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 DE CHIRICO Giorgio de Chirico nasce da una famiglia nobile di lingua italiana, il padre Evaristo, ingegnere delle ferrovie, costruì la prima rete ferroviaria in Bulgaria ed in Grecia, la madre Gemma Cervetto, una Signora della buona borghesia genovese. Nel 1891 nella stessa città nasce il fratello Andrea Alberto, che assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore.Più tardi mentre Alberto studiava pianoforte, Giorgio si iscriveva al Politecnico di Atene per intraprendere lo studio della pittura. I due fratelli erano molto uniti e si scambiavano le proprie conoscenze. Intorno al 1909 si comincia a delineare la poetica della metafisica: arte capace di governare le emozioni e trasformare l'inconscio. Nel 1911 de Chirico raggiunge il fratello Alberto a Parigi dove conosce i principali artisti dell'epoca, comincia quindi a dipingere quadri con uno stile più sicuro. Subisce l’influenza di Gauguin da cui prendono forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia. Tra il 1912 e il 1913 la sua fama si propaga, anche se ancora non ottiene un adeguato successo economico. In questo periodo comincia a dipingere i suoi primi manichini. Negli anni Parigini Giorgio dipinge alcune delle opere pittoriche fondamentali per il ventesimo secolo. Allo scoppio della prima guerra mondiale i fratelli de Chirico si arruolano volontari e vengono inviati a Ferrara. Dopo un primo periodo di disorientamento dovuto al cambiamento di città, Giorgio rinnova la propria pittura, non dipinge più grandi piazze assolate ma nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani. Negli anni 50 la sua pittura è caratterizzata dai suoi autoritratti in costume di tipo barocco e le vedute di Venezia. Muore a Roma il 20 novembre del 1978. « Se durante la visita a un museo di scultura antica entriamo in una sala deserta, ci capita spesso che le statue ci appaiono sotto un aspetto nuovo. La statua eretta su di un palazzo o un tempio, ovvero al centro di un giardino o di una pubblica piazza, ci si presenta sotto diversi aspetti metafisici. Nel caso del palazzo, dove si staglia contro il cielo meridionale, essa ha qualcosa di omerico, un piacere severo e distaccato, con una punta di malinconia. Sulla piazza ha sempre un aspetto eccezionale, soprattutto se poggia su un piedestallo basso, in modo che sembri confondersi con la folla dei passanti, coinvolta nel ritmo della vita cittadina di tutti i giorni. Nel museo assume un aspetto ancora differente: ci colpisce per quel che ha di irreale. È già stato osservato più di una volta l'aspetto curioso che riescono ad acquistare letti, armadi, specchiere, divani, tavoli, quando ce li troviamo improvvisamente dinnanzi sulla strada, in uno scenario nel quale non siamo abituati a vederli: come accade in occasione di un trasloco, oppure in certi quartieri dove mercanti e rivenditori espongono fuori dalla porta, sul marciapiede, i pezzi principali della loro mercanzia. Tutti questi mobili ci appaiono sotto una luce nuova, raccolti in una strana solitudine: una profonda intimità nasce tra loro, e si direbbe che un misterioso senso di felicità serpeggi in questo spazio ristretto da loro occupato sul marciapiede, nel bel mezzo della vita animata della città e del continuo andirivieni della gente; un'immensa e strana felicità si sprigiona in quest'isola benedetta e misteriosa contro cui si scatenerebbero invano i flutti strepitosi dell'oceano in tempesta. I mobili sottratti all'atmosfera che regna nelle nostre case ed esposti all'aperto suscitano in noi un'emozione che ci fa vedere anche la strada sotto una luce nuova. Una profonda impressione ci possono suscitare anche dei mobili disposti in un paesaggio deserto. Immaginiamoci una poltrona, un divano, delle seggiole, radunate in una piana della Grecia, deserta e ricoperta di rovine, oppure nelle prateria anonime della lontana America. Per contrasto anche l'ambiente naturale tutt'intorno assume un aspetto prima sconosciuto. » (Giorgio de Chirico, Statues, meubles et généraux, 1927) La migliore produzione pittorica di de Chirico è avvenuta tra il 1909 e il 1919, nel periodo della invenzione della pittura metafisica: i quadri di questo periodo sono memorabili per le pose e per gli atteggiamenti evocati dalle nitide immagini. All'inizio di questo periodo, i suoi soggetti e rano ispirati dalla luce del giorno luminosa delle città mediterranee, ma ha rivolto gradualmente la sua attenzione agli studi su architetture classiche. Mentre era ricoverato all'ospedale militare di Ferrara nel 1917, de Chirico conobbe il pittore futurista Carlo Carrà, con cui iniziò il percorso che lo portò a perfezionare i canoni della pittura metafisica: a partire dal 1920 tali teorizzazioni furono divulgate dalle pagine della rivista "Pittura metafisica". Le opere realizzate dal 1915 al 1925 sono caratterizzate dalla ricorrenza di architetture essenziali, proposte in prospettive non realistiche, immerse in un clima magico e misterioso, e dall'assenza di figure umane. Questa pittura sarà ispiratrice di architetture reali realizzate nelle Città di fondazione di epoca fascista, dove il Razionalismo Italiano, accanto a strutture razionaliste lavorerà anche su forme, spazi e particolari architettonici metafisici.(Portolago,  Sabaudia ect.). Nei vari Interni metafisici dipinti in quegli anni oggetti totalmente incongrui rispetto al contesto (ad esempio una barca a remi in un salotto) vengono rappresentati con una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo. Compare in questo periodo anche il tema archeologico, un omaggio alla classicità reinventata però in modo inquietante: ne sono noti esempi Ettore e Andromaca (1917) e Ville romane. La figura del manichino, simbolo dell'uomo-automa contemporaneo (Il grande metafisico, 1917), gli fu invece ispirata dall'"uomo senza volto", personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio, pittore e scrittore.

