gens italica - settembre 2013

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SETTEMBRE DUEMILATREDICI G ENS ITALIC A LA RIVISTA DEGLI ITALIANI GOLPE IN EGITTO STRAGE DI INNOCENTI RISCHIO GUERRA MONDIALE IN SIRIA

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La rivisita degli Italiani - Periodico di politica ed attualità

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Page 1: GENS ITALICA - settembre 2013

S E T T E M B R E D U E M I L A T R E D I C I

GENS ITALICAL A R I V I S T A D E G L I I T A L I A N I

GOLPE IN EGITTOSTRAGE DI INNOCENTI

RISCHIO GUERRA MONDIALE

IN SIRIA

Page 2: GENS ITALICA - settembre 2013

- Editoriale: Golpe in Egitto. Strage di innocenti. Rischio guerra mondiale in Siria

- Il pentagono prepara la guerra in Siria

- Siria, la demonizzazione preventiva

- Carla del Ponte: Le armi chimiche in Siria sono state usate dai ribelli

- Siria: Le atrocità dei ribelli sui cristiani

- La guerra all’Iran si avvicina

- Se Assad cade vince Al Qaeda

- Mark Weber: Un profilo biografico

- Uno sguardo sulla Lobby ebraica in America

- Cospirazione e anticospirazionisti

- Rupert Murdoch e Lord Rothschild i baroni petroliferi della Siria occupata

- La Russia di Putin vuole la pace ma si prepara alla guerra

- L’intervista: Valerio Cignetti segretario generale AEMN

- Storia della Gens Italica: Idistaviso. La rivincita del Teutoburgo

- Geni Italiani: Enrico Fermi

- Attentato a Viktor Orban, primo ministro ungherese

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Editore: Associazione Culturale “Guglielmo Oberdan” Anno VII – settembre/ottobre 2013Registrato presso il Tribunale di Udine, numero 1 del 10 gennaio 2007Direttore responsabile: Stefano Salmè In redazione: Walter Qualizza, Daniela Perissutti, Massimiliano Panero,Flores Tovo, Andrea Santarossa, Athanasios [email protected]

In questo numero

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S IT

ALI

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La “primavera dei popoli arabi” che sembrava sul punto di avverare la famosa profezia del futurologo Fu-kushima sulla “fine della storia”, de-mocratizzando anche i riottosi paesi arabi alla democrazia parlamentare occidentale, è fallita.Le immagini sul golpe militare in Egitto, la strage di innocenti manife-stanti che chiedevano la liberazione del presidente egiziano deposto Mor-si e la contemporanea liberazione del vecchio dittatore Mubarak, han-no riportato indietro le lancette della storia.Parlare di golpe non sottintende un giudizio positivo sull’operato del

governo Morsi, sostenuto dal partito islamista dei “Fratelli Mussulmani” che, invece, a nostro avviso dimo-strava chiaramente l’inconciliabi-lità del “pensiero islamico” con la democrazia di tipo occidentale, ma chiama con il suo nome proprio, il rovesciamento di un governo legitti-mamente eletto da parte dell’esercito egiziano.Quello che è avvenuto oggi in Egitto con il sostegno esplicito di Israele e con la complicità tacita di Stati Uniti ed Europa, è esattamente il film già visto nel 1992 in Algeria. Nel 1989 (caduta del muro di Berlino) l’Alge-ria avviò una riforma della sua co-

stituzione in senso democratico. Le elezioni amministrative del 1990 fu-rono stravinte del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) di Abassi Madani, Ali Belhadj e Abdelkader Hachani. Nel dicembre del 1991 il FIS vinse anche le elezioni politiche ma nel gennaio del 1992 i militari algerini, per im-pedire l’ascesa al potere del FIS, con un golpe militare instaurarono una dittatura che provocò una sanguino-sissima guerra civile i cui strascichi sono ancora presenti nel paese. Tutti i governi occidentali finirono per appoggiare il governo milita-re algerino considerandolo il “male

minore” rispetto al pericolo di una “islamizzazione del paese” da parte del FIS. In quel caso non ci furono “carte dei diritti dell’uomo”, “alti commissariati dell’ONU”, che difen-dessero il diritto democratico degli algerini ad autodeterminarsi, né “in-terventi umanitari” a suon di bombe e missili (come accadrà l’anno dopo nel Kossovo) che restaurassero la de-mocrazia calpestata.La verità è che il “caso Algeria” del 1992 ,come del l’Egitto di oggi, dimostrano che “i sacri principi de-mocratici” nei paesi arabi (ma come vedremo anche in Europa) sono ri-spettati unicamente se a vincere sono partiti o regimi che garantiscono la sostanziale sudditanza all’asse Isra-ele-Stati Uniti-Gran Bretagna, che dal dopoguerra determina gli even-ti (quelli manifesti e quelli nascosti all’opinione pubblica) nel Medio Oriente ed in generale nel mondo.Questo dimostra l’ipocrisia dell’Oc-cidente, pronto a scatenare guerre per l’affermazione dei “sacri principi democratici” se questo può giovare ai propri interessi geopolitici, (ed economici) ma pronto pilatescamen-te a lavarsene le mani quando demo-craticamente vincono partiti non così pronti a svendere gli interessi e la cultura della propria Nazione.Ma la velocità dei fatti nel Maghreb e nel vicino Oriente di oggi ci co-stringe a volgere lo sguardo verso la Siria, paese tormentato da due anni e mezzo di guerra civile. Una guer-

Golpe in Egitto.Strage di innocenti.Rischio guerra mondiale in Siria

L’ editoriale ra civile nata sulla scia delle cosid-dette “primavere arabe”, fortemente infiltrata da terroristi legati ad Al Qaeda generosamente finanziati dai paesi del Golfo, legati ai ribelli da quella “solidarietà sunnita” che vede nell’Alawita (mussulmano sciita) Assad un ostacolo alla supremazia saudita nell’area.La storia di Assad, un oculista che ha studiato a Londra, che ha sempre di-feso il pluralismo religioso in Siria, proteggendo i cristiani dalla pressio-ni del fondamentalismo islamico, in-duce a credere ben poco rispetto alla propaganda dei mass media occiden-tali mainstream, tutti accucciati sulle posizioni israeliane ed anglo- ameri-cane. La realtà è che Damasco è en-trata in un gioco (pagato con la morte di 100000 cittadini siriani) geopoliti-co ampio, dove gli attori internazio-nali utilizzano la Siria come campo di battaglia per i loro interessi.Non è difficile vedere l’interesse di Israele che vuole a tutti i costi una “guerra preventiva” contro l’Iran che sembra sul punto di possedere l’ato-mica. Si vuol far entrare dalla finestra un conflitto che non si riesce a far entrare dalla porta (gli iraniani sono dei gran giocatori di scacchi). Anche se Israele non riuscisse a provocare subito un conflitto con gli ayatollah, far fuori Assad oggi, significherebbe eliminare l’ultimo alleato mediorien-tale della repubblica Iraniana.Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, sostengono ovviamente le posizioni

di Israele considerata come il mi-glior alleato dell’Occidente in Medio Oriente (senza considerare la gran-de influenza della comunità ebraica negli USA) e tacciono un obiettivo geopolitico di vecchia data, esclude-re la Russia dal bacino del Mediter-raneo. La sconfitta di Assad infatti (come avvenuto in Libia) avrebbe come conseguenza diretta una sorta di governo fantoccio nelle mani di sauditi ed occidentali che togliereb-be ai russi lo strategico controllo del porto siriano di Tartus, unico scalo della marina militare russa nel medi-terraneo. Vi sono poi come sempre in Medio Oriente, grandi interessi energetici, considerando che nel mediterraneo orientale è stato individuato il più grande bacino di gas off shore, con riserve stimate maggiori di quelle petrolifere dell’Arabia Saudita.Ad oggi (5 settembre) l’intervento militare occidentale, dopo un pre-sunto (molto presunto) uso di armi chimiche da parte dell’esercito si-riano, pare prossimo, nonostante la ferma opposizione (che ha spiazza-to molti occidentali) della Russia di Putin, sempre più protagonista sulla scena internazionale. La goffaggine, i tentennamenti, la mancanza di una visione globale, da parte del presi-dente Obama, fanno da contraltare alla fermezza, alla lungimiranza ed ad una visione multipolare del pre-sidente Putin.E’ probabile che alla fine un limitato

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intervento militare ci sarà. Immagi-niamo che si cercherà di colpire i reparti di èlite dell’esercito siriano al fine di dar fiato ai cosiddetti ribelli che appaiono in ritirata su tutti i fron-ti e che senza l’aiuto di sauditi ed oc-cidentali da molto tempo sarebbero già stati sconfitti.La partita è rischiosa, e se anche Papa Bergoglio, mette in guardia dai peri-coli di una nuova “guerra mondiale”, l’Italia, capitale morale del Medi-terraneo, non deve, non può non far sentire con forza la propria voce.Come spesso è accaduto nella storia (vedi prima guerra mondiale) il ri-schio è che un conflitto che si vole-va limitato divenga, per una serie di azioni e reazioni, globale, con con-seguenze disastrose, in primo luogo per quelle nazioni che nel Mediterra-neo ci vivono. Un noto settimanale italiano ha cal-colato in un miliardo di euro il costo di un’eventuale guerra in Siria. Ma questo è ovviamente un calcolo mi-nimalistico, che non tiene conto del-la possibilità che il conflitto da locale possa trasformarsi in regionale e poi globale.Aumento del costo del petrolio, nuo-vo esodo di popolazioni mediorien-tali in Europa ed in primis in Italia. Insomma se la guerra verrà forse combattuta dagli Stati Uniti il costo però sarà essenzialmente pagato dai popoli che del Mediterraneo fanno parte. Senza considerare che la man-

cata crescita del nostro Mezzogiorno (oltre ovviamente a cause locali) è dovuta anche al fatto che sono de-cenni che il “mare nostrum” è in una perenne, endemica situazione di con-flittualità.Nel novecento gli Stati Uniti pro-muovevano l’indipendenza di tutti gli stati del continente americano sulla base dello slogan “l’America

agli Americani”, è troppo chiedere oggi agli statunitensi di essere coe-renti e di lasciare che siano Europei e popoli del mediterraneo a gestire il loro destino?

Stefano Salmè

Il pentagono preparala guerra in Siria

La Siria non ha alcuna responsabilità per l’incidente di mercoledì. Prove convincenti incolpano gli insorti.Il 25 agosto, Reuters , CBS News, il Guardian di Londra e altre fonti di notizie titolavano la stessa storia.Un alto funzionario della Casa Bian-ca, rimasto Anonimo, ha riferito che non ci sono “molti dubbi” sul fatto che Assad abbia usato armi chimiche contro i civili la scorsa settimana.L’Intelligence USA non ha basato la sua valutazione su prove credibi-li. Lo ha fatto basandosi solo su “il numero riportato di vittime e di testi-monianza indirette.”Il funzionario ha anche detto che il

governo siriano non ha lasciato agli investigatori dell’ONU ispeziona-re il sito, per permettere in questo modo alle sostanze chimiche usate di disperdersi assieme alle prove tangi-bili.Al contrario Assad ha collaborato pienamente. Funzionari siriani e del-le Nazioni Unite hanno concordato in anticipo quelli che sarebbero do-vuti essere i siti esaminati.Domenica scorsa, la Siria ha accet-tato di lasciare che gli investigato-ri dell’ONU ispezionassero il sito Ghouta. Lo ha fatto però facendo no-tare che il territorio è sotto il control-lo degli insorti e pertanto la protezio-

ne non poteva essere garantita.Poco dopo è arrivata la tipica rispo-sta Americana, una dichiarazione che marcava il fatto che il permesso siriano, per visitare i luogo del fanto-matico attacco chimico, sia arrivata troppo tardi.L’anonimo funzionario della Casa Bianca ha mentito naturalmente. La risposta di Domenica è stata doppia. La chiara evidenza dei fatti smenti-sce quindi le false affermazioni della Casa Bianca.Il 25 agosto, AP titolava: “il Segre-tario alla Difesa Hagel dice che gli USA stanno ancora soppesando la risposta da dare in Siria.”

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Esercito italiano Alessandro Carrisi, caporale; Emanuele Ferraro, caporale maggiore capo; Massimo Ficuciello, tenente; Silvio Olla, maresciallo; Pietro Petrucci, caporale.

Hagel si è guardato bene dall’entrare nel dettaglio e parlare di piani speci-fici. Alla domanda se fosse una que-stione di quando, non se, ha detto:“Quando avremo più informazioni la risposta sarà chiara.” Il suo tono sug-geriva chiarezza. In realtà i funzio-nari di Obama hanno mostrato il loro lato più autentico: la non necessità di una prova credibile.“Ci sono rischi per qualsiasi opzio-ne. Qualunque decisione avrebbe conseguenze, sia che si faccia qual-cosa sia che si resti inerti.” Hagel ha aggiunto.“Bisogna arrivare al nocciolo del-la questione di quello che sarebbe l’obiettivo sia che si decida di inter-venire, sia che si decida non perse-guire alcuna azione. Tutte queste va-lutazioni sono sul tavolo e vengono continuamente vagliate.”Hagel è stato volutamente vago. Una lingua biforcuta e piena di retorica non può mascherare la lunga politica di cambiamento di regime voluto in Siria.Il 24 agosto, a Londra il Guardian ti-tolava “Siria: Cameron e Obama si muovono verso ovest, e sono più vi-cini ad un intervento”, dicendo:Hanno parlato Sabato. Il tempo sta per scadere, hanno detto. L’hanno detto molte volte prima. Forse questa volta fanno sul serio. Entrambi i lea-der “sono d’accordo che un presunto attacco chimico necessita di una ‘ri-sposta seria.’ “

