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Page 1: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

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ABSTRACT

Il presente elaborato si propone di indagare sugli argomenti del cambiamento

organizzativo e delle competenze. Questi temi, alla luce della spinta dei mercati

verso il cambiamento continuo negli ambienti organizzativi, si dimostrano

profondamente correlati. In un mercato caratterizzato dalla discontinuità e da forte

competitività, diventano fondamentali quelle competenze trasversali che facilitano

i cambiamenti di ruolo, di mansione, se non di azienda. La meta cui tendere è in

questo caso l’alleostasi, ovvero il mantenimento della stabilità attraverso il

cambiamento, per il raggiungimento della quale sono fondamentali tutte quelle

competenze che permettano una ricostituzione resiliente della rottura che ogni

cambiamento provoca nello status quo delle persone. Diventa importante per

rimanere aderenti allo sviluppo dei mercati tarare ogni cambiamento

organizzativo secondo una logica di sviluppo di competenze, per raggiungere

quella competenza organizzativa che è chiave del successo per l’organizzazione

moderna. Nella prima parte di questo elaborato sarà riportata una rassegna

bibliografica riguardante i due temi, ed un approfondimento sui modelli presenti

in letteratura che meglio li collegano. Nella seconda parte sarà riportata invece

una ricerca qualitativa condotta su un caso di cambiamento organizzativo in

un’Agenzia per il Lavoro italiana tramite lo strumento dell’intervista semi-

strutturata. Questa si pone come obiettivi di analizzare se e come il caso di studio

abbia affrontato le sfide per il cambiamento concettualizzate nel modello di Kotter

(1995) approfondito nella prima parte e quali competenze trasversali siano viste

dal campione intervistato come facilitanti per una ricostituzione resiliente.

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INDICE

INTRODUZIONE

PARTE PRIMA

1. CAMBIAMENTO

1.1. Premessa

1.2. Il cambiamento organizzativo nella psicologia delle organizzazioni

1.3. Modelli di cambiamento organizzativo

1.4. Resistenze al cambiamento organizzativo

2. COMPETENZE

2.1. Premessa

2.2. Le competenze: tentativi di definizione

2.3. Competenze per l’organizzazione moderna

2.4. Trasversalità e trasferibilità delle competenze

2.5. La gestione delle risorse umane secondo la logica dello sviluppo di

competenze

2.6. La valutazione delle competenze

3. COMPETENZE PER IL CAMBIAMENTO

3.1. Premessa

3.2. Un iceberg che si scioglie

3.3. Compiere il cambiamento

3.4. Quali competenze per il cambiamento?

3.5. Un tentativo di sintesi

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PARTE SECONDA

4. ANALISI DEL CASO DI UNA APL ITALIANA

4.1. Obiettivi

4.2. Contesto e soggetti

4.3. Strumento e procedura

4.4. Analisi dei dati

4.5. Risultati

4.6. Discussione

4.7. Implicazioni operative e di ricerca

ALLEGATI

A. Dizionario Soft Skills 6x6

B. Traccia dell’intervista

C. Interviste sbobinate

D. Gerarchizzazione Soft Skills

E. Categorizzazione del materiale delle interviste

BIBLIOGRAFIA

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p. 60

p. 63

p. 67

p. 74

p. 77

p. 111

p. 118

p. 121

p. 122

p. 128

p. 132

p. 158

p. 164

p. 182

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INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni il panorama organizzativo mondiale ha conosciuto

un’evoluzione importante, in cui le organizzazioni si sono trasformate, citando

una metafora di Butera (2012), da orologi a organismi, da castelli a reti.

Molto è cambiato nelle strutture, nei sistemi di coordinamento, in quelli di

controllo, nell’organizzazione del lavoro e delle risorse, nei ruoli e nella cultura di

aziende e pubbliche amministrazioni. Il contesto attuale è caratterizzato dalla

continua ricerca d’innovazione e di garanzie di successo organizzativo, ricerca che

ha contraddistinto il superamento dei vecchi modelli organizzativi. Nonostante

ciò, come sottolinea l’autore, i vecchi modelli taylor - fordisti sono stati

caratterizzati da una tale pervasività e potenza nei modi di produzione e consumo,

che il cambiarli e l’aggiornarli assecondando le spinte che l’ambiente e i mercati

impongono è un compito assai arduo.

Questa difficoltà non può comunque diventare scusante per l’immobilismo, in

quanto le sfide della terziarizzazione dell’economia, dei mercati sottoposti a

pressioni concorrenziali estreme, dell’instabilità delle situazioni e dei contesti di

lavoro, dell’evoluzione demografica, pongono come necessario un cambiamento

tanto strutturale quanto culturale della gestione delle organizzazioni.

Il modello taylorista delle procedure, delle prescrizioni e dei protocolli è inadatto

a rispondere a tali sfide, ed esse non possono sostituirsi alle capacità di

comprensione e d’interpretazione della situazione. Secondo Le Boterf (2008),

infatti, “non si può eliminare l’imprevisto rafforzando fino all’estremo i controlli

o affidandosi ad una tecnologia sofisticata” (ivi, p. 24). Nonostante egli ammetta

che la produttività non possa in alcun caso essere trascurata, queste nuove sfide

presuppongono un approccio diverso da parte dell’attore organizzativo, che deve

diventare un professionista sulle cui competenze si possa fare affidamento nei

momenti di rischio e incertezza. Saranno quindi sempre più richiesti da parte

dell’organizzazione la responsabilizzazione, l’investimento personale e

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l’iniziativa locale. Il sistema di competenze diventa quindi leva centrale per il

cambiamento all’interno delle organizzazioni. Citando Le Boterf: “l’impresa del

terzo millennio può funzionare e svilupparsi soltanto se può fare affidamento sulla

competenza dei professionisti” (ivi, p. 26).

Questo scritto propone un’indagine riguardante questi temi, partendo da un’analisi

dello stato dell’arte della letteratura organizzativa.

Nei primi due capitoli verrà proposta una rassegna bibliografica riguardante i temi

del cambiamento organizzativo e delle competenze, cercando di sottolineare nel

primo i diversi modelli teorici che ne hanno caratterizzato lo studio negli ultimi

decenni e i conseguenti risvolti applicativi; tentando di dare nel secondo una

chiarificazione del concetto di competenza che sia aderente al contesto

organizzativo attuale e fornendo una panoramica degli strumenti che la letteratura

propone per un suo utilizzo proficuo.

Nel terzo capitolo si cercherà di collegare le due tematiche proponendo una

rassegna bibliografica che indaghi sull’interrogativo di quali siano le competenze

trasversali che permettano di giungere ad un compimento reale dei processi di

cambiamento organizzativo, trovando nel modello di cambiamento di Kotter

(1996) un background teorico forte nel ricordare come il riconoscimento, la

valutazione, la gestione e lo sviluppo delle competenze degli attori organizzativi

siano un momento fondamentale di promozione e di messa in pratica del

cambiamento organizzativo. Si è inoltre riconosciuto nel costrutto di competenze

di resilienza un ruolo chiave nello svolgere da moderatrici delle resistenze al

cambiamento, indicate in letteratura come gli ostacoli più grandi al compimento

del cambiamento organizzativo (Quaglino, 2007).

Nel quarto ed ultimo capitolo sarà presentata l’indagine su un caso di una Agenzia

per il Lavoro italiana che ha recentemente messo in atto un importante processo di

cambiamento organizzativo, indagine svolta tramite l’impiego del metodo

qualitativo dell’intervista semi-strutturata. Obiettivi dell’indagine saranno in

questo caso capire quali fasi del modello di Kotter (1996) si sono affrontate nel

caso in esame, e, soprattutto, come sono state affrontate, e quali sono state le

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competenze riconosciute come più importanti per compiere un cambiamento in

maniera resiliente.

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PARTE PRIMA

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1. CAMBIAMENTO

1.1 Premessa

“Il cambiamento, con tutti i rischi che comporta, è la legge dell'esistenza”

(Kennedy, in Biagi, 1971).

Biagi in questa citazione mette in risalto due aspetti fondamentali che riguardano

il cambiamento: la sua necessità e al contempo la sua rischiosità. La prima

rimanda alle numerose spinte che ambiente, individui e organizzazioni,

interagendo, esercitano continuamente gli uni sugli altri; la seconda invece

riguarda l’incertezza degli esiti del cambiamento in rapporto agli sforzi intrapresi

per attuarlo. Incertezza derivante dalle molteplici variabili in gioco in un processo

di cambiamento, riguardi esso dimensioni individuali, di gruppo o organizzative.

Il concetto di cambiamento organizzativo è da tempo oggetto di studi approfonditi

da parte di gran parte delle discipline che si occupano di tematiche economiche,

organizzative e del lavoro. Nonostante esso andrebbe “considerato come evento

corrente, come naturale connotazione della dinamica evolutiva di sistemi

complessi come le organizzazioni” (Tanucci in Argentero, Cortese, Piccardo,

2010, p. 321), diventa argomento di attualità ogniqualvolta per affrontare

congiunture economiche avverse come quelle attuali, le organizzazioni sono

costrette a ripensare a se stesse e a mutare.

Sono molteplici le forze che spingono le organizzazioni a modificare le proprie

azioni, le proprie strutture e i propri obiettivi in funzione di una maggiore o

rinnovata efficacia. Spinte esterne all’organizzazione, di tipo socioeconomico,

culturale e valoriale che investono tematiche come l’innovazione tecnologica, il

mutamento delle caratteristiche dei mercati e della forza lavoro (Daft, Noe, 2001),

ma anche interne ad essa, che riguardano la gestione delle risorse umane e il

comportamento manageriale, e individuali, che riguardano soprattutto la gestione

dei ruoli, delle transizioni (Fraccaroli, 1998).

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La molteplicità, il valore, e la forza di queste spinte rendono il cambiamento

evento necessario nella vita delle organizzazioni, e la sua gestione diventa “la

carta vincente di ogni organizzazione che intende sopravvivere al mercato e

resistere alla concorrenza” (Piccardo e Colombo, 2007, p. VII). “Cambiare,

governare i mutamenti, e sapersi adattare sono le parole chiave di ogni

organizzazione che intende essere al passo con i tempi” (ibidem).

Il motivo dell’ importanza della gestione del cambiamento va ricercata nelle

difficoltà che si incontrano nel tentativo di prevederne gli esiti, che possono essere

anche pesantemente compromettenti per il funzionamento organizzativo. Per

questo si è andata diffondendo sia nella teoria che nella pratica del management la

consapevolezza che una sfida di tale portata necessiti lo sviluppo di specifiche

competenze, conoscenze e capacità da parte dei suoi attori principali, sviluppo che

deve portare ad una sintesi congruente le diverse istanze tecnico-razionali e

psicologico - sociali (Rebora e Minelli, 2007) che entrano in gioco in un processo

di cambiamento.

1.2 Il cambiamento nella psicologia delle organizzazioni

Molti autori hanno cercato di dare una definizione di cambiamento organizzativo,

i loro sforzi se da un lato hanno permesso di coglierne le sfumature nella vastità

del termine, dall’altro hanno lasciato molti margini di ambiguità al concetto.

Sembra riproporsi anche in quest’ambito il problema della coperta troppo corta.

Per quanto si cerchi di abbracciare il fenomeno in tutti i suoi aspetti, la sua

complessità lo rende difficile da definire nella sua interezza.

Quaglino (1990, p. 323), seppure in una accezione che lo descrive come atto

deliberativo e finalizzato, e che quindi tralascia la “natura e le caratteristiche

dinamiche dei sistemi organizzativi e del loro divenire” (Piccardo e Colombo,

2007, p. 11), parla del cambiamento organizzativo “come quell’insieme di azioni

pensate e orientate dichiaratamente e deliberatamente verso un obiettivo di

mutamento dell’organizzazione”.

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In questa accezione il cambiamento organizzativo diventa intervento necessario

all’organizzazione in un momento in cui il suo funzionamento diventa critico, e

quindi c’è l’urgenza di risolvere una situazione-problema attraverso l’introduzione

di un’innovazione. Si configura in un “passaggio di stato”, ovvero una transizione

da uno stato A, che “rappresenta l’insorgenza di una situazione o di un problema

che interferisce con la stabilità dell’organizzazione oppure impedisce il

mantenimento o il miglioramento di un livello di prestazione” (ibidem) , ad uno

stato B che rappresenta l’esito desiderato del cambiamento, in una certa unità di

tempo. La situazione-problema può scaturire da fatti e aspetti che si riferiscono sia

agli elementi tecnici, sia a quelli sociali che compongono l’organizzazione

(Quaglino, 2007). Nella sua definizione Quaglino (1990) pone le basi per una più

chiara definizione del contenuto del cambiamento e del processo di cambiamento.

Il contenuto andrebbe individuato nella differenza tra lo stato B sperato e lo stato

A attuale; il processo invece in ciò che viene agito per passare dallo stato A

attuale allo stato B sperato.

Tichy (1983) si sofferma invece sulle forme che può assumere il cambiamento

organizzativo: ad una forma “strategica, di carattere essenzialmente discontinuo,

orientata e diretta a conseguire una trasformazione profonda dell’organizzazione”

(Piccardo e Colombo, 2007, p. 15), che rimanda quindi alla definizione di

cambiamento come azione deliberata da parte dell’organizzazione, egli

contrappone una forma “evolutiva, risultato di eventi in larga misura al di fuori

del controllo degli attori organizzativi” (ibidem), cogliendone quindi anche la

natura dinamica. Fraccaroli (1998, p. 14) pone ancora di più l’accento su questo

aspetto, parlando di “processi dinamici ed evolutivi delle culture, delle strutture,

delle strategie e dei gruppi di potere nelle organizzazioni”. March (1981) nel suo

modello dell’incertezza, sottolinea come proprio questi processi evolutivi siano i

più difficili da riconoscere e gestire, in quanto non sono né determinabili, né

razionalizzabili, ma guidati sostanzialmente dal caso.

Rice (1963) sposta il focus sugli aspetti individuali del cambiamento

descrivendolo come “mutamento dei ruoli e delle relazioni proprie dei ruoli e

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quindi delle mansioni e dei rapporti personali di coloro che li esplicano” (ivi,

p.14). Dalla sua definizione emerge l’importanza dell’aspetto umano e sociale che

già Lawrence (1954) e in tempi più recenti Rebora (2007) hanno contrapposto

all’aspetto tecnico del cambiamento. Mentre quest’ultimo si riferirebbe ad una

modificazione nei processi lavorativi, il primo si riferisce al “modo in cui le

persone, che sono direttamente coinvolte nello stesso processo di cambiamento,

pensano che esso modificherà le loro radicate relazioni nell’organizzazione”

(ibidem).

Come si può notare, il concetto di cambiamento con le numerose sfaccettature, è

andato evolvendosi su specifici focus a seconda del livello d’analisi adottato dai

diversi autori, pur mantenendo come punto di contatto lo stretto rapporto di

interdipendenza tra ambiente esterno, organizzazione e individui che ne fanno

parte. Rapporto che suggerisce l’utilità di utilizzo di un approccio sistemico allo

studio del cambiamento organizzativo, sforzo portato avanti dal Tavistock

Institute of Human Relations fin dai primi anni ’60, frutto della sintesi di modelli

teorici diversi e spesso lontani tra loro: il modello psicodinamico (Freud, Klein,

Bion), le indicazioni proposte da Bertalanffy per una teoria generale dei sistemi, i

lavori di Mayo e Lewin (Quaglino, 2007). L’assunto di base è che

l’organizzazione:

“si presenta come una totalità in sé: qualsiasi modificazione che

intervenga a livello di un suo elemento particolare o meglio delle

relazioni che tale elemento ha con altri elementi, non va mai vista

come un fatto isolato nella misura in cui determina una completa

modificazione della struttura stessa nella sua totalità.” (ivi, p.15)

Il fenomeno, quindi, va considerato come un insieme strutturato di parti, nei

termini delle relazioni esistenti tra esse. Questo permette di considerare al

contempo tutti i diversi livelli, individuale, infragruppo, intergruppi,

organizzativo, e di cogliere come il processo di cambiamento influenza questi

livelli e come questi sono in grado di influenzare il processo in sé e i suoi esiti.

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In sintesi, per dirla con Quaglino (2007, p.120) la letteratura suggerisce degli

assunti di base dai quali partire nello studio del cambiamento organizzativo.

Il cambiamento non è più momento eccezionale, ma la costante dei

processi organizzativi.

Difficilmente al cambiamento corrisponde il profilo della normalità e

della continuità evolutiva e della padronanza razionale dei suoi contenuti.

Affrontare al meglio il cambiamento non vuol dire solo aver capacità di

ripensare strategie e strutture, ma anche di trasformare mentalità e cultura.

1.3 Modelli di cambiamento organizzativo

Uno dei primi e più famosi modelli di cambiamento organizzativo presenti in

letteratura è quello di Lewin. Egli già dai primi anni ’50 “propone un modello

dinamico del comportamento dei gruppi che punta l’attenzione sulla tendenza a

mantenere uno stato di equilibrio costante nel tempo, anche in presenza di spinte

al cambiamento” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 29). Nel suo modello ipotizza

l’esistenza di due tipi di forze che agiscono su questo equilibrio, da una parte

quelle che spingono verso il cambiamento, dall’altra quelle che cercano di

resistere ad esso. Tendenzialmente queste forze si controbilanciano in una sorta di

omeostasi, ma avviene che per ragioni diverse, come pressioni presenti

nell’ambiente, diminuzione dell’efficacia, riconoscimento di un problema, le

spinte vincano le resistenze, dando inizio al processo di cambiamento. È questa la

prima fase del modello di Lewin, ovvero quella dello scongelamento, dove

avviene “la rottura dell’equilibrio esistente all’interno dell’organizzazione”

(Piccardo e Colombo, 2007, p. 30), durante questa fase l’organizzazione riconosce

di dover cambiare e da il via alla seconda fase, ovvero quella del cambiamento

vero e proprio, che continua fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio tra le

due forze. Una volta raggiunto questo equilibrio si arriva alla terza fase, quella

finale del ricongelamento, dove “i cambiamenti sono rinforzati e stabilizzati fino

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alla loro istituzionalizzazione come parte di una normale routine” (ivi, p.31). È

questa la fase di rinforzo e valutazione dei cambiamenti apportati.

Il compito di un buon management secondo questo modello è quello di

individuare alle spinte al cambiamento, e cercare di sfruttare le eventuali fonti di

insoddisfazione per attivare la fase di scongelamento, fase fondamentale per il

buon esito del processo di cambiamento, in quanto è attraverso questa fase che si

può cercare di regolare la direzione che prenderà il sistema sbilanciato. (ibidem)

Per quanto questo modello sia molto diffuso, e nonostante gli sia riconosciuta la

primogenitura nell’affrontare il tema e nei suoi pioneristici risvolti metodologici,

la sua eccessiva linearità lo ha reso oggetto di critiche. Esso infatti, è ritenuto

“eccessivamente generico per una comprensione e una spiegazione approfondita

del cambiamento organizzativo” (ivi, p. 39). Va detto però che Lewin in origine

non sviluppò il suo modello specificatamente per studiare il cambiamento

organizzativo, ma la sua ottica era allargata ad una dimensione di “sistema” che

comprende anche strutture differenti da quella dell’organizzazione. Da ciò

probabilmente deriva la sua genericità. Manca infatti un’analisi e delle linee guida

per la progettazione e la reale implementazione del cambiamento. Per questo

motivo, Lussier (1996) propone un suo modello integrandolo a quello di Lewin.

Alle tre fasi di Lewin egli contrappone un modello a cinque fasi. Il modello resta

lineare, quindi vede il cambiamento come una serie di tappe prestabilite, ma ha il

merito di mettere in risalto gli aspetti gestionali del cambiamento organizzativo

trascurati da Lewin.

Di seguito le fasi definite nel modello di Lussier.

Definire il cambiamento: in quanto ad “obiettivi, soggetti, mansioni da

svolgere, effetti creati” (Foglio, 2011, p. 93). Si tratta di stabilire la

direzione verso la quale la situazione sta evolvendo, tenendo sotto

controllo quanto e come questo avrà effetto sulle altre variabili

organizzative.

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Identificare le resistenze al cambiamento: trovarne la fonte, comprendere

le caratteristiche e l’intensità.

Pianificare il cambiamento: progettare e sostenere l’intervento,

strutturando i macro-obiettivi in sotto-obiettivi intermedi, pianificando

mezzi, risorse e tempo. Importante in questa fase il sostegno al

cambiamento, messo in atto attraverso “un adeguato sistema di

supervisione degli obiettivi intermedi e un monitoraggio delle resistenze

che possono ostacolare il processo” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 40)

Questa sembra corrispondere alla fase di scongelamento di Lewin, in

quanto in questa fase il management deve apportare un “rinforzo guidato

delle spinte che hanno generato il bisogno di cambiamento” (ibidem)

Promuovere il cambiamento: fase di attivazione del processo di

cambiamento attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori organizzativi,

che devono essere informati in maniera chiara sulla necessità del

cambiamento e sui suoi possibili effetti. In questa fase è necessario

mettere i nuovi obiettivi in relazione con i valori esistenti

nell’organizzazione, usare stili di supervisione opportuni, permettere a

tutti gli attori di esprimere dubbi, timori, attese e speranze. È il

management che “deve farsi carico delle incertezze individuali al fine di

promuovere e garantire il successo del processo di apprendimento”

(ibidem).

Controllare il cambiamento: verificare la realizzazione effettiva e il

mantenimento nel tempo dell’intervento di cambiamento.

Il merito di questo modello è quello di spingere verso una sensibilizzazione e una

responsabilizzazione di tutti gli attori organizzativi, dal management ai

dipendenti. Questi ultimi vanno resi partecipi nel progetto per diventare essi stessi

agenti del cambiamento e non semplici spettatori paganti. L’eccessiva linearità del

modello di Lewin, però, resta intatta. Le organizzazioni, come gli uomini che le

compongono, peccano di razionalità limitata, e molto spesso “vi è uno scarto

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incolmabile tra progetto e processo” (Quaglino, 2007, p. 343). “I processi

evolutivi non sono determinati e razionalizzabili, ma caratterizzati da

indeterminatezza, discontinuità e saltuarietà” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 36)

A questo proposito March (1981) propone un modello di cambiamento

organizzativo come “certezza dell’incertezza” (ibidem), modello che vede nel

cambiamento la ragione stessa dell’esistenza dell’organizzazione. Il problema è

che raramente le organizzazioni realizzano quello che realmente avevano

progettato, proprio per via del loro vincolo di razionalità limitata, che le condanna

a conseguenze inattese in ogni azione intrapresa ed alla scarsa capacità di

apprendere dal proprio contesto. Spesso quando le organizzazioni cambiano

hanno a disposizione poche soluzioni, inoltre dimostrano difficoltà

nell’individuare nessi di causalità tra problemi e soluzioni, quindi i cambiamenti

sono guidati più dalle soluzioni possibili che dal problema in sé. Inoltre spesso

esse stesse si trasformano durante il processo di cambiamento, mutando i propri

obiettivi ed elaborandone di nuovi, ma rischiando di trovarsi nella trappola di quel

meccanismo di difesa di matrice psicodinamica che Hinshelwood (1987) definisce

come “spostamento del compito” (p. 92). Infine Maslow fa notare come

“raramente si verifica una piena coerenza tra le esigenze di cambiamento

dell’organizzazione, degli individui che ad essa appartengono e delle altre

organizzazioni appartenenti al medesimo settore” (citato in Quaglino, 1990, p.

338), e quindi spesso le spinte al cambiamento interne ed esterne

all’organizzazione andranno verso direzioni diverse, caotiche e conflittuali.

L’intervento di Maslow fa capire quanto un approccio di tipo lineare allo studio

del cambiamento organizzativo sia poco aderente alla realtà delle organizzazioni,

e pone in rilievo la necessità di un modello che ne colga meglio la realtà

complessa.

Kreitner e Kinicki (2004), sulla base dei lavori di Fuquba e Kurpis (1993), Nadler

e Tushman (1997), Buelens (1999) hanno sviluppato a questo proposito un

modello basato sull’assunto che ogni tipo di cambiamento “ha un impatto a

cascata all’interno delle organizzazioni” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 42),

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impatto che riguarda “politiche aziendali, procedure, struttura, sistemi gestionali,

personale, processi, lavoro, tecnologia, ecc” (Foglio, 2011, p. 94). Si tratta di un

modello sistemico, sviluppato sulle basi del relativo approccio citato nel paragrafo

1.1, che è caratterizzato dall’azione di tre componenti sull’organizzazione: input,

elementi del cambiamento e output.

Gli input fanno riferimento alla mission e alla vision dell’organizzazione. La

prima rappresenta lo scopo intrinseco dell’esistenza dell’organizzazione, la

seconda la via da seguire per il cambiamento, che si struttura in un piano

strategico scelto sulla base delle potenzialità dell’organizzazione e le opportunità

offertele dall’ambiente.

Gli elementi del cambiamento sono gli aspetti dell’organizzazione che sono

oggetto del cambiamento: “aspetti organizzativi, obiettivi, metodi, fattori sociali,

attori organizzativi” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 45), tutti tra loro legati da

relazione sistemica, quindi ogni cambiamento sul singolo elemento ha effetti sugli

altri.

Gli output fanno riferimento invece ai risultati che si vogliono conseguire tramite

l’intervento di cambiamento.

Il cambiamento quindi si esplica in un input dato dalla potenzialità

dell’organizzazione, uno dato da un’occasione dettata dal contesto a partire dai

quali viene strutturata la strategia per il raggiungimento degli output desiderati.

Obiettivi, metodi, fattori sociali e aspetti organizzativi che ruotano attorno agli

attori organizzativi, fanno da mediatori tra i primi e gli ultimi e ne condizionano il

rapporto. Il vantaggio del modello sistemico è appunto quello di cogliere

l’importanza di questi mediatori nel processo di cambiamento, di riconoscerli, e

quindi di darne un resoconto oggettivo sulla base del quale andare a strutturare un

intervento che vada a colpire obiettivi specifici e circoscritti con il fine di generare

e promuovere il cambiamento all’interno dell’organizzazione.

Un esempio di intervento di questo tipo, sviluppato nella metà degli anni ’60 negli

Stati Uniti e diffusosi successivamente in Europa è l’OD, Organizational

Developement, descritto da Piccardo e Colombo (2007, p. 47) come “vera e

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propria strategia per perseguire il cambiamento pianificato[…]adottando una

prospettiva di tipo educativo mirata ad agire sull’apprendimento degli individui”,

attraverso quindi “l’applicazione delle conoscenze tipiche delle scienze

comportamentali” (ivi, p. 51).

Questo tipo di approccio parte dal presupposto che nel processo di cambiamento

sia necessaria la partecipazione attiva del personale coinvolto, e che quindi esso

non vada attuato secondo le logiche top-down attualmente in uso dalla maggior

parte delle organizzazioni, ma tramite processi che apportino aggiustamenti di

tipo incrementale che coinvolgano tutti gli attori organizzativi.

Dunphy e Stace (1988) sottolineano come questo modello incrementale si

contrapponga ad un modello di cambiamento di tipo trasformazionale, necessario

quando non c’è coerenza tra organizzazione e ambiente esterno, e quindi c’è

necessità di adattamenti continui da parte della prima rispetto al secondo. In

questo caso il management ha scarso controllo diretto sulle spinte al

cambiamento, ed il processo perde di prevedibilità. In quest’ottica, “di fronte a

crisi originate da instabilità e dalla non prevedibilità dello scenario in cui si

colloca l’organizzazione, l’impresa ha come unica alternativa, […] la sua stessa

trasformazione”

Processi di questo tipo, necessitando di azioni dirette e spesso prive di apparente

(o reale) coerenza, possono apparire coercitive, soprattutto per chi subisce l’onda

del cambiamento senza intuirne la direzione. Di contro invece un intervento di

OD “si presenta come un processo altamente partecipativo in grado di coinvolgere

il cliente in tutti gli stadi dell’intervento, focalizzando l’attenzione sugli individui

coinvolti nel cambiamento stesso in quanto fondamentali per la sua realizzazione”

(Piccardo e Colombo, 2007, p. 52). È un intervento teso a produrre stabilità e

crescita nell’organizzazione attraverso la valorizzazione e il potenziamento degli

attori organizzativi in una logica di empowerment.

Questo tipo di intervento è complementare a quello trasformativo, in quanto le

condizioni per una sua attuazione sono in antitesi con quelle descritte in

precedenza. Un intervento di cambiamento di tipo incrementale necessita di

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coerenza con l’ambiente, buona prevedibilità delle situazioni e del tempo

necessario per produrlo. Si basa sulla logica di interventi coerenti tra loro, dove

ogni attore organizzativo possiede le giuste quantità di informazioni per capirne la

direzione e lo scopo. Si basa quindi su un principio di diffusione, assimilazione e

interiorizzazione di tali informazioni. Il suo scopo è ridurre l’incertezza, rafforzare

la sicurezza percepita, e conseguentemente ridurre l’ansia riguardo gli esiti e le

modificazioni che ogni cambiamento porterà ai suoi attori.

L’OD si configura come un processo sviluppato a partire della ricerca-azione di

Lewin (McShane, 2001), che prevede quindi fasi di analisi dei bisogni di

cambiamento, interventi veri e propri e fasi di valutazione degli esiti. Benton

(1995, citato in Picardo e Colombo, 2007, p. 52) individua le aree da presidiare in

un intervento di Organizational Developement:

la definizione degli obiettivi e degli scopi sia per l’organizzazione, sia per

gli individui;

i tempi e i costi dell’intervento;

gli aspetti psicologici con particolare attenzione alla ricerca di soluzioni

adatte al contesto socioculturale;

la fiducia reciproca come collante tra individuo e organizzazione, tra il

livello dirigenziale e i dipendenti;

il team building e l’intervento sulle relazioni tra ed entro i gruppi;

l’apprendimento dall’esperienza cosi da valorizzare la capacità di

imparare dai propri errori.

Esso è portato avanti da agenti del cambiamento, che McShane (2001) definisce

come “individui che possiedono le giuste conoscenze, le abilità e il potere di

guidare facilmente il cambiamento” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 83). Questi

devono essere sia interni all’organizzazione, quindi persone che ne posseggano

una conoscenza approfondita e che occupino posizioni di leadership, sia esterni, in

quanto portatori di un punto di vista più distaccato e oggettivo

Page 19: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

19

sull’organizzazione. L’azione combinata di questi due tipi di agenti, deve dare

forma e struttura al processo, aiutando a costruire il commitment necessario per

raggiungere gli esiti sperati. Il loro compito è quello di “rendere tutti i dipendenti

agenti di cambiamento, cosi da responsabilizzarli nei confronti di un progetto

collettivo” (McShane, 2001, citato in Picardo e Colombo 2007, p. 84).

1.4 Resistenze al cambiamento organizzativo

Un processo di cambiamento va ad attaccare una situazione di status quo nel quale

ruoli, norme, obiettivi e valori sembrano stabili e cristallizzati

nell’organizzazione, ed in un certo senso infondono sicurezza proprio perché

conosciuti e riconosciuti socialmente dal gruppo di appartenenza. Il cambiamento,

avendo come naturale esito la modificazione di tali elementi che rivestono

un’importanza fondamentale nello sviluppo identitario all’interno di ogni gruppo

sociale o organizzazione, porterà inevitabilmente con se fattori di incertezza

inerenti sia la dimensione operativa, quindi azioni e decisioni volte al

raggiungimento del compito primario, che quella relazionale, ovvero percezioni,

sentimenti ed emozioni che si creeranno inevitabilmente durante la collaborazione

o il confronto con altri membri dell’organizzazione (Quaglino, 2004). Questa

incertezza è inevitabilmente fonte di ansia, che dovrà essere contenuta o

mascherata, o ancora evitata, tramite l’utilizzo di molteplici meccanismi di difesa

che, “pur originando dalla storia di ciascuno, vengono di fatto ad assumere un

carattere condiviso e socializzato” (ivi, p. 4)

Come spiegano Piccardo e Colombo (2007) in realtà questa dimensione difensiva

è sempre presente nelle organizzazioni, ed è alla base di tutti i comportamenti

mutevoli e poco prevedibili del comportamento organizzativo. Essa riguarda la

protezione messa in atto a tutti i costi contro conseguenze vere o immaginarie del

cambiamento, ed è ancora più accentuata nel mondo del lavoro moderno, in

quanto meno routinario, più situazionale, insicuro e mutevole rispetto al passato

(Quaglino, 2004).

Page 20: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

20

Piccardo e Colombo (2007) riconducono l’attivazione delle difese sociali al

concetto di confine rispetto a tre diverse dimensioni della vita organizzativa: i

confini organizzativi, i confini di ruolo e i confini di autorità.

I confini organizzativi riguardano l’apertura (o la chiusura) del mondo

organizzativo all’ambiente esterno. Esso sarà infatti fonte di instabilità e di

continue spinte al cambiamento. L’obiettivo del management è in questo caso la

buona negoziazione di tali confini, in modo che l’ambiente interno sia

adeguatamente protetto dall’instabilità esterna, ma che allo stesso tempo

l’organizzazione abbia sufficiente sensibilità ad essa, in modo da potervisi

adattare prontamente. È proprio tale negoziazione, secondo gli autori, la prima

fonte di ansia all’interno delle organizzazioni.

I confini di ruolo riguardano una dimensione più interindividuale.

L’organizzazione moderna del lavoro comporta spesso un ampliamento delle

attività lavorative e delle responsabilità. A questo ampliamento consegue la

necessaria integrazione tra i diversi ruoli all’interno delle organizzazioni, ruoli che

a volte possono risultare sovrapporsi o essere in conflitto tra di loro. Secondo gli

autori la seconda fonte di ansia è proprio la negoziazione di tali confini di ruoli,

alla ricerca del mantenimento dell’integrità del proprio ruolo e della necessaria

integrazione con gli altri.

I confini di autorità riguardano infine una dimensione legata più all’esercizio del

potere all’interno del proprio ruolo organizzativo. In questo caso l’ansia è legata

ai meccanismi di presa di decisione e alle loro conseguenze.

Comprendere come queste ansie e le loro conseguenti difese influenzino gli

atteggiamenti, e quindi i comportamenti degli attori organizzativi rispetto al

cambiamento diventa sfida cruciale per il management. Sono esse infatti le cause

di ciò che rappresenta l’ostacolo principale di ogni processo di cambiamento,

ovvero la reazione di chiusura e irrigidimento degli attori coinvolti nei suoi

confronti. Come sottolinea infatti Hinshelwood (1987, p. 187) le forme di

irrigidimento dell’integrità di gruppo “sono un metodo mediante il quale si tenta

di evitare lo stato di frammentazione”. È innegabile che ogni cambiamento porti

Page 21: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

21

con sé destrutturazione e ristrutturazione di schemi esistenti, adozione di nuovi

comportamenti e adesione a nuove norme, valori e stili di vita. L’incertezza e

l’inadeguatezza sono i sentimenti che accompagnano la rottura del precedente

status quo. Il conosciuto, per quanto non possa piacere, è sempre più rassicurante

dell’ignoto (Piccardo e Colombo, 2007).

Ma l’irrigidimento offre una protezione dalle ansie soltanto relativa e limitata nel

tempo, che porta con sé pericolosi svantaggi come depersonalizzazione, diminuita

capacità di giudizio sulla realtà e distorsione dei compiti in funzione difensiva

(Hinshelwood, 1987), oltre a rischiare di portare ad un effetto che Guichard e

Huteau (2003) descrivono come Hysteresis, in cui certi attori continuano per un

certo tempo ad applicare schemi di lettura o di giudizio e comportamenti ormai

inadatti all’organizzazione ormai mutata. Ansie e resistenze riducono quindi

l’efficienza dell’organizzazione.

Al contrario:

“Accettare il cambiamento implica sforzo, volontà vera di farsi

coinvolgere attivamente e non passivamente nel processo, fiduciosi

che la nuova situazione, ancorché ignota e sotto certi punti di vista

ambigua, rappresenti uno sviluppo della situazione passata” (Piccardo

e Colombo, 2007, p. 60).

Analizzare le resistenze è fondamentale nell’implementazione di un processo di

cambiamento. Serve infatti a comprendere come procedere per raggiungere gli

obiettivi preposti (Daft e Noe, 2001). Quaglino (2004), in un’ottica

psicodinamica, riconduce le resistenze al cambiamento a due livelli, un livello

individuale e uno di gruppo.

Il livello individuale riguarda innanzitutto le percezioni di incertezza e

insicurezza, ovvero la minaccia percepita e la mancanza di informazioni complete

sugli effetti che il processo di cambiamento avrà sull’individuo. Effetti che

andranno a toccare l’identità occupazionale (Benton, 1995), le competenze

maturate e la sicurezza economica (McKenna, 2000). Altra fonte di resistenze a

livello individuale è la selezione percettiva delle informazioni, ovvero la tendenza

Page 22: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

22

a selezionare le informazioni “coerenti con le proprie opinioni e gli schemi

consolidati e utilizzati abitualmente” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 68). Queste

sarebbero fonte di distorsione dei messaggi e delle informazioni riguardo il

processo di cambiamento, i suoi obiettivi, le sue motivazioni, e quindi di

resistenze da parte degli attori coinvolti. Si attivano resistenze individuali anche

nel momento in cui il cambiamento minaccia credenze, abitudini, significati

condivisi che hanno valore di status (ibidem).

A livello di gruppo le resistenze sono attivate come reazione a minacce che

riguardano il gruppo nella sua totalità dinamica. Esse possono essere legate al

potere e ai conflitti inter e infragruppo, ad una struttura organizzativa

eccessivamente burocratizzata, da un’eccessiva coesione all’interno del gruppo,

che porterà ad una strenua difesa dello status quo nel quale il gruppo aveva

raggiunto una sua omeostasi. Altra fonte di resistenze di gruppo è riconducibile ad

una comunicazione non adeguata e ambigua, che può dar luogo a interpretazioni

plurime e contrastanti dell’obiettivo e del metodo del processo di cambiamento

(Martin, 1998).

Sulla base di queste fonti di resistenza, gli attori organizzativi metteranno in atto

diversi comportamenti, dei quali Furnham (1997), sulla base dei lavori di Baron e

Greenberg (1992) propone una tassonomia citata in Piccardo e Colombo (2007, p.

63), tassonomia che viaggia lungo un continuum che va dal totale rifiuto al totale

sostegno al processo di cambiamento.

Abbandono dell’organizzazione: comportamento estremo di rifiuto del

cambiamento.

Resistenza attiva: tentativo di modificare la natura stessa del

cambiamento, cercando alleati tra gli attori organizzativi.

Opposizione passiva: tendenza a ritardare o a sabotare passivamente il

processo di cambiamento.

Acquiescenza: accettazione passiva del processo di cambiamento,

derivante da un senso di incombente inevitabilità nei suoi confronti.

Page 23: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

23

Consenso passivo: atteggiamento indifferente e acritico, approvazione

priva di partecipazione.

Consenso negoziale: accettazione del cambiamento tramite la

negoziazione del processo con il management.

Supporto attivo: accettazione della proposta di cambiamento e

impegno attivo in direzione dei suoi obiettivi.

Tocca al management cercare di guidare i comportamenti degli attori

organizzativi quanto è più possibile verso una dimensione di sostegno nei

confronti del processo i cambiamento. Le resistenze al processo andranno quindi

accettate come inevitabili, ma anche affrontate in modo adeguato (Buchanan e

Hoczynski, 1997). In questa direzione vanno fatti sforzi comunicativi in grado di

motivare efficacemente il cambiamento e negoziarlo in maniera adeguata.

Strategie coercitive alzano inevitabilmente il livello delle resistenze individuali e

di gruppo. Strategie basate sulla razionalità possono essere ritenute sospette e

poco dimostrabili. Strategie basate sulla condivisione del potere possono essere

valutate come manipolative e non autentiche (Piccardo e Colombo, 2007). Il

cambiamento deve apparire ragionevole e migliorativo, e deve esserne percepito il

controllo da parte di tutti.

Lussier (1996) suggerisce dei metodi per facilitare il fronteggiamento delle

resistenze, ovvero sviluppare un clima favorevole al cambiamento, attraverso

l’utilizzo di strategie di sviluppo della cooperazione e dell’interdipendenza tra

diversi reparti dell’organizzazione; incoraggiare l’interesse e l’attenzione nei

confronti dello sviluppo e della valorizzazione delle proprie competenze, e

mostrare il cambiamento come un’opportunità in questo senso; pianificare il

cambiamento identificando le possibili resistenze e pianificando il modo migliore

di affrontarle.

La dimensione comunicativa è fondamentale in questo senso: “L’obiettivo è

sensibilizzare gli individui circa il cambiamento prima che questo sia attuato e

aiutarli a comprenderne la logica” (Piccardo e Colombo, 2007, p. 73)

Page 24: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

24

2. COMPETENZE

2.1 Premessa

“I tipi di competenze richiesti per praticare occupazioni flessibili, nel complesso,

non comportano un apprendimento sistematico e a lungo termine; più

frequentemente, essi trasformano in svantaggio un corpo logicamente coerente e

ben conformato di capacità e abitudini acquisite, che un tempo costituiva una

risorsa” (Bauman, 2002).

Bauman, seppur con accezione fortemente critica, mette in risalto una

problematica importante delle nuove realtà organizzative: il problema delle

competenze. Infatti, in una realtà caratterizzata dall’imprevedibilità dei contesti,

dal rapido rinnovarsi di condizioni operative che altrettanto rapidamente

diventano obsolete, ma soprattutto dalla temporaneità dei rapporti di lavoro, va in

crisi tutto il sistema che ha caratterizzato lo sviluppo di competenze durante il

secolo scorso.

Fino a un recente passato erano le competenze tecniche, il sapere e il saper fare,

alla base della ricerca dell’eccellenza da parte dell’organizzazione. Esse venivano

sviluppate durante un lungo percorso del quale l’organizzazione stessa era custode

e nutrice. “Gli individui che entravano nelle diverse realtà organizzative o che le

conoscevano dall’esterno sviluppavano le proprie competenze recependole

dall’ambiente, dai colleghi anziani, o, ancora dal clima generale” (Soro e

Acquadro Maran, 2008, p. XII).

L’importanza di queste certo non è venuta meno, ma nel nuovo panorama

organizzativo si è sentito il bisogno di andare alla ricerca di un sistema di

competenze che riesca ad essere più aderente alla realtà di un continuo

cambiamento.

È diventato fondamentale il concetto di trasversalità e trasferibilità delle

competenze. Per trasversalità si intende la caratteristica delle competenze di

Page 25: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

25

essere aspecifiche, quindi spendibili in contesti diversi tra loro, e che permettono

di svolgere mansioni o ruoli differenti (Gallo e Boerchi, 2011). Per trasferibilità si

intende invece la possibilità di poter riutilizzare le competenze acquisite, grazie ad

un apposito processo di ristrutturazione, in un contesto o in situazioni lavorative

differenti (ivi, p. 23).

Sono diventate fondamentali inoltre, quelle competenze di cooperazione (Le

Boterf, 2008) che rendono possibile l’emergere di performance superiori anche

nei gruppi di lavoro, facendo da collante tra le competenze individuali di ciascun

membro del gruppo, in modo che esse siano pienamente fruibili all’interno

dell’ambiente di lavoro.

Sono questi i concetti che vanno a dare una risposta alla critica di Bauman: in un

mercato del lavoro caratterizzato in questo modo da rapidi mutamenti la

competenza tecnica (o job-based) cui faceva riferimento è realmente una risorsa

obsolescente se non accompagnata da un bagaglio di altre competenze che

permettano a questa di modificarsi, riattualizzarsi e spendersi in ogni contesto in

cui l’individuo andrà ad imbattersi durante la sua vita lavorativa. Per dirla con Le

Boterf (2008, p.20):

“Per un numero crescente di lavori, l’esperienza risultante

dall’anzianità non basta più: diventa imperativo per chi li esercita

costruire in modo permanente delle competenze nuove che non erano

prevedibili e specificate all’inizio della loro carriera. La qualificazione

non può più essere, dunque, uno stock iniziale da valorizzare nel

tempo. È soltanto un punto di partenza per un impegno nella dinamica

dell’apprendimento.”