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DE CHIRICOGiorgio de Chirico nasce da una famiglia nobile di lingua italiana, il padre Evaristo, ingegnere delle ferrovie, costruì laprima rete ferroviaria in Bulgaria ed in Grecia, la madre Gemma Cervetto, una Signora della buona borghesiagenovese. Nel 1891 nella stessa città nasce il fratello Andrea Alberto, che assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto

Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore.Più tardi mentre Alberto studiava pianoforte, Giorgio siiscriveva al Politecnico di Atene per intraprendere lo studio della pittura. I due fratelli erano molto uniti e siscambiavano le proprie conoscenze. Intorno al 1909 si comincia a delineare la poetica della metafisica: arte capace digovernare le emozioni e trasformare l'inconscio. Nel 1911 de Chirico raggiunge il fratello Alberto a Parigi dove conoscei principali artisti dell'epoca, comincia quindi a dipingere quadri con uno stile più sicuro. Subisce l’influenza di Gauguinda cui prendono forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia. Tra il 1912 e il 1913 la sua fama si propaga,anche se ancora non ottiene un adeguato successo economico. In questo periodo comincia a dipingere i suoi primimanichini. Negli anni Parigini Giorgio dipinge alcune delle opere pittoriche fondamentali per il ventesimo secolo. Alloscoppio della prima guerra mondiale i fratelli de Chirico si arruolano volontari e vengono inviati a Ferrara. Dopo unprimo periodo di disorientamento dovuto al cambiamento di città, Giorgio rinnova la propria pittura, non dipinge piùgrandi piazze assolate ma nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani. Negli anni 50 la sua pittura ècaratterizzata dai suoi autoritratti in costume di tipo barocco e le vedute di Venezia. Muore a Roma il 20 novembre del1978.

« Se durante la visita a un museo di scultura antica entriamo in una sala deserta, ci capita

spesso che le statue ci appaiono sotto un aspetto nuovo. La statua eretta su di un palazzo o untempio, ovvero al centro di un giardino o di una pubblica piazza, ci si presenta sotto diversiaspetti metafisici. Nel caso del palazzo, dove si staglia contro il cielo meridionale, essa haqualcosa di omerico, un piacere severo e distaccato, con una punta di malinconia. Sulla piazzaha sempre un aspetto eccezionale, soprattutto se poggia su un piedestallo basso, in modo chesembri confondersi con la folla dei passanti, coinvolta nel ritmo della vita cittadina di tutti igiorni. Nel museo assume un aspetto ancora differente: ci colpisce per quel che ha di irreale.

È già stato osservato più di una volta l'aspetto curioso che riescono ad acquistare letti, armadi,specchiere, divani, tavoli, quando ce li troviamo improvvisamente dinnanzi sulla strada, in unoscenario nel quale non siamo abituati a vederli: come accade in occasione di un trasloco,oppure in certi quartieri dove mercanti e rivenditori espongono fuori dalla porta, sulmarciapiede, i pezzi principali della loro mercanzia. Tutti questi mobili ci appaiono sotto unaluce nuova, raccolti in una strana solitudine: una profonda intimità nasce tra loro, e si direbbeche un misterioso senso di felicità serpeggi in questo spazio ristretto da loro occupato sulmarciapiede, nel bel mezzo della vita animata della città e del continuo andirivieni della gente;un'immensa e strana felicità si sprigiona in quest'isola benedetta e misteriosa contro cui siscatenerebbero invano i flutti strepitosi dell'oceano in tempesta.