Un portavoce ha dichiarato: “ Il pri-mo ministro e il presidente Obama sono entrambi gravemente preoccu-pati per l’attacco che ha avuto luogo a Damasco, il mercoledì e i crescenti segnali che questo sia stato un signi-ficativo attacco con armi chimiche condotto dal regime siriano contro il proprio popolo. ““Essi hanno ribadito che l’uso signi-ficativo di armi chimiche meritereb-be una seria risposta da parte della comunità internazionale, ed entram-bi hanno incaricato i funzionari di esaminare tutte le opzioni.”Il ministro degli Esteri britannico William Hague ha chiamato l’inci-dente “un attacco chimico da parte del regime di Assad.”Il ministro degli Esteri francese Lau-rent Fabius ha detto che “tutte le informazioni a nostra disposizione convergono per indicare che ci fu un massacro chimico nei pressi di Da-masco e che il governo di Assad è responsabile”.Il 25 agosto, Itar Tass intitolava “Il Pentagono si sta preparando per ini-ziare l’intervento militare in Siria”, dicendo:“[L’intervento in Siria] Inizierà se il presidente Barack Obama prenderà una decisione sulla Siria, ha riferito il Segretario della Difesa degli Stati Uniti Chuck Hagel.”“Ha detto che il Pentagono aveva chiesto al Dipartimento della difesa di prendere in considerazione diver-

se linee di azione che possano adat-tarsi alle diverse situazioni, e l’eser-cito americano è pronto a sceglierne uno di essi.”In un articolo non più accessibile del 29 Gennaio 2013, il UK Daily Mail pubblicò un rapporto intitolato “Pia-no di appoggio per lanciare attacchi chimici contro la Siria e dare la colpa a regime di Assad”, dicendo:“Alcune E-mail trapelate hanno pre-sumibilmente dimostrato che la Casa Bianca ha dato il via libera a un at-tacco di armi chimiche in Siria, che potrebbe essere attribuito a regime di Assad e, a sua volta, per stimolare l’azione militare internazionale nel paese devastato.”“Un rapporto pubblicato il Lunedi contiene uno scambio di email tra due alti funzionari britannici che parlavano di un piano ‘approvato da Washington’ che delinea la strategia in cui il Qatar avrebbe finanziato le forze ribelli in Siria incoraggiandole ad usare armi chimiche”.“Barack Obama ha chiarito al pre-sidente siriano Bashar al-Assad, il mese scorso che gli Stati Uniti non avrebbe tollerato in Siria l’uso di armi chimiche contro il proprio po-polo.”“Si legge [dalle email di due funzio-nari britannici]: ‘Phil. Abbiamo una nuova offerta. Si tratta della Siria di nuovo. Il Qa-tar propone un affare interessante e giura che l’idea è stata approvata da

Washington. ““’Dobbiamo consegnare un carico di Armi Chimiche a Homs, le G-Shell arrivano dalla Libia ma la produzio-ne è sovietica e sono simile a quelle che Assad dovrebbe avere.’ ““’Vogliono inoltre impegnare il no-stro personale ucraino che dovrebbe-ro parlare russo e girare un video sul luogo dell’attacco.’ ““’Francamente, non credo che sia una buona idea, ma gli interessi in gioco sono enormi. La tua opinione? ‘ ““’Cordiali saluti, David.’ ““Le e-mail sono stati rilasciati da un hacker malese che ha anche ottenu-to dettagli su questi dirigenti, oltre a curriculum e copie di passaporti attraverso un server aziendale non protetto, in base alle notizie di Cyber War”.“Il profilo Linkedin di Dave Goul-ding lo annovera come Business De-velopment Director di Britam Difen-se Ltd specializzato in Sicurezza ed Investigazioni.” “Un profilo di business networking per Phil Doughty lo annovera come Chief Operationg Officer per Britam,

società degli Emirati Arabi Uniti operante nel campo della sicurezza e delle indagini.” “Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti non ha riferito alcune risposta in merito a queste email pubblicate.”Il 24 agosto, il Syrian Arab News Agenc (SANA) ha intitolato “Mini-stro Informazioni: Abbiamo la prova incontrovertibile che i terroristi han-no usato armi chimiche.”Il ministro dell’Informazione Omran al-Zoubi ha categoricamente negato l’uso siriano di armi chimiche “in qualsiasi modo o forma, nella zona di Ghouta in campagna a Damasco e altrove.”Al contrario, una prova convincente dimostra che gruppi di insorti hanno utilizzato “tali armi”. I proiettili lan-ciati a Ghouta provenivano da “siti controllati da terroristi.”Sono “pienamente responsabili” di quanto accaduto. Le forze siriane hanno sequestrato un magazzino zona Jobar. Hanno trovato “grandi contenitori di sostanze chimiche pro-dotte in Arabia Saudita e in alcuni paesi europei.”

Ha aggiunto che la Siria sta coope-rando pienamente con gli ispettori dell’ONU. Sono siti concordati in anticipo per l’esame.“Le condizioni internazionali e re-gionali non consentono un attacco militare degli Stati Uniti in Siria”, ha detto SANA. “Quando le indagini dimostreranno che i gruppi armati sono stati quelli che hanno utilizzato armi chimiche, cosa faranno gli Stati Uniti attacche-ranno i gruppi terroristici che hanno armato? “ “La comunità internazionale deve fare una vera e propria presa di po-sizione o continuerà a cercare una giustificazione per l’uso di questo tipo di arma da parte dei terroristi-ribelli?”Il 25 agosto, il sito collegato con il Mossad, DEBKAfile (DF) titolava “L’azione militare è stata preparata per la Siria. Israele, Giordania, Tur-chia sono pronte per una risposta Si-riana. La Russia è in allerta di guerra “.I potenti alleati di Washington sia in occidente che i medio oriente hanno

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cominciato a muoversi verso “un pri-mo attacco contro la Siria”.Ciò potrebbe “segnare l’inizio di una seria di attacchi a guida Usa volti a rovesciare il regime di Assad.”Essi possono “imporre una no-fly zone”. Essi possono iniziare “sigil-lando settori del nord e del sud della Siria contro le forze governative.”Obama sta si sta dirigendo verso l’intervento diretto. E ‘convinto che questi attacchi “devono essere con-dotte anche al di fuori della giurisdi-zione delle Nazioni Unite.” In questo modo viola il diritto internazionale. L’America viola questi principi ri-petutamente e lo fa da sempre con impunità.Comandanti militari occidentali e regionali si incontreranno Domenica ad Amman. Sono azioni coordinate contro la Siria.“Le forze armate israeliane si stan-no muovendo in segreto.” Stanno preparandosi “per contrastare la Si-ria e proteggersi da eventuali attac-chi missilistici. Come loro anche la Giordania e la Turchia.”Una “esplosione del terrorismo” è prevista. La Russia ha collocato le sue flotte nel Mediterraneo, compre-sa quella proveniente dal Mar Nero e ha alzato l’allerta in “Stato di guer-ra”. Lo ha fatto per le sue forze di intervento rapido della zona sud / centrale. “I leader occidentali cercano la prova che la Siria sia responsabile per l’in-cidente di Mercoledì. Essi non pos-sono ottenere ciò che vogliono.“La prova forense sarà quasi impos-sibile da ottenere in considerazione della particolare miscela contenuta nei gusci dei gas. Solo piccole quan-tità di sarin sono state mescolate con una grande quantità di agenti anti-sommossa “.Subito si è parlato di un coinvolgi-mento dell’Iran ma questo non ha sorpreso. Inoltre non sono state ci-tate alcun tipo di prove credibili. Inoltre è stato sostenuto che Teheran abbia “sviluppato” la “formula usata in questi attacchi per camuffare l’uso di armi chimiche.”Il 25 agosto, La Voce della Russia (VR) titolava “I ribelli siriani hanno prodotto armi chimiche fuori da Da-masco.”Il contenuto dell’articolo riferisce le medesime notizie raccolte qua sopra.

Si dice che militari Siriani hanno scoperto un magazzino con agenti chimici. Il canale Siriano Al-Ihbari-ya e il suo corrispondente Yara Saleh è stata tra i giornalisti presenti per ispezionare il sito.La corrispondente ha riferito a La Voce di Russia, che contestualmente è stato scoperto un laboratorio attrez-zato con conchiglie piene di sostan-ze chimiche velenose.Gli insorti “hanno lanciato due mis-sili pieni di gas velenoso nel quar-tiere Jobar che ha causato nausea e asfissia ai soldati siriani” ha detto. “Qualche tempo dopo, quando l’eser-cito siriano è riuscito a riprendere il controllo di quel sobborgo, hanno trovato il magazzino e il laboratorio in cui questi gusci sono stati conser-vati , ripieni di agenti tossici.” “Sono stati trovati anche Scatole con nuove maschere antigas. Portavano le etichette ‘Made in USA’. Il fatto che i ribelli non hanno usato quelle maschere a gas dimostra che essi non erano stati attaccati con i gas veleno-si “. “Due vasi di vetro con etichette ‘Made in Arabia Saudita’ sono sta-ti trovati anche lì. Armi ed esplosi-vi fatti in Arabia Saudita sono stati trovati in Siria, in passato pure. Gli esperti determineranno il contenuto di tali ritrovi”. “Inoltre, hanno trovato vasi di plasti-ca contenenti sostanze chimiche non identificate, una strana polvere bian-ca e un sacco di diversi tipi di esplo-sivi e munizioni.” “Il governo siriano è preoccupato che i ribelli potrebbero avere più scorte di tali agenti chimici che potrebbero usare contro i civili”.Il 25 agosto, Fars Notizie intitolato “Al-Nusra minaccia di lanciare at-tacchi chimici sulle città siriane”, dicendo:“In un messaggio audio di due minuti oggi, Al-Nusra tramite il suo coman-dante Abu Muhammad al-Joulani ha minacciato il governo siriano di lanciare attacchi chimici sulle città sciita dominati, aggiungendo che il gruppo terroristico prevede di utiliz-zare 1.000 razzi per tale scopo.”Questo tipo di commento dimostra che le forze dei ribelli hanno accesso alle armi chimiche. Le informazioni discusse in precedenza e gli articolo precedenti indicano chiaramente chi

rifornisce gli armamenti chimici ai ribelli. Non aspettatevi che i mascal-zoni dei media stiano li a spiegarvi il perché.Secondo la Fars News:A seguito dell’incidente di Mercole-dì “due telefonate hanno rivelato che le armi chimiche in Siria sono state utilizzate dai ribelli.” “Una telefonata tra un militante af-filiato al cosiddetto Battaglione ‘Shuhada al-Bayada ‘ a Homs e il suo capo chiamato Adulbasit dall’Arabia Saudita ha rivelato che i combattenti antigovernativi utilizzavano le armi chimiche in Deir Ballba nella cam-pagna di Homs”.“Un’altra telefonata ha rivelato che due gruppi ribelli avevano cercato di ottenere due cilindri di gas Sarin da Barzeh, un quartiere di Damasco per essere utilizzato a Homs.”Russia e Cina si oppongono con for-za all’intervento militare contro la Siria. La Siria e l’Iran hanno avvi-sato che ciò porterebbe infiammare l’intera regione. Lo hanno fatto dopo che i funzionari occidentali hanno promesso una “risposta seria.”Hanno in mente la diplomazia dei Tomahawk Sono dei missili a lungo raggio, missili subsonici da crociera. Sono stati utilizzati la prima volta nel 1970. Sono stati migliorati mi-litarmente in modo significativo più volte nel corso degli anni.Navi di superficie e sommergibili sa-rebbero pronte a lanciare. Washing-ton ha una presenza regionale for-midabile. Le stelle sembrano essere allineate nel modo sbagliato.La velocità del vento di guerra è in aumento. La maggior parte degli americani si oppongono ad un attac-co contro la Siria. Vogliono che le guerre attuali siano chiuse. Non ha importanza. Obama sembra puntare in tutt’altra direzione.

fractionsofreality.blogspot.com

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Siria, la demonizzazionepreventiva

L’opera di demonizzazione preven-tiva è sempre la stessa. La si ritro-va, ugualmente modulata, su tutti i quotidiani e in tutte le trasmissioni televisive, di destra come di sinistra. In quanto totalitario, il sistema della manipolazione organizzata e dell’in-dustria culturale occupa integral-mente la destra, il centro e la sinistra. Il messaggio dev’essere uno solo, indiscutibile.Armi chimiche, armi di distruzione di massa, violazione dei diritti uma-ni: con queste accuse, la Siria è oggi presentata mediaticamente come l’inferno in terra; per questa via, si prepara ideologicamente l’opinione pubblica alla necessità del bombar-damento, naturalmente in nome dei diritti umani e della democrazia (la solita foglia di fico per occultare la natura imperialistica delle aggressio-ni statunitensi).Alla demonizzazione preventiva come preambolo del “bombardamen-to etico” siamo abituati fin dall’inizio di questa “quarta guerra mondiale” (cfr. C. Preve, La quarta guerra mon-diale, All’insegna del Veltro, Parma

2008). Successiva ai due conflitti mondiali e alla “guerra fredda”, la presente guerra mondiale si è aperta nel 1989 ed è di ordine geopolitico e culturale: è condotta dalla “monar-chia universale” – uso quest’espres-sione, che è di Kant, per etichettare la forza uscita vincitrice dalla guerra fredda – contro the rest of the world, contro tutti i popoli e le nazioni che non siano disposti a sottomettersi al suo dominio.Iraq 1991, Jugoslavia 1999, Afgha-nistan 2001, Iraq 2004, Libia 2011: queste le principali fasi della nuova guerra mondiale come folle progetto di sottomissione dell’intero pianeta alla potenza militare, culturale ed economica della monarchia univer-sale.La Siria è il prossimo obiettivo. L’ap-parato dell’industria culturale si è già mobilitato, diffamando in ogni modo lo Stato siriano, in modo da porre in essere, a livello di opinione pubblica, le condizioni per il necessario bom-bardamento umanitario. Il presidente statunitense Obama non perde occa-sione per presentare la Siria come il

luogo del terrorismo e delle armi di distruzione di massa, in modo che l’opinione pubblica occidentale sia pronta al bombardamento del nemi-co.La provincia italiana – colonia della monarchia universale – ripete urbi et orbi il messaggio ideologico pro-mosso dall’impero. È uno spettacolo vergognoso, la prova lampante (se ancora ve ne fosse bisogno) della subalternità culturale, oltre che ge-opolitica, dell’Italia e dell’Europa alla potenza mondiale che delegitti-ma come terrorista la benemerita re-sistenza dei popoli e degli Stati che non si piegano al suo barbaro domi-nio.Il primo passo da compiere, per le-gittimare l’invasione imperialistica camuffata da interventismo umanita-rio, resta la reductio ad Hitlerum di chi è a capo degli Stati da invadere, non a caso detti rogue States, “Stati canaglia” (in una totale delegittima-zione a priori della loro stessa esi-stenza): da Saddam Hussein a Ghed-dafi, da Chavez ad Ahmadinejad, la carnevalata è sempre la stessa. Ven-gono ridotti a nuovo Hitler e a nuovo nazismo tutte le forze che non si pie-ghino al nomos dell’economia di cui è alfiere la monarchia universale.Del resto, l’invenzione mediatica di sempre nuovi Hitler sanguinari si rivela immancabilmente funzionale all’attivazione del “modello Hiroshi-ma”, ossia del bombardamento legit-timato come male necessario. Dove c’è un Hitler, lì deve esserci anche una nuova Hiroshima. L’ideologia della pax romana costituisce una co-stante del corso storico. Ogni impero qualifica come pace la propria guerra e delegittima come terrorismo e bar-barie quella dei resistenti. Ubi soli-tudinem faciunt, pacem appellant: il vecchio adagio di Tacito non è mai stato tanto attuale.La reductio ad Hitlerum si accom-pagna pressoché sempre all’impiego

