fisica antropologia corso di
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Prof. Francesca Bertoldi
CORSO DI ANTROPOLOGIA
FISICA
Holbein, Danza macabra.
Avvertire la perdita nella morte di coloro che non abbiamo mai visto implica una vitale affinità tra la nostra anima e la loro.
(Emily Dickinson)
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1. Lo scheletro…
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Anatomia topografica dello scheletro umano.
Direzione delle ossa dello scheletro nello spazio: 1, craniale o superiore o prossimale; 2, distale o inferiore o caudale; 3, frontale o anteriore o ventrale; 4, posteriore o caudale; 5, laterale; 6, mediale; 7, ulnare; 8, radiale; 9, tibiale; 10, fibulare o peroneale. Se riferito alla mano: 11, volare; 12, dorsale.
A piano frontale; B piano trasversale A piano sagittale
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I distretti dello scheletro. Lo scheletro si divide in più distretti che comprendono ciascuno diverse ossa.
Distretto cranico calvario* e mandibola.
Distretto del tronco colonna vertebrale, coste e sterno.
Distretto delle estremità superiori o toraciche cinto scapolare e arti superiori.
Distretto delle estremità inferiori o addominali cinto pelvico e arti inferiori.
*Per convenzione un cranio si dice calvario quando è privo di mandibola, calva quando è privo anche di faccia, calotta quando è mancante anche della base e con i temporali incompleti.
Ossa pari e impari.
Le ossa impari sono sul piano sagittale mediano, le pari sui due lati.
Lato sinistro Piano sagittale mediano Lato destro Cranio 8 6 8 Colonna vertebrale 24 Osso ioide 1 Ossicini dell’udito 3 3 Sacro 1 Coccige 1 Coste 12 12 Sterno 1 Arto superiore 32 32 Arto inferiore 31 31 86 34 86 Totale : 206
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Struttura dell’osso.
Lamelle circonferenziali esterne Lacune contenenti osteociti Lamelle circonferenziali interna Canali di Volkmann Vaso sanguigno con rivestimento endostale del canale haversiano Midollo Vasi sanguigni nel midollo
Centri di ossificazione. Undicesima settimana di vita del feto: 806 nuclei di ossificazione. Alla nascita: 450 nuclei di ossificazione (tutte le diafisi delle ossa lunghe sono già ossificate). Individuo adulto: 206 ossa. Nell’osso lungo ci sono 3 centri di ossificazione: 1 primario della diafisi e 2 secondari delle epifisi.
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2. I denti…
Anatomia topografica del dente.
L’arcata dentaria:
Il dente:
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Struttura del dente.
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Suddivisione dei denti.
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Indice di conservazione dei denti: Numero di denti presenti divisi per tipo x 100 ____________________________________________________________________ Numero di denti normalmente esistenti (per tipo) x numero dei soggetti
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3. Misure e indici…
Gli strumenti per le misurazioni.
Brothwell (1981).
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Punti craniometrici.
Il cranio, come del resto tutto lo scheletro post-craniale, presenta la simmetria bilaterale esterna; per questo possiamo dividere i punti repere come le ossa in impari e pari a seconda che siano sul piano sagittale mediano o ne siano posti ai lati (punti omologhi). Si consiglia di segnare a matita con una crocetta i punti da repere direttamente sulle ossa. Norma anteriore:
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Norma laterale sinistra:
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Norma inferiore:
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NEUROCRANIO
Punti impari Glabella (g): punto più sporgente tra le due arcate sopraorbitarie. Di solito è più facilmente individuabile nel sesso maschile data la protrusione più pronunciata dell’arcata sopraorbitaria rispetto al sesso femminile. Ofrion (of): punto al di sopra dei rilievi sopraorbitari là dove in genere (soprattutto nel sesso maschile) si nota una leggera depressione. Metopion (m): punto di mezzo fra glabella e bregma. Bregma (b): punto di incontro tra la sutura sagittale (interparietale) e quella coronale (fronto- parietale). Vertex (v): punto più alto della volta (vista in norma laterale) quando il cranio è posto sul Piano di Francoforte (piano orbito-auricolare). Obelion (ob): punto della sutura sagittale posto tra i due fori obelici. Lambda (l): punto di incontro tra sutura sagittale e sutura lambdoidea. Opistocranion (op): punto più distante dalla gabella. Inion (i): punto mediano posto linee nucali in corrispondenza della protuberanza occipitale esterna. Opistion (o): punto mediano sul bordo posteriore del foramen magnum. Basion (ba): punto mediano posto sul bordo anteriore del foramen magnum.
Punti pari
Frontotemporale (ft): punto dove la cresta laterale (linea temporalis) del frontale si avvicina maggiormente all’omologo. Stefanion (st): punto di incontro tra la cresta laterale del frontale (linea temporalis) e la sutura coronale. Coronale (co): punto dove la sutura coronale incontra la linea temporale inferiore (alcuni mm al di sotto dello stefanion). Pterion (pt): punto di mezzo della sutura parieto-sfenoidale. Sfenion (sfn): punto dove si incontrano la sutura coronale e sfeno-parietale. Eurion (eu): punto di massima larghezza del cranio. Di solito si trova sui parietali, alcuni mm al di sopra della sutura squamosa.
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Asterion (ast): punto in cui confluiscono le suture occipito-mastoidea, lambdoidea e parieto-mastoidea.
Mastoidale (ms): punto situato sulla punta del processo mastoideo. Auricolare (au): punto più sporgente della radice posteriore dell’arcata zigomatica del temporale,
posto immediatamente al di sopra del meato acustico esterno. Porion (po): punto situato sulla volta del meato acustico esterno nella porzione più esterna.
(Figura: Sezione sagittale del cranio umano, da Whitehead P., Sacco W., Hochgraf S., 2005, A Photographic Atlas for Physical Anthropology, Norton Publ. Co., Colorado).
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SPLANCNOCRANIO
Punti impari Nasion (n): punto di incontro del piano sagittale mediano con la sutura naso-frontale. Rinion (ri): punto più sporgente della sutura internasale. Nasospinale (ns): punto mediano dove convergono i margini inferiori destro e sinistro
dell’apertura nasale (o piriforme). Prostion (pr): punto più sporgente del processo alveolare superiore (alcuni mm al di sopra
dell’infradentale superiore, con cui non deve essere confuso). Infradentale superiore (ids) o Alveolare: punto situato sulla punta del setto tra i due incisivi centrali superiori. Infradentale inferiore (idi): punto situato sulla punta del setto tra i due incisivi centrali inferiori. Pogonion (pg): punto più sporgente anteriore del mento. Gnation (gn): punto più basso della sinfisi mentoniera. Orale (ol): punto anteriore del foro del condotto palatino anteriore. Alveolon (alv): punto di incontro del piano sagittale mediano con la retta congiungente i margini posteriori dei processi alveolari. Stafilion (sta): punto di incontro tra il piano sagittale mediano (sutura palatina mediana) e la
tangente ai punti più anteriori del margine posteriore della lamina palatina.
Punti pari
Maxillofrontale (mf): punto di incontro tra margine orbitale superiore e la sutura massillofrontale. Dacrion (da): punto di incontro tra le ossa mascellare superiore, lacrimale e frontale. Frontomalareorbitario (fmo): punto mediale della sutura fronto-zigomatica sul margine orbitale superiore. Frontomalaretemporale (fmt): punto laterale della sutura fronto-zigomatica. Ectoconchion (ec): punto più distante dal massillofrontale, posto sul margine laterale dell’orbita. Orbitale (or): punto più basso del contorno orbitale (insieme al porion individua il Piano di Francoforte). Alare (al): punto di maggiore concavità sul margine laterale dell’apertura piriforme (o nasale).
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Ectomalare (acm): punto sul processo alveolare esterno al di sopra del secondo molare. Zighion (zi): punto più sporgente dell’arcata zigomatica sulla sua faccia esterna. Endomalare (enm): punto sul processo alveolare interno al di sopra del secondo molare. Mentoniero (ml) o Mentale: punto sul bordo anteriore del foro mentoniero. Gonion (go): punto più esterno dell’angolo della mandibola (anche se Schultz prevede il tubercolo più sporgente che non è necessariamente posto sull’angolo vero e proprio, bensì leggermente anteriore.
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Misure.
Misure del distretto craniale
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1. Lunghezza massima del cranio: distanza rettilinea tra la glabella e l’opistocranio. La
misurazione viene effettuata con il compasso a branche dritte tenendo fissa un’oliva del
compasso sulla glabella e cercando con l’altra oliva il punto più lontano da essa che deve
sempre essere posto sul piano mediano-sagittale nella parte posteriore del cranio. 2. Lunghezza glabella-inion: distanza rettilinea dalla glabella all’inion. Si misura con il compasso
a branche curve con la stessa tecnica illustrata al punto 1. 5. Lunghezza basilare del cranio: distanza rettilinea dal nasion al basion. La misurazione viene
effettuata con il compasso a branche curve ed è consigliabile mettere il cranio con la volta sul piano d’appoggio: l’oliva del compasso deve toccare il margine anteriore del forame
magno. 7. Lunghezza del forame magno: distanza rettilinea del basion dall’opistion. Si usa il compasso a
branche dritte le cui branche devono trovarsi sui bordi del forame così da vedere tutto lo spazio compreso tra i medesimi.
8. Massima larghezza del cranio: massima larghezza perpendicolare al piano sagittale mediano
che di solito si trova sui parietali vicino alla sutura squamosa. Viene misurata con il compasso a branche curve le cui olive devono scivolare simmetricamente sulle due ossa fino a trovare la massima larghezza (da eurion a eurion).
9. Larghezza frontale minima: distanza rettilinea di ambedue i fronto-temporali l’uno dall’altro. I
punti si trovano situati nella porzione più stretta della linea temporale superiore e la misurazione viene effettuata con il compasso a branche dritte.
10. Larghezza massima della fronte: distanza rettilinea tra i due coronalia. Di solito i coronalia si
trovano sulla sutura coronale alcuni mm al di sotto della linea temporale superiore e per misurare la loro distanza si usa il compasso a branche dritte.
11. Larghezza biauricolare: distanza rettilinea tra i due auricolari. L’auricolare si trova al di sopra
del meato acustico, sul margine del processo zigomatico del temporale. La larghezza viene misurata con il compasso a branche curve.
12. Diametro biasterico: distanza rettilinea tra i due asterion. Viene misurata con il compasso a
branche dritte. 13. Larghezza bimastoidea: distanza rettilinea fra i due processi mastoidei. Viene misurata col
compasso a branche dritte, le punte del compasso devono toccare l’apice dei suddetti
processi tenendo il cranio con la volta sul piano d’appoggio. 16. Larghezza del forame magno: distanza rettilinea tra i margini laterali del forame magno nel
punto in cui sono più distanti tra loro. Viene misurata col compasso a branche dritte e deve essere perpendicolare al diametro della misura al punto 7.
17. Altezza basion-bregma: distanza rettilinea fra il basion e il bregma. Per la misurazione si usa
il compasso a branche curve ponendo il cranio in norma laterale sul piano di appoggio. 18. Altezza totale del cranio: distanza rettilinea fra il basion e il punto più alto del cranio sul piano
mediano-sagittale. Viene misurata col compasso a branche curve ponendo il cranio sul piano di Francoforte.
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20. Altezza auricolo-bregmatica: distanza proiettiva tra il porion e il bregma. Viene usato il compasso a branche curve secondo la tecnica riportata al numero 21.
21. Altezza porion-vertex: altezza fra la metà della linea congiungente i due porion ed il vertex. Si
usa il compasso a branche curve per le misurazioni e il teorema di Pitagora per calcolare l’altezza.
22a. Altezza della calotta: misurata sulla linea glabello-inion. Dopo aver orientato il cranio sul
piano suddetto, si disegna la curva sagittale mediana e si misura il punto più alto che questa linea raggiunge alla verticale.
23. Circonferenza orizzontale sulla glabella: si circonda il cranio con il metro a nastro facendolo
passare sulla glabella e l’opistocranio e cercando di farlo aderire alle superfici. 24. Curva trasversale: si mette l’estremità del metro a nastro sul porion di un lato passando sopra il
bregma si va a toccare il porion dell’altro lato. 25. Curva mediana sagittale: si mette l’estremità del metro a nastro al nasion e facendolo aderire al
cranio sagittalmente si arriva fino all’opistion. 26. Arco frontale mediano sagittale: dal nasion al bregma con la tecnica del numero 25. 27. Arco parietale mediano sagittale: dal bregma al lambda con la tecnica del numero 25. 28. Arco occipitale mediano sagittale: dal lambda all’opistion con la tecnica del numero 25. 29. Corda frontale mediana sagittale: distanza rettilinea del nasion dal bregma, misurata ponendo
su ciascun punto una punta del compasso a branche dritte. 30. Corda parietale mediana sagittale: distanza rettilinea del bregma dal lambda, misurata col
compasso a branche dritte secondo la tecnica illustrata al numero 29. 31. Corda occipitale mediana sagittale: distanza rettilinea del lambda dall’opistion, misurata col
compasso a branche dritte secondo la tecnica scritta al numero 29.
