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Elisa Palazzo

IL PAESAGGIO NEL PROGETTO URBANISTICO

Università degli Studi di FirenzeFacoltà di Architettura - Dipartimento di Urbanistica e Pianifi cazione del Territorio

Dottorato di Ricerca in Progettazione Urbana, Territoriale ed Ambientale – XVIII Ciclo

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EDA e-bookprogetto editoriale a cura di Olimpia Niglio e Pietro Artale

Direttore Scientifi coOlimpia Niglio

Direttore ResponsabileLuca Parisato

Responsabile di RedazioneAnna Pietropolli

Comitato Scientifi coRichard HordenRubén Hernandez MolinaAlberto ParducciPiero PiccardiSergio Russo ErmolliEnzo SivieroFederica Visconti

Redattori dalle UniversitàGiuseppe De GiovanniMarzia MarandolaBruno PeluccaAlessio PipinatoChiara VisentinMarco Zerbinatti

Sito web www.esempidiarchitettura.itPietro ArtaleEnrico Bono

Casa editrice il Pratovia Lombardia 41, 35020 Saonara (PD)

Aprile 2010

Copyright EdA, Esempi di ArchitetturaISSN 2035-7982

AutoreElisa Palazzo

TitoloIl paesaggio nel progetto urbanistico

Progetto grafi co e impaginazione a cura dell’autore

In copertinaProgetto per Lyon Confl uence - Schizzo di Michel Desvigne

Questo lavoro costituisce un estratto delle ricerche sviluppate per la redazione della mia tesi di Dottorato di Ricerca in Progettazione urbana territoriale ed ambientale tra il 2003 ed il 2006 e delle lezioni del corso di Gestione Urbana tenute tra il 2007 e il 2009 presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Un ringrazia-mento per l’aiuto, il supporto e l’incoraggiamento va al Prof. Gian Franco Di Pietro, a Bruno Pelucca e a tutti quanti hanno discusso con me il tema di studio.

Università degli Studi di FirenzeFacoltà di Architettura - Dipartimento di Urbanistica e Pianifi cazione del Territorio

Dottorato di Ricerca in Progettazione Urbana, Territoriale ed Ambientale – XVIII Ciclo

Elisa Palazzo

IL PAESAGGIO NEL PROGETTO URBANISTICO

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INDICE

Introduzione

PARTE IIl progetto urbanistico tra città e paesaggio

I.1 Il gioco del rovescio

I.2 La città dentro il paesaggioLa progressiva apertura della città verso lo spazio aperto del paesaggio ruraleI grandi piani dell’800 impostati sul concetto di verdeL’utopia borghese delle città giardinoF. L. Olmstead e i Park System americani

I.3 Il paesaggio come valore d’uso della cittàI grandi riferimenti dell’urbanistica moderna ed il ruolo del paesaggio nella costruzione dei modelli urbaniLa città funzionalista ed il valore d’uso del paesaggioLe realizzazioni del razionalismo

I.4 Il paesaggio dentro la cittàI progetti e le realizzazioni a partire dalla critica all’urbanistica funzionalistaLo spazio aperto verde come connettivo delle strutture insediative e fondamento della rifl essione progettuale

PARTE IIIl concetto di paesaggio come aspetto strutturale del progetto urbanistico: matrici culturali e teoriche

II.1 La progettazione site specifi c come presupposto della ricerca

Vittorio Gregotti: La forma del territorio Kevin Lynch: The sensed landscape Ian L. McHarg: Design with natureRobert Smithson: A sedimentation of the mind

II.2 Le teorie del progetto in tre esperienze di ricerca

Progetto implicito o il paesaggio come metodoProjet Urbain e MouvanceLa dimensione temporale del territorio

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pag. 113pag. 116pag. 118

PARTE III Contributi per la defi nizione di una strategia del progetto urbanistico

III.1 Il paesaggio come metodoSite specifi c planning. Sensibilità topologica e razionalità topografi caLa Mouvance. La dimensione temporale del territorioArtialisation. Percezione, signifi cati, pratiche, abitantiSistema ambientale e urban design

III.2 La verifi ca della teoria nelle operazioni concrete del progetto:

La selezione dei progetti e il metodo di letturaIndice tematico dei progettiProgetti e sperimentazioni

III.3 Un approfondimento: il progetto per Lyon Confl uenceIl contesto ambientale e urbanoLe strategie del progettoIl progetto urbanoUn bilancio critico

III.4 Limiti e sviluppi della ricerca

PARTE IVI materiali della ricerca

IV.1 Bibliografi a IV.2 Fonti iconografi cheIV.3 Siti web

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Introduzione

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“Negli ultimi tempi ho meditato seriamente sui problemi del paesaggio e dell’architettura, ho tentato anche qualche esperimento, e ora vedo dove sbocca la via che percorro e quanto me ne rimane da compiere.”J. W. Goethe1

RAGIONI ED OBIETTIVI DELLA RICERCAIl problema maggiore con cui sembra debba confrontarsi la nostra società in termini di pianifi cazione del territorio è costituito dalla crisi profonda del concetto di distinzione tra città e campagna. Sebbene il processo di diluizione delle forme urbane nel paesaggio rurale abbia origini lontane nel tempo,2 la nostra cultura è ancora marcata profondamente da questa coppia di categorie rappresentate dal mondo urbano e dal mondo rurale. La realtà fi sica delle nostre città, però, non coincide più completamente con questo modello “premoderno”. L’espansione del costruito e del tessuto urbano nei territori agricoli e rurali ha determinato un mosaico di spazi ibridi articolato secondo un alternarsi di pieni e di vuoti, di città e campagna, senza alcun nesso apparente. La complessità dei territori è costituita dalla sovrapposizione di strati diversi sedimentati nel tempo secondo una logica misteriosa di cancellazioni e di permanenze che uno sguardo superfi ciale non può non classifi care che come caotico e incoerente. Nella realtà della pratica, l’urbanistica è chiamata sempre più a confrontarsi con frammenti di città dentro la campagna e frammenti di campagna dentro la città senza avere a disposizione strumenti propri ed adatti alla loro comprensione e gestione. Bisogna rilevare, però, che questo discorso relativo alle nuove forme che la città sta assumendo in un inarrestabile processo di diluizione nel paesaggio è legato intimamente a questioni più generali di ordine ecologico. La progressiva sopraffazione dei caratteri ambientali del territorio da parte degli insediamenti costruiti e delle reti, iniziato per altro con la città industriale del XVIII secolo, ha raggiunto negli ultimi anni un altissimo grado di irreversibilità. Ciò rende urgente ed imprescindibile una maggior consapevolezza delle nostre responsabilità nei confronti dell’ambiente naturale e degli habitat e la necessità di analizzare in profondità il rapporto tra progettazione dell’ambiente naturale e progettazione degli insediamenti.In questo senso negli ultimi anni è riconoscibile un progressivo aumento dell’interesse intorno a tematiche e discipline che si trovano ad operare a cavallo tra città e paesaggio. Specialmente nell’ambito della tradizione progressista si è sviluppata una sensibilità per il ruolo positivo che gli spazi pubblici naturali, i parchi, i giardini, il verde in città, le aree agricole, gli orti metropolitani hanno nel riequilibrare l’estrema artifi cialità della vita urbana rispondendo a logiche salutistiche e ricreative ma anche come luoghi di pratiche e di mobilità alternative e riserva di naturalità. Questa tendenza è riconoscibile a partire dagli ultimi 10-15 anni specialmente in alcuni paesi europei come la Francia e la Germania in cui molte politiche urbane si sono andate gradualmente spostando sul discorso ambientale.In questo contesto di strumentazione urbanistica si stanno moltiplicando i casi di progettazione urbana in stretto rapporto con il contesto ambientale e paesaggistico sia che si tratti della proposta di nuovi insediamenti, sia che si tratti di riqualifi cazione e rivalorizzazione di luoghi esistenti. Si delinea quindi la necessità di individuare quali possano essere effettivamente i contributi che questa direzione offre agli strumenti operativi del progetto urbanistico, attraverso quali presupposti teorici e culturali, quali siano le direzioni che questa attitudine ha intrapreso fi no ad oggi nel panorama europeo e con quali modalità questo avvenga.In particolare si propone di indagare le potenzialità di metodi operativi in grado di ritenere la complessità e lo spessore dei luoghi e dei materiali dei nuovi territori suburbani in alternativa alla logica dei programmi e dei progetti esogeni.La ricerca indaga, in defi nitiva, intorno alla possibilità di ripensare la disciplina del progetto urbanistico a partire dal concetto di paesaggio come aspetto strutturale della città e alla verifi ca dei possibili apporti delle discipline ad esso afferenti in termini metodologici e operativi.

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I presupposti della ricerca I presupposti della ricerca si sviluppano a partire dall’osservazione del “paesaggio di mezzo” che caratterizza l’ambiente suburbano della città contemporanea. È evidente come la progressiva dilatazione della città sia strettamente correlato alla sparizione del paesaggio rurale. L’abbandono delle strutture economiche tradizionali, che modellavano e conformavano il paesaggio “antropogeografi co”3, per un agricoltura di mercato ha messo in crisi prima di tutto il sistema morfologico delle aree rurali, la loro conformazione fi sica, il loro essere “paesaggio”. La perdita delle tecniche tradizionali e la trasformazione degli strumenti ha fatto si che l’agricoltura corrente perdesse la capacità di radicarsi sulla geografi a dei luoghi rendendola intelligibile4. La stessa cosa si può dire per quanto riguarda le reti dei trasporti, appoggiate indifferentemente sul territorio grazie a strumentazioni e tecniche che consentono il superamento, attraverso la cancellazione, di qualsiasi ostacolo orografi co. Il risultato di questi processi è stato quello dell’impoverimento, dell’indifferenziazione e della banalizzazione del mondo rurale, la perdita di biodiversità. L’abbandono e la marginalizzazione dei terreni da una parte, la loro “riscrittura” secondo tecniche moderne dall’altra hanno operato un cambiamento radicale nella struttura fi sica del mondo agricolo rendendo più sensibili i terreni alle forze di espansione immobiliare della città. Questo processo circolare che si propaga secondo un processo “a macchia d’olio” ha determinato quello che oggi noi defi niamo “paesaggio della dispersione insediativa” e che caratterizza più o meno tutti gli insediamenti abitati. Più volte è stato fatto il tentativo di defi nirlo con nuove terminologie ma l’esercizio di riempire il vuoto lessicale “nominando” non ne cambia la sostanza né arresta i fenomeni, né tanto meno ha contribuito a chiarire le ragioni della sua essenza.5 Tra tutte le defi nizioni quella che ci sembra più precisa nel rivelare la complessità e profondità dei fenomeni e delle forme della città è quella di ipercittà di Andrè Corboz per la sua capacità di comprendere insieme, senza escluderne nessuno, tutti i materiali che costituiscono l’essenza territoriale: reti infrastrutturali, centralità più o meno storiche, tracce di usi ed insediamenti desueti, pezzi di tessuti agricoli, strutture ambientali, …, tutti leggibili con modalità diverse, interconnesse e trasversali, come in un gigantesco ipertesto.6 In realtà è dall’ecologia di paesaggio che ci proviene la prima chiave per una comprensione dei fenomeni della

fi gura 1“after sprawl” - Spazio aperto nel territorio densamente costruito tra Antwerp, Ghent, Brussels, Louvain.Geyter architects - 2002

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città diffusa ed una loro parziale “riabilitazione”. Michel Corajoud sostiene, in questo senso che nell’esperienza del progettista di paesaggio lo spazio della città, qualsiasi sia la sua conformazione, è da considerarsi come un vero e proprio “ecosistema” in cui tutti gli elementi, naturali o artifi ciali, tessono tra loro una molteplicità di scambi e mutue relazioni.7

Questioni disciplinariVari autori hanno sottolineato come la strumentazione urbanistica si sia dimostrata inadeguata a governare, strutturare e prevedere le forme della città suburbana. In particolare è stata messa in risalto l’obsolescenza tematica e concettuale dell’urbanistica del XX secolo nei confronti della dissoluzione delle forme della città.8 Difatti l’urbanistica tradizionale si è prevalentemente occupata di disporre e defi nire gli oggetti architettonici determinandone quantità e funzioni piuttosto che organizzarli e relazionarli tra loro, partendo dal presupposto del primato dell’habitat umano sull’ambiente naturale. Inoltre, storicamente, l’urbanistica ha affi nato e applicato i suoi strumenti su contesti urbani come quelli dei centri storici e delle periferie consolidate mentre manca completamente di esperienza, modelli, riferimenti per quanto riguarda la città della dispersione insediativa dove le forze di mercato, senza regole e programmi prestabiliti, ed una molteplicità di “microrazionalità” determinano gli assetti morfologici del territorio.Ma allora quali sono i principi dobbiamo adottare per la trasformazione questi spazi senza un modello di riferimento? Come affrontare i meccanismi della grande scala se gli strumenti concettuali risultano operativi solo alle scale ridotte? 9

Queste domande spingono ad ampliare il campo della ricerca oltre i tradizionali confi ni disciplinari e a rivolgere lo sguardo a quelle pratiche in grado di confrontarsi con la scala, le forme e la dispersione dei nuovi territori, le problematiche ambientali e le preoccupazioni ecologiche.

La rifondamentazione del processo progettualeL’accelerazione nelle modifi cazioni dell’ambiente urbano e rurale a tutte le scale esige la defi nizione di metodologie e strumentazioni progettuali effi caci sulle nuove forme di città a partire da nuovi presupposti. Scomparsa l’opposizione tra città e campagna la “rappresentazione mentale tradizionale della città” non ha più corso, perché impedisce di “ideare i mezzi necessari a guidare il divenire”10. E necessario quindi cambiare alcuni dei nostri presupposti, operare uno slittamento del nostro sguardo sui territori del paesaggio urbano contemporaneo per rintracciare nuove modalità nel fare e nell’operare.La ricerca tenta di indicare qualche direzione percorribile individuando, innanzi tutto, tre questioni fondamentali:il superamento di una certa banalizzazione del dibattito sul paesaggio e sulla città diffusa a partire dal riconoscimento di una loro dimensione fi sica; la necessità di ricentrare il discorso intorno alle specifi cità disciplinari del progetto urbanistico e alle sue competenze su forma e rifl essione sperimentale; il ricorso all’ambito operativo delle discipline paesaggistiche.

1 - la progettazione in un’ottica “site specifi c”11

Le analisi dei materiali costituenti la città portano inevitabilmente a riconoscere l’unicità di ogni situazione urbana contingente e la specifi cità di ogni territorio.12 La successione storica di orografi a, reti idrografi che, macrosistemi ambientali, reti infrastrutturali,

parcellizzazione fondiarie ed agricole, morfologia del costruito e della vegetazione, ha costituito una sedimentazione progressiva di materiali che si sono stratifi cati secondo logiche temporali lentissime, sconosciute all’accelerazione dei fenomeni della contemporaneità. Ogni strato si è costituito in successione secondo ragioni sempre diverse da cui si può dedurre che non esiste una città uguale all’altra così come non esiste un territorio uguale ad un altro. Rinnovare lo sguardo sulla città signifi ca, allora, rifi utare l’apologia alla città “generica”13 e sbarazzarci di quell’habitus di osservazioni superfi ciali secondo cui la città contemporanea non sia comprensibile se non come caos, omogeneizzazione, aleatorietà.I problemi urbani che si pongono a noi oggi sono, ovviamente, imprescindibili da questa situazione contingente. È compito del progetto saper riconoscere tale specifi cità ed adeguare i suoi modi operativi alla complessità dello spazio contemporaneo rinunciando a formulare modelli formali dati a priori. Tale rifl essione suggerisce la possibilità di processi di riorganizzazione in alternativa al controllo esogeno della pianifi cazione tradizionale cioè costruiti a partire dalle conformazioni, esigenze e specifi cità dei luoghi. In tal senso si muove anche il pensiero ambientale ed ecologico che riconosce nel tema della sostenibilità la principale ragione per ridurre le risorse impegnate nelle grandi operazioni di trasformazione urbana. La necessità di una legittimazione delle questioni poste dalla ricerca richiede di porre degli interrogativi esatti, specifi ci, pertinenti alle questioni enunciate.14 Riordinare, restituire senso e fruibilità agli spazi della città diffusa implica un atto di osservazione ravvicinata ed in profondità che renda intelleggibile le sedimentazioni suburbane e che costituisca la base di partenza per l’elaborazione di strategie puntuali e limitate.15

In questo discorso si inserisce il problema delle tecniche che consentono la lettura delle peculiarità di un territorio. Il disegno, le tecniche di rappresentazione e tutti quegli strumenti che consentono l’analisi dei luoghi hanno un ruolo centrale per ri-pensare la città contemporanea, che altrimenti sfugge a qualsiasi metro di comprensione, e “pour poser des questions au territoire”.16

2 – Progetto urbanistico e specifi cità disciplinare L’incapacità di comprendere appieno la città contemporanea e di riconoscere un orizzonte di senso ai materiali che la compongono sembra aver eliminato ogni giustifi cazione se non ogni necessità di un suo progetto.17 Il discorso che deve essere portato avanti, quindi, non riguarda solo gli aspetti interpretativi e conoscitivi, l’analisi e la lettura dei territori suburbani. È necessaria, in realtà, la defi nizione di una pratica sperimentale che applichi tecniche e strumenti in grado di “vedere” la sostanza dei luoghi e che contempli la possibilità reale di una rivalorizzazione dello spazio attraverso azioni concrete oltre che mentali. In questa pratica si possono riconoscere le caratteristiche del progetto urbanistico intesa come disciplina di “mezzo” che colma il vuoto tra pianifi cazione e progetto edilizio.Il progetto è terreno comune a molte discipline ma è proprio delle discipline dell’architettura di dare ad esso un esito spaziale oltre che linguistico.18 Quindi la specifi cità disciplinare del progetto urbanistico è rintracciabile nella pertinenza ad operare sullo spazio della città, nella “cura della forma”. In particolare si vuole qui usare il termine “progetto urbanistico” nel senso di “projet urbain” alla francese cioè come strumento capace di articolare alle diverse scale e in tempi diversi sia gli aspetti spaziali, fi gurativi e formali che quelli sociali dell’intervento urbanistico mediante un “asse morfologico” e un “asse del processo”, il primo riferito all’organizzazione dello spazio,

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il secondo alla capacità di trasformazione lungo il tempo.19 In questo senso è allora possibile parlare, soprattutto nell’ambito della tradizione francese, di una “cultura del progetto urbano” in cui emergono chiaramente alcuni aspetti: l’attenzione al contesto e alla storia dei luoghi, la considerazione della componente temporale nel processo di costruzione della città, la convinzione nella proposta di una mixitè degli usi con particolare attenzione alla complessità sociale, tipologica e paesaggistica. Nella specifi cità disciplinare del progetto urbanistico risiedono capacità e attitudini che derivano dalla lunga tradizione accumulata di lavoro sullo spazio pubblico: le strade, le infrastrutture, i parchi e giardini e più in generale tutti gli spazi aperti e destinati alla collettività. Parte di questo bagaglio acquisito di esperienze, tecniche e progetti è comune con altre discipline che si sono occupate della gestione e della conformazione degli spazi aperti e dei contesti naturali e rurali, nello specifi co le scienze ambientali, la topografi a, la geografi a, l’architettura di paesaggio.

3 – L’alternativa del paesaggio20

È interessante notare come per affrontare le problematiche di un territorio sospeso fra città e campagna le idee più profi cue provengano proprio da campi disciplinari sul confi ne tra architettura e paesaggio, come se la complessità morfologica debba rifl ettersi in un pensiero complesso e analogico. L’architettura di paesaggio sembra apportare un terreno più fertile anche per quella sua specifi cità disciplinari che trova nell’intenzionalità estetica e nella cura della forma urbana un terreno comune con la progettazione urbanistica.Secondo Sebastien Marot21 la forza dei paesaggisti risiede nella loro capacità di coltivare una cultura comune a città e campagna che li porta a “riscoprire la città come una sedimentazione di interpretazioni successive, come un sito, e dall’altra parte a considerare la campagna come prodotta e conservata storicamente, come un artefatto”22. Più in generale l’effi cacia delle discipline del paesaggio nell’affrontare i temi della “rurbanizzazione”23 è individuata in alcune tematiche specifi che che si possono così brevemente riassumere:- l’abitudine/familiarità a lavorare con il materiale “vivo” della vegetazione, a lavorare con le dinamiche temporali diverse, a comprendere i processi naturali e ad includere programmaticamente nel progetto il margine di imprevedibilità che questo comporta; - la capacità di attraversare tutte le scale e di saper mettere in relazione il territorio con la costruzione fi sica dello spazio urbano; il passaggio dal dettaglio costruttivo alla scala ambientale consente di legittimare e radicare il progetto architettonico ed urbanistico nel substrato territoriale, di riconsiderare la possibilità di operare concretamente/fi sicamente alla grande scala geografi ca; il progetto è accompagnato dalla fase di pianifi cazione e programmazione astratta fi no agli esiti della realizzazione con lo scopo della costruzione fi sica dello spazio;- il progetto di paesaggio come progetto di spazio pubblico dove la fruibilità costituisce la preoccupazione primaria; il lavoro sullo spazio vuoto, aperto e gli spazi interstiziali operando attraverso il “progetto di suolo”24 e l’architettura di altezza “zero”; - la capacità di un intervento endogeno attraverso il radicamento del progetto a partire dai materiali presenti sul sito25, il recupero degli elementi della memoria e la lettura ed integrazioni delle permanenze degli antichi usi del territorio;- la capacità di lavorare in sinergia con le altre discipline urbane relativi a mobilità, architettura, progettazione urbana, arte urbana;- la capacità di rielaborare tutti questi elementi in una prospettiva creativa e con una visione estetica molto prossima a quella degli architetti contestualisti ed ai progettisti urbani.

METODO E STRUTTURA DELLA RICERCALa ricerca riveste un carattere principalmente operativo e si muove a partire da quei casi in cui il contesto ambientale e paesaggistico assume un valore strutturale nel progetto delle trasformazioni urbane. L’obbiettivo principale è delineare quali siano i possibili contributi che questa direzione offre alla strumentazione operativa, attraverso quali presupposti teorici e culturali, quali siano le direzioni percorribili e con quali modalità. La ricerca è strutturata secondo tre grandi capitoli.

1 - il gioco del rovescio26 Il primo capitolo ricostruisce la storia e l’evoluzione del progetto urbanistico che si muove tra città e paesaggio. La rilettura dell’urbanistica moderna europea è orientata operando un rovesciamento di prospettiva e cioè rivolgendo l’attenzione ai vuoti piuttosto che ai pieni, agli spazi aperti ed al paesaggio piuttosto che a quelli costruiti, alle relazioni tra le parti piuttosto che agli oggetti.27 La rifl essione si sviluppa da un punto di vista alternativo e complementare a quello usuale cercando di riconoscere nella storia dello sviluppo degli insediamenti un fi lo conduttore comune che li mette in relazione con il paesaggio e l’ambiente.La relazione tra città e paesaggio, tra aree edifi cate e campagna è un tema centrale nel discorso urbanistico almeno a partire dalla prima metà del ‘700. In questo senso l’evoluzione del “verde” come materiale urbano e della progressiva concettualizzazione dell’idea di paesaggio può essere studiata ripercorrendo i grandi riferimenti dell’urbanistica, i piani, le teorizzazioni degli ultimi 200 anni.Il capitolo è suddiviso in tre parti che corrispondono a tre diversi stadi di sviluppo della città nel territorio circostante: la città dentro il paesaggio cioè la progressiva apertura della città oltre i suoi limiti storici e verso lo spazio aperto rurale; l’acquisizione del concetto di paesaggio come valore d’uso della città ed il suo ruolo nella costruzione dei modelli urbani moderni; il paesaggio dentro la città cioè il percorso che sta gradualmente portando ad un’idea di spazio aperto come connettivo delle strutture insediative.

2 – matrici culturali e teoricheIl secondo capitolo indaga sulle matrici culturali e teoriche del concetto di paesaggio come aspetto strutturale e formale del progetto urbanistico. Nella prima parte del capitolo sono messi in luce quei fi loni di ricerca che, sino dalla fi ne degli anni ’60, hanno individuato nel paesaggio e nel territorio un campo di approfondimento da abbordare con gli strumenti della progettazione. Si tratta di quattro direzioni afferenti a discipline diverse e, all’epoca, forse anche in contrapposizione: architettura, ecological planning, Land Art, Site Planning ma che hanno saputo vedere nella conformazione dei luoghi il principale spunto su cui fondare le scelte di progetto.Nella seconda parte del capitolo sono approfonditi gli apporti teorici che in qualche modo hanno colto quei presupposti e li hanno sviluppati con modalità e direzioni originali secondo un’idea concreta di progetto attraverso la ricerca in campo didattico. Si tratta di tre ambiti accademici in Europa che almeno dall’inizio degli anni ’80 hanno individuato nel paesaggio una possibile risorsa e fonte di materiali nuovi per la progettazione urbana.

3 – il riscontro della teoria nelle operazioni concrete del progettoIl terzo capitolo della ricerca, a partire dall’analisi di una serie di progetti recenti, tenta

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un’estrapolazione di dispositivi e principi operativi ad uso del progetto urbanistico.Sono innanzi tutto individuate alcune linee progettuali ricche di implicazioni operative che riassumono gli itinerari sperimentali e i principali assunti teorici dei progetti di trasformazione che si muovono tra città e paesaggio.La ricerca si propone quindi di operare una verifi ca dei principi teorici nelle occasioni concrete del progetto. Questo signifi ca andare ad analizzare come e se questi siano stati applicati e resi operativi, con quali esiti e modalità, attraverso quali dispositivi operativi e formali.In questo senso la lettura di alcuni progetti recenti ha l’obbiettivo di costituire un bagaglio o una “cassetta degli attrezzi” ideale e a cui poter attingere, costituita da un campione signifi cativo di “case studies”. Non si tratta, quindi, di realizzare un repertorio sistematico di progetti recenti quanto di operare una lettura critica e selettiva dei contributi alla defi nizione di nuove modalità e strategie nell’ambito del progetto dell’ambiente urbano. Assumendo come elemento costitutivo l’esistenza di una pluralità di percorsi possibili attraverso una molteplicità di materiali e prodotti la ricerca suggerisce di procedere per comparazione, ricavare spunti, indicare alcune ulteriori direzioni di indagine per prefi gurare possibili temi di un’applicazione progettuale a cavallo tra città e campagna.

NOTE1 J. W. GOETHE, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano, p.4302 Leonardo Benevolo situa simbolicamente la nascita della nozione di spazio aperto contemporaneo al 1756, anno della nascita di Mozart, in corrispondenza all’elaborazione della teoria dell’abbandono della regolarità geometrica applicato da Browns e Chambers alla progettazione dei giardini negli stessi anni. Da questo presupposto si svilupperanno l’esperienza paesistica di Olmstead, il superamento dei confi ni percettivi del campo visivo su cui si fonda la sensibilità moderna, la capacità di pensare spazi astratti da riferimenti antropomorfi ci. La città contemporanea si svilupperà in base a questa civiltà fi gurativa nuova. Cfr. BENEVOLO LEONARDO (1991), La cattura dell’infi nito, Laterza, Bari, p. 73.3 Usando l’accezione di: “ambiente modifi cato dall’opera o dalla presenza dell’uomo”, Sestini (1947), Il paesaggio antropogeografi co come forma di equilibrio, «Bollettino della società geografi ca Italiana», gennaio-febbraio 1947.4 MAROT SEBASTIEN (1995), «L’alternative du paysage», Le Visiteur 1 – ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p. 545 Per i vari neologismi coniati per defi nire la forma della città contemporanea si veda CORBOZ ANDRÉ (2000), «La Suisse comme hiperville», Le Visiteur 6 – ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p.125, in cui vengono identifi cati: conurbation, méga lopole, galaxie urbaine, post-urbain, la città diffusa, la ville extensive, méta-polis, suburbanisme, corapole, Zwischenstadt, la décentralisation concentrée.6 Ibidem: «Dans le vide lexical qui caractérise aujourd’hui les établissements humains de très grandes dimensions en Occident, le termes d’hyperville aurait l’avantage de ne pas préjuger de la densité (contrairement à « ville extensive » ou « ville diffuse ») et de ne, pas s’opposer aux villes « historiques », puisque celles-ci sont elles-mêmes des constituants de l’hyperville. Certes, il s’agit d’une métaphore, et l’analogie ne peut être poussée jusqu’à l’homologie, du moment qu’elle ne rend pas compte de toute la réalité : dans le territoire, les « textes » sont très souvent mêlés, superposés, partiellement effacés, ce qui n’est jamais le cas dans l’ordinateur.” 7 In: CORAJOUD MICHEL (2003), «Geometriè e tracès», in: Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Ed. de la Villette Paris, p. 25

8 Vedi, per esempio, GABELLINI PATRIZIA, Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma, 2004. Sulla crisi disciplinare, l’inadeguatezza tecnica del Piano, p. 39; sulla necessità di ricentrare il piano sugli aspetti fi sici della città, sulla rivalutazione delle discipline morfologiche, sulla considerazione dei vuoti anziché i pieni p.41. Si veda anche SECCHI BERNARDO (2000), Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari, p.169.9 MASBOUNGI ARIELLA (2004), “Il progetto urbano alla francese”, in: +città, urbanregeneration, Genova, pp.67-7210 ANDRÈ CORBOZ, Verso la città territorio, in: Ordine sparso, Milano Franco Angeli, 1998, p.214. Non si tratta qui, per Corboz, di rifi utare un modello morfologico a priori, la tipologia edilizia, la conformazione dello spazio urbano della città storica, quanto di operare un superamento delle categorie di pensiero legate alla percezione dello spazio.11 Il termine è stato utilizzato per la prima volta nell’ambito della Land Art. La nota 11 del testo di Sebastien Marot riporta la classifi cazione elaborata dal Land-artist Americano Robert Irwin per descrivere il rapporto di mutua interferenza/infl uenza tra un’opera ed il suo sito: site-dominant, site-adjusted, site-specifi c and site-generated. Le quattro classifi cazioni sono ordinate secondo la loro attitudine a recepire le qualità e le caratteristiche dei luoghi. Cfr. MAROT SEBASTIEN (1995), cit. p.79. Si vedano anche il capitolo di questa stessa ricerca dedicato al Land Artist Robert Smithson.12 CORAJOUD MICHEL (2004), «L’Horizon», Faces/5: “La crise actuelle de la ville est bien celle de sa périphérie. Certains défendent aujourd’hui l’idée que la modernité se caractériserait par le principe de l’accumulation simple: la « ville émergente »; ils pensent que le principe de l’articulation et la relation entre les choses est une notion désuète. Personnellement je pense le contraire. Ce qui disqualifi e la périphérie de la ville, c’est justement le manque de lien entre les choses.Beaucoup trop d’architectures aujourd’hui affi rment leurs qualités par le célibat, par le fait qu’elles s’expriment « seules ». Avec l’idée qu’elles doivent apparaître un jour dans une revue, au milieu d’une page bien claire, sans rien autour. La question de la connivence, de l’interrelation, la question du contexte n’est, semble-t-il, pas au centre des préoccupations de l’urbanisme.Dans l’étude du projet de la plaine St Denis, nous avons tenté l’inverse. Nous pensions réorganiser cette ancienne plaine industrielle à partir du réseau des espaces publics et du paysage: les rues, les plantations des rues, les places, les jardins, le réseau des eaux pluviales, etc. - seraient pensés en toute priorité pour créer suffi samment de liens et qu’ensuite les architectures privées s’expriment, dans le parcellaire, plus librement.”13 KOLHAAS REM (1995), “The generic city”, SMXXL, 010 Publisher, Rotterdam14 “D’una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda. L’enigma non v’è. Se una domanda può porsi, può anche avere una risposta.” Cfr. WITTGEINSTEIN LUDWIG (1995) Tractatus logico-philosophicus e quaderni 1914-1916, Einaudi, Torino, p.10815 Si esprime qui una posizione molto simile a quella sviluppata in ambito operativo da Cesare Macchi Cassia nel Corso di Progettazione urbanistica del Politecnico di Milano, seppure avulsa da qualsiasi considerazione di tipo ambientale e paesaggistico. Cfr. MACCHI CASSIA CESARE [a cura di] (1998), Il progetto del territorio urbano, Franco Angeli, Milano, p. 13.16 Dall’intervista ad Alain Leveillè realizzata a Ginevra a cura dell’autrice il 15 giugno 2005: “il disegno e la precisione descrittiva come ausilio per questionare il territorio, porre delle domande che riuniscano le condizioni per idee di modifi cazione. Migliore sarà la capacità di leggere la confi gurazione attuale, migliore sarà la sua descrizione e il rapporto di intelligenza che si instaurerà con le cose. La descrizione del territorio come strumento per intravedere delle piste, delle direzioni che indicano quali sia l’attitudine del territorio a ricevere il nuovo.”17 SECCHI BERNARDO (2001), “La città europea contemporanea e il suo progetto”, Atti del ciclo di convegni “Lezioni di storia urbana”, Ass. alla cultura del comune di Modena, Modena.18 GREGOTTI VITTORIO (1990), Cinque dialoghi necessari, Electa, Milano, p. 2919 La defi nizione di R. Tabouret (Tabouret R. (1989), Fondaments du projet urbain: processus et enjeux, École d’Architecture de Strasbourg, Strasburgo) è tratta da testo: SAINZ GUTIÉRREZ VICTORIANO (2005), Otro modo de concebir el urbanismo. La trayectoria del morfologismo en Italia y Francia, Universidad de Siviglia, Siviglia, p.3120 MAROT SEBASTIEN (1995), «L’alternative du paysage», cit.21 Sebastien Marot è fi losofo di formazione, direttore della rivista Le Visiteur dell’Associazione degli Architetti francesi e professore presso Lo IUAG di Ginevra. Si occupa di paesaggio e fi losofi a della città.22 MAROT SEBASTIEN (1995), «L’alternative du paysage», cit. p. 6523 “La Rurbanisation» résulte de déploiement et de la dissémination des villes, dans l’espace; en consé quence, est «rurbaine», selon une premiére défi nition approxìmatwe et provisoire, une zone rurali - proche de centres urbains et subissant l’apport ré sidentiel d’une population nouvelle, caractérisée cependant par la subsistance d’un espace non urbanisé très largement dominant. C’est en ce la surtout que son organisation spatiale distingue de celle de n’importe quelle banlieue traditionelle. L’interpénétration de l’espace rural agricole et de l’e space urbain devient alors A l’échelle de l’aména geur, une donnée permanente du cadre de vie ...» . Jean Michel Roux, Gérard Bauer, La rurbanisation ou la ville éparpillée. Edition e Seuil, Paris 1976 – tratto da: Llop Carles, Marincioni Mara, Calvo Adrià, “Morfologie, forme della città del XX secolo”, in: INDOVINA FRANCESCO (2004) [a cura di], L’esplosione della città, Ed. Compositori, Bologna, p.234 24 BERNARDO SECCHi, Un progetto per l’urbanistica, Einaudi, Torino 1989, p 129. Pubblicato originariamente in Casabella 520/1986.25 Molti progettisti, fra cui Álvaro Siza, Fernando Távora, Georges Descombes, Michel Corajoud, Bernard Lassus, fanno riferimento, in questo senso, ad una massima dell’urbanista Antoine Grumbach: “l’evidence du dejà là” per defi nire questa capacità del progetto di radicarsi nell’ambiente e nell’instaurare un rapporto di equilibrio ideale con materiali già presenti sul sito..26 TABUCCHI ANTONIO (1981), Il gioco del rovescio, Feltrinelli, Milano.27 VIGANÒ PAOLA (1999), “Un’altra avventura”, La città elementare, Skira, Milano, 1999, p.148.

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PARTE IIl progetto urbanistico tra città e paesaggio

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I.1 - IL GIOCO DEL ROVESCIO1 Il primo capitolo della ricerca tenta una rilettura dell’urbanistica moderna europea operando un rovesciamento di prospettiva: cioè rivolgendo l’attenzione ai vuoti piuttosto che ai pieni, agli spazi aperti ed al paesaggio piuttosto che quelli costruiti, alle relazioni tra le parti piuttosto che agli oggetti.2

La relazione tra città e paesaggio, tra aree edifi cate e campagna è un tema ricorrente in urbanistica e risale almeno alla prima metà del ‘700. In questo senso l’evoluzione dell’idea del “verde” come materiale urbano e della progressiva concettualizzazione dell’idea di paesaggio può essere studiata attraverso i grandi riferimenti dell’urbanistica, i piani, le teorizzazioni degli ultimi 200 anni.È necessario però precisare che si tratta di una rilettura “forzata” nel senso che rintraccia a tutti i costi un fi lo conduttore nella storia dell’urbanistica in quel percorso ideale che lega le tematiche del “verde” e del paesaggio, e più in generali dell’ambiente, ad un discorso progressista e aperto ad istanze sociali. Non sempre, però, il discorso teorico ha avuto riscontri diretti in campo operativo soprattutto quando nella progettazione urbana e urbanistica è entrato in collisione con le dinamiche del mercato urbano. In realtà la costruzione della città contemporanea è avvenuta secondo altri criteri e le grandi teorizzazioni ed i modelli più evoluti sono stati quasi sempre abbandonati o perché riassorbiti da un mercato immobiliare urbano spietato (p.e. le green cities o il piano verde di Cerdà a Barcellona) o perché troppo innovativi (p.e. la collettivizzazione dello spazio aperto della città parco del Movimento Moderno).Il discorso si sviluppa secondo due fronti opposti riconducibili all’osservazione che alla diffusione della città nel paesaggio abbia corrisposto anche un progressivo ingresso dello spazio aperto e del “verde” nel tessuto urbano compatto. Da una parte si approfondisce l’idea dell’acquisizione dei materiali “verdi” (parchi, boulevards, reti verdi, cinture, ..) come strumenti per il controllo della forma urbana dal suo interno; dall’altra la progressiva contaminazione/riduzione delle aree agricole e la dilatazione della dimensione urbana alla scala degli spazi aperti del paesaggio geografi co. La conformazione stessa della città contemporanea ci mette di fronte all’evidenza della necessità di ripercorrerne il processo di formazione per comprendere le logiche e anticiparne gli sviluppi. In questo senso gli obbiettivi di questa rilettura sono senz’altro da rintracciarsi in campo operativo e fi nalizzati a proporre nuove strade, nuove direzioni, riconoscere tendenze e possibilità di sviluppo. Alla luce di queste considerazioni si può dire che, oggi, sia riconoscibile una graduale convergenza di tematiche paesaggistiche nel progetto urbanistico. Quindi, senza pretesa di esaustività e con l’intento di rintracciarne solo i principali passaggi, si analizza il ruolo strategico che il paesaggio ha assunto col tempo nel progetto urbanistico, alla grande e alla piccola scala, dando maggior rilevanza a quel corpus di strumenti e metodologie operativi, modelli, teorie fi nalizzati all’effettiva modifi cazione dello spazio della città.

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I.2 - LA CITTÀ DENTRO IL PAESAGGIO

La progressiva apertura della città verso lo spazio aperto del paesaggio ruraleÈ interessante come Leonardo Benevolo faccia coincidere la nascita di Mozart (1756) con il tramonto della cultura prospettica, con la fi ne della posizione dominante della cultura visiva e con la nascita della nozione di spazio aperto contemporaneo.3

Difatti la trasformazione profonda del rapporto di città e natura trova i suoi fondamenti a cavallo tra la seconda metà del secolo XVII e la prima metà del secolo XVIII. In questo arco di tempo è avviata in campo urbano una ricerca, rivolta inizialmente all’arte dei giardini, che tenta di inoltrarsi con i mezzi della prospettiva nel campo ancora inesplorato della grande dimensione. Le sistemazioni paesistiche realizzate in questo arco di tempo hanno dimensioni vastissime ma, come dice Benevolo, “restano ambienti concreti”4 non perdendo il contatto con la realtà. La ricerca di quel periodo riguarda l’ampliamento concreto ed in modo verifi cabile dei limiti della prospettiva umana. La “cattura dell’infi nito” avviene in termini di progettazione della città e del territorio ma anche in termini di esecuzione dei progetti. Questa direzione viene estesa alla città ed al territorio e arriva solo successivamente ad infl uenzare la progettazione urbana fondando i suoi presupposti sul progetto del parco naturalistico Settecentesco e sulla nascita del concetto di paesaggio. A partire dal secolo XVIII la ricerca scientifi ca inizia mettere in discussione i riferimenti del mondo gerarchico tradizionale. In campo architettonico l’opera di Laugier del 1753 pone le basi per una revisione radicale dei principi teorici e si inizia un’esplorazione scientifi ca della storia e delle origini dell’architettura. La progettazione perde i suoi riferimenti antropomorfi ci (in Francia entra defi nitivamente in vigore il sistema metrico nel 1801) e acquisisce un carattere di astrazione scientifi ca potenzialmente illimitata. I progressi matematici e cartografi ci permettono ormai una rappresentazione rigorosa e scientifi ca di qualsiasi territorio e intorno al 1775 si completa la conoscenza della superfi cie terrestre con gli ultimi viaggi di Cook. La svolta linguistica che apre defi nitivamente la strada ad una percezione dello spazio che possiamo defi nire completamente moderna, compare appunto intorno alla metà del ‘700 e riguarda la rinuncia della regolarità geometrica nella progettazione dei giardini (Hogarth 1753, Burke 1756).

L’abbandono delle regole della composizione geometrica, della simmetria e del controllo prospettico di tradizione rinascimentale, che verrà per prima sperimentata nella progettazione dei giardini “all’inglese” di Brown e Chambers, apre la strada ad un’idea di spazio di cui si perdono i confi ni percettivi e su cui si svilupperanno le esperienze paesistiche di Olmstead e la cultura spaziale dell’architettura moderna di Le Corbusier.5

A partire dalla fi ne del ‘700 la tradizione paesistica seicentesca e settecentesca inizia ad essere incorporata nella cultura della progettazione urbana come patrimonio di soluzioni da applicarsi alla progettazione della città. Il verde urbano viene acquisito come spazio collettivo ad uso principalmente della nuove classi emergenti e dell’aristocrazia e declinato secondo una serie di materiali funzionali alla città. Inizialmente questi materiali rispondono alle regole rinascimentali di natura “regolamentata”: il parco urbano, il viale alberato, il giardino formale. In seguito si assisterà all’acquisizione del giardino naturalistico all’”inglese” nel disegno dei parchi trattati come veri e propri pezzi di natura all’interno della città. In effetti la portata di questo trasferimento/travaso di materiali, spunti operativi, metodi e tecniche della cosìddetta “arte dei giardini” nella cultura della progettazione architettonica ed urbanistica è assai più vasta e va ben oltre la riproposizione di un repertorio di soluzioni formali mediato dalla tradizione inglese del Landscape. 6

Il primo esempio concreto di come questo trasferimento avvenga e con quali modalità è rappresentato dalle opere a Parigi durante l’Ancien Regime nella seconda metà del ‘700. Una corona di sistemazioni fuori città formata da piazze e boulevards va a sostituire la cinta muraria ed i parchi reali e nobiliari suburbani. Di fatto si tratta della realizzazione di un gigantesco tracciato, realizzato attraverso opere di architettura di paesaggio, che viene a prefi gurare gli assetti futuri della città. L’esempio più interessante, anche in termini di forma urbana, è rappresentato dal caso del viale suburbano che lega Neuilly con il Jardin de Tuileries. Nel 1806 al centro dell’étoile tracciata nel 1724 sulla collina di Chaillot viene collocato l’Arc de Triomphe. Questa magistrale sistemazione, oggi il Boulevard degli Champs èlysèes, rimanda inequivocabilmente alle vedute scenografi che dei giardini di Versailles ed inaugura di fatto un nuovo modo di costruire la città a partire da grandi assi rivolti idealmente verso lo spazio infi nito del paesaggio. Il metodo consiste nel urbanizzare gradualmente

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con due cortine di edifi ci entrambi i lati delle sistemazioni paesaggistiche dei viali suburbani, che si costituiscono come anticipazione e struttura della conformazione urbana successiva. Questo sistema verrà ampiamente utilizzato dal 1853 al 1869 da Haussmann e proseguita per tutta la seconda metà dell’800 con la trasformazione dei boulevards alberati suburbani in strade urbane affi ancate da edifi ci. Il ruolo di Haussmann a Parigi è particolarmente importante e paragonabile a quello di Olmstead in America perché conferisce alla progettazione del verde in città un carattere sistematico passando da una visione episodica e locale ad una dimensione metropolitana del processo di pianifi cazione. La grande diffusione di parchi, squares e boulevards non risiede esclusivamente nel carattere utilitaristico di quelle nuove forme urbane come arredo, abbellimento o di “sfoggio e del passeggio”. La loro fortuna va ricercata in una rinnovata concezione dell’idea di natura, non più ostile e nemica della città ma anzi sua condizione di esistenza come polmone verde e luogo di attrezzature. Si va gradualmente formando un’idea di natura e paesaggio in senso igienico e salutistico come reazione alla condizione reale delle città ottocentesche della rivoluzione industriale che porterà più tardi alla defi nizione degli standards minimi di verde della cultura modernista.

I grandi piani dell’800 impostati sul concetto di verdeNella pianifi cazione urbanistica della seconda metà del XIX secolo si possono rintracciare nuove linee di progettazione del verde quale materiale di costruzione della città. Il “verde urbano” ed il suo rapporto con il paesaggio si confi gura come la grande componente innovativa dei piani e delle realizzazioni dell’urbanistica ottocentesca.7 Il verde concorre alla riuscita formale ed alla tenuta organizzativa del mutamento di scala della città prefi gurando una tappa importante nell’evoluzione in senso “aperto” dello spazio urbano storico. La progettazione delle nuove città dell’800 risente, infatti, dell’infl uenza della nuova concezione di spazio in senso astratto che si era andata diffondendo lungo l’arco del secolo precedente.8 Le città crescono rapidamente e l’esigenza di reperire nuove aree per le espansioni conducono a rimuovere gli antichi confi ni rappresentati dalle cinte murarie di difesa. La demolizione delle mura è un’operazione che accomuna la storia di gran parte delle città europee ed è carica di

fi gura 2 Parco di Versailles - Parigi

fi gura 3 Parigi 1675, Plan Jouvin de Rochefort

fi gura 4 Plan de la ville de Paris et de sesfaubourgs - 1801

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signifi cati simbolici nonché di riscontri importantissimi per gli assetti urbani.9 La dilatazione del costruito oltre i tradizionali limiti della città e la loro estensione nel paesaggio circostante impone agli urbanisti di inventare nuovi modelli insediativi. Il problema è risolto in modo diverso città per città ma si possono riportare almeno due tipi di approccio caratterizzati dalla dilatazione dello spazio aperto e dalla presenza continua del verde che hanno costituito un importante contributo al discorso urbanistico successivo.

