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Scheda monografica di sintesi: Produzione di energia da fonti convenzionali E E n n e e r r g g i i a a d d a a F F i i s s s s i i o o n n e e n n u u c c l l e e a a r r e e A cura di: Via Mirasole 2/2 40124 Bologna (BO)

Author: hoangphuc

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Scheda monografica di sintesi: Produzione di energia da fonti convenzionali

EEnneerrggiiaa ddaa FFiissssiioonnee nnuucclleeaarree

A cura di:

Via Mirasole 2/2 40124 Bologna (BO)

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INDICE RADIOATTIVITA ED ENERGIA NUCLEARE........................................................3 Generalit ....................................................................................................................3 Fissione e fusione nucleare...........................................................................................4 Radioattivit naturale ...................................................................................................5 STORIA.......................................................................................................................6 PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA ENERGIA NUCLEARE .................7 Generalit ....................................................................................................................7 Combustibile utilizzato ................................................................................................8 Centrali elettronucleari.................................................................................................9 Energia prodotta.........................................................................................................10 IL NUCLEARE IN ITALIA E NEL MONDO ...........................................................13 La situazione italiana..................................................................................................13 Il nucleare nel resto del mondo...................................................................................13 IMPATTO AMBIENTALE E RISCHI CONNESSI...................................................15 Generalit ..................................................................................................................15 Radiazioni e radioprotezione ......................................................................................16 GESTIONE DELLE SCORIE NUCLEARI ...............................................................19 Generalit ..................................................................................................................19 Principi ed obiettivi della gestione dei rifiuti radioattivi..............................................19 Depositi di scorie nel mondo ......................................................................................22 Uno sguardo al futuro.................................................................................................23 FONTI E RIFERIMENTI...........................................................................................24

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RADIOATTIVITA ED ENERGIA NUCLEARE [1, 3, 9]

Generalit Lenergia nucleare viene prodotta in seguito ai fenomeni di fusione e fissione nucleare. Come noto, la materia costituita dagli atomi (le pi piccole frazioni di essa che conservano le propriet degli elementi che la compongono) a loro volta composti da particelle di tre tipi: protoni e neutroni, che formano il nucleo, ed elettroni, che orbitano intorno ad esso. Gli elettroni hanno carica negativa, i protoni carica positiva e i neutroni sono elettricamente neutri. Per mantenere la neutralit elettrica, il numero di elettroni deve quindi essere pari al numero di protoni presenti nel nucleo; se ci non avviene, latomo prende il nome di ione. Vedremo che proprio in seno al nucleo, ove tra laltro si concentra la maggior parte della massa atomica, che trovano spiegazione i fenomeni della radioattivit, della fusione e della fissione nucleare. Ci si potrebbe anche chiedere come mai il nucleo, anzich essere vittima delle forze di repulsione coulombiane tra le particelle di segno uguale (i protoni), resti ben compatto. La risposta a questa domanda viene data dalla presenza di una forza nucleare attrattiva (chiamata interazione nucleare forte), diversa da quella coulombiana, che diventa predominante alle dimensioni subnucleari, che sono proprio quelle a cui si fa riferimento. Le propriet chimiche di un atomo non dipendono dal numero di neutroni da questo posseduti: se ad un atomo di carbonio, ad esempio, viene tolto od aggiunto un neutrone, questo rimarr sempre un atomo di carbonio; gli atomi di uno stesso elemento che hanno un numero di neutroni diverso sono detti isotopi di quell'elemento, e sono caratterizzati da differenti propriet fisiche (ma dalle medesime propriet chimiche). Sempre a titolo esemplificativo, lidrogeno ha tre possibili isotopi: 1H (= idrogeno-1) o semplicemente idrogeno, in cui il nucleo composto da un

solo protone, 2H (= idrogeno-2) o deuterio, in cui il nucleo composto da un protone ed un

neutrone, 3H (= idrogeno-3) o trizio, in cui il nucleo composto da un protone e due

neutroni. Il numero di massa A (indicato a sinistra del simbolo chimico) di un atomo indica il numero totale di nucleoni (ovvero di neutroni e protoni) che esso contiene, mentre il numero atomico Z ne specifica il numero di protoni. Anche luranio ha tre isotopi naturali; questi sono: 238U (= uranio-238), 235U(= uranio-235), 234U(= uranio-234).

Gli isotopi costituenti la materia sono talvolta instabili e tendono, con il passare del tempo a divenire stabili acquistando o cedendo neutroni, ed emettendo particelle elementari (particelle , , neutroni), generalmente accompagnate da radiazioni elettromagnetiche (raggi X, raggi ). Il processo di emissione radioattiva da parte di un atomo chiamato disintegrazione o decadimento radioattivo, e gli isotopi instabili sono detti radioisotopi. A seguito di reazioni nucleari possono essere prodotti isotopi altrimenti non presenti in natura: questi isotopi, tutti radioattivi, sono indicati come radionuclidi artificiali. Gli atomi che subiscono il processo della disintegrazione

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radioattiva perdono generalmente le caratteristiche iniziali, trasformandosi in atomi di altri elementi, che possono essere ancora instabili e decadere a loro volta. Si generano in tal modo vere e proprie catene di elementi radioattivi generati luno dallaltro, che danno luogo alle cosiddette famiglie radioattive. Fissione e fusione nucleare I fenomeni test citati sono detti reazioni radioattive, e sono alla base della fissione e della fusione nucleare. Se ad esempio si prende un nucleo di atomico e lo si spezza in due nuclei pi leggeri, possibile che in questi ultimi sia immagazzinata in totale meno energia di quanta ne fosse immagazzinata originariamente nel nucleo di uranio. In questo caso nel rompere il nucleo avremmo un guadagno netto di energia: questa non una regola. A priori, infatti, anche la situazione opposta potrebbe essere legittima: cio che nel nucleo iniziale sia immagazzinata meno energia che nei nuclei ottenuti dalla sua rottura. In questo caso per spezzare il nucleo saremmo noi a dover fornire l'energia mancante. Per i materiali pi pesanti accade che l'energia totale dei due nuclei residui ottenuti dalla frammentazione di quello originario sia minore dell'energia di partenza. In questo caso l'energia disponibile viene immediatamente liberata. Questo il principio della fissione nucleare. Si pu anche pensare di fondere due nuclei pi leggeri in uno pi pesante. Anche in questo caso ci sono, a priori, due possibilit: o l'energia immagazzinata alla fine nel nucleo pi pesante maggiore o minore di quella originariamente immagazzinata nei due nuclei pi leggeri. Nel primo caso dovremmo spendere energia, nel secondo ne guadagneremmo: questo il principio della fusione nucleare (figg. 1 e 2).