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(Immagini da 6.1 a 6.15: Whitehead P., Sacco W., Hochgraf S., 2005, A Photographic Atlas for Physical Anthropology, Norton Publ. Co., Colorado).
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Angoli Per misurare gli angoli si pone sempre il cranio sul piano di Francoforte usando il compasso a branche dritte e curve con il goniometro a pendolo.
(Figura: angoli della scatola cranica e della mandibola in norma laterale destra Whitehead P., Sacco W., Hochgraf S., 2005, A Photographic Atlas for Physical Anthropology, Norton Publ. Co.,
Colorado).
32 (1a). Angolo nasion-bregma con orizzontale: si mette la punta del compasso a branche dritte
con goniometro a pendolo sul nasion e l’altra sul bregma, tenendo poi queste ferme,
possibilmente si dà un leggero colpetto al pendolo ripetendo più volte la manovra. Quindi si legge il valore sul goniometro.
34. Angolo di inclinazione del forame magno: una punta del compasso a branche dritte con
goniometro a pendolo deve toccare sul basion e l’altra sull’opistion (tecnica come per il
numero 32(1a)). Il valore può essere positivo o negativo a seconda se il basion è più basso dell’opistion o viceversa.
38. Capacità misurata. Tale misura può essere effettuata solo sul calvario integro. Si otturano con
cotone tutti i fori fisiologici (nelle cavità orbitarie e nei fori carotidei), quindi con un imbuto si riempie la cavità cranica di grani di miglio attraverso il forame magno. Si scuote spesso il calvario per evitare che restino spazi vuoti. Raggiunto il forame magno alla sua base si calcola il volume mettendo il miglio in un cilindro graduato.
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38d. Calcolo della capacità cranica. Formula interrazziale di Pearson: - al basion ♂ 524,6 + (0,000266 x 1 x 8 x 17) ♀ 812 + (0,000156 x 1 x 8 x 17) - al porion ♂ 539,34 + (0,000365 x 1 x 8 x 20) ♀ 296,4 + (0,000375 x 1 x 8 x 20) Formula di Lee-Pearson: media ♂ (0,000337 x 1 x 8 x 20) + 406, 01 media ♀ (0,000400 x 1 x 8 x 20) + 206,60 40. Lunghezza basion-prostion: distanza rettilinea del basion dal prostion misurata col compasso
a branche dritte. 43. Larghezza superiore della faccia: distanza rettilinea di ambedue i fronto-malari temporali l’uno
dall’altro misurata col compasso a branche dritte. 44. Larghezza biorbitale: distanza rettilinea di ambedue gli ectoconchion l’uno dall’altro misurata
col compasso a branche dritte. 44a. Larghezza biorbitale superiore: distanza rettilinea dei punti tra loro più distanti dei margini
orbitali interni, di solito 2-4 mm al di sotto della sutura zigomatico frontale. La misura viene effettuata col compasso a branche dritte.
44 (l). Curva naso-malare: dal medesimo punto della misura 44a si procede con il metro a nastro
passando al di sopra del punto più infossato del dorso nasale (qualche mm al di sotto del nasion) fino al punto corrispondente dell’altro lato.
45. Larghezza bizigomatica: distanza rettilinea fra i punti più sporgenti degli archi zigomatici
(zighion-zighion) che di solito si trovano al centro dell’arcata. Viene misurata con il
compasso a branche curve. 47. Altezza facciale totale: distanza rettilinea dal nasion allo gnation. Viene misurata usando il
compasso a branche curve. 48. Altezza superiore della faccia: distanza rettilinea dal nasion al prostion, misurata con il
compasso a branche dritte. 49a. Larghezza interorbitaria al dacrion: distanza rettilinea tra i due dacrion, misurata con il
compasso a branche dritte. 50. Distanza interorbitaria anteriore: distanza rettilinea fra ambedue i maxillo-frontali, misurata
con il compasso a branche dritte. Per trovare il maxillo-frontale si passa con un margine della mina della matita sopra il margine orbitario fino ad arrivare sopra le sutura omonima.
51. Larghezza orbitaria destra e sinistra: distanza rettilinea dal maxillo-frontale
all’ectoconchion, misurata col compasso a branche dritte.
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51a. Larghezza orbitaria destra e sinistra al dacrion: distanza rettilinea dal dacrion all’ectoconchion, misurata col compasso a branche dritte.
52. Altezza orbitaria destra e sinistra: distanza rettilinea dal punto più alto al punto più basso
del margine orbitario, misurata col compasso a branche dritte. La retta deve essere perpendicolare a quella del numero 51 (larghezza orbitaria).
54. Larghezza nasale: larghezza massima dell’apertura piriforme presa in proiezione, misurata
con il compasso a branche dritte. 55. Altezza nasale: distanza rettilinea dal nasion al naso-spinale, misurata con il compasso a
branche dritte. Si deve fare attenzione a prendere il naso-spinale alcuni mm subito sotto la spina nasale tenendo la punta del compasso in corrispondenza del pavimento dell’apertura piriforme.
60. Lunghezza dell’arcata alveolare: una branca del compasso a branche dritte deve toccare il
prostion mentre l’altra è posta su ambedue i margini posteriori dell’arcata alveolare. Se ciò
non è possibile (per la presenza di denti o per bracci troppo corti del compasso), si mette un po’ di plastilina su ambedue i margini posteriori dell’arcata per farvi aderire un ferro da
calza, quindi con le punte del compasso si prende la distanza proiettiva fra il prostion e la metà parte interna (rivolta al palato) del ferro da calza.
61. Larghezza dell’arcata alveolare: larghezza massima dell’arcata alveolare del mascellare
superiore misurata sul margine esterno all’altezza dei secondi molari usando il compasso a
branche dritte. 62. Lunghezza del palato: distanza proiettiva tra orale e stafilion, misurata con il compasso a
branche dritte. 63. Larghezza del palato: distanza rettilinea fra i margini interni dell’arcata alveolare all’altezza
dei secondi molari, misurata con il compasso a branche dritte. 64. Altezza del palato: appoggiando i bracci del palatometro sui margini alveolari interni
all’altezza dei due secondi molari, si spinge poi la lancetta in maniera da farle toccare la
sutura che si trova fra i due processi palatini del mascellare. 72. Angolo nasion-prostion con orizzontale: la misura viene effettuata con il compasso a branche
dritte con goniometro a pendolo. Il cranio deve essere posto sul piano di Francoforte. Le punte del compasso devono toccare e restare ferme sul nasion e sul prostion, con la mano libera si dà un colpo sul pendolo ripetendo la manovra più volte, quindi si sceglie il valore che si è presentato più volte.
iperprognati: X ° - 69° 59’ 59’’
prognati: 70° - 79° 59’ 59’’ mesognati: 80° - 84° 59’ 59’’ ortognati: 85° - 92° 59’ 59’’ iperortognati: 93° - X°
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73. Angolo nasion naso-spinale con orizzontale: seguendo la tecnica descritta al numero 72 con l’utilizzo del compasso a branche dritte con goniometro a pendolo, la punta che tocca il naso-spinale deve essere allo stesso punto di quella al numero 55.
iperprognati X° - 69° 59’ 59’’ prognati 70° - 79° 59’ 59’’ mesognati 80° - 84° 59’ 59’’ ortognati 85° - 92° 59’ 59’’
74. Angolo naso-spinale prostion con orizzontale: usando la tecnica descritta ai numeri 72 e 73 e il
compasso a branche dritte con goniometro a pendolo.
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La mandibola 65. Larghezza bicondiloidea: distanza rettilinea fra i due condili presa lateralmente ed
esternamente l’uno dall’altro con il compasso a branche dritte. 65 (1). Distanza bicoronale: distanza rettilinea fra i due processi coronali presa esternamente sulla
sommità usando il compasso a branche dritte. 66. Larghezza bigoniaca: distanza rettilinea tra i due gonion, presi nel punto della tuberosità
masseterica (gonion A), misurata con il compasso a branche dritte. Metodo di Schulz. 67. Distanza fra i due fori mentonieri: distanza rettilinea fra i due fori mentonieri presa nel
margine interno e mediano del foro, misurata con il compasso a branche dritte. 68. Profondità del corpo: distanza del margine anteriore del mento dal punto di mezzo di una retta
tangente ai margini posteriori degli angoli mandibolari, misurata usando il mandibulometro. 69. Altezza alla sinfisi: distanza rettilinea fra l’infradentale e lo gnation, la misura si effettua con il
compasso a branche dritte. 69 (1). Altezza al foro mentoniero destro e sinistro: distanza rettilinea fra il margine alveolare ed il
margine inferiore della mandibola presa al livello del foro mentoniero e perpendicolare alla base. La misurazione viene fatta usando il compasso a branche dritte.
69 (3). Spessore minimo al foro mentoniero destro e sinistro: distanza rettilinea minima fra la
faccia esterna ed interna della mandibola al livello del foro mentoniero e perpendicolare alla base.
70. Altezza gonion condilo destro e sinistro: si appoggia la mandibola al mandibulometro in
maniera che il pogonion tocchi sulla piccola parete verticale anteriore. I due angoli dei rami ed i condili nel loro margine posteriore devono toccare simultaneamente nella parete posteriore inclinabile. La mandibola deve giacere in modo naturale come se stesse libera su un piano. I cursori del piano inclinabile devono essere abbassati sui condili.
71a. Larghezza minima del ramo destro e sinistro: distanza minima antero-posteriore del ramo
presa senza direzione usando il compasso a branche dritte. 79. Inclinazione del ramo destro e sinistro: usando il mandibulometro e la tecnica descritta al
numero 70, si legge il valore dell’angolo sul goniometro che si trova a destra dello
strumento. 79(1a). Angolo infradentale pogonion con orizzontale: si appoggia la mandibola su di un piano
ben livellato e facendo attenzione a non falsare la sua posizione si appoggia la punta del compasso a branche dritte con goniometro a pendolo sull’infradentale e l’altra sul pogonion,
si legge quindi il valore dell’angolo sul goniometro dopo aver dato più colpetti al pendolo. 79(1b). Angolo infradentale-pogonion: angolo della retta infradentale-pogonion con il piano
alveolare, misurato sul craniogramma.
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79(4). Angolo basale della mandibola: si appoggia la mandibola su di un foglio quadrettato e si individua una retta che passi tra il pogonion ed il mezzo della apofisi geni, cioè che individui la sutura mentoniera in modo che il corpo della mandibola sia diviso in due parti uguali. Tenendo fermo il reperto, si segnano sul foglio con la matita le perpendicolari allo gniation ed ai gonion. Si misura quindi con un goniometro l’angolo compreso tra le due rette che
uniscono lo gnation a ciascun gonion.
(Immagini: Whitehead P., Sacco W., Hochgraf S., 2005, A Photographic Atlas for Physical
Anthropology, Norton Publ. Co., Colorado).
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Misure dello sterno
1. Lunghezza dello sterno: distanza rettilinea dal punto più profondo dell’incisura giugulare al
punto più profondo del margine inferiore del corpo dello sterno misurato sul piano sagittale mediano con il compasso a branche dritte.
2. Lunghezza del manubrio: distanza rettilinea del soprasternale dal punto del margine inferiore
del manubrio che viene tagliato sul piano mediale sagittale, misurata col compasso a branche dritte.
3. Lunghezza del corpo dello sterno: distanza rettilinea di quel punto del margine inferiore del
manubrio che viene tagliato dal piano mediale sagittale dal punto più profondo del margine inferiore del corpo dello sterno. La misurazione viene effettuata con il compasso a branche dritte.
4. Larghezza massima del manubrio: distanza rettilinea di ambedue i punti più sporgenti
lateralmente dei margini laterali del manubrio l’uno dall’altro, misurata perpendicolarmente
alla lunghezza usando il compasso a branche dritte. 5. Larghezza massima del corpo dello sterno: distanza rettilinea di ambedue i punti più sporgenti
lateralmente dei margini laterali del corpo l’uno dall’altro, misurata perpendicolarmente alla
lunghezza usando il compasso a branche dritte.
