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Devianza e criminalità
Prof. Stefano Nobile Corso di Sociologia generale
Il concetto di devianza
• La devianza è la non conformità a una norma o complesso di norme accettate da un numero significativo di individui all’interno di una collettività.
• Il deviante è chi non rispetta una norma di qualche tipo. • La maggior parte di noi, in certe occasioni, trasgredisce
norme di comportamento generalmente accettate. • Nessuna società può essere facilmente suddivisa tra
coloro che si attengono alle norme e coloro che non le rispettano.
• Quando la devianza non riguarda un singolo individuo, ma un gruppo sociale si parla di subcultura deviante.
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L’evoluzione del concetto di
devianza
• Prima che il concetto di devianza acquistasse cittadinanza all’interno delle scienze sociali, esistevano ovviamente altri concetti in luogo di esso, come ad esempio: – Peccato – Male – Immoralità
• Tanto il concetto di devianza quanto quello, ad esso collegato, di criminalità, vennero riportati entro l’alveo di una prospettiva razionale-legale, tipica della modernità.
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L’affermazione del concetto di
devianza
• Verso la fine del XVIII secolo tre elementi
fondamentali contribuirono a un
reinquadramento del concetto di devianza: – L’attribuzione al concetto di crimine di un ruolo
egemone nella categorizzazione delle forme
fondamentali di devianza, che rafforzò il potere legale
centralizzato dello Stato moderno (S. Cohen, 1997:
793)
– L’affermazione progressiva della società disciplinare
– Il perfezionamento dei sistemi di classificazione
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Devianza e criminalità
• Devianza e criminalità spesso coincidono, ma non sono sinonimi.
• Il concetto di devianza è più ampio, poiché la criminalità si riferisce a quei comportamenti che violano la legge.
• Devianza – Comportamento non conforme a una norma sociale – Sociologia della devianza
• Criminalità – Comportamento che viola la legge → reato – Criminologia
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Le teorie della devianza
Teorie biologiche La teoria della
disorganizzazione sociale
Le teorie funzionaliste
La teoria del controllo sociale
La teoria dell’etichettamento
La teoria dell’associazione
differenziale
La teoria delle finestre rotte
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Gli approcci teorici ed empirici
al problema della devianza
• Esistono diversi approcci allo studio della
devianza e della criminalità: – biologico;
– psicologico;
– sociologico.
• Più o meno fino agli anni ’60 sono invalse teorie
della devianza che sostanzialmente riducevano
il fenomeno: – A uno stato patologico
– A un fenomeno statistico
– A una condotta trasgressiva
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L’approccio bio-psicologico e
l’antropologia criminale
• L’approccio biologico rappresenta uno dei primi tentativi
di studio della devianza:
• Alcune caratteristiche innate degli individui sono viste
come cause del comportamento deviante e criminale.
• I principali esponenti furono: – Cesare Lombroso: i criminali sono individui biologicamente
degradati o minorati e possono essere identificati da certe
caratteristiche anatomiche (es. forma del cranio e della fronte);
– W.H. Sheldon: i tipi muscolosi e attivi (mesomorfi) sono più
aggressivi e quindi hanno maggiori probabilità di diventare
criminali rispetto ai tipi più magri (ectomorfi) o ai tipi più grassi
(endomorfi).
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I tipi fisici secondo Sheldon
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Gli studi sulla devianza: la
Scuola di Chicago
• Negli anni ’20 e ’30, gli studiosi della Scuola di
Chicago affrontarono il problema della devianza
facendo ricorso al metodo etnografico e usando
la città come laboratorio teorico.
• La spiegazione dei fenomeni devianti veniva
riportata: – Alla dimensione ecologica
– A quella della trasmissione culturale
intergenerazionale
– A quella della disorganizzazione sociale
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Le teorie funzionaliste
• Le teorie funzionaliste considerano la
devianza e la criminalità come il risultato di
tensioni strutturali e della carenza di
regolazione morale all’interno della
società.
• Fra i principali esponenti: – E. Durkheim e R.K. Merton: anomia e
devianza → teoria della tensione;
– A. Cohen e altri: spiegazioni delinquenziali
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La teoria dell’anomia e della
devianza di Durkheim
• Emile Durkheim nota che mentre le società tradizionali erano
tenute insieme da valori e norme condivise, nelle società
moderne l’importanza delle norme diminuisce – una
condizione definita anomia – e molti pensano di poter
semplicemente perseguire i propri interessi personali
• Durkheim riconosce che in qualunque società un certo tasso
di devianza è normale e salutare, poiché permette
l’innovazione e l’adattamento al cambiamento
• Un eccesso di individualismo, tuttavia, produce troppa
criminalità e devianza quando troppe persone pensano di
potersi comportare a piacimento, ignorando i gruppi e le loro
regole
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La teoria della tensione di
Merton
La teoria della tensione di R.K. Merton individua nella struttura della società stessa la fonte del comportamento criminale. Riprende il concetto di ‘anomia’ riferendolo alla tensione cui è sottoposto il comportamento individuale quando norme e realtà sociale entrano in conflitto. Nelle società industrializzate, esiste un conflitto fra:
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mete culturali mezzi istituzionalizzati
autodisciplina e
duro lavoro.
valori solitamente accettati
del successo materiale.