Fig. 1. Fissione nucleare.

Ad esempio, dalla reazione di fusione di due nuclei di deuterio, o idrogeno pesante (2H):

2H + 2H 3He + 1n + 3.2 MeV

si ottiene un nucleo di elio 3, un neutrone libero (1n), e una quantit di energia nucleare pari a 3,2 MeV, cio 5,1 10-13 J. Dalla fissione del nucleo 235U, indotta dall'assorbimento di un neutrone,

235U + 1n 140Ce + 93Rb + 3 1n + 200 MeV

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si ottiene invece cesio 140, rubidio 93, tre neutroni e un'energia nucleare di 200 MeV, cio 3,2 10-11 J.

Fig. 2. Fusione nucleare.

La reazione di fissione delluranio permette di fare due osservazioni: innanzitutto la quantit di energia prodotta da ogni singola fissione molto grande; in termini pratici, la reazione di 1 kg di uranio 235 sviluppa potenzialmente 18,7 milioni di chilowattora, sotto forma di calore. Inoltre, il processo di fissione innescato dall'assorbimento di un neutrone dal primo nucleo di uranio 235 continua in modo autonomo: i neutroni emessi in ogni fissione possono indurre la fissione in quasi altrettanti nuclei di uranio 235, ciascuno dei quali si spezza in due frammenti, con produzione di neutroni e sviluppo di energia; cos ha luogo un processo a catena in grado di autoalimentarsi, con produzione continua di energia nucleare. I due nuclei originati hanno massa complessiva inferiore alla massa del nucleo di partenza; la massa scomparsa ricompare proprio sotto forma di energia, secondo la nota relazione relativistica:

E = m c2

ideata da Albert Einstein come espressione analitica dellequivalenza tra massa ed energia, oggetto della Teoria della Relativit. Dell uranio presente in natura, solo una piccola percentuale fissile; il resto costituito dall'isotopo non fissile uranio 238 e da quantit minime di uranio 234. Poich la percentuale di materia fissile, cio con elevata probabilit di dare luogo a un processo di fissione in seguito a bombardamento con neutroni, molto bassa, una massa di uranio naturale non in grado di sostenere una reazione a catena. Per aumentare la probabilit che un neutrone emesso in una reazione di fissione induca lo stesso processo in altri nuclei, esso viene rallentato ( necessario che i neutroni non siano troppo veloci) mediante una serie di collisioni elastiche con nuclei leggeri (idrogeno, deuterio o carbonio): si parla di reazioni di fissione controllate. Radioattivit naturale Come detto in precedenza, la radioattivit un fenomeno diffuso anche in natura: se ne fa uso nella datazione di reperti archeologici, che si basa proprio sul decadimento radioattivo (fig. 3).

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Fig. 3. Decadimento radioattivo per la datazione di reperti.

Nei paragrafi seguenti si parler solo dalla fissione: la fusione nucleare, infatti, sebbene presenti aspetti di rilevante interesse e con margini di sviluppo (miglioramento dei processi basati sulla fusione calda, eventualmente fusione fredda), non attualmente utilizzata ne utilizzabile su grande scala per la produzione di energia elettrica, al contrario della fissione nucleare, oggetto di continui studi per migliorare le prestazioni ed il rendimento energetico dei reattori, come si vedr in seguito.

STORIA [3, 9] Le prime osservazioni sulla radioattivit sono dovute a Wilhelm Conrad Rntgen, che osserv nel 1895 linsorgere di radiazioni invisibili, in grado di attraversare strati consistenti di materia (da lui chiamati raggi X), durante gli esperimenti svolti sul passaggio di corrente nei tubi a vuoto. Lanno dopo Antoine-Henri Bequerel si accorse che la pecblenda, un minerale delluranio, poteva causare lannerimento di lastre fotografiche anche in assenza di luce; sempre nel 1896 i raggi X vennero utilizzati per la prima volta a scopo diagnostico, mentre nel 1899 Ernest Rutherford identifica due tipi di radiazione emessi dalla pecblenda, e li chiama raggi e raggi . Nel 1900 Paul Villard trova fra le emissioni della pecblenda un terzo tipo di radiazione: i raggi . Nel 1898 i coniugi Pierre e Marie Curie, trattando diverse tonnellate di pecblenda, riuscirono ad isolare e ad estrarre una piccola quantit di un nuovo elemento - il radio - cui attribuiscono la radioattivit emessa dalla pecblenda. Nel 1910 Theodor Wulf scopr che la radiazione naturale cresce con lelevazione rispetto al livello del mare. Egli formul lipotesi che la radiazione ambientale abbia una componente di origine cosmica; attuando il suo suggerimento Victor Hess scopr nel 1912 i raggi cosmici. Nel 1932 Chadwick, lavorando sui precedenti risultati sperimentali ottenuti da Irne Curie e Frdric Joliot, stabil lesistenza di una nuova particella elementare, il neutrone, che si venne ad aggiungere alle uniche due precedentemente identificate, lelettrone e il protone.

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Nel 1934 Irne Curie e Frdric Joliot produssero il primo isotopo radioattivo artificiale: il fosforo-30 (bombardarono con particelle un foglio di alluminio). Nello stesso anno Enrico Fermi dimostr come fosse possibile produrre isotopi radioattivi in grande quantit utilizzando dei neutroni anzich le particelle per bombardare i materiali. Fermi aveva scoperto la fissione nucleare, ma la cosa pass inosservata. Nel 1938 Otto Hanh, F. Strassmann e Lize Meitner osservarono che bombardando luranio con neutroni lenti, si poteva causare la scissione del nucleo in due o pi frammenti radioattivi, con liberazione di neutroni e di energia: questa reazione venne chiamata fissione nucleare. Il 2 dicembre 1942, a Chicago, unquipe guidata da Enrico Fermi realizz la pila di uranio e grafite CP-1, con la quale si dimostr la possibilit di provocare e controllare il processo di fissione a catena: nacque il primo prototipo di reattore nucleare. In questo particolare tipo di reattore, la grafite fungeva da moderatore allo scopo di rallentare i neutroni, e tenere sotto controllo levolversi della reazione a catena. I primi reattori su larga scala furono realizzati nel 1944 a Hanford, nello stato di Washington: utilizzavano uranio metallico naturale come combustibile e la grafite come moderatore. Dal processo di fissione si otteneva plutonio (da 238U per assorbimento di un neutrone) mentre il calore prodotto non aveva utilizzo alcuno. Da questo momento in avanti, gli studi sullutilizzo dellenergia nucleare divennero sempre pi importanti, e portarono allo sviluppo delle centrali elettronucleari e al larghissimo impiego, in campo clinico, delle radiazioni e della radioterapia.

PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA ENERGIA NUCLEARE [2, 3, 5, 7]

Generalit La produzione di energia elettrica tramite reattori nucleari si basa sui processi di fissione controllata, cio sfrutta la reazione a catena di cui si parlato nei paragrafi precedenti. Come sar esaminato in seguito, esistono, e sono tuttoggi oggetto di studi e sviluppi, diversi tipi di reattori, e conseguentemente diversi tipi di centrali elettronucleari. Una centrale elettronucleare , per certi versi, molto simile ad un impianto di produzione di energia elettrica che utilizza combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale): si genera vapore ad alta pressione che viene inviato ad una turbina la quale alimenta il funzionamento di un alternatore, dal quale si ottiene lenergia elettrica (fig. 4). In sostanza, mentre nelle centrali convenzionali il calore col quale viene prodotto il vapore si ottiene dalla combustione dei combustibili, in una centrale elettronucleare la fonte di calore la reazione di fissione nucleare. Non entrano quindi in gioco reazioni di combustione.

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Fig. 4. Schema di una centrale elettronucleare.

Ci nonostante, come per gli impianti tradizionali, la centrale oggetto di un attento e costante controllo; in particolare il nocciolo del reattore (la parte pi interna contenente il combustibile radioattivo) viene tenuto costantemente sotto osservazione, per misurarne il livello di potenza ed essere pronti ad intervenire in caso di necessit. Allo scopo di poter regolare la velocit della reazione di fissione in atto, si utilizzano le cosiddette barre di controllo, costituite da materiale in grado di assorbire i neutroni (che garantiscono leffetto a catena della reazione) e di modificare conseguentemente landamento della reazione in atto. Combustibile utilizzato Il combustibile utilizzato nelle centrali elettronucleari luranio; come gi detto, per, nelluranio estratto la parte utilizzabile, detta anche fissile, (isotopo U-235) ha una concentrazione molto bassa (0,7%). La parte rimanente (isotopo U-238) praticamente non fissile; per ovviare a questo problema, viene utilizzato uranio arricchito (generalmente ossido di uranio), cio trattato opportunamente per avere una concentrazione di U-235 che si attesti intorno al 5% (percentuale tale da non avere rischio di esplosioni nucleari). Il combustibile viene ottenuto trasformando luranio estratto in esafluoruro (UF6) gassoso, il quale, passando attraverso setacci molecolari, aumenta la concentrazione in U-235 (che passa pi facilmente attraverso la barriera porosa). Il gas viene poi ridotto in polvere di ossido di uranio da cui si ricavano le pastiglie da cui sono costituite le barre utilizzate nei reattori. Luranio, sotto forma di barre, viene introdotto nel nocciolo del reattore, e sottoposto a fissione:

235U + 1n 140Ce + 93Rb + 3 1n + 200 MeV Alcuni atomi di U-238 rimangono a loro volta coinvolti dando luogo alla produzione di plutonio, anchesso fissile:

238U + 1n 239U + + 239Np + + 239Pu Alluscita del reattore, luranio impoverito dalla reazione viene inviato ad una sezione di riprocessamento, da cui si ottiene la maggior parte del plutonio, mentre il combustibile esausto viene destinato ad altri usi.

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Luranio e il plutonio sono poi riutilizzati per la fusione o per la produzione del combustibile arricchito, mentre la parte sfruttata del combustibile viene stoccata in appositi depositi e con opportune cautele (fig. 5).

Fig. 5. Il cammino del combustibile radioattivo.

Centrali elettronucleari I tipi di centrale elettronucleare pi comuni nel mondo sono: centrali con reattori ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), centrali con reattori ad acqua in pressione (Pressurized Water Reactor, PWR,

fig. 6).

Fig. 6. Centrale elettronucleare con reattore di tipo PWR.

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La differenza fondamentale tra le due tipologie di reattori che nel BWR lacqua viene portata allebollizione dal calore prodotto nella fissione e quindi il vapore viene inviato tramite tubi nella turbina; nel PWR lacqua viene scaldata dallenergia di fissione, ma tenuta sotto pressione onde evitare che giunga allebollizione, cosa che accade allinterno di un generatore di vapore. Esaminiamo il ciclo rappresentato in fig. 6: nel nocciolo avvengono le reazioni nucleari. Il calore prodotto viene assorbito dallacqua di raffreddamento del circuito primario, che esce ad una temperatura prossima ai 300 C, ma non arriva allebollizione in quanto mantenuta alla pressione di 155 bar (si rammenta che la temperatura di ebollizione di un liquido tanto pi alta, quanto maggiore la pressione dellambiente esterno; lacqua alla pressione atmosferica, infatti, bolle a 100 C!). Successivamente lacqua di raffreddamento scambia calore con altra acqua nel generatore di vapore (che lavora a pressione inferiore), da cui si ottiene vapore a circa 300 C e 55 bar che investe una turbina la quale, per mezzo di un alternatore, genera energia elettrica. Il vapore a bassa pressione uscente dalla turbina viene raffreddato ad acqua (circuito secondario) e riciclato nel generatore; infine lacqua del secondario viene raffreddata in apposite torri di raffreddamento (abbastanza caratteristiche per via del loro pennacchio di vapore). Si osserva che lacqua del circuito secondario non viene a contatto con le zone contaminate dalle radiazioni, per cui, in presenza di opportune barriere protettive dalle radiazioni, lunico problema risulta essere lelevata temperatura. Questo discorso verr ripreso e approfondito nel paragrafo che si occupa della sicurezza e dellimpatto ambientale delle centrali elettronucleari. Altri tipi di reattori sono oggetto di studio, per poter migliorare lefficienza e la sicurezza del processo di fissione: reattore avanzato liquido-metallo (ALMR), che riduce la produzione di plutonio, reattore asciutto raffreddato da elio ad alta temperatura (HTR), in grado di

funzionare per un numero di anni superiore alla media, reattore autofertilizzante a neutroni veloci, in grado di utilizzare U-238 con

produzione di plutonio.

Energia prodotta Luranio in grado di produrre grossi quantitativi di energia, data lelevatissima esotermicit del processo di fissione: da 1 kg di uranio si possono ottenere fino a 50.000 kWh di energia elettrica! Lattuale produzione di energia elettronucleare copre allincirca il 16% del fabbisogno mondiale di energia elettrica. Se si esamina lorigine dellenergia elettrica attualmente prodotta (fig. 7, fonte IEA - International Energy Agency), si nota che la fonte principale ancora il carbone.

