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In questo numero: Posa Prima Pietra Periodico della parrocchia San Bernardino Realino in Lecce 8 12 Aprile 2009 Carissimi parrocchiani, quest’anno, l’evangelista Marco, nella notte di Pasqua, ci ricorda che, il giorno dopo il sabato, rispettato rigorosamente come riposo, alcune donne identificate come: “Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo di buon mattino”. Tale testimonianza sottolinea l’incompletezza fugace della sepoltura da completare secondo una degna tradizione ebraica. Ma la naturalezza di tale pia azione si scontra con la praticità della realizzazione: “dicevano tra loro: chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Un grosso dilemma pratico per due donne sole, anche perché l’iniziativa lodevole di “Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio”, realizzata il venerdì, risultava alquanto poco pratica, perché “andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.... comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro”, creando il grosso problema. Ma dove erano finiti i discepoli che l’evangelista Marco non menziona? Loro si che in dodici potevano far “rotolare il masso”. Sembra che siano assenti anche nel momento della sepoltura, come ricorda l’evangelista:“intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto”. Quanto è facile essere di compagnia quando tutto procede bene, ma dinanzi al dramma la non presenza diviene la soluzione più vantaggiosa, come per i discepoli. Anche di fronte alla fede si preferisce credere “facile facile” senza entrare nella fedeltà del cammino e della ricerca del Mistero. Si preferisce essere cristiani delle scorciatoie, delle occasioni; delle abitudini, cioè tanto quanto basta. Ma la Pasqua ci chiama al passaggio per andare oltre. È l’oltre che porta le donne ad alzare lo sguardo: “alzato lo sguardo, osservarono che la pietra era stata fatta rotolare, benché fosse molto grande”. Quante volte occorre alzare lo sguardo per vedere la Provvidenza, quanto è difficile alzare lo sguardo da noi dalle nostre paure, egoismi, sicurezze, andare oltre l’ovvio del nostro naso per avere orizzonti sconfinati. Le donne però “alzato lo sguardo” si accorgono che le preoccupazioni sono superate e il grosso problema risolto: “la pietra era stata fatta rotolare”. Forti di questo sguardo lungimirante superano se stesse ed “entrate nel sepolcro”, le attese e le speranze vengono sopraffatte dalla paura alla vista dell’ospite inatteso: “videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura”. La paura del contatto con il sovrannaturale scuote l’intimo perché ci chiama al confronto, alla verifica, è più facile vivere senza Dio, così diventa tutto risolvibile senza avere parametri di confronto. Ma l’ospite inatteso, messaggero di Dio, non giudica, invita: “non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”. Il suo sepolcro vuoto è la conferma più grande del superamento della morte e che l’ultima parola per l’uomo non è il nulla, ma la vita nuova, quella della risurrezione. Quanti nella nostra società secolarizzata possono uscire dai loro sepolcri in cui si sono rintanati per sperimentare la gioia della risurrezione? La Pasqua è questa opportunità. Per questo l’invito fatto alle donne, “andate, dite ai suoi discepoli... Egli vi precede in Galilea”, diviene annuncio di Pasqua. Dove la Galilea è la patria del vangelo, il baricentro dell’attività del Gesù terreno, la riscoperta delle origini e della propria vocazione. Per il cristiano di oggi la Galilea in cui tornare per incontrare il Risorto è la riscoperta del battesimo in tutte le dimensioni. Come ricorda il nostro vescovo nella sua lettera pastorale citando il Concilio Vaticano II “mediante il battesimo gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo, con lui morti, sepolti e risuscitati ricevono lo spirito dei figli adottivi che ci fa esclamare Abbà Padre”. L’augurio Pasquale che rivolgo a voi è che ognuno ritorni in Galilea per incontrare Cristo terreno, da imitare e seminare ogni giorno, come ricorda l’angelo: “là lo vedrete come vi ha detto”. Don Michele E’ risorto non è qui ... Egli vi precede in Galilea

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Posa Prima Pietra Periodico della parrocchia San Bernardino Realino in Lecce 12 Aprile 2009 N° 8 In questo numero: Posa prima pietra nuova Chiesa Domenica 22 marzo si è tenuta, nella nostra parrocchia, la giornata di spiritualità familiare diocesana sul tema: “ Quale pastorale oggi e per quale famiglia?”. Fuecu nesciu 8 pg 2 QUARESIMA, TEMPO DI CONVERSIONE Fuecu nesciu 8 pg 3 Fuecu nesciu 8 pg 4

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In questo numero:

PosaPrimaPietra

Periodicodella parrocchia SanBernardinoRealino in Lecce

N° 8 12 Aprile

2009

Carissimi parrocchiani, quest’anno, l’evangelista Marco, nella notte di Pasqua, ci ricorda che, il giorno dopo il sabato, rispettato rigorosamente come riposo, alcune donne identifi cate come: “Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo di buon mattino”. Tale testimonianza sottolinea l’incompletezza fugace della sepoltura da completare secondo una degna tradizione ebraica. Ma la naturalezza di tale pia azione si scontra con la praticità della realizzazione: “dicevano tra loro: chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Un grosso dilemma pratico per due donne sole, anche perché l’iniziativa lodevole di “Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio”, realizzata il venerdì, risultava alquanto poco pratica, perché “andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.... comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro”, creando il grosso problema. Ma dove erano fi niti i discepoli che l’evangelista Marco non menziona? Loro si che in dodici

potevano far “rotolare il masso”. Sembra che siano assenti anche nel momento della sepoltura, come ricorda l’evangelista:“intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto”. Quanto è facile essere di compagnia quando tutto procede bene, ma dinanzi al dramma la non presenza diviene la soluzione più vantaggiosa, come per i discepoli. Anche di fronte alla fede si preferisce credere “facile facile” senza entrare nella fedeltà del cammino e della ricerca del Mistero. Si preferisce essere cristiani delle scorciatoie, delle occasioni; delle abitudini, cioè tanto quanto basta. Ma la Pasqua ci chiama al passaggio per andare oltre. È l’oltre che porta le donne ad alzare lo sguardo: “alzato lo sguardo, osservarono che la pietra era stata fatta rotolare, benché fosse molto grande”. Quante volte occorre alzare lo sguardo per vedere la Provvidenza, quanto è diffi cile alzare lo sguardo da noi dalle nostre paure, egoismi, sicurezze, andare oltre l’ovvio del nostro naso per avere orizzonti sconfi nati. Le donne però “alzato lo sguardo” si accorgono che le preoccupazioni sono superate e il grosso problema risolto: “la pietra era stata fatta rotolare”. Forti di questo sguardo lungimirante superano se stesse ed “entrate nel sepolcro”, le attese e le speranze vengono sopraff atte dalla paura alla vista dell’ospite inatteso: “videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura”. La paura del contatto con il sovrannaturale scuote l’intimo perché ci chiama al confronto, alla verifi ca, è più facile vivere senza Dio, così diventa tutto risolvibile senza avere parametri di confronto. Ma l’ospite inatteso, messaggero di Dio, non giudica, invita: “non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifi sso. È risorto, non è qui”. Il suo sepolcro vuoto è la conferma più grande del superamento della morte e che l’ultima parola per l’uomo non è il nulla, ma la vita nuova, quella della risurrezione. Quanti nella nostra società secolarizzata possono uscire dai loro sepolcri in cui si sono rintanati per sperimentare la gioia della risurrezione? La Pasqua è questa opportunità. Per questo l’invito fatto alle donne, “andate, dite ai suoi discepoli... Egli vi precede in Galilea”, diviene annuncio di Pasqua. Dove la Galilea è la patria del vangelo, il baricentro dell’attività del Gesù terreno, la riscoperta delle origini e della propria vocazione. Per il cristiano di oggi la Galilea in cui tornare per incontrare il Risorto è la riscoperta del battesimo in tutte le dimensioni. Come ricorda il nostro vescovo nella sua lettera pastorale citando il Concilio Vaticano II “mediante il battesimo gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo, con lui morti, sepolti e risuscitati ricevono lo spirito dei fi gli adottivi che ci fa esclamare Abbà Padre”. L’augurio Pasquale che rivolgo a voi è che ognuno ritorni in Galilea per incontrare Cristo terreno, da imitare e seminare ogni giorno, come ricorda l’angelo: “là lo vedrete come vi ha detto”. Don Michele

