Rupolo che seguiva sul posto gli sviluppi.

12 luglio: la fessurazione era ormai visibile a tutti. Arrivata all'altezza del quinto finestrino, si

era allargata, nel corso della giornata, di un centimetro.

Il Prefetto di Venezia Giovanni Cassis nominò una commissione tecnica per affrontare

l'emergenza del campanile: ne facevano parte l'ingegnere Federico Berchet, che ne era

anche il Presidente, l'ingegnere Pietro Saccardo e Alberto Torri, ingegnere capo del Genio

Civile.

La Commissione effettuò un sopralluogo sul campanile rilevando che il problema stava in

una vecchia fenditura che si era aperta a seguito della caduta di una saetta il 23 aprile

1747 e nella riparazione che allora venne compiuta da Bernardino Zendrini.

In attesa di prendere qualche provvedimento definitivo, si stabilì di effettuare una ritenuta

provvisoria dell'angolo Nord-Est del campanile con dei tiranti in acciaio che l'avrebbero

tenuta allacciata a punti di sicurezza.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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13 luglio: la crepa aveva raggiunto la cella campanaria. Alle 14 la commissione fece un altro

sopralluogo sul campanile e constatò che tutte le spie di vetro collocate lungo la fessura

risultavano spaccate, a segnalare che questa si era ulteriormente allargata.

Alle 16 di quello stesso giorno la commissione venne ricevuta dal Prefetto di Venezia: non

pareva comprendere la gravità della situazione ed escluse la possibilità di un crollo totale,

ritenendo molto probabile il pericolo di un crollo parziale nei giorni successivi.

Il Prefetto, per misura cautelare, ordinò la chiusura al pubblico del campanile e la

sospensione del suono delle campane.

14 luglio, alle 5.30 del mattino: l'architetto Rupolo era già in Piazza, doveva provvedere a far

eseguire le allacciature allo spigolo del campanile. Salì in alto e vide nuovamente rotte

quelle spie di vetro lungo la crepa che erano state ripristinate il giorno prima: la fenditura si

era «spaventosamente allargata». Caddero alcune pietre frammiste a calcinacci: a questo

punto il Moresco lasciò liberi gli operai di andarsene.

L'architetto Rupolo e l'ingegnere Saccardo si presentarono dal prefetto che chiese loro per

quanto tempo il campanile potesse ancora resistere; per il Rupolo al massimo quattro o

cinque giorni.

Poco dopo le 9 del mattino la commissione era a San Marco per fare un sopralluogo sul

campanile, ma l'architetto Rupolo si oppose impedendo di salire: a prima vista gli era

evidente che la fessura in sole tre ore si era allargata a vista d'occhio.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Alle 9:47 la fessura si spalancò all'improvviso e il campanile di San Marco si accasciò su se

stesso, lasciando un cumulo di macerie alto venti metri.

La Basilica rimase indenne. La colonna del bando, posta

davanti all'angolo Sud-Ovest della cattedrale, restò travolta

frenando la corsa delle macerie che si fermarono appena

prima delle delicate colonne d'angolo.

La colonna del bando che frenò la corsa delle macerie salvando

l'angolo Sud-Ovest della Basilica di San Marco.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Non fu così per la Loggetta del Sansovino che venne seppellita di pietre dal crollo: per uno

strano effetto, la terrazza antistante la Loggetta era scivolata in avanti, restando comunque

coperta dalle macerie.

Era invece crollato il tetto della Libreria sansoviniana e la facciata del primo piano: dallo

squarcio si riusciva a vedere l'interno della sala.

1. Frammenti della Loggetta tra le macerie e sullo sfondo lo squarcio sulla libreria sansoviana.

2. La libreria del Sansovino fotografata dalla sala interna.

3. Un altra vista dello squarcio.

La loggetta di Sansovino fu quindi completamente distrutta, si sono salvate solo le porte di

bronzo e alcuni bassorilievi.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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15 luglio 1902: Verso mezzogiorno, una

recinzione alta due metri chiudeva

completamente il cumulo di macerie, ma

già dalla mattina, operai dell'Ufficio per

la Conservazione dei Monumenti del

Veneto erano al lavoro per sgomberare

l'area del crollo, recuperando tutti i

frammenti artistici: vennero subito

ritrovate, un po' malconce, le porte in

bronzo della Loggetta.

La cella con le campane cadde verso la Piazzetta.

Dal cumulo di macerie emergevano due simboli del campanile:

il primo era l'angelo dorato e il secondo la campana maggiore,

chiamata Marangona a ricordare la vecchia Marangona che

suonava ai tempi della Repubblica, che era stata fusa nel 1820

sotto la seconda dominazione austriaca.

La campana fu l'unica, a differenza delle sue compagne, a

risultare pressoché intatta.

Piazza San Marco senza il campanile: si nota

la recinzione attorno all'area del crollo.