I mobili sottratti all'atmosfera che regna nelle nostre case ed esposti all'aperto suscitano in noiun'emozione che ci fa vedere anche la strada sotto una luce nuova. Una profonda impressioneci possono suscitare anche dei mobili disposti in un paesaggio deserto. Immaginiamoci unapoltrona, un divano, delle seggiole, radunate in una piana della Grecia, deserta e ricoperta dirovine, oppure nelle prateria anonime della lontana America. Per contrasto anche l'ambientenaturale tutt'intorno assume un aspetto prima sconosciuto. »

(Giorgio de Chirico,Statues, meubles etgénéraux, 1927)

La migliore produzione pittorica di de Chirico è avvenuta tra il 1909 e il 1919, nel periodo della invenzione della pitturametafisica: i quadri di questo periodo sono memorabili per le pose e per gli atteggiamenti evocati dalle nitideimmagini. All'inizio di questo periodo, i suoi soggetti erano ispirati dalla luce del giorno luminosa delle cittàmediterranee, ma ha rivolto gradualmente la sua attenzione agli studi su architetture classiche.

Mentre era ricoverato all'ospedale militare di Ferrara nel 1917, de Chirico conobbe il pittore futurista Carlo Carrà, concui iniziò il percorso che lo portò a perfezionare i canoni della pittura metafisica: a partire dal 1920 tali teorizzazionifurono divulgate dalle pagine della rivista "Pittura metafisica". Le opere realizzate dal 1915 al 1925 sono caratterizzatedalla ricorrenza di architetture essenziali, proposte in prospettive non realistiche, immerse in un clima magico emisterioso, e dall'assenza di figure umane. Questa pittura sarà ispiratrice di architetture reali realizzate nelle Città difondazione di epoca fascista, dove il Razionalismo Italiano, accanto a strutture razionaliste lavorerà anche su forme,spazi e particolari architettonici metafisici.(Portolago, Sabaudia ect.). Nei vari Interni metafisici dipinti in quegli annioggetti totalmente incongrui rispetto al contesto (ad esempio una barca a remi in un salotto) vengono rappresentaticon una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo. Compare

in questo periodo anche il tema archeologico, un omaggio alla classicità reinventata però in modo inquietante: ne sononoti esempi Ettore e Andromaca (1917) e Ville romane. La figura del manichino, simbolo dell'uomo-automacontemporaneo (Il grande metafisico, 1917), gli fu invece ispirata dall'"uomo senza volto", personaggio di un drammadel fratello Alberto Savinio, pittore e scrittore.

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In seguito, de Chirico collaborò alla rivista Valori plastici, che teorizzava una rivisitazione completa dell'arte italiana, epartecipò all'esposizione di Berlino del 1921. Ebbe un periodo di contatto con il surrealismo, con cui espose a Parigi nel1925: le sue opere successive si segnalano per il virtuosismo tecnico e rappresentano un tributo e un ringraziamentoal periodo barocco.

Nel 1949-1950, de Chirico aderì al progetto della importante collezione Verzocchi (attualmente conservata presso laPinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera "Forgia di Vulcano".

De Chirico fu anche incisore e scenografo. La datazione e l'attribuzione di alcuni suoi dipinti è assai ardua, perchél'artista stesso produsse nel secondo dopoguerra repliche dei suoi capolavori del periodo metafisico.

De Chirico scrittore [modifica]

Giorgio de Chirico fu anche autore di scritti teorici, memorie autobiografiche, raccontini e di una vera e propria operaletteraria di una certa importanza: L'Hebdomeros (Ebdomero). Uscita nel 1929, anni in cui il classicismo è nell'aria,imposto dal "Ritorno all'ordine" dell'epoca fascista, caldeggiato anche da riviste come "La Ronda" e "Valori Plastici" (DeChirico concluderà la sua opera con la formula "Pittore classicus sum") è un libro che si presenta come romanzo ma inrealtà è un tipo di narrazione indefinibile: senza una storia riconoscibile né una trama, come una sorta di ininterrottascenografia teatrale. È un misto volutamente nebuloso, senza nessuna coordinata spazio-temporale in cui siaffastellano figure senza ruolo determinato come gladiatori, generali, centauri, pastori... in un insieme di sogni, ricordipoco fedeli, suggestioni ipnagogiche, miti e riminiscenze che sono nient'altro che echi della sua pittura. Anche i luoghi

sono quelli metafisici dei suoi quadri, che si spostano naturalmente nella loro innaturalezza (come in un sogno).