E’ risorto non è qui ... Egli vi precede in Galilea

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“L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia” Domenica 22 marzo si è tenuta, nella nostra parrocchia, la giornata di spiritualità familiare diocesana

sul tema: “Quale pastorale oggi e per quale famiglia?”. Dopo l’accoglienza delle coppie dei coniugi, dei genitori con i loro fi gli e delle coppie dei nubendi, ha avuto inizio la celebrazione della S.Messa, concelebrata da Don Michele e presieduta da Padre Domenico Pulimeno, il quale, durante l’omelia, ha sottolineato l’importanza che la famiglia ha per realizzarsi pienamente, cioè scoprire non solo la sua «identità», ciò che essa «è», ma anche la sua «missione», che è quella di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quell’amore che Dio ha per tutti gli uomini e che Cristo ha per la sua sposa che è la Chiesa. Oggi la famiglia, diceva Padre Domenico, è minacciata e insidiata da più parti, a volte si corre il rischio di concepirla come un’addizione di membri e non come comunità d’amore, nella quale l’uomo nasce e cresce. La famiglia deve essere il luogo dell’educazione e della trasmissione dei valori, nella quale

i genitori sano chiamati da Dio ad esercitare il loro ruolo, i fi gli, invece, a rispondere con quella pronta obbedienza che è fondata sull’amore e sul rispetto, perché la vita quotidiana della famiglia esige spirito di sacrifi cio, di comprensione, di perdono e di riconciliazione, dove Cristo è di casa, occupa il primo posto come una persona concreta, perché Lui è il fondamenta della vita coniugale e familiare. Padre Domenico ha concluso la sua omelia riprendendo una frase di Giovanni Paolo II: «l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia». Durante la celebrazione eucaristica noi coppie abbiamo rinnovato le promesse matrimoniali e, alla fi ne della S. Messa, una coppia di coniugi ha dato la propria testimonianza, sottolineando che è importante, per la coppia, avere delle solide basi di fede, perché esse sono il fondamento della famiglia cristiana. Mons. Salvatore Carriero, responsabile diocesano della pastorale della famiglia e della vita, nella sua rifl essione durante il momento formativo avutosi subito dopo la celebrazione, ha sottolineato l’importanza della pastorale familiare, innanzitutto con la preparazione dei nubendi al sacramento del matrimonio e, poi, attraverso l’aiuto e il sostegno alle giovani coppie nei primi anni di matrimonio, in modo particolare quando avviene la nascita dei fi gli. Insostituibile è, poi, il ruolo dei genitori nell’educare i fi gli alla preghiera e alla vita liturgica, accompagnandoli a percorrere l’itinerario di fede dell’iniziazione cristiana e a celebrare i sacramenti del Battesimo, dell’Eucarestia e della Cresima. Sono i genitori i segni tangibili ed effi caci che quotidianamente aiutano i fi gli a scoprire di essere amati da Dio Padre, che possano incontrare partecipando alla S. Messa, la domenica, giorno del Signore.La giornata di spiritualità familiare è stata un’esperienza forte e interessante. Durante l’incontro svoltosi in chiesa, alcune animatrici hanno intrattenuto i bambini facendo dei giochi, in modo da dare ai genitori l’opportunità di poter partecipare liberamente a questo momento formativo. Il tutto sì è poi concluso con un momento di convivialità “stiamo insieme in allegria”, per poi tornare nelle proprie case, arricchiti da questa esperienza e consapevoli di far parte di un’unica grande famiglia che è la Chiesa. Pino e Concetta Licheri

Posa prima pietra nuova Chiesa

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Viviamo in questi giorni, uno dei tempi liturgici forti della Chiesa: la Quaresima, passaporto per entrare nella S. Pasqua. Tre sono gli slogan che la Chiesa propone e cioè preghiera, digiuno, elemosina: prerogative per una conversione. Già conversione! E’ una parola messa nel dimenticatoio e forse messa da parte, ma spesso abusata anche fra noi laici, che non sempre cogliamo la portata e la profondità della esperienza per convertirci. Molte volte diamo un’interpretazione come se ad un certo momento della nostra vita, uno di noi incontra il Signore, come San Paolo sulla via di Damasco, e decide di mettersi alla sua sequela senza dubbi e senza ostacoli. Oggi sono pochi quelli che fanno simili scelte e chi vi scrive ne sa qualcosa. L’esperienza del mio cammino di fede per 24 anni, ricco di tanti memoriali, in cui la presenza di Dio nella mia vita si è manifestata tante volte, non è stata suffi ciente a do-narmi una conversione eclatante, appunto come San Paolo, nonostante tanti momenti di coraggio per annunciare l’amore di Dio Padre, la su infi nita misericordia e la “Buona Novella”.Mi piace sottolineare però, quella conversione quasi invisibile, fatta di piccoli passi, in cui si evidenzia quel cammino in discesa vissuto, sperimentando l’umiltà e per irrobustire lo spirito onde ottenere la rottura col peccato. Ai miei tempi, l’insegnante catechista ed il parroco mi parlavano dei cosiddetti “Fioretti”, come sostegno al cammino quaresimale.Oggi senza dubbio valuteremo quei gesti, fuori del tempo e quindi rottamati, non considerando che proprio quei fi oretti, minimi, imparati e praticati allora, mi hanno concesso la capacità di sopportare rinunce più grandi, cogliendo con meno inquietudine, il senso del limite e la tanta soff erenza che oggi attanaglia ognuno di noi. Basta guardarsi attorno per accorgersi di quanta malattia materiale e spirituale ruota intorno ad ognuno di noi, quanta soff erenza per tanti giovani allo sbando e senza futuro, quanta miseria, quanta povertà! Nonostante tutto ciò, l’atteggiamento di molti è l’indiff erenza pensando che mai tali condizioni potrebbero toccare a qualcuno di noi.Questo modo di essere, ci porta ad essere più consapevoli che la conversione non è poi tanto irraggiungibile, ma applicando la politica del “MATTONE DOPO MATTONE” o dei “PICCOLI PASSI” si può costruire e realizzare l’incontro con il Signore. Paolo Martano

La via della Croce

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QUARESIMA, TEMPO DI CONVERSIONE

“Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuno, con pianto e lamento!” (Gioele 2,12)“Darò loro un cuore capace di conoscermi, perché io sono il Signore” (Ger 24)“Ricordati che sei uomo” (Dalla liturgia delle Ceneri) Sono questi alcuni degli inviti che continuamente il Signore ci rivolge e che si fanno più espliciti nel tempo della Quaresima. Anche quest’anno durante la liturgia Quaresimale, la chiesa ci ha riproposto letture del libro dell’Esodo, che signifi ca “uscita” ed è l’uscita degli Ebrei dall’Egitto ed è la storia di una liberazione in vista della salvezza. Questi due eventi però non si susseguono uno dopo l’altro, ma c’è di mezzo un periodo di tempo, “un cammino” con tutte le diffi coltà, le paure e le soff erenze che si frappongono. E questo è già presente all’inizio del libro, quando dice: “Vi faccio salire dall’oppressione dell’Egitto alla terra dei Cananei; terra dove scorre latte e miele “ (Es. 3,17). La Chiesa chiama questo tempo con il termine di “Cammino quaresimale” vale a dire un “Nuovo Esodo” che ogni battezzato deve vivere come tempo di purifi cazione, di conversione, di crescita e di approfondimento del mistero di Cristo. E’ il tempo di puntare lo sguardo su Gesù e con gli occhi di Gesù vedere la nostra vita, il mondo, la storia; e con il cuore di Gesù scegliere continuamente l’amore, vendere la propria sapienza per scegliere la sapienza di Dio. E’ tempo della Croce, pronta ad accogliere Gesù, il fi glio di Dio, al culmine del suo cammino di piena conformazione al volere del Padre. Da più di 2000 anni la Croce è sempre là ad aspettare ogni Cristiano come unica via di salvezza per l’uomo di ogni tempo. Non possiamo fare a meno della Croce, non è una condanna, non è un evento da evitare, combattere o distruggere. Molti oggi vorrebbero un mondo senza croce, una vita senza croce, ma essa fa parte dell’uomo, della vita di ogni giorno e non si può eliminare. E’ elemento essenziale della “Salvezza” promessa da Dio all’uomo. Se Dio stesso vi sale sopra, è perché essa è la via prediletta per una vita riuscita.Se c’è un risorto è perché c’è prima una croce. Non arriva Pasqua senza l’incontro con la soff erenza. Bisogna guardare alla Croce, fi ssare gli occhi su Gesù Crocifi sso, bisogna amare la via della Croce e non aver paura di parlare della Croce. E’ legittimo aspirare ad una vita felice, serena, ma sarebbe falso e ingannevole pensare di sfuggire alla soff erenza, alla fatica e alla prova, di poterne fare a meno, o di accettarla passivamente, solo perché non

sempre si può evitare. Rita Serafi no

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Il Mercoledì delle Ceneri ha aperto il tempo liturgico della Quaresima. E’ stato un inizio importante. L’imposizione delle ceneri ci ha ricordato la nostra condizione umana, la nostra fragilità e ci ha sollecitati ad un cambiamento: “Convertitevi e credete al vangelo”, ha detto il sacerdote a ciascuno di noi. In che modo la nostra comunità si è preparata a vivere questo momento centrale della nostra vita cristiana, cioè la Pasqua? La nostra comunità parrocchiale ha vissuto il cammino quaresimale, tempo di penitenza e di preghiera, attraverso la via crucis quotidiana per le vie della nostra parrocchia. Ogni sera, per tutte le settimane di Quaresima, ad esclusione della settimana della fede, abbiamo percorso la via della croce, attraverso meditazioni sulla Passione di Gesù, preghiere e canti. La croce, che ogni sera è stata portata di stazione in stazione, ha sostato, visibile, in tutte le zone della nostra parrocchia; quelle zone che erano l’arrivo per il giorno prima e che sarebbero state la partenza per la nuova via crucis del giorno dopo. La novità e ciò che più ha coinvolto i nostri parrocchiani è stata la capillarità dell’iniziativa, e cioè che ogni sera sono state interessate una o, al massimo, due strade della nostra parrocchia, ciò ha permesso di coinvolgere molte più famiglie per la sosta delle varie stazioni e quindi di coprire l’intero territorio parrocchiale. Ed, in eff etti, il coinvolgimento e la partecipazione ci sono stati, nonostante anche il freddo del primo periodo. Ma non solo gli adulti, anche i bambini sono stati coinvolti in queste cinque settimane di Quaresima. Lo si è fatto rendendoli partecipi, come ogni domenica, alla celebrazione eucaristica, con l’omelia rivolta a loro, con il coinvolgimento per i canti, ma in più con la consegna di alcuni segni che, noi catechiste, avevamo preparato e che ogni domenica loro hanno ricevuto e, devo dire, anche richiesto con entusiasmo. Segni che hanno permesso loro di portare nelle proprie case il messaggio evangelico che domenica per domenica ci veniva proposto dalla Parola di Dio; siamo così partiti con la pergamena che ricordava loro cosa fare per vincere le tentazioni, con il volto luminoso di Gesù per la domenica della Trasfi gurazione, con l’immagine del tempio, con una crocetta di legno per la quarta domenica, per poi fi nire con il dar loro i germogli di grano, frutto di quei chicchi che, seminati nella terra qualche giorno prima, morendo, avevano dato vita a nuovi germogli, proprio come Don Michele ha fatto vedere ai bambini durante l’omelia della quinta domenica. Il sabato pomeriggio, vigilia della domenica delle Palme, a conclusione delle via crucis per le strade della parrocchia, c’è stata una celebrazione per tutti i ragazzi e fanciulli del catechismo con i loro genitori. Celebrazione che si è svolta in cinque stazioni, che richiamavano alcuni momenti della Passione di Gesù, ma anche i momenti signifi cativi della celebrazione del sacramento con il quale tutti noi siamo diventati fi gli di Dio, il Battesimo. Per ognuna delle cinque stazioni ai ragazzi è stato fatto fare qualcosa, scrivere il loro nome su un cartellone o accostarsi all’altare. La Benedizione delle Palme, quest’anno, è stata spostata in Via De Mitri, ciò perché c’è stata la specifi ca volontà di coinvolgere per la benedizione delle palme, ogni anno, una zona diversa della nostra parrocchia. Durante la Settimana Santa abbiamo avuto la celebrazione delle lodi al mattino, la liturgia penitenziale e l’inizio del triduo pasquale con la S. Messa della Cena del Signore e la lavanda dei piedi; la sera l’adorazione eucaristica davanti a Gesù presente nell’Altare della Reposizione. Il segno che quest’anno ha caratterizzato l’Altare della Reposizione, nella nostra parrocchia, è stata l’acqua che sgorgava da tre anfore, per ricordarci l’acqua del nostro Battesimo, tema dell’anno liturgico diocesano. Il Battesimo è stata la nostra prima Pasqua, il passaggio alla nuova vita.

Quest’anno, poi, abbiamo voluto impostare la via crucis del venerdì santo alla luce del vangelo di Marco. Quattordici stazioni evangeliche per ognuna delle quali è stato preparato un commento di tipo provocatorio, laico, cioè in che modo i vari momenti della Passione di Gesù possono essere visti dal mondo di oggi, con tutti i suoi dubbi, le sue insicurezze, il suo scetticismo. E poi le meditazioni, le risposte religiose a queste provocazioni, che ci hanno spiegato quanto è stato grande l’amore di Dio per gli uomini, il Suo progetto di salvezza, unica speranza della nostravita. Le provocazioni e le meditazioni di ogni stazione, sono state esclusivamente il frutto di ciò che alcuni di noi operatori hanno scritto. E’ stata una bella esperienza che ci ha visti impegnati per un po’ di settimane a meditare sul percorso che Gesù ha fatto prima di morire sulla croce per tutti noi. Al centro di tutto c’è stata la solenne veglia pasquale del sabato santo, che si presenta come la più intensa celebrazione del mistero pasquale nella sua totalità: la celebrazione introduttiva sulla luce, la celebrazione della Parola che richiama, attraverso le varie letture, tutta la storia della salvezza, la celebrazione battesimale, con la quale riviviamo la partecipazione al mistero di morte e risurrezione dei Signore. Il tutto culmina nell’Eucarestia, che acquista in questa notte una signifi catività e un’intensità maggiori. Il cammino di preparazione alla Pasqua è stato concluso, il Signore è risorto, la Pasqua è la festa della gioia, è una forza, è un’energia d’amore immensa e l’augurio è che la nostra comunità possa continuare a crescere sempre di più nella fede in quel Dio che ci ha tanto amati e che ci ama sempre. Gabriella Licheri

E adesso facciamo festa: il SIGNORE E’ RISORTO!