ideologico del concetto di umanità come titolo volto a giustificare – come già sapeva Carl Schmitt (cfr. Il concetto del politico) – l’ampliamen-to imperialistico. La guerra che si au-toproclama umanitaria serve non solo a glorificare se stessa, ma anche a de-legittimare il nemico, a cui è negata in principio la qualità stessa di uomo. Contro un nemico ridotto a Hitler e a essere non umano, il conflitto può allora essere spinto fino al massimo grado di disumanità, in una completa neutralizzazione di ogni dispositivo inibitorio di una violenza chiamata a esercitarsi in forma illimitata. Vale la pena di leggere il profetico passo di Schmitt: «Un imperialismo fondato su basi economiche cercherà natural-mente di creare una situazione mon-diale nella quale esso possa impiega-re apertamente, nella misura che gli è necessaria, i suoi strumenti econo-mici di potere, come restrizione dei crediti, blocco delle materie prime, svalutazione della valuta straniera e così via. Esso considererà come vio-lenza extraeconomica il tentativo di un popolo o di un altro gruppo uma-no di sottrarsi agli effetti di questi metodi “pacifici”».È questa l’essenza dell’odierna “quarta guerra mondiale”, puntual-mente dichiarata contro i popoli che aspirano a sottrarsi all’imperialismo statunitense (e subito dichiarati ter-roristi, assassini, nemici dei diritti umani, “Stati canaglia”, ecc.).In coerenza con la destoricizzazione

tipica del nostro presente, l’epoca che si colloca sotto lo slogan dell’end of history, la dimensione storica vie-ne sostituita, a livello di prestazione simbolica, ora dallo scontro religio-so tra il Bene e il Male (identificati rispettivamente con l’Occidente a morfologia capitalistica e con le aree del pianeta che ancora resistono), ora dal canovaccio della commedia che, sempre uguale, viene impiegato per dare conto di quanto accade sul-lo scacchiere geopolitico: il popolo compattamente unito contro il ditta-tore sanguinario (Assad in Siria), il silenzio colpevole dell’Occidente, i dissidenti “buoni”, cui è riservato il diritto di parola, e, dulcis in fundo, l’intervento armato delle forze occi-dentali che donano la libertà al popo-lo e abbattono il dittatore mostrando con orgoglio al mondo intero il suo cadavere (Saddam Hussein, Ghedda-fi, ecc.).Seguendo penosamente l’ideologia dominante, la sinistra italiana conti-nua a rivelare, anche in questo, una subalternità culturale che farebbe ridere se non facesse piangere: da “L’Unità” a “Repubblica” l’allinea-mento con l’ideologia dominante è totale (ed è, per inciso, un’ulteriore prova a favore della tesi circa l’ormai avvenuta estinzione della dicotomia tra una destra e una sinistra perfet-tamente interscambiabili, composte da nietzscheani “ultimi uomini”). La parabola che porta dall’immenso Antonio Gramsci a Massimo D’Ale-

ma è sotto gli occhi di tutti e si com-menta da sé.Secondo questa patetica commedia, tutti i mali della società vengono imputati al feroce dittatore di turno (sempre identificato dal circo me-diatico con il nuovo Hitler: da Sad-dam a Gheddafi, da Ahmadinejad a Chávez), che ancora non si è piegato alle sacre leggi di Monsieur le Capi-tal; e, con movimento simmetrico, il popolo viene mediaticamente uni-ficato come una sola forza che lotta per la propria libertà, ossia per la propria integrazione nel sistema del-la mondializzazione capitalistica.Come se in Siria o a Cuba vi fossero solo dissidenti in attesa del bombar-damento umanitario dell’Occiden-te! Come se la libertà coincidesse con la reificazione planetaria e con la violenza economica di marca ca-pitalistica! Tra i molteplici esempi possibili, basti qui ricordare quello della blogger cubana Yoani Sánchez, ipocritamente presentata dal circo mediatico come se fosse l’unica voce autentica della Cuba castrista, la sola sostenitrice dell’unica libertà possi-bile (quella della società di mercato) dell’intera isola cubana!L’aggressione imperialistica della monarchia universale può trionfal-mente essere salutata come forma di interventismo umanitario, come gloriosa liberazione degli oppressi, essi stessi presentati come animati da un’unica passione politica: l’ingres-so nel regime della produzione capi-

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talistica e la sottomissione incondi-zionata alla monarchia universale.La Siria, come si diceva, è uno dei prossimi obiettivi militari della mo-narchia universale. È, al momento, uno dei pochi Stati che ancora resi-stono alla loro annessione imperiali-stica all’ordine statunitense. E questo del tutto a prescindere dalla politica interna siriana, con tutti i suoi limiti lampanti, che nessuno si sogna di ne-gare o anche solo di ridimensionare.Con buona pace di Norberto Bobbio e di quanti, dopo di lui, si ostinano a legittimate le guerre “umanitarie” occidentali, la sola guerra legitti-ma resta, oggi, quella di resistenza contro la barbarie imperialistica. Per questo, con buona pace del virtuoso coro politicamente corretto, addome-sticato e gravido di ideologia, senza esitazioni occorre essere solidali con lo Stato siriano e con la sua eroica resistenza all’ormai prossima ag-gressione imperialistica.La Siria, come Cuba e l’Iran, è uno Stato che resiste e che, così facendo, insegna anche a noi Occidentali che è possibile opporsi all’ordine globale che si pretende destinale e necessario. Diventa, allora, possibile sostenere degli Stati resistenti quanto Feno-glio, nel Partigiano Johnny, asseriva a proposito dei partigiani (anch’essi eroi della resistenza, come oggi i ro-gue States): “ecco l’importante: che ne restasse sempre uno”.

www.lospiffero.com

Carla del Ponte:Le armi chimiche in Siria sono state usate dai ribelli.Carla del Ponte, membro della com-missione d’indagine sulla violazione dei diritti umani in Siria, ha dichia-rato alla televisione svizzera che le deposizioni di testimoni e vittime di Guta orientale a Damasco “E’ evi-dente che il sarin, un gas nervino paralizzante, è stato usato dai guer-riglieri dell’opposizione”.La del Ponte ha sottolineato che “La commissione d’esperti non ha trova-to prove che le truppe governative abbiano usato armi chimiche”.Allo stesso tempo però Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, ha di-chiarato che gli esperti delle Nazioni Unite sulle armi chimiche che stanno lavorando in Siria hanno bisogno di tempo per prendere una decisione e stilare il loro rapporto.

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Siria:Le atrocità dei ribellisui cristianiLa tragica denuncia di un sacerdote siriano“I terroristi islamici hanno rapito 200 donne cristiane: saranno stuprate fino alla morte”. La tragica denuncia di un sacerdote siriano di Padre Na-der JbeilCari Amici,A fallen chandelier lies on debris in Im Al-Zinar church that was dama-ged during clashes between Syrian Rebels and the Syrian Regime in Bustan al Diwan, Homsvi scrivo con grande rammarico e con il cuo-

re profondamente ferito per l’ondata di violenza provocata dai terroristi mussulmani che trafigge giornal-mente la Siria e che ha colpito anche il Libano.Ne è la prova il recente attentato a Beirut, dove con un’autobomba piaz-zata dai ribelli islamici sono morti più di quaranta civili e altri cinque-cento sono stati feriti.La paura e l’orrore era visibile negli occhi di noi tutti. Tutto ciò si inse-risce in quella drammatica spirale di sangue dove centinaia di innocenti

ogni giorno perdono la vita.Questa amici carissimi è solo una goccia nell’oceano di violenza che ogni singolo giorno sono costretti a subire i nostri fratelli cristiani.In Siria, la notte di Ferragosto ad Homs, nel villaggio cristiano di Mar-marita dove c’è un santuario dedica-to alla Madonna, i terroristi islamici di Jabhat al Nusra, per la sua posizio-ne strategica hanno occupato l’antico castello trasformandolo nel loro na-scondiglio e vi hanno consumato un nuovo massacro.Atrocità indescrivibili contro civili innocenti divenuti vittime sacrificali nel vortice della violenza compiuta da “bestie” assetate di sangue, tren-tacinque cristiani uccisi, non si conta il numero di feriti, e più di duecento donne (soprattutto ragazze) rapite, letteralmente trascinate e ridotte in schiavitù nel villaggio di Der al Zor, roccaforte dei terroristi di Jabhat al Nusra.Il destino di ognuna di loro è segnato dalla violenza e dalla crudeltà che su-biranno, saranno torturate e stuprate, fino a quando la “morte” le libererà da tanta malvagità.La violenza continua nella città di Damasco dove anche ieri i terroristi islamici hanno bombardato il quartie-re cristiano e dato alle fiamme l’en-nesima chiesa, attacchi sempre mira-ti per colpire al “cuore” dei cristiani rimasti nella loro patria a difendere quello che di più sacro ha ogni essere

umano il diritto alla propria dignità e a professare liberamente il proprio “credo”.L’obiettivo è annientare a qualun-que costo, i luoghi che da duemila anni sono la “culla” del cristiane-simo, e sottomettere tutti alla legge dell’islam, come è già successo in Afghanistan.Non c’è più un posto sicuro per i no-stri fratelli “cristiani”, giorno dopo giorno c’è solo dolore e pianto di mamme disperate a cui uccidono figli e rapiscono figlie, anziani che silenziosamente vivono questo orro-re impotenti davanti a tanta crudeltà e devastazione, padri inermi perché non possono difendere le proprie fa-miglie e dar loro un sicuro rifugio.Amici, le immagini delle continue atrocità a cui assisto ogni giorno, sono impresse nella mia mente, e il mio cuore è gonfio di angoscia, vi chiedo di unirvi a noi nella fervente e incessante preghiera al cuore Im-macolato di Maria, nostra mediatrice presso Dio perché il seme della pace abiti in ogni cuore.Per questo chiedo ancora il vostro

sostegno, avete già fatto tanto, ma vi chiedo di fare ancora di più, abbia-mo bisogno di ogni più piccolo aiuto che ognuno di voi ci possa dare, aiuti economici e aiuti materiali, vi prego non lasciate inascoltato il mio gri-do che è la voce di migliaia di grida

strazianti di chi ormai vive solo tra dolore e lacrime e ha perso tutto.Che il Signore benedica voi e le vo-stre famiglie.

Direttore Radio Sawt el Sama

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La guerra all’Iran si avvicinaEsistono fattori ed elementi oggetti-vi che indicano l’avvicinarsi, forse anche più rapido di quanto previsto all’indomani delle elezioni america-ne, della guerra contro l’ Iran. Guerra che vedrà protagonisti gli Stati Uniti, Israele, l’ Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Kuwait e la Turchia. Gli indicatori e i segna-li sono molteplici e come dicevamo sono oggettivi. Vediamoli insieme

L’Iran ha aumentato in modo consi-derevole, per non dire impressionan-te, le proprie capacità di arricchimen-to dell’Uranio nel sito sotterraneo di Fordow rendendo i due siti più famo-si di Parchin e Natanz degli obiettivi secondari sia delle eventuali ispezio-ni IAEA, sia di un possibile attacco aereo alleato. Nonostante ciò l’in-stallazione delle nuove centrifughe IR2 a Natanz fa sì che dopo Fordow anche Natanz potrebe essere colpito dallo StrikeLe trattative del Gruppo dei 5+1 sono sempre più dei vuoti esercizi accademici di diplomazia, l’Iran ha dichiarato attraverso alti rappresen-tanti delle commissioni inerenti la sicurezza nazionale che accetterà di partecipare a colloqui costruttivi solo in condizioni di pari dignità rispetto

agli altri paesi, richiedendo espressa-mente lo stop alle sanzioni economi-che e commerciali. In Kazakistan ad Almaty si é svolto un round decisivo, ma nessun accordo é stato raggiunto e se, anche nei colloqui di aprile non si registreranno progressi, la finestra utile per la diplomazia si chiuderà ra-pidamenteAlcuni report indicano che si sia pro-ceduto ad una precoce estrazione e verifica delle barre di combustibile irradiato nella centrale nucleare di Busher nel mese di ottobre. Le bar-re di combustibile erano state inse-rite nel reattore solo alcuni mesi fa, e avrebbero potuto fornire energia al reattore per un periodo di tempo de-cisamente maggiore, lo scopo della loro sostituzione non è noto. Stret-tamente legate alle attività presso la centrale di Busher potrebbero ricol-legarsi le missioni di Droni ameri-cani nella zona, missioni che si sono concentrate, per stessa ammissione degli iraniani in una loro denuncia alle nazioni unite di venerdì 23 no-vembre 2012, nell’area della cen-trale. All’apice di questi episodi si è registrato il tentativo dell’aviazio-ne delle Guardie della Rivoluzione di abbattere un predator americano che sorvolava il braccio di mare nei

pressi della centrale. Elemento che va considerato come un atto ostile se non un vero e proprio atto di guerra.L’Iran ha ammesso di fornire con regolarità ad Hamas armi offensi-ve come i missili Fajer 3 e Fajer 5, in grado di colpire in profondità il territorio di Israele ed in particola-re le grandi aree urbane civili. Un atteggiamento non solo di sfida ma un concreto atto ostile nei confron-ti dello stato di Israele e degli Stati Uniti. In questa ottica va tenuta in grande considerazione la possibile spedizione di tali armi via mare con destinazione il porto commerciale di Port Sudan.In Turchia sono state dispiegate sei

batterie del sistema antimissile Pa-triot, e potrebbe essere operativa una piccola flotta di aerei radar AWACS e JSTAR. Ufficcialmente questi asset operativi sono dispiegati in Turchia per contrastare la potenziale minac-cia siriana nel caso la guerra civile degeneri rapidamente. Sarà fonda-mentale capire se verranno schierate altre batterie Patriot o THAAD, e se soltanto una di esse fosse posiziona-ta a difesa di un’area metropolitana lontana dal confine siriano, pensia-mo alla stessa capitale Ankara o ad-dirittura Istanbul, sarebbe un segnale chiaro che i missili Nato non sono in Turchia per difendere il territorio so-lamente dagli Scud di Al Assad ma per difendere basi aeree, installazio-ni radar e città turche dai missili ba-listici iraniani Shahab-3, che sono in grado di raggiungere tranquillamen-te ogni angolo di suolo turco. Inoltre alcuni giorni fa il ministro degli in-terni turco ha apertamente accusato gli iraniani di fornire supporto attivo ai nazionalisti curdi che combattono la Turchia.L’america ha rimandato il dispiega-mento delle proprie unità portaerei, ufficialmente per problemi di Bud-get, ma questa mossa consente agli Stati Uniti di poter schierare simul-taneamente 4/5 Gruppi di Attacco Portaerei (CSG) nei punti caldi del globo nei prossimi mesi. I primi B/2 in grado di trasportare le MOP (Massive Ordnance Penetrator)