Vienna e Colonia: i RingsLa fase dei Rings (Vienna, Colonia) costituisce un momento importante di transizione dallo spazio chiuso della città storica allo spazio aperto della città moderna. La demolizione delle mura di Vienna avviene nel 1857. La striscia di terreno corrispondente alle fortifi cazioni e la zona di rispetto circostante viene occupata da un sistema di viali, giardini ed edifi ci privati e pubblici. Il materiale verde, i fi lari alberati, i parterres, le vasche di acqua, i gruppi di alberi, viene a costituire il fondale urbano in grado di strutturare lo spazio e di costruire limiti ed articolazioni prospettiche. Per la prima volta, trattato nella sua defi nizione architettonica alla pari dei materiali costruiti, diventa lo strumento per realizzare la transizione tra città e paesaggio. Il progetto di Otto Wagner per il XXII distretto di Vienna rappresenta in tutta la sua evidenza questa potenzialità.10

Barcellona e la diffusione capillare del verdeUn altro caso signifi cativo è rappresentato dal piano di espansione di Barcellona progettato da Idelfonso Cerdà tra il 1855 e il 1859. Il piano dell’Ensanche è disegnato a partire da una griglia a maglia quadrata estesa su tutto il territorio pianeggiante di Barcellona in modo da costituire una trama uniforme dal mare alla montagna. Le tre componenti che costituiscono il tessuto del piano sono il lotto costruito, la viabilità ed il verde. Sulla base di un tracciato ottocentesco, uniforme e regolare, Cerdà trasforma la tradizionale tipologia dell’isolato urbano chiuso in una forma aperta e costruita esclusivamente su due lati in cui lo spazio centrale ha una destinazione a spazio collettivo caratterizzato dal verde. L’insieme degli isolati aperti disposti sulla griglia forma una successione di spazi verdi pubblici che prefi gura le proposte successive del Movimento Moderno. La stretta integrazione di forte densità abitativa e paesaggio prefi gurava già alla metà dell’Ottocento l’idea della “Ville Radieuse” di Le Corbusier. Il

fi gura 8A. Alphand - Place des Batignolles Parigi - 1867-73

fi gura 7F.L. OlmsteadParkway Drexle Blv. - Chicago 1875

fi gura 5Piazza delle arti e delle scienze a Parigi - 1874

fi gura 6John NashIl sistema degli spazi aperti di Regent’s Park a Londra - 1820-1830

fi gura 9I grandi lavori di Haussmann a Parigi

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piano, forse troppo in anticipo sui tempi, viene in gran parte disatteso e la sua componente più innovativa, lo spazio aperto pubblico continuo dell’isolato aperto, è riportata nella sua realizzazione ai parametri tradizionali di “corte interna”.11

L’utopia borghese della Città giardinoAlla fi ne dell’Ottocento la ricerca di una alternativa migliore alle condizioni reali delle città della rivoluzione industriale porta a sviluppare l’idea di sintetizzare la città e paesaggio in un’unica entità. Una struttura urbana fondata sul verde, sul rapporto con la campagna e sul paesaggio si pone, per la prima volta, a fondamento di una teoria urbanistica. L’immagine della città giardino si impone come una delle più forti teorizzazioni ideologiche sulla città e una delle prime teorie scientifi che dell’urbanistica moderna sotto la visione dell’unione di “verde” e di costruito.La “città giardino” ideata da Ebenezer Howard, propone il superamento dell’antica contrapposizione di città e campagna per conservare i pregi ed eliminare i difetti dell’una e sfruttare le capacità produttive ed ambientali dell’altra. Il riferimento alla letteratura utopistica è palese (Fourier, Godin, Owen) ma Howard è uno spirito pragmatico e progetta la nuova città anche a partire dai suoi aspetti economici e sociali.12 Il disegno della nuova città è atipico: non è costituito da un piano formale bensì da un diagramma che si costituisce come un riferimento esplicito alla tradizione della “città ideale”, anche nella scelta della forma radiocentrica. La città verde è dotata di un centro, un giardino formale, ed un margine, lo spazio della campagna agricola che si estende tutto intorno. Fra i due settori si articola tutta una serie di anelli concentrici con diversa destinazione funzionale strutturati secondo l’idea di parco verde come modello di spazio collettivo. Un grande consenso intorno a quel modello di città nasce da subito e si tramuta in poco tempo in un vero e proprio movimento di opinione: “La città giardino rivendica le ragioni culturali di un’idea che rimanda al pensiero dell’utopia: una città ispirata ai valori comunitari, ma non al collettivismo; al diritto individuale, al possesso di una casa e di un pezzo di terra, in un quadro di proprietà collettiva degli spazi urbani e del suolo agricolo”.13 La chiave per comprendere il vero successo dell’idea che risiede nelle realizzazioni che seguirono va ricercata nella fl essibilità formale l’indefi nizione estetica dello schema. Il suo senso si coglie nella didascalia che compare sul diagramma e che riporta la scritta: “diagram only - plan must depend upon site selected.”14 Così la concretizzazione

fi gura 10 e 11 I. CerdàEnsanche di Barcellona - 1859

fi gura 13 I. CerdàEnsanche di Barcellona - 1859Gli spazi verdi

fi gura 12 I. CerdàEnsanche di Barcellona - 1859Gli spazi costruiti

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dell’utopia non venne legata ad una forma specifi ca ma si andò defi nendo con l’incontro di luoghi precisi, sensibilità dei progettisti e gusto dell’epoca. La forma concreta della prima green city risulterà dall’adattamento al contesto del diagramma di Howard e dalla particolare interpretazione dei progettisti. Già dalla prima realizzazione, Letchworth che viene progettata da Unwin15 e Parker nel 1901, verrà adottato un piano più vicino all’idea di “pittoresco” dei progettisti che alla razionalità pragmatica di Howard. L’andamento sinuoso delle strade e l’impianto irregolare del costruito costituirà il modello morfologico che sarà replicato negli anni successivi. Lo speciale carattere paesistico delle città giardino diventerà il modello per le prime New Town inglesi del dopoguerra e sarà replicato fi no ad oggi.

F.L. Olmstead e il Park SystemL’esperienza di F.L. Olmstead, sebbene non sviluppata in ambito europeo, costituisce un caso importantissimo per le implicazioni sul rapporto tra il paesaggio e la struttura della città e sul ruolo della progettazione paesaggistica nella defi nizione della forma urbana. Il sistema degli spazi verdi di Olmstead si colloca all’interno della città con un ruolo fondamentale di connettivo tra dimensione metropolitana e territorio circostante. Sulla base di una conoscenza sommaria delle esperienze europee Olmstead coglie nel collegamento di tutti i parchi urbani in una rete verde un possibile vantaggio aggiuntivo ed una moltiplicazione di benefi ci estesi all’intera superfi cie urbana. Grazie al Park Movement Olmstead trasforma gradualmente il discorso sul recupero dei valori e degli aspetti romantici della campagna in un’idea moderna in cui predomina l’interesse per la costruzione di un sistema di rapporti con la struttura urbana e il carattere di intervento urbanistico complessivo.16 Nel 1881 Olmstead, che fi no allora aveva realizzato solo alcuni parchi tra cui il Central Park a Manhattan, presenta la sua prima proposta per un sistema di parchi alla Boston Park Commission, il così detto Emerald Necklace. La “collana di smeraldi” è così chiamata per via della distibuzione del sistema di parchi a semicerchio intorno alla città e dal colore verde del materiale vegetale che la compone. Il progetto è costituito da un vero e proprio piano lungo 5 miglia che mette in continuità il tessuto insediativo con il territorio rurale circostante. Il sistema di parchi è strutturato secondo sei grandi interventi conformati a partire dai parchi già esistenti e connessi tra loro da un sistema integrato di boulevards alberati. Questa visione sistemica del rapporto

fi gura 15E. PendlVeduta del Ring di Vienna - 1905

fi gura 14Veduta del Ring di VIenna - 1873

fi gura 16E. OwenIl villaggio di “armonia e coperazione”1817

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di città e spazi aperti inaugura di fatto tutta una serie di progetti di Park Systems realizzati da Olmstead e da suoi collaboratori per le grandi città Americane e rappresenta un primo approccio alla pianifi cazione integrata negli Stati Uniti. L’esperienza Americana costituisce un momento centrale nel discorso sulla pianifi cazione delle città moderne anticipando di molti anni quelle forme che oggi conosciamo come “cinture verdi”, “colate verdi” e “reti ecologiche”. Un altro punto rilevante da non sottovalutare è la capacità del Park System di funzionare su diverse scale di intervento: a scala metropolitana e regionale per le sue valenze ecologiche e di riserva naturale; a scala urbana come parco cittadino di svago; a scala del dettaglio per i suoi aspetti materiali e naturalistici. Cioè è strutturato come uno strumento urbanistico “a tutto tondo” capace di spaziare dalla scala regionale a quella del dettaglio costruttivo: non bisogna sottovalutare nei lavori di Olmstead la componente costruttiva ed ingegneristica che si affi anca a quelle progettuali e più strettamente compositive.

fi gura 17E. HowardsI diagrammi della città giardino -1896

fi gura 18E. HowardsI tre magneti -1896

fi gura 20R. O. SalvisbergSiedlung Piesteritz Wittenberg -1917

fi gura 19R. O. SalvisbergSiedlung Piesteritz - Wittenberg 1917

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I.3 - IL PAESAGGIO COME VALORE D’USO DELLA CITTÀ

All’inizio del Novecento nella differenziazione proposta da C. Sitte tra verde di abbellimento e verde sanitario inizia a prevalere il concetto utilitaristico di quest’ultimo. Si passa da un’idea di natura, di paesaggio e di verde con valore estetico e decorativo ad un valore d’uso. I Volkparks17 tedeschi, luoghi deputati alle attività sportive ed alla ricreazione all’aria aperta del popolo della Germania socialdemocratica, documentano un nuovo programma ed una nuova politica sociale nei confronti delle masse. Il parco perde le sue connotazioni romantiche, i percorsi tortuosi, i fondali panoramici, i movimenti del terreno, e viene concepito espressamente per ospitare le attività sportive all’aria aperta con grandi parterres. Si passa dal parco concepito per la borghesia emergente ottocentesca al parco fi nalizzato alle esigenze salutistiche del popolo: il verde sanitario.Sebbene la fortuna delle socialdemocrazia si esaurisca in un tempo limitato questo cambiamento si rivela fondamentale per comprenderne le fasi successive verso il defi nitivo passaggio ad una concezione funzionale del verde ed alla defi nizione del concetto di standards.

I grandi riferimenti dell’urbanistica moderna ed il ruolo del paesaggio nella costruzione dei modelli urbaniCon il concetto di Stadtlandschaft18 si apre la strada ad un modello di città radicalmente diverso. Il discorso viene affrontato a partire dalla critica della città borghese in cui gli spazi aperti “verdi” sono degli spazi circoscritti all’interno del tessuto della città compatta. Nella commistione di interessi pubblici e privati che caratterizza l’appropriazione privata del territorio urbano fi nalizzato al ricavo di una rendita gli architetti moderni vedono, inoltre, il più grosso limite della città borghese. L’alternativa a quel modello viene rinvenuto nella riconquista del controllo pubblico dello spazio urbano, che deve essere uno spazio aperto, fruibile da tutti e senza barriere. L’alternativa al tessuto della città storica è costituita dalla proposta di una proporzione del tutto nuova nelle quantità di edifi cato e di spazio aperto. Gli edifi ci posti a grande distanza sono intervallati da grandi superfi ci aperte e verdi destinate alle attrezzature pubbliche ed alle attività ricreative che, rivalutate per motivi igienici e salutistici, richiedono ora nuovi spazi appositamente progettati e sparsi in ogni parte

fi gura 22F.L. OlmsteadPark system Chicago - 1908

fi gura 21F.L. Olmstead e Charles EliotLa collana di smeraldo (Emeraldnecklace) - Boston 1880-1887

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della città. Le aree per lo sport, i parchi di quartiere e quelli cittadini, le grandi aree verdi protette dei parchi a scala territoriale, devono formare un unico tessuto continuo, uno spazio fruibile direttamente dalle abitazioni e dai luoghi di lavoro. Le funzioni della città vengono distribuite all’interno di un immaginario enorme parco attrezzato. Questa struttura urbana radicalmente diversa da quella della città storica ha l’ambizione di superare la vecchia dicotomia fra città e campagna in cui, tradizionalmente, viene rinvenuto il problema delle disuguaglianza sociale.19 Le aree verdi vengono pensate non più come abbellimento della città quanto per la loro funzione “utile” come spazio collettivo e luogo delle attrezzature pubbliche. La Ville radieuse costituisce forse l’esempio più preciso/calzante di questa concezione di progetto urbano nel paesaggio. Il progetto di Le Corbusier del 1933 per un milione e mezzo di abitanti ha l’obbiettivo di risolvere il problema dell’abitazione di massa. La residenza della “Ville verte” occupa macro edifi ci in linea di undici piani, piegati secondo una serie di angoli retti, i redents. Gli edifi ci sono costruiti su pilotis per lasciare libera la percorrenza a livello del suolo che è confi gurato come un grande parco pubblico aperto sul paesaggio in cui sono ubicati i servizi alla residenza. Niente viene detto sul “come” e dai progetti non si riesce a ricavare nessuna indicazione precisa sulla conformazione dello spazio del generico “verde” che si presenta più come un fondale indistinto dell’architettura che componente concreto dello spazio moderno. Nell’incertezza programmatica del piano si perdono gli originari intenti di collettivizzazione dello spazio aperto, di per sé lodevoli ma irrealizzabili nella vaghezza strutturale dei piani di Le Corbusier.Al contrario, nell’ambito della pianifi cazione, il concetto di verde ed il paesaggio assumono un ruolo strategico nella composizione del nuovo assetto delle città e nell’organizzazione dei nuovi modelli urbani. Vari sono i tentativi di determinare quale sia la struttura ideale che la città moderna deve assumere in relazione alla distribuzione degli insediamenti costruiti nel paesaggio e, viceversa, quale sia il ruolo dello spazio verde nella defi nizione della forma urbana. Nel giro di pochi decenni vengono defi nite decine di ipotesi e tra queste si possono identifi care alcuni modelli che costituiscono ancora oggi un valido contributo alla pianifi cazione contemporanea. Sono riconoscibili almeno tre grandi fi loni interpretativi riconducibili al rapporto tra città e campagna: la città radiale, la città lineare e la città dispersa.

fi gura 23le CorbusierPiano di Parigi, Centro direzionale1937

fi gura 24Le CorbusierIl paesaggio della “Ville Radieuse”1935

fi gura 25Le CorbusierDettaglio della Ville radieuse: la VilleVerte - 1935

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La città radiocentricaIl primo si riferisce al problema dell’espansione “città centro” esistente nel territorio rurale circostante e che riconosce nella continuazione della sua forma radiocentrica un principio direttore. A questo fi lone sono riconducibili i due modelli opposti di integrazione città/campagna organizzati secondo un principio radiale di penetrazione per “cunei verdi” o secondo un sistema ad anelli concentrici di “green belts” (cinture verdi). La questione, ampiamente dibattuta nei primi due tre decenni del ‘900 a livello teorico, si concretizza con una serie di piani negli anni trenta. Ovviamente, essendo stato costruito il modello sulla reale conformazione delle città esistenti, questa ipotesi è quella che conduce a più esiti in campo operativo. Dallo schema radiale di “verde sanitario” di Martin Wagner del 1915 discendono per esempio il piano di Eindhoven di J.M. De Casseres (1929), il piano di Francoforte di E. May (1930), il piano di Mosca di N.A. Landovsky (1935), il piano di Copenhagen (detto delle “cinque dita” del 1945). Sono, invece, riferibili al modello delle “green belts” il piano di Colonia di F. Schumacher (1923), il piano di Londra di P. Abercrombie (1943).

La città lineareIl secondo modello è quello della città lineare cioè distribuita lungo le direttrici di connessione tra le città esistenti. L’idea compositiva, sviluppata da A. Soria y Mata alla fi ne dell’Ottocento, ruota intorno all’idea di un asse infrastrutturale (strade e ferrovia) intorno a cui vengono distribuiti regolarmente le funzioni della nuova città secondo una sezione ripetuta. Ai lati della spina centrale vi sono le attività produttive, le zone residenziali e le aree verdi secondo un sistema a bassa densità e bassa altezza. Il modello viene ripreso in una forma molto simile da Le Corbusier nella Citè linéaire industrielle (1942-43) che la rappresenta come esito della combinazione di tre tipologie insediative:20 la città lineare lungo un’infrastruttura (che in questo caso è un’autostrada e funziona come una vera e propria parkway immersa nel verde) composta secondo il criterio delle fasce funzionali lineari (industriale, infrastruttura, verde di protezione, residenza e servizi alla residenza); l’unità di sfruttamento agricolo per la produzione alimentare, i centri urbani esistenti. Gli edifi ci sono costituiiti da “unità di abitazione” su pilotis per permettere la libera circolazione dello spazio sottostante pensato come un grande parco informale costruito secondo prospettive paesaggistiche sulle aree agricole circostanti. Alcune proposte dei “Disurbanisti”

fi gura 26 - 33Lo schema radiocentrico nei modelli del verde della città moderna

Verde sanitarioM. Wagner - 1915

G. Langen - 1927

Il sistema degli spazi aperti per Essen R. Schmidt - 1912

Sistemazione dei parchi nella città secondo una schema radiale o circolareA. Hoechel - 1936

Sistema urbano policentrico di Killus

Schema di sviluppo urbano di P. Wolf

Il sistema delle aree verdi del Piano di Colonia - 1923F. Schumacher

Penetrazione del verde nella città e sistema insediativoA. Badner - 1942

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russi percorrono ugualmente la strada del modello lineare: il progetto di I.Leonidov per Magnitogorsk (1930) e il piano “Green Moscow” di M. Baršč e M. Ginzburg (1929) per una città a “nastri” di 100.000 abitanti.21

La città dispersaIl terzo modello è relativo ad un concetto di città diffuso sul territorio in modo uniforme con una penetrazione capillare del verde nel costruito e viceversa. È derivato dall’osservazione della dispersione insediativa già evidente nelle città americane di inizio secolo e costruisce una proposta per la compenetrazione completa di città e paesaggio, di costruito e spazio aperto verde su di un modello di sviluppo a basso carico insediativo e bassa altezza (low rise low density). La proposta che meglio rappresenta questo fi lone è il progetto di Broadacre City di F. L. Wright (1931-1935) che costituisce un’impressionante anticipazione della città contemporanea diffusa. La qualità urbana è ricercata nel contatto con la natura e attraverso la proposizione di uno spazio privo di gerarchie e di confi ni dove la campagna ed il paesaggio costituiscono idealmente l’elemento di collegamento tra le parti. Questo modello ha trovato fortuna particolarmente tra gli architetti moderni emigrati negli Stati Uniti prima della seconda guerra mondiale che ne hanno sviluppato i contenuti mettendo in evidenza una preoccupazione per un ritorno ad uno stile di vita in simbiosi con la natura. Tra questi gli scritti di R. Neutra (Mistery and reality of the site, 1954) e R. Schindler allievi di Wright in California. Si pensi anche all’opera di alcuni urbanisti e Landscape designers come C.Tunnard (Gardens in the modern landscape, 1938), L.Hilbersheimeir (The new regional pattern, 1949), C. Alexander (Community and privacy, 1963), R. Rainer (Livable environments, 1966).22

La città funzionalista ed il valore d’uso del paesaggioIn campo operativo e su di un piano propriamente urbanistico, sono numerosi i piani regolatori delle città che discendono direttamente dalle teorie derivate dal Movimento Moderno e che si sono occupati principalmente di governare la nuova spinta insediativa della città verso il paesaggio rurale circostante. Tra i vari casi già menzionati ne riportiamo alcuni fra i più signifi cativi e ricchi di implicazioni operative in cui ad un’originale concezione dello spazio aperto si accompagnano proposte concrete per una sua implementazione e progetti spesso realizzati.

fi gura 35Lo schema lineare nei modelli del verde della città moderna:Citè Linéare IndustrielleLe Corbusier - 1942

fi gura 34Lo schema lineare nei modelli del verde della città modernaCiudad Lineal - Sorya y Mata - 1890

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AmsterdamÈ una suggestione di derivazione neoplastica a guidare le idee di spazio del piano di Amsterdam cioè la costruzione di un ambiente integrale attraverso la ricerca di armonia fra parti diverse tra loro.23 Il piano progettato da C. Van Eesteren tra il 1928 ed il 1934 si fonda sulla ricerca di equilibrio tra le diverse componenti eterogenee della città: il centro storico, i quartieri ottocenteschi ed i sobborghi degli ampliamenti recenti. Il loro collegamento è demandato all’ambiente paesistico esterno e la città moderna si confi gura come un grande parco dentro cui si trovano i diversi quartieri della città. Il paesaggio viene a costituire la struttura portante della città. Il sistema del verde di Amsterdam prevede la realizzazione di un grande bosco di 895 ettari realizzato sulle terre strappate artifi cialmente al mare nella zona sud-ovest della città e dotato di una serie di attrezzature sportive e per il tempo libero fra cui un canale per le regate di canottaggio.

LondraIl piano di Londra viene adottato nel 1944 ed è progettato da Abercrombie e Forshaw.Il piano distingue la città in una serie di aree concentriche: la contea del centro, la zona interna, la zona suburbana, la cintura verde e la zona esterna. La cintura verde è riconfermata da una legge votata nel 1938 che bloccava l’espansione della città fi ssando il perimetro raggiunto fi no a quel momento dall’edifi cato e vincolando una zona agricola a forma di corona circolare che lo racchiude completamente. La pressione per un ulteriore crescita della città viene diretto alla zona esterna in un raggio di 60-80 km dal centro in cui è prevista sia l’espansione delle città minori esistenti sia la fondazione di nuove città: le new towns. Queste nuove città rappresentano una rivisitazione in chiave moderna delle prime città giardino di inizio ‘900 e seguono nella struttura le indicazioni del progetto di Howard. Accolgono circa 35000 abitanti con una densità abitativa molto bassa determinato da tipologie abitative unifamiliari con giardino ed in quartieri di abitazione separati da ampie zone verdi che determinano un ambiente molto disperso. In parte questa impostazione è stata corretta nelle realizzazioni successive.

GinevraTra gli esempi più radicali ed allo stesso tempo più chiari e meno conosciuti vi è il piano per Ginevra di Maurice Braillard. Il piano direttore regionale del 1936 propone, per

fi gura 37Lo schema della dispersione nei modelli del verde della città modernaBroadacre cityRapporto tra spazi verdi e tracciati

fi gura 36 Lo schema della dispersione nei modelli del verde della città modernaBroadacre cityF. L. Wright - 1935

fi gura 38Piano di EindhovenJ. De Casseres - 1929

fi gura 39Piano di Londra e Green BeltA. Abercrombie - 1942

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la città Svizzera, un’innovazione straordinaria che risponde al concetto di città dentro ad un parco. Oltre alle consuete destinazioni d’uso delle superfi ci urbane (edifi cato esistente, strade, edifi cato di previsione, aree agricole) viene introdotta una nuova categoria detta “surfaces publiques ou site à classer” che viene a costituire la maglia su cui è strutturata la città immersa nel verde. Le “surfaces publiques” corrispondono a quelle che vengono comunemente denominate aree verdi e zone agricole e si sviluppano su tutto il territorio cantonale.24 La struttura urbana viene ripensata secondo due maglie ortogonali sovrapposte e sfalsate: una è formata dalla rete delle strade, la seconda costituisce un reticolo verde che collega tutti le aree edifi cate ed agricole fra loro offrendo la possibilità di percorrere il territorio in tutti i sensi. La rete verde, di spessore variabile, è adattata alle irregolarità topografi che del suolo e si costituisce come alternativa in un sistema a due velocità: pedonale e automobilistica. Distinguendo diversi tipi di superfi ci pubbliche anche in ambito agricolo viene valorizzato l’insieme del patrimonio naturale del cantone perché lo si considera alla stregua di una ricchezza collettiva minacciata dall’espansione urbana. Questa concezione pioneristica dell’importanza dell’ambiente naturale ha certamente a che vedere con le teorie delle città-giardino, ma a Ginevra prende un accento particolare a causa della piccola dimensione del territorio ginevrino e della tradizione culturale da J.J. Rousseau ai grandi botanici della città.25

Le realizzazioni del razionalismoSono molti i progetti realizzati che seguono all’attuazione dei piani negli anni ‘60 e ‘70 e che rappresentano con evidenza il punto di vista del razionalismo di tradizione moderna nel rapporto di continuità tra città e paesaggio. In particolare sono signifi cativi quei casi in cui risulta evidente l’infl usso di una progettazione basata sul concetto di fondo territoriale indifferenziato e sullo standard come principale strumento di controllo delle enormi quantità richieste dai nuovi interventi di espansione urbana del dopoguerra. Il dibattito della nuova pianifi cazione “scientifi ca” si concentra sui parametri quantitativi delle aree verdi piuttosto che sulle caratteristiche formali o sugli usi reali. Senza un’attenzione alla defi nizione fi sica dello spazio pubblico, caratteristica peculiare della progettazione paesaggistica del secolo precedente, il verde generico perde le sue attrattive. La quantifi cazione e standardizzazione tipologica necessaria per la verifi ca delle quantità in gioco diventa il principale limite puntando al

fi gura 40C. Van Eesteren - 1934Schema del verde nel piano di Amsterdam

fi gura 41Il bosco di Amsterdam - 1937

fi gura 42Noerum, Copenhagen - 1948C.Sorensen - Giardini individuali (Allottment gardens)

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soddisfacimento di bisogni generici e dimenticando le relazioni con le potenzialità dei luoghi e dei paesaggi esistenti. Questo è particolarmente evidente in quelle realizzazioni che tra gli anni ‘50 e ‘60 hanno interpretato in modo forse troppo letterale i contenuti del dibattito sulla città parco e sullo spazio astratto del piano libero del verde. Tra questi il caso olandese del grande quartiere di Bijlmermeer (1965-1972) è sicuramente tra i più signifi cativi a rappresentare l’assoluta indifferenziazione del costruito sul substrato territoriale. Da queste esperienze di costruzione della città si svilupperanno gli impulsi per una critica radicale al sistema funzionalista del “verde” a cui vengono contestati l’eccessiva quantità, l’assenza di gerarchia e di riferimenti spaziali, la monotonia e la ripetitività nell’immagine paesaggistica.Nel caso delle new towns inglesi del dopoguerra è invece riconoscibile un’eccezione nel panorama della progettazione urbanistica del Movimento Moderno, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione tra lo spazio pubblico del generico “verde” e lo spazio del paesaggio rurale circostante. In Inghilterra i presupposti del funzionalismo radicale vengono mitigati dalla solida tradizione delle “green cities” e mediati attraverso la concezione del pittoresco derivata dalla cultura del “Landscape” che manca in altri paesi. Nella loro realizzazione le new towns rispondono a criteri funzionali di insediamento nel verde ma anche ad un generale criterio di diversifi cazione tipologica che si esplicita nella gerarchizzazione di diverse tipologie di verde privato e di verde pubblico. Il caso di Milton Keynes (1970) è in questo senso esemplare e rappresenta un caso in cui è data priorità assoluta ad una composizione basata sul paesaggio piuttosto che sulle componenti architettoniche.26

fi gura 43Ginevra - 1948Zone e connessioni verdi - Agglomerazioni future

fi gura 45Piano Regolatore Regionale del cantone di Ginevra - 1935dettaglio:rosso - gli insediamenti esistentirosa - gli insediamenti di espansioneverde - superfi ci pubblichegiallo - superfi ci agricole

fi gura 46Ginevra - 1948Zone e connessioni verdi - Agglomerazione esistente

fi gura 44Piano Regolatore Regionale del cantone di Ginevra Maurice Braillard- 1935

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I.4 - IL PAESAGGIO DENTRO LA CITTÀ

I progetti e le realizzazioni a partire dalla critica all’urbanistica funzionalistaA partire dalla fi ne degli anni ‘60 una forte critica alla teoria ed all’operato del Movimento Moderno mette in luce il limite del concetto di spazio aperto indifferenziato che aveva fi no allora caratterizzato le realizzazioni dell’urbanistica funzionalista. La discussione relativa al rapporto tra insediamento costruito e paesaggio delle nuove città ritrova soprattutto nelle ragioni del sito uno spunto per una nuova proposta progettuale. L’alternativa alla progettazione urbana e territoriale di matrice funzionalista si sviluppa inizialmente nell’ambito di settori disciplinari diversi. Nuovi apporti provengono prima di tutto dalla geografi a, dall’arte, dalle scienze ambientali, dalla pianifi cazione paesaggistica.In architettura la critica della città degli standards e della progettazione quantitativa porta a rivolgere un’attenzione maggiore al sito, al paesaggio naturale, alle componenti geografi che ed orografi che dei luoghi. In Italia questo discorso assume un ruolo determinante nel recupero delle città storiche e dei paesaggi tradizionali. Negli Stati Uniti a partire dagli anni ‘70 con la diffusione ed il consolidamento di una coscienza ecologica il discorso sulla progettazione della città assume un’impronta ambientalista. Grazie anche alla diffusione di una certa cultura artistica derivata dalla Land art si sviluppa una diversa sensibilità per le componenti ambientali ed estetiche del paesaggio urbano ma anche una nuova attenzione per le necessità individuali degli abitanti delle città.Il nuovo interesse per il genius loci nella progettazione e per il ritorno a fondare l’architettura nei luoghi, porta all’abbandono del pilotis e del plan libre per un contatto diretto con il suolo. La fondazione del progetto a partire dagli elementi esistenti è ritenuto come principio ecologico di sostenibilità.È a partire dall’architettura che si riscontrano le prime sperimentazioni in questa direzione. Proprio in alcuni progetti realizzati tra gli anni ’60 e ‘70 da architetti che vedevano nel Movimento Moderno un punto di riferimento si ritrovano alcuni spunti importanti per il rinnovamento della progettazione urbana in ambito paesaggistico. Burle Marx e Luis Barràgan, in sud America, A. Aalto e J. Utzon in scandinavia, i progetti di “suolo” di Alvaro Siza nel progetto di insediamento della Malagueira in Alentejo (1975-1990), Giancarlo De Carlo ad Urbino (1965), la sperimentazione sull’architettura a scala geografi ca di Gregotti e Gabetti e Isola; Atelier5 in Svizzera,

fi gura 50Amsterdam - 1968-1971Bijlmermeer

fi gura 49Amsterdam - 1968-1971Bijlmermeer - Foto Aerea

fi gura 48Amsterdam - 1953Nagele W.C.J. Boer e M. Ruys

fi gura 47Amsterdam - 1953Nagele W.C.J. Boer e M. Ruys

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alcune realizzazioni inglesi ed olandesi negli anni ‘70, sono solo alcuni degli esempi in cui si ritrova un principio sistemico in cui realizzare una sintesi e integrazione equilibrata tra costruzione architettonica e verde, tra città e paesaggio. Nell’ambito del progetto urbano sviluppato a partire da posizioni di critica all’urbanistica funzionalista si possono ricordare alcune esperienze particolarmente signifi cative in ambito europeo: le esperienze di progettazione urbana negli anni ‘80 a Berlino con la rivalutazione dello spazio pubblico come luogo di relazione disegnato nel tessuto urbano; il ruolo dei parchi urbani a Barcellona come nuovo tipo di “piazza” in cui il progetto dello spazio aperto e del paesaggio si costituisce come occasione di riqualifi cazione della periferia suburbana e delle aree industriali dismesse; la maggior attenzione per il paesaggio e per le componenti ambientali costitutive della città nei piani della terza generazione in Italia (Cervellati, Campos venuti), i primi “Plan Vertes” in Francia a partire dall’inizio degli anni ’80 e di cui è precursore lo Schema Directeur d’Aménagement et d’Urbanisme de la Region de l’Ile-de-France (1976).

Lo spazio aperto come connettivo delle strutture insediative e fondamento della rifl essione progettualeNegli ultimi anni si può riconoscere una sempre maggiore convergenza di tematiche paesaggistiche nel progetto urbanistico. La questione relativa alla progettazione di città e paesaggio in ambito contemporaneo deve essere introdotto da alcune osservazioni. La prima è di ordine metodologico e riguarda l’interdisciplinarietà della questione urbanistica. L’ecologia rimasta per molto tempo antagonista alle scienze urbane, all’architettura e alla progettazione urbanistica ha condotto la ricerca di un’alternativa al modello funzionalista su binari paralleli. È solo recentemente che le scienze ambientali stanno confl uendo nell’ambito delle scienze urbane in una vera integrazione e avvalendosi di tutto il bagaglio di conoscenze accumulate relative al territorio, all’architettura di paesaggio, alla conoscenza degli insediamenti umani. La sintesi coerente tra campi disciplinari diversi sta portando alla diffusione lenta ma costante dell’’idea di città intesa come ecosistema complesso che contribuisce a sua volta ad immettere nuovo materiale e ad indicare direzioni operative nella pianifi cazione e nella progettazione urbanistica. La seconda osservazione riguarda la necessità di uno sguardo

fi gura 51Milton Keynes - 1970La rete delle strade e le aree dell’urbanizzazione

fi gura 52Piano della New Town di Milton Keynes - 1970

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approfondito sulle esperienze accumulate (l’esperienza del Landscape design nel ‘700 e ‘800, le istanze sociali delle socialdemocrazie di inizio secolo, le proposte del Movimento Moderno legato al primo socialismo illuminato) che rivela una miniera di idee, spunti, suggestioni non ancora del tutto esplorata. La recente concezione della città intesa come ecosistema complesso ha dato impulso ad una ulteriore defi nizione e sperimentazione di alcune proposte del passato: la città parco, le cinture verdi, i cunei verdi, i park system, le reti e le trame verdi, che sono, infatti, da ricondurre alle esperienze di inizio ‘900. In particolare sono andati gradualmente aumentando negli ultimi anni le sperimentazioni ed i progetti che hanno saputo recuperare alcuni assunti in senso progressista del primo Movimento Moderno (specialmente quello relativo alla fruibilità dello spazio aperto come valore collettivo)27 e a rivalutare la tradizione del Landscape.La necessità di un’articolazione dialettica delle due problematiche del paesaggio e dello spazio pubblico nelle città contemporanee rende il discorso della disciplina paesaggistica particolarmente pertinente: fondato su di una cultura comune di città e campagna la forza della progettazione paesistica risiede nella sua capacità di “progettare il paesaggio come spazio pubblico”.28 Inoltre la sua capacità di vedere la città come un luogo “sedimento di interpretazioni successive” e la campagna come un artefatto gli consentono di abbordare il discorso progettuale a partire dalla lettura del sito cioè attraverso una strategia fi nalizzata a rendere leggibile contemporaneamente le specifi cità ambientali e culturali dei luoghi. In questo senso si può parlare di una nuova possibilità dell’architettura di paesaggio di contribuire alla rifondazione della progettazione urbanistica29 sulle basi della reale conformazione della città contemporanea.La terza osservazione, conseguente a questo discorso, è relativa ad una rifl essione di ordine progettuale avviata a partire dal riconoscimento della forma concreta dello spazio urbano contemporaneo come elemento guida di ogni intervento di trasformazione. Risiedono, infatti, nella forma e nelle necessità della realtà territoriale contemporanea i potenziali contribuiti per la defi nizione di una nuova concezione dello spazio urbano e delle nuove direzioni da percorrere. Nella città dispersa lo spazio del paesaggio rurale e del sistema ambientale si è frammentato in un arcipelago di piccoli e piccolissimi spazi verdi di risulta racchiusi tra reti infrastrutturali e insediamenti edilizi. Risultato dell’abbandono della campagna e dell’uso agricolo

fi gura 54Atelier 5 - Siedlung HalenBerna - 1961

fi gura 53Jorn Utzon - Kingo housesElsinore - 1956-1960

fi gura 55Giancarlo De Carlo Università di Urbino, 1962-1965

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del suolo questi spazi acquisiscono una grande potenzialità se ripensati in un disegno strategico complessivo alla scala del territorio della città. La scala geografi ca, la diffusione degli insediamenti costruiti nel paesaggio, l’occasione dei grandi vuoti urbani della de-industrializzazione del territorio europeo conduce verso una concezione di “verde” intesa come rete di connessione dell’insieme composito del tessuto insediativo della metropoli contemporanea.Negli ultimi venti anni, e particolarmente dagli anni ‘90, si sono moltiplicati in Europa i piani ed i progetti che si muovono a partire da una concezione di paesaggio inteso come elemento costitutivo dello spazio insediativo ed in cui è particolarmente signifi cativo l’apporto della disciplina del landscape. Sono riconoscibili, a grandi linee, almeno due grandi fi loni operativi che costituiscono in Europa, la punta più avanzata della sperimentazione e che possono essere riassunti nell’esperienza di pianifi cazione di Francia e Germania.30 In Francia, specialmente, la struttura della strumentazione legislativa e tecnica vigente ha favorito uno sviluppo di un’idea urbanistica in cui la necessaria costruzione di un sistema formale di verde è vista in stretta correlazione con l’organizzazione del costruito. Concetti come le “cascate verdi”, le “trame verdi”, sono stati implementati attraverso una concezione di projet urbain che acquisisce il paesaggio come materiale di lavoro. Tra i “plans vertes”, messi a punto in circa 20 anni esperienza in Francia, il piano regionale per L’Ile-de-France del 1994 si confi gura come primo caso di applicazione operativa del concetto di trama verde. Si tratta di un’esperienza di pianifi cazione a scala territoriale che integra in un più generale obbiettivo di continuità e fruizione i diversi insediamenti con gli spazi verdi e naturali della città. Il piano costituisce un esempio di questa tendenza ed è sulla base di strumenti urbanistici a scala territoriale che si sviluppa la progettazione di gran parte delle città francesi negli anni più recenti. In questo ambito si sviluppa un fertile campo di intervento per il progetto urbano in cui il ripensamento della città a partire dal ruolo assunto dallo spazio pubblico è coniugato con una strategia ambientale complessiva per il controllo dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Ovviamente non si tratta esclusivamente di una questione ecologica ma anzi la ricostituzione di una rete paesaggistica gioca molti ruoli alla scala urbana: a livello di connessioni e fruibilità territoriali; in senso paesistico come collegamento dei grandi sistemi forestali e agricoli; in senso estetico come

fi gura 56Vittorio GregottiUniversità di Sesto Fiorentino - 1971

fi gura 57Alvaro SizaQuartiere della Malagueira - Evora1977 - 1990

fi gura 58 e 59Alvaro SizaQuartiere della Malagueira - EvoraPlanimetria e schizzo di progetto

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connessione visuale e di riconoscibilità; in senso urbanistico come precondizione di espansioni insediative future. In Germania, invece, prevale il discorso ecologico in cui si privilegia l’aspetto della rinaturalizzazione dei territori urbani. Nei piani di città come Francoforte, Monaco, Berlino vengono utilizzate formule già conosciute, come le “cinture” e “cunei” verdi sviluppate negli anni ’30, ma riproposte con una logica completamente nuova ed in cui prevale la costruzione di una rete paesaggistica disegnata a partire dalla costituzione stessa della città esistente. La grande novità di questi piani risiede infatti nella loro capacità di conformarsi sulla base della morfologia e delle opportunità esistenti. In questo senso i fenomeni di deindustrializzazione costituiscono l’occasione per proporre la salvaguardia della biodiversità, dell’identità dei luoghi, delle qualità paesaggistiche su di ampie aree come strategia generale di riqualifi cazione e valorizzazione delle regioni depresse. Si può citare, in tal senso, l’esperienza dell’Emscher Park nella Ruhr in cui un piano a scala regionale di rinaturalizzazione e bonifi ca del corso del fi ume Emsher si è costituito ad indirizzo e guida nello sviluppo di un’intera regione attraverso l’implementazione di una serie di studi e progetti di dettaglio che hanno accompagnato l’idea del piano al livello concreto della realizzazione.Anche in Italia è riconoscibile nei piani degli ultimi dieci anni un rinnovato interesse per le problematiche di ordine paesaggistico ma si può ritenere che siano ancora troppo pochi i casi che percorrono questa strada rispetto a quello che accade in altre parti di Europa. In Italia prevale generalmente la preoccupazione per la salvaguardia e la tutela dei contesti ambientali sensibili mentre è meno affermato il discorso dell’integrazione del progetto urbano con il disegno dello spazio verde come approccio ai paesaggi suburbani. Tra le eccezioni particolarmente signifi cative nel rapporto tra progettazione urbanistica, città e paesaggio vi sono i progetti per i grandi parchi metropolitani come il Parco nord a Milano e, nel campo della pianifi cazione, la proposta per il PRG del comune di Roma (2000).31 In generale si rivelano signifi cative quelle sperimentazioni in cui è chiaramente riconoscibile la capacità di mettere in relazione le diverse scale della pianifi cazione con piani guida a scala geografi ca che vengono poi approfonditi da progetti urbani di dettaglio. Il processo urbanistico si svolge così in modo unitario e compiuto fi no alla sua implementazione garantendo fattibilità e controllo formale alla scala dei diversi ambiti di intervento.

fi gura 60Parco di Villeneuve a GrenobleMichel e Claire Corajoud - 1974

fi gura 62Plaine Saint DenisMichel e Claire Corajoud - 1998Dettaglio dell’interramento dell’autostrada

fi gura 61Parco di Sausset a Seine Saint DenisMichel e Claire Corajoud - 1980/2000

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In questo contesto di strumentazione urbanistica si stanno moltiplicando i casi di progettazione urbana in stretto rapporto con il contesto ambientale e paesaggistico sia che si tratti della proposta di nuovi insediamenti, sia che si tratti di riqualifi cazione e rivalorizzazione di luoghi esistenti. Si delinea quindi la necessità di individuare quali possano essere effettivamente i contributi che questa direzione offre agli strumenti operativi del progetto urbanistico, attraverso quali presupposti teorici e culturali, quali siano le direzioni che questa attitudine ha intrapreso fi no ad oggi nel panorama europeo e con quali modalità questo avvenga.

fi gura 63Progetto generale della cintura verde di Francoforte - 1989

fi gura 64progetto di dettaglio della cintura verde di Francoforte - 1989

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NOTE

1 TABUCCHI ANTONIO (1981), Il gioco del rovescio, Feltrinelli, Milano2 VIGANÒ PAOLA (1999), La città elementare, Skira, Milano, p. 148.3 BENEVOLO LEONARDO (1991), La cattura dell’infi nito, Laterza, Roma, p.102-1034 Ivi p. 4 5 Ivi p. 73 6 Ivi p. 79. Benevolo sostiene, al contrario, che si tratti di una vera e propria diluizione e perdita di spinta creativa del paesaggismo Inglese che sopravvive solo come repertorio formale di soluzioni progettuali. 7 BELFIORE EMANUELA (2005), Il verde e la città. Idee e progetti dal Settecento ad oggi, Gangemi, Roma, p. 778 BENEVOLO LEONARDO, BENNO ALBRECHT (1994), I confi ni del paesaggio umano, Laterza, Roma, p.1249 Ibidem 10 BELFIORE EMANUELA (2005), cit. p. 79 11 Ivi p. 80 12 GIORDANI PIER LUIGI (1972), L’idea della città giardino, Calderini, Bologna, p. 4413 BELFIORE EMANUELA (2005), cit. p. 86 14 Ivi p. 8915 UNWIN RAYMOND (1995), La pratica della progettazione urbana, Il Saggiatore, Milano (Ed. Originale 1909)16 DAL CO FRANCESCO (1973), “Dai parchi alla regione. L’ideologia progressista e la riforma della città”, in: Ciucci G., Dal Co F., Manieri Elia M., Tafuri M. (1973), La città americana dalla guerra civile al New Deal, Laterza, Bari, p. 180 17 “parchi del popolo”18 “paesaggio in città”19 Marx e Engels ne La condizione della classe operaia in Inghilterra vedono nell’abolizione della distinzione tra proletariato urbano e classe contadina un punto importante per l’emancipazione del lavoratori.20 GABELLINI PATRIZIA (2004), Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma, p. 13821 VIGANÒ PAOLA (1999), cit. p.12922 FRAMPTON KENNETH (1988), “In search of the modern landscape”, in: Wrede S. e Adams W. H. [a cura di], Denatured Visions. Landscape and culture in the Twentieth Century, Moma, New York, pp. 42-6123 BENEVOLO LEONARDO, BENNO ALBRECHT (1994), cit., p. 13424 COGATO LANZA ELENA (2005), “Le territoire inversé” in: Versteegh P. (2005), Méandres. Penser la paysage urbain, PPUR, Lausanne, p. 12225 LÉVEILLÉ ALAIN [a cura di] (2003), 1896-2001 Projets d’urbanisme pour Genéve, Georg Editeur, Genève, p.7226 BELFIORE EMANUELA (2005), cit. p. 160 27 Purtroppo l’abitudine a banalizzare il signifi cato e la portata del Movimento Moderno con una critica superfi ciale e ormai convenzionale e la sottovalutazione della sua componente progressista a scapito di una sopravvalutazione dell’ecological planning non sempre ha portato delle novità in senso migliorativo nel campo della progettazione urbanistica. Per esempio le esperienze di “bioedilizia” hanno spesso replicato forme e sistemi insediativi desunti dal modello della città giardino rinunciando a proporre qualsiasi tipo di innovazione spaziale e riducendosi ad un fenomeno completamente assorbito dalle forze del mercato immobiliare urbano.28 MAROT SEBASTIEN (1995), L’alternative du paysage, in: Le Visiteur 1 - ville, territoire, paysage, architecture, Soc. des Architectes, Paris, p. 6429 BELFIORE EMANUELA (2005), cit. p. 19930 Il caso Olandese, sebbene importante, si inserisce in una tradizione di gestione dello spazio pubblico che è determinata da fattori storici ed economici radicalmente diversi da quello della situazione dell’Europa sud-occidentale. In particolare, il progetto di paesaggio coincide con un’opera continua di fondazione ed adattamento della terra strappata artifi cialmente al mare e poi gestita in un regime di proprietà pubblica. In questo senso e visti gli obbiettivi operativi della ricerca si ritiene che vada affrontato ed approfondito in altra sede.31 Adottato nel 2003 il piano di Roma defi nisce, oltre al sistema paesaggistico ed ambientale ed alla rete ecologica, una serie di ambiti di paesaggio relativi

fi gura 65Piano dell’Ile de France - 1994Dettaglio della trama verde dellaregione di Parigi

fi gura 66Piano del verde di Monaco - 1990Il sistema dei cunei verdi

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a conformazioni orografi che differenti (valli, fi umi, pianori, …). Una guida alla progettazione indica icriteri indicativi per gli interventi edilizi e di infrastrutturazione viaria. È interessante notare, inoltre, come l’ormai classico modello di “cintura verde” sia riproposto nella forma di “ruota verde” costituita da raggi=cunei verdi e ruota=cintura verde.

fi gura 69Michel Desvigne e Cristine DalkonyParco F. Mitterand - Issoudunpianta

fi gura 67Piano regionale dell’Emscher Landschaft Park - 1989

fi gura 68Berlino - Piano per la riqualifi cazionedel quartiere di edilizia sociale Marzhan - 1991-in corso

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PARTE IIIl concetto di \paesaggio come aspetto strutturale del progetto urbanistico:

matrici culturali e teoriche

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Eli
Rectangle
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II.1 LA PROGETTAZIONE SITE SPECIFIC1 COME PRESUPPOSTO DELLA RICERCAL’acquisizione del concetto di paesaggio come materiale strutturale e formale nel progetto urbanistico può essere fatto risalire alla seconda metà degli anni sessanta. In quegli anni si sviluppa sia in ambito Europeo che in quello nord americano, un contesto culturale che, seppur estremamente eterogeneo, esprime una critica durissima nei confronti dei fondamenti dell’urbanistica moderna di matrice funzionalista.In primo luogo vengono messi in discussione gli strumenti stessi della disciplina, il piano degli standards, degli indici e dello zoning ritenuti eccessivamente schematizzanti/semplifi catori/banalizzanti rispetto al contesto ed alle trasformazioni territoriali che si andavano delineando. Il punto centrale delle contestazioni mosse alla cultura funzionalista è rinvenuto nell’indifferenza della pianifi cazione verso il supporto geografi co ed orografi co dei luoghi. Il rifi uto del grado zero dell’architettura2 diventa così la ragione centrale intorno a cui si muovono molti ambiti di ricerca. È in alternativa alla pratica progettuale della “tabula rasa” della Carta di Atene che viene avviata una rifl essione sull’idea di un’urbanistica diversa fondata su di un approccio qualitativo e prestazionale e che si occupa di forme e relazioni dei materiali urbani oltre che di dimensioni e programmi. Tra i tanti fi loni di ricerca si possono mettere in luce quelli che, sino dall’inizio del dibattito, hanno individuato nel paesaggio e nel territorio un campo di approfondimento da abbordare con gli strumenti della progettazione, intesa come pratica di implementazione di idee e piani astratti. Alcuni di essi rivestono una particolare importanza perché hanno dato origine a veri e propri fi loni teorici in qualche misura confl uiti nella teoria e nella pratica del progetto contemporaneo con apporti sempre riconoscibili.Senza avere la pretesa di esaurire l’argomento e con l’obbiettivo di sviluppare un discorso progettuale relativo alla forma urbana e il paesaggio, sono stati individuati alcuni spunti teorici particolarmente signifi cativi che hanno mosso le loro posizioni da quel clima culturale. È interessante notare che l’acquisizione del concetto di paesaggio nella progettazione avvenga a partire da altre discipline prima che in campo urbanistico. I testi proposti di Lynch, Mcharg, Gregotti, Smithson sono, in questo senso, precursori di alcune linee di ricerca afferenti a contesti culturali, disciplinari e geografi ci molto diversi tra loro. Pubblicati quasi contemporaneamente hanno avuto grande risonanza negli anni a seguire e sono divenuti un riferimento nei relativi ambienti disciplinari. Si veda per esempio la defi nizione delle problematiche relative alla “nuova dimensione della città” e l’aspirazione all’unità tra urbanistica e architettura come apporto italiano al dibattito europeo di quegli anni che avuto vari sviluppi tra cui il discorso sul Progetto di Suolo di B. Secchi e il fi lone del projet urbain in Francia; la “sensibilità topologica”3, gli earthworks, le “escursioni suburbane” della Land Art a cui possono essere ricondotte alcune esperienze di riqualifi cazione come quelle di Peter Latz per l’Emsher Park e quelle di gruppi come i Cliostraat e gli Stalker; l’approccio ecologico alla pianifi cazione attraverso gli strumenti ormai codifi cati delle “analisi di idoneità” ed i concetti di “vocazione intrinseca” dei luoghi e di “capacità portante”4; la grande importanza didattica dei testi di Lynch in campo universitario e l’approccio del siteplanning come una vera e propria nuova disciplina fondata in termini di sistemi di signifi cato e di percezione dell’ambiente.