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Misure del cinto scapolare
La scapola
1. Larghezza anatomica della scapola: distanza rettilinea del punto più alto dell’angolo craniale dal
punto più profondo dell’angolo caudale, misurata col compasso a branche dritte. 2. Lunghezza anatomica della scapola: distanza rettilinea dal punto più centrale della cavità
glenoidea da quel punto del margine vertebrale che è posto nel mezzo tra i due labbri della spina della scapola. La misura viene effettuata col compasso a branche dritte.
3. Lunghezza del margine ascellare: distanza rettilinea del punto più caudale dell’angolo inferiore
dal punto più caudale posto sul margine arrovesciato alla fossa glenoidea, misurata col compasso a branche dritte.
4. Lunghezza del margine craniale: distanza rettilinea dal punto più alto dell’angolo craniale dal
margine superiore arrovesciato della cavità glenoidea, misurata col compasso a branche dritte.
5a. Larghezza morfologica della fossa infraspinata: distanza rettilinea del punto più sporgente
dell’angolo caudale da quel punto del margine vertebrale che è posto nel mezzo degli ambedue labbri della spina. Viene misurata con il compasso a branche dritte.
6a. Larghezza morfologica della fossa sopraspinata: distanza rettilinea del punto più alto
dell’angolo craniale da quel punto del margine vertebrale che è posto tra i due labbri della spina.
12. Lunghezza della cavità glenoidea: distanza rettilinea del punto più craniale dal punto più
caudale ambedue posti sui labbri della cavità articolare, misurata con il compasso a branche dritte.
13. Larghezza della cavità glenoidea: larghezza massima perpendicolare alla lunghezza misurata
sui labbri della cavità articolare usando il compasso a branche dritte. 15. Angolo lunghezza-larghezza: angolo formato dalla lunghezza morfologica con la larghezza
morfologica.
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La clavicola
1. Lunghezza massima della clavicola: distanza rettilinea di ambedue i punti estremi dell’osso
l’uno dall’altro. Si fa in modo che l’osso tocchi nel piano longitudinale della tavola
osteometrica in modo da avere il suo asse parallelo a quello longitudinale perpendicolare. L’estremità sternale deve toccare sulla parete trasversale piccola e si legge il valore della
misura per mezzo della squadretta che sarà l’estremità acromiale. 2a. Altezza della curva della diafisi: l’osso viene posto con la sua faccia ventrale sulla tavola
osteometrica in maniera che la parte sternale e l’arco posteriore di quella terminale tocchi
alla parete verticale corta. La squadra tocca poi il punto più sporgente dell’arco diafisario
anteriore. 4. Diametro verticale nel mezzo: distanza rettilinea del piano craniale dal caudale l’uno dall’altro
misurata nel mezzo dell’osso. 5. Diametro sagittale nel mezzo: distanza rettilinea del piano anteriore dal posteriore misurata nel
mezzo dell’osso usando il compasso a branche dritte. 6. Circonferenza nel mezzo: circonferenza misurata nel mezzo dell’osso usando il metro a nastro.
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Arto superiore
L’omero
1. Lunghezza massima dell’omero: distanza rettilinea dal punto più alto della testa dell’omero dal
punto più sporgente della troclea. La testa viene appoggiata sulla parete verticale piccola della tavola osteometrica.
2. Lunghezza totale: distanza del punto più alto della testa dell’omero dal punto più sviluppato del
capitello. L’asse dell’omero deve essere parallelo all’asse longitudinale verticale della tavola
osteometrica ed esprime pressappoco la lunghezza del braccio del vivente. 3. Larghezza dell’epifisi superiore: distanza del punto più sporgente mediale della superficie della
testa al punto più sporgente lateralmente della tuberosità maggiore, viene misurata col compasso a branche dritte.
4. Larghezza epifisi inferiore: distanza del punto lateralmente più sporgente dell’epicondilo
laterale dalla punta dell’epicondilo mediale, misurata col compasso a branche dritte. 5. Diametro massimo nel mezzo della diafisi: diametro massimo in senso assoluto, ossia senza
tener conto del fatto che si trovi sul piano longitudinale o trasversale. Il mezzo dell’osso
viene determinato sulla base della lunghezza massima marcando la linea con la matita. Nelle ossa in cui mancano le epifisi si lascia la determinazione del punto di mezzo alla valutazione ad occhio, generalmente comunque il punto di mezzo si trova alcuni mm al di sopra del margine inferiore della tuberosità deltoidea.
6. Diametro minimo nel mezzo: diametro minimo in senso assoluto senza considerare la direzione
rispetto al diametro massimo o al piano in cui si effettua la misura. Per la sua determinazione si introduce l’osso tra le due branche sottili del compasso a branche dritte e si gira finchè non si trova il diametro minimo.
7. Circonferenza minima della diafisi: generalmente si trova poco al di sotto della tuberosità
deltoidea e viene misurata usando il metro a nastro. 8. Circonferenza del capo: si applica il metro a nastro sul capo circondandolo nel punto della sua
massima espansione. 9. Diametro trasversale (o orizzontale) del capo: distanza rettilinea dal punto anteriore al
posteriore quando l’osso è orientato con la faccia posteriore verso l’osservatore, misurata con il compasso a branche dritte.
10. Diametro sagittale o verticale: distanza rettilinea dal punto più alto al punto più basso del capo,
preso perpendicolarmente alla misura numero 9 e misurato con il compasso a branche dritte. 16. Angolo condilo-diafisiario o di divergenza: angolo formato dall’asse della diafisi con la
tangente alla superficie inferiore dell’epiondilo mediale, usando il goniometro a pendolo con
compasso a branche dritte.
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18. Torsione dell’omero: angolo che l’asse passante per la metà della testa e del collo forma con l’asse passante per tutta l’epifisi inferiore in senso trasversale, misurato usando il compasso a
branche dritte con goniometro a pendolo.
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Il radio
1. Lunghezza massima del radio: distanza del punto più alto prossimale posto sul margine della
testa del radio dalla punta del processo stiloideo senza riguardo all’asse longitudinale
dell’osso, misurata con la tavola osteometrica. 2. Lunghezza fisiologica: distanza rettilinea tra i
punti più profondi delle superfici epifisiarie l’una dall’altra, misurata con il compasso a
branche curve. 3. Circonferenza minima: circonferenza del radio
misurata nella parte più sottile dell’osso,
sempre situata al di sotto del mezzo. Viene misurata con il metro a nastro.
4. Diametro trasversale: massimo diametro della
diafisi misurato in quel punto dove la cresta interossea ha il più grande sviluppo, misurato con il compasso a branche dritte.
5. Diametro sagittale della diafisi: diametro della
diafisi perpendicolare alla misura del numero 4.
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L’ulna
1. Lunghezza massima dell’ulna: distanza del punto più alto dell’olecrano dal punto più
prominente del processo stiloideo, misurata con la tavola osteometrica. 2. Lunghezza fisiologica: distanza rettilinea del punto più profondo del margine che si eleva nella
parte superiore del processo coronoideo fino al punto più profondo del piano articolare. La misura viene effettuata senza toccare il processo stiloideo e usando il compasso a branche curve.
3. Circonferenza dell’ulna: circonferenza minima
dell’ulna misurata vicino alla parte terminale
distale della diafisi. 11. Diametro dorso-volare dell’ulna: massimo
diametro dell’osso misurato nel punto di
massimo sviluppo della cresta. I bracci del compasso a branche dritte devono giacere uno sul bordo più posteriore dell’osso e uno sul suo
piano più anteriore. 12. Diametro trasversale dell’ulna: diametro
misurato nel punto di massimo sviluppo della cresta, perpendicolare al diametro del numero 11 e misurata con il compasso a branche dritte.
13. Diametro superiore trasversale dell’ulna:
distanza dal punto più basso dell’incisura
radiale dal piano opposto dell’osso, misurata
con il compasso a branche dritte. 14. Diametro superiore dorso-volare dell’ulna:
diametro massimo perpendicolare a quello del numero 13 immediatamente al di sotto dell’incisura radiale, misurato con il compasso
a branche dritte.
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Cinto pelvico Il sacro
1. Lunghezza della curva sagittale del sacro: un’estremità del nastro deve toccare sul margine
ventrale superiore della prima vertebra sacrale. Si fa aderire il nastro lungo tutta la concavità ventrale del sacro fino a toccare il margine antero-inferiore dell’ultima vertebra sacrale.
2. Corda sagittale: distanza rettilinea fra i due punti della misura numero 1 misurata con il metro a
nastro. 5. Larghezza antero-superiore del sacro: massima larghezza trasversale del sacro presa nei punti
antero-superiori più sporgenti delle facce auricolari, misurata con il compasso a branche dritte.
6. Profondità del sacro: si prende un ferro da calza e con un po’ di plastilina si fa aderire ai punti
considerati al numero 1. Si prende poi un’asta graduata e si misura la distanza perpendicolare
fra l’assicciola ed il punto più profondo della concavità sacrale. Di solito questo punto si trova al centro del corpo della terza vertebra.
9. Larghezza intermedia: distanza rettilinea tra i due punti terminali inferiori delle facce auricolari,
misurata col compasso a branche dritte. 10. Larghezza rettilinea inferiore: distanza rettilinea dei punti terminali dell’angolo laterale
inferiore che si trovano di solito tra la penultima e l’ultima vertebra sacrale. La misura viene
presa usando il compasso a branche dritte. 14. Lunghezza faccia auricolare destra e sinistra: distanza rettilinea del punto più craniale dal
punto più caudale dell’articolazione dell’ileo, misurata col compasso a branche dritte. 15. Larghezza faccia auricolare destra e sinistra: larghezza massima perpendicolare alla lunghezza
misurata con il compasso a branche dritte. Il bacino
1. Altezza dell’innominato destro e sinistro: distanza rettilinea del punto più alto della cresta iliaca
dal punto più basso della tuberosità ischiatica misurata con il compasso a branche dritte. 2. Massima larghezza del bacino: distanza rettilinea di ambedue i punti più esterni dei margini
della cresta iliaca l’uno dall’altro misurata con il compasso a branche curve. 5. Larghezza antero-superiore del bacino: distanza rettilinea di ambedue le spine iliache superiori
anteriori l’una dall’altra. Le punte del compasso a branche dritte devono trovarsi esattamente
sul punto più sporgente del tubercolo della spina. 12. Larghezza dell’innominato destro e sinistro: distanza rettilinea della spina antero-superiore
dalla spina postero-inferiore misurata con il compasso a branche curve. 14(1). Diametro cotilo-sciatico destro e sinistro: larghezza fra il bordo dell’acetabolo e l’incisura
ischiatica maggiore misurata con il compasso a branche dritte.
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15(1). Altezza sciatica: altezza perpendicolare alla misura numero 14 che va dall’incisura
ischiatica minore alla punta della spina iliaca postero-inferiore misurata con il compasso a branche dritte.
22. Massimo diametro dell’acetabolo destro e sinistro: distanza rettilinea fra i margini più distanti
della cavità acetabulare misurata col compasso a branche dritte. 23. Diametro sagittale: distanza rettilinea del punto del promontorio del sacro sul piano mediale
sagittale al mezzo del margine interno della sinfisi pubica misurata con il compasso a branche dritte.
24. Diametro traverso della cavità del bacino: distanza rettilinea di ambedue i margini laterali della
linea arcuata terminale l’uno dall’altro, misurata perpendicolarmente al diametro sagittale. La misura viene effettuata usando il compasso a branche dritte.
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Arto inferiore
Femore
1. Lunghezza massima del femore: distanza dal punto più alto della testa del femore dal punto più
profondo del condilo mediale (o laterale). Si appoggia il condilo mediale (o laterale) alla parete verticale piccola della tavola osteometrica e con la squadra si cerca il punto più alto della testa del femore in modo da ottenere il valore massimo. L’osso deve giacere sulla
faccia posteriore. 2. Lunghezza fisiologica: distanza dal punto più alto della testa al piano tangente ai condili. Si
appoggiano simultaneamente i due condili alla parete verticale piccola della tavola osteometrica e con la squadra si cerca il punto più sporgente della testa. L’osso deve essere
posto con la sua parte posteriore sulla tavola numerica. 3. Lunghezza trocanterica massima: si appoggia il condilo mediale (o laterale) sulla parete piccola
della tavola osteometrica e con la squadra si cerca il punto più alto del gran trocantere (la tecnica è la stessa della misura numero 1).
4. Lunghezza trocanterica fisiologica: distanza dal punto più alto del gran trocantere al piano
passante per i due condili, misurata con la tavola osteometrica secondo le stesse modalità della misura numero 2.
