cristiani nel mondo - cvxlms.itrivista della cvx comunità di vita cristiana d’italia 1 editoriale...

36
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 2 DCB - Filiale di Roma cristiani nel mondo Rivista della CVX Comunità di Vita Cristiana Anno XXV · Aprile/Maggio 2010 · Nº 2 Islam guardiamoci negli occhi Islam guardiamoci negli occhi In questo numero Intervista a Padre Samir Khalil Samir S.I. Chi sono i giovani musulmani di seconda generazione L’islam balcanico e l’esperienza dei gesuiti a Scutari Obama alla prova dei fatti sul conflitto israelo-palestinese In questo numero Intervista a Padre Samir Khalil Samir S.I. Chi sono i giovani musulmani di seconda generazione L’islam balcanico e l’esperienza dei gesuiti a Scutari Obama alla prova dei fatti sul conflitto israelo-palestinese

Upload: others

Post on 08-Aug-2020

4 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Post

e It

alia

ne S

.p.A

. - S

ped.

in a

bb. p

ost.

D.L

. 353

/03

(con

v. L

. 46/

04)

art.

1 c

omm

a 2

DC

B -

Fili

ale

di R

oma

cristiani nel mondoRivista della CVX Comunità di Vita CristianaAnno XXV · Aprile/Maggio 2010 · Nº 2

Islamguardiamoci negli occhi

Islamguardiamoci negli occhiIn questo numero � Intervista a Padre Samir Khalil Samir S.I. �Chi sono i giovani musulmani di seconda generazione � L’islambalcanico e l’esperienza dei gesuiti a Scutari �Obama alla provadei fatti sul conflitto israelo-palestinese

In questo numero � Intervista a Padre Samir Khalil Samir S.I. �Chi sono i giovani musulmani di seconda generazione � L’islambalcanico e l’esperienza dei gesuiti a Scutari �Obama alla provadei fatti sul conflitto israelo-palestinese

Page 2: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

I N Q U E S TO N U M E RO

Via di San Saba, 17 - 00153 Roma

Direttore responsabileAntonella Palermo

Comitato di direzioneCristina AllodiLeonardo Becchetti (direttore)Marilena D’AngiolellaMaurizio DebanneMassimo GnezdaAntonella PalermoVincenzo Sibilio S.I.Marina Villa

Comitato di redazioneMaurizio Debanne (caporedattore)Raffaele MagroneAnna MuroloAntonella PalermoFrancesco RiccardiVincenzo Sibilio S.I.

Direzione e amministrazioneVia di San Saba, 17 - 00153 Romatel. 0664580147 - fax 0664580148e-mail: [email protected]

Progetto grafico e composizioneLayout Studio di Giampiero Marzitel. 0641405018

StampaAbilgraph srlVia P. Ottoboni, 11 - 00159 Romatel. 064393933

Chi desidera dare un contributo per le spese di stampadella Rivista, può farlo – specificando il motivo del versa-mento – tramite:conto corrente postale nº 76224005, intestato a: Cristia-ni nel Mondo, Via di San Saba 17, 00153 Roma;bonifico bancario: c/c intestato a: Comunità di Vita Cri-stiana Italiana (CVX Italia), Via di San Saba 17, 00153Roma; coordinate bancarie: Banca Popolare di Lodi, Ag. 12(Dip. 192), Via della Piramide Cestia 9/11, 00153 Roma;IBAN: IT15 V 05164 03212 00000 0125472.

Registr. Tribunale di Roma nº 34 del 22.1.1986

Poste Italiane S.p.A. - sped. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L.46/04) art. 1 comma 2 DCB - Filiale di Roma

Non è stato sempre possibile reperire gli aventi diritto per lariproduzione delle immagini. L’Associazione è comunque adisposizione per l’assolvimento di quanto occorra nei loroconfronti.

cristiani nel mondoRivista della CVXComunità di Vita Cristiana d’Italia

1 editorialeL’islam che ci viene incontro sulla sabbiadi P. Vincenzo Sibilio S.I.

2 puntini sulle “ i ”Intervista a padre Samir Khalil Samir S.I.di Maurizio Debanne

5 scenariGiovani, musulmani… e italianidi Paolo Branca

8 scenariJihad, contributi per un’ermeneuticadi Franz Brandmayr

11 scenariL’islam balcanicodi Federico Maria Bega

15 scenariMedio Oriente. Quali scenariper la pace possibiledi Janiki Cingoli

19 scenariPoesie dalla Palestina

20 diamo i numeriI musulmani nel mondo

21 testimonianzeUn venerdì alla moschea di Romadi Antonella Palermo

26 testimonianzeScutari, il dialogo si impara a scuoladi P. Gaetano Brambillasca S.I.

29 LettureL’islam in libreria

17 scenariIslam in Palestina, la nascita di Hamasdi Maurizio Debanne

Immagine in copertina di Vladimiro Campanelli, www.vladimirocampanelli.net

24 testimonianzeLa mia esperienza di scritturadi Lubna Ammouene

Page 3: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Una spiaggia d’inverno.Il rumore delle onde che si frango-no sulla sabbia.Solitudine.Ad uno ad uno, arrivano giovani;alcuni si seggono sulla sabbia, al-tri, in piedi, fermi.Tutti rivolti al mare.Gli occhi scrutano in lontananza.Un cane nero con la schiena rivol-ta al mare, unico che fissa i suoiocchi all’entroterra.L’onda, calma e inesorabile, can-cella costantemente nomi di uo-mini e donne dell’altra sponda delmare, nomi scritti con dolcezzasulla sabbia: Abdul, Mohammed,Shamir, Zohira, Iqbal…Deboli tracce che il mare cancella.

I volti bellissimi dei nostri giovani,fissi, determinati, pieni di calore e

di ansia, scrutano. Sono volti neiquali si legge la forza dell’incontrodi razze e culture diverse, nei qualiriconosci il passaggio di assiri, digreci, di latini, di ebrei e di nor-manni e di arabi e di spagnoli.

Noi siamo qui.

Noi siamo qui non nemici, nonostili, ospiti trepidanti dello stra-niero.

Non hanno pregiudizi perché at-tendono; i secoli di storia penetra-ti nella loro carne, li hanno fattipronti all’accoglienza, gioiosi nellaconvivialità delle differenze.

Se lo straniero non arriva, ospiteatteso, questi giovani saranno persempre mancanti, incompleti, im-possibilitati al dia-logo.

Decidere di dedicare un interonumero di Cristiani nel Mondoall’Islam, è non solo urgenza diinformazione e di formazione suuna realtà altra da noi con la qualedobbiamo necessariamente con-frontarci perché è ormai in casanostra, ma è soprattutto obbedirealla legge evangelica dell’accoglien-za dell’altro-da-noi, dall’ascoltoamoroso e senza pregiudizi, delcredere che solo “mettendo la Pa-rola in mezzo” (dia-logo) possiamovivere il rispetto e la convivenzapacifica.

Solo dal confronto, anche la no-stra fede cresce e si sviluppa e ri-scopriamo la bellezza del Volto delCristo.

Senza accoglienza e confronto, sia-mo barbari integralisti, egoistica-mente arroccati in nostre veritàche pretendiamo di contrabbanda-re per la Verità.Senza accoglienza e confronto, fac-ciamo della nostra fede una religio-ne debole e imperfetta e, perciò,violenta e chiusa con riti tribali.Senza accoglienza e confronto,l’unica via rimane, drammatica-mente, il respingimento e l’ondadel mare continuerà a cancellare inomi sulla sabbia e, con i nomi, ivolti e gli occhi e i cuori.

E pretenderemo di disvelare il mi-stero sacro della vita.

E la Croce sarà solo un pretestoper i nostri fanatismi e non piùl’unica via per l’incontro.

E D I TO R I A L E

L’islam che ci vieneincontro sulla sabbiaDI P. VINCENZO SIBILIO S.I.

CVX GENNAIO-MARZO 2010 · 1

Page 4: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

L’islam appare oggi in molte par-ti del mondo come un fenomenoche fa paura, che crea una resi-stenza. Può spiegarci le origini diquesto fenomeno?

Tutto è cominciato a partire daglianni Settanta del secolo scorso, male origini ricadono molto più in-dietro nel tempo. È necessario farepiù di qualche passo indietro.

Siamo qui per questo.

Nel IX e X secolo il mondo islami-co era all’avanguardia in medicina,filosofia e scienze. Questa aperturamentale aveva contribuito a creareun islam aperto e costruttivo. Maa partire dal 1100 si fece largo lareazione tradizionalista contro tut-to ciò che proveniva dall’esterno,in particolare contro il pensiero el-lenistico che predominava in filo-sofia. Il movimento prese ancorapiù ampiezza dopo Averroè (mor-to nel 1198), e a partir dal 1350circa iniziò ciò che gli studiosihanno definito l’epoca della deca-denza nella quale non si creò piùnulla di nuovo.

La crisi viene da così lontano?

Assolutamente no. Nell’Ottocentoassistiamo ad un altro periodo diapertura nel mondo islamico. Imusulmani scoprirono, con lacampagna di Bonaparte in Egitto(1798-1801), quanto l’Europafosse molto più avanzata di loro, enon solo dal punto di vista milita-re. Le operazioni belliche furonoinfatti accompagnate da una spe-dizione di un folto gruppo di stu-diosi che esplorò l’Egitto in lungoe in largo. Di ritorno in Franciaquesti studiosi misero nero su

bianco quanto appresso in un’en-ciclopedia. Un lavoro straordina-rio che solo oggi, dopo due secoli,l’Egitto sta traducendo in arabo.Mehemet Ali inviò comunque asua volta molti giovani a studiarein Europa sotto la guida spiritualedi un imam con il fine che tradu-cessero in arabo al loro ritornoquanto avevano appreso. Questoponte culturale tra Egitto ed Euro-pa fu alla base di un movimento dirinnovamento del pensiero straor-dinario, chiamato dagli studiosicome il secondo rinascimento isla-mico. L’allora rettore dell’Univer-sità Al-Azhar, Mohammed Abduh(morto nel 1905), formulò ideesulla riforma della società, sulla re-ligione e sul Corano che oggi, apiù di un secolo dopo la sua mor-te, non abbiamo raggiunto ma per-so. Abbiamo fatto passi indietro.

Cosa è successo?

I nuovi equilibri venutisi a crearedopo la prima guerra mondialesconvolsero il mondo islamico. Apartire dalla disintegrazione del-l’Impero Ottomano, fondato nel1516, Mustafa Kemal Ataturk,presidente della neonata Turchia,si rese protagonista di una rivolu-zione laicista alla francese cheabolì l’islam come religione di Sta-to e nel 1924 pose fine al califfato,nato nel 632, ben 13 secoli prima.Il mondo islamico si ritrovò tuttoad un tratto senza guida, senzaorientamento. I Fratelli musulmani, movimentonato in Egitto e fondato da Has-san Al- Banna nel 1928, si candi-darono a riempire questo vuotoproponendosi di reislamizzare ilmondo islamico e combattere ilneo-paganesimo identificato con

P U N T I N I S U L L E “ I ”

2 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Intervistaa padre Samir Khalil Samir S.I.DI MAURIZIO DEBANNE

Padre Samir Khalil Samir S.I., nato in Egitto,è tra i massimi esperti di islam.È professore all’Université Saint Joseph diBeirut, al Pontificio Istituto Orientaledi Roma, alla Cattolica di Milanoe al Centre Sévres dei gesuiti a Parigi.È inoltre fondatore e direttore in Libanodel Centre de Documentationet de Recherches Arabes Chrétiennes.

Page 5: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

l’Occidente. Questo movimentonon solo non riuscì mai prendereil potere ma fu fortemente contra-stato dal re Fouad poi dal re Fa-rouk e infine dal presidente GamalAbdel Nasser. Intanto agli inizi degli Settanta, inparticolar modo nel 1974, il prez-zo del greggio salì vertiginosamen-te conferendo un potere straordi-nario a paesi come l’Arabia sauditae la Libia. Da qui comincia l’epoca che vivia-mo adesso dove chi ha il potere so-no i più fanatici il cui solo scopo èun ritorno all’islam originale delsettimo secolo dell’Arabia. Un ri-torno materiale, letterale, nel mo-do di mangiare, di vestire, di com-portarsi, nella relazione tra uomoe donna, musulmani e gli altri, re-ligione e Stato, ecc. L’unica forzache può ridare vita al mondo mu-sulmano è l’islam. Un concettoche si sintetizza in tre parole: l’i-slam è la soluzione.

Poi è arrivato l’11 settembre cheha sorpreso un po’ tutti quanti.

I movimenti fondamentalisti han-no usato la tecnologia occidentalea servizio di un’ideologia del setti-mo secolo. Le due cose messe in-sieme hanno generato qualcosa ditremendo. È importante però sottolineare co-me l’islam brutale di oggi non cor-risponda alla realtà di sempre. Imusulmani devono integrare lamodernità nella visione islamica: idue elementi sono assolutamenteconciliabili. Noi cristiani ci siamoriusciti in tempi in cui l’evoluzio-ne era più lenta. Oggi è più diffici-le trovare un equilibrio perchéogni 10 anni si verifica una nuovarivoluzione culturale e mentale.

Torniamo alla caduta del califfa-to. Quali conseguenze ha avutonel mondo islamico?

Il califfo decideva su tutto, dallequestioni politiche a quelle religio-se, poiché nell’islam i due poterisono spesso uniti. Il califfo cercavadi favorire il progresso ma al tem-po stesso di salvaguardare le strut-ture islamiche. Dalla sua abolizio-ne si riscontrano molteplici realtà,a volte contrapposte, nel mondomusulmano.

Può farci qualche esempio?

Il re del Marocco, Mohammed VI,è considerato dal suo popolo comediscendente del profeta e per que-sto viene chiamato “il principe deicredenti”. Qualunque parola dica,qualsiasi gesto compia, è in quantopadre religioso della nazione. Perfortuna Mohammed VI esercita ilsuo potere (politico e religioso) inarmonia tra islam e modernità. Nella maggior parte dei casi la gui-da spirituale è un imam a capo diun gruppo di credenti. E ci sonoimam moderati ed altri fonda-mentalisti o addirittura fanatici.

È dunque possibile che un imamin Algeria possa accettare adesempio che le donne utilizzino ilrossetto mentre in Egitto possaaccadere il contrario?

Esatto, ma non è obbligatorio cam-biare paese. La diversità di giudizioè riscontrabile anche in diversiquartieri del Cairo. Questa diffor-mità di pareri non solo genera con-fusione, ma favorisce gli integralistila cui visione del mondo appare lapiù sicura poiché si richiama allatradizione del settimo secolo.

Sarà anche la visione più chiarama come si riesce a giustificarela reintroduzione di certe prati-che e consuetudini così antiche?

Vediamo un esempio concreto. IlCorano dice che la punizione per iladri è il taglio della mano. Questaera l’usanza nel settimo secolo,espressione della cultura di queltempo. Anche l’impero romano hafatto lo stesso e la Chiesa non hasempre fatto di meglio. Ma il vole-re divino è davvero che venga ta-gliata la mano ai ladri? Assoluta-mente no, Dio, per amore del be-ne, vuole che le persone nonrubino. E oggi per raggiungerequesto risultato gli uomini possie-dono mezzi migliori: ad esempiooffrendo a queste persone un aiu-to, un lavoro, per il caso che que-sto ladro rubasse perché ha fame. È necessario dunque che tutti imusulmani comincino a leggerecriticamente il Corano distinguen-do bene i suoi scopi dalla riflessio-ne su come raggiungerli. Chi ciprova viene subito bollato comemiscredente dai fondamentalisti,ma sono convinto che la maggio-ranza dei musulmani è per unimam moderato che purtroppo inquesta fase fatica a venir fuori.

Il Corano è scritto in arabo. In chemodo questo influisce sulla mag-gioranza dei credenti musulmaniche non conosce questa lingua?

Il mondo arabo rappresenta solo il16 per cento del mondo islamico,la maggioranza dei fedeli non co-nosce la lingua araba. Ma anchemoltissimi arabi possono solo in-tuire in parte il loro testo sacro,poiché è stato scritto in una formapiuttosto arcaica. E così torniamo

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 3

Nel IX e X secolo il mondo islamicoera all’avanguardia in medicina, filosofia e scienze.

Questa apertura mentale aveva contribuitoa creare un islam aperto e costruttivo.

Page 6: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

P U N T I N I S U L L E “ I ”

4 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

al cuore del problema: la figura del-l’imam. I fedeli sono spesso dipen-denti totalmente dalle sue parole,perché non meditano autonoma-mente sui versetti del Corano. Ècome se i fedeli cristiani fossero to-talmente dipendenti dal parroco.

Passiamo all’Islam “interno” al-l’Occidente.