I testi di riferimento, scelti per il loro valore esemplifi cativo, hanno un ruolo importante nel legare gli intenti morfologico-formali della progettazione urbana e territoriale ad alcuni aspetti del paesaggio. In quest’ottica nei quattro testi è riconoscibile un terreno comune su alcuni

assunti di fondo:1 - La progettazione come strumento capace di articolare alle diverse scale e in tempi diversi sia gli aspetti spaziali che quelli sociali dell’intervento sul paesaggio.5

2 - La scala territoriale in relazione al concetto di paesaggio e le sue implicazioni nel campo della progettazione sotto le sue diverse declinazioni (architettonica, urbana, ecologica, artistica). 3 - La ricerca di una fondamentazione del progetto a partire dalle caratteristiche dei luoghi della trasformazione, la progettazione site specifi c ed il riconoscimento del ruolo dell’analisi come primo atto progettuale.4 - Il discorso sulla forma e, nello specifi co, sulla morfologia del territorio.5 - Il vuoto, lo spazio aperto come inizio della rifl essione progettuale operando di fatto un’inversione sulla consueta relazione tra progetto e oggetto.6

Il metodo di lettura dei testi è fi nalizzato ad individuare alcuni contributi chiave per la defi nizione di una metodologia operativa. I testi vengono analizzati per mezzo di una sorta di “scheda” di lettura con l’intento di poter estrapolare alcuni principi riconducibili ad una metodologia del progetto urbanistico. La scheda è articolata in tre sezioni. La prima parte contiene una sintetica presentazione del contesto culturale in cui è stato pubblicato il testo; una seconda parte è relativa all’analisi del corpo centrale del testo e dei suoi contenuti; la terza individua sinteticamente i principi progettuali più signifi cativi.

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VITTORIO GREGOTTI: LA FORMA DEL TERRITORIO7

Il contesto culturale ed i contenuti generaliUna prima versione del saggio “La forma del territorio” appare su di un numero speciale di “Edilizia Moderna” 87-88/1966 con il titolo omonimo. Nel 1991, venticinque anni dopo la prima pubblicazione, viene ripreso un estratto del testo nell’editoriale di Casabella 575-576, Il disegno del paesaggio italiano dal titolo “Progetto di paesaggio”. La pubblicazione avviene in un contesto culturale particolarmente attivo ed in coincidenza con “L’architettura della città” di Aldo Rossi, un altro testo fondamentale per la cultura architettonica italiana. Intorno alla rivista Casabella di Ernesto Nathan Rogers si forma, a partire dalla prima metà degli anni ’60, una generazione di architetti che vede una via di uscita dalla crisi in cui si trovava la cultura architettonica e urbanistica moderna nella considerazione della città come realtà fi sica. In particolare l’attenzione per la descrizione e classifi cazione della città in termini formali acquisisce il signifi cato di riportare l’attenzione sugli aspetti peculiari dei luoghi nelle loro componenti morfologiche, geografi che, paesaggistiche ma anche sugli aspetti di ordine storico e culturale che contribuiscono nel tempo alla loro formazione.Alcuni temi fondamentali accomunavano il dibattito di quegli anni: la “nuova dimensione”8 della città, il rapporto tra storia e architettura, il metodo di analisi della realtà, il ruolo del progetto in relazione agli strumenti tradizionali della pianifi cazione e specialmente le questioni di ordine disciplinare che riguardavano l’autonomia disciplinare e la specifi cità dell’architettura.Al contrario del gruppo Tendenza (Rossi, Aymonino) che si poneva in stretta continuità con gli studi morfo-tipologici di Muratori, le premesse culturali di Gregotti si possono far risalire al pensiero fenomenologico, vicino a certe posizioni dello strutturalismo, particolarmente nella versione di Maurice Merlau Ponty9 e di Enzo Paci. Da questi presupposti si articolerà la sua ricerca relativa al paesaggio e all’idea di architettura come mezzo di trasformazione dell’ambiente fi sico nella sua totalità.I problemi vengono posti a partire da un’ottica di lettura dell’architettura come “insieme ambientale totale” in cui, in alternativa alla pratica del Movimento Moderno, si privilegia “l’organizzazione in fi gure delle forma esistenti attraverso l’instaurazione di nuovo senso piuttosto che la produzione di nuove forme”10. Consapevole delle trasformazioni territoriali che in quegli anni vedevano un primo forte impulso, Gregotti riconosce nelle questioni poste dalla nuova dimensione della città (la “città territorio”, la scala territoriale, il paesaggio) un assunto fondamentale del discorso sulla progettazione dello spazio e sulla formalizzazione dei processi di trasformazione in atto. La defi nizione della nozione di “paesaggio antropogeografi co”11 consente a Gregotti di articolare una proposta intorno ai problemi relativi alla nuova dimensione della città e affermare la necessità di una descrizione della “forma del territorio”.

Struttura, articolazione e contenuti del testoIl testo è suddiviso secondo vari paragrafi che introducono gli argomenti della trattazione e di cui si riassumono i contenuti rilevanti. La questione centrale del libro viene enunciata immediatamente all’inizio: “[…] di indagare intorno alla fondazione di una tecnologia formale del paesaggio antropogeografi co dal punto di vista dell’architettura. Indagare cioè quali problemi vengano posti in primo piano dal considerare il nostro lavoro di architetti come lavoro sugli insiemi ambientali a tutte le scale dimensionali”.12

fi gura 70Vittorio GregottiPiano PEEP a Cefalù - 1976

Nella possibilità di isolare il problema della forma alla scala antropogeografi ca viene rinvenuta la necessita di un’approfondimento di alcune questioni di ordine disciplinare relative al rapporto tra Planning e Design e alla disciplina del Landscape. All’esterno del campo disciplinare proprio dell’architettura Gregotti fa riferimento in particolar modo a tre gruppi di studi che si sono occupati di problemi relativi alla strutturazione formale del territorio13.

La geografi a del paesaggioIn primo luogo la geografi a come settore disciplinare da sempre coinvolto nella descrizione e studio dell’ambiente fi sico a grande scala e che pur indagando relazioni e formazione dello spazio geografi co, non costituisce proposte, non ha fi nalità progettuali.

Il paesaggio come oggetto esteticoIl secondo settore è quello che riguarda la modifi cazione degli strumenti di comunicazione in particolare quello relativo alla strutturazione della forma visuale dell’arte moderna in grado di far fronte alle dinamiche spaziali e temporali richieste dalla dimensione geografi ca.14 L’indagine è sviluppata a partire dal presupposto che il paesaggio antropogeografi co possa essere oggetto estetico. Gregotti si occupa dal ruolo assunto dalle arti della rappresentazione (pittura, fotografi a, cinematografi a) nella costruzione storica della nostra percezione evidenziando il loro apporto signifi cativo nella conquista di nuovi punti di vista sui diversi aspetti della realtà territoriale e paesaggistica. Il loro ruolo assume una particolare rilevanza nell’ambito di tutte quelle discipline che hanno necessità di utilizzare gli strumenti di descrizione e rappresentazione del territorio e sul loro ruolo anticipatorio rispetto a discipline come l’urbanistica che ha un feedback molto più lento.

Le teorie sugli aspetti formali della cittàIl terzo gruppo si riferisce a quegli studi che si sono occupati di problemi di strutturazione della forma urbana e come il punto di vista della “fi gura della città” possa essere considerato un caso particolare del problema della “fi gura del territorio”.Gregotti individua negli studi condotti da Kevin Lynch e Gyorgy Kepes presso il MIT di Boston uno dei contributi più importanti nel campo degli studi della fi gura dell’ambiente fi sico e dell’immagine della forma urbana15 ed in cui, per la prima volta, la questione della morfologia urbana viene posta in termini di sistemi di signifi cato.

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Dinamica morfologica del territorioNegli ultimi cento anni il movimento di trasformazione nel tempo della fi gura del paesaggio antropogeografi co ha subito una particolare accelerazione e con rapidità sempre maggiore si assiste alla progressiva e inarrestabile “riduzione da parte dell’uomo della natura a cultura”.16 A questa espansione spaziale ed accelerazione temporale dei processi di trasformazione non ha corrisposto la messa a punto di un’adeguata strumentazione progettuale che consente una strutturazione formale del territorio alla scala geografi ca e del paesaggio. Gli architetti sono costretti a ricorrere ad altre discipline per la rappresentazione del territorio di cui non sono più in grado di controllare né prevedere le modifi cazioni in atto.

La tradizione del landscape e la difesa del paesaggioLa fondazione della disciplina del “Landscape” e, quindi, l’assunzione del paesaggio tra i materiali in qualche modo operabili in senso estetico ed il riconoscimento culturale del valore intrinseco dei luoghi, determina l’esigenza di articolare una legislazione in grado di tutelarne le caratteristiche peculiari. La prima legislazione di tipo vincolistico risale ai primi decenni del ‘900 con la fondazione dei Parchi Nazionali che hanno lo scopo principale di operare una difesa di alcune porzioni di territorio dalle pressioni del mercato immobiliare. Il territorio risulta così suddiviso in aree privilegiate di particolare valore storico-naturalistico la cui operabilità è intesa esclusivamente in senso conservativo e aree non vincolate, di “non-paesaggio”17 in cui spesso le uniche norme sono quelle relative alla densità. Questa osservazione consente a Gregotti di avanzare una critica ed allo stesso tempo una proposta sul ruolo della progettazione nel governo delle trasformazioni dei luoghi, anticipando di almeno una ventina d’anni un dibattito ancora in corso18. In particolare il progetto dovrebbe essere in grado di strutturare anche i luoghi meno rilevanti da un punto di vista storico e paesistico, i luoghi non tutelati, secondo obbiettivi fi gurali capaci di fornir loro un nuovo signifi cato all’interno di un sistema ambientale e paesaggistico più ampio. Attraverso la lettura dei caratteri formali dei luoghi esistenti il progetto deve sviluppare un’”arte dell’environnement” in grado di “porre gli oggetti l’uno in rapporto all’altro” e di servirsi delle forze in espansione in atto con lo scopo di ottenere un risultato migliore delle condizioni originali.19

La fi gura del territorio e la tradizione disciplinare dell’architetturaIl discorso sulla fi gurabilità del paesaggio è sviluppato a partire da tre ordini di considerazioni: la prima costituisce il riconoscimento della crisi dell’architettura e dell’urbanistica di matrice funzionalista che vede nel rapporto di corrispondenza sequenziale forma-funzione il suo principale fondamento progettuale; la seconda riguarda la necessità di ricostituire la specifi cità disciplinare dell’architettura fondandola sul “preciso compito di introdurre degli obbiettivi fi gurativi nell’attuazione spaziale dei servizi nel contesto”20. In questo senso l’architetto deve poter proporre modelli spaziali pertinenti al proprio campo disciplinare e metterli a confronto con gli altri contributi specialistici sullo stesso piano interdisciplinare ed in questo senso deve comparire sin dall’inizio del processo di pianifi cazione il problema della fi gura signifi cativa di città e territorio; la terza si riferisce alla possibilità di riconoscere nella costruzione del paesaggio un campo di specifi ca competenza architettonica con l’obbiettivo di costruire una “geografi a volontaria” mirata alla continua espansione della sua fruibilità a partire dalle situazioni esistenti e dal loro riconoscimento.

Problemi di lettura dei sistemi ambientaliPer operare in una situazione geografi ca specifi ca è necessario operare una lettura alla scala appropriata e quindi dotarsi di una “nomenclatura e di una descrittiva formale del paesaggio”21 in grado di rappresentare e classifi care le tipologie formali del paesaggio antropogeografi co, i valori formali del territorio, gli indici di trasformazione formale e i criteri di defi nizione del comprensorio formale.Gregotti evidenzia le diffi coltà riscontrabili in questa operazione di lettura alla scala del territorio:1- defi nire un’unità operativa di lettura. È suggerito un metodo riconducibile al riconoscimento di insiemi formali circoscrivibili per esempio servendosi dei concetti della topologia spaziale come quello di campo, insieme, gruppo, iterazione. I campi sono costituiti da vari insiemi di elementi ambientali omogenei, “collezioni di materie operabili”, che vengono rilevati secondo vari piani di rilevamento relativi a stratigrafi e, storia del processo di formazione, materiali e loro inventario ed ordinamento per forma, colore, struttura. Sono compresi in questo gruppo tutti gli schemi di relazione geometrici, le sequenze, le polarità, la posizione e quantità, le maglie riconoscibili, le densità di signifi cato intese sia nel senso delle destinazioni d’uso sia dal livello di qualità simbolica dei luoghi. Questa idea e principio di una possibile lettura del territorio a scala geografi ca a partire dai materiali costituenti elementari è stata poi ampiamente ripresa ed approfondita da alcune ricerche sviluppate negli anni ’90.22

2- operare una revisione degli strumenti di rappresentazione partendo dal presupposto che il piano fotogrammetrico o fotografi co rappresenta uno strumento effi cace come supporto ma che non è in grado di restituire niente del “peso fi gurale” delle varie parti del territorio.23

Un catalogo degli approcci formaliGregotti suggerisce vari piani di possibili di lettura formale del territorio secondo un ottica proveniente dallo spostamento di scala degli approcci delle arti visive che conducono a diversi tipi di atteggiamenti verso la strutturazione formale del paesaggio. Sono individuati diversi tipi di approcci possibili:- approccio tendente ad una invenzione fi gurale totale attraverso il cambiamento di senso della materia esistente (a partire dall’evocazione/riconoscimento nella forma geografi ca di forme delle cose del mondo);- approccio del riconoscimento delle preesistenze ambientali come sfondo continuo dell’intervento di trasformazione (l’oggetto che misura il paesaggio, fi gura per rapporto ad esso);- approccio combinatorio delle materie rilevate attraverso un’ottica molto distante e una lettura alla dimensione geografi ca (geografi a e geometria);- approccio che sfrutta la materialità del suolo per operare la trasformazione attraverso la lettura della struttura del supporto geologico.

Natura della disegnabilità a scala geografi caGregotti si chiede allora quale sia il limite temporale e spaziale della disegnabilità e dell’invenzione geografi ca, in cosa consista la differenza tra le operazioni fi gurali caratteristiche del suo livello dimensionale, quelle tradizionalmente connesse alle arti fi gurative e quelle legate alla tradizione architettonica moderna; quali siano gli elementi di queste due tradizioni che sia possibile recuperare come valori della disegnabilità a scala geografi ca. Torna sulla necessità

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di defi nire delle tecnologie formali di lettura del territorio fi nalizzate alla sua strutturazione perché: “troppo varie e resistenti sono le situazioni, troppo ricche di spunti per non appoggiarci ad esse”.24 Il problema è posto a partire dalla constatazione che le azioni di trasformazione che implicano una modifi cazione della forma avvengono sempre relativamente ad una situazione contingente ben precisa, con condizioni esterne e di “preesistenze ambientali”25 di fatto differenziate. Di conseguenza la specifi cità dell’azione di trasformazione è necessariamente legata ad una “soglia minima operativa” oltre la quale l’effi cienza operativa viene meno nella formazione/nell’azione di creazione/conseguimento di un nuovo signifi cato: “In ogni caso, poiché non si tratta nel progetto di paesaggio della manomissione totale dell’ambiente come insieme di elementi su un campo determinato, ma della riassunzione totale di esso in funzione della formazione di senso, si tratterà di operare con il minimo degli spostamenti possibili, con il massimo cioè dell’economicità fi gurativa dell’intervento”.26 È riconosciuto in questo senso un primo principio chiave per la trasformazione del paesaggio antropogeografi co, quello cioè della minima azione possibile valutata in base alle condizioni dettate dalla specifi cità dei luoghi che consenta il “massimo rendimento creativo col minimo sforzo operativo”. Questo principio di misura dell’azione di trasformazione è ritenuto applicabile sia ai paesaggi in cui sia preponderante l’aspetto naturale sia nel caso dello spazio geografi co compromesso dall’azione dell’uomo: in entrambi i casi è ritenuto valido il principio di individuazione di una soglia minima di intervento.

Architettura, ambiente, naturaGregotti conclude il saggio riconoscendo che le considerazioni in esso contenute non possono acquisire una validità scientifi ca, perché partono da considerazioni orientate ad un’operazione artistica in quanto estetica e che il problema della strutturazione formale dell’ambiente antropogeografi co impone una revisione del concetto di natura come valore così come si è costituito nella tradizione dell’architettura moderna. Vengono individuate due posizioni estreme: da un lato l’idea di Le Corbusier di natura che entra nella città attraverso l’architettura, dall’altro l’idea di città e campagna come due fatti indistinti nel piano per Broadacre city di F.L. Wright. L’idea di Gregotti è, al contrario, quella di paesaggio come “insieme ambientale totale che deve muovere, invece che verso la conservazione o ricostruzione dei valori naturali separati, verso il riconoscimento della materialità dell’intero ambiente antropogeografi co come operabile e continuamente intenzionabile, e fare riferimento alla fruibilità totale come ad un valore indispensabile”. Lo scopo ultimo della trasformazione di paesaggio è individuata nella sua riassunzione in un sistema ambientale accessibile e quindi “più disponibile”.

Principi riconducibili ad una metodologia della progettazioneA distanza di quasi 40 anni il discorso di Gregotti appare ancora attualissimo pur essendo stato in gran parte superato dalle tecnologie e dagli strumenti di descrizione, dal discorso sull’ecologia, dalle normative e dalle tecniche urbanistiche nel frattempo sviluppatesi. Il testo è precursore di vari studi e tendenze ed ha anticipato moltissimi temi del dibattito ancora in parte in corso, in questo senso non ha ancora esaurito la sua portata operativa. In particolare si possono riassumere alcuni concetti chiave da un punto di vista operativo particolarmente signifi cativi nel discorso che ne è seguito: - il riconoscimento nel problema dimensionale e della scala il nodo peculiare di ogni intervento sul paesaggio e sul territorio geografi co urbano;

- la necessità di reperire nuovi strumenti di lettura ed analisi del territorio per rintracciare nella situazione esistente, nelle preesistenze ambientali e nella geografi a dei luoghi gli spunti ed i fondamenti del progetto;- la necessità di mettere a punto un’adeguata strumentazione progettuale in grado di servirsi delle forze di trasformazione in atto per ricostituire un signifi cato ed una fruizione ai luoghi;- il privilegiare una progettazione fondata sull’”arte delle relazioni” piuttosto che sulla costruzione di nuovi manufatti e sul “design”;- l’introduzione del concetto di “soglia minima operativa” come soglia di trasformazione oltre cui non è possibile muoversi.

Gli esiti progettuali del discorso di Gregotti si sono limitati ad alcuni progetti di architettura a scala geografi ca ed a problematiche relative alla standardizzazione di manufatti edilizi di grande dimensioni, mentre le implicazioni operative non sono mai state estese direttamente alla progettazione urbana nella sua complessità. Si vedano per esempio i progetti il complesso di edilizia pubblica a Cefalù (1976) e il progetto per il Polo Universitario di Sesto Fiorentino (1971).

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KEVIN LYNCH: THE SENSED LANDSCAPE 27

Il contesto culturale ed i contenuti generaliSiteplanning è considerato uno dei testi fondamentali per la disciplina del progetto urbano. Pubblicato nel 1962 per la prima volta è stato rieditato più volte con numerose revisioni ed ampliamenti. In Italia, al contrario di altri testi di Lynch di notevole fortuna,28 non esiste una edizione tradotta.Il pubblico italiano conosce Lynch nella sua prima traduzione di L’immagine della città nel 1964 che come siteplanning è frutto della collaborazione con il Joint center for urban studies del MIT di Boston.Già a partire dagli anni ’50 con l’approfondimento dell’approccio percettivo proposto da Architectural Review in Inghilterra Lynch si occupa della ridefi nizione del concetto funzionalista di progetto urbanistico. Come nei suoi altri testi, Lynch propone un approccio diverso nel metodo di lettura della città con l’intento preciso di incidere sulla metodologia di formazione del progetto urbano nel tentativo di fondare una nuova disciplina a cavallo fra pianifi cazione urbanistica e progetto architettonico. In questo senso Lynch utilizza il termine Siteplanning, già usato da Unwin nel capitolo “Del site planning e delle strade residenziali”29 in cui è descritta una metodologia di controllo del processo di pianifi cazione attraverso le diverse scale di intervento. Partendo dalla considerazione dell’inadeguatezza dell’approccio disciplinare e alla ricerca di una presunta oggettività del processo progettuale Lynch sviluppa un metodo empirico fondato sulle componenti della “fi gurabilità”30 (imageability) cioè basata sulla percezione dei fruitori dello spazio urbano. Per la prima volta la questione della morfologia urbana viene posta in termini di sistemi di signifi cato e percezione. Nella chiarezza di orientamento e di lettura della città è riconosciuto un obbiettivo perseguibile e valutabile attraverso una serie di nuovi strumenti (mental maps, mappe cognitive) messi a punto a partire da un rilevamento statistico sull’utente. La “fi gurabilità” è ordinata secondo cinque schemi operativi (percorsi, riferimenti, margini, nodi e quartieri) e istituita dal punto di vista dell’utente concreto. L’oggettività presunta delle conclusioni è rinvenuta nella verifi ca posta su basi collettive e, quindi, “non soggettiva”. 31

Struttura, articolazione e contenuti del testo La defi nizione del termine “Site Planning” è enunciata immediatamente dalle prime righe del libro:32 una scala di

fi gura 71Kevin Lynch - SiteplanningGround Form - 1962

intervento intermedia tra il progetto architettonico e la pianifi cazione urbanistica sul confi ne disciplinare di architettura, ingegneria, urbanistica e architettura di paesaggio. Il Site Planning fornisce all’urbanistica gli strumenti e le tecniche per progettare fi no ai dettagli lo spazio aperto della città sulla base delle caratteristiche fi siche dei luoghi. La condizione necessaria alla trasformazione dello spazio è rinvenuta in un’analisi attenta delle complesse relazioni che si stabiliscono tra l’uomo ed il suo ambiente mentre l’utilizzo di alcuni “requisiti ambientali” ha lo scopo di dare forma al progetto. La progettazione è intesa come un insieme di principi che mettono in relazione tra loro i materiali fi sici della città e del territorio in funzione delle diverse possibilità percettive legate a tutti i cinque sensi.Nella terza edizione di Siteplanning33 completamente rivista nella struttura e nell’ordine dei capitoli, compare una sezione dal titolo: “The sensed landscape and its materials”. Rispetto alle versioni precedenti viene dato un grande risalto al concetto della priorità del sito sul programma nella progettazione dei luoghi ed in particolare dello spazio aperto. Già a partire dall’indice, infatti, the site e the user occupano un posto privilegiato. La grande novità del testo e la sua portata anticipatoria risiede nell’individuare chiaramente nello spazio aperto e vuoto un materiale progettabile ed intenzionabile secondo un metodo empirico dedotto da un’analisi di tecniche e materiali.Il sesto capitolo, The sensed landscape and its materials, si occupa del paesaggio e dei suoi materiali a partire dal presupposto che “la qualità sensoriale di un luogo è costituita dall’interazione tra la sua forma e chi la percepisce”34. Come già per lo spazio urbano la forma dello spazio aperto deve essere progettata in modo tale da costituire un’immagine spaziale signifi cativa e dinamica in cui tutte le componenti fi siche interagiscono coerentemente. Con una serie di precisazioni Lynch estende le tecniche ad uso del “site planning” allo spazio aperto del paesaggio.Il programma tradizionale di quantità e funzioni viene progressivamente sostituito con la defi nizione di una serie di “behavior settings”, requisiti prestazionali ricavati attraverso l’analisi dei modi d’uso, dei vincoli, delle potenzialità, delle caratteristiche materiali e sociali del sito. Il capitolo si occupa di fornire una serie di strumenti per perseguire questo scopo ed è strutturato come un manuale di tecniche e materiali progettuali relativi al campo specifi co del paesaggio. Le proposizioni sono fondate in base all’analisi degli elementi fi sici della città e agli aspetti percettivi del progetto dello spazio aperto. La prima parte del testo è riservata ad una serie di precisazioni sulla natura e possibilità di applicazione del metodo del siteplanning al paesaggio e da cui è possibile ricavare alcuni concetti generali chiave: - Il lavoro del progettista deve essere diretto ad amplifi care l’espressione di un luogo, ad esaltare e comunicare la sua natura.35

- Il progetto di paesaggio e dello spazio aperto non può fondarsi sulla riproposizione di prototipi spaziali (il giardino francese o giapponese, la piazza italiana, …) che sebbene costituiscano un enorme riserva di forme possibili, non possiedono nessun legame con l’uso dello spazio.- Lo spazio esterno è percepito attraverso luce e suono e defi nito da elementi di chiusura (enclosures).- Lo spazio esterno è caratterizzato dalla dimensione orizzontale, le sue strutture sono meno geometriche di quelle dello spazio architettonico e le connessioni tra oggetti meno precise; i suoi materiali sono la terra, la roccia, l’acqua e le piante, soggetti a costanti cambiamenti del ciclo naturale.

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- Lo spazio esterno è percepito in sequenze temporali, il disegno complessivo delle varie componenti spaziali che costituiscono un progetto devono essere leggibili come unitarie lungo le variabili di distanza e tempo.- La percezione visiva dipende da molte caratteristiche come luce, colore, tessitura e dettaglio, alcune di queste possono essere manipolate per ottenere un effetto spaziale intenzionale.La seconda parte del testo riporta una serie eterogenea di indicazioni relativa alle caratteristiche ed ai materiali dello spazio aperto e del paesaggio e di tecniche di dettaglio per la loro predisposizione nella costruzione del progetto: luce, tatto e udito, connotazioni, punti di vista, modelli e mappe, tessiture e materiali, attività visibile, congruenza e trasparenza, simboli, senso del tempo, rocce e terra, acqua, piante, manutenzione, dettagli, segnali, arte ambientali, … È interessante soffermarsi sulle indicazioni fornite da alcune di queste voci nell’ambito del taglio critico-operativo della ricerca in relazione al progetto di paesaggio, per esempio quelle relative alla topografi a e alla forma del suolo36 e quelle che introducono delle vere e proprie tecniche progettuali relative allo spazio aperto. Tra queste si riporta una descrizione esemplifi cativa dei contenuti di quelle ritenute più signifi cative.

EnclosuresLo spazio aperto è defi nito da elementi come alberi, siepi, edifi ci, colline ma raramente è completamente racchiuso da essi. La dimensione orizzontale prevale ed è per questo che qualsiasi elemento verticale acquisisce un’importanza amplifi cata. Anche i cambiamenti di livello possono defi nire lo spazio aperto e creare un effetto dinamico. Il passaggio da un piccolo spazio racchiuso ad una grande apertura crea una sensazione di transizione tra contrazione e rilassamento.

Proportion and scaleIl carattere spaziale di un luogo varia a secondo di scala e proporzione cioè la relazione dimensionale tra gli oggetti e tra le varie parti di un solo oggetto. Lo spazio viene percepito dall’occhio secondo un angolo visivo che varia a seconda della distanza del soggetto dagli elementi che lo racchiudono. Un elemento la cui dimensione è pari alla sua distanza dell’osservatore può essere analizzato nei dettagli ma non percepito nel suo complesso. Due volte più lontano appare come un’unità. Tre volte occupa ancora il campo visivo ma comincia ad essere percepito in relazione con gli altri oggetti.

Visual sequencesLe sequenze visive sono più importanti dei punti di vista nella percezione dello spazio aperto del paesaggio che avviene quasi sempre da parte di un osservatore in movimento. La forma del moto ha, dunque, un signifi cato preciso così come la velocità con cui si percorre uno spazio può infl uenzarne la sua percezione. I luoghi sono percepiti in sequenza e di conseguenza il tempo è un elemento fondamentale nella percezione dello spazio. Come tale deve essere considerato nella pratica del progetto dello spazio.Ground formLa forma del terreno infl uenza grandemente le scelte del progetto. La topografi a originaria non può non essere ignorata anche se abbiamo oggi a disposizione macchine che ci consentono di modellare il terreno. Lynch prende in considerazione i vantaggi e gli svantaggi di costruire secondo la pendenza del terreno o in contropendenza. Suggerisce di tenere sempre in

considerazione la forma naturale del suolo e di attenuare l’impatto sullo spazio circostante costruendo sempre al di sotto del punto più alto delle alture.

Stability and changeI materiali dello spazio aperto sono materiali vivi e quindi soggetti a cambiare nel tempo forma, colore, dimensione. Il progetto deve prendere in considerazione la variabilità dei materiali ed utilizzarla attivamente come variabile imprevedibile nella conformazione dello spazio fi sico (per esempio prevedendo delle piantumazioni alternando specie vegetali con durata di vita diverse per confi gurare uno spazio che raggiungerà la sua forma completa solo dopo molto tempo).

Principi riconducibili ad una metodologia della progettazione L’interesse del testo risiede nella sua portata operativa. Lynch non si limita a fornire delle indicazioni preliminari o propedeutiche al progetto ma si addentra in questioni prettamente e specifi camente progettuali. Gli strumenti disciplinari sono fi nalizzati al controllo della forma, del signifi cato e delle qualità materiali in funzione di un utente reale.Si possono riassumere alcuni punti cardine del discorso sul progetto del paesaggio:- Il tempo come elemento che rientra nella progettazione dello spazio attraverso le sequenze visive ed il movimento attraverso lo spazio aperto.- La topografi a del terreno e la sua modellazione come strumento per la defi nizione/controllo della forma dei luoghi.- La necessità di defi nire in dettaglio le qualità dei luoghi (topografi che, orografi che, …) attraverso la realizzazione di modelli e carte tematiche di analisi.- La percezione sensoriale (tatto, vista, udito) come punto di partenza per le scelte di forma e materiali del progetto.- L’imprevedibilità dei risultati fi nali e defi nitivi del progetto che si muove a partire da materiali vivi come i vegetali e il terreno.

Il metodo trova un suo limite nella riduzione di tutto lo spazio ad una questione puramente visivo-percettivo secondo un modello “inventariale”37 dei materiali esistenti. L’approccio è assolutamente “antropocentrico”, da un punto di vista esclusivamente “umano” . Non sono prese in considerazione alternative, poco le ragioni del sito e delle qualità ambientali ed ecologiche intrinseche perché esistenti comunque al di fuori della visione umana.

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IAN L. MCHARG: DESIGN WITH NATURE38

Il contesto culturaleIan L. McHarg inizia il suo lavoro di ricercatore presso l’Università della Pennsylvania agli inizi degli anni ’60 quando il movimento ambientalista comincia ad avere una notevole infl uenza sull’opinione pubblica americana. Il corso che conduce di architettura di paesaggio è strutturato secondo un approccio ecologico della progettazione in un momento in cui gran parte dei pianifi catori basavano la loro disciplina su conoscenze che poco avevano a che vedere con le scienze ambientali e la biologiche.Lewis Mumford defi nisce McHarg come “urbanistica ecologico”39. In particolare sottolinea l’aspetto innovativo della progettazione proposta da McHarg: “Ribadendo la necessità di un intento consapevole, di una valutazione etica, di un’organizzazione ordinata, di una deliberata espressione estetica nel trattare ogni parte dell’ambiente, McHarg pone l’accento, non sulla progettazione o sulla natura in se stesse, ma sulla preposizione “con”, che implica cooperazione umana e compartecipazione biologica.”40 In questo senso è messo in risalto l’approccio operativo di McHarg che rinviene negli aspetti restrittivi che la natura comporta alla progettazione lo strumento per legittimare/fondare le motivazioni e le scelte della modifi cazione territoriale. Mumford riconosce in uno sguardo innovativo sul rapporto di città e paesaggio il nucleo centrale del pensiero di Mcharg: “Non si tratta di una scelta fra città e campagna: entrambe sono essenziali; ma oggi è la natura, assediata in campagna, troppo scarsa in città, ad essere diventata preziosa”.41

Struttura, articolazione e contenuti del testo Il libro è strutturato secondo una serie di capitoli tematici (mare, fi ume, metropoli, salute, …) ognuno dei quali è incentrato sulla descrizione di uno tra i molti lavori di pianifi cazione ecologica eseguiti negli anni ’60 da McHarg. Sono stati scelti alcuni casi di studio esemplifi cativi e che possono essere rapportati al discorso del progetto urbanistico in relazione alla problematica del paesaggio.

Il principio del determinismo fi siografi coLa prima parte del libro è dedicata alla dimostrazione che i fenomeni naturali, dinamici ed interattivi, rispondono a precise leggi e offrono opportunità ma anche limiti all’uso umano. Opportunità e limiti possono essere valutati e quantifi cati in base ad ogni specifi ca attività dell’uomo: “[…] ogni area di terra o di acqua è adatta a certi usi del suolo, singoli o multipli, e si può stabilire un ordine di precedenza tra queste categorie d’uso”.42

Nel primo capitolo è riportato il caso del “Plan for the valleys” realizzato nel 1963 dall’associazione di McHArg con David A. Fallace. Il piano riguardava lo studio di un possibile sviluppo suburbano della regione metropolitana di Baltimora, un’area rurale di grande pregio paesaggistico a rischio di urbanizzazione disordinata. Gli stessi proprietari delle terre, consapevoli delle possibili conseguenza sull’ambiente di uno sviluppo insediativo senza regole, si costituirono spontaneamente e commissionarono un piano che garantisse la miglior conservazione dell’ambiente naturale attraverso un tipo ottimale di urbanizzazione e un’equa distribuzione dei benefi ci. Essi assunsero direttamente l’iniziativa per garantire l’interesse pubblico e incidere sulle decisioni riguardanti il destino del territorio.Il piano venne sviluppato da McHarg come uno strumento capace di “prevedere il futuro” per

dimostrare le conseguenze fi siche e fi nanziarie che avrebbero comportato scelte insediative sbagliate. Attraverso un’analisi dettagliata di parametri demografi ci, di mercato, di valore e di terreni, della domanda insediativa venne simulato un modello di crescita così come si sarebbe potuto verifi care in assenza di nuovi dispositivi urbanisitici. Il modello venne respinto decisamente dai residenti della regione. Per individuare il modello di sviluppo ideale nel piano delle Valli venne, quindi, sviluppato il concetto di determinismo fi siografi co: “Il determinismo fi siografi co indica che l’urbanizzazione dovrebbe rispondere ai processi naturali”

43. Con questo termine McHarg indica il concetto che ogni decisione di tipo insediativo debba venire valutata esattamente sulla base degli elementi naturali presenti nell’area interessata ed attraverso un esame approfondito delle componenti ecologiche e biologiche legate all’acqua, alla terra, alla conformazione orografi ca ed idrografi ca, geologica dei sottosuoli, alla vegetazione ed alla vita animale oltre che ai processi umani presenti. Ciascuno di questi processi interagisce con gli altri e ciascuno ha implicazioni per l’urbanizzazione permettendo di defi nire la vulnerabilità di ogni area e la sua capacità di urbanizzazione.La proposta per il Piano delle Valli è riassunto in pochi punti essenziali che vengono sviluppati solo brevemente da McHarg e di cui si riportano i più signifi cativi:- L’area è bella e vulnerabile- Il processo di urbanizzazione è inevitabile e bisogna trovargli una sistemazione.- Una crescita incontrollata sarebbe inevitabilmente distruttiva.- L’osservanza dei principi di conservazione può impedire la distruzione e assicurare una valorizzazione.Quest’area è in grado di assorbire tutta la crescita prevista senza venirne distrutta.- La crescita pianifi cata è più desiderabile e vantaggiosa di quella incontrollata.44 Sostanzialmente, con il Piano per la Valli, McHarg defi nisce un metodo ben preciso per legittimare inequivocabilmente modalità, dimensioni, caratteristiche e ubicazione dei nuovi insediamenti umani nel territorio. Il metodo si articola secondo varie fasi e può essere così riassunto:1. raccolta di dati relativi alle caratteristiche naturali del territorio2. raccolta di dati relativi alla domanda ed alla pressione insediativa di mercato

fi gura 72Mc Harg - Designing with natureForma signifi cativa - 1969

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3. simulazione di uno o più scenari in cui viene realizzato tutto il carico insediativo prevedibile 4. analisi e verifi ca delle incompatibilità tra sistemi naturali e sistemi insediativi5. individuazione per ogni area la capacità di urbanizzazione, la sua vulnerabilità, i vincoli e le potenzialità inerenti il paesaggio6. defi nizione di principi fi siografi ci per la conservazione e per l’urbanizzazione7. defi nizione di un modello di uso di suolo ottimale.Il metodo è in primo luogo fondato sulla raccolta approfondita e dettagliata di una serie di elementi di conoscenza dei luoghi e sulla loro analisi.Il principale merito di questo metodo di analisi è di aver stabilito un principio di relazione tra caratteristiche e risorse naturali di un luogo da una parte e possibilità di sfruttamento di tali potenzialità da parte dell’uomo dall’altra. Esso si presenta come rapporto univoco e unico che varia da regione a regione a secondo delle variabili fi siche presenti. L’applicazione del concetto di determinismo fi siografi co è, quindi, assolutamente circostanziale mentre il principio ha sempre, di per se, un’applicabilità generale.Lo sviluppo di questo principio ha dato, nell’ambito dell’ecologia urbana e della pianifi cazione ambientale, la possibilità di perfezionare ulteriori strumenti di ricerca come per esempio il Land Suitability Analysis45. Ma soprattutto ha contribuito a legittimare quei fi loni di progettazione urbana che sostengono la prevalenza del contesto e delle sue caratteristiche sui programmi della pianifi cazione urbanistica di grande scala imposti secondo logiche estranee alla specifi cità dei luoghi. L’idea di McHarg è in questo senso ancora assolutamente innovativa e pertinente anche nonostante il radicale cambiamento delle nostre città negli ultimi anni, cioè da quando venne scritto e concepito il testo di Designing with nature. Le problematiche poste e le metodologie di lavoro affrontate, la centralità della tematica ambientale nella città, il costante assedio delle strutture naturali e di quelle antropiche da parte di modelli insediativi disordinati e rispondenti esclusivamente a logiche di profi tto impongono una rifl essione sulla rilevanza e pertinenza degli scritti e dei lavori di McHarg al giorno d’oggi. La loro applicabilità ai contesti della città contemporanea sembra possibile ed in alcuni casi già sperimentata. Una rifl essione più approfondita conduce a valutare la possibilità di applicare il procedimento, la procedura, la logica del metodo di McHarg alla disciplina della progettazione urbanistica che con l’ecologia ed il naturalismo ha in comune l’interesse per la fenomenologia dell’Habitat umano. Il metodo progettuale proposto trasferisce alla grande scala urbana l’interesse per i fenomeni fi sici e morfologici sostituendo di fatto alle politiche territoriali “strategiche” astratte di lontani origini funzionalista un metodo pragmatico derivato direttamente dalle componenti concrete del territorio. Questo signifi ca in primo luogo la completa legittimazione delle scelte progettuali secondo un metodo scientifi co fondato sui caratteri “fi siografi ci” dei luoghi ed in secondo luogo, la verifi ca della loro vulnerabilità-compatibilità con i processi insediativi sulla base del principio dell’interesse comune.

I processi naturali come valori46

McHarg costruisce la sua metodologia operativa sul postulato che qualsiasi luogo è la somma di processi storici, fi sici e biologici dinamici che si costituiscono come valori sociali. 47 Da qui discende l’idea che ogni area è intrinsecamente adatta a esclusivamente a certi usi e che esiste un rapporto univoco tra caratteristiche e usi: “La terra, l’aria, l’acqua sono risorse indispensabili alla vita e costituiscono quindi dei valori sociali. […] Prima di prescrivere come

si dovrebbero utilizzare le risorse naturali, bisogna identifi care questi valori sociali inerenti ai processi naturali. Una volta accettato che il luogo è una somma di processi naturali e che questi processi costituiscono dei valori sociali, si possono trarre delle inferenze relative all’utilizzazione, per assicurarne l’uso ottimale e l’incremento. Questa è defi nita come la “vocazione intrinseca” del luogo. Per esempio il terreno pianeggiante con un buon drenaggio del suolo e delle acque superfi ciali è intrinsecamente il più adatto per il tempo libero intensivo, mentre le aree di differente fi siografi a rappresentano un valore più alto per il tempo libero passivo.”48

McHarg spiega in questo capitolo dettagliatamente il metodo progettuale che porta dalla defi nizione delle caratteristiche intrinseche dei luoghi all’assegnazione di una categoria d’uso. In primo luogo si individuano i processi storici, fi sici e biologici: clima, geologia, idrologia, fi siografi a, ecologia animale e vegetale, uso del suolo. Di ciascuna categoria di dati viene scelto un certo numero di fattori da cui discende la defi nizione di una mappa delle aree a vocazione composita conservazione-tempo libero-urbanizzazione.

Processo e forma signifi cativaMcHarg costruisce le sue teorie sul concetto di forma signifi cativa come aspetto indivisibile di un unico fenomeno individuato nell’idea di natura come processo. Nell’arte e nella preoccupazione estetica viene rinvenuto un principio comune al naturalismo ed all’ecologia: “Di tutti gli argomenti di cui si occupano nella loro ricerca del sapere, nessuno è forse più affascinante della morfologia, e questa, ovviamente, è l’essenza delle arti grafi che e plastiche. […] Vale a dire ciò che si vede sia un aspetto importante di ciò che è.”49

Idoneità è il termine che, per i Naturalisti ha sostituito il termine arte e la base della forma è da trovarsi nei processi naturali. Il fatto che le cose esistano è la prova della loro “idoneità” del loro processo di adattamento e quindi rappresentano forme signifi cative perché “adatte”. La forma signifi cativa è espressione del processo evolutivo che la accompagna ed in questo senso esiste in natura una comunità di creature appropriata a ciascun ambiente che è, non solo adatta, ma la più adatta. McHarg la defi nisce “L’identità della forma data”.50 L’idea della forma data come processo è applicabile alle città perchè ogni luogo possiede una determinata morfologia che rispecchia il processo peculiare di adattamento costituitosi nel tempo nel rapporto uomo-natura-città. La forma non segue, quindi, secondo il vecchio postulato dell’architettura e dell’urbanistica moderna, la funzione: “La forma non segue nulla: è parte integrante di ogni processo naturale. […] Se lo scopo dell’adattamento è di assicurare la sopravvivenza e il successo evolutivo per l’organismo, la specie, la comunità e la biosfera, gli adattamenti sono diretti in primo luogo all’elevazione della vita e dell’evoluzione”.51

La città: processo e formaNell’ultima parte del libro McHarg estende il discorso sulla forma signifi cativa alla struttura della città. I caratteri fondamentali delle città derivano dal sito e rappresentano lo sfruttamento delle caratteristiche naturali di un determinato luogo da parte dell’uomo. L’adattamento cosciente ad esso ne accresce le qualità fondamentali attraverso un rapporto di reciproca valorizzazione. In questo senso il genius loci può essere considerato come un’interazione signifi cativa di vari elementi tra i quali alcuni derivano dall’identità naturale dei luoghi altri dall’opera dell’uomo.

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Principi riconducibili ad una metodologia della progettazione Il testo di “Design with nature” costituisce sicuramente l’apporto più signifi cativo alla problematica del progetto urbanistico in relazione con il paesaggio. È stato per anni un riferimento importantissimo per la progettazione e costituisce tuttora un esempio importante di integrazione tra teoria, spunti operativi e pratica progettuale. Rimasto per molti anni un testo quasi specialistico tra architettura del paesaggio ed ecological planning è solo ultimamente che se ne sta cogliendo la sua portata anche in ambito urbanistico52.I principi operativi fondamentali e le defi nizioni che si possono direttamente ricollegare ad una pratica del progetto si possono così sintetizzare:

- “determinismo fi siografi co” come principio di relazione tra caratteristiche e risorse naturali di un luogo da una parte e possibilità di sfruttamento di tali potenzialità da parte dell’uomo;- determinazione del grado di incompatibilità tra sistemi naturali e sistemi insediativi, della vulnerabilità e della capacità di urbanizzazione del paesaggio come punto di partenza del progetto di modifi cazione;- “forma signifi cativa” identifi cata come unica forma possibile ed il riconoscimento della morfologia dei luoghi e della città come espressione univoca di un processo di interazione tra sistemi naturali e sistemi antropici;- fondamentazione del progetto su di una complessa analisi preliminare che non si riduce alla raccolta di dati ma anche ad un loro raffronto incrociato ed una lettura critica;- riconoscimento della “vocazione intrinseca” di un luogo determinata univocamente dal rapporto tra sistemi naturali e sistemi antropici esistenti. Sostanzialmente si riconosce che il progetto di modifi cazione effi cace è già contenuto implicitamente nel luogo.

Il valore centrale ed assoluto del fattore “natura” e la presunta scientifi cità del metodo costituiscono un limite alla comprensione delle componenti antropiche del territorio ed ai valori estetici, culturali ed artistici del discorso sul paesaggio.

ROBERT SMITHSON: A SEDIMENTATION OF THE MIND53

Il contesto culturaleUn primo parziale recupero dell’idea di paesaggio nell’arte avviene negli Stati Uniti a partire dalla seconda metà degli anni ’60. Un gruppo di artisti newyorchesi, accettando il confronto con la complessità dell’esperienza contemporanea, propone di estendere il campo di interesse dell’arte all’ambiente, all’architettura, al paesaggio ed alla città. Un atteggiamento critico verso le forme artistiche chiuse in musei e gallerie spinge i primi “land artist” verso progetti ambientali in cui arte e sito sono inestricabili ed in cui il paesaggio non costituisce solo l’oggetto dell’arte ma diventa il materiale grezzo su cui lavorare54. La Land Art nasce quindi come forma artistica fuori dalle gallerie, nel tentativo di radicare le pratiche artistiche nel paesaggio lavorando a scala territoriale e sperimentando varie forme di dialogo ambientale.La critica principale che viene mossa all’arte è di essersi isolata in una ricerca formale astratta divenendo un’espressione autoreferenziale. A partire da questo presupposto vengono sviluppate nuove forme di sperimentazione in cui l’intervento artistico si trasforma in un vero e proprio apparato critico-percettivo che relaziona l’autore, lo spettatore ed il contesto facendo interagire strutture architettoniche, terreno e vegetazione. L’importanza teorica e pratica della Land Art risiede proprio in questo aspetto, ancora attualissimo nel dibattito contemporaneo: il ruolo attivo e la partecipazione dello spettatore nell’opera d’arte intesa come dispositivo complesso fi nalizzato alla interiorizzazione attiva dei luoghi. Il paesaggio, in questo senso, non è riferibile ad una visione distaccata e contemplativa ma visto come elemento continuamente ricostruibile operando sugli elementi percettivi e sulla defi nizione del signifi cato dei singoli siti. Tra gli esponenti della Land Art Robert Smithson ha contribuito in modo decisivo a defi nire criticamente le tematiche e modalità di intervento dell’arte ambientale in relazione ai territori della città e del paesaggio.

Struttura, articolazione e contenuti del testoGli scritti di Robert Smithsono furono pubblicati per la prima volta solo dopo la sua morte avvenuta prematuramente nel 1979, a cura della moglie Nancy Holt.55 La raccolta comprende numerosi testi che accompagnavano le opere di Smithson o ne costituivano l’essenza. Sono presi qui in considerazione tre testi ritenuti fondamentali per comprendere i risvolti operativi dell’opera di Smithson e la relazione con il concetto di paesaggio della Land Art.

A Tour of the Monuments of PassaicIl lavoro di Smithson ha origine dall’osservazione dei profondi cambiamenti subiti dall’ambiente nell’alterazione della sue componenti naturali e si indirizza al restauro del paesaggio postindustriale a partire dalla defi nizione di un nuovo linguaggio per raccontarlo.In “A Tour of the Monuments of Passaic” 56 le escursioni suburbane di Smithson diventano una forma inedita di turismo attraverso cui l’artista dice trasformarsi in un site-seer. Per la prima volta ai territori degradati delle periferie industriali viene riconosciuta una dignità artistica a cui è possibile rivolgere uno sguardo estetico, ben prima che gli architetti vi scoprissero una fonte di ispirazione.57

Giocando con i termini di sightseen=vista panoramica e siteseer=colui che vede i luoghi Smithson opera un inversione del pittoresco. Nel testo sono riportati i dettagli di un “panorama

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grado zero” della periferia suburbana di New York. I monumenti che il narratore va segnalando come se si trattassero di costruzioni di un parco pittoresco, sono al contrario i segni e gli strumenti della “de-naturalizzazione” di questo paesaggio58. Essi sono stati privati della sintassi pazientemente costruita di una memoria locale che li connetta gli uni agli altri. Smithson li defi nisce “rovine al contrario” (ruins in reverse)59 perché, all’opposto delle “rovine romantiche”, non cadono in rovina dopo essere state costruite ma piuttosto si elevano a rovine prima d’essere costruite. L’entropia intrinseca nei paesaggi abbandonati, quello delle aree industriali dismesse come quelli desertici, è contenuta potenzialmente in ogni processo di mutazione dell’ambiente. La lettura di “nuove geologie di deterioramento” avviene con la raccolta di tracce e detriti attraverso il procedimento dei non sites e delle three-dimensional maps. Queste operazioni non costituiscono una catalogazione esatta di materiali ma un’operazione astratta di reperimento di segni che equipara mutazioni fi siche e semantiche. Smithson dice che il tempo trasforma le metafore in cose e che il futuro è “disperso da qualche parte nelle paludi del passato non storico”60 aprendo di fatto una rifl essione sul funzionamento della memoria e su tutta una serie di procedimenti analogici che consentono di determinare quali saranno gli assetti futuri del territorio. L’atto cosciente di visitare luoghi invisitabili, lo sforzo di rappresentarli e di produrre un’idea, contiene già un abbozzo, se non di una “redenzione”, almeno di una possibile reintegrazione, di una reinvenzione dei luoghi61. Il site-seer si trasforma in un site-maker.