In Israele data la tensione con la Si-ria i sistemi antimissile Patriot e Iron Dome sono dispiegati, “condizio sine qua non” per un attacco all’Iran, ciò perché poche ore dopo lo Strike le città e le installazioni strategiche civili e militari di Israele subiranno un Barrage di Razzi e Missili; per questo motivo i sistemi antimissile devono essere già dispiegati.L’Iran svolge con regolarità manovre di tutte le sue forze militari e parami-litari, e con grande regolarità presen-ta al mondo nuovi prodotti dell’in-dustria bellica: sottomarini tascabili, nuove unità navali leggere, piccoli caccia derivati dall’americano F/5, nuovi mezzi corazzati e sistemi an-tiaerei sia navali che terrestri.Questi sono parte dei fatti che ci in-ducono a pensare che la guerra tra l’Iran e gli Stati Uniti sia più vicina che mai, tutto il nostro gruppo spera che la diplomazia e la ragione pre-valgano sulla forza delle armi ma questi sono i segnali che arrivano dalla regione, questi sono fatti con-creti raccolti su fonti Open Source che documentano i preparativi di una guerra nel Golfo Persico e in tutta la regione mediorientale.

www.geopoliticalcenter.com

le bombe da 15000 kg in grado di bu-care Fordow, sono entrati in linea di volo e sono Combat ReadyNegli Emirati Arabi Uniti Stazionano ormai con regolarità 8 F/22 Raptor, che i nostri analisti ritengono esse-re mezzi potenzialmente utilizzabili non nel loro classico ruolo di supe-riorità aerea, ma nel’insolito ruolo di Bombardieri Stealth supersonici per un second Strike, quando la so-pravvivenza dei B/2 non sarebbe ga-rantita in un’ottica di Strike mirato e chirurgico.Sempre negli Emirati staziona un gruppo di velivoli Eurofighter della Gran Bretagna, mezzi ideali per sup-portare sia le missioni SEAD ( Sup-pression of Enemy Air Defence, la distruzione dei sistemi antiaerei del nemico) che di superiorità aerea.Negli Emirati e in Baharein stazio-nana un’imponente flotta di caccia-mine e di mezzi per le forze speciali, guidata dalla Uss Ponce una vecchia nave da sbarco americana trasforma-ta in base comando per le forze spe-ciali e la caccia alle mine.In Arabia Saudita mezzi aerei ame-ricani e sauditi sono concentrati nelle principali basi aeree del paese in un ambiente ostile come il deser-to con alti costi di mantenimento e manutenzione, in tempi di crisi la volontà di mantenere tale forza pron-ta all’impiego deve essere sottesa a confrontare una minaccia concreta e presente.

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Se Assad cadevince Al Quaeda

Il “casus belli” non va ricercato sui campi di battaglia della Siria, ma all’interno dello Studio OvaleInvia per Email Stampaagosto 29, 2013 Gian Micalessin-www.tempi.itLe prove sull’uso di armi chimiche da parte del regime non ci sono. Mentre cresce il sospetto di un’ope-razione militare propagandistica de-cisa a tavolino da Obama, Hollande e Cameron. La solita guerraBarack ObamaIn un’intervista televi-siva alla Pbs, il presidente Obama ha detto che ”non abbiamo preso anco-ra alcuna decisione, ma quando e se la prenderemo, l’intervento in Siria sarà limitato, non vogliamo un lungo conflitto. Ma il regime di Assad rice-verà un durissimo colpo”. Secondo Obama, è sicuro che sia stato Assad a usare le armi chimiche. In questo articolo tratto dal settimanale Tempi (che esce oggi in edicola), l’esperto inviato di guerra Gian Micalessin ci spiega “cosa non torna” nella deci-sione obamiana di attaccare in Siria. Noi vi ricordiamo di firmare l’appel-lo contro l’intervento armatoOscenità morale. John Kerry liquida così l’episodio di Ghouta, la località siriana alle porte di Damasco dove a dar retta al segretario di Stato sta-tunitense il governo siriano avrebbe usato le armi chimiche contro i ribel-li. In verità più che di oscenità mo-rale si tratta di oscenità intellettuale. Gettata in faccia ai cittadini america-

ni, ai loro alleati e al resto del piane-ta. Chiederci di scendere in guerra e avallare le avventure obamiane sulla base di quanto successo in quel vil-laggio alle porte di Damasco è il vero insulto al buon senso del mondo e dei suoi abitanti. Per comodità di chi non avesse seguito la vicenda riassu-miamo. Nelle campagne di Ghouta, alla periferia della capitale siriana, l’esercito governativo fronteggia da mesi le formazioni dei ribelli anti Assad, tra cui una vasta compagine di Jasbat al Nusra, la fazione esplici-tamente legata ad Al Qaeda.Da mesi i governativi bombarda-no le postazioni dei guerriglieri. Da mesi gli insorti si muovono di casa in casa spostandosi attraverso tunnel sotterranei e occupando le abitazio-ni dei civili. A Ghouta come a Jobar, un villaggio distante un paio di chi-lometri dal centro della capitale, la maggioranza della popolazione ha da tempo abbandonato le case cercando rifugio o a Damasco o in zone rurali non toccate dai combattimenti. Nella cronaca di questo stillicidio bellico s’inserisce, il 18 agosto, l’arrivo a Damasco di una squadra di osser-vatori dell’Onu mandati a indagare sull’uso di armi chimiche da parte del governo e dei ribelli. Esattamente 72 ore dopo l’arrivo degli ispettori, i ribelli incominciano a diffondere, prima su Youtube e poi su Al Jazeera e su Al Arabiya, le immagini di un presunto attacco chimico contro la

popolazione civile.ribelli-siria-terrorismo-nusra-jiha-dQuel che stupisce in quelle imma-gini è l’evidente diversità rispetto a quanto visto nel marzo 1988 ad Ha-labja dove Saddam Hussein utilizzò i gas per sterminare le popolazioni cur-de. Ad Halabja ben poche delle per-sone contaminate vennero soccorse sul posto. Vittime e sanitari morirono raggomitolati nelle strade, stroncati in pochi minuti dalle esalazioni ve-lenose. Si salvò solo chi riuscì a spo-starsi in fretta verso la periferia della cittadina, muovendosi nella direzio-ne opposta rispetto a dove il vento spingeva la nube tossica. Soccorsi e cure mediche vennero prestati solo a debita distanza. A Ghouta, zona di guerra da molti mesi, assistiamo invece a una sorprendente presenza di civili e di sanitari impegnati a far funzionare ospedali e pronto soccor-si. Ancor più stupefacente è la perfet-ta forma fisica di medici e infermieri capaci di operare senza mascherine e prestar soccorso a bimbi e donne agonizzanti a causa dei gas. Singo-lare è anche la severa e disciplinata perfezione con cui i fanciulli avvolti nei sudari di morte vengono allineati non vicino ai familiari caduti, ma in una ordinata fila riservata agli obiet-tivi di macchine fotografiche e tele-camere.La tragedia riassunta in quel compo-sto ordine filmico assume l’aspetto di una farsa. Una farsa sceneggiata per

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descrivere una strage degli innocen-ti, far sanguinare i cuori e suscitare l’indignazione dell’opinione pubbli-ca occidentale. Nell’apparente per-fezione di queste immagini quel che continua a mancare è la logica dei numeri. L’osservatorio per i diritti umani di Londra, un’organizzazione finanziata dal Congresso americano e legata all’opposizione moderata, registra 322 vittime. Le altre fonti ribelli fanno salire il bilancio fin ol-tre i 1.700 morti. In questa lotteria, a una settimana di distanza non esiste ancora una verità accertata. L’unica certezza è il tentativo di accreditare l’utilizzo di armi chimiche da parte di un regime deciso a sterminare gli oppositori arrivati a minacciare da vicino le zone governative di Dama-sco. La verità però è molto diversa.siria-ribelli-nusraPerché Assad do-vrebbe suicidarsi?Mentre i ribelli distribuiscono quel-le immagini l’esercito di Assad non si muove di un millimetro, non ten-ta nemmeno di approfittare del caos e della paura generate da quei gas per far indietreggiare i nemici e ri-prendersi i villaggi contesi. Assad, insomma, dopo aver tenuto sotto chiave per oltre due anni e mezzo le scorte di armi chimiche accumulate nei decenni, avrebbe deciso di inco-minciare a sperimentarne l’uso sotto il naso degli ispettori chimici allog-giati in un hotel distante non più di venti chilometri da Ghouta. E come se non bastasse, lui e i suoi genera-li avrebbero deciso di affrontare la condanna del mondo senza cercare di trarne alcun vantaggio strategico. Avrebbero disseminato sarin e altri veleni non per riconquistare la zona di Ghouta e dintorni, ma semplice-mente per diffondere il terrore chi-mico.Vien da chiedersi allora perché non lo abbiano fatto ad Al Qusayr, la roc-caforte dei ribelli al confine con il Libano, riconquistata a giugno dopo due mesi di durissimo assedio costati la vita di migliaia di combattenti di entrambe le parti. Vien da domandar-si perché non lo facciano ad Aleppo, dove dall’agosto del 2012 l’esercito sacrifica uomini e mezzi per impedi-re ai ribelli d’impadronirsi del secon-do centro urbano del paese. O perché non l’abbiano fatto sulle montagne sopra Latakia, dove ai primi di ago-

sto gruppi di miliziani jihadisti sono entrati nei villaggi alawiti sgozzando e massacrando decine di civili colpe-voli soltanto di appartenere alla stes-sa religione del presidente.Insomma, a dar retta a Kerry e all’am-ministrazione Obama, sostenuti in questa pretestuosa ricerca di un “ca-sus belli” da Londra e Parigi, Bashar Assad avrebbe deciso il suicidio po-litico militare offrendo all’Occidente lo stesso cavillo usato per far fuori Saddam Hussein. Si trattasse solo di Assad e dei suoi generali potremo, forse, anche crederlo. Il problema è che in questa vicenda lo scontro non è solo con loro, ma anche con Vladi-mir Putin e gli ayatollah di Teheran. Ed è sinceramente poco credibile che alleati smaliziati come l’Iran e la Russia permettano a un proprio pro-tetto di offrire un gancio clamoroso a un Obama, un Hollande o un Came-ron alla ricerca di pretesti da ormai molti mesi. In verità, l’autentico “ca-sus belli” non va ricercato sui cam-pi di battaglia siriani, ma all’interno stesso dello Studio Ovale. In cinque anni di mandato il presidente demo-cratico ha collezionato una serie di insuccessi senza precedenti.Siria, decine di vittime a Damasco dopo due attentatiL’ansia di riscatto della Casa BiancaHa iniziato la presidenza tendendo la mano ai popoli arabi e si è ritrovato a delegare a Qatar e Arabia Saudita, due paesi che a casa loro non hanno mai permesso una singola elezione democratica, la costruzione di un islam democratico. Da lì è iniziato il disastro che ha regalato la Tunisia, la Libia e l’Egitto al fondamentalismo e al caos. Ma ora rimettere il genio nel-la bottiglia è impossibile e dunvolta

davanti a sé l’America di Obama non ha un dittatore solo e isolato, come lo erano Saddam e Gheddafi. Davanti a sé Obama ha una coalizione di pote-re e d’interessi che unisce Putin, gli ayatollah di Teheran, i miliziani sci-iti di Hezbollah. Dietro ha un’Euro-pa esitante e sempre più divisa, con una Germania, un’Italia e molti altri paesi poco disposti a combattere al fianco dei fondamentalisti per difen-dere l’immagine di Obama, gli affari di Hollande con il Qatar o gli im-perscrutabili calcoli geo-economici dell’Inghilterra di Cameron.L’Obama alla disperata ricerca di un riscatto dopo cinque anni di fal-limenti, rischia dunque di ritrovarsi da solo sull’orlo di un conflitto di dimensioni mondiali. Un conflitto capace di far tracimare il caos della Siria in tutta la regione, gettare nella confusione l’intero bacino del Medio Oriente e trasformare una presunta e mai provata oscenità in un inesauri-bile e irrisolvibile orrore.

www.tempi.it

que Obama non può che continuare sulla stessa strada. Il suo obiettivo è giocarsi il tutto per tutto con un conflitto risoluti-vo per accreditarsi il merito di aver eli-minato un dittatore come Bashar Assad e di aver frantuma-to l’area d’influenza iraniana in Medio Oriente. Questa lot-teria finale è però as-sai rischiosa. Questa

Mark Weber:un profilo biograficoMark Weber è uno storico america-no, autore, conferenziere e attuale analista di affari con una conoscenza specialistica della politica estera de-gli Stati Uniti, le relazioni internazio-nali, la seconda guerra mondiale, e, più in generale, della storia europea e americana del ventesimo secolo.Weber è autore di numerosi articoli, recensioni e saggi che si occupano di questioni politiche, storiche e sociali, che sono apparsi in varie riviste, e in una serie di lingue. Nel corso degli anni ha tenuto numerose conferenze e interviste sulla politica estera de-gli Stati Uniti, a lungo termine delle tendenze socio-politiche negli Stati Uniti, e le relazioni internazionali. Ha prodotto molte decine di colloqui di broadcast.Weber è stato ospite di numerosi talk show radiofonici, ed è apparso molte volte in televisione, anche sulla tra-smesso a livello nazionale “Hanni-ty e Colmes” e “Montel Williams”

spettacoli. Ha condotto innumerevo-li interviste con televisione, radio e stampa ai giornalisti di tutti gli Stati Uniti, e da molti paesi d’oltremare.Weber è anche direttore del Institute for Historical Review , un indipen-dente, di ricerca di interesse pubblico e centro editoriale nel sud della Cali-fornia che si occupa di promuovere la pace, la comprensione e la giustizia attraverso una maggiore consapevo-lezza pubblica del passato. In parti-colare, la RSI si sforza di migliorare la comprensione delle cause, la na-tura e le conseguenze della guerra e dei conflitti.Mark Weber è nato nel 1951 a Port-land, Oregon, dove è stato anche sollevato. Ha studiato storia all’Uni-versità dell’Illinois (Chicago), l’Uni-versità di Monaco di Baviera (Ger-mania), e Portland State University, dove ha ricevuto una laurea in storia (con il massimo dei voti). Ha vissuto e lavorato per due e mez-

zo anni in Germania (Bonn e Mona-co di Baviera), e per un certo tempo in Ghana (Africa occidentale), dove ha insegnato inglese, storia e geogra-fia in una scuola secondaria.Durante i cinque anni ha vissuto a Washington, DC, ha svolto un’ampia ricerca storica presso l’Archivio Na-zionale e la Biblioteca del Congres-so. Egli è a volte denigrato come un “negazionista”, un’etichetta che re-spinge come falsa e diffamatoria.