Ma cosa manca a De Chirico per essere un vero e proprio surrealista? Manca il gioco disinteressato: l'autore è troppoimpegnato a costruire il suo alter-ego, capace di portare con sé il suo metodo. Se Tommaso Landolfi, surrealista suocontemporaneo scriveva che il surrealista dovesse scagliare la pietra senza ritirare la mano, ma mostrandola intentaad altro, De Chirico è troppo intento a mostrare la sua di "Pictor Optimus".

Le muse inquietanti. 

Anche qui i colori sono caldi ma fermi e privi di vibrazioni atmosferiche, la luce è bassa, le ombre lunghe e definitenettamente; la prospettiva accentuata dalle linee convergenti in profondità, su una specie di palco ligneo rialzato, creaun vasto spazio allucinante, mentre sullo sfondo il castello estense ci richiama al grande passato della città, mentre leciminiere, al suo presente. Ma la città è deserta, le ciminiere non fumano, tutto è statico e sospeso. In questo luogo

sognato, solo apparentemente reale, dove tutto è immobilizzato, non possono abitare uomini, esseri viventi ma solomanichini, che hanno solamente l’aspetto dell’uomo, non l’essenza.

Il questo quadro i manichini hanno corpi in foggia di statue classiche, dalle pieghe ricadenti parallelamente, in quellodi sinistra simili alle scanalature di una colonna dorica, come in una scultura greca arcaica.

Il richiamo alla Grecia giustifica il titolo: le muse sono inquietanti perchè inserite in un contesto urbano tantoposteriore, inquietanti come lo sono certi sogni, certi incubi, dove tutto sembra reale ma non lo è perchè è dato dalnostro inconscio.

I motivi tratti dalla realtà quotidiana sono riuniti senza un motivo giustificabile sul piano razionale.

E’ questa la forza di De Chirico.

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Ritratto di Apollinare, 1914.

Per comprendere il quadro dobbiamo prima di tutto capire chi è G.Apollinare. Importante intellettuale e poeta, fu lo scopritore dei maggiori pittori di arte moderna, da Picasso a Derain,da Larionov a

Braque, da De Chirico a Vlaminck ..........Dagli scritti dello stesso Giorgio De Chirico sappiamo che'.....Apollinare era solito pontificare seduto sul suo tavolo di lavoro attorniato da individui taciturni e pensosi, chefumavano pipe di gesso simili a quelle che erano usate nei baracconi di tiro a segno....'. E' proprio questo ricordo chelo spinge a dipingere, su un un profondo verde veronese, la sagoma del poeta a forma di bersaglio con il craniocircondato da un circolo.La disposizione dei piani, della colonna centrale e dello scorcio di colonnato creano una sorta di oscura cameraprospettica, il cui buio è come se fosse illuminato dal bagliore di un flash fotografico, che proietta l'ombra del tristeprofilo di Apollinare contro il verde cielo veronese. L'ombra è l'ossessione di tutte le opere del primo periodometafisico, in quanto segue l'uomo per tutta l'esistenza e ne rappresenta il lato oscuro: è quindi il simbolo dell'enigmametafisico.In primo piano è posto il busto di una divinità greca raffigurante Orfeo, il veggente musico e poeta, al quale sono statitolti parte dei capelli per conferigli un'aria virile.Occorre ricordare la vicenda di questo personaggio. Si dice che al suo canto gli uccelli gli volteggiassero sulla testa e ipesci guizzassero dal mare per farglisi incontro e la tradizione vuole che Orfeo tramutò due pesci in musici. Ecco unprimo spiraglio per la comprensione del quadro: il pesce è chiaramente associato a questo aspetto della personalità diOrfeo, mentre la conchiglia deriva miticamente dalla lira, famoso strumento musicale.Gli artisti antichi lo avevano rappresentato tra gli argonauti, personaggi mitici che volevano penetrare nell' al di là.Anche questo è un elemento molto importante, poichè De Chirico ed il fratello Savinio, simili ad argonauti,considerarono la loro vita come viaggio infinito alla ricerca della soluzione degli enigmi.Inoltre il nome Orfeo, di origine egizia e fenicia, è composto da aur ( luce ) e rophae ( salute, guarigione ). Orfeo ècolui che porta agli uomini luce e verità.Gli occhiali neri stanno a rappresentare la qualità accecante della luce poetica, elemento da mettere in relazione allaprofessione di Apollinare.Gli occhiali sono anche un attributo del veggente. Ecco quindi apparire il valore della visione e del sogno che insieme aquello della memoria sono gli elementi base della filosofia dechirichiana.Il circolo in corrispondenza alla testa del poeta vuole rappresentare il nucleo della mente, parte molto sviluppata inApollinare. Il fatto che alcuni anni dopo sia morto per una scheggia che lo colpì proprio in corrispondenza di quelcircolo, ha indotto molti a considerare questo quadro come un ritratto premonitore.(e G.d.C. come un 'gufo' ).Ritorniamo ora al tema del pesce. Nel quadro è posizionato insieme ad una conchiglia dentro ad una colonna moltostretta che attraversa diagonalmente il piano; la sensazione che ri riceve è di un ambiente quasi claustrofobico e