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Il Battesimo radice della famiglia cristiana Dal 9 a15 marzo 2009 si è svolta, nella Basilica di San Domenica Savio in Lecce, la XII settimana della fede, che ha avuto come tema “Il Battesimo porta della fede’’. Ogni sera i vari relatori hanno trattato diverse tematiche inerenti al sacramento del battesimo, tema guida di quest’anno liturgico nella nostra diocesi. In particolare, il relatore Mons. Vito De Grisantis, ha trattato la tematica: “Il Battesimo radice della famiglia cristiana”. Perché il battesimo è la radice della famiglia cristiana? Prima di tutto, sosteneva il relatore, il battesimo è la radice del sacramento del matrimonio, non ci può essere famiglia cristiana senza il sacramento del matrimonio. E proprio guardando il momento in cui si celebra il sacramento del matrimonio, con il nuovo rito, si fa memoria del battesimo, quindi c’è un rapporto profondo tra i due sacramenti. Scrive la Familiaris Consortio: “mediante il battesimo l’uomo e la donne sono defi nitivamente inseriti nella nuova ed eterna alleanza, nell’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa”; è in ragione di questo indistruttibile inserimento che l’intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore, viene sostenuta e arricchita dalla sua forza redentrice. Senza battesimo non c’è sacramento del matrimonio, nasciamo dall’acqua, dice Tertulliano, e non siamo salvi se non veniamo nuovamente immersi nell’acqua, non c’è vita cristiana che non scaturisca dall’acqua battesimale. Il battesimo è la porta delle fede, la radice dell’intera esistenza cristiana, è il grembo di Dio, nel quale ogni cristiano viene generato alla vita di Cristo e della Chiesa, essa è per il matrimonio ciò che la sorgente è per il fi ume. Se il sacramento del matrimonio è origine della famiglia cristiana, il battesimo, radice del sacramento del matrimonio, è anche essa origine della famiglia cristiana, chiamata ad essere chiesa domestica, come diceva Giovanni Paolo II. Nasce la richiesta, continua il relatore, del battesimo dei fi gli da parte dei genitori cristiani, perché in funzione del loro battesimo vivono la loro vocazione di sposi e, insieme, una vita battesimale che unisce genitori e fi gli, che formano la chiesa domestica e non solo, ma diventano sempre più famiglia cristiana, chiesa in missione. L’esistenza matrimoniale richiede, di conseguenza, un cammino lungo e perseverante, con un ricorso continuo al sacramenta della penitenza e un continuo attingere all’Eucarestia come attualizzazione perenne della grazia nuova ed eterna realizzata da Cristo nella Pasqua. Riscoprendo la radice del matrimonio nel battesimo, gli sposi riscopriranno la loro chiamata alla santità, da realizzare insieme, aiutandosi l’un l’altro ad essere santi, per portare nella Chiesa, e soprattutto nella società di oggi, segnata da una profonda crisi del Vangelo, il Vangelo del matrimonio e della famiglia. Mons. De Grisantis ha sottolineata che è importante essere santi insieme, e nella Chiesa abbiamo avuto coppie di sposi proclamati beati insieme, come i coniugi Beltrame-Quattrocchi, e ultimamente i genitori di Santa Teresa di Lisieux. Gli sposi, annunciatori del vangelo dell’amore, sono rifl esso dell’amore trinitario: Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, comunione di persone. Il mistero trinitario non è solitudine, ma una famiglia, perché racchiude in sé la paternità, la fi liazione e l’essenza della famiglia che è l’amore. Giovanni Paolo II aff ermava: “non c’è in questo mondo un’altra immagine più perfetta, più completa, più reale di quella che Dio è Trinità: unità, amore e comunione della famiglia”. Per cui, conclude il relatore: “cari sposi siete stati battezzati e sono state benedette le vostre nozze, questa è la vostra grande missione, che è stata affi data a tutti gli sposi e a tutte le famiglie cristiane, possiate compiere fi no in fondo questa missione”. Concetta Baglivo

ElusioneFacciamo più fracasso,leviamo più alto un turbinesu questo umano orgoglio;

non sia mai che cessila voglia di far pacenel nostro umano vivere.

Andiamo a passo melicoin cresta alle montagneladdove il cielo terso

permette di ammirareil limpido orizzonteaccaparrarsi il sole,

all‛ora del tramontoacceso di coloricon l‛anima già mossa

da timide emozioni,nel fuoco del mistero;poi, confortar sul pratole fi acche membra, assiso.

By SAPER

La redazione di

fuecu nesciu augura

Felice Pasqua

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LA CHIESA NUOVA Antefatto... per 40 anni... posa prima pietra

Erano i mitici anni Sessanta: 63,64,65....La nostra comunità faceva parte della parrocchia del Sacro Cuore. Per partecipare alla Santa Messa ci si recava a piedi presso di essa o presso la cappella dell’Ing. Mosco all’angolo con l’attuale Via Dell’Abate. Mia madre, la “Signora Elenuccia”, faceva catechismo e portava i ragazzi, a piedi, fi no alla chiesa del Sacro Cuore. A poco a poco si sentì la necessità di avere un luogo di culto un po’ più vicino alla gente e si cominciarono ad utilizzare i locali dell’asilo del CIF, per la celebrazione della Santa Messa. Si alternarono alcuni sacerdoti provenienti dal seminario, Don Giuseppe Metrangolo, Don Angelo Renna, fi nchè l’incarico fu affi dato in maniera defi nitiva a Don Oronzo Perulli, che noi confi denzialmente chiamavamo “Don Ronzino”. Si passò a celebrare nel piccolo garage di Oronzo Contino in via Pietro Valzani, sotto un soppalco dove erano depositati legnami e materiali edili e successivamente in un garage della “Signora del Capitano”, attualmente proprietà di Mimino Paglialonga. Già da allora si costituì un piccolo coro per l’animazione musicale della messa; per accompagnare i canti ogni volta si trasportava a spalle un Harmonium di mia proprietà. In questa situazione si sentiva chiaramente la necessità di un locale più idoneo alla sacralità del mistero che veniva celebrato e Don Oronzo si attivò per farla diventare realtà. Formò un gruppo di persone con le quali ogni domenica, fi nita la celebrazione della messa, si recava presso le famiglie della zona per la raccolta di fondi.Da Vergallo ci fu donato il terreno e con le maestranze di Oronzo Contino si costruì il locale che tuttora è adibito a chiesa. Finalmente avevamo un luogo congruo alle varie celebrazioni, anche se provvisorio. Don Oronzo cominciò a far venire dei giovani da Santa Rosa per una sorta di cammino insieme con noi e di interscambio di esperienze. Dopo qualche tempo, Don Oronzo Perulli fu destinato ad altra attività e la comunità fu affi data a Don Mario De Nunzio e diventò parrocchia, dedicata a San Bernardino Realino. Don Mario fi nì di realizzare la casa canonica.... e venne ad abitare in mezzo a noi. Si costituirono vari gruppi: L’Azione Cattolica guidata inizialmente da Gerardo Aprile, e quindi, scambiandoci i ruoli, anche dal sottoscritto; Nicola Leucci formò il settore dell’ACR, guidata in seguito da Betty Aprile e poi da Alessandra Contino. Il prof. Don Giuseppe Moschettini cominciò ad istruire il coro e lo affi dò a Franco Sciolti. Successivamente, passato sotto la mia conduzione, rinnovatosi nel tempo in vari componenti, ha continuato ad animare la liturgia fi no ad oggi.