I musulmani che emigrano in Eu-ropa vengono per motivi econo-mici e non per islamizzare il vec-chio continente. Di solito vieneprima l’uomo che, non appenapossibile, si fa raggiungere dal re-sto della famiglia. Sono numerosie saranno sempre di più anche se illoro alto tasso di natalità andrà di-minuendo, anziché avere 5 figli neavranno 4 e poi 2. I fenomeni migratori coinvolgonotutto il mondo, non è che i musul-mani siano un caso particolare.Prendiamo il presidente NicolasSarkozy: è francese al cento percento ma il padre era ungherese.Tutti siamo immigrati in un modoo nell’altro. Chi dal sud verso ilnord, chi da un paese all’altro e co-sì via. Non è né un male né un be-ne, è un fatto normale.

L’integrazione non è però così fa-cile. Usi e costumi in Europa sonoassai diversi da quelli del mondomusulmano.

Gli immigrati musulmani portanocon sé le loro tradizioni e abitudi-ni che erroneamente credono sia-no tutti precetti dell’islam e non inparte frutto della cultura. Così co-me si comportavano nel loro paesedi origine, si comportano in Italia.E lo stesso vorrebbero che facesse-ro i loro figli nati qui. Questi ra-gazzi sono però a tutti gli effettidegli occidentali con qualche trac-cia di tradizione orientale. I musulmani dovrebbero essereguidati nel naturale distacco dalloro paese natale dagli imam, cheperò non sono preparati a seguire iloro fedeli in questo cammino.

Perché?

Gli imam non emigrano per cerca-re un lavoro. Sono mandati dai lo-ro paesi per essere guide spirituali.Purtroppo fanno esattamente ilcontrario e non per cattiveria. Sba-gliano nel credere e pretendere dailoro fedeli che ciò che si pratica nelloro paese di origine è ciò che è giu-

sto e ciò che si deve fare ovunque cisi trovi. E allora capita che sgridinoper esempio le ragazze musulmanevestite d’estate in maniche corte enon con gli abiti tradizionali. È evidente che se si vuole cambia-re qualcosa in bene nell’islam eu-ropeo, gli imam devono capire eapprezzare la cultura occidentale,anche in modo critico. Se insiste-ranno invece a rimarcare le diffe-renze, continueranno a essere mar-ginalizzati dalla società. La stradadavanti a loro è una sola: essere eu-ropei e musulmani al cento percento. Sono due registri diversi econciliabili. Non si deve infatti le-gare la cultura con la fede.

Essere, ad esempio, un italiano èun concetto astratto.

Voglio dire che gli immigrati mu-sulmani in Italia devono conosce-re la storia, la letteratura, le leggi, icostumi, lo stile di vita di questopaese. Non significa preferire le la-sagne al cuscus, ma apprezzare leusanze italiane. L’integrazione to-tale è il modo migliore per esserefelici. Ripeto: essere un buon mu-sulmano è un altro registro, ri-guarda il mio rapporto con Dio.

Ma la fede si esprime anche neifatti…

In questo campo la Chiesa cristia-na può giocare un ruolo chiave.Basta pensare alla Cvx. Le tantepersone che animano le Comunitàdi Vita Cristiana dimostrano nellavita di tutti i giorni, non nella teo-ria, che possono essere credentiaperti, profondi, felici di vivere inquesta cultura e civiltà. Anche ilcristiano ogni giorno deve fare del-le scelte.

La moschea blu di Istanbul

Page 7: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

N ati nel nostro paese, o ar-rivatici da molto piccoli,parlano la nostra lingua,

hanno frequentato le nostre scuo-le, adorano la pizza… e si sentonoitaliani. Stanno cercando le giustemodalità per restare fedeli al lorocredo, senza rinunciare ad esseregiovani come gli altri. Con alcunidi loro ho avuto occasione di fareun percorso formativo, che si è ri-velato stimolante per vari motivi.Anzitutto si tratta appunto di gio-vani, posti dalla loro stessa età inuna posizione intermedia, tra lecertezze rassicuranti di quando si èpiccoli e dell’ambiente familiareda un lato e dall’altro le inquietu-dini tipiche di personalità che sistanno ancora formando e le pro-spettive ancora poco chiare relati-ve al proprio futuro (scelta del cor-so di studi, sbocchi professionali,costituire una propria famiglia...),il tutto condito con le normalitensioni generazionali che portanosempre gli adolescenti a dover fati-cosamente trovare un punto d’e-quilibrio tra il semplice e passivorecepimento di quanto hanno ri-cevuto dai genitori e la personaleappropriazione e rielaborazione ditale patrimonio. A queste condi-zioni, che essi condividono coi lo-ro coetanei, si aggiunge il fatto chei principi e i valori della tradizioneculturale e religiosa propria delleloro famiglie non corrispondonoesattamente a quelli diffusi attor-no a loro ed anzi vengono percepi-ti, se non estranei e incompatibili,almeno come problematici e perdi più, specialmente negli ultimianni, si sono caricati di ulteriorivalenze negative in forza di avveni-menti che stanno interessando ilmondo intero e che sembrano in-dirizzarlo pericolosamente verso

una prospettiva di scontro. Nessu-no sembra in grado di farsi caricodelle loro esigenze: il linguaggio el’atteggiamento di coloro che gui-dano i centri islamici sono inade-guati a ragazzi nati o comunquecresciuti in Italia, specialmente perquanti di loro hanno frequentatole nostre scuole e si sentono ormaipiù simili ai propri compagni ita-liani che ai loro cugini d’oltrema-re. Seguendo le orme dei padri, es-si spesso scelgono specializzazionidi tipo tecnico-scientifico (medi-cina, ingegneria…) e rimangonopertanto sguarniti sul versanteumanistico, il che li rende facilivittime di due fenomeni: un’ap-partenenza alla cultura italiana da“parenti poveri” da un lato e dal-l’altro una scarsa consapevolezzadella stessa civiltà islamica, dellaquale resterebbero paradossalmen-te i legittimi detentori quanti(spesso altrettanto sprovveduti)che con meno disponibilità, impe-

gno e successo si sono inseriti nelpaese che li ospita o che hannoaderito all’islam tardi e talvolta informa bizzarra.

Si trattava di una dozzina di giova-ni musulmani e musulmane diMilano e di altre città del nord Ita-lia (Aosta, Novara, Sassuolo e To-rino). Ci siamo incontrati sei vol-te, la domenica, in quanto permolti di loro – ancora studentidelle superiori – la trasferta in altrigiorni avrebbe richiesto di assen-tarsi da scuola. Gli incontri si so-no svolti dalle 10 del mattino alle4 del pomeriggio. Vi abbiamo af-frontato i problemi tipici della lo-ro età e della loro particolare con-dizione. Il lavoro condotto ha evi-denziato una forte esigenza daparte loro di avere dei punti di ri-ferimento per la propria matura-zione, unita a una diversa perce-zione di sé rispetto agli adulti cherestano maggiormente legati a usi,costumi e mentalità del paese d’o-rigine. Sono emersi anche unaspiccata necessità di chiarirsi leidee circa alcuni punti caldi delconfronto islam-modernità, comela questione femminile, la politica,il rapporto fede-ragione... e il desi-derio di svincolarsi da un’immagi-ne marginale e perdente del mon-do d’origine, mirando a una pienaintegrazione come cittadini italia-ni di fede islamica che possanosvolgere un ruolo attivo e positivonella società (alcuni di loro fannogià volontariato al 118, con glihandicappati e persino negli ora-tori).Con loro abbiamo preparato ildvd “Conosciamo l’islam: giovanimusulmani italiani”, per presen-tarne la realtà, come strumentopropedeutico al loro intervento di-

S C E N A R I

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 5

Paolo Branca

Giovani, musulmani… e italiani

DI PAOLO BRANCA 1

Page 8: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

retto in scuole, biblioteche, centriculturali, parrocchie...

Sulle pagine del Corriere della Se-ra, Magdi (allora non ancora Cri-stiano) Allam lo ha bollato comeun video «edulcorato» che tra-smetterebbe una visione «idilliaca»di una realtà composta invece dafigli di persone che non gli anda-vano a genio. Non trovo moltoelegante rimproverare a qualcunodi appartenere a una determinatafamiglia (comunque non certo didelinquenti, visto che non mi ri-sultano procedimenti giudiziari acarico dei genitori dei ragazzi in-tervistati), tanto più se si tratta digiovani che stanno cercando diimpegnarsi in direzioni nuove, an-che con coraggio. Uno di questi“estremisti”, per giunta di originesiriana, appariva nelle riprese men-tre portava la solidarietà della suacomunità agli ebrei che ogni annoricordano la partenza dalla stazio-ne Centrale di Milano dei convo-gli per i campi di sterminio. Per lacronaca, il fatto si è ripetuto anchel’anno successivo, con la presenzadi una palestinese, anch’essa tra leprotagoniste del video e per i treanni seguenti fno a oggi senza maiinterrompersi. Di queste immagi-ni e di questa realtà, ovviamente,non si faceva cenno nella requisi-toria che condannava senza appel-lo il filmato. Al solerte giornalistadevono proprio esser sfuggiti i fo-togrammi in questione, mentrenon ha avuto difficoltà a ricono-scervi una ragazza che ha avuto ladisavventura di partecipare a unapuntata di Porta a porta. Durantela trasmissione, interrogata a pro-posito della lapidazione, la sprov-veduta diciannovenne ha dimo-strato tutta la propria ingenuità.

Avrebbe potuto semplicemente di-re – poiché così stanno le cose –che il Corano non prevede affattotale punizione per l’adulterio. Lasua scarsa competenza l’ha indottaad arrampicarsi sugli specchi, ri-cordando che già l’Antico Testa-mento la prevedeva. In effetti, lamedesima concezione patriarcalesta alla base della morale ebraica emusulmana. Basterebbe ricordareil comandamento: «Non desidera-re la moglie del tuo prossimo» checontinua significativamente l’elen-co così: «né il suo schiavo, né lasua schiava, né il suo bue, né il suoasino, né alcuna cosa che appar-tenga al tuo prossimo» (Esodo 20,17). Ma neppure i primi cristianierano immuni da una simile men-talità, dato che quando Gesù siespresse contro il ripudio dicendo:«Per la durezza del vostro cuoreMosè vi ha permesso di ripudiarele vostre mogli, ma da principionon fu così», i santi Apostoli ribat-terono: «Se questa è la condizionedell’uomo rispetto alla donna, nonconviene sposarsi» (Matteo, 19, 9-10). Le cose non sono sostanzial-mente cambiate per molto tempo,tanto che un proverbio veneto nonproprio medievale (e si badi bene,veneto e non siciliano) per defini-re il comportamento ideale delladonna recita: «Che la piasa, che latasa e che la staga in casa» (che siapiacente, che taccia e che rimangain casa). È evidente che la questio-ne, più che sul piano religioso, sicolloca su quello antropologico eculturale, e lo sanno bene le ragaz-ze cristiane del Medio Oriente chesubiscono mutilazioni genitali ematrimoni forzati o vengono ucci-se dai parenti se si viene a sapereche hanno avuto rapporti sessualiilleciti, in quanto il medesimo “co-

dice d’onore” vige presso tutte lepopolazioni, indipendentementedall’appartenenza religiosa.

Non intendo minimizzare: trovoche sia grave che una ragazza natae cresciuta in Italia, che non hachiesto l’esonero all’ora di religio-ne cattolica nel suo liceo ed ha an-zi accettato di fare volontariato inun oratorio della sua zona, possaritenere ancora accettabile – inteoria – una cosa come la lapida-zione. Ma mi chiedo quanti catto-lici, chiamati ad esprimersi in TVa proposito di questioni contro-verse come gli anticoncezionali ola possibilità di dare la comunioneai divorziati non si sarebbero rite-nuti in dovere di difendere le posi-zioni ufficiali della Chiesa, al di làdelle opinioni personali.

L’incidente non dimostra altroche, specialmente su alcune que-stioni, l’umanità evolve con gran-de lentezza, e che lo sforzo peremanciparsi da atavici tabù e dalladisciplina di gruppo richiede unosforzo enorme. Alla stessa ragazza,in un’altra trasmissione televisiva,è stato chiesto da qualche animabella del patrio giornalismo, se sa-rebbe stata disposta a manifestaredavanti all’ambasciata dell’ArabiaSaudita in favore della libertà reli-giosa dei non musulmani che vi ri-siedono, ai quali – com’è noto –viene impedito non solo di cele-brare qualsiasi rito, ma persino dipossedere oggetti e libri tipici dellapropria religione. Mi pare che conle sue scelte (e quelle del padre,che collabora coi missionari fran-cescani in opere caritative nei pae-si poveri dell’Africa nera), la giova-ne musulmana abbia già fattomolto e debba per questo essere

S C E N A R I

6 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Nel giro di pochi decenni, da paese di emigrazione siamo diventati metadi una crescente immigrazione. È del tutto naturale che la cosa ci spaventi.È giusto pretendere che chi deve regolamentare lo faccia con saggezzae con rigore. Ma ricordare che non molto tempo fa eravamo dall’altra partedella barricata potrebbe stimolarci a considerare soprattutto il lato umanodi quanti approdano sulle nostre sponde.

Page 9: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

apprezzata. Ai solerti giornalistichiederei invece che cosa fanno lo-ro e le loro testate per esercitarepressioni su chi governa l’Arabiaper un maggior rispetto dei dirittiumani, quale politico o quale im-presa statale del settore idrocarbu-ri si sia mai sognata di vincolarecontratti miliardari a condizioniche tutelassero i lavoratori stranie-ri in quel Paese... Evocare interessie denaro è volgare, ne sono consa-pevole. Meglio prendersela con lei,velata e poco scaltra, per dimostra-re le nefandezze della sua fede ar-retrata e sessista e magari tornarse-ne a casa tronfi per aver detto pa-ne al pane e vino al vino, qualicoraggiosi alfieri dell’informazioneindipendente!

Per associazione di idee, mi sovvie-ne delle condizioni disumane nellequali lavorano molti clandestini.Ho conosciuto dei giovani musul-mani impiegati presso imprese ediliche lavoravano anche la domenica(tanto non dovevano mica andarea Messa...), senza alcuna protezio-ne né tantomeno assicurazionecontro gli infortuni, ai quali perpausa pranzo venivano concessiben 15 minuti. Temo che non sitratti di casi isolati. Eppure il clan-destino è visto soprattutto comeun potenziale delinquente, o unoche commette reati solo per il fattodi esistere, non anche e soprattuttouno che subisce ogni sorta di an-gherie, ingiustizie e sopraffazioni(vogliamo parlare degli alloggi insubaffitto in cui vivono stipati epagando spesso cifre esorbitanti? Odelle prostitute nigeriane che nonmi risulta arrivino con nessuna car-retta del mare, ma su voli di linea emunite di visti che sarebbe interes-sante sapere come riescano a pro-

curarsi?). Se poi è musulmano, lapredisposizione a finire per milita-re in gruppi eversivi e terroristiciaggrava ulteriormente le cose. Cisiamo già scordati che italiani (e ir-landesi), in quanto cattolici e quin-di papisti, provenienti da zone ru-rali e dunque analfabeti, supersti-ziosi e maschilisti erano visti consospetto, se non con disprezzo, neicivili paesi del nord Europa o negliStati Uniti, fino non proprio amoltissimi anni or sono? Ci volledel tempo perché si superasseromolti pregiudizi nei loro confronti.Talvolta la diffidenza che incontra-rono non fu del tutto ingiustifica-ta: forme di criminalità organizza-ta si diffusero tramite alcuni di essianche oltreoceano. Questo signifi-ca forse che le discriminazioni dicui furono oggetto siano state le-gittime? Ciò che è comprensibilein taluni casi non può mai diventa-re giustificabile in generale. E’ unalezione che avremmo dovuto im-parare sulla nostra pelle, ma si fapresto a dimenticare. Certe paren-tele scomode si finisce per cancel-larle, specialmente dopo che si èraggiunto un determinato grado dibenessere. Ma, insieme all’acquasporca, richiamo di gettare via an-che il bambino. La vita sacrificatadi intere generazioni che hannocontribuito allo sviluppo di tantipaesi diventerebbe così solo un im-barazzante incidente di percorso,un danno collaterale che sembrafastidioso e di cattivo gusto ripor-tare alla mente. D’altra parte, lecose sono cambiate troppo in fret-ta: nel giro di pochi decenni, dapaese di emigrazione siamo diven-tati meta di una crescente immi-grazione. È del tutto naturale chela cosa ci spaventi. Il modo in cuitale fenomeno si sta sviluppando

non è certo sempre il migliore. Piùche realmente gestito, ci sembrauna specie di evento atmosfericoche ci ritroviamo a dover subirepassivamente. È giusto pretendereche chi deve regolamentarlo lo fac-cia con saggezza e con rigore. Maricordare che non molto tempo faeravamo dall’altra parte della barri-cata potrebbe stimolarci a conside-rare soprattutto il lato umano diquanti approdano sulle nostresponde. Al di là delle differenze dilingua, mentalità e fede religiosa(che si sono e non vanno sottova-lutate) si tratta nella maggior partedei casi di persone che cercano so-prattutto condizioni di vita miglio-ri, un lavoro dignitoso, la libertà dipoter decidere del proprio futu-ro… Non sempre trovano quelloche cercano. Ma quando ci riesco-no provano in genere un profondosenso di gratitudine. Alla parte mi-gliore di loro, che condivide connoi i medesimi timori e le stessesperanze, dovremmo dare maggio-re attenzione, nel nostro stesso in-teresse. Una volta che avremo fattogli uni verso gli altri almeno qual-che passo, molti ostacoli che ora cisembrano insormontabili proba-bilmente si ridimensioneranno.Resteranno sicuramente alla finedifferenze irriducibili. Anche que-ste fanno parte della vita. Se pen-sassimo soltanto a queste, i nostristessi rapporti familiari diventereb-bero insopportabili. Senza un mi-nimo di fiducia negli altri, nessunodi noi si azzarderebbe persino adattraversare la strada… neppurecol semaforo verde.