A sedimentation of the mindLa profondità delle rifl essioni intorno al tema del territorio evocata dal testo “A sedimentation of the mind” scritto da Robert Smithson nel 1968, ci riporta immediatamente e con forte evidenza alla complessità dei paesaggi contemporanei, artifi ciali o costruiti, delle nostre città. La città, dice Smithson, da l’illusione che non esista la terra e l’arte deve porsi come alternativa al sistema assoluto della città per rivelare un ordine di più fondamentale importanza. Per troppo tempo l’arte si è focalizzata sull’oggetto trascurando il processo artistico che si svolge nel tempo attraverso la mente e la materia.Uno dei postulati principali di Smithson è il legame intrinseco di pensiero e materia entrambi defi niti come una sedimentazione progressiva di frammenti, in stato di continua erosione.62 Per Smithson la rassomiglianza tra processi mentali e geologici non è solo una metafora ma la prova di appartenenza ad un sistema “cosmico” più vasto, il lavoro di “polverizzazione” della materia di molte sue opere è fi nalizzato a prendere coscienza dei substrati della terra e del tempo geologico del paesaggio: “Gli strati della terra sono un museo inesauribile. Inscritto nel sedimento vi è un testo che contiene limiti e barriere che evadono l’ordine razionale e le strutture sociali che confi nano l’arte. Per leggere le rocce dobbiamo divenire consapevoli del tempo geologico e degli strati dei materiali preistorici che sono sepolti nella crosta della terra.”63

In questo senso lavorano gli earth projects detti “non sites” dispositivi che consentono la lettura del tempo profondo della geologia attraverso un processo circolare di rimandi e contaminazione tra realtà fi sica e rappresentazione. Il procedimento consiste nel circoscrivere su una mappa una porzione di territorio, raccogliere una certa quantità campioni di rocce e terreno nei settori corrispondenti a quelli rappresentati nella mappa e portarli in galleria in contenitori con la stessa forma dei settori geografi ci.64 I contenitori ed il loro contenuto diventano per Smithson

delle mappe a tre dimensioni che entrano in un circuito di scambio continuo tra astrazione, materialità e scale di lettura diverse che operano uno svelamento del paesaggio e del signifi cato del territorio.

The spiral GettyIn molti altri lavori di Smithson, forse i più conosciuti della Land Art, fa ricorso all’idea di terreno come substrato ricettore dell’arte. L’azione di marcare il paesaggio della Spiral Getty rimanda alle forme di simbolizzazione del luogo di alcuni siti preistorici (Nazca, Stonhenge). La suggestione che l’arte possa derivare alcuni suoi aspetti di forma, materiale e contenuto dal contesto topografi co in cui è realizzata conduce alla defi nizione del termine “site specifi c”. Smithson afferma chiaramente che sarà il sito a determinare il tipo di costruzione e da una spiegazione precisa delle motivazioni delle scelte relative al luogo e alla forma dell’impianto dell’installazione. La spirale scaturisce dall’”evidenza della realtà”.65 I materiali utilizzati sono quelli rinvenuti, si fa ricorso all’idea di sedimentazione ed accumulo operando delle trasposizioni di terra e sassi senza apportare o togliere niente, solo attraverso degli spostamenti.In questo senso il lavoro di Smithson si può dire “site specifi c” perché intrinseco alla costituzione geologica stessa del luogo, in una delle possibili conformazioni che può assumere nel tempo attraverso operazioni semantiche che lasciano invariato il supporto territoriale. La geologia ed il concetto di sedimentazione vengono utilizzati come elementi che ancorano il segno a una dimensione “profonda” e contemporaneamente lo dilatano orizzontalmente verso l’estensione geografi ca. In tutto questo processo lo spettatore viene sollecitato/coinvolto attivamente nella lettura e reinterpretazione dello spazio dalle opere che funzionano come dei dispositivi di lettura del paesaggio a scala territoriale.

Principi riconducibili ad una metodologia della progettazioneIn termini progettuali il cammino intrapreso da Smithson è estremamante interessante specialmente quando non si limita ad una contrapposizione tra siti e non-siti ma tenta una fusione dialettica tra il supporto territoriale e l’opera fi sica, come nella realizzazione della Spiral jetty.66

Sono riconoscibili alcuni principi non espressi esplicitamente ma riconducibili ad una teoria della progettazione:- la capacità dell’arte “site specifi c” di derivare alcuni suoi

fi gura 73Robert SmithsonNon site - 1967

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aspetti di forma, materiale e contenuto dal contesto topografi co a cui si riferisce;- la defi nizione di un nuovo linguaggio per raccontare il degrado dei paesaggio suburbano assunto a soggetto estetico;- il rimando continuo tra profondità e sedimentazione geologica e estensione della scala geografi ca come capacità del progetto di affrontare le diverse scale di defi nizione formale del paesaggio: dal dettaglio al territorio;- il riconoscimento di un legame intrinseco tra processi mentali e materia geologica non solo in senso metaforico;- opera d’arte come apparato critico-percettivo che relaziona l’autore, lo spettatore ed il contesto facendo interagire strutture architettoniche, terreno e vegetazione; - il ruolo della partecipazione dello spettatore nell’opera d’arte intesa come dispositivo complesso fi nalizzato ad una restituzione di senso ed alla interiorizzazione attiva dei luoghi.

fi gura 74Robert SmithsonSpiral Getty - 1972

NOTE

1 Il termine site specifi c è stato utilizzato per la prima volta nell’ambito della Land Art all’inizio degli anni ‘70. Per l’origine Cfr. con la nota 11 dell’introduzione a questa ricerca e le note successive in questa stessa sezione.2 CORBOZ ANDRÈ (1992), L’urbanistica del XX secolo: un bilancio, In: Ordine sparso. Saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio, Franco Angelii, Milano, pp. 219-2263 È la defi nizione utilizzata da Andrè Corboz per alcune opere della Land Art tra cui “Shift” realizzata da Richard Serra in Ontario nel 1972. Cfr. CORBOZ ANDRÈ, “Avete detto spazio?”, in: Casabella 597/598 1993, p.23. 4 Per una analisi dettagliata sull’applicazione delle tecniche dell’Ecological Planning si veda, p.e. TREU MARIA CRISTINA (1996), “Il piano di Mantova: un approccio ecologico”, Urbanistica 107, p.66. 5 GREGOTTI VITTORIO (1990), Cinque dialoghi necessari, Electa, Milano, p.29. Nella defi nizione che ne da Gregotti: “Il progetto è terreno comune a molte attività umane, è modo di dare corpo ai desideri o di strapparsi via da essi per mezzo di una strategia, strumento anche per quelle attività che non posseggono uno statuto disciplinare riconosciuto: ma è proprio delle discipline dell’architettura, dell’ingegneria e delle arti visive di dare ad esso un esito spaziale e non solo linguistico”.6 A partire dagli anni ’80 si può riconoscere un progressivo interesse in questo rovesciamento di prospettiva, fra gli altri, nel Piano di Jesi di B. Secchi (1983-1988), a partire dal testo di K. Frampton In search of the modern landscape del 1988 e fi no al concetto di “imagining nothingness” di R. Kolhaas (1985). Cfr. VIGANÒ PAOLA (1999), La città elementare, Skira, Milano, p.148.7 GREGOTTI VITTORIO (1966), “La Forma Del Territorio”, In: Il territorio dell’architettura, Feltrinelli, Milano, pp. 57-988 Si possono citare, per esempio, gli studi di Giancarlo De Carlo relativi all’area metropolitana milanese realizzati per l’ILSES a partire dal 1960 ed il Seminario di Stresa organizzato sempre da De Carlo nel 1962 dal titolo: “La nuova dimensione della città. La città regione”.9 Cfr. con MERLAU PONTY MAURICE (1965) “La fenomenologia della percezione”, Gallimard, Parigi, citato nel testo.10 GREGOTTI VITTORIO (1966), cit. p.4711 Ivi, p. 59. Nella prima nota del capitolo (p. 95) Gregotti spiega chiaramente l’origine del termine derivato dalla geografi a di Friederich Ratzel nel 1882. Gregotti lo utilizza qui nel signifi cato di “ambiente modifi cato dall’opera o dalla presenza dell’uomo” usando l’accezione utilizzata dal Sestini (1947), Il paesaggio antropogeografi co come forma di equilibrio, «Bollettino della società geografi ca Italiana», gennaio-febbraio 1947.12 Ibidem 13 Ivi p. 6014 Ivi p. 6115 Cfr. con cap. II.1.2 di questa stessa ricerca16 Ivi p. 7317 Ivi p. 7618 Sulla cosiddetta conservazione innovativa Cfr. GAMBINO ROBERTO (1996), “Politiche ambientali e paradigma paesistico”, Bollettino del dipartimento di Urbanistica e Pianifi cazione del Territorio 2/1996, Università degli Studi di Firenze, pp.3-619 Ivi p. 7820 Ivi p. 7921 Ivi p. 8322 Si vedano in particolare le ricerche condotte da Bernardo Secchi in: “Materiali, abachi, guide” in: SECCHI BERNARDO [a cura di] (1996), Un progetto per Prato. Il nuovo Piano regolatore, Alinea, Firenze, p.195 e “Rilevare, nominare” in: VIGANÒ PAOLA (1999), La città elementare, Skira, Milano, pp. 21-30; e quelle di Alain Leveillè a Ginevra, cfr. con cap. II.2 di questa stessa ricerca.23 Questo stesso presupposto è assunto dal fi lone di ricerca più avanzato intorno alle nuove tecniche di disegno informatizzato sulla scala territoriale del SIT che si è sviluppato negli ultimi anni.24 Ivi p. 9125 La defi nizione di “preesistenza ambientale” è stata sviluppata da E.N. Rogers nel libro: Esperienze dell’architettura, Einaudi, Torino 1958 ed è ampiamente ripresa da Gregotti. 26 Ibidem27 LYNCH KEVIN (1984) “The sensed landscape and its materials”, In: Site planning (third edition), Cambridge, The MIT Press, cit., pp. 153-192.28 Sulla diffusione della ricerca e dei testi di Lynch in Italia vedi, tra gli altri: ANDRIELLO VINCENZO (1994), Kevin Lynch e la cultura urbanistica italiana, Urbanistica 102, pp. 134-152.29 Cfr. UNWIN RAYMOND (1995), La pratica della progettazione urbana, Il Saggiatore, Milano (Ed. Originale 1909), p. 241. Il metodo consiste nell’elaborazione di un piano generale che defi nisce lo spazio e le funzioni pubbliche e di una successiva urbanizzazione del terreno.30 GABRIELLI BRUNO, Introduzione a: LYNCH KEVIN (1996), Progettare la città. La qualità della forma urbana, Etas libri, Torino, p. IX (ed. originale1981).31 GIORDANI PIER LUIGI, “Alla ricerca del design perduto: il capitolo Inglese”, in: CULLEN GORDON (1976), Il paesaggio urbano. Morfologia e progettazione, Calderini, Bologna (Ed. originale Townscape, 1961), p.LXI.32 LYNCH KEVIN (1962), Site planning (fi rst edition), Cambridge, The MIT Press, p.3: “Site Planning is the art of arranging an external physical environment in complete detail. Site planners are all those who deal with structures and the land, whose plans can be carried out in one continuous foreseeable process, according to one original design, under the control of one agency, inclusive of all the details of engineering, land scaping, and architecture. Site planners may be

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concerned with areas as small as a cluster of fi ve or six single-family houses, or even with a single building and its ground, or they may plan something as large as the layout of a complete small town. Site planning is not a separate profession, al though it may be practiced as a specialty. It is a design prob lem that lies on the boundaries between architecture, en gineering, city planning, and landscape architecture, and is practiced by professionals of all these groups. At the upper end of the scale, it is to be distinguished from city planning or urban design where control is incomplete and development is never terminated. At the lower end site planning may be separated from the design of objects such as buildings or bridges, from interior design, and from the layout of small and isolated exterior settings such as gardens.The site is a crucial aspect of the environment. It has an impact that is biological, social, and psychological. It sets limits to the things that people can do, and makes pos sible their doing what they other-wise could not.” 33 LYNCH KEVIN (1984), cit.34 Ivi, p.15335 Ibidem: “The designer works to enhance the expression of place: to communicate its nature as a system of living things residing in a particular habitat”. 36 Lynch inaugura di fatto un fi lone di ricerca con anticipazioni del discorso sul “disegno di suolo” che si è sviluppato poi solo a partire dalla fi ne degli anni ’80. Molte di queste voci, già presenti nell’edizione del 1962, vengono riproposte in questa terza edizione solo con alcune modifi che parziali relative alla strutturazione generale del testo.37 GREGOTTI VITTORIO (1966), cit. p.6938 MCHARG IAN L. (1989), Progettare con la natura, Franco Muzzio Editore, Padova (Ed. originale 1969). Il testo originale “Design with nature” viene pubblicato a New York nel 1969. In Italia viene tradotto per la prima volta nel 1976 in un’edizione ridotta a cura di Guido Ferrara.39 MCHARG IAN L. (1989), cit., p. IX. In altri testi Mumford esprime concezioni molto vicine a quelle riprese successivamente da Mcharg, la matrice etico-culturale è esplicita e Mcharg cita più volte il lavoro di Mumford. Si veda per esempio il capitolo fi nale di: MUMFORD LEWIS (1990), La citta’ nella storia, Bompiani, Milano (ed. Originale 1961), p. 710: “I progressi veramente importanti si otterranno solo applicando arte ed ingegno alle principali preoccupazioni umane della città, e ad un nuovo interesse per i processi cosmici ed ecologici che si svolgono intorno ad ogni creatura. […] la miglior economia urbana è la cura e la cultura degli uomini. […] la grande missione della città consiste insomma nel favorire la partecipazione consapevole dell’uomo al processo cosmico e storico.”40 Ibidem41 Ivi, p. 842 Ivi, p.10143 Ivi, p. 10544 Ivi, p. 10645 Per una descrizione delle tecniche di analisi derivate dal metodo di McHarg si veda anche PEDROLLI ALBERTO, “Problemi di metodo per l’elaborazione dei piani urbanistici delle aree extraurbane”, in: Bollettino del Dipartimento di Urbanistica e Pianifi cazione del Territorio 2/1996, Firenze, 1996 Università degli Studi di Firenze, p.10. Sono descritte in dettaglio le tecniche conoscitive e di intervento dei piani per le zone rurali articolati alle diverse scale. Tra queste si segnalano sinteticamente: l’individuazione delle unità di paesaggio in base alla comparazione di dati e mappe per perimetrare le invarianti strutturali; la classifi cazione del territorio in zone di grado diverso di idoneità (analisi di idoneità) ai vari usi, attitudini o limitazioni a usi del suolo specifi ci redatto attraverso un’analisi sistematica delle diverse componenti fi siche che lo costituiscono (redazione di mappe tematiche e successiva sovrapposizione, overlay mapping technique); l’analisi dei modelli di consumo di suolo agricolo in rapporto alle esigenze e dinamica dei processi insediativi; l’individuazione dei criteri morfologici e localizzativi fi nalizzati alla minimizzazione dei consumi di suolo ed alla tutela paesistico ambientale (conservazione degli ecosistemi agrari e naturali); il censimento del patrimonio edilizio rurale e delle forme di cultura materiale, dei caratteri strutturali e produttivi fi nalizzato ad un manuale d’uso di regole di corretta gestione del territorio extraurbano.46 Ivi, p.13147 Ivi, p.13348 Ivi, p.13449 Ivi, p.20350 Ivi, p.21151 Ivi, p.21652 Per una descrizione dettagliata di un’applicazione del metodo dell’Ecological Planning al Piano urbanistico in Italia vedi per esempio: TREU MARIA CRISTINA (1996), “Il piano di Mantova: un approccio ecologico”, Urbanistica 107, p. 66.53 SMITHSON ROBERT (1996), “A Sedimentation Of The Mind: Earth Projects” (1968), In: Robert Smithson: the collected writings (a cura di Jack Flam), University of California Press, Los Angeles (Ed. Originale 1979), p. 10054 BEARDSLEY JOHN (1988), “Earthworks: the landscape after modernism”, in: WREDE S. E ADAMS W. H. [a cura di], Denatured Visions. Landscape and culture in the Twentieth Century, The Museum of Modern Art, New York, p. 11055 La pubblicazione originale è intitolata “The writings of Robert Smithson”, a cura di Nancy Holt, New York University Press, New York 197956 SMITHSON ROBERT (1996), “A Tour of the monuments of Passaic” (1967), cit. p.57 Si pensi ai contemporanei “walking” di gruppi come gli Stalker a Roma ed i Kliostraat aTorino. Si veda anche il lavoro del fotografo Gabriele Basilico ed il processo di “estetizzazione” delle periferie delle città italiane assunte a veri e propri “paesaggi” suburbani..58 MAROT SEBASTIEN (1999), “L’art de la memoire, le territoire et l’architecture“, Le Visiteur 4 - ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p.13759 SMITHSON ROBERT (1996), “A Tour of the Monuments of Passaic “, cit. p.72.

60 Ivi p.74: “I am convinced that the future is lost somewhere in the dumps of the non-historical past; it is in yesterday’s newspapers, in the jejune advertisements of science fi ction movies, in the false mirror of our rejected dreams. Time turns metaphors into things, and stacks them up in the cold rooms, or places them in the celestial playgrounds of the suburbs.” 61 MAROT SEBASTIEN (1999), cit., p.145.62 SMITHSON ROBERT (1996), “A Sedimentation of the Mind: Earth Projects”, cit. p. 100: “Various agents, both fi ctional and real, somehow trade places with each other-one cannot avoid muddy thinking when it comes to earth projects, or what I will call “abstract geology.” One’s mind and the earth are in a constant state of erosion, mental rivers weãr away abstract banks, brain waves undermine cliffs of thought, ideas decompose into stones of unknowing, and conceptual crystallizations break apart into deposits of gritty reason. Vast moving faculties occur in this geological miasma, and they move in the most physical way. This movement seems motionless, yet it crushes the landscape of logic under glacial reveries. This slow fl owage makes one con scious of the turbidity of thinking. Slump, debris slides, avalanches all take place within the cracking limits of the brain.The entire body is pulled into the cerebral sediment, where particles and fragments make themselves known as solid consciousness, bleached and fractured world surrounds the artist. To organize this mess of corrosion into patterns, grids, and subdivisions is an es thetic process that has scarcely been touched”63 Ivi p.11064 BEARDSLEY JOHN (1988), “Earthworks: the landscape after modernism”, cit. p. 11565 SMITHSON ROBERT (1996), “The Spiral Jetty” (1972), cit. p. 146: “About one mile north of the oil seeps I selected my site. Irregular beds of limestone dip gently eastward, massive deposits of black basalt are broken over the peninsula, giving the region a shattered appearance. It is one of few places on the lake where the water comes right up to the mainland. Under shallow pinkish water is a network of mud cracks supporting the jig-saw puzzle that composes the salt fl ats. As I looked at the site, it reverberated out to the hori zons only to suggest an immobile cyclone while fl ickering light made the en tire landscape appear to quake. A dormant earthquake spread into the fl utter ing stillness, into a spinning sensation without movement. This site was a rotary that enclosed itself in an immense roundness. From that gyrating space emerged the possibility of the Spiral Jetty. No ideas, no concepts, no systems, no structures, no abstractions could hold themselves together in the actuality of that evidence. My dialectics of site and nonsite whirled into an indetermi nate state, where solid and liquid lost themselves in each other.”66 MAROT SEBASTIEN (1999), cit., p.147. Per Marot Smithson avrebbe saputo nel tempo andare oltre e superare la sua “teoria provvisoria dei non siti” per costruire dei “quadri logici” a tre dimensioni di quelle situazioni urbane incarnate nella contingenza materiale, topografi ca e umana di quelle stesse situazioni: dei quadri profondi, spessi che contribuiscano a chiarire l’economia di questi momenti di territorio e a renderli anche meglio abitabili”.

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II.2 LE TEORIE DEL PROGETTO IN TRE ESPERIENZE DI RICERCAMolti sono gli apporti al progetto urbanistico che con un’ottica operativa hanno percorso la strada del paesaggio sviluppandone alcuni aspetti peculiari. Alcuni di essi hanno saputo far confl uire i percorsi dell’architettura di paesaggio, del site planning, dell’ecological planning e della Land art in un unico discorso progettuale combinandoli in modo del tutto originale.Tra questi sono stati presi in considerazione alcuni contributi metodologici relativi a tre esperienze di ricerca applicata e di insegnamento in ambito accademico che, almeno sino dall’inizio degli anni ‘80, si sono distinte nell’approfondimento dei possibili risvolti paesaggistici della progettazione urbanistica.Si tratta di tre “scuole” (Versailles, Torino, Ginevra) che hanno saputo cogliere le implicazioni del paesaggio nel dare un apporto multidisciplinare ai problemi e concentrare sulla dimensione operativo-progettuale ingenti forze afferenti a campi di studio diversi: oltre all’urbanistica e all’architettura le scienze paesistiche, la geografi a, la topografi a, le arti visive. La contaminazione tra diversi campi di sapere è stata accolta come tema di arricchimento capace di non annullare la specifi cità delle singole discipline. Anzi l’apporto di nuovo materiale alla questione della progettazione ne ha ampliato l’orizzonte operativo oltre la ragione puramente morfologica facendo confl uire i diversi contributi in un campo disciplinare specifi co.Uno dei fi li conduttori del discorso teorico può essere in qualche modo colto nel discorso morfologico dell’approccio italiano negli anni ‘60 ma declinato ed arricchito secondo direzioni del tutto originali. È riconoscibile un attitudine “geografi ca” nel lavoro di Aimaro Isola, una ricerca “storica e topografi ca” a Ginevra e un approccio “processuale” a Versailles.Fatto salvo il caso italiano si tratta di elaborazioni teoriche e metodologiche che hanno un riscontro preciso nella pratica concreta del progetto attraverso le esperienze sul campo. Anzi si può quasi dire che l’ambito didattico abbia la funzione di aiutare a derivare una metodologia di lavoro, di renderla in qualche modo comprensibile e replicabile, a partire dalle pratiche del progetto e delle realizzazioni sulla città.A rischio di ridurre la portata operativa e teorica dei diversi contributi, sono riconoscibili alcuni fondamenti comuni nell’approccio progettuale:- il riconoscimento degli aspetti fi sici del paesaggio, della città e del territorio;- la capacità di operare in riferimento a scale diverse (vicino e lontano);- la messa a punto di un sistema di analisi approfondita dei luoghi della modifi cazione;- la ricerca dei fondamenti morfologici e programmatici del progetto nel sito di intervento;- il riconoscimento di un principio di sostenibilità nella dimensione dell’intervento che deve essere calibrato sulle risorse del luogo.

L’analisi compiuta in questo capitolo è svolta a partire dall’approfondimento di alcuni testi rappresentativi del percorso progettuale di ricerca teorica ed operativa nei tre contesti culturali senza peraltro avere la pretesa di costituire un’analisi esaustiva degli argomenti trattati.Anche in questo capitolo, come nel precedente, sono stati individuati alcuni contributi chiave per la comprensione della metodologia/pratica operativa. I testi vengono analizzati per mezzo di una sorta di “scheda” di lettura con l’intento di poter riconoscere/estrapolare alcuni principi riconducibili ad una metodologia del progetto urbanistico. La scheda è articolata in tre sezioni. La prima è relativa ad una sintetica presentazione del testo e dell’autore ed introduce una seconda parte relativa all’analisi del corpo centrale dei contenuti; la terza individua sinteticamente i principi ed i dispositivi del processo progettuale e compositivo più signifi cativi.

PROGETTO IMPLICITO OVVERO IL PAESAGGIO COME METODO1

“Il paesaggio come metodo” è il titolo di un testo di Aimaro Isola contenuto nel manuale “Infra - forme insediative e infrastrutture” in cui sono stati raccolti i risultati delle ricerche da lui coordinate in alcune Università Italiane tra il 1999 e il 2001. Sebbene la ricerca di Isola si sia rivolta negli ultimi anni specialmente alla relazione delle infrastrutture e ambienti sensibili, la tematica del paesaggio compare sino dall’inizio del suo percorso progettuale avviato con Roberto Gabetti dai primi anni ’50. La ricerca dei due progettisti torinesi, diretti protagonisti dell’aspra critica alla cultura funzionalista e modernista di quegli anni,2 si è inizialmente indirizzata all’approfondimento del discorso dell’architettura a scala geografi ca riconducibile al percorso di Vittorio Gregotti.3 A partire dagli anni ‘80 in continuità con le esperienze della prima IBA Berlino e trasponendo il discorso della “città nella città” alla periferia torinese, Isola individua nel limite tra città e campagna il campo di sperimentazione del progetto urbano. All’interno del lavoro didattico coordinato insieme al gruppo di lavoro del Politecnico di Torino con Dematteis, Gambino, De Rossi, Gianmarco, il discorso è stato gradualmente spostato su tematiche paesaggistiche nelle loro implicazioni suburbane e territoriali.4 Le ragioni costitutive del progetto sono state rinvenute specialmente nell’osservazione e descrizione dei luoghi e alla geografi a è riconosciuto un ruolo determinante nel processo progettuale come strumento per rintracciare e suggerire i “[…] signifi cati ed i valori inespressi ma in un certo senso già potenzialmente presenti, in certe forme meno evidenti del mondo esterno”.5

Tra i molti testi pubblicati sono stati scelti due testi della metà degli anni ’90 in cui sono esplicitate chiaramente le linee guida per la progettazione urbana.

Disegnare le Periferie6

Il libro si autodefi nisce “un manuale per il progetto di riqualifi cazione urbana delle periferie”7 per “suggerire piste per esplorazioni ed interpretazioni di volta in volta specifi che”8, in questo senso sono proposti dei processi, strategie, dispositivi e non dei modelli o dei precetti da seguire pedissequamente.Come dice C. Gianmarco nella prima parte del libro, non si tratta di proporre scenari operativi “rassicuranti”. In un panorama urbano dove è dato grande rilievo alla progettazione di “nuovi luoghi di eccellenza”, (le grandi occasioni come i vuoti urbani della città post-industriale) semmai si tratta di

fi gura 75Roberto Gabetti e Aimaro IsolaTalponia ad Ivrea - 1972

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impostare uno strumento su cui fondare il progetto di riqualifi cazione della città ordinaria, in modo diffuso, un terreno che in Italia è ancora in gran parte indeterminato e carente.9 La periferia è individuata come campo delle trasformazioni urbane e del paesaggio: “Dove c’è una ricchezza da salvaguardare qui c’è una povertà da riscattare, ciò che manca nelle periferie è quello che vorremmo conservare nel paesaggio. Da una parte occorre salvaguardare, dall’altra inventare”.10 La periferia torinese è vista alla stregua di “paesaggio” cioè come un insieme di “segni rivelatori di principi organizzativi specifi ci, locali, diversi da quelli globali.” 11 In questo senso il territorio della città contemporanea può essere considerata una geografi a complessa12 dove l’osservatore è deve essere in grado di assumere un punto di vista globale ma anche di porsi all’interno dei sistemi locali. L’osservazione e la descrizione devono essere quindi rivolte a penetrare le logiche interne dei luoghi e le identità dei soggetti che li abitano.Diversa la situazione nel resto d’Europa dove già dall’inizio degli anni ’90 vengono sostenute politiche di rinnovamento che hanno avviato ampie ed innovative pratiche di intervento. I problemi delle grandi periferie sono in questo senso funzionali ad obbiettivi più generali di rilancio e di miglioramento complessivo della qualità urbana e le esperienze europee si pongono come una grande miniera cui poter attingere. Attraverso la lettura delle esperienze più innovative in ambito internazionale si tenta di individuare le modalità operative del progetto che possano in qualche modo essere condivisi e ripetuti per “diventare prassi comune togliendo alla pratica progettuale della trasformazione ineffabilità e improvvisazione”13.Il testo è strutturato secondo otto capitoli suddivisi a loro volta in una serie di regole prestazionali ad uso della progettazione ricavate dalla lettura di casi di studio concreti. Tra queste sono state selezionate quei contenuti pertinenti ai temi della progettazione urbanistica in ambito paesaggistico.1. Il primo capitolo riguarda la “dimensione della modifi cazione”. L’introduzione della dimensione del paesaggio nel progetto impone la “dilatazione dei punti di vista agli scenari ambientali della città” senza perder di vista la matericità del territorio. Questo signifi ca rivolgere l’attenzione alla dimensione fi sica dei luoghi a partire dai materiali esistenti cioè all’“inclusione di presenze e latenze materiali nel progetto: tracce e tracciati, grana dei tessuti, profi li dell’edifi cato, andamenti orografi ci, segni di limite e linee di frizione, fondali, skyline, visuali, …”14

2. “I segni dell’identità” si occupa di ridefi nire le modalità per recuperare la struttura morfologica e geografi ca della città attraverso l’interpretazione e la valorizzazione delle sue componenti costitutive sedimentate nel tempo: le geometrie dei tracciati urbani, le tracce della storia, i tracciati dei corsi d’acqua, la conformazione del suolo. Il metodo progettuale proposto consiste nel procedere per analogie, citazioni e spostamento di senso e nella densifi cazione puntuale con l’inserimento di frammenti. Il risultato è sempre diverso perché modellato a partire dal dialogo con i contesti specifi ci. 3. Nell’’”architettura del percorso” è approfondita il ruolo dello spazio aperto come spazio di relazione e di percorrenza. Il valore dello spazio della circolazione nella città è attribuito anche alla sua funzione di connessione della trama urbana con gli spazi residuali relativi agli antichi usi agrari del territorio.4. Nel capitolo “Gli ambienti dell’abitare” sono defi nite le modalità possibili per il progetto di insediamento in relazione agli aspetti strutturali del paesaggio. Il programma da costruire è defi nito come una opportunità di riqualifi cazione per gli ambiti vicini attraverso la valorizzazione di aspetti della geografi a e della topografi a del territorio e del paesaggio.

PAESAGGI SUL LIMITE15

In questo secondo testo pubblicato a pochi anni dal “Progettare le periferie” sono documentate le esperienze didattiche degli autori presso il Politecnico di Torino. Nel testo viene ulteriormente approfondito il tema della progettazione e sviluppato un metodo preciso per affrontare operativamente la riqualifi cazione dei territori suburbani a cavallo tra città e campagna.Le esercitazioni degli studenti sono strutturate come simulazioni di operazioni progettuali reali rivolte alla periferia torinese. Il corso ha l’obbiettivo di insegnare agli studenti ad intraprendere i primi passi verso la “defi nizione di un segno di modifi cazione” della morfologia del territorio. Il programma richiede agli studenti di ricostituire un’immagine urbana signifi cativa e coerente a partire dalla comprensione e dalla “cura” dei luoghi. In questo senso il processo progettuale è inteso come una faticosa e progressiva interazione di descrizione e progetto secondo la formula che gli autori defi niscono “lettura progettante”.16 Lo scopo è di avviare un dialogo con il contesto attraverso la lettura e l’ascolto delle diverse potenzialità del sito. È signifi cativa in questo senso la defi nizione di “progetto implicito” di Dematteis secondo cui il progettista del territorio: “[…] rappresenta e allo stesso tempo interpreta e si pone in una posizione di ascolto, di esplorazione di nuovi signifi cati, per scoprire possibilità già inscritte negli stati delle cose esistenti.”17

Dall’esperienza didattica vengono distillati alcuni momenti signifi cativi del processo di progettazione che è strutturato secondo una serie di fasi successive. Esse possono essere così sinteticamente riassunte:1. l’ascolto e interrogazione del territorio - attraverso il reperimento dei segni geografi ci e delle tracce storiche, la lettura e confronto di carte topografi che e mappe storiche, la presa di contatto diretto con il luogo, le ricerche sull’area relative a politiche, programmi, destinazioni;2. la lettura comparativa delle dimensioni dell’area da progettare – attraverso la restituzione grafi ca della dimensione dell’area in relazione all’estensione e scala di altri luoghi conosciuti della città, il disegno di profi li e sezioni a grande scala, la ricostituzione grafi ca dei segni e delle tracce, l’analisi delle funzioni ed usi dei luoghi;3. la costruzione di un impianto insediativo - attraverso la defi nizione di alcune “immagini guida”: assi e poli, spazio verde aperto/chiuso, recinto, valli e colline, banchina urbana, spicchio costruito, porta del parco, movimento di terra, doppia cortina, viale, bordo, …4. lo sviluppo del progetto urbano al dettaglio architettonico - attraverso alcuni modelli di simulazione come il “bando di concorso” o il “progetto guida”.

Principi e dispositivi del processo compositivo riconducibili ad una metodologia progettuale che riconosce nel paesaggio l’aspetto strutturale portante della progettazione e della riqualifi cazione urbana- ricostruzione di un’immagine urbana signifi cativa a partire dalla comprensione e dalla cura dei luoghi;- defi nizione della “lettura progettante” come progressiva iterazione tra materiali dell’analisi e proposte di progetto;- “ascolto” del sito attraverso l’individuazione delle potenzialità già inscritte nello stato delle cose esistenti;- morfologia della città esistente come struttura da proseguire nel progetto di modifi cazione;- impostazione del discorso compositivo sulla base della descrizione dei luoghi;

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- centralità della componente geografi ca nelle defi nizione delle scelte della modifi cazione;- dilatazione dei punti di vista agli scenari ambientali e paesaggistici della città senza perdere di vista gli aspetti materiali del territorio;- il concetto di limite come immagine signifi cativa per il progetto tra città e campagna.

Il limite di questo metodo non risiede nei presupposti quanto nella proposizione di modelli morfologici e immagini guida (il recinto, i bastioni, la porta, la collina, …) che vanifi cano il paziente lavoro preliminare di raccolta di tracce e segni. Inoltre il campo di sperimentazione applicata rimane in un ambito di pura simulazione accademica.

PROJET URBAIN E MOUVANCE18 Mentre in Italia il lavoro svolto riguarda essenzialmente la ricerca in ambito accademico in Francia e si è avviato un fortissimo campo di sperimentazione direttamente sulla città. L’esperienza francese rappresenta un percorso inverso che, a partire da tematiche prettamente paesaggistiche si è mosso verso la progettazione urbana inserendosi negli stessi canali operativi ed istituzionali del progetto urbano.19 Sono riconoscibili, tra gli altri, due diversi approcci al progetto urbanistico di paesaggio che pur partendo da presupposti molto diversi trovano una strada comune nella dimensione operativa delle loro proposizioni. 20

Da una parte Bernard Lassus, professore della scuola di belle arti di Parigi e responsabile del D.E.A. (Diplome Ètudes Approfondies) in paesaggio della Ècole des Hautes Etudes. Di formazione pittore, fonda il suo metodo progettuale principalmente sugli aspetti artistici, sociali ed antropologici inserendolo in un discorso “a tutto tondo” dove confl uiscono scienza agrarie, fi losofi a e storia, arti visive.21 Seppure non abbia condotto le sue ricerche all’interno della scuola di Versailles, più orientata verso tematiche urbane, i progetti di Lassus, che si sono occupati dell’inserimento ambientale delle grandi infrastrutture in ambienti sensibili, hanno avuto una fìgrande infl uenza nell’indirizzare in senso paesaggistico l’approccio del progetto urbano in Francia.

Dall’altra parte si ritrova l’approccio “strutturalista” dell’’École nationale supérieure du paysage a Versailles rappresentata da Michel Corajoud da molto tempo il responsabile della didattica della scuola. Corajoud riconosce esplicitamente l’apporto italiano, in particolare quello di Vittorio Gregotti,

e fonda l’insegnamento della progettazione sul signifi cato e la fruizione dei luoghi e dello spazio pubblico e la pratica del progetto di paesaggio sulla base del projet urbain alla francese.22

L’obligation de l’invention du paysage aux ambiances successives23

Nel suo approccio al progetto di paesaggio Lassus si distingue per una ricerca estensiva in termini artistici, sociali e antropologici che si può riassumere nel concetto della “mouvance”. Il termine è stato coniato nella scuola di dottorato Jardins, paysages, territoires della École des Hautes études en sciences sociales di Parigi e indica il carattere dinamico e processuale del concetto di paesaggio.24

fi gura 76Bernard LassusIl pozzo - 1972

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Non c’è dubbio, però, che il progetto di paesaggio sia per Lassus un’esperienza prima di tutto poetica. Lassus ha una formazione come pittore nello studio di Fernand Lèger. È per questo estremamente critico verso l’architettura di paesaggio che si riconosce completamente nei precetti dell’ecologia ambientale. Riconosce nell’equilibrio ecologico una precondizione di fondamento nel progetto di paesaggio ma non lo considera obbiettivo suffi ciente.25 Per Lassus l’invenzione poetica nell’ambito di un progetto di paesaggio signifi ca raggiungere un grande risultato senza necessariamente coinvolgere una grande quantità di lavoro e materiale. Questa assunto costituisce già di per sé un approccio ecologico fondato sull’idea di sostenibilità ambientale. La strategia poetica è implementata attraverso un metodo fondato su interventi minimali, spostamenti semantici che minimalizzano l’evidenza visibile della presenza del progettista. Bernard Lassus sostiene che nell’evidenza della necessità di dare forma al mondo concreto è necessario proporre una distinzione tra scala tattile e scala visiva.La scala tattile è legata alla quotidianità attraverso l’incontro diretto con le cose, al di sopra ed aldilà di questo si trova la scala visiva, una zona in cui i fenomeni sono esclusivamente di tipo visivo.26

“L’obligation de l’invention du paysage aux ambiances successives“ costituisce il contributo di Lassus alla raccolta di testi di Augustin Berque27 di teoria di paesaggio. Il testo è suddiviso in una serie di paragrafi ognuno dei quali riporta una defi nizione chiave per la comprensione dell’idea di progetto di Lassus.28

Entité paysagèreLa proposta di Lassus si fonda sul concetto di entità paesaggisitca: “non aggiungere nuove frazioni o oggetti, non distruggere uno dei resti precedenti ma al contrario rivelarli nella loro presenza successiva e simultanea all’interno di un’estensione scelta in base all’esistenza stessa dei suoi caratteri di frazione morfologica”.29

L’entité paysagère è “il risultato di una negoziazione tra diverse scale di identità che sono emerse dall’analyse inventive” e che possono essere sistemate/condotte a partire dai loro caratteri fi sici concreti e visibili tanto quanto dai loro spazi immaginari. Lassus porta come esempio il progetto per Parco du Roi-Baudouin in cui sono stati ritenuti i frammenti di un paesaggio di Brabant, il luogo scomparso di una villa romana, la traccia di un bosco preesistente. In questo modo si introduce nel progetto una profondità oltre alla superfi cie visibile, fatta di “stratifi cazioni di temporalità differenti”.30

Espace propreA differenza del Land Artist il paesaggista deve rappresentare e facilitare la vita quotidiana oltre che il gesto/intenzione artistica. Il progetto di paesaggio deve essere funzionale agli usi oltre che suscitare l’immaginario: “la madre di famiglia può avanzare con la carrozzina in tutta tranquillità lungo un sentiero ombreggiato e allo stesso tempo notare qualche presenza inutile che la porta a interrogarsi sul luogo che sta attraversando”.31

Intervention minimaleIl paesaggio è per Lassus, “una connivenza approfondita nel sensibile di quello che il concreto può offrire” per cui non è necessario che ci sia trasformazione fi sica per avere un intervento paesaggistico. In questo senso l’intervento minimale è un apporto di altre dimensioni sensibili

a quello che è già fi sicamente presente in un luogo. 32

Lieux insécables (luoghi in-secabili/non attraversabili)Il modo di intervenire in un luogo, di trovare una forma per un’autostrada per esempio, non ha niente a che vedere con il fatto di farla passare proprio in quel luogo. Realizzare un’autostrada per quanto bella possa essere, là dove non dovrebbe passare, non risolve il problema del passaggio stesso, che è prioritario e da cui non potrà che risultare una frattura.Ne consegue che è necessario attribuire un valore di identità a certi luoghi che li rende “ insécables”.La fi losofi a di Lassus è quella di non incrociare, tagliare, produrre fratture per non scalfi re questa forza naturale. Una strategia progettuale più sottile per cui “la considerazione di nuovi valori emergenti da un luogo fa parte della decisione da prendere”.33

Nature et deplacement La defi nizione di un luogo come “naturale” è già di fatto una scelta e quindi un intervento umano. Il naturale sarà allora, nella scala di valori culturali, defi nito come il luogo che avrà subito meno modifi cazioni. È per opposizione ad un altro elemento qualifi cato come artifi ciale che defi niamo un oggetto come più naturale.34

Quando si prende in considerazione la possibilità di aggiungere qualcosa in un luogo la prima conseguenza sarà quella di un “déplacement” del valore stesso di natura che verrà spostato/sospinto verso il “più naturale”. Lassus riporta l’esempio del progetto di un’autostrada. Ancora prima che sia stato realizzato il progetto può, nella percezione degli abitanti di quel luogo, renderlo apprezzabile come ancora più naturale. Il progetto quindi contribuisce a costituire localmente un “campo visuale” relativo nettamente più naturale. Tutti gli interventi di trasformazione devono quindi essere previsti in rapporto alla defi nizione di categorie di apprezzamento dei luoghi che tengano in considerazione la percezione dominante relativa. Il concetto di identità paesaggistica non può essere affrontato, quindi, come un problema solamente visivo perchè rientra nell’ordine del simbolico ed una scelta progettuale contribuisce a mettere in evidenza il valore della natura.

LittéralitèLa lettura letterale di un luogo riguarda il rispetto totale del suo stato e dei suoi possibili. Si possono distinguere due tipi di letteralità: la letteralità concreta che consiste nel conservare la natura nei sui processi ecologici, la letteralità mitica che protegge le sistemazioni anteriori non potendo prevedere se le trasformazioni previste possano essere meglio dello stato esistente.La letteralità è intimamente legata al concetto di reversibilità, di possibilità di tornare ad uno stato anteriore.

Analyse inventivePerché un’interpretazione progettuale riesca ad integrare assetti naturali, patrimoniali e sociali, è necessario ricorrere ad un processo di analisi che consideri simultaneamente lo stato fi sico e storico dei luoghi ma che si occupi anche di identifi care quale e di che tipo potrà essere il processo evolutivo di un luogo. Questo suppone di riuscire a discernere quale tipo di sviluppo/modifi cazione sarà il più adatto alla relazione specifi ca tra sito e pratiche del sito.La tecnica che consente di accostarsi alle singolarità ed alle potenzialità di un luogo è detta

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“analyse inventive”. Si tratta di adottare fi n dall’inizio del processo progettuale un’”attention fl ottante” e lasciarsi impregnare dai luoghi (faire l’éponge) durante lunghi sopralluoghi, quasi fi no quasi a tediarsene. Quindi è necessario trovare dei punti di vista preferenziali e individuare i micro paesaggi e le prospettive che li legano. L’analisi dell’esistente deve scoprire nell’uso dei luoghi quello che è stato occultato dall’usura del quotidiano e quello che sta per scomparire. È necessario saper leggere il non visibile e renderlo evidente, rinvenire le tracce di nuovi usi e pratiche non ancora identifi cati. Infi ne è necessario considerare altre ipotesi che selezionate, testate e precisate diventeranno i nuovi orientamenti proposti dal progetto. L’analyse inventive è la premessa per l’infl exus del progetto.35

EntrelacementLassus propone la lettura dell’”entrelacement”36 del sistema esistente cioè la logica di articolazione tra composizioni successive di un luogo nel corso del suo sviluppo, una successione di ri-scritture sullo stesso spazio e di re-interpretazioni da parte della società che lo utilizza. La logica del progetto dovrà essere quella di perpetuare i diversi interventi succedutisi nel tempo sullo stesso spazio: “c’est donc cette multiplicitè du lieu qu’il fallait rendre poétiquement sensible et porsuivre le present”. 37 Il progetto di Lassus per i Giardini delle Tuileries risponde a questa fi losofi a di progetto per cui non si tratta di intervenire con aggiunte formali localizzate quanto proseguire e continuare logiche esistenti.

Infl exus ou l’infl exion du processus paysagerPrendere in considerazione l’insieme dei movimenti interattivi di un luogo, i suoi processi implica il non arrestare un luogo, “prenderlo in corsa”. Il ruolo dell’intervento è quello di rimettere in moto alcuni fattori che si sono arrestati eventualmente aggiungerne di nuovi ma sempre tenendo in considerazione il processo di quello che si trova già sul posto. Lassus chiama questo tipo di intervento “Infl exion du processus paysager” in alternativa al termine abituale di composizione e sistemazione. Il termine “infl essione” indica un orientamento piuttosto che una sostituzione, e implica una “temporalità reversibile cioè ricostruibile”.38 Questo signifi ca voler inscrivere il progetto di paesaggio nei “diversi movimenti del concreto” e non intervenire per semplice giustapposizione di un sistema di oggetti ad un altro sistema quanto attraverso un gioco di “frazioni” per ricostituire l’unità di partenza. Ogni frazione dell’intervento dovrà situarsi in relazione alle altre frazioni con la stessa temporalità (referenza orizzontale) e in relazione a se stessa in tempi diversi (referenza verticale). Questo tipo di modifi cazione produce non tanto una giustapposizione di oggetti che possono o no produrre paesaggio quanto una “simultaneità di tempi differenti”.Lassus ricorre all’analogia dei colori ed al concetto di “spettro cromatico” per spiegare come l’insieme di più colori possa esaltare l’individualità di ciascuno di essi. Il progetto deve, a partire da colori dati, esistenti, ricreare un nuovo spettro possibile in cui tutti i colori entrano a fare parte. Per questo “Il problema del paesaggio non è di introdurre nuovi elementi in termini di coerenza ed integrazione quanto di rappresentare un nuovo spettro in un sistema di conformazioni esistenti”.39

Neuf conduites du projet40

È dalla scuola di paesaggio a Versailles che vengono i più importanti contributi al progetto urbanistico.Michel Corajoud insegna da molti anni all’École nationale superieure du paysage, nata da una sezione della più conosciuta École d’Horticulture de Versailles. Nel 1986 Corajoud, nominato professore in “Teoria e pratica del progetto sul paesaggio”, redige un documento sulla pedagogia dell’insegnamento su cui baserà gran parte dell’insegnamento alla scuola di paesaggio. Negli stessi anni la prima generazione di studenti diplomati della scuola inizia la propria carriera in architettura di paesaggio. Il lavoro di Alexander Chemetoff, Alain Marguerit, Michel Desvigne è riconosciuto in pochi anni a livello internazionale proprio per il forte legame con le tematiche della città e più specifi catamente con la progettazione urbana.Dal 2001 Michel Corajoud insegna a Ginevra presso l’istituto d’architettura. Per i suoi studenti ha redatto un testo che raccoglie alcune osservazioni relative al progetto di paesaggio. Le “conduites” possono venire lette, piuttosto che come una serie di insegnamenti o precetti da seguire pedissequamente, come veri e propri spunti di una metodologia progettuale ben precisa, applicabile ben oltre i limiti imposti dalle esigenze della didattica. In successione viene defi nito esattamente un percorso di approfondimento progressivo che porta a sviluppare una proposta progettuale a partire dai luoghi ma senza nulla negare al processo di sintesi creativa e ai contenuti innovativi che ogni progetto deve poter proporre.È evidente che questi insegnamenti si affi ancano a tutte le altre conoscenze specifi che che deve possedere un progettista di paesaggio (ecologia, scienze ambientali in genere, geografi a, progettazione architettonica e urbana, …) che vengono considerate come parte del bagaglio culturale acquisito dagli studenti.Il testo è strutturato secondo nove sezioni. Ognuna di queste descrive un momento del processo progettuale di ideazione e rappresenta nel suo complesso la descrizione di un metodo.

Mettersi in stato di effervescenza Sono due le operazioni che devono essere avviate in contemporanea e secondo un cammino parallelo quando si inizia a progettare. Da un lato è necessario porsi quante più domande possibili ed il più precisamente possibile con l’obbiettivo di farle

fi gura 77Michel e Claire CorajoudParco Villeneuve a Grenoble - 1974

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emergere. Le risposte potranno essere trovate in seguito mentre nella fase iniziale del processo progettuale è più importante stimolare il meccanismo del “porsi delle questioni, dei problemi”41. Allo stesso tempo è necessario iniziare da subito a porsi in un’ottica progettuale, propositiva, senza aspettare di aver dato una risposta a tutte le domande, formulare delle ipotesi di lavoro e cominciare a disegnare.42 L’intuizione è lo slancio da cui deve partire il progetto. Un’analisi preventiva troppo lunga può determinare il rischio di non riuscire più a distinguere quali elementi possano diventare fondatori del progetto e quali invece portino solo a risposte letterali. L’intuizione gioca un ruolo di catalizzatore dell’analisi e il progetto si sviluppa a partire da essa prolungandosi in un lavoro di aggiustamento progressivo alla realtà.43

Per evitare il rischio di prendere delle decisioni “a priori” è necessario, poi, controbilanciare le intuizioni con delle ipotesi inverse.Secondo Corajoud “il progetto di paesaggio è una risposta spaziale apportato a una certa quantità di fattori più o meno concettualizzati, più o meno oggettivi e spesso contraddittori.”44 I dati di analisi del sito e del programma rimangono privi di intenzioni spaziali e sono ineffi caci a generare da soli la forma dello spazio. Solo l’intervento di un soggetto esterno in grado di rielaborarli e di metterli in relazione fra loro può defi nire una proposta spaziale coerente.45 Ogni progetto è costituito di circostanze particolari ed irripetibili. L’analisi e il progetto sono indissociabili e costituiscono le due attività/azioni/processi/... di un procedimento non lineare ma ricorrente dove tutti i materiali si devono organizzare progressivamente.