6. Diametro sagittale nel mezzo della diafisi: distanza rettilinea tra il margine anteriore ed il
posteriore misurato nel punto di maggiore sviluppo della linea aspra. 7. Diametro trasversale nel mezzo: distanza rettilinea tra i margini laterali della diafisi presa nel
punto del diametro sagittale e perpendicolare alla misura numero 6. Viene misurata usando il compasso a branche dritte.
8. Circonferenza nel mezzo: circonferenza della diafisi misurata usando il metro a nastro nel punto
dove sono state effettuate le misure numero 6 e 7. 9. Diametro trasversale superiore della diafisi: diametro trasversale superiore della parte
estrema della diafisi misurato tra i margini laterali dell’osso all’incirca 2-5 mm al di sotto della base della base del piccolo trocantere. La misura viene effettuata usando il compasso a branche dritte.
10. Diametro sagittale superiore della diafisi: è preso nel punto della misura numero 9 e
perpendicolare ad essa, sui margini antero-posteriori dell’osso. Lo strumento usato è il compasso a branche dritte.
15. Diametro verticale del collo: distanza minima fra il margine superiore e quello inferiore del
collo. Si fa in maniera che il diametro sia preso nei punti più profondi e perpendicolarmente all’asse del collo, viene usato il compasso a branche dritte.
16. Diametro sagittale del collo: distanza del margine anteriore dal posteriore dove è stata presa la
misura numero 15 e perpendicolarmente ad essa. La misura viene effettuata usando il compasso a branche dritte.
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18. Diametro verticale della testa: distanza rettilinea dal punto più alto al punto più basso della testa, misurata con il compasso a branche dritte. Ambedue i punti devono essere sul piano equatoriale della testa.
19. Diametro trasversale della testa: misura perpendicolare alla misura numero 18 e sempre sullo
stesso piano, presa usando il compasso a branche dritte. 20. Circonferenza della testa: circonferenza misurata sul piano dove sono state prese le misure
numero 18 e 19 usando il metro a nastro. 21. Larghezza epicondiloidea: distanza rettilinea dei punti più sporgenti degli epicondili l’uno
dall’altro. Si può usare il compasso a branche dritte oppure la tavola osteometrica, adagiando
il femore con la parte posteriore sulla tavola e con un epicondilo sulla parete verticale grande: con la squadra si tocca poi l’altro epicondilo fino a trovare la misura massima.
28. Angolo di torsione: angolo formato fra l’asse (o il piano) tangente ai margini posteriori dei
condili e l’asse che divide la testa ed il collo. Si appoggia il femore su di un piano ben livellato con la sua faccia posteriore. Con della plastilina si attacca un ferro da calza alla testa ed al gran trocantere in maniera che il ferro divida il collo e la testa in due parti. Si mette poi il manico del compasso a branche dritte parallelo a questo e si legge sul goniometro il valore dell’angolo dopo avre ripetutamente spinto il pendolo del goniometro.
29. Angolo collo-diafisario: angolo formato dall’asse della diafisi con l’asse del collo, misurato col
compasso a branche dritte con goniometro a pendolo. Si mette l’osso su di un supporto in
maniera che il suo asse sia perpendicolare ad un piano ben livellato. Si posiziona l’asta del
compasso parallela all’asse del collo e si legge quindi il valore dell’angolo sul goniometro
dopo aver spinto il pendolo più volte. Si ripete la misura almeno tre volte. 30. Angolo condilo-diafisario: angolo che l’asse della diafisi forma con l’asse tangente alla
superficie inferiore dei condili. Si appoggiano i condili su un piano ben livellato, si mette poi l’asta del compasso parallela all’asse dell’osso e si legge il valore dell’angolo sul goniometro
dopo aver spinto più volte il pendolo. Si ripete la misura almeno tre volte.
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La patella
1. Altezza massima della patella: distanza rettilinea del punto più alto dell’apice della patella dalla
parte più prominente della base della medesima, misurata con il compasso a branche dritte. L’asse dell’osso deve essere perpendicolare alle branche del compasso.
2. Larghezza massima della patella: perpendicolare alla misura numero 1, viene presa sui bordi
dell’osso usando il compasso a branche dritte. 3. Spessore massimo della patella: distanza rettilinea dei punti più sporgenti ventrali (antero-
posteriori) della patella, misurata con il compasso a branche dritte. La tibia
1. Lunghezza totale della tibia: distanza rettilinea della faccia articolare craniale del condilo
fibulare dalla punta del malleolo tibiale. L’osso viene posto sulla tavola osteometrica con la
sua parte posteriore in maniera che il suo asse sia parallelo alla parete lunga. Il malleolo tibiale deve essere appoggiato alla parete verticale piccola e con la squadretta si tocca al condilo fibulare della tibia fino a trovare il valore massimo.
2. Lunghezza fisiologica: distanza tra la faccia articolare del condilo mediale dalla parte più
profonda della faccia articolare astragalica della tibia, misurata con il compasso a branche curve.
3. Larghezza massima dell’epifisi prossimale: distanza fra i margini più esterni del condilo
mediale dal condilo laterale o fibulare della tibia. Usando la tavola osteometrica si appoggia uno dei condili alla parete verticale lunga in maniera che l’asse della tibia sia parallelo ad essa. Si tocca l’altro condilo con la squadretta sul margine nel punto di maggior curvatura e
si legge il valore. Usando il compasso a branche dritte si toccano gli stessi margini esternamente con le due branche.
6. Larghezza epifisi inferiore: si esegue la tecnica del numero 3, la distanza è tra il punto più
esterno laterale del malleolo tibiale e ambedue i margini più esterni dell’impronta fibulare
della tibia. 8. Diametro sagittale massimo nel mezzo: distanza rettilinea dalla cresta anteriore dell’osso alla
parte posteriore presa nel mezzo della diafisi, misurata con il compasso a branche dritte. 8a. Diametro sagittale al foro nutritizio: distanza rettilinea fra il margine anteriore ed il margine
posteriore dell’osso preso a livello del foro nutritizio proprio nel punto in cui esso entra nell’osso. La misura viene effettuata con il compasso a branche dritte.
9. Diametro trasversale nel mezzo: distanza rettilinea dal margine mediale tibiale alla cresta
interossea presa al livello della misura numero 8 sempre usando il compasso a branche dritte. 9a. Diametro trasverso al foro nutritizio: distanza rettilinea dei due margini laterali dell’osso
presa a livello della misura numero 8a e perpendicolare ad essa, usando il compasso a branche dritte.
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10b. Circonferenza minima della tibia: circonferenza minima dove finisce la cresta anteriore a circa 10 cm di distanza dalla punta del malleolo tibiale, misurata con il metro a nastro.
12. Angolo di retroversione: si mette l’osso perpendicolare ad un piano ben livellato e si appoggia
l’asta del compasso a branche dritte con goniometro a pendolo sul piano del condilo tibiale
(cioè quello mediale) e dopo aver dato alcuni colpetti al pendolo si legge il valore dell’angolo.
14. Angolo di torsione: angolo formato tra l’asse che divide l’epifisi prossimale passando sulle
parti laterali di esso in maniera da dividerla in parti uguali e l’asse che passa sull’epifisi
distale dalla punta del malleolo tibiale al mezzo dell’impronta fibulare della tibia. Si usa la plastilina con due ferri da calza. Dopo aver individuato i due assi con i ferri si esegue la lettura del valore angolare sul goniometro a pendolo del compasso a branche dritte mettendo l’asta del compasso parallela al ferro che sta sull’epifisi prossimale. Si fa in maniera che il ferro dell’epifisi distale sia parallelo al tavolo ben livellato su cui giace l’osso e parallelo al
margine del tavolo stesso.
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La fibula
1. Lunghezza massima della fibula: distanza dal punto più alto dell’apice della fibula al punto più
basso del malleolo della fibula misurata usando la tavola osteometrica o il compasso a branche curve.
2. Diametro massimo nel mezzo: massimo diametro dell’osso misurato nel mezzo usando il compasso a
branche dritte. 3. Diametro minimo nel mezzo: minimo diametro dell’osso misurato nel mezzo usando il compasso a
branche dritte. 4a. Circonferenza minima della fibula: circonferenza minima dell’osso misurata sulla diafisi subito sotto
l’epifisi prossimale, la misura viene presa usando il metro a nastro.
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L’astragalo
1. Lunghezza dell’astragalo: distanza proiettiva del solco del muscolo flessore dell’alluce dal
punto più sporgente della faccia articolare navicolare dell’astragalo, misurata con il compasso a branche dritte.
2. Larghezza dell’astragalo: distanza proiettiva dalla punta del processo laterale al margine
mediale del talo o astragalo, misurata sul piano trasversale della faccia articolare craniale della troclea usando il compasso a branche dritte.
3. Altezza dell’astragolo: distanza proiettiva della parte più curva della faccia articolare craniale
della troclea al piano passante sotto la sua base. Si mette l’osso su di un piano di spessore
conosciuto e si appoggiano le branche del compasso (a branche dritte) una sotto il piano di appoggio e l’altra sulla faccia articolare craniale nel suo mezzo. Sottraendo a questa misura il
valore dello spessore del piano si ottiene il valore cercato. 4. Lunghezza della troclea: distanza antero-posteriore della faccia articolare craniale della troclea
presa sui bordi delle sue maggiori concavità. La misura viene presa con il compasso a branche dritte.
5. Larghezza della troclea: distanza del bordo laterale dal mediale della faccia articolare craniale,
presa perpendicolarmente alla misura numero 4 e usando il compasso a branche dritte. 16. Angolo di deviazione dell’astragalo: angolo formato dall’asse che divide la parte articolare
trocleare e l’asse che divide il collo e la testa dell’osso. Si segnano con una matita i due assi, quindi si appoggia l’osso su di un piano verticale in maniera che l’asse che divide la troclea
sia una continuazione di questa verticalità. L’asta del compasso a branche dritte con
goniometro a pendolo deve essere messa parallela all’asse che divide il collo e la testa. Si
legge quindi il valore dell’angolo. 17. Angolo di torsione del capo: angolo formato dall’asse passante sui margini laterali della faccia
articolare craniale e l’asse che divide la testa nel suo senso più esteso, viene misurato con il compasso a branche dritte con goniometro a pendolo. Si poggia l’osso su un piano ben
livellato e l’asta del compasso deve essere parallela alla testa. si consiglia di individuare
questo asse con un segno di matita.
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Il calcagno
1. Lunghezza massima del calcagno: distanza proiettiva dal punto più sporgente della tuberosità
del calcagno al margine più sporgente della faccia articolare cuboidea presa sul piano mediale sagittale. Mettendo l’osso fra le branche del compasso (a branche dritte) si fa in modo che l’asse dell’osso sia perpendicolare alle medesime.
1a. Lunghezza totale del calcagno: distanza proiettiva fra il punto della tuberosità calcaneare dal
mezzo della faccia articolare cuboidea del calcagno. Si esegue la stessa tecnica descritta per la misura numero 1 sempre usando il compasso a branche dritte.
- 50 -
2. Larghezza mediana del calcagno: distanza proiettiva dal margine laterale della faccia articolare superiore (dorsale) al punto più sporgente mediale del margine del sustentaculum dell’astragalo. Mettendo l’osso fra le branche del compasso (a branche dritte) si fa in
maniera che esso abbia l’asse parallelo alle medesime. 3. Larghezza minima del calcagno: distanza proiettiva dal punto più profondo del margine mediale
al punto opposto sul margine laterale. L’asse così individuato deve essere perpendicolare
all’asse individuato nelle misure numero 1 e 1a, la larghezza viene misurata usando il
compasso a branche dritte. 4. Altezza del calcagno: distanza proiettiva dal punto più profondo dorsale della concavità
superiore (quindi dietro la faccia articolare dorsale) al punto inferiore dove termina la tuberosità calcaneare. L’asse individuato deve essere perpendicolare al piano sagittale
mediano, la misura viene presa con il compasso a branche dritte.
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Indici.
Indici cranici
8/1 x 100 : indice cranico orizzontale
17/1 x 100 : indice vertico-longitudinale al bregma o di altezza-lunghezza
17/8 x 100 : indice di altezza-larghezza dal basion o vertico-trasversale
20/1 x 100 : indice di altezza-lunghezza dal porion o auricolo-verticale
20/8 x 100 : indice di altezza-larghezza dal porion o auricolo-verticale trasverso
9/10 x 100 : indice frontale trasverso
9/8 x 100 : indice fronto-parietale trasverso
16/7 x 100 : indice del forame occipitale
9/45 x 100 : indice giugo-frontale
10/8 x 100 : indice corono-parietale
47/45 x 100 : indice facciale totale
48/45 x 100 : indice di altezza facciale superiore
45/8 x 100 : indice cranio-facciale trasverso
48/17 x 100 : indice cranio-facciale verticale
40/5 x 100 : indice gnatico o alveolare
52/51 x 100 : indice orbitale
54/55 x 100 : indice nasale
61/60 x 100 : indice maxillo-alveolare
63/62 x 100 : indice palatale
64/63 x 100 : indice di altezza del palato
66/45 x 100 : indice giugomandibolare
68/65 x 100: indice di Thompson
66/65 x 100: indice di larghezza mandibolare
69.3/69.1 x 100: indice di altezza-spessore
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Indice cranico orizzontale: 8/1 x 100. Rapporto percentuale tra la larghezza massima del cranio e la lunghezza massima, permette di definire se il cranio ha forma allungata o rotondeggiante.