1 Docente di Lingua e Letteratura Araba al-l’Università Cattolica di Milano, membrodel Comitato per l’Islam in Italia appenacostituito presso il Ministero dell’Interno.

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 7

Page 10: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

U na parte dei musulmaniannovera lo “sforzo” sullavia di Dio (jihàd) come

una sorta di sesto pilastro. Spesso,però, questo termine viene tradot-to immediatamente con l’espres-sione “guerra santa”, senza sfuma-ture né tematizzazione di sorta. Lacarenza critica di questa scelta in-terpretativa riposa, talora, sull’at-teggiamento islamofobico (chetende a prevalere in tanta parte deimass media2), quando non sul sen-sazionalismo mediatico puro esemplice.Lo sforzo sulla via di Dio è la tra-duzione pratica del tasdìq (“intimoassenso”) alla volontà di Dio e del-la conseguente “sottomissione”3

(islàm4) devota all’Altissimo. Se-condo alcuni autori questo impe-gno non sembra riguardare, nonin primis, una qualsivoglia attivitàmilitare, bensì pare coinvolgere latotalità dell’intento di interiorizza-zione e di traduzione etica della re-ligione, fino a condurre il fedele a“vivere sotto il costante sguardo diDio” (ihsàn)5. Perciò investe sia lapratica personale degli arkàn (“pi-lastri”) che tutte le vicende quoti-diane, anche quelle apparente-mente più banali. In questa “inte-gralità”6 della Weltanschauungislamica, che cerca di armonizzarel’imàn [(articoli di) “fede”] e l’or-toprassi, si innesta l’impegno mo-rale del devoto, il quale non inten-de sottrarre a Dio, per definizionel’ “onnipresente”, l’onniveggente(Al-Basir), l’“onnisciente” (Al-Khabir) e l’“onnipotente” (Al-Mu-qtadir), alcun ambito della propriaesistenza. In altre parole, ogni vit-toria sul proprio egoismo, o con-tro i vizi, costituisce occasione dijihàd.Per questo motivo gli sciiti sono

soliti suddividere questo contenu-to della fede in “grande jihàd”, cioèlo sforzo rivolto per i nove decimicontro il “nemico interno” [nelladuplice accezione di: a) “interiore”;b) interno alla ummah [“comu-nità” (universale dei musulmani7)]e in “piccolo8 jihàd”, l’impegnomilitare volto alla effettiva lotta deicredenti “contro l’infedele e l’em-pio”. Non si nega, perciò, un signi-ficato anche bellico del concetto,ma ne viene sottolineata vigorosa-mente la lettura prevalentementespirituale9, che Peirone e Rizzardisembrano estendere anche ai sun-niti, cioè alla grande maggioranzadei musulmani.Più precisamente, il combattimen-to sulla via di Dio pare collegarsi alterzo pilastro, detto zaqàt (“elemo-sina rituale”). Questo perché losforzo sulla via di Dio si connette-rebbe alla coesione sociale e allasolidarietà reciproca all’internodella ummah. Il muslìm, in effetti,come è tenuto a soccorrere i pove-ri10, parimenti è chiamato a corre-re in difesa – anche armata – ditutti i paesi islamici, così come deisingoli credenti minacciati.L’idea di jihàd, peraltro, includeanche il tema della “missione”, perla quale viene a fare parte del gene-roso sforzo del devoto anche l’an-nuncio della “buona novella” allaahl al-kitàb (“gente del libro”)11,rappresentata dagli ebrei e dai cri-stiani, ma soprattutto ai kafirùn(“infedeli”) politeisti. SecondoPeirone e Rizzardi si tratterebbe,però, di un proselitismo tollerantee improntato all’amore di Dio edel prossimo.Se le osservazioni precedenti con-tribuiscono a sfumare la crudezzae l’unilateralità della manchevoletraduzione di jihàd con “guerra

santa”, non va misconosciuto ilfatto che il concetto è stato e vienefatto oggetto di interpretazioni lepiù suscettibili di varianti, di di-stinzioni e di applicazioni legate aicontesti più diversificati. Per fornire soltanto qualche esem-pio, basti ricordare che la parolajihàd prima della predicazione delProfeta designava addirittura lacomune razzia dei nomadi del de-serto; al contrario, fra i mistici Su-fi veniva interpretata in un’otticadi grande apertura, che tendeva (etuttora tende) a ricomprendere inun’unica esperienza del divino tut-te le diverse appartenenze religiosee, con ciò, collocandosi ad un li-vello interpretativo decisamentepiù raffinato, inclusivo ed univer-salistico. In tempi assai più vicini a noi, ver-so la metà del secolo Ventesimo,poi, si assiste ad una rinnovata ri-flessione sul jihàd da parte di unesponente radicale egiziano, SayydQutb, la cui opera rappresenta ilriferimento teorico di tutto il radi-calismo islamico12. Alla tradiziona-le interpretazione del concetto disforzo sulla via di Dio si sostituisceuna visione nuova, che teorizza lapossibilità di esercitare la violenzanon solo contro le élites corrottedel mondo musulmano – colpevo-li di piegarsi al capitalismo occi-dentale, ma che la estende a dan-no dei cristiani, degli ebrei e deituristi occidentali, “portatori divalori impuri” e complici del“complotto mondiale contro l’I-slam”.A questa concezione rinnovata deljihàd viene data attuazione prati-ca, fra gli altri, dai Gruppi islamiciarmati (G.I.A.), che forzano “ognilimite teologicamente consentito[…] sino a colpire soggetti, come

S C E N A R I

8 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Jihad,contributi per un’ermeneuticaDI FRANZ BRANDMAYR 1

Page 11: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

donne e bambini, che la tradizio-ne religiosa islamica ha sempremesso al riparo da qualsiasi azioneviolenta”13.Ancora, nell’islàm europeo, quellodell’emigrazione, di per sé inclinead una certa rielaborazione origi-nale dei contenuti etici islamici,l’interpretazione del concetto tor-na a farsi, spesso, “gioiosa”, spiri-tuale e pacifica; permangono, tut-tavia, comunità e guide spirituali,il cui sforzo sulla via di Dio lasciapaventare una politicizzazione delconcetto non preclusa a soluzioniviolente.Volendo tentare di fornire qualchepossibile valutazione (peraltroprovvisoria) a conclusione di que-sta breve riflessione, si può tenereconto di almeno due aspetti dellaquestione del jihàd: il primo è dicarattere eminentemente cogniti-vo, mentre l’altro potrebbe riguar-dare il dialogo interreligioso. Sembra di poter affermare che ilconcetto di jihàd non possa venireadoperato con troppa leggerezza,in quanto è elevato il rischio di far-ne una clava terminologica da im-piegare contro l’islàm per fini ex-trascientifici, oppure, per altri ver-si, di ridurlo a nozione evanescentee “di carta”, distante da quell’islàm“di carne” e concreto, che nelle suepubblicazioni Allievi sembra invi-tare a studiare e conoscere. Per ilprimo spunto si è già accennato so-pra quanto carente sia una certaproduzione mediatica, che tende astrumentalizzare le reazioni emoti-ve suscitate da questo termine tan-to controverso, fino a farne un pa-lese strumento della rappresenta-zione islamofobica della religionemusulmana. Viceversa, nel casodella lettura, forse un po’ troppoottimistica, di autori pur assai seri

e di valore indiscutibile come Pei-rone e Rizzardi, o eccessivamentegenerica e libresca, nel caso di altriaccademici, va segnalato il fatto,sembra a chi scrive, che non sia suf-ficiente – proprio sotto il profiloepistemologico – riportare la tra-duzione meramente (o – meglio –per nove decimi) spirituale dellosforzo sulla via di Dio. Essa sembraconfigurarsi come il frutto di unadisattenzione selettiva e di unaesposizione selettiva tese a misco-noscere o a minimizzare la concre-ta realtà (nonché l’altrettanto realeminaccia?) rappresentata dall’inter-pretazione violenta del concetto dijihàd, che certi ambienti sedicentiislamici hanno fatta propria. Ilcomprensibile anelito allo stabilirebasi solide per il dialogo interreli-gioso e per la vicendevole valoriz-zazione delle culture non dovrebbeindurre lo studioso a confondere lasua vocazione euristica con i suoipur alti desideri di fraternità uni-versale.

Una precisa messa in guardia inquesto senso viene da un islamolo-go di livello mondiale, il gesuitaegiziano Samir Khalil Samir, cheinvita ad uno sforzo costante e in-telligente di discernimento14 fra idiversi islàm. Il docente dell’Uni-versité St. Joseph di Beirut sembraparticolarmente avvertito del po-tenziale di violenza insito nella re-ligione musulmana, che – sotto ilprofilo cognitivo – pare conoscerecome pochi e della quale ha unaconcreta esperienza “sul terreno”difficilmente riscontrabile in altristudiosi. Il suo contributo, perciò,non è, probabilmente, da accomu-nare a quello di altri pur validissi-mi intellettuali cattolici, i quali so-no forse maggiormente condizio-nati dalla loro matrice culturaleoccidentale nella loro severa valu-tazione dell’ islàm.Il rischio, in definitiva, è quello diuna proiezione acritica di un assio-ma prevalentemente occidentali-sta, la sostanziale uniformità di

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 9

Una donna in preghiera alla moscheadi Gazi Husrev-beg, Sarajevo.

(Foto di Cristiano Basso)

Page 12: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

tutte le religioni, sul mondo isla-mico, il quale – invece – potrebbeessere incline a ragionare prevalen-temente in termini di monoteismoesclusivo15.Se questo atteggiamento di pru-denza può risultare saggio dalpunto di vista del dialogo interre-ligioso, sembra a chi scrive cherendere utilizzabile il concetto dijihàd dal punto di vista della cono-scenza scientifica significa stabilir-ne, di volta in volta, i limiti teoricie pratici a seconda del contestostorico e socioculturale all’internodel quale esso viene letto, interpre-tato, vissuto e indagato: in altreparole si tratta di definirne i “tipiideali” weberiani, per operare leopportune comparazioni e poi ri-cavarne le conseguenti valutazioniscientifiche. Alla fine di un’indagine di questogenere sarà forse possibile che lediverse interpretazioni del jihàdformulate e praticate nell’ambitoislamico presentino più di qualcheanalogia con la varietà ermeneuti-ca manifestata dai diversi cristia-nesimi nella riflessione teologico-morale del concetto di “guerragiusta” e con i modelli di compor-tamento più o meno pacifici messiin atto dalle diverse società cristia-ne sviluppatesi nell’arco di duemillenni di storia.

1 Cultore di antropologia culturale, daglianni Ottanta fa ricerca “sul campo” e pub-blica volumi ed articoli in ambito meridio-nalistico (Sannio) e sulle dinamiche dell’ac-culturazione fra i migranti (Friuli-VeneziaGiulia). 2 Cfr. ALLIEVI S., Parole dell’islam, parolesull’islam. Formazione culturale, comunica-zione e ruolo dei mass media, in SIGGILLINO

I. (a cura di), I media e l’islam. L’informa-zione e la sfida del pluralismo religioso,E.M.I., Bologna, 2001, pp. 41-43; MAR-LETTI C., Le immagini dell’islam, cit., p. 97;TAGLIAFERRI F., Islam e comunicazione, inSIGGILLINO I. (a cura di), I media e l’islam,cit., pp. 121-124.Mi permetto di rinviare ad una mia recentesintesi sull’argomento riportata in BRAND-MAYR F., L’islàm nei media italiani. La deri-va islamofobica, in “A.N.I.R.”, XXIII,(2008), nn. 2-3, pp. 8-10; ID., L’ islàm neimedia italiani. La deriva islamofobica (IIparte), in “A.N.I.R.”, XXIV, (2009), n. 1,pp. 12-14.3 È questa la traduzione più frequente dellemma islàm (v. ad es. DONINI A., Brevestoria delle religioni, Newton Compton,Roma, 1991, p. 275).4 Più rispettosa – secondo certuni – dei si-gnificati sottesi al concetto di “sottomissio-ne”, potrebbe essere la traduzione del con-cetto con l’espressione “dedizione” (cfr. TA-GLIAFERRI F., Islam e comunicazione, cit., p.125, che invita a tradurre muslìm con“oblato” = “donato”, invece che con “sotto-messo”).5 PEIRONE F. J.-RIZZARDI G., La spiritualitàislamica, Studium, Roma, 1986, pp. 61-61.6 SCARCIA AMORETTI B., Il mondo musul-mano. Quindici secoli di storia, Carocci, Ro-ma, 1998, p. 17.7 PACE E., Sociologia dell’islam. Fenomenireligiosi e logiche sociali, Carocci, Roma,20042 (1999), p. 119.8 Il termine jihàd è maschile. Cfr. ancheALLIEVI S., Parole dell’islam, cit., p. 38.9 Ivi, p. 112.10 È importante osservare che la ummahpresta il proprio aiuto a tutti i poveri, an-che ai non-musulmani (Coll. 5. 03/04/2007;cfr. infra la nota n. 49).11 ALLIEVI S., Musulmani d’Occidente, cit.,p. 191. Il dottor Ahmed Sergio Ujcich,portavoce ufficiale del Centro culturaleislamico di Trieste e della Venezia Giulia(cfr. ALLIEVI S., Islam italiano. Viaggio nellaseconda religione del paese, Einaudi, Torino,2003, p. 181) sostiene autorevolmente che

anche gli indù rientrano nella gente del li-bro; ciò sarebbe stato ufficializzato da unafatwa [“sentenza” (ALLIEVI S., Musulmanid’Occidente, cit., p. 192)] emessa da un giu-risperito indiano (Coll. 3.04.04.2009).12 PACE E.-GUOLO R., I fondamentalismi,Laterza, Roma-Bari, 1998, p. 43.13 Ib.14 SAMIR S. KH., Islam. Dall’apostasia allaviolenza, Cantagalli, Siena, 2008, passim. Amio avviso il testo – pur redatto con criterievidentemente divulgativi – fornisce nu-merosissimi spunti di riflessione anche dalpunto di vista della nozione che stiamo esa-minando, ma che lo spazio disponibile nonconsente di trattare analiticamente.15 Cfr. ad es. SAMIR S. KH., Islam. Dall’apo-stasia, cit., pp. 62-68.