Percorrere in tutti i sensiIl sito di progetto e le sue vicinanze devono essere percorsi in tutti i sensi ed in tutte le direzioni con lo scopo di registrare quanti più elementi possibili, anche i meno evidenti ed insignifi canti. A questo proposito Corajoud cita François Dagognet: “C’est à la pellicule sinon même dans les futilités (ou presque) que le vrai scintille et peut être «arrêté».46 Utilizzando una sorta di economia di mezzi espressivi nel progetto è possibile riportare alla luce le tracce, le confi gurazioni e l’organizzazione spaziale delle occupazione dello spazio che si sono succeduti nel tempo ed in parte cancellati dagli usi successivi. Il recupero di alcune di queste tracce nel progetto consente di non creare rotture troppo violente con il passato dei luoghi e di mantenere un fi lo di continuità con l’identità passata. Prendere in considerazione il più alto numero possibile di dati sul piano morfologico e culturale derivati dalle circostanze dei luoghi, farà in modo che le decisioni del progetto siano ispirate dal mondo stesso.Per non fossilizzare lo sguardo su di un unico punto di vista rischiando di dimenticare tutte le altre prospettive offerte dal paesaggio, Corajoud insegna il metodo dell’“ubiquità“: non appena un punto di vista si impone, cambiare punto di osservazione, fuggire in un altro luogo fi no a che persiste quella sensazione. Ad uno sguardo analitico sul paesaggio, che isola, divide, classifi ca, discrimina, Corajoud oppone la necessità di addestrare la nostra attenzione a cogliere quello che resta dietro le qualità singolari e visibili di un luogo. Uno sguardo esclusivamente visivo, come quello che usiamo costantemente per codifi care la realtà, è incapace di leggere il mondo come un’unità e, come il linguaggio, sta dalla stessa parte dell’”effi cacia” e della “sintesi”. Evitando di concentrare l’osservazione su di un singolo aspetto, anzi “fuggendo” da quelli più evidenti, Corajoud invita ad andare oltre le apparenze visibili in “un mondo di emanazioni e presenze furtive” dove “non distinguete, intravedete”.47 L’ora più adatta per questo tipo di osservazione non è quella della luce cruda e diretta delle ore centrali della giornata. La

penombra delle prime ore dell’alba o della sera creano invece la possibilità di contaminazioni, sovrapposizioni e aderenze tra le cose.Esplorare i limiti, oltrepassarliUn progetto sul territorio deve prima di tutto cominciare dal rimettere in discussione l’apparente legittimità dei confi ni stabiliti da una determinata operazione e dal “rifi uto di lasciare che il paesaggio venga frammentato in molteplici terreni di azione”. A questo proposito viene defi nito il concetto di “orizzonte” come capacità di un luogo di concatenarsi con tutti gli spazi limitrofi e l’idea che sia necessario oltrepassare i limiti prestabiliti per testare la loro resistenza, la loro porosità, la capacità di creare interconnessioni. Corajoud sostiene che è nelle situazione di limite che si trovano i “giacimenti” del progetto, perché è sui suoi confi ni che un luogo ha già modellato un rapporto con gli spazi vicini. L’orizzonte è il luogo del passaggio e dell’interrelazione, dove coesistono e si concatenano paesaggi singolari. È necessario prendere le distanze dai luoghi del progetto, estendere il campo di indagine oltre ai confi ni, per riuscire a leggere questo gioco di relazione tra gli spazi ed i luoghi. Solo tornando al centro del sito si potrà apprezzare la giusta distanza utile per defi nire gli orizzonti del luogo.

Andare per ritornareNella fase iniziale di indagine e raccolta delle informazioni, man mano che si procede nell’accumulo di conoscenze relative al luogo di progetto, andrà aumentando anche il campo di contraddizioni tra i diversi dati. Per esempio quelli relativi ai confl itti tra programma e sito. Per evitare di venire completamente sommersi e di bloccare ogni possibilità di decisione, è necessario prendere le distanze dal sito per un certo tempo e formulare le prime ipotesi. Il lavoro sullo spazio attraverso la sua rappresentazione nel progetto apre delle prospettive che la semplice gestione cumulativa dei dati non lascia intravedere. Questo perché: “lo spazio possiede delle risorse proprie che permettono di riformulare e smussare le contraddizioni messe in gioco dall’analisi”.48 Intervenire sul paesaggio inteso come campo di relazioni complesse richiede un processo conoscitivo che prevede numerose “andate e ritorni” tra analisi e progetto per associarle profondamente in una proposta fi nale credibile. In questo processo di aggiustamento successivo che costituisce intimamente il progetto Corajoud riconosce un “outil de connaissance”, cioè uno strumento per interrogare e sperimentare la realtà del sito.

Attraversare le scaleL’interrelazione spaziale e temporale di tutti i materiali che compongono il paesaggio porta inevitabilmente a dover affrontare simultaneamente le diverse scale. L’attraversamento delle scale è lo strumento che consente di lavorare sull’insieme del progetto insieme al suo aspetto di dettaglio, che unisce e tiene in relazione reciproca il globale con il locale.

AnticipareL’attenzione al contesto territoriale, ai suoi sviluppi passati e alla sua organizzazione presente determina una predisposizione a leggere il paesaggio in maniera dinamica ed a riconoscere le inclinazioni dello spazio a svilupparsi nel futuro. Corajoud propone un metodo di lavoro che può essere paragonato all’uso della moviola nel montaggio di un fi lm. Le immagini vengono fatte scorrere in avanti e indietro fi no a che le sequenze mancanti non scaturiscono spontaneamente. Così sul paesaggio le immagini che testimoniano diversi stadi temporali di un sito suggeriscono quali possano essere gli sviluppi futuri.

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Il progetto riesce in questo modo a riconoscere le tendenze che “offrono più garanzie di supportare e poter condurre le trasformazioni a venire permettendo che si fondano durabilmente con il reale consumando il minimo di energie”49. In questo senso il progetto è inteso come “mélange de souvenirs et anticipations”. La raccomandazione di ancorarlo nella storia e nella geografi a non deve essere intesa in senso letterale, cioè come un’incitazione al passatismo e alla conservazione; piuttosto di non lavorare su di una “tabula rasa” e di ancorare le nuove proposte alla memoria del sito.

Difendere lo spazio apertoCorajoud sostiene che sia necessario opporsi all’occupazione sistematica dello spazio e rivalutare nel progetto paesaggistico e urbano l’importanza delle lacune, degli intervalli, in relazione con l’idea di orizzonte: “la responsabilità del progetto sullo spazio è quella di aggiungere ordinare delle cose ma spesso anche quella di astenersi dal farlo”.Introduce qui un concetto fondamentale cioè quello dell’attenzione sul vuoto, sullo spostamento dell’attenzione dagli oggetti agli spazi e alle relazioni, e sul concetto del non aggiungere, o ancora meglio, del togliere. È proprio il togliere una delle tecniche analizzate più avanti nella ricerca.

Aprire il proprio progetto in corsoSe il progetto è inteso come un metodo che permette di rivelare i diversi modi in cui si può trasformare lo spazio allora è necessario rendere più trasparente possibile il suo processo di formazione, condividere il più possibile le sue scelte. Il progetto deve prendere in considerazione l’idea di una sua possibile negoziazione con i soggetti che ne usufruiranno. Perché il processo sia effi cace dovranno essere accessibili a tutti i soggetti coinvolti le ragioni per cui sono state prese certe decisioni in modo tale da dare a tutti la possibilità di intervenire con cognizione di causa sul corso del progetto.Restare il guardiano del proprio progettoAprire il progetto in corso alle osservazioni ed alle critiche dei vari attori è sicuramente un modo per condividerlo e, se necessario, adeguarlo a possibili richieste. Ma Corajoud mette in guardia dal lasciare che gli interlocutori possano accaparrarsi il progetto e trasformarlo in qualcosa di diverso. Il creatore è il solo che può assicurare la coerenza e l’unità del suo lavoro sullo spazio e sulla forma in un processo compiuto.

Principi e dispositivi del processo compositivo riconducibili ad una metodologia progettuale che riconosce nel paesaggio l’aspetto strutturale portante della progettazione e della riqualifi cazione urbana- proposta di una strategia “minima” (intervento minimale) come intervento di trasformazione della città e del paesaggio che ha luogo attraverso operazioni semantiche più che strutturali;- defi nizione di “analisi inventiva” come approccio progettuale che consente di avvicinarsi alle singolarità ed alle potenzialità di un luogo attraverso l’esperienza diretta e la presenza fi sica di progettisti; i dati di analisi di un luogo, privi di intenzioni spaziali, una volta raccolti devono essere sottoposti ad una rielaborazione attiva in grado di metterli in relazione tra loro per defi nire una proposta spaziale coerente;- il campo di relazioni complesse del paesaggio richiede un processo conoscitivo complesso che consiste nel riformulare numerose volte le proposte in un’iterazione progressiva tra dati di

analisi, progetto e sopralluogo;- infl essione del progetto paesaggistico nel proseguire e dare continuità a logiche esistenti e ai diversi movimenti del concreto;- l’economia di mezzi espressivi del progetto permette di riportare alla luce le confi gurazioni dell’occupazione dello spazio che si sono succeduti nel tempo;- l’uso di uno sguardo diverso, che consente di intravedere piuttosto che distinguere, permette di cogliere ciò che non è immediatamente visibile dietro le qualità materiali e formali di un luogo;- il progetto inteso di mescolanza di tracce rinvenute ed anticipazioni di confi gurazioni future;- leggere nei confi ni e nei limiti dell’area di progetto un’opportunità per concatenare e mettere in relazione tutti gli spazi aperti contigui;- il ruolo dello spazio aperto pubblico come possibilità di mettere in relazione i contesti esistenti ed il “vuoto” come materiale di progetto; - affrontare simultaneamente le diverse scale per mettere in relazione globale e locale, territorio e dettaglio;- necessità di accompagnare il progetto lungo tutto il processo di confronto con i vari attori e fruitori nelle varie fasi della sua implementazione.

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LA DIMENSIONE TEMPORALE DEL TERRITORIOLa sezione “Architecture et Paysage” dello IAUG di Ginevra nata intorno a due fi gure chiave della facoltà di architettura, il topografo Alain Leveillè e l’architetto Georges Descombes, ha avviato già a partire dagli anni ’80 una indirizzo di ricerca applicata basato sulla lettura e analisi dei materiali elementari costitutivi della morfologia urbana. Attraverso lo studio della topografi a è stato sviluppato un approccio che si fonda sull’indagine cartografi ca, in particolare quella storica, e che riconosce nella dimensione temporale della morfologia dei luoghi e del paesaggio il fondamento di ogni scelta progettuale. I due diversi apporti di Leveillè e Descombes rappresentano i due aspetti della pratica progettuale fondata sul paesaggio: una più analitica descrittiva, l’altra sintetico operativa. L’apporto teorico di Andrè Corboz ha ulteriormente arricchito il discorso progettuale con la comprensione della complessità e dello spessore della città contemporanea spostando il campo di indagine verso implicazioni di ordine territoriale.50 Nella ricerca della scuola i tre momenti di analisi interpretativa, discorso teorico e proposta operativa si costituiscono come fasi indissolubili del percorso progettuale. La forme du territoire 51

L’Atlas du Territoire Genevois è stato realizzato dal Centro di ricerca per il Rinnovo Urbano52 della scuola di architettura di Ginevra diretto dal Prof. Alain Léveillé. Lo studio commissionato dal Comune di Ginevra è stato redatto sotto la responsabilità del Servizio dei Monumenti e dei Luoghi del Dipartimento dei lavori Pubblici della città a partire dal 1985.L’Atlas è una ricerca sulla cartografi a storica del territorio di Ginevra che copre l’intera superfi cie del Cantone corrispondente a circa 284 Km2. Basata sulla sovrapposizione ed il confronto di documenti cartografi ci afferenti a tre periodi storici (il catasto napoleonico, la cartografi a del 1945, la cartografi a attuale) l’Atlas si costituisce come un sistema di “lettura in trasparenza”53 del territorio e del paesaggio e del lento processo di sedimentazione che ne costituisce la forma. Lo scopo dell’Atlas è di “mostrare la dimensione temporale dello spazio geografi co”54 del territorio ginevrino.Leveillè riconosce un certo numero di elementi, materiali fi sici che hanno contribuito a determinare questa forma: alcuni risalgono a tempi ed ere geologiche, altri alla colonizzazione del territorio da parte dell’uomo con il tracciato delle vie di comunicazione, lo sfruttamento agricolo del suolo e la sua suddivisione in parcelle fondiarie, la densità e disposizione

fi gura 78Alain Leveillè - Atlas du territoire genevois - 1993Comparazione cartografi ca tra la carta originale del catasto napoleonico, la sua trascrizione sulla carta esistente e la lettura delle trasformazioni.

delle costruzioni sul terreno. Ognuno di questi elementi contribuisce alla qualifi cazione dello spazio fi sico. Il territorio abitato è defi nito come e “risultato provvisorio”55 di un processo dinamico in cui le varie fasi di formazione costituiscono una modifi cazione degli stadi anteriori ma non necessariamente una loro cancellazione completa. Il processo di sedimentazione è un “accumulo selettivo” nel tempo che non da origine a strati equivalenti: alcuni materiali mostrano una resistenza maggiore, altri subiscono un processo di erosione irreversibile. Attraverso gli affi oramenti, i residui di epoche passate, i frammenti e i resti di conformazioni più antichee con l’aiuto della cartografi a storica è possibile ricostruire e leggere “in trasparenza” le varie fasi della sedimentazione territoriale e ricostruirne la “genealogia complessa”56. Per Leveillè tutti gli interventi sullo spazio contemporaneo non sono altro che l’ultima di una lunga serie di modifi cazioni inscritte in un processo dinamico di cambiamento continuo, più o meno veloce. Tutte le azioni che incidono sula modifi cazione del paesaggio, la progettazione, la pianifi cazione, la costruzione, concorrono ad aggiungere un nuovo strato alla città e si inseriscono “nel tempo tra passato e futuro”.Questo concetto non è assunto acriticamente: è attraverso il riconoscimento dell’unicità e delle peculiarità di ogni luogo che si gettano le basi per ogni intervento a venire. In questo senso è avanzato un principio di precauzione secondo cui gli interventi di trasformazione future si fondino sulla conoscenza delle trasformazioni passate.57

L’Atlas si pone come uno strumento atto a comprendere il tessuto territoriale, a ritracciare il processo di formazione e trasformazione e a decifrare le stratifi cazioni successive. L’interesse e l’accento sulle componenti storiche dei luoghi non implica però nessun atteggiamento nostalgico sulle ”sparizioni”, sulla conservazione di tracce e sugli “objets trouvés”. La lettura complessiva di segni e tracce, al contrario, attribuisce un senso alla conformazione morfologica del territorio e può costituirsi come principio informatore del progetto sull’attitudine del territorio a sopportare/ricevere/reggere nuovi assetti.58

Il progetto si confi gura in questo senso come una continuazione di dinamiche già in atto che può trovare una sua defi nizione “in riferimento concreto alla nozione di contesto, di ambiente e di luogo” con l’obbiettivo di aggiungere senso e spessore al territorio. L’Atlas è dunque, in questo senso, uno strumento di progetto. La ricerca morfologica che lo anima è funzionale ad una più generale inchiesta sullo stato dei luoghi della città e del paesaggio attraverso cui isolare quegli elementi del tessuto in grado di costituire un fondamento dei successivi sviluppi morfologici.59 Analisi ed interpretazione assumono un ruolo di reciprocità e complementarità nell’azione di decifrare le forze accumulate sul territorio. In questo senso l’analisi dei caratteri fi sici del luoghi che costituisce l’essenza dell’Atlas ha come obbiettivo ultimo quello di informare il progetto sulle “competenze del territorio a ricevere i nuovi dispositivi costruiti”. Leveillè defi nisce uno strumento utile a legittimare le scelte formali del progetto attraverso la ricerca di punti di appoggio, di “garde-fous” su di cui il progetto può svilupparsi in un modo non meccanico o deterministico, divenendo esso stesso strumento di investigazione e comprensione. La scomposizione morfologica del territorio nelle sue componenti diacroniche introduce un problema più complesso che riguarda la dimensione temporale nell’ambito del processo progettuale. Vengono sollevate una serie preoccupazioni relative all’identità e alla storia dello spazio e dei luoghi che vanno oltre il semplice problema della gestione e pianifi cazione.

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Une recherche morfologique60 L’Atlas si confi gura come uno studio della confi gurazione del tessuto territoriale relativo cantone di Ginevra. Il tentativo della ricerca di “démêler”, distinguere le varie componenti si fonda sull’accettazione del sistema “reti – parcellizzazione – costruito” come modello di riferimento della morfologia territoriale e di cui il catasto costituisce una buona rappresentazione. La ricerca si fonda sul presupposto secondo cui è possibile isolare quei materiali e quelle componenti fi siche la cui combinazione è in grado di determinare/qualifi care lo spazio del territorio come paesaggio. 61 Sono individuati sei elementi fondamentali: la rete viaria, la parcellizzazione fondiaria rurale e dell’abitato, l’orografi a, la rete idrografi ca ed i materiali vegetali. Una lettura approfondita sulle componenti fi siche e formali del territorio non è fi ne a se stessa: la specifi cità morfologica di ogni luogo, determinata dall’interazione di ciascuno di questi materiali nel tempo, costituisce l’espressione fi sica e visibile del suo spessore storico. La necessità di defi nire categorie di riferimento nel confronto fra carte di epoche diverse si instaura/fonda/basa secondo due principi:permanenza – concordanza tra un catasto e l’altro nella invariabilità di un elemento nella sua forma, dimensione, posizione.persistenza – elementi del tessuto che sono stati sostituiti da altri mantenendo la stessa posizione a terra.Il lavoro è impostato sul confronto e la comparazione di materiali cartografi ci afferenti a periodi storici diversi in modo da costituire un inventario delle sedimentazioni territoriali avvenute in circa due secoli. Le cartografi e di riferimento sono:- il Catasto Napoleonico dell’inizio del XIX secolo (1806-1818)- il cosiddetto “Plan d’Ensamble” nella sua prima edizione (1930-1950) - il “Plan d’Ensamble” nella sua versione più recente.Il “Plan d’Ensamble” è una carta del Cantone di Ginevra che per la prima volta in Svizzera, ma forse in Europa, riunisce le informazioni catastali e fondiarie con quelle della carte topografi che. A partire dal 1985 è costruita, oltre che in base a rilievi topografi ci, sulle aereofotogrammetrie ed è costantemente tenuta aggiornata grazie alle tecniche di disegno informatizzato.La prima parte del lavoro riguarda la sovrapposizione del Catasto Napoleonico sulla carta attuale e la trascrizione delle informazioni del catasto antico sullo stato di fatto presente. La pianta che risulta da questa operazione propone una lettura sincrona di due situazioni del territorio a duecento anni di distanza in cui sono evidenziati gli elementi della morfologia scomparsi, persistenti o permanenti.La seconda fase del lavoro confronta le due edizioni del “Plan d’Ensemble”, quella del 1930-50 con quella del 1989-91, aggiungendo alle permanenze segnalate nella prima carta, quelle modifi cazioni intervenute lungo il XIX secolo e la prima parte del XX.Il “plan d’Ensamble” dello stato attuale è la base per entrambe le due carte di sintesi ottenute dal lavoro di sovrapposizione e di collazione rispettivamente il “report du cadastre napoléonien sur le plan d’ensemble actuel” e “formation-transformation du territoire aux XIXe et XXe siécles”.Il lavoro di analisi e confronto sulle carte è stato eseguito alla scala 1:2500, cioè la scala originale della cartografi a storica ed attuale, che permette una buon margine di precisione nella descrizione delle modifi cazioni avvenute. Si tratta infatti di una scala quasi architettonica, in grado di riportare i dettagli relativi al tessuto costruito con una suffi ciente defi nizione. La pubblicazione delle due carte è avvenuta, però, a scala 1:10000 che permesso una lettura

inedita del territorio nella sua evoluzione, allo stesso tempo globale ma dettagliata. È a questa scala che si possono apprezzare e leggere nel loro insieme alcuni dettagli che possono apparire come insignifi canti nel lavoro minuto di restituzione grafi ca. La lettura dello spessore storico e della dimensione temporale del territorio è possibile e acquisisce valore e signifi cato esclusivamente nel complesso geografi co del paesaggio urbano.Questo metodo di messa in prospettiva storica delle componenti dei tessuti urbani e territoriali è stato messo a punto per essere applicato allo studio della periferia urbana e alla campagna di Ginevra. Ha trovato i suoi limiti nelle zone urbane dense dove sarebbe stato necessario un approfondimento ed una scala di dettaglio più esatta. Il metodo della sovrapposizione delle carte, che è stato sviluppato e perfezionato da alcune scienze ambientali per verifi care il grado di idoneità ----, qui riproposto per verifi care il grado di permanenza delle reti, della parcellizzazione e del costruito, non viene affi ancato, infatti da nessun lavoro di datazione esatta.Nella nota fi nale del testo è sottolineato il carattere a volte soggettivo delle operazioni di lettura dei catasti, specialmente in alcune situazioni complesse dove il ricercatore con la sua conoscenza diretta dei luoghi ha potuto si è trovato ad operare con un ampio margine di interpretazione.

Le dessous des cartes62

In questo testo Corboz coglie l’estrema attualità del lavoro di comparazione catastale dell’Atlas du Territoire Genevois mettendone in evidenza il contributo metodologico alla pratica del progetto. Non si tratta di un semplice esercizio accademico o di ricerca storica fi ne a se stessa, al contrario per la sua precisione ed accuratezza delinea un metodo dai risultati sorprendentemente innovativi nel campo della ricerca territoriale.L’Atlas si pone, innanzi tutto, attraverso la rappresentazione di persistenze, permanenze e sparizioni di materiali territoriali, il problema della dimensione temporale dello spazio geografi co con numerose implicazioni sul piano operativo.Innanzi tutto assicura una conoscenza dettagliata dei fatti morfologici del territorio di tutto il cantone di Ginevra facilitando la comprensione della natura delle tracce che interessano i luoghi degli interventi futuri. I catasti, infatti, a differenza delle aereofotogrammetrie che registrano tutto quello che è visibile, documentano anche tracce invisibili come le parcellizzazioni fondiarie e le frontiere che non sempre sono riconoscibili. All’opposto alcuni elementi fi sici appariscenti possono non essere riportati nei catasti, come ad esempio masse arboree o coltivazioni. Questo perché il territorio è costruito: “sotto la carta, il terreno”.La seconda implicazione a livello operativo è costituita dalla sua forma di inventario di tracce, segni e frammenti persistenti sul territorio che possono costituire uno strumento importante per gli studi storici dello sviluppo urbano, suggerendo dei percorsi di lettura privilegiati, come per esempio può essere quello della controversa lettura delle tracce della centuriazione romana.La terza implicazione è relativa alla possibilità di una migliore fondazione degli interventi futuri che infl uiscono sulla consistenza del territorio siano minimi o puntuali come la costruzione di una sola casa, sia che riguardino grandi opere infrastrutturali come un’autostrada. Corboz sostiene che due attitudini opposte si sono confrontate negli ultimi secoli, di fronte alla necessità di trasformazione del territorio. A partire dall’apparizione dell’idea di “coscienza storica” illuminista non sono state che possibili due diverse condotte a partire da due concetti diametralmente opposti: l’essere assolutamente moderni rifi utando tutto quello che era stato

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prima o la negazione che fosse intervenuta una rottura con il passato e quindi l’uso della tradizione e la storia come “self service”. In architettura le due posizioni sono rappresentate da una parte dalla “tabula rasa” del Movimento Moderno e dall’altra dalle posizioni postmoderniste con una sorta di feticismo per la storia, il rifi uto per ogni tipo di intervento che non sia puro mimetismo. Due posizioni, sostiene Corboz, estremamente rassicuranti (rifare tutto o conservare tutto), una scelta semplice. Rifi utare le tracce del territorio signifi ca non riconoscere che esse non sono arbitrarie ma possiedono una razionalità intrinseca perché obbediscono a una logica insediativa precisa. Cancellarle signifi ca fondare una pratica territoriale sull’incomprensione di quello stesso territorio. Ugualmente il culto per le tracce porta ad una gestione urbana e territoriale in cui l’innovazione non è possibile se non sotto forma di mimetismo in nome di una pretesa continuità e permanenza che troppo spesso non corrisponde più alla cultura dei luoghi.Un simile inventario di tracce e segni63 non deve diventare un motivo di paralisi per pianifi catori ed architetti ma ugualmente non deve dare l’impressione che la modifi cazione del territorio sia divenuta più facile grazie ad esso: “Iscriversi esattamente nella maglia rivelata dalle carte non garantisce la qualità! È tutto qui il problema nel rapporto tra analisi e progetto. Ugualmente se non è suffi ciente “spelare” il territorio per saperlo leggere (perché il più delle volte le tracce non dicono niente sulle proprie cause), non è suffi ciente prendere atto degli elementi costitutivi di un frammento territoriale per dedurne il progetto. L’analisi è di natura descrittiva, mentre il progetto è di natura dichiarativa. […] D’altro lato il territorio non è un semplice supporto, una distesa passiva che ammette qualsiasi tipo di sistemazione: esso manifesta quelle che potremmo chiamare delle attitudini. Il risultato dovrà nascere da una sorta di negoziazione senza perdere di vista che il progetto ha la precedenza perché consente di selezionare quello che nell’analisi è pertinente.”64

Per questo l’uso delle carte non può essere confuso con una chiave universale quanto invece rappresenta un’opportunità supplementare alla progettazione che rende “il gioco più complesso, più sottile e dunque più diffi cile”.Sotto la carta, conclude Corboz, rimangono i progetti scomparsi di chi ci ha preceduto ma anche le aree e gli interstizi che questi, involontariamente, hanno sistemato perché noi possiamo ancorarci le nuove modifi cazioni, sotto le carte la città.

fi gura 79Georges DescombesPlaine de l’Aire, schizzo di progetto

Shifting sites65

L’applicazione operativa dei principi teorici e delle fasi di lettura ed interpretazione del territorio è rappresentata dai progetti sul paesaggio di Geroges Descombes. Il lavoro di Georges Descombes riguarda “slittamenti di aspettative e punti di vista” e “slittamenti in complessità ottenute con il minimo dei mezzi” e agisce come un dispositivo per rivelare forze impercettibili creando “una visione diversa, un’attenzione diversa, un’emozione diversa”. L’interesse per il territorio trova nel lavoro di Descombes una nuova dimensione legata agli aspetti dinamici del paesaggio. Il progetto è inteso in termini di provvisorietà, sistematicamente trasformato da un continuo rimodellamento da parte dei fenomeni della natura: stagioni, tempo, luce, crescita, erosione, sedimentazione. La manifestazione di dinamiche diverse viene rinvenuta nel reperimento di tracce presenti in un luogo, manifestazione materiale di quelle forze. Il processo progettuale è incentrato sull’idea che “future developments are already inscribed in the land”66 e la mappatura dinamica di tracce e segni in periodi di tempo diverso ha lo scopo di rendere manifesti i futuri potenziali oggi latenti. Per Descombes il corpo umano deve essere il punto focale del discorso architettonico, il suo movimento nello spazio determina i diversi punti di vista possibili, gli slittamenti di senso che non sono esclusivamente visivi.67

Come le tracce ed i segni di forze passate su di un sito costituiscono una costruzione mentale oltre che materiale, anche il progetto, nel recuperare il senso di un luogo, deve porsi l’obbiettivo di agire sull’immaginario oltre che sull’esperienza fi sica.I progetti di Descombes perseguono l’obbiettivo di rivelare la complessità del territorio nel tentativo di evitare la “riduzione e negazione dell’esperienza che caratterizza le esperienze di pianifi cazione contemporanea”. All’opposto dell’azione totalizzante del piano gli interventi di Descombes sono tattiche discrete che operano una certa resistenza alla proliferazione di oggetti e di segni. L’intervento “laconico” si costituisce in questo senso come un vero e proprio metodo progettuale che fonda la sua effi cacia su di una diluizione omeopatica degli spostamenti o, anche, sull’assenza e sulla sottrazione di materiale dal sito. Il metodo di Descombes lavora sugli slittamenti di signifi cato, operazioni semantiche più che strutturali, in grado di restituire un senso e una dimensione di uso al territorio più degradato.Il metodo di lavoro di Descombes68 dipende dalle circostanze e consiste nel far sorgere attraverso una descrizione attiva gli elementi fondanti del progetto. Descombes cita una frase di Peter Handke: “quelque chose commença qui était déjà là”69, un invito a spostare sul luogo l’attenzione che si presta abitualmente al programma senza negarne il ruolo. È infatti dalla tensione tra sito e programma che deve scaturire il progetto. Ugualmente una maggior coscienza della situazione esistente e del contesto non implica posizioni nostalgiche o storicistiche. Piuttosto è questa una postura che è incline a rivelare sviluppi possibili attraverso piccoli spostamenti, slittamenti che esigono una grande chiarezza e precisione tra “trovato” e “modifi cato”.È nel Parco di Lancy che Descombes esplora questo gioco di relazioni tra vicino e lontano: “Il sito di progetto non è mai interamente contenuto nei limiti geografi ci o storici, del sito di intervento, il progetto ha un respiro più ampio.“70 Tutte i diversi interventi che lo costituiscono sono determinati nelle loro relazioni, geometrie, materiali in rapporto ad un contesto molto più vasto. Il progetto tratta del ri-orientamento di un territorio lasciato all’abbandono in cui quello che è scomparso è altrettanto importante di ciò che è rimasto. Il progetto propone la ricostruzione di un frammento di natura e siccome un ambiente

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naturale non si può ricostituire che attraverso un processo, allora il lavoro di progettazione si occupa di metterli in moto artifi cialmente. Nel progetto per la rivitalizzazione del corso del canale dell’Aire il mantenimento degli argini del vecchio canale costituisce il “dispositivo territoriale” su cui si fonda tutta la riorganizzazione circostante: il nuovo assetto del fi ume, l’edilizia dispersa, la parcellizzazione agricola, le attrezzature del parco, le aree rinaturalizzate.71

Principi e dispositivi del processo compositivo riconducibili ad una metodologia progettuale che riconosce nel paesaggio l’aspetto strutturale portante della progettazione e della riqualifi cazione urbana- messa a punto di una tecnica di lettura in profondità della sedimentazione urbana (lettura in spessore) per ricostruire la “dimensione temporale” del territorio come uno dei punti di appoggio del progetto;- la legittimazione delle scelte del progetto scaturisce dall’evidenza di quello che è già presente sul sito e dalla continuazione delle logiche e delle razionalità presenti;- riconoscimento di un principio di sostenibilità nel progetto che agisce per mezzo di slittamenti di complessità e di senso ottenuti con il minimo di mezzi espressivi e di spostamenti di materia;- processo progettuale come “addestramento” alla sensibilità verso i luoghi;- discorso sulla reversibilità delle azioni intraprese dal progetto inteso come un principio di sostenibilità;- effi cacia del progetto rinvenuta nella diluizione omeopatica degli spostamenti e delle modifi cazioni, nella tecnica di sottrazione o comunque di non aggiunta di materiale dal sito;- progetto come costruzione mentale oltre che materiale per recuperare il senso di un luogo e agire sull’immaginario, sull’identità oltre che sull’esperienza fi sica;- reperimento di tracce e frammenti di usi passati per svelare la manifestazione di dinamiche latenti;- ruolo del disegno come strumento fondamentale del processo progettuale (e non come fi ne);- rovesciamento del rapporto programma-sito in cui il programma viene calibrato sugli aspetti portanti dei luoghi e non più imposto dall’esterno;- il corpo umano come misura dello spazio, in grado di testarne l’uso e la fruibilità. fi gura 80

Georges DescombesPlaine de l’Aire, schizzo di progetto

NOTE

1 Il titolo si riferisce a due testi chiave che riassumono in qualche modo la ricerca di Aimaro Isola: GIUSEPPE DEMATTEIS (1996), Progetto Implicito, Franco Angeli, Milano e ISOLA AIMARO [a cura di] (2002), Il paesaggio come metodo, in: Infra - forme insediative e infrastrutture, Manuale, Marsilio, Venezia, p. 72 Mi riferisco alla polemica con “il guardiano di frigoriferi” dalle pagine di “Casabella” di E.N. Rogers nel 1954.3 Si vedano alcuni progetti dello studio Gabetti e Isola come il complesso residenziale Ovest per l’Olivetti ad Ivrea (1974) e il progetto di concorso per il Centro Direzionale Fiat a Candiolo (1973).4 Si devono citare in particolare due raccolte di testi. La prima raccoglie le sperimentazioni della didattica e raccogli gli esiti del Laboratorio di sintesi fi nale “Paesaggi della dispersione insediativa tenuto dal 1997 presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino da Giuseppe Dematteis, Antonio De Rossi, Roberto Gianmarco, Francesca Governa, Matteo Robiglio e coordinata da Aimaro Isola. Si tratta di: DE ROSSI ANTONIO [e altri] (1999), Linee nel paesaggio. Esplorazioni nei territori della trasformazione, UTET Libreria, Torino. La seconda raccoglie gli atti del convegno svoltosi presso il Castello di Mantra in Provincia di Cuneo nel settembre del 1999 e dal titolo: Disegnare paesaggi costruiti. 5 GIUSEPPE DEMATTEIS (1993), “Geo-grafi e”, in: GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), Disegnare Le Periferie. Il progetto del limite, NIS, Roma, p. 2396 GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), Disegnare Le Periferie. Il progetto del limite, NIS, Roma.7 GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), cit. p.11. Come nota P. Gabellini (GABELLINI PATRIZIA (2001), Tecniche Urbanistiche, Carocci, Roma, p. 268) la struttura del libro come manuale è anomala in quanto presenta un carattere argomentativo e prestazionale più che proporre una raccolta di modelli o di schemi precostituiti. 8 Ivi, p.479 GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), cit. p. 11.10 GIUSEPPE DEMATTEIS (1993), Geo-grafi e, in: GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), Disegnare Le Periferie. Il progetto del limite, NIS, Roma, p. 24011 GIUSEPPE DEMATTEIS (1993), “Geo-grafie”, in: GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), Disegnare Le Periferie. Il progetto del limite, NIS, Roma, p. 2456 Un concetto molto simile, con l’accento sulla non-omogeneità della città contemporanea, è espresso dalla metafora di “ipercittà” di Andrè Corboz: “Dans le vide lexical qui caractérise aujourd’hui les établissements humains de très grandes dimensions en Occident, le termes d’hyperville aurait l’avantage de ne pas préjuger de la densité (contrairement à « ville extensive » ou « ville diffuse ») et de ne, pas s’opposer aux villes « historiques », puisque celles-ci sont elles-mêmes des constituants de l’hyperville. Certes, il s’agit d’une métaphore, et l’analogie ne peut être poussée jusqu’à l’homologie, du moment qu’elle ne rend pas compte de toute la réalité : dans le territoire, les « textes » sont très souvent mêlés, superposés, partiellement effacés, ce qui n’est jamais le cas dans l’ordinateur, comme Andrea Felicioni l’a noté. [...] Comme l’hypertexte, l’hyperville est accessible de diverses façons; on y entre, on en sort par une multitude de points - du moins si l’on peut encore parler d’entrée et de sortie -; on y circule également par des itinéraires extrêmement variés, du moment que les activités y sont dispersées, et surtout qu’il n’y a pas de centre, un centre, mais des polarités.À ce point, une observation complémentaire s’impose : contrairement à ce que pensent les fétichistes de la ville historique, celle-ci n’était pas non plus homogène, ne serait-ce que pour cette première raison qu’elle n’a jamais été construite en une seule campagne. Elle était faite au contraire de pièces’ et de morceaux, de trames et de tissus additionnés.” In: Le visiteur 6/2000 La Suisse comme hyperville, p.125.12 Ibidem13 Ivi, p.3514 BAZZANELA LILIANA, GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO, RIGAMONTI RICCARDA [a cura di] (1996), Paesaggi Sul Limite, Celid, Torino.15 Ivi, p.3016 GIUSEPPE DEMATTEIS (1996), Progetto Implicito, Franco Angeli, Milano, p. 40.17 BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), La mouvance: du jardin au territoire: cinquante mots pour le paysage, Ed. de la Villette, Paris, p.4118 Si possono citare in particolare le ZAC, Zones de amenagement concertè, che hanno consentito alla Francia in pochi anni di attuare una serie numerosa di progetti di riqualifi cazione urbana.19 BERQUE AUGUSTIN [e altri], “Mouvance: un lessico per il paesaggio. Il contributo francese”, Lotus Navigator 5 - 2002, pp. 78-99.20 Si vedano in questo senso gli apporti di Augustin Berque, Alain Roger, Michel Conan, Pierre Donadieu, Gilles Clement rispettivamente nei campi di geografi a, fi losofi a, sociologia, ecologia e agronomia.21 CORAJOUD MICHEL (2004), «L’Horizon», Faces 05, pp.- 22 LASSUS BERNARD (1994), «L’obligation de l’invention du paysage aux ambiances successives», In: BERQUE AUGUSTIN (a cura di), Cinq propositions pour une théorie du paysage, Champ Vallon, Paris 23 BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), cit. p.4124 BANN STEPHEN (1999), “The necessity of invention: Bernard Lassus’s garden landscapes”, In: BIRKSTED JAN, Relating architecture to landscape, E & FN Spon, London, p.23525 Lassus Bernard (1994), cit. p.87.26 BERQUE AUGUSTIN (1994) [a cura di], Cinq propositions pour une théorie du paysage, Champ Vallon, Paris.27 I titoli delle defi nizioni non sono stati tradotti in italiano per non stravolgerne il senso con un’interpretazione

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letterale.28 BERQUE AUGUSTIN (1994) p.9029 LASSUS BERNARD, “Entité paysagère”, in: BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), cit. p.6030 LASSUS BERNARD, “Espace propre”, in: BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), cit. p.6431 Lassus Bernard (1994), cit., p. 9232 Ivi, p. 9333 LASSUS BERNARD, «Déplacement», in: BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), cit. p. 5434 LASSUS BERNARD, «Analyse inventive», in: BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), cit. p.4535 Lassus Bernard (1994), cit. p.9836 Ibidem. Il progetto è pubblicato in: Le jardin des Tuileries de Bernard Lassus, Coracle Press 199137 Lassus Bernard (1994), cit. p.10038 Ibidem: “Le problème du paysage n’est pas d’apporter un ou des éléments nouveaux, en raisonnant en termes de coherence, d’intègration, d’insertion; mais d’arriver à mettre en place un nouveau “spectre” dans un systeme de conformations.”39 CORAJOUD MICHEL (2000), Neuf Conduites Du Projet: les neuf conduites nécessaires pour une propédeutique, pour un apprentissage du projet sur le paysage, in : Jean-Luc Brisson [a cura di], «Le Jardinier, l’Artiste et l’Ingénieur», Editions de l’Imprimeur, Paris.40 Di fatto la diffi coltà maggiore consiste nel defi nire le domande più che rintracciarne le risposte. Come sostiene L. Wittengstein: “Se una domanda può porsi, può anche avere una risposta” (Tractatus logicus-philosophicus, Einaudi Torino, 1995, p.108)41 Sul ruolo del disegno, o meglio, dello schizzo a mano come strumento conoscitivo fondamentale, come processo chiarifi catore, come metodo per fi ssare il latente, per svelare l’impercettibile agli strumenti analitici del raziocinio si veda anche A. Siza “L’importanza di disegnare”, in: Álvaro Siza scritti di achitettura, Skira editore, Milano 1997.42 Signifi cativa l’analogia di questo metodo di lavoro con quello utilizzato dai progettisti della Scuola di Porto in particolare Fernando Távora ed Álvaro Siza. Si confronti questo testo con alcuni scritti di Álvaro Siza specialmente “Il procedimento iniziale” pubblicato nel catalogo Europa/America: architetture urbane, alternative, suburbane, a cura di F. Raggi, Alfi eri, Venezia 1978, “Il disegno come memoria” pubblicato in: Stadtskizzen a cura di B. Fleck, Birkhäuser Basel 1994 entrambi tradotti in “Álvaro Siza scritti di achitettura”, Skira editore, Milano 1997. 43 CORAJOUD MICHEL (2000), cit. : “Le projet de paysage est une réponse spatiale apportée à un faisceau de données plus ou moins conceptualisées, plus ou moins objectives et souvent contradictoires.“44 Un concetto molto simile alla sintesi tra “essere” e “conoscere” nella fase iniziale del processo progettuale in: FERNANDO TÁVORA (1996), Da organização do espaço, FAUP Publicações, Porto (ed. originale 1962), p. 7445 CORAJOUD MICHEL (2000), cit. p. -: “È nella sottigliezza/sottile superfi cie se non anche nelle futilità (o quasi) che il vero scintilla e può essere fermato.” Corajoud cita da: Dagognet François, (1977) “Une épistémologie de l’espace concret“, Néogéographie, Paris.46 Ivi p. - : “En privant ainsi ce qui vous environne de tous les points saillants, vous ne remarquez rien, vous percevez seulement des affl uences. Vous êtes au-delà des apparences, dans un monde d’émanations et de présences furtives. Vous ne distinguez pas, vous entrevoyez.“47 Ivi p. - :“L’espace a des ressources propres qui permettent de reformuler et d’apaiser certaines contradictions que l’analyse dégage.“48 Ivi p. - :“Dans le foisonnement et la chronologie des indices que vous aurez décelés, vous saurez reconnaître les tendances les plus marquantes, celles qui offrent le plus de chances pour conduire et supporter les modifi cations à venir, celles qui permettent de s’immiscer durablement dans le réel en consommant le minimum d’énergie.“49 Cfr. con CORBOZ ANDRÉ (2000), La Suisse comme hiperville, in: Le Visiteur 6 – ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, pp.112-129 e CORBOZ ANDRÉ (1998), L’ipercittà, cit. pp. 234-238.50 LÉVEILLÉ ALAIN (1997), «La forme du territoire», In: Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles, Georg Editeur, Genève.51 Centre de recherche sur la rénovation urbaine (CRR) dell’Istituto di Architettura dell’Università di Ginevra (IUAG).52 MAROT SEBASTIEN (1999), L’art de la memoire, le territoire et l’architecture, in : Le Visiteur 4 - ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p. 175 53 LÉVEILLÉ ALAIN (1997), «La forme du territoire», cit., p. 954 Ibidem. L’“accumulation sélective” è un’idea ricorrente negli scritti di Leveillè e deve essere intesa come gli accumuli diacronici dei vari materiali non siano necessariamente continui e uniformi e che ogni strato vada sempre e necessariamente a cancellare il precedente. Vedi anche CORBOZ ANDRÈ (1997), «Le dessous des cartes», in: Atlas du territoire genevois. Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles, Georg Editeur, Genève, cit., p.455 Ibidem56 Lo stesso concetto è espresso da Andrè Corboz: Cfr. CORBOZ ANDRÈ (1998), “Il territorio come palinsesto”, in Ordine sparso: saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio, Milano Franco Angeli, p. 19057 Confronta anche con ALAIN LÉVEILLÉ (2000), “Formation/Transformation des tissus urbains: l’épaisseur historique du territoire”, in: Nouvelles n°26, p.132-134, intervento al 5° Forum interdisciplinare del Centro di ecologia umana e delle scienze ambientali dal tema: “Les enjeux et les défi s du XXIème siecle dans la perspective du développement durable” organizzato nel giugno 2000 presso l’Università di Ginevra (CUEH) 58 ALAIN LÉVEILLÉ (1997), «La forme du territoire», cit. p. 959 Ibidem60 Cfr. con: GREGOTTI VITTORIO (1966), Il territorio dell’architettura, Feltrinelli, Milano p. 88: “Nasce così la possibilità di un’ottica e di un approccio combinatorio delle materie rilevate, considerate come concreto formale e operate

per accostamento, per collage, attribuendo ai salti di materia, nei suoi vari livelli di complessità di aggregazione o dimensionali, un proprio potere di esistenza strutturante”.61 CORBOZ ANDRÉ (1997), «Le Dessous des Cartes», In: Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles, Georg Editeur, Genève, p. 4.62 Vedi anche DEMATTEIS GIUSEPPE (1996), cit., in cui è espressa la stessa idea.63 CORBOZ ANDRÉ (1997), «Le Dessous des Cartes», cit. p.664 DESCOMBES GEORGES (1999), “Shifting Sites: The Swiss Way, Geneva”, In: CORNER JAMES (1999) [a cura di], Recovering landscapes, Essays in contemporary landscape architecture, Princeton Architectural Press, New York, p.79. 65 Ibidem. Questo concetto si ritrova chiaramente in Michel Corajoud quando sostiene che progetto debba anticipare gli assetti futuri del territorio, sebbene il metodo per arrivare all’estrapolazione di quali debbano essere questi assetti sia sostanzialmente diverso. Anche nel metodo di lavoro degli architetti Portoghesi Fernando Távora ed Álvaro Siza si ritrova qualcosa del tutto simile. In Álvaro Siza l’acquisizione di tracce e segni del luogo all’interno del progetto è risolto attraverso un procedimento grafi co di lettura delle geometrie presenti sul sito e la loro restituzione in un contesto poetico; in Távora la conoscenza del luogo deve essere così profonda e intensa da diventare da subito parte integrante della proposta progettuale. Cfr. nota 4566 DESCOMBES GEORGES (1999), cit. p.80: “It is absurd that artists like Richard Serra have to remind archi tects that the human body should be the central point of reference in architec ture, that a step is determined by the human stride, that tactility -touch- ìs important.One has to remember, of course, that the routes and traces across a given site . are as much mental constructions in their reality as they are material. Thus, my work is aimed at restructuring an imaginative sense of place as much as its phys ical experience. I believe that any environmental intervention is a creative cul tural act that ought to be part of the history and future of the site and the lives of its occupants. It is not only terrain that changes with time but also the way peo ple perceive it. This is why design is about ideas as much as it is concerned with material and space.” 67 DESCOMBES GEORGES (2004), «Comment Je Travaille», in: Carmen Perrin Contextes, infolio ed., Geneve, p. 68. 68 Ibidem69 Ivi, p.6970 Si confronti con la scheda relativa al progetto nell’analisi dei casi di studio di questa stessa ricerca.