Ultradolicocranio x – 64,9 Iperdolicocranio 65,0 – 69,9 Dolicocranio 70,0 – 74,9 Mesocranio 75,0 – 79,9 Brachicranio 80,0 – 84,9 Iperbrachicranio 85,0 – 89,9 Ultrabrachicranio 90,0 – x
Indice vertico-longitudinale al bregma (o di altezza-lunghezza): 17/1 x 100. Esprime il grado di appiattimento del cranio, visto lateralmente, un indice basso rappresenta un cranio piatto mentre un indice sopra 75 rappresenta un cranio alto.
Camecranio x – 69,9 Ortocranio 70,0 – 74,9 Ipsicranio 75,0 – x
Indice di altezza-larghezza al basion (o vertico-trasversale): 17/8 x 100. Descrive la
forma della volta cranica vista in norma posteriore.
Tapeinocranio x – 91,9 Metriocranio 92,0 – 97,9 Acrocranio 98,0 – x
Indice di altezza-lunghezza dal porion (o auricolo-verticale): 20/1 x100
Camocranio x – 57,9 Ortocranio 58,0 – 62,9 Ipsicranio 63,0 – x
Indice di altezza-larghezza dal porion (o auricolo-verticale trasversale): 20/8 x 100
Tapeinocranio x – 79,9 Metriocranio 80,0 – 85,9 Acrocranio 86,0 – x
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Indice frontale-trasverso: 9/10 x 100. Rapporto percentuale tra diametro frontale minimo e diametro frontale massimo, permette di delineare l’andamento delle creste del frontale, se sono più o meno divergenti.
Fronte convessa x – 80,0 Fronte pianeggiante 100,0 – x
oppure: Fronte molto divergente x – 79,9 Fronte mediamente divergente 80,0 – 99,9 Fronte poco divergente 100,0 – x
Indice fronto-parietale trasverso: 9/8 x 100. Rapporto percentuale tra la larghezza minima del frontale e la larghezza massima del cranio.
Stenometopico x – 65,9 Metriometopico 66,0 – 68,9 Eurimetopico 69,0 – x
Indice del forame occipitale (forame magno): 16/7 x 100
Stretto x – 81,9 Medio 82,0 – 85,9 Largo 86,0 – x
Indice facciale totale: 47/45 x 100. Rapporto percentuale tra l’altezza totale della faccia e la
larghezza massima, descrive la proporzione della faccia. Ipereuriprosopo x – 79,9 Euriprosopo 80,0 – 84,9 Mesoprosopo 85,0 – 89,9 Leptoprosopo 90,0 – 94,9 Iperleptoprosopo 95,0 – x
Indice di altezza facciale superiore: 48/45 x 100. Rapporto percentuale tra l’altezza
superiore della faccia e la larghezza massima, descrive la proporzione della faccia.
Ipereurieno x – 44,9 Eurieno 45,0 – 49,9 Meseno 50,0 – 54,9 Lepteno 55,0 – 59,9 Iperlepteno 60,0 – x
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Indice cranio-facciale trasversale: 45/8 x 100
Criptozigo x – 100,0 Fenozigo 100,1 – x
Indice orbitale al dacrion: 52/51a x 100
Cameconco x – 82,9 Mesoconco 83,0 – 88,9 Ipsiconco 89,0 – x
Indice orbitale: 52/51 x 100. Rapporto percentuale tra l’altezza e la larghezza dell’orbita, descrive la forma circolare o quadrangolare dell’orbita.
Cameconco x – 75,9 Mesoconco 76,0 – 84,9 Ipsiconco 85,0 – x
Indice nasale: 54/55 x 100. Rapporto percentuale tra larghezza e altezza del naso, esprime la forma più o meno larga dell’apertura piriforme.
Leptorrino x – 46,9 Mesorrino 47,0 – 50,9 Camerrino 51,0 – 57,9 Ipercamerrino 58,0 – x
Indice palatale: 63/62 x 100
Leptostafilino x – 79,9 Mesostafilino 80,0 – 84,9 Brachistafilino 85,0 - x
Indice maxillo-alveolare: 61/60 x 100
Dolicouranico x – 109,9 Mesouranico 110,0 – 114,9 Brachiuranico 115,0 – x
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Indice gnatico (o alveolare): 40/5 x 100
Ortognato x – 97,9 Mesognato 98,0 – 102,9 Prognato 103,0 – x
Indice di altezza del palato: 64/63 x 100
Camostafilino x – 27,9 Ortostafilino 28,0 – 39,9 Ipsistafilino 40,0 – x
Indice dentario: 80.2/5 x 100
Microdonti x – 42,0 Mesodonti 42,1 – 45,0 Megadonti 45,1 – x
(la misura 80.2 corrisponde alla distanza fra il primo molare M1 e il terzo molare M3, viene presa fra il margine anteriore di M1 e quello posteriore di M3).
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Capacità della scatola cranica
Formula di Manouvrier
♂ [1/2 (lungh.max. x largh.max. x altezza basion-bregma)] / 1,14 ♀ [1/2 (lungh.max x largh.max x altezza basion-bregma)] / 1,08
Formula di Lee e Pearson
al basion ♂ 524,6 + (0,000266 x 1 x 8 x 17) ♀ 812,0 + (0,000156 x 1 x 8 x 17) al porion ♂ 359, 34 + (0,000365 x 1 x 8 x 20)
♀ 296,4 + (0,000375 x 1 x 8 x 20) Classificazione dei crani a seconda della capacità
Secondo Sarasin:
♂ Oligoencefalo x – 1300 cc Euriencefalo 1301 – 1450 cc Aristencefalo 1451 – x ♀ Oligoencefalo x – 1150 cc Euriencefalo 1151 – 1300 cc Aristoencefalo 1301 – x
Secondo Sergi: Microcefalo x – 1150 cc Elattocefalo 1151 – 1300 cc Oligocefalo 1301 – 1400 cc Metriocefalo 1401 – 1500 cc Megalocefalo 1501 – x
- 58 -
Angoli
Angolo del profilo totale: è determinato dalla linea nasion(na)-prostion(pr) col piano orbito-
auricolare (angolo di prognatismo).
Iperprognati x – 69°9’ Prognati 70° - 79°9’ Mesognati 80° - 84°9’ Ortognati 85° - 92°9’ Iperortognati 93° - x
Angolo del profilo del naso: è formato dalla congiungente il nasion (na) col punto nasospinale (ns) e il piano orbito-auricolare.
Iperprognati x – 69°9’ Prognati 70° - 79°9’ Mesognati 80° - 84°9’ Ortognati 85° - 92°9’ Iperortognati 93° - x
Angolo del profilo alveolare: è formato dalla congiungente il nasion (na) al punto nasospinale (ns) col piano orbito-auricolare.
Ultraprognati x – 59°9’ Iperprognati 60° - 69°9’ Prognati 70° - 79°9’ Mesognati 80° - 84°9’ Ortognati 85° - 92°9’ Iperortognati 93° - x
- 59 -
Indici del post-craniale
Clavicola
6/1 x 100: indice di robustezza. Rapporto percentuale tra la circonferenza nel mezzo e la
lunghezza massima, permette di valutare la gracilità/robustezza dell’osso.
gracile x – 23,3 media 23,4 – 25,4 robusta 25,5 - x
Omero
6/5 x 100: indice diafisario. Rapporto percentuale tra diametro minimo e diametro massimo misurati a metà diafisi, permette di valutare la forma “rotondeggiante” (quando i valori dell’indice si avvicinano a 100) o “appiattita” (platibrachia) della diafisi, che può essere collegata ad un uso preferenziale del bicipite e del deltoide.
platibrachia x – 76.5 euribrachia 76.6 – x
7/1 x 100: indice di robustezza. Rapporto percentuale tra la circonferenza minima e la lunghezza dell’osso, permette di valutare la robustezza/gracilità del segmento.
maschi: circa 20 femmine: circa 19
Radio
3/1 x 100 e 3/2 x 100: indici di robustezza
maschi: circa 19
Ulna
3/1 x 100 e 3/2 x 100: indici di robustezza
maschi: circa 14,5 13/14 x 100: indice olenico. Rapporto percentuale tra il diametro trasverso superiore e il
diametro antero-posteriore superiore.
platolenia x – 79.9 eurolenia 80.0 – 99.9 ipereurolenia 100.0 – x
- 60 -
Coxale
15/14 x 100: indice cotilo-sciatico
Bacino
23/24: indice di ingresso del bacino
Femore
[(6+7)/2] x 100: indice di robustezza
maschi circa 12,5 6/7 x 100: indice pilastrico. Rapporto percentuale tra i diametri antero-posteriore e trasverso misurati a metà diafisi, permette di valutare lo sviluppo della linea aspra (pilastro), particolarmente sviluppata se è praticato un lavoro della coscia.
pilastro nullo x – 99.9 pilastro debole 100.0 – 109.9 pilastro medio 110.0 – 119.9 pilastro forte 120.0 – x
10/9 x 100: indice merico. Rapporto percentuale tra i diametri antero-posteriore e trasverso misurati al di sotto del piccolo trocantere; permette di valutare se a causa di stress biomeccanici si è verificato un appiattimento antero-posteriore del terzo superiore della diafisi.
iperplatimeria x – 74.9 platimeria 75.0 – 84.9 eurimeria 85.0 – 99.9 ipereurimeria 100.0 – x
(Dispense del prof. F. Mallegni, Università di Pisa, laboratorio di Antropologia Fisica).
- 61 -
Tibia
10b/1 x 100: indice di robustezza
maschi circa 20 - 21 9a/8a x 100: indice cnemico. Rapporto percentuale tra i diametri trasverso e sagittale misurati al foro nutritizio; un valore basso dell’indice corrisponde alla platicnemia, cioè ad un appiattimento della diafisi in senso antero-laterale dovuto all’uso intenso dei muscoli del polpaccio.
iperplaticnemia x – 54.9 platicnemia 55.0 – 62.9 mesocnemia 63.0 – 69.9 euricnemia 70.0 – x
Fibula
4a/1 x 100: indice di robustezza
Indice clavicolo-omerale: (1 clavicola / 2 omero) x 100
clavicola breve x – 45.9 clavicola media 46.0 – 47.9 clavicola lunga 48.0 – x
Indice radio-omerale o brachiale: (1 radio / 2 omero) x 100
radio breve (brachicherchia) x – 74.9 radio medio (mesaticherchia) 75.0 – 79.9 radio lungo (dolicocherchia) 80.0 – x
Indice tibio-femorale o crurale (1 tibia / 2 femore) x 100
tibia breve (brachicnemia) x – 81.9 tibia media 82 tibia lunga (dolicocnemia) 82.1 – x
Indice intermembrale [(2 omero + 1 radio)/(2 femore + 1 tibia)] x 100
media maschile 70.0 media femminile 69.0
- 62 -
Calcolo della statura. Per determinare la statura di un individuo, vengono misurate le lunghezze delle ossa lunghe e
attraverso formule di regressione per ciascuna lunghezza si risale ad una statura probabile correlata
da un errore, quindi la statura viene calcolata come media tra le stature ottenute. Ovviamente più
sono le ossa lunghe misurabili più saranno i dati a disposizione e quindi più sarà precisa la stima
della statura, pur sempre con un certo margine di errore.
Le formule di regressione per essere valide devono essere ricavate da campioni di individui della
stessa razza della popolazione su cui verranno applicate.
Formula di Trotter e Gleser La statura viene calcolata con formule di regressione a partire dalla lunghezza massima in cm delle ossa lunghe degli arti (per la tibia si deve usare la lunghezza totale), secondo il metodo di misurazione di Martin. Le formule sono valide per individui tra i 18 e i 30 anni di età, per età superiori devono essere sottratti 0.06 cm per ogni anno di età (- 0.06 x anni). (Canci, 2005, p. 157).