Arrangiandoci sempre, abbiamo svolto varie attività e abbiamo sentito sempre la necessità, non tanto di una chiesa nuova, perchè alla fi ne, tranne che in alcune occasioni, celebrazione della Cresima e della Prima Comunione, la domenica delle Palme, Pasqua, Natale, il locale che avevamo poteva andar bene per la celebrazioni, ma c’era la necessità di aule per la catechesi, di locali per le attività dell’Azione Cattolica e degli altri gruppi che si erano costituiti nel tempo, visto che tutta la parte superiore era usata come abitazione del parroco. Per anni e anni noi del Consiglio Pastorale abbiamo manifestato questa esigenza ma non abbiamo mai avuto orecchie sensibili, non tanto a risolvere il problema, ma neanche a compiere i primi passi per aff rontarlo. Finalmente, dopo circa 40 anni di peripezie e di girovagare nel deserto, il popolo ebraico, fuggito dall’Egitto, raggiunse la terra promessa. Anche a noi, dopo 40 anni di attesa, e varie crisi, giunge la notizia che si stavano attivando tutte le procedure per la costruzione della Chiesa nuova. Don Mario, nel frattempo viene sostituito dal nuovo parroco Don Michele Marino. Di colpo, in due anni cambia tutto. Si aggiunge nuovo dinamismo in tutte le cose, problemi che sembravano insormontabili, si risolvono in poco tempo, perchè qualcuno, fi nalmente, ha cominciato a pensarci e ad interessarsene. E si è giunti così al giorno di oggi, 8 Marzo 2009: la posa (benedizione) della prima pietra della nuova chiesa. ...>

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La società odierna sviluppa e accresce la mentalità del benessere perciò tutti sani, forti, belli, in carriera per raggiungere posizioni sociali di potere e/o di comando, macchine lussuose, case belle, viaggi etc. In questo contesto anche l’immagine della donna deve essere al passo, ovvero: di bella presenza, vestita alla moda, capelli sempre a posto, unghie laccate e che ricopra funzioni dirigenziali. Tutto sembra così scorrere fi no a quando qualche cosa accade nella propria vita che fa sperimentare la soff erenza nelle forme più svariate; ma ciò che più fa cadere tutte le illusioni, mettendo a nudo il vero volto della persona, è la malattia attraverso la quale chi ne è colpito percepisce la bellezza nella sua essenza del vivere e l’importanza dell’impiego del tempo. Proprio così è accaduto a molte donne e tra queste ricordo la testimonianza di una mia cara amica: giovane, bella, gioiosa, amante della vita che pensava le riservasse tante belle cose. Praticava vari sport era istruttrice di tennis, ed era anche una subacquea. Amava i viaggi in posti esotici, le feste, gli amici, gli animali e la natura tutta; dinamica, effi ciente, sicura di sé e con tanti bei ragazzi intorno. Era sempre piena d’impegni e non trascurava gli amici, anche se questi erano dall’altra parte del mondo. Riservata e sensibile spesso si fermava a contemplare il cielo stellato, un paesaggio o il volto di un bambino e tutto come se instaurasse un rapporto unico tra il suo essere e ciò che le era intorno. Quanti momenti trascorsi insieme, tutti indimenticabili. Ciò che caratterizzava la nostra amicizia erano i momenti trascorsi insieme in silenzio, ma con una profondità di condivisione, che sembravano dire tutto. Eppure lei, ancora doveva scoprire il vero senso della vita, che avvenne quando seppe di avere un tumore: da una vita bella, allegra e piena di aspettative cadde nell’abisso più profondo, nella solitudine personale ed esistenziale. Si è ribellata, ha lottato con tenacia, si è chiesta perché Dio permettesse questo e se esisteva, dov’era? Poi ha cominciato a guardare le soff erenze degli altri, ad amare gli altri fi no ad arrivare, una volta ricoverata, a dare coraggio alle altre pazienti: le aiutava, donava loro sorrisi e attenzioni. In lei, le altre donne trovavano comprensione, condivisione del dolore e aiuto, quando lo poteva dare. Attraverso questa sua immensa soff erenza, attraverso la soff erenza delle altre e attraverso parole di confronto e di conforto di alcune persone piene della “Grazia di Dio”, il suo cuore si è trasformato, la sua mente si è illuminata ed i suoi occhi “hanno visto”. Questo perché, nella criticità del momento, ha scoperto Dio e il suo immenso amore e il proprio amore per Lui, consapevole di essere profondamente amata da Lui. Non più sola, ha guardato alla fi ne come ad una nuova libertà, in una dimensione di amore puro ed eterno e all’incontro con il suo Amato. Della soff erenza, ha fatto così, un’off erta per sé e per gli altri, felice di incontrarsi con Dio e con le persone care che 1’avevano preceduta. Pensando a questa cara amica, alla sua conversione e alla sua accettazione come dono d’amore, non posso che dire: quanto amore ha Dio per ciascuno di noi! Sono molte le donne che per varie problematiche soff rono e devono aff rontare la vita giorno dopo giorno lottando contro ogni tipo di avversità dando così prova della loro forza, della loro serenità e della loro fede. Queste sono come delle lampade in quel buio di certi momenti della vita. Elena Giordano

Le solite persone disponibili hanno addobbato con bandierine e palloncini la strada della chiesa. La ditta affi dataria dei lavori ha predisposto una pedana per la celebrazione e un treppiedi che tramite una carrucola sostiene una pietra ben lavorata, con un foro centrale. Il nostro diacono factotum ha intanto predisposto all’esterno la solita amplifi cazione con le trombe, il coro é pronto all’animazione e i parrocchiani tutti pronti alla partecipazione. Il vescovo, arrivato abbastanza in anticipo, insieme con il segretario e don Antonio Montinaro, ha convocato tutti gli addetti per spiegare come si sarebbe svolta la cerimonia. Intanto sono arrivate le autorità politiche: il sindaco di Lecce Perrone, il presidente della Provincia Pellegrino, la senatrice Bortone Poli, Salvatore Capone ed altri. Erano altresì presenti le progettiste, l’artista che realizzerà il rosone ed alcuni rappresentanti della ditta che dovrà eseguire i lavori. Il Vescovo in processione con gli altri ministranti, dall’interno della chiesa si è recato sulla pedana predisposta, la comunità gli ha fatto corona ed egli ha iniziato la celebrazione. Dopo alcune preghiere e la lettura di un brano del Vangelo, in un breve discorso ha sottolineato come ha accentuato il suo impegno per aver visto le necessità della parrocchia ed ha fatto un rendiconto di tutte le problematiche e le procedure aff rontate per arrivare alla situazione attuale; problemi di ordine economico, di ordine logistico e amministrativo, risolti tramite le sue conoscenze e tramite l’interessamento di alcuni politici, di cui alcuni tra i presenti. Sua Eccellenza quindi, puntualmente ha ringraziato tutti per il contributo dato in tutte le varie fasi. Successivamente, benedetta la pietra predisposta, il vescovo ha fatto leggere al parroco la pergamena “Verbale di posa prima pietra”, e l’ha fatta inserire nel foro praticato all’interno della pietra stessa, che è stata quindi posizionata dagli addetti della ditta edile e bloccata con un po’ di malta. Successivamente, accompagnati dal canto ci si è recati in chiesa dove il Vescovo ha celebrato messa. Ora noi siamo in attesa che i lavori inizino veramente, sperando di non dover aspettare per molto tempo. Come fatto bene augurante in questo senso, ieri una folata di forte vento ha provveduto a smantellare la parte superiore, quella ornamentale, del muro di cinta che dovrà essere abbattuto, a confi ne col suolo dove verranno eseguiti i lavori, dando inizio di fatto alla nuova realizzaione. Giovanni Contino