straniante, che permette di vedere il pesce in un ottica diversa da quella abituale.In molte religioni il pescerappresenta la sacralità;se questo lo mettiamo in relazione col poeta Orfeo ne deriva che la poesia è vista comesacra.Inoltre vale l' equazione pesce=Cristo; quindi il pesce è il simbolo di un nuova via segnata dall'arte e dallapoesia.

De Chirico e le piazze senza tempo

di Proserpina, alle 09:45

Piazze d’Italia. Dove si decide la vita della città, incrocio di politica e società, dove si aggregano i pensieriper poi – immagine metafisica percepibile a pochi – riversarsi sulla gente e sullo spazio circostante.

Piazza come il foro romano, come l’agorà ateniese, come le piazze (profondamente legate agliesempi greco-romani) di Giorgio De Chirico, personaggio del nostro tempo capace di

rappresentare la realtà in una visione nuova, deformata dall’animo e posta in un ambiente illogico, di cui continua amostrarne i tratti.

Un’andata e ritorno della realtà, dal fisico al metafisico, e dal metafisico ancora al fisico.

Le opere metafisiche di De Chirico, personaggio inquietante ed enigmatico, contraddittorio ed incomprensibile, sonocaratterizzate da un diversificato ventaglio di soggetti e tematiche, tutte legate alla sua formazione culturale (la Grecia

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e il mito, la filosofia e la letteratura) e dall’enorme capacità percettiva dell’artista, che riesce a guardare dentro larealtà, e distorcere la fisicità in una nuova dimensione. Dai manichini alle piazze, dai cavalli alle nature morte, dairitratti ai paesaggi, in ogni passaggio della sua carriera artistica, De Chirico è sempre un metafisico in modo naturale,e così come affermava qualche anno fa in un’intervista rilasciata ad “Arte” la sua seconda moglie Isabella Far, DeChirico:

 “La metafisica l’ha sentita, sognata, vista, in un sogno allo stato di veglia. E non la rinnegò mai, anche se dipinse

nature morte e paesaggi veneziani.” 

Come nasce un quadro metafisico? Come si può modificare la realtà eppur rappresentarla? L’artista stesso ce losuggerisce in un commento al suo primo quadro metafisico, (Enigma di un pomeriggio d’autunno del 1910)

 “…in un limpido pomeriggio autunnale ero seduto su una panca al centro di piazza Santa Croce a Firenze.Naturalmente non era la prima volta che vedevo quella piazza: ero uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinaleed ero quasi in uno stato di morbida sensibilità. Tutto il mondo che mi circondava, finanche il marmo degli edifici edelle fontane, mi sembrava convalescente. Al centro della piazza si erge una statua di Dante, vestita di una lungatunica, il quale tiene le sue opere strette al proprio corpo e il capo coronato d’alloro pensosamente reclinato… Il soleautunnale, caldo e forte, rischiarava la statua e la facciata della chiesa. Allora ebbi la strana impressione di guardarequelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente. Ora, ogni volta che

guardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il momento è un enigma per me, in quanto esso èinesplicabile. Mi piace anche chiamare enigma l’opera ad esso riservata”.

Ecco! Il momento in cui l’occhio della mente guarda e percepisce la rivelazione, il momento in cui l’immagine sisdoppia e il tempo degli orologi si ferma), un tempo che riprende a scorrere con i treni che passano (L’incertezza delpoeta, 1913, Canto d’Amore 1914), dietro muri, lontani, persi all’orizzonte, di cui abbiamo conoscenza come confiniesistenti ma irraggiungibili. Ma la piazza muta. Non è mai statica esistenza, ma è la vita che si muove, che costruisce(Nostalgia dell’infinito, 1913) e la Torre rossa, 1913), che perde gli accenni all’antichità e ne cerca di nuovi, tra leombre dei portici e il desiderio di luce.