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PARTE IIIContributi per la defi nizione di una strategia del progetto urbanistico

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Eli
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III.1 IL PAESAGGIO COME METODO1 Nei capitoli precedenti abbiamo indagato su quali basi teoriche possa essere fondata un’interazione reale tra scienze urbane e discipline del paesaggio in una progettazione che assume il valore geografi co ed ambientale dei luoghi come punto di partenza per un reale rinnovamento della città.Dopo aver individuato alcuni principi del processo compositivo riconducibili ad una metodologia progettuale è possibile operare una verifi ca della teoria nelle occasioni concrete del progetto. Questo signifi ca andare ad analizzare come e se questi siano stati applicati e resi operativi, con quali esiti e modalità, attraverso quali dispositivi operativi e formali, cioè entrando nelle “questioni di cucina”.2 In sostanza si tratta di ricondurre l’applicazione della teoria del processo compositivo ad un certo numero di sperimentazioni che riconoscono il paesaggio come aspetto strutturale della progettazione urbanistica e verifi carne gli esiti formali.Negli ultimi anni si riscontra un rinnovato interesse per le tematiche della progettazione legate agli aspetti paesaggistici ma nonostante un dibattito teorico molto attivo non si hanno altrettanti riscontri nel campo della sperimentazione. Sono solo alcuni, infatti, i progetti e le realizzazioni che hanno saputo far confl uire coerentemente in una proposta di trasformazione le competenze, l’esperienza, il bagaglio operativo di entrambe progettazione urbanistica e progettazione paesaggistica. Per la maggior parte dei casi si tratta ancora di una relazione tradizionale in cui alla progettazione degli insediamenti costruiti segue un progetto di “abbellimento” degli spazi esterni con le tecniche dell’architettura di paesaggio.Limitatamente ad alcuni casi, però, le due tradizioni disciplinari hanno saputo mettere in comune i propri strumenti e le proprie strategie lavorando in sinergia attraverso una collaborazione stretta tra urbanisti e paesaggisti (per esempio il caso di Michel Desvigne e François Grether a Lione) o attraverso paesaggisti che nel corso della loro carriera/attività professionale sono approdati all’urbanistica (è il caso di Michel Corajoud e di Alexandre Chemetoff). È indubbio, in questo senso, che il panorama francofono (Francia e Svizzera francese) sia l’ambito più ricco e denso di sperimentazioni in corso.In questi casi è possibile riconoscere un apporto concreto all’innovazione degli strumentazione del progetto urbanistico sia che si tratti di riqualifi cazione urbana sia che si tratti del progetto di nuovi insediamenti. Il processo di assunzione e trasferimento nella pratica del progetto urbanistico di alcuni presupposti derivati dalla

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pratica paesaggistica sta contribuendo a formare un bagaglio operativo sostanzialmente rinnovato ed originale. In generale emergono quattro assunti che si pongono in alternativa all’approccio del progetto urbanistico corrente:1. la capacità maieutica del progetto cioè il saper mettere

in luce le potenzialità latenti attraverso l’interrogazione dei luoghi, il riconoscimento nella “lettura” di un metodo di progetto che consenta non tanto l’integrazione del progetto nel contesto quanto una manifestazione delle caratteristiche fi siche, culturali, geografi che e storiche dei luoghi;

2. lo sguardo endogeno3 del progetto, la cura del territorio e della forma urbana con azioni specifi che, sostenibili e calibrate ed in cui la dimensione laconica del progetto e l’attenzione per la dimensione e la forma degli interventi prevalgono sui programmi imposti da logiche estranee;

3. il progetto di paesaggio come progetto di spazio pubblico e viceversa; iI ruolo dello spazio pubblico e del vuoto come principale materiale del progetto, la fruizione del territorio come valore collettivo da salvaguardare; la predilezione per lo spazio delle relazioni, per le transizioni, i limiti, i confi ni, i margini, cioè tutti quei luoghi dove ambiti spaziali diversi si incontrano;

4. il progetto come processo piuttosto che prodotto, strategia aperta e in divenire, riconoscimento del sito in relazione al passaggio del tempo, dei cicli delle stagioni, delle alternanze di crescita e declino che caratterizzano i materiali vegetali ed in generale tutti gli organismi viventi. Il progetto non defi nisce a priori ma prende in considerazione le fasi di una sua possibile implementazione nel tempo, lasciando un margine di adattamento e di appropriazione progressiva e graduale da parte degli abitanti e de luoghi.4

fi gura 81Bernard HuetParco di Bercy Parigi - 1987Piano delle preesistenze, dettaglio

Con l’intento di creare una specie di “cassetta degli attrezzi per il nuovo progetto urbanistico, un terreno operativo comune al progetto di città e di paesaggio, è proposto un repertorio non sistematico ma tematico dei casi di studio analizzati a cui poter fare riferimento. In particolare, la lettura di alcuni progetti recenti ritenuti particolarmente signifi cativi, ha messo in luce alcune linee progettuali ricche di implicazioni operative che riassumono gli itinerari mentali sperimentati e i principali assunti teorici già individuati. Operando una certa schematizzazione e certo senza avere la pretesa di esaurire il discorso, è possibile distinguere quattro fi loni progettuali che individuano ambiti leggibili anche trasversalmente attraverso la sovrapposizione di alcune tematiche.

III.1.1 Site specifi c planning. Sensibilità topologica e razionalità topografi ca5 (principle of the second man)Il primo gruppo di sperimentazioni si fonda sul riconoscimento delle grandi e piccole razionalità che hanno progressivamente costituito il senso del paesaggio ed della città.6 Ne discende

fi gura 82Michel e Claire Corajoud

Parco di Sausset - Seine Saint Denis1980-2000

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una line progettuale che si riferisce alla strutturazione del progetto in continuità con la razionalità intrinseca (costruita o naturale) dei luoghi. La topografi a intesa nel senso più esteso del termine (cioè come “confi gurazione” di un luogo ovvero di una città in relazione a alla distribuzione di strade, piazze, monumenti, sistemi geografi ci ed ambientali, …) è costituita a fondamento della composizione urbana ed il progetto è strutturato in forte continuità con il sito. In questo è possibile riconoscere un principio di sostenibilità “implicito” che limita le azioni di modifi cazione allo strettamente necessario.Si tratta di un principio derivato dalla tradizione premoderna della costruzione della città sia per quanto riguarda la relazione con la conformazione geografi ca del territorio sia come processo di evolutivo della città su se stessa. In questo senso la composizione urbana risponde ad un “progetto collettivo diacronico”7 secondo una stratifi cazione di modifi cazioni frutto di coscienze individuali che intenzionalmente hanno lavorato seguendo la stessa regola. Non si tratta di un processo “inconscio” secondo un’idea di città intesa come rappresentazione fi sica di una memoria collettiva, ma di azioni intenzionali fondate sul rispetto e sulla continuità di intenzionalità precedenti. Edmund Bacon ha spiegato questo principio riportando la storia di Piazza SS. Annunziata a Firenze e denominandolo “principle of the second man”.8

La conformazione della piazza attuale, porticata su tre lati e strutturata secondo una chiara geometria, risulta da una serie di interventi successivi al progetto di Brunelleschi per il porticato dell’Ospedale degli Innocenti. Il porticato venne replicato dapprima sulla facciata della chiesa, con il progetto di Michelozzo, ed in seguito sull’altro lato della piazza con il disegno di Antonio Da Sangallo che ne riprese le forme. Il risultato complessivo risulta estremamente unitario sebbene costituitosi nell’arco di un secolo ad opera di tre grandissimi protagonisti del Rinascimento fi orentino.In questo fi lone si inseriscono tutti quei progetti che stabiliscono con la morfologia esistente un rapporto di continuità ed in cui è riconoscibile l’intenzione al riuso degli antichi segni geografi ci, antropici e culturali che vengono assunti come elementi di strutturazione e contestualizzazione del progetto. Negli ultimi anni è riconoscibile un graduale tendenza al recupero di questa modalità operativa dapprima nell’esperienza progettuale di alcuni parchi realizzati, poi confl uita anche in alcune sperimentazioni di progettazione urbana. Il Parco di Bercy (1987) di Bernard Huet a Parigi, discutibile forse sotto gli aspetti realizzativi, rappresenta però la prima esperienza

fi gura 82 bisMichel e Claire CorajoudParco di Sausset - Seine Saint Denis1980-2000

di integrazione totale di un parco nel contesto urbano in cui il disegno del reticolo di percorsi ed attraversamenti non nega le tracce della città. Il progetto più rappresentativo che ne ricalca la strategia applicandola al progetto urbanistico è quello per la Presq’Ile di Nantes del paesaggista/urbanista Alexandre Chemetoff.Ugualmente questo gruppo di progetti defi nisce una strategia partendo dal presupposto che il territorio è il risultato provvisorio di un lento processo di sedimentazione di fatti orografi ci e antropici in cui ogni fase di formazione ha determinato in parte la trasformazione di fasi precedenti. Questa stratifi cazione è una “accumulazione selettiva” non omogenea, in cui, almeno apparentemente, permanenze e cancellazioni coesistono senza una logica precisa. Il reperimento di tutte le tracce lasciate dalle trasformazioni precedenti è una condizione imprescindibile per la modifi cazione dei luoghi della città. Il progetto deve essere inteso come uno dei tanti strati che si sovrapposti secondo una serie di riscritture successive ed ha, quindi, la responsabilità di valutare con circospezione ogni trasformazione secondo un principio di “precauzione”. La raccolta di un numero di indizi suffi cienti evita di determinare, con le operazioni di trasformazione, degli strappi, dei “buchi”9

nel tessuto territoriale dove troppe sovrapposizioni hanno operato una cancellazione defi nitiva ed irreparabile dello spessore storico del territorio. Da queste considerazioni discende un’idea di progetto urbano e di paesaggio come un’arte della reminescenza piuttosto che dell’immaginazione o della creazione, dove diventano signifi cativi anche i più

fi gura 83Alexandre Chemetoff

Plan guide per l’Ile de nantes - 2002Pianta dei riferimenti rinvenuti nella

morfologia esistente. Dettaglio

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piccoli dettagli esistenti.10 Per captare le forze accumulate e ricercare i punti di appoggio sui cui sviluppare il progetto “il faut se donner les moyens de comprendre le territoire”11 ed in questo senso la descrizione del territorio attraverso il disegno assume un ruolo fondamentale e mai in forma nostalgica o storicistica (lettura in spessore, memoria stratifi cata, analyse inventive12).I riscontri operativi di questo approccio che derivano dall’esperienza sul paesaggio si declinano secondo due direzioni principali. La prima elabora i materiali rinvenuti dall’analisi del sito secondo una fi losofi a dell’”objet trouvé” derivata dalla poetica del giardino neoclassico e li ricomprende in un nuovo disegno unitario.13 I progetti territoriali e paesaggistici di Georges Descombes si confi gurano, in questo senso, come dei meccanismi di lettura della dimensione temporale dei luoghi oltre a rappresentare l’applicazione rigorosa di una concezione ecologica della città.14 La rinaturalizzazione della Piana dell’Aire (2000), ed il Parco di Lancy sono i progetti intorno a cui è stata codifi cata una vera e propria strategia progettuale fondata sul riconoscimento e la valorizzazione dei materiali rinvenuti. Una seconda declinazione del medesimo principio si fonda su vere e proprie operazioni di “riciclaggio” dello spazio di risulta, un riuso di frammenti, di tracce, di interstizi secondo il principio di strutturazione relazionale dello spazio aperto.In questo senso lavora l’urbanista/paesaggista Michel Corajoud partendo dalla stessa idea di progetto come “outil de connaisance”15. La conoscenza dei luoghi è diretta esplicitamente alla ricerca del “rimosso”,16 dello spazio interstiziale e di risulta dei territori suburbani delle città. Su di esso è possibile rifondare un discorso di signifi cato e di fruibilità dei luoghi. Il materiale dei frammenti, delle tracce e degli interstizi acquisisce un signifi cato importante nella sua potenzialità di spazio di connessione tra tessuti insediativi e costituisce una strategia che ben si applica alla conformazione della città dispersa. I progetti per i parchi di Sausset (1982-2000) e Gerland (2001) investono il problema del riuso dello spazio suburbano secondo una concezione di paesaggio come luogo delle interrelazioni. Nel Parco de Sausset, in particolare, il paesaggio riconcilia la topografi a originaria del sito con le grandi infrastrutture viarie che l’attraversano ed la sintassi del progetto è ricavata dal dialogo tra le logiche della parcellizzazione agricola e le logiche urbane della trama viaria.

fi gura 84Michel Desvigne e François Grether“Parc Provisoire” a Lione - 2004

III.1.2 La Mouvance. La dimensione temporale del territorio(nature intermediaire17e “strategie di adattamento”)Il secondo gruppo di sperimentazioni rileva nel fattore tempo e nelle dinamiche urbane un principio su cui fondare il progetto urbanistico. Il discorso è sviluppato a partire da una critica agli strumenti tradizionali ritenuti inadeguati ad accogliere, all’interno di un disegno troppo rigido e defi nito, qualsiasi tipo di interferenza o imprevisto. Il principale obbiettivo è, quindi, quello di garantire una suffi ciente fl essibilità al progetto urbanistico in modo che esso si possa dispiegare nel tempo senza perdere la sua effi cacia operativa e la sua coerenza formale. Adattabilità e fl essibilità non vengono, quindi, intese nel senso di indefi nizione o astrazione: semmai il progetto è rivolto più direttamente agli spazi pubblici e collettivi mentre viene demandata la defi nizione architettonica al progetto edilizio ed al mercato urbano.In questo senso il progetto paesaggistico si confi gura come una vera e propria pre-condizione per l’insediamento dell’architettura. Gli spazi verdi e il materiale vegetale sono utilizzati come strumento per “traghettare” il territorio da una conformazione morfologica ad un’altra e per prefi gurare assetti urbani futuri. Lasciando aperti alcuni margini di imprevedibilità l’idea di progetto si costituisce come strategia in divenire dove il discorso sulla fl essibilità è demandato ai tempi lunghi degli impianti vegetazionali. Il tempo stesso costituisce il mezzo per di radicare e sedimentare lo spazio pianifi cato/progettato nella conformazione fi sica del presente.Una prima declinazione di questo approccio legato all’idea delle dinamiche naturali ed al libero sviluppo della natura si può ricollegare alla tradizione ecologista francese ed

fi gura 84 bisMichel Desvigne e Christine Dalkony

Sistemazione degli spazi esterni dell’industria Thompson a Guyancourt

1988/1992Fasi di sviluppo

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recentemente nell’esperienza del botanico Gilles Clement ed al suo “jardin en movement”.18

Ma è nella storia di molte città europee che si ritrova un’applicazione operativa importante di questo presupposto. I giardini, i parchi ed i tracciati paesaggistici hanno spesso preceduto la costruzione della città costituendo un primo stadio di “addomesticazione” del territorio, una “terza natura”19

di transizione verso assetti urbani defi nitivi. È nella tradizione settecentesca che si può far risalire l’origine di questa pratica di costruzione della città. Tra gli esempi più famosi si può riportare il progetto per il tracciato degli Champs Elysèes e di Cours de la Reine a Parigi nel Piano Jouvin de Rochefort del 1675.20 Specialmente in Francia questa strategia è stata recuperata nella costruzione della città contemporanea a partire dagli anni ’60 con strategie dette di “préverdissement”. Negli ultimi 10 anni l’idea è stata riproposta attraverso alcuni progetti con il concetto di “prépaysagement”21. Il paesaggista/urbanista Michel Desvigne è la fi gura che più chiaramente ha contribuito alla defi nizione di questo tema nel contesto della città contemporanea. Il paesaggio è identifi cato, nei suoi progetti, come un’occasione di riconnettere gli elementi sparsi dei territori suburbani nell’ambito di una rifl essione per una “estetica della trasformazione”. L’ambiente naturale è individuato come mezzo vivente alla scala geografi ca in grado di restituire ai luoghi delle qualità fi siche senza doverne necessariamente prefi gurare la forma esatta. La strategia per una “nature intermediaire” è sviluppata inizialmente da Desvigne nel progetto per le sistemazioni degli spazi esterni dell’industria Thompson a Guyancourt22, progettata da Renzo Piano (1988-1992). Qui il progetto si interroga sulla gestione di un’area per un periodo di tempo ben più lungo di quello previsto per la durata dell’impianto industriale (circa 30 anni). Il progetto della vegetazione è strutturato secondo una serie di fasi che prevedono

fi gura 85Michel Desvigne e Christine DalkonyProgetto per lo sviluppo della Penisola di Greenwich a Londra - 1997/2000

inizialmente essenze a vita breve con la capacità di bonifi care il terreno. Le piantumazioni successive consentono all’area di acquisire l’aspetto e la consistenza di un parco fi ttamente popolato di essenze pregiate alla fi ne della vita dell’impianto industriale.Desvigne sviluppa ulteriormente questa idea mettendola più chiaramente in relazione con l’ambito urbano nel progetto per il Greenwich Millenium Park a Londra (2000). La proposta consiste in una “strategia di occupazione verde” che attraverso la costruzione di una foresta prefi gura gli spazi di un nuovo quartiere ancora da costruire. Lo spazio urbano verrà ”scolpito” nella massa vegetale in funzione delle necessità non ancora prevedibili che si presenteranno in futuro.La maturità dell’idea è rappresentata dal progetto per l’area della confl uenza di Saône e Rodano a Lione (1998). Desvigne individua un principio di “occupazione evolutiva” attraverso l’introduzione di una serie di “parcs provisoires”23. Le aree oggetto delle demolizioni delle installazioni industriali obsolete vengono via via occupate da spazi pubblici, appunto “provvisori”, secondo una strategia di infi ltrazione progressiva degli spazi verdi nel tessuto insediativo esistente e di previsione. Il “paesaggio transitorio” serve a valorizzare immediatamente un sito in trasformazione senza dover attendere la defi nizione e la realizzazione di tutti gli elementi

fi gura 86Parco Nord, Milano - 1970 / in corso

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di progetto lasciando un ampio margine di imprevedibilità all’assetto fi nale. Il progetto organizza lo sviluppo futuro degli isolati, prepara la trasformazione delle infrastrutture, gerarchizza le vie e gli spazi pubblici sulla base di un’idea di città in forte relazione con il suolo e con gli elementi naturali.Un altro esempio importante di questa strategia è costituito dal progetto di Dominique Perrault per il Parco Unimetal a Caen (1995-1997)24. La necessità di bonifi care i terreni di una acciaieria dimessa richiede la costruzione di un grande parco di circa 700 ettari strutturato secondo una griglia geometrica e sovrapposta al disegno della struttura industriale. La trama del parco organizza il disegno del materiale vegetazionale e costituisce una sorta di “prepaesaggio” che prefi gura la struttura di una possibile espansione futura della città.

III.1.3 Artialisation. Percezione, signifi cati, pratiche, abitanti.(Infl exus e Intervention minimale25)La terza linea progettuale si fonda sul concetto di reversibilità delle operazioni di trasformazione del territorio e su di un’idea di progetto che si occupa di restituire la fruizione e recuperare a nuovi usi lo spazio urbano attraverso operazioni semantiche piuttosto che con modifi che strutturali. I mezzi utilizzati sono minimi ma accuratamente calibrati per dare un impulso alla riqualifi cazione/trasformazione dei luoghi piuttosto che a realizzarla materialmente. Il non aggiungere nulla o il togliere sono utilizzate come tecniche progettuali per cui il percorso del progetto è paragonabile ad una cura “omeopatica” o di “agopuntura”.26 La ricerca di un nuovo signifi cato e di nuove identità dei luoghi si muove a partire da una serie di spostamenti minimi in cui lo sguardo del fruitore assume un ruolo fondamentale per recuperare la natura inconfondibile ed ineffabile di un luogo. Questo coinvolgimento implicito del fruitore/spettatore costituisce un legame con il mondo dell’ arte e specialmente con quello della Land Art ed è interessante notare che, nella pratica concreta del progetto, si combina con alcuni presupposti derivati dall’ecologia del paesaggio. Nel concetto di artialisation defi nito da Alain Roger troviamo le due modalità secondo cui la natura ed il paesaggio possono essere convertiti in oggetto estetico. Il processo in situ riguarda il lavoro diretto e sostanziale sui luoghi, dal vivo, dove l’arte interviene direttamente sulla natura; La seconda in visu implica una procedura più economica ma molto più sofi sticata ed avviene attraverso lo sguardo e la percezione. Sono i due mondi dell’arte di giardinieri e paesaggisti, da una parte, e

fi gura 87Karres en Brands Hoge Weide Park - Utrecht2001

pittori, fotografi , scrittori, dall’altra. In questo senso il concetto di artialisation si costituisce come “la condizione di possibilità di tutte le pratiche e di tutte le percezioni paesaggistiche”. 27

Più in generale questa strategia identifi ca una nuova generazione di progetti di recupero urbano e di riqualifi cazione ambientale su scala territoriale di aree derelitte della produzione industriale attraverso la minimizzazione degli interventi e la massimalizzazione del trattamento discorsivo e simbolico. La museifi cazione del territorio naturale, la tutela e la rinaturalizzazione sono combinate in sinergia per la costruzione di un nuovo paesaggio in cui è colmata la distanza tra espressione artistica e tecnica ecologica. Il progetto dell’Emscher Park nella Ruhr e quello della Voie Suisse costituiscono due casi importanti che hanno fondato la pratica operativa sul tentativo di limitare al minimo l’intervento strutturale ed esaltare il contenuto simbolico ed estetico dei luoghi e dei paesaggi urbani. L’operazione di risemantizzazione in chiave estetica delle aree dimesse della regione tedesca della Ruhr costituisce l’esempio forse più compiuto di questa strategia. Fin dai primi anni del parco dell’IBA Emscher venne avviato un percorso di “educazione allo sguardo”28 per far percepire ed apprezzare al pubblico il paesaggio dell’”industrienatur”. Il mezzo scelto per esaltare la dimensione estetica del paesaggio postindustriale fu la produzione di immagini spettacolari mediate attraverso l’arte contemporanea ed una politica di marketing territoriale per sviluppare una sensibilità capace di riconoscere il valore e la potenzialità dell’esistente paesaggio industriale. Quella strategia venne inizialmente molto criticata perché uno sguardo estetico non sempre è anche critico e si presta a deviare l’attenzione dalla storia reale di quei luoghi e dei suoi abitanti. Resta però il fatto che attraverso l’operazione dell’industrienatur la Ruhr, una delle regioni tedesche più gravemente danneggiate dallo sviluppo industriale, sia

fi gura 88Richard Haag

Gas works park - Seattle1978

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riuscita ad avviare una politica di riqualifi cazione e bonifi ca del territorio che ha dato fi no ad oggi ottimi risultati.

III.1.4 Sistema ambientale e urban design(ecologia come strategia urbana)Si può infi ne individuare un quarto fi lone operativo che riguarda quelle sperimentazioni in cui il discorso ambientale ed il progetto urbanistico sono coniugati in una strategia urbana complessiva. Si tratta di casi in cui il progetto urbano (anche inteso come progetto dello spazio urbano) si fonda sul riconoscimento dei grandi sistemi ambientali a scala geografi ca. La fruizione di questi stessi sistemi ambientali è riconosciuta come risorsa aggiuntiva per una politica urbana sviluppata secondo una logica di integrazione tra spazio pubblico, rete dei trasporti e attrezzature collettive.Il miglioramento ambientale della città è ricercato sia attraverso l’implementazione di una rete di spazi verdi e collettivi sulla scala urbana attraverso la rivalorizzazione delle componenti “naturali” del territorio (bacini fl uviali e marini, foreste, aree agricole) sia attraverso il contenimento del traffi co e dell’inquinamento atmosferico. In questo senso la complementarietà e l’integrazione tra lo spazio fruibile pedonale e ciclabile e la rete di trasporto pubblico (metropolitana, bus, tranvia) assume un ruolo strategico per costruire un’alternativa al sistema automobilistico privato. Trattandosi di un discorso ambientale complessivo l’estensione del piano è derivata direttamente dai sistemi

fi gura 89Michel Desvigne e Christine DalkonyPiano del paesaggio e viabilità - Montpellier 1991

geografi ci29 e il piano generale si viene a confi gurare come un “quadro di unione” di una serie di interventi diffusi sul territorio. L’implementazione del piano territoriale è realizzata secondo due possibili modalità: o attraverso un sistema capillare di interventi di dimensioni contenute e controllabili (p.e. Porto) o attraverso la suddivisione del progetto urbano in stralci da realizzarsi per fasi (p.e. Copenhagen). In entrambi i casi fermo restando l’implementazione delle reti di trasporto pubblico e la capacità di controllare signifi cativamente il passaggio di scala dal generale al particolare. L’importanza di questa strategia risiede nella capacità di controllare il processo progettuale alle diverse scale di defi nizione. La dilatazione del punto di vista agli scenari ambientali della città consente di coniugare/controllare/ gli aspetti geografi ci e territoriali senza perdere di vista gli aspetti fi sici e materiali dei luoghi abitati.Alcune città europee, specialmente francesi e tedesche, hanno adottato questa strategia, tra queste Montpellier, Lione, Nantes, Berlino, Colonia, Porto, Copenhagen.Un esempio interessante è costituito dall’esempio della costruzione dei progetti della “Grande Porto” in Portogallo: un grande sistema di spazi pubblici di qualità ha preso forma prefi gurando un modello a grande scala per la riqualifi cazione delle aree periferiche, dismesse o degradate dei contesti litorali dove l’ambiente e il paesaggio guidano e allineano in coerenza i progetti architettonici con la pianifi cazione urbanistica.

fi gura 90Manuel de Solà Morales

Progetto per lo sbocco a mare del “Parque da cidade” a Porto

2000-2001

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Nell’ambito degli innumerevoli progetti per la “Grande Porto” è particolarmente signifi cativo l’approccio progettuale di Manuel Solà morales che riconosce esplicitamente il contributo derivato dal substrato paesaggistico nel ristabilire un principio insediativo fondato sulla geografi a esistente: “[…] è stata la convinzione che la geografi a urbana è la principale ragione per confi gurare uno spazio libero e che in questo luogo coesistono circostanze topografi che e paesaggistiche specifi che che hanno orientato metodologicamente lo sviluppo dell’idea e la defi nizione successiva dei suoi elementi”.30

Ugualmente signifi cativa l’esperienza in atto della città di Copenhagen con il grande progetto per l’area di Ørestadt, inserita in un più ampio programma di trasformazione che coinvolge le due coste di Danimarca e Svezia intorno al nuovo ponte Øresund. Sebbene questa operazione sia stata condotta con trasparenza e coerenza in continuità con le politiche urbane esistenti ed attraverso un confronto continuo con le associazioni di ambientalisti e di abitanti, è contestabile nel suo complesso per le quantità in gioco e per la portata delle modifi cazioni previste. La sua importanza risiede, tuttavia, nella capacità di integrare coerentemente in un disegno unitario l’insediamento dei nuovi quartieri con le reti infrastrutturali di trasporto pubblico e con il sistema ambientale tutelato dei Polder. Il limite tra il sistema naturale geografi co e gli insediamenti urbani è stato defi nito come un “ecotone”31 urbano e, come tale, si costituisce come fortissimo elemento di qualità urbana.

fi gura 91I progetti per il margine fl uviale ed atlantico a Porto, Portogallo1999-2000

NOTE1 ISOLA AIMARO [a cura di] (2002), Infra - forme insediative e infrastrutture, Manuale, Marsilio, Venezia2 GREGOTTI VITTORIO (1990), Cinque dialoghi necessari, Electa, Milano, p. 21: “[…] raccontare le condizioni in cui un progetto specifi co agisce: condizioni di programma, di area, di tempi, di aspettative.”3 Per la defi nizione di “sguardo esogeno/endogeno” vedi P. Donadieu, “Regard exogène/endogène”, in: BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), La mouvance: du jardin au territoire: cinquante mots pour le paysage, Ed. de la Villette, Paris, p.834 Sebastien Marot riconosce cinque “rifl essi” possibili derivati dal progetto di paesaggio: l’analisi inventiva, l’anamnesi, la strategia processuale, la lettura in spessore, il pensiero di relazione. Cfr.: MAROT SEBASTIEN (1995), L’alternative du paysage, in: Le Visiteur 1 – ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p.715 Il termine è derivato dal portoghese “racionalidade topografi ca” ed utilizzato da Fernando Távora. Cfr. TÁVORA FERNANDO (1996), Da organisação do espaço, FAUP edições, Porto, p.276 Cfr. CORAJOUD MICHEL (2004), «L’Horizon», Faces 05, pp. 7 L’idea che il progettista (urbanista, architetto, paesaggista) non è mai l’unico autore ma semmai uno dei numerosi fattori che entrano in gioco nel corso delle cose è un’idea non infrequente. Si veda la defi nizione di Gianfranco Caniggia secondo il quale “[…] l’atto del progettare debba attuarsi in un continuo confronto tra quello che già c’è e quello che facciamo, quindi in una continua lettura se vogliamo produrre oggetti edilizi attuati in modo non velleitario né individualistico”. Cfr. CANIGGIA GIANFRANCO, MAFFEI (1979), Lettura dell’edilizia di base, Marsilio, Venezia, p. 128 BACON EDMUND N. (1976), Design of cities, Penguin books, New York (Ed. originale 1967), p. 1099 Si veda in questo senso CORBOZ ANDRÈ (1998), “Il territorio come palinsesto”, in: “Ordine sparso: saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio”, Franco Angeli, Milano, p. 190: “Il territorio, sovraccarico com’è di tracce e di letture passate assomiglia piuttosto a un palinsesto. Per insediarvi nuove strutture, per sfruttare più razionalmente certe terre, è spesso indispensabile modifi carne la sostanza in modo irreversibile. Ma il territorio non è un contenitore a perdere né un prodotto di consumo che si posa sostituire. Ciascun territorio è unico, per cui è necessario riciclare, grattare una volta di più (ma possibilmente con la massima cura) il vecchio testo che gli uomini hanno inscritto sull’insostituibile materiale del suolo, per deporvene uno nuovo, che risponda alle esigenze di oggi, prima di essere a sua volta abrogato. Alcune regioni, trattate troppo brutalmente e in modo improprio, presentano anche dei buchi, come una pergamena troppo raschiata: nel linguaggio del territorio, questi buchi si chiamano deserti. […] è evidente che il fondamento di ogni pianifi cazione non può essere più la città, ma questo fondo territoriale al quale la prima deve essere suboordinata.”10 “L’arte del paesaggista consiste dunque, a partire dall’osservazione di un dato paesaggio, nel saper dedurne le leggi di formazione, per assumerle poi a strumenti progettuali. Il progetto di paesaggio non si defi nisce come arte dell’immaginazione, della creazione, ma della reminescenza.”Manuel Delluc (1996), “Michel Desvigne e Christine Dalkony”, in: MAROT SEBASTIEN [a cura di] (1996), Desvigne & Dalkony, Motta Architettura, Milano, p.1111 LEVEILLÈ ALAIN (2000), «Formation/transformation des tissus urbains: l’epaisseur historique du territoire», in: Nouvelles n°26, p.13212 LASSUS BERNARD (1999), in: BERQUE AUGUSTIN [e altri], La mouvance: du jardin au territoire: cinquante mots pour le paysage, Ed. de la Villette, Paris, p. 44 13 Un bellissimo esempio di questa pratica è costituito dal parco pubblico della Quinta da Conceição a Leça da Palmeira in Portogallo, realizzato nel 1954 da Fernando Távora. I frammenti di un’antico convento sono stati qui rielaborati in modo del tutto innovativo divenendo il motivo di aggregazione dei diversi ambiti del parco. Curiosamente questa stessa modalità di intervento si ritrova alla scala del progetto urbano nell’insediamento del quartiere della Malagueira di Alvaro Siza ad Evora.14 La lettura delle tracce e dei frammenti come metodo di progetto non è un argomentazione operativa nuova. Tra gli altri si vedano l’ articolo di Carlo Olmo sul lavoro di Maurice Halbwachs dove vengono analizzate le possibili implicazioni che ne possono derivare secondo un’interpretazione storica e fi lologica in: OLMO CARLO, “Dalla Tassonomia alla traccia”, in: Casabella n°575/576 1991, Il disegno del paesaggio italiano, p.22-24: “L’interesse per la traccia che un uomo, un fi ume, una produzione, una coltivazione hanno lasciato, è riassorbito dagli apparati classifi catori oggi in moto e dagli interessi, non tutti conoscitivi, che li muovono. La traccia si frammenta, entra a far parte di saperi (e di linguaggi) che negano l’essere stesso ambiguo di quell’indizio: la spiegazione appartiene alla serie, non al singolo indizio ritrovato. Il passaggio di statuto scientifi co – da indizio a dato – non fa che concludere un itinerario già avviato da Halbwachs (e da Pirenne), mutandone profondamente il possibile signifi cato. L’informazione frammentata perde il suo possibile legame con il tipo, per acquisire quello con la serie. E così il trapasso tra due culture essenzialmente “quantitative” può segnare il passaggio da una cultura delle analogie (e dai suoi, molti esiti interpretativi, ma anche progettuali) all’annullamento della misura del tempo e dell’ambiguità del senso che una traccia, un indizio reca con sé (e che forse unica può fornire l’occasione per un nuovo progetto.”15 “Ce n’est donc pas par idèologie que nous nous tenons èloignès de la pensèe actuelle qui fait l’apologie de la juxtapositions, du chaos. Nous sommes tenus par nos expèriences à considèrer l’espace du paysage ou de la ville comme un vèritable milieu dont les èlements, existants ou rapportes, tissent une multlipicitè d’èchanges. Un tel projet vise, èvidemment, à l’amèlioration et à la transformation de lieux. Mais il est, avant tout, une mèthode permettant d’interroger l’histoire et la gèographie. Il est un outil de connaisance.” In: CORAJOUD MICHEL (2003), «Geometriè e tracès», in: Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Ed. de la Villette Paris, p. 25 16 L’accettazione della condizione esistente di un dato contesto porta inevitabilmente a dover affrontare situazionii impreviste ed imprevedibili, rinunciando di fatto al controllo totale del progetto ed aprendolo ad un processo non totalmente “oggettivo”. Cfr. CORBOZ ANDRÈ (2004), “Circonstances exténuantes”, in: PERRIN CARMEN, Contextes, Infolio

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ed. Geneve, p. 72.17 DESVIGNE MICHEL (2001), «La fabrication pragmatique du territoire», in: MASBOUNGI ARIELLA [a cura di], Penser la ville par le paysage, Ed. de la Villette Paris, p. 53.18 Si vedano l’articolo: BERQUE AUGUSTIN [e altri], “Mouvance: un lessico per il paesaggio. Iil contributo francese”, in: I nuovi paesaggi, Lotus Navigator 52/2002, Editoriale Lotus, Milano, p. 81; CLEMENT GILLES (1991), Le jardin en Mouvement, Editions Pandora, Paris; CLEMENT GILLES (1997), Traité succinct de l’art involontarie, Ed. Sens et Tonka, Paris.19 DIXON HUNT JOHN (1993), “Nel concetto delle tre nature”, in: Casabella 597/598, Il disegno degli spazi aperti, pp.98-10120 Si veda, per la descrizione di questo progetto, il capitolo I.2 di questa ricerca.21 Per il signifi cato dei due termini, intraducibili se non letteralmente con un “pre-inverdimento” o “pre-paesaggiamento”, si veda il cap. I.2 di questa ricerca e il numero monografi co di Lotus Navigator, Fare l’ambiente 5/2002.22 A proposito di questo progetto gli autori spiegano che: “Gli impianti industriali hanno vita limitata e stabilita in partenza, e la loro durata massima non è mai superiore ad alcune decine d’anni, vale a dire al periodo necessario alla crescita di un giardino. La vegetazione del nostro paesaggio sarà dunque adulta quando ormai l’edifi cio non esisterà più. A somiglianza di un territorio agricolo con i suoi cicli ben precisi che concorrono a creare un’estetica, abbiamo immaginato il paesaggio come una successione di stati identifi cabili, una serie di tappe. Non appena entrati in funzione, i fossi di drenaggio vengono fi ancheggiati da fi lari di salici destinati a stabilizzare il terreno e a favorire in parte l’evaporazione dell’acqua. […] Queste nuove specie si sostituiscono progressivamente alle piantumazioni povere, fi no a che di queste ultime non resteranno che le tracce: e quando la fabbrica verrà smontata il sito avrà l’aspetto di un parco fi ttamente popolato di essenze pregiate.” DESVIGNE MICHEL e DALNOKY CHRISTINE (1993), “Sistemazione degli spazi esterni dell’industria Thomson a Guyancourt”, in: Casabella 597/598, Il disegno degli spazi aperti, pp.110-11123 DESVIGNE MICHEL (2001), cit. p. 57 : «Parcs provisoire accompagnant les mutations d’un territoire».24 PERRAULT DOMINIQUE, «Prépaysagement», in: Lotus Navigator 5/2002, Fare l’ambiente, p.109-112

25 LASSUS BERNARD (1999), cit. p. 44 e p. 7026 Il concetto di strategia di riqualifi cazione come “agopuntura urbana” è defi nito chiaramente da Ariella Masboungi nell’intervista: “Il progetto urbano alla francese”. Cfr. ALCOZER FEDERICA [a cura di] (2004), +Città, Catalogo della mostra, Urbanregeneration, Genova, pp. 67-7127 ROGER ALAIN, «Artialisation», in :BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), La mouvance: du jardin au territoire: cinquante mots pour le paysage, Ed. de la Villette, Paris, pp.45-4628 MIGLIACCIO ANNA (2004), Nuovi paesaggi. La “natura industriale” dell’Emscher Landschaftspark, intervento al convegno: “Mutamento del territorio e innovazione negli strumenti urbanistici” VIII Conferenza della Società Italiana degli Urbanisti, Firenze gennaio 2004, p.629 È possibile portare come esempio, al di là di una considerazione sui contenuti, il Piano dell’Autorità di Bacino del fi ume Arno che ben oltre i confi ni politico amministrativi, si sviluppa su tre regioni italiane facendo riferimento esclusivamente ad un ordine geografi co e di sistemi ambientali. 30 SOLÀ MORALES MANUEL, in: AA.VV., Formas Urbanas, Porto, 200231 Un ecotone è defi nito come un’area di transizione tra due comunità ecologiche adiacenti (ecosistemi). La parola è stata coniata da una combinazione di eco(logia) e -tone, dal greco tonos (tensione). Defi nizione tratta da http://en.wikipedia.org/wiki/Ecotone.

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III.2 LA VERIFICA DELLA TEORIA NELLE OPERAZIONI CONCRETE DEL PROGETTO

La selezione dei progetti ed il metodo di letturaLa verifi ca degli assunti teorici nella lettura dei progetti ha lo scopo di individuare quali aspetti della pratica progettuale siano stati derivati più o meno indirettamente dal paesaggio e dalla sua tradizione disciplinare. L’obbiettivo che si pone la ricerca è quello di raccogliere un certo numero di casi signifi cativi per costruire un repertorio di sperimentazioni piuttosto che tentare di codifi care una metodologia progettuale. Il motivo di questa scelta è legato essenzialmente a due ragioni: il primo riguarda l’eloquenza dei progetti nel rappresentare le proprie scelte operative che “non si può tradurre in linguaggi che non sia quello, senza parole, dell’architettura”;1 il secondo discende dal riconoscimento della specifi cità e complessità dei luoghi della città contemporanea per la quale è impossibile proporre modelli, codifi care forme e strategie astratte. Ogni caso è legato ad un luogo preciso e deve essere valutato in relazione alla situazione contingente nella sua complessità e spessore.In questo senso si può dire che la scelta dei progetti, risultata da un lavoro di analisi e cernita di molti casi, costituisce già, di per sé, il punto di arrivo e l’esito della ricerca.2 L’obbiettivo iniziale di costituire un bagaglio o una “cassetta degli attrezzi” ideale per il progetto a cui poter attingere si materializza e costruisce attraverso un campione di “case studies” signifi cativo non tanto per la quantità ma per la densità delle tematiche proposte. Sono stati presi in considerazione quei progetti che per la loro chiarezza argomentativa nell’affrontare uno o più aspetti teorici posseggono un valore esemplifi cativo e didascalico.L’insieme dei progetti individua una “traccia di cose a cui pensare e di cui parlare”3 e prefi gura i temi possibili per un’applicazione progettuale a cavallo tra città e campagna. Assumendo come elemento costitutivo l’esistenza di una pluralità di percorsi possibili attraverso una molteplicità di materiali e prodotti la ricerca suggerisce di procedere per comparazione, ricavare spunti, indicare alcune ulteriori direzioni di indagine. La scelta di ogni progetto oltre ad essere funzionale alla spiegazione di una modalità del fare specifi ca, segue alcuni principi generali. La centralità di un discorso basato sul rapporto con l’esperienza ha indirizzato la scelta verso i progetti realizzati od in corso

di realizzazione che hanno la capacità di fornire riscontri operativi immediati. I tempi lunghi dell’urbanistica e, quindi, la diffi coltà a reperire materiali allo stesso tempo innovativi e realizzati ha portato alla selezione di progetti ideati nell’arco degli ultimi dieci-quindici anni. Sono stati presi in considerazione casi di città “ordinaria”, tralasciando i grandi eventi urbani e curando particolarmente le operazioni di rivalorizzazione della periferia suburbana in grado di far fronte alla dimensione territoriale della città contemporanea.Infi ne, sono stati privilegiati quei progetti che presentano un’etica diversa, “disinteressata quindi estetica”4, che si esprime attraverso la capacità di riportare il discorso ambientale ed ecologico in un ambito disciplinare pertinente occupandosi di questioni di forma, fi gurabilità e signifi cato dirigendole verso l’obbiettivo della sostenibilità e della condivisione del progetto. Le schede dei progetti, infi ne, si costituiscono come un metodo di lettura orientato, e non un esercizio fi ne a se stesso. Ogni caso concreto rappresenta uno dei punti di vista possibili sul progetto che va a costituire, insieme agli altri, un bagaglio di dispositivi e strumenti operativi a cui poter attingere.

NOTE1 Isola Aimaro, “Pensare il limite, abitare il limite” in: GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), Disegnare le periferie. Il progetto del limite, La Nuova Italia Scientifi ca, Roma, p.25.2 Si veda in questo senso la defi nizione di “manuale di urbanistica” nel suo doppio aspetto di componente di repertorio e componente metodologica. Cfr: GABELLINI PATRIZIA (2004), Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma, p 35.3 Gianmarco Carlo, “Aprire itinerari nel labirinto urbano” in: GIANMARCO CARLO, ISOLA AIMARO (1993), cit. p.15.4 PASOLINI PIER PAOLO (1981), Il caos, Editori riuniti, Roma, (ed. originale 1969), p. 161

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INDICE TEMATICO DEI PROGETTI

Site specifi c planning. Sensibilità topologica e razionalità topografi ca

La forma del territorio: vuoto, geometria, disordine • Parco di Sausset - M. Corajoud, 1982/2000 • Parco François Mitterand, Issoudun - M. Desvigne, C. Dalnoky • Parco di Gerland, Lione - M. Corajoud, 2001/2003 • Progetto per Melun-Sènart - R. Koolhaas, 1987 • Quartiere di edilizia sociale della Malagueira, Evora - A. Siza, 1977/1990

Progettare con la natura: il determinismo fi siografi co • Kirchberg Luxembourg - P. Latz

Il paesaggio come stratifi cazione signifi cativa • Rinaturalizzazione del canale dell’Aire, Ginevra - G. Descombes, 2000 / in corso

Il paesaggio come regola morfologica • Parco di Bercy, Parigi - B. Huet, 1987 • Piano guida per l’île de Nantes - A. Chemetoff, 1999 / in corso

La Mouvance. La dimensione temporale del territorio

Preverdissement • Parco di Versailles, Parigi - 1662-1693 • New Town di Milton Keynes - 1970 • ZAD di Borde-basse a Castres - Institut pour le Développement Forestier, 1985 • Greenwich Millenium Park, Londra - M. Desvigne, 2000 • Area Unimetal, Caen - D. Perrault, 1995/97

Strategie di adattamento e progetto “aperto” • Piano per Lyon Confl uence - F. Grether, M. Desvigne, 1998 / incorso • Sistemazioni esterne delle industrie Thompson, Guyancourt - M. Desvigne, C. Dalnoky, 1988/1992 • Il Parco Nord a Milano - F. Borella, A. Kippar e altri, 1975/2006 • Progetto di recupero di Grenoble sud - Y. Lyon, 2003 / in corso

Artialisation. Percezione, signifi cati, pratiche, abitanti.

A sedimentation of the mind • Shifting sites, R. Serra, • A non site, Franklin, New Jersey - R. Smithson, summer 1968 • Voie suisse - G. Descombes, 1991

Il paesaggio come processo di rinaturalizzazione • Gas works park, Seattle - R. Haag, 1978 • Duisbourg Nord, Emscher Park - P.Latz, 1990/99

L’invenzione di nuove geografi e • Le Parc Jean Verlhac, Villeneuve de Grenoble - M. Corajoud, 1974 • Piano per il recupero del quartiere Marzhan, Berlino est - 1991 / in corso

Sistema ambientale e urban design

Ecologia urbana • Progetto per il margine fl uviale ed atlantico a Porto - 1999/2000 • Ørestadt, Copenhagen - 1995 / in corso • Piano del paesaggio e della viabilità, Montpellier - M. Desvigne, C. Dalnoky, 1991

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PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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Eli
Rectangle
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località Duisbourg-Nordcomune Duisbourg, Germaniacommittente Iba Emscher Parkprogettisti Peter Latz und partners

area intervento 230 ha

progetto 1990- 1999tipo di intervento riconversione della fonderia Thyssen Meiderichbibliografi a Belfi ore Manuela (2005), Il verde e la città. Idee e progetti dal Settecento

ad oggi, Gangemi, Roma, p.184Migliaccio Anna (2004), Nuovi paesaggi. La “natura industriale” dell’Emscher Landschaftspark, Intervento al convegno: “Mutamento del territorio e innovazione negli strumenti urbanistici”, VIII Conferenza della Società Italiana degli Urbanisti - Firenze, gennaio 2004Duisburg nord Park, Fare l’ambiente, Lotus Navigator 5/2002, pp. 101-103

siti web http://www.latzundpartner.de

IL PAESAGGIO COME RINATURALIZZAZIONE

1 Duisbourg Nord, Emscher Park

PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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DUISBOURG NORD Il paesaggio come rinaturalizzazioneIn seguito ai processi di deindustrializzazione degli ultimi 25 anni la regione tedesca della Ruhr è andata incontro ad una forte crisi economica. L’abbandono dei terreni inutilizzabili per altri scopi a causa del forte inquinamento ambientale ha interessato centinaia di ettari di aree industriali contaminate dai residui delle lavorazioni.L’Esposizione Internazionale IBA Emscher Park, a partire dall’inizio degli anni ‘90, ha avuto come obbiettivo l’implementazione di progetti per la riconversione, la rigenerazione e la bonifi ca della valle del fi ume Emscher e la risignifi cazione del paesaggio circostante, forse una delle zone più gravemente compromessa dall’intenso uso industriale.La fi losofi a su cui sono stati realizzati in 10 anni complessivamente circa 100 progetti, si fonda su due principi generali. Il primo riguarda la capacità di adattamento e di autorigenerazione della natura che ha avuto esiti nella bonifi ca e nella rinaturalizzazione di gran parte delle aree ex industriali e che ha portato a tutelare lo sviluppo spontaneo della vegetazione nelle aree abbandonate. Il secondo contempla la possibilità di una trasformazione degli usi e dei signifi cati dei luoghi dismessi a partire dal mantenimento delle strutture fi siche esistenti.Il progetto di Peter Latz a Duisburg-nord, relativo alla riconversione della ex fonderia Thyssen Meiderich in un parco pubblico di nuova concezione, rappresenta forse il caso più signifi cativo e chiaro di tutta l’operazione dell’Emscher. La costruzione del parco è stata fondata inequivocabilmente su di un’operazione di monumentalizzazione e di risemantizzazione in chiave estetica degli edifi ci e delle strutture industriali esistenti.I diversi elementi che componevano l’impianto industriale sono stati mantenuti nella loro struttura fi sica e riprogettati attraverso una serie di sistemazioni paesaggistiche e di materiali verdi che non negano la loro forma originaria anzi la valorizzano in un complesso sistema di nuovi spazi secondo un criterio di “conservazione interpretativa”. Il progetto integra nel disegno del parco gli elementi ed i pattern che costituivano la struttura della precedente zona industriale offrendo un nuovo uso, una diversa interpretazione e una fruibilità prima inesistente. Il parco si costituisce come nuovo tipo di “parco del popolo” (volkspark) in cui lo spazio aperto si presta ad una grande

pagina precedente:fi gura 92Planimetria dell’intervento sugli edifi ci

fi gura 93Planimetria generale del complesso industriale

fi gura 94La Piazza Metallica al centro degli altiforni

fi gura 95La sistemazione delle rive dell’Em-scher

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usi pubblici. La Piazza metallica realizzata al centro degli altiforni rappresenta il simbolo della metamorfosi subita dalle strutture industriali in spazio pubblico ed è destinata alle feste ed al teatro all’aperto. Il suolo della piazza è stato coperto con quarantanove piastre metalliche recuperate dalla produzione della fonderia che, lasciate all’azione dei processi naturali di erosione e di ossidazione, sono programmaticamente ritornate a fare parte del ciclo naturale. In generale tutti gli spazi esistenti della fabbrica sono stati riconvertiti in luoghi non convenzionali secondo una idea di trasformazione fondata sul recupero e sulla valorizzare di tutte le potenzialità presenti ed in cui domina il contrasto tra rimanenze industriali da una parte ed il processo di riconquista del territorio da parte della vegetazione dall’altro. Il disegno dello spazio aperto vegetale è caratterizzato da una commistione di vegetazione spontanea e di giardini progettati privilegiando, però, i processi naturali di riappropriazione e colonizzazione degli spazi da parte di essenze spontanee e di biotopi “urbani” specifi ci. A fi anco alla costruzione del parco è stata grande importanza ai processi di bonifi ca del terreno e quelli relativi al recupero e alla fi ltrazione delle acque con un sistema di drenaggio e la sistemazione paesaggistica del canale dell’Emscher.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- Rinaturalizzazione delle aree industriali dimesse attraverso la vegetazione spontanea ed i biotopi urbani presenti;- restituzione di fruizione ai luoghi una volta inaccessibili;- conservazione, recupero e valorizzazione di tutte le potenzialità presenti costruite e naturali;- risemantizzazione in chiave estetica degli edifi ci e delle strutture industriali esistenti;- valorizzazione della capacità di adattamento e di autorigenerazione della natura;- tutela dello sviluppo spontaneo della vegetazione nelle aree abbandonate.

fi gura 96-97I giardini chiusi tematici

fi gura 98-100Le aree destinate al gioco ed i percorsi sulle passerelle metalliche

fi gura 101-103I percorsi aperti attraverso le vecchie strutture della fabbrica

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località Cantone di Uricomune Morschach e Brunnen, Svizzeracommittente Confederazione Svizzeraprogettisti Georges Descombes, Carmen Perrin, Richard Long

area intervento 2 km di 35 di percorso pedonale intorno al lago di Uri

progetto 1991tipo di intervento Percorso alla scala territorialebibliografi a Descombes Georges, Shifting sites: the Swiss way,

Geneva, in: recovering landscapes, Essays in contem-porary landscape architecture, A cura di James Corner, Princeton Architectural Press, 1999 New York p.79Descombes Georges, Voie suisse l’itinéraire genevois - De Morschach à Brunnen.

siti web

IL PAESAGGIO COME FRAGILITÀ

Voie suisse2PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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pagina precedentefi gura 104I massi erratici messi in evidenza accompagnano il percorso nel bosco.

fi gura 105Lo schema del percorso della Voie Suisse in uno schizzo di Georges Descombes con l’indicazione dei principali interventi: il belvedere, i massi erratici, la scalinata, il recupero del sistema dei muri e della vecchia via ferrata.