Maschi Bianchi
1.30 x (femore + tibia) + 63.9 ± 2.99
2.38 x femore + 61.41 ± 3.27
2.68 x fibula + 71.78 ± 3.29
2.52 x tibia + 78.62 ± 3.37
3.08 x omero + 70.45 ± 4.05
3.78 x radio + 79.01 ± 4.32
3.70 x ulna + 74.9 ± 4.32
Femmine Bianche
1.39 x (femore + tibia) + 53.20 ± 3.55
2.93 x fibula + 59.61 ± 3.57
2.90 x tibia + 61.53 ± 3.66
2.47 x femore + 54.10 ± 3.72
4.74 x radio + 54.93 ± 4.24
4.27 x ulna + 57.76 ± 4.30
3.36 x omero + 57.97 ± 4.45
- 63 -
Maschi neri
3.26 x omero + 62.1 ± 4.43
3.42 x radio + 81.56 ± 4.3
3.26 x ulna + 79.29 ± 4.42
2.11 x femore + 70.35 ± 3.94
2.19 x tibia + 86.02 ± 3.78
2.19 x fibula + 86.65 ± 4.08
1.15 x (femore + tibia) + 71.04 ± 3.53
Femmine nere
3.08 x omero + 64.67 ± 4.25
3.67 x radio + 71.79 ± 4.59
3.31 x ulna + 75.38 ± 4.83
2.28 x femore + 59.76 ± 3.41
2.45 x tibia + 72.65 ± 3.7
2.49 x fibula + 70.9 ± 3.8
1.26 x (femore + tibia) + 59.72 ± 3.28
- 64 -
4. Determinazione del sesso…
I termini “sesso” e “genere” non sono sinonimi e non possono essere usati in maniera
intercambiabile. Il genere è un aspetto dell’identità sociale di un individuo mentre il sesso si
riferisce alla sua identità biologica. In contesti archeologici è possibile determinare il sesso attraverso lo studio dello scheletro mentre il genere può essere individuato studiando la cultura materiale (artefatti) e il contesto. Nella nostra specie c’è uno scarso dimorfismo sessuale rispetto a quello che ritroviamo in altre specie di primati, ossia le differenze morfologiche tra maschi e femmine, seppur presenti, sono meno marcate e perciò a volte più difficilmente individuabili. Questo comporta una minor precisione nella determinazione del sesso degli individui anche perché il dimorfismo si esprime notevolmente nei tessuti molli ma limitatamente nello scheletro. Comunque le differenze tra scheletro maschile e femminile esistono e vengono utilizzate dagli antropologi per determinare il sesso degli individui. L’identificazione sessuale di un
individuo ha un grado maggiore di certezza se il soggetto ha già raggiunto la maturità dato che solo in questo caso lo scheletro ha già assunto una conformazione tale da permettere una distinzione tra caratteri maschili e femminili. In generale per tutte le parti dello scheletro umano si può dire che negli individui di sesso femminile si hanno elementi caratterizzati da una struttura più esile e dimensioni minori. Per tale motivo in un campione di individui di entrambe i sessi sottoposti a seriazione, quelli con elementi più robusti e rugosità più marcata vengono considerati di sesso maschile. Tuttavia in alcuni individui i caratteri possono non essere così marcati da indicare un individuo maschile ma nemmeno così lievi da far propendere per un individuo femminile. In un campione rappresentativo di una popolazione avremo così individui chiaramente maschili e individui chiaramente femminili, ma anche femmine particolarmente robuste con caratteristiche mascoline e maschi gracili che possono creare problemi nella determinazione. Altre complicazioni possono derivare dal grado di dimorfismo più o meno accentuato all’interno di una razza o anche di una popolazione, oltre che
dalla commistione di individui di razze diverse con diverse caratteristiche maschili e femminili. Per la determinazione del sesso gli antropologi si sono concentrati sulle due regioni scheletriche che rappresentano il maggior dimorfismo sessuale: il cranio e il bacino. (Bass, 1995, Human Osteology, Cap. 17)
- 65 -
Differenze tra scheletro maschile e scheletro femminile (Renfrew Bahn, 1995, p.380)
- 66 -
bacino
Pelvi femminile Pelvi maschile
Angolo sottopubico, femminile a destra e maschile a sinistra (Roberts Manchester)
- 67 -
Gradi di sessuazione di alcune caratteristiche sessuali secondarie del bacino. Grande incisura ischiatica (sopra) e angolo pubico (sotto).
- 68 -
Caratteri sessuali del coxale in vista anteriore (a sinistra) e in vista posteriore (a destra).
- 69 -
Determinazione del sesso tramite il pube
Arco ventrale sulla
superficie esterna del
pube, si tratta di una
cresta ossea
leggermente rilevata.
La superficie interna
del pube femminile è
più larga tra la sinfisi
pubica e il forame
otturato.
La forma femminile è
rettangolare o
trapezoidale larga, con
concavità sotto pubica
nella parte interna
dell’osso coxale
(assente invece nel
coxale maschile)
A sinistra, rilievo sulla
superficie mediale del ramo
ischio-pubico nel coxale
femminile (non
particolarmente
significativo).
A destra, superficie mediale
larga del ramo ischio-pubico nel
coxale maschile.
- 70 -
- 71 -
Cresta iliaca maschile Cresta iliaca femminile
Arco composito maschile Arco composito femminile
Forma de foro otturato maschile Forma del foro otturato femminile
- 72 -
Indice cotilo-sciatico:
altezza sciatica x 100__
larghezza cotilo-sciatica
Indice di larghezza dell’ileo:
larghezza iliaca x 100_
altezza iliaca
Indice di larghezza del coxale:
larghezza iliaca x 100_
altezza osso anca
Indice ischio-pubico:
lunghezza pubica x 100_
lunghezza ischio
- 73 -
cranio
(Canci, 2005, p.121).
Cranio femminile Cranio maschile
- 74 -
a)
b)
c)
d)
e)
f)
Grado di sessuazione di alcuni caratteri secondari del cranio: a) Glabella, b) Protuberanza occipitale esterna, c) Processo mastoide, d) Orbita, e) Angolo della mandibola, f) Mento.
- 75 -
SITO ARCHEOLOGICO TOMBA Cranio
iperfemm. femminile intermedio maschile iperm. -2 -1 0 1 2
GLABELLA (3)
PROCESSO MASTOIDEO (3)
RILIEVI DEL PIANO NUCALE (3)
PROC. ZIGOMATICO DEL TEMPORALE (3)
MANDIBOLA (3)
MENTO (2)
ARCO SOPRACILIARE (2)
OSSO ZIGOMATICO (2)
M=Wx/W = F M Bacino iperfemm. femminile intermedio maschile iperm. -2 -1 0 1 2
SOLCO PREAURICOLARE (3)
GRANDE INCISURA (3)
ANGOLO DEL PUBE (3)
FORAME OTTURATO (2)
OSSO DELL'ANCA (2)
ARCO COMPOSTO (2)
CORPO DELL'ISCHIO (2)
CRESTA ILIACA (1)
M=Wx/W = F M
N.B. W rappresenta la somma dei pesi (indicati tra parentesi) attribuiti a ciascun carattere e Wx la somma dei prodotti di ciascun peso per il valore ad esso attribuito (da -2 a +2) per uno scheletro dato.
- 76 -
Carattere
Valore
iperfemminile
(-2)
femminile
(-1)
intermedio
(0)
Maschile
(+1)
ipermaschile
(+2)
solco preauricolare
3
profondo, ben delimitato
più appiattito, meno ben delimitato
delineato
presente soltanto sotto forma di tracce
assente
incisura ischiatica
maggiore
3
molto ampia, a forma di U ampia, a forma di U
intermedia
a forma di V
molto stretta, a forma di V
angolo pubico
2
angolo fortemente ottuso e arrotondato
ottuso tendente all'angolo retto
sensibilmente ad angolo retto
debolmente acuto, a forma di A
fortemente acuto, a forma di A
arco composito 2 con doppia curva con curva unica
osso coxale
2
basso, largo, con ala iliaca allargata e rilievi
muscolari poco marcati
caratteri femminili un po' meno marcati
forma intermedia
caratteri maschili meno marcati
alto, stretto, rilievi muscolari marcati
forame otturato
2
triangolare, con margini acuti marcati
triangolare
forma inclassificabile
ovalare
ovalare, con margini arrotondati
corpo dell'ischio
2
molto stretto, con tuberosità ischiatica
poco pronunciata stretto
medio
largo
molto largo, con tuberosità ischiatica fortemente
sviluppata cresta iliaca
1
a forma di S molto appiattita
a forma di S appiattita
forma intermedia
a forma di S netta
a forma di S accentuata
fossa iliaca
1
molto bassa e larga
bassa, larga
media per altezza e larghezza
alta, stretta
molto alta e stretta
pelvis maior 1 molto larga larga media stretta molto stretta pelvis minor 1 molto larga larga media stretta molto stretta
- 77 -
Carattere
Valore
Iperfemminile
(-2)
Femminile
(-1)
intermedio
(0)
Maschile
(+1)
ipermaschile
(+2)
CALVARIUM glabella 3 molto debole (0) leggermente marcata (1) media (2) marcata (3-4) molto forte (4-5)
processo mastoideo
3
molto piccolo, appuntito
piccolo
medio
grande
molto grande, arrotondato
superficie del piano
nucale
3
liscia
linea nucale sup debolmente indicata
linea nucale sup evidente, cresta
occipitale debole
linea nucale grande e sviluppata
arrotondata, molto forte
processo
zigomatico
3
molto basso, gracile
basso, mediamente gracile
Intermedio
alto, forte
molto alto e forte
arcata sopracciliare 2 molto debole leggermente marcato medio marcato molto forte bozze parietalie e
frontali
2
marcate
mediamente marcate
intermedie
deboli
assenti
protuberanza
occipitale esterna
2
molto debole (0)
debole (1)
media (2)
forte (3)
molto forte (4-5)
inclinazione del
frontale
1
Verticale
quasi verticale
poco inclinata
leggermente sfuggente fortemente sfuggente
osso zigomatico
2
molto basso, liscio
basso, liscio
mediamente alto, con superficie
irregolare
alto con superficie irregolare
molto alto con superficie irregolare
forma dell'orbita;
margine
sopraorbitale
1
circolare; molto acuto
circolare; acuto
intermedia; intermedio
leggermente quadrata; leggermente arrotondato
quadrata; fortemente arrotondata
MANIBOLA
aspetto 3 gracile mediamente gracile medio robusto molto robusto Mento
2
piccolo, arrotondato
Piccolo
Medio
prominente, forte, di faccia è angoloso
forte e con protuberanza bilaterale
angolo della
mandibola 1 Liscio leggermente rugoso
con rugosità marcate
con rugosità marcate e legggera retroversione
con rugosità e retroversione notevole
margine inferiore 1 sottile piuttosto sottile medio piuttosto spesso spesso
- 78 -
Alcuni parametri metrici per la determinazione del sesso
attraverso alcune misure delle ossa.
STERNO (Stewart e McCormick, 1983)
Lunghezza maschi mai inferiore a 121 mm femmina mai superiore a 173 mm
SCAPOLA (Dwight, 1984)
Lunghezza della cavità glenoidea maschi superiore a 37 mm incerto tra 34 e 36 mm femmine inferiore a 34 mm
Lunghezza scapola maschi superiore a 160 mm incerto tra 140 e 159 mm femmine inferiore a 129 mm
CLAVICOLA (Thieme, 1957)
Lunghezza maschi 158,24 (M); 10,6 (DS) femmine 140, 28 (M); 7,99 (DS)
OMERO (Stewart, 1979)
Diametro verticale della testa maschi superiore a 47 mm incerto tra 44 e 46 mm femmine inferiore a 43 mm
COXALE
Indice ischio-pubico maschio inferiore a 90 incerto tra 90 e 95 femmina superiore a 95
- 79 -
FEMORE (Pearson, 1917-1919)
Diametro verticale della testa maschio superiore a 45,5 mm probabile maschio tra 44,5 e 45,5 mm incerto tra 43,5 e 44,5 mm probabile femmina tra 41,5 e 43,5 mm femmina inferiore a 41,5
Larghezza bicondiloidea
maschio superiore a 78 mm probabile maschio tra 76 a 78 mm incerto tra 74 e 76 mm probabile femmina tra 72 e 74 mm femmine inferiore a 72
Lunghezza fisiologica
maschio superiore a 450 mm probabile maschio tra 430 e 450 mm incerto tra 405 e 430 mm probabile femmina tra 390 e 405 mm femmine inferiore a 390
Circonferenza a metà diafisi (Black, 1978)
maschio maggiore di 81 mm femmina minore di 81 mm
Diametro massimo della testa del femore (Stewart, 1979)
maschio superiore a 47,5 mm probabile maschile tra 46,5 e 47,5 mm incerto tra 43,5 e 46,5 mm probabile femmina tra 42,5 e 43,5 mm femmina inferiore a 42,5
- 80 -
5. Determinazione dell’età… La precisione e l’accuratezza nella determinazione dell’età dipendono da diversi fattori, quali
l’ampiezza delle categorie usate, le parti anatomiche rappresentate per ciascun individuo
esaminato, la composizione del campione preso in esame, i metodi di analisi scelti per lo studio
dei reperti.