Il Sindaco indisse un Consiglio Comunale Straordinario per le 21 di quello stesso giorno,

durante il quale fu approvata all’unanimità la delibera, proposta dal Sindaco Grimani, che

prevedeva un primo stanziamento di mezzo milione di lire per la ricostruzione del campanile

e della Loggetta.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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La direzione dei lavori venne affidata all'architetto e archeologo veneziano Giacomo Boni,

direttore degli scavi del Foro Romano, che nel 1885 aveva eseguito dei sondaggi sulle

fondazioni del campanile.

Il RECUPERO DELLE MACERIE, che si protrasse

per sei mesi, venne fatto con la massima

attenzione, suddividendo i mattoni dai frammenti

lapidei più pregiati dell'apparato decorativo del

campanile e della Loggetta che furono custoditi

in Palazzo Ducale.

Frammenti lapidei del campanile e della Loggetta

accatastati e conservati nel cortile del Palazzo Ducale.

I lavori di sgombero ebbero termine all'inizio del 1903, quando venne demolito il mozzicone

di campanile che ancora restava.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Nei discorsi ufficiali, la famosa frase «dov'era e com'era»

apparve per la prima volta il 25 aprile 1903 nel discorso che il

Sindaco Grimani pronunciò in occasione della cerimonia

della posa della prima pietra. Certamente era un desiderio,

dato per scontato nell'animo dei veneziani ed inizialmente

non pronunciato, di vedere ricostruito il campanile dove era

sempre stato e come era stato.

Francobolli emessi il 25 aprile

1912 per celebrare la

ricostruzione del campanile di

San Marco. È riportato il motto

«Come era, dove era».

Appena due giorni dopo il crollo, l'architetto austriaco Otto

Wagner impostò razionalmente il problema della

ricostruzione partendo dall’osservazione: Venezia città

sempre uguale a se stessa e sempre diversa nei secoli

Alcuni progetti per il nuovo

campanile di San Marco.

Da sinistra Edoardo Collamarini,

F.G. Dear , Asa Coolidge Warren e

tavola satirica di F. Graetz

sull’ipotesi espressa verbalmente

da Otto Wagner per la

ricostruzione in stile ‘moderno

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Il giornale umorista tedesco, Lustige Blatter, si burla di

architetti e decoratori moderni col pretesto di fare “arte

nuova”, pubblicando questi improbabili progetti di

ricostruzione del campanile di San Marco.

La città è tutta una festa di architetture e forse a

questo pensava Otto Wagner quando si poneva

l'interrogativo: «Per qual motivo non dovrebbe

essere rappresentato nella piazza di Venezia

anche lo stile moderno, perché ormai la disgrazia

è avvenuta?».

Irrazionalmente ci fu un diffuso dissenso contro

la posizione dell'architetto austriaco perché a

Venezia tutti si aspettavano intimamente che la

ricostruzione sarebbe avvenuta nello «...stile

antico...» senza porsi il problema se, così

facendo, si sarebbe perpetuata una falsificazione

della storia dell'arte.

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Ma Otto Wagner non si era fermato solo sull'aspetto stilistico: aveva razionalmente posto il

problema nel modo più completo: se comunque la città ha bisogno di un campanile, «...mi

piacerebbe vederlo in un altro punto, perché là dove era, guastava indubbiamente l'armonia

stilistica della piazza».

Piazza San Marco senza il campanile. l campanile di San Marco a fianco della Torre dell'Orologio

(fotomontaggio d'epoca di Giovanni Sardi).

Si levarono altre voci a tenere compagnia a quella dell'architetto Wagner: quando tra il 1906

ed il 1907 i lavori di ricostruzione si fermarono per delle discussioni filologiche su taluni

aspetti dei lavori.

A seguito di un lungo dibattito, tenuto anche a livello politico, il Governo affermò che

«...il voto preponderante deve essere quello della popolazione di Venezia.

Se questo voto è che il Campanile sorga dove era, il Governo non potrà fare altro che

rispettare la volontà dei Veneziani».

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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E la volontà dei veneziani venne ribadita in Consiglio Comunale dall'Assessore ai Lavori

Pubblici Ettore Sorger:

«Fino a quando (...) apparve in tutta la sua desolante amarezza la perdita dell'insigne

monumento, fu espresso, si diffuse, e divenne in breve quasi unanime il voto che Campanile

e loggetta avessero a risorgere al più presto dalle loro rovine. Fu una attestazione sincera e

concorde dell'affetto che ad essi portavano i Veneziani (...) e di tale nobile sentimento

solennemente si rese interprete il Consiglio, deliberando unanime nello stesso giorno

tristissimo dell'immane sciagura un generoso contributo per dare alla città un nuovo

monumento immagine fedele del caduto.».

Campanile di San Marco - Venezia | 1902-12

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Durante le operazioni di sgombero della Piazza vennero recuperati tutti i frammenti artistici

del campanile e della Loggetta che si potevano trovare: statue, colonne, capitelli,

bassorilievi ed altri reperti lapidei.

Il Boni procedette ad uno scavo in profondità attorno al

masso di fondazione per verificarne la solidità e

saggiare la consistenza del terreno circostante.

Nonostante l'eterogeneità del materiale, di

provenienze diverse, nel complesso le

fondazioni con il circostante terreno

risultavano in buono stato e venne escluso

che stesse lì la causa del crollo.