2.2 Le competenze: tentativi di definizione

Il concetto di competenza è entrato a far parte del vocabolario della letteratura

organizzativa a partire dai primi anni ’70, quando, per via della messa in

discussione delle relazioni di subordinazione gerarchica e delle rivendicazioni di

Page 26: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

26

un più forte riconoscimento delle persone nelle situazioni di lavoro (Le Boterf,

2008), si è arrivati ad un superamento del concetto di qualifica lavorativa che si

esplicava in una forma di lavoro di tipo prescrittivo e aderente a procedure e

standard di stampo neotaylorista, superamento dovuto al riconoscimento della

necessità di tener conto delle competenze individuali in vista del raggiungimento

di performance ottimali. Le Boterf (ivi, p.18) parla infatti di uno spostamento del

focus sul “lavoro reale che doveva completare e a volte anche superare quello

prescritto”.

Uno dei primi autori a prendere in considerazione il concetto di competenza è

stato McClelland (1973) che mosse i suoi studi convinto della scarsa validità dei

test attitudinali, fino a quel momento largamente in uso all’interno delle

organizzazioni, come predittori dei comportamenti individuali al lavoro. Egli

proponeva come alternativa il modello delle competenze di successo, ovvero un

“sistema di schemi cognitivi e di comportamenti operativi causalmente correlato

al successo nel lavoro” (Gallo e Boerchi, 2011, p. 15).

L’autore definiva la competenza come “una caratteristica misurabile di una

persona che consente di distinguere in modo attendibile gli outstanding dai typical

performers in un particolare lavoro. Queste caratteristiche sono predittive di una

performance superiore” (ibidem).

Boyatzis (1982), riprendendo questo concetto e lo ampliano, inserendo la

condizione di causalità: “La competenza è una caratteristica intrinseca individuale

che è causalmente collegata ad una performance efficace o superiore in un’attività

lavorativa e che è misurabile in base ad un criterio prestabilito” (ibidem).

Un ulteriore contributo in chiave sistemica nel tentativo di dare una definizione

quanto più esauriente possibile al costrutto della competenza arriva con Gilbert

(1992). Egli scrive che “le competenze formano insiemi strutturati i cui elementi

si combinano, si dispongono, si ordinano secondo gerarchie, al fine di rispondere

alle esigenze delle attività che devono essere realizzate” (Rey, 2007, p. 55). Il

maggiore contributo che arriva da questa ulteriore puntualizzazione del costrutto

di competenza deriva dal fatto che gli autori riconoscano che esso non abbia una

Page 27: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

27

omogeneità psicologica, ma di risultato. Il costrutto di competenza “Può

sicuramente comprendere conoscenze, saper-fare, ragionamenti, schemi motori e

sensoriali, ma ciò che ne fa l’unità è la sua utilità, è l’attività tecnico-sociale nella

quale essa sfocia” (ibidem). Essa quindi sarà quindi osservabile a partire dalle

azioni funzionali alle quali da luogo.

Il messaggio per le organizzazioni a questo punto è chiaro: esistono caratteristiche

soggettive dei vostri membri che sono legate a performance lavorative migliori, in

quanto hanno rapporto causale con i comportamenti che determinano questo tipo

di prestazioni, ed esse sono misurabili a partire da azioni osservabili che le

esplicano.

Dato il naturale interesse dell’ambiente organizzativo per un costrutto che sia in

grado di essere predittivo delle best performances, il naturale passo successivo è

stato uno sviluppo del modello delle competenze sotto il profilo delle pratiche

gestionali, sviluppo che ne consente quindi un’applicabilità e un utilizzo

manageriale.

In questa direzione si è svolto il lavoro di Spencer e Spencer (1993). Essi

rielaborano il modello andando a definire quali sono le caratteristiche che

compongono le competenze. Suddividono inoltre queste caratteristiche in tre

livelli, dal più superficiale e visibile a quello più profondo. Per quanto riguarda il

livello superficiale gli autori parlano di conoscenze e abilità, corrispondenti ai

classici “sapere” e “saper fare”. Queste, oltre ad essere le caratteristiche più

visibili sono anche quelle più facilmente modificabili e sviluppabili. Al livello

intermedio gli autori inseriscono l’immagine di sé, gli atteggiamenti ed i valori.

Essi corrispondono al “saper essere”, e, sebbene modificabili, hanno bisogno di

maggiore tempo e soprattutto maggiore sforzo per svilupparsi e quindi sono più

resistenti agli stimoli esterni. Al livello più profondo, infine, gli autori inseriscono

i tratti e le motivazioni. Essi sono difficili da diagnosticare, ma sono ancora più

difficili da modificare, proprio in relazione alla loro profondità e al loro essere

ancorati al nocciolo duro dell’identità e della struttura di personalità degli

individui.

Page 28: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

28

Posta quindi questa strutturazione degli elementi caratterizzanti le competenze, è

compito del management gestire i diversi livelli in vista di un miglioramento delle

performance: strutturare idonei percorsi formativi per quanto riguarda i primi due

livelli, e, data la scarsa propensione alla modificazione del livello più profondo,

delegare ai processi di selezione il presidio di quest’ultimo (Gallo e Boerchi,

2011).

Gli autori hanno inoltre ideato un vero e proprio strumento a supporto

dell’applicazione del proprio modello. Raccogliendo, catalogando e

categorizzando centinaia di comportamenti di successo in varie attività, essi

giungono a definire il primo dizionario della competenza, strumento poi

rielaborato in molteplici varianti adattabili ai più diversi scopi e contesti

organizzativi. Esso si compone di vari cluster di competenze ricavate da modelli

di successo che, una volta applicati ai contesti in analisi, sono in grado di fornire

un modello generico di competenza predittivo dei comportamenti di successo

(Soro e Acquadro Maran, 2008).

Il contributo di Spencer e Spencer, seppur abbia avuto importanti risvolti pratici,

non esaurisce però il dibattito accademico, sviluppatosi soprattutto a partire dagli

ultimi anni ’90 per via delle nuove esigenze di competitività e di maggiore

complessità delle organizzazioni. Esse, per via di queste esigenze, hanno lasciato

ulteriori spazi di iniziativa alle azioni dei propri membri, spazi che sono stati

colmati dalla messa in opera delle competenze individuali di questi ultimi (Le

Boterf, 2008). Le competenze quindi, da essere un surplus fine al raggiungimento

di performance superiori, sono diventate essenziali per il buon funzionamento e

per il successo delle organizzazioni moderne.

La nozione stessa di competenza si è evoluta. “Essere competenti in una

situazione di lavoro oggi non significa più la stessa cosa che esserlo negli anni ’50

o negli anni ‘70” (ivi, p.20). Le competenze che avevano portato al successo in

passato “sono diventate oggi competenze necessarie solamente per competere.

Analogamente, parte di quelle che fino a pochi anni addietro erano competenze

richieste per esserci sono diventate competenze perdenti o marginali” (Galli e

Page 29: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

29

Torreggiani, 2006, p. 14). L’oggetto del dibattito si è spostato dunque sul tipo di

concetto di competenza di cui le organizzazioni hanno bisogno.

2.3 Competenze per l’organizzazione moderna

In un contesto evolutivo del lavoro sempre più caratterizzato dall’inedito e

dall’eventuale, essere competenti significa in maniera sempre maggiore “essere

capace di gestire delle situazioni complesse e impreviste” (Le Boterf, 2008, p. 45).

Sono queste situazioni, che vanno al di la del prescritto, generate in funzione di

quelle nuove sfide di qualità, reattività, economia della varietà e innovazione (ivi,

p. 21) quelle che il contesto organizzativo attuale rende fondamentali per il

successo di un’azienda.

Le Boterf (ivi, p.22) sottolinea che di fronte a queste sfide, le organizzazioni fino

a qualche tempo fa hanno risposto mettendo a punto procedure e dispositivi

automatizzati. L’ottica era quella del “rischio zero”, in un contesto caratterizzato

dal controllo e la standardizzazione.

Sebbene questo approccio abbia permesso di realizzare notevoli progressi,

l’autore non può fare a meno di considerarne anche i grossi limiti. Fermo restando

che “le procedure sono indispensabili e la loro adozione generalizzata ha

permesso di evitare molti incidenti e manchevolezze” (ibidem), egli sottolinea che

il loro eccesso paralizza l’iniziativa, deresponsabilizza, abbassa il livello di

vigilanza e limita la necessaria flessibilità.

Le procedure non possono sostituire la capacità di comprensione e di

interpretazione delle situazioni, né tantomeno potremmo oggi giudicare un

individuo come competente per il semplice fatto che con i suoi comportamenti

aderisca a dettagli procedurali o ad una descrizione della mansione da svolgere,

bensì la sua competenza si esplicherà proprio nella sua capacità di prendere buone

iniziative di fronte all’imprevisto e all’inedito. Agire, infatti, “comporta

necessariamente dei rischi, perché implica il confronto con la realtà” (ivi, p. 24) e

Page 30: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

30

il professionista dovrà quindi possedere le giuste competenze ed i giusti margini

di manovra che gli permettano di prendere iniziative pertinenti alla situazione.

Viste le nuove esigenze delle organizzazioni, le persone fondamentali per il

successo dell’organizzazione sono quelle:

“capaci di prendere iniziativa e decisioni a livello locale per far fronte

ai rischi e agli imprevisti; sono persone capaci di cooperare

efficacemente a dei progetti decentralizzati contribuendo

all’innovazione alla creazione di valore; sono dei lavoratori che

mettono in gioco la loro soggettività nell’interpretazione delle

prescrizioni, mettendo l’accento più sui risultati da realizzare che sulle

procedure atte a raggiungerli” (ivi, p.25).

Sono queste quelle che l’autore indica come competenze centrali per il successo

dell’organizzazione nel contesto odierno, competenze che rendono l’individuo

nell’espletamento della sua mansione, non più un semplice lavoratore, ma un

professionista (ibidem). Queste, come sottolinea l’autore, non possono quindi

essere più solo di carattere tecnico, ma devono essere necessariamente considerate

a livello pluridimensionale, integrando alle prime tutte quelle competenze “soft”

che garantiscano il soddisfacimento delle esigenze di qualità, di reattività e di

relazione (ivi, p. 29).

La sola competenza tecnica infatti, come sottolineano Blandino e Tartaglia (in

Soro e Acquadro Maran, 2008), si rivela in molti casi solamente un tecnicismo.

Per gli autori è la “competenza clinica” (ivi, p. 44) a dare spessore e significato

alla prestazione offerta. Essa si esplica in “capacità che fanno riferimento alla

flessibilità mentale, all’apprendere continuamente dall’esperienza, alla gestione

dei conflitti, alla creatività, alla gestione dello stress” (ivi, p. 45) oltre che nelle

tradizionali competenze relazionali ed emotive.

La competenza clinica comprende quindi un’ampio raggio di capacità relative a

categorie quali tratti di personalità, qualità personali, caratteristiche di natura

emotiva ed affettiva che costituiscono un costrutto alla base di quella “intelligenza

sociale” che Goleman (2006) ritiene funzionare in sinergia con quella cognitiva.

Page 31: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

31

Egli ritiene infatti che “una carenza in queste abilità potrebbe ostacolare l’uso

dell’expertise tecnico e delle doti intellettuali, per quanto pronunciate esse siano”

(Soro e Acquadro Maran, 2008, p. 45).

A questo proposito Le Boterf (2008) introduce il concetto di “competenze di

cooperazione” (ivi, p. 187). Egli partendo infatti dal presupposto che non esistono

ruoli privi di relazioni, comunicazioni e scambi con gli altri attori organizzativi, e

che il raggiungimento di risultati superiori è sempre più spesso legato al lavoro di

gruppi o di reti all’interno dei quali si trovano individui con competenze anche

molto differenti tra loro, parla per questi casi di competenza collettiva, al cui

raggiungimento sono necessarie competenze di cooperazione in grado di far

esprimere le diverse competenze individuali in maniera virtuosa e utile al

raggiungimento dell’obiettivo.

L’autore (ivi, p. 192) fornisce dunque un elenco degli indicatori riguardo la

presenza di competenze di cooperazione all’interno di un collettivo di lavoro.

Capacità di costruzione di rappresentazioni condivise a partire dalle varie

rappresentazioni individuali riguardo problemi da risolvere, situazioni da

discutere, obiettivi da raggiungere e strumenti da utilizzare.

Comunicazione efficace tramite l’utilizzo di un linguaggio comune,

capacità di comprenderlo e saperlo adottare dal punto di vista degli altri.

Utilizzo di comportamenti-tipo che permettono di anticipare e valutare le

possibilità di cooperazione e scambio con gli altri.

Superamento delle differenze tramite la messa in atto di pratiche

interdisciplinari o interprofessionali.

Accettazione, riconoscimento e gestione puntuale dei contrasti interni.

Messa in atto di organizzazioni adeguate per raggiungere collettivamente i

risultati attesi nelle diverse fasi del progetto.

Divisione equa dei carichi di lavoro.

Page 32: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

32

Sincronia nel ragionamento e nello svolgere le azioni. Questo presuppone

riuscire a tener conto della micro - organizzazione o micro -

pianificazione di ogni altro membro della rete.

Messa in atto di azioni concertate.

Padronanza dei dettagli che possono turbare il funzionamento collettivo.

Le implicazioni pratiche di questo tipo di approccio sono importanti: innanzitutto

esso situa la valutazione delle prestazioni a livello collettivo; in secondo luogo

fornisce criteri o indicatori riguardo la valutazione delle modalità di interazione

dei componenti di un collettivo; infine definisce e collega le condizioni di

sviluppo di azioni di cooperazione tra i componenti di un gruppo o di una rete.

(ibidem).

2.4 Trasversalità e trasferibilità delle competenze

La moderna organizzazione del lavoro, oltre a richiedere lo sviluppo di nuove

competenze prima poco considerate, ha avuto un’altra conseguenza importante

per i soggetti coinvolti e per il loro sistema di competenze. È terminata infatti

l’epoca in cui un individuo occupava la maggior parte della sua vita professionale

in un’unica azienda.

Secondo Le Boterf (2008, p. 32) “un ingegnere del terzo millennio dovrà

cambiare cinque o sei volte impresa e contesto di lavoro durante la sua vita

professionale”. Inoltre l’autore fa notare che questo cambiamento non riguarda

solo il passaggio da un’organizzazione all’altra, ma anche la situazione lavorativa

all’interno della stessa organizzazione. Questa è infatti “sottoposta a delle forti

evoluzioni, a delle trasformazioni a volte radicali” (ibidem).

Per il lavoratore, quindi, diventa una sfida fondamentale adattarsi alla naturale

evoluzione del proprio ruolo, ed essere in grado di cambiarlo e riaggiustarlo,

ragionando in termini di occupabilità più che in termini di occupazione.

Page 33: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

33

Questo presuppone per esso ragionare in termini di sviluppo su quelle competenze

che Gallo e Boerchi (2011) identificano come trasversali in quanto “spendibili in

contesti diversi tra loro, e quindi tutte quelle competenze che, per la loro

aspecificità, possono essere utilizzate nello svolgere mansioni e nel ricoprire ruoli

differenti” (ivi, p. 22).

In letteratura il concetto di competenze trasversali è ancora molto dibattuto. Da

una parte ci sono tutti quegli autori che, ragionando in termini di competenza-

comportamento (Gillet, 1973) o competenza-funzione (Gillet in Parisot, 1991),

ovvero fondandone il possesso sulla best performance in una mansione specifica,

lo ritengono un concetto privo di senso. Essendo infatti questa legata alle

condizioni particolari di un contesto specifico, “essa sarà specifica per il compito

o per i generi di compiti che permette di assolvere” (Rey, 2007, p. 68).

All’opposto la pensa chi, ispirandosi al concetto di competenza linguistica

definito da Chomsky (1969a), ovvero come “potere dell’uomo di adattare i propri

atti e le proprie parole a un’infinità di situazioni inedite” (Rey, 2007, p. 68), la

definisce come potere generativo e di adattamento delle azioni e quindi ne reputa

come intrinseca la caratteristica di trasversalità.

Un primo tentativo di sintesi a questo dibattito viene proposto da Levati e Saraò

(1993), che classificano la trasversalità delle competenze in due macro-categorie:

work based e worker based.

Le prime sono riferibili a conoscenze e abilità che riguardano un largo range di

mansioni che non sono trasversali per loro caratteristica intrinseca, ma per la loro

adattabilità in contesti diversi ma limitati; le seconde invece riguardano le

modalità di funzionamento del soggetto. Esse sembrano effettivamente essere utili

in qualsiasi contesto, ma per un loro uso operativo è necessaria di volta in volta

una specifica azione di contestualizzazione. (Gallo e Boerchi, 2011).

Gallo e Boerchi, a questo proposito, obiettano che forse sarebbe più utile riferirsi

al concetto di “trasferibilità” (ivi, p. 23) delle competenze piuttosto che a quello di

trasversalità. Essi per trasferibilità infatti intendono “la possibilità di riutilizzare

alcune competenze acquisite, grazie ad un apposito processo di

Page 34: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

34

ricontestualizzazione, in un contesto e in situazioni lavorative differenti” (ibidem).

Si tratta quindi di un processo di ridefinizione professionale, che richiede sia un

aggiornamento e una ridefinizione delle competenze possedute, che la capacità di

ridefinire la propria identità professionale, ed è questa un’attività indispensabile

che ogni individuo deve essere pronto a compiere in un mercato del lavoro che

come si è già sottolineato richiede grande flessibilità nel gestire della propria

professionalità.

Gli autori a tal proposito ricordano che “ogni azione di valutazione e di sviluppo

delle competenze deve tenere in considerazione l’eventualità che queste debbano,

prima o poi, essere trasferite in un vissuto lavorativo differente rispetto a quello in

cui esse sono state formate.” (ibidem). Essi inoltre introducono il concetto di

“competenze trasferenti” (ivi, p.24) riferendosi a quelle competenze che svolgono

la funzione di facilitatori del trasferimento di alcune competenze da un contesto

all’altro.

Citando Di Francesco (1992) essi riconoscono questa funzione in quelle

competenze che riguardano l’interazione con la complessità tecnico-organizzativa

quali ad esempio:

la capacità di analisi per comprendere il nuovo contesto;

la capacità di autoanalisi per conoscere le proprie motivazioni,

competenze e potenzialità;

la capacità di progettare per definire un proprio obiettivo

professionale ed un piano d’azione per raggiungerlo;

la disponibilità al cambiamento;

un’identità professionale forte ma flessibile. (ibidem)

È facile notare che tutte queste competenze trasferenti facciano parte di quella

macrocategoria definita solitamente in letteratura organizzativa come quella delle

competenze trasversali o soft-skills. In questo caso è stato fondamentale l’apporto

degli autori nel chiarire il motivo per cui esse vengono considerate tali e qual è la

Page 35: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

35

loro reale funzione, ovvero la “creazione delle condizioni per un efficace

trasferibilità delle competenze possedute dal singolo” (ibidem).

È utile infatti parlare di trasversalità di competenze non tanto come caratteristica

intrinseca di alcune di esse, quanto come possibilità, e soprattutto capacità, di

trasferire quelle già possedute in contesti diversi, ristrutturandole e riadattandole.

2.5 La gestione delle risorse umane secondo la logica dello sviluppo di

competenze

Il crescente interesse che la letteratura organizzativa ha sviluppato per il tema

delle competenze è stato in tempi brevi accompagnato dall’interesse del mondo

manageriale per un argomento in grado di dare risposte al problema del successo

organizzativo.

Le competenze, in quanto caratteristiche causali del successo e misurabili tramite

l’osservazione delle azioni dell’individuo nello svolgimento della sua mansione, si

sono ricavate ben presto un ruolo centrale nella gestione e nello sviluppo delle

risorse umane. Infatti in un momento storico in cui “sono le persone il vero e

tangibile fattore di successo organizzativo” (Soro e Acquadro Maran, 2008, p.

41), la differenza, in un contesto caratterizzato da forte competizione, la farà “la

qualità delle persone e delle loro competenze, che crea valore aggiunto ed è

garanzia di successo per l’impresa” (ibidem).

Numerose imprese hanno compreso questo messaggio, e hanno introdotto il

riconoscimento e lo sviluppo delle competenze dei propri membri nelle proprie

strategie di sviluppo, vedendo in esse “una via d’uscita per una situazione di crisi

o semplicemente una condizione di sopravvivenza” (Le Boterf, 2008, p. 251).

Le prime a cogliere nel messaggio che la letteratura organizzativa ha promosso

riguardo le competenze un’opportunità di crescita e di vantaggio competitivo sono

state le grandi aziende e le grandi agenzie di audit e consulenza, che hanno

integrato la dimensione della competenza nei loro strumenti e metodi di

intervento. Esse hanno sviluppato una grande varietà di pratiche nelle quali il

sistema di gestione della competenza è andato a toccare, e a modificare, i sistemi

Page 36: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

36

di selezione e di valutazione del personale, i sistemi di formazione, i sistemi di

professionalizzazione, di retribuzione, quelli di sviluppo delle carriere e quelli

riguardanti la mobilità interna. In alcuni casi l’interesse per l’argomento è stato

tale da andare a modificare tutto l’insieme delle politiche delle risorse umane.

In quest’ottica le organizzazioni da una parte sono state chiamate ad azioni di

“mappatura attenta e dettagliata delle competenze necessarie alle posizioni; di

censimento delle competenze possedute dalle persone; di mantenimento delle

medesime attraverso azioni di aggiornamento, di ri-ordinamento, sviluppo,

mobilità” (Soro e Acquadro Maran, 2008, p. 30); dall’altra ad individuare quali

sono le competenze distintive del loro particolare contesto organizzativo,

competenze che Prahalad e Hamel (1990) denominano “core competencies”

aziendali, riferendosi ad “un’area di expertise di alta specializzazione in cui

vengono integrati processi tecnologici complessi e attività di lavoro” (Soro e

Acquadro Maran, 2008, p. 6). Sono queste le caratteristiche di successo che

detiene l’organizzazione ed il suo particolare contesto, che vengono identificate

dagli autori tramite tre caratteristiche:

offre accesso a una vasta varietà di mercati;

provvede un contributo significativo ai vantaggi percepiti per l’utente

finale;

è difficile da imitare da parte dei concorrenti (Prahalad e Hamel, 1990, pp.

83-84).

Sono queste dunque le competenze che, secondo Consoli (2002), sono in grado di

consentire all’azienda di raggiungere e mantenere nel tempo un vantaggio

competitivo, andando esse a toccare “processi strategici di importanza cruciale”

(Soro e Acquadro Maran, 2008, p. 6). Si è sviluppato quindi, accanto ad un

approccio individuale alle competenze, che ha come obiettivo la valutazione, la

formazione e lo sviluppo delle competenze dei singoli attori organizzativi, un

approccio strategico “volto a rilevare e anticipare le competenze emergenti, quelle

Page 37: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

37

che potranno definire il successo competitivo aziendale nel prossimo futuro”

(ibidem).

Sono state inoltre messe appunto, all’interno delle organizzazioni stesse, le

condizioni necessarie affinché i propri membri siano in grado di sviluppare le

proprie in un’ottica di mobilità interna finalizzata alla riorganizzazione

dell’azienda secondo la logica delle competenze. Secondo Le Boterf (2008),

infatti, “le imprese dovranno tendere a reclutare non solamente in funzione delle

capacità da esercitare in un determinato posto di lavoro, ma in funzione della

capacità dei candidati di realizzare un itinerario professionale che non può essere

pianificato o previsto fin dall’inizio” (ivi, p. 33). Questo rimanda ad un’ottica di

formazione continua in cui le competenze fondamentali per il successo all’interno

dell’organizzazione sono probabilmente quelle che nel paragrafo precedente sono

state indicate come trasferenti, ovvero come quelle in grado di svolgere da

facilitatori del trasferimento delle competenze di un individuo tra contesti

differenti. L’autore cita come esempio i casi di Thales, che nel 2001 ha spostato il

60% degli ingegneri e quadri dirigenziali presso le filiali tramite la realizzazione

di una cartografia delle competenze; del gruppo Bouygues, che nel quadro di una

gestione interprofessionale ha inserito la possibilità per un dipendente di

intraprendere un progetto di mobilità interna tramite un colloquio confidenziale

con il proprio direttore delle risorse umane (che ha avuto come risultato nel solo

2001 la mutazione professionale interna di quasi il 5% dei propri collaboratori); di

Schlumberger, che tramite la realizzazione di un career center nella propria

intranet ha permesso ai dipendenti di depositare in esso le proprie aspettative e

condizioni di mobilità, non riferite ad una posizione specifica, ma a disposizione

della direzione delle Risorse Umane che quindi è in grado di gestire la mobilità

interna tramite un sistema di competenze supportati da un sistema in grado di

monitorare le motivazioni personali di ogni dipendente.

Data la grande quantità e soprattutto la non omogeneità delle tipologie di

interventi messi in atto, Le Boterf (ivi, p. 251) precisa che non tutti sono stati

caratterizzati da una coerenza d’insieme, ma spesso ci si è trovati di fronte a

Page 38: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

38

interventi caratterizzati da quello che egli chiama “effetto arcipelago”, ovvero

l’introduzione di procedure “poco coerenti, addirittura divergenti, che coesistono

tra siti e dipartimenti della stessa organizzazione” (ibidem). Sebbene egli ammetta

che non esista una “one best way” riguardo al sistema di gestione delle

competenze, propone un modello in grado di “aiutare le imprese e le

organizzazioni a fare delle scelte, a percepirne meglio le dimensioni e le

implicazioni” (ivi, p. 252).

Il suo modello propone di adottare una “logica di competenza” in tutto l’insieme

della politica delle Risorse Umane ricercando una forte coerenza in tutte le sue

variabili in modo da creare la giusta convergenza per rendere lo sviluppo delle

competenze non soltanto una risorsa, ma soprattutto una fonte di creazione di

valore (ivi, p. 254). Investire in una logica di competenza vuol dire per l’autore

andare a toccare:

le relazioni sociali: tramite accordi che permettano l’inserimento della

formazione continua basata sulla gestione delle competenze come

obiettivo sia per l’azienda che per il suo dipendente;

i referenziali, i percorsi professionali e la mobilità interna: uscendo dalla

logica dell’imprigionamento nel posto di lavoro e dell’esecuzione di

compiti frammentati, concependo i referenziali come spazi di evoluzione

professionale costruiti in modo partecipativo;

i processi ed i progetti operativi: prendendo in considerazione in essi le

competenze individuali, collettive e di cooperazione necessarie al loro

successo;

l’organizzazione del lavoro: ottimizzandola in modo da renderla

favorevole alla costruzione di competenze individuali e collettive, e

assicurandogli la necessaria coerenza tra l’autonomia richiesta dai gruppi

e la delega del potere corrispondente;

il management: impegnandosi a delegare un reale potere manageriale ai

servizi per l’impiego, che gli consenta di prendere decisioni sulla

Page 39: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

39

formazione, l’organizzazione del lavoro, la mobilità, gli incentivi

economici;

la comunicazione interna ed esterna: impegnata a svolgere un ruolo di

rappresentazione cartografica che dia visibilità e leggibilità ai referenziali,

alle opportunità e ai percorsi-tipo, dando una visione delle possibilità di

evoluzione e organizzando un marketing per attirare talenti;

il piano di formazione: strutturandolo in modo che faccia acquisire le

giuste risorse, le competenze per agire su di esse e che proponga moduli a

scelta per rendere possibili i progetti personalizzati;

la valutazione e la validazione: organizzandole per farle avvicinare quanto

più possibile all’obbiettività;

la classificazione e la remunerazione: applicandole tramite regole esplicite

e forti, con criteri solidamente stabiliti. Il non tenerne conto espone il

sistema di gestione delle competenze al rischio di perdita di credibilità

(ivi, pp. 258-259).

È chiaro nel modello di Le Boterf (2008), che gli interventi per l’introduzione

della logica delle competenze nelle organizzazioni comporti una ristrutturazione

totale della gestione delle risorse umane al loro interno. Essa presuppone un

capovolgimento di prospettiva che renderebbe l’organizzazione “ciò che permette

di mettere in rete e in sinergia le competenze individuali e di mestiere” (ivi, p.

253). Lo sviluppo dell’impresa in questo modo non andrebbe più verso la

riduzione dei costi degli effettivi, ma verso l’ottimizzazione dell’utilizzo del

potenziale degli attori organizzativi.

2.6 La valutazione delle competenze

Diventa fondamentale, nel momento in cui un’organizzazione decide di usare

come strumento di sviluppo il sistema di competenze, che si sia in grado di

riconoscere e valutare queste in maniera quanto più oggettiva possibile.

Page 40: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

40

Arrivare ad una misurazione standardizzata delle competenze è in alcuni casi un

compito molto complesso, per questo Gallo e Boerchi (2011) includono nel

concetto di valutazione anche quei processi descrittivi che “risultano comunque

efficaci rispetto all’obiettivo che in alcuni contesti ci si pone” (ivi, p.25).

La valutazione delle competenze diventa fondamentale sia per l’organizzazione

che deve basarsi su di essa per monitorare il background professionale di cui si

dispone, sia per i suoi attori, che, potendosi trovare di fronte ad eventi di

transizione lavorativa, necessitano di conoscere quali siano le competenze

spendibili sul mercato del lavoro di cui sono in possesso.

La valutazione delle competenze può rispondere a diverse esigenze, delle quali gli

autori provano a fare una tassonomia (ivi, p. 26).

Mappatura: per conoscere e valorizzare le risorse esistenti.

Tavole di rimpiazzo: per gestire la corretta pianificazione delle risorse.

Incentivi economici: per sostenere il sistema in rapporto a obiettivi e

strategie.

Azioni di sviluppo e coaching: per fornire strumenti di gestione delle

risorse umane ottimali.

Individuazione di risorse suscettibili di mobilità.

Integrazione nel processo di analisi di valutazione della posizione e

della prestazione.

Sono stati sviluppati negli anni diversi strumenti per la valutazione delle

competenze, una varietà che è comunque riconducibile a due metodologie

fondamentali e preponderanti nel panorama organizzativo attuale: il Bilancio di

Competenze, e l’Assessment Center. Il loro obiettivo è quello di costruire un

“portafoglio di competenze”, strumento che permette l’archiviazione e il

monitoraggio, tramite dossier e fascicoli personali, delle competenze sviluppate

da ogni soggetto e che “più di ogni altro, permette di dare visibilità in modo

Page 41: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

41

strutturato ed efficace, alle competenze possedute da una persona” (Gallo e

Boerchi, 2011, p. 35).

Il Bilancio di Competenze, sviluppatosi nel contesto francese a partire dagli anni

’90, si caratterizza per una forte connotazione autovalutativa. Esso, sottolineano

gli autori, ha un carattere prevalentemente orientativo più che valutativo in senso

stretto, e presuppone di analizzare le competenze dei soggetti in funzione di una

loro migliore spendibilità sul mercato del lavoro. Esso viene progettato e

strutturato in maniera personale a partire dalla situazione professionale attuale e

coerentemente agli obiettivi che il soggetto vuole raggiungere, e viene sviluppato

in ottica consulenziale, richiedendo quindi un forte investimento partecipativo del

soggetto.

L’Assessment Center, sviluppatosi invece nel contesto statunitense durante la II

Guerra Mondiale, si pone in un’ottica speculare rispetto al Bilancio di

Competenze, ovvero quella di ricercare negli individui le competenze individuate

e ricercate dalle organizzazioni. Esso si serve di un gran numero di strumenti quali

test, colloqui, prove di gruppo, in basket, simulazioni, in modo da arrivare ad un

giudizio quanto più oggettivo possibile tramite l’eliminazione degli errori

sistematici di valutazione. Esso viene condotto e presidiato da Assessors,

adeguatamente formati e presenti contemporaneamente durante le prove, in modo

da assicurare una valutazione finale che sia il meno soggettiva possibile. È

utilizzato soprattutto nei processi di selezione e per individuare i piani di

formazione, ma negli ultimi anni è stato introdotto anche come metodo di

valutazione del potenziale per la mobilità interna, per lo sviluppo delle

competenze e per l’individuazione di talenti. Gli autori sottolineano che questa,

non essendo una metodologia partecipativa, ed essendo i soggetti all’oscuro del

significato di ciò che stanno facendo, è una metodologia poco incline allo

sviluppo se non prevede di fornire agli individui il significato della valutazione, e

soprattutto un feedback in grado di scatenare in essi un momento di riflessione.

Per questo motivo essi propongono uno sviluppo dell’Assessment Center, ovvero

il Developement Center, che propone come ultimo step un colloquio di feedback,

Page 42: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

42

che diventa per i soggetti “il primo step dello sviluppo della risorsa: consente di

aumentare e migliorare il proprio livello di consapevolezza ed auto-valutazione

per orientarsi allo sviluppo” (ivi, p. 30)

L’auto-valutazione è un elemento fondamentale per lo sviluppo delle competenze

degli individui. Essa ha il fine di “mobilitare le energie della persona in funzione

della comprensione ed espressione dei propri livelli di competenza” (ivi, p. 187),

ma necessita di individui in grado di condurre un buon esame della realtà e

motivati all’auto-sviluppo.

Page 43: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

43

3. COMPETENZE PER IL CAMBIAMENTO

3.1 Premessa

Nei primi due capitoli di questo scritto si sono affrontati due temi che rivestono

una centralità assoluta nella letteratura organizzativa attuale. Da un lato il tema

del cambiamento, del quale si è sottolineato il carattere di necessità e di scarsa

prevedibilità degli esiti; dall’altro quello delle competenze, del quale si è

sottolineato invece l’importanza nel successo delle organizzazioni.

In questo terzo capitolo si proporrà un tentativo di sintesi sui due temi, partendo

da una domanda che appare quasi scontata: può il modello delle competenze dare

una risposta alla scarsa prevedibilità degli esiti di un processo di cambiamento? In

altre parole: esistono competenze che permettono di prevedere una buona riuscita

di un processo di cambiamento?

La letteratura, pur in un panorama che presenta molteplici punti di vista e alcuni

tratti di ambiguità, sembra dare una risposta affermativa a questa domanda: le

organizzazioni che cambiano, “necessitano di persone in possesso di nuove

competenze/capacità che vanno sviluppate e formate adeguatamente.” (Soro e

Acquadro Maran, 2008, p. 26). Si fa in questo caso riferimento a quelle soft skill

che permettono di cogliere appieno l’urgenza della necessità del cambiamento,

che permettono di creare una visione della nuova situazione verso la quale

dirigersi, ma soprattutto che permettono di superare le resistenze che ogni

cambiamento porterà con se in quanto portatore di insicurezza.

Solo una volta superati questi scogli infatti si sarà in grado di andare a trasformare

efficacemente quegli aspetti della vita organizzativa il cui rimodellamento è tanto

duro quanto necessario per il buon esito di un cambiamento organizzativo: i

modelli organizzativi, i ruoli, le modalità gestionali e gli stili di leadership

(ibidem).

Page 44: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

44

3.2 Un iceberg che si scioglie

Uno dei maggiori contributi presenti in letteratura riguardante la tematica del

cambiamento organizzativo secondo una logica di riconoscimento, gestione e

sviluppo delle competenze arriva da John Kotter. Il suo contributo parte dal

presupposto che, per via del nuovo scenario socio-economico ed organizzativo, è

mutata la natura stessa del concetto di cambiamento organizzativo. Mentre in

passato le trasformazioni dipendevano da motivi quali il cambiamento delle

norme, delle regole di riferimento, delle linee guida e delle strategie del

management, delle attese dei clienti e delle persone che facevano parte

dell’organizzazione stessa, “oggi ci troviamo di fronte a una serie di mutamenti

che evidenziano la presenza di inediti fattori di successo per l’efficacia e la

competitività delle aziende” (Soro e Acquadro Maran, 2008, p. 26)

“Per affrontare con successo questi percorsi trasformativi, le organizzazioni

necessitano di persone in possesso di nuove competenze/capacità […] non

riconducibili al solo piano strettamente tecnico-professionale, ma anche al piano

relazionale ed emotivo” (ibidem).

A tal proposito Kotter (1996) sviluppa un modello ad otto fasi che ha riscosso

rapido successo nell’ambiente manageriale, e che ha poi successivamente

arricchito e trasformato in chiave metaforica in una favola moderna, basandosi su

una teoria dell’apprendimento fondata su “storie facili da ricordare e stimoli

visivi” (Kotter e Rathgeber, 2005, p. 140).

Nata come esercizio studiato per essere utilizzato dai manager e dagli altri attori

organizzativi coinvolti in un processo di cambiamento, è divenuta, grazie

all’applicazione nei più svariati contesti aziendali, una storia efficace in grado di

esplicare il modello di Kotter in un linguaggio tanto semplice quanto evocativo.

Kotter punta sul fatto che ogni cambiamento sul livello emotivo porta a

significative trasformazioni comportamentali, e sviluppa il suo modello sotto

forma di racconto proprio perché pensa che “una buona storia è in grado di

Page 45: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

45

indurre all’azione una vasta gamma di persone in modo notevolmente diverso dai

testi professionali più tradizionali” (ibidem).

La storia narra di una colonia di pinguini il cui iceberg, sul quale vivono da

quando hanno memoria, si sta sciogliendo. Dare soluzione ad un problema del

genere implica per loro riconoscere il problema come reale, rompere lo status quo

basato su tradizioni e cultura dure da modificare, insomma, un cambiamento

radicale rispetto a quello che sono sempre stati.

Il cambiamento viene affrontato con un metodo che prevede passaggi chiave

messi in atto e analizzati attentamente dall’autore tramite i suoi “attori”. Questi

passaggi chiave sono gli stessi che Kotter (1995) aveva indicato nel suo modello.

Secondo l’autore infatti affrontare il cambiamento significa:

preparare il terreno;

decidere cosa fare;

agire;

fare in modo che il cambiamento diventi duraturo.

Questi passaggi chiave vengono ulteriormente sviluppati dall’autore, e sono alla

base del suo modello ad otto fasi.

Creare una sensazione di urgenza, facendo comprendere a tutti la necessità

del cambiamento e l’urgenza di agire.

Creare un team che guidi il cambiamento con forti doti di leadership,

credibilità, capacità comunicativa, autorità e competenze analitiche e

motivazionali.

Sviluppare la visione e la strategia di cambiamento spiegando con

chiarezza come sarà il futuro e in che modo la visione si trasformerà in

realtà.

Comunicare la visione del cambiamento assicurandosi che più persone

possibili comprendano e accettino la visione e la necessaria strategia.

Delegare all'azione rimuovendo le barriere.

Page 46: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

46

Generare successi a breve termine fissando obiettivi intermedi e

raggiungibili.

Non riposare sugli allori ma insistere fino a quando la visione diventerà

realtà.

Creare una nuova cultura, perseverando nel nuovo modo di agire e

assicurarsi che abbia successo finché non avrà forza sufficiente per

rimpiazzare le vecchie abitudini.

Fig. 3.1, modelli di cambiamento di Kotter (1995) e Lewin (1951) a confronto.

Il modello di Kotter si basa sul modello tripartito di Lewin (1951, vedi fig. 3.1), in

quanto le sue otto fasi possono essere viste come un approfondimento delle tre

fasi di scongelamento, cambiamento e ricongelamento di Lewin. Ne risulta uno

sviluppo interessante sia perché ne da una versione operazionalizzata, in grado di

essere applicata nei più svariati contesti organizzativi e di gruppo, sia perché pone

come centrale la questione degli agenti del cambiamento, ovvero di chi porta

Page 47: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

47

avanti tramite le sue azioni concrete il processo di cambiamento all’interno

dell’organizzazione.

Il team di pinguini che nella favola di Kotter (2005) è in grado di trasformare

radicalmente le abitudini della colonia nella quale vive, facendola evolvere da

gruppo stanziale a gruppo nomade per rispondere alle esigenze di un ambiente

non più sicuro, non è composto da caratteri casuali. Essi riescono nel compito di

portare a termine il programma di cambiamento, compito che sfugge a due

organizzazioni su tre che tentano di cambiare (Kotter, 1996; Aiken, e Keller,

2009), sfruttando proprio quelle che Le Boterf (2008) chiama competenze di

cooperazione, che permettono alle diverse competenze specifiche di ognuno di

loro di lavorare in sincrono in funzione dell’obiettivo del gruppo.

Ogni carattere citato da Kotter è infatti portatore di proprie competenze specifiche

che da sole sarebbero risultate inutili al fine di portare il processo al compimento

reale. L’enfasi del’autore sulla creazione di un team di successo va proprio in

questa direzione. Sono molti gli autori che trovano infatti nel termine “agenzia del

cambiamento” (Stoker, 2009) una nozione più valida e forte di quella di singolo

agente del cambiamento. Lo sottolineano Buchanan e Badham (1999), scrivendo

che il cambiamento andrebbe portato avanti da una “squadra di personaggi”

perché sia effettivo. Ci si trova all’interno di un profilo di competenze che

privilegia la dimensione relazionale. Gli agenti del cambiamento dovranno quindi

“acquisire e sviluppare una professionalità e nuove competenze intese non come

un surplus psicologico, ma come leva primaria di gestione” (Soro e Acquadro

Maran, 2008, p. 34).

Ciò naturalmente non vuol dire che le competenze “hard” perdono di significato,

ma che esse in un contesto di cambiamento vanno affiancate giocoforza a

“capacità di gestire gruppi di lavoro, di facilitare la comunicazione, di controllare

situazioni critiche e conflittuali, e soprattutto, di favorire la possibilità di ragionare

anche in situazioni di incertezza e turbolenza, e, conseguentemente, di prendere

decisioni come frutto di pensiero piuttosto che come modo per scaricare subito,

nell’azione, l’angoscia che la gestione di situazioni critiche comporta” (ibidem).

Page 48: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

48

3.3 Compiere il cambiamento

Kotter (2002) nell’esplicazione del suo modello, è molto attento nel sottolineare

come una delle fasi più importanti e rischiose del processo di cambiamento

organizzativo sia quella in cui sembra esserci la tentazione di crogiolarsi dei primi

risultati ottenuti non prestando attenzione alle resistenze che si sono manifestate

durante la fase di implementazione.

Quaglino nel 2007 introduce a questo proposito il concetto di compimento del

cambiamento. Egli sottolinea come molto spesso, anche se il processo di

cambiamento è progettato nel migliore dei modi, la sua messa in atto comporti

una fatica tale da non riuscire a conseguire pienamente l’esito atteso.

Bisogna partire dal presupposto che la situazione di un’organizzazione durante un

processo di cambiamento non è statica, bensì è pregna di forze che spingono in

direzioni diverse e a volte contrastanti, e che in un contesto come questo non è

raro imbattersi in situazioni inizialmente non previste. In questo caso risulta di

fondamentale importanza riuscire a riconoscere questo tipo di situazioni,

prenderne atto, darne un senso all’interno dell’intero processo e quindi

programmare le azioni per farvi fronte.

Uno dei rischi che Quaglino (2007) segnala è infatti quello di allentare la tensione

in seguito all’ottenimento di successi nelle prime tappe del processo. “Compiere il

cambiamento significa fare tutto ciò che si è ritenuto qualificante nel momento

della progettazione e tutto ciò che è diventato necessitante a mano a mano che lo

si stava attuando” (ivi, p.123). Per necessitante egli intende “tutto ciò che non è

stato previsto nella fase di progettazione ma che è sicuramente emerso nel

momento dell’implementazione e che non può non essere affrontato, non avere

seguito, semplicemente perché non era compreso nel disegno” (ibidem)

L’attenzione va quindi sempre riposta sull’obiettivo del processo di cambiamento,

sul reale bisogno dell’organizzazione. Questo vuol dire programmare azioni

coerenti non tanto rispetto alla decisione passata, quanto rispetto al traguardo

previsto. Per fare ciò è necessaria una progettazione aperta e flessibile, ma

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49

soprattutto attenzione nel riconoscere e affrontare quelle resistenze che sono

inevitabilmente coinvolte, anzi caratterizzano, ogni processo di cambiamento.

Sostiene infatti l’autore: “l’insuccesso del cambiamento è sempre la vittoria delle

resistenze” (ivi, p.125). Superare le resistenze è però possibile, a patto che

vengano rispettate precise condizioni durante la messa in atto dell’intervento,

condizioni che riguardano i comportamenti da promuovere e attuare al fine di

attuare il compimento del cambiamento organizzativo.