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La teoria della tensione di
Merton
Metodi di adattamento Mete
culturali
Mezzi
istituzionalizzati
Conformismo + +
Innovazione + –
Ritualismo – +
Rinuncia – –
Ribellione + / – + / –
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Merton individua cinque possibili reazioni alla tensione fra
mete culturali e mezzi istituzionalizzati:
La teoria del controllo sociale
• Tale teoria si basa sull’idea che le persone
generalmente si comportano in maniera
conforme alle norme, perché esistono dei
meccanismi di controllo sociale che interdicono
l’azione deviante.
• Tali meccanismi di controllo possono essere: – esterni (sorveglianza esercitata dagli altri)
– interni diretti (imbarazzo, vergogna che prova chi
trasgredisce)
– interni indiretti (legame a figure autorevoli di
riferimento)
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Le teorie interazioniste
• Le teorie interazioniste concepiscono la devianza come un fenomeno socialmente costruito. Esse si interrogano sul modo in cui i comportamenti vengono definiti devianti e sul perché certi gruppi e non altri sono etichettati come devianti.
• Fra i principali esponenti: – H. Becker: teoria dell’etichettamento – E.H. Sutherland: associazione differenziale;
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La teoria dell’etichettamento
(labelling theory)
• Con Becker e la matrice interazionista del problema della devianza, si arriva a inquadrare quest’ultima in una cornice teorica al centro della quale risiede l’occhio dello spettatore, con una conseguente variazione di status del soggetto deviante, che da acquisito diventa ascritto.
• La prospettiva di Becker e dell’interazionismo simbolico agisce sul concetto di devianza mettendone a nudo le ambiguità: – Relative alle regole per definirla (la malattia mentale) – Relative allo status già di per sé svalutato (vecchiaia, handicap,
minoranze)
• La devianza viene così a coincidere con lo stigma (identità negata: Goffman, 1963)
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La teoria dell’etichettamento
(labelling theory)
• La devianza è interpretata come un processo di interazione tra devianti e non devianti.
• Le etichette che definiscono le varie categorie di devianza esprimono la struttura di potere della società.
• Howard Becker: “il comportamento deviante è il comportamento così etichettato”. – Il comportamento deviante non è il fattore determinante
nella trasformazione di un individuo in ‘deviante’; piuttosto vi sono processi non collegati al comportamento stesso che esercitano una grande influenza sull’etichettamento (es. abbigliamento, modo di parlare, paese di origine).
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La teoria dell’etichettamento
(labelling theory)
L’etichettamento non condiziona solo il modo in cui si è visti dagli altri, ma anche la concezione di sé.
Edwin Lemert rovescia la relazione esistente tra controllo e devianza: non è la devianza a portare al controllo, bensì il
contrario. La devianza è un fatto comune e solitamente senza
conseguenze per gli individui.
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Devianza primaria Devianza secondaria
È l’atto iniziale di trasgressione. Solitamente rimane ‘marginale’ sul
piano dell’identità individuale.
Si ha quando l’individuo accetta l’etichetta che gli è stata imposta,
vedendo se stesso come ‘deviante’.
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La teoria dell’associazione
differenziale di Sutherland
• In una società che ospita molte subculture diverse, solo alcuni ambienti sociali tendono a incoraggiare la criminalità.
• Gli individui diventano criminali associandosi ad altri che sono portatori di norme criminali.
• Il comportamento criminale viene appreso soprattutto all’interno dei gruppi primari, in particolare il gruppo dei pari.
Devianza e criminalità 29 Prof. Stefano Nobile
La teoria delle finestre rotte
(Wilson & Kelling, 1982)
• Secondo questa teoria, laddove esistono segni di disordine e di violazione delle norme, come la presenza di finestre rotte, di spazzatura per le strade o di graffiti sui muri, gli individui possono desumerne una norma descrittiva, secondo cui è comune assumere comportamenti devianti in conflitto con le norme ingiuntive che richiedono l’adozione di condotte più urbane
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Società della disciplina e
società del rischio
• Secondo Michel Foucault nelle società tradizionali la regolazione sociale si basava sulle punizioni fisiche, come tortura ed esecuzioni. Il moderno regime correzionale, invece, dipendeva dal disciplinamento della mente e del corpo del criminale. In questo caso la regolazione sociale non riguardava solo le organizzazioni correzionali, ma tutte le istituzioni, dalla medicina all’educazione
• La società postmoderna presenta fenomeni contraddittori come la crescita della popolazione carceraria e l’introduzione di nuove forme di controllo (psichiatria, trattamento sanitario, braccialetto elettronico, etc.)