Fig. 7. Fonti di energia elettrica.

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In fig. 8 viene invece riportato (fonte IEA) un prospetto sullutilizzo nel tempo delle varie fonti energetiche, nella produzione complessiva di energia. Nella voce Other sono comprese lenergia fotoelettrica, geotermica ed eolica.

Fig. 8. Produzione totale di energia per fonti nel tempo.

Si pu altres notare come la produzione di energia nucleare non subir variazioni sostanziali; tuttavia uno studio dell EIA (Energy Information Administration) evidenzia in prospettiva un aumento dellenergia prodotta da fonti nucleari, grazie allaumento di efficienza dei reattori nucleari. Unultima notazione: lenergia nucleare non particolarmente costosa, anzi si pu ritenere economica. vero che la realizzazione di una centrale elettronucleare comporta un cospicuo investimento iniziale, ma il processo non aggiunge costi eccessivi allenergia prodotta. Sicuramente il prezzo potr essere condizionato anche dal costo delluranio da utilizzare: gli oceani, ad esempio, ne contengono in grande quantit, ma la sua estrazione avrebbe un costo decisamente pi elevato rispetto alle fonti tradizionali. Negli ultimi anni il costo per kilowattora dellenergia ulteriormente calato, attestandosi (considerando i vari siti sparsi nel mondo) sul valore di 1,5 centesimi di Dollaro (circa 1,4 centesimi di Euro). Per effettuare un confronto con altri periodi, si pu considerare il dato relativo alla centrale di Caorso (attualmente dismessa): il costo fu di circa 306 miliardi di lire, la produzione di energia elettrica era di circa 840 MW e il costo di produzione di circa 16 Lit./kWh (in Lit. degli anni 70, corrispondenti approssimativamente a 5-7 centesimi di Euro nel 2000). In tab. 1 riassumiamo proprio questi dati (relativi agli anni 70), evidenziando come sul costo dellenergia elettronucleare limpatto del combustibile sia in percentuale molto inferiore alle altre fonti. Anche in tab. 2 (fonte ExternE - Externalities of Energy- Study of European Commission, 1999) sono messe in evidenza le differenze tra i costi di produzione dellenergia elettrica partendo da diverse fonti.

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Tipo di impianto Incidenza del combustibile (%) Caorso 37.5

Termoelettrico ad olio combustibile 87.5

Termoelettrico a carbone 72.7 Tab. 1. Confronto tra i costi dellenergia elettrica in base ai combustibili.

Costo complessivo di produzione di energia elettrica (in Eurocents per kWh)

Tecnologia

Costi di esercizio della tecnologia, comprendenti,

ammortamento e costi finanziari

Costi esterni Totale

Carbone 5,0 2,0 7,0

Olio combustibile 4,5 1,6 6,0

Gas naturale 3,5 0,36 3,9

Vento 6,0 0,22 6,22

Idroelettrica 4,5 0,22 4,72

Nucleare 3,5 0,04 3,54

Tab. 2. Costi di produzione di energia elettrica da fonti diverse (fonte ExternE Study of European Commission, 1999;).

I costi esterni sono legati ai danni che la produzione di energia elettrica pu arrecare allambiente ed alla salute delluomo, cio le esternalit legate allimpianto; sono molto difficili da stimare, ma i dati riportati si possono interpretare riconoscendo la quasi totale assenza di emissioni di gas serra da parte di una centrale elettronucleare. Non a caso un valore considerevole si pu riscontrare nelle centrali a carbone e ad olio combustibile. Il discorso relativo alle emissioni di un impianto nucleare verr approfondito nei paragrafi successivi.

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IL NUCLEARE IN ITALIA E NEL MONDO [1, 6] La situazione italiana In Italia non possibile produrre energia elettrica a partire dalla fissione nucleare; questo perch l8 novembre 1987 un referendum ne band lutilizzo. In particolare il referendum ha vietato di costruire centrali nucleari, di finanziare gli enti che ospitano le centrali nucleari e, con riferimento allENEL, di partecipare ad impianti nucleari allestero. Sicuramente ebbe un peso non irrilevante sulla promozione e sullesito del referendum lincidente accaduto nel 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, che fu probabilmente uno dei pi gravi della storia del nucleare. Bisogna tuttavia notare che una fetta consistente dellenergia elettrica utilizzata in Italia attualmente importata dalla Francia, ove viene prodotta in buona parte tramite centrali elettronucleari. In realt in Italia sono ancora presenti alcune centrali, sebbene dismesse: a Caorso, a Garilliano, a Latina, a Trino Vercellese.

Un problema connesso con questi impianti proprio il loro smantellamento, tuttora in attesa di esecuzione per via delle enormi difficolt tecniche ed economiche che tale operazione richiede. Il nucleare nel resto del mondo I reattori nucleari in funzione alla fine del 2001 nel mondo erano 441, dei quali il 25% circa siti negli Stati Uniti (fonte EIA). Nelle figg. 10, 11 e 12 sono riportate delle mappe che individuano la distribuzione delle centrali, e in tab. 3 sono riportate le quantit di energia prodotte per mezzo di questi impianti (fonte EIA).

Fig. 10. Centrali nucleari nel mondo.

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Fig. 11. Centrali nucleari in Europa.

Fig. 12. Centrali nucleari nel mondo.

Sebbene oggi siano costruiti un numero minore di reattori rispetto agli anni 70 e 80, la loro maggiore efficienza, figlia degli sviluppi tecnologici raggiunti, permette di ottenere quantit di energia maggiori. Oltre alle nazioni con uno sviluppo consolidato, come Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, ex Unione Sovietica, sono previsti forti incrementi di produzione di energia elettronucleare nei paesi asiatici, come la Cina (fonte EIA).

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La produzione nucleare mondiale si pu riassumere come segue: Europa: 213 reattori, 176649 MW prodotti (il 35% in Francia), America del Nord: 125 reattori, 117957 MW prodotti (l87% negli USA), America del Sud: 6 reattori, 4321 MW prodotti, Asia: 95 reattori, 71087 MW prodotti (il 65% in Giappone), Africa: 2 reattori, 1930 MW prodotti.