E poi ad un tratto, quando la presenza umana si è rilegata a sagome abbozzate e piccoli segni, rifiuti che non sipossono rinnegare, né cancellare, arrivano i manichini, la nuova umanità, la filosofia, la saggezza, il pensiero. Allostesso tempo ispirati ma dissimili da quelle figure che le piazze avevano ospitato fin’ora. Eccoli i nostri nuoviprotagonisti, la rinascita di una vita fissa in una figura immobile, eppure più viva. Della serie dei manichini il quadro

più famoso è certamente Le Muse inquietanti (1918) ispirato al soggiorno ferrarese dell’artista, che già qualche annoprima aveva avuto cura di rappresentare la vita cittadina attraverso “La rivolta del saggio “, includendo in uno stesso “scatto” gli oggetti della vita quotidiana fino a farne una perfetta natura morta.

Sono loro le nostre ispiratrici, la chiave che svela l’enigma, Le Muse inquietanti, silenziose e sole, senza possibilità dipubblico, semplicemente collocate in una memorabilia urbis circondata dalle moderne ciminiere fumanti, un castellosilenzioso e la città stessa che le avvolge e forse imprigiona. C’è qualcosa di irrazionale in questa piazza, suggerisce lamente attenta. L’irrazionalità di una realtà trasfigurata, di una città nuova eppur solita, sono io o sei tu?

C’è un segreto che ci è nascosto. C’è un messaggio che dovremmo capire, scorgere nei colori caldi e fermi, privi divibrazioni atmosferiche, in quella luce bassa opposta alle lunghe e definite ombre. Lo spazio, il nostro spazio, si è fattoallucinante. E’ un luogo sognato? Esiste ancora la vita? Il filtro della mente e l’intuizione del genio.

Le nostre piazze come quelle di De Chirico.

Piazze d’Italia popolate di manichini, siamo noi e sono loro, luoghi veri dalla logica impossibile, dove non c’è più iltempo, ma orologi fermi e treni che vanno, e che non arriveranno mai.

De chirico Giorgio De Chirico nasce il 10 luglio del 1888 a Volos, capitale della Tessaglia (Grecia).

Il padre era un ingegnere palermitano incaricato di costruire la rete ferroviaria locale e la madre era una nobildonnagenovese.

Assecondato dal padre nella sua predisposizione alla pittura a 12 anni si iscrive al Politecnico di Atene, dove frequentaper due anni la scuola di disegno e pittura e prende le prime lezioni di disegno dal pittore greco Mavrudis.

Proprio ad Atene De Chirico realizza il suo primo quadro dal titolo "Natura morta con limoni".

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Nel 1905 muore il padre e l'anno dopo la famiglia De Chirico si trasferisce in Germania dove Giorgio frequental'Accademia di Belle Arti, entra in contatto con la cultura tedesca, legge Schopenauer e Nietzsche, si appassiona alla

pittura antica e studia il pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin. Giorgio De Chiricol'enigma dell'oracolo 1910

Giorgio De Chirico La torre rossa 1913

Trasferitosi a Firenze, due anni dopo il ritorno in Italia, subisce l'influenza di Giotto e della pittura primitiva toscana,indirizzandosi verso una pittura ricca di impianti prospettici e di costruzioni a forma di arcate.

Nascono così i suoi primi quadri metafisici gli "Enigma" dove cerca di mettere su tela le sensazioni che vive, lamalinconia delle belle giornate d'autunno, i pomeriggi nelle città italiane.

Nell'estate del 1911 Giorgio De Chirico si trasferisce con la madre ed il fratello Alberto a Parigi dove a contatto con gliambienti dell'avanguardia artistica e culturale francese, inizia la sua carriera artistica.

Alla ricerca di un suo linguaggio, dipinge soggetti vari, con base comune la visione onirica. non lasciandosi peròinfluenzare dal cubismo, nè dalle correnti pittoriche d'avanguardia con le quali viene in contatto.

Le opere di Giorgio De Chirico vengono notate da Pablo Picasso e dal poeta Guillaume Apollinaire e grazie alla loroamicizia entra nella cerchia degli artisti ed intellettuali parigini.

Nelle sue opere il pittore supera la concezione estetica dell'arte figurativa, ricercando nuove forme espressive nonnecessariamente collegate alla congruità degli elementi rappresentati, assembla gli oggetti e li immerge in atmosferee visioni mentali improbabili.

In occasione di una mostra di trenta opere, Apollinaire recensisce le opere di De Chirico utilizzando per la prima voltail termine "metafisico".

Pubblico e critica sono d'accordo nell'elogiare le sue qualità creative, i quadri del giovane Giorgio De Chirico vengonofotografati e commentati da tutti i giornali dell'epoca.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, i due fratelli De Chirico rientrano in Italia, ma il pittore continua amantenere stretti rapporti con l'ambiente parigino ed entra in contatto con il movimento Dada.