Gli standard usati per attribuire un’età alla morte di un individuo di cui studiamo lo scheletro sono
spesso ricavati da studi su campioni moderni.
Nel corso della vita di un soggetto i diversi distretti scheletrici vanno incontro ad una serie di
cambiamenti che seguono una successione cronologica abbastanza precisa. Durante gli stadi fetali
e nei primi anni di vita questi cambiamenti riguardano la comparsa e lo sviluppo di vari elementi
scheletrici. Con l’infanzia e l’adolescenza le epifisi e i denti continuano il loro sviluppo e anche
dopo i venti anni le ossa subiscono cambiamenti e degenerazioni. Queste trasformazioni sono alla
base degli studi sulla determinazione dell’età. Tuttavia si deve tener presente che anche nel
normale sviluppo dei bambini si riscontrano sostanziali variazioni tra i diversi individui nel grado
del cambiamento e nella sua durata, oltre che nel momento della sua comparsa.
La determinazione dell’età di morte di un individuo è più complessa della determinazione del
sesso che è alla fine dicotomica, perché in questo caso è necessario dividere in fasce d’età il
continuum dello sviluppo scheletrico ed inoltre individui della stessa età anagrafica possono
dimostrare diversi gradi di sviluppo. Da questi fattori dipende l’imprecisione nella determinazione
dell’età.
Prendendo in considerazione un campione formato da un certo numero di individui e stabilite le
classi di età, ciascun individuo verrà, per quanto possibile, assegnato ad una di queste classi. E’
però anche possibile procedere riordinando tutti gli individui dal più giovane al più vecchio
secondo la loro età relativa e solo in seguito attribuire delle fasce d’età in base a questa seriazione.
Normalmente vengono usate 7 classi di età per i reperti osteologici umani:
- feto (prima della nascita) - infante (0-3 anni) - bambino (3-12 anni) - adolescente (12-20 anni) - giovane adulto (20-35 anni) - adulto (35-50 anni) - anziano (dai 50 in poi).
(Bass, 1995, Human Osteology, Cap. 18).
- 81 -
Individui giovani: (valutazione più precisa) - Calcificazione ed eruzione dentaria
- Lunghezza diafisiaria e statura
- Grado di fusione delle epifisi alle
diafisi
- Indicatori di sviluppo
(sutura metopica, fusione dei due rami
della mandibola, fusione delle
fontanelle craniche, di archi e corpi
vertebrali).
Individui adulti: (valutazione meno accurata) - Grado di fusione delle epifisi
- Morfologia della sinfisi pubica
- Grado di usura dentaria
- Sinostosi delle suture craniche
- Terminazioni sternali delle coste
- Patologie degenerative
- Retrazione osso spugnoso.
Età scheletrica: stimata analizzando i resti ossei Età cronologica: età effettiva dell’individuo
- 82 -
ERRORI nella stima dell’età scheletrica dovuti a:
Diversi livelli di maturazione scheletrica nei diversi
individui;
Fattori ambientali;
Fattori genetici;
Perdita dei resti antropologici (epifisi non fuse, gemme
dentarie…);
Natura dei resti subadulti (fragili e di piccole
dimensioni);
Pratiche funerarie differenziate.
Una STIMA ACCURATA deve prendere in esame:
1) applicazione di tecniche combinate
2) diagnosi su diverse regioni scheletriche
3) considerazione di varianti quali: sesso, razza,
fattori culturali, stress, fattori genetici.
- 83 -
Individui adulti Diagramma riassuntivo dei metodi di determinazione dell’età attraverso i distretti di uno scheletro adulto:
A. - Eruzione del terzo molare - Usura dentaria - Trasparenza delle radici dentarie. B. - Chiusura delle suture craniali. C. - Degenerazione dell’estremità sternale delle costole. D. - Degenerazione della superficie auricolare dei coxali. - Degenerazione della sinfisi pubica. E. - Cambiamenti nella struttura dell’osso trabecolare all’estremità prossimale dei femori. F. - Ultime epifisi che si saldano. - Cambiamenti nella struttura istologica dell’osso corticale.
(Roberts e Manchester, 2005, rielaborato).
- 84 -
Grado di fusione delle epifisi
Cronologia della fusione delle epifisi alle diafisi (Brothwell, 1972).
- 85 -
Intervalli di età della fusione delle epifisi alla diafisi in base al sesso dell’individuo
(Ubelaker, 1991).
EPIfISI MASCHI FEMMINE Clavicola: estremità mediale 18-22 17-21
Scapola: acromion 14-22 13-20
Omero:
testa 14-21 14-20
troclea
epitroclea:
epicondilo laterale
epicondilo mediale 15-18 13-15
Radio:
testa 14-19 13-16
estremità distale 16-20 16-19
Ulna: estremità distale 18-20 16-19
Ileo: cresta iliaca 17-20 17-19
Ischio:
pube
tuberosità ischiatica 17-22 16-20
Femore:
testa 15-18 13-17
gran trocantere 16-18 13-17
piccolo trocantere 15-17 13-17
estremità distale 14-19 14-17
Tibia:
estremità prossimale 15-19 14-17
estremità distale 14-18 14-16
Fibula:
estremità prossimale 14-20 14-18
estremità distale 14-18 13-16
- 86 -
Morfologia della sinfisi pubica
1 2 3 4 5
- 87 -
Cambiamenti della superficie della sinfisi pubica in relazione all’età.
(Burns, 1999, modificato in Canci, 2005).
- 88 -
Grado di usura dentaria
Usura dentaria dei molari correlabile all’età del soggetto (Brothwell, 1981).
Usura dentaria dei denti mascellari (a sinistra) e mandibolari (a destra) di Lovejoy (1985).
- 89 -
Categorie di usura dello smalto secondo Molnar (1971).
categorie di
usura
Incisivi e Canini
Premolari
Molari
1
Non usurati
Non usurati
Non usurati
2
Faccette di usura di minime dimensioni
Faccette di usura,
dentina non osservabile
Faccette di usura, dentina non osservabile
3
Disegno delle cuspidi cancellato, piccole chiazze di
dentina possono essere presenti
Disegno delle cuspidi parzialmente o completamente
cancellato, piccole chiazze di dentina
Disegno delle cuspidi parzialmente o completamente
cancellato, piccole chiazze di dentina
4
Chiazze di dentina (minime)
Due o più chiazze di dentina, una di grandi
dimensioni
Tre o più chiazze di dentina (piccole)
5
Chiazze di dentina (estese)
Due o più chiazze di dentina, le dentina
secondaria può essere leggera
Tre o più larghe chiazze di dentina;
dentina secondaria da assente a leggera
- 90 -
6
Dentina secondaria da moderata a notevole
L’intero dente ancora circondato dallo smalto; dentina secondaria da
moderata a forte
Dentina secondaria da moderata a estesa; l’intero dente ancora
completamente circondato dallo
smalto
7
Corona consumata su almeno un lato, notevole dentina
secondaria
Corona (smalto) consumata almeno su
un lato, notevole dentina secondaria
Corona (smalto) consumata su almeno
un lato, notevole dentina secondaria
8
Radici fungenti da superficie occlusale
Radici fungenti da superficie occlusale
Radici fungenti da superficie occlusale
- 91 -
Sinostosi delle suture craniche
Fasi di ossificazione delle suture secondo P.Broca
Punti craniometrici in corrispondenza dei quali viene
rilevato il grado di sutura secondo Meindl e
Lovejoy (Marella 2003).
Ciascun punto è in realtà un’area di circa 1 cm sulla sutura e viene classificato con uno stadio di
chiusura da 0 a 3: 0: Sutura aperta, nessun segno di chiusura ectocraniale.
1: Chiusura minima, che va da un singolo punto fino al 50% di sinostosi.
2: Chiusura significativa, ossia un grado marcato di chiusura ma con alcune porzioni
non completamente fuse.
3: Obliterazione completa.
Composite score No. Mean age Standard dev. Mean dev. Inter-decile range Range 0 (open) 42 - 43 -50 1 18 32.0 8.3 6.7 21-42 19-48 2 18 36.2 6.2 4.8 29-44 25-49 3, 4, 5 56 41.1 10.0 8.3 28-52 23-68 6 17 43.4 10.7 8.5 30-54 23-63 7, 8 31 45.5 8.9 7.4 35-57 32-65 9, 10 29 51.9 12.5 10.2 39-69 33-76 11, 12, 13, 14 24 56.2 8.5 6.3 49-65 34-68 15 (closed)
1 ___ 236
- 92 -
Composite score No. Mean age Standard dev. Mean dev. Inter-decile range Range 0 (open) 24 - 35 - 49 1, 2 12 30.5 9.6 7.4 19-44 18-45 3, 4, 5, 6 30 34.7 7.8 6.4 23-45 22-48 7, 8, 9, 10, 11 50 39.4 9.1 7.2 28-44 24-60 12, 13, 14, 15 50 45.2 12.6 10.3 31-85 24-75 16, 17, 18 31 48.8 10.5 8.3 35-60 30-75 19, 20 26 51.5 12.6 9.8 34-53 23-75 21 (closed) 13
____ 236
43- 40-
- 93 -
Terminazione sternale delle coste
Variazioni della superficie e dei margini dell’estremità sternale delle coste in
relazione all’età. Burns (1999), modificato (in Canci, 2003).
- 94 -
Trasformazione delle superficie auricolare sacro-iliaca
Gli otto stadi di sviluppo della superficie auricolare secondo Lovejoy e Meindl, 1985.
- 95 -
Retrazione dell’osso spugnoso I 6 stadi della struttura della spugnosa della testa del femore e della testa dell’omero in
tomografia (Acsàdi e Nemeskeri, 1970).
- 96 -
Individui giovani
Cranio di neonato in norma anteriore, Brothwell (1981).
Cranio di neonato in norma laterale, Brothwell (1981).
- 97 -
Silhouette standard per bambino di circa tre anni (a sinistra) e per embrione (a destra), Brothwell (1981).
- 98 -
Lunghezza diafisaria e statura
Arto superiore:
Omero Ulna Radio Arto inferiore:
Femore Tibia Fibula
Ossa lunghe degli arti di un neonato Arikara alla nascita con scala di riferimento in mm (T.D.Stewart, 1979, Essentials of forensic anthropology, Springfield, Illinois).
- 99 -
Lunghezza media (M) ed intervallo di variazione (V) in mm delle ossa lunghe nei differenti gruppi di età infantili (M. Stloukal e H. Hanakova).
- 100 -
OMERO RADIO FEMORE TIBIA
M V M V M V M V 6 mesi 12 mesi 18 mesi 24 mesi 30 mesi 3 anni 4 anni 5 anni 6 anni 7 anni 8 anni 9 anni 10 anni 11 anni 12 anni 13 anni 14 anni
- 101 -
Tabella per la determinazione dell’età degli infanti in base alla lunghezza delle ossa lunghe (Stloukal e Hanakova, 1978).
- 102 -
Calcificazione ed eruzione dentaria
DENTIZIONE
Nascita: nessun dente
6 mesi: eruzione degli incisivi inferiori centrali
24 mesi: dentizione decidua completa
2-6 anni: formazione delle radici decidue
6 anni: eruzione primi molari permanenti
6 anni e mezzo: caduta dei denti decidui a partire dagli incisivi
centrali
6 anni e mezzo – 11 anni: caduta della dentizione decidua
12 anni: secondi molari permanenti
18-20 anni: terzi molari permanenti
- 103 -
Tavola delle fasi di formazione ed eruzione delle dentizioni decidua e permanente in relazione all’età (Ubelaker, 1989)
- 104 -
Indicatori di sviluppo
- 105 -
Vertebra di subadulto con fusione parziale. L’arco vertebrale inizialmente si forma come due metà separate che si saldano tra 1 e 3 anni. Il corpo e l’arco si fondono tra i 3 e i 7 anni. I processi si saldano all’arco tra i 17 e i 25 anni.
- 106 -
6. La Paleopatologia… Studio delle malattie del passato, attraverso l’esame dei resti umani antichi.
Materiali: - resti scheletrici
- mummie
Origini: collegate all’anatomia patologica ed alla medicina legale, per interesse
verso patologie clamorose e spettacolari e ricerca delle stigmate di
particolari (lebbra, sifilide, anemie emolitiche).