IMPATTO AMBIENTALE E RISCHI CONNESSI [1, 2, 3, 5, 9] Generalit Le centrali elettronucleari pongono grossi problemi di impatto ambientale. Essi per non sono legati alle emissioni, bens al fatto che il processo in s presenta dei rischi innegabili. Analizzando infatti le emissioni di un impianto nucleare (cfr tab. 3, fonte Hydropower-Internalised Costs and Externalised Benefits, Frans H. Koch, IEA, 2000; fig. 13), si nota come esse siano trascurabili rispetto a quelle degli impianti tradizionali di produzione di energia elettrica. Modalit di generazione

Emissioni di gas serra (g

equiv CO2/kWh)

Emissioni di SO2

(mg/kWh)

Emissioni di NOx

(mg/kWh)

NMVOC (mg/kWh)

Emissioni di polveri

(mg/kWh)

Idroelettcico 2-48 5-60 3-42 0 5 Carbone impianti moderni

790-1182 700-32321+ 700-5273+ 18-29 30-663+

Nucleare 2-59 3-50 2-100 0 2 Gas naturale (ciclo combinato)

389-511 4-15000+ 13+-1500 72-164 1-10+

Combustione di biomassa

15-101 12-140 701-1950 0 217-320

Eolico 7-124 21-87 14-50 0 5-35 Solare fotovoltaico 13-731 24-490 16-340 70 12-190 Tab. 3. Confronto tra le emissioni di vari impianti per la produzione di 1 kWh di energia elettrica.

Fig. 13. Confronto delle emissioni di anidride carbonica equivalente in diversi impianti per la produzione di energia elettrica (fonte Life-Cycle Assessment of Electricity Generation Systems and Applications for Climate Change Policy Analysis, Paul J. Meier, University of Wisconsin-Madison, 2002)

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Come detto in precedenza per, il processo nucleare in s comunque delicato, in quanto le reazioni nucleari necessitano di un attento controllo, sono caratterizzate dallemissione di radiazioni e danno luogo alla produzione di scorie radioattive. E necessario per mettere in evidenza il fatto che le scorie radioattive, pur presentando notevoli fattori di rischio, sono localizzate in zone specifiche, mentre le emissioni in atmosfera prodotte con altre tecnologie sono ben pi difficili da controllare, e sicuramente non possono essere confinate. Il processo nucleare inoltre, storicamente non ha originato un numero elevatissimo di incidenti; i pi gravi nella storia sono stati due: nel 1979 a Three Miles Island, in Pennsylvania, causato da una difettosit in

una valvola di controllo, che non ebbe conseguenze sulla popolazione, nel 1986 a ernobil, in Ucraina (lallora Unione Sovietica), causato secondo i

rapporti ufficiali, da un esperimento fatto su un reattore che ne determin lesplosione, e che ebbe conseguenze molto gravi sulla popolazione locale, ma anche ripercussioni su aree distanti diverse migliaia di chilometri.

Questi incidenti ebbero, come conseguenza comune, un grosso impatto mediatico sulla popolazione mondiale, e probabilmente a tuttoggi lutilizzo dellenergia nucleare paga questa fama non proprio invidiabile. Radiazioni e radioprotezione Le reazioni nucleari, come detto pocanzi, sono purtroppo accompagnate, oltre che da una straordinaria produzione di calore, anche dallemissione di radiazioni ionizzanti, che sono in grado di danneggiare i tessuti biologici, con gravi danni per la salute: immediati, per dosi molto significative, a lungo termine, per dosi inferiori ed esposizioni prolungate.

Le radiazioni si misurano in milliSievert; in natura sono presenti delle fonti radioattive (il radon ad esempio), tant che luomo sottoposto mediamente ad una dose di 2.5 milliSievert/anno. Tale dose passa a 4.5 milliSievert/anno per il personale degli aerei (la radioattivit cresce con la quota rispetto al livello del mare), esposto ai raggi cosmici; una dose paragonabile a questa, caratterizza anche gli addetti agli impianti nucleari (dati del Regno Unito). Una dose fatale di radiazioni ionizzanti pu invece essere ragionevolmente stimata in 5 Sievert (5.000 milliSievert), valore ben al di sopra delle quantit citate sopra. Il pericolo derivante dalle radiazioni accompagna lintero ciclo di vita del processo di produzione di energia nucleare: dallestrazione del combustibile, al suo trasporto, passando attraverso la lavorazione e lutilizzo in reattore. Queste considerazioni portano ad una sola conclusione: indispensabile attuare un opportuno programma di radioprotezione, per cercare di limitare il pi possibile i rischi derivanti dal contatto con il materiale radioattivo. Il punto di partenza senzaltro realizzare questi impianti lontano da zone densamente popolate. Successivamente risulta indispensabile dotare i reattori dei pi sofisticati sistemi di sicurezza, che limitino le possibili fughe di materiale radioattivo. I reattori, inoltre, sono comunemente realizzati allinterno di strutture schermate (spesso vi sono pi strati di schermatura), mentre le barre di combustibile sono rivestite di materiale anticorrosivo. La struttura esterna realizzata in acciaio e calcestruzzo, per garantire la tenuta e la protezione da fughe.

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Certo, in caso di incidenti, ci possono essere situazioni di grosso pericolo, ma un opportuno piano di sicurezza, concordato con le autorit competenti, pu limitare grandemente il pericolo per la popolazione. Normalmente la procedura di sicurezza strutturata a livelli, che entrano in funzione a seconda della criticit della situazione: si passa da un semplice intervento in loco, allattivazione dei soccorsi pubblici, fino allevacuazione delle popolazioni circostanti. Ricapitolando, oltre ai sistemi di controllo del processo (i quali, tra laltro sono gi di per s ridondanti il pi delle volte), una centrale nucleare dotata di una serie di barriere fisiche in grado di garantirne la sicurezza. Se, malauguratamente, ci non fosse sufficiente, sono stabiliti piani per la gestione delle emergenze. Parallelamente a queste forme di tutela, agisce il sistema di radioprotezione, atto alla tutela delluomo e dellambiente. Tale sistema si basa su tre principi: il principio di giustificazione, che stabilisce che lesposizione alle radiazioni

giustificato solo se i benefici della pratica sono superiori agli effetti negativi statisticamente prevedibili,

il principio di ottimizzazione che, comprovata la giustificazione, stabilisce che la quantit di radiazioni assorbite sia mantenuta la pi bassa ragionevolmente ottenibile (principio ALARA=As Low As Reasonably Achievable),

il principio di limitazione del rischio individuale, che si applica in ultima istanza per affermare che, anche nel rispetto dei principi precedenti, le dosi non devono superare limiti oltre i quali il rischio connesso allesposizione sarebbe giudicato inaccettabile.

I limiti suddetti sono illustrati in tab. 4 (fonte International Commission for Radiological Protection, ICRP), e si basano sugli effetti osservati a seguito dei disastri di Hiroshima e Nagasaki. Dal computo delle radiazioni totali assorbite vengono sottratti due termini:

il fondo di radiazione naturale e le radiazioni di carattere medico-sanitario (radiografie, ecc.).