Quaglino (ivi, p.127) individua quattro condizioni tramite le quali è possibile

superare le resistenze e quindi giungere al compimento del cambiamento.

Coinvolgere, ovvero sollecitare la propositività per evitare il manifestarsi

dell’oppositività.

Motivare, ovvero catalizzare l’energia motivazionale per procedere

effettivamente nella direzione del cambiamento, allontanando il pericolo

di una accettazione senza impegno.

Sostenere, ovvero promuovere l’azione in termini di percorso graduale e

di riposizionamento, che sappia affrontare la necessità e l’imperativo di

cambiare in modo aperto e flessibile, tramite azioni protratte, intense e

continue.

Potenziare, ovvero impegnarsi a ragionare con tutti coloro che sono

chiamati al cambiamento, in termini di possibilità di crescita e sviluppo, a

chiarire i vincoli e a costruire le opportunità, a sostenere il

riposizionamento attraverso un reale potenziamento di competenze.

Non è un caso che queste condizioni siano coniugate all’infinito. Esse

presuppongono infatti dei comportamenti da attuare in funzione del loro

raggiungimento, comportamenti che necessitino una base di competenze

specifiche per essere messi in atto.

È palese che nel coinvolgere, motivare, sostenere e potenziare siano implicate

tutte quelle competenze “soft” che in precedenza sono state indicate come soft

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50

skills o competenze trasversali, siano esse di tipo organizzativo, siano esse

relazionali, siano esse individuali, skills che, come sottolinea l’autore stesso,

vanno potenziate in tutti gli attori organizzativi tramite interventi specifici, che

permettano ad essi di giungere ad un riposizionamento virtuoso rispetto alla nuova

situazione organizzativa verso la quale muove ogni intervento di cambiamento.

3.4 Quali competenze per il cambiamento?

Data una risposta affermativa alla prima domanda, ovvero se esistano competenze

correlate con il compimento effettivo di un processo di cambiamento

organizzativo, resta da indagare quali esse siano e in che modo possano risultare

decisive nelle varie fasi del cambiamento.

La letteratura organizzativa si divide nel trattare questo argomento a seconda della

tipologia di focus che i vari autori utilizzano nella propria analisi.

C’è grande sintonia nella letteratura di riferimento nel considerare che le

competenze fondamentali per un successo in un cambiamento sono quelle che

permettano di minimizzare le resistenze al cambiamento degli attori organizzativi,

ma se da una parte c’è chi si sofferma più ad un livello di gruppo, e quindi mette

in primo piano soft skills di tipo relazionale per sottolineare l’importanza della

cooperazione tra i diversi agenti del cambiamento, dall’altra c’è chi pone

l’accento su soft skills di tipo individuale per indagare su chi sono gli attori

organizzativi che garantiranno una minore resistenza al processo e su quali

caratteristiche essi abbiano. C’è inoltre chi a queste due tipologie di competenze

affianca quelle di tipo organizzativo - gestionale in grado di tradursi in azioni di

supporto concreto al progetto.

Stoker (2009) afferma che il ruolo e le skills degli agenti di cambiamento sono

cruciali nel compiere o facilitare il cambiamento in maniera effettiva. Un agente

del cambiamento privo di quelle competenze relazionali che gli permettano di

intervenire nel processo politico interno, di spingere verso azioni specifiche, di

influenzare le decisioni e i decisori, di affrontare le critiche e le sfide, di superare

Page 51: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

51

le resistenze e di mantenere la sua coerenza di ruolo, è inevitabilmente destinato a

fallire (Buchanan e Badham, 1999).

Come deve comportarsi quindi l’agente del cambiamento per essere un

partecipante virtuoso nel processo di cambiamento? Secondo Buchanan e Boddy

(1992) egli deve dare supporto alla “public performance” (ivi, p.27) in maniera

“razionalmente graduale, visibilmente partecipativa, ricercando e mantenendo il

supporto nell’identificare e bloccare le resistenze” (ibidem).

Balogus (2008) enfatizza l’importanza di competenze interpersonali e

comunicative più che quelle tecniche come fattori di successo in un processo di

cambiamento organizzativo. Specificano anzi ancora di più su che tipo di

competenze puntare, ovvero giudizio politico, capacità di fare rete e propositività

in azioni di backstage in grado di favorire lo scioglimento delle resistenze,

competenze che devono essere tenute in primo piano dai decisori, che devono

fornire supporto e formazione adeguata su questo piano, soprattutto a quegli

elementi del middle management che si troveranno nel difficile ma centrale ruolo

di dover “assorbire lo shock” del cambiamento, dovendo rispondere da un lato

alle esigenze della dirigenza, e dall’altro all’esternarsi delle resistenze al

cambiamento da parte dei propri colleghi e collaboratori. Questo delicato ruolo li

costringerà spesso ad un lavoro fortemente emotivo, privo di un copione

prestabilito, e scarsamente riconosciuto.

Spreitzer e Quinn (1996), spostano invece l’attenzione su competenze, sempre

“soft”, ma di tipo individuale e su quali di queste garantiscono un coinvolgimento

maggiore nel processo di cambiamento da parte degli attori organizzativi. Essi

nella loro ricerca che ha preso in esame ruoli, skill e supporto sociale, hanno

riscontrato che quelli con i più alti livelli di self confidence e supporto sociale

percepito erano i più aperti ad un cambiamento organizzativo. La loro ricerca ha

inoltre evidenziato come fossero tre i comportamenti fondamentali per quel che

riguarda invece le competenze di tipo relazionale che contraddistinguevano gli

individui più propensi a rendersi partecipi di un processo di cambiamento, ovvero

Page 52: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

52

la condivisione di informazioni, la condivisione di risorse e la ricerca di accesso ai

network chiave.

Tornando sul piano individuale, non bisogna dimenticare una questione

fondamentale implicata in ogni cambiamento organizzativo: quella dello stress

generato dal cambiamento. Come già sottolineato nel primo capitolo ogni

cambiamento organizzativo porterà inevitabilmente con se sentimenti di

incertezza percepiti da parte degli attori organizzativi. Questi sentimenti di

incertezza riguardano la propria posizione all’interno dell’organizzazione, le

pressioni di ruolo, il timore di perdere il lavoro, la riduzione delle risorse

disponibili (Hui e Lee, 2000). Altri timori riguardano l’alterazione o il

cambiamento delle competenze tecniche necessarie per il soddisfacimento delle

richieste organizzative (Shabracq e Cooper, 1998). Secondo gli autori infatti,

quando i dipendenti non riescono ad apportare i necessari adeguamenti, il senso di

incertezza sul futuro aumenta causando stress.

È il senso di inadeguatezza rispetto a queste richieste il detonatore principale dello

stress e al contempo l’ostacolo al cambiamento. Kotter e Cohen (2002) hanno

fatto notare che i problemi fondamentali dei cambiamenti organizzativi non sono

tanto la strategia, la struttura, la cultura o il sistema. I veri problemi sorgono al

momento di decidere come aiutare i dipendenti ad adattarsi al cambiamento. Ciò

che va evitato in questo caso, è che una percezione negativa dell’evento possa

portare a sentimenti negativi di sfiducia e disaffezione nell’organizzazione, che

possono sfociare in comportamenti di resistenza o in vero e proprio disagio

psicologico e minare le basi dei rapporti di cooperazione tra le persone.

Infatti, in ossequio al modello transazionale di Lazarus e Folkman (1984) che

definiscono lo stress come condizione dinamica derivante dall’interazione di

variabili ambientali e individuali che vengono mediate da variabili di tipo

cognitivo, si può affermare che gli eventi saranno stressanti per l’individuo nella

misura in cui egli li percepirà come tali. Di fondamentale importanza saranno

questa volta proprio quelle variabili cognitive individuali in grado di moderare la

risposta di stress, in quanto da tale mediazione dipenderà la valutazione che

Page 53: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

53

l’individuo darà allo stimolo stressante e da questa valutazione deriverà la sua

risposta comportamentale.

Mallak (1998) introduce a questo proposito il costrutto di resilienza, ovvero

l’abilità di un individuo o di un’organizzazione nel progettare e incrementare

comportamenti adattivi positivi a seconda della situazione nella quale ci si trova,

riducendo al minimo lo stress correlato.

Kendra e Wachtendorf (2003) definiscono la resilienza come la capacità di trovare

sempre nuove soluzioni, di comunicare in modo efficace e di auto-organizzarsi di

fronte a situazioni di crisi.

La caratteristica della resilienza è quella di consentire agli individui di “agire sul

proprio flusso narrativo, interpretando gli eventi e reinterpretando la propria

storia, attraverso una trasfigurazione del proprio Sé” (Laudadio, 2011, p. 2). In

questo modo essi saranno in grado di affrontare e superare con successo le

avversità importanti della vita, riuscendo ad essere discontinui rispetto al proprio

passato, in modo da essere in grado di volta in volta di autodeterminarsi.

Scrive infatti Laudadio (2011) che “in un periodo storico in cui il cambiamento

sembra essere l’unica costante, in cui la crisi non è più un evento sporadico ma

ciclico e ricorrente, la più importante delle competenze è la capacità di

ambientarsi” (ibidem), intesa non come adeguamento passivo al contesto, ma

come “capacità di ridisegnare la relazione con il proprio ambiente, valorizzando

se stessi e il proprio contesto” (ibidem).

È importante in questo concetto la svolta dell’ottica in chiave sistemica:

l’individuo resiliente non è alla ricerca dell’omeostasi ovvero della capacità di

mantenere un equilibrio interno pur nel variare delle condizioni esterne, ma

dell’alleostasi, ossia del mantenimento della stabilità attraverso il cambiamento.

Essa riguarda la persona nella sua interezza, e in tutti i suoi sistemi: l’individuo e

il suo microsistema, la famiglia, l’azienda in cui lavora, il gruppo di cui si fa parte

e la società nella quale si vive (ibidem)

Secondo il modello teorico messo a punto da Richardson (2002) la resilienza

viene presentata attraverso un semplice schema lineare che raffigura una persona

Page 54: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

54

(o un gruppo) che passa attraverso diversi stadi, in una logica di rottura e

ristrutturazione.

Omeostasi: l’individuo si trova in una situazione di equilibrio

biopsicospirituale.

Evento di rottura: le richieste dell’ambiente esterno, gli stressori, le

avversità mettono in crisi l’omeostasi e rendono necessaria una risposta di

cambiamento.

“Povero me …”: affiorano nell’immediato emozioni che spingono

all’introspezione come offesa, sentimento di perdita, senso di colpa, paura,

perplessità, confusione, smarrimento. È questa un’occasione per ricercare

comprensione e ascolto. Nello specifico, per il cambiamento le emozioni si

rivolgono verso il dubbio o la paura di non essere in grado di imparare le

nuove competenze necessarie per portare avanti in maniera adeguata la

nuova situazione.

“Cosa farò ora?”: è la domanda che affiora in risposta a queste emozioni a

livello conscio o inconscio e che da il via al processo i reintegrazione.

La reintegrazione consiste in questo caso nel tipo di coping messo in atto e

nell’azione concreta che ne deriva. Secondo Richardson (2002) questa può avere

diversi esiti ordinati qualitativamente secondo la logica di sviluppo delle

competenze di resilienza.

Reintegrazione resiliente: attraverso l’evento di rottura si fa un’esperienza

di crescita o di intuizione. Il processo che porta a questo tipo di

reintegrazione è caratterizzato da un’esperienza introspettiva di

identificazione, accesso, sviluppo e potenziamento delle competenze di

resilienza. Esse costituiscono una protezione addizionale dagli stressori.

Reintegrazione omeostatica: gli individui rifiutano le opportunità di

crescita derivanti dall’evento di rottura per evitare di affrontarlo. Si ricerca

un nuovo equilibrio indipendente dall’avvenimento di rottura. L’essenza

Page 55: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

55

della reintegrazione omeostatica è di “curare” la rottura “semplicemente

andando oltre” (Richardson, 2002, p. 312).

Reintegrazione con perdita: gli individui rinunciano a parte delle loro

motivazioni, speranze o impulsi per dover ristabilire un equilibrio in

risposta all’evento di rottura.

Reintegrazione disfunzionale: gli individui ricorrono a sostanze,

comportamenti distruttivi ricercando un nuovo equilibrio ma non

trovandolo. Molte persone che rispondono in modo disfunzionale hanno

punti ciechi nelle loro competenze di introspezione che richiedono terapie

specialistiche per essere riempiti.

L’obiettivo pratico è naturalmente quello di spingere gli individui verso una

reintegrazione resiliente, in quanto essa “si riferisce ad un coping verso la crescita,

la conoscenza di se, l’accrescimento della forza e della qualità delle competenze

di resilienza” (Richardson, 2002, p. 311). Questo tipo di risposta va inoltre

routinizzato in quanto la situazione di equilibrio omeostatico è “bombardata in

maniera routinaria da nuove richieste esterne, stressori, avversità. […] Gli

stressori cronici colpiscono le persone maggiormente quando esse non sviluppano

con costanza competenze di resilienza durante la loro vita ” (ibidem).

Le competenze di resilienza sono fondamentali proprio in quel passaggio che va

dall’introspezione alla ricostruzione. Il possesso, o lo sviluppo, di questo tipo di

competenze permette all’individuo di affrontare eventi di cambiamento in maniera

virtuosa e di saper riorganizzare e arricchire la propria persona nella nuova

situazione.

Resta da capire quali siano le competenze che caratterizzano l’individuo

resiliente. La letteratura offre molto materiale riguardante l’argomento. Esso

diventa di interesse per la comunità scientifica grazie ai primi studi di Werner e

Smith (1992) che hanno indagato sulle caratteristiche delle persone che riuscivano

ad avere successo nell’affrontare condizioni ad alto rischio. Essi, in uno studio

longitudinale durato 30 anni, hanno preso in esame 700 ragazzi di cui 200

Page 56: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

56

cresciuti in condizioni a rischio quali stress pre-natale, povertà, instabilità

giornaliera, e seri problemi psichici nei genitori.

Hanno notato che 72 tra questi 200 erano riusciti, nonostante queste difficoltà, ad

adattarsi bene e ad avere uno sviluppo comparabile a quelli nelle condizioni di

controllo e sono passati quindi ad analizzare le caratteristiche che avevano

sviluppato per affrontare un ambiente ad alto rischio con successo. Tra di questi

sembravano avere fondamentale importanza, oltre a caratteristiche demografiche

quali sesso e costituzione, competenze quali l’essere socialmente responsabili,

l’adattabilità, la tolleranza, l’orientamento al raggiungimento degli obiettivi, la

comunicazione, la self confidence.

Nel 1993 Wolin e Wolin, in uno studio che ha coinvolto 25 adulti cresciuti in

contesti familiari altamente problematici e che hanno incrementato notevolmente

il loro tenore di vita rispetto a quello che avevano conosciuto da giovani, hanno

riscontrato delle caratteristiche che li accomunavano e le hanno sintetizzate in

sette categorie alle quali hanno dato il nome di resilienze. Queste categorie di

caratteristiche o competenze della persona resiliente sono: intuizione,

indipendenza, creatività, umorismo, iniziativa, competenze relazionali e

orientamento morale.

Questi studi hanno stimolato molto l’interesse della comunità scientifica attorno

all’argomento della resilienza, che ha visto un fiorire di studi nei più svariati

contesti, fino a spingere due importanti riviste, American Psycologist e Journal of

Social and Clinical Psychology, a pubblicare nel 2000 due volumi speciali

sull’argomento, nei quali diversi autori descrivevano le competenze di resilienza

molto dettagliatamente integrando quelle di Wolin e Wolin (1993) con

competenze quali il pensiero positivo, la fiducia, l’autodeterminazione, la ricerca

dell’eccellenza, la saggezza, il self control, la gratitudine, la capacità di perdono,

l’umiltà. (Richardson, 2002, p. 310)

Richardson (2002), nel tentativo di sintetizzare la mole di risultati prodotti

sistematizza queste caratteristiche in quattro macro-categorie: spontaneità, etica,

intuito e nobiltà d’animo. Come si può capire la resilienza viene vista dall’autore

Page 57: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

57

come una macrocompetenza composta da una serie di diverse soft skills

individuali, di relazione e organizzative che tracciano un vero e proprio identikit

della persona che non solo è in grado di affrontare con successo lo stress che un

cambiamento organizzativo produce, ma che è anche in grado di fare del

cambiamento la fonte stessa del suo equilibrio interno.

Lo stesso costrutto, proprio per via della sua inclinazione sistemica, è stato col

tempo trasportato in modo trasversale sui gruppi e sulle organizzazioni stesse.

Bell (2002) identifica la resilienza organizzativa come “la capacità di un’azienda

di rispondere rapidamente e adeguatamente a cambiamenti imprevisti; essa

corrisponde all’abilità di riprendersi e superare le difficoltà con velocità,

determinazione e precisione” (Laudadio, 2011, p. 4).

Laudadio (2011), scrive a questo proposito che “essere resilienti significa

rimanere altamente produttivi anche nelle turbolenze e nelle difficoltà, significa

capitalizzare esperienze e far tesoro di esse così come dei propri errori per

guardare avanti con energia, fiducia nei propri mezzi e voglia rinnovata di

superare positivamente nuove sfide” (ibidem).

3.5 Un tentativo di sintesi

All’inizio di questo capitolo ci si chiedeva quali competenze trasversali potessero

risultare fattori di successo all’interno di un processo di cambiamento

organizzativo e in che maniera potessero esplicare questa funzione.

Partendo quindi da un modello di cambiamento, quello di Kotter (2002), che

mette in un ruolo centrale il sistema di competenze e le competenze di

cooperazione come leva per promuovere e realizzare un cambiamento

organizzativo tramite il racconto metaforico “Il nostro Iceberg si sta sciogliendo”

(Kotter e Rathgeber, 2005), si è andati innanzitutto ad indagare sulla definizione

di successo di cambiamento e sulle sue modalità di messa in atto.

Si è concluso, grazie al contributo di Quaglino (2007), che un cambiamento

organizzativo ha realmente successo solo nel momento in cui esso arriva davvero

Page 58: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

58

ad essere compiuto. Compiere il cambiamento organizzativo vuol dire mettere in

atto tutte quelle azioni che probabilmente non erano state progettate ma che sono

diventate necessarie durante l’implementazione del progetto di cambiamento.

Si fa riferimento in questo caso a tutte quelle situazioni inattese, frutto della natura

dinamica dei processi di cambiamento che fa si che alle spinte verso il

cambiamento si contrappongano sempre resistenze anche forti (Lewin, 1951).

Esse vanno puntualmente individuate, riconosciute ed affrontate tramite azioni tra

le quali Quaglino (2007) riconosce come necessaria quella dello sviluppo e

potenziamento delle competenze degli attori organizzativi in vista del reale

compimento del processo di cambiamento organizzativo.

Diventa, quindi, di centrale importanza individuare quali siano le competenze

sulle quali puntare, ovvero quelle in grado di minimizzare le resistenze al

cambiamento, fornendo alle persone la forza per affrontarle.

Il costrutto della resilienza e il relativo modello di Richardson (2002) sembrano

dare una risposta a questa domanda, in quanto tramite questa e le relative

competenze di resilienza si propone come obiettivo dell’organizzazione che vuole

cambiare la ricerca dell’ alleostasi, ossia del mantenimento della stabilità

attraverso il cambiamento. È questo un rimando diretto al racconto di Kotter

(2005), nel quale i pinguini costretti a cambiare per via dello scioglimento del

proprio iceberg, piuttosto che trovare un altro iceberg sul quale stabilirsi, hanno

imparato dal dialogo con un gabbiano la bellezza dell’essere nomadi.

Hanno infatti messo in pratica, quella che Richardson (2002) chiama

reintegrazione resiliente, che permette di vivere gli eventi di rottura come

momento di crescita e di conoscenza di sé e degli altri, e di adattarsi in maniera

proficua per sé e per l’organizzazione alla nuova situazione verso la quale il

cambiamento spinge.

È sulle competenze di resilienza che quindi bisogna puntare per il successo di un

cambiamento organizzativo. Essendo esse trattabili a livello sistemico tra queste

possiamo comprendere, in un tentativo di sintesi, quelle individuali, di gruppo e

organizzative elencate dalle varie ricerche citate in questo capitolo.

Page 59: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

59

PARTE SECONDA

Page 60: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

60

4. ANALISI DEL CASO DI UNA APL ITALIANA

In questo capitolo verrà descritto uno studio di caso riguardante i temi presi in

analisi nei capitoli precedenti: cambiamento organizzativo, competenze, e in che

maniera queste ultime possano influire nella messa in atto e nel compimento del

primo.

4.1 Obiettivi

Fino a questo punto si è considerato il fenomeno del cambiamento organizzativo e

le competenze trasversali che siano in qualche modo facilitatrici per la messa in

atto e per il compimento effettivo del cambiamento stesso. Dalla rassegna

bibliografica presentata sin’ora, sono emerse come fondamentali per il

raggiungimento di tali obiettivi quelle soft skills che permettano di avere una

reintegrazione resiliente in seguito agli eventi di rottura, quali i cambiamenti

organizzativi possono essere vissuti. Per reintegrazione resiliente, si ricorda, si

intende il riuscire a vivere questi momenti di rottura come momenti di crescita,

dai quali far scaturire un’intuizione, un’esperienza introspettiva di identificazione,

accesso, sviluppo e potenziamento delle competenze (Richardson, 2002).

Si è inoltre trovato, nel modello di Kotter (1996), un background teorico ideale

per l’analisi dei processi di cambiamento seguendo un’ottica di riconoscimento e

sviluppo delle competenze, in una logica di empowerment individuale e

organizzativo. L’obiettivo di Kotter, infatti, seppur analizzando l’argomento dal

punto di vista delle pratiche organizzative, diversamente da Richardson che lo

analizza da un punto di vista individuale, è il medesimo: il raggiungimento

dell’alleostasi, ovvero della ricerca della stabilità attraverso il cambiamento.

In questo capitolo verranno riconsiderati tali argomenti con il fine di analizzare,

tramite un’indagine empirica, il caso di un’Agenzia per il Lavoro italiana che si

Page 61: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

61

trova, nel momento in cui la ricerca viene effettuata, a dover attuare un

consistente cambiamento organizzativo al suo interno.

Questo cambiamento ha portato, all’interno dell’agenzia, ad una forte

riorganizzazione dei ruoli e delle mansioni fin’ora esplicate, e coinvolge tutti i

livelli dell’organizzazione, dal management agli esecutivi di filiale. Tale

riorganizzazione, alla luce di quanto espresso fin’ora, può essere a tutti gli effetti

considerata un evento di rottura, in quanto tramite essa e l’espletamento di nuovi

ruoli e mansioni gli attori organizzativi dovranno giocoforza riorganizzare il

proprio sistema di competenze e le proprie modalità di azione e interazione nel

network organizzativo.

Lo scopo di tale analisi non è solo quello di studiare la realtà del caso in oggetto

in maniera descrittiva, ma soprattutto quello di fornire uno spunto di riflessione

sulle azioni intraprese, sulla consapevolezza delle loro conseguenze negli esiti del

processo di cambiamento, oltre che di ricavare informazioni utili a rispondere alla

domanda di cui al Cap. 3, ovvero, “quali competenze per il cambiamento?”.

Muovendo da tale aspettativa, si è ritenuto fondamentale per il buon esito

dell’analisi partire da un ancoraggio teorico forte, propositivo e coerente rispetto

agli argomenti trattati, considerata anche la complessità del dover indagare su

aspetti che in letteratura, come già citato nei Cap. 1 e 2, sono trattati in maniera

spesso ambigua e multiforme.

Muovendo da questo punto di partenza utile a fornire il giusto ancoraggio teorico

nell’analisi del caso in oggetto, questa ricerca empirica cercherà quindi di

indagare, seguendo il doppio binario dell’analisi organizzativa proposta da Kotter

(1996) e di quella individuale proposta da Richardson (2002):

quali delle sfide proposte nel modello di Kotter si sono dovute affrontare

all’interno del caso in oggetto, in che maniera sono state affrontate e quali

risultati hanno avuto le azioni intraprese;

Page 62: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

62

quali competenze trasversali sono state individuate dagli attori

organizzativi coinvolti nel processo come resilienti, ovvero come garanti

della reintegrazione resiliente secondo il modello di Richardson.

L’obiettivo del lavoro è quindi quello di approfondire l’oggetto di studio sulla

realtà particolare del caso organizzativo usando i già citati modelli come base

interpretativa per una realtà complessa come quella che un’organizzazione

formale può rappresentare, proponendosi di ricercare tramite essi i fulcri di

attenzione utili a sviluppare riflessioni riguardo i nuclei tematici trattati nei

capitoli precedenti e la loro applicazione nei contesti reali. Si è posta quindi,

nell’analisi del caso, maggiore rilevanza a quegli aspetti del cambiamento

organizzativo che Kotter (1996) individua come fondanti ogni cambiamento ben

riuscito:

preparare il terreno, ovvero tutte quelle azioni tese a riconoscere il bisogno

di cambiamento e a stabilire un senso di urgenza all’interno

dell’organizzazione in vista del cambiamento stesso;

decidere cosa fare, ovvero tutte quelle azioni tese a sviluppare visione del

cambiamento e strategia per affrontare il processo;

agire, ovvero tutte quelle azioni tese ad implementare il cambiamento, a

comunicare e diffondere la visione, ad affrontare le resistenze;

creare una nuova cultura, ovvero tutte quelle azioni tese a rendere il

cambiamento duraturo e ad assicurarsi che abbia successo, rimpiazzando

le vecchie abitudini.

Si è scelto di affrontare tali aspetti cercando di riconoscere nel processo oggetto di

studio la messa in atto di tali categorie di azioni, cercando di sottolineare in che

maniera l’organizzazione abbia affrontato tali sfide, con quale consapevolezza

l’abbia fatto e a che tipo di esiti queste azioni abbiano portato.

Page 63: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

63

Si è inoltre utilizzata la definizione di competenze di resilienza di Richardson

(2002) come metro di valutazione per l’individuazione, da parte dei soggetti

coinvolti, di tali caratteristiche in un elenco di competenze presente in un

dizionario sviluppato da Professione Lavoro in collaborazione con l’Università

degli Studi di Torino, in modo da ricavare informazioni riguardo quali di esse

vengono viste dai portatori di interessi coinvolti in un processo di cambiamento

organizzativo come facilitatrici dello stesso.

4.2 Contesto e soggetti

Prima di addentrarsi nel descrivere ulteriori aspetti di questa indagine, è utile

soffermarsi sul contesto entro il quale è stata articolata la stessa. È utile, in questo

caso, circoscrivere la particolarità del contesto e del mercato che riguarda le

Agenzie per il Lavoro in Italia, partendo da un breve excursus storico riguardante

la loro funzione e il loro sviluppo.

Trattasi in questo caso di imprese private autorizzate da parte dello stato alla

fornitura di lavoro secondo il D. Lgs n. 276/2003, meglio conosciuto come Legge

Biagi, e rappresentano la naturale evoluzione delle cosiddette Agenzie di lavoro

interinale abrogate dal suddetto decreto legge, e che a loro volta avevano

sostituito i vecchi uffici di collocamento aboliti nel 1997. Ad esse è riconosciuta

la possibilità di svolgere l’attività di lavoro somministrato in tutte le sue forme, di

svolgere attività di intermediatori tra domanda e offerta di lavoro, di svolgere

attività di ricerca e di selezione del personale, di svolgere attività di supporto alla

ricollocazione professionale, in seguito all’accreditamento presso specifici albi

regionali e nazionali.

L’entrata in vigore del D. Lgs n. 276/2003 ha quindi ampliato il campo di azione

delle vecchie Agenzie per il lavoro interinale, settorializzandolo e

liberalizzandolo, e questo ha creato una grossa spinta al mercato. Se prima di tale

decreto le Agenzie accreditate su tutto il territorio nazionale erano 33, dal 2003 in

Page 64: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

64

poi il loro numero si è più che raddoppiato, raggiungendo le 74 unità nel 2004 e le

81 unità nel 2007 (Consiglio e Moschera, 2008; Cicellin e Consiglio, 2012).

L’aumento del numero di Agenzie per il Lavoro in così pochi anni trova riscontro

nel crescente interesse da parte del mercato del lavoro italiano verso queste realtà

e verso le opportunità che propongono. Per rendersene conto basta dare uno

sguardo al fatturato generale del comparto che, se nel 1998 si attestava sui 128

milioni di euro, nel 2006 toccava i 5 miliardi e 600 milioni. (Consiglio e

Moschera, 2008).

Proprio questo aumento consistente dei fatturati del comparto ha portato

all’ingresso dei grandi gruppi stranieri nel mercato italiano, che ha portato a livelli

altissimi la competitività del settore, fino ad allora caratterizzata da realtà medio -

piccole e radicate sul territorio (ibidem). La crisi economica che ha avuto inizio

nel 2008 ha reso questa competitività ancora più spinta, e ha dato inizio a

fenomeni di acquisizione e assorbimento da parte dei grandi gruppi, di fronte ai

quali le agenzie italiane, per non perdere la propria competitività, sono state presto

costrette a riorganizzarsi per meglio aderire alla nuova situazione del mercato del

lavoro italiano. In un mercato di settore che seppur stabile (Bassi, 2011), si

presenta saturo data la congiuntura economica sfavorevole (Cicellin e Consiglio,

2012), è diventata di fondamentale importanza la capacità delle APL di penetrare

nei contesti aziendali di tutti i tipi, portando a differenziare in maniera importante

i servizi offerti, ed è ha quindi acquistato ancora più importanza la forza

commerciale delle stesse rispetto alla concorrenza.

In questo contesto si situa la APL oggetto di questa indagine. Si tratta di

un’Agenzia relativamente matura, fondata in Italia nel 2005, di medie dimensioni,

con al suo interno all’incirca 200 collaboratori, abilitata allo svolgimento di tutte

le attività previste dal D. Lgs n. 276/2003, e strutturata fino al 2012 secondo una

logica gerarchica tradizionale, relativamente snella ma poco flessibile, una cui

panoramica è offerta nell’organigramma presente in figura 4.1.

Le filiali in questo caso sono il fulcro del lavoro esecutivo, dove la presenza di un

Responsabile di Selezione e Servizio garantisce la gestione di tutti gli aspetti

Page 65: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

65

amministrativi e di processo che regolano la vita di una filiale: accoglienza

candidati, recruitment, colloqui, contratti e rapporti con i lavoratori, formazione

delle risorse di assistenza al lavoro di filiale; mentre la figura del Direttore di

Filiale, essendo responsabile del fatturato della filiale stessa e della sua gestione,

si identifica in un Responsabile Commerciale deputato a tutti i rapporti con le

aziende, dalla ricerca di nuovi clienti, alla presentazione dei candidati alle stesse,

alla gestione delle offerte commerciali riguardanti la propria filiale.

Fig. 4.1 Organigramma del caso di studio 2011. Fonte: documentazione interna.

Tutti i livelli superiori della scala gerarchica, oltre ad assolvere funzioni di

gestione della propria specifica area di competenza, svolgevano in primo luogo

attività commerciale di ricerca e gestione del cliente, a testimoniare quale

importanza rivesta l’aspetto commerciale all’interno di questa particolare

organizzazione.

Page 66: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

66

La figura del Direttore di Filiale e del Responsabile di Selezione e Servizio

interno alla filiale, inoltre, era legata da un vincolo di complementarietà: l’attività

di filiale necessitava appunto della presenza di questa doppia figura. Se da una

parte infatti l’attività di filiale senza l’impegno del Responsabile Commerciale

nell’apertura di nuove ricerche si riversava in una mera gestione documentale

della forza lavoro già presente in filiale, dall’altra ogni iniziativa del Responsabile

Commerciale per l’attivazione di nuove ricerche sarebbe risultata vana senza il

contributo del Responsabile di Selezione e Servizio in grado di procedere nel

recruiting, nella selezione, e nella presentazione del candidato all’azienda cliente.

Per via di questo vincolo di complementarietà di ruolo, il rapporto tra

Responsabile di Selezione e Servizio e Direttore di Filiale si sviluppava in

maniera simbiotica, e la qualità della loro collaborazione era riconosciuta come il

fattore di successo della filiale stessa. Esse erano inoltre le uniche figure assunte

con contratto a tempo indeterminato all’interno della filiale stessa, che venivano

supportate dal lavoro di assistenti in stage o con contratti a tempo determinato,

quindi erano le uniche figure presenti in filiale capaci di dare una dimensione

“storica” all’attività della filiale stessa. Questo rendeva naturalmente il loro

rapporto ancora più stretto, essendo gli unici custodi delle pratiche del lavoro di

filiale.

In questo contesto è stato messo in atto il processo di cambiamento, e

contestualmente ad esso si è svolta l’indagine in questione. L’unità di analisi era

composta potenzialmente da tutti i collaboratori dell’Agenzia, a qualsiasi livello,

in quanto, in ossequio a quanto detto nel Cap. 1 riguardo l’approccio sistemico

allo studio delle organizzazioni, ogni cambiamento ad un livello di essa

comporterà conseguenze su tutti gli altri livelli ad esso collegati. Sono state

individuate quindi come testimoni chiave riguardo il processo di cambiamento

messo in atto le diverse figure esecutive, di middle e di top management presenti

all’interno dell’organizzazione, e si è riusciti ad avere la disponibilità per la

partecipazione all’indagine di 4 di queste figure, equamente suddivise nella scala

gerarchica.

Page 67: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

67

I soggetti coinvolti nell’indagine corrispondono quindi alle seguenti figure:

Direttore Vendite;

Direttore d’Area;

Responsabile Selezione e Servizio d’Area;

Responsabile Selezione e Servizio di filiale.

Come si può notare, si è riusciti a coinvolgere, nonostante il numero esiguo di

soggetti partecipanti, tutti i livelli dell’organizzazione, dal top-management al

livello esecutivo, e questo, per quanto non esaustivo della totalità complessa della

realtà organizzativa in oggetto, permette comunque di avere un’immagine

completa su come ogni azione intrapresa durante il processo di cambiamento sia

stata interpretata a livello di significati dai diversi attori coinvolti in tutti i livelli

organizzativi.

4.3 Strumento e procedura

Come si è accennato in precedenza, la presente ricerca ha cercato di focalizzare lo

studio del cambiamento organizzativo in oggetto ponendo il livello d’analisi su un

doppio binario: organizzativo, verificando se e in che modo siano state affrontate

le sfide che il modello di cambiamento di Kotter (1996) propone; individuale,

cercando di trarre informazioni utili dagli stessi attori organizzativi coinvolti nel

progetto oggetto di studio riguardo quali essi ritengano essere le competenze

trasversali utili ad affrontare un cambiamento organizzativo in maniera resiliente.

Metodologicamente è stato scelto di indagare l’oggetto di ricerca tramite un

approccio qualitativo. Trattasi quindi di un tipo di approccio non-standard, come

lo definisce Marradi (Marradi, Pavsic e Pitrone, 2007), che ritiene non esaustivo il

fronteggiare la complessità delle realtà sociali tramite il solo uso di conteggi e

quantificazioni numeriche. Sebbene infatti tramite esse si sia in grado di

interpretare in maniera oggettiva il nucleo di studio, non danno possibilità di

Page 68: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

68

costruire significato rispetto alla complessità dello stesso (ibidem). Tramite l’uso

di un approccio qualitativo invece, si è cercato di cogliere le rappresentazioni che

i soggetti coinvolti si sono fatti riguardo il processo che stava vivendo

l’organizzazione, ricercando nella dimensione narrativa la fonte principale per

ricavare informazioni utili allo studio del caso.

Gli approcci qualitativi sono stati utilizzati negli studi organizzativi fin dai primi

anni ’80, quando emerse in ambito di ricerca la consapevolezza della non

esaustività delle metodologie aventi come obiettivo la standardizzazione dei dati

nello studio delle organizzazioni e delle loro culture. Le metodologie qualitative

partono dal presupposto invece di non voler generalizzare risultati dalle proprie

analisi, lasciando quest’onere alle realtà quantitative. Infatti,

“a differenza di quanto accade per i metodi di analisi quantitativa,

volti generalmente a misurare la frequenza dei fenomeni, i metodi di

analisi qualitativa – mirati a coglierne il significato – non sono

codificabili in prescrizioni puntuali facili da trasferire e da tradurre

diligentemente in pratica” (Gagliardi e Quaratino, 2000, p. XII)

È in questo caso il mondo dei significati ad avere importanza nella presente

analisi, che risulta quindi, per sua natura, non generizzabile e standardizzabile in

quanto frutto di quello e di quel solo specifico contesto e di quegli e quei soli

soggetti coinvolti come attori del cambiamento organizzativo. Nei metodi

qualitativi quindi, “l’assolutezza scientifica […] sembra essersi spostata dalla

garanzia sui processi di causazione rilevati, alla correttezza del metodo di ricerca

utilizzato e, quindi, il rigore metodologico si fa parametro di scientificità”. (Gui,

2004, p. 24).

La consapevolezza della non generalizzabilità dei dati raccolti nel contesto in

esame, e quindi della loro trasposizione in realtà differenti, non esclude quindi il

tentativo di contribuire mediante spunti e riflessioni alla comprensione del

fenomeno in oggetto. Si tratta di entrare nella complessità soggettiva dei vissuti

degli attori organizzativi secondo una “modalità conoscitiva di matrice

idiografica” (Gui, 2004, p. 24). Questo tipo di approccio inoltre, trova

Page 69: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

69

compensazione alla non generabilità dei suoi risultati nella “possibilità di

demistificare interpretazioni ideologiche inflazionate” (Barley e Kunda, 1992, p.

36), facendo emergere realtà magari nascoste o male interpretate, e quindi

aiutando ad alimentare il dibattito riguardo le tematiche trattate.

Per via di queste considerazioni si è scelto come strumento di indagine l’intervista

semi – strutturata come da definizione di Corbetta (1999), ovvero è stata elaborata

una traccia in grado di orientare il percorso su cui dirigere l’intervista, sulla base

delle considerazioni bibliografiche di cui al Cap.3. Questa non si configurava

come una traccia specifica da usare durate le interviste, bensì come un insieme di

aree tematiche da affrontare, con all’interno una serie di domande bersaglio in

grado di sollecitare il discorso dell’intervistato su dette tematiche.

Inizialmente si sono definite quindi le macrotematiche, che si è pensato utile far

corrispondere alle 4 sfide proposte nel modello di Kotter (1996). Per riuscire ad

affrontare l’argomento in maniera più puntuale si è scelto di scomporre queste

macrotematiche in ulteriori 8 categorie, derivanti dalla scomposizione di esse da

parte dello stesso Kotter in 8 fasi, come da figura 4.2.

Page 70: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

70

Fig. 4.2; Scomposizione in fasi del modello di Kotter (1996)

Sono state individuate quindi le 8 categorie tematiche da utilizzare come linee

guida per l’intervista, e, a partire da esse, sono state successivamente sviluppate le

domande bersaglio in grado di spostare l’attenzione dell’intervistato su tali

tematiche. Era poi l’intervistato stesso, tramite le sue narrazioni e le sue

attribuzioni di senso, a “riempire” tali categorie di tematiche. In questo modo si è

pensato di riuscire ad indagare in maniera proficua riguardo al primo obiettivo di

ricerca.

Per cercare di rispondere al secondo obiettivo di ricerca si necessitava allo stesso

modo di uno strumento di comparazione adeguato. È sembrato quindi utile fare

riferimento ad un dizionario di competenze, e, tra i vari modelli disponibili in

letteratura, si è ritenuto idoneo a tale scopo utilizzare quello sviluppato da

Professione Lavoro in collaborazione con l’Università degli studi di Torino

(materiale consultabile in Allegato A). Esso infatti, proponendo una matrice di

Page 71: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

71

competenze trasversali 6x6, quindi considerando 36 competenze suddivise in 6

categorie, sembrava abbastanza esaustivo delle varie tipologie di competenze

individuali, relazionali e organizzative citate nel Cap. 3, oltre che di semplice

utilizzo nel contesto dell’intervista, in quanto presentando le competenze in

gruppi di 6, veniva semplificato il carico cognitivo dell’intervistato nel compito

assegnatogli. Si è progettata quindi la seconda fase dell’intervista prevedendo di

chiedere agli stessi intervistati di mettere in graduatoria, rispetto ad una

definizione di resilienza, prima le 6 categorie di soft skills, ed in seguito le 6 skills

contenute in ogni categoria. Si è contato di farlo al termine dell’intervista in modo

che gli intervistati all’interno dello scambio comunicativo avuto durante

l’intervista potessero co - costruire senso e significato riguardo la tematica

affrontata, in modo da effettuare la gerarchizzazione degli item in maniera più

consapevole rispetto all’argomento. Per facilitarli nel compito, inoltre, si è

pensato di stampare i nomi di tutte le 36 soft skills su dei cartoncini, raggruppati

per categoria e inseriti per gruppi di categoria in 6 buste. Si pensato allo stesso

modo di condurre la medesima operazione con i nomi delle 6 categorie e di

inserirli in un’altra busta.

L’intervista quindi si strutturava come segue (materiale consultabile in Allegato

B):

breve presentazione iniziale, in cui si faceva partecipe l’intervistato degli

obiettivi di ricerca e delle metodologie di indagine, si specificava la

durata dell’intervista e gli strumenti utilizzati per registrarla, si

specificava quali contenuti venivano divulgati ed in che forma, si

rassicuravano gli intervistati del rispetto della loro privacy e di quella

dell’azienda, garantendone loro l’anonimato, venivano infine motivati alla

partecipazione attiva facendo appello all’importanza della loro

collaborazione per la conduzione di una analisi del caso significativa;

prima fase dell’intervista atta a rispondere al primo obiettivo di ricerca, in

cui si è cercato di favorire nell’interlocutore la dimensione narrativa in

Page 72: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

72

modo da poter cogliere elementi significativi di attribuzione di senso alle

azioni portate avanti all’interno dell’organizzazione;

breve presentazione della seconda fase dell’intervista atta a rispondere al

secondo obiettivo di ricerca, in cui si dava una definizione del costrutto di

resilienza secondo la definizione di Richardson (2002) e si presentava il

compito seguente;

seconda fase della ricerca in cui, somministrando prima la busta

contenente i nomi delle 6 categorie, e poi, in ordine casuale, le successive

6 buste, veniva chiesto agli intervistati di costruire una gerarchia dei

cartoncini presenti in ogni busta rispetto alla definizione del costrutto di

resilienza esplicato in precedenza, dando, di volta in volta, se volessero,

una motivazione alla loro scelta;

breve conclusione nella quale si ringraziava il partecipante e si

rassicurava riguardo l’utilità delle informazioni ricavate dall’intervista

nello studio del caso in oggetto.

Per pervenire ad un’analisi più puntuale delle interviste, e per evitare di distrarre il

ricercatore dal compito di guidare l’intervista sui giusti binari concettuali dovendo

appuntare i concetti essenziali, si è pensato di utilizzare un registratore audio

come strumento di registrazione dell’intervista. Al termine delle interviste le

registrazioni venivano sbobinate dal ricercatore stesso, che riportava fedelmente

quanto registrato, non curandosi di correggere la correttezza grammaticale e

sintattica per evitare di falsare i significati insiti nelle risposte degli intervistati

(materiale consultabile in Allegato C). L’anonimato degli intervistati è stato

garantito tramite l’utilizzo di codici identificativi (S1, S2, S3, S4) che

permettessero comunque al ricercatore di capire a quale livello

dell’organizzazione appartenessero le rappresentazioni riguardo l’oggetto di

ricerca. L’anonimato delle persone citate dagli intervistati è stato garantito tramite

l’utilizzo di abbreviazioni di fantasia apportate ai nomi reali delle persone citate al

termine della fase di sbobinatura dal ricercatore stesso.