S C E N A R I

10 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Page 13: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

C i si era dimenticati in Eu-ropa occidentale della pre-senza delle popolazioni

musulmane balcaniche, circa ottomilioni di abitanti distribuiti ete-rogeneamente, sino a quando ilconflitto inter-etnico dapprima inBosnia ed Erzegovina e poi in Ko-sovo le ha tragicamente riportatealla attenzione. Benché nei Paesioccidentali l’opinione pubblica sisia schierata a loro difesa, la risco-perta nel corso delle guerre balca-niche degli anni Novanta, e so-prattutto nel periodo successivo, èpassata ancora una volta attraversol’uso di categorie ed immagini ste-reotipate, di strumentalizzazioni edi molta superficialità.L’attualità induce a riflettere nuova-mente sull’eredità musulmana del-l’impero ottomano nella regionebalcanica. Questa volta, però, la ca-pacità di comprensione è influenza-ta dalla propaganda della GlobalWar on Terrorism (GWOT) di ma-trice anti-islamica, quale reazioneda parte degli USA agli attentati alWorld Trade Center (WTC) diNew York City ed al Pentagon diArlington, l’11 settembre 2001.L’escalation dell’immagine negati-va della regione balcanica si è avu-ta allorchè numerosi mass mediaoccidentali hanno trovato nellospectrum del pericolo islamico edella presenza della rete di Al-Qai-da di Osama bin Laden una nuovaoccasione per presentare la regionebalcanica come l’eterna fonte deiguai che bussano incessantementealla porta.A seguito della presenza di oltreotto milioni di musulmani e del-l’estremismo islamico, i Paesi dellaregione balcanica, a lungo sotto laminaccia continua del jihad, sonostati spesso considerati quale fonte

per il terrorismo a matrice euro-pea, launghing pad per gli attacchiterroristi in Europa, una vera epropria freeway per il terrorismo, ilcrimine organizzato e le attività ditrafficking. Da qui, l’elaborazionedi varie teorie sul fondamentali-smo islamico presente nella regio-ne balcanica, tra cui quella delgreen corridor, ovvero di una sortadi continuità territoriale delle po-polazioni musulmane balcanicheche sarebbe destinata a circondarele popolazioni cristiane cattolichee quelle ortodosse. Tale direttricecongiungerebbe senza soluzione dicontinuità l’Europa al MedioOriente, passando proprio attra-verso i Paesi dell’area balcanica.Di certo non ha giovato il climagià sfavorevole di diffusa islamofo-bia a livello globale. La presenza inBosnia ed Erzegovina ed in Koso-vo tra il 1993 ed il 1999 di alcunemigliaia di mujaheddin prove-nienti dai Paesi del Medio Orientee dell’Africa del Nord e votati aljih?d ha alimentato più di qualchesospetto. Numerose fonti dell’in-telligence hanno ricondotto piùvolte al nexus balcanico gli attac-chi terroristici dell’11 settembre2001 a New York, dell’11 marzo2004 a Madrid e del 7 luglio 2005a Londra. In aggiunta, i numerosiconflitti perpetuati in loco per ol-tre un decennio hanno portato alcollasso del network di sicurezzanella regione balcanica.È però ingiustificato e pericolosopresentare l’islam balcanico e lesue attuali evoluzioni come unaminaccia per l’Europa, una realtàincompatibile ed estranea alla cul-tura ed ai valori europei.Se da un lato i discorsi di oggi sul-la minaccia islamica nella regionesono ampiamente esagerati, dal-

l’altro lato è tuttavia opportuno ri-conoscere che negli anni scorsi lostatus di Weak States per molti deiPaesi dell’area balcanica ha chiara-mente consentito agli esponentidei gruppi terroristici internazio-nali di far perdere le proprie traccein loco. Quanto sopra espressonon deve indurre a ritenere che isoggetti politici e religiosi musul-mani non abbiano responsabilitàrispetto lo stato attuale della situa-zione o che non vi siano correntiislamiche ultra–nazionaliste o ra-dicali tra la popolazione musulma-na balcanica. Tuttavia, queste cor-renti sono del tutte minoritarie esono in grado di superare la pro-pria marginalità solo quando l’e-scalation delle tensioni etniche epolitiche consente loro di stru-mentalizzare le frustrazioni nazio-nali e politiche delle popolazionimusulmane. Del resto, la compar-sa di queste correnti è anche unanormale conseguenza della ricosti-tuzione delle libertà politiche e re-ligiose nei Balcani e può diretta-mente contribuire alla diffusionedell’islam nella stessa regione.Per comprendere l’islam balcanicoè opportuno innanzitutto ricon-durre come oggetto dell’analisi lasua molteplice morfologia. Le po-polazioni musulmane sono da se-coli parte costitutiva dell’Europa.La regione Sud-orientale del Con-tinente ospita oltre otto milioni dimusulmani, quasi un terzo di tut-ta la popolazione musulmana pre-sente in Europa. Tuttavia, parlaredi una “comunità musulmana” neiBalcani è fuorviante, almenoquanto lo è parlarne rispetto allenumerose e differenti comunitàmusulmane dell’Europa occiden-tale che da sole comprendono de-cine di nazionalità di origine di-

S C E N A R I

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 11

L’islam balcanico

DI FEDERICO MARIA BEGA 1

Page 14: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

versa, dal Continente africano aquello asiatico ed allo stesso spazioextra-comunitario del VecchioContinente.Secondo alcuni studiosi, poi, l’i-slam balcanico esiste e non esiste.È possibile definire l’islam balca-nico in primo luogo in considera-zione delle specificità legate al-l’ambiente e al contesto geopoliti-co nel quale l’islam si è sviluppatonei Paesi della regione balcanica.Tuttavia, di per sé tale categoriadifficilmente potrebbe trovare ri-scontro nella realtà, poiché de fac-to esistono in loco una pluralità diespressioni dell’islam. Non vi è unislam balcanico, né mai c’è stato,in quanto vi sono sempre statepresso le popolazioni musulmanebalcaniche delle forme di islamestremamente varie.Appartenendo a quattro principalie distinti gruppi etnico-linguistici,ovvero gli albanofoni, gli slavofoni,i turcofoni ed i rom, la posizionedelle comunità musulmane balca-niche varia considerevolmente, cosìcome è altrettanto variabile il con-testo storico e sociale in cui si sonosviluppate. Storicamente, anche sulpiano strettamente religioso l’islambalcanico non è affatto omogeneo.A fianco della moschea sono appar-se correnti mistiche, sufi, trasmessedai maestri della disciplina ed al-l’interno di confraternite.

Una delle altre principali peculia-rità dell’islam balcanico è che si èsviluppato in un ambiente a mag-gioranza cristiana. Anche nel cor-so dei cinque secoli di impero ot-tomano, le popolazioni musulma-ne balcaniche hanno semprerappresentato in termini numericiuna minoranza, sviluppandoun’interazione molto importantecon la popolazione cristiana. Inol-tre, anche in considerazione delladimensione geopolitica e della col-locazione geostrategica dei Balca-ni, l’islam balcanico è caratterizza-to, quale peculiarità specifica, dalfatto di essersi inserito su Statifondati sulle rovine dell’imperoottomano con relazioni dirette congli altri Paesi dell’Europa, così co-me degli altri Paesi del mondo.Forse è solo in questo senso che l’i-slam balcanico può essere definitoquale islam europeo, senza impli-cazioni di categorie morali o eti-che, né di caratteristiche uniche. Un’altra caratteristica peculiaredelle popolazioni musulmane bal-caniche è che esse si identificanoprevalentemente con quelle nonmusulmane occidentali o, in alcu-ni casi, con i turchi della Turchia,piuttosto che con quelle dell’Euro-pa occidentale, e questo per ovvieragioni storiche e simboliche.Inoltre, la maggioranza delle po-polazioni musulmane balcaniche

che vivono all’interno dello spaziocomunitario non si sente vicina adaltre diaspore di popolazioni mu-sulmane dell’Africa e dell’Asia.L’islam può rappresentare per unmusulmano molti elementi diver-si. Dopo due generazioni sotto unregime comunista che ha condot-to una politica ed una lotta anti-religiose finalizzate alla laicizzazio-ne ed alla urbanizzazione della so-cietà, in molti casi l’islam èsemplicemente una cultura piùche altro collettiva. In altri casi, l’i-slam è anche, o meglio piuttosto,una fede, sia pur con diversi gradidi religiosità e di pratica, quest’ul-tima peraltro poco sviluppata.Nel corso degli ultimi quindici an-ni i Paesi della regione balcanicahanno assistito alla ricostituzionedelle identità etniche e di quelle re-ligiose. Tuttavia, ciò non ha neces-sariamente significato un nuovofervore religioso di matrice islamicada parte della popolazione musul-mana, né tanto meno il radicamen-to delle comunità religiose sul terri-torio. I cinquanta anni di secolariz-zazione autoritaria imposta dairegimi comunisti costituiscono unfenomeno irreversibile. La religioneè tutt’oggi un elemento contraddi-stintivo insostituibile su base etnicae nazionale, benché al tempo stessosempre di più un’attitudine indivi-duale. Inoltre, le ripetute campagne

S C E N A R I

12 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Page 15: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

di re-islamizzazione condotte daipartiti politici e dalle istituzioni re-ligiose hanno dato origine, per con-verso, ad accanite controversie chehanno portato paradossalmente aldiscredito dell’islam e delle sueprincipali istituzioni.Nei Paesi della regione balcanica ilfenomeno della radicalizzazionedell’islam è per sua natura estra-mente limitato, in quanto conflig-gente con una tradizione secolaredi islam moderato, nonostante lediffuse letture in chiave islamico-nazionalistica della cultura e dellastoria musulmana in relazione alcollasso dei regimi comunisti. Incampo religioso, gli attori extra-re-gionali soprattutto dei Paesi arabi,del Medio Oriente ed in misurainferiore del Sud-Est Asiatico han-no avuto sempre più un ruolo rile-vante attraverso la attività capillareattuata in loco dalle ONG, daipredicatori, dai centri culturali,nonché tramite programmi di bor-se di studio e di scholarship. Tutta-via, non si può certo dire che iconsiderevoli investimenti finan-ziari abbiano comportato un am-pio successo delle strategie e deitentativi di re-islamizzazione con-dotti nella regione. E ciò anche acausa dei nuovi rapporti stabilitiin questi anni con i protagonistidell’islam mondiale che restanocomunque in secondo piano ri-spetto a quelli prioritari e strategi-ci con l’Occidente, sia a livelloeconomico che a livello politico eculturale. L’infiltrazione wahhabi-ta è pressoché fallita in Bosnia edErzegovina ed in Kosovo, così co-me in Albania, in Bulgaria, in Ma-cedonia ed in Serbia. Dapprima cultura, poi credo e pra-tica, infine l’islam balcanico è an-che ideologia politica. Per una par-

te delle popolazioni musulmanebalcaniche l’islam ha rappresentatonegli ultimi dieci anni soprattuttoquesto, in particolare modo in Bo-snia ed Erzegovina, in Albania, inKosovo ed in Macedonia.Infatti, una delle maggiori novitàdegli anni Novanta è consistita nel“passaggio al politico” delle popo-lazioni musulmane balcaniche,quali attori a pieno titolo del con-testo politico locale, in ciascunPaese ed in ciascuna regione. Nelperiodo del secondo dopoguerra,sia pur con modalità differenti, iregimi comunisti dei Paesi dell’a-rea balcanica hanno praticato lastessa politica di repressione anti-religiosa. Solo all’inizio degli anniNovanta si è assistito alla forma-zione di veri e propri partiti politi-ci ed alla partecipazione al giocopolitico da parte delle popolazionimusulmane.Tale evoluzione ha costituito per lopiù una conseguenza logica del

riassetto politico conseguente allacaduta del comunismo nell’EuropaSud-orientale. Si è trattato, pertan-to, di un fenomeno fisiologico nelprocesso di sviluppo e di evoluzio-ne democratica dei Paesi della re-gione balcanica secondo la direttri-ce di progressiva integrazione all’in-terno delle strutture comunitarie,segno tangibile dell’avvicinamentodelle popolazioni musulmane bal-caniche allo spazio moderno euro-peo. Il “passaggio al politico” nonha rappresentato di per sé un peri-colo per il radicamento del fonda-mentalismo islamico, né tantome-no una minaccia per l’Occidenteod addirittura un presupposto perla diffusione dei movimenti terro-ristici. Al contrario, esso è servitoquale antitodo naturale alla crea-zione di uno Stato islamico nelcuore dell’Europa ed alla costitu-zione di un fronte jihadista soste-nuto dai gruppi del terrorismoislamico internazionale.

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 13

Cortile della moscheadi Gazi Husrev-beg, Sarajevo.

Nella pagina precedente, l’interno.(Foto di Andrea Confalonieri)

Page 16: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

In un quadro pericoloso di sovrap-posizione tra gli stereotipi e le im-magini tradizionalmente negative,è comunque l’ingresso nell’Ue –personificazione ed incarnazioneultima di ciò che è percepito comeeuropeo – che continua ad esserela migliore opzione e l’unica viaper i Western Balkans. Direttamen-te o indirettamente, attraverso lepolitiche o per l’immagine chepropone di sé, l’Occidente esercitaun grande ruolo negli sviluppi delteatro balcanico, in primo luogo apartire da quelli che sono diventa-ti, nel tempo, veri e propri protet-torati espressione della politica diBruxelles, come nel caso della Bo-snia ed Erzegovina e del Kosovo,ma anche in quello dell’Albania edella Macedonia.Da un lato, l’Occidente è onnipre-sente nella regione anche per lepopolazioni musulmane balcani-che, sia come attore diretto che co-me immagine. Dall’altro lato, l’Ueha dimostrato di volersi misurarecon il mondo non cristiano, ridan-do priorità ai valori politici rispet-to a quelli religiosi. È dal tempodelle crociate che cristiani e mu-sulmani non hanno l’opportunitàdi superare il pregiudizio dell’i-dentità religiosa.Già da molti secoli le popolazionimusulmane, nella fattispecie quellebalcaniche, costituiscono parte in-trinseca dell’Europa. La questioneprincipale è quella della dimensio-ne dell’islam europeo, strettamenteconnessa, da un lato alla capacitàdelle popolazioni musulmane ditrovare uno spazio all’interno dellanuova Europa, dall’altro lato allalegittimità della popolazione co-munitaria a riconoscerle. I due fat-tori chiave che definiranno le rela-zioni tra le popolazioni musulma-

ne dell’Europa occidentale e quellebalcaniche rimangono il ruolo del-le istituzioni europee nel comporrele relazioni tra gli Stati europei ed icittadini musulmani, nonché l’allar-gamento dell’Ue ai Western Balkansed alla Turchia. Tutti i dibattiti delle popolazionimusulmane balcaniche sulle rela-zioni tra l’identità religiosa e quel-la nazionale costituiscono, al tem-po stesso, dibattiti sulle relazionitra l’identità religiosa e quella eu-ropea. Al centro delle riflessioni ècollocata sempre la questione del-l’integrazione nell’Ue. Il processodi allargamento dell’Ue non ri-guarda l’integrazione di una parti-colare comunità etnica o religiosa,ma al contrario la capacità di ade-sione da parte di Paesi candidaticon governi funzionanti. È presu-mibile ed auspicabile, pertanto,che il fattore religioso non gio-cherà un ruolo fondamentale neldeterminare l’ingresso nella domuseuropea.Quando i governi e l’opinionepubblica europea acquisiranno laconsapevolezza di poter accettare lacandidatura di Paesi a maggioranzamusulmana, senza che ciò possacostituire un pericolo per i valori ele tradizioni culturali europee, l’in-gresso dei Western Balkans potreb-be facilitare il successivo allarga-mento alla Turchia. L’ingresso della Turchia nell’Ue po-trebbe influenzare, da parte sua, laposizione delle popolazioni musul-mane balcaniche nell’immaginarioe nella realtà europea, ed ancor piùcontribuire alla stabilizzazione del-l’intera regione, affievolendo lesensazioni di accerchiamento e diprecarietà percepite dalle comunitàmusulmane. Ciò consentirebbe aqueste ultime di occupare, altresì,

un ruolo di maggiore centralitànella costruzione dell’Europa e nel-l’elaborazione dell’islam europeo.L’islam balcanico, già secolarmenteradicato al suolo europeo, una vol-ta ancorato alle strutture euro-atlantiche, potrebbe costituire unantidoto sia per le ideologie nazio-naliste che nei Balcani ed altrovenegano all’islam ed alle popolazio-ni musulmane qualsivoglia legitti-ma presenza in Europa, sia per ifondamentalismi di matrice islami-ca ivi presenti.Considerare l’islam balcanico qua-le paradigma dell’islam tollerante,vale a dire europeo, implica unasemplificazione ad una realtàomogenea e statica in opposizioneal paradigma di islam intollerante,vale a dire non europeo. Applicarela categoria di islam europeo all’i-slam balcanico è altrettanto fuor-viante che nel caso di quella diislam fondamentalista, in quantoè ingiustificato e pericoloso pre-sentare l’islam balcanico e le sueattuali evoluzioni come una mi-naccia per l’Europa, una realtà in-compatibile ed estranea alla cultu-ra ed ai valori europei. In realtà,dovrebbe essere ormai diffusa laconsapevolezza che esiste già da se-coli un islam europeo, o per me-glio dire che ne esistono diversi, eche i Balcani ci offrono l’occasioneper iniziare a conoscere questa ci-viltà.