Ci spiegabile considerando che sia le prime che le seconde, nellarco della vita, sono inevitabili (in particolar modo la componente derivante dalla natura). A tal proposito occorre dare qualche definizione e fare qualche precisazione. La dose efficace quantifica il rischio complessivo per lindividuo irradiato tenendo conto della diversa radiosensibilit degli organi o tessuti e del corpo umano nel suo complesso e si ottiene sommando i contributi dovuti a ciascun organo irradiato; una dose efficace di 1 Sievert ad esempio, corrisponde ad unirradiazione di 1 Sievert su ciascun organo del corpo umano; la dose equivalente, invece, quantifica il rischio associato allirradiazione di un singolo organo o tessuto, tenendo conto del tipo di radiazione. Nella tabella sono illustrate le dosi equivalenti per alcuni organi normalmente esposti direttamente allirraggiamento (ad esempio locchio, rappresentato dal valore al cristallino, una lente fondamentale per la messa a fuoco delle immagini sulla retina). Occorre invece precisare che i valori indicati sono solo strumenti per assicurare una protezione adeguata anche a livello individuale; i limiti fissati dalla ICRP non indicano una demarcazione tra dosi ammissibili e dosi non ammissibili in quanto legate a soglie di danno. In altri termini, affermazioni del tipo sopra il limite (la dose ammissibile) c danno, sotto no sono del tutto errate.

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Categoria di persone Limiti di dose Individui della popolazione in generale

- dose efficace 1 mSv/anno - dose equivalente al cristallino 15 mSv/anno

- dose equivalente alla pelle 50 mSv/anno - dose equivalente a mani, avambracci, piedi, caviglie 50 mSv/anno

Lavoratori esposti

- dose efficace 100 mSv in 5 anni, con massimo di 50 mSv/anno nel periodo - dose equivalente al cristallino 150 mSv/anno

- dose equivalente alla pelle 500 mSv/anno - dose equivalente a mani, avambracci, piedi, caviglie 500 mSv/anno

Tab. 4. Limiti di dose in aggiunta al fondo naturale e alle pratiche mediche (fonte ICRP, DLgs

230/95). Il miglioramento delle tecniche e delle procedure di radioprotezione deputato ad organismi di ricerca di carattere internazionale (in questa sede, lItalia rappresentata dallENEA), e coinvolge anche tutta la parte relativa ai dispositivi di protezione individuale, alle corrette modalit per svolgere operazioni interne allimpianto e ai monitoraggi delle situazioni esistenti (in termini di rischi e procedure). Infine gli organismi che si occupano di radioprotezione interagiscono con gli organismi deputati alla sicurezza per la redazione dei piani di sicurezza interni allimpianto ed esterni ad esso. Certamente il pi grosso ostacolo che si pone nella realizzazione di insediamenti nucleari il loro impatto mediatico: gli incidenti nucleari, storicamente molto meno frequenti, hanno per unelevata magnitudo (ovvero la grandezza del danno conseguente allevento). Altri insediamenti industriali (come impianti chimici e petrolchimici), possono contare su una magnitudo molto inferiore (in realt sono altres possibili eventi con conseguenze molto gravi, come ad esempio la contaminazione di un terreno da parte di sostanze chimiche, ecc.), il che limita molto limpatto che tali circostanze possono avere sulla popolazione, ma sono al contempo caratterizzati da incidenti molto pi frequenti.

GESTIONE DELLE SCORIE NUCLEARI [3, 9, 10]

Generalit Come stato detto nel paragrafo precedente, le centrali nucleari producono rifiuti radioattivi, che rappresentano la principale fonte di impatto ambientale, nonch uno dei pi grossi problemi connessi a tali attivit.

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LIAEA (International Atomic Energy Agency) definisce i rifiuti radioattivi come qualsiasi materiale che contiene o contaminato da radionuclidi a concentrazioni o livelli di radioattivit superiori alle "quantit esenti" stabilite dalle Autorit Competenti, e per i quali non previsto alcun uso. I rifiuti radioattivi provengono essenzialmente da operazioni connesse al processo nucleare, e cio: gestione del reattore, ciclo del combustibile (estrazione delluranio, lavorazioni, riprocessamento), smantellamento di siti nucleari, decontaminazioni,

oltre alle produzioni di radioisotopi di interesse per il campo della medicina. I rifiuti nucleari sono classificati, in base alla loro pericolosit, nel seguente modo: 1a categoria: rifiuti a bassa attivit, la cui radioattivit decade nell'ordine di tempo

di qualche mese o di qualche anno al massimo; provengono essenzialmente da attivit medico-diagnostiche, industriali e di ricerca,

2a categoria: rifiuti a media attivit, la cui radioattivit decade nel corso di alcuni secoli; provengono dall'attivit delle centrali nucleari e degli impianti del ciclo del combustibile nucleare, dai reattori di ricerca, dallo smantellamento di impianti nucleari, dalle attivit di ricerca, sanitarie e industriali,

3a categoria: rifiuti ad alta attivit, la cui radioattivit decade nel corso di migliaia di anni; includono il combustibile irraggiato non riprocessato, rifiuti vetrificati o cementati provenienti dal riprocessamento del combustibile irraggiato, rifiuti contenenti plutonio derivanti da attivit energetiche e di ricerca.

Come vedremo in seguito, le modalit di gestione dei rifiuti sono diverse in base alla classe di appartenenza, cos come diversi sono i centri di stoccaggio destinati ad essi. La gestione dei rifiuti, e pi in generale quella di una centrale nucleare, regolamentata da leggi e normative tecniche, di carattere internazionale; in Italia, ad esempio, vengono recepite ed applicate le leggi emanate dalla Comunit Europea. Principi ed obiettivi della gestione dei rifiuti radioattivi La gestione dei rifiuti pu essere condotta mediante due tipi di approccio: Concentra e Confina (C&C), principio guida nella quasi totalit dei casi; Diluisci e Disperdi (D&D), utilizzato solo in casi molto particolari e limitati.

A partire da questi approcci, si possono poi mettere in evidenza i principi che guidano la gestione delle scorie radioattive: essa deve garantire adeguata protezione per luomo e lambiente, si devono considerare possibili effetti su uomo e ambiente anche al di fuori dei

confini nazionali, si devono contenere possibili impatti su persone e ambiente al di sotto dei limiti

attualmente ritenuti ammissibili, la gestione deve evitare ripercussioni sulle generazioni future, devessere svolta nellambito di unadeguata normativa che stabilisca

responsabilit ed un organo di controllo indipendente, si deve limitare il pi possibile la produzione di rifiuti radioattivi, la sicurezza delle infrastrutture adibite allo stoccaggio deve essere garantita per

tutta la vita delle scorie. Gli obiettivi che si devono raggiungere con la gestione dei rifiuti radioattivi sono due: protezione delle presenti e future generazioni da esposizione alle radiazioni,

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protezione delle presenti e future generazioni dal riciclo nella biosfera di radionuclidi.