Uno sguardo sulla lobbyebraica in AmericaPer decenni Israele ha violato i prin-cipi codificati del diritto internazio-nale e sfidato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite a proposito dei territori palestinesi occupati, delle uccisioni extra giudiziarie e dei suoi ripetuti atti d’aggressione militare.Gran parte del mondo considera la politica israeliana, e specialmente la sua oppressione dei Palestinesi, come vergognosa e criminale. Que-sta opinione comune internazionale è riflessa, per esempio, in numerose ri-soluzioni dell’ONU che condannano Israele e che sono state approvate da

schiaccianti maggioranze.“Il mondo intero” - ha recentemente affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan - “chiedeche Israele si ritiri (dai territori pale-stinesi occupati). Ed io non credo che il mondo intero... possa essere inerrore.” (1)Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora fedelmente Israele e la sua politica. Per decennigli Stati Uniti hanno fornito ad Isra-ele un cruciale sostegno militare, di-plomatico e finanziario oltre ad un aiuto economico annuo di più di tre

miliardi di dollari. Perché gli Stati Uniti restano il solo bastione di sup-porto per Israele? Il Vescovo del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insi-gnito nel 1984 del premio Nobel per la Pace, ha candidamente illustrato la ragione:“Il governo d’Israele è posto su di un piedistallo (negli Stati Uniti) e la sua critica è immediatamente sospettatad’antisemitismo. La gente di questo paese ha paura di dire pane al pane e vino al vino perché la lobby ebraicaè potente, molto potente.” (2)Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene

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gli ebrei costituiscano solo circa il tre per cento della popolazione degliStati Uniti, essi controllano un im-menso potere ed esercitano un’in-fluenza molto maggiore di quella d’ogni altro gruppo etnico o religio-so.Come l’autore ebreo e professore di Scienze Politiche Benjamin Gin-sberg ha argutamente mostrato:“Dagli anni sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una considerevole influenza in America sull’economia, la cultura, la vita politica ed intel-lettuale. Gli ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella finanza ameri-cana durante gli anni ottanta ed essi sono stati i maggiori beneficiari di fusioni e riorganizzazioni economi-che. Oggi, sebbene appena il 2% del-la popolazione nazionale sia ebraica, quasi la metà dei suoi miliardari è ebrea. I vertici degli uffici esecutivi dei tre maggiori network televisivi e i quattro maggiori proprietari degli studios cinematografici sono ebrei come i proprietari dei più influen-ti giornali, il New York Times... Il ruolo e l’influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente si-gnificativo...Gli ebrei sono meno del tre per cen-to della popolazione nazionale ma comprendono l’undici per cento di quello che gli studi definiscono l’éli-te nazionale. Inoltre gli ebrei costitu-iscono più del 25% delle élite gior-nalistica e

editoriale, più del 17% dei leader d’importanti organizzazioni di vo-lontariato ed interesse pubblico e più del 15% degli alti ranghi dell’ammi-nistrazione statale.” (3)Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the American Jews Committeee similmente rileva-va “lo spropositato potere politico” degli ebrei che è “senza dubbio il più grande rispetto ad ogni altro gruppoetnico/culturale in America.” Egli proseguiva spiegando che “il potere e l’ influenza economica degli ebrei sono concentrate in modo sproposi-tato a Hollywood, nella televisione e nell’industria mediatica.” (4)Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano nel loro libro Jews and the New Ameri-can Scene del 1995:“Durante gli ultimi tre decenni, gli ebrei (negli Stati Uniti) hanno supe-rato il 50% tra i maggiori 200 intel-lettuali...il 20% tra i professori nelle universi-tà più prestigiose... il 40% tra i soci dei maggiori studi legali a New York e a Washington... il 59% dei diretto-ri, scrittori, e dei produttori delle 50 maggiori pellicole cinematografiche dal 1965 al 1982, e il 58% dei diret-tori, scrittori e produttori in due o più serie televisive di prima serata.” (5)L’influenza dell’ebraismo americano a Washington, notava il quotidiano israeliano Jerusalem Post “è larga-mente sproporzionata rispetto alle di-

mensioni della comunità, ammettono i leader ebrei ed americani. Ma così è l’ammontare della somma di dena-ro che essi elargiscono per le cam-pagne (elettorali).” Uno dei membri dell’influenteConference of Presidents of Major American Jewish Organizations “sti-mava che gli ebrei hanno da solicontribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del Presi-dente Bill Clinton del 1996.” (6)“E’ completamente privo di senso cercare di negare la realtà del pote-re ebraico ed il suo predominio nella culturapopolare” ammette Michael Medved un noto scrittore e critico cinemato-grafico ebreo “Ogni lista dei piùinfluenti produttori cinematografi-ci produrrebbe una preponderante maggioranza di riconoscibili nomi ebraici.” (7)Una delle persone che ha più atten-tamente studiato questo argomento è Jonathan J. Goldberg, adesso editoredell’influente settimanale della co-munità ebrea Forward. Nel suo libro Jewish Power del 1996 scriveva:“Nei settori chiave dei media, spe-cialmente negli studi cinematografici di Hollywood, gli Ebrei sono cosìnumericamente dominanti che de-finire questi affari sotto controllo ebreo è poco più che un’osservazio-ne statistica...Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un’industria con una

pronunciata coloritura etnica. Prati-camente tutti i capi delle produzioni cinematografiche sono ebrei. Scritto-ri, produttori, e anche i meno evoluti direttori sono in larga maggioranza ebrei - un recente studio ha mostrato come superino il 59% tra i produttori di film a budget più elevato. Il peso di tanti ebrei in una delle più lucro-se ed importanti industrie americane conferisce loro uno straordinario po-tere politico.Essi sono la maggior riserva di dena-ro per i candidati Democratici.” (8)Specularmente alla loro forte presen-za nei media americani gli ebrei sono abitualmente descritti come moltointelligenti, altruistici, degni di fede, compassionevoli e meritevoli di sim-patia e sostegno. Mentre milioni diamericani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate qual-cuno non si lasciava impressionare.“Sono molto arrabbiato con qualcu-no degli ebrei” - dichiarava l’attore Marlon Brando in un intervista del 1996 - “essi sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono... Hollywood è governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero manifestare una grande sensibilità per la gente che sta soffrendo.” (9)A Well-Entrenched FactorIl potere d’intimidazione della “lob-by ebraica” non è un fenomeno re-cente, ma è stato da molto tempo unimportante fattore della vita sociale americana.

Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del potere ebraico nei media e nel governo. Il timido trentanovenne - famoso in tutto il mondo per il suo primo ed epico volo transatlantico del 1927 da New York a Parigi, - si rivolgeva a settemila persone a Des Moines, Iowa, l’undici settembre del 1941 illustrando il pe-ricolo del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra che si stava svol-gendo in Europa. Egli spiegò che i tre più importanti gruppi di pressione che spingevano gli Stati Uniti verso la guerra erano i britannici, gli ebrei e l’amministrazione di Roosevelt.A proposito degli ebrei egli disse: “Il più grande pericolo per questo pae-se sta nelle loro immense proprietà e nella loro grande influenza nel nostro cinema, sulla nostra stampa, la nostra radio e il nostro governo.”E aggiunse:“Per ragioni che sono comprensibi-li dal loro punto di vista, che non è il nostro per il motivo che essi non sono americani, desiderano coinvol-gerci nella guerra. Noi non possiamo biasimarli poiché essi perseguono quelli che ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo difendere i nostri. Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e i pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro pa-ese alla distruzione.”Nel 1978, l’autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel suo dettagliato studio The Zionist Con-

nection scrisse:“Come è stata imposta la volontà sionista al popolo americano?... E’ la ‘Jewish connection’, la solidarietàtribale tra correligionari, l’incredi-bile vantaggio sui non ebrei, che ha forgiato questo potere senza prece-denti... Nelle grandi aree metropoli-tane la ‘Jewish-Zionist connection’ pervade completamente gli influenti circoli finanziari, commerciali, so-ciali e ricreativi.” (10)Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è che la copertura informativa delle notizie sul conflitto Israelo - Palestinese nel-la televisione e sulla stampa america-na è inesorabilmente a favore d’Isra-ele. Ciò si manifesta per esempio nel deformante ritratto del “terrorismo” palestinese. Come puntualizza Li-lienthal: “I reportage unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata all’effetto, sono possibi-li perché la più efficiente parte della ‘Jewish connection’ è probabilmente il controllo dei media.”One - sided ‘Holocaust’ HistoryIl controllo ebraico della vita cultu-rale ed accademica ha avuto un pro-fondo impatto sul modo in cui gli americaniguardano al loro passato. In nessun posto più che nella cam-pagna mediatica sull’Olocausto e sul destinodegli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visio-ne giudeo - centrica della storia è più radicata.

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Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all’università ebraica di Gerusalemme ed esperto dell’Olo-causto ha notato:“Sia se presentato realisticamente o in modo inautentico, sia se compati-bile con i fatti storici o in contraddi-zione con questi, sia se rappresentato con empatia e comprensione o come un monumento al kitsch, l’olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura. Difficilmente trascorre un mese senza una nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo spettacolo, dei nuovi libri di prosa o poesia commercializzinoil tema, e il flusso è in crescita più che in diminuzione.” (11)Le sofferenze dei non-ebrei non me-ritano le stesse attenzioni. Fuori dal focus della vittimizzazione ebraica sono, per esempio, i milioni di vit-time del colonialismo, quelle della Russia stalinista, più di dieci milioni di vittime del regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi, vit-time della fuga e delle espulsioni dal 1944 - 1949 in cui circa due milioni persero la vita.La ben finanziata campagna mediati-ca ed ‘educativa’ sull’Olocausto è di cruciale importanza per gli interessi di Israele.Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all’università di Yale ha osservato:“Con i ringraziamenti d’Israele, l’Olocausto può essere usato per

prevenire le critiche politiche e sop-primere il dibattito; esso rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo assediato che può difendersi solo fa-cendo affidamento solo su se stesso. L’invocazione delle sofferenze patite dagli ebrei sotto i nazisti,spesso, oc-cupa il posto delle argomentazioni razionali ed è usato per convincere i dubbiosi della legittimità dell’attuale politica del governo d’Israele.” (12)Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche all’univer-sità di New York (Hunter College), scrive nel suo libro, The Holocaust Industry [ed. italiana “’industria dell’Olocausto” Rizzoli 2002] “in-vocare l’Olocausto” è “un espedien-te per delegittimizzare ogni critica rivolta agli ebrei”. (13) “Attraverso il conferimento delle totale impunità degli ebrei, il dogma dell’Olocausto immunizza Israele e l’ebraismo ame-ricano da ogni legittima censura... L’ebraismo organizzato ha sfruttato l’olocausto nazista per deviare le cri-tiche rivolte ad Israele e la suamoralmente indifendibile politica.” Egli scrive della vergognosa “estor-sione di denaro” fatta alla Germania, alla Svizzera e ad altri paesi da Isra-ele e dalle organizzazioni ebraiche “per estorcere miliardi di dollari.” “L’Olocausto” - predice Finkelstein - “può trasformarsi nella più grande rapina della storia del genere uma-no.”“Gli ebrei in Israele si sentono libe-

ri di effettuare ogni atto di brutalità contro gli arabi”- scrive il giornali-sta israeliano Ari Shavit - “credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa Bianca, il Senato e molti dei media americani nelle loro mani, la vita degli altri non conta come quella ebraica.” (14)L’Ammiraglio Thomas Moorer, ul-timo presidente del US Joint Chiefs of Staff, ha parlato con schiettezza esasperatadella supremazia ebraico-israeliana negli Stati uniti:“Non ho mai visto un presidente - non importa chi egli sia - che li abbia contrastati (gli israeliani). E’difficile anche solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che vogliono. Gli israeliani sanno sempre quello che succede.Arrivai al punto che mi era impossi-bile scrivere qualcosa sull’argomen-to. Se il popolo americano capisse che tipo di dominio questa gente ha sul nostro governo insorgerebbe in armi. I nostri cittadini certamente non hanno nessun idea di quello che succede.” (15)Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste di questo paese stanno in-citando gli Stati Uniti - la maggior potenza mondiale militare ed econo-mica - ad una nuova guerra contro i nemici d’Israele. Come ha recente-mente riconosciuto l’ambasciatore francese a Londra,

Israele - che egli ha definito “that shitty little country” - è una minac-cia per la pace mondiale. “Perché il mondo dovrebbe rischiare a causa di questa gente la terza guerra mondia-le?” (16)Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano una pesante influenza negli Stati Uniti.“La lobby ebraica” è un fattore de-cisivo per il sostegno statunitense ad Israele. Gli interessi ebraico-sio-nisti non sono identici agli interessi americani. Nei fatti, spesso, sono in conflitto. Fino a che la potentissima lobby ebraica rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica di-storsione degli avvenimenti presen-ti e della storia, alla dominazione ebraico - sionista del sistema politico degli Stati Uniti, all’oppressione sio-nista in Palestina, al sanguinoso con-flitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio Oriente e alla minaccia israeliana alla pace.

Di Mark Weber

NOTE

1. Citato da Forward (New York City), 19 Aprile 2002, p.11.2. D. Tutu, “Apartheid in the Holy Land”, The Guardian (Gran Breta-gna), 29 Aprile 2002.3. Benjamin Ginsberg, The Fatal Em-brace: Jews and the State (Università di Chicago, 1993), pp.1, 103.

4. S. Steinlight, “The Jewish Stake in America’s Changing Demography: Reconsidering a Misguided Immi-grationPolicy”, Center for Immigration Stu-dies, Novembre 2001. Http://www.cis.org/articles/2001/back1301.html5. Seymour Martin Lipset e Earl Raab, Jews and the New American Scene (Harvard Univ. Press, 1995), pp. 26-27.6. Janine Zacharia, “The Unofficial Ambassadors of the Jewish State”, The Jerusalem Post (Israele), 2 Apri-le 2000.Ristampato in “Other Voices”, Giu-gno 2000, p. OV-4, un supplemento al The Washington Report on Mid-dleEast Affairs.7. M. Medved, “Is Hollywood Too Jewish?”, Moment, Vol. 21, No. 4 (1996), p. 37.8. Jonathan Jeremy Goldberg, Jewish Power: Inside the American Jewish Establishment (Addison - Wesley, 1996),pp. 280, 287, 288. Vedi anche pp. 39-40, 290-291.9. Intervista con Larry King, CNN network, 5 Aprile 1996. “Brando Re-marks”, Los Angeles Times, 8 Aprile 1996,p. F4 (OC). Poco tempo dopo Bran-do fu obbligato a chiedere scusa per le sue considerazioni.10. Lilienthal, The Zionist Connec-tion (New York: Dodd, Mead, 1978),

pp.206, 218, 219, 229.11. Da una conferenza del 1992, pubblicata in: David Cesarani, ed., The Final Solution: Origins and Im-plementation(London e New York: Routledge, 1994), pp. 305, 306.12. Paula E. Hyman, “New Debate on the Holocaust”, The New York Times Magazine, 14 Settembre 1980, p. 79.13. Norman G. Finkelstein, The Holocaust Industry (London, New York: Verso, 2000), pp.130, 138, 139, 149ed. italiana: L’industria dell’Olo-causto, Milano, Rizzoli, 2002.14. The New York Times, 27 Mag-gio 1996. Shavit è un giornalista di Ha’aretz, un quotidiano israeliano in linguaebraica, “da cui questo articolo è adattato.”15. Intervista con Moorer, 24 Ago-sto 1983. Citata in: Paul Findley, They Dare to Speak Out: People and InstitutionsConfront Israel’s Lobby (Laurence Hill, 1984, 1985), p. 161.16. D. Davis, “French Envoy to UK: Israel Threatens World Peace”, Jerusalem Post, 20 Dicembre 2001.L’ambasciatore francese citato è Daniel Bernard.