1 Responsabile Area Mediterraneo, MedioOriente e Golfo - Promos, Camera di Com-mercio Milano (www.promos-milano.com).

S C E N A R I

14 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Page 17: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

A quasi un anno dal discor-so del presidente Obamaal Cairo, che tante attese

aveva suscitato nella Comunità in-ternazionale e in particolare nelmondo arabo, si deve dire che i ri-sultati sono scarsi, e il futuro dellapace in Medio Oriente è incerto.Lo stesso presidente USA, in unarecente intervista, ha ammesso diaver posto troppo in alto l’asta delleaspettative, e che la situazione si erarivelata più complicata del previsto.Sono da poco iniziati i negoziatiindiretti, o di “prossimità”, traisraeliani e palestinesi, messi inpiedi con grande fatica e dopo me-si di defatigante spoletta diploma-tica dell’inviato speciale USA peril Medio Oriente, George Mit-chell, ma rimasti bloccati dopol’annuncio della decisione israelia-na di costruire 1600 appartamentia Gerusalemme Est, annunciatanel corso della visita del vice presi-dente USA Joe Biden in Israele.Un annuncio considerato dai piùalti responsabili Usa come un «in-sulto». Ma ancora una volta la cri-si è stata in qualche modo ricom-posta.Il presidente Obama ha dichiaratoche non esiste una crisi tra i duepaesi: «Israele è uno dei nostri al-leati più stretti e noi abbiamo conil popolo israeliano un legame spe-ciale che non può andare perso.Ma – ha aggiunto – gli amici avolte hanno dei dissensi». Le ele-zioni di mezzo termine, previsteper novembre, si presentano giàmolto incerte e non è nel suo inte-resse acuire oltre ogni limite il con-fronto con lo Stato ebraico, ri-schiando di alienarsi il sostegno delforte e influente elettorato ebraico.Di fatto, l’accordo trovato con Ne-tanyahu, grazie anche alla media-

zione del suo ministro della DifesaBarak, che in pratica funge da mi-nistro degli Esteri verso gli USA alposto dell’impresentabile Lieber-man, pare essere un congelamentodi fatto di nuovi importanti pro-getti nella parte araba della città,almeno per i quattro mesi dei ne-goziati indiretti, anche se pubbli-camente i leader israeliani conti-nuano a affermare il contrario. Inparallelo, sarebbero previste ulte-riori misure di confidence buildingverso i palestinesi, quali il rilasciodi prigionieri e la ulteriore rimo-zione di blocchi stradali, quantodovrebbe bastare ad Abu Mazenper superare le sue persistenti ri-serve.Tuttavia, al di là delle dichiarazio-ni ufficiali, appare evidente che lapercezione complessiva che l’Am-ministrazione USA ha del Gover-no Netanyahu è improntata a uncrescente pessimismo, e che è inatto al suo interno una riconside-razione dei rapporti con l’alleatostorico, nel quadro della più com-plessiva riconfigurazione dell’ap-proccio strategico globale alla in-tera situazione regionale. Il quoti-diano israeliano Haaretz paragonaquesta evoluzione al movimentodi un enorme iceberg, che appareimmobile, ma che poi finisce pertrovarsi in una posizione diversa.In sostanza Obama si trova difronte a tre strade, non necessaria-mente alternative.La prima è riprender la politica deipiccoli passi, sperando che questariesca a ravvicinare palestinesi eisraeliani, a far iniziare i negoziatiindiretti sperando che si creino lecondizioni per passare poi a nego-ziati diretti sul Final Status. Unavia quanto mai incerta, come si èvisto fino ad ora, esposta a tutta la

sfiducia e ai colpi di coda registra-tisi in questi mesi.La seconda è presentare un pro-prio piano di pace, da solo o insie-me agli altri partner del Quartetto(USA, Russia, UE e ONU), chepotrebbe in seguito essere fattoproprio dallo stesso Consiglio diSicurezza dell’ONU. Un piano lecui linee sostanzialmente esistonogià, a partire dai “Parametri diClinton” presentati a Camp Davidnel dicembre 2000, e dal verbalecompilato da Moratinos ai nego-ziati di Taba del gennaio 2001; pernon parlare del punto cui eragiunto il negoziato tra Abu Mazene Olmert alla fine del 2008, primadella guerra di Gaza.Molti dei consiglieri di Obama so-stengono questa idea, come la uni-ca praticabile, visti i continui scar-ti negoziali dei contendenti. Maaltri temono che la cosa venga per-cepita come una iniziativa dall’al-to, una pace imposta. L’iniziativa avrebbe un impatto di-rompente sugli attuali equilibripolitici israeliani, dato che la at-tuale coalizione non sarebbe ingrado di reggere l’urto, e probabil-mente potrebbero riaprirsi i termi-ni per un rientro di Kadima nelgoverno, al posto delle componen-ti di estrema destra che potrebberoscegliere di uscirne.Ma l’altro elemento di incertezza èla situazione interna palestinese,ove la frattura tra Fatah e Hamasnon è stata ricomposta, malgrado laproposta di mediazione avanzata alCairo, così come non è andataavanti l’altra mediazione, quella te-desco-egiziana per lo scambio tra ilsoldato israeliano Shalit e un nutri-to gruppo di prigionieri palestinesi.A quanto si sa, la trattativa su Sha-lit si è bloccata anche per l’inter-

S C E N A R I

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 15

Medio Oriente.Quali scenari per la pace possibileDI JANIKI CINGOLI 1

Page 18: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

vento degli USA, timorosi che loscambio possa rafforzare troppoHamas a scapito di Fatah, mentreil negoziato per la ricomposizioneinterpalestinese ha trovato sullasua strada l’ostruzionismo dell’I-ran, deciso a far pesare nel bracciodi ferro intorno al suo programmanucleare la carta Hamas.Ma il problema resta: come è pos-sibile far procedere un processo dipace che sia reale e non virtuale,prescindendo da una forza comeHamas, che rappresenta almenouna metà del movimento palesti-nese? È possibile individuare unapproccio che in qualche modoincluda Hamas nel processo, pursenza coinvolgerlo direttamentenel negoziato? Si può ad esempiochiedere ad Hamas una accettazio-ne integrale e senza riserve del Pia-no Arabo di pace del 2002, chepostula il riconoscimento da partedi tutti gli Stati arabi di Israele, seesso restituisce i Territori occupatinel ’67 e consente la creazione diuno Stato palestinese con capitaleGerusalemme Est, e una soluzione«giusta e concordata» del proble-ma dei rifugiati? Si tratterebbe, insostanza di riesumare gli accordidella Mecca del febbraio 2007, inuna versione rafforzata, più chiarae coerente, come d’altronde postu-la la stessa proposta egiziana di ri-conciliazione.

Questo è l’ultimo aspetto, la terzastrada che Obama deve lasciareaperta. Il quadro regionale è essen-ziale per far avanzare il processonegoziale. Lo stesso appoggio chela Lega araba aveva dato all’avviodei negoziati indiretti israelo-pale-stinesi, anche se poi rimesso inforse con l’esplodere della crisi, lotestimonia: israeliani e palestinesida soli non ce la fanno ad andareavanti, è necessario un quadro re-gionale di appoggio. Ciò pone laquestione della Siria, delle possibi-lità di una pace con Damasco, chetrascinerebbe con sé anche la pacecon il Libano. Non è chiaro seIsraele preferisca la pace senza ilGolan o il Golan senza la pace.Netanyahu pare più affezionato alGolan, Barack spinge per la sceltanegoziale con la Siria, che a suo di-re potrebbe portare stabilità, con-solidando lo stesso ruolo regionaledello Stato ebraico. Quel che ècerto è che gli USA hanno nomi-nato un nuovo ambasciatore a Da-masco, ove si alternano loro dele-gazioni di alto livello, che esplora-no con i loro interlocutori sirianile possibili vie per far avanzare ilprocesso di pace e consolidare irapporti bilaterali. E la scelta è sta-ta confermata malgrado le polemi-che per il possibile invio di missiliScud a lunga gittata agli Hezbol-lah libanesi.

Naturalmente, tutti questi movi-menti avvengono in relazione al-l’irrisolto nodo iraniano, che con-diziona pesantemente lo stessoprocedere del processo negozialeisraelo-palestinese-arabo ed in pri-mo luogo le mosse dello stesso go-verno israeliano.Va detto che probabilmente, qual-siasi movimento più consistentegli USA possano decidere di com-piere, questo prenderà corpo solodopo la scadenza delle elezioni dimezzo termine di novembre, checome si è detto rappresentano perObama un passaggio difficile.Un’ultima osservazione. Se lo sce-nario più probabile è quello di unnegoziato che si trascina per i pros-simi mesi senza arrivare al dunque,si pone il problema del che fare,nel frattempo, per riempire questovuoto tendenziale se non dichiara-to. La cosa più concreta apparel’appoggio, forte e concreto, al pro-getto del Primo ministro palestine-se Fayyad, che si propone di co-struire lo Stato palestinese dal bas-so, a partire dai successi giàraggiunti nella ricostruzione delleistituzioni, nella sicurezza, nellaeconomia, e nella stessa assistenzaai settori più disagiati.Il presidente Shimon Peres, recen-temente, lo ha chiamato il BenGurion palestinese. Un nome im-pegnativo, da parte di un israelia-no. In questa sfida, Fayyad nondeve essere lasciato solo, in parti-colare dall’Europa, perché nelvuoto, come si sa, possono cresce-re le cose peggiori.

1 Direttore del CIPMO (Centro Italianoper la Pace in Medio Oriente) di Milano,www.cipmo.org

S C E N A R I

16 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Gerusalemme, il Muro del Piantoe la Spianata delle moschee

Page 19: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Sarebbe potuto passare allastoria come un banale inci-dente quello che coinvolse

un cittadino israeliano il martedìdell’8 dicembre del 1987 nellestrade di Jabaliya, il più grande de-gli otto campi profughi della Stri-scia di Gaza. Ma la storia non si facon i se, registra le conseguenze; equelle dell’Intifada palestinese so-no di significativa durata. Nell’in-tifada, come ha sintetizzato conlucidità Amos Elon, i palestinesiscoprirono il potere della loro de-bolezza e Israele la debolezza delproprio potere. Alla guida del suo camion l’israe-liano investì accidentalmente duetaxi palestinesi, provocando quat-

tro morti. Nei territori circolòperò la voce che l’incidente fossestato un premeditato atto di ven-detta per la morte di un altro israe-liano, pugnalato due giorni primaa Gaza. Durante i funerali deiquattro palestinesi, la folla presed’assalto una postazione dell’eser-cito dello Stato ebraico. Da Gaza idisordini si diffusero il giorno do-po a macchia d’olio in tutta la Ci-sgiordania. Era l’inizio di una sol-levazione popolare del tutto spon-tanea che prese il nome diIntifada, in arabo «rivolta», «solle-vazione». Una rivolta che non fu soltantocontro l’occupazione israeliana maanche contro l’azione inconclu-

dente dell’OLP fino a quel mo-mento. L’intifada si dimostrò in-fatti anche un utile strumento dipressione dei palestinesi residentinei territori occupati, anche chia-mati «i palestinesi dell’interno»,sulla dirigenza dell’OLP, con baseall’estero, per modificarne la poli-tica. Con la “rivolta delle pietre”l’OLP perse così il suo monopoliosulla rappresentazione simbolicadei palestinesi, l’intifada ristabilìinfatti come centro di gravità dellapolitica palestinese «l’interno» ri-spetto alla diaspora e alla dirigenzadi Tunisi. L’intifada fece emergere anche ledivisioni tra i sostenitori dell’OLPe i gruppi islamisti in forte ascesa

S C E N A R I

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 17

Islam in Palestina,la nascita di HamasDI MAURIZIO DEBANNE

Una manifestazione di Hamas nella Striscia di Gaza

Page 20: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

in quegli anni a causa della cre-scente crisi economica, dell’au-mento progressivo dei coloni ebreie dei ripetuti fallimenti degli sforzidiplomatici diretti a realizzare leaspirazioni nazionali del popolopalestinese. I gruppi islamisti nac-quero attorno alle moschee cheandavano sempre più moltiplican-dosi nei territori occupati. Tra il1967 e il 1987, a Gaza, i musul-mani praticanti raddoppiarono ele moschee salirono da 77 a 160.In Cisgiordania, negli anni Ottan-ta, furono costruite 40 nuove mo-schee ogni anno. La tradizione vuole che, il giornosuccessivo all’incidente stradalenelle strade di Gaza che diede ilvia all’intifada, i sette dirigenti piùimportanti del Centro islamico diGaza si riunirono a casa dellosceicco Ahmed Yassin e diedero vi-ta ad Hamas, acronimo arabo del«Movimento per la Resistenza isla-mica» e allo stesso tempo parolaaraba che sta per «ardore». L’isla-mismo radicale di Hamas affondale sue radici storico-ideologichenell’organizzazione egiziana deiFratelli musulmani, la quale unival’azione religiosa a quella politicaal fine di islamizzare la società perarrivare alla fondazione di unoStato islamico. A conferma che lostesso spirito animò i fondatori delmovimento palestinese, dopo laguerra dei Sei giorni, Yassin avevasempre rimproverato ai movimen-ti di stampo marxista raccolti nel-l’OLP di pensare prima alla rivo-luzione armata piuttosto che aduna paziente islamizzazione dalbasso della società. A tal scopo losceicco Yassin fondò nel 1973 lafondazione del Centro islamico aGaza, che divenne il centro delladiffusione religiosa e culturale e,nel 1976, la creazione della primaOng sempre nella Striscia con ilnome di «Associazione islamica»,che operava attraverso una rete discuole, università, mense, ospeda-li, moschee e tanti altri servizi.Ben presto, prese il controllo del-l’Università islamica di Gaza e dialtri istituti islamici in Cisgiorda-nia, in particolare quello a Hebrone quello di Gerusalemme.Hamas pone il problema palesti-nese sul piano religioso, respin-

gendo in questo modo qualsiasinegoziato con Israele. Il radicali-smo del movimento si evince dalsuo statuto composto da 36 arti-coli aperti e chiusi da due versettidel Corano. L’articolo 1 riassumein una parola il programma politi-co del movimento: l’islam. «La ba-se del Movimento di ResistenzaIslamico è l’islam. Dall’islam deri-va le sue idee e i suoi precetti fon-damentali, nonché la visione dellavita, dell’universo e dell’umanità;e giudica tutte le sue azioni secon-do l’islam, ed è ispirato dall’islama correggere i suoi errori». Nel do-cumento Hamas ha un atteggia-mento ambivalente rispetto al-l’OLP che viene definita «padre,fratello, parente e amico» ma nellostesso tempo viene criticata per lasua «ideologia laica» diametral-mente opposta al pensiero religio-so. Hamas si dichiara pronto a col-laborare con l’OLP, tuttavia la na-tura islamica della questionepalestinese non va trascurata e chilo fa è «certamente un perduto»(art. 27). Per il presente l’organiz-zazione islamica si impegnò a con-tinuare l’opera di islamizzazionedella società nella tradizione deiFratelli musulmani (art. 16), alladiffusione di una nuova interpre-tazione della storia in cui gli ebreivengono descritti con i vecchi ste-reotipi riecheggianti i Protocolli diSion (art. 22). Per il futuro invecelo statuto preconizza una societàislamica in Palestina (quella stori-ca) e la restaurazione del califfatoper la umma. Il gruppo si dotò anche di un brac-cio armato, le Brigate Ezzedin alQassam, che prendono il nomedallo sceicco Ezzedin Al Qassam,la cui prima operazione militare fueffettuata nel marzo 1988. Hamasnon si dotò solo di strutture mili-tari ma anche di una fitta rete dicomitati caritatevoli, di centri perl’assistenza sociale, scuole corani-che, ambulatori, al servizio gratui-to di tutti i palestinesi. Hamas nonlanciò dunque soltanto una sfidaideologica, ma contrappose un’al-ternativa sociale interna alla lea-dership esterna di Tunisi. Ironiadella sorte, i dirigenti israelianinon avvertirono sul nascere il peri-colo di questo crescente fervore

islamico nei Territori perché, pri-ma dello scoppio dell’intifada, illoro proselitismo appariva di natu-ra pacifica, nonostante si rifacesseai Fratelli Musulmani. Non argi-narono il loro proselitismo soprat-tutto perché gli islamisti potevanocontrastare il nazionalismo laicodell’OLP, all’epoca visto come ilnemico principale dello Statoebraico. Ben presto però la rivoltaradicalizzò le posizioni di Hamas.E gli israeliani dovettero ricredersial momento della pubblicazionedello statuto del movimento di re-sistenza islamico, ma a quel puntola repressione non fece che accre-scere la loro legittimità agli occhidella popolazione. Israele reagì in-gaggiando con il nuovo nemico,riconosciuto dal 1993 dagli StatiUniti e dal 2003 anche dall’Unio-ne europea come movimento ter-roristico, una lotta senza quartiere. Con Hamas però è necessario mi-surarsi, senza fare sconti e senzasorvolare sulla gravità del suo Sta-tuto politico, che contiene parti as-solutamente inaccettabili. La que-stione è se è possibile che i dirigen-ti di Hamas adottino la stradapresa da Erdogan, il premier turco,o invece finiscano per adottare unaderiva iraniana o peggio qaedista.Hamas, in altri termini, è chiama-ta a scegliere se essere partito poli-tico, anche di governo, o partito dilotta, di lotta armata. Una sceltache cercherà in ogni modo di rin-viare, sulle orme dell’IRA irlandeserispetto al Sinn Fein.