Page 73: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

73

Per quel che riguarda il ruolo del ricercatore all’interno dell’indagine, la

letteratura a riguardo sottolinea come il ricercatore debba essere estraneo rispetto

al contesto studiato (Piccardo e Benozzo, 1996). Tale estraneità in questo caso

non è stata possibile, in quanto il ricercatore stesso si era interessato allo studio

del caso in oggetto avendo svolto in precedenza un tirocinio professionalizzante in

qualità di Assistente di Selezione presso una delle filiali dell’agenzia. Si ritiene

però, che questa condizione abbia potuto favorire la conoscenza e la

comprensione del contesto da parte del ricercatore stesso, oltre che facilitargli,

tramite anche il contributo di alcuni accorgimenti, le interazioni con i soggetti

coinvolti nell’indagine. In merito a questo nodo metodologico parte della

letteratura sostiene comunque che:

“Un certo grado di familiarità tra intervistato e intervistatore può

rendere la comunicazione ancora più fluida, forse più autentica. Il

rapporto di fiducia che il ricercatore-intervistatore avrà contribuito a

costruire, insieme con la familiarità con la cultura di cui l’intervistato

è parte, possono rafforzare in quest’ultimo la convinzione di poter

essere compreso e accettato” (Cardano, 2003, p. 87).

Il ricercatore si è posto rispetto agli intervistati come raccoglitore delle esperienze

e dei vissuti degli stessi, cercando di essere il meno direttivo possibile, in modo da

non contaminare con la sua lettura dei fatti la narrazione dei soggetti.

Le tempistiche dell’indagine sono circoscritte tra il Gennaio e il Febbraio del

2013. Inizialmente si è pensato di ricorrere ad una intervista – pilota, realizzata a

fine Gennaio 2013, tramite la quale testare l’adeguatezza degli strumenti utilizzati

e i cui dati sono stati compresi nello studio in questione, in seguito si è partiti con

le successive interviste ad inizio Febbraio 2013, al termine delle quali sono state

effettuate le analisi dei dati.

Page 74: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

74

4.4 Analisi dei dati

Prima di continuare presentando i principali fulcri significativi portati dalle

interviste con i membri dell’APL oggetto di studio, è opportuno chiarire il

percorso adoperato per l’analisi dei dati ottenuti dalle stesse.

Ricolfi (1997) analizzando i metodi tipici di analisi di dati di matrice qualitativa,

identifica questa come caratterizzata da tratti distintivi quali:

l’assenza di una matrice di dati;

la non ispezionabilità della base empirica;

il carattere relativamente informale delle procedure di analisi dei dati.

Nell’analisi di dati di tipo qualitativo quindi si procede in modo diverso rispetto

alle analisi su dati di tipo quantitativo. Queste ultime infatti prevedono la verifica

delle ipotesi utilizzando dei test statistici. L’analisi qualitativa procede invece

contestualmente alla raccolta dei dati. Lo scopo della stessa è fornire una

rappresentazione accurata del fenomeno studiato, non la verifica di ipotesi del

ricercatore.

Secondo Sommantico (1999), infatti, nelle indagini che utilizzano dati qualitativi,

"la fase di raccolta dei dati e quella dell’analisi non sono separate in maniera

netta: s’inizia ad analizzare i dati non appena sono disponibili, in altre parole nel

corso del processo della ricerca” (ivi, p. 43). Coerentemente con le indicazioni

metodologiche di Henwood e Pidgeon (1992), nella ricerca qualitativa si procede

attraverso dei passaggi chiave, che gli autori riassumono in:

triangolazione delle fonti;

descrizione puntuale delle procedure;

continua analisi dei dati raccolti, da parte del ricercatore, dei soggetti

coinvolti nell’indagine e, se possibile, da osservatori esterni, al fine di

consentire di verificare l’affidabilità della ricerca.

Page 75: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

75

Con questi presupposti metodologici si è quindi proceduto all’analisi dei dati del

caso in oggetto, e quindi dei contenuti significativi delle interviste semi-strutturate

condotte dal ricercatore. Le fasi fondamentali di tale analisi, per quel che riguarda

il primo obiettivo dell’indagine, possono esse riassunte in questo modo:

al termine della sbobinatura integrale di ogni intervista, si è proceduto

innanzitutto alla modifica delle stesse per poterle rendere anonime, ma

riconoscibili per alcuni tratti distintivi. In questo senso in primo luogo si

sono cancellati tutti i nomi riferibili a persone specifiche, e si sono

sostituiti con acronimi di fantasia scelti dal ricercatore. Il nome

dell’organizzazione è stato sostituito con la sigla [APL], il nome delle

divisioni dell’agenzia è stato sostituito con nomi che rappresentassero in

maniera significativa la tipologia di business della quale si occupavano.

Contestualmente, è stato assegnato un codice identificativo ad ognuna di

esse, in modo da poter riconoscere a quale livello dell’organizzazione

appartenesse l’intervista. Sebbene infatti tutte le interviste siano state

trattate a livello di significatività contenutistica in maniera eguale, si è

ritenuto utile non perdere un’informazione importante rispetto a quale

punto di vista particolare venisse espresso in esse;

per permettere l’analisi dei dati raccolti anche ai soggetti intervistati, e per

permettere di confermarne la fedeltà di trascrizione, è stata inviata copia

del materiale sbobinato ad ogni soggetto interessato;

una volta ricevuta conferma dagli intervistati, si è proceduto puntualmente

ad evidenziare, all’interno delle interviste, gli stralci riguardanti ogni

macrocategoria di interesse per l’analisi, macrocategorie corrispondenti a

quelle citate in precedenza e individuate dalla scomposizione del modello

di Kotter (1996):

o creare una sensazione di urgenza;

o formare un gruppo direttivo efficace;

o sviluppare visione e strategia;

Page 76: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

76

o comunicare la visione;

o delegare l’azione rimuovendo le barriere;

o generare successi a breve termine;

o non riposare sugli allori;

o creare una nuova cultura;

per permettere un lavoro di analisi delle interviste più semplice, si sono

costruite otto “tabelle di lettura” corrispondenti alle otto macrocategorie

succitate, che sono poi state riempite con i contenuti evidenziati in tutte le

interviste, categoria per categoria, allegando ad ogni stralcio il codice

dell’intervista al quale apparteneva (materiale consultabile in Allegato C);

all’interno di ogni tabella, si è proceduto ad evidenziare i contenuti comuni

trattati dalle varie interviste, e successivamente sono stati analizzati gli

stessi tramite il metodo della triangolazione, ovvero tramite l’integrazione

delle informazioni provenienti da più fonti, i cui risultati sono esposti nel

paragrafo successivo.

Per quel che concerne l’analisi dei dati riguardanti il secondo obiettivo di

indagine, data la natura differente di questi, si è naturalmente proceduto in

maniera diversa. Essendo essi infatti dati di tipo qualitativo, ma che presentano la

caratteristica di essere posti in gerarchia da parte dei diversi soggetti, per arrivare

ad una gerarchia che potesse rappresentare una sintesi delle scelte espresse dai

soggetti intervistati si è scelto di ricorrere al calcolo della media di posizione

riguardante ciascun item. Al termine della sbobinatura sono state quindi rilevate le

posizioni di rango relative alle macrocategorie di skills e alle loro relative soft

skills assegnate dai soggetti nel corso del relativo compito (materiale consultabile

in Allegato D). Essendo il modello di riferimento un modello 6x6, le posizioni

possibili erano quelle da 1 a 6, e tale range di valori è stato quindi assegnato alle

posizioni scelte dai soggetti, dove il valore minimo, uguale a 1, stava ad indicare

la posizione di rango più alta e quello massimo, uguale a 6, stava ad indicare

quella più bassa. Sono stati quindi assegnati i valori di rango ad ogni item, sono

Page 77: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

77

stati in seguito calcolati i relativi valori medi di posizione. Essi, confrontati con

quelli degli item relativi alla stessa macrocategoria, daranno come risultato un

valore rappresentativo della posizione di rango attribuito dalla totalità del

campione delle interviste, tenendo presente che comunque un valore di rango

minore sarà indicativo di una posizione di rango più elevata dell’item.

Riordinando le macrocategorie e le relative soft skills secondo questo principio, si

stabilirà quindi quali saranno, sulla base del campione preso in esame, quelle

percepite come maggiormente in possesso di quella caratteristica di resilienza, la

quale è stata utilizzata come parametro di riferimento per la gerarchizzazione

degli stessi effettuata durante la seconda fase delle interviste ai soggetti.

4.5 Risultati

Una volta esplicata procedura e strumenti tramite le quali si è condotta

quest’indagine, si passerà in questo paragrafo ad una analisi dei risultati. Partendo

dai risultati riguardanti il primo obiettivo dell’indagine, si procederà ad analizzarli

usando come linee guida le fasi del modello di Kotter (1996) che erano state usate

in fase di analisi per la categorizzazione dei contenuti delle interviste.

4.5.1 Creare una sensazione di urgenza

“In tutte le organizzazioni, quelli che sono i cambiamenti significativi più di

successo, iniziano nel loro lavoro creando un senso di urgenza in un buon numero

di persone coinvolte” (Kotter, 2002, p.3).

Per quel che riguarda il caso di studio, bisogna partire dall’analizzare il motivo

che ha spinto l’organizzazione a cambiare. Le parole degli intervistati sono chiare

in questo caso, trovando la causa del cambiamento che è avvenuto

nell’organizzazione in una flessione del fatturato del 2012 rispetto a quello del

2011.

Page 78: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

78

“L’esigenza è stata maturata nel corso dell’ultimo semestre del 2012 in funzione del

rendersi conto di una riduzione del fatturato. E quindi l’elemento che ha fatto

scaturire il tutto è stato la flessione rispetto a quelli che erano gli obiettivi attesi.”

In realtà, sebbene in questa flessione del fatturato sia vista la causa che poi ha

portato la dirigenza alla consapevolezza di dover cambiare, dall’analisi delle

interviste emerge come questa in realtà sia solo una conseguenza di un non essere

riusciti allo stare al passo con le evoluzioni del mercato. In un contesto che infatti

si sviluppa, come sottolineato nel paragrafo 4.3, in maniera molto competitiva per

via della saturazione del mercato dei vecchi servizi di somministrazione, le ApL

che possono vantare un successo maggiore sul mercato sono quelle che riescono a

rispondere differenziando i propri servizi e garantendo una maggiore cura del

cliente. Una mancanza in questo senso è stata sottolineata dagli intervistati stessi,

che si dimostrano consapevoli del reale problema alla base della loro

organizzazione.

“...esigenze di mercato che vedevano sempre più il nostro core business, ovvero la

somministrazione, perdere appeal e soprattutto perdere in termini di marginalità.”

“Una delle nostre criticità era la routine e l’abitudinarietà nello svolgere il nostro

lavoro, che essendo un lavoro a stretto contatto con le persone, decisamente molto

competitivo perché il nostro è un settore quello delle risorse umane altamente

concorrenziale, si era creata nel corso degli ultimi anni una disaffezione a quelli che

potevano essere i valori che permettevano di fare la differenza sul nostro mercato, e

quindi tenacia, determinazione, voglia, ambizione a migliorarsi.”

“In questo caso il mercato esterno stava chiedendo maggiori servizi, una maggiore

integrazione dei servizi e quindi fornire ai clienti più cose, non fermarsi solo su un

prodotto, che appunto nel nostro caso è la somministrazione e la ricerca e selezione,

ma presentare altri servizi.”

La causa che ha spinto l’organizzazione a cambiare quindi può essere riassunta in

questo distacco che l’organizzazione stessa ha avuto nei confronti del mercato,

Page 79: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

79

che è stato messo in luce attraverso l’analisi dei risultati aziendali durante il

secondo semestre del 2012. C’è da far notare che questa necessità di aderire allo

sviluppo del mercato non era nuova all’interno dell’organizzazione. Dalle

interviste si può notare come essa era stata già riconosciuta nel biennio 2009-

2010, che aveva visto un primo cambiamento nelle linee di business

dell’organizzazione. Accanto alle linee di business tradizionali, e quindi

somministrazione e ricerca e selezione di personale, erano stati implementati

servizi di progettazione della formazione, supporto dell’insurance e del credit

finance, logistica, outsourcing, global service e information technology. A questa

implementazione però non era conseguito uno sviluppo “sistemico”

dell’organizzazione, che continuava a puntare nella sua rete vendita soprattutto sui

vecchi servizi che già costituivano una “base sicura” per il raggiungimento dei

risultati di fatturato.

“Diciamo che il processo di cambiamento quello che poi abbiamo attuato quest’anno

era già stato avviato nel 2009-2010, con la differenza che nel corso del 2009 o del

2010 era stato lasciato alla buona volontà di alcune persone, che quindi avevano

deciso di provare ad intraprendere delle nuove strade, solo che nel 2009-10-11 forse

ancora nel 2012 si è visto che lasciare solo a poche persone senza dare da

riferimento comune un input da parte dell’azienda rimaneva fine a se stesso, perché

poi avevamo magari 4-5-6 individui che potevano portare di risultati attesi, ma che

comunque in qualche modo non venivano trasmessi alla rete. Il tutto diciamo che è

dipeso da 4-5-6 persone all’interno dell’azienda che rappresentavano linee di

business diverse.”

“...era sbagliato il periodo. Il 2009 era un periodo di fine crisi, inizio di ripresa, [...]

nel 2010 era finita la crisi, quindi era un periodo in cui l’azienda è cresciuta, sono

state aperte nuove filiali, [...] quindi era l’anno di consolidare e di sviluppare quello

che avevamo. Il cambiamento in quel caso forse avrebbe destabilizzato o comunque

avrebbe rallentato il consolidamento dello sviluppo.”

Il cambiamento quindi era già stato proposto e messo in pratica nel 2009-2010,

con la differenza che, probabilmente per via delle resistenze facilitate dalla

Page 80: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

80

situazione di crisi dalla quale l’azienda stava uscendo, non era stato portato a reale

compimento dagli attori organizzativi, che hanno preferito focalizzarsi sulle

vecchie routines e sulla vecchia visione che poteva condurre nel breve ad esiti più

rassicuranti. Ciò però non ha portato a risolvere il problema a lungo termine

dell’aderenza al mercato che si stava sviluppando, mancava appunto quella

sensazione di urgenza che permettesse alle persone di “saltare dal divano, uscire

dal bunker, essere pronti ad agire” (ibidem). Per arrivare a questa sensazione di

urgenza si è dovuto attendere 3 anni, in cui comunque l’azienda ha portato buoni

risultati, che però probabilmente non erano quelli sperati dalla proprietà.

“Quindi ripeto la necessità di cambiamento non è venuta dal basso, è stata una cosa

che comunque è maturata all’interno delle scelte degli azionisti, durante la loro

riunione di direttivo.”

La flessione del fatturato è stato il segnale che ha fatto scattare all’interno della

dirigenza l’idea che cambiare fosse necessario. Si potrebbe riconoscere in questa

stessa flessione la causa dell’urgenza che ha spinto poi la dirigenza ad agire. In

questo caso è stata quindi la proprietà che ha stabilito che fosse necessario

cambiare, e ha creato il senso di urgenza del cambiamento usando un indicatore

che pochi avrebbero potuto ignorare: il fatturato. Condividendo queste ragioni

inizialmente con la dirigenza, in una serie di riunioni avvenute tra il settembre e il

dicembre 2012, e successivamente con una riunione plenaria alla quale erano

presenti tutti gli attori organizzativi, si è voluto diffondere questo senso di urgenza

a tutti gli attori organizzativi coinvolti, peraltro con buoni risultati:

“Abbiamo fatto un incontro in cui il proprietario dell’azienda ci ha spiegato

l’esigenza di cambiare marcia, di invertire marcia, perché tutto quello che era stato

fatto fin’ora era stato fatto in maniera non corretta, quindi ci è stato proprio

presentata come un’esigenza, dall’oggi al domani, si attuerà questo cambiamento

immediato proprio perché non si può fare diversamente.”

Page 81: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

81

“...io personalmente avrei messo più fretta nel senso il 2 gennaio si rientra in gruppi

e si inizia già ad analizzare questo cambiamento, ci sono stati tempi un po’ dilatati

quindi, io non so, l’avrei fatto con più urgenza, dando gli strumenti proprio subito

nell’immediato.”

4.5.2 Formare un gruppo direttivo efficace

“Una volta implementato il senso di urgenza, gli agenti del cambiamento di

maggior successo mettono insieme una squadra di guida che sia composta da

persone con le giuste caratteristiche di credibilità, abilità, rete, reputazione e

autorità formale richieste per guidare il cambiamento. Questo gruppo impara a

lavorare come i buoni gruppi, ovvero con fiducia reciproca ed impegno

emozionale” (Kotter, 2002, p. 4).

Per quel che riguarda il caso oggetto di studio, nella guida del processo di

cambiamento un ruolo di primo piano l’ha assunta la stessa proprietà che aveva

messo in luce la necessità di cambiare. Il principale azionista, in prima persona, ha

assunto la guida del processo, tornando in azienda con una nuova veste operativa

di Direttore Generale.

“Lo stesso nostro imprenditore è una persona che si è rimessa in discussione, quindi

è entrata all’interno dell’azienda e ha cominciato a girare sui clienti per capire il

motivo per cui c’è stata questa flessione nelle vendite.”

“Per quanto riguarda il direttore generale è la persona che più di tutte crede in questo

modello, non a caso da azionista è diventato Direttore Generale, ed è la persona che

in primis si è presa la responsabilità di traghettare l’azienda da quello che era a

quello che sarà, scendendo o salendo in campo come si suol dire...”

Come si può notare dalle interviste è l’imprenditore stesso a incarnare quella dote

di leadership nella misura necessaria a portare il cambiamento a compimento. Egli

non ha però accentrato su di se questo compito, condividendo con alcune persone

all’interno del top e del middle management la guida di tale processo in maniera

Page 82: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

82

attiva. Queste persone sono state scelte in base a diverse caratteristiche: alcune

facevano già parte del gruppo dirigenziale, altri erano coloro che nello spazio

intercorso tra il primo cambiamento del 2009 e quello attuale si erano mossi per

primi nella direzione voluta dalla proprietà, portando risultati concreti.

“I meccanismi sono stati dati dalla storicità delle persone, per cercare il team che ha

guidato, dai risultati portati nel corso degli anni, quindi si è fatta una scrematura

delle persone che comunque erano presenti cercando tra queste persone quelle che

magari si erano adattate meglio, avevano capito lo spirito dei cambiamenti, perché

comunque anche negli ultimi anni 3-4 anni abbiamo avuto dei piccoli cambiamenti

in azienda. Questi cambiamenti hanno apportato, hanno impattato sulla vita

lavorativa di alcune persone e tra queste sono state scelte quelle che meglio si erano

adattate, che avevano intrapreso questa nuova attività e magari avevano anche

portato risultati in questa direzione.”

Sono stati quindi coinvolti diversi livelli dell’organizzazione nel processo di guida

al cambiamento, creando una squadra in grado di apportare i necessari

cambiamenti, quindi, su tutti i livelli dell’organizzazione.

“Gli azionisti hanno proposto, i dirigenti insieme agli azionisti hanno rielaborato

dando un contributo fattivo e sostanziale alla nuova organizzazione.”

“Il middle management comunque è stato coinvolto attivamente in quello che è il

processo di cambiamento, cercando di dare le proprie idee, i propri dubbi, le proprie

perplessità”

Dall’analisi delle interviste emerge come in effetti questo gruppo di persone che

fungono da agenti di cambiamento sia conforme alle caratteristiche elencate da

Kotter. Emergono infatti dai giudizi dei soggetti intervistati soprattutto quelle

caratteristiche di credibilità, abilità, reputazione, e autorità formale citate

dall’autore, oltre a caratteristiche come la forte determinazione e l’alto livello di

commitment nei confronti dell’azienda.

Page 83: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

83

“Sono sicuramente persone molto determinate, [...] l’obiettivo è l’obiettivo,

l’obiettivo è davanti a tutto. [...] Sarebbe molto più semplice quando l’azienda non

rende, mandare 50 persone a casa lui invece si è messo in gioco anche in prima

persona, è una persona determinata che ha voglia di fare.”

“Sicuramente un senso di appartenenza all’azienda, un senso di voglia di crescere e

soprattutto adattarsi ai cambiamenti e cercare nuove vie.”

“Sicuramente un gruppo è efficace quando si riconoscono le competenze dei

partecipanti del gruppo, siamo tutte persone competenti ognuna per le proprie

attività e questa competenza è riconosciuta, è questa la cosa fondamentale, c’è una

gerarchia che comunque è rispettata, quindi sotto questo punto di vista il gruppo è

solido.”

4.5.3 Sviluppare visione e strategia

“Nei processi di cambiamento più virtuosi, gli agenti del cambiamento sono in

grado di sviluppare una visione chiara, sensata, semplice ed edificante, oltre che

una serie di strategie che si muovono nella sua direzione.” (ibidem)

Per quel che riguarda lo sviluppo di visione e strategia nel caso in oggetto non è

stato un compito semplice. Esso è stato portato avanti tramite un confronto tra

agenti del cambiamento e dirigenza tra il Settembre e il Novembre 2012. In queste

sedi, come dimostrano diversi stralci delle interviste, non sono mancati attriti e

divergenze.

“...la fase di dibattito più critica e più di confronto è avvenuta all’interno del

direttivo al quale partecipano gli azionisti dell’azienda e il gruppo dirigente. Mi è

sembrato che in quel contesto, che forse era il vero contesto decisionale ci fossero

gli aspetti più conflittuali...”

“Ci sono stati nella fase apicale del confronto decisionale, quindi tra azionisti e

gruppo dirigenziale, che è stato il momento in cui è stata elaborata la nuova

Page 84: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

84

organizzazione, perché c’erano delle linee di pensiero diverse, delle strategie

diverse, in quel momento ci son stati momenti di attrito.”

Questi attriti sembrano aver riguardato in questo caso più le strategie da mettere in

atto che la visione in sé, in quanto dall’analisi delle interviste si nota una certa

coerenza su quale sia la meta verso cui tendere: il cambiamento doveva riguardare

tutta l’organizzazione, lavorando in un’ottica di professionalizzazione e di

sviluppo delle competenze dei propri membri in direzione di un approccio di tipo

consulenziale al cliente. Con questo tipo di approccio si pensava di poter far

maggiormente attenzione alle richieste e ai reali bisogni del cliente, riuscendo a

ritagliarsi uno spazio di sviluppo per tutti quei nuovi servizi che erano stati

predisposti nell’intervento del 2009, ma che non si era riusciti a sviluppare a

livello di business in maniera adeguata.

“Si è deciso di avviare un processo che mettesse in moto tutta la rete, tutte le

persone che operano in azienda, in maniera tale che ci si “togliesse dagli uffici”, e

quindi si cominciasse a battere il marciapiede, se mi passi il termine, e cioè andare a

toccare con mano quelli che sono i tessuti imprenditoriali locali, bussare alle porte, e

facendo questo ovviamente a tutti i livelli, partendo dal personale di filiale, passando

per il middle management, fino ad arrivare al top management.”

“L’azienda, e per azienda intendo i proprietari, gli azionisti dell’azienda, hanno

ritenuto che il mercato fosse pronto per avere un approccio cosi aggressivo rispetto

ai nuovi business, e che per crescere in questo mercato e crescere in senso positivo si

dovesse procedere in quest’ottica.”

“Il business per noi è sempre stato uno, pero è anche vero che se non proviamo a

percorrere nuove strade, in un mercato che si sta chiudendo, [...] non possiamo

pensare di provare a continuare a vivere sperando in una ripresa, ma dobbiamo

comunque aiutare il mercato a riprendersi oppure come fanno le banche, a vendere

più servizi.”

Page 85: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

85

Questa visione aveva preso piede all’interno del gruppo decisionale per un motivo

ben preciso, e che era stato riconosciuto da gran parte degli gli attori organizzativi

come punto cardinale per indirizzare ogni azione che si sarebbe sviluppata nel

processo di cambiamento. Questo motivo viene esplicato in maniera molto chiara

nel seguente stralcio di intervista:

“In un business come il nostro, dove comunque l’esposizione finanziaria è

importante perché noi siamo un’agenzia per il lavoro, vendiamo soprattutto

somministrazione questo vuol dire che anticipiamo gli stipendi a tutti i lavoratori e li

incassiamo, quando va bene, a 30 giorni. Se no a 60, 90, e cosi via. Questo vuol dire

che dobbiamo farci seguire dalle banche, che ci devono aprire il portafogli per poter

accedere al credito, ma vuol dire anche pagare interessi passivi. La strategia è stata

quindi quella di mantenere inalterato il portafoglio della somministrazione, cercando

di implementarlo, ma soprattutto di ridurre la quota di esposizione finanziaria,

facendo cosa, andando a vendere quei servizi che per noi rappresentano un margine

puro e non rappresentano costo, quindi abbiamo guardato all’interno della nostra

azienda, cercando di capire tra i vari uffici che cosa avevamo già in pancia, che cosa

poteva essere fatto senza dover chiedere soldi fuori e abbiamo messo a disposizione

dei nostri clienti uffici e competenze che già avevamo, in maniera tale che si potesse

dare un servizio di tipo più consulenziale, oltre che di servizio vero e proprio legato

alla fornitura di personale.”

L’idea è stata quindi quella di cominciare a fissare gli obiettivi dell’azienda in

termini di marginalità e non più di fatturato, quindi sulla qualità del servizio

offerto, e apprezzabilità sul mercato dello stesso, invece che sulla quantità di

vendite di servizi semplici. Una volta scelta la meta verso la quale puntare,

rimaneva da sviluppare la strategia tramite la quale raggiungerla. Bisognava

insomma scegliere la strada da percorrere. Come sottolineato in precedenza questa

non è stata una decisione semplice, in quanto la strategia da utilizzare ha

incontrato resistenze ad emergere. Alla fine del 2012, infatti, era stata approntata

una prima organizzazione aziendale che però, non è stata ritenuta abbastanza

calzante ed è quindi stata modificata secondo quelle che sono le forme descritte in

Page 86: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

86

questa indagine. Si è innanzitutto pensato, a livello macro, di riunire entro

un’unica holding le tre aziende del gruppo, delle quali una si occupava di

somministrazione e ricerca e selezione, una di formazione, e l’altra dei restanti

servizi offerti, in maniera tale da poter dare già a livello organizzativo e gestionale

un’unità coerente con gli scopi proposti.

“Abbiamo cercato quindi di attuare un mix che potesse consolidare quello che si era

portato a casa fino ad oggi, e che allo stesso tempo potesse aprirsi per cercare una

nuova strada. Quindi sono state spostate persone, magari sono stati ridimensionati

dei ruoli che magari anche nel corso del 2013 potevano assurgere ad altre cariche,

magari anche a dei miglioramenti dal punto di vista professionale, quindi tutti quanti

ci si è rimessi in discussione, come ti dicevo magari si sono ridimensionati anche i

ruoli, per cercare di utilizzare il 2013 come cuscinetto per consolidare ed

incrementare le quote di struttura.”

Si è cercato a questo fine di sfruttare la forza commerciale presente nelle filiali

nella vendita dei nuovi servizi, persone che fino ad allora si erano solo occupate di

vendere somministrazione e che si dovevano addentrare in un contesto mai

esplorato:

“Si è pensato [...] di puntare soprattutto su un’attività commerciale più di impatto,

quindi questo cambiamento fondamentalmente è per quello, per cercare di

raggiungere gli obiettivi commerciali in maniera più veloce, con un attacco.”

“Mentre fino all’anno scorso c’erano persone dedicate agli altri servizi e persone

invece focalizzate soprattutto sulla somministrazione quest’anno invece ci sono

persone che propongono tutti i servizi globalmente quindi proprio per cercare di dare

una maggiore efficienza, una maggiore attività.”

“Sicuramente quello che dovrebbe essere stato l’intento è di avere meno

interlocutori con i quali interagire da parte della forza commerciale in modo da

essere più pronti a dare delle risposte.”

Page 87: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

87

Per mettere in atto questo tipo di azione si è però dovuto agire a livello

organizzativo in una ristrutturazione generale dei ruoli e delle mansioni in

azienda. Dal punto di vista della struttura si è dovuto ricorrere ad una forma più

flessibile rispetto a quella indicata in figura 4.1, ridistribuendo ruoli e

responsabilità secondo un’ottica più funzionale, nella quale il territorio coperto

dalla rete aziendale veniva ridistribuito in DOP (Direzioni Operative) molto

autonome, al cui interno la linea commerciale era staccata dal punto di vista

gerarchico da quella operativa delle filiali, che, private quindi del loro Direttore di

Filiale, sono state raggruppate in distretti ed affidate alla gestione di un’unica

figura di responsabilità all’interno della DOP, come si evince da figura 4.3.

Fig. 4.3, Organigramma dell’ApL 2013

Come si può notare, questa nuova forma di organizzazione aziendale è andata ad

intaccare quelle che erano le vecchie routine di gestione sul territorio: se da una

parte “libera” la forza commerciale dalla responsabilità sulle filiali, dall’altra

Page 88: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

88

lascia scoperte proprio in filiale tutte quelle funzioni che in precedenza il Direttore

di Filiale svolgeva, avocandole alle sole forze della figura del Responsabile di

Selezione e Servizio. Questa figura quindi, se da una parte vede la sua mole di

lavoro aumentare per via della responsabilità diretta sulla gestione della filiale,

dall’altra gode di maggiori margini di autonomia e di libertà di azione, che Le

Boterf (2008) già citava come condizioni per lo sviluppo della professionalità

negli attori organizzativi.

“La cosa fondamentale è che non c’è più un direttore di filiale che ha una attività in

filiale ma c’è un consulente che ha un’attività fuori, sganciata dalla filiale, che in

filiale deve solo portare gli ordini.”

“È rimasto tutto fondamentalmente identico con qualcosa in più, è richiesta più

disponibilità per i colloqui, quindi colloqui, colloqui, colloqui, ma poi a quello

bisogna affiancare altre cose, è stato chiesto di aggiungere cose nuove, se prima in

40 ore dovevi fare 8 cose ora ne devi fare 10,poi in che modo è una cosa che sta alla

persona.”

“Le risorse di filiale continuano a lavorare sul territorio sullo stesso servizio, a

livello operativo non è cambiato molto, è cambiata la direzione, perché comunque

vengono gestiti da me e non dal commerciale, è cambiata una serie di attività su cui

dovranno focalizzarsi e quindi hanno degli obiettivi un po’ diversi rispetto allo

scorso anno, non è cambiato tantissimo nella loro quotidianità.”

Per quel che riguarda la forza commerciale, invece, i cambiamenti sono più

sostanziali. È infatti a loro che è richiesto il cambiamento maggiore, sia rispetto

alle mansioni, sia rispetto a ruolo, in vista di quella svolta consulenziale verso la

quale gli agenti di cambiamento premevano dirigersi. Hanno infatti, all’interno di

ogni distretto, diviso e affidato ogni linea di business ad uno specifico

Responsabile Commerciale, che quindi è diventato un consulente specializzato in

quel settore specifico.

Page 89: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

89

R: In cosa consiste questa figura di consulenza?

“Consiste nell’andare dal cliente a proporre dei servizi, però non in un’ottica del

classico venditore, ma in un’ottica di maggiore attenzione ai bisogni del cliente,

maggiore ascolto, maggiore coinvolgimento in tutte le attività.”

“Hanno cercato di organizzare il tutto in maniera matriciale, anziché gerarchica, più

linee di business affiancate [...], con degli obiettivi comuni, perdendo un po’ quella

gerarchia che c’era finora.”

Un’altra importante conseguenza della strategia sviluppata dagli agenti del

cambiamento è stata quella di condurre il lavoro, le mansioni e gli obiettivi degli

attori organizzativi ad una dimensione di gruppo. Questa è stata una scelta

consapevole che è andata a modificare il modo di lavorare in maniera sostanziale,

in quanto prima del cambiamento una delle caratteristiche era l’autonomia delle

filiali rispetto ad attività, obiettivi e risultati di budget. Con l’introduzione dei

Distretti, che riuniscono singole filiali in piccoli centri di produzione, si è andata a

sovvertire la situazione precedente, proprio in un’ottica di sviluppo di competenze

e di nuova linfa per l’attività commerciale.

“Dal punto di vista del ruolo abituarsi a ragionare non più in termini individuali ma

in termini di gruppo, perché nel cambio organizzativo si sono create delle microaree

che vedono tutte le persone coinvolte nell’area avere uno scopo comune che è quello

del budget. Prima il budget era diviso per centro di costo, per filiale, tanto per

intenderci, oggi il budget è più collettivo, cosa che magari fino a ieri era a più

individuale, rimessa al singolo ufficio che si preoccupa di far funzionare la propria

filiale, e cosi se funziona bene la propria filiale e quella vicina va male, non si

raggiungono gli obiettivi, di conseguenza vuol dire interagire con le persone,

aumentare le relazioni all’interno dell’azienda, e aiutare anche chi magari in questo

momento non riesce a far fronte al raggiungimento del risultato.”

“Si è ritenuto che creando un team di lavoro nel quale più persone con competenze

diverse agissero su un territorio più ampio ma magari aiutandosi vicendevolmente e

quindi creando una macchina commerciale non a un unico motore ma bimotore

Page 90: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

90

trimotore a seconda dei soggetti che vi partecipano, potesse essere motivo di

entusiasmo e di nuovo sprint.”

4.5.4 Comunicare la visione

“La comunicazione della visione e delle strategie avviene attraverso messaggi

accorati, attraverso lo sblocco di diversi canali. L’obiettivo è quello di indurre alla

comprensione, sviluppare un impegno a livello emozionale, e liberare quanta più

energia possibile da una grande quantità di persone. In questo caso le azioni sono

più importanti delle parole. Gli esempi parlano più forte. La chiave è la

ripetizione” (Kotter, 2002, p. 4).

Nel caso oggetto di studio la comunicazione della visione e della strategia del

cambiamento avvengono in prima battuta nella riunione stessa in cui si fa presente

la necessità di cambiare. Il portatore del messaggio è il proprietario stesso

dell’azienda, che in una riunione plenaria alla presenza di tutti i collaboratori della

ApL, dal livello esecutivo al top management, illustra la nuova visione e la

relativa strategia, con uno stile comunicativo che dall’analisi delle interviste

risulta molto forte, deciso.

“Tramite una riunione globale, face to face, non è stata mandata nessuna mail,

nessun tramite, ma è stata adottata proprio la comunicazione diretta.”

“C’è stata tutta la proprietà, che in questo caso è il nuovo direttore generale che ha

comunicato il cambio con il nuovo organigramma, i nuovi ruoli, e tutte le novità.”

“Una parola utilizzata è si fa cosi e non si torna indietro, si cambia e non c’è

possibilità di fare altrimenti, secondo me proprio per sottolineare l’importanza che

loro danno a questo cambiamento.”

Il canale è quindi in questo caso unico, ma al quale ha avuto accesso l’intera

popolazione organizzativa. Il messaggio è forte e i toni sono serrati. È stata in

questo caso fatta la scelta comunicativa di sottoporre all’attenzione degli attori

Page 91: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

91

organizzativi la necessità di cambiare contestualmente alla comunicazione della

visione e della relativa strategia.

“Non c’è una vera e propria … è stata presa la torta e sottoposta alla rete.”

Questo ha portato inizialmente a reazioni di incertezza diffusa e perplessità, che

possono essere ricondotte al disorientamento e alle sensazioni di incertezza che

ogni situazione di cambiamento comporta, come già sottolineato nei Capitoli 1 e

3.

“Secondo me erano tutti un po’ perplessi, tranne le persone che ne erano già al

corrente, però c’era un po’ di perplessità generale...”

“Io personalmente sono una persona alla quale i cambiamenti piacciono, però, in un

primo momento, soprattutto quando non vengono governati da me, mi mettono un

attimo di timore, un attimo di perplessità, non mi piace non avere sotto controllo il

cambiamento”

“Le reazioni probabilmente sono state quelle di dubbio e di incertezza

nell’affrontare il mercato in questo modo, perché comunque usciamo da una

situazione di confort che avevi fino a ieri per abbracciare una nuova attività, per

abbracciare dei cambiamenti quindi le critiche o le perplessità o i dubbi sono quelli

legati essenzialmente alla perplessità di non riuscire a fare una determinata cosa, ma

semplicemente perché si è abituati a farle in un altro modo”

Si è presentato quindi, dopo lo shock iniziale, il bisogno di facilitare la

comprensione della visione del cambiamento agli attori organizzativi. È uno degli

intervistati stessi a sottolinearlo:

“Il problema è far capire che il cambiamento è tendenzialmente positivo,

difficilmente negativo, quindi in questo l’azione comunque offerta è stata quella di

supportare, di affiancare le persone per cercare di costruire un percorso di crescita

comune.”

Page 92: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

92

Oltre a queste azioni di facilitazione il messaggio viene reiterato successivamente

in una serie di riunioni, svoltesi non in forma plenaria, ma in singoli contesti-

target.

“una serie di riunioni divise poi per aree nelle quali sono intervenuti gli attori, è

intervenuta la proprietà che ha spiegato i motivi per i quali si è reso necessario

questo cambiamento organizzativo, e quindi i motivi che vedevano anche persone

abituate a vendere un certo tipo di business o ad avere un certo tipo di ruolo ad

aprirsi in qualche modo, per forza di cose al cambiamento.”

“...sono state 3 riunioni all’interno delle quali la direzione generale ha esplicitato il

nuovo corso.”

In questo caso la reiterazione del messaggio, insieme con il supporto fornito dagli

agenti del cambiamento agli attori che manifestavano più resistenze, sembrano

aver portato a buoni risultati. La risposta della rete commerciale a quanto pare è

stata compatta nell’aprirsi al cambiamento, mentre qualche resistenza sembra

denotarsi ancora per quel che riguarda le risorse di filiale.

“La nostra impressione è stata quella di una risposta positiva da parte della rete

vendite.”

“Io non sono convintissima che sia la strada giusta...”

Page 93: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

93

4.5.5 Delegare all’azione rimuovendo le barriere

“Nei cambiamenti virtuosi si troverà un forte richiamo all’empowerment. Gli

ostacoli chiave che non consentono alle persone di agire vengono rimossi. I leader

del cambiamento spostano il loro focus sugli elementi dell’organizzazione che

spingono in direzione contraria, sulle inadeguatezze delle informazioni e dei

sistemi informativi, e sulle barriere mentali delle persone dovute alla scarsa

fiducia di sé rispetto alla nuova situazione. Il compito in questo caso è di

rimuovere gli ostacoli, non dare potere. Non si può tirare fuori il potere da un

cappello.” (Kotter, 2002, p. 4)

In questa fase Kotter parla quindi di resistenze al cambiamento e del loro

superamento tramite la rimozione di barriere in una logica di empowerment.

Non si può non considerare che il cambiamento organizzativo oggetto di studio si

muova proprio in questa logica: da una parte la svolta consulenziale del lavoro dei

commerciali, dall’altra la maggiore autonomia di gestione delle risorse di filiale,

congiunte al cambio di rotta in funzione di una gestione degli obiettivi per gruppi

corrispondono a quella logica di professionalizzazione, responsabilizzazione e di

potenziamento delle competenze del personale interno all’organizzazione, che già

Quaglino (2007) e Le Boterf (2008) hanno trattato come meccanismi virtuosi per

l’organizzazione e per le persone che ne fanno parte. Naturalmente una svolta di

questo genere ha comunque visto contrapporsi molte resistenze, naturale

fenomeno in ogni cambiamento organizzativo. Esse dall’analisi delle interviste

sembrano essere legate soprattutto allo sviluppo dei nuovi ruoli e delle nuove

mansioni:

“Una volta date le linee guida magari le reazioni erano “ora cosa devo fare, come

devo vendere o dove devo focalizzarmi” quello si.”

“Beh dubbi particolari si, al di la di vendere linee di business che comunque non

fanno proprio parte del nostro core, quindi magari possono sembrare estranee, per

cui vuol dire sentire di non avere la preparazione giusta, non sentirsi pronti o ferrati

Page 94: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

94

su una determinata materia, con il dubbio magari di andare poi dal cliente e fare una

brutta figura perche poi magari il cliente si fa una idea che non si sia preparati su un

determinato argomento.”

“Chiaramente ero io il primo che aveva difficoltà iniziali ad accettare il

cambiamento, perché comunque ho sempre venduto un certo tipo di attività e

quando sono entrato in [APL] sono stato costretto a cambiare punti di vista.”

“Da parte mia no perche io in questa filiale ritengo di aver fatto sempre qualcosa in

più, [...] posso pensare che qualche risorsa un po’ più junior si, perche magari ha

sempre avuto il supporto della figura del direttore di filiale, il trovarsi ora senza

questa figura può aver creato qualche problema …”

Non manca chi tende a sottolineare come a volte tali resistenze si siano

configurate in una sorta di difesa “a tutti i costi” del proprio ruolo, che in alcuni

casi è stato ridimensionato in un’ottica di maggiore funzionalità dell’azienda

proprio per muoversi in direzione di uno sviluppo dell’organigramma più piatto e

flessibile.

“Diciamo che le lamentele se sono avvenute sono avvenute perché alcune persone,

in maniera egoistica, non hanno apprezzato il cambiamento perché il cambiamento

ledeva dei loro diritti, o presupposti diritti, e quindi di conseguenza essendoci stato

magari un ridimensionamento o una professionalità comunque con un ruolo più

marginale, la critica è avvenuta da chi è stato sostanzialmente toccato in questo,

quindi si è toccato l’interesse personale, non quello collettivo. Fattori egoistici.”

La rimozione di tali barriere, che riguardavano comunque soprattutto la fiducia

delle persone nel riuscire ad espletare un nuovo compito in maniera

fondamentalmente diversa da come lo si faceva in precedenza, è stata presa in

considerazione dagli agenti del cambiamento, che hanno mosso una serie di azioni

a fronte di tali resistenze. Queste si sono espletate in una serie di azioni formative,

prima di preparazione “psicologica” al cambiamento, in seguito tecniche, tramite

Page 95: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

95

l’utilizzo di corsi di formazione interni ed esterni e sistemi di affiancamento e di

tutoring delle risorse coinvolte.

“È stata fatta una formazione specifica più a livello di competenze trasversali sul

change management, quindi proprio per entrare nell’ottica del cambiamento del

ruolo, come valutare la possibilità del cambiamento, percepire proprio il motivo per

cui cambiare è positivo, è stata quindi una formazione più di gruppo, dinamica, con

una serie di prove focalizzate sul change management, e poi c’è stata una

formazione più tecnica che ha coinvolto in primis i commerciali e poi anche noi

della direzione della DOP.”

“Si è deciso che per almeno un semestre le persone con delle competenze specifiche

su determinati business o con delle competenze commerciali di vendita

particolarmente rilevanti per l’azienda debbano almeno 3 giorni della settimana su 5

affiancare la rete vendita nella sua totalità[...], si è ritenuto che questa sia una

operazione necessaria che ad oggi può in qualche modo limitare il risultato

economico ma che in futuro ci permetterà di ottenere benefici.”

Dall’analisi delle interviste emerge come proprio questa forma di affiancamento

sia lo strumento principe tramite il quale si conta di abbattere le resistenze della

rete commerciale e sviluppare quelle competenze necessarie ad adottare un

approccio consulenziale al cliente verso il quale essa deve tendere.

“L’azione che è stata fatta è stata quella di prendere in considerazione gli elementi di

successo che hanno visto noi ad oggi primeggiare o comunque raggiungere certi

traguardi, e cercare di passarli alla rete in maniera tale che ci siano degli esempi

concreti.”

L’ottica è quella di accompagnare chi ha più resistenza “passo passo” rispetto al

processo di cambiamento, sfruttando proprio quei meccanismi che Kotter (2002)

citava come facilitatori dell’interiorizzazione della visione del cambiamento: la

ripetitività del messaggio e l’esempio.

Page 96: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

96

“Come ogni cambiamento ci sono sicuramente persone che hanno maggior

resistenza, quindi comunque persone sulle quali verrà garantito un affiancamento

maggiore”

“Le azioni quella della proattività in prima battuta e in prima persona quindi è chiaro

che se non sono convinto io di quello che stiamo facendo non sarò in grado di

trasmettere nulla alle persone più giovani all’interno dell’azienda. Devo essere io per

primo a fare e quindi a dimostrare e a far vedere che comunque determinati risultati

si possono ottenere con determinate soluzioni anche se innovative. Vuol dire quindi

affiancare queste persone e lavorare per primi nel far vedere che comunque certe

cose si possono raggiungere lavorandoci e crescendo poi reciprocamente.”