Donne lampade nel buio

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Forse non tutti sanno che le PP.OO.MM. (Pontifi cie Opere Missionarie) hanno lo scopo di “promuovere lo spirito missionario universale in seno al popolo di Dio”. All’interno delle PP.OO.MM., la P.O.I.M. (Pontifi cia Opera dell’Infanzia Missionaria) è un servizio alla Chiesa Universale per creare una coscienza missionaria nei bambini e nei ragazzi e aiutarli a vivere in pienezza il mandato ricevuto da Gesù nel battesimo: “Avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fi no agli estremi confi ni della terra” (At.1,8). Ogni battezzato è missionario! La P.O.I.M. nel mondo è presente in 150 nazioni e sostiene progetti di solidarietà che aiutano i bambini dei 5 continenti fornendo loro: cibo, vestiario, medicine, casa, scuole, formazione.… Gli ambiti d’impegno dei missionari sono: pastorale d’infanzia, educazione prescolare e scolare, animazione e formazione cristiana e missionaria, protezione della vita.In tutto il mondo la P.O.I.M. sta aiutando 20 milioni di bambini. I bambini aiutano i bambini sostenendo: scuole materne, scuole primarie e secondarie, ospedali, dispensari, orfanotrofi , scuole di catechesi. Un po’ di storia ci aiuterà a capire meglio: la P.O.I.M., in Italia, nasce nel 1853 e il 3 maggio 1922 il Papa riconosce quest’opera come Pontifi cia. Ha le sue radici in Francia, infatti il 19 maggio 1843 si riunisce a Parigi il primo Consiglio dell’Opera dell’Infanzia Missionaria che in pochi anni si diffonde in tutto il mondo, grazie a Mons. Charles de Forbin-Janson, vescovo di Nancy in Francia, che visse tra la fi ne del XVIII e l’inizio del XIX secolo. In quegli anni dalla Cina, arrivano notizie tristi riguardo ai bambini, venduti dalle loro madri, oppure uccisi alla nascita. Mons. Charles, che desiderava partire missionario, non ebbe mai la possibilità di realizzare il suo sogno. Da lontano si impegnò a sostenere le missioni spronando la gente alla solidarietà. Dopo un incontro a Lione con Pauline Jaricot (Fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede), ebbe un’intuizione geniale: coinvolge nella missione tutti i bambini cristiani: “I bambini aiutano i bambini”! Questo è ancora oggi il motto dell’Infanzia Missionaria. Nel maggio 1843 fa un appello ai bambini francesi: aiutate i vostri fratelli cinesi! Come? Con la preghiera di ogni giorno e una piccola offerta al mese. Così viene garantito il battesimo ai piccoli in pericolo di vita. Anche noi oggi possiamo aiutare i bambini nel mondo, educando i nostri bambini alla preghiera ogni giorno e a fare di tanto in tanto una piccola rinuncia. Ma anche attraverso una giornata gioiosa quale può essere la “Giornata Missionaria dei Ragazzi”, si può aiutare chi è più sfortunato di noi.Con la Giornata Missionaria dei Ragazzi (tenutasi eccezionalmente il 15 marzo scorso, in quanto è una festa natalizia) abbiamo visto riunirsi anche quest’anno tutti i bambini e i ragazzi delle parrocchie della Diocesi di Lecce al nuovo Seminario. Filo conduttore è stato, come ben sappiamo, il Battesimo e San Paolo.Un grande volto dipinto di Gesù, faceva da scenario alle diverse esibizioni dei ragazzi e tanti palloncini colorati per terra rallegravano il pavimento della grande sala.Abbiamo vissuto tutti, un pomeriggio in allegria partecipando alla gioia dei fanciulli protagonisti della festa, attraverso balli, canti e recite anche di una semplice poesia.Un mago poi, ha sbalordito grandi e piccoli con le sue prestidigitazioni. Il mercatino e i doni portati dalle parrocchie alle missioni, hanno fatto si che anche in un momento di allegria ci si ricordasse dei piccoli meno fortunati sparsi per il mondo.Ecco ragazzi apriamo il nostro cuore a chi è meno felice di noi e sull’esempio di San Paolo, l’apostolo delle genti che ha compreso che lo Spirito di Cristo non è soltanto presente nella Chiesa, ma anche fuori di essa, sulle sue parole “Guai a me se non predicassi il Vangelo”, lasciamoci condurre da lui verso Cristo, Colui che non possiamo stancarci di donare ad ogni uomo, donna e bambino della terra. Catechista M. Rosaria Giannone

GIORNATA DELL’INFANZIA MISSIONARIA“I bambini aiutano i bambini”

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La crisi economica che ormai da diversi mesi attanaglia l’intero pianeta, creando gravi disagi nella vita quotidiana ad ampi settori della popolazione in tutti i continenti, ha reso quanto mai necessaria una seria rifl essione sui valori fondamentali, sugli obiettivi di fondo e sugli strumenti operativi che devono connotare l’attività di creazione e distribuzione della ricchezza e delle risorse monetarie nell’ambito di ciascuna comunità nei diversi contesti geopolitici. Dalla metà dell’Ottocento l’economia è il terreno di scontro nel quale si sono ripetutamente confrontati, anche con toni accesamente polemici e financo bellicosi, due opposte concezioni politico-ideologiche: il liberismo, fautore dello spontaneo esplicarsi del mercato, inteso come complesso di soggetti economici autonomi operanti senza alcuna regola e nell’assoluta neutralità dei pubblici poteri, e il socialismo (poi via via degenerato nel marxismo), propugnatore della sostanziale abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e dell’attribuzione allo Stato di un ruolo esclusivo e dominante nella gestione della vita economica. La storia dell’ultimo secolo ha innegabilmente sancito la condanna senza appello di questi modelli di organizzazione economica, che sono entrambi miseramente falliti lasciando un pesante strascico di squilibri, ingiustizie sociali, disoccupazione, povertà, disordini politici e negazione di valori di civiltà. Anche i recenti sviluppi negativi della situazione economica globale confermano la perdurante validità della opzione posta a metà strada tra il liberismo e il collettivismo, secondo la quale accanto alla libera iniziativa privata deve esplicarsi anche l’azione diretta dello Stato e degli altri enti pubblici, per indirizzare ai fi ni di sviluppo e di interesse generale la vita economica della comunità e promuovere i necessari interventi nei settori strategici ove è inopportuna e controproducente la presenza di operatori miranti al solo profi tto personale. Tale concezione ha avuto modo di realizzarsi con risul-tati indubbiamente positivi in diverse esperienze storiche, in particolare nel mondo occidentale (negli Stati Uniti del Presidente F.D. Roosevelt dal 1933, in Italia, in Gran Bretagna, in Svezia, in Germania nel dopoguerra). E anche gli indubbi aspetti negativi presenti in questo modello, dovuti soprattutto all’incontrollata espansione della spesa pubblica e alle degenerazioni politico-Clientelari, non hanno impedito il conseguimento di un ineguagliabile sviluppo economico con un benessere diffuso per estesi settori della popolazione. Negli ultimi decenni l’azione dei pubblici poteri in economia si è notevolmente ridotta, fi n quasi a scomparire del tutto, nell’illusione che una compiuta liberalizzazione di tutti i settori economici garantisse un più elevato sviluppo e una maggiore produzione e distribuzione di ricchezza. A smentire tale chimera sono sopraggiunti gli inevitabili mali che accompagnano sempre l’azione dell’uomo quando è finalizzata all’esclusivo conseguimento del profitto (speculazione,