Il masso di fondazione liberato nel

marzo 1903.

Il lato Est dell'antico masso di fondazione.

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Si aprì contemporaneamente un dibattito sull'opportunità, nella fase della ricostruzione, di

costruire ex novo le fondazioni. Giacomo Boni fu il primo ad ipotizzare un intervento teso ad

allargare il masso fondativo.

Per approfondire gli aspetti tecnici, venne incaricato l'ingegnere Luca Beltrami.

Quando il 1° marzo 1903 il masso di fondazione era stato completamente liberato, a Beltrami

risultò chiaro che, pur nella limitatezza delle sue dimensioni, era ben saldo, come ben

compatto e solido era il terreno circostante.

Beltrami sottolineava la necessità che il nuovo campanile risultasse più leggero del

precedente, utilizzando (tra l'orrore dei puristi) il cemento armato per le strutture interne

evitando così gli inconvenienti alle rampe che avevano determinato il collassamento della

vecchia torre.

25 aprile 1903 (festa di San Marco): cerimonia della

posa della prima pietra per la ricostruzione del

campanile e della Loggetta.

Biglietto d'invito alla cerimonia della posa della prima pietra

per la ricostruzione del campanile e della Loggetta di S.Marco.

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Il 12 giugno 1903, persistendo le polemiche circa le soluzioni da adottare per la ricostruzione

del campanile, l'ingegnere Beltrami rassegnò le proprie dimissioni.

Venne quindi nominata una commissione di studio presieduta dall'architetto Gaetano

Moretti che, già in agosto, condivise le soluzioni del Beltrami con un progetto che, se da un

lato manteneva la tradizione, dall'altro considerava indispensabile usare le tecnologie

edilizie più moderne, compreso l'uso del cemento armato.

Venne definito l'allargamento del masso di fondazione, come già aveva previsto il Beltrami

e, prima di lui, ipotizzato Giacomo Boni. Il progetto prevedeva degli accorgimenti di

interconnessione strutturale tra la nuova base e la vecchia in modo da ottenere

un unicum assolutamente monolitico.

Nel marzo 1906 furono collocati i cinque gradoni in trachite sui quali doveva sorgere la torre

laterizia. La commissione aveva fatto un'accurata indagine sulla scelta dei mattoni per

cercare di ottenere una coloritura che fosse simile a quella degli originali: ricerca difficile

perché la vecchia struttura aveva subito nei secoli vari rifacimenti parziali e non si

presentava di un colore uniforme. Un'attenzione particolare fu rivolta alla scelta della malta

che li legava: essa fu una moderna malta di cemento.

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Moretti introduce l’utilizzo di ferro e cemento per garantire la staticità della struttura.

Propone elementi di dettaglio in maniera semplificata.

Quando la costruzione raggiunse i sette metri d'altezza, scoppiò la polemica dei puristi,

legata inizialmente alla questione dei cinque gradoni della base: il «come era» doveva

intendersi come appariva alla vista, o come era intimamente, con i cinque gradoni di cui due

nascosti? La polemica si estese anche alla coloritura dei mattoni e fu tanto vivace da

condurre, il 2 luglio 1906, alla sospensione dei lavori.

Se ne interessò la commissione del Moretti, un collegio di

esperti, una sottocommissione scientifica. Tutto l'intero

progetto di ricostruzione venne messo in discussione.

Alla fine venne definitivamente stabilita la correttezza delle

scelte ed il 26 maggio 1907 i lavori poterono riprendere.

Il "castelletto" mobile ideato dall'ingegnere Donghi.

Sulla soletta in cemento armato fu montato l'apparato lapideo

in gran parte originale, essendo stati recuperati, restaurati e

ricomposti gli elementi in pietra d'Istria:

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Dettaglio della parte terminale del campanile

ricostruito e della Loggetta del Sansovino.

Seguendo i criteri analogici, i due fianchi della Loggia

vengono sistemati, proponendo una definizione che

non avevano mai avuto.

Le parti decorative scolpite vengono staccate e

innestate su materiali integri, mentre gran parte dei

marmi vengono sostituiti, procedendo con attenzione

filologica e grande perizia tecnica.

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Mentre per il campanile appoggia l’idea di ricostruire ‘com’era e dov’era’, per la Loggia (1911) e la Biblioteca (1904-06) sansoviniane, danneggiate dal crollo del campanile, si pone secondo un atteggiamento di rinuncia alla ricostruzione, facendo prevalere un comportamento di chiarezza e sincerità.

Dopo meno di dieci anni dal suo crollo, il campanile

era stato ricostruito: non furono dieci anni di solo

lavoro materiale, ma anche di studi, ricerche,

progettazione tecnica, verifiche, di interruzioni per

sciopero dei lavoratori e anche di non poche

polemiche che portarono all'arresto dell'attività per

quasi un anno, tra il 1906 ed il 1907.

Nel giugno 1912 il cantiere venne smantellato.

Piazza San Marco illuminata nella sera del

25 aprile 1912, dopo l'inaugurazione del

campanile.

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Veduta della città con il campanile ricostruito in una foto del 1912.

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