Queste azioni a supporto della rimozione delle resistenze sembrano comunque

aver fatto breccia sulla rete vendite, che sembra essersi adattata alla nuova visione

del cambiamento, mentre continua a dimostrare delle criticità per quel che

riguarda il personale di filiale. Esso infatti si trova ancora in una situazione di

“limbo”, non essendoci ancora stati sufficienti interventi di abbattimento delle

barriere in questo senso, che si sono invece concentrati in prima battuta

soprattutto sulle risorse commerciali. Una barriera in questo caso può essere vista

nell’aumento delle attività da gestire da parte delle risorse di filiale, che in assenza

di una adeguata riorganizzazione delle stesse immobilizza i Responsabili di

Selezione e Servizio nella gestione delle routines, e non gli permette un pieno

supporto all’azione della rete commerciale.

“Sicuramente la filiale avrebbe gradito un supporto maggiore, uno staff con più

persone, invece si è sentita la necessità di rinforzare lo staff commerciale, quindi

diciamo che c’è un po’ uno specchio.”

Questa situazione è stata comunque focalizzata dagli agenti del cambiamento, che

hanno previsto interventi in tal senso, interventi che non sono stati attuati perché

ancora in fase di progettazione.

Page 97: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

97

Per quel che riguarda le risorse di filiale? Ci sono state azioni in questo senso?

“Si, ci saranno, le stiamo mettendo a punto con i questionari di valutazione delle

competenze.”

Va notato come la Responsabile di Selezione e Servizio di filiale stessa sia

conscia che un intervento sulla forza commerciale era comunque più urgente in

quanto:

“è difficile, secondo me per chi ha sempre sentito i ritmi della filiale, ha sempre

seguito la filiale essere un consulente per l’azienda sicuramente ti cambia.”

“se non ci sono i clienti non c’è attività di filiale fondamentalmente.”

Nelle interviste è stato chiesto inoltre, riguardo questa categoria, come i membri

più giovani e i membri più anziani appartenenti ai vari livelli più esecutivi,

potessero rendersi utili nel supportare il processo di cambiamento, questo per

cercare di capire qual è il grado ed il tipo di supporto che l’azienda ricerca nella

messa in atto del cambiamento e se la logica di empowerment sia possibile da

sviluppare in questo contesto. Dall’analisi delle risposte a queste domande si è

dedotto che il tipo di supporto che l’azienda ricerca muove in questa direzione, è

emerso infatti che i vertici ricercano un supporto di tipo proattivo, che vada nella

direzione voluta dagli agenti del cambiamento, senza stravolgerne la visione e la

strategia, ma lavorando in maniera facilitante e non meramente esecutiva.

Come pensa che i membri del livello esecutivo possano rendersi utili a sostenere il

processo di cambiamento?

“Interpretando al meglio le disposizioni aziendali, in questo caso fidandosi di quello

che è il volere dell’azienda, le direttive dell’azienda, metabolizzando il pensiero

dell’azienda senza stravolgerlo.”

Page 98: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

98

“Con una apertura mentale, curiosità, fare le attività che vengono chieste in modo

non esecutivo, perché questo non deve più essere un lavoro esecutivo, mettendoci

proprio del proprio e mettendoci idee, valori aggiunti.”

“È vero che ci sono percorsi formativi messi a disposizione dall’azienda ai

dipendenti, però è anche vero che ciascuno di noi deve auto-istruirsi, per fare scuola,

vuol dire documentarsi con tutti i mezzi che possono essere cartacei, elettronici, però

è un qualcosa che ciascuno di noi deve sentire.”

“...il cambiamento di gerarchia poi è stato interpretato da ognuno degli artefici della

nuova organizzazione in maniera differente a seconda delle proprie ambizioni, dei

propri aspetti professionali e del proprio percorso professionale.”

Per quanto riguarda i membri dell’organizzazione più giovani si punta soprattutto

sul loro entusiasmo e sulla loro maggiore flessibilità, dovuta alla loro minore

abitudine alla routine aziendale. Da essi ci si aspetta comunque una minore

resistenza al cambiamento, e quindi il poter prendere la situazione che stanno

vivendo con il giusto slancio emozionale.

“I membri più giovani hanno sicuramente meno resistenze, se parliamo sia di età

anagrafica, magari avendo minore esperienza nel mondo lavorativo hanno anche

meno preconcetti, perché poi comunque se parliamo di persone che hanno già

lavorato nel corso degli anni, magari sullo stesso business ma in aziende diverse, per

forza di cose sono partite 15 anni fa con questo tipo di business e oggi si ritrovano

molto legati a questo tipo di lavoro, quindi è più difficile accettare un cambio, per

ragioni anche di comodità, di confort. Invece chi è anagraficamente più giovane è

tendenzialmente più disposto al cambiamento, perché ha una minore esperienza

lavorativa, per forza di cose, e magari una maggior propensione ad accettare quali

possono essere le nuove sfide, le nuove avventure.”

“Il supporto può essere proprio l’approccio che hanno sul mercato, sul mondo del

lavoro e all’interno dell’azienda, [...] è l’entusiasmo che può avere la persona più

giovane nell’affrontare nuovi business e quindi la capacità di questa persona e il far

vedere che con questo entusiasmo magari riusciamo a chiudere nuove soluzioni.”

Page 99: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

99

Per quanto riguarda i membri più anziani, in loro è vista come fondamentale la già

citata funzione di esempio per gli altri attori più giovani e di apertura allo scambio

di competenze che possa portare allo sviluppo reciproco di professionalizzazione.

Si è fatto in questo anche appello alla fiducia che essi possono nutrire

nell’organizzazione, come facilitatore del superamento delle resistenze.

“...devono fungere da esempio per chi è più giovane, aziendalmente, perché

ovviamente chi è da più tempo in azienda è comunque visto con occhi differenti e

come un esempio da parte di chi ci è da meno tempo, è ovvio che se c’è una

idiosincrasia tra il pensiero aziendale e chi è in azienda da tanto tempo e quindi

come lo metta in atto, è facile che i nuovi arrivati si trovino in confusione su

questo.”

“Mettendo a disposizione le loro competenze, [...] le filiali sono state raggruppate in

distretti, e questo porta a lavorare più in gruppo tra le selezionatrici e quindi a

confrontarsi di più, e il confronto porta ad un passaggio di metodi diversi, quindi

magari mentre una persona ha una determinato modo per selezionare una risorsa, o

per appunto reclutarla, l’altra collega invece ha un’altra modalità, quindi dal

confronto poi viene un trasferimento di competenze, e a livello commerciale lo

stesso quindi muovendosi su servizi diversi capita di andare in visita insieme, anche

li c’è uno scambio di competenze che in questa nuova organizzazione aumenta le

sue possibilità di trovare strade nuove.”

“Le persone coinvolte sono persone storiche nella maggior parte dei casi, contiamo

circa 150 dipendenti a livello struttura, su cui abbiamo un 60-70% di persone che

comunque sono in azienda da quando l’azienda è nata. Da quando l’azienda è nata

bene o male è sempre venuta incontro al personale, sia da un punto di vista

economico che da un punto di vista di soddisfazione delle esigenze anche personali

di ciascuno. Pertanto questo fa si che le persone hanno comunque aperto a priori la

propria fiducia sperando che questa sia la via giusta.”

Page 100: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

100

4.5.6 Generare successi a breve termine

“Una volta che si è riusciti a far lavorare le persone in direzione della visione, nei

casi di grande successo queste sono aiutate a produrre vittorie a breve termine. Le

vittorie sono cruciali. Esse offrono credibilità, risorse, impulso verso lo sforzo

collettivo.” (Kotter, 2002, p. 5).

Nel caso di studio si può notare come anche in questo caso gli agenti del

cambiamento si siano mossi in questi termini. Sono stati infatti fissati obiettivi a

breve termine su un doppio binario: quello del budget e quello delle competenze.

Da una parte sono stati fissati quindi obiettivi di budget divisi per area e poi

ancora per distretto che serviranno come metro di valutazione per l’intero

processo di cambiamento e per il lavoro effettivamente svolto dalle risorse a

livello esecutivo. È stato inoltre spostato il focus di questi obiettivi non più sul

fatturato, ma sui margini di guadagno, cercando di questo modo di far spostare

l’attività di vendita su servizi più apprezzabili dal mercato.

“...in base ai risultati si vedrà se è la strada giusta, poi l’azienda sicuramente valuterà

in base a quello perche se ci sono i risultati vuol dire che quella sarà la strada

giusta.”

“Avverrà una prima valutazione sulla quale poi si prenderanno decisioni future a

giugno di quest’anno, quindi dopo 6 mesi,sulla base di obiettivi legati al budget.”

“Marginalità, ci sono aziende che basano obiettivi sul fatturato non sul margine. Noi

li tariamo sul margine, e questo fa parte anche del cambiamento. Prima era più sul

fatturato.”

Per quel che riguarda l’obiettivo di sviluppo delle competenze gli agenti del

cambiamento hanno scelto di utilizzare un meccanismo di valutazione e auto-

valutazione fini allo sviluppo delle stesse, utilizzando come strumenti questionari

di valutazione e colloqui individuali con il superiore gerarchico. Questi strumenti

Page 101: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

101

nel momento in cui sono state effettuate le interviste sono ancora in fase di

implementazione, ma si sono comunque ricavate informazioni utili a capirne la

struttura e gli scopi.

“Il questionario sulla valutazione delle competenze è il primo e lo stiamo portando

avanti in questi giorni e infatti la seconda valutazione verrà fatta poi a luglio.”

“Servirà a valutare ad oggi le competenze delle risorse, per capire punti deboli e

punti di forza ed attuare delle azioni formative che possono essere di qualsiasi

genere, dalla formazione in aula, all’affiancamento, eccetera. Poi allo stesso tempo

servirà a porsi degli obiettivi nel senso che in ogni questionario alla risorsa vengono

dati degli obiettivi per andare a migliorare i punti deboli.”

“Ciclicamente a step di 4-6 mesi [...] sono state inserite delle aree di miglioramento

alle quali ognuno di noi deve tendere, e poi raggiunto lo step successivo ci si

confronterà con il proprio responsabile gerarchico di turno per capire se abbiamo

raggiunto e se abbiamo migliorato in determinate aree o se no quali sono state le

difficoltà che abbiamo riscontrato.”

Naturalmente, essendo il processo di cambiamento iniziato solo un mese prima

dell’inizio delle fasi di intervista, non è dato sapere se questi obiettivi a breve

termine si tradurranno nelle vittorie citate da Kotter, ma la loro esistenza ed il loro

essere legati sia ad un aspetto finanziario che ad un aspetto più “umano”, ovvero

di sviluppo delle risorse disponibili, contestualmente alla proattività che i primi

“esploratori”, citando una figura cara a Kotter (2005), dimostrano dai giudizi

emersi nell’analisi delle interviste, danno almeno l’indicazione che si sta facendo

di tutto per muoversi in direzione della visione e quindi per generare tali successi.

“Sicuramente F., secondo me lui ci crede veramente, anche B. ci sta supportando, si

sta proprio organizzando in base a questa nuova organizzazione, loro ci credono

proprio tanto poi loro sono alla guida della DOP, quindi devono crederci proprio

tanto difficilmente possono mostrarci segni di cedimento altrimenti noi poi non ci

interessiamo più al processo.”

Page 102: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

102

“Io penso che in questo momento proprio la rete vendita e i consulenti commerciali

siano le persone che più e meglio stanno interpretando il cambiamento e se questo

atteggiamento positivo continuerà e perdurerà ritengo che insomma la nuova

organizzazione possa ottenere buoni risultati.”

4.5.7 Non riposare sugli allori

“Nei cambiamenti virtuosi, i leader del cambiamento non mollano. La tensione

viene mantenuta alta anche dopo le prime vittorie. I primi cambiamenti vengono

consolidati. Gli agenti scelgono argutamente cosa affrontare nella prossima sfida,

quindi creano ondata dopo ondata il cambiamento finche la visione non diventa

realtà.” (Kotter, 2002, p. 5)

Nella presente indagine questa è stata probabilmente la categoria che ha offerto

meno riscontri contenutistici. La ragione è che Kotter parla di questa fase come

successiva al raggiungimento dei primi obiettivi, che come si è visto nel paragrafo

precedente non avverrà fino a Aprile – Giugno 2013. Kotter riguardo questa fare

raccomanda di tenere alta la tensione e non diminuire l’impegno dopo i primi

risultati. Questa, secondo uno stralcio di intervista, può essere vista come una

delle ragioni che non ha permesso al cambiamento organizzativo progettato nel

2009-2010 di arrivare a reale compimento.

“La vecchia routine è quella che ha offerto maggiori resistenze a vendere tutto

quello che per noi può rappresentare una nuova strada, quindi fintanto che non è

stato imposto dall’alto, cosi come avverrà nel 2013, molto probabilmente tutta una

serie di attività non sono state poste in essere ma perché non c’erano dei vincoli, non

c’erano delle sanzioni, usando questo termine proprio in senso lato.”

Questo intervento fa notare come l’errore del precedente cambiamento

organizzativo è proprio quello di non aver tenuto l’attenzione alta una volta

implementato il cambiamento. Ci si è fatti forza sui bilanci in ripresa grazie al

nuovo sviluppo del mercato della somministrazione e ci si è probabilmente

accontentati, non andando a curare in maniera adeguata tutte quelle nuove attività

Page 103: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

103

che il cambiamento organizzativo aveva proposto. Dall’analisi delle interviste,

comunque, si evince come in questo caso la situazione sia ben diversa: il processo

di cambiamento è monitorato giornalmente attraverso lo strumento dell’agenda,

sulla quale ogni membro dell’organizzazione dovrà annotare le fasi dello

svolgimento della propria giornata lavorativa. A seconda del tipo di attività svolta,

ad essa viene assegnato un colore. Gli agenti del cambiamento, quindi, hanno

messo a disposizione uno strumento che aiuti la risorsa in primis, ma anche i suoi

superiori gerarchici, a valutare come cambia giorno per giorno l’attività lavorativa

della risorsa durante il processo. Tramite questo strumento, si cerca quindi di

monitorare giornalmente l’andamento del processo di cambiamento, e questo

dovrebbe aiutare a non tornare ad “appoggiarsi” sulle vecchie routines.

“Abbiamo quest’agenda condivisa con la nostra responsabile che appunto ci

controlla e verifica che siano gestiti tutti i vari colloqui che vengano gestite le varie

attività di routines, che venga gestita l’accoglienza, che venga gestita l’attività

magari amministrativa, un’agenda con dei colori, quindi anche non leggendo i

contenuti in base a quanto è piena l’agenda si dovrebbe misurare po’ l’attività della

filiale.”

4.5.8 Creare una nuova cultura

“Infine, nei cambiamenti virtuosi, i leader fanno attecchire il cambiamento in tutta

l’organizzazione alimentando una nuova cultura. Essa si sviluppa attraverso la

consistenza delle azioni di successo reiterate in un sufficiente periodo di tempo.

Promozioni appropriate, il nuovo orientamento delle abilità delle risorse, ed eventi

che siano in grado innestare risposte emozionali possono fare una forte

differenza” (Kotter, 2002, p. 6)

Nel caso oggetto di studio, seppur il processo di cambiamento sia appena agli inizi

del suo corso, è già entrato fortemente a far parte della cultura organizzativa.

Page 104: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

104

Innanzitutto sono stati introdotti meccanismi valutativi che permetteranno la

mobilità interna in futuro tramite una logica di riconoscimento e sviluppo di

competenze.

“A partire sempre da gennaio 2013 sono stati introdotti anche dei percorsi di crescita

individuali, quindi anche con schede di valutazione, le schede di valutazione partono

da un presupposto legato all’esperienza lavorativa all’interno dell’azienda, alle

esperienze pregresse, e a quelli che possono essere i punti di debolezza e quelli di

miglioramento.”

Sono state inoltre introdotte nuove norme di comportamento e procedure, proprio

in vista di una rapida istituzionalizzazione del cambiamento, in modo che ognuno

nell’organizzazione conoscesse bene la meta cui tendere e la strada da percorrere

per raggiungerla.

“Sono stati dati degli input, sono state date delle procedure,ci sono delle regole da

seguire che sono state istituzionalizzate sulla intranet, in modo che tutti quanti in

quest’anno si debbano attenere a quelle che sono le disposizioni aziendali,

semplicemente perché non si può pensare di lasciare poi a ciascuno l’interpretazione

libera di un cambiamento organizzativo. I risultati attesi devono essere raggiunti

percorrendo una sola strada. Non è possibile pensare di fare diversamente.”

“Ci sono state le varie procedure messe in atto, ci sono stati i cambi di ruolo, anche

proprio a livello formale...”

Bisogna infine citare un particolare: in tutte le interviste si può notare la

ridondanza del termine “consulenziale”. Sembra essere proprio questo elemento di

novità il primo che ha fatto breccia nelle rappresentazioni delle persone coinvolte.

Questo nuovo approccio, e la conseguente professionalizzazione delle risorse

risulta essere valutato in termini fortemente positivi da tutto il campione di questa

ricerca che vede nello sviluppo di nuove competenze un’arma in più non solo a

disposizione dell’organizzazione, ma anche in virtù di una crescita personale

verso la quale tendere. Questo dimostra comunque che gli attori organizzativi

Page 105: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

105

intervistati hanno già interiorizzato la visione, la percepiscono come positiva, e

questo non potrà far altro che aumentare il loro impegno verso l’obiettivo di farla

diventare realtà.

“Sicuramente al termine di questo processo le persone nelle filiali dovrebbero

diventare complete a 360, dovrebbero saper fare tutto, dalla a alla z, dal preventivo

al colloquio col candidato, e questo sicuramente in altre agenzie non accade, quindi

ti da magari la possibilità di venderti anche meglio, anche se ripeto, questo alla fine

di tutto questo processo.”

“La crescita che può dare un cambiamento di questo tipo è di tipo professionale

sicuramente ma anche di tipo personale perche comunque ci permette di avere più

orientamenti, di capire o di cercare strade alternative, poi che siano sbagliate o che

siano giuste comunque fanno parte del bagaglio di ciascuno, si spera in una nuova

esperienza possano tornare utili … come sempre, qualcosa si impara sempre.”

“Una maggiore professionalità, a tutti i livelli. Il fatto di andare a proporre, di

lavorare più in gruppo, di essere non un’unica filiale ma un distretto, quindi il

confrontarsi con i distretti come dicevo prima, ha portato ad un aumento di

professionalità e di competenze. Dal punto di vista della selezione il fatto che le

selezionatrici vanno dal cliente a conoscere il processo produttivo piuttosto che

prendere solo la job porta ad un uscire dalla routine ed ad aumentare le nostre

competenze perché si va direttamente sul campo. Dal punto di vista commerciale il

vendere cose diverse aumenta da se la professionalità, direi che proprio la cosa

importante è un aumento di professionalità e di competenza.”

“Le persone anche coinvolte dal cambiamento non possono che trarne profitto,

perché comunque vuol dire aprirsi magari a concetti nuovi, aprirsi a nuovi mercati,

aprirsi a ruoli nuovi, tendenzialmente un qualcosa di positivo viene comunque

sempre lasciato.”

Page 106: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

106

4.5.9 Secondo obiettivo di indagine

Di seguito si passerà ad un’analisi dei risultati riguardanti il secondo obiettivo di

indagine. Come esplicato nel paragrafo 4.5, è stato chiesto ai soggetti innanzitutto

di ordinare le macrocategorie di skills elencate nel dizionario 6x6 che è stato

utilizzato nell’indagine. Queste macrocategorie sono:

area soggettiva;

gestione emotiva \ self control;

motivazione;

organizzative / strategiche;

pensiero;

relazionali.

Di seguito in tabella 4.1 sono indicate le posizioni a cui sono state assegnate le 6

macrocategorie ed la relativa media di posizione, che, si ricorda, attribuisce

maggiore grado gerarchico quanto più il suo valore si avvicina a PMEDIA = 1.

Per comodità di lettura sono state già ordinate secondo il loro grado gerarchico.

Tab. 4.1 Gerarchizzazione macrocategorie

Partendo quindi in ordine di importanza assegnata dalla media delle posizioni

assegnate a ciascuna macrocategoria, si può passare ad analizzare i risultati

relativi alle 6 soft skills contenute in ognuna di esse.

MACROCATEGORIE P=S1 P=S2 P=S3 P =S4 P MEDIA

MOTIVAZIONE 3 3 1 1 2

AREA SOGGETTIVA 1 1 6 5 3,25

ORGANIZZATIVE / STRATEGICHE 4 4 4 2 3,5

PENSIERO 2 2 5 6 3,75

GESTIONE EMOTIVA / SELF

CONTROL 6 5 2 4 4,25

RELAZIONALI 5 6 3 3 4,25

Page 107: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

107

Per quel che riguarda la macrocategoria ”Motivazione”, che gode di una P

MEDIA = 2, in essa sono contenute le seguenti soft skills:

intraprendenza;

orientamento al risultato;

perseveranza / determinazione;

proattività;

responsabilizzazione;

self promotion skills.

Come in precedenza in tabella 4.2 viene riportata la gerarchizzazione di queste

soft skills con i relativi valori di posizione singoli e medi.

MOTIVAZIONE P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

RESPONSABILIZZAZIONE 2 5 1 3 2,75

PROATTIVITA 4 2 4 4 3,5

ORIENTAMENTO AL RISULTATO 5 6 2 1 3,5

INTRAPRENDENZA 1 3 5 6 3,75

SELF-PROMOTION SKILLS 3 1 6 5 3,75

PERSEVERANZA / DETERMINAZIONE 6 4 3 2 3,75

Tab. 4.2 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Motivazione.

Per quanto riguarda la macrocategoria “Area Soggettiva, che gode di una P

MEDIA = 3,25, in essa erano contenute le seguenti soft skills:

autonomia;

correttezza / etica;

energia;

fiducia in se stessi;

pazienza;

pensiero positivo.

In tabella 4.3 sono presentati i risultati relativi alle posizioni di rango assegnate

dai soggetti a queste skills e i relativi punteggi di P MEDIA.

Page 108: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

108

AREA SOGGETTIVA P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

PENSIERO POSITIVO 1 1 3 5 2,5

FIDUCIA IN SE STESSI 2 3 2 3 2,5

ENERGIA 4 4 1 2 2,75

CORRETTEZZA / ETICA 3 2 6 4 3,75

AUTONOMIA 5 5 5 1 4

PAZIENZA 6 6 4 6 5,5

Tab. 4.3 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Area Soggettiva.

Per quel che riguarda la macrocategoria “Organizzative / Strategiche”, che gode di

un punteggio di P MEDIA = 3,5, essa è composta dalle seguenti soft skills:

flessibilità;

gestione del tempo;

organizzazione;

pragmatismo;

problem solving;

visione strategica.

Di seguito in tabella 4.4 la relativa gerarchizzazione e i punteggi di posizione e di

P MEDIA.

ORGANIZZATIVE / STRATEGICHE P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

ORGANIZZAZIONE 2 3 5 1 2,75

FLESSIBILITA 3 6 1 2 3

VISIONE STRATEGICA 1 1 6 5 3,25

GESTIONE DEL TEMPO 4 2 4 4 3,5

PROBLEM SOLVING 5 4 2 3 3,5

PRAGMATISMO 6 5 3 6 5

Tab. 4.4 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Organizzative / Strategiche.

Per quanto concerne la macrocategoria “Pensiero”, che gode di una P MEDIA =

3,75, ad essa fanno riferimento le seguenti soft skills:

apertura al cambiamento;

Page 109: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

109

capacità decisionale;

capacità di semplificazione;

orientamento al futuro;

pensiero multidisciplinare;

velocità di pensiero e azione.

Di seguito, in tabella 4.4, sono presentati i risultati della gerarchizzazione e i

relativi valori di P MEDIA attribuiti ad ogni soft skill.

PENSIERO P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

VELOCITA DI PENSIERO E AZIONE 5 1 2 2 2,5

CAPACITA DECISIONALE 2 4 1 3 2,5

ORIENTAMENTO AL FUTURO 1 2 5 5 3,25

CAPACITA DI SEMPLIFICAZIONE 6 5 4 1 4

APERTURA AL CAMBIAMENTO 4 3 6 4 4,25

PENSIERO MULTIDISCIPLINARE 3 6 3 6 4,5

Tab. 4.4 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Pensiero.

Per quel che concerne le rimanenti categorie, ovvero “Gestione emotiva / Self

control” e “Relazionali”, entrambe presentano un punteggio di P MEDIA = 4,25.

Questo sta ad indicare che nella media del campione queste rivestono pari

importanza, e conseguentemente verranno presentate insieme.

Per quel che riguarda la macrocategoria “Gestione emotiva / Self control”, le soft

skills di appartenenza sono:

apertura alla diversità;

consapevolezza di se;

equilibrio emotivo;

gestione dello stress;

gestione della sconfitta;

intelligenza emotiva.

Page 110: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

110

Le soft skills che invece compongono la macrocategoria “Relazionali” sono le

seguenti:

cooperare;

gestione del conflitto;

intelligenza relazionale;

leadership;

negoziazione;

networking skills.

Di seguito, rispettivamente nelle tabelle 4.5 e 4.6, vengono riportati i risultati

relativi alla gerarchizzazione delle soft skills appartenenti a ciascuna

macrocategoria, con i rispettivi punteggi di posizione e di P MEDIA.

Tab. 4.5 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Gestione emotiva / Self control.

RELAZIONALI P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

LEADERSHIP 2 1 1 3 1,75

COOPERARE 4 2 3 1 2,5

NEGOZIAZIONE 3 6 2 2 3,25

NETWORKING SKILLS 1 5 6 6 4,5

INTELLIGENZA RELAZIONALE 5 3 5 5 4,5

GESTIONE DEL CONFLITTO 6 4 4 4 4,5

Tab. 4.6 Gerarchizzazione Soft Skills. Categoria = Relazionali.

GESTIONE EMOTIVA / SELF

CONTROL P=S1 P=S2 P=S3 P=S4 P MEDIA

CONSAPEVOLEZZA DI SE 3 4 1 2 2,5

APERTURA ALLA DIVERSITA 2 1 6 5 3,5

GESTIONE DELLO STRESS 4 2 4 4 3,5

EQUILIBRIO EMOTIVO 6 3 2 3 3,5

GESTIONE SCONFITTA 1 6 3 6 4

INTELLIGENZA EMOTIVA 5 5 5 1 4

Page 111: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

111

4.6 Discussione

I risultati di questa indagine tendono a sottolineare come il modello di Kotter

(1995) ben si presti non solo ai fini di guidare e progettare un cambiamento

organizzativo, ma anche per analizzarlo e darne una valutazione passo dopo

passo. Esso infatti non si occupa tanto di stabilire quale sia la migliore strategia,

il miglior sistema, la miglior cultura. Da questo punto di vista il modello di Kotter

si dichiara neutrale: il suo intento infatti è quello di occuparsi di come le persone

cambiano i propri comportamenti, al di la della natura del cambiamento stesso.

“Strategia, sistema, cultura, ed un buon numero di altri elementi possono essere

molto importanti, ma il problema principale sono i comportamenti, quindi cosa le

persone fanno e la necessità di un cambiamento significativo in cosa fanno. ”

(Kotter, 2002, p. 2).

Avendo portato il livello di analisi sui comportamenti, e avendo esplicitato fase

dopo fase a quale cambiamento nei comportamenti mirare, avendo inoltre

analizzato che tipo di azioni riescono, nei casi di cambiamento virtuoso, a portare

ai cambiamenti di comportamento sperati nella popolazione organizzativa, risulta

essere di semplice ed utile utilizzo nella trasposizione in contesti di cambiamento

reali, soprattutto in quelli che, come nel caso di studio in oggetto, puntano ad un

cambiamento culturale sulla base di uno sviluppo di competenze da parte degli

attori coinvolti, in quanto i comportamenti, a differenza di atteggiamenti,

attitudini, pensieri ed emozioni, sono gli elementi più facilmente osservabili, ed in

questo caso, “narrabili”.

L’analisi delle interviste che sono state la base empirica di questa indagine, ha

infatti potuto evidenziare nel caso in oggetto tutte quelle azioni che sono state

portate avanti dagli agenti del cambiamento per attuare i propri scopi, e che

ripercussioni esse hanno avuto negli attori organizzativi coinvolti a livello dei loro

comportamenti reali. È risultato utile quindi, per aiutare il ricercatore nella

costruzione di un senso riguardo l’analisi del caso di studio, l’aggancio teorico al

modello di Kotter come chiave di lettura dei comportamenti e del cambiamento

Page 112: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

112

dei comportamenti avvenuti nell’organizzazione usata come campione per

l’indagine.

Al fine di trarre spunti riflessivi dall’analisi effettuata, si può affermare che la

maggior parte delle sfide proposte nel modello di Kotter sono state affrontate in

maniera aderente a quelle che sono le “best practices” indicate in esso. Il senso di

urgenza è stato instaurato in maniera efficace tramite le accorate parole del

principale azionista all’interno della riunione plenaria. La formazione di un

gruppo che sia efficace nell’implementare il cambiamento, dove come sottolinea

Kotter “il problema è il comportamento di coloro che sono in grado di guidare il

cambiamento, soprattutto per quanto riguarda la fiducia e impegno” (2002, p. 6), è

stato affrontato con le giuste azioni, essendo stata questa missione affidata a

persone che godono di quei requisiti di credibilità, reputazione, potere e abilità

nell’affrontarla, ed avendo scelto queste persone tra quelle che meglio si erano

distinte in quanto a impegno verso la nuova visione che già nel 2009 era stata

sviluppata ma il cui compimento non era avvenuto nella realtà organizzativa a

livello istituzionale. Lo sviluppo della visione e della strategia è stato forse, come

è normale che sia, il passaggio più delicato di questo cambiamento organizzativo,

non privo di tensioni, ma alla fine, come sottolineato nelle interviste, si è riusciti

ad arrivare ad una sintesi concreta dei vari contributi, che ha permesso

l’elaborazione di una visione chiara e condivisa, e di una strategia che è stata in

grado di mettere subito in moto la macchina del cambiamento in maniera

compatta. La comunicazione della visione, anche se inizialmente ha comportato

senso di incertezza e perplessità negli attori coinvolti, è riuscita comunque nel suo

intento di far interiorizzare alla maggior parte della popolazione organizzativa

quale fosse la meta cui tendere e quale strada percorrere per raggiungerla e

renderla reale. L’abbattimento delle barriere è forse il passaggio più denso di

criticità, in quanto, come è stato sottolineato, è stato condotto in diversi step, che

sono ancora in atto al momento della ricerca. La maggiore criticità in questo caso

è probabilmente dovuta al non aver ancora esteso all’intera popolazione

organizzativa quell’attività di abbattimento di barriere e resistenze, avendo

Page 113: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

113

ritenuto opportuno iniziare quest’azione da quegli individui che maggiormente

erano coinvolti dal cambiamento nel ruolo e nell’espletamento della mansione: la

rete commerciale. Per quel che riguarda le vittorie a breve termine, il non riposare

sugli allori e l’istituzionalizzazione, si ritiene che i tempi non siano ancora maturi

per poter dare un giudizio sul cambiamento dei comportamenti in questo senso, in

quanto al momento in cui l’indagine viene effettuata è passato solo un mese dalla

reale implementazione del processo di cambiamento. Bisogna comunque far

notare che, sebbene tali sfide non siano state ancora affrontate da parte

dell’organizzazione, alcune azioni proposte in previsione del loro futuro

fronteggiamento sono già state strutturate dagli agenti del cambiamento. In tal

senso muovono gli obiettivi a breve termine in termini di sviluppo del budget in

una logica di ricerca di maggiore marginalità e di riconoscimento e sviluppo delle

competenze, i sistemi di monitoraggio delle attività delle risorse tramite l’utilizzo

di agende colorate che diano un impatto visivo di come si debba e si stia

evolvendo la tipologia di attività condotta dagli attori organizzativi, e

l’istituzionalizzazione della visione, della strategia e della struttura della nuova

forma organizzativa tramite la pubblicazione di esse e delle relative nuove norme

e procedure in un canale ufficiale quale la rete intranet.

Alla luce di tale analisi e di quanto si evince nella parte prima di questo scritto, si

potrebbe a questo punto riassumere i punti di forza e i punti critici del

cambiamento organizzativo oggetto di indagine.

Per quanto riguarda i punti di forza, si può affermare che effettivamente questo

cambiamento organizzativo muove in maniera realmente decisa verso quello che

nel Cap. 3 veniva descritto come “cambiamento organizzativo secondo una logica

di sviluppo delle competenze”. La testimonianza di ciò è data da diversi fattori:

il non legare gli obiettivi del cambiamento solo ad una logica di aumento

del fatturato, ma anche di riconoscimento, auto – valutazione,

valutazione, raffronto e sviluppo delle competenze di tutti gli attori

Page 114: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

114

organizzativi, con un approccio molto simile a quella metodologia del

“Bilancio di Competenze” già trattata nel Cap. 2;

lo sviluppo di quell’approccio consulenziale che muove proprio in vista

di quella “professionalizzazione” che Le Boterf (2008), citato nel Cap. 2,

menzionava come fattore chiave del successo organizzativo;

la ricerca di un focus del lavoro verso dimensioni di rete e di gruppo,

tramite la riunione delle filiali in distretti e le missioni di gruppo dei

commerciali, quindi abbattendo le barriere del lavoro individuale che

contraddistingueva la vecchia organizzazione, dando risalto a quelle

“competenze di cooperazione” che sempre Le Boterf (ibidem)

considerava fondamentali nello sviluppo di quella “competenza

organizzativa” che è a garanzia dell’aderenza dell’organizzazione stessa

alle nuove esigenze dei mercati;

Va sottolineato che è proprio lo sviluppo di queste nuove competenze, e quindi

della relativa logica di empowerment per gli attori coinvolti, che caratterizza la

visione della nuova organizzazione, e che allo stesso tempo attrae in maniera

sostanziale gli attori organizzativi verso il cambiamento. Da ciò si può dedurre

che è lo sviluppo di competenze stesso il facilitatore del cambiamento. Quindi se

da una parte il cambiamento comporta lo sviluppo di competenze, dall’altra parte

è lo sviluppo di competenze stesse a svolgere funzione facilitatrice del

cambiamento, andando a costituire una sorta di circolo virtuoso che si auto –

Page 115: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

115

alimenta, come si evince anche dalla rappresentazione grafica in figura 4.4.

Fig. 4.4 Circolo virtuoso del cambiamento secondo la logica di sviluppo di competenze.

Va inoltre sottolineata la funzione propulsiva e di stimolo all’azione che i primi

attori organizzativi che si sono attivati per supportare il processo di cambiamento

organizzativo stanno avendo. Sembra proprio questa essere l’arma in più a

disposizione degli agenti del cambiamento, ovvero l’entusiasmo con cui alcuni

membri dell’organizzazione hanno intrapreso la nuova strada. Essi rappresentano

un esempio sotto gli occhi di tutta la popolazione organizzativa, e, citando Kotter,

“non è che l’esempio sia la cosa che influenzi maggiormente le persone, è l’unica

cosa in grado di farlo.” (2002, p. 179).

Per quel che riguarda i punti critici del cambiamento organizzativo oggetto di

studio, essi possono riguardare due dimensioni: l’utilizzo di un unico canale di

comunicazione e la rimozione delle rimanenti barriere che ancora sono in piedi

all’interno dell’organizzazione. In entrambi i casi la problematica sembra

Page 116: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

116

riguardare proprio le risorse di filiale che hanno visto una comunicazione meno

reiterata e ancora non facilitante riguardo il proprio ruolo. Nonostante esse

abbiano comunque interiorizzato la visione e la valutino in maniera positiva, il

rischio è che non comprendano e condividano la strategia per realizzarla, e quindi

venga meno il loro coinvolgimento emozionale ed il loro entusiasmo. In questo

caso andrebbero quindi sbloccati maggiormente i canali comunicativi favorendo il

messaggio dell’importanza che anche lo sviluppo del loro ruolo, oltre a quello

della rete commerciale, sia fondamentale per il compimento del cambiamento.

Andrebbero inoltre rimosse le barriere riguardanti il ruolo stesso, per facilitare

anche nelle risorse di filiale lo sviluppo di quella professionalizzazione cui si

mira. In questo caso, andrebbero rimosse quelle barriere che obbligano alla

routine e soffocano l’iniziativa, in un’ottica di riorganizzazione delle filiali nella

nuova dimensione dei distretti. Come sottolineato da Le Boterf (2008), infatti, è

necessario lasciare un adeguato spazio di autonomia nell’organizzazione delle

attività, che permetta l’emergere delle competenze di cooperazione che rendono

l’intero gruppo una squadra competente e di successo, e capace di rispondere in

maniera reattiva ai bisogni dell’organizzazione. Naturalmente prima di fare ciò è

necessario che esse abbiano ben interiorizzato visione e strategia, abbiano

compreso quale sia la meta e quale sia la strada, solo in seguito la delega

all’azione tramite la rimozione delle barriere può diventare un meccanismo

virtuoso per il cambiamento. Come sottolineato in precedenza da Kotter, “non si

tratta di dare potere. Il potere non si tira fuori da un cappello” (Kotter, 2002, p. 5),

si tratta di rendere possibile la naturale espressione delle competenze delle

persone, competenze che fino a questo momento potevano esser rimaste sopite o

inespresse.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo di indagine dall’analisi dei risultati si può

ricavare qualche spunto interessante. Considerando che, come detto in

precedenza, il valore di P MEDIA attribuito ad ogni soft skill del dizionario 6x6

utilizzato per la ricerca è indicativo della posizione di rango media attribuita dal

campione ad ogni soft skill, quelle che si avvicineranno maggiormente con la loro

Page 117: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

117

P MEDIA al valore minimo di 1 saranno quelle percepite in maniera maggiore

possedere quella caratteristica di resilienza usata come metro di giudizio. In

questo caso, analizzando in maniera arbitrariamente trasversale i valori di P

MEDIA di tutte le 36 soft skills presenti nel dizionario, è interessante notare come

l’unica soft skill che nel confronto con le altre 5 presenti nella propria categoria ha

ottenuto un punteggio di P MEDIA < 2 è quella della “Leadership”, che gode di

una media di rango = 1,75. Citando la descrizione relativa ai comportamenti

attribuiti a questa soft skill, presente nel dizionario e nei cartoncini utilizzati per

meglio esplicare al momento della gerarchizzazione i relativi significati, ovvero

“capacità di guidare e ispirare gli altri, di essere punto di riferimento ed esempio,

di esercitare un’influenza positiva, di costruire e condividere la visione e di

orientare lo sforzo professionale di tutti alla realizzazione degli obiettivi”, essa

non può che essere accostata alle funzioni, ai ruoli, e ai comportamenti che Kotter

(1995), nel suo modello, attribuisce agli agenti del cambiamento di successo.

Viene quindi spontaneo rafforzare l’impressione che effettivamente il modello di

Kotter muova su basi realistiche e che il suo utilizzo nell’analisi dei cambiamenti

organizzativi che puntino sullo sviluppo di competenze sia coerente allo scopo.

Purtroppo, dati i diversi limiti della ricerca, non si possono trarre conclusioni

apprezzabili per quanto riguarda questo secondo obiettivo, del quale però si tiene

a salvaguardare la curiosità sull’argomento e il rimando a successivi

approfondimenti. Questa indagine, come si è sottolineato varie volte in

precedenza, ha avuto uno scopo di indagine descrittivo e critico, in modo che si

possa trarre qualche spunto dall’analisi svolta. I limiti di questa ricerca sono di

diverso tipo. Innanzitutto la ristrettezza del campione non permette né

un’adeguata generalizzazione rispetto ai risultati del secondo obiettivo di ricerca,

né una conoscenza veramente completa del contesto organizzativo oggetto di

studio. Un campione più numeroso avrebbe in questo caso contribuito ad

un’analisi più puntuale e significativa del cambiamento organizzativo studiato.

Inoltre l’utilizzo di un solo contesto per l’indagine limita le informazioni rilevanti

a livello teorico. Un’analisi di più contesti avrebbe potuto fornire informazioni

Page 118: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

118

utili su come differenti azioni da parte degli agenti del cambiamento possano

influenzare i comportamenti degli attori organizzativi e quindi quale di questi

andasse in direzione di quella conduzione virtuosa del processo di cambiamento

esplicata nel modello di Kotter (1995). Va inoltre sottolineato come, sebbene già

nel paragrafo 4.3 si sia trattata la criticità di un ricercatore già inserito nel contesto

che studia con i suoi aspetti positivi ed i suoi aspetti negativi, in questo caso la

relazione intervistatore – intervistato potrebbe essere stata alterata dal fatto che ci

fosse conoscenza diretta tra alcuni soggetti ed il ricercatore stesso, conoscenza

che, sebbene non profonda, ha avuto effetti nella conduzione dell’intervista. Se da

un lato quindi si è voluto sottolineare in precedenza come questo abbia potuto

facilitare lo scambio comunicativo e la comprensione delle narrazioni, dall’altra

bisogna ammettere che per via di questo non si è potuta esprimere una reale

oggettività nello svolgere le stesse. Si è comunque cercato di mantenere un

criterio di oggettività scientifica sia nel metodo che nella scelta di agganciarsi

nell’analisi ad un modello terzo quale quello di Kotter (1995), indipendente dal

contesto di studio e dal ricercatore stesso. Nonostante questi limiti, si pensa

comunque di essere riusciti ad esprimere una fotografia coerente del cambiamento

organizzativo oggetto di studio, mettendone in luce i punti di fuoco più

interessanti, gli aspetti virtuosi e quelli più critici, fornendo una analisi in grado di

essere da spunto per la comprensione del processo in sé e per l’approfondimento

di eventuali aspetti emersi ma non esplorati a dovere in questa indagine.

4.7 Implicazioni operative e di ricerca

Per concludere, proprio in ossequio a quello spirito di curiosità sia operativa che

scientifica che ha diretto gli scopi di questa indagine, in questo paragrafo verranno

presentati alcuni spunti che il ricercatore ha tratto dall’analisi svolta.

Per quel che riguarda gli spunti di ricerca possono essere diversi. Innanzitutto

sarebbe utile per un’analisi più puntuale e significativa allargare il campione

all’interno del contesto in oggetto. Soprattutto sarebbe importante dare

Page 119: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

119

all’indagine una dimensione dinamica che rispecchi la dinamicità dell’oggetto di

studio. Un’indagine longitudinale che riguardi l’intera fase di implementazione

del cambiamento rispecchierebbe in maniera maggiore la dinamicità del processo

e permetterebbe di ricavare molti spunti significativi che il modello interpretativo

usato mette a disposizione. Metaforicamente, un filmato riesce a cogliere

informazioni più significative di un universo dinamico rispetto ad una fotografia,

per quanto essa sia accurata. In secondo luogo un allargamento del campione a

contesti e campioni differenti riuscirebbe a rispondere in maniera più adeguata

soprattutto al secondo obiettivo di ricerca. Ciò avrebbe risvolti operativi non

indifferenti. Attraverso una generalizzazione significativa dei risultati raccolti si

potrebbe in seconda battuta arrivare ad elaborare uno strumento utile in ambito

applicativo nei contesti di cambiamento, fornendo un dizionario di competenze

specificamente calibrato per quelle organizzazioni che stanno cambiando, che

quindi consentirebbe una valutazione delle stesse in ottica formativa, valutativa e

di mobilità interna, oltre che di affidamento di ruoli chiave agli agenti del

cambiamento più predisposti ad attuare una ricostituzione resiliente.

Dal punto di vista delle implicazioni operative specifiche per il caso di studio,

sulla base delle analisi svolte e della conoscenza del contesto maturata dal

ricercatore, potrebbero essere proposte delle azioni specifiche riguardanti i punti

di criticità emersi in precedenza. Per quel che riguarda la rimozione delle barriere,

come si è già accennato nel paragrafo precedente sarebbe utile facilitare lo

sviluppo delle risorse di filiale in una dimensione di gruppo tramite periodiche

riunioni di distretto alla presenza del responsabile della relativa DOP in cui si

cerchi innanzitutto di favorire il team building secondo una nuova ottica coerente

con visione e strategia dell’organizzazione, e in secondo luogo si arrivi ad una

riorganizzazione del lavoro nell’ottica della professionalizzazione ricercata

dall’organizzazione. In secondo luogo, sarebbe interessante sfruttare ancora di più

l’utilizzo dell’esempio come leva del cambiamento dei comportamenti tramite

l’utilizzo di canali ufficiali per diffonderli. Inserire quindi le prime piccole vittorie

ottenute, contestualizzandole nel momento organizzativo del cambiamento, in un

Page 120: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

120

canale istituzionale tramite la rete intranet, renderebbe più partecipi gli attori

organizzativi dei progressi fatti per il cambiamento, andando a fornire un supporto

emozionale utile all’impegno e all’azione.