VOIE SUISSEIl progetto dell’assenza o il paesaggio come fragilitàLa Voie Suisse è un cammino pedonale continuo intorno a lago di Uri ed è stato concepito inizialmente come contrappunto ecologico alle celebrazioni grandiose previste per il 700esimo anniversario della Confederazione Svizzera nel 1991. Il suo percorso si snoda per circa 35 km con un dislivello nel percorso di circa 400 m. Il cammino parte da Rutli, in Canton Uri dove la confederazione è stata fondata nel 1291, e termina in Brunnen nel Cantone di Schwyz. Ognuno dei 26 cantoni occupa simbolicamente un tratto del cammino secondo l’ordine di ingresso nella Confederazione e per una lunghezza proporzionale al proprio peso demografi co. Il risultato complessivo è un percorso pedonale continuo lungo cui si snodano una serie di installazioni artistiche e culturali. Descombes ha realizzato insieme agli artisti Carmen Perrin e Richard Long il tratto corrispondente al Cantone di Ginevra che si sviluppa per circa due Km tra Morschach e Brunnen. Il progetto si fonda su di una sola idea: non inserire niente che non si trovi già lungo il percorso. Un vuoto semantico costruito intenzionalmente deve lasciare a chi percorre il sentiero la possibilità di un’interpretazione personale. Gli interventi fi sici consistono principalmente in azioni di sottrazione piuttosto che di addizione con lo scopo di chiarire il paesaggio, di svelarne il funzionamento, di renderlo comprensibile. Descombes dice che per capire un sistema è necessario prima di tutto indurre un’azione di disturbo nella sua organizzazione. Non si tratta di creare qui un sistema didascalico per trasmettere delle nozioni quanto lasciare che siano le cose stesse lungo il percorso, e non le istruzioni, ad attirare l’attenzione di chi lo percorre. Il percorso progettuale di Descombes si articola secondo tutta una serie di collaborazioni con artisti, geografi , scienziati e storici del paesaggio che hanno lo scopo di costruire una miglior comprensione del luogo e di trasmetterla attraverso il progetto. In sostanza il progetto si fonda su tre concetti di base: 1. non aggiungere niente alla situazione esistente, 2. amplifi care alcune potenzialità del sito, 3. rispondere con economia ai requisiti programmatici funzionali di fruizione, sicurezza, riqualifi cazione e apertura sul paesaggio dei luoghi toccati dal percorso. Oltre ad alcuni piccoli interventi volti alla connessione fi sica dei livelli ed alla rimozione di materiali ed attrezzature incoerenti,

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la principale operazione realizzata è quella di rimuovere i licheni dai massi erratici sul percorso riportando alla luce il granito bianco da cui risulta evidente la disposizione dei massi e la presenza inequivocabile di una certa attività sul sito. Come sostiene Descombes: “Sono forse le cose che non si notano ad essere le più importanti” ed è per questo che è riconosciuto al progetto un certo margine di delicatezza, di fragilità nel suo rapporto con il paesaggio con l’obbiettivo chiaro di non volerne iscrivere lasua realizzazione nella lunga durata. Come le tracce ed i segni di forze passate su di un sito costituiscono una costruzione mentale oltre che materiale, anche il progetto, nel recuperare il senso di un luogo, deve porsi l’obbiettivo di agire sull’immaginario oltre che sull’esperienza fi sica. In questo senso agisce un intervento laconico, cioè attraverso il minimo delle operazioni possibili e all’opposto dell’azione totalizzante degli strumenti urbanistici tradizionali. L’intervento “laconico” si costituisce in questo senso come un vero e proprio metodo progettuale che fonda la sua effi cacia su di una diluizione omeopatica degli spostamenti o, anche, sull’assenza e sulla sottrazione di materiale dal sito. Il progetto lavora sugli slittamenti di signifi cato, operazioni semantiche più che strutturali, in grado di restituire un senso e una dimensione di uso al territorio.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- Lavorare con il minimo di mezzi espressivi ed intervenire per punti diffusi attraverso un progetto “omeopatico” o di “agopuntura” urbana;- realizzazione di operazioni semantiche più che strutturali, progetto laconico;- la sottrazione come tecnica progettuale;- il corpo umano come misura del progetto di trasformazione dei luoghi;- Il progetto inscritto in una logica di provvisorietà in cui la riconoscibilità degli interventi è direttamente legata alla loro reversibilità.

fi gura 106La scalinata di collegamento tra i due livelli del percorso.

fi gura 107Il belvedere “trasparente”.

fi gura 108Il percorso sul lago.

fi gura 109Un masso erratico.

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località Plaine de Saint Deniscomune Ville de Saint Denis, Franciacommittente Ville de Saint Denisprogettisti Yves Lion, Michel Corajoud, Pierre Riboulet, Philippe

Robert

area intervento 800 ha della periferia nord ovest di Parigi

progetto 1993, in corsotipo di intervento Piano di recupero della periferia suburbana ai confi ni

con Parigi.bibliografi a A. Masboungi (a cura di), Penser la ville par le pay-

sage, Ed. La Villette, Paris, 2001, pp.25-26M. Corajoud, Le paysage : une expérience pour con-struire la ville, testo del Gran Prix de Urbanisme 2003, in: A. Masboungi (a cura di), Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Ed. La Villette, Paris, 2003, p.25M. Corajoud, Strategie de crise: la Plaine Saint-Denis. In: Techniques et architecture, August/September 1992 toposDevoine Gilles (2001), “La Plaine Siant Denis: a city from nowhere”, Topos 34/2001, pp. 85-89

siti web http://corajoudmichel.nerim.net/http://www.urbanisme.equipement.gouv.fr/index.html

IL PAESAGGIO COME DINAMICA DI FRUIZIONE URBANA

Plaine de Saint Denis3PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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Nella pagina precedente:fi gura 110Il percorso dell’autostrada A1, ex Boulevard Wilson tra Porte de Paris e Porte de la Chapelle:

fi gura 111Schema degli interventi del Piano per Saint Denis relativi al reticolo stradale:

fi gura 112Il Piano Hippodamos ‘93 con la prima proposta per un occupazione astratta dello spazio aperto con un 50% di superfi cie coperta.

fi gura 113Il Piano del 2001 con l’adattamento dei progetti agli sviluppi insediativi reali della Plaine saint Denis.

PLAINE DE SAINT DENISIl paesaggio come spazio pubblico e dinamica di fruizione urbanaLa geografi a della “plaine” non ha opposto nel tempo nessuna resistenza al tracciato delle infrastrutture e alla stratifi cazione delle costruzioni. Il territorio si presenta gravemente compromesso, la geografi a è “prigioniera” dell’utilizzazione smodata e sregolata del suolo. Come in altre periferie suburbane non è più riconoscibile un sistema paesaggistico coerente inteso come rapporto signifi cativo ed intelleggibile tra supporto territoriale e attività dell’uomo che lo abita.Il progetto si inserisce in questo ambito in modo realistico e pragmatico radicando le proprie scelte nella realtà esistente per prefi gurarne assetti futuri. L’interesse per il contesto, l’apertura ed adattamento alle circostanze locali e alle condizioni spaziali che meglio interpretano la collettività del luogo sono mediate dalla pratica e cultura del progetto paesaggistico. Il piano si è sviluppato in un arco di tempo di circa venti anni in cui è andato incontro ad un graduale processo di adattamento. La proposta originale che stabiliva la regola per cui almeno il cinquanta per cento dello spazio doveva essere costituito da spazio aperto e libero è stata adattata alle conformazioni che la città andava assumendo. Il ruolo del progetto è stato quello accompagnare il processo di costruzione della pianura rientrandolo sul ruolo fondamentale dello spazio pubblico.L’opportunità di interrare 2 km di autostrada ha dato un impulso fortissimo a questa strategia. Il progetto di riqualifi cazione è partito dalla costituzione di un sistema di interrelazioni capaci di mettere in prospettiva le componenti urbane (spazio pubblico, spazio aperto) e di riscoprire il valore paesaggistico intrinseco dei luoghi.Il progetto ristabilisce le connessioni urbane in direzione est-ovest cancellato dalla presenza dell’autostrada con una serie di giardini e spazi verdi che si innestano sul tracciato del nuovo Boulevards Wilson. Ricavato dall’interramento dell’infrastruttura il boulevard si costituisce come un vero e proprio “park-way”, un giardino lineare che garantisce percorrenze e fruizioni alternative a quelle del grande traffi co metropolitano con una serie di connessioni trasversali. Lo spazio aperto assume in questo senso il ruolo di motore della rigenerazione urbana. La defi nizione del vuoto è

fi gura 114Il Parkway con la realizzazione della copertura dell’autostrada.

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utilizzato come strumento per creare un’immagine unitaria alla città. Anche gli interventi privati vengono assoggettati alle regole valide per lo spazio aperto pubblico garantendo così un margine di unità a tutte le trasformazioni. Lo spazio pubblico, vero protagonista del progetto, è l’elemento che concorre alla ricostruzione di senso dei materiali urbani e alla apertura e creazione di nuovi orizzonti al paesaggio della pianura.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO

- utilizzare il tracciato delle infrastrutture come occasione di riconnessione trasversale attraverso una maglia verde, corridoi verdi;- lavorare per inserzioni puntuali di nuovo edifi cato per ricostruire un tessuto riconoscibile nella dispersione della periferia suburbana;- lavorare sul ruolo di connessione dello spazio aperto pubblico e sul suo ruolo fondativo nella creazione di un disegno unitario;- ricentrare il processo di costruzione della città sul ruolo fondamentale dello spazio pubblico nei tempi lunghi del paesaggio e del progetto urbano;- ricostruire le aperture della città verso un orizzonte geografi co, la ricostituzione di “horizons-paysages” e di un rapporto visivo con la geografi a dei luoghi;- riproposta del modello del park-way come un nuovo tipo di boulevard urbano lungo cui concentrare la spinta insediativi della città.

fi gura 115La sezione del nuovo Parkway con l’interramento dell’autostrada.

fi gura 116Schizzo di progetto con la relazione tra gli spazi verdi del Parkway e il sistema di spazi pubblici ed aree verdi di connessione trasversale.

fi gura 117-118Due vedute dell’interramento dell’autostrada in corso d’opera.

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località Ørestadtcomune Copenhagen, Danimarcacommittente Copenhagen Municipalitygestore Ørestadt Development Corporationprogettisti Aaro Artto, Teemu Palo, Yrjo Rossi, Hannu Tikka, Matti

Kaijansinkkoarea intervento 310 ha, 5 km per 600 m di larghezza

progetto 1995 concorso internazionale,3 fasi: 2005-2010, 2011-2020, 2021-2030, in corso.

tipo di intervento La ridefi nizione del limite della città sul territorio dei “pol-der”, 100 ha di area di protezione ambientale, 3400000 m2 di superfi cie utile lorda, un canale navigabile di 30 m lungo tutta la lunghezza dell’area, una metropolitana di superfi cie sopraelevata, un’università per 17000 stu-denti.

bibliografi a Topos 17/1996 pp. 94-99AA.VV. (1995), Ørestaden: the masterplan, Ørestadsselskabet, ØrestadDetail 4/2003

siti web www.orestad.dk

IL PAESAGGIO COME ECOLOGIA URBANA

Ørestadt4PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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ØRESTADTIl paesaggio come ecologia urbanaLa costruzione del ponte Øresund sullo stretto del Mar Baltico che divide Mälmo da Copenhagen ha dato di fatto un impulso fortissimo per l’insediamento di nuove funzioni urbane nella regione di Amager Island a sud della città. Il primo programma di espansione risale al 1992. Nel 1995 viene bandito un concorso internazionale vinto da un’equipe fi nlandese che in seguito è stata incaricata della defi nizione del Masterplan. Il progetto è stato sviluppato in stretta collaborazione con la Municipalità di Copenhagen e con le associazioni locali e di ambientalisti.La conformazione geografi ca dell’area di Ørestadt ha comportato grandi implicazioni paesaggistiche ed ambientali. L’area di progetto, infatti, è situata al di sotto del livello del mare ed è una delle terre strappate all’acqua attraverso un complesso sistema di drenaggio e di sbarramenti artifi ciali. Il progetto riconosce nella regola delle “fi ve fi ngers” che ha strutturato la crescita della città di Copenhagen un principio ordinatore su cui fondare il disegno della nuova composizione urbana.L’impianto del un nuovo distretto urbano, costruito ex novo secondo una implementazione per fasi, introduce un boulevard urbano e la linea di metropolitana di superfi cie nel paesaggio delle aree umide del “polder”. Di fatti il tracciato del nuovo insediamento è strutturato a partire dalla defi nizione della nuova rete di trasporto pubblica.Il tema della ridefi nizione del limite della città affacciato sul paesaggio dei Amager Faelled, l’area umida che circonda Copenhagen, ha avuto grande rilevanza nelle decisioni formali di piano. Il piano è impostato sul ruolo fondamentale attribuito ai valori naturali nelle aree di espansione urbana, al loro ruolo di spazio pubblico fruibile ed alla possibilità di mantenere delle riserve di naturalità all’interno del territorio metropolitano. L’intervento della Danish Society for the Conservation of Nature and Open Air Council, inizialmente contraria all’urbanizzazione dei “polder”, è stata determinante nella defi nizione delle superfi ci coperte del piano. L’approvazione del piano è stata vincolata ad un aumento cospicuo della quantità di spazio aperto destinato ad area di protezione ambientale, da 45 ha a circa 90 ha, rispetto al primo programma proposto dall’amministrazione della città. Conservando di fatto la capacità edifi catoria del piano si è

Pagina precedente:fi gura 119Veduta aerea dell’area prima dell’inizio dei lavori.

fi gura 120La pianta di Copenhagen con l’individuazione dell’area di Ørestad.

fi gura 121Schizzo di progetto. Relazione tra le aree umide e costruito nel limite tra città e campagna.

fi gura 122Schizzo di progetto. Il canale che costituisce l’asse strutturante del progetto con la metropolitana sopraelevata.

fi gura 123Schizzo di progetto. Sezione sull’asse strutturante del progetto con la metropolitana sopraelevata ed il canale.

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fi gura 124Planimetria di insieme degli interventi e Piano del Paesaggio:1 Le aree umide di Amager Faelled in Ørestad2 L’area di protezione ambientale di Amager3 Le aree aperte verdi nel piano di Ørestad destinate ad usi ricreativi e sportivi in continuità con le aree di protezione.4 L’area di protezione ambientale di Vastamager.

In tratteggiato orizzontale le aree umide dei “polder”.

fi gura 125Il sistema dell’acqua a Ørestad:1 Il lago Ny Tojhus2 Il canale curvilineo3 Il canale dell’università4 Il grande lago nell’area umida di protezione5 Il canale principale6 Le piazza d’acqua tra gli edifi ci7 Le piazza d’acqua tra gli edifi ci8 Il lago nell’area umida di Vestamager.

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operato un processo di densifi cazione rispetto alle prime indicazioni programmatiche che ha di fatto consentito la viabilità fi nanziaria di un processo di trasformazione di queste dimensioni.L’inserimento di varie funzioni ubane, residenza, commercio, attrezzature pubbliche, consente un buon grado di mixitè urbana. L’implementazione del progetto in più fasi garantisce un certo grado di adattabilità del programma da costruire alle esigenze nel tempo (espansione/contrazione del mercato immobiliare). Il piano per Ørestad costituisce uno dei pochissimi casi di progettazione urbana recente in Europa in cui non si è ricorso al meccanismo dell’architettura d’autore come “richiamo” di marketing urbano. Le architetture sono più anonime seppur di ottima progettazione, ed inserite nel disegno complessivo con discrezione sapendo interpretare il tema dell’architettura sull’acqua.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- defi nizione del limite tra città e campagna in continuità con la città esistente;- testare i punti di vista sul paesaggio circostante alla città; - dilatazione del punto di vista ad una scala geografi ca, agli scenari ambientali della città;- seguire le regole iscritte nella geografi a e nella morfologia dei luoghi, in questo caso il principio detto delle “5 fi ngers” determinato dal primo piano della città;- defi nizione del piano defi nitivo per successivi tentativi assoggettati alla contrattazione con le associazioni locali ed ambientaliste;- l’uso dell’acqua delle aree umide per costituire una rete di canali navigabili e il riconoscimento di una loro valenza fi gurativa/formale e artistica oltre che una funzione di miglioramento ecologico (in alternativa al pompaggio attuale);- il ruolo fondamentale delle reti di trasporto pubblico nel disegno dei nuovi tracciati urbani e nella capacità di connessione con gli insediamenti esistenti.

fi gura 126Schizzo di progetto: vista sull’asse centrale.

fi gura 127Foto degli edifi ci realizzati nella prima fase del progetto.

fi gura 128Veduta del modello di progetto sulla zona destinata alle strutture universitarie.

fi gura 129Foto degli edifi ci realizzati nella prima fase del progetto.

fi gura 130Planimetria delle aree di protezione ambientale di Amager Faelled e Vestamager. In rosso l’area di progetto

fi gura 131Foto degli edifi ci realizzati nella prima fase del progetto.

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località Caencomune Caen, Franciacommittente Unimetalprogettisti Dominique Perrault

area intervento 700 haprogetto 1995-1997 in corso di realizzazionetipo di intervento trasformazione dell’area di un’industria metallurgicabibliografi a Belfi ore Manuela (2005), Il verde e la città. Idee e progetti

dal Settecento ad oggi, Gangemi, Roma, p.202Prépaysagement, Fare l’ambiente, Lotus Navigator 5/2002, pp. 109-112

siti web

IL PAESAGGIO COME STRATEGIA EVOLUTIVA

Area Unimetal a Caen5PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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CAENIl paesaggio come strategia evolutivaIl progetto si situa in una vasta area lasciata libera alla periferia di Caen in seguito alla dismissione dell’industria metallurgica Unimetal. La proposta del progetto consiste nel disegno di una griglia geometrica di 100m per 100m di lato che organizza il disegno del parco secondo una sistema di lotti piantumati con essenze di alto fusto o semplicemente a superfi cie erbosa e separati da percorsi asfaltati di due metri di larghezza.Il forte tracciato che caratterizza il parco è disegnato da pochi elementi: la griglia, un viale alberato che ne segna il confi ne ed un grande parterre centrale. La regolarità degli spazi defi niti dalla griglia è arricchita dal mantenimento e dalla valorizzazione di alcune tracce del paesaggio industriale precedente che si costituiscono come veri e propri objets trouvès della composizione: la torre di raffreddamento, il tracciato dei binari ferroviari, i segni delle preesistenze naturali come alcune masse vegetali e il corso d’acqua del fi ume Orne sul confi ne dell’area.Il disegno del parco si costituisce come un vero e proprio dispositivo di Préverdissement, una strategia usata molto spesso in Francia anche in tempi recenti nelle villes nouvelles, in cui la fondazione degli insediamenti è preceduta da una sistemazione a verde in parte temporanea. Il parco assolve, così, due funzioni: da una parte organizza il sistema di verde pensato anche per realizzare la bonifi ca ambientale e la rivitalizzazione dei terreni contaminati dai residui delle lavorazioni industriali; dall’altra costituisce la prefi gurazione della forma dell’insediamento futuro strutturando una sorta di “pre-paesaggio”. Il progetto del parco costituisce in questo senso il primo atto di fondazione e di tracciamento della possibile espansione della città.Negli sviluppi futuri a lungo termine, la grande area centrale che copre una superfi cie complessiva di oltre trenta ettari, verrà mantenuta a parco come una specie di Central Park suburbano, mentre i lotti più piccoli verranno progressivamente urbanizzati.

Pagina precedente

fi gura 132L’impianto delle acciaierie prima dell’inizio dei lavori.

fi gura 133Planimetria dell’impianto delle acciaierie prima dell’inizio dei lavori.

fi gura 134Veduta dell’area delle acciaierie dopo la demolizione delle strutture industriali.

fi gura 135Veduta dell’area con le prima sistemazioni verde.

fi gura 136Planimetria di progetto con le sistemazioni a terra della prima fase dei lavori

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località Ile de Nantescomune Nantes, Franciacommittente Nantes Métropole, Ville de Nantesgestore SAMOA (Société d’Aménagement de la Métropole

Ouest-Atlantiqueprogettisti Alexander Chemetoff paesaggista, Jean-Louis Bertho-

mieu urbanistaarea intervento 335 ha ara di intervento

progetto 1999 concorso, 2002-2007 realizzazione, in corsotipo di intervento 70 ha di spazi pubblici, 125000mq di residenza di cui

25% edilizia sociale, 100000 mq di grandi attrezzature, 6500 alloggi

bibliografi a J. L. Berthomieu, Bureau des Paysages, 1999 L’ile de Nantes. Le Plan guide en projet, ed. MEMO, Nantes.Farinella, R. 2004 “Riqualifi care la città, ritrovare il fi ume. Nantes, la Loira, l’Île de Nantes”, Paesaggio urbano, n. 6.A. Masboungi(a cura di), 2003 Nantes: La Loire dessin le projet, Editions de la Villette, Paris.R. Farinella, Nantes, ‘a pleasant town to live in, in: www.planum.net - The European Journal of Planning.

siti web www.iledenantes.comhttp://www.nantesmetropole.fr/index.jsp

IL PAESAGGIO COME REGOLA MORFOLOGICA

Piano guida per l’Île de Nantes6PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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ÎLE DE NANTESLa morfologia come regolaIl progetto per l’Ile de Nantes consiste nella trasformazione dell’area di 335 ha dei cantieri navali e spazi portuali sulla Loira in un vero quartiere urbano sviluppandone tutte le funzioni di centralità: habitat di qualità, sviluppo economico, commercio, trasporti collettivi, attrezzature sociali, culturali ed ricreative.Il progetto risultato vincitore al concorso bandito nel 1999 propone un operazione di ricomposizione urbana unitaria e composita allo stesso tempo. In questo senso lo spazio pubblico assume un ruolo centrale come principale strumento per garantire la costruzione del territorio in modo unitario e per combinare le operazioni pubbliche con quelle private in un ottica di sviluppo sostenibile e durevole. Le rive della Loira e l’île de Nantes costituiscono una parte importante della storia industriale e sociale della città ed in questo senso il progetto si muove a partire da un “principio di introversione”. Tutte le scelte e le ragioni del piano, cioè, sono defi nite a partire dall’interno della città con una logica di completamento ed ottimizzazione dell’esistente. Questo principio si concretizza su due piani diversi: quello del tessuto e della morfologia urbana e quello degli edifi ci e del materiale costruito.Da una parte il progetto è fondato sull’attenzione al contesto con l’obbiettivo di valorizzare il patrimonio e le tracce costitutive della storia dei luoghi dando allo stesso tempo un impulso alla trasformazione dello spazio. Il progetto si confi gura come una grande operazione di ristrutturazione in cui il nuovo programma da costruire è funzionale ad un generale processo di recupero che stabilisce un principio di continuità con la morfologia del tessuto urbano. Dall’altra parte e accanto alle tradizionali funzioni e programmi previsti dal progetto urbano (inserimento di nuovi alloggi, attrezzature, spazi e servizi), prendono posto una serie di azioni volte a riqualifi care gli edifi ci e gli spazi aperti con una sequenza continua di interventi circoscritti. L’obbiettivo di riparare e restaurare piuttosto che sostituire l’esistente non impedisce l’innovazione ed è pensato per favorire un “economia di misura”, per esempio evitando le demolizioni se un riuso è possibile. Molte delle grandi strutture industriali vengono riconvertite in attrezzature ed uffi ci secondo una logica di crescita dall’interno.Il “Plan Guide” defi nisce dove, come e con quale forma debbano essere integrati tutti gli interventi e con

Pagina precedente:fi gura 141Foto dal satellite dell’Île de Nantes, 2005.

fi gura 142Il sistema degli spazi pubblici:Aree esistenti da ristrutturare, 83 ha.

fi gura 143Il sistema degli spazi pubblici:Nuove aree pubbliche, 72 ha.

fi gura 144Il sistema degli spazi pubblici:La Loira, 245 ha.

fi gura 145Schizzo di progetto:La continuità dello spazio pubblico consente di far coesistere i diversi frammenti dell’esistente struttura industriale senza demolizioni. La trama dello spazio aperto pubblico si appoggia sugli edifi ci esistenti.

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quale successione siano realizzati concentrandosi particolarmente sullo spazio aperto mentre è lasciato un margine di fl essibilità a tutte le altre operazioni. In questo senso il piano si confi gura come lo strumento di elaborazione del processo evolutivo dell’ île de Nantes.Sebbene non sia immediatamente riconoscibile un intento paesaggistico nel progetto, è qui derivato un metodo di organizzare la trasformazione e la rigenerazione della città. Il principio fondativo su cui ruotano le scelte trasformative è costituito infatti dalla ricostituzione dei legami di connessioni tra la città ed il fi ume attraverso la risistemazione paesaggistica delle rive della Loira. La valorizzazione del fi ume apporterà dei benefi ci ambientali oltre a creare un’attrattività per le attività residenziali.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- la defi nizione del programma di trasformazione a partire dal sito esistente e la costruzione del progetto a partire dagli elementi strutturali presenti;- la morfologia dei luoghi come “regola”;- progetto come ristrutturazione a scala urbana;- la defi nizione del processo evolutivo della trasformazione attraverso le sue fasi di implementazione;- lavorare sul ruolo di connessione dello spazio aperto e sul ruolo dello spazio pubblico come principio ordinatore;- principio di introversione, costruzione della città a partire dalla città riutilizzando quello che esiste per fare di più con meno mezzi, una forma di ecologia urbana a base economica.

fi gura 146Lo stato di progetto al 2003:dettaglio della planimetria degli interventi previsti per l’area ovest.

fi gura 147Interventi da realizzarsi all’interno delle volumetrie esistenti: planivolumetrico.

fi gura 148Interventi da realizzarsi all’interno delle volumetrie esistenti: sezione

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località Plaine de L’Airecomune Ginevra, Svizzeracommittente Départment de l’intérieur, de l’agricolture, de

l’environnement et de l’energie (DIAEE), cantone di Ginevra

progettisti Georges Descombes e ADR architectes

area intervento 5 km di sponde del canale, circa 100ha

progetto Progetto di concorso 2000, incarico 2000-2002, in corso di realizzazione lo stralcio Marais-Centenaire

tipo di intervento Rinaturalizzazione del corso del canale dell’Aire, realizzazione per stralci successivi

bibliografi a G. Daghini, Faire du Paysage, Faces 50 hiver 2001/2002 pp. 18-29E. Cogato Lanza, Le territoire inversè, in: AA.VV , Méandres, PPUR, Geneve, 2005, pp. 119-139

siti web

IL PAESAGGIO COME STRATIFICAZIONE SIGNIFICATIVA

Rinaturalizzazione del canale dell’Aire7PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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PLAINE DE L’AIREIl paesaggio come sedimentazioneIl progetto si inserisce in una politica generale di rinaturalizzazione di corsi d’acqua intrapresa dal comune di Ginevra e riguarda il recupero paesaggistico del bacino dell’Aire, un affl uente secondario del Rodano, caratterizzato da un grave problema di degrado della qualità dell’acqua e dell’ambiente circostante. L’area, alla periferia sud ovest della città, è caratterizzata da una forte dispersione degli insediamenti e da una compenetrazione di edifi cato nel paesaggio rurale. La pianura agricola è attraversata dalle arginature in cemento del canale, un’opera di regimazione delle acque realizzata nel 1930 che si impone come principale elemento di strutturazione del paesaggio. Il reticolo idrografi co che ridisegna la parcellizzazione fondiaria della pianura è costituito da una serie di canali secondari di collegamento.Il progetto di Georges Descombes è fondato sulle componenti morfologiche del territorio e sul riconoscimento della loro dimensione temporale nel processo di sedimentazione avvenuto nel tempo. In questo senso la presenza delle arginature artifi ciali del canale non costituisce un ostacolo alla rinaturalizzazione ma assume il ruolo di strutturazione fi sica signifi cativa a partire dalla quale è possibile recuperare la leggibilità e fruibilità del territorio. La contrapposizione tra il carattere di permanenza della struttura esistente del canale e la natura mutevole del nuovo letto fl uviale di rinaturalizzazione costituisce il principio su cui sono costruite le ipotesi progettuali: il canale viene disseccato e riprogettato come una passeggiata pubblica sopraelevata da cui è possibile osservare la riva inaccessibile del corso d’acqua rinaturalizzato. La riutilizzazione dell’impronta del canale esprime la volontà di rapportarsi direttamente con la storia e la memoria dei luoghi, di radicare il progetto nella morfologia a partire da quello che è già stato costruito. In questo principio viene riconosciuto una regola ineluttabile del progetto contemporaneo di trasformazione della città che si trova a confrontarsi continuamente con un’ambiente costituito da un’imbricazione di geografi a, natura, storia e cultura.Accettando i materiali ed i frammenti di usi e funzioni obsolete all’interno di un disegno complessivo ed operando uno slittamento di signifi cato il luogo acquisisce un nuovo uso, una nuova leggibilità, una nuova fruizione. Attraverso il progetto lo spazio aperto del territorio rurale acquisisce

Nella pagina precedente:fi gura 149Ortofoto e sistema orografi co, 2002

fi gura 150Estratto della carta topografi ca del Cantone di Ginevra, 1900.

fi gura 151Estratto della carta topografi ca del Cantone di Ginevra, 1958.

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fi gura 152Estratto dell’Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles. Restituzione del Catasto Napoleonico (1806-1818) sul «Plan d’ensemble» del Cantone di Ginevra del 1991. Il dettaglio è relativo al percorso del fi ume Aire prima della sua canalizzazione.

fi gura 153Estratto dell’Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles. Restituzione del «Plan d’ensemble» del Cantone di Ginevra del 1930 sul «Plan d’ensemble» del 1991. Il dettaglio è relativo al percorso del fi ume Aire dopo la sua canalizzazione.

fi gura 154Elaborato di progetto. Ricostruzione del percorso del fi ume Aire prima della sua canalizzazione.

fi gura 155Elaborato di progetto. Proposta di una nuova conformazione per l’Aire.

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la dignità di spazio pubblico. Il discorso sull’identità e la memoria dei luoghi è inquadrato in una rifl essione più generale che coinvolge anche la comprensione delle componenti ecologiche ed ambientali del territorio. In questo senso il progetto si iscrive in una più generale questione che riguarda la “riterritorializzazione” dei luoghi, cioè la ricerca di nuovi rapporti di coesistenza tra gli insediamenti urbani dispersi, il patrimonio naturale rivitalizzato, le esigenze della produzione agricola e l’inquadramento di nuovi orizzonti paesaggistici.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- riconoscere la razionalità topografi ca iscritta nei luoghi;- fare riferimento alle preesistenze ed alle loro tracce recuperandole in un disegno complessivo con nuovi signifi cati e nuovi usi;- lavorare sulla sovrapposizione di ambiti temporali differenti con i materiali ad essi afferenti;- valorizzare i tracciati dei corsi d’acqua come paesaggi lineari urbani e occasione per nuovi tipi di percorrenze;- riconoscere discorso della gestione della qualità dell’acqua e del suolo come elemento fondativo del progetto in una più ampia comprensione delle componenti ecologiche e storiche del territorio; - superare una visione strettamente tecnico-ecologica dei problemi ambientali attraverso un approccio pluridiscinare.

fi gura 156Elaborato di progetto. Ricostruzione delle diverse conformazioni assunte dal fi ume Aire prima della sua canalizzazione sulla foto aerea.

fi gura 157Elaborato di progetto. Proposta della nuova conformazione per il fi ume Aire: il canale viene mantenuto come passeggiata e giardino tematico a nord; a sud il nuovo letto del fi ume recupera parzialmente i terreni agricoli.

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località Gerlandcomune Lione, Franciacommittente Communitè Urbaine de Lyonprogettisti Michel e Claire Corajoud

area intervento 80 ha

progetto 2001-2003tipo di intervento Parco nella città suburbanabibliografi a A. Masboungi (a cura di), Penser la ville par le pay-

sage, Ed. La Villette, Paris, 2001, pp.34-35M. Corajoud, Le paysage: une expérience pour con-struire la ville, testo del Gran Prix de Urbanisme 2003, in: A. Masboungi (a cura di), Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Ed. La Villette, Paris, 2003, pp. 37-38

siti web http://www.urbanisme.equipement.gouv.fr/index.htmlhttp://corajoudmichel.nerim.net/

IL PAESAGGIO COME LUOGO DI CONNESSIONI

Parco di Gerland8PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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PARCO DI GERLANDIl paesaggio come luogo delle connessioni e della fruizioneLa dismissione di un’area industriale vicino al petrolchimico di Feysin, ha consentito di restituire alla città ed al quartiere di Gerland la fruizione di un grande spazio in prossimità del Rodano.Il nuovo parco urbano costituitosi dalla riconversione delle aree dismesse lungo il fi ume si presenta come un polo di attrazione formidabile di persone ed attività in relazione ai quartieri circostanti. Il progetto, senza costituire un vero e proprio “progetto urbano”, assume il ruolo strategico di restituire un senso ed una fruizione a molti spazi da sempre inaccessibili.Il disegno del suolo ha avuto come principale obbiettivo quello di radicare il parco nel tessuto urbano circostante attraverso la defi nizione dello spazio aperto sui margini, le aree di risulta, i bordi, gli accessi, le strade adiacenti, i cancelli degli edifi ci circostanti, i piccoli giardini limitrofi . Il progetto realizza un doppio sistema di compenetrazioni tra la città ed il parco urbano in cui sono consolidate le relazioni reciproche con le parti costruite circostanti. Lo spazio liberato dalle funzioni industriali e portuarie diventa un grande terreno di connessione, fruizione e circolazione tra il sistema ambientale del fi ume e la città. I nuovi percorsi pedonali lungo le sponde del Rodano restituiscono quello che un tempo era il ruolo del fi ume: un canale percorribile da cui era possibile raggiungere gli altri luoghi della città. La concezione e la dimensione degli spazi del parco fanno un esplicito riferimento all’agricoltura, in questo senso è evocata più l’idea di “campagna” che quella di “natura”. Il parco è costituito da una grande prateria aperta di sette ettari per il gioco lungo le sponde del Rodano per la prima volta rese accessibili e da un giardino lineare di 600 m per 40m di larghezza.L’obbiettivo del progetto è mostrare come una soluzione paesaggistica “leggera” possa agire effi cacemente su un sistema degradato e compromesso a partire da una disponibilità di investimento molto esigua. La scelta di realizzare una grande prateria ha una ragione economica perché di basso costo permettendo allo stesso tempo di rivelare gli aspetti paesaggistici dell’affaccio sul fi ume di un luogo fi no ad oggi sconosciuto alla città. Il giardino lineare ha costi di manutenzione molto bassi

Nella pagina precedente:

fi gura 158Veduta della grande prateria sulla riva della Saone.

fi gura 159Veduta dell’area prima della costruzione del parco (2001).

fi gura 160Veduta dell’area con il parco in corso di realizzazione (2002-2003).

fi gura 161Schizzo di progetto con le connessioni verdi intorno al perimetro del parco.

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perché consente, con la sua geometria semplifi cata, la meccanizzazione delle lavorazioni e costituisce allo stesso tempo un luogo di intrattenimento ed osservazione del sistema vegetale nelle sue variazioni stagionali.

SINTESI DEI DISPOSITIVI DEL PROGETTO- ricostruire una dinamica di fruizioni possibili che si estenda oltre il singolo progetto e sia riconoscibile alla scala della città;- testare la porosità e la resistenza dei confi ni per estendere il progetto oltre i suoi limiti e creare relazioni con gli spazi limitrofi , ricucire gli elementi costruiti, valorizzare lo spazio tra i vari contesi urbani della città diffusa;- defi nire nel progetto il ruolo di connessione dello spazio aperto pubblico nel tessuto urbano circostante;- utilizzare gli interstizi e gli spazi di risulta, gli spazi abbandonati e sottosviluppati per estendere lo spazio pubblico;- costituire un progetto “debole”, non totalizzante in cui il paesaggio ed il verde assume il ruolo di connessione del tessuto insediativo.

fi gure 162 - 165Vedute degli spazi del Parco.

fi gura 166Pianta dei percorsi del parco con le connessioni con la città.

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località Grenoble sudcomune Grenoble, Franciacommittente Ville de Grenobleprogettisti Yves Lion

area intervento 355 ha

progetto 2003-2004 progetto, 2004-2012 realizzazione, in corsotipo di intervento recupero urbanobibliografi a Grenoble, Le renouvellement urbain dans les grandes

villes, Urbanisme 20/2003, pp.16-19Lion Yves, Urbanisme, Grand prix de Urbanisme, juin 2005.

siti web http://www.grenoble.fr/jsp/site/Portal.jsp?page_id=196Enjeux http://www.urbanisme.equipement.gouv.fr/index.html

IL PAESAGGIO COME PROGETTO APERTO

Progetto di recupero di Grenoble Sud9PROGETTI E SPERIMENTAZIONI

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GRENOBLE SUDIl paesaggio come progetto apertoNell’ambito di un generale programma di rinnovo urbano la città di Grenoble ha avviato un processo di concertazione per il rinnovo della zona sud della città, caratterizzata dalla presenza di grandi quartieri di edilizia popolare e attrezzature. Il processo di riqualifi cazione è stato defi nito per mezzo di un piano guida che ha l’obbiettivo di defi nire e promuovere nuove strategie oltre alla prosecuzione ed il coordinamento di tutte le azioni intraprese fi no ad oggi nella riqualifi cazione del quartiere. Il piano è pensato come uno strumento urbanistico in divenire formulato come un processo aperto che viene costruito, modifi cato, aggiornato lungo il suo stesso processo di implementazione.Gli obbiettivi principali del piano ruotano intorno a tre grandi tematiche: la concezione di nuove operazioni di rinnovo urbano; il rafforzamento della qualità ambientale; un programma di implementazione condiviso attraverso una politica di partecipazione ed informazione della comunità locale.In particolare il progetto defi nisce alcune linee prioritarie di intervento basate sul ruolo chiave dello spazio pubblico e sui valori ambientali dei luoghi che costituiscono le costanti su cui si sviluppa tutto il processo: la ricerca di una migliore coesione urbana attraverso il rinforzo dei legami tra i quartieri esistenti e la valorizzazione dei terreni disponibili e sotto utilizzati; il rinforzo dell’attrattività economica e commerciale; il rinforzo dell’attrattività residenziale attraverso il miglioramento della qualità e della leggibilità dello spazio pubblico. Questa strategia è implementata attraverso la concentrazione degli interventi intorno ad alcuni temi chiave: l’introduzione di un nuovo quartiere residenziale che permette di densifi care il tessuto urbano esistente; la creazione di una “allée verte” di collegamento tra i vari parchi e che ha la funzione di migliorare la fruibilità tra i quartieri; il miglioramento e la riorganizzazione dello spazio pubblico nel quartiere del vecchio villaggio olimpico attraverso alcuni interventi di densifi cazione che ne migliorano l’attrattiva commerciale; il ridisegno del “Cours de l’Europe” secondo una sezione stradale che privilegia gli spostamenti pedonali e ciclabili.Il progetto è sviluppato sulla base di uno studio approfondito degli spazi pubblici esistenti ed ha l’obbiettivo di riutilizzare le infrastrutture stradali e commerciali presenti e la

Nella pagina precedente:

fi gura 167L’area di intervento nel contesto della

città di Grenoble

fi gura 168L’area degli interventi previsti dal Piano guida per la riqualifi cazione di

Grenoble Sud:

in rosso gli interventi puntuali di densifi cazione del costruito;

in verde la riqualifi cazione del verde urbano, le nuove connessioni verdi

lungo le strade esistenti;

in rosa gli isolati dei quartieri di nuova edifi cazione;

in giallo la riqualifi cazione dello spazio pubblico dei percorsi pedonali

e ciclabili.

grande quantità di terreni sotto utilizzati attraverso la riorganizzazione delle relazioni reciproche. L’intera operazione mira ad una più generale ottimizzazione dell’uso dello spazio urbano derivando il nuovo programma da costruire dai luoghi, dalle dimensioni e dalla forma della città esistente integrandolo nel tessuto urbano senza soluzione di continuità. Il nuovo edifi cato è concentrato intorno ad alcuni assi stradali che necessitano di densifi cazione mentre lo spazio aperto verde gioca un ruolo di connessione tra i parchi esistenti della “banlieu”. Il risultato a cui mira il progetto non è quello di ricreare un singolo luogo di centralità quanto di rinforzare una serie di polarità lavorando sulla concentrazione dei luoghi e delle funzioni nella periferia.In questo senso il sistema ambientale e dei parchi urbani defi nisce una maglia verde che tiene insieme il disegno urbano complessivo.Dal 2004 è in corso un processo di discussione dei contenuti del piano con gli abitanti dei quartieri che ha portato ad una prima approvazione del progetto degli spazi aperti.

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III.3 UN APPROFONDIMENTO: IL PROGETTO PER LYON CONFLUENCE

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Eli
Rectangle
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località Quartiere della Confl uencecomune Lione, Franciacommittente Communitè urbaine du Grand Lyongestore SAEML, Lyon Confl uenceprogettisti François Grether Architetto Urbanista

Michel Desvigne PaesaggistaBureau d’Etudes RFR

area intervento 150 ha

progetto 1998 studio preliminare, 2000 progetto, 2000-2015, in corso

investimento globale 1,2 ml di Euro per la prima fasetipo di intervento 38 ha di parco, 1200000 mq di sup. copertabibliografi a M. Baraness, Non un giardino ma una strategia di adat-

tamento, in: Giornale di Architettura 10/2003, p. 21M. Desvigne, Eliminare ogni forma di “terrein vague”, in: Giornale di Architettura 10/2003, p. 20M. Desvigne, La fabrication pragmatique du terri-toire, in: A. Masboungi (a cura di), Penser la ville par le paysage, Ed. La Villette, Paris, 2001, pp. 53-59M. Desvigne, Géographie et transforma-tion des territoires, in: A. Masboungi (a cura di), Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Ed. La Villette, Paris, 2003, pp. 53-57F. Moiroux, De mémoire de presq’île… Per-rache XVIII - XX, Lyon Confl uence, Janvier 2002

siti web http://www.lyon-confl uence.fr/index.phphttp://exhibitions.gsd.harvard.edu/contemp/pages/abecedary

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Nella pagina precedente:

fi gura 169Veduta della Confl uence.

fi gura 171Progetto di Michel-Antoine Perrache per la parte merdidionale della città di Lione - 1769

fi gura 172Jacques-Germain Souffl otPiano del quartiere nuovo di Lione - 1774. Dettaglio

fi gura 170Prospetto della città di Lione dal lato settentrionale -1657

fi gura 173La stazione di Perrache ed il polo di interscambio negli anni ‘60.

IL CONTESTO AMBIENTALE E URBANO Situata alla confl uenza di Rodano e Saône, Lione è la seconda città della Francia per dimensione e importanza economica particolarmente in campo industriale e commerciale. L’antico quartiere industriale di Perrache, separato dalla città da due fi umi, una stazione ferroviaria e un’autostrada, ha sviluppato nel contesto della città di Lione un carattere particolare: di marginalità per via dell’isolamento forzato ma allo stesso tempo di prossimità con la città storica. Si può dire che Perrache sia un vero e proprio pezzo di periferia industriale racchiuso al centro della città storica.L’origine del quartiere risale alla seconda parte del XVIII secolo quando la Presqu’Île formata dalla Saône e dal Rodano si fermavano alle mura di Ainay. Fino a quel momento la Confl uence era costituita di una serie di terreni acquitrinosi e di isolette la cui bonifi ca e collegamento venne realizzato al prezzo di enormi sforzi fi nanziari. Nel 1769 lo scultore e architetto Antoine-Michel Perrache propone al Re e ad i nobili di Lione di prolungare la città verso sud e di estendere il centro della città sulle terre strappate al fi ume. Il progetto di Perrache prevedeva la chiusura della città medievale a nord con un fronte continuo affacciato su di una grande piazza. Su di essa confl uiva un asse rettilineo e centrale che, attraversando tutto il territorio guadagnato al fi ume, veniva a costituire la spina dorsale dell’urbanizzazione da realizzare. Già in un incisione del 1772 sono riconoscibili i primi risultati di questa grande operazione urbana di bonifi ca.1

L’urbanizzazione dell’area avvenne, però, molto più tardi durante la rivoluzione industriale con la costruzione delle installazioni portuarie e ferroviarie e delle prime fabbriche. Nel 1860 venne realizzata una nuova stazione passeggeri proprio in luogo della grande piazza immaginata da Perrache e da cui prenderà il nome. A partire dall’inizio del XIX secolo con l’installazione delle fabbriche nascono i primi quartieri operai, subito a sud della stazione ferroviaria e in corrispondenza dell’attuale quartiere di Sainte-Blandine. L’area rimasta isolata dal resto del tessuto urbano a nord è defi nitivamente marginalizzata con la costruzione dell’autostrada sul lungo Rodano, intorno ai primi anni ‘60. Con la chiusura al fi ume Perrache perde defi nitivamente ogni attrattiva urbana e diventa il quartiere del macello, delle prigioni, del grande mercato all’ingrosso, del porto Rembaud, in defi nitiva il luogo dove la città relega tutte le grandi attrezzature urbane necessarie ma che non possono

fi gura 174Michel Antoine Perrache

Piano generale della città di Lione con l’espansione verso sud - 1770

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rimanere sotto gli occhi.2

A partire dagli anni ‘70 Perrache inizia a subire gli effetti della deindustrializzazione. L’area perde in gran parte le attrattive industriali e commerciali a vantaggio delle zone periferiche della città più adatte e facilmente raggiungibili; gran parte delle attività e delle attrezzature vengono dismesse o sono in via di dismissione. Il quartiere operaio di Sainte-Blandine rimane oggi una delle ultime tracce vive del passato industriale e commerciale del quartiere. Attualmente vi risiedono 6800 abitanti che sono ancora in gran parte impiegati nell’industria locale.

LE STRATEGIE DEL PROGETTOIl contesto urbanistico e normativo del pianoIl progetto per la riconversione del quartiere a sud di Perrache e della Presqu’Île lionese, si inserisce in un più ampio discorso di rinnovo urbano che la città porta avanti da vari anni. Negli ultimi 15 anni, in seguito alla crisi post-industriale che la città ha particolarmente risentito, è stato avviato un programma di recupero su vasta scala nel tentativo di rilanciare l’immagine della città attraverso un estensivo intervento di progettazione urbana. Con un forte carattere sperimentale e gestita in grande parte da artisti e architetti del paesaggio, la città ha intrapreso un’operazione di riscoperta della propria identità e del proprio patrimonio attraverso la valorizzazione degli spazi pubblici.Tra gli interventi più signifi cativi sugli spazi pubblici di Lione realizzati negli ultimi 10 anni si segnalano, tra gli altri: la Citè Internazionale di Michel Corajoud e Renzo Piano; la Place de la Bourse di Alexandre Chemetoff; il progetto per la Porte des Alpes; il progetto del Parc de Gerland di Michel and Claire Corajoud; Place des Célestins, Parc des Hauteurs, Passerelle de la Colline de Fourvière, la riqualifi cazione del quartiere di Gerland di Michel Desvigne e Christine Dalnoky.A fi anco alle operazioni di “visibilità” sono state portate avanti anche politiche urbane di basso profi lo che riguardano specialmente l’innovazione urbana in campo ambientale, le riqualifi cazioni diffuse dei quartieri più degradati, la creazione di sistemi di trasporto alternativi da reti di trasporto pubblico ad una serie di percorrenze su scala territoriale che consentono spostamenti pedonali e ciclabili.Tra le tante iniziative non si può non ricordare l’adozione recente del cosiddetto “Plan Bleu”, un piano a scala geografi ca per la salvaguardia e ottimizzazione delle risorse idriche ed un progetto di riqualifi cazione capillare dello spazio pubblico del

fi gura 175Foto dal satellite della città di Lione e della Confl uence - 2005

fi gura 176Cours de Charlemagne e lo scalo merci ferroviario della Confl uence.

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quartiere popolare di Gerland nella periferia sud della città.

Il progetto per la Confl uenceIn questo ambito particolarmente attivo ed innovativo nel campo della progettazione urbana ed a più di due secoli dal progetto di Perrache, la comunità urbana di Lione ha deciso di riprendere la grande idea di estendere il centro della città a sud della Presqu’Île.Il progetto urbano di Michel Desvigne e François Gréther si sviluppa come un processo dinamico fondato sull’esistente e fi nalizzato alla riconversione delle infrastrutture industriali. Sono principalmente due le strategie su cui è stato costruito il piano.

fi gura 177Schema interpretativo del sistema ambientale di riferimento del progetto:il sistema dei parchi lungo la Saône e i boulevards alberati lungo il Rodano.