Ritenuto inadatto per il fronte viene occupato in un lavoro in ospedale, cosa che gli permette di continuare a dipingere

ed a frequenta l'ambiente artistico di Ferrara dove conosce Filippo De Pisis e Carrà, ricoverato in un ospedale militare.

Giorgio De Chirico Nostalgia dell'infinito 1913

Nel 1916 , Giorgio De Chirico dipinge i suoi primi "Ettore e Andromaca" e "Le Muse inquietanti" , precisando i canonidella "Pittura Metafisica", teorizzata poi sulla rivista "Valori Plastici".

Nel 1918 De Chirico ottiene il trasferimento a Roma dove collabora a "Valori Plastici" ed espone nelle sale del giornale"Epoca" insieme a Prampolini, Carrà e Soffici.

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Nel 1919 presenta la sua prima mostra personale alla Galleria d'Arte di Anton Giulio Bragaglia, pubblica lo scritto "Noimetafisici", ma nelle sue opere comincia ad affiorare l'interesse per la pittura rinascimentale e barocca.

Le associazioni stranianti ed emblematiche che Giorgio De Chirico inventa, elaborando con straordinaria fantasia temidi misteriosa magia poetica, procurano all'artista un periodo ricco di esposizioni in tutta Europa ed in particolare inFrancia riscuotendo crescente successo.

 Giorgio De Chirico Ettore ed Andromaca 1916

Le visioni architettoniche, piazze d'Italia, statue solitarie, oggetti assurdamente avvicinati da inquietanti suggestioni, imanichini che riempiono gli spazi pittorici di De Chirico vengono apprezzati dai Dadaisti e dai Surrealisti, quale fontedelle loro ricerche e creazioni, ma anche dagli artisti tedeschi del "Realismo Magico", quelli del "Bauhaus" e della"Nuova Oggettività".

Fra il 1920 ed il 1924 vive tra Roma e Firenze, mentre nella sua pittura si fa sempre più sentire una originale eromantica interpretazione della classicità ed un interesse per la grande tecnica degli antichi maestri rinascimentali.

Giorgio De Chirico impara dal pittore russo Locoff la tecnica della tempera grassa verniciata e dipinge le serie delleVille romane, dei Figliol prodigo e degli Argonauti, partecipando a varie importanti esposizioni.

Tornato a Parigi nel 1925 è attaccato dai Surrealisti per la sua nuova pittura, nel 1928, tiene la una personale prima aNew York, e poi a Londra.

Giorgio De Chirico Piazza d'Italia

In questi anni, oltre alla pittura, De Chirico si dedica alla scrittura: pubblica il romanzo in francese "Hebdòmeros" nel1929 e, frequentando il mondo della moglie sposata qualche anno prima, l'attrice russa Raissa Gurievich Kroll, sioccupa di scenografie per spettacoli teatrali e balletti.Il Futurismo cercava un modo per rappresentare il movimento e la velocità, mentre De Chirico e la Metafisicavolevano dipingere una dimensione dove ogni cosa apparisse assolutamente immobile e quasi senza tempo. Iprincipali esponenti della Pittura Metafisica con De Chirico, sono gli italiani Carrà, Morandi, Casorati, Sironi, Martini,Marini e Tosi. Negli anni '30 Giorgio de Chirico continua a produrre nuove opere, ampliando i temi della sua arte:dipinge quadri il cui temi vanno dall'Archeologia, ai cavalli, ai Gladiatori e vengono esposti nelle più importantigallerie d'arte sia in Europa che in America. Mentre il suo matrimonio è in crisi incontra Isabella Far, che diventerànel 1952 la sua seconda moglie, gli starà vicino fino alla morte e diventerà curatrice delle opere del maestro ecustode della sua memoria.

Giorgio De Chirico I Gladiatori 1931

Anche se la migliore produzione di De Chirico è da ricercare nel periodo che va dal 1909 al 1919, il periodostrettamente metafisico, anche gli anni della maturità artistica del pittore sono ricchi di lavori sui temi che gli sonocari.Dopo la seconda Guerra Mondiale, il pittore collabora con il Teatro Comunale di Firenze, l'Opera di Roma e il Teatro

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alla Scala di Milano, si occupa di grafica dedicandosi all'illustrazione e disegna le scene per il balletto Don Giovanni di Strauss.

Giorgio De Chirico Tour Litografia

Fra il '46 ed il '47 Scoppia uno scandalo: De Chirico dichiara falsi i dipinti degli anni '20 e '30 facenti parte dellaretrospettiva organizzata preso la galleria Allard di Parigi, contesta la Biennale di Venezia e vengono scopertimoltissimi quadri falsi con la sua firma.