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Cospirazione eanti-cospirazionistiLa CIA e le tecniche di manipolazio-ne mentale: “Complottista” e “Teoria del complotto”.Nuovi studi rivelano: i ‘Complottisti’ più sani mentalmente dei credenti della ‘versione ufficiale’.Lo studio più recente è stato pub-blicato l’8 luglio dagli psicologi Michael J. Wood e Karen M. Dou-glas dell’Università del Kent (Regno Unito). Intitolato: «E a proposito dell’edificio 7? Uno studio di psicolo-gia sociale riguardante le discussioni on-line delle teorie della cospirazio-ne riguardanti l’11 Settembre 2001”, lo studio ha comparato i “cospira-zionisti “(teorie pro-cospirazione) e i “non-cospirazionisti “(anti-cospi-razione) tramite i loro commenti su vari siti web.Gli autori sono stati sorpresi di sco-prire che allo stato attuale è più con-venzionale lasciare i cosiddetti com-menti cospirazionisti rispetto a quelli che seguono le teorie ufficiali: “dei 2174 commenti raccolti, 1.459 sono stati codificati come cospirazionisti e 715 come convenzionalisti” In altre parole, tra le persone che commen-tano articoli di notizie, coloro che non credono alle versioni pubbliche di tali eventi come l’11 Settembre e l’assassinio di JFK sono più nume-rosi dei ‘credenti’ della versione uf-ficiale, addirittura in un rapporto di 2:1. Ciò significa che i commentato-ri pro-cospirazioni esprimono quello che oggi è considerata la saggezza convenzionale, mentre i commenta-tori anti-cospirazione stanno diven-tando un piccolo numero, una mino-ranza, oramai, assediata.Forse perché il loro presunto pub-blico tradizionale dei media main-stream non rappresenta più la mag-gioranza. Addirittura i commentatori

anti-cospirazione esprimono spesso posizioni di rabbia e ostilità: “La ricerca ha dimostrato che le perso-ne che hanno favorito e creduto alla versione ufficiale dell’11 / 9 sono stati generalmente più ostile quando si è trattato di convincere i loro rivali delle versione governativa. “Inoltre, si è scoperto che il popo-lo anti-cospirazione non erano solo ostilei ma fanaticamente attaccati alle proprie teorie del complotto. Secon-do loro, la loro teoria del 9/11 - una teoria della cospirazione che vede 19 arabi, nessuno dei quali poteva pilotare un aereo non avendo alcuna competenza in merito, riuscire nel crimine del secolo sotto la direzione di una persone in dialisi in una grotta in Afghanistan - era indiscutibilmen-te vera. I cosiddetti cospirazionisti, d’altra parte, non pretendono di ave-re una teoria che spieghi comple-tamente gli eventi del 9/11: “Per la gente che pensa che l’11 Settembre sia stata una cospirazione del gover-no, il focus non è sulla promozione di una specifica teoria, ma nel cerca-re di sfatare la versione ufficiale. “In breve, il nuovo studio di Wood e Douglas suggerisce che lo stereotipo

discutono del contesto storico (come ad esempio la concezione dell’omi-cidio di JFK come un precursore per l’11 Settembre ) più degli anti-cospi-razionisti. Lo studio ha inoltre rile-vato che ai cosiddetti cospirazionisti non piace essere chiamati “cospira-zionisti” o “teorici della cospirazio-ne”.Entrambi questi risultati sono am-plificati nel nuovo libro Conspiracy Theory in America dal politologo Lance DeHaven-Smith, pubblicato all’inizio di quest’anno dalla Univer-sity of Texas Press. Il professor De Haven-Smith spiega perché alla gen-te non piace essere chiamato “teorico della cospirazione”: Il termine è sta-to inventato e messo in circolazione dalla CIA per diffamare le persone che mettono in discussione l’assassi-nio di JFK! “La campagna della CIA per diffondere il termine ‘teoria del complotto’ e fare dei cospirazioni-sti un bersaglio di scherno e ostilità deve essere considerato, purtroppo, come una delle più riuscite iniziative di propaganda di tutti i tempi.”In altre parole, le persone che usa-no i termini “teoria del complotto” e “teorico della cospirazione” come un insulto stanno attuando il risultato di una ben documentata, indiscussa e storicamente acclarata cospirazione da parte della CIA per coprire l’as-sassinio di JFK. Quella campagna, tra l’altro, era completamente ille-gale, e gli agenti della CIA coinvolti erano dei criminali. La CIA è esclu-sa da tutte le attività domestiche, ma

negativo del teorico della cospirazione - un fanatico ostile sposato alla verità della sua teoria - descrive con pre-cisione le persone che difendono la versione ufficia-le dell’11 / 9, non quelli che tentano di contestarla.Inoltre, lo studio ha trovato che i cosid-detti cospirazionisti

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ordinariamente infrange la legge per condurre operazioni nazionali che vanno dalla propaganda agli omici-di.DeHaven-Smith spiegano anche per-ché coloro che dubitano delle spie-gazioni ufficiali di alti crimini sono desiderosi di discutere il contesto storico. Egli fa notare che un gran numero di teorie della cospirazio-ne si sono rivelate per essere vero e che sembrano esservi forti relazioni tra molti delitti non ancora risolti e i “crimini di stato contro la democra-zia” Un esempio evidente è il legame tra gli assassinii di JFK e RFK, che hanno aperto la strada a presidenze che hanno continuato la guerra del Vietnam. Secondo DeHaven-Smith, dobbiamo sempre discutere gli “omi-cidi Kennedy”, al plurale, perché i due omicidi sembrano essere legati dallo stesso piano omicida a più am-pio respiro.La psicologa Laurie Manwell della University di Guelph concorda che la definizione creata ad arte dalla CIA, ovvero la “teoria della cospira-zione” ostacola la funzione cogniti-va. Si fa notare, in un articolo pubbli-cato nel Comportamento scientifico Americano (American Behavioral Scientist) (2010), che le persone an-ti-cospirazione non sono in grado di pensare con chiarezza su tali crimini

apparentemente crimini di stato con-tro la democrazia come l’11 Settem-bre a causa della loro incapacità di elaborare le informazioni in conflitto con convinzioni pre-esistenti.Nello stesso numero di ABS, Il pro-fessore Steven Hoffman dell’Uni-versità di Buffalo, aggiunge che le persone anti-complottiste sono ti-picamente preda di una forte “fame di conferme” - cioè, essi cercano le informazioni che diano credito a tut-te le loro convinzioni pre esistenti, e per fare questo utilizzano mecca-nismi irrazionali (come ad esempio l’etichettatura di “teoria della cospi-razione”) per evitare di raccogliere informazioni contrastanti con le loro idee preconcette.L’estrema irrazionalità di coloro che attaccano le “teorie del complotto” è stata sapientemente esposta da un team di professori dediti alla comu-nicazioni: Ginna Husting e Martin Orr della Boise State University. In un articolo del 2007 dal titolo “mac-chinari pericolosi: il ‘teorico della cospirazione’ come strategia per l’Esclusione”, hanno scritto: “Se io ti chiamo un teorico della cospirazione, poco importa che tu abbia effettivamente sostenuto una cospirazione o se hai semplicemen-te sollevato una questione che avrei preferito evitare ... Per averti dato

questa etichettatura, ti escludo stra-tegicamente dalla sfera pubblica in cui avvengono dibattiti, discussioni e dove ci si scontra sulle motivazioni di una teoria rispetto ad un’altra.”Ma ora, grazie a internet, le persone che mettono in dubbio le storie uffi-ciali non sono più essere escluse dal-la conversazione pubblica; I 44 anni della campagna della CIA per soffo-care il dibattito con la l’espressione “teoria del complotto” è quasi logo-ra. Negli studi accademici, come nei commenti su articoli riguardanti le notizie, le voci pro-complotto sono ormai più numerose- e più razionali - di quelli anti-cospirazione.Nessuna meraviglia che il popolo anti-cospirazioni suoni sempre più come un gruppo di ostili, manovrati paranoici.

Tradotto e Riadattato da Fractions Of Reality

Rupert Murdoch e Lord Rotschildi baroni petroliferi della Siria occupata

Milioni di americani prendono le no-tizie dalla FOX News, il Wall Stre-et Journal, o attraverso altri organi d’informazione di proprietà di Ru-pert Murdoch. Generalmente, questi organi d’informazione sono a favore di un’azione militare contro la Siria, ma non informano i loro spettatori e lettori che il signor Murdoch ha in-vestito interessi nella guerra con la Siria.Rupert Murdoch è comproprietario di una compagnia israelo-americana alla quale è stato concesso il diritto di cercare petrolio nelle alture del Golan – il territorio siriano occupato da Israele. È alquanto amorale che la FOX News non riveli queste infor-mazioni al suo pubblico.Israele ha accordato i diritti per la ricerca di petrolio all’interno della Siria, nel Golan appunto, alla Ge-

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occupatrice; ma tra le autorità e i precedenti legali non c’è alcun disac-cordo sul fatto che la realizzazione di nuovi pozzi – per non parlare delle fratturazioni idrauliche – da parte di una potenza occupatrice è illegale.Il fatto che Jacob Rothschild e Ru-pert Murdoch abbiano investito nei tentativi di ricerca di petrolio nei ter-

ritori siriani occupati suggerisce che siano a favore del rovesciamento del governo Assad di Damasco, in modo da indebolire la Siria e dividere la na-zione più o meno alla stessa maniera della Jugoslavia negli anni 90.

di Christopher Bollyn therebel.org

Uno spietato “memorandum un’azio-ne urgente” pubblicato oggi dal pre-sidente Putin per le Forze Armate

La Russia di Putin vuole la pacema si prepara alla guerra

della Federazione Russa è ordinare un “massiccio attacco militare” con-tro l’Arabia Saudita nel caso in cui

l’Occidente attacchi la Siria.Secondo fonti del Cremlino Putin è diventato “infuriato” dopo il suo

nie Energy. Rupert Murdoch e Lord Jacob Rothschild sono i principa-li azionisti della Genie Energy – la quale si interessa anche di gas da argille negli Stati Uniti e di olio di scisto in Israele. Anche Dick Cheney fa parte del comitato consultivo della compagnia. Secondo il diritto inter-nazionale, è illegale che Israele ac-cordi diritti di ricerca del petrolio su territori occupati, come scrive Craig Murray nel suo articolo del febbra-io 2013, dal titolo “Israele accorda diritti petroliferi in Siria a Murdoch e Rothschild”: Il tentativo di Israele di sfruttare le risorse minerarie del territorio occupato delle alture del Golan è completamente illegale per il diritto internazionale. Singapore ha fatto causa al Giappone presso la Corte Internazionale di Giustizia per lo sfruttamento del suo petrolio durante la seconda guerra mondiale. Il contenzioso era basato sulla norma internazionale per cui una potenza occupatrice è in diritto di utilizzare pozzi petroliferi già in funzionamen-to e utilizzati dalla potenza sovrana, al cui posto è subentrata la potenza

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incontro all’inizio di agosto con il principe saudita Bandar bin Sultan, che ha avvertito che se la Russia non accetterà la sconfitta della Siria, l’Arabia Saudita avrebbe scatenato i terroristi ceceni sotto il loro control-lo per causare la morte e il caos du-rante i Giochi Olimpici Invernali che si terranno dal 7 al 23 Febbraio 2014 a Sochi, in Russia.Il quotidiano libanese As-Safir, ha confermato questa incredibile mi-naccia contro la Russia, dice che il principe Bandar s’impegnerà a sal-vaguardare la base navale della Rus-sia in Siria se il regime di Assad sarà rovesciato, ma ha anche accennato ad attacchi terroristici ceceni sulle Olimpiadi invernali della Russia a Sochi, se non vi è alcun accordo: “Io posso dare una garanzia per proteg-gere le Olimpiadi invernali del pros-simo anno. I gruppi ceceni che mi-nacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi “.Il Principe Bandar ha continuato a dire che i ceceni che operano in Siria sono stati uno strumento di pressione che potrebbero essere accesi o spen-ti. “Questi gruppi non ci spaventano. Li usiamo contro il regime siriano, ma non avranno alcun ruolo nel fu-turo politico della Siria “.Londra, The Telegraph News Servi-ce oggi ha riportato inoltre la noti-zia che l’Arabia Saudita ha segreta-mente offerto alla Russia un ampio accordo per il controllo del mercato

mondiale del petrolio e del gas, se il Cremlino si allontana dal regime di Assad in Siria, Putin ha risposto di-cendo “La nostra posizione su Assad non cambierà mai. Noi crediamo che il regime siriano è il miglior oratore in nome del popolo siriano, e non i mangiatori di fegato” [riferendosi al filmato che mostra un ribelle jihadi-sta mangiare il cuore e il fegato di un soldato siriano], e il principe Bandar ha avvertito che non ci può essere “nessuna fuga da l’opzione militare”, se la Russia rifiuta il ramo d’ulivo.Le immagini contenute in questi vi-deo sono esplicite e raffigurano sce-ne di guerra in Siria. E’ sconsigliata la visione ad un pubblico non adulto e facilmente impressionabile.Importante notare, che i Servizi di Sicurezza Federali (FSB ) hanno confermato la validità dei messaggi di posta elettronica forniti dagli ha-cker sulla società britannica di difesa, Britam Difesa che incredibilmente avvertono che il regime di Obama si stava preparando a scatenare una se-rie di attacchi contro la Siria e l’Iran, gli esperti del intelligence russi han-no avvertito potrebbe benissimo cau-sare la Terza Guerra Mondiale.Secondo questo rapporto FSB, Bri-tam Difesa, una delle più grandi forze mercenarie private del mondo, è stato il bersaglio di un “massiccio attacco hacker” dei propri file nei computer da parte di uno “stato sconosciuto che ha sponsorizzato l’operazione”,