L’ascolto dell’esistentePartendo dagli elementi naturali locali e dalla loro evoluzione nel tempo il sistema paesaggistico esistente diventa la struttura del futuro tessuto urbano. Le conformazioni del luogo, Lione e le rive “minerali” della Presqu’Île, le diverse conformazioni di Saône e Rodano, concorrono a suggerire e legittimare le scelte del progetto. Il territorio è ordinato dando la priorità assoluta ai materiali rinvenuti sul sito, la storia, la geografi a dei luoghi, a monte di qualsiasi programma precostituito. Desvigne acquisisce la lezione del grande paesaggista americano Frederick Law Olmstead in cui il disegno di paesaggio è assunto come atto fondativo della città a prescindere da ogni genere di interferenza.Il tessuto urbano del quartiere di Sainte-Blandine, le altezze, i fronti continui sul lungo Rodano regole urbane esistenti che vengono replicate su tutto il territorio della Confl uence per ottenere un disegno omogeneo ed in continuità con la città esistente al di là della ferrovia. Le barriere vengono superate anche attraverso la conformazione del tessuto urbano creando una certa riconoscibilità, uniformità, identità.I sistemi ambientali, geografi ci e del tessuto urbano esistente vengono riconosciuti come regole implicite da seguire e da estendere nel progetto della trasformazione senza diventare una costrizione od un limite all’innovazione ed alla modernità della nuova città. Al contrario il principio direttore derivato è assunto senza nessun intento mimetico, storicistico o nostalgico.

La strategia di occupazione evolutiva3 La defi nizione di processi di trasformazione attraverso gli strumenti urbanistici correnti, per un periodo di oltre 30 anni e su di un’area così vasta, è un obbiettivo diffi cile a causa delle troppe incognite in gioco. La forma “compiuta” e chiusa del tradizionale piano direttore (plan de amenagement) non garantisce i suffi cienti margini di adattabilità e fl essibilità che invece vengono richiesti per l’implementazione di un progetto di questa portata. La crisi degli investimenti immobiliari, nuove sopraggiunte necessità di attrezzature pubbliche o, al contrario, una forte richiesta di alloggi possono essere fattori determinanti nella costruzione della città. Per questo motivo il piano è stato concepito come una sequenza di processi messi nella giusta successione, senza immaginare uno stato defi nitivo di trasformazione ma piuttosto una serie di stadi intermedi di metamorfosi.

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Di fatto il piano introduce nel progetto la variabile temporale, la dimensione temporale del luogo. Senza prefi gurare la città a venire il progetto tenta di “donare ai luoghi delle qualità fi siche che avranno un’infl uenza sulla defi nizione dei quartieri a venire”.4

Il ritmo delle liberazioni fondiarie detta perciò l’evoluzione dello spazio e le superfi ci esterne compongono una specie di “cartografi a mobile secondo il modello della rotazione delle culture agricole”.5 Alla richiesta della committenza di realizzare un parco unitario di 30 ha viene proposta l’alternativa di un sistema di parchi che da subito possa cominciare ad occupare il suolo disponibile in modo perenne o provvisorio. L’idea dei “jardins provisoires”6 è necessaria ad evitare ogni forma di indefi nizione e di “terrain vague” nel lungo termine dell’implementazione del progetto. Desvigne inventa un paesaggio “a due velocità” in cui alcuni elementi provvisori (prati e vivai) valorizzano il sito da subito. Gli elementi perenni (costituiti da fi lari di alberature, terrapieni ed infrastrutture) vengono progressivamente a costituire la conformazione del parco fi nale.

Fase I - La passeggiata lungo la SaôneLa prima fase del progetto Lyon Confl uence prevede la valorizzazione delle sponde della Saône attraverso alcune sistemazioni paesaggistiche e nautiche che si inscrivono negli orientamenti del Plan Bleu7 adottato dalla città di Lione. I tempi per la realizzazione delle trasformazioni urbanistiche e paesaggistiche dell’intero quartiere sono legate alla liberazione dei lotti fondiari delle attività industriali e commerciali oggi presenti, ma la sistemazione delle sponde della Saône è stata prefi gurata in netto anticipo come asse portante dei progetti a venire. La prima tappa del progetto prevede la realizzazione di un percorso pedonale e ciclabile che renderà accessibile questo tratto di lungofi ume ai cittadini mettendolo in continuità con tutte le passeggiate fl uviali ed i parchi che si affacciano su entrambi Saône e Rodano.Attualmente dal Ponte Kitchener a nord della confl uenza le banchine sul lungo fi ume presentano sezioni molto diverse e diffi cilmente accessibili. A nord prevale il contesto urbano, poi si aprono alcuni giardini a cui si succedono le cave di sabbia in attività, il porto fl uviale merci Rambaud ed infi ne la confl uenza. L’accesso alla sponda è puntuale e discontinuo. I primi interventi prevedono la realizzazione dei passaggi al di sotto dei ponti e l’apertura al pubblico del porto, ormai quasi

fi gura 178Schema interpretativo delle fasi di sviluppo del progetto del parco: le previste demolizioni delle strutture industriali vengono progressivamente sostituite con una serie di giardini provvisori.Fase 1 - La passeggiata provvisoria lungo la Saône.

Fase 2 - Il rafforzamento del parco lungo la Saône e i primi giardini provvisori in corrispondenza dell’attuale mercato generale.

Fase 3 - La compenetrazione progressiva del parco nel tessuto urbano.

Fase 4 - La conformazione defi nitiva del parco e degli spazi verdi.

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completamente dismesso in modo da restituire la continuità della passeggiata a partire dal centro della città. Già oggi questa parte del progetto è quasi del tutto ultimata.La sistemazione paesaggistica della passeggiata è stata realizzata in un primo tempo attraverso alcuni interventi leggeri e provvisori fi nalizzati ad evidenziare la leggibilità e continuità del percorso pedonale. L’aspetto minerale delle banchine è stato in parte mitigato attraverso l’introduzione di un “fi lo conduttore vegetale” costituito dalle “piastre-giardino”.8 La funzione delle piastre è quello di separare lo spazio riservato alla passeggiata da quello destinato alle attività ancora in funzione.

Fase II - Il parcoGli studi preliminari al piano, realizzati nel 1998, vedevano nella rinaturalizzazione delle sponde una possibilità di riscattare il destino di quella parte della città che, pur centralissima, era rimasta completamente esclusa dalle dinamiche urbane. Agli spazi verdi e all’acqua era accordato il ruolo importante di ricostituire la relazione tra la città ed i suoi due fi umi riportandoli ad una conformazione pre-industriale.L’idea di una riva completamente naturale sviluppata negli studi iniziali non è stata accettata dal progetto di Desvigne. Partendo dalla conoscenza precisa dell’evoluzione storica del luogo e della sua trasformazione graduale da zona acquitrinosa a penisola industriale e portuaria, Desvigne ha invece accolto la conformazione attuale di fi ume navigabile proiettando nel progetto una visione realistica piuttosto che romantica delle sue sponde.Una serie di ragioni ha contribuito all’affermazione di questa scelta non ultima una rifl essione di carattere economico: sponde naturali e un ambiente naturale umido sono sistemi molto fragili che diffi cilmente potrebbero reggere alla pressione urbana del centro di una città come Lione; inoltre intorno alla città esistono già altri spazi fruibili che permettono questo tipo di relazione con la natura fl uviale.Il progetto è, dunque, rivolto ad una soluzione più attenta alla tradizione dei moli e delle banchine murate che caratterizzano Lione e fanno parte della storia industriale e commerciale della città.In questo senso è stato studiato il nuovo porto turistico sviluppando le attività nautiche sotto il punto di vista del loro rapporto con le attività urbane e con la fondazione del nuovo parco. L’equilibrio tra porto e parco è alla base dell’intero progetto. La nuova darsena è stata pensata come un vero

fi gura 179La passeggiata del parco provvisorio lungo la Saône.

fi gura 180Departement développement urbain servive espace publique - Agence d’urbanisme - LyonIl “Plan Bleu”

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e proprio prolungamento e introversione delle banchine esistenti all’interno del tessuto urbano, con l’intento di creare un affaccio sull’acqua alla città. Il parco previsto nella conformazione defi nitiva del progetto a lungo termine riguarda circa 40 ha sui 150 della superfi cie complessiva di intervento. La dimensione, seppur ragguardevole, non può competere con quella degli altri parchi urbani di Lione, dalla Tête d’Or a Gerland, rendendo in qualche modo superfl ua un’ulteriore offerta di questo tipo di spazio aperto pubblico. Il progetto del nuovo parco è stato inserito in una logica diversa e più circoscritta: invece di creare un altro parco urbano compatto il progetto prevede una conformazione fi sica frammentata degli spazi verdi che penetrando nel tessuto urbano garantisca il massimo del valore d’uso agli abitanti del nuovo quartiere.Il progetto per la Confl uence si pone come principale obbiettivo la ricostituzione di un legame forte con il resto della città. I punti di appoggio su cui fondare le scelte della futura trasformazione sono rinvenuti nelle questioni di ordine morfologico e paesaggistico, nella geografi a e nella storia peculiare dei luoghi. L’orientamento nord-sud dei due fi umi lungo cui la città si è sviluppata non deve far dimenticare che la crescita urbana è avvenuta in realtà da est a ovest, prima lungo la sponda destra della Saône e poi progressivamente verso il Rodano. Il diverso grado di sviluppo urbano, la morfologia del territorio e la storia del diverso sfruttamento industriale dei due fi umi hanno determinato una situazione paesaggistica completamente diversa per le sponde fl uviali: urbane e strutturate quelle del Rodano, più accidentate e “naturali” quelle della Saône. Le caratteristiche rispettive dei due fi umi sono elementi di un’identità ben riconoscibile che il sito condivide con il resto della città e che possono essere ulteriormente valorizzati. Il percorso della Saône si snoda attraverso la città con una serie di anse che lambiscono le colline della Sainte-Foy. Le sponde sono meno densamente abitate e la vegetazione scende quasi fi no al livello dell’acqua sul lato della città mentre sulla Presqu’Île gli argini sono occupati da una serie di attività commerciali e portuarie.Il Rodano, al contrario, è caratterizzato da un andamento rettilineo ed artifi ciale delle sponde. La rettifi cazione degli argini risale al progetto di Perrache del 1769 che prevedeva la costruzione del Ponte della Mulatière e defi niva lo sviluppo dell’urbanizzazione della Presqu’Île lungo il tracciato di un asse maggiore rettilineo in direzione nord sud. Questa vocazione

fi gure 181 - 185Progetto del parco lungo la Saône. Viste del modello di progetto.

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di asse di comunicazione è stata confermata nel tempo ed ancora fi no all’epoca contemporanea con la costruzione dell’autostrada.

La SaôneLa conformazione della riva destra della Saône, formata dalle pendici verdi della collina di Sainte-Foy che scendono fi no all’acqua, ha suggerito di prolungare lo stesso sistema lungo la riva sinistra, in simmetria con il fi ume. L’idea direttrice del progetto di Desvigne è quella di un parco ramifi cato a partire da una passeggiata verde lungo la Saône. L’ansa curva è trattata come una specie di spina dorsale a partire da cui la massa vegetale del parco penetra all’interno della Presqu’Île. Le ramifi cazioni del parco costituiscono dei passaggi tra la

fi gura 186Schema interpretativo del progetto Lyon Confl uence: Il tessuto urbano storico, il tessuto urbano del quartiere di Sainte Blandine, il tessuto insediativo di progetto.

città, il nuovo porto turistico e il fi ume. L’articolazione degli spazi del parco secondo una logica di penetrazione modulata moltiplica i punti di contatto tra l’habitat costruito e il parco. La caratterizzazione “portuale” delle rive dell’attuale Quai Rambaud (il porto in via di dismissione) verrà mantenuta lungo tutta la sponda della Saône limitando l’accostamento alle banchine alle sole barche ad uso turistico e ricreativo. A partire dal fi ume, e seguendo l’andamento del parco, l’ambiente navale e nautico penetrerà nella città attraverso una serie di darsene trasversali creando un affaccio sull’acqua al nuovo tessuto urbano.

Il RodanoA scala urbana le rive del Rodano costituiscono un asse essenziale di organizzazione urbana a cui il progetto per la Confl uence si collega chiaramente, a prescindere dalla presenza dell’autostrada. Questo asse urbano costituirà necessariamente una delle componenti fondamentali nel disegno del progetto di urbanizzazione. Nonostante il declassamento dell’autostrada è previsto che il fl usso di traffi co sul lungo Rodano rimanga elevato. Non sono state ritenute sostenibili, però, grandi opere stradali come l’interramento in tunnel sotterraneo del traffi co. Al contrario il progetto interviene in modo da implementare e facilitare i mezzi di trasporto alternativi all’auto. L’autostrada esistente verrà trasformata in un grande boulevard di superfi cie con incroci semaforici. La dimensione del Quai Perrache lungo il Rodano, con una larghezza di 48 m. permetterà la creazione di una passeggiata pedonale e ciclabile tra due allineamenti di alberi di grande fusto. Attraverso lo studio di una nuova sezione della banchina verrà anche realizzata una passeggiata a livello più basso che, lungo tutta la lunghezza del fromte sul Rodano, consentirà l’attracco dei traghetti.Il progetto unitario delle sponde del Rodano nella Presqu’Île avrà anche un ruolo fondamentale nel raccordare i fronti fl uviali del quartiere esistente di Sainte-Blandine con le nuove costruzioni previste nel progetto di sviluppo urbano. Il trattamento paesaggistico ed architettonico ha individuato nella ripetizione continua dei fronti fl uviali del quartiere esistente un principio di continuità da replicare nel settore sud della Presqu’Île.Il piano proposto da Desvigne per la trasformazione della Presqu’Île è all’antitesi di un piano di “zoning” in cui, per ogni spazio, vengono esattamente defi nite le funzioni. Al contrario, partendo dai due presupposti cardine della caratterizzazione

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verde e portuaria del nuovo quartiere, sono stabilite delle relazioni fi ni e mutevoli nel rapporto della città costruita con il fi ume. Il parco ramifi cato costituisce allo stesso tempo una passeggiata alla scala della città ed il supporto di una serie di attrezzature sportive e ricreative alla scala del quartiere e dell’isolato: piccoli giardini, campetti sportivi, parcheggi.Le fasi della trasformazione e la costituzione progressiva del parcoIl primo vero atto fondatore del progetto è costituita dalla realizzazione della nuova darsena sul lato della Saône.L’inizio della trasformazione lungo il Rodano sarà invece legata al declassamento dell’autostrada a boulevard urbano.La prima operazione nella creazione del parco sarà quella di creare un “paysage provisoire”9 in grado di valorizzare

fi gura 187Schema interpretativo del progetto Lyon Confl uence: le direzioni viarie esistenti, la trama viaria di progetto.

immediatamente il sito in corso di trasformazione.La liberazione dei terreni attualmente occupati dalle strutture portuarie, commerciali o industriali e la demolizione degli edifi ci dismessi avverrà necessariamente lungo un periodo di tempo considerevole e secondo un ordine diffi cilmente prevedibile. Per evitare ogni forma di “terrein vague”10 il progetto propone di trasformare le parcelle liberate dalle loro funzioni originali in spazi verdi. Alcune di essi rimarranno permanentemente giardini venendo a costituire progressivamente il parco; altre assumeranno solo provvisoriamente lo status di giardino prima di venire occupate dalle costruzioni del quartiere. In questo modo ed in tempi relativamente rapidi compariranno le prime installazioni verdi che prefi gurano la forma fi nale dello spazio urbano e del parco della Confl uence.

IL PROGETTO URBANOIl progetto urbano si sviluppa come un processo dinamico fondato sull’esistente e fi nalizzato alla riconversione delle infrastrutture industriali.Il piano presenta una prospettiva di insieme dell’area pensata nella lunga durata del processo di trasformazione ed è strutturato secondo tre progetti guida: una fase iniziale che precede la dismissione dell’autostrada sul lungo Rodano, una prefi gurazione a lungo termine (30 anni) e un quadro riassuntivo delle invarianti del progetto, (sostanzialmente la defi nizione dello spazio pubblico).

Il progetto a lungo termineIl piano a lunga scadenza (projet long terme) esprime le prospettive e gli obbiettivi generali del progetto una volta che siano state realizzate le grandi ristrutturazioni stradali e ferroviarie. Il progetto resta, comunque, aperto per poter eventualmente incorporare le domande e le nuove necessità che potranno insorgere con l’evoluzione urbana.Lo sviluppo dell’urbanizzazione viene pensato per riproporre la densità e l’altezza degli isolati del quartiere di Sainte-Blandine a nord della Presqu’Île. Un grande sistema di paesaggio connette gli elementi costruiti tra loro e li inserisce in un’entità geografi ca più vasta. L’interconnessione delle forme costruite e degli spazi aperti consente di aumentare considerevolmente il perimetro dell’edifi cato affacciato sugli spazi privilegiati del parco e dei bacini d’acqua. Alcune prefi gurazioni rimangono volutamente aperte alle diverse condizionanti e/o opportunità che si dovessero prefi gurare in futuro, come per esempio la realizzazione di un secondo ed un terzo bacino portuario.

Il progetto della prima faseIl piano della prima fase (projet prèmiere ètape) costituisce un vero e proprio progetto urbano a se stante, concepito per avviare il processo di trasformazione dell’area nella fase precedente alla dismissione dell’autostrada. Questa prima fase è pensata per essere realizzata in un arco di tempo di circa 10-15 anni e rappresenta circa un quarto della capacità edifi catoria complessiva del piano. Per favorire il primo reinserimento della Presqu’Île nel tessuto urbano vengono defi niti quattro settori di intervento: il polo Perrache-Verdun della stazione ferroviaria, le rive della Saône, il quartiere di Sainte-Blandine, l’ingresso a sud della Presqu’Île.Il progetto sulla stazione ferroviaria esistente prevede una parziale riconfi gurazione del polo scambiatore con il passaggio in sotterranea della nuova linea della metropolitana di superfi cie e lo spostamento della stazione dei treni. Al livello di suolo sarà così possibile ripristinare un

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passaggio pedonale pubblico di attraversamento tra il nuovo intervento urbano lungo Rue de Charlemagne e la Place Carnot a nord eliminando almeno in parte la barriera costituita dalla stazione ferroviaria. Intorno al nuovo ingresso sud saranno realizzate alcune piazze con parcheggi sotterranei. Lungo le rive della Saône sono stati già realizzati alcuni spazi verdi transitori che prefi gurano l’imminente riapertura del bordo sull’acqua alla fruizione pubblica con la defi nitiva dismissione delle strutture del porto Rambaud e delle attività di estrazione delle cave di sabbia. Il primo intervento strutturale sarà la creazione della darsena del nuovo porto turistico intorno a cui saranno realizzati gli elementi del parco della Saône e gli edifi ci del nuovo quartiere della Place nautique. Il parco sarà prolungato fi no alla punta estrema della

fi gura 188Schema interpretativo del progetto Lyon Confl uence: il sistema ambientale, il tessuto urbano esistente, il tessuto insediativo di progetto.

confl uenza dove nascerà il Musée des confl uences.In corrispondenza dell’esistente quartiere di Sainte-Blandine sono previsti interventi di riqualifi cazione fi nalizzati alla valorizzazione dello spazio urbano.

CostantiIl piano delle costanti (Constantes) ha lo scopo di garantire l’adattamento e la fl essibilità nel tempo del piano generale senza mettere in discussione la sua coerenza intrinseca e gli esiti formali attraverso la defi nizione di un insieme di regole strutturali. L’insieme delle costanti della pianifi cazione costituisce l’ossatura attorno a cui si svilupperà la realizzazione del progetto.Nelle indicazioni programmatiche del piano le costantes saranno oggetto di un processo partecipativo con gli abitanti del quartiere a cui verrà sottoposta l’approvazione dei contenuti del piano e serviranno come base all’elaborazione del piano urbanistico uffi ciale. I contenuti del Piano delle Costanti riguarda principalmente la conformazione dello spazio pubblico e le attrezzature collettive. Le regole fondamentali del piano sono: · l’estensione del parco sulla totalità delle rive della Saône senza un contorno preciso sul

lato della città; · la ripartizione delle funzioni del polo di interscambio intorno alla stazione e la ricostituzione

di un sistema di continuità urbana lungo il corso Verdun; · una nuova sezione per le banchine del lungo Rodano con un viale piantumato e un fronte

fl uviale costruito rettilineo; · il prolungamento del reticolo stradale esistente verso ovest e verso sud superando l’area

ferroviaria; · le interconnessioni del parco con il porto e con la nuova urbanizzazione; · la creazione di ponti e passerelle sul fi ume per creare dei collegamenti con i quartieri al

di là del Rodano e garantire la continuità delle passeggiate lungo il fi ume prolungandole verso il nuovo parco di Gerland;

· la defi nizione dell’ubicazione delle grandi attrezzature urbane. UN BILANCIO CRITICOIl piano guida per la confl uenza a Lione fonda le sue scelte di ordine formale e strategico su di alcuni principi chiari e ben riconoscibili. Da una parte il riconoscimento di un principio morfologico da seguire rinvenuto nella città esistente: la conformazione paesaggistica delle rive di Saône e Rodano, i tracciati, il tessuto e le dimensioni della città esistente, l’allineamento dei fronti sul lungo Rodano. Dall’altra la capacità di inserirsi nelle strategie generali a scala urbana, nella politica dei parchi, dei percorsi pedonali lungo fi ume, della rete dei trasporti. In questo senso si può dire che è riconoscibile nel progetto la volontà di legittimare le scelte formali e strategiche secondo principi oggettivi e condivisibili.Il piano guida per Lyon Confl uence è stato adottato recentemente e fi no ad oggi sono stati aperti solo alcuni cantieri minori relativi ad alcune sistemazioni della viabilità lungo Rue de Charlemagne e per il sottopassaggio della ferrovia. La realizzazione del “parc provisoire” nella primavera del 2003 lungo la Saône ha di fatto inaugurato i lavori che restituiranno le rive del fi ume alla fruizione pubblica e il processo di dismissione delle strutture portuarie e industriali che attualmente le occupano. In sostanza è ancora presto per fare un bilancio anche se già si può dire qualcosa sulla fase di implementazione del piano.Alla fi ne del 2005 sono stati messi a gara secondo la procedura dell’Appalto Concorso i

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lotti del primo stralcio del progetto (projet premiere ètape) corrispondente all’area circostante la nuova darsena. I lotti coincidenti con la forma degli isolati proposti da Desvigne e Grether sono stati assegnati ad una serie di imprese immobiliari associate a “grandi fi rme” dell’architettura contemporanea. I progetti risultati da tale procedura sono ovviamene rispondenti ad una logica estranea alle questioni poste dalla necessità reale di qualità di vita delle città e invece orientata su logiche di mercato urbano e di marketing. Il piano della prima fase, pensato per svilupparsi su di un arco di tempo di circa 15 anni, è già defi nito in termini edilizi nei minimi dettagli, almeno secondo le immagini accattivanti e retoriche realizzate dai grandi studi di architettura. La “strategia di adattamento”, prevista inizialmente per garantire un margine di fl essibilità ed il radicamento del progetto nei tempi lunghi della sua implementazione, si è smorzata nello scontro con le leggi del mercato urbano e con le sue esigenze di marketing. L’idea inserire programmaticamente l’imprevedibilità nel progetto possiede una sua logica quando le forze economiche sono di modeste dimensioni e frammentate (per esempio tutta la città medievale e costruita sulla base di questo principio) e assume un signifi cato completamente diverso in un’economia di mercato dominato da grandi gruppi immobiliari. Così l’impatto con il mercato delle città in Lione sta ridimensionando gli assunti più innovativi del progetto che in questo caso non riguardano tanto lo spazio pubblico quanto le scelte legate alla costruzione degli spazi privati: con quale architettura, con quali materiali, con quali costi in termini ambientali e soprattutto con quali profi tti verranno realizzati. Occorre infi ne domandarsi se nel contesto di Lione, a fi anco di questa grande operazione immobiliare, non siano proprio le strategie più modeste in termini di quantità e risorse ad assumere maggior rilevanza ed una portata decisiva sul lungo termine. In questo si può trovare il lato positivo dell’operazione Confl uence. Infatti non si può non considerare la politica generale portata avanti dal comune di Lione in ambito ambientale (Plan Bleu) e sulla questione relativa alla riqualifi cazione dello spazio pubblico. Il progetto per la Confl uenza fa parte di una strategia ben più ampia che è rivolta capillarmente alla scala metropolitana ben oltre gli interessi particolari per la rivitalizzazione di un singolo settore della città. In quest’ottica anche il singolo progetto urbano, seppure riassorbito da logiche puramente speculative, acquisisce una sua coerenza ed importanza. Specialmente se si prende in considerazione la questione

fi gure 189 Viste di progetto degli spazi pubblici verdi tra l’edifi cato.

fi gura 190 Viste della nuova piazza adiacente alla stazione.

fi gura 191 Sezione di progetto di Rue de Charlemagne.

fi gura 192 Sezione di progetto del lungo Rodano.

fi gura 193Il tracciato della nuova linea della metropolitanan di superfi cie su rue de Charlemagne.

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dello spazio pubblico si deve riconoscere la qualità a lungo termine di questo piano. Nuno Portas11 sostiene che la vera permanenza della città nel tempo sia costituita, non tanto dalla consistenza materiale degli edifi ci quanto dalla morfologia dello spazio vuoto, pubblico e quindi fruibile da tutti. La conformazione dello spazio aperto è il fattore che determina la qualità ed il successo nel tempo di un piano, in questo caso la garanzia di un suo perdurare nel tempo.Il punto meno convincente del progetto della Confl uence rimane, forse, quello relativo agli aspetti della partecipazione degli abitanti nelle decisioni riguardanti il quartiere di popolare di Sainte-Blandine e i suoi 7000 abitanti. La grande pubblicizzazione e trasparenza dell’intero iter progettuale si è confi gurata piuttosto come una grande operazione di vendita immobiliare che come un processo di condivisione delle scelte urbane.Ma anche in questo caso è necessario evidenziare l’aspetto “buono” in considerazione delle condizioni attuali del quartiere che acquisirà comunque signifi cativi benefi ci e miglioramenti dall’implementazione del piano.

NOTE1 MOIROUX FRANÇOIS (2002), De mémoire de presq’île… Perrache XVIII - XX, Lyon Confl uence, Lione, p. 52 Ivi p. 143 Di fatto il progetto di Desvigne introduce un inversione nell’ordine logico della progettazione della città. È emblematico, in questo senso, l’ordine in cui sono stati sviluppati i diversi studi preliminari e di fattibilità per la trasformazione del quartiere della Confl uence. La prima cosa che viene defi nita dal progetto è una passeggiata, poi il parco ed è solo inseguito che si arriva alla defi nizione del progetto urbano complessivo. Il progetto nasce dal progetto dello spazio aperto verde, dalle circostanze ambientali presenti, dal vuoto e dalla relazione con le parti di città circostanti. Le decisioni prese su questi presupposti defi niscono e guidano tutte le altre scelte di ordine compositivo.4 DESVIGNE MICHEL (2001), «La fabrication pragmatique du territoire», in: MASBOUNGI ARIELLA (a cura di), Penser la ville par le paysage, Ed. La Villette, Paris, p. 53.5 DESVIGNE MICHEL (2003), “Eliminare ogni forma di “terrein vague”, in: Giornale di Architettura 10/2003, p. 20.6 ibidem7 Il Plan Bleu è il piano metropolitano per la gestione delle risorse idriche cittadine recentemente adottato dall’amministrazione pubblica di Lione.8 Una resa paesistica del materiale vegetale è stata ottenuta rapidamente attraverso la tecnica delle “piastre-giardino” (plaques-jardin). Una gabbia metallica a sezione triangolare che contiene terreno vegetale preseminato funge da supporto alle piante. Attraverso le maglie della griglia fi ori di campo e piante graminacee fi niscono per mascherare completamente la terra armata. Le piastre sono appoggiate al suolo per consentirne il veloce posizionamento e per poi poterle spostare e riposizionare in altri luoghi via via che si procederà con la costruzione del progetto.9 Il concetto di “Paesaggio provvisorio” è defi nito in: DESVIGNE MICHEL (2003), “Eliminare ogni forma di “terrein vague”, Giornale di Architettura 10/2003, p. 20.10 ibidem11 Da un’intervista a Nuno Portas realizzata dall’autrice il 14 marzo 2005 a Firenze.

fi gure 194 Vista prospettica del progetto per la Confl uence:in rosa gli isolati della nuova espansionein marrone gli edifi ci esistenti.

fi gura 197 Il progetto della nuova darsena.

fi gura 196 Pianta della nuova darsena di progetto.

fi gura 195 Vista propettica sulla nuova darsena di progetto, prima fase dell’intervento.

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III.4 LIMITI E SVILUPPI DELLA RICERCA

Niente di nuovo L’obbiettivo iniziale della ricerca riguardava la verifi ca dei possibili apporti innovativi delle discipline del paesaggio alla progettazione urbanistica in termini teorici, metodologici e operativi. Ma, come sostiene Corboz, il processo della ricerca non coincide mai con i risultati e spesso si trovano cose che non si cercano.1

La sorpresa, nell’arrivare alla fi ne di questo lavoro di ricerca e nel ripercorrerne le fasi, è stata di non avere trovato, in defi nitiva, nulla di nuovo.Gran parte degli assunti teorici ed operativi derivati dalla lettura dei progetti sono riconducibili ad aspetti già conosciuti della città e del paesaggio esistenti, alla pratica della progettazione urbanistica corrente e perfi no alla tradizione storica di costruzione della città.Questo non esclude, però, che nei progetti non risieda la capacità di avanzare un poco oltre per dare un contributo nuovo alla pratica del progetto urbano. L’innovazione dei progetti analizzati si riscontra, piuttosto, nella loro capacità mettere in relazione reciproca i principi teorici ed operativi nell’ambito delle sperimentazioni progettuali. Ricorrendo ad una metafora, se di “questioni di cucina” si tratta, non sono gli ingredienti in sé a costruire il sapore di una pietanza quanto la loro miscela, l’ordine di inserimento, il modo in cui vengono preparati in relazione al recipiente e al tipo di cottura. La novità consiste, quindi, nella capacità di recuperare e rielaborare in maniera specifi ca e pertinente alcuni assunti e dispositivi progettuali già sperimentati: l’analisi dei luoghi, il progetto per inserzioni puntuali, il salto di scala, lo spazio pubblico come connettivo, l’uso dei materiali vegetali, …. L’effi cacia del progetto risiede proprio nel riproporre strumentazioni già sperimentate e conosciute che, combinate tra loro in una strategia complessa e relazionale2, si adattano di volta in volta al contesto specifi co del luogo.Nei progetti studiati non si riscontra nessuna grande novità, nessuna formula, nessun aspetto eclatante, nessuna nuova defi nizione o terminologia ma alcune scelte che trovano nell’uso dell’intelligenza e nella ricostituzione di un rapporto di intellegibilità con le cose il fondamento della pratica del progetto urbanistico.In quest’ottica un altro aspetto che deve essere messo in evidenza è l’attenzione di questi progetti per le questioni relative all’ordinarietà della città esistente piuttosto che per

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gli avvenimenti urbani eccezionali. Lo sguardo è riportato su questioni meno eclatanti ma più consistenti come il recupero dei grandi insediamenti suburbani, il discorso sul destino degli spazi di risulta tra reti infrastrutturali ed insediamenti, la riqualifi cazione e la fruizione dello spazio aperto.

Tuttavia vanno evidenziati alcuni aspetti critici di questa strategia che vede nel paesaggio un aspetto strutturale nel progetto di trasformazione e riqualifi cazione della città contemporanea.Il primo deriva dalla rifl essione che senza la sovrastruttura di una politica ambientale chiara e complessiva gran parte di questi discorsi sul disegno, la composizione, la forma, la fruibilità dello spazio perdono il loro signifi cato e la loro effi cacia.È infatti in Francia che si riscontrano i risultati migliori perché questo approccio é inserito in un contesto normativo, urbanistico e processuale sperimentato e consolidato negli anni. Il progetto urbano funziona effettivamente come uno strumento di conoscenza e riqualifi cazione della città che ha consolidato nel tempo una tradizione operativa effi cace. Quello che si sta facendo oggi in Francia rappresenta l’affi namento e la messa a punto di una serie di strumenti operativi del progetto urbanistico che in realtà già funziona bene. Non si può pensare, quindi, di poterli importare acriticamente nelle nostre città senza avviare, a monte, un discorso più generale su questioni relative a morfologia urbana e paesaggio, istanze sociali e di partecipazione, tematiche ambientali, mobilità.Un altro limite della ricerca può essere rinvenuto nel taglio prettamente progettuale e compositivo. Questo ha fatto si che gli obbiettivi si siano concentrati sull’approfondimento di quegli aspetti che riconoscono nella specifi cità dei luoghi il punto di appoggio del progetto e trovano nel lavoro sulla morfologia il campo disciplinare proprio per affrontare le problematiche della città. Lo stesso tema si presta, però, ad essere approfondito a partire da altri punti di vista possibili secondo alcune tematiche che sono state qui trattate solo marginalmente come aspetti secondari di argomenti correlati. Si possono individuare almeno due campi di approfondimento ulteriore. Il primo riguarda tutte le questioni legate alla partecipazione e al ruolo attivo dei cittadini nei processi di modifi cazione urbana ed in cui la defi nizione di città e di paesaggio assuma principalmente un’accezione culturale secondo la defi nizione della Convenzione Europea del paesaggio3. Il secondo costituisce il naturale sbocco della ricerca in un approfondimento da svolgersi nel campo delle tecniche urbanistiche (strutture, dimensioni, distanze, regole, materiali, …) relativo ai progetti studiati.

Un’applicazione ai territori della dispersione insediativaIn sintesi e rimanendo in un ambito prettamente disciplinare vale la pena di valutare una possibile applicazione delle strategie e dei principi rinvenuti dalla ricerca ai territori della dispersione insediativa. 4

La straordinaria dilatazione dello spazio aperto della città ha determinato una situazione in cui prevale nettamente la quantità dello spazio aperto su quella del costruito. Il frammento, la discontinuità, la sovrapposizione sono stati da molti ritenuti i connotati peculiari del territorio suburbano. La parcellizzazione degli habitat umani, animali e vegetali, delle unità ecosistemiche, delle unità spaziali omogenee ha determinato una situazione di alterazione strutturale e di disarticolazione spaziale da cui risulta una progressiva e generale perdita di biodiversità.5

L’eterogeneità dei paesaggi suburbani non impedisce, però, di poter tentare la ricostruzione di un orizzonte di senso comprensibile e di una forma unitaria. Là dove le altre discipline non vedono che caos, giustapposizione di oggetti e omogeneizzazione, il progetto di paesaggio può orientare un nuovo cammino progettuale6 specialmente se, come nei casi sperimentali trattati, esso è in grado di allearsi con metodi e strategie del progetto urbanistico.Il disegno degli spazi aperti assume in questo ambito un ruolo fondamentale e paragonabile a quello della rete stradale nella città moderna,7 cioè quello di dare forma alla città attenuandone la frammentarietà e di porsi come connettivo fra i diversi frammenti che la costituiscono in termini di posizione, dimensione, funzioni e ruoli. In questo senso è indispensabile tornare a rifl ettere in modo sperimentale sui caratteri dello spazio aperto, sul suo ruolo di mediazione e sulla sua capacità di infl uire sulla forma della città contemporanea.8 Si tratta, quindi, di avviare un’esplorazione che a partire dall’analisi di casi concreti sperimenti una nuova modalità progettuale rivolta alla complessità spaziale dei territori suburbani e che contempli la possibilità di colmare la distanza tra pratica artistica e tecnica ecologica.9

Gli “ingredienti” di questa possibile sperimentazione sono di due ordini: quelli relativi alla necessità di un approfondimento conoscitivo del territorio e quelli pertinenti ad una pratica del progetto.Per valutare la sedimentazione e lo spessore del territorio urbano ed il suo grado di specifi cità, esistono vari strumenti che derivano da una prassi ormai consolidata e che costituiscono una importante fase preliminare del progetto. Tra quelli che la ricerca ha più o meno direttamente trattato si possono citare la Land Suitability Analysis (McHarg, Forman)10; le simulazioni di sviluppo (McHarg) e la costruzione di scenari (Secchi); la Overlay Mapping technique (Forman in ambito ecologico, Leveillè in ambito storico e topografi co); il sopralluogo come strumento per la conoscenza dei luoghi attraverso il contatto diretto (Smithson, Isola); la rielaborazione inventiva di tutti i dati dell’analisi (Corajoud).Su di un piano più prettamente progettuale si possono elencare sinteticamente alcune strategie che sono state individuate nei casi di studio presi in considerazione dalla ricerca e che si prestano ad una possibile applicazione ai territori della dispersione insediativa: il recupero degli spazi di risulta e degli affi oramenti di usi antichi in nuove logiche, signifi cati e fruizioni con lo scopo di una strutturazione relazionale dello spazio; la salvaguardia dello spazio aperto che contempli l’implementazione di colate verdi e di reti ecologiche fruibili dai cittadini come connessioni alternative ai sistemi di trasporto tradizionali; la defi nizione di strategie di adattamento del progetto nel tempo; la defi nizione di una strategia progettuale per punti diffusi effi cace con il minimo delle risorse economiche e quindi sempre realizzabile; l’uso delle risorse ambientali esistenti (reti idrologica e fl uviale, aree agricole, masse vegetali) come palinsesto di una nuova rete di connessione verde e capillare; l’inserimento di nuove forme insediative, edifi ci, attrezzature di supporto ed integrazione del tessuto esistente prevedendo delle densifi cazioni e ricalcando la morfologia; la riqualifi cazione e riuso delle strutture esistenti piuttosto che una loro ricostruzione.

È necessario, in defi nitiva, avviare un’adeguata rifl essione sui materiali della città contemporanea e su tutto quello che non è stato ancora compreso, capito, studiato e che oggi siamo portati a liquidare come “informe”. Per abbandonare la superfi cialità che ci fa guardare la città diffusa come un nulla continuo è necessario cominciare ad applicare gli strumenti e le tecniche che ci consentono di “vedere” la sua reale essenza ed il suo spessore e “curare” la sua forma.

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Il discorso che deve essere portato avanti, perciò, non riguarda solo gli aspetti interpretativi quanto una pratica sperimentale che contempli la possibilità reale di una rivalorizzazione dello spazio attraverso azioni concrete oltre che mentali. L’attenzione all’ambiente naturale ed urbano e a tutte le sue forme sensibili implica di rinnovare l’attenzione verso tutte quelle tecniche di costruzione della città e del territorio che possono essere utilizzate in modo consapevole per evitare di compromettere irrimediabilmente le risorse essenziali. In questo senso assume particolare rilevanza il discorso sullo spazio pubblico e sulla fruibilità del territorio in un momento in cui la tendenza è quella di una generale privatizzazione dello spazio urbano. Questa rifl essione sotto intende un discorso più generale cioè quello della rivendicazione del diritto per tutti all’accesso alle risorse naturali fondamentali (aria, acqua, terra) oltre che allo spazio aperto.

NOTE

1 Corboz paragona la ricerca ad una scatola chiusa in cui: “le istruzioni per l’apertura della scatola si trovano dentro di essa”. CORBOZ ANDRÉ (1996), “I rifl essi del ricercatore e l’oggetto della ricerca”, Parametro 216, p. 58. 2 Si potrebbe forse parlare di un’”ecologia delle idee di tipo relazionale”. Cfr. PIZZIOLO GIORGIO (2003), Dai margini del caos l’ecologia del progettare, Alinea, Firenze, p. 470.3 L’articolo 1.a della Convenzione Europea del paesaggio ratifi cata a Firenze il 20 ottobre 2000, recita “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.”4 Per la defi nizione della città della dispersione insediativa cfr. CORBOZ ANDRÉ (2000), “La Suisse comme hiperville”, Le Visiteur 6 – ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes, Paris, p.125.5 PAOLINELLI GABRIELE (2003), Frammentazione del paesaggio periurbano: criteri progettuali per la riqualifi cazione della Piana di Firenze, Firenze University Press, Firenze, p.32.6 MAROT SEBASTIEN (1995), L’alternative du paysage, in: Le Visiteur 1 - ville, territoire, paysage, architecture, Société des Architectes Paris, p. 74.7 SECCHI BERNARDO (2002), Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari, p. 159.8 FRAMPTON KENNETH (1988), cit. p. 19889 CORNER JAMES [a cura di] (1999), “Recovering landscape as a critical cultural practice”, in: Recovering landscape: essays in contemporary landscape architecture, Princeton Architectural Press, New York, p.18.10 Per la defi nizione in dettaglio di questi termini derivati dall’Ecological Planning si veda: FORMAN RICHARD T. T. (1995), Land mosaics: the ecology of landscapes and regions, Cambridge University Press, Cambridge.

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Parte IVI materiali della ricerca

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Eli
Rectangle
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IV.1 BIBLIOGRAFIA

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Paysage, L’architecture d’aujourd’hui, n.262, 1989

Quels paysages, L’architecture d’aujourd’hui, n.317, 1998

Le Corbusier, Casabella 531-532 1987

Il disegno del paesaggio italiano, Casabella 575/576-1991

Il disegno dello spazio aperto, Casabella 597/598-1993

Art and landscape, Topos 14-1996

Landscape on the urban fringes, Topos 17-1996

Archiitektur und landschaf - New Housing landscapes, Topos 30-2000

Urban planning, Topos 34-2001

I nuovi paesaggi, Lotus Navigator 2- 2001

Le projet territorial et le paysage, Faces Journal D’architecture, 50 2001-2002, IAUG Geneve

10 years of topos, Topos 40-2002

Urban concepts, Topos 38-2002

Fare l’ambiente, Lotus Navigator 5-2002

Velocità controllate, Lotus Navigator 8-2002

Mutazioni del paesaggio, Parametro 245-2003

Landscape concepts, Topos 47-2004

Il paesaggio italiano - patrimonio identità gestione, Bollettino della Società Geografi ca Italiana, n.2/1999

Parametro, n. 23, 1974

Bollettino del Dipartimento di Urbanistica e Pianifi cazione del territorio, n. 2/96

IV.2 FONTI ICONOGRAFICHE

IntroduzioneFigura 110 years of topos, Topos 40-2002

Parte I Figure 5/7/8/10-15/21/22//25/38/63/65-69BELFIORE MANUELA (2005), Il verde e la città. Idee e progetti dal Settecento ad oggi, Gangemi, Roma

Figure 6/26/34/35/37/41GABELLINI PATRIZIA (2004), Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma

Figure 9/16/24/39/40/51BENEVOLO LEONARDO (1993), Storia della città - La città contemporanea, Laterza, Bari (Ed. originale 1975)

Figure 17/18GIORDANI PIER LUIGI (1972), L’idea della città giardino, Calderini, Bologna

Figure19/20/58/59Il disegno dello spazio aperto, Casabella 597/598-1993

Figura 23Le Corbusier, Casabella 531-532 1987

Figure 29/33/43/44/45/46LEVEILLE ALAIN [a cura di] (2003), 1896-2001 Projets d’urbanisme pour Genéve, Georg Editeur, Genève

Figure 36/53/54/55CURTIS WILLIAM J.R. (1996), Modern architecture since 1900, Phaidon, London

Figure 41/42/47-50DEUNK GERRITJAN (2002) , 20th century garden and landscape architecture in Netherland,,Rotterdam

Figura 42LUND ANNEMARIE (1997), Guide to Danish landscape architecture 1000 - 1996, Arkitektens Forlag, Copenhagen

Figura 46Il disegno del paesaggio italiano, Casabella 575/576-1991

Figure 60/61 http://corajoudmichel.nerim.net/

Figura 62Urban planning, Topos 34-2001

Figura 68ALCOZER FEDERICA [a cura di] (2004), +Città, Catalogo della mostra, Urbanregeneration, Genova

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Parte IIFigura 70Il disegno dello spazio aperto, Casabella 597/598-1993

Figura 71LYNCH KEVIN (1984), “The sensed landscape and its materials”, Site Planning Third Edition, The MIT Press, Cambridge

Figura 72MCHARG I.L. (1989), Progettare con la natura, Franco Muzzio, Padova, (Ed. originale Design with nature, 1969)

Figura 73MAROT SEBASTIEN (2003), Sub-urbanism and the art of Memory, Architectural Association, London

Figura 74KASTNER JEFFREY AND WALLIS BRIAN [a cura di] (1998), Land and environmental art, Phaidon, London

Figura 76BERQUE AUGUSTIN [e altri] (1999), La mouvance: du jardin au territoire: cinquante mots pour le paysage, Ed. de la Villette, Paris

Figura 77MASBOUNGI ARIELLA [a cura di] (2003), Grand Prix de l’urbanisme: Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Direction Générale de l’Urbanisme, Paris Figura 78LEVEILLE ALAIN, CASSANI YVES, MAYOR MARIE-PAULE (1993), Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles, Georg Editeur, Genève

Figure 79/80Le projet territorial et le paysage, Faces Journal D’architecture, 50 2001-2002, IAUG Geneve

Parte IIIFigura 81MASBOUNGI ARIELLA [a cura di] (2002), Penser la ville par le paysage, Ed. de la Villette, Paris

Figura 82Il disegno dello spazio aperto, Casabella 597/598-1993

Figura 84Urban concepts, Topos 38-2002

Figura 85Velocità controllate, Lotus Navigator 8-2002

Figure 86/87/116/117/118MASBOUNGI ARIELLA [a cura di] (2003), Grand Prix de l’urbanisme: Michel Corajoud et cinq grandes fi gures de l’urbanisme, Direction Générale de l’Urbanisme, Paris

Figure 88/8910 years of topos, Topos 40-2002

Figura 90BELFIORE MANUELA (2005), Il verde e la città. Idee e progetti dal Settecento ad oggi, Gangemi, Roma

Figura 91/142-148MASBOUNGI ARIELLA [a cura di] (2003), Nantes. La Loire dessin le projet, Ed. de la Villette, Paris

Figure 92/93/94/95/96/132-140Fare l’ambiente, Lotus Navigator 5-2002

Figura 97/98/99/100/101/102/103http://www.latzundpartner.de

Figure 104/106/107/108PERRIN CARMEN (2004), Contextes, Infolio ed., Genere

Figura 105DESCOMBES GEORGES (1988), Il territorio transitivo (Shifting Sites), Gangemi, Roma

Figure 110/111Urban planning, Topos 34-2001

Figure 119/124/125Detail 4 2003

Figure 126/127/128/129/130/131AA.VV. (1995), Ørestaden: the masterplan, Ørestadsselskabet, Ørestad

Figura 141/175www.google-maps.com

Figure 149/150/151LEVEILLE ALAIN [a cura di] (2003), 1896-2001 Projets d’urbanisme pour Genéve, Georg Editeur, Genève

Figure 152/153LEVEILLE ALAIN, CASSANI YVES, MAYOR MARIE-PAULE (1993), Atlas du territoire genevois - Permanences et modifi cations cadastrales aux xixe et xxe siecles, Georg Editeur, Genève

Figure 154-157COGATO LANZA ELENA (2005),”Le territoire inversé” in: VERSTEEGH PIETER (2005), Méandres. Penser la paysage urbain, PPUR,Lausanne, pp. 119-139

Figure 159-161http://corajoudmichel.nerim.net/

Figure 167/168http://www.urbanisme.equipement.gouv.fr/index.html

Figura 169/176/181-185/189AA.VV. (2000-2001), L’atelier du projet, Saeml Lyon Confl uence, Lyon

Figure 170-174MOIROUX FRANÇOIS (2002), De mémoire de presq’île… Perrache XVIII - XX, Lyon

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Confl uence, Lione

Figura 179Il giornale dell’architettura 10/2003, pp.20-21

Figura 180Plan Bleu, Departement Developpement Urbain Service Espace Publique - Agence D’urbanisme – Lyon

Dove non altrimenti specifi cato le foto o i grafi ci sono dell’autrice.

IV.3 SITI WEB CONSULTATI

Michel Corajoud Paysagiste http://corajoudmichel.nerim.net

Faces, journal d’architectures http://www.unige.ch/ia/faces/

Lyon-Confl uence http://www.lyon-confl uence.fr/index.php

Ministero dell’urbanistica, Francia http://www.urbanisme.equipement.gouv. fr/index.html Le Visiteur - ville, territoire, paysage, architecture http://www.sfarchi.org/publications/ visiteur

Facoltà di Architettura di Ginevra http://www.unige.ch/

Città di Montpellier http://www.ville-montpellier.fr/vmtm/

Città di Nantes http://www.projets-urbains.nantes.fr/

Peter Latz Landscape architect http://www.latzundpartner.de

Comune di Roma http://www.urbanistica.comune.roma.it/ d ipart imentoVI/piani f icazione/pianoregolatore/ prg/index.html The European Journal of Planning ww.planum.net

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