Sviluppo in Italia: anni ’80, con l’estendersi delle indagini alle grandi necropoli di
età storica.
Attuali settori di indagine:
- alterazioni causate da gravi patologie
- lesioni di minore entità, causate da vari fattori collegati alle condizioni della
vita quotidiana:
1) stress fisici attività fisiche e/o lavorative; età
2) disturbi di crescita;
3) malnutrizione
V
Stato di salute e qualità della vita dei gruppi umani del passato
- 107 -
Patologie di una società dettate da condizioni sanitarie , igieniche, economiche,
ecologiche e dal grado di sviluppo culturale.
V
Ogni tipo di società umana, più o meno organizzata, antica o moderna,
possiede le proprie patologie caratteristiche.
V
PATOCENOSI
“Insieme delle patologie presenti all’interno di una
determinata popolazione, con un proprio patrimonio
genetico, in un particolare momento storico”.
In situazioni ecologiche stabili la patocenosi tende ad uno stato di equilibrio.
In particolari momenti storici (rivoluzione neolitica; grandi migrazioni;
espansione coloniale; rivoluzione industriale; rivoluzione antibiotica) si
verifica la rottura dell’equilibrio della patocenosi, ed alla diffusione,
all’interno di una determinata popolazione, di nuove patologie.
Limite fondamentale della paleopatologia scheletrica:
Le informazioni sono sempre parziali, perché le ossa non registrano tutte le
malattie che possono colpire un individuo: sono infatti escluse quelle che per il
loro rapido decorso non arrivano a lasciare traccia sullo scheletro:
- malattie virali acute;
- malattie epidemiche (peste, vaiolo..).
Tuttavia in particolari contesti archeologici si possono riconoscere episodi di
“mortalità in massa” riconducibili ad epidemie (ad esempio fosse comuni).
- 108 -
ESEMPI DI PATOCENOSI
Paesi occidentali attuali: patologie “da usura”, alimentazione abbondante
e vita sedentaria (arteriosclerosi, malattie coronariche); patologie
traumatiche.
Paesi del “terzo mondo”: patologie infettive (da scarsa alimentazione e
basso livello igienico) e traumatiche.
Popolazioni di cacciatori-raccoglitori: malattie parassitarie; traumi.
Popolazioni agricole: patologie trasmesse da animali (ad esempio la
tubercolosi trasmessa dai bovini); malattie infettive; patologie da
carenze alimentari.
Urbanizzazione: malattie infettive.
Migrazioni: diffusione di nuove patologie che non esistevano nella
popolazione stanziale e viceversa, che si sviluppano in modo
virulento.
Rivoluzione industriale: sviluppo delle malattie infettive.
Rivoluzione antibiotica: sono debellate le malattie infettive, ma se ne
sviluppano altre (cancro, arteriosclerosi..).
- 109 -
Patologie.
Malattie dentarie:
carie ascessi
tartaro ipoplasie
parodontosi cisti
odontomi usura patologica
Traumi e procedure chirurgiche (anche per pratiche culturali):
- distretto craniale (traumi da fendente o da impatto;
deformazioni culturali; trapanazioni…)
- distretto post-craniale (diversi tipi di fratture;
deformazioni culturali; amputazioni..)
Malattie endocrine:
ad esempio gigantismo e nanismo.
Malattie articolari:
artrosi, DISH,
artrite reumatoide,
artrite settica,
gotta.
Malattie infiammatorie: Jpergrafando
a) specifiche tubercolosi, sifilide, lebbra.
b) aspecifiche periostite, osteite, osteomielite.
- 110 -
Malattie congenite:
alcuni esempi: deformazioni craniali
acondroplasia
microcefalia
palato fesso
spina bifida
piede equino
Tumori:
- benigni (osteomi e osteocondromi)
- maligni (meningioma e mieloma)
Malattie metaboliche:
Sono spesso determinate dal tipo di alimentazione, cioè dalla dieta.
anemie (carenza di ferro)
rachitismo (carenza di vitamina D nei sub-adulti)
osteomalacia (carenza di vitamina D negli adulti)
scorbuto (carenza di vitamina C)
osteoporosi (carenza di Calcio).
- 111 -
Iperostosi porotica
Cribra orbitalia (sotto i gradi di gravità)
Strie di Harris
(per gli esempi confronta Steinbock, 1976; per le foto Roberts Manchester,2005).
- 112 -
Età di sviluppo dell’ipoplasia (dentizione decidua e permanente)
Ipoplasia (Roberts Manchester, 2005)
- 113 -
Tartaro
Dobney K., Brothwell D. (1987), A method for evaluating the amount of dental calculus on teeth from Archaeological sites”, in Journal of Archaeological Science, 14, pp. 343-351.
Tartaro (Roberts Manchester, 2005).
- 114 -
- 115 -
Disegno schematico dei diversi gradi di degenerazione della superficie articolare del corpo di una vertebra cervicale (a destra) e di spondiloartrosi (a sinistra), Brothwell (1981).
- 116 -
TERMINOLOGIA MACROSCOPICA Anchilosi: soppressione della mobilità articolare risultante dalla saldatura per
ossificazione delle estremità di due o più ossa.
Cavità: perdita di sostanza più o meno consistente a carico del tessuto osseo.
Corpo estraneo: corpo che si ritrova in una parte di tessuto osseo, proveniente
dall’esterno e non facente parte della sua struttura.
Deformazione assiale: modificazione dell’asse di un osso per angolazione,
incurvamento o deviazione.
Deformazione volumetrica: aumento o diminuzione della lunghezza, del calibro o
dello spessore di tutto o di parte di un osso.
Eburneazione: aumento della densità di un osso in cui la parte interessata diviene
compatta come l’avorio.
Erosione: perdita di sostanza superficiale che non oltrepassa la corticale.
Esostosi: produzione ossea localizzata sviluppatasi sulla superficie di un osso.
Fessurazione corticale: soluzione di continuità lineare della compatta, con o senza
perdita di sostanza.
Osteofitosi: produzione ossea irregolare, localizzata e sviluppata nei pressi o sopra
la superficie di un’articolazione.
Osteolisi: perdita di sostanza che ha provocato la scomparsa di un segmento osseo.
Osteopenia: diminuzione della densità di un osso, riduzione volumetrica del
tessuto osseo a vantaggio degli spazi midollari.
Perforazione: perdita di sostanza che ha causato la formazione di un foro.
Periostite: osteoformazione periferica che modifica la morfologia normale della
superficie di un asso.
Pseudoartrosi: articolazione accidentale di due frammenti dello stesso osso o tra
due ossa diverse.
- 117 -
Terminologia radioscopica
Ipertrasparenza: diminuzione della densità di immagine del tessuto osseo.
Lacuna: ipertrasparenza circoscritta dell’immagine del tessuto osseo.
Tratto: ipertrasparenza o osteocondensazione lineare.
Osteocondensazione: aumento della densità di
immagine del tessuto osseo.
Condensazione periferica: accrescimento della densità
di immagine del tessuto osseo ai limiti di una lacuna.
Lesioni elementari sull’osso secco antico
terminologia radiologica
1. ipertrasparenza (midollare, endosteale, corticale, subperiostale, sub-
auricolare)
2. lacuna
3. tratto
4. osteocondensazione
5. periostite
6. osteofitosi
7. esostosi
8. ispessimento
9. assottigliamento
10. deformazione assiale
11. deformazione volumetrica
12. corpo estraneo
- 118 -
7. I caratteri non metrici…
Anomalie di forma e dimensione dei denti.
1. Incisivo di dimensioni notevolmente inferiori alla media, 2. Incisivo con radice curvata 3. Incisivo con corona malformata, 4. Canino con due radici, 5. Incisivo a pala (shovel shaped), 6. Denti anteriori fusi. B. Molare con “perla” di smalto alla
radice. C. Caso estremo di taurodontismo. D. Cuspide accessoria ben definita su un molare.
Denti in soprannumero.
A. Presenza di 5 incisivi, B. Presenza d 4 molari su
ciascun lato, C. Premolare in
soprannumero e denti in soprannumero inclusi nel palato,
D. Primi incisivi accessori, E. Dente in soprannumero
non-specifico, F. Presenza di premolari al
posto dei canini.
- 119 -
Malposizionamento dei denti.
A. Permanenza del canino deciduo in un individuo adulto e sviluppo del canino permanente incluso nella mandibola. B. Permanenza di un molare deciduo ma con eruzione del secondo premolare definitivo al suo lato. C. Terzo molare posizionato orizzontalmente. D. Permanenza delle radici dei denti da decidui a lato dei denti definitivi.
- 120 -
Anomalie della colonna vertebrale.
A. Sacralizzazione parziale della quinta vertebra lombare. B. Atlante normale (sopra) e anomalo (sotto). C. collasso di una vertebra. D. Arco neurale separato in una vertebra lombare. E. Esposizione congenita del canale sacrale (spina bifida). F. Scoliosi.
- 121 -
Caratteri non metrici dello scheletro post-craniale.
Faccetta calcaneare doppia e assente; Tubercolo peroneale sul calcagno; Patella con intacco del vasto e patella emarginata; Omero con processo sopracondiloideo e apertura del setto; Scapola con forame soprascapolare e solco circonflesso; Scapola faccetta articolare acromiale; Coxale con faccette articolari accessorie per il sacro e sacro con faccette articolari accessorie per il coxale; Solco sul fondo dell’acetabolo del coxale.
- 122 -
Femore con fossa di Allen sul collo, con faccetta di Poirier sul collo, con placca sul collo e con terzo trocantere; Estremità distale di tibia con faccette di squatting (anteriormente); Esostosi nella fossa trocanterica del femore; Osso trigono dell’astragalo, faccetta mediale,
estensione laterale e superficie articolare inferiore dell’astragalo; Atlante con faccetta
articolare doppia per l’occipitale.
- 123 -
Ossicoli accessori del cranio (ossa wormiane) e altri tratti non-metrici.
11. Forame mastoideo extra-suturale; 12. Faccetta condiloidea doppia sull’occipitale; 13. Canale
condiloideo anteriore doppio (forame magno); 14. Presenza della linea nucale suprema; 15. Forami parietali; 16. Presenza di forame infraorbitario accessorio; 17. Presenza di forame zigomatico; 18. Presenza di forame etmoide posteriore (orbita); 19. Forame etmoide anteriore in posizione extra-suturale; 20. Canale condiloideo posteriore evidente; 21. Presenza del forame di Huschke; 22. Tubercolo precondiloideo presente; 23. Forame ovale incompleto; 24. Forame palatino minore accessorio presente; 25. Forame sopra-orbitario completo.
- 124 -
I tori del cranio.
A. Toro palatale in sezione; B. Espostosi auricolare all’interno del meato acustico; C. toro palatale;
D. Toro mascellare bilaterale; E. Toro mandibolare; F. Toro mandibolare in sezione; G. Toro
mandibolare.
(Per questo capitolo: Brothwell, 1981).
- 125 -
Bibliografia di Riferimento Desidero ringraziare il prof. Francesco Mallegni per aver messo a disposizione il materiale che
costituisce il nucleo di questa dispensa, raccolto con pazienza e a noi trasmesso con la consueta
generosità e la dott.ssa Piera Allegra Rasia che si è materialmente occupata di dare ai miei appunti
disordinati una veste “professionale”. E inoltre:
Bass M. W., Human Osteology, Missouri Archaeological Society, Columbia, 1995.
Brothwell D. R. (1981), Digging up bones, Oxford University Press, Oxford.
Burns K. R. (1999), Forensic Anthropology Training Manual, Prentice Hall, Englewood
Cliffs (NJ).
Canci A., Minozzi S. (2005), Archeologia dei resti umani, dallo scavo al laboratorio,
Carocci, Roma.
Lovejoy C. O. (1985), Dental Wear in Libben Population: its Functional Pattern and
Role in the Determination of Adult Skeletal Age at Death in Am. J. Phys.
Anthrop., 68, pp. 47-56.
Mallegni F., Rubini M. (1994), Recupero dei
materiali scheletrici umani in archeologia,
CISU, Roma.
Molnar S. (1971), Human tooth wear, tooth
function and cultural variability, in Am. J.
Phys. Anthrop., 34, pp.175-190.
Roberts C., Manchester K. (2005), The
Archaeology of Disease, Sutton.
Ubelaker D. H. (1989), Human skeletal remains,
Taraxacum, Washington.
Whitehead P., Sacco W., Hochgraf S. (2005), A Photographic Atlas for Physical Anthropology, Norton Publ. Co., Colorado.
The English Dance of Death (1815).