Page 121: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

121

ALLEGATI

Page 122: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

122

ALLEGATO A

DIZIONARIO SOFT SKILLS 6x6

ORGANIZZATIVE \ STRATEGICHE

1 ORGANIZZAZIONE /

PIANIFICAZIONE

Capacità di prevedere, organizzare e pianificare in anticipo il

lavoro e le attività, propri o altrui, tenendo conto delle risorse a

disposizione, delle esigenze organizzative e delle priorità di

realizzazione.

2 GESTIONE DEL

TEMPO

Capacità di gestire, organizzare e monitorare i tempi di lavoro, in

modo da garantire efficacia ed efficienza nel raggiungimento dei

risultati, rispettando le priorità e le scadenze.

3

VISIONE

STRATEGICA /

VISIONE OLISTICA

Capacità di ricercare e adottare costantemente una visione

complessiva e sistemica del proprio lavoro e del proprio ruolo, che

permetta di definire piani di azione coerenti con gli obiettivi

strategici, prevedendo gli andamenti e le evoluzioni dell’ambiente

di riferimento.

4 FLESSIBILITA

Capacità di rispondere attivamente al cambiamento, in maniera

elastica e con atteggiamento di apertura, di adattarsi alle nuove

situazioni e di comprendere e corrispondere esigenze differenti.

5 PROBLEM SOLVING

Capacità di analizzare le situazioni difficili, raccogliendo dati e

informazioni, al fine di comprenderne gli aspetti rilevanti e saper

elaborare differenti alternative di soluzione, scegliendo la più

vantaggiosa sulla base di un’analisi dei costi e benefici.

6 PRAGMATISMO /

CONCRETEZZA

Capacità di agire di fronte a situazioni problematiche o impreviste

privilegiando le soluzioni pratiche e misurabili, e il raggiungimento

di risultati concreti, ovvero facilmente applicabili alla realtà

circostante.

Page 123: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

123

RELAZIONALI

1 INTELLIGENZA

RELAZIONALE

Capacità di gestire le relazioni entrando in sintonia con gli altri,

creando rapporti di stima e fiducia, dimostrando rispetto per le

differenze e utilizzando approcci adeguati ai diversi interlocutori.

2 FARE SQUADRA

/ COOPERARE

Capacità di lavorare in gruppo integrando le proprie energie,

competenze ed esperienze con quelle degli altri, prendendo decisioni

condivise e favorendo lo sviluppo di collaborazione, lealtà e spirito di

squadra.

3 LEADERSHIP

Capacità di guidare e ispirare gli altri, di essere punto di riferimento ed

esempio, di esercitare un’influenza positiva, di costruire e condividere

la visione e di orientare lo sforzo professionale di tutti alla

realizzazione degli obiettivi.

4 NETWORKING

SKILLS

Capacità di creare relazioni positive con interlocutori interni ed esterni

all’organizzazione, valorizzando il contributo che ciascuno può dare

nel raggiungimento degli obiettivi e favorendo nuove connessioni che

possono fornire scambi convenienti.

5 NEGOZIAZIONE

Capacità di gestire situazioni di confronto o competizione e di

condurre trattative che richiedono mediazione, ricercando attivamente

il raggiungimento di un risultato positivo e vantaggioso per tutte le

persone coinvolte.

6 GESTIONE DEL

CONFLITTO

Capacità di riconoscere contrasti e divergenze, dimostrando la

tendenza ad affrontarli e gestirli e non ad evitarli, promuovendo un

loro emergere quando sono latenti e facendo in modo che i conflitti

diventino costruttivi e motivo di scambio e confronto.

Page 124: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

124

PENSIERO

1 VELOCITA DI

PENSIERO E AZIONE

Capacità di dimostrarsi rapidi e tempestivi nell’analizzare le

situazioni e gli eventi inaspettati, nel prendere decisioni e

risolvere problemi, nel pianificare ed eseguire piani d’azione

efficaci ed efficienti.

2 CAPACITA

DECISIONALE

Capacità di prendere decisioni e scegliere tra diverse alternative

con lucidità e tempestività, anche in situazioni complesse o di

incertezza, valutando vincoli e opportunità delle alternative e

assumendosi la responsabilità delle decisioni prese e dei rischi

connessi.

3

CAPACITA DI

SEMPLIFICAZIONE E

SINTESI

Capacità di scomporre i problemi e di esaminare dati e

informazioni facendone una lettura articolata e completa e

operando una sintesi critica, dimostrando un orientamento alla

semplificazione e risoluzione.

4 PENSIERO

MULTIDISCIPLINARE

Capacità di riconoscere e valorizzare l’esistenza di molteplici

punti di vista e saperi interconnessi, derivanti da diverse

discipline e correnti di pensiero e azione, al fine di favorire lo

scambio e l’arricchimento reciproco e raggiungere soluzioni

nuove e creative.

5 APERTURA AL

CAMBIAMENTO

Capacità di interpretare e vivere il cambiamento come

un’opportunità e non come una minaccia, dimostrandosi

disponibili a lavorare in diverse situazioni e contesti, con

persone differenti, in nuove posizioni e con nuovi approcci,

sviluppando le competenze necessarie.

6 ORIENTAMENTO AL

FUTURO

Capacità di gestire e affrontare l’attività quotidiana

mantenendo anche un pensiero strategico e prospettico,

orientato a formulare ipotesi e alternative che tengano conto

dell’andamento futuro dei fenomeni e siano finalizzate alla

realizzazione del proprio progetto.

Page 125: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

125

GESTIONE EMOTIVA / SELF CONTROL

1 INTELLIGENZA

EMOTIVA

Capacità di dimostrare, nella relazione con gli altri, empatia e

ascolto attivo, e di rispondere alle richieste e alle preoccupazioni

dei propri interlocutori ponendo piena attenzione ai bisogni da loro

espressi, al fine di trovare piena sintonia.

2

STABILITA ED

EQUILIBRIO

EMOTIVO

Capacità di conservare il controllo delle proprie emozioni e

reazioni in situazioni di lavoro stressanti, emotivamente cariche o

ostili, mantenendo un atteggiamento sereno ed equilibrato.

3 GESTIONE DELLO

STRESS

Capacità di gestire situazioni di lavoro incerte, stressanti, difficili

o impegnative (caratterizzate ad esempio da alti carichi di lavoro,

scarsità di tempo, scadenze pressanti) controllando l’ansia e

mantenendo lucidità di pensiero e azione.

4 GESTIONE DELLA

SCONFITTA

Capacità di affrontare insuccessi o sconfitte in maniera costruttiva,

dimostrando maturità e consapevolezza, e di ripartire in seguito ad

una battuta d’arresto o un ostacolo rimanendo focalizzati

sull’obiettivo e generando apprendimento anche dalle esperienze

negative.

5 CONSAPEVOLEZZA

DI SÉ

Capacità di riconoscere e valorizzare i propri punti di forza e le

proprie aree di miglioramento, sapendo contare sulle proprie

risorse in ogni situazione e generando opportunità di auto sviluppo

che rispondano alle proprie esigenze di crescita professionale.

6 APERTURA ALLA

DIVERSITA

Capacità di cogliere, rispettare e valorizzare le diversità delle

persone e dei contesti in cui si opera, mostrando curiosità e

interesse verso il nuovo e verso l’arricchimento che il confronto

può generare.

Page 126: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

126

MOTIVAZIONE

1 PERSEVERANZA /

DETERMINAZIONE

Capacità di perseguire gli obiettivi prefissati con tenacia,

passione, fermezza e costanza, dimostrando impegno nel

tenere fede agli impegni assunti e affrontando gli ostacoli e

le difficoltà con risolutezza.

2 PROATTIVITA

Capacità di attivarsi in modo autonomo nel proprio ambito

di azione e di responsabilità, senza attendere indicazioni

dagli altri e dimostrando spirito di iniziativa e tendenza a

influenzare gli eventi con successo, al fine del

miglioramento continuo.

3 RESPONSABILIZZAZIONE

Capacità di assumersi le responsabilità connesse al proprio

lavoro, al proprio ruolo, alle azioni da realizzare e ai

risultati raggiunti, dimostrando costantemente attenzione

alle esigenze dell’organizzazione nel delineare e ricoprire la

propria posizione.

4 SELF – PROMOTION

SKILLS

Capacità dare visibilità e credibilità al proprio lavoro e alla

propria professionalità, valorizzando le competenze che si

posseggono, le esperienze maturate e dimostrandosi

consapevoli di sé e del valore aggiunto che si può generare

per gli altri e per l’organizzazione.

5 ORIENTAMENTO AL

RISULTATO

Capacità di indirizzare costantemente ed efficacemente le

proprie energie al conseguimento degli obiettivi prefissati,

ricercando il miglioramento continuo e definendo livelli di

prestazione sfidanti.

6 INTRAPRENDENZA

Capacità di cogliere le opportunità e sviluppare idee e

soluzioni creative capaci di generare valore per

l’organizzazione, avendo in mente obiettivi di crescita e

sviluppo, facendo se necessario e opportuno più di quanto

richiesto dal proprio ruolo.

Page 127: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

127

AREA SOGGETTIVA

1 CORRETTEZZA /

ETICA

Capacità di rispettare le regole e le norme di comportamento

prescritte dagli specifici contesti di lavoro e dettate dai propri

valori professionali, sia nell’attività di lavoro che nella relazione

con gli altri.

2 FIDUCIA IN SE STESSI

Capacità di riconoscersi abili di affrontare situazioni anche

complesse e di raggiungere determinati livelli di prestazione nel

portare a termine i compiti, immaginando di poter ottenere

successi, soddisfazioni e gratificazioni nel campo lavorativo.

3 PENSIERO POSITIVO Capacità di far fronte a circostanze e situazioni impreviste e

difficili adottando un approccio possibilista e prefigurandosi esiti

vantaggiosi e favorevoli.

4 PAZIENZA

Capacità di affrontare situazioni ed eventi problematici

dimostrando moderazione, calma e autocontrollo e di rispettare,

quando necessario, i tempi di attesa che le situazioni di lavoro

impongono.

5 AUTONOMIA

Capacità di gestire e avviare le proprie attività e i processi di

lavoro anche in assenza di supporto o direttive dagli altri,

assumendo piena responsabilità delle decisioni prese e delle

iniziative intraprese.

6 ENERGIA

Capacità di realizzare i compiti lavorativi e relazionarsi con gli

altri dimostrando e comunicando volontà di riuscita, fermezza ed

entusiasmo e di mantenere tale energia costante nel tempo, senza

cadute di tensione.

Page 128: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

128

ALLEGATO B

TRACCIA DELL’INTERVISTA

Traccia di intervista semi-strutturata:

Introduzione del ricercatore: “Proporremo in questo incontro un'intervista che ha come oggetto il

cambiamento organizzativo e le competenze trasversali che permettano di affrontarlo con

successo. Il nostro proposito è esplorare tale tematica tramite il racconto di esperienze vissute ed

osservate concretamente durante la vostra esperienza personale e professionale all'interno di

questa organizzazione. L’intervista durerà all’incirca 40 minuti, durante i quali verremo registrati

tramite questa videocamera al fine di analizzare al meglio i contenuti di quanto ci diremo. Vorrei

assicurarle che le registrazioni, il suo nome e i nomi delle persone citate non saranno oggetto di

divulgazione. La preghiamo quindi di rispondere alle nostre domande parlando liberamente,

conscio che i fini delle stesse sono puramente di ricerca, che la sua collaborazione sarà

importante ai fini del raggiungimento degli obiettivi della stessa, e che la vostra privacy e quella

della vostra organizzazione sarà tutelata secondo la legge.”

Domande bersaglio per le macrocategorie:

CREARE UNA SENSAZIONE DI URGENZA

Perché si è sentita la necessità di cambiare all’interno dell’organizzazione?

Chi si è accorto per primo che l’organizzazione necessitava di un cambiamento?

Come è stata portata all’attenzione degli altri membri dell’organizzazione l’esistenza di

questa necessità?

Quali sono state le reazioni una volta riconosciuta questa esigenza?

E’ stato creato un senso di urgenza del cambiamento? Se si, in quale maniera?

Si è pensato di coinvolgere gli attori organizzativi nel processo decisionale? Se si, in

quale maniera?

FORMARE UN GRUPPO DIRETTIVO EFFICACE

A chi è stato affidato il compito di guidare il processo di cambiamento?

Come si è riusciti a costruire un gruppo efficace?

Page 129: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

129

A suo avviso quali caratteristiche avevano le persone alla guida del cambiamento che gli

abbiano permesso di esplicare al meglio questo compito?

SVILUPPARE VISIONE E STRATEGIA

Come è stata sviluppata l’idea della nuova forma che avrebbe dovuto prendere

l’organizzazione?

Quali sono state le strategie proposte per mettere in pratica questa idea?

Come si è riusciti a scegliere la strategia da adottare?

COMUNICARE LA VISIONE

Come è stata comunicata agli altri attori organizzativi la nuova forma che avrebbe preso

l’organizzazione?

Che reazioni hanno avuto gli attori organizzativi?

Come si è arrivati ad ottenere la fiducia degli altri elementi dell’organizzazione?

DELEGARE L’AZIONE RIMUOVENDO BARRIERE

Avete riscontrato comportamenti di resistenza durante l’implementazione del progetto?

Se si, quali?

Come è stato fatto fronte alle resistenze?

Come sono riusciti i membri dell’organizzazione inseriti a livello base a rendersi utili

per sostenere il processo di cambiamento? Quali azioni hanno messo in atto?

Come sono riusciti i membri più giovani dell’organizzazione a rendersi utili per

sostenere il processo di cambiamento? Quali azioni hanno messo in atto?

Come sono riusciti i membri più anziani dell’organizzazione a rendersi utili per sostenere

il processo di cambiamento? Quali azioni hanno messo in atto?

GENERARE SUCCESSI A BREVE TERMINE

Da cosa avete capito che la strada intrapresa era quella giusta?

Come si è fatta ad ottenere la fiducia degli attori organizzativi che per primi hanno

accettato e messo in pratica il progetto di cambiamento?

Sono stati posti obiettivi a medio termine? Che risultati hanno avuto?

Page 130: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

130

NON RIPOSARE SUGLI ALLORI

Come si è riusciti ad evitare che con il passare del tempo il progetto perdesse lo slancio

iniziale?

Si è mai avvertita la necessità di tornare ad occuparsi maggiormente delle routines e

delle questioni che caratterizzavano il lavoro prima della messa in atto del cambiamento

organizzativo?

Si è mai posto in discussione criticamente il lavoro fatto fino a quel momento?

CREARE UNA NUOVA CULTURA

Esistevano nella sua organizzazione tradizioni o modus operandi storici che il processo

di cambiamento è andato ad intaccare?

E’ stato utile l’apporto dei più giovani nella modificazione delle vecchie abitudini? In che

modo?

Secondo lei che giovamento hanno tratto gli elementi dell’organizzazione dal processo di

cambiamento?

In che modo il cambiamento è stato istituzionalizzato?

Gerarchizzazione Soft Skills:

“Le chiedo come ultimo step di aiutarci a capire quali competenze, secondo lei, possano

caratterizzare il profilo di una persona in grado di affrontare con successo un processo di

cambiamento organizzativo.

Troverà nella prima busta sei cartoncini. Su ognuno di essi troverà scritta una macrocategoria di

competenze trasversali articolate secondo un modello sviluppato da Professione Lavoro in

collaborazione con l’Università degli studi di Torino.

Facendo mente locale su ciò che ci siamo detti fin’ora e sull’esperienza di cambiamento che lei ha

avuto nella sua organizzazione dovrebbe, per favore, mettere in ordine di importanza queste

categorie rispetto alla possibilità che esse permettano di affrontare eventi di cambiamento in

maniera propositiva, cogliendo in essi opportunità di crescita e favorendo la vittoria sulle

resistenze.

In ogni altra busta troverà altri sei cartoncini con su scritte, questa volta, competenze trasversali

specifiche appartenenti alle macrocategorie di cui sopra.

Aprendo una busta per volta e facendo mente locale su ciò che ci siamo detti fin’ora e

sull’esperienza di cambiamento che lei ha avuto nella sua organizzazione dovrebbe, per favore,

Page 131: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

131

mettere in ordine di importanza queste competenze rispetto alla possibilità che esse permettano di

affrontare eventi di cambiamento in maniera propositiva, cogliendo in essi opportunità di crescita

e favorendo la vittoria sulle resistenze.

L’intervista è finita, la ringrazio per la sua partecipazione, sono certo che le sue risposte

contribuiranno in maniera proficua allo sviluppo della nostra indagine.”

Page 132: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

132

ALLEGATO C

INTERVISTE SBOBINATE

SOGGETTO 1

Presentazione

R: Perché si è sentita l’esigenza di cambiare all’interno dell’organizzazione?

S1: Perché i risultati raggiunti non erano più quelli sperati, quelli voluti dal vertice e quindi si è

pensato, per cercare di utilizzare al meglio le risorse all’interno della filiale soprattutto, puntando

soprattutto su un’attività commerciale più di impatto, quindi questo cambiamento

fondamentalmente è per quello, per cercare di raggiungere gli obiettivi commerciali in maniera più

veloce, con un attacco.

R: Chi si è accorto per primo che l’organizzazione necessitava di un cambiamento?

S1: Tendenzialmente un po’ tutti ce ne rendiamo conto di giorno in giorno perché comunque non

c’è una divisione dei compiti molto ben definita, quindi le persone in filiale secondo me avrebbero

voluto un cambiamento, i vertici hanno proposto un cambiamento diverso rispetto a quello

proposto dalla filiale. Sicuramente la filiale avrebbe gradito un supporto maggiore in filiale, con

uno staff con più persone, invece si è sentita la necessità di rinforzare lo staff commerciale, quindi

diciamo che c’è un po’ uno specchio, quindi il vertice ha pensato di fare una cosa, la base chiedeva

una cosa opposta, però logicamente essendo un’azienda a stampo commerciale si punta più a

sviluppare e migliorare il lato commerciale perché se non ci sono i clienti non c’è attività di filiale

fondamentalmente.

R: Ma questa delle filiali era un’esigenza sentita da più persone o una tua esigenza personale?

S1: No, parlando con colleghe di filiali in cui ci sono numeri alti, lo sento in misura maggiore

perché ci sono tanti numeri per cui una persona di staff in filiale sarebbe per me un’esigenza, per

cui io sicuramente in prima persona, però anche altre filiali a mio avviso sentono questa esigenza,

soprattutto perché le cose da fare sono tante.

R: Come è stata portata all’attenzione degli altri membri l’esistenza del problema?

S1: Abbiamo fatto un incontro in cui il proprietario dell’azienda ci ha spiegato l’esigenza di

cambiare marcia, di invertire marcia, perché tutto quello che era stato fatto fin’ora era stato fatto in

Page 133: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

133

maniera non corretta, quindi ci è stato proprio presentata come un’esigenza, dall’oggi al domani, si

attuerà questo cambiamento immediato proprio perché non si può fare diversamente altrimenti …

una parola utilizzata è si fa cosi e non si torna indietro, si cambia e non c’è possibilità di fare

altrimenti, secondo me proprio per sottolineare l’importanza che loro danno a questo

cambiamento, che fondamentalmente si sta rivelando abbastanza d’impatto da un certo punto di

vista ma abbastanza neutro sotto un altro punto di vista …

R: Ovvero?

S1: D’impatto perché i commerciali adesso sentono molto meno secondo me il peso della filiale,

dall’altra parte fondamentalmente le filiali sono rimaste uguali quindi io in prima persona non

vedo questo cambiamento come una cosa drastica, immagino che per i commerciali, proprio per

entrare nell’ottica consulenziale che hanno richiesto, è difficile secondo me per chi ha sempre

sentito i ritmi della filiale, ha sempre seguito la filiale, essere un consulente per l’azienda

sicuramente ti cambia.

R: In cosa consiste questo ruolo consulenziale?

S1: Da quello che ho capito, perché poi fondamentalmente non ho parlato con nessuno di questa

cosa nello specifico, però mi sembra di capire che hanno cercato di dividere le varie divisioni di

[ApL] affidando ad ogni commerciale una posizione specifica, ovvero dividendo, ad una persona

[ApL] Formazione, ad una persona [ApL] Outsourcing, ad una persona [ApL], un consulente

specializzato. Poi [ApL] è sempre la base del lavoro eh …

R: Che reazioni ci sono state al riconoscimento di questa esigenza?

S1: Perplessità, come per ogni cambiamento sicuramente, io personalmente sono una persona alla

quale i cambiamenti piacciono, però, in un primo momento, soprattutto quando non vengono

governati da me, mi mettono un attimo di timore, un attimo di perplessità, non mi piace non avere

sotto controllo il cambiamento, quindi avere un cambiamento gestito mi ha un attimo …

R: È stato creato il senso di urgenza al cambiamento?

S1: Si, c’è stata una riunione con tutti quanti e quindi questo sicuramente si, poi è stata presa un

po’ secondo me … io personalmente avrei messo più fretta nel senso il 2 gennaio si rientra in

gruppi e si inizia già ad analizzare questo cambiamento, ci sono stati tempi un po’ dilatati quindi,

io non so, l’avrei fatto con più urgenza, dando gli strumenti proprio subito nell’immediato.

R: Sono stati coinvolti gli attori organizzativi nel processo decisionale?

Page 134: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

134

S1: No …

R: A chi è stato affidato il compito di guidare il processo di cambiamento?

S1: Mi sembra di aver capito che c’è proprio una persona, che è un direttore dei processi ,F. R.,

che gestirà tutti questi processi di cambiamento poi è normale che i vertici stanno gestendo tutto

pero mi sembra di capire che hanno creato una figura particolare.

R: È una singola persona?

S1: Si, è una persona singola, poi ci ho parlato alla riunione e mi ha chiesto quindi come la vedi?

Come lo vedi questo cambiamento? Ma è stato l’unico momento in cui sono entrato in contatto

con lui, non ho molti contatti, a dir la verità non ho molto presente qual è il suo ruolo, si,

sinceramente la parola mi aveva un attimo incuriosita, adesso che mi hai detto tu la parola

processo ho ricollegato, non mi sono chiesta che tipo di processi potesse curare.

R: Che caratteristiche hanno le persone alla guida del cambiamento? Quelle che le possono

permettere di espletare questa funzione in maniera efficace?

S1: Mah sono sicuramente persone molto determinate, in questo momento ti dico che questa

persona che ci ha dato queste informazioni è una persona molto determinata, non guarda in faccia

nessuno, l’obiettivo è l’obiettivo, l’obiettivo è davanti a tutto, è una persona che con tutti i pro e i

contro non ha paura di mettersi in prima linea e portare avanti i suoi obiettivi, non è uno di quelli

che si tira indietro, da questo punto di vista tanto di cappello, sarebbe molto più semplice quando

l’azienda non rende mandare 50 persone a casa lui invece si è messo in gioco anche in prima

persona, è una persona determinata che ha voglia di fare.

R: Come è stata sviluppata l’idea della nuova forma che avrebbe dovuto prendere

l’organizzazione?

S1: L’hanno anche spiegato ma non ho ascoltato con attenzione probabilmente, hanno cercato di

organizzare il tutto in maniera matriciale, anziché gerarchica, più linee di business affiancate non

in maniera gerarchica ma affiancate, con degli obiettivi comuni, perdendo un po’ quella gerarchia

che c’era finora.

R: Quali sono state le strategie proposte?

S1: Allora è stata proprio riorganizzata la divisione a livello Italia di [ApL], prima c’erano tre

divisioni ora queste divisioni hanno all’interno delle dop, delle direzioni operative, all’interno

delle quali dei distretti, se prima c’era area nord centro e sud adesso c’è dop1 dop2 dop3 dop4,

Page 135: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

135

all’interno della dop1 per esempio c’è il distretto Torino Moncalieri Chivasso per cercare di avere

secondo me meno obiettivi singoli di filiale ma degli obiettivi un po’ più ampi da raggiungere con

più filiali.

R: Come è stata comunicata agli attori organizzativi la nuova forma che avrebbe preso

l’organizzazione?

S1: Sempre nella stessa riunione per presentare la necessita e l’urgenza del cambiamento.

R: Che reazioni ci sono state?

S1: Secondo me erano tutti un po’ perplessi, tranne le persone che ne erano già al corrente, però

c’era un po’ di perplessità generale, le persone che ne erano già a conoscenza erano un po’

rassegnate …

R: Sono state fatte mosse per ottenere la fiducia degli attori organizzativi?

S1: No, è stato fatto un discorso motivazionale ma nient’altro, non ci sono state altre … c’è stata

sicuramente la telefonata della responsabile di turno che diceva che ti è stato dato un ruolo in

questo cambiamento fondamentale pero io le vedo proprio come una bella leccata di culo.

R: Parliamo dell’implementazione … ci sono stati comportamenti di resistenza ad essa?

S1: No mi sembra di no, mi sembra di vedere che tutti quanti bene o male si stiano adeguando, mi

riallaccio al discorso di prima, per noi in filiale non è cambiato molto, abbiamo solo qualcosa in

più da fare quindi fondamentalmente si aggiunge a quello l’altro quindi avendo noi anche un

controllo puntuale della nostra agenda non c’è possibilità di non farle queste cose … Abbiamo

quest’agenda condivisa con la nostra responsabile che appunto ci controlla e verifica che siano

gestiti tutti i vari colloqui che vengano gestite le varie attività di routine, che venga gestita

l’accoglienza, che venga gestita l’attività magari amministrativa, un’agenda con dei colori, quindi

anche non leggendo i contenuti in base a quanto è piena l’agenda si dovrebbe misurare po’

l’attività della filiale.

R: Come pensi che i membri esecutivi si stiano rendendo utili per supportare il processo ?

S1: Mah, secondo me facendo quello che hanno sempre fatto, tanto, soprattutto a livello esecutivo,

per come è organizzata [ApL] c’è molta attività da fare, come sempre, facendo tutte le attività

cercando di non perderne alcune per strada, cercando di evitare ogni fantasia creatività, fare e basta

senza farsi troppe domande, anche perché per svincolarsi poi dalla vecchia figura del direttore di

filiale un deve anche darsi da fare.

Page 136: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

136

R: Come pensi che i membri più giovani si stiano rendendo utili per supportare il processo?

S1: No i membri più giovani no, io sono una dei membri più giovani, non ho fatto proposte perché

non c’è spazio secondo me alle proposte, è un momento di transizione, in questo momento bisogna

vedere un attimo come va, poi piuttosto … tra un mesetto o due arriveranno secondo me le

proposte, anche da parte mia, perche poi vedo, faccio, quello che posso migliorare lo dico.

R: Come pensi che i membri più anziani si stiano rendendo utili per supportare il processo?

S1: I membri più anziani sono quelli a cui comunque è stato chiesto tanto dal punto di vista

commerciale, e quindi essendo poi questo cambiamento proteso proprio all’attività commerciale

comunque secondo me a loro non è pesato più di tanto questo cambiamento perche comunque sia

sono persone che comunque hanno sempre fatto tanto, penso a Z. F.., lui è uno che ha sempre fatto

tantissimo dal punto di vista commerciale, ora dovendo gestire una dop, fondamentalmente si deve

concentrare di più su una attività pero il commerciale lo deve fare comunque tanto.

R: Da cosa si è capito che la strada era quella giusta?

S1: Io non sono convintissima che sia la strada giusta.

R: Quali sarebbero gli indicatori di una strada giusta?

S1: I numeri, il fatturato sicuramente, in base ai risultati si vedrà se è la strada giusta, poi l’azienda

sicuramente valuterà in base a quello perche se ci sono i risultati vuol dire che quella sarà la strada

giusta.

R: Ci sono state persone particolarmente di supporto accettando e supportando il cambiamento

fin dai primi momenti?

S1: Si sicuramente Z. lui l’ha presa, secondo me lui ci crede veramente, anche L. ci sta

supportando, si sta proprio organizzando in base a questa nuova organizzazione, loro ci credono

proprio tanto poi loro sono alla guida della dop quindi devono crederci proprio tanto difficilmente

possono mostrarci segni di cedimento altrimenti noi poi non ci interessiamo più al processo.

R: Come si è ottenuta la loro fiducia?

S1: Non lo so …

Page 137: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

137

R: Sono stati fissati obiettivi a medio termine?

S1: Contestualmente alla riunione ci sono stati presentati i budget, quindi da li partono gli

obiettivi, fatturato, fatturato e basta che poi è la cosa fondamentale in questa azienda, l’obiettivo è

stato quello di superarlo, tendenzialmente ogni volta che ci viene presentato un budget viene

chiesto di superare quello dell’anno precedente quindi ogni volta in base a quello si cerca di

organizzare l’attività della filiale, delle filiali, in questo caso dei distretti quindi questo è

l’obiettivo. Vengono fatte delle analisi di budget a trimestre quindi se a marzo nessuno fa quello

che deve fare non si può andare avanti.

R: Sono state intaccate vecchie routines?

S1: È rimasto tutto fondamentalmente identico con qualcosa in più, è richiesta più disponibilità per

i colloqui, quindi colloqui, colloqui, colloqui, ma poi a quello bisogna affiancare poi altre cose, è

stato chiesto di aggiungere cose nuove, se prima in 40 ore dovevi fare 8 cose ora ne devi fare 10,

poi in che modo è una cosa che sta alla persona..

R: C’è mai stata la sensazione di dover tornare indietro sui passi fatti?

S1: Da parte mia no perche io in questa filiale ritengo di aver fatto sempre qualcosa in più, quindi

no, da parte mia no, posso pensare che qualche risorsa un po’ più junior si, perche magari ha

sempre avuto il supporto della figura del direttore di filiale, il trovarsi ora senza questa figura può

aver creato qualche problema, pero poi alla fine …

R: Che tipo di giovamento possono trarre gli attori organizzativi da questa riorganizzazione?

S1: Sicuramente al termine di questo processo le persone nelle filiali dovrebbero diventare

complete a 360°, a parte l’attività di vendita, ma le persone in filiale dovrebbero saper fare tutto,

dalla a alla z, dal preventivo al colloquio col candidato, e questo sicuramente in altre agenzie non

accade, quindi ti da magari la possibilità di venderti anche meglio, anche se ripeto, questo alla fine

di tutto questo processo.

R: In che modo è stato istituzionalizzato il cambiamento?

S1: La cosa fondamentale è che non c’è più un direttore di filiale che ha una attività in filiale ma

c’è un consulente che ha un’attività fuori, sganciata dalla filiale, che in filiale deve solo portare gli

ordini.

Page 138: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

138

SOGGETTO 2

Presentazione

R: Vuol parlare di questo cambiamento organizzativo partendo dal momento in cui si è sentita

l’esigenza di cambiare?

S2: Si, allora, premesso che la nostra azienda ha nel corso degli anni praticamente sostenuto un

cambiamento organizzativo continuo quindi di anno in anno per un mettersi al passo con quelli che

sono gli obiettivi e le esigenze di mercato. In quest’ultimo caso il cambiamento organizzativo è

dipeso un po’ dall’idea dell’imprenditore di avvicinarsi al mercato, quindi aveva notato uno

scollamento tra quella che era la rete, quindi le filiali, da quelle che erano le esigenze del mercato

dipeso da una sorta di venir meno della spinta dell’attività commerciale. A fronte di questo quindi

si è deciso di avviare un processo che mettesse in moto tutta la rete, tutte le persone che operano in

azienda, in maniera tale che ci si “togliesse dagli uffici”, e quindi si cominciasse a battere il

marciapiede, se mi passi il termine, e cioè andare a toccare con mano quelli che sono i tessuti

imprenditoriali locali, bussare alle porte, e facendo questo ovviamente a tutti i livelli, partendo dal

personale di filiale, passando per il middle management, fino ad arrivare al top management,

quindi, tanto per darti un riferimento, lo stesso nostro imprenditore è una persona che si è rimessa

in discussione, quindi è entrata all’interno dell’azienda e ha cominciato a girare sui clienti per

capire il motivo per cui c’è stata questa flessione nelle vendite. Detto ciò, a partire dal 1 gennaio

2013, si è avviata un’attività che ha toccato tutti i ruoli, compreso il personale di sede, oltre che

delle filiali, che quindi ci vedrà nei prossimi mesi, tutto l’anno sul territorio nazionale a …

R: Questa esigenza è stata notata da qualcuno in particolare prima degli altri?

S2: L’esigenza è stata maturata nel corso dell’ultimo semestre del 2012 in funzione del rendersi

conto di una riduzione del fatturato, e quindi l’elemento che ha fatto scaturire il tutto è stata la

flessione rispetto a quelli che erano gli obiettivi attesi, e una condivisione anche di questa

problematica tramite riunioni che si sono tenute a Pescara.

R: Quindi come è stata portata all’attenzione degli altri membri dell’organizzazione questa

necessità?

Page 139: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

139

S2: Condividendo i motivi per i quali bisognava correre al riparo, quindi la flessione del fatturato,

avevamo perso qualcosa dal 2012 rispetto al 2011, quindi al fine di evitare una flessione anche nel

2013 necessariamente il 2013 deve essere per noi un anno di ripartenza, si è pensato di cercare di

aprirsi ad altri business, e quindi non cominciare a vendere soltanto la somministrazione ma far si

che tutte le persone dell’organizzazione vendessero formazione, buste paga, cioè tutte quelle che

sono comunque le attività che comunque possono essere portate fuori, aprendo quindi un ventaglio

di offerte. Questa cosa qua naturalmente è stata condivisa come ti dicevo sul secondo semestre

dello scorso anno, novembre-dicembre sono stati poi i mesi in cui ci sono state una serie di

evoluzioni, quindi i cambiamenti organizzativi che oggi viviamo, non sono quelli esattamente

pensati a novembre. Nei mesi di novembre e dicembre abbiamo visto tutta una serie di ipotesi che

sembrava si fossero concretizzate, poi in corso d’opera sono state cambiate per la paura di fare un

cambiamento organizzativo che facesse perdere magari quello che comunque fino ad oggi avevi

portato a casa, abbiamo cercato quindi di attuare un mix che potesse consolidare quello che si era

portato a casa fino ad oggi, e che allo stesso tempo potesse aprirsi per cercare una nuova strada.

Quindi sono state spostate persone, magari sono stati ridimensionati dei ruoli che magari anche nel

corso del 2013 potevano assurgere ad altre cariche, magari anche a dei miglioramenti dal punto di

vista professionale, quindi tutti quanti ci si è rimessi in discussione, come ti dicevo magari si sono

ridimensionati anche i ruoli, per cercare di utilizzare il 2013 come cuscinetto per consolidare ed

incrementare le quote di struttura.

R: Ci sono state reazioni particolari a questo?

S2: Le reazioni probabilmente sono state quelle di dubbio e di incertezza nell’affrontare il mercato

in questo modo, perché comunque usciamo da una situazione di confort, che avevi fino a ieri per

abbracciare una nuova attività, per abbracciare dei cambiamenti quindi le critiche o le perplessità o

i dubbi sono quelli legati essenzialmente alla perplessità di non riuscire a fare una determinata

cosa, ma semplicemente perché si è abituati a farle in un altro modo, quindi bisognava cambiare

ciascuno di noi trovando la motivazione giusta per approcciarci in maniera diversa.

R: Si è pensato di coinvolgere attori organizzativi nel processo decisionale?

S2: Parzialmente, noi naturalmente abbiamo un’azienda di tipo imprenditoriale, comunque

abbiamo la proprietà e gli azionisti di riferimento che sono operativi all’interno dell’azienda. Il

middle management comunque è stato coinvolto attivamente in quello che è il processo di

cambiamento, cercando di dare le proprie idee, i propri dubbi, le proprie perplessità, dopo di che

ha riguardato comunque tutti anche se poi come spesso capita non tutti sono stati coinvolti come

parte attiva. Qualcuno si è visto per forza di cose il cambiamento in maniera passiva.

Page 140: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

140

R: E’ stato affidata a qualcuno in particolare la guida del cambiamento?

S2: All’imprenditore in prima battuta e al top management che ha il compito di instradare

l’azienda verso questa nuova via.

R: Ci sono stati meccanismi particolari che hanno portato alla creazione di questo gruppo?

S2: I meccanismi sono stati dati dalla storicità delle persone, per cercare il team che ha guidato, dai

risultati portati nel corso degli anni, quindi si è fatta una scrematura delle persone che comunque

erano presenti cercando tra queste persone quelle che magari si erano adattate meglio, avevano

capito lo spirito dei cambiamenti, perché comunque anche negli ultimi anni 3-4 anni abbiamo

avuto dei piccoli cambiamenti in azienda. Questi cambiamenti hanno apportato, hanno impattato

sulla vita lavorativa di alcune persone e tra queste sono state scelte quelle che meglio si erano

adattate, che avevano intrapreso questa nuova attività e magari avevano anche portato risultati in

questa direzione.

R: Che caratteristiche contraddistinguono queste persone?

S2: Sicuramente un senso di appartenenza all’azienda, un senso di voglia di crescere e soprattutto

adattarsi ai cambiamenti e cercare nuove vie.

R: Quali sono state le strategie proposte?

S2: Sono quelle, in un business come il nostro, dove comunque l’esposizione finanziaria è

importante perché noi siamo un’agenzia per il lavoro, vendiamo soprattutto somministrazione

questo vuol dire che anticipiamo gli stipendi a tutti i lavoratori e li incassiamo, quando va bene, a

30 giorni. Se no a 60, 90, e cosi via. Questo vuol dire che dobbiamo farci seguire dalle banche, che

ci devono aprire il portafogli per poter accedere al credito, ma vuol dire anche pagare interessi

passivi. La strategia è stata quindi quella di mantenere inalterato il portafoglio della

somministrazione, cercando di implementarlo, ma soprattutto di ridurre la quota di esposizione

finanziaria, facendo cosa, andando a vendere quei servizi che per noi rappresentano un margine

puro e non rappresentano costo, quindi abbiamo guardato all’interno della nostra azienda,

cercando di capire tra i vari uffici che cosa avevamo già in pancia, che cosa poteva essere fatto

senza dover chiedere soldi fuori e abbiamo messo a disposizione dei nostri clienti uffici e

competenze che già avevamo, in maniera tale che si potesse dare un servizio di tipo più

consulenziale, oltre che di servizio vero e proprio legato alla fornitura di personale.

Page 141: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

141

R: Come è stata comunicata la visione?

S2: Con una serie di riunioni divise poi per aree nelle quali sono intervenuti gli attori, è intervenuta

la proprietà che ha spiegato i motivi per i quali si è reso necessario questo cambiamento

organizzativo, e quindi i motivi che vedevano anche persone abituate a vendere un certo tipo di

business o ad avere un certo tipo di ruolo ad aprirsi in qualche modo, per forza di cose al

cambiamento.

R: Le reazioni che può aver notato da parte di questi attori?

S2: Mah, le reazioni che posso aver notato sono in un primo momento di difficoltà, perche come

dicevo prima si tratta di persone che hanno sempre visto un solo tipo di ruolo, ed un tipo di

business, qui parliamo di un cambiamento organizzativo che non impatta solamente sul ruolo ma

impatta sul business, quindi cercando addirittura di ribaltare quelli che sono i pesi, di conseguenza

se oggi avevamo l’80% sul nostro core business, dal primo di gennaio ho un’inversione, o

addirittura un 60-70% di vendita di servizi che prima non vendevamo. Dal punto di vista del ruolo

abituarsi a ragionare non più in termini individuali ma in termini di gruppo, perché nel cambio

organizzativo si sono create delle microaree che vedono tutte le persone coinvolte nell’area avere

uno scopo comune che è quello del budget. Prima il budget era diviso per centro di costo, per

filiale, tanto per intenderci, oggi il budget è più collettivo, quindi riguarda un’intera area

all’interno della quale possono esserci più filiali e quindi la difficoltà può essere quella di

condividere con tutte le filiali dell’area il raggiungimento del risultato, cosa che magari fino a ieri

era a più individuale, rimessa al singolo ufficio che si preoccupa di far funzionare la propria filiale,

e cosi se funziona bene la propria filiale e quella vicina fa male non si raggiungono gli obiettivi, di

conseguenza vuol dire interagire con le persone, aumentare le relazioni all’interno dell’azienda, e

aiutare anche chi magari in questo momento non riesce a far fronte al raggiungimento del risultato.

R: Sono stati fatte azioni per ottenere la fiducia degli attori non coinvolti nel processo

decisionale?

S2: Mah, azioni vere e proprie no se parliamo delle persone che non sono state coinvolte, l’azione

che è stata fatta è stata quella di prendere in considerazione gli elementi di successo che hanno

visto noi ad oggi primeggiare o comunque raggiungere certi traguardi, e cercare di passarli alla

rete in maniera tale che ci siano degli esempi concreti, ma parliamo di laboratorio comunque, non

c’è una vera e propria … è stata presa la torta e sottoposta alla rete.

R: Magari comunque in questo caso puntate anche ad una fiducia che già esiste?

Page 142: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

142

S2: Sicuramente perche le persone coinvolte sono persone storiche nella maggior parte dei casi,

contiamo circa 150 dipendenti a livello struttura, su cui abbiamo un 60-70% di persone che

comunque sono in azienda da quando l’azienda è nata. Da quando l’azienda è nata bene o male è

sempre venuta incontro al personale, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista di

soddisfazione delle esigenze anche personali di ciascuno. Pertanto questo fa si che le persone

hanno comunque aperto a priori la propria fiducia sperando che questa sia la via giusta.

R: Sono stati registrati comportamenti di resistenza?

S2: Come ogni cambiamento ci sono sicuramente persone che hanno maggior resistenza, quindi

comunque persone sulle quali verrà garantito un affiancamento maggiore, il lato positivo di tutto

questo, a prescindere dal raggiungimento dell’ obiettivo, è che comunque in ogni cambiamento, le

persone anche coinvolte dal cambiamento non possono che trarne profitto, perché comunque vuol

dire aprirsi magari a concetti nuovi, aprirsi a nuovi mercati, aprirsi a ruoli nuovi, tendenzialmente

un qualcosa di positivo viene comunque sempre lasciato, il problema è far capire che il

cambiamento è tendenzialmente positivo, difficilmente negativo, quindi in questo l’azione

comunque offerta è stata quella di supportare, di affiancare le persone per cercare di costruire un

percorso di crescita comune, e accompagnando chi magari ha un po’ più di resistenza passo passo.

R: Sono sorti dubbi particolari a questo riguardo?

S2: Beh dubbi particolari si, al di la di vendere linee di business che comunque non fanno proprio

parte del nostro core, quindi magari possono sembrare estranei, per cui vuol dire sentire di non

avere la preparazione giusta, non sentirsi pronti o ferrati su una determinata materia, con il dubbio

magari di andare poi dal cliente e fare una brutta figura perche poi magari il cliente si fa una idea

che non si sia preparati su un determinato argomento, quindi ci allontaniamo dal nostro core

business andando a vendere cose nuove, quindi la resistenza è quando vendo qualcosa di nuovo di

cui so poco, vuol dire che devo prepararmi, è vero che ci sono percorsi formativi messi a

disposizione dall’azienda ai dipendenti, però è anche vero che ciascuno di noi deve auto-istruirsi,

per fare scuola, vuol dire documentarsi con tutti i mezzi che possono essere cartacei, elettronici,

però è un qualcosa che ciascuno di noi deve sentire.

R: Come possono i membri più giovani supportare attivamente il processo di cambiamento?

S2: I membri più giovani hanno sicuramente meno resistenze, se parliamo sia di età anagrafica,

magari avendo minore esperienza nel mondo lavorativo hanno anche meno preconcetti, perché poi

comunque se parliamo di persone che hanno già lavorato nel corso degli anni, magari sullo stesso

Page 143: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

143

business ma in aziende diverse, per forza di cose sono partite 15 anni fa con questo tipo di

business e oggi si ritrovano molto legati a questo tipo di lavoro, quindi è più difficile accettare un

cambio, per ragioni anche di comodità, di confort. Invece chi è anagraficamente più giovane è

tendenzialmente più disposto al cambiamento, perché ha una minore esperienza lavorativa, per

forza di cose, e magari una maggior propensione ad accettare quali possono essere le nuove sfide,

le nuove avventure.