lo scorso gennaio che ha poi rilascia-to una serie di email critiche dei due migliori dirigenti, il fondatore Philip Doughty e il suo Business Develop-ment Director David Goulding.Le due email più importanti tra Dou-ghty e Goulding, in questo rapporto, affermano che il regime di Obama ha approvato un attacco falso in Siria usando armi chimiche “false flag”, e che Britam ha approvato la sua par-tecipazione:Email 1: Phil, Abbiamo una nuova offerta. Si tratta di Siria di nuovo. Il Qatar proporre un affare interessan-te e giuro che l’idea viene approvata da Washington. Dovremo offrire una CW (un’arma chimica) a Homs (Si-ria), di origine sovietica g-shell dalla Libia simili a quelli che Assad do-vrebbe avere. Vogliono che schieria-mo il nostro personale di ucraini che dovrebbero parlare russo e fare un video. Francamente, non credo che sia una buona idea, ma gli importi proposti sono enormi. La tua opinio-ne? Cordiali saluti DavidEmail 2: Phil, Consultate e allegate relative misure preparatorie concer-nenti la questione iraniana. La parte-cipazione di Britam nell’operazione è confermata dai sauditi.Con gli eventi ormai fuori controllo in Siria, l’Independent News Servi-ce di Londra riferisce che il princi-pe Bandar ”spinge per la guerra”, il ministro degli Esteri russo portavoce Alexander Lukashevich ha ulterior-

mente messo in guardia l’Occiden-te oggi affermando: “I tentativi di bypassare il Consiglio di Sicurezza, ancora una volta a creare scuse in-fondate artificiali per un intervento militare nella regione saranno moti-vo di nuove sofferenze in Siria e con-seguenze catastrofiche per gli altri paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.”Incurante degli avvertimenti russi che sono caduti nel vuoto, invece, il primo ministro britannico David Ca-meron questa mattina ha chiesto al Parlamento britannico di votare per attaccare la Siria, come il regime di Obama ha improvvisamente annul-lato l’incontro con la Russia in pro-gramma sulla ricerca di una via per la pace per la Siria, e l’Occidente inizia i suoi piani per attaccare la nazione siriana “entro pochi giorni”.Mentre la Siria è avvertita che do-vrebbe essere attaccata dall’Occi-dente ci sarà “un caos globale “, per-ché ai popoli occidentali, non è stato detto che il 17 maggio 2013, Putin ha ordinato alle forze militari russe di “spostare immediatamente” la si-tuazione operativa da guerra locale a guerra regionale e di essere “pie-namente preparati” per espandere la guerra su larga scala. Stati Uniti ed Unione Europea, dovrebbero entrare nella guerra civile siriana.Il precedente ordine di Putin, ora è combinato con il suo nuovo ordine di massicci attacchi di rappresaglia

contro l’Arabia Saudita, qualsiasi at-tacco alla Siria è visto dalla Russia come un attacco alla stessa.La guerra in Siria, è guidata da Ara-bia Saudita e Qatar e il loro cagnolini alleati occidentali, è hanno un unico obiettivo: rompere la presa della Rus-sia sul mercato dell’Unione Europea di gas naturale con un oleodotto che dovrebbe essere realizzato attraverso la Siria, come riportato dal Financial Times News Service di Londra lo scorso giugno:“Il piccolo stato del Qatar ricco di gas, ha speso fino a 3 miliardi di dol-lari nel corso degli ultimi due anni, sostenendo la ribellione in Siria, di gran lunga superiore a qualsiasi altro governo, ma ora fa a gomitate con l’Arabia Saudita come prima fonte di armi ai ribelli.Il costo dell’intervento del Qatar, la sua ultima spinta per eseguire una ri-volta araba, equivale ad una frazione del suo portafoglio di investimenti internazionali. Ma il suo sostegno finanziario per la rivoluzione che ha trasformato in una feroce guerra civile adombra drammaticamente il sostegno occidentale per l’opposi-zione.Il Qatar inoltre ha proposto un gasdot-to dal Golfo alla Turchia, l’emirato sta valutando una ulteriore espansio-ne delle esportazioni di gas naturale nel mondo, dopo aver completato un ambizioso programma di oltre il doppio della capacità di produzione

di gas naturale liquefatto (GNL ). ”La causa più inimmaginabile per ini-ziare la terza guerra mondiale sulla Siria è stata esposta dal portavoce del ministero degli Esteri russo, Alek-sandr Lukashevich che ha detto la scorsa settimana: “Stiamo ottenendo nuove prove che questo atto crimi-nale era di una natura provocatoria. In particolare, ci sono i rapporti che circolano su Internet, che i materiali della vicenda e le accuse contro le truppe governative erano state invia-te diverse ore prima del cosiddetto attacco. Quindi, era un’azione pre-programmata.”Per l’Occidente l’avere progettato velocemente un altro “false flag” attacco per giustificare una guerra dove hanno pubblicato il video di questo cosiddetto attacco chimico un giorno prima che si è verificato, è segno di arroganza e disprezzo, ma i loro cittadini che soffrono di son-nambulismo, ancora una volta, ca-dranno come hanno fatto tante volte in passato.

Angelo Iervolino - lenewsdiangelo-iervolino.altervista.org

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Valerio CignettiSegretario Generale dell’AEMN (Alleanza Europea dei Movimenti Nazionali).

Nato il 14 maggio 1962 a Strambino (TO), diplomato in marketing presso la scuola di Palo Alto (nel 1999), èassistente-funzionario al Parlamento Europeo per la Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia; per laDelegazione alle commissioni di cooperazione parlamentare UE-Kazakistan, UE-Kirghizistan, UE-Uzbekistane per le relazioni con il Tagikistan, il Turkmenistan e la Mongolia; per la Commissione per ibilanci; e per la Delegazione alla commissione di cooperazione parlamentare UE-Russia.È stato membro del Movimento Sociale Italiano e del Fronte della Gioventù (dal 1979) ed è stato componente delConsiglio Comunale di Strambino (Capogruppo della Fiamma Tricolore) dal 1995 al 2005,Dalla fondazione dell’AEMN, cui ha attivamente contribuito, né è il Segretario Generale.

D. Sig. Segretario, la situazione nel Medio Oriente sembra sul punto di precipitare, ad oggi, (28 agosto 2013) Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia minacciano un intervento armato dopo il presunto attacco chimico compiuto dalle forze di Assad. Che ne pensa?

Non si tratta d’altro che dell’ennesima manovra operata dai poteri finanziario-massonici che dominano in Occidente

per avere una nuova guerra e, nel contempo, dare sostegno occulto alla jihad wahabita voluta da Arabia Saudita e Qatar (tra l’altro detentori di larghe quote dell’economie Occidentali).

D. L’Iran e soprattutto la Russia hanno già ammonito sulle “gravi conseguenze” che un attacco militarepotrebbe causare. Rischiamo una guerra globale?

Il rischio è oggettivamente serio, molto più che in altre crisi recenti, anche perchè il “campo” non è assolutamente chiaro e l’eventuale intervento dell’Occidente a sostegno dei terroristi islamici è solo ulteriormente destabilizzante.

D. Non crede che la “guerra alla Siria” nasconda in realtà la volontà di accendere le polveri control’Iran considerato il vero nemico n’1 dell’asse ISRAELE-USA-G

Come ho detto, la guerra alla Siria mira a creare una nuova forte destabilizzazione per tutta l’area, certemente con

L’intervista:obiettivi secondari quali avvicinare altre truppe ad un eventuale “scenario iraniano”, ma anche per consentire la pratica sul campo a tanti nuovi terroristi jihadisti che, purtroppo, hanno passaporti Occidentali (anche italiani!) e si preparano (come ha anche riconosciuto il Direttore del GENS ITALICA controterrorismo USA, Matthew Olsen) a nuovi attentati nei propri Paesi, così da poter continuare a mantenere sempre più alta la tensione generale.

D. In tutto questo contesto, qual’ è l’interesse nazionale italiano?

Certamente innanzitutto non ripetere gli errori commessi con la crisi libica, che ci ha visto appiattiti e genuflessi sulle

posizioni altrui con il solo obiettivo di non vedere eccessivamente ridotte le nostre commesse! E solo l’assumere po-sizioni anche forti, come non concedere l’utilizzo delle proprie basi o il sorvolo del territorio nazionale, può portare l’Italia ad assumere un ruolo nuovo e importante su tutto il bacino del Mediterraneo.

D. Le Nazioni Unite come sempre dimostrano tutta la loro inadeguatezza, l’Unione Europea come sempre opta per il “rompete le righe” lasciando che siano Francia e Gran Bretagna ad occuparsene. Stiamo assistendo al fallimen-to delle organizzazioni sovranazionali e al ritorno della “politica delle cannoniere” di novecentesca memoria?

L’Europa, così come attuata e concepita fino ad ora, non ha né capo né coda, e con l’Alleanza lo diciamo da sempre.

Anzichè essere un’unione di nazioni e di popoli che hanno storie, lingue e tradizioni comuni, è una macro-banca che opera ad esclusivo sostegno della grande finanza, imponendo direttive che cadono sulle nazioni molto dal di sopra

rispetto all’ambito democratico parlamentare. Purtroppo non si tratta affatto, per chi l’ha pensata e voluta così, di un fallimento, bensì di un operazione di successo, stomachevole e drammatica, ma di successo. Le cannonierecreano nuovi mercati e la finanza specula sul sangue delle nazioni.

D. Nell’agenda delle istituzioni europee c’è anche il cosiddetto “mercato unico euroatlantico”, qual è laposizione dell’AEMN a riguardo?

Ovviamente fortemente contraria. E non solo per le conseguenze drammatiche che provocherà senza dubbio al com-parto agricolo di tutta Europa, ma anche (per esempio) per l’impossibilità di controllare la diffusione degli OGM che si verrà a creare. Se a ciò aggiungiamo la deregolamentazione in materia di protezione dei dati personali e la sem-plificazione delle norme ambientali e sanitarie, ci troveremo in breve tempo anche qui da noi, con la stessa giungla

ultracapitalista che vi è dall’altra parte dell’Atlantico. Va osteggiato in ogni modo, soprattutto prima chediventi anche premessa di un’integrazione politica!

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D. Il generale De Gaulle parlava di un’Europa delle Nazioni dall’Atlantico agli Urali. È utopia?

No. In verità è l’unica speranza per l’Europa di tutelare la propria esistenza, i propri cittadini e i propri diritti, con-quistati in lunghi secoli di lotte e progresso dall’antica Grecia ad oggi. L’AEMN parla da sempre dell’Europa come di quel continente che parte da Lisbona e arriva a Vladivostok e le vicinanze culturali, storiche, religiose e ideali tra le Nazioni che abitano questa fetta di mondo, sono certamente più prossime le une alle altre rispetto ad altrove, anche rispetto all’altra sponda dell’Atlantico.

D. Le rivelazioni di Wikileaks hanno reso pubblico che gli americani spiano metodicamente le istituzionieuropee. Come bisognerebbe reagire?

Non solo le istituzioni, ma anche le intenzioni dei media e i semplici cittadini. Si sà da decenni e mai nessuno ha fatto nulla. Ogni tanto un nuovo scandalo richiama l’attenzione dell’opinione pubblica e poi ricade tutto nel dimenticato-io. I fautori del “Nuovo Ordine Mondiale” vogliono ridurci tutti quanti in schiavitù e la prima reazione importante sarebbe quella di prenderne coscienza. Poi, l’unica risposta che si potrebbe dare sarebbe quella di sostenere le poli-tiche nazionaliste e di tutela del singoli territori nazionali, stroncando così il tentativo di omologazione generale, per rilanciare infine l’attenzione e il sostegno per i più deboli (con minore attenzione ai mercati e ai “PIL” e maggiore

spazio alle saggie e vecchie “politiche sociali”).

D. Tra meno di un anno si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo, in tutta Europa si assiste ad una crescita dei movimenti nazionalisti ed identitari. Riusciremo ad avere finalmente un gruppo parlamentare unico dei diversi movimenti che compongono quest’area?

Questo è quanto stiamo cercando di fare con l’Alleanza. Certo la legge elettorale non ci agevola, se non addirittura ci ostacola, ma - a volte - le risposte delle urne sono sorprendenti. Sono molto fiducioso!

D. Il suo personale futuro politico?

Per prima cosa vorrei vedere confermata e solida l’Alleanza, quale partito europeo e gruppo parlamentare, visto che ho contribuito moltissimo ad idearla e crearla. Poi si vedrà

Daniela Perissutti

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Storia della Gens Italica

In questo autunno è ricorso il bimil-lenario della battaglia di Teutoburgo quasi completamente ignorato in Ita-lia, a differenza di quanto accaduto in Germania, ove da secoli quell’evento è impresso nell’immaginario collet-tivo come il primo glorioso episodio della storia patria, risalente all’epoca augustea. In Italia memoria indele-bile è, invece, serbata al condottiero che fu vindice di quell’agguato, Giu-lio Cesare Germanico, il quale già nel nome ereditato dal padre recava il destino di trionfatore sulla barbarie teutonica.Dopo le campagne di Druso e di Tiberio, che avevano condotto le legioni sino all’Elba, il territorio ad est del Reno, conosciuto quale Ger-mania magna, sembrava usufruire dell’effetto benefico dell’azione pa-cificatrice delle vittorie romane. Fu in questo contesto che Augusto, rite-nendo giunto il momento di introdur-re nella nuova provincia il diritto e le istituzioni, inviò in Germania come governatore, già più che sessantenne, Publio Quintilio Varo, il quale, come consigliere privato, lo aveva seguito nel viaggio compiuto in oriente che aveva consentito il recupero delle in-segne perdute da Crasso nella disfat-ta di Carre.Ottimo amministratore e oratore di non poco conto, come dimostra la circostanza che spettò a lui l’one-re dell’elogio funebre di Vipsanio Agrippa, padre di sua moglie Vipsa-nia nonché amico intimo di Augusto e artefice delle fortune dell’Impero, a Varo fu affidato il compito di am-ministrare e imporre l’ordinamento giuridico su un territorio vastissimo e per lo più sconosciuto che si esten-deva tra la Danimarca e la Boemia.