• Una delle dimensioni del controllo sociale più in rapida crescita all’interno della società dei consumi è la gestione del rischio (Beck)
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I reati dei colletti bianchi
• Con l’espressione reati dei colletti bianchi si definiscono i
reati compiuti da persone rispettabili e di elevata
condizione sociale nel contesto della propria
occupazione.
• I reati aziendali sono quelli commessi dalle imprese e
sono capillari e diffusi. Esistono sei tipi di questi reati: – amministrativi (irregolarità o non conformità di documenti);
– ambientali (inquinamento, assenza di autorizzazioni);
– finanziari (evasione fiscale, falsificazione di bilancio);
– occupazionali (condizioni di lavoro o assunzioni irregolari);
– produttivi (pericolosità dei prodotti, etichettatura mendace);
– commerciali (pubblicità ingannevole)
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Delitti denunciati dalle forze di polizia
all'autorità giudiziaria (anno 2017)
rapine
ricettazione
delitti informatici
incendi
estorsioni
violenze sessuali
omicidi colposi
sequestri di persona
omicidi volontari consumati
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Omicidi volontari denunciati dalle Forze di
polizia all’Autorità giudiziaria - Anni 1955-2014
(tassi per 100.000 abitanti)
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Suicidi denunciati alla Polizia di Stato e all'Arma dei
carabinieri per regione - Anno 2010
0
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200
300
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500
600
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eto
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Omicidi della criminalità
organizzata, 1984-2006
Devianza e criminalità 40 Prof. Stefano Nobile
Omicidi volontari per aree
territoriali, 1984-2006
Devianza e criminalità 41 Prof. Stefano Nobile
Omicidi: il confronto con altri paesi
latini
Devianza e criminalità 42 Prof. Stefano Nobile
Omicidi intenzionali nel
mondo. Anno 2015
Prof. Stefano Nobile Devianza e criminalità 43
Tasso di omicidi per ogni 100.000 abitanti
Furti, 1968-2006
Devianza e criminalità 44 Prof. Stefano Nobile
Condannati per furto in Italia (confronto per
singoli anni di tre diversi decenni)
Devianza e criminalità 45 Prof. Stefano Nobile
Rapine, 1968-2006
Devianza e criminalità 46 Prof. Stefano Nobile
Stima delle morti globali legate ad
atti di violenza, 2000 (fonte: OMS)
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10
12
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Tasso ogni 100.000 persone
Omicidio
Suicidio
Guerra
La pena di morte nel mondo
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Tassi di detenzione negli Stati Uniti per
grandi gruppi etnici (uomini di età 18-65)
Prof. Stefano Nobile Devianza e criminalità 52
Per approfondire
Barbagli, M. (1995). L'occasione e l'uomo ladro. Bologna: Il Mulino.
Beato, F. (A cura di). (2004). La calma insicurezza. La percezione del rischio di criminalità a Roma. Napoli:
Liguori.
Bonolis, M., Laurano, P., & Sonzogni, B. (2015). Le "ragioni" del crimine. Devianza e razionalità soggettiva.
Roma: Carocci.
Cohen, A. K. (1955). Ragazzi delinquenti. Milano: Feltrinelli.
Cohen, A. K. (1966). Controllo sociale e comportamento deviante. Bologna: Il Mulino.
Dal Lago, A. (2000). La produzione della devianza: teoria sociale e meccanismi di controllo. Verona: Ombre
Corte.
Durkheim, E. (1897). Il suicidio. Torino: Utet.
Fabiano, M. A. (2010). L'immagine dell'altro. Le origini della sociologia criminale in Italia. Milano: LED.
Ferrara, A., & Bruno, F. (2006). Borderlife. Storie celebri di follia, devianze e tragici destini. Milano: Baldini
Castoldi Dalai.
Foucault, M. (1975). Sorvegliare e punire. Nascita della prigione. Torino: Einaudi.
Gennaro, G. (1979). I diversi. Teorie sociologiche della devianza. Roma: Officine.
Gennaro, G. (1991). Manuale di sociologia della devianza. Milano: Franco Angeli.
Goffman, E. (1963). Stigma. L'identità negata. Giuffrè: Milano.
Matza, D. (1969). Come si diventa devianti. Bologna: Il Mulino.
Merton, R. K. (1957). Teoria e struttura sociale. Bologna: Il Mulino.
Nobile, S. (2003). Insicurezza, cultura e reti sociali. In F. Beato (A cura di), La calma insicurezza. La percezione
sociale del rischio di criminalità a Roma (p. 149-186). Napoli: Liguori.
Travaini, G. V. (2002). Paura e criminalità. Dalla conoscenza all'intervento. Milano: Franco Angeli.
Prof. Stefano Nobile Devianza e criminalità 53