Negli anni '50 e '60 il pittore dipinge, in costante opposizione con le tendenze dell'arte contemporanea, nature morte,

paesaggi, ritratti ed interni. Si interessa nuovamente di scenografia e comincia a dedicarsi alla pratica della sculturain bronzo trattando temi mitologici. In seguito queste sculture verranno realizzate anche argentate e dorate e DeChirico le trasformerà in gioielli.Negli ultimi anni della sua vita il pittore si dedica alla litografia di opere importantiquali "I promessi sposi", l"Apocalisse" ed il suo romanzo "Hebdomeros", partecipa a grandi retrospettive in tutto ilmondo, persino in Giappone.Il 20 novembre 1978, dopo una lunga malattia, Giorgio De Chirico muore a Roma, nellasua casa a Piazza di Spagna. Le sue spoglie sono conservate nella Chiesa Monumentale di San Francesco a Ripa, aRoma.

Giorgio De Chirico Bronzo

METAFISICA

La Metafisica è l’altro grande contributo all’arte europea che provenne dall’Italia, nel periododelle avanguardie storiche. Per la sua palese figuratività, esente da qualsiasi innovazione del linguaggio pittorico, laMetafisica è da alcuni esclusa dal contesto vero e proprio delle avanguardie.Tuttavia, fornì importanti elementi per la nascita di quella che è considerata l’ultima tra le avanguardie: il Surrealismo.

Protagonista e inventore di questo stile fu Giorgio De Chirico. Iniziò a fare pittura metafisica già nel 1909, anno dinascita del Futurismo. Rispetto a quest’ultimo movimento, la Metafisica si colloca decisamente agli antipodi. NelFuturismo è tutto dinamismo e velocità, nella Metafisica predomina la stasi più immobile. Manca la velocità e tuttosembra congelarsi in un istante senza tempo, dove le cose e gli spazi si pietrificano per sempre.Il Futurismo vuol rendere l’arte un grido alto e possente, nella Metafisica predomina invece la dimensione del silenziopiù assoluto.Il Futurismo vuole totalmente rinnovare il linguaggio pittorico; la Metafisica si affida invece agli strumenti piùtradizionali della pittura: soprattutto la prospettiva.Si potrebbe pensare che la metafisica sia alla fine solo un movimento di retroguardia fermo a posizioni accademiche,invece riesce a trasmettere messaggi totalmente nuovi, la cui carica di suggestione è immediata e evidente.

Le atmosfere magiche e enigmatiche dei quadri di De Chirico colpiscono proprio per l’apparente semplicità di ciò chemostrano. Invece le sue immagini mostrano una realtà che solo apparentemente assomiglia a quella che noiconosciamo dalla nostra esperienza. Uno sguardo più attento ci mostra che la luce è irreale e colora gli oggetti e il cielodi tinte innaturali. La prospettiva, che sembrava costruire uno spazio geometricamente plausibile, è invece quasisempre volutamente deformata, così che lo spazio acquista un aspetto inedito. Le scene urbane, che sono protagonisteindiscusse di questi quadri, hanno un aspetto dilatato e vuoto. In esse predomina l’assenza di vita e il silenzio piùassoluto.Le rappresentazioni di De Chirico superano la realtà, ci mostrano una nuova dimensione del reale. Da ciò il termine

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«metafisica» usata per definirla. Le immagini di De Chirico sono il contesto ultimo a cui può pervenire la realtà creatadal nostro vivere. La Metafisica, come movimento dichiarato, sorse solo nel 1917, a Ferrara, dall’incontro tra DeChirico e Carlo Carrà. Quest’ultimo proveniva dalle file del Futurismo, ma se ne era progressivamente distaccato.L’incontro con De Chirico lo convinse al recupero della figura e all’esplorazione di quel mondo arcaico e fisso checaratterizza la pittura metafisica di De Chirico. Alla metafisica si convertì anche Giorgio Morandi, che nella purezza eseverità delle immagini metafische trovò la sua cifra stilistica più personale. Alla metafisica aderirono, seppure a tratti,altri pittori italiani, tra cui Alberto Savinio (all'anagrafe Andrea Francesco Alberto de Chirico, fratello di De Chirico),

Filippo De Pisis, Mario Sironi e Felice Casorati. Nel 1921 il gruppo della Metafisica era già sciolto, dato che la maggiorparte dei suoi protagonisti si erano aggregati intorno alla corrente di Valori Plastici. La pittura metafisica di fatto nonscomparve, restando una cifra di fondo, molto riconoscibile, di Giorgio De Chirico e di molti degli artisti che avevanocondiviso la sua esperienza.