illeciti, inosservanza dei diritti dei lavoratori, sfruttamento delle persone, precarizzazione, riduzione dei servizi pubblici anche essenziali, e via dicendo). E la grave crisi in cui sono precipitati numerosi settori economici, fi n’ora gelosi della loro assoluta libertà e refrattari ad ogni regola limitativa di interesse collettivo, ha reso necessario l’intervento degli stati per l’iniezione urgente di risorse monetarie ed il salvataggio con denaro pubblico di strutture private (banche, imprese, società fi nanziarie), altrimenti destinate al tracollo, con buona pace della favolistica capacità del mercato di garantire lo sviluppo. Queste vicende dimostrano una volta per tutte che l’attività economica, al di là delle differenti posizioni politiche, non può non essere guidata da forti valori di riferimento che mettano sempre in primo piano il rispetto assoluto della dignità di ogni uomo ed il diritto di ogni comunità ad un giusto sviluppo complessivo, che miri all’eliminazione e alla prevenzione di ogni forma di povertà e di emarginazione ed assicuri uno stabile e duraturo equilibrio. Tale risultato può essere conseguito solo con una concertata e leale collaborazione tra poteri pubblici e soggetti privati, nel rispetto reciproco delle rispettive peculiarità ed ambiti di azione, però nella prevalenza degli interessi generali. Questo peraltro è l’insegnamento della dottrina sociale cattolica, così come si è venuta elaborando a partire dall’enciclica Rerum Novarum e via via attraverso i successivi documenti del magistero ed in particolare la costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, che rimane tutt’ora attuale nelle sue intuizioni profetiche sulla necessità di mantenere l’economia al servizio esclusivo dell’uomo nel rispetto degli equilibri dell’ambiente naturale del nostro pianeta: “Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo dell’uomo, e non si deve abbandonare all’arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità politica, né di alcune più potenti nazioni. E’ necessario egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e delle loro libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo conveniente ed organico con la molteplice azione delle pubbliche autorità. Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al solo svolgersi quasi meccanico della attività economica dei singoli né alla sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto di quelle che sacrifi cano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi all’organizzazione collettiva della produzione” (GS N. 65). La nuova economia richiederà inoltre un profondo rilancio degli studi teorici, che restituiscano a tale disciplina la sua antica e importante funzione di cervello dello sviluppo e del progresso umano.

Giorgio Serafi no

PER UNA NUOVA ECONOMIA

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SPAZIO GIOVANI

Sono lontani oramai i tempi in cui la maggior parte di noi giovani s’incontrava nella parrocchia del proprio quartiere per passare un po’ di tempo con i propri amici e per ascoltare la parola del Signore. Sarebbe un’ipocrisia oggi aff ermare che i giovani considerano la chiesa, una guida valida per la propria esistenza o meglio ancora un libro magico contenente tutte le risposte agli interrogativi più complessi, tipici della nostra età. E’ evidente quindi che il rapporto giovani - chiesa, considerato un vero e proprio punto di forza per le generazioni passate, probabilmente non lo sarà più per quelle future. E allora l’interrogativo sorge spontaneo: perché i giovani oggi sono sfi duciati nel rapporto con la chiesa? Ma soprattutto le cause che hanno portato alla rottura di questo rapporto sono da ricercarsi in noi giovani o all’interno stesso della chiesa? Per quanto concerne il primo interrogativo, è indubbio che le risposte possano essere molteplici, diverse a seconda del punto di vista e dello stile di vita di ciascuno di noi giovani... infatti il giovane con ideali più progressisti troverà la chiesa poco moderna su tematiche importanti al centro di dibattiti fi losofi ci, politici e sociali che coinvolgono la nostra società, come ad esempio l’eutanasia, e magari il giovane più intransigente troverà in essa un’evidente incoerenza rispetto alla parola di Dio. E’ altrettanto vero però, che purtroppo nel mondo di noi giovani, ci sono tanti pregiudizi nei confronti di questa grande istituzione, ossia in una comunità dove bere e fumare sono diventati passaggi obbligatori per diventare “grandi”, (grazie a Dio non per tutti), ascoltare rifl essioni intorno alla parabola del buon samaritano, risulta superfl uo e talvolta noioso. Inoltre, un’altra accusa mossa dalla nostra generazione concerne il fatto che ciò che la nostra religione ci dice risulta certamente un lievito straordinario per accrescere moralmente la nostra società, poco risolutivo però sul piano pratico. Quante volte infatti dovrò porgere l’altra guancia quando per strada qualcuno potrà ripetutamente farmi violenza? Se da una parte quindi sono i giovani che si allontanano volontariamente dalla chiesa a causa di una generale crisi dei valori che investe tutti noi, indistintamente, dall’altra è pur vero che la chiesa non sembra stare al passo con i tempi. E dunque cosa fare per venirci incontro? Il giorno in cui i giovani torneranno nelle proprie parrocchie, leggeranno la bibbia e faranno di Dio il centro della propria vita, allora vorrà dire che qualcuno avrà trovato la rispostaa concreta a questa domanda alla quale purtroppo mi è diffi cile rispondere. Anna Baglivi

I giovani e la Chiesa

Eccoci qua... Anche quest’anno milioni di ragazzi dovranno aff rontare la tanto famigerata maturità. Ma sicuramente tutti si chiederanno cosa signifi ca sostenere l’esame di stato, anche perché al di là di questioni formali rappresenta insieme alla laurea, un passaggio forte e determinante. È il momento in cui entri a far parte della società, nel mondo del lavoro. È il momento in cui la condizione di ragazzo-studente è sostituita da quella di adulto-collega, inserito a pieno titolo nella comunità professionale e scientifi ca. Wou!! Suona bene, ma spaventa tanto. Ogni studente all’inizio del quinto comincia già a rifl ettere sugli esami; una volta passati i primi cinque-sei mesi si inizia ad avvertire una certa tensione, via via più forte. Infatti si iniziano a fare i primi conti (la media dei voti, i punteggi delle prove d’esame scritte, i crediti accumulati...) per tenere la testa occupata e permettere di regolarsi sull’esito complessivo. Come tutti sappiamo l’esame crea anche panico tra gli studenti: non è più una questione di voti, questa volta ci siete “voi” e loro (i prof ) e ciò che per “voi” è di vitale importanza per loro è routine. E allora? Dovete fare il massimo, “solo” questo. Per sostenere gli esami è importante “ragionare” e non perdere il controllo, aff rontarli con “grinta”, con le idee molto chiare, anche se è diffi cile stare lì davanti alla commissione così temuta, che durante l’anno ha sostenuto e valutato gli alunni. Ma prima di iniziare con lo studio gli studenti si concedono una pausa (avete sentito parlare dei cento giorni agli esami?) rigorosamente voluta dagli alunni in cui è possibile festeggiare, sfogarsi, e passare uno degli ultimi momenti in compagnia prima di abbassare la testa sui libri e aff rontare l’ultimo rush fi nale. Tempi e modi dei festeggiamenti variano, ma tutti proprio tutti, non rinunciano a un evento che ricorderanno per tutta la vita.E poi la notte prima degli esami... Cosa accadrà? Ci sarà sicuramente tanta tensione e ansia. Ma si studierà tutto il tempo? 0 no? Chi lo sa... Anche io quest’anno dovrò sostenere l’esame di stato. Già da adesso ho accumulato tanta tensione e ansia, ma soprattutto penso al momento in cui mi troverò davanti a tutta la commissione. A quel punto ci sarà qualcosa dentro di me che mi dirà: “bè ora tocca a te, fai vedere chi sei, parla e non avere paura, questo è solo l’inizio di una

partita tutta da giocare e vince chi ha più grinta, chi sa chiaramente quello che vuole... E tu vuoi avere un futuro!!!!!!!!!!” Alessia Paladini