Tali obiettivi sono perseguiti attraverso lapplicazione del concetto di protezione multibarriera. In pratica i rifiuti sono circondati da una serie di barriere (artificiali e naturali) che impediscano il loro rilascio nella biosfera e fungano da schermo per le radiazioni ionizzanti emesse. Le fasi della gestione dei rifiuti sono quattro: trattamento, condizionamento, stoccaggio temporaneo, smaltimento definitivo.

Nella fase di trattamento, i rifiuti subiscono una riduzione del volume e sono preparati alla fase di condizionamento. In tab. 5 sono riportati i processi di trattamento pi comunemente utilizzati (fonte ANPA).

Processo Tipologia Scopo Campo di applicazione

Evaporazione Chimico Fisico Concentrare la radioattivit nel residuo dell'evaporazione

Rifiuti liquidi acquosi a bassa, media e alta attivit

Filtrazione Fisico Separare la radioattivit contenuta nel corpo solido

Rifiuti liquidi torbidi, sospensione

Ultrafiltrazione Fisico Separare microparticelle in cui e' concentrata la radioattivit

Rifiuti liquidi acquosi a bassa e media attivit

Precipitazione Flocculazione Chimico

Aggiunta di un reattivo che insolubilizza la componente radioattiva separandola dalla soluzione acquosa

Rifiuti liquidi acquosi a bassa, media e alta attivit

Incenerimento Chimico Fisico

Bruciamento del rifiuto con concentrazione della sua componente radioattiva nelle ceneri

Rifiuti solidi combustibili a bassa e media attivit

Supercompattazione Fisico

Schiacciamento a pressioni elevatissime di rifiuti solidi per diminuirne al massimo il volume senza trattamenti chimici

Rifiuti solidi comprimibili a bassa e media attivit

Tab. 5. Trattamenti comunemente utilizzati per i rifiuti radioattivi. La fase di condizionamento ha lo scopo di immobilizzare, all'interno di un idoneo contenitore, il rifiuto radioattivo, inglobandolo in una matrice solida stabile che soddisfi i requisiti di resistenza fisica, chimica e meccanica(definiti dalle norme tecniche ANPA), in modo da ottenere una forma finale idonea allo smaltimento definitivo.

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La matrice utilizzata per limmobilizzazione deve avere propriet chimico-fisiche ben precise: compatibilit fisica e chimica con il rifiuto da immobilizzare, insolubilit in acqua e impermeabilit all'acqua (resistenza alla lisciviazione), resistenza meccanica, resistenza agli agenti esterni, resistenza agli sbalzi termici, resistenza alle radiazioni, stabilit nel tempo.

I rifiuti a media e bassa attivit sono di solito condizionati tramite lutilizzo di cemento: si ha la cosiddetta cementazione. Quelli ad alta attivit sono immobilizzati in una matrice di vetro borosilicato, ossia sottoposti a vetrificazione (ad esempio il combustibile esausto subisce questo trattamento). La fase di stoccaggio temporaneo permette di mantenere in sicurezza, per alcune decine di anni, i rifiuti condizionati; scopo di questa fase ottenere: che si verifichi un congruo abbattimento dell'emissione di calore, per effetto del

progressivo decadimento dei radionuclidi a breve-media vita (caso tipico: combustibile irraggiato, rifiuti ad alta attivit vetrificati),

che sia realizzato il sito nazionale centralizzato per lo smaltimento definitivo (caso tipico: rifiuti a bassa e media attivit cementati),

che sia possibile adottare nuove strategie di gestione resesi disponibili. Infine lo smaltimento definitivo si caratterizza per i seguenti obiettivi: collocazione definitiva, in apposita struttura, dei rifiuti radioattivi condizionati, con l'intenzione di non recuperarli (anche se si sta diffondendo lidea del possibile recupero dei rifiuti per destinarli a sedi pi idonee), protezione dell'uomo e dell'ambiente fino a quando la radioattivit residua, per effetto del decadimento, non raggiunge valori paragonabili a quelli naturali, la dose annua alla popolazione non deve superare una frazione del valore di dose massima annua per le persone del pubblico definita dalla vigente normativa. Nella tab. 6 sono riportate le modalit di smaltimento definitivo per i rifiuti in base alla classificazione secondo la Guida Tecnica n 26 dellANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale).

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Categoria Definizione Tipologia Modalit di

smaltimento definitivo

1a Rifiuti la cui radioattivit decade in tempi dell'ordine di mesi o al massimo di qualche anno

Rifiuti da impieghi medici o di ricerca, con tempi di dimezzamento pari ad alcuni mesi

Come i rifiuti convenzionali, a decadimento avvenuto (DPR 915/82)

2a Rifiuti che decadono in tempi dell'ordine delle centinaia di anni, o che contengono radionuclidi a lunghissima vita media, purch in concentrazione di tale ordine

Rifiuti da reattori di ricerca e di potenza Rifiuti da centri di ricerca Alcune parti e componenti di impianto derivanti da decontaminazione e smantellamento di impianti nucleari

Entro strutture ingegneristiche in superficie o a bassa profondit

3a Rifiuti che decadono in tempi dell'ordine delle migliaia di anni, o che non soddisfano ai limiti analitici fissati per le categorie inferiori

Rifiuti vetrificati e cementati prodotti dal riprocessamento del combustibile nucleare; combustibile nucleare irraggiato non riprocessato; rifiuti contenenti plutonio da attivit di ricerca

In formazioni geologiche a grande profondit.

Tab. 6. Smaltimento definitivo dei rifiuti in base alla classe di appartenenza. Depositi di scorie nel mondo Nel mondo la gestione dei rifiuti radioattivi viene effettuata in maniera diversa da paese a paese. Verranno descritte le tecnologie utilizzate in base al tipo di rifiuto presente. I rifiuti di 1a e 2a categoria, o a bassa radioattivit, devono essere conservati solo per qualche secolo; ne consegue che, dopo un opportuno condizionamento, barriere artificiali adeguatamente progettate possono garantire lisolamento dalla biosfera. Rifiuti di questo tipo, che rappresentano circa il 95% della produzione totale, sono perci stoccati, nella maggior parte dei casi, in manufatti realizzati in calcestruzzo e di tipo superficiale. Le barriere che vengono utilizzate per queste strutture sono di solito: la matrice di condizionamento, leventuale materiale di riempimento (backfilling), le strutture di calcestruzzo delle unit di deposito, sistemi di raccolta e drenaggio delle acque, le difese naturali del sito.