R: E secondo lei che tipo di supporto possono dare?

S2: Il supporto può essere proprio l’approccio che hanno sul mercato, sul mondo del lavoro e

all’interno dell’azienda, quindi in realtà potrebbe essere l’affiancamento stesso che magari una

persona con più seniority fa ad una persona più giovane però è l’entusiasmo che può avere la

persona più giovane nell’affrontare nuovi business e quindi la capacità di questa persona e il far

vedere che con questo entusiasmo magari riusciamo a chiudere nuove soluzioni.

R: Riguardo ai membri più anziani?

S2: Le azioni quella della proattività in prima battuta e in prima persona quindi è chiaro che se non

sono convinto io di quello che stiamo facendo non sarò in grado di trasmettere nulla alle persone

più giovani lavorativamente all’interno dell’azienda, quindi devo essere io per primo a fare e

quindi a dimostrare e a far vedere che comunque determinati risultati si possono ottenere con

determinate soluzioni anche se innovative. Quindi vuol dire affiancare queste persone e lavorare

per primi nel far vedere che comunque certe cose si possono raggiungere lavorandoci e crescendo

poi reciprocamente.

R: Sono stati fissati obiettivi a medio termine?

S2: Si, anche perche comunque a partire sempre da gennaio 2013 sono stati introdotti anche dei

percorsi di crescita individuali, quindi anche con schede di valutazione, le schede di valutazione

partono da un presupposto legato all’esperienza lavorativa all’interno dell’azienda, alle esperienze

pregresse, e a quelli che possono essere i punti di debolezza e quelli di miglioramento. Quindi

ciclicamente a step di 4-6 mesi perché comunque è un percorso che stiamo costruendo sono state

inserite delle aree di miglioramento alle quali ognuno di noi deve tendere, e poi raggiunto lo step

successivo ci si confronterà con il proprio responsabile gerarchico di turno per capire se abbiamo

raggiunto e se abbiamo migliorato in determinate aree o se no quali sono state le difficoltà che

abbiamo riscontrato.

Page 144: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

144

R: C’è qualcuno che prima degli altri si è esposto per supportare questo processo di

cambiamento?

S2: Nel senso che si è proattivato di più?

R: Si, in quel senso.

S2: Diciamo che il processo di cambiamento quello che poi abbiamo attuato quest’anno era già

stato avviato nel 2009-2010, con la differenza che nel corso del 2009 o del 2010 era stato lasciato

alla buona volontà di alcune persone, che quindi avevano deciso di provare ad intraprendere delle

nuove strade, solo che nel 2009-10-11 forse ancora nel 2012 si è visto che lasciare solo a poche

persone senza dare da riferimento comune un input da parte dell’azienda rimaneva fine a se

stesso, perché poi avevamo magari 4-5-6 individui che potevano portare di risultati attesi, ma che

comunque in qualche modo non venivano trasmessi alla rete. Il tutto diciamo che è dipeso da 4-5-6

persone all’interno dell’azienda che rappresentavano linee di business diverse, quindi comunque è

stata l’unione e la fusione di linee di business che tendevano a creare sempre costo.

R: Quindi si partiva già da queste persone che avevano fatto attività sotto questo punto di vista in

precedenza?

S2: Si infatti

R: Si è mai posto in discussione criticamente quanto fatto fin’ora?

S2: Si, ovviamente si è anche messa in discussione, questo è avvenuto nei mesi di ottobre

novembre e dicembre però come ogni cosa è stata condivisa con elementi che potevano essere

negativi ed elementi che potevano essere positivi, sono stati pesati e ad oggi l’idea è di provare

questo nuovo percorso, perché il business per noi è sempre stato uno, pero è anche vero che se non

proviamo a percorrere nuove strade, in un mercato che si sta chiudendo, che sta diventando

sicuramente più limitato in termini numerici sul settore di fatturato e di marginalità, non possiamo

pensare di provare a continuare a vivere sperando in una ripresa, ma dobbiamo comunque aiutare

il mercato a riprendersi oppure come fanno le banche, a vendere più servizi.

R: Sono state messe in discussione vecchie routines?

S2: La vecchia routine è quella che ha offerto maggiori resistenze a vendere tutto quello che per

noi può rappresentare una nuova strada, quindi fintanto che non è stato imposto dall’alto cosi come

avverrà nel 2013 molto probabilmente tutta una serie di attività non sono state poste in essere ma

perché non c’erano dei vincoli, non c’erano delle sanzioni, usando questo termine proprio in senso

lato. Quindi il 2013 vede da un lato un cambiamento che viene intrapreso, ma dall’altro un obbligo

Page 145: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

145

a cambiare sia per le persone che si devono adeguare a questo perché probabilmente è l’unica

strada, sia in termini di proposizione sul mercato, perché probabilmente quello che c’è di vecchio

non porterà da nessuna parte.

R: Che giovamento possono avere gli attori organizzativi da questo cambiamento?

S2: Per esperienza personale ho cambiato già in quest’azienda ruoli e business diversi, quindi

lavoro da 5 anni e qualcosa in azienda, in 5 anni ho cambiato 4-5 ruoli e mi sono occupato anche

di business diversi. Chiaramente ero io il primo che aveva difficoltà iniziali ad accettare il

cambiamento, perché comunque ho sempre venduto un certo tipo di attività e quando sono entrato

in [APL] sono stato costretto a cambiare punti di vista … secondo me l’elemento di positivo è che

ogni cambiamento lascia un segno, negativo o positivo che sia, questo ci potrà aiutare se in

maniera negativa a tarare meglio ciò che sarà il futuro o un eventuale dovere od obbligo di

prendere una decisione, in senso positivo chiaramente è un bagaglio in più che abbiamo pero

tendenzialmente la crescita che può dare un cambiamento di questo tipo è di tipo professionale

sicuramente ma anche di tipo personale perche comunque ci permette di avere più orientamenti, di

capire o di cercare strade alternative, poi che siano sbagliate o che siano giuste comunque fanno

parte del bagaglio di ciascuno, si spera in una nuova esperienza possano tornare utili … come

sempre, qualcosa si impara sempre.

R: Il cambiamento è stato istituzionalizzato in qualche modo?

S2: Assolutamente si, per cui comunque oltre alle fantomatiche riunioni plenarie o meno sono stati

dati degli input, sono state date delle procedure,ci sono delle regole da seguire che sono state

istituzionalizzate sulla intranet, in modo che tutti quanti in quest’anno si debbano attenere a quelle

che sono le disposizioni aziendali, semplicemente perché non si può pensare di lasciare poi a

ciascuno l’interpretazione libera di un cambiamento organizzativo. I risultati attesi devono essere

raggiunti percorrendo una sola strada. Non è possibile pensare di fare diversamente.

Page 146: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

146

SOGGETTO 3

Presentazione

R: Mi vuol parlare del perché si è sentita la necessita di cambiare?

S3: La necessità è una necessità che è venuta dall’alto, e poi condivisa in varie fasi con le persone

che compongono l’azienda e ogni fase ovviamente era legata al ruolo che la persona aveva

nell’azienda. Quindi sostanzialmente per rispondere ad esigenze di mercato che vedevano sempre

più il nostro core business, ovvero la somministrazione, perdere appeal e soprattutto perdere in

termini di marginalità, noi abbiamo approntato un’organizzazione nella quale gli altri business

alternativi gestiti fino al 2012 da aziende facenti parte del gruppo, venissero invece prese in prima

battuta direttamente dalla capogruppo. Quindi c’è stata una trasformazione che ha riguardato sia la

riorganizzazione generale dell’azienda, e che ha portato sostanzialmente a una creazione di un

unico centro di produzione. Quindi se prima noi eravamo divisi in tre aziende con tre distinte

ragioni sociali, a oggi ci affacciamo sul mercato con il nome della holding. Quindi ripeto la

necessità di cambiamento non è venuta dal basso, è stata una cosa che comunque è maturata

all’interno delle scelte degli azionisti, durante la loro riunione di direttivo.

R: Questa necessità rispondeva a quale logica?

S3: L’azienda, e per azienda intendo i proprietari, gli azionisti dell’azienda, hanno ritenuto che il

mercato fosse pronto per avere un approccio cosi aggressivo rispetto ai nuovi business, e che per

crescere in questo mercato e crescere in senso positivo si dovesse procedere in quest’ottica.

R: Come è stata portata la necessità del cambiamento all’attenzione degli altri attori

organizzativi?

S3: In una serie di riunioni che ha visto protagonisti i dirigenti aziendali che sono durate il periodo

di due mesi, da settembre a novembre 2012, che hanno portato dapprima a una prima

organizzazione aziendale la quale poi di nuovo per una serie di motivi è stata invece ulteriormente

modificata ed ha portato all’attuale organizzazione aziendale.

R: Che reazioni ci sono stati da parte degli attori organizzativi?

S3: Per quello che possono essere le mie conoscenze, per come ho vissuto l’azienda, la fase di

dibattito più critica e più di confronto è avvenuta all’interno del direttivo al quale partecipano gli

azionisti dell’azienda e il gruppo dirigente. Mi è sembrato che in quel contesto, che forse era il

Page 147: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

147

vero contesto decisionale ci fossero gli aspetti più conflittuali, mentre una volta che la nuova

organizzazione è maturata, ed è stata decisa ed è stata presentata al resto della popolazione è stata

vissuta con reale entusiasmo.

R: Quindi nel processo decisionale sono entrati solo gli azionisti?

S3: Gli azionisti hanno proposto, i dirigenti insieme agli azionisti hanno rielaborato dando un

contributo fattivo e sostanziale alla nuova organizzazione, una volta che questa è stata approvata è

stata poi proposta all’intera popolazione aziendale.

R: A chi è stato affidato il compito di guidare questo processo di cambiamento?

S3: Direttamente al principale azionista che se ne è fatto carico diventando, assumendo la carica di

direttore generale, poi a seconda dei ruoli, a parte il gruppo dirigenziale, anche ai quadri aziendali,

che nella nostra azienda possono essere visti come direttore del personale direttore generale

direttore commerciale direttore della formazione, della ricerca sviluppo e i tre direttori operativi.

R: Qualche caratteristica che contraddistingue queste persone alla guida del processo di

cambiamento?

S3: Beh i protagonisti sono diversi, ti posso dare qualche caratteristica di quelli che più in questa

fase sono artefici della nuova organizzazione. Per quanto riguarda il direttore generale è la persona

che più di tutte crede in questo modello, non a caso da azionista è diventato direttore generale, ed è

la persona che in primis si è presa la responsabilità di traghettare l’azienda da quello che era a

quello che sarà, scendendo o salendo in campo come si suol dire a seconda dei vari momenti della

vita organizzativa. Operativamente poi il resto della gestione dipende molto dalle direzioni

operative, ovvero dalle persone che poi sul territorio gestiscono le squadre di vendita. Le altre

persone che ti ho citato prima in questo momento hanno un ruolo più marginale rispetto alle varie

fasi del cambiamento.

R: Riguardo la nuova visione, come è stata sviluppata?

S3: Mi spieghi meglio cosa intendi?

R: L’idea della nuova forma che avrebbe preso l’organizzazione, come è nata?

S3: Come è nata non lo so, il perché è nata, almeno per quello che ci è stato spiegato, riporto i

motivi precedenti: chi investe in questa azienda ha ritenuto che per ottenere un profitto da questi

investimenti si dovesse scegliere una linea di business differente rispetto a quella che fino ad oggi

ne aveva definito il core business.

Page 148: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

148

R: Come è stata comunicata questa visione al resto degli attori organizzativi?

S3: Al totale della popolazione è stata comunicata attraverso delle riunioni di direzione operativa.

Sono state convocate le singole direzioni operative a seconda del loro territorio di appartenenza ed

in forma plenaria rispetto a quelle direzioni operative, per direzioni operative si intende l’area di

appartenenza di alcune filiali di distretti attraverso i quali si fa operazioni di vendita dei nostri

servizi. Quindi sono state 3 riunioni all’interno delle quali la direzione generale ha esplicitato il

nuovo corso.

R: Che reazioni ci sono state a questa comunicazione?

S3: Ritorno sull’argomento, la nostra impressione è stata quella di una risposta positiva a parte

della rete vendite.

R: Ci sono state delle azioni da parte del gruppo dirigenziale per riuscire ad ottenere più

facilmente la fiducia da parte delle persone?

S3: Rispetto a chi poi operativamente sul territorio è artefice di questo cambiamento, è cioè

l’operativo che poi si dedicherà ai nuovi business, no. Nel senso che sono state messe in atto una

serie di azioni formative quindi una settimana di formazione che ha predisposto in maniera

filosofica e psicologica al cambiamento aziendale quindi su una materia meno concreta e più

astratta con dei formatori, poi successivamente è stata fatta un’altra settimana che poi verrà

reiterata nei prossimi mesi di formazione tecnica sui nuovi servizi che andranno a essere venduti.

Più ovviamente una ridistribuzione dei ruoli e delle competenze che poi è stata affrontata in

maniera ufficiale il giorno della comunicazione e che poi viene affinata nella quotidianità.

R: Ci sono degli strumenti a riguardo?

S3: Si è deciso che per almeno un semestre le persone con delle competenze specifiche su

determinati business o con delle competenze commerciali di vendita particolarmente rilevanti per

l’azienda debbano almeno 3 giorni della settimana su 5 affiancare la rete vendita nella sua totalità,

di modo che per quanto ci sia un venire meno in questa fase di persone che individualmente sono

dedicate all’ottenimento di risultati e alla vendita di servizi, in quanto facendo affiancamento le

persone devono essere almeno due insieme, si è ritenuto che questa sia una operazione necessaria

che ad oggi può in qualche modo limitare il risultato economico ma che in futuro ci permetterà di

ottenere benefici.

Page 149: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

149

R: Un investimento per il futuro quindi?

S3: Si, praticamente.

R: Ha notato comportamenti di resistenza al cambiamento?

S3: Si, ma non ad oggi, non quando è stata presa la decisione e portata avanti sulla rete.

R: Quindi mi stai dicendo che comunque nel momento in cui è stata presa la decisione poi non ci

sono stati altri …

S3: Almeno apparentemente non c’è stata manifestazione di resistenza. Ci sono stati nella fase

apicale del confronto decisionale, quindi tra azionisti e gruppo dirigenziale, che è stato il momento

in cui è stata elaborata la nuova organizzazione, perché c’erano delle linee di pensiero diverse,

delle strategie diverse, in quel momento ci son stati momenti di attrito. Una volta che si è arrivati

ad una compensazione dei vari pensieri e quindi ad un’equità che ha prodotto questa attuale

organizzazione, il messaggio è stato compatto nei confronti della rete vendite.

R: Come pensi che i membri del livello esecutivo base possano rendersi utili a sostenere il

processo di cambiamento?

S3: Interpretando al meglio le disposizioni aziendali, in questo caso fidandosi di quello che è il

volere dell’azienda, le direttive dell’azienda, metabolizzando il pensiero dell’azienda senza

stravolgerlo, quindi svolgendo il ruolo cosi come l’azienda ha chiesto di svolgerlo senza

virgolettati o orpelli in questo momento non necessari, attenendosi al compito prestabilito.

R: Per quel che riguarda i membri più anziani dell’organizzazione?

S3: Dipende che ruolo svolgano, nel senso che se sono delle persone sul territorio devono fungere

da esempio per chi è più giovane, aziendalmente, perché ovviamente chi è da più tempo in azienda

è comunque visto con occhi differenti e come un esempio da parte di chi ci è da meno tempo, è

ovvio che se c’è una idiosincrasia tra il pensiero aziendale e chi è in azienda da tanto tempo e

quindi come lo metta in atto, è facile che i nuovi arrivati si trovino in confusione su questo.

R: Si sono posti obiettivi a medio termine?

S3: Si, avverrà una prima valutazione sulla quale poi si prenderanno decisioni future a giugno di

quest’anno, quindi dopo 6 mesi,sulla base di obiettivi legati al budget.

Page 150: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

150

R: Quindi sostanzialmente al fatturato?

S3: Alla marginalità, ci sono aziende che basano obiettivi sul fatturato non sul margine. Noi li

tariamo sul margine, e questo fa parte anche del cambiamento. Prima era più sul fatturato.

R: Mi puoi spiegare la differenza brevemente?

S3: Fatturato è prezzo di vendita per la quantità. Quindi io produco 100 e vendo a 1000. E’ quello

il fatturato totale, però il 100 prodotto da me viene caricato di una percentuale. Quella percentuale

è il mio margine, quindi se io vendo dei servizi a valore aggiunto e per valore aggiunto si intende

dei servizi complicati sui quali il mercato è predisposto a spendere di più, io magari fatturerò meno

ma guadagnerò di più. Traducendo: se io compro una Mercedes cabrio, la Mercedes, che la

produce, ha un margine su quella macchina decisamente elevato pari al 30-40% del valore stesso

della macchina. Se io invece compro una panda, la marginalità non solo in valore assoluto è più

bassa della Mercedes, ma lo è anche in base percentuale, perché è un bene considerato meno

apprezzabile dal mercato e quindi sul quale si può marginalizzare di meno.

R: Grazie. Ci sono stati elementi nell’organizzazione che per primi hanno supportato il processo?

S3: Io penso che in questo momento proprio la rete vendita e i consulenti commerciali siano le

persone che più e meglio stanno interpretando il cambiamento e se questo atteggiamento positivo

continuerà e perdurerà ritengo che insomma la nuova organizzazione possa ottenere buoni risultati.

R: Sono state intaccate vecchie routines?

S3: Si, si è sostanzialmente lavorato proprio per un cambio di passo e quindi per abitudini

lavorative diverse perché comunque vendere business diversi rispetto a quelli che si vendeva

prima, presuppone in ogni caso uno sforzo, si esce dalla propria zona di confort e quindi si lavora

su un territorio nuovo ed è normale che nell’indole umana che spesso il nuovo non dico che

spaventi però uno ci si deve adattare, e quindi si è in una fase sicuramente più adrenalinica.

R: Si è mai avuta l’impressione di dover mettere in discussione criticamente quanto fatto fin’ora?

S3: Non me ne sono accorto se è avvenuto, diciamo che le lamentele se sono avvenute sono

avvenute perché alcune persone, in maniera egoistica, non hanno apprezzato il cambiamento

perché il cambiamento ledeva dei loro diritti, o presupposti diritti, e quindi di conseguenza

essendoci stato magari un ridimensionamento o una professionalità comunque con un ruolo più

marginale, la critica è avvenuta da chi è stato sostanzialmente toccato in questo, quindi si è toccato

l’interesse personale, non quello collettivo. Fattori egoistici.

Page 151: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

151

R: Che tipo di giovamento pensa che trarranno gli attori organizzativi da questo cambiamento?

S3: Una delle nostre criticità era la routine e l’abitudinarietà nello svolgere il nostro lavoro, che

essendo un lavoro a stretto contatto con le persone, decisamente molto competitivo perché il

nostro è un settore quello delle risorse umane altamente concorrenziale, si era creata nel corso

degli ultimi anni una disaffezione a quelli che potevano essere i valori che permettevano di fare la

differenza sul nostro mercato, e quindi tenacia, determinazione, voglia, ambizione a migliorarsi. Si

è ritenuto che creando un team di lavoro nel quale più persone con competenze diverse agissero su

un territorio più ampio ma magari aiutandosi vicendevolmente e quindi creando una macchina

commerciale non a un unico motore ma bimotore trimotore a seconda dei soggetti che vi

partecipano, potesse essere motivo di entusiasmo e di nuovo sprint.

R: Ma è stata prevista una crescita professionale e personale?

S3: In alcuni casi c’è stata, c’erano delle posizioni vacanti e sono state riempite con scelte interne,

c’è stato una professionalizzazione di chi c’era già in azienda.

R: E in termini di competenze?

S3: Si, certamente.

R: In che modo è stato istituzionalizzato il cambiamento?

S3: Cosa intendi?

R: Nuove regole, gerarchie, strumenti adoperati?

S3: Sono cambiate le gerarchie, ma anche in questo caso ripeto il cambiamento di gerarchia poi è

stato interpretato da ognuno degli artefici della nuova organizzazione in maniera differente a

seconda delle proprie ambizioni, e dei propri aspetti professionali e del proprio percorso

professionale. Sicuramente quello che dovrebbe essere stato l’intento è di avere meno interlocutori

con i quali interagire da parte della forza commerciale in modo da essere più pronti a dare delle

risposte, non so se ad oggi questo nella quotidianità è avvenuto poi.

Page 152: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

152

SOGGETTO 4

Presentazione

R: Perché si è sentita la necessità di cambiare all’interno dell’organizzazione?

S4: Ogni organizzazione dopo un po’ di tempo ha sempre l’esigenza di guardare all’esterno, nel

mercato, cosa succede, di guardare che cosa il mercato richiede, quindi è normale che ci son

sempre delle evoluzioni, anche perché il cambiamento è alla base del successo in ogni attività. In

questo caso il mercato esterno stava chiedendo maggiori servizi, una maggiore integrazione dei

servizi e quindi fornire ai clienti più cose, non fermarsi solo su un prodotto, che appunto nel nostro

caso è la somministrazione e la ricerca e selezione, ma presentare altri servizi. Questo è sempre

stato fatto, però da quest’anno c’è una integrazione maggiore, mentre appunto fino all’anno scorso

c’erano persone dedicate agli altri servizi e persone invece focalizzate soprattutto sulla

somministrazione quest’anno invece ci sono persone che propongono tutti i servizi globalmente

quindi proprio per cercare di dare una maggiore efficienza, una maggiore attività, soprattutto

perché il mercato oggi non ci richiede soltanto la somministrazione, la ricerca e selezione, ma è

interessato anche ad altre cose.

R: Quindi si è trattato essenzialmente di una necessità di aderire al mercato?

S4: Si, diciamo che l’evoluzione sta proprio nel cercare di rispondere alle esigenze del mercato ma

anche di essere il più possibile efficienti nei confronti del mercato.

R: C’è qualcuno che ha notato questa esigenza prima degli altri?

S4: Beh sicuramente la direzione generale, appunto la proprietà, quello si.

R: Questa necessità come è stata portata all’attenzione degli altri attori?

S4: Mah in realtà c’era sempre, solo che quest’anno c’è un focus maggiore... in realtà c’era sempre

questa necessità, quindi comunque è stata solo più organizzata..

R: Quindi magari è stato fatto in un’ottica di sviluppo continuo che quest’anno ha avuto una reale

istituzionalizzazione?

S4: Si, bravissimo.

R: Che reazioni ci sono state quando è venuta a galla questa necessita?

Page 153: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

153

S4: Beh all’inizio sicuramente un po’ di resistenza, perché all’inizio di fronte ad un cambiamento

tutti ci diciamo “e adesso cosa ci succede?” e, anche se personalmente non mi ha toccato più di

tanto perché personalmente il mio ruolo è rimasto sempre uguale, più o meno, son cambiate alcune

cose però diciamo che in linea generale le attività sono quelle, quindi all’inizio un po’ di resistenza

si, però dopo comunque c’è stata la formazione, la gente sta metabolizzando e i colleghi stanno

entrando nel nuovo ruolo, più di consulenza, mentre prima erano più commerciali oggi sono

consulenti …

R: In cosa consiste questa figura di consulenza?

S4: Consiste nell’andare dal cliente a proporre dei servizi, però non in un’ottica del classico

venditore, ma in un’ottica di maggiore attenzione ai bisogni del cliente, maggiore ascolto,

maggiore coinvolgimento in tutte le attività.

R: A chi è stato affidata la guida del processo di cambiamento?

S4: Mah in realtà è stata creata una direzione generale, in cui ognuno ha i propri compiti, al di

sotto ci sono le direzioni operative con dei compiti di gestione della rete.

R: La direzione operativa in questo caso in cosa si discosta rispetto alla vecchia organizzazione?

S4: Prima c’erano 5 aree, in questo caso è un team unico composto da 4 funzioni che quindi vanno

a lavorare sulla rete. Mentre prima c’era un capoarea e poi c’erano le altre funzioni che però erano

trasversali anche con le altre aree, in questo caso invece un gruppo unico.

R: Quindi questo è stato fatto per focalizzarsi in diverse aree in maniera più mirata?

S4: Si, proprio così.

R: Secondo te come si è costruito un gruppo efficace per la guida del processo?

S4: Mah, sicuramente un gruppo efficace lo è quando si riconoscono le competenze dei

partecipanti del gruppo, siamo tutte persone competenti ognuna per le proprie attività e questa

competenza è riconosciuta, è questa la cosa fondamentale, c’è una gerarchia che comunque è

rispettata, quindi sotto questo punto di vista il gruppo è solido.

R: Ci sono state tappe per lo sviluppo della visione?

S4: Tappe non direi, sicuramente un’analisi sui risultati dello scorso anno, quindi poi di

conseguenza una decisione nei confronti del cambiamento.

Page 154: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

154

R: Questa visione è stata scelta tra diverse proposte fatte?

S4: Hanno vagliato altre possibilità, c’è stato un confronto, una discussione, sono state vagliate

diverse ipotesi.

R: E perche questa è stata scelta?

S4: Forse perché era più mirata e più focalizzata sulla situazione, in realtà non ti saprei rispondere,

non c’è una scelta migliore rispetto ad altre, questa forse è più tempestiva, più efficace nel breve.

R: Come è stata comunicata agli attori organizzativi la visione del cambiamento?

S4: Tramite una riunione globale, face to face, non è stata mandata nessuna mail, nessun tramite,

ma è stata adottata proprio la comunicazione diretta.

R: E cosa è successo durante questa riunione?

S4: Nulla di particolare, c’è stata tutta la proprietà, che in questo caso è il nuovo direttore generale

che ha comunicato il cambio con il nuovo organigramma, i nuovi ruoli, e tutte le novità.

R: Durante questa riunione ci sono state delle reazioni particolari alla comunicazione?

S4: Mah, no, diciamo che no, sono stati tutti, nell’immediato no, magari in seguito si sono notate

delle resistenze.

R: Ovvero?

S4: Un po’ di confusione, perché ancora non si sapeva cosa si doveva fare, una volta date le linee

guida quindi magari le reazioni erano “ora cosa devo fare, come devo vendere o dove devo

focalizzarmi” quello si.

R: Quindi incertezza?

S4: Si incertezza.

R: Come è stato fatto fronte a queste resistenze?

S4: E’ stata fatta una formazione specifica proprio su una prima formazione più a livello di

competenze trasversali sul change management, quindi proprio per entrare nell’ottica del

cambiamento del ruolo, quindi come valutare la possibilità del cambiamento, quindi percepire

proprio il motivo per cui cambiare è positivo, è stata quindi una formazione più di gruppo

dinamica, con una serie di prove focalizzate sul change management, e poi c’è stata una

Page 155: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

155

formazione più tecnica che ha coinvolto in primis i commerciali e poi anche noi della direzione

della DOP.

R: Per quel che riguarda le risorse di filiale? Ci sono state azioni in questo senso?

S4: Si, ci saranno, le stiamo mettendo a punto con i questionari di valutazione delle competenze, le

risorse di filiale continuano a lavorare sul territorio sullo stesso servizio, a livello operativo non è

cambiato molto, è cambiata la direzione, perché comunque vengono gestiti da me e non dal

commerciale, è cambiata una serie di attività su cui dovranno focalizzarsi e quindi hanno degli

obiettivi un po’ diversi rispetto allo scorso anno, non è cambiato tantissimo nella loro

quotidianità.

R: Secondo te come i membri più giovani dell’organizzazione possono supportare questo

processo?

S4: Mah, sicuramente con una apertura mentale, curiosità, fare le attività che vengono chieste in

modo non esecutivo, perché questo non deve più essere un lavoro esecutivo, pero, mettendoci

proprio del proprio e mettendoci idee, valori aggiunti.

R: Invece quelli più anziani?

S4: Mettendo a disposizione le loro competenze, quindi comunque la nostra struttura, nella nostra

realtà, a livello di selezione si lavora singolarmente, ma le filiali sono state raggruppate in distretti,

e questo porta a lavorare più in gruppo tra le selezionatrici e quindi a confrontarsi di più, e il

confronto porta ad un passaggio di metodi diversi, quindi magari una persona ha una determinato

modo per selezionare una risorsa, o per appunto reclutarla, l’altra collega invece ha un’altra

modalità, quindi dal confronto poi viene un trasferimento di competenze, e a livello commerciale

lo stesso quindi muovendosi su servizi diversi capita di andare in visita insieme, quindi anche li

c’è uno scambio di competenze, quindi uno scambio che in questa nuova organizzazione aumenta

le sue possibilità di trovare strade nuove.

R: Sono stati posti obiettivi a medio termine?

S4: Diciamo che sicuramente verranno posti e verrà fatta un’analisi a metà anno …

R: Un’analisi su quali indicatori?

S4: Il budget. Gli obiettivi sono di budget, di vendita di servizi e quindi di fatturato su questi

servizi.

Page 156: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

156

R: E per quanto riguarda lo sviluppo di competenze? Metodi valutativi? Obiettivi a medio

termine?

S4: Il questionario sulla valutazione delle competenze è il primo e lo stiamo portando avanti in

questi giorni e infatti la seconda valutazione verrà fatta poi a luglio.

R: A cosa servirà questa valutazione delle competenze?

S4: Servirà a valutare ad oggi le competenze delle risorse, e per capire punti deboli e punti di forza

ed attuare delle azioni formative che possono essere di qualsiasi genere, dalla formazione in aula,

all’affiancamento, eccetera, e poi allo stesso tempo servirà a porsi degli obiettivi nel senso che in

ogni questionario alla risorsa vengono dati degli obiettivi per andare a migliorare i punti deboli.

R: Quindi per formazione e sviluppo delle competenze, non per mobilità interna?

S4: No, no.

R: Ci sono persone che per prime hanno fatto azioni in funzione di questo cambiamento?

S4: Mah, secondo me è stato un passaggio tutti insieme, tutti in gruppo se penso forse alla

direzione qualche personaggio della direzione si, poi le persone che hanno scelto sono le prime che

l’hanno messo in pratica.

R: Si è mai messo in discussione criticamente ciò che è stato fatto fino ad oggi?

S4: Fino ad oggi? No, ancora no … è un po’ presto.

R: Si è andati ad intaccare qualche vecchia routine?

S4: Si, nel concreto iniziare a ragionare più con un fatturato, non con dei numeri, è un

cambiamento che sta avvenendo. Oggi non parliamo più di quante persone vengono assunte,

parliamo di che fatturato fanno queste persone, è un modo di pensare diverso e per quanto riguarda

l’attività lavorativa a livello di selezione le routines che c’erano prima sono rimaste.

R: Che tipo di giovamento trarranno i membri dell’organizzazione da questo cambiamento

secondo lei?

S4: Una maggiore professionalità, a tutti i livelli. Il fatto di andare a proporre, di lavorare più in

gruppo, di essere non un’unica filiale ma un distretto, quindi il confrontarsi con i distretti come

dicevo prima, ha portato ad un aumento di professionalità e di competenze. Dal punto di vista della

selezione il fatto che le selezionatrici vanno dal cliente a conoscere il processo produttivo piuttosto

che prendere proprio la job porta ad un uscire dalla routine ed ad aumentare le nostre competenze

Page 157: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

157

perché si va direttamente sul campo. Dal punto di vista commerciale il vendere cose diverse

aumenta da se la professionalità, direi che proprio la cosa importante è un aumento di

professionalità e di competenza.

R: In che modo il cambiamento è stato istituzionalizzato?

S4: Si, ci sono state le varie procedure messe in atto, ci sono stati i cambi di ruolo, anche proprio a

livello formale i commerciali sono commerciali di distretto, è stato fatto un budget, tutto è stato

fatto a livello di distretto e di funzioni multi business.

R: Mi è stato detto nelle precedenti interviste che questa nuova forma organizzativa era già stata

proposta nel 2009. Secondo lei come mai si è aspettato cosi tanto per istituzionalizzarla?

S4: Secondo me perché forse era sbagliato il periodo. Il 2009 era un periodo di fine crisi, inizio di

ripresa, dove appunto a livello di storia aziendale, nel 2010 era finita la crisi, quindi era un periodo

in cui è cresciuta, sono state aperte nuove filiali, non era quindi il momento storico adatto, perché

nel 2010 uscivamo da un periodo di crisi, quindi era l’anno di consolidare e di sviluppare quello

che avevamo. Il cambiamento in quel caso forse avrebbe destabilizzato o comunque avrebbe

rallentato il consolidamento dello sviluppo.

R: Si sentiva comunque già in quel periodo la necessità di cambiare?

S4: Si, e diciamo che eravamo all’inizio della vendita di più servizi, quindi comunque c’era ancora

una fase di rodaggio, eravamo all’inizio.

Page 158: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

158

ALLEGATO D

GERARCHIZZAZIONE SOFT SKILLS

SOGGETTO 1 POSIZIONE

MACROCATEGORIE AREA SOGGETTIVA 1

PENSIERO 2

MOTIVAZIONE 3

ORGANIZZATIVE \ STRATEGICHE 4

RELAZIONALI 5

GESTIONE EMOTIVA \ SELF CONTROL 6

POSIZIONE

ORGANIZZATIVE \

STRATEGICHE VISIONE STRATEGICA 1

ORGANIZZAZIONE 2

FLESSIBILITA 3

GESTIONE DEL TEMPO 4

PROBLEM SOLVING 5

PRAGMATISMO 6

POSIZIONE

RELAZIONALI NETWORKING SKILLS 1

LEADERSHIP 2

NEGOZIAZIONE 3

COOPERARE 4

INTELLIGENZA RELAZIONALE 5

GESTIONE DEL CONFLITTO 6

POSIZIONE

PENSIERO ORIENTAMENTO AL FUTURO 1

CAPACITA DECISIONALE 2

PENSIERO MULTIDISCIPLINARE 3

APERTURA AL CAMBIAMENTO 4

VELOCITA DI PENSIERO E AZIONE 5

CAPACITA DI SEMPLIFICAZIONE 6

POSIZIONE

GESTIONE

EMOTIVA GESTIONE SCONFITTA 1

APERTURA ALLA DIVERSITA 2

CONSAPEVOLEZZA DI SE 3

Page 159: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

159

GESTIONE DELLO STRESS 4

INTELLIGENZA EMOTIVA 5

EQUILIBRIO EMOTIVO 6

POSIZIONE

MOTIVAZIONE INTRAPRENDENZA 1

RESPONSABILIZZAZIONE 2

SELF-PROMOTION SKILLS 3

PROATTIVITA 4

ORIENTAMENTO AL RISULTATO 5

PERSEVERANZA \ DETERMINAZIONE 6

POSIZIONE

AREA SOGGETTIVA PENSIERO POSITIVO 1

FIDUCIA IN SE STESSI 2

CORRETTEZZA \ ETICA 3

ENERGIA 4

AUTONOMIA 5

PAZIENZA 6

SOGGETTO 2

POSIZIONE

MACROCATEGORIE AREA SOGGETTIVA 1

PENSIERO 2

MOTIVAZIONE 3

ORGANIZZATIVE \ STRATEGICHE 4

GESTIONE EMOTIVA \ SELF CONTROL 5

RELAZIONALI 6

POSIZIONE

ORGANIZZATIVE \

STRATEGICHE FLESSIBILITA 1

PROBLEM SOLVING 2

PRAGMATISMO 3

GESTIONE DEL TEMPO 4

ORGANIZZAZIONE 5

VISIONE STRATEGICA 6

POSIZIONE

RELAZIONALI LEADERSHIP 1

COOPERARE 2

INTELLIGENZA RELAZIONALE 3

GESTIONE DEL CONFLITTO 4

Page 160: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

160

NETWORKING SKILLS 5

NEGOZIAZIONE 6

POSIZIONE

PENSIERO VELOCITA DI PENSIERO E AZIONE 1

ORIENTAMENTO AL FUTURO 2

APERTURA AL CAMBIAMENTO 3

CAPACITA DECISIONALE 4

CAPACITA DI SEMPLIFICAZIONE 5

PENSIERO MULTIDISCIPLINARE 6

POSIZIONE

GESTIONE

EMOTIVA APERTURA ALLA DIVERSITA 1

GESTIONE DELLO STRESS 2

EQUILIBRIO EMOTIVO 3

CONSAPEVOLEZZA DI SE 4

INTELLIGENZA EMOTIVA 5

GESTIONE SCONFITTA 6

POSIZIONE

MOTIVAZIONE SELF-PROMOTION SKILLS 1

PROATTIVITA 2

INTRAPRENDENZA 3

PERSEVERANZA \ DETERMINAZIONE 4

RESPONSABILIZZAZIONE 5

ORIENTAMENTO AL RISULTATO 6

POSIZIONE

AREA SOGGETTIVA PENSIERO POSITIVO 1

CORRETTEZZA \ ETICA 2

FIDUCIA IN SE STESSI 3

ENERGIA 4

AUTONOMIA 5

PAZIENZA 6

SOGGETTO 3 MACROCATEGORIE MOTIVAZIONE 1

GESTIONE EMOTIVA \ SELF CONTROL 2

RELAZIONALI 3

Page 161: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

161

ORGANIZZATIVE \ STRATEGICHE 4

PENSIERO 5

AREA SOGGETTIVA 6

POSIZIONE

ORGANIZZATIVE \

STRATEGICHE VISIONE STRATEGICA 1

GESTIONE DEL TEMPO 2

ORGANIZZAZIONE 3

PROBLEM SOLVING 4

PRAGMATISMO 5

FLESSIBILITA 6

POSIZIONE

RELAZIONALI LEADERSHIP 1

NEGOZIAZIONE 2

COOPERARE 3

GESTIONE DEL CONFLITTO 4

INTELLIGENZA RELAZIONALE 5

NETWORKING SKILLS 6

POSIZIONE

PENSIERO CAPACITA DECISIONALE 1

VELOCITA DI PENSIERO E AZIONE 2

PENSIERO MULTIDISCIPLINARE 3

CAPACITA DI SEMPLIFICAZIONE 4

ORIENTAMENTO AL FUTURO 5

APERTURA AL CAMBIAMENTO 6

POSIZIONE

GESTIONE

EMOTIVA CONSAPEVOLEZZA DI SE 1

EQUILIBRIO EMOTIVO 2

GESTIONE SCONFITTA 3

GESTIONE DELLO STRESS 4

INTELLIGENZA EMOTIVA 5

APERTURA ALLA DIVERSITA 6

POSIZIONE

MOTIVAZIONE RESPONSABILIZZAZIONE 1

ORIENTAMENTO AL RISULTATO 2

PERSEVERANZA \ DETERMINAZIONE 3

PROATTIVITA 4

INTRAPRENDENZA 5

Page 162: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

162

SELF-PROMOTION SKILLS 6

POSIZIONE

AREA SOGGETTIVA ENERGIA 1

FIDUCIA IN SE STESSI 2

PENSIERO POSITIVO 3

PAZIENZA 4

AUTONOMIA 5

CORRETTEZZA \ ETICA 6

SOGGETTO 4 POSIZIONE

MACROCATEGORIE MOTIVAZIONE 1

ORGANIZZATIVE \ STRATEGICHE 2

RELAZIONALI 3

GESTIONE EMOTIVA \ SELF CONTROL 4

AREA SOGGETTIVA 5

PENSIERO 6

POSIZIONE

ORGANIZZATIVE \

STRATEGICHE ORGANIZZAZIONE 1

FLESSIBILITA 2

PROBLEM SOLVING 3

GESTIONE DEL TEMPO 4

VISIONE STRATEGICA 5

PRAGMATISMO 6

POSIZIONE

RELAZIONALI COOPERARE 1

NEGOZIAZIONE 2

LEADERSHIP 3

GESTIONE DEL CONFLITTO 4

INTELLIGENZA RELAZIONALE 5

NETWORKING SKILLS 6

POSIZIONE

PENSIERO CAPACITA DI SEMPLIFICAZIONE 1

VELOCITA DI PENSIERO E AZIONE 2

CAPACITA DECISIONALE 3

APERTURA AL CAMBIAMENTO 4

ORIENTAMENTO AL FUTURO 5

PENSIERO MULTIDISCIPLINARE 6

Page 163: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

163

POSIZIONE

GESTIONE

EMOTIVA INTELLIGENZA EMOTIVA 1

CONSAPEVOLEZZA DI SE 2

EQUILIBRIO EMOTIVO 3

GESTIONE DELLO STRESS 4

APERTURA ALLA DIVERSITA 5

GESTIONE SCONFITTA 6

POSIZIONE

MOTIVAZIONE ORIENTAMENTO AL RISULTATO 1

PERSEVERANZA \ DETERMINAZIONE 2

RESPONSABILIZZAZIONE 3

PROATTIVITA 4

SELF-PROMOTION SKILLS 5

INTRAPRENDENZA 6

POSIZIONE

AREA SOGGETTIVA AUTONOMIA 1

ENERGIA 2

FIDUCIA IN SE STESSI 3

CORRETTEZZA \ ETICA 4

PENSIERO POSITIVO 5

PAZIENZA 6

Page 164: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

164

ALLEGATO E

CATEGORIZZAZIONE MATERIALE DELLE INTERVISTE

CREARE SENSAZIONE DI URGENZA

S1 Tutti ci rendiamo conto di giorno in giorno della necessita di cambiare, perché comunque non

c’è una divisione dei compiti molto ben definita.

Abbiamo fatto un incontro in cui il proprietario dell’azienda ci ha spiegato l’esigenza di

cambiare marcia, di invertire marcia, perché tutto quello che era stato fatto fin’ora era stato

fatto in maniera non corretta, quindi ci è stato proprio presentata come un’esigenza, dall’oggi

al domani, si attuerà questo cambiamento immediato proprio perché non si può fare

diversamente.

Una parola utilizzata è si fa cosi e non si torna indietro, si cambia e non c’è possibilità di fare

altrimenti, secondo me proprio per sottolineare l’importanza che loro danno a questo

cambiamento.

Si, c’è stata una riunione con tutti quanti e quindi questo sicuramente si, io personalmente

avrei messo più fretta nel senso il 2 gennaio si rientra in gruppi e si inizia già ad analizzare

questo cambiamento, ci sono stati tempi un po’ dilatati quindi, io non so, l’avrei fatto con più

urgenza, dando gli strumenti proprio subito nell’immediato.

S2 La nostra azienda ha nel corso degli anni praticamente sostenuto un cambiamento

organizzativo continuo quindi di anno in anno per un mettersi al passo con quelli che sono gli

obiettivi e le esigenze di mercato. In quest’ultimo caso il cambiamento organizzativo è

dipeso un po’ dall’idea dell’imprenditore di avvicinarsi al mercato, quindi aveva notato uno

scollamento tra quella che era la rete, quindi le filiali, da quelle che erano le esigenze del

mercato dipeso da una sorta di venir meno della spinta dell’attività commerciale.

L’esigenza è stata maturata nel corso dell’ultimo semestre del 2012 in funzione del rendersi

conto di una riduzione del fatturato, e quindi l’elemento che ha fatto scaturire il tutto è stata

la flessione rispetto a quelli che erano gli obiettivi attesi, e una condivisione anche di questa

problematica tramite riunioni che si sono tenute a Pescara.

R: Quindi come è stata portata all’attenzione degli altri membri dell’organizzazione questa

necessità?

Condividendo i motivi per i quali bisognava correre al riparo, quindi la flessione del

fatturato, avevamo perso qualcosa dal 2012 rispetto al 2011

Questa cosa qua naturalmente è stata condivisa come ti dicevo sul secondo semestre dello

Page 165: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

165

scorso anno

Diciamo che il processo di cambiamento quello che poi abbiamo attuato quest’anno era già

stato avviato nel 2009-2010, con la differenza che nel corso del 2009 o del 2010 era stato

lasciato alla buona volontà di alcune persone, che quindi avevano deciso di provare ad

intraprendere delle nuove strade, solo che nel 2009-10-11 forse ancora nel 2012 si è visto che

lasciare solo a poche persone senza dare da riferimento comune un input da parte

dell’azienda rimaneva fine a se stesso, perché poi avevamo magari 4-5-6 individui che

potevano portare di risultati attesi, ma che comunque in qualche modo non venivano

trasmessi alla rete. Il tutto diciamo che è dipeso da 4-5-6 persone all’interno dell’azienda che

rappresentavano linee di business diverse.