Aspettando la Maturità

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STORIELLA DI PRIMAVERA La prima scoperta dell’uomo Era la mattina successiva al giorno che Dio aveva creato l’uomo. La giornata si presentava bellissima. Il cielo era limpido, l’aria fresca e tersa, c’era anche una lieve brezza a smuovere quell’aria ancora incontaminata. Tutte le piante del creato erano fi orite e si sentiva il profumo di ciascun fi ore trasportato dalla brezza mattutina. Tutti gli animali che erano stati appena creati stavano in giro alla ricerca di cibo, di un luogo dove stabilirsi defi nitivamente nel corso della vita e dove anche riprodursi. L’uomo stava dormendo perché era stanco per la fatica soff erta il giorno prima all’atto della sua creazione. Poi ad oriente cominciò a sorgere il sole; così l’uomo si svegliò dal primo sonno dacché era stato creato. Prima si passò tutte e due le palme delle mani sul viso, poi aprì gli occhi alla luce per la prima volta; si levò in piedi e fu subito soddisfatto di starci bene su due gambe, con la testa posta sulla parte più alta del corpo, in posizione dominante, non come quei quadrupedi che gli stavano intorno, un po’ più simile a come stanno gli uccelli, solo che non poteva volare, ma, tutto sommato andava bene anche così. Si guardò tutt’intorno dall’alto della sua statura e scorse più in là uno specchio d’acqua. Decise di incamminarsi in quella direzione, così mosse i primi passi. Mentre era in cammino, volgendo lo sguardo a lato, più in basso, notò una sagoma che lo seguiva, si muoveva, si fermava, riprendeva il cammino, proprio come faceva lui; persino si toccavano se le tendeva la mano. Fu così che strada facendo cominciò a pensare che forse quella sagoma, in tutto e per tutto simile a sé stesso, potesse essere un dono del creatore, la sua inseparabile compagna, e come prima decisione la volle chiamare proprio così: Ombra.

Da una elaborazione di Luigi e Salvatore Perfetto

POESIE PASQUALI

Let us PrayerDear God, thank You that You sent Your Son,Jesus, to die our sins. Thank You that Hearose from the dead and is now living;and becouse He lives, we can ave eternal life.In Jesus‛ Name.

Preghiamo

Caro Dio,grazie di aver inviato il Tuo FiglioGesù a morire per i nostri peccati.Grazie, che è risorto dai morti,ed ora vive, e vive perché possiamoavere anche noi la vita eterna.Nel nome di Gesù

Giuseppe Montauti

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Numeri utili

Parrocchia San Bernardino RealinoVia degli Oropellai,10

73100 Leccetel 0832/359014

cellulare 3389769293

email [email protected]

Sito internet parrocchialewww.sanbernardinorealino.com

Fuecu nesciu 8 pg 12 Impaginazione Giovanni Contino

Continua nella nostra parrocchia la raccolta dei tappi di plastica del progetto ‘KENDA’ per la realizzazione in Africa di alcuni pozzi d’acqua.

Domenica ore 8,30 - 10,30 - 18,30giorni feriali ore 18,30

Dall’ultimo Sabato e Domenica di Aprile

Messa Vespertina ore 19,30

Disponibilità per le confessioni

Ogni Venerdi ad eccezione della mattinata del 1° Venerdì di ogni mese dalle ore 9,00 alle 12,00 dalle ore 16,30 alle 18,30

Prove di Canto Ogni Martedi dalle ore 19,00 alle 20,00

BBuuoonnaa PPaassqquuaa

Si cercano persone per il coro Si cercano persone per il coro parrocchialeparrocchiale

L‛isolamento geografi co del Salento ha potuto mantenere gli usi e i costumi gastronomici antichi anche se in passato ha subito l‛infl uenza dei popoli che lo hanno occupato.Greca è la “Frisa”, come anche le “Cuddhure”, le “Puddhriche”, mentre sono romani gli “gnummarieddhri”, la “Licurdia”; normanni il “Ragù”, il “Sartù”; infi ne di provenienza araba la “Cupeta”, il “Sorbetto”, la “Bottarga” e i favolosi dolcetti di pasta di mandorla a cui le nostre nonne hanno dato poi le forme desiderate, secondo il calendario delle feste religiose, come ad esempio nel tempo natalizio il pesce decorato con Anisini e chicchi di caffè e per le feste pasquali l‛agnello con la gustosa Faldacchiera. La cucuina salentina è comunque cucina contadina, ricca di fantasia, ma povera di ingredienti, dalle erbe spontanee cotte in mille modi ai legumi, pasto in passato dei poveri, che, si diceva “‛ntostanu l‛osse”. Prodotto principale è l‛olio d‛oliva, frutto dei millenari ulivi che hanno l‛aspetto di sculture naturali. Una cucina comunque in cui tutto si utilizza, nulla si spreca. Marinella Serafi ni

Profumi e sapori pasquali della cucina Salentina.

Annulieddu a lu furnu

Tipico della Penisola Salentina. Agnellino di latte, tagliato a pezzi, disposto in teglia di coccio con qualche spicchio d‛aglio, un po‛ d‛acqua, sale, patate a spicchi, uno strato di fettine di pane duro, una buona spolverata di mollica fresca, una croce di olio d‛oliva e mandato in forno.

Treccia pasquale

Ingredienti (6 persone): 500 g farina, sale, 100 g zucchero semolato, 100 ml olio di oliva, 3 cucchiai circa di latte, 1 uovo col guscio, 1 uovo, olio zucchero al veloPreparazione: Mescolate la farina con lo zucchero e un cucchiaino di sale. Fate la fontana, versate al centro l‛olio e impastate unendo la quantità di latte tiepido necessaria per ottenere una pasta dalla giusta consistenza. Lavoratela energicamente per 5 minuti e dividetela poi in tre pezzi uguali (tenete da parte un pezzetto per decorazione) che arrotolerete in modo da ottenere tre lunghi cilindretti a cui darete la forma di una treccia, con le due estremità unite, che poi accomoderete su di una placca unta con un po‛ di olio. Nel punto di unione della treccia affondate un uovo crudo e col piccolo ritaglio di pasta fate 4 striscioline sottili che sistemerete incrociate sull‛uovo. Pennellate la superfi cie della treccia con il secondo uovo sbattuto e fate cuocere nel forno caldo a 180 gradi per circa 30-40 minuti. Deve risultare di un bel colore dorato e va mangiata fredda spolverizzata con dello zucchero a velo.

Orario delle Sante Messe