1 Abd al Aziz al Rantisi, medico, Ibrahim alYazuri, farmacista, Salad Shihada, dell’Uni-versità islamica, Issa al Nashshar, ingegne-re, Muhammad Sham’a, insegnante, Abd alFattah Duckhan, preside. Tutti membri deiFratelli Musulmani.2 Cfr. SHAUL MISHAL e AVRAHAM SELA, ThePalestinian Hamas, New York, ColumbiaUniversity Press, 2006, pp. 19-20.3 Articolo 27 della Carta.

S C E N A R I

18 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Page 21: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

S C E N A R I

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 19

La nostra terra è troppo strettadi Mahmud Darwish

La nostra terra si restringe,all’ultimo varco ci comprime e noial transito già spogli delle nostre membrae la terra preme su di noi.Oh se fossimo il suo grano per morire e rivivereOh se fosse nostra madre pietosa di noiSe fossimo immagini delle rocce portate dal sognocome specchi.Vedemmo i volti di chi sarà ucciso dall’ultimo di noiall’estremo sussulto dell’anima.Piangemmo la festa dei loro figli.Scorgemmo i volti di chi scaglierà i nostri figlidalle finestre di quest’ultimo spazio.Specchi lucidati dalla nostra stella.Dove mai andremo oltre il confine estremo?Dove voleranno gli uccelli oltre l’ultimo cielo?Dove riposeranno le piante oltre l’ultimo soffio di vita?Scriveremo i nostri nomi con vapore tinto di porporaRecideremo le mani al canto perchéla nostra carne lo completi.Moriremo qui, qui all’ultimo passaggio.Qui e qui, il nostro sanguepianterà il suo ulivo.

Tratta da Ward Aqall (Meno Rose),Riad al-Rayyes Books, Beirut, 1986, traduzione di Simone Sibilio

Un altro giorno verràdi Mahmud Darwish

Un altro giorno verrà, un giorno al femminiledi chiare metafore, un giorno completodiamantino, solare, di festa nuziale,affabile, d’ombra leggera. Nessuno avràdesiderio di suicidarsi o morire.E tutto, fuori del passato, sarà vero naturale il seguito dei suoi attributi primi. Come se il tempo riposasse in vacanza. “Prolungami il tempo della tua splendida grazia. Esponiti al sole dei tuoi seni di seta,e attendi l’arrivo della lieta novella. Dopo, cresceremo. Abbiamo un tempo ulteriore per cresceredopo questo giorno.” Un altro giorno verrà, un giorno al femminile,

di lirici segni, e frasi d’augurio del colore dei lapislazzuli.Tutto sarà femmineo fuori del passato. L’acqua scorrerà dalle mammelle delle pietre.Non vi sarà polvere, né aridità, né perdita.La colomba al pomeriggio dormirà in un carro armato abbandonato se non avrà trovato un piccolo nidonel letto degli amanti.

Tratto da La ta‘tadhir ‘amm? fa‘alta (Non scusarti per ciò che hai fatto),Riad al-Rayyes Books, Beirut 2005, traduzione di Simone Sibilio

Assenzadi Ibrahim Nasrallah

Quando la donna non ritrovò la porta della casaQuando non ritrovò la finestrané il tettoné la corda del bucatosi mise a scavare con mani insanguinatee gridò:O DioLa sogliaAlmeno la sogliaPer sedermi e raccontare a questa notteLa storia della casa.

Tratto da ‘Atabat tuhawel al-dukhul e riadattata da Ghiyabin Ibrahim Nasrallah, Versi, Edizioni Q, Roma 2009, traduzione di Simone Sibilio

Poesie dalla Palestina

Page 22: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Sono quasi un miliardo e 500milioni i musulmani nelmondo che corrispondono

circa al 20 per cento della popola-zione mondiale. È il risultato di al-cune rilevazioni effettuate da alcu-ni centri di ricerca per conto delleNazioni Unite1.I credenti musulmani sono così di-stribuiti: in Asia ne vivono circa 1miliardo, il 30 per cento in MedioOriente (inteso come Mezzalunafertile, Iran, penisola arabica e Tur-chia), la restante parte nell’Asiacentro-meridionale. In Africa nerisiedono altri 320 milioni, di cuicirca 130 nel Nord Africa arabo e190 nell’Africa sub-sahariana. Infi-ne, l’Europa conta circa 35 milionifedeli di Allah, l’America del Nordpoco più di 5 milioni e l’AmericaLatina un milione e mezzo.

Sunniti e sciiti La stragrande maggioranza di mu-sulmani nel mondo è sunnita (87-90 per cento), contro una percen-tuale più bassa, dal 10 al 13 per

cento, di sciiti, per un totale cheoscilla dai 154 ai 200 milioni dimusulmani sciiti nel mondo. Glisciiti costituiscono la confessionereligiosa maggioritaria in Iran (94per cento), Iraq (62,5 per cento) eLibano (34 per cento), mentrerappresentano delle minoranzeimportanti in Kuwait (30,3 percento, contro il 45 dei sunniti),negli Emirati Arabi (15,9 per cen-to) e in Siria (12 per cento). InOman, invece, la maggioranzadella popolazione è di fede ibadita(73,6 per cento), una sette etero-dossa islamica. I sunniti rimango-no la maggioranza in tutti gli altripaesi musulmani.

I paesi più popolosiIl primo paese islamico del mondoper numero di fedeli è l’Indonesiache conta 200 milioni di musul-mani, pari al 90% della popolazio-ne. Nel subcontinente indiano, in-vece, l’islam è la religione dellaquasi totalità della popolazione inPakistan e Bangladesh, mentre in

India è una minoranza di tale en-tità (130 milioni) che, pur essendosolo il 13% della popolazione, fadell’Unione Indiana il terzo paesemusulmano al mondo.

Islam in ItaliaIl numero degli islamici nel nostropaese si aggira poco sopra il milio-ne di persone, corrispondente al-l’incirca all’1,5% della popolazio-ne italiana. Sono in larga maggio-ranza stranieri, solo 40 mila sonocittadini italiani. L’ultimo Rappor-to Caritas/Migrantes, pubblicatonel 2009, stima in 1.292.000 ilnumero di immigrati di fede mu-sulmani in Italia. Si tratta del se-condo gruppo religioso dopo i cri-stiani che si attestano invece pocosopra i due milioni. In Italia le moschee vere e propriesono solo due: quella di MilanoSegrate e il Centro islamico cultu-rale a Roma, inaugurato nel 1995.Solo una è attualmente in costru-zione, tra le polemiche, a Colle diVal d’Elsa in Toscana. Secondouna recente ricerca dell’Universitàdi Padova, alle due moschee vere eproprie con cupola e minareto,vanno aggiunti altri 747 luoghi dipreghiera collettiva che sono peròex capannoni industriali, garage,appartamenti di fortuna, tendoni,magazzini, seminterrati… In Francia, il paese europeo con lapiù alta percentuale di musulmanitra la popolazione (quasi il 10 percento), le moschee con minaretoannesso sono 200 ed è lo Stato, inalcuni casi, a finanziarne la costru-zione.

1 I dati sono stati tratti da alcuni articoli su:New York Times, Le Monde, Lettera22, ThePew Forum.

D I A M O I N U M E R I

20 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

I musulmani nel mondo

Page 23: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Nord est di Roma. Fa fred-do e quasi piove. Mi co-pro il capo con un fou-

lard nero. Ci sono delle donne so-male, anche anziane, assiepate sulmuretto ad aspettare l’ora di in-gresso. Abitano in paesi alle portedi Roma e affrontano in pullmanore di viaggio per non mancarepuntuali all’appuntamento. Mi ac-cennano alla loro storia di guerra,fuga, dolore. L’addetto alla sorve-glianza mi dice che qui arrivanocentinaia e centinaia di persone.Molti giovani. Scorgo una nota distupore nello sguardo, neppure luisi spiega tanta affluenza. Attendo Omar Camilletti, colla-boratore del Centro islamico dellamoschea che qui ha sede. «Fa sem-pre tanto freddo qui?», chiedo.«Gli aiuti economici dipendonodalla generosità dell’Arabia Saudi-ta. Da un po’ di tempo in effetti il

riscaldamento non funziona». Pareche i fondi siano stati tagliati. La moschea, che sorge su un’areadi 30 mila ettari, fu voluta e finan-ziata dal re Faysal dell’Arabia Sau-dita, capostipite della famiglia rea-le saudita, nonché Custode delledue moschee di Mecca e Medina.Il complesso - il più grande d’Eu-ropa - fu progettato dall’architettoPaolo Portoghesi, Vittorio Gigliot-ti e Sami Mousawi negli anni set-tanta. Ha una capienza di quattromila persone e il venerdì arrivanoanche 400-500 persone per la pre-ghiera comune. All’interno ci so-no l’auditorium, la biblioteca, ilmuseo, gli uffici. Le decorazioni della moschea pro-vengono da tutti i paesi arabi mal’esterno è ispirato alle basilicheromane. Fu una progettazione dif-ficile, che avrebbe dovuto adattarel’edificio nascente alla tradizione

architettonica italiana ed europeae soprattutto che non avrebbe maidovuto superare per sontuosità iluoghi di culto della Roma cristia-na. L’uso del travertino, l’area del-l’ingresso che riprende la piantadel Campidoglio, il colonnato di-sposto in modo da ricordare l’ab-braccio di colonne in Piazza SanPietro. Evidenti i continui riman-di stilistici tra oriente e occidente. Mi si dice che sebbene non ci siauna componente prevalente tra ifrequentatori di questa moschea,molti sono i marocchini. Ci sonopoi i senegalesi e numerosi somali.E poi gli asiatici: in particolare so-no originari del Bangladesh e delPakistan. «Questa moschea è unesempio di alta e riuscita sintesi trale varie etnie», mostra fiero Omar,mentre mi fa notare che la musicache avverto non proviene dall’in-terno ma dal mercatino antistante

T E S T I M O N I A N Z E

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 21

Un venerdìalla moschea di RomaDI ANTONELLA PALERMO

La moschea di Roma

Page 24: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

dove vengono venduti cd di cantiislamici. «Prima era anche un pun-to di ristoro – dice - con la venditadi panini e cose del genere. Poi permotivi igienici è stato giustamentevietato».Vedo entrare persone di tutte le età.Anche un po’ di bambini sorridentie scherzosi. Le donne sono piùschive e si avviano verso la loro en-trata differenziata. Mi renderò con-to solo più tardi che tanti sono iconvertiti all’islam, lo stesso Omarlo è. Perché? «L’islam mi affascinavagià prima – mi dice un signore ro-mano molto elegante – perché tro-vo che è una religione più umana,più terrena. Io poi sono sempre sta-to anticlericale». E lei, Omar, comeha incontrato l’Islam? «È Dio chemi ha ripreso per i capelli. Vede, l’i-slam non fa proselitismo, questo èun punto da chiarire. Nonostantela propaganda feroce a cui siamosottoposti, l’islam non ha i progettid’invasione di cui spesso si parla,soprattutto nei media. Anzi – ci tie-ne a precisare prima di ogni altramia domanda – noi siamo come unponte fra due mondi: cristiani edebrei. Dobbiamo cercare di viverein armonia contro un nichilismoche incombe su tutti».Omar mi indica da lontano il luo-go dove si fanno le abluzioni. «Perl’islam è molto importante primadella preghiera reinserirsi in unostato di purificazione. Del restouna delle caratteristiche della pre-ghiera islamica è un marcato coin-volgimento del corpo. Si può pre-gare dappertutto purché si osservi-

no i requisiti di base: fare le ablu-zioni, garantirsi una superficie pu-lita con l’uso del tappetino e di-sporsi in direzione della Mecca».Entriamo nella moschea grande(quella riservata alla preghiera delvenerdì; ce n’è infatti una piccolache accoglie i fedeli negli altrigiorni della settimana). Ci toglia-mo le scarpe, tutti lo fanno indi-stintamente. Anche i bambini. Iovado di sopra, nel loggiato latera-le. «Nell’islam non c’è una gerar-chia», precisa Omar. «Ognuno, sipuò dire, è sacerdote di sé stesso.L’imam è soltanto colui che guidala preghiera, è un delegato dall’as-semblea». La percezione del freddo a starefermi per mezzora. Scorgo le se-quenze dalle feritoie. Sono solalassù, non fosse per un giovanesdraiato completamente a terrache dorme tutto il tempo. L’arabosi intreccia all’italiano. Il parlato simescola al suono della voce. Usciamo e ciascuno riprende leproprie calzature. «Venire alla moschea a pregare sitrasforma poi anche in un’occasio-ne di socialità», sottolinea Omar.Infatti la gente si raduna in gruppia parlare. Un signore che ha l’ariadi sapere molto, giordano d’origi-ne ma da molto tempo in Italia,spiega il senso della preghiera isla-mica: «Il profeta ha detto: “siatesulla terra come se steste compien-do un viaggio”. La preghiera è co-me un momento di sosta in un’a-rea di servizio. Ci si riposa, si con-trolla sé stessi, ci si dispone a

congiungersi con dio per trovareenergia, forza, capacità di esserepiù paziente... Così si trascende ladimensione della terra per porsi suun piano spirituale. È un invitoper abbandonare l’ansia. Qualun-que preoccupazione o problemapersonale lo affidiamo al signore».E aggiunge un breve commento almessaggio della preghiera di quelgiorno: «Dio ci dice che dobbiamocomportarci bene a prescindere dachi abbiamo di fronte. Non dob-biamo parlare male degli altri. Dioè più grande delle mie ansie, dellamia malattia, delle mie incom-prensioni con mia moglie, Dio èpiù grande!». Continuo a chiedere a qualcunocome si è svolto l’avvicinamentoall’islam. «Il mio percorso è statolungo – risponde un giovane ro-mano – iniziato con il cattolicesi-mo tradizionale e poi maturatocon lo studio dei testi sacri. Mi so-no accorto ad un certo punto chequalcosa non andava nella mia re-ligione. Il problema – dice senzamezzi termini – è che la chiesa hacostruito troppi dogmi che pro-gressivamente l’hanno staccata dalmessaggio originario di Gesù». Mi sorprende il fatto che non ven-ga messo in risalto l’aspetto rela-zionale tra le persone nella tra-smissione della fede. Come se l’in-dividuo fosse toccato da Dio aprescindere dalla testimonianza edall’annuncio (diremmo noi cat-tolici) personale. Come a dire chesono più importanti i libri che gliessere umani. «Anche l’aiuto di un

T E S T I M O N I A N Z E

22 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

L’interno dellamoschea di Roma

Page 25: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

fratello può aiutare – mi vienespiegato – a riscoprire la dimensio-ne dell’incontro con Dio, che co-munque è già in noi. Ci vuole inogni caso lo studio. C’è bisogno dieducazione, di formazione. Da noil’educazione non può restare stac-cata dalla religione perché sennòuno perde di vista quali sono i va-lori fondamentali. Questa del re-sto è la deriva di cui soffrono le so-cietà contemporanee».«C’è un bellissimo versetto delCorano che dice: in verità coloroche più amano e temono Dio sonofra coloro che più sanno perché ilprofeta ha detto “non pensate sul-la natura stessa di Dio perché nonla potete mai comprendere, ma ar-rivate a credere in Dio attraverso ilmeditare sulla sua creazione”». Ec-co il ruolo della conoscenza. E le donne? L’islam le discrimina?La cronaca nera è piena di episodiin cui la vittima è nella maggiorparte dei casi presentata come vit-tima di un’adesione “malata” allafede islamica. «Non c’è differenzad’importanza tra donne e uomi-ni», si precisa. «Basti pensare che altempo del profeta c’erano anchedelle donne che hanno insegnato acoloro che sono i legislatori islami-ci, grandi teologhe. Anche oggi cisono. È il Signore che ci aiuta acreare completezza tra i due sessi.Bisogna vivere solo con la consa-pevolezza dei propri ruoli. Da noil’utero della donna si chiama “ri-cettacolo della misericordia diDio”. Quindi se in qualche paesela donna non può godere dei dirit-ti umani fondamentali – conclude– ciò non è da attribuire all’islamma all’ignoranza». Non volevo eludere una questionecruciale, cioè che l’islam può affa-scinare ma fa anche paura a molti.