S3 La necessità è una necessità che è venuta dall’alto, e poi condivisa in varie fasi con le

persone che compongono l’azienda e ogni fase ovviamente era legata al ruolo che la persona

aveva nell’azienda. Quindi sostanzialmente per rispondere ad esigenze di mercato che

vedevano sempre più il nostro core business, ovvero la somministrazione, perdere appeal e

soprattutto perdere in termini di marginalità.

Quindi ripeto la necessità di cambiamento non è venuta dal basso, è stata una cosa che

comunque è maturata all’interno delle scelte degli azionisti, durante la loro riunione di

direttivo.

In una serie di riunioni che ha visto protagonisti i dirigenti aziendali che sono durate il

periodo di due mesi, da settembre a novembre 2012.

Una delle nostre criticità era la routine e l’abitudinarietà nello svolgere il nostro lavoro, che

essendo un lavoro a stretto contatto con le persone, decisamente molto competitivo perché il

nostro è un settore quello delle risorse umane altamente concorrenziale, si era creata nel

corso degli ultimi anni una disaffezione a quelli che potevano essere i valori che

permettevano di fare la differenza sul nostro mercato, e quindi tenacia, determinazione,

voglia, ambizione a migliorarsi.

S4 Ogni organizzazione dopo un po’ di tempo ha sempre l’esigenza di guardare all’esterno, nel

mercato, cosa succede, di guardare che cosa il mercato richiede, quindi è normale che ci son

sempre delle evoluzioni, anche perché il cambiamento è alla base del successo in ogni

attività. In questo caso il mercato esterno stava chiedendo maggiori servizi, una maggiore

integrazione dei servizi e quindi fornire ai clienti più cose, non fermarsi solo su un prodotto,

che appunto nel nostro caso è la somministrazione e la ricerca e selezione, ma presentare altri

servizi.

Diciamo che l’evoluzione sta proprio nel cercare di rispondere alle esigenze del mercato ma

anche di essere il più possibile efficienti nei confronti del mercato.

Page 166: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

166

Beh sicuramente la direzione generale, appunto la proprietà, quello si.

Mah in realtà c’era sempre, solo che quest’anno c’è un focus maggiore... in realtà c’era

sempre questa necessità, quindi comunque è stata solo più organizzata.

Beh all’inizio sicuramente un po’ di resistenza, perché all’inizio di fronte ad un cambiamento

tutti ci diciamo “e adesso cosa ci succede?”.

Secondo me perché forse era sbagliato il periodo. Il 2009 era un periodo di fine crisi, inizio di

ripresa, dove appunto a livello di storia aziendale, nel 2010 era finita la crisi, quindi era un

periodo in cui è cresciuta, sono state aperte nuove filiali, non era quindi il momento storico

adatto, perché nel 2010 uscivamo da un periodo di crisi, quindi era l’anno di consolidare e di

sviluppare quello che avevamo. Il cambiamento in quel caso forse avrebbe destabilizzato o

comunque avrebbe rallentato il consolidamento dello sviluppo.

Diciamo che eravamo all’inizio della vendita di più servizi, quindi comunque c’era ancora

una fase di rodaggio, eravamo all’inizio.

FORMARE UN GRUPPO DIRETTIVO EFFICACE

S1 Mi sembra di aver capito che c’è proprio una persona, che è un direttore dei processi,G. S.,

che gestirà tutti questi processi di cambiamento, poi è normale che i vertici stanno gestendo

tutto pero mi sembra di capire che hanno creato una figura particolare.

Ci ho parlato alla riunione e mi ha chiesto quindi come la vedi? Come lo vedi questo

cambiamento? Ma è stato l’unico momento in cui sono entrato in contatto con lui, non ho

molti contatti, a dir la verità non ho molto presente qual è il suo ruolo, si, sinceramente la

parola mi aveva un attimo incuriosita, adesso che mi hai detto tu la parola processo ho

ricollegato, non mi sono chiesta che tipo di processi potesse curare.

Sono sicuramente persone molto determinate, in questo momento ti dico che questa persona

che ci ha dato queste informazioni è una persona molto determinata, non guarda in faccia

nessuno, l’obiettivo è l’obiettivo, l’obiettivo è davanti a tutto. È una persona che con tutti i

pro e i contro non ha paura di mettersi in prima linea e portare avanti i suoi obiettivi, non è

uno di quelli che si tira indietro, da questo punto di vista tanto di cappello, sarebbe molto più

semplice quando l’azienda non rende mandare 50 persone a casa lui invece si è messo in

gioco anche in prima persona, è una persona determinata che ha voglia di fare.

S2 Lo stesso nostro imprenditore è una persona che si è rimessa in discussione, quindi è entrata

all’interno dell’azienda e ha cominciato a girare sui clienti per capire il motivo per cui c’è

stata questa flessione nelle vendite.

R: E’ stato affidata a qualcuno in particolare la guida del cambiamento?

All’imprenditore in prima battuta e al top management che ha il compito di instradare

Page 167: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

167

l’azienda verso questa nuova via.

I meccanismi sono stati dati dalla storicità delle persone, per cercare il team che ha guidato,

dai risultati portati nel corso degli anni, quindi si è fatta una scrematura delle persone che

comunque erano presenti cercando tra queste persone quelle che magari si erano adattate

meglio, avevano capito lo spirito dei cambiamenti, perché comunque anche negli ultimi anni

3-4 anni abbiamo avuto dei piccoli cambiamenti in azienda. Questi cambiamenti hanno

apportato, hanno impattato sulla vita lavorativa di alcune persone e tra queste sono state

scelte quelle che meglio si erano adattate, che avevano intrapreso questa nuova attività e

magari avevano anche portato risultati in questa direzione.

Sicuramente un senso di appartenenza all’azienda, un senso di voglia di crescere e soprattutto

adattarsi ai cambiamenti e cercare nuove vie.

R: Si è pensato di coinvolgere attori organizzativi nel processo decisionale?

Parzialmente, noi naturalmente abbiamo un’azienda di tipo imprenditoriale, comunque

abbiamo la proprietà e gli azionisti di riferimento che sono operativi all’interno dell’azienda.

Il middle management comunque è stato coinvolto attivamente in quello che è il processo di

cambiamento, cercando di dare le proprie idee, i propri dubbi, le proprie perplessità, dopo di

che ha riguardato comunque tutti anche se poi come spesso capita non tutti sono stati

coinvolti come parte attiva. Qualcuno si è visto per forza di cose il cambiamento in maniera

passiva.

S3 Gli azionisti hanno proposto, i dirigenti insieme agli azionisti hanno rielaborato dando un

contributo fattivo e sostanziale alla nuova organizzazione

Direttamente al principale azionista che se ne è fatto carico diventando, assumendo la carica

di direttore generale, poi a seconda dei ruoli, a parte il gruppo dirigenziale, anche ai quadri

aziendali, che nella nostra azienda possono essere visti come direttore del personale direttore

generale direttore commerciale direttore della formazione, della ricerca sviluppo e i tre

direttori operativi.

Beh i protagonisti sono diversi, ti posso dare qualche caratteristica di quelli che più in questa

fase sono artefici della nuova organizzazione. Per quanto riguarda il direttore generale è la

persona che più di tutte crede in questo modello, non a caso da azionista è diventato direttore

generale, ed è la persona che in primis si è presa la responsabilità di traghettare l’azienda da

quello che era a quello che sarà, scendendo o salendo in campo come si suol dire a seconda

dei vari momenti della vita organizzativa. Operativamente poi il resto della gestione dipende

molto dalle direzioni operative, ovvero dalle persone che poi sul territorio gestiscono le

squadre di vendita. Le altre persone che ti ho citato prima in questo momento hanno un ruolo

più marginale rispetto alle varie fasi del cambiamento.

Page 168: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

168

S4 Mah in realtà è stata creata una direzione generale, in cui ognuno ha i propri compiti, al di

sotto ci sono le direzioni operative con dei compiti di gestione della rete.

Mah, sicuramente un gruppo efficace lo è quando si riconoscono le competenze dei

partecipanti del gruppo, siamo tutte persone competenti ognuna per le proprie attività e

questa competenza è riconosciuta, è questa la cosa fondamentale, c’è una gerarchia che

comunque è rispettata, quindi sotto questo punto di vista il gruppo è solido.

SVILUPPARE VISIONE E STRATEGIA

S1 Si è pensato, per cercare di utilizzare al meglio le risorse all’interno della filiale soprattutto,

di puntare soprattutto su un’attività commerciale più di impatto, quindi questo cambiamento

fondamentalmente è per quello, per cercare di raggiungere gli obiettivi commerciali in

maniera più veloce, con un attacco.

Sicuramente la filiale avrebbe gradito un supporto maggiore in filiale, con uno staff con più

persone, invece si è sentita la necessità di rinforzare lo staff commerciale, quindi diciamo che

c’è un po’ uno specchio, quindi il vertice ha pensato di fare una cosa, la base chiedeva una

cosa opposta, però logicamente essendo un’azienda a stampo commerciale si punta più a

sviluppare e migliorare il lato commerciale, perché se non ci sono i clienti non c’è attività di

filiale fondamentalmente.

Hanno cercato di organizzare il tutto in maniera matriciale, anziché gerarchica, più linee di

business affiancate non in maniera gerarchica ma affiancate, con degli obiettivi comuni,

perdendo un po’ quella gerarchia che c’era finora.

No … (riferendosi alla domanda: gli attori organizzativi non sono stati coinvolti nel processo

decisionale?)

È stata proprio riorganizzata la divisione a livello Italia di [APL], prima c’erano tre divisioni

ora queste divisioni hanno all’interno delle dop, delle direzioni operative, all’interno delle

quali dei distretti, se prima c’era area nord centro e sud adesso c’è dop1 dop2 dop3 dop4,

all’interno della dop1 per esempio c’è il distretto Torino Moncalieri Chivasso per cercare di

avere secondo me meno obiettivi singoli di filiale ma degli obiettivi un po’ più ampi da

raggiungere con più filiali.

Io non sono convintissima che sia la strada giusta.

Hanno cercato di dividere le varie divisioni di [APL] affidando ad ogni commerciale una

posizione specifica, ovvero dividendo, ad una persona [APL], ad una persona

[APLFormazione ], ad una persona [APLOutsourcing], un consulente specializzato.

S2 A fronte di questo quindi si è deciso di avviare un processo che mettesse in moto tutta la rete,

Page 169: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

169

tutte le persone che operano in azienda, in maniera tale che ci si “togliesse dagli uffici”, e

quindi si cominciasse a battere il marciapiede, se mi passi il termine, e cioè andare a toccare

con mano quelli che sono i tessuti imprenditoriali locali, bussare alle porte, e facendo questo

ovviamente a tutti i livelli, partendo dal personale di filiale, passando per il middle

management, fino ad arrivare al top management.

A partire dal 1 gennaio 2013, si è avviata un’attività che ha toccato tutti i ruoli, compreso il

personale di sede, oltre che delle filiali, che quindi ci vedrà nei prossimi mesi, tutto l’anno sul

territorio nazionale.

Al fine di evitare una flessione anche nel 2013 necessariamente il 2013 deve essere per noi

un anno di ripartenza, si è pensato di cercare di aprirsi ad altri business, e quindi non

cominciare a vendere soltanto la somministrazione ma far si che tutte le persone

dell’organizzazione vendessero formazione, buste paga, cioè tutte quelle che sono comunque

le attività che comunque possono essere portate fuori, aprendo quindi un ventaglio di offerte.

Abbiamo cercato quindi di attuare un mix che potesse consolidare quello che si era portato a

casa fino ad oggi, e che allo stesso tempo potesse aprirsi per cercare una nuova strada. Quindi

sono state spostate persone, magari sono stati ridimensionati dei ruoli che magari anche nel

corso del 2013 potevano assurgere ad altre cariche, magari anche a dei miglioramenti dal

punto di vista professionale, quindi tutti quanti ci si è rimessi in discussione, come ti dicevo

magari si sono ridimensionati anche i ruoli, per cercare di utilizzare il 2013 come cuscinetto

per consolidare ed incrementare le quote di struttura.

In un business come il nostro, dove comunque l’esposizione finanziaria è importante perché

noi siamo un’agenzia per il lavoro, vendiamo soprattutto somministrazione questo vuol dire

che anticipiamo gli stipendi a tutti i lavoratori e li incassiamo, quando va bene, a 30 giorni.

Se no a 60, 90, e cosi via. Questo vuol dire che dobbiamo farci seguire dalle banche, che ci

devono aprire il portafogli per poter accedere al credito, ma vuol dire anche pagare interessi

passivi. La strategia è stata quindi quella di mantenere inalterato il portafoglio della

somministrazione, cercando di implementarlo, ma soprattutto di ridurre la quota di

esposizione finanziaria, facendo cosa, andando a vendere quei servizi che per noi

rappresentano un margine puro e non rappresentano costo, quindi abbiamo guardato

all’interno della nostra azienda, cercando di capire tra i vari uffici che cosa avevamo già in

pancia, che cosa poteva essere fatto senza dover chiedere soldi fuori e abbiamo messo a

disposizione dei nostri clienti uffici e competenze che già avevamo, in maniera tale che si

potesse dare un servizio di tipo più consulenziale, oltre che di servizio vero e proprio legato

alla fornitura di personale.

Se oggi avevamo l’80% sul nostro core business, dal primo di gennaio ho un’inversione, o

Page 170: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

170

addirittura un 60-70% di vendita di servizi che prima non vendevamo. Dal punto di vista del

ruolo abituarsi a ragionare non più in termini individuali ma in termini di gruppo, perché nel

cambio organizzativo si sono create delle microaree che vedono tutte le persone coinvolte

nell’area avere uno scopo comune che è quello del budget. Prima il budget era diviso per

centro di costo, per filiale, tanto per intenderci, oggi il budget è più collettivo, cosa che

magari fino a ieri era a più individuale, rimessa al singolo ufficio che si preoccupa di far

funzionare la propria filiale, e cosi se funziona bene la propria filiale e quella vicina fa male

non si raggiungono gli obiettivi, di conseguenza vuol dire interagire con le persone,

aumentare le relazioni all’interno dell’azienda, e aiutare anche chi magari in questo momento

non riesce a far fronte al raggiungimento del risultato.

Quindi ci allontaniamo dal nostro core business andando a vendere cose nuove.

C’è stata l’unione e la fusione di linee di business che tendevano a creare sempre costo.

Il business per noi è sempre stato uno, pero è anche vero che se non proviamo a percorrere

nuove strade, in un mercato che si sta chiudendo, che sta diventando sicuramente più limitato

in termini numerici sul settore di fatturato e di marginalità, non possiamo pensare di provare

a continuare a vivere sperando in una ripresa, ma dobbiamo comunque aiutare il mercato a

riprendersi oppure come fanno le banche, a vendere più servizi.

S3 Noi abbiamo approntato un’organizzazione nella quale gli altri business alternativi gestiti

fino al 2012 da aziende facenti parte del gruppo, venissero invece prese in prima battuta

direttamente dalla capogruppo. Quindi c’è stata una trasformazione che ha riguardato sia la

riorganizzazione generale dell’azienda, e che ha portato sostanzialmente a una creazione di

un unico centro di produzione. Quindi se prima noi eravamo divisi in tre aziende con tre

distinte ragioni sociali, a oggi ci affacciamo sul mercato con il nome della holding.

Hanno portato dapprima a una prima organizzazione aziendale la quale poi di nuovo per una

serie di motivi è stata invece ulteriormente modificata ed ha portato all’attuale

organizzazione aziendale.

Per quello che possono essere le mie conoscenze, per come ho vissuto l’azienda, la fase di

dibattito più critica e più di confronto è avvenuta all’interno del direttivo al quale partecipano

gli azionisti dell’azienda e il gruppo dirigente. Mi è sembrato che in quel contesto, che forse

era il vero contesto decisionale ci fossero gli aspetti più conflittuali, mentre una volta che la

nuova organizzazione è maturata, ed è stata decisa ed è stata presentata al resto della

popolazione è stata vissuta con reale entusiasmo.

Come è nata non lo so...

Ci sono stati nella fase apicale del confronto decisionale, quindi tra azionisti e gruppo

dirigenziale, che è stato il momento in cui è stata elaborata la nuova organizzazione, perché

Page 171: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

171

c’erano delle linee di pensiero diverse, delle strategie diverse, in quel momento ci son stati

momenti di attrito.

Si è ritenuto che creando un team di lavoro nel quale più persone con competenze diverse

agissero su un territorio più ampio ma magari aiutandosi vicendevolmente e quindi creando

una macchina commerciale non a un unico motore ma bimotore trimotore a seconda dei

soggetti che vi partecipano, potesse essere motivo di entusiasmo e di nuovo sprint.

Sicuramente quello che dovrebbe essere stato l’intento è di avere meno interlocutori con i

quali interagire da parte della forza commerciale in modo da essere più pronti a dare delle

risposte.

L’azienda, e per azienda intendo i proprietari, gli azionisti dell’azienda, hanno ritenuto che il

mercato fosse pronto per avere un approccio cosi aggressivo rispetto ai nuovi business, e che

per crescere in questo mercato e crescere in senso positivo si dovesse procedere in

quest’ottica.

Chi investe in questa azienda ha ritenuto che per ottenere un profitto da questi investimenti si

dovesse scegliere una linea di business differente rispetto a quella che fino ad oggi ne aveva

definito il core business.

S4 Questo è sempre stato fatto, però da quest’anno c’è una integrazione maggiore, mentre

appunto fino all’anno scorso c’erano persone dedicate agli altri servizi e persone invece

focalizzate soprattutto sulla somministrazione quest’anno invece ci sono persone che

propongono tutti i servizi globalmente quindi proprio per cercare di dare una maggiore

efficienza, una maggiore attività, soprattutto perché il mercato oggi non ci richiede soltanto la

somministrazione, la ricerca e selezione, ma è interessato anche ad altre cose.

R: In cosa consiste questa figura di consulenza?

Consiste nell’andare dal cliente a proporre dei servizi, però non in un’ottica del classico

venditore, ma in un’ottica di maggiore attenzione ai bisogni del cliente, maggiore ascolto,

maggiore coinvolgimento in tutte le attività.

Prima c’erano 5 aree, in questo caso è un team unico composto da 4 funzioni che quindi

vanno a lavorare sulla rete. Mentre prima c’era un capoarea e poi c’erano le altre funzioni che

però erano trasversali anche con le altre aree, in questo caso invece un gruppo unico.

R: Quindi questo è stato fatto per focalizzarsi in diverse aree in maniera più mirata?

Si, proprio così.

Tappe non direi, sicuramente un’analisi sui risultati dello scorso anno, quindi poi di

conseguenza una decisione nei confronti del cambiamento.

Hanno vagliato altre possibilità, c’è stato un confronto, una discussione, sono state vagliate

diverse ipotesi.

Page 172: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

172

Perché era più mirata e più focalizzata sulla situazione, in realtà non ti saprei rispondere, non

c’è una scelta migliore rispetto ad altre, questa forse è più tempestiva, più efficace nel breve.

Le risorse di filiale continuano a lavorare sul territorio sullo stesso servizio, a livello

operativo non è cambiato molto, è cambiata la direzione, perché comunque vengono gestiti

da me e non dal commerciale, è cambiata una serie di attività su cui dovranno focalizzarsi e

quindi hanno degli obiettivi un po’ diversi rispetto allo scorso anno, non è cambiato

tantissimo nella loro quotidianità.

Nel concreto iniziare a ragionare più con un fatturato, non con dei numeri, è un cambiamento

che sta avvenendo. Oggi non parliamo più di quante persone vengono assunte, parliamo di

che fatturato fanno queste persone, è un modo di pensare diverso e per quanto riguarda

l’attività lavorativa a livello di selezione le routines che c’erano prima sono rimaste.

COMUNICARE LA VISIONE

S1 Perplessità, come per ogni cambiamento sicuramente, io personalmente sono una persona alla

quale i cambiamenti piacciono, però, in un primo momento, soprattutto quando non vengono

governati da me, mi mettono un attimo di timore, un attimo di perplessità, non mi piace non

avere sotto controllo il cambiamento, quindi avere un cambiamento gestito mi ha un attimo

Sempre nella stessa riunione per presentare la necessita e l’urgenza del cambiamento.

Secondo me erano tutti un po’ perplessi, tranne le persone che ne erano già al corrente, però

c’era un po’ di perplessità generale, le persone che ne erano già a conoscenza erano un po’

rassegnate …

S2 Le reazioni probabilmente sono state quelle di dubbio e di incertezza nell’affrontare il

mercato in questo modo, perché comunque usciamo da una situazione di confort, che avevi

fino a ieri per abbracciare una nuova attività, per abbracciare dei cambiamenti quindi le

critiche o le perplessità o i dubbi sono quelli legati essenzialmente alla perplessità di non

riuscire a fare una determinata cosa, ma semplicemente perché si è abituati a farle in un altro

modo, quindi bisognava cambiare ciascuno di noi trovando la motivazione giusta per

approcciarci in maniera diversa.

Con una serie di riunioni divise poi per aree nelle quali sono intervenuti gli attori, è

intervenuta la proprietà che ha spiegato i motivi per i quali si è reso necessario questo

cambiamento organizzativo, e quindi i motivi che vedevano anche persone abituate a vendere

un certo tipo di business o ad avere un certo tipo di ruolo ad aprirsi in qualche modo, per

forza di cose al cambiamento.

Page 173: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

173

Mah, le reazioni che posso aver notato sono in un primo momento di difficoltà, perche come

dicevo prima si tratta di persone che hanno sempre visto un solo tipo di ruolo, ed un tipo di

business, qui parliamo di un cambiamento organizzativo che non impatta solamente sul ruolo

ma impatta sul business.

La difficoltà può essere quella di condividere con tutte le filiali dell’area il raggiungimento

del risultato.

Non c’è una vera e propria … è stata presa la torta e sottoposta alla rete.

Il problema è far capire che il cambiamento è tendenzialmente positivo, difficilmente

negativo, quindi in questo l’azione comunque offerta è stata quella di supportare, di

affiancare le persone per cercare di costruire un percorso di crescita comune.

S3 Una volta che questa è stata approvata è stata poi proposta all’intera popolazione aziendale.

Al totale della popolazione è stata comunicata attraverso delle riunioni di direzione operativa.

Sono state convocate le singole direzioni operative a seconda del loro territorio di

appartenenza ed in forma plenaria rispetto a quelle direzioni operative, per direzioni

operative si intende l’area di appartenenza di alcune filiali di distretti attraverso i quali si fa

operazioni di vendita dei nostri servizi. Quindi sono state 3 riunioni all’interno delle quali la

direzione generale ha esplicitato il nuovo corso.

La nostra impressione è stata quella di una risposta positiva a parte della rete vendite.

R: Ci sono state delle azioni da parte del gruppo dirigenziale per riuscire ad ottenere più

facilmente la fiducia da parte delle persone?

Rispetto a chi poi operativamente sul territorio è artefice di questo cambiamento, è cioè

l’operativo che poi si dedicherà ai nuovi business, no

Una volta che si è arrivati ad una compensazione dei vari pensieri e quindi ad un’equità che

ha prodotto questa attuale organizzazione, il messaggio è stato compatto nei confronti della

rete vendite.

S4 Tramite una riunione globale, face to face, non è stata mandata nessuna mail, nessun tramite,

ma è stata adottata proprio la comunicazione diretta.

C’è stata tutta la proprietà, che in questo caso è il nuovo direttore generale che ha comunicato

il cambio con il nuovo organigramma, i nuovi ruoli, e tutte le novità.

R: Durante questa riunione ci sono state delle reazioni particolari alla comunicazione?

Mah, no, diciamo che no, sono stati tutti, nell’immediato no, magari in seguito si sono notate

delle resistenze.

DELEGARE ALL’AZIONE RIMUOVENDO LE BARRIERE

Page 174: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

174

S1 I commerciali adesso sentono molto meno secondo me il peso della filiale, […] immagino

che per i commerciali, proprio per entrare nell’ottica consulenziale che hanno richiesto, è

difficile secondo me per chi ha sempre sentito i ritmi della filiale, ha sempre seguito la filiale,

essere un consulente per l’azienda sicuramente ti cambia.

Da parte mia no perche io in questa filiale ritengo di aver fatto sempre qualcosa in più, quindi

no, da parte mia no, posso pensare che qualche risorsa un po’ più junior si, perche magari ha

sempre avuto il supporto della figura del direttore di filiale, il trovarsi ora senza questa figura

può aver creato qualche problema, pero poi alla fine …

Mi sembra di vedere che tutti quanti bene o male si stiano adeguando

S2 L’azione che è stata fatta è stata quella di prendere in considerazione gli elementi di successo

che hanno visto noi ad oggi primeggiare o comunque raggiungere certi traguardi, e cercare di

passarli alla rete in maniera tale che ci siano degli esempi concreti, ma parliamo di

laboratorio comunque.

Come ogni cambiamento ci sono sicuramente persone che hanno maggior resistenza, quindi

comunque persone sulle quali verrà garantito un affiancamento maggiore, il lato positivo di

tutto questo, a prescindere dal raggiungimento dell’ obiettivo, è che comunque in ogni

cambiamento.

Beh dubbi particolari si, al di la di vendere linee di business che comunque non fanno proprio

parte del nostro core, quindi magari possono sembrare estranei, per cui vuol dire sentire di

non avere la preparazione giusta, non sentirsi pronti o ferrati su una determinata materia, con

il dubbio magari di andare poi dal cliente e fare una brutta figura perche poi magari il cliente

si fa una idea che non si sia preparati su un determinato argomento.

Quindi la resistenza è quando vendo qualcosa di nuovo di cui so poco, vuol dire che devo

prepararmi, è vero che ci sono percorsi formativi messi a disposizione dall’azienda ai

dipendenti, però è anche vero che ciascuno di noi deve auto-istruirsi, per fare scuola, vuol

dire documentarsi con tutti i mezzi che possono essere cartacei, elettronici, però è un

qualcosa che ciascuno di noi deve sentire.

I membri più giovani hanno sicuramente meno resistenze, se parliamo sia di età anagrafica,

magari avendo minore esperienza nel mondo lavorativo hanno anche meno preconcetti,

perché poi comunque se parliamo di persone che hanno già lavorato nel corso degli anni,

magari sullo stesso business ma in aziende diverse, per forza di cose sono partite 15 anni fa

con questo tipo di business e oggi si ritrovano molto legati a questo tipo di lavoro, quindi è

più difficile accettare un cambio, per ragioni anche di comodità, di confort. Invece chi è

anagraficamente più giovane è tendenzialmente più disposto al cambiamento, perché ha una

minore esperienza lavorativa, per forza di cose, e magari una maggior propensione ad

Page 175: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

175

accettare quali possono essere le nuove sfide, le nuove avventure.

Il supporto può essere proprio l’approccio che hanno sul mercato, sul mondo del lavoro e

all’interno dell’azienda, quindi in realtà potrebbe essere l’affiancamento stesso che magari

una persona con più seniority fa ad una persona più giovane però è l’entusiasmo che può

avere la persona più giovane nell’affrontare nuovi business e quindi la capacità di questa

persona e il far vedere che con questo entusiasmo magari riusciamo a chiudere nuove

soluzioni.

Le azioni quella della proattività in prima battuta e in prima persona quindi è chiaro che se

non sono convinto io di quello che stiamo facendo non sarò in grado di trasmettere nulla alle

persone più giovani lavorativamente all’interno dell’azienda, quindi devo essere io per primo

a fare e quindi a dimostrare e a far vedere che comunque determinati risultati si possono

ottenere con determinate soluzioni anche se innovative. Quindi vuol dire affiancare queste

persone e lavorare per primi nel far vedere che comunque certe cose si possono raggiungere

lavorandoci e crescendo poi reciprocamente.

Le persone coinvolte sono persone storiche nella maggior parte dei casi, contiamo circa 150

dipendenti a livello struttura, su cui abbiamo un 60-70% di persone che comunque sono in

azienda da quando l’azienda è nata. Da quando l’azienda è nata bene o male è sempre venuta

incontro al personale, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista di

soddisfazione delle esigenze anche personali di ciascuno. Pertanto questo fa si che le persone

hanno comunque aperto a priori la propria fiducia sperando che questa sia la via giusta.

Accompagnando chi magari ha un po’ più di resistenza passo passo.

Chiaramente ero io il primo che aveva difficoltà iniziali ad accettare il cambiamento, perché

comunque ho sempre venduto un certo tipo di attività e quando sono entrato in [APL] sono

stato costretto a cambiare punti di vista.

S3 Sono state messe in atto una serie di azioni formative quindi una settimana di formazione che

ha predisposto in maniera filosofica e psicologica al cambiamento aziendale quindi su una

materia meno concreta e più astratta con dei formatori, poi successivamente è stata fatta

un’altra settimana che poi verrà reiterata nei prossimi mesi di formazione tecnica sui nuovi

servizi che andranno a essere venduti. Più ovviamente una ridistribuzione dei ruoli e delle

competenze che poi è stata affrontata in maniera ufficiale il giorno della comunicazione e che

poi viene affinata nella quotidianità.

Si è deciso che per almeno un semestre le persone con delle competenze specifiche su

determinati business o con delle competenze commerciali di vendita particolarmente rilevanti

per l’azienda debbano almeno 3 giorni della settimana su 5 affiancare la rete vendita nella sua

totalità, di modo che per quanto ci sia un venire meno in questa fase di persone che

Page 176: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

176

individualmente sono dedicate all’ottenimento di risultati e alla vendita di servizi, in quanto

facendo affiancamento le persone devono essere almeno due insieme, si è ritenuto che questa

sia una operazione necessaria che ad oggi può in qualche modo limitare il risultato

economico ma che in futuro ci permetterà di ottenere benefici.

R: Ha notato comportamenti di resistenza al cambiamento?

Si, ma non ad oggi, non quando è stata presa la decisione e portata avanti sulla rete.

Almeno apparentemente non c’è stata manifestazione di resistenza.

R: Come pensa che i membri del livello esecutivo base possano rendersi utili a sostenere il

processo di cambiamento?

Interpretando al meglio le disposizioni aziendali, in questo caso fidandosi di quello che è il

volere dell’azienda, le direttive dell’azienda, metabolizzando il pensiero dell’azienda senza

stravolgerlo, quindi svolgendo il ruolo cosi come l’azienda ha chiesto di svolgerlo senza

virgolettati o orpelli in questo momento non necessari, attenendosi al compito prestabilito.

R: Per quel che riguarda i membri più anziani dell’organizzazione?

Dipende che ruolo svolgano, nel senso che se sono delle persone sul territorio devono

fungere da esempio per chi è più giovane, aziendalmente, perché ovviamente chi è da più

tempo in azienda è comunque visto con occhi differenti e come un esempio da parte di chi ci

è da meno tempo, è ovvio che se c’è una idiosincrasia tra il pensiero aziendale e chi è in

azienda da tanto tempo e quindi come lo metta in atto, è facile che i nuovi arrivati si trovino

in confusione su questo.

Diciamo che le lamentele se sono avvenute sono avvenute perché alcune persone, in maniera

egoistica, non hanno apprezzato il cambiamento perché il cambiamento ledeva dei loro

diritti, o presupposti diritti, e quindi di conseguenza essendoci stato magari un

ridimensionamento o una professionalità comunque con un ruolo più marginale, la critica è

avvenuta da chi è stato sostanzialmente toccato in questo, quindi si è toccato l’interesse

personale, non quello collettivo. Fattori egoistici.

C’erano delle posizioni vacanti e sono state riempite con scelte interne, c’è stato una

professionalizzazione di chi c’era già in azienda.

Sono cambiate le gerarchie, ma anche in questo caso ripeto il cambiamento di gerarchia poi è

stato interpretato da ognuno degli artefici della nuova organizzazione in maniera differente a

seconda delle proprie ambizioni, e dei propri aspetti professionali e del proprio percorso

professionale.

S4 Anche se personalmente non mi ha toccato più di tanto perché personalmente il mio ruolo è

rimasto sempre uguale, più o meno, son cambiate alcune cose però diciamo che in linea

generale le attività sono quelle, quindi all’inizio un po’ di resistenza si, però dopo comunque

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c’è stata la formazione, la gente sta metabolizzando e i colleghi stanno entrando nel nuovo

ruolo, più di consulenza, mentre prima erano più commerciali oggi sono consulenti …

Un po’ di confusione, perché ancora non si sapeva cosa si doveva fare, una volta date le linee

guida quindi magari le reazioni erano “ora cosa devo fare, come devo vendere o dove devo

focalizzarmi” quello si.

R: Quindi incertezza?

Si incertezza.

E’ stata fatta una formazione specifica proprio su una prima formazione più a livello di

competenze trasversali sul change management, quindi proprio per entrare nell’ottica del

cambiamento del ruolo, quindi come valutare la possibilità del cambiamento, quindi

percepire proprio il motivo per cui cambiare è positivo, è stata quindi una formazione più di

gruppo dinamica, con una serie di prove focalizzate sul change management, e poi c’è stata

una formazione più tecnica che ha coinvolto in primis i commerciali e poi anche noi della

direzione della DOP.

R: Per quel che riguarda le risorse di filiale? Ci sono state azioni in questo senso?

Si, ci saranno, le stiamo mettendo a punto con i questionari di valutazione delle competenze.

R: Secondo te come i membri più giovani dell’organizzazione possono supportare questo

processo?

Mah, sicuramente con una apertura mentale, curiosità, fare le attività che vengono chieste in

modo non esecutivo, perché questo non deve più essere un lavoro esecutivo, pero, mettendoci

proprio del proprio e mettendoci idee, valori aggiunti.

R: Invece quelli più anziani?

Mettendo a disposizione le loro competenze, quindi comunque la nostra struttura, nella nostra

realtà, a livello di selezione si lavora singolarmente, ma le filiali sono state raggruppate in

distretti, e questo porta a lavorare più in gruppo tra le selezionatrici e quindi a confrontarsi di

più, e il confronto porta ad un passaggio di metodi diversi, quindi magari una persona ha una

determinato modo per selezionare una risorsa, o per appunto reclutarla, l’altra collega invece

ha un’altra modalità, quindi dal confronto poi viene un trasferimento di competenze, e a

livello commerciale lo stesso quindi muovendosi su servizi diversi capita di andare in visita

insieme, quindi anche li c’è uno scambio di competenze, quindi uno scambio che in questa

nuova organizzazione aumenta le sue possibilità di trovare strade nuove.

GENERARE SUCCESSI A BREVE TERMINE

S1 I numeri, il fatturato sicuramente, in base ai risultati si vedrà se è la strada giusta, poi

Page 178: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

178

l’azienda sicuramente valuterà in base a quello perche se ci sono i risultati vuol dire che

quella sarà la strada giusta.

Sicuramente F. lui l’ha presa, secondo me lui ci crede veramente, anche B. ci sta

supportando, si sta proprio organizzando in base a questa nuova organizzazione, loro ci

credono proprio tanto poi loro sono alla guida della dop quindi devono crederci proprio tanto

difficilmente possono mostrarci segni di cedimento altrimenti noi poi non ci interessiamo più

al processo.

Vengono fatte delle analisi di budget a trimestre quindi se a marzo nessuno fa quello che

deve fare non si può andare avanti.

S2 Ciclicamente a step di 4-6 mesi perché comunque è un percorso che stiamo costruendo sono

state inserite delle aree di miglioramento alle quali ognuno di noi deve tendere, e poi

raggiunto lo step successivo ci si confronterà con il proprio responsabile gerarchico di turno

per capire se abbiamo raggiunto e se abbiamo migliorato in determinate aree o se no quali

sono state le difficoltà che abbiamo riscontrato.

S3 Avverrà una prima valutazione sulla quale poi si prenderanno decisioni future a giugno di

quest’anno, quindi dopo 6 mesi,sulla base di obiettivi legati al budget.

Alla marginalità, ci sono aziende che basano obiettivi sul fatturato non sul margine. Noi li

tariamo sul margine, e questo fa parte anche del cambiamento. Prima era più sul fatturato.

Io penso che in questo momento proprio la rete vendita e i consulenti commerciali siano le

persone che più e meglio stanno interpretando il cambiamento e se questo atteggiamento

positivo continuerà e perdurerà ritengo che insomma la nuova organizzazione possa ottenere

buoni risultati.

S4 Diciamo che sicuramente verranno posti e verrà fatta un’analisi a metà anno.

Il budget. Gli obiettivi sono di budget, di vendita di servizi e quindi di fatturato su questi

servizi.

Il questionario sulla valutazione delle competenze è il primo e lo stiamo portando avanti in

questi giorni e infatti la seconda valutazione verrà fatta poi a luglio.

Servirà a valutare ad oggi le competenze delle risorse, e per capire punti deboli e punti di

forza ed attuare delle azioni formative che possono essere di qualsiasi genere, dalla

formazione in aula, all’affiancamento, eccetera, e poi allo stesso tempo servirà a porsi degli

obiettivi nel senso che in ogni questionario alla risorsa vengono dati degli obiettivi per andare

a migliorare i punti deboli.

Mah, secondo me è stato un passaggio tutti insieme, tutti in gruppo se penso forse alla

direzione qualche personaggio della direzione si, poi le persone che hanno scelto sono le

prime che l’hanno messo in pratica.

Page 179: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

179

NON RIPOSARE SUGLI ALLORI

S1 Abbiamo quest’agenda condivisa con la nostra responsabile che appunto ci controlla e

verifica che siano gestiti tutti i vari colloqui che vengano gestite le varie attività di routines,

che venga gestita l’accoglienza, che venga gestita l’attività magari amministrativa, un’agenda

con dei colori, quindi anche non leggendo i contenuti in base a quanto è piena l’agenda si

dovrebbe misurare po’ l’attività della filiale.

S2 Novembre - dicembre sono stati poi i mesi in cui ci sono state una serie di evoluzioni, quindi

i cambiamenti organizzativi che oggi viviamo, non sono quelli esattamente pensati a

novembre.

Nei mesi di novembre e dicembre abbiamo visto tutta una serie di ipotesi che sembrava si

fossero concretizzate, poi in corso d’opera sono state cambiate per la paura di fare un

cambiamento organizzativo che facesse perdere magari quello che comunque fino ad oggi

avevi portato a casa.

Si, ovviamente si è anche messa in discussione, questo è avvenuto nei mesi di ottobre

novembre e dicembre però come ogni cosa è stata condivisa con elementi che potevano

essere negativi ed elementi che potevano essere positivi, sono stati pesati e ad oggi l’idea è di

provare questo nuovo percorso.

La vecchia routine è quella che ha offerto maggiori resistenze a vendere tutto quello che per

noi può rappresentare una nuova strada, quindi fintanto che non è stato imposto dall’alto cosi

come avverrà nel 2013 molto probabilmente tutta una serie di attività non sono state poste in

essere ma perché non c’erano dei vincoli, non c’erano delle sanzioni, usando questo termine

proprio in senso lato. Quindi il 2013 vede da un lato un cambiamento che viene intrapreso,

ma dall’altro un obbligo a cambiare sia per le persone che si devono adeguare a questo

perché probabilmente è l’unica strada, sia in termini di proposizione sul mercato, perché

probabilmente quello che c’è di vecchio non porterà da nessuna parte.

S3 Si è sostanzialmente lavorato proprio per un cambio di passo e quindi per abitudini lavorative

diverse perché comunque vendere business diversi rispetto a quelli che si vendeva prima,

presuppone in ogni caso uno sforzo, si esce dalla propria zona di confort e quindi si lavora su

un territorio nuovo ed è normale che nell’indole umana che spesso il nuovo non dico che

spaventi però uno ci si deve adattare, e quindi si è in una fase sicuramente più adrenalinica.

R: Si è mai avuta l’impressione di dover mettere in discussione criticamente quanto fatto

fin’ora?

Non me ne sono accorto se è avvenuto.

Page 180: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

180

S4 Fino ad oggi? No, ancora no … è un po’ presto.

CREARE UNA NUOVA CULTURA

S1 Sicuramente al termine di questo processo le persone nelle filiali dovrebbero diventare

complete a 360°, a parte l’attività di vendita, ma le persone in filiale dovrebbero saper fare

tutto, dalla a alla z, dal preventivo al colloquio col candidato, e questo sicuramente in altre

agenzie non accade, quindi ti da magari la possibilità di venderti anche meglio, anche se

ripeto, questo alla fine di tutto questo processo.

La cosa fondamentale è che non c’è più un direttore di filiale che ha una attività in filiale ma

c’è un consulente che ha un’attività fuori, sganciata dalla filiale, che in filiale deve solo

portare gli ordini.

È rimasto tutto fondamentalmente identico con qualcosa in più, è richiesta più disponibilità

per i colloqui, quindi colloqui, colloqui, colloqui, ma poi a quello bisogna affiancare altre

cose, è stato chiesto di aggiungere cose nuove, se prima in 40 ore dovevi fare 8 cose ora ne

devi fare 10,poi in che modo è una cosa che sta alla persona ….

S2 Le persone anche coinvolte dal cambiamento non possono che trarne profitto, perché

comunque vuol dire aprirsi magari a concetti nuovi, aprirsi a nuovi mercati, aprirsi a ruoli

nuovi, tendenzialmente un qualcosa di positivo viene comunque sempre lasciato.

Si, anche perche comunque a partire sempre da gennaio 2013 sono stati introdotti anche dei

percorsi di crescita individuali, quindi anche con schede di valutazione, le schede di

valutazione partono da un presupposto legato all’esperienza lavorativa all’interno

dell’azienda, alle esperienze pregresse, e a quelli che possono essere i punti di debolezza e

quelli di miglioramento.

Secondo me l’elemento di positivo è che ogni cambiamento lascia un segno, negativo o

positivo che sia, questo ci potrà aiutare se in maniera negativa a tarare meglio ciò che sarà il

futuro o un eventuale dovere od obbligo di prendere una decisione, in senso positivo

chiaramente è un bagaglio in più che abbiamo pero tendenzialmente la crescita che può dare

un cambiamento di questo tipo è di tipo professionale sicuramente ma anche di tipo personale

perche comunque ci permette di avere più orientamenti, di capire o di cercare strade

alternative, poi che siano sbagliate o che siano giuste comunque fanno parte del bagaglio di

ciascuno, si spera in una nuova esperienza possano tornare utili … come sempre, qualcosa si

impara sempre.

Oltre alle fantomatiche riunioni plenarie o meno sono stati dati degli input, sono state date

Page 181: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

181

delle procedure,ci sono delle regole da seguire che sono state istituzionalizzate sulla intranet,

in modo che tutti quanti in quest’anno si debbano attenere a quelle che sono le disposizioni

aziendali, semplicemente perché non si può pensare di lasciare poi a ciascuno

l’interpretazione libera di un cambiamento organizzativo. I risultati attesi devono essere

raggiunti percorrendo una sola strada. Non è possibile pensare di fare diversamente.

S3 R: E in termini di competenze?

Si, certamente.

Non so se ad oggi questo nella quotidianità è avvenuto poi.

S4 Una maggiore professionalità, a tutti i livelli. Il fatto di andare a proporre, di lavorare più in

gruppo, di essere non un’unica filiale ma un distretto, quindi il confrontarsi con i distretti

come dicevo prima, ha portato ad un aumento di professionalità e di competenze. Dal punto

di vista della selezione il fatto che le selezionatrici vanno dal cliente a conoscere il processo

produttivo piuttosto che prendere proprio la job porta ad un uscire dalla routine ed ad

aumentare le nostre competenze perché si va direttamente sul campo. Dal punto di vista

commerciale il vendere cose diverse aumenta da se la professionalità, direi che proprio la

cosa importante è un aumento di professionalità e di competenza.

Ci sono state le varie procedure messe in atto, ci sono stati i cambi di ruolo, anche proprio a

livello formale i commerciali sono commerciali di distretto, è stato fatto un budget, tutto è

stato fatto a livello di distretto e di funzioni multi business.

Page 182: Competenze per il cambiamento e cambiamento tramite le competenze

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