I depositi superficiali (con strutture semplificate, DESS, o ingegneristiche complesse, DESI) sono stati realizzati in Francia, Spagna, Svezia, Giappone, Regno Unito, USA e sono oggetto di studio in Svizzera, in Cina e in alcuni paesi dell Est

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Europa, dellAmerica Centrale, dellAfrica e dellAsia; nei paesi scandinavi si fa ricorso anche a cavit sotterranee artificiali (deposito in cavit sotterranee, DEC), mentre in Germania si ipotizzato luso di miniere (DEC). Laddove sia stato messo in preventivo di realizzare un sito per rifiuti di 3a categoria, si pensa, per i rifiuti a bassa radioattivit, anche allutilizzo di depositi geologici (DEG), adatti per radioattivit anche molto elevate. Da unindagine del 1998 della IAEA, la distribuzione dei vari tipi di deposito per rifiuti di 1a e 2a categoria risulta essere la seguente: il 20% sono depositi superficiali con barriere semplici, il 70% sono depositi con barriere multiple realizzati in superficie, il 7% sono depositi in cavit sotterranee, il 3% sono depositi in formazioni geologiche profonde.

Per quanto riguarda i rifiuti di 3a categoria, o ad alta radioattivit, sono necessari depositi in grado di garantire stabilit e resistenza, s da impedire fuoriuscita di radiazioni nella biosfera, per decine di migliaia di anni. evidente che barriere artificiali, anche se progettate ad hoc e di notevole complessit, non possano rispettare questi standard; si pensa perci a formazioni geologiche stabili profonde centinaia o migliaia di metri. Questo tipo di strutture sono ancora in fase di studio o al massimo in via di sperimentazione pilota; i primi ad occuparsi della questione sono stati i paesi scandinavi: la Svezia, ad esempio, ha un deposito geologico sottomarino e uno sulla terra ferma. Negli Stati Uniti, dopo diversi anni di studio, stato realizzato il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant), primo deposito geologico al mondo, ma non destinato a rifiuti ad alta radioattivit in quanto il sale utilizzato non sembra garantire la massima sicurezza. Dubbi restano anche sullo Yucca Mountain, deposito scelto dopo quasi 20 anni di studi; la sua collocazione ideale (nel bel mezzo del deserto), ma sulla resistenza nel tempo non si hanno ancora certezze. Infine anche la miniera di sale di Gorbelen, in Germania, non sembra dare garanzie sufficienti per ospitare rifiuti di 3a categoria (il sale non assorbe abbastanza le radiazioni ionizzanti). Il concetto di deposito geologico al centro di discussioni di carattere tecnico e sociale; le discussioni tecniche sono focalizzate principalmente su due aspetti: la ricuperabilit dei rifiuti in un periodo transitorio definito (ad esempio qualche

secolo), le barriere artificiali da concepire e mettere in opera per gestire il periodo

transitorio. Sicuramente il problema pi grosso da risolvere resta quello del consenso popolare alla realizzazione (o meglio alla scelta) di un deposito localizzato in una ben precisa zona. Ecco perch sembra prendere piede lipotesi di realizzare una struttura artificiale, altamente ingegneristica, in attesa che maturino le condizioni per realizzare un sito geologico. Inoltre, soprattutto negli ambienti della IAEA, la convinzione pi diffusa quella di avere un unico deposito internazionale, posto in una delle aree pi remote del pianeta, avente condizioni di massima sicurezza e minimo impatto ambientale. In questa direzione il progetto PANGEA aveva indicato alcune zone dellAustralia, del Sud America e dellAsia, anche perch una scelta di questo tipo potrebbe essere quella pi sicura in unottica planetaria.

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Uno sguardo al futuro In futuro dunque occorrer migliorare le modalit di stoccaggio dei rifiuti, allo scopo di trovare una reale destinazione che possa dare le necessarie garanzie di sicurezza; gli studi in proposito continuano, e non da escludere che una soluzione venga trovata. La stessa Comunit Europea ha recentemente previsto lentrata in vigore di norme che obbligano i paesi membri, entro il 2006, a mettersi in regola, realizzando un opportuno piano per la gestione dei rifiuti radioattivi. In particolare da Bruxelles, per i rifiuti di terza categoria, viene indicata come via da seguire quella della realizzazione di impianti di stoccaggio geologici in profondit, che potranno essere localizzati in un paese UE o extra-UE, ma che dovr essere consenziente. In Italia invece bisogner risolvere un problema impellente, e cio lo smantellamento delle centrali dimesse; parallelamente, per, anche nella nostra nazione bisogner trovare un luogo idoneo allo stoccaggio delle scorie radioattive, con uno studio attento per capire quale possa essere una soluzione ottimale. Se vero che non vi sono pi centrali attive, allo stesso modo vero che i rifiuti radioattivi sono prodotti anche in ambito industriale e medico.

FONTI E RIFERIMENTI

[1]: http://www.paciolo.com/ambiente/nucleare/nucleare.htm [2]: http://www.nei.org/ [3]: http://www-news.uchicago.edu/fermi/Group17/efermi_website/concetti/enucl.htm [4]: http://www.iea.org/ [5]: http://www.ecolo.org/documents/documents_in_italian/it.energia_nucleare.htm [6]: http://www.eia.doe.gov/fuelnuclear.html [7]: http://www.nuc.berkeley.edu/ [8]: http://www.enea.it/ [9]: http://www.sinanet.anpa.it/ [10]: http://www.ambientediritto.it/Legislazione/nucleare/nucleare.htm [11]: http://www.externe.info/ [12]: energialab (ingg. Sce, Andretta, Puglioli)

http://www.energialab.ithttp://www.paciolo.com/ambiente/nucleare/nucleare.htmhttp://www.nei.org/http://www-news.uchicago.edu/fermi/Group17/efermi_website/concetti/enucl.htmhttp://www.iea.org/http://www.ecolo.org/documents/documents_in_italian/it.energia_nucleare.htmhttp://www.eia.doe.gov/fuelnuclear.htmlhttp://www.nuc.berkeley.edu/http://www.enea.it/http://www.sinanet.anpa.it/http://www.ambientediritto.it/Legislazione/nucleare/nucleare.htmhttp://www.externe.info/