Perché? «Fa paura quando non siprofessa bene», risponde l’uomocon la barba che avevo intercettatoprima della preghiera. «L’islam è ilbene, invita l’uomo al bene. Checi siano pseudo musulmani chefanno il male, è un problema loro.Non lo dice il Corano. Dio è la ve-rità, la bellezza, la pietà, l’amore.Di queste qualità dio ha immessoin ciascuno di noi una goccia. Enoi dobbiamo tenere a freno tuttequelle voci interiori che ci invita-no al male. In fondo – se ci si pen-sa – il messaggio è come quello diGesù».Che cosa è allora il fondamentali-smo? «Secondo me è una parolabellissima, non è affatto brutta»,riprende il signore romano. «An-che nell’ambito cristiano fonda-mentalismo equivale essenzial-mente ad aderire ai principi fon-damentali. Non cedere cioè a queivalori perché sono appunti i fon-damenti della società. Il problemaè che la modernizzazione spesso cisecolarizza e questo non va bene. Ilsignificato fuorviante a questo ter-mine deriva dalla strumentalizza-zione che viene fatta della religio-ne per altri scopi: la fanno sia alcu-ni che si ritrovano a partecipareattivare alla religione (dall’interno)sia gente che (dall’esterno) usa lostrumento religione per accostarloai fenomeni degli attentati». Kamikaze è del resto una parolagiapponese, non araba. E non sipuò nascondere il fatto che in tut-te le religioni esistono delle formedi deviazione. «Questo è un mo-mento storico particolare», affer-ma Omar. «Alcuni hanno conside-rato l’immolazione – come faceva-no i piloti giapponesi – come ilmartirio giusto da praticare. Mabisogna precisare che nel corano

c’è perfino un’etica di come fare laguerra e l’islam condanna in ma-niera assoluta e netta chi trascuraquesti insegnamenti. La religioneinsomma di per sé non è uno stru-mento di guerra». Un giovane ingegnere elettronicoalbanese, a Roma da due anni, hail volto subito rassicurante: «Mipiace il clima di convivenza che sirealizza qui. Dio è più grande ditutto, anche delle differenze tra lereligioni. Noi dobbiamo lavorareper la pace nel mondo». «Ben venga il fondamentalismo seserve per vivere in pienezza la pro-pria dimensione religiosa», chiari-sce il giordano-palestinese. «Se in-vece vuol dire imporre agli altri ilproprio credo, allora tutti dobbia-mo essere contro questo modo diessere. Il martirio presso Dio vuoldire donare la propria vita se ne-cessario per valori che dio ha indi-cato di seguire. Il vero combatti-mento utile e da perseguire è quel-lo dentro noi stessi: si realizzaquando l’uomo vince l’odio, l’ava-rizia, tutto ciò che distacca dalprossimo e che ce lo fa vedere co-me un nemico». Chiudiamo con una battuta acommento di questo pontificato.«Che il Papa possa sempre trovarela parola giusta per arginare le cat-tiverie del ceppo umano. Denun-ciare lo sfruttamento dell’uomo, lapovertà di molti paesi, le dittature,rivendicare il diritto dei popoli anon essere sfruttati economica-mente… Si tratta di messaggi im-portanti e indispensabili. Siamosul cammino giusto», si dice fidu-cioso. «Mi auguro che il dialogo traislam, cristianesimo, ebraismo, in-duismo, buddismo… possa crearedavvero una piattaforma comuneutile all’umanità».

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 23

Page 26: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

«Ma le hai tutte tu, miacara!». Suonava co-me una condanna e

ai tempi non avevo intuito la na-tura della provocazione (in questocaso sana e non fine a se stessa) e ilsignificato celato di quell’afferma-zione che è stata il sigillo di un di-scorso ben articolato. L’esposizio-ne a me rivolta si può riassumerein poche righe e conteneva le se-guenti affermazioni: «Lubna, èsempre interessante partecipare aiconvegni sulla categoria della se-conda generazione e ascoltare di-verse testimonianze in prima per-sona. Ho conosciuto tanti ragazzicon un’identità plurima ma nonmi era mai capitato di conoscereuna personalità come la tua. Seiuna seconda generazione, sei figliadi una coppia mista, sei nata e cre-sciuta in Italia, hai diverse nazio-nalità, sei una musulmana, porti ilvelo, sei giovane… e sei pure don-na. Le hai assemblate tutte questeminoranze viste sempre come talie a volte come caratteristiche limi-tanti. Ma le hai proprio tutte, nonte ne manca una!». Ero rimastasorpresa e lo stupore per le paroledi quella ragazza mi accompagnaspesso quando rivaluto e rinnovola mia scelta di scrivere e parlaredella tanto discussa seconda gene-razione. I miei studi non sono ine-renti alle tematiche di cui trattoma non per questo considero lamia esperienza di scrittura unasemplice passione da coltivare neltempo libero. È nato tutto per caso, anche se poinulla accade per caso, quando mihanno proposto di collaborare perla rivista Yalla Italia (mensile delleseconde generazioni, allegato a Vi-ta non profit magazine) 2 e da quelmomento si sono aperte tante al-

tre opportunità. Mi capita spessodi raccontare la mia esperienza co-me giovane italiana musulmana diorigine mista, perché vengo chia-mata e interrogata a riguardo. Hoscelto di condividere questo mioraccontarmi che mi accomuna aglialtri ragazzi della nostra redazionetenendo la penna in mano e pren-dendo la parola in pubblico. Sia-mo nati per cercare di costruireponti, leggere la realtà con diversipunti di vista, smontare i luoghicomuni, trasmettere ironia, rac-contare le nostre storie, regalarepositività e propositività in cuicrediamo, invitare a scoprire le no-stre identità con allegria dandosempre un grande valore all’espe-rienza personale. Veniamo interro-gati dalla realtà e l’attualità bussaspesso alla nostra porta. Personal-mente non ho mai vissuto l’espe-rienza come una missione e nonho mai avuto tra i miei obiettiviquello di dare delle risposte, ancheperché ho di gran lunga molte più

domande. All’inizio ho scelto diprendermi questo impegno ancheper rispondere indirettamente achi cade nella trappola di esprime-re generalizzazioni su un’intera ca-tegoria etnica o religiosa, a volteconfondendo e fondendo le duecose e a chi semplificando la realtàne ha fatto una caricatura grotte-sca. Yalla Italia è una realtà dinami-ca in cui convivono e si completa-no diverse sensibilità che portano adiversi approcci agli argomentitrattati per arricchirsi e mai con-trapporsi, perché siamo menti ecuori che rappresentano una realtàplurale. Lo spirito che ci nutre èquello di comunicare, accompa-gnato dalla consapevolezza che inqualsiasi ambito tematico sceltonon c’è nulla che si debba tenernascosto per affrontare consape-volmente qualcosa che ci ha tocca-to nel profondo. A livello personale, Yalla Italia rap-presenta un percorso di vita, nonsolo formativo dal punto di vista

T E S T I M O N I A N Z E

24 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

La mia esperienza di scrittura

DI LUBNA AMMOUENE 1

Lubna Ammouene

Page 27: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

professionale, ma anche esperien-za in cui si ripresentano in modosimile situazioni che affronto nelmio quotidiano. Dal confrontoche matura nelle nostre riunioni diredazione emerge la questione diessere una minoranza in un paesea maggioranza cattolica. Ho sem-pre vissuto questo dato di fatto co-me un privilegio perché significache la fede diventa una scelta, libe-ra e consapevole. Una scelta chespesso si accompagna agli interro-gativi che gli altri rivolgono, dallepiccole scelte che si rinnovanogiorno per giorno, come pregareall’alba o portare il velo, per arri-vare alle questioni dogmatiche estoriche. Col rispondere a questaesigenza di conoscere e capire si èchiamati a dare ragione delle pro-

prie ragioni e anche questo aspettodella fede, pur sembrando un esse-re sotto una sorta di processo con-tinuo e un dover giustificare co-stantemente ciò che abbiamo deci-so di compiere, si rivela in realtà laquintessenza di una promessa, at-traverso il riconoscersi direttamen-te e individualmente responsabiledelle proprie scelte che in questocaso sta anche a significare il rico-noscersi disponibili a rendere con-to di esse nei confronti di chi nedomanda il perché, sentendo l’esi-genza di darne ragione. Così laconsapevolezza che accresce attra-verso le risposte che siamo chia-mati a dare mi hanno permesso diripensare a come vivo la mia fede,che non viene mai data per scon-tata o vissuta come condizione sta-

tica. La consapevolezza che matu-ra dalla mia esperienza mi permet-te d’intendere la religione come fe-de e vissuta come atto libero e co-me scelta quotidiana. Credo sia unpercorso, un cammino di crescitae lungo il cammino può presentar-si chi ci accompagna anche se poicerti sentieri vanno percorsi indi-vidualmente. Davanti a un bivio sipotrà scegliere autonomamente, sipotrà chiedere consiglio e anchetrovare appoggio o disapprovazio-ne. Se la nostra religione diventas-se una lista di precetti da seguire,se riducessimo la religione a rispo-ste e lasciassimo da parte dubbi einterrogativi, se credessimo di avertrovato la soluzione a tutto se-guendo ciecamente e senza co-scienza e conoscenza approfonditaciò che porta lungo la retta via,svuoteremmo la fede del suo signi-ficato più alto.

1 Nata a Milano, di origini siriane. Cinquemeravigliosi anni al liceo Alessandro. Volta,ora iscritta al primo anno universitario allaStatale di Milano. Cura un blog sul sito del-la rivista Vita, http://blog.vita.it/yalla/ 2 www.yallaitalia.it

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 25

Siamo nati per cercare di costruire ponti, leggere la realtàcon diversi punti di vista, smontare i luoghi comuni, trasmettere ironia,

raccontare le nostre storie, regalare positività e propositivitàin cui crediamo, invitare a scoprire le nostre identità con allegria

dando sempre un grande valore all’esperienza personale.

Page 28: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Durante la lunga domina-zione “ottomana” (Impe-ro Turco) in Albania –

dalla fine del secolo XV all’indi-pendenza conquistata nel 1912 –,la popolazione rimasta in patria èpassata in maggioranza alla fedeislamica, per costrizione o per in-teresse. Ma sono sempre rimasteattive molte comunità cristiane,costituite da circa il 30% della po-polazione: i cattolici prevalente-mente al Nord, gli ortodossi alSud. Si può dire che generalmen-te, salvo momenti di tensione, neisecoli XIX e XX tra cristiani e mu-sulmani si era instaurato un climadi discreta convivenza. Matrimonimisti e circostanze particolari divita sociale hanno favorito l’intrec-cio tra famiglie e la collaborazionetra gruppi di fede diversa.Come esempio presentiamo l’e-sperienza di due istituzioni deiGesuiti di Scutari: l’antico “Colle-gio Saveriano” (1877-1946) e ilLiceo “P. Pjeter Meshkalla” di og-gi, che dopo la dittatura comuni-sta intende continuare la missioneeducativa dei Gesuiti (1996…).Il “Collegio Saveriano” è nato co-me scuola commerciale – la primascuola superiore in Albania – die-tro richiesta di famiglie di Scutariche desideravano affidare ai Gesui-ti l’educazione dei figli perché di-ventassero persone colte, oneste eabili nel mondo del commercio.Ricordiamo che allora la città diScutari, con una rilevante comu-nità cattolica, era un importantecentro commerciale dei Balcani esi distingueva per vivacità cultura-le e artistica. Dopo il 1920 il Col-legio prese l’indirizzo di scuola li-ceale. In Albania è tuttora vivo il ricordodi pubblicazioni letterarie, scolasti-

che, scientifiche, religiose ad operadei Gesuiti del Collegio, frequen-tato anche da alcuni insegnanti ealunni musulmani, che collabora-vano efficacemente nell’insegna-mento e in tante altre attività. Si ri-corda la stretta collaborazione inoccasione delle celebrazioni del 50°anniversario (nel 1929) della fon-dazione del Collegio. Sui banchi di questa scuola si sonoformati molti studiosi, letterati,scienziati, medici, politici di fedecristiana e islamica, divenuti cele-bri anche in Europa. Interessantela valutazione di un famoso scrit-tore albanese musulmano, ex alun-no del Collegio, Faik Konica:«Con le sue attività questa scuolasta ad un alto livello. Tutti quelliche hanno visto le scuole di Fran-cia e d’Europa possono testimo-niare che questa scuola di Scutaripuò paragonarsi in molti aspettialle scuole d’Europa». Nel contesto dell’opera dei Gesuitidi quel tempo merita di essere ri-cordato Padre Giovanni Faustiproprio per il suo interesse versol’Islam. Dal 1929 egli è vissuto aScutari parecchi anni come profes-sore di filosofia e teologia, studian-do con passione e sagace intelli-genza storia e pensiero dell’Islam,sintetizzando le sue riflessioni inalcuni articoli pubblicati in La Ci-viltà Cattolica, 1931-1933, cheoggi suonano come straordinarieanticipazioni del pensiero che laChiesa ha elaborato durante ilConcilio Vaticano II.Padre Fausti sosteneva con forzache il mondo cattolico deve impe-gnarsi a conoscere meglio la reli-gione islamica anche nei suoiaspetti positivi, senza rifiutarla inblocco in base a pregiudizi e con-trapposizioni. Avvicinandosi gli

uni gli altri, cristiani e musulmani,potranno riconoscere radici comu-ni e potranno scoprire più piena-mente il valore di Gesù Cristo edel Vangelo. Non basta un atteg-giamento di tolleranza, che man-tiene distanze, diffidenze e ostilità.Ai cristiani spetta di far conoscereai musulmani lo spirito e l’inse-gnamento di Gesù e della suaChiesa più con la santità della vitache con le parole.Padre Fausti apprezzava molto irapporti abbastanza buoni tra mu-sulmani e cristiani che vedeva inAlbania, frutto della convivenzanelle famiglie e nella società, in cuiesprimevano insieme le loro buo-ne qualità per conservare l’unitàdel popolo albanese. La fede e lasperanza che Padre Fausti nutrivaper un tipo di rapporti tra cristianie musulmani sempre più fraterni ecostruttivi, sono testimoniate daqueste sue parole: «L’opera di Diosi compirà nell’ora segnata dai suoieterni decreti. A noi aspettarla conpazienza ed affrettarla con la pre-ghiera, con l’opera e, se occorre, conil sacrificio della vita». Il 4 marzo1946 egli è stato fucilato insiemeai primi martiri caduti sotto la fe-roce persecuzione comunista.Finita la dittatura (1991), alcuniGesuiti tornarono subito in Alba-nia. Come primo impegno riapri-rono il Seminario InterdiocesanoAlbanese. Ben presto la sezione diliceo si sviluppò al punto tale dadar origine ad una scuola autono-ma, a cui potessero accedere anchele ragazze e i musulmani, secondoinsistenti richieste di famiglie. Tale scuola prese il nome di “P.Pjeter Meshkalla”, noto gesuita chea Scutari rimane simbolo di fede,cultura, libertà e coraggio per lasua opposizione al comunismo.

T E S T I M O N I A N Z E

26 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Scutari,il dialogo si impara a scuolaDI P. GAETANO BRAMBILLASCA S.I.1

Page 29: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Questo Liceo, dal 1996 riconosciu-to ufficialmente dallo Stato, godeuna reputazione molto buona tra leautorità e nella popolazione dellacittà e dintorni, sia tra cristiani cat-tolici e ortodossi, sia tra musulma-ni. Attualmente frequentano circa500 alunne e alunni. Grazie allabuona formazione umana e prepa-razione culturale ricevuta, gli stu-denti possono continuare con suc-cesso gli studi universitari in Alba-nia o all’estero, soprattutto in Italia.Nella scuola continua il buon cli-ma umano e collaborativo tra cri-stiani e musulmani che rappresen-tano circa il 22 per cento deglialunni. Inoltre insegnano nell’isti-tuto anche alcuni professori di fe-de islamica. Al centro del “Proget-

to educativo” del Liceo – tranquil-lamente accettato anche dalle fa-miglie musulmane – , secondo lelinee della pedagogia delle scuoledei Gesuiti, sta la persona con lesue doti, esigenze, difficoltà.Grande importanza è data al ri-spetto reciproco, al senso di re-sponsabilità e alla partecipazioneattiva di tutti nei vari momenti diattività della scuola. Ciò favoriscedialogo e collaborazione tra tutti.Tra i giovani è molto facile frater-nizzare e condividere ciò che si è eciò che si ha al di là di differenzesociali e religiose. Questa armonia si sviluppa nonsolo studiando insieme sui banchi,ma anche in occasione di iniziati-ve culturali, ricreative, artistiche,

sportive. Alcune ragazze musul-mane partecipano liberamente an-che a momenti di preghiera orga-nizzati nella scuola per i cristiani.In occasione delle feste religiosecristiane e musulmane è moltosentita la tradizione di scambiarsireciprocamente auguri e visite infamiglia.Nel liceo “P. Pjeter Meshkalla” tut-ti gli alunni frequentano ancheun’ora di etica la settimana, ag-giunta al programma statale. C’èanche l’ora di religione cristiana,durante la quale normalmente imusulmani hanno un’attività al-ternativa di cultura religiosa gene-rale. Alcune volte rimangono tuttiinsieme in classe per un scambioreciproco su punti di interesse co-

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 27

Alunni del liceo «P. Pjeter Meshkalla» al Convegno studentesco «The Jesuits and History. The Jesuits and Astronomy» che si è tenutoall’«Istituto Massimo» di Roma lo scorso aprile.

Page 30: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

mune nella fede cristiana e nellafede islamica. In questi anni alcu-ne ragazze hanno chiesto di segui-re regolarmente l’ora di religione,dietro autorizzazione dei genitori. Questo contesto di stima e acco-glienza fa sì che l’Albania sia uncampo favorevole per il dialogo tracattolici, ortodossi e musulmani.Certamente secondo i principieducativi di una scuola di Gesuitidesideriamo sviluppare di più ladimensione formativa della perso-na, anche nella dimensione di fe-de, sia per i cristiani che per i mu-sulmani. Ma varie difficoltà perora non ci rendono possibile farepassi ulteriori: scarso impegno del-le famiglie per la formazione spiri-tuale dei figli, veloci trasformazio-ni sociali (famiglie cristiane e mu-sulmane di antica tradizionecittadina sono partite per l’estero,

famiglie venute dalle montagne edalle zone rurali rimangono piut-tosto chiuse nella cerchia delle lo-ro conoscenze), apertura di scuoleprivate islamiche, necessaria caute-la nello stabilire rapporti più uffi-ciali con persone o istituzioni delmondo islamico. All’interno dellascuola non ci sarebbe alcun pro-blema sperimentare qualche altraforma più intensa di scambio tracristiani e musulmani: ma dobbia-mo tener conto dei riflessi nel con-testo sociale in cui ci muoviamo.Siamo convinti che, pur con i suoilimiti l’esperienza di convivenzatra cristiani e musulmani nel Liceo“P. Pjeter Meshkalla” è segno efonte di una nuova mentalità e dinuovi rapporti tra gruppi diversiin una società sempre più multi-culturale e multireligiosa, che inAlbania risale ai secoli passati. Og-

gi in modo particolare i giovanipossono fondare e prefigurare unnuovo futuro, incominciando aconvivere bene insieme fin daglianni di scuola. Avanzare su questoorizzonte d’incontro tra cristiani emusulmani è la sfida in cui sonoimpegnate in Albania parecchie al-tre scuole private cattoliche, so-prattutto nell’arco dell’istruzionedi base.

1 Direttore del liceo P. Pjeter Meshkalla.

T E S T I M O N I A N Z E

28 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

I lavori in corso per il rifacimento del liceo «Meshkalla»

Page 31: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Paolo BrancaGuerra e pace nel Corano2009, EMP, pp. 96, 9 euro

Di fronte a fatti come quellidell’11 settembre 2001, all’orroree all’indignazione conviene affian-care un’approfondita riflessionesul tessuto sociale nel quale ha po-tuto crescere un odio tanto assolu-to e distruttivo. Si tratta di capirecome mai l’islam possa essere cosìfacilmente ed efficacemente stru-mentalizzato; dire che l’islam e imusulmani siano “per loro stessanatura” fanatici e aggressivi è ungiudizio sbrigativo e molto discu-tibile. Sebbene faticoso, l’aperturaal confronto, è uno sforzo irrinun-ciabile, un indispensabile con-fronto sull’essenza delle nostre ri-spettive identità religiose, senzapretendere di ignorare gli altri o diridurli forzatamente alla propriamisura.

Olivier RoyLa santa ignoranza2009, Feltrinelli, pp. 320, 25 euro

Perché decine di migliaia di mu-sulmani si convertono al cristiane-simo o diventano testimoni diGeova? Come si spiega che la reli-gione che cresce più velocementenel mondo sia il pentecostismo?Perché il salafismo, una dottrinamusulmana particolarmente seve-ra, attira i giovani europei? Perchétanti giovani si stringono intornoal papa nelle Giornate mondialidella gioventù e così pochi entra-no in seminario? La teoria delloscontro di civiltà non permette dicomprendere questi e tanti altrifenomeni. Perché, lungi dall’esserel’espressione di identità culturalitradizionali, il revivalismo religio-so è una conseguenza della globa-lizzazione e della crisi delle cultu-re. La “santa ignoranza” è il mitodi una purezza religiosa che si co-struisce al di fuori delle culture.Questo mito anima i fondamenta-lismi moderni, in concorrenza traloro su un mercato delle religioniche acuisce le loro divergenze econtemporaneamente standardiz-za le loro pratiche.

Massimo CampaniniIl pensiero islamicocontemporaneo2009, Il Mulino, pp. 202, 11,5 euro

In questo volume Massimo Cam-panini, docente di Cultura arabanella Facoltà di Lettere e Filosofiadell’Università Statale di Milano,traccia un profilo del pensieroislamico contemporaneo, dalla ri-nascita ottocentesca allo scontrocon la modernità, all’impatto re-cente della dimensione politica,alle posizioni radicali più recenti.Ne emerge un quadro assai varionel quale, accanto alle posizionipiù tradizionaliste che tuttora do-minano la scena culturale di queipaesi, non mancano voci disso-nanti e coraggiose di autori chespesso pagano con l’esilio la pro-pria libertà di giudizio.

L E T T U R E

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 29

L’islam in libreria

Page 32: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Sergio RomanoCon gli occhi dell’Islam.Mezzo secolo di storia in unaprospettiva mediorientale2009, Tea, pp. 356, 16,6 euro

Questo libro racconta una storiaincompiuta. Dal Libano all’Iran,dalla Siria alla Palestina, dall’Af-ghanistan all’Iraq, senza dimenti-care i conflitti etnico-religiosi nel-la ex Jugoslavia e in Cecenia, gliultimi decenni hanno visto unaserie di eventi legati l’uno all’altrocome gli anelli di una catena ine-luttabile, che ha determinato l’at-tuale situazione. Il Medio Orien-te, afferma Sergio Romano, «nonè ancora riuscito a creare la pro-pria versione dello Stato moder-no». Tutto ciò non vuoi dire che lesocietà musulmane siano natural-mente allergiche alla democrazia.Anche quella europea è il risultatodi una lunga gestazione, ma la li-bertà nasce quando è necessariaagli obiettivi di un ceto emergen-te. Di fronte a un così lungo pro-cesso di trasformazione, il migliorcontributo che l’Occidente puòdare è «stare alla finestra», vale adire evitare interventi intempestivie non desiderati.

Samir Khalil SamirIslam. Dall’apostasiaalla violenza2008, Cantagalli, pp. 220, euro 16

Padre Samir Khalil Samir ci aiutaa comprendere l’Islam e il modoin cui esso è vissuto, gli slanci spi-rituali e le difficoltà, il gloriosopassato e l’arretratezza del presen-te, le vittime (cristiani, ma anchemusulmani) e i carnefici. Fino apoco tempo fa, preti e missionariche lavorano in Africa del nord ein paesi asiatici musulmani, dove icristiani sono minoranza e dovegli stranieri sono a mala pena ac-cettati, non hanno mai sbandiera-to troppo ai quattro venti le vio-lenze che i cristiani (e i musulma-ni) subiscono da parte del poterepolitico o dai gruppi fondamenta-listi. In più, siccome il cristianesi-mo è visto come una religionestraniera (sebbene sia nata in Me-dio Oriente), le notizie diffuse inOccidente hanno sempre rischiatodi essere lette come una nuovaforma di colonialismo culturale.Questo libro sgombro da ogni fal-sa cautela, ci aiuta a comprenderecon realismo i problemi dell’Islamfino alla radice, che è l’ambiguitàcon cui è interpretato lo stessoCorano. Nel fare ciò, egli dà vocea tutti i musulmani che vorrebbe-ro riformare e modernizzare l’I-slam, ma non riescono, o nonpossono, per la violenza e l’intol-leranza che domina il mondo mu-sulmano, fra dittature, terrorismoe sharià.

Federico Maria BegaIslam balcanico2008, Utet, pp. 352, 24 euro

Cos’è l’Islam balcanico? Chi sonogli otto milioni di musulmani bal-canici che da oltre cinque secolisono parte costituiva del VecchioContinente? L’enigma sembra de-stinato a permanere ancora a lun-go, tanto che sugli scaffali delle li-brerie oggi arricchiti di numerosivolumi dedicati all’Islam ancorauna volta sembra calato l’oblio sulpiù antico Islam europeo, quellobalcanico. E, soprattutto dopol’11 settembre 2001 e dall’avviodella Guerra globale al terrorismoislamico, i nuovi stereotipi creati eriversati dall’Occidente sui Paesidella regione descrivono i Balcaniquale porta d’ingresso all’Europadel fondamentalismo islamico edella rete di Al-Qaeda di Osamabin Laden. In realtà, l’Islam balca-nico è da secoli un Islam modera-to. Ad oggi, la presenza deimujaheddin durante le guerre bal-caniche degli anni Novanta, i ten-tativi di reislamizzazione delle po-polazioni musulmane e di infiltra-zione del fondamentalismoislamico di matrice wahhabita, ilruolo dell’Islam mondiale e delleONG musulmane dei Paesi arabi,del Medio Oriente e del Sud-EstAsiatico non hanno portato allacostituzione di un fronte jihadistasostenuto dal terrorismo islamicointernazionale ed alla creazione diuno Stato islamico nel cuore del-l’Europa. Pertanto, il rischio piùgrande sembra essere rappresentatodalla perenne incomprensione tral’Europa e una parte di sé stessa.

L E T T U R E

30 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Page 33: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Islam in Europa/Islam in Italia.Tra diritto e societàA cura di Alessandro Ferrari2008, Il Mulino, pp. 370, 28 euro

L’islam ha cambiato la geografiareligiosa dell’Europa occidentale.Tuttavia, benché irreversibile, l’in-tegrazione delle comunità musul-mane nel “Vecchio continente”conosce tutte le difficoltà e le con-traddizioni tipiche dei grandi pro-cessi sociali, che coinvolgono nelprofondo sia le pubbliche istitu-zioni sia i vissuti quotidiani deisingoli. Di qui la tensione tra “an-tichi” e “nuovi” costumi; fra la“tradizione delle radici” e le sfidedel presente cui essa è confronta-ta. Ma qual è, oggi, il volto dell’i-slam europeo ed italiano? Quale lasituazione dell’islam nella scuola;delle moschee; degli imam? A chepunto si trova la prospettiva diun’intesa con lo Stato? Quali sonole esperienze europee che potreb-bero rivelarsi più utili nell’affron-tare queste ed altre questioni, acominciare da quelle poste dallefamiglie musulmane? Con un ap-proccio interdisciplinare, i saggiraccolti in questo volume inten-dono fare il punto della situazionee offrire alcune indicazioni opera-tive per il futuro.

Sumaya Abdel QaderPorto il velo, adoro i Queen.Nuove italiane crescono2008, Sonzogno, pp. 179, 14 euro

Sulinda, 30 anni, nata a Perugia,sposata e con 2 figlie, vive a Mila-no dove studia lingue all’univer-sità per diventare interprete. Co-me tutte le donne della sua gene-razione affronta la vita con nonpoche difficoltà. Con una piccoladifferenza: è musulmana e porta ilvelo, e tanto basta perché la siconsideri diversa. Camminare perstrada, fermarsi davanti a una ve-trina, andare in palestra, al mare,in vacanza all’estero, tutto acqui-sta una colorazione speciale. Equello che per le sue coetanee ènaturale per lei diventa una paro-dia o, nella migliore delle ipotesi,una piccola avventura. Ma chi èSulinda? Italiana o araba? Moder-na o tradizionalista? Diversa onormale? Occidentale oppureorientale?

Paolo BrancaYalla Italia! Le vere sfidedell’integrazione di arabi emusulmani nel nostro paese2007, Edizioni Lavoro, pp. 190, 12 euro

Comunità sempre più numerosedi arabi e musulmani immigratistanno modificando la fisionomiadi molte città italiane. Questo fe-nomeno, coniugato con le legitti-me preoccupazioni suscitate dalterrorismo di matrice islamica nel-l’opinione pubblica, desta allarmee preoccupazione. Manca tuttaviauna percezione corretta delle dina-miche in atto, spesso banalizzatedai media sempre a caccia di noti-zie sensazionali ma incapaci dirender conto della realtà in tuttele sue complesse articolazioni. UnPaese disorientato rischia così diperdere una preziosa opportunità,più per propria responsabilità chea causa della (vera o presunta) al-trui arroganza e prepotenza. Lasfida dell’integrazione non sarà ef-ficacemente affrontata senza la va-lorizzazione delle energie miglioridei nuovi arrivati e della societàche li ospita.

CVX APRILE-GIUGNO 2010 · 31

Page 34: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Michele ZanzucchiL’islam che non fa paura2006, San Paolo Edizioni, pp. 352, 16 euro

Non esiste solo l’islam intollerantee fondamentalista; esiste anche unaltro islam, impropriamente defi-nito “moderato”, costituito dacorrenti e tendenze più spirituali,intrise di tolleranza e misericordia,caratterizzate da un forte impegnosociale e civile. Il libro conduce al-la scoperta sul posto dei principalipersonaggi protagonisti di questimovimenti e correnti islamichemoderate. Un vero reportage delmondo islamico: le questioni piùcalde, i personaggi più coraggiosi,la cultura più antica, la spiritualitàe la tradizione.

Farian SabahiIslam: l’identità inquietadell’Europa. Viaggio tra i musulmani d’occidente2006, Il Saggiatore, pp. 326, 14 euro

Nata dal matrimonio tra un ira-niano e un’italiana, Farian Sabahiè cresciuta in una famiglia laicama culturalmente consapevoledella propria doppia radice. Ed è apartire da qui, da questa originespaccata a metà, che l’autrice in-traprende il suo viaggio attraversoalcune città europee, per dar voceai musulmani di seconda e terzagenerazione che, come lei, hannoreso l’esperienza della migrazioneuna componente essenziale dellapropria identità. Le moschee o icentri islamici di Parigi, Ginevra,Londra, Amburgo diventano inquesto reportage luogo d’espres-sione di un sentire collettivo e oc-casione per dare la parola a studio-si, autorità religiose, fedeli e con-vertiti su questioni cruciali deldibattito contemporaneo.

Gilles KepelJihad. Ascesa e declino.Storia del fondamentalismoislamico2004, Carocci, pp. 436, pp. 436, 16,5 euro

L’autore, tra i massimi esperti del-l’argomento, analizza le dimensio-ni storiche, culturali e sociali delfondamentalismo islamico, for-nendo gli strumenti per compren-dere l’ampiezza del movimentostesso, estesosi dall’Algeria all’In-donesia. Kepel inoltre prefigura ilsuo declino, indicando che anchele società musulmane si avvianoormai ad entrare nella modernità,in forme inedite all’Occidente.

L E T T U R E

32 · CVX APRILE-GIUGNO 2010

Tahar Ben Jelloun L’islam spiegato ai nostri figli2001, Bompiani, pp. 99, 8,5 euro

L’11 settembre 2001 il mondo occidentale viene colpito: due aerei colpi-scono le Torri gemelle a Manhattan, l’America è sconvolta, la paura di altriattacchi terroristici si diffonde, ogni arabo diventa sospetto. È a partire daquesto scenario che si sviluppa questa conversazione tra Tahar Ben Jelloune sua figlia – dieci anni – a disagio con se stessa, con le proprie origini mu-sulmane, di fronte a una televisione che continua a dire «che i musulmanisono tutti cattivi». Ben Jelloun spiega, con semplicità ma rifuggendo ognisemplificazione, cos’è l’Islam, qual è la differenza tra arabo e musulmano,cos’è il fanatismo, cos’è il terrorismo, quale spazio ha la tolleranza nelmondo arabo, quali lezioni ha dato all’Occidente.

Page 35: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini
Page 36: cristiani nel mondo - cvxlms.itRivista della CVX Comunità di Vita Cristiana d’Italia 1 editoriale L’islam che ci viene incontro sulla sabbia di P.Vincenzo Sibilio S.I. 2 puntini

Per informazioni rivolgersi a:segreteria CENAG (Centro Nazionale Apostolato Giovanile dei Gesuiti d’Italia)

Via S. Saba, 17 – 00153 Roma, tel. 06/64580145 (9,30 – 18,30)e-mail: [email protected]