Idistaviso - La rivincita di Teutoburgo

Non senza un’amara ironia Velleio Patercolo riporta che Varo: “Preso il comando dell’esercito in Germania, si illuse che fossero veri uomini quei barbari che nulla di umano avevano tranne le membra e la voce, e che con le leggi potessero venir placati quelli che non si erano potuti domare con la spada. Inoltratosi nel bel mezzo della Germania con questo convinci-mento, fece trascorrere il tempo della campagna d’estate nell’amministrare la giustizia civile e nell’istruire pro-cessi uno dopo l’altro davanti al suo tribunale, come se si trovasse tra uo-mini che godono del beneficio della pace. Ma quelli (astutissimi – cosa che stenterebbe a credere chi non li ha conosciuti – pur nella loro estre-ma barbarie, gente fatta apposta per la menzogna) simulando tutta una serie di fittizie controversie, e ora provocandosi l’un l’altro a contesa,

ora mostrandosi riconoscenti del fat-to che la giustizia romana dirimesse le liti, che la loro natura selvaggia si addolcisse mercè una nuova disci-plina a loro sconosciuta, e che così si risolvessero con la legge casi che si solevano definire con le armi, in-dussero Quintilio alla più completa negligenza, tanto che egli si illudeva di far da giudice in foro come pretore urbano, e non già di essere il capo di un esercito nel cuore della Germa-nia”.Era il settembre dell’anno 9 e.v. e Varo doveva spostarsi dall’accampa-mento estivo sulla riva occidentale del fiume Weser verso ovest, per rag-giungere il Reno, ove si trovavano gli insediamenti invernali. Invece di percorrere la via usuale, al comando di tre legioni, la XVII, XVIII e XIX, reparti ausiliari e numerosi civili, il governatore decise di muoversi in

direzione ovest, affidandosi alle in-dicazioni di Arminio, figlio di un principe cherusco, capo di una mili-zia di cavalieri ausiliari germanici a servizio di Roma, malgrado lo zio di quest’ultimo, Segeste, lo avesse av-vertito del progetto di un’imboscata. A Varo sembrò impossibile che il pluridecorato condottiero germanico, insignito della cittadinanza romana per meriti militari, che aveva sempre trattato come un figlio, potesse venir meno alla fides, alla volontà di giu-sti rapporti, di legami permanenti, di accordi profondi che contraddistin-guevano l’essere romano e “non solo non credette a tutti quelli che sospet-tavano del tradimento e che lo invi-tavano a guardarsi alle spalle, anzi li rimproverò per aver creato un inutile clima di tensione e di aver calunniato i Germani…” (Cassio Dione Cocce-iano, Storia Romana, LVI, 19).Fu così che l’enorme corteo, che si snodava per circa quindici-trenta chilometri, composto da quindici-ventimila soldati, oltre a quattro-cinquemila tra cavalli e animali da traino, si inoltrò in una foresta su un terreno impervio, ove la terra spro-fondava sotto le pesanti ruote dei carri, mentre una pioggia torrenziale accresceva l’oscurità provocata dalla fitta vegetazione, impedendo di ve-dere anche a poca distanza.E’ con tutta probabilità accanto alla collina calcarea di Kalkriese, divisa da una grande palude da una striscia di terra, ove in alcuni punti non po-

trebbero marciare affiancati più di quattro uomini, che si perpetrò l’ag-guato. I Romani furono attaccati non soltanto dalle tribù germaniche, ma anche dalle stesse truppe ausiliarie comandate da Arminio che piom-barono da ogni parte. Le condizioni atmosferiche avverse resero inser-vibili le armi da lancio inzuppate di acqua e gli stessi scudi che, costrui-ti con strati sovrapposti di legname e pelle, iniziarono rapidamente a scollarsi. Nonostante ciò, bruciati i carri inservibili, Varo riuscì a rior-ganizzare l’esercito, ostacolato dalla presenza di numerosi civili, tentan-do un’avanzata verso la salvezza. Il terzo giorno di battaglia la pioggia e il vento si scatenarono nuovamente,

contribuendo ancor più ad appesan-tire le armature indossate dai legio-nari spossati, decimati e impossibi-litati ad adottare alcuna formazione che potesse contrastare gli attacchi dei barbari per l’angustia dei luoghi, “… per questi motivi Varo, e gli al-tri ufficiali di alto rango, nel timore di essere catturati vivi o morire per mano dei Germani… compirono un suicidio collettivo…” (Cassio Dio-ne Cocceiano, Storia Romana, LVI, 21,5).Anneo Floro descrive la sorte dei vinti: “Non vi fu nulla di più cruento di quella strage nelle paludi e nelle selve, nessun più intollerabile insul-to inflitto dai barbari, specialmente quelli diretti contro gli avvocati. Ad

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alcuni strappavano gli occhi, ad altri tagliavano le mani, ad uno fu cuci-ta la bocca dopo che gli fu tagliata la lingua”. La testa di Varo mozzata fu inviata da Arminio nella lontana Boemia al re dei Marcomanni, Ma-roboduo, quale invito a coalizzarsi contro Roma. Quest’ultimo, tuttavia, mantenne fede ai patti stipulati con Tiberio tre anni prima e restituì ai familiari di Varo il macabro trofeo che, per volere di Augusto, fu sep-pellito nel mausoleo eretto per sé e la sua famiglia in Campo Marzio. Una volta divenuto Imperatore, Tiberio si ricorderà della lealtà di Maroboduo, nel frattempo caduto in disgrazia presso il suo popolo, concedendogli asilo politico a Ravenna.Arminio, da cui si vantava di di-scendere il precettore delle SS Karl Maria Wiligut, divenne Hermann. “Mann” uomo ed “Heer” esercito, uomo dell’esercito nella traduzione del nome latino in tedesco operata dal suo ammiratore Martin Lutero, osannato come liberatore di Germa-nia per una vittoria frutto di un in-ganno. Con queste gesta belliche è difficile dar torto a Velleio Patercolo che considerava i Germani “astu-tissimi nella loro estrema barbarie e stirpe nata per la menzogna”. In onore di Arminio-Hermann, poco lontano dalla città di Detmold, in un bosco che oggi porta il nome di Sel-va di Teutoburgo, a una settantina di chilometri da dove si svolse la batta-

glia, fu eretta, tra il 1841 e il 1875, una statua di rame alta 28 metri per ricordare che il trionfo dell’unifica-zione tedesca in età moderna affonda le radici già in epoca romana. Come argutamente osserva Peter Heather ne “La caduta dell’Impero romano” (Garzanti): “I nazionalisti tedeschi dell’Ottocento fecero benissimo a mettere il monumento di Hermann nel posto sbagliato, dato che ne ave-vano compreso così male il signifi-cato: non fu la potenza militare dei Germani a tenere a bada l’Impero, fu la loro miseria”.Fu, infatti, Tiberio, il successore di Augusto, fedele alla decisione di que-sti di mantenere i confini dell’Impero invariati, cercando di salvaguardare i territori interni e di assicurarne la tranquillità, a comprendere che non valeva la pena sottomettere la Ger-mania, non offrendo né terre fertili da sfruttare, né la possibilità di un adeguato gettito tributario per l’ar-retratezza e la povertà delle popola-zioni che l’abitavano. Ciò non toglie che la rottura della fides e l’oltraggio alle Aquile delle legioni dovevano essere punite e a Roma fu deliberata l’implacabile vendetta.Tiberio decise di affidare il compito a Germanico, generale, pronipote di Augusto, designato al trono imperia-le, letterato e poeta. Amato dai solda-ti che ebbero in lui, sul Reno e poi in Oriente, il condottiero migliore dopo Giulio Cesare, il giovane Germanico

godeva non solo dell’eredità morale e politica del padre Druso, ma aveva anche, attraverso la madre Antonia Minore, figlia di Ottavia, nelle vene sangue di stirpe Giulia.Il 14 e.v. Germanico, insignito dell’imperio proconsolare maius su-gli eserciti renani, decise di gettare un ponte sul Reno, facendovi transi-tare quattro legioni, ventisei coorti di fanteria ausiliaria e otto di cavalleria, piombando sui Marsi, una delle tribù assoldate da Arminio nell’agguato di Teutoburgo. I villaggi furono messi a ferro e fuoco e la repressione at-tuata con inusitata spietatezza, dal momento che i legionari si erano ri-proposti di sacrificare sul campo di battaglia, alla vendetta e alla gloria, i perfidi violatori della pace. Fu un massacro e Germanico per aumenta-re il raggio di devastazione nell’arco di cinquanta miglia divise le legioni in quattro cunei.L’anno successivo, passato nuova-mente il Reno, Germanico, dopo essersi accampato sulle rovine di un precedente forte costruito dal padre, Druso, si addentrò nel territorio dei Catti, vicini e alleati dei Cheruschi, con i quali erano uniti da solidi le-gami parentali, spingendosi sino alla capitale Mattium, vicino l’attuale Niedenstein, incendiandola e sac-cheggiandola.Dopo aver sconfitto anche i Bructeri e recuperata l’Aquila della XIX le-gione, caduta in mano ai Germani sei

anni prima, Germanico, mandato in avanscoperta Aulo Cecina Severo tra le gole dei monti immerse nelle fo-reste, avanzò alla caccia di Arminio verso Teutoburgo, guidato dai super-stiti all’infame agguato e dalle truppe ausiliarie che ben conoscevano quei tristi luoghi. Il desolante scenario che si offrì agli occhi dei Romani è de-scritto dalle vivide parole di Tacito: “… nel mezzo del campo biancheg-giavano le ossa ammucchiate e di-sperse… sparsi intorno… frammenti di armi e carcasse di cavalli e teschi conficcati sui tronchi degli alberi. Nei boschi vicini si vedevano altari barbari, presso cui i Germani aveva-no trucidato i tribuni e i centurioni di più alto grado. I superstiti di questa strage, scampati alla battaglia o alla prigionia, ricordavano che qui erano caduti i legati e là erano state rapite le Aquile; mostravano ove Varo rice-vette la prima ferita e dove si colpì a morte, suicidandosi; mostravano il rialzo del terreno da cui Arminio aveva arringato i suoi, i numerosi patiboli preparati per i prigionieri, le fosse per i vivi e con quanta traco-

tanza egli avesse schernito le insegne e le Aquile imperiali…” (Cornelio Tacito, Annali, I, 61). Seppelliti i re-sti di quei corpi straziati, dopo aver reso gli onori funebri, Germanico riprese l’inseguimento di Arminio senza, però, ottenere alcun concreto risultato. Sulla via del ritorno verso il Reno, Arminio, tuttavia, decise di tendere un agguato a quella parte dell’esercito di Germanico condotta da Aulo Cecina Severo attraverso i pontes largi, uno stretto passaggio tra foreste e vaste paludi costruito da Domizio Enobarbo circa quindi-ci anni prima. Cecina, che aveva alle spalle una onorata carriera di oltre quaranta anni, diversamente da Varo non si lasciò sorprendere e ricacciò i Germani nella foresta prima del ca-lare delle tenebre, seppure con molte perdite. Tacito racconta il sogno che in quella difficile notte si manifestò ad Aulo Cecina Severo: “… gli parve di vedere Publio Quintilio Varo usci-re dalle paludi, interamente coper-to di sangue, e gli sembrò di udirlo come se lo chiamasse, egli invece non lo seguiva e spingeva lontano

da sé la mano che Varo tendeva…” (Cornelio Tacito, Annali, I, 65). La mattina seguente Arminio attaccò al grido di: “Ecco Varo e le sue legioni, dello stesso destino sono ormai presi in una morsa!”. L’esito dello scontro si rivelò essere molto distante dal-le previsioni di Arminio, costretto a una fuga ignominiosa, mentre ad Aulo Cecina furono decretate le in-segne trionfali.Nel 16 e.v. sulle rive del fiume Visur-gi, attuale Weser, si trovarono final-mente di fronte sulla piana di Idista-viso Germanico e Arminio.Un segno fausto annunziò al condot-tiero romano le sorti della battaglia, otto aquile furono viste volare verso i nemici in direzione della foresta alle loro spalle. Giove Ottimo Mas-simo aveva emesso il suo ineluttabi-le decreto: i barbari dovevano pagare l’oltraggio arrecato, con l’inganno, a Roma.Fu allora che Germanico comandò ai suoi di marciare avanti e di seguire gli uccelli simbolo di Roma, protet-tori delle legioni! (Cornelio Tacito, Annali, II, 17). Si combattè ininter-

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rottamente dalle undici fino a notte e Arminio riuscì a stento a salvarsi, dopo essersi imbrattato con il sangue il viso per non essere riconosciuto durante la fuga. I cadaveri dei barba-ri uccisi coprirono la piana per alme-no diecimila passi e i legionari, dopo aver acclamato Tiberio Imperatore, innalzarono, quale trionfo, un tumu-lo con le armi degli sconfitti e i nomi dei popoli vinti. La battaglia ebbe un seguito, perché Arminio, riorganiz-zati i suoi uomini, decise di attaccare nuovamente l’esercito romano in un luogo chiuso tra il Visurgi e le fore-ste, ove si trovava una pianura stretta e umida, in cui la popolazione degli Angrivari aveva costruito un lungo terrapieno dietro cui si attestò la fan-teria germanica. Dopo il lancio dei frombolieri e l’uso delle macchine da guerra che provocò lo scompiglio tra i difensori del vallo, Germanico, alla testa delle coorti pretorie, guidò l’attacco nella foresta, togliendosi l’elmo dal capo – come Alessandro Magno nella battaglia di Isso – per essere meglio riconosciuto nella fu-ribonda mischia corpo a corpo che ne seguì.Ancora una volta la vittoria romana fu schiacciante e per celebrarla Ger-manico fece innalzare un secondo trofeo recante l’iscrizione: “L’eserci-to di Tiberio Cesare, vinte le popola-zioni tra l’Elba e il Reno, consacrò questo monumento a Marte, a Gio-ve e ad Augusto” (Cornelio Tacito, Annali, II, 22). Così Marte e Giove Ultori e i Mani di Augusto vennero placati e il nome di Idistaviso rimase per sempre legato a quello di Teuto-burgo, come il castigo che segue il misfatto.Compiuta la vendetta, l’esercito ro-mano si mise in marcia verso gli al-loggiamenti invernali sia per via di terra, sia per la maggior parte per via fluviale, discendendo il fiume Ems fino al Mare del Nord, per intrapren-dere il viaggio di ritorno attraverso l’Oceano. Durante la navigazione infuriò una terribile tempesta, tanto che alcune navi colarono a picco e altre riuscirono ad approdare seppu-re gravemente danneggiate. I naufra-ghi sopravvissuti ai marosi furono recuperati non soltanto sulle isole e sulle coste tedesche, ma addirittura sul litorale della lontana Britannia, ove vennero soccorsi dai capi locali

e restituiti a Germanico. La notizia del disastro patito dalla flotta romana rinfocolò le speranze dei Germani di ribaltare le sorti della guerra, spin-gendoli a riaprire le ostilità. Germa-nico decise allora di reprimere ogni velleità sul nascere, inviando Gaio Silio a combattere i Catti, mentre egli con la maggior parte delle forze sbaragliò i Marsi, rinvenendo in un bosco la seconda Aquila legionaria perduta a Teutoburgo. La terza e ul-tima sarà recuperata, regnante Cali-gola, figlio di Germanico, da Publio Gabinio Secondo durante la campa-gna del 39-41 e.v. oltre Reno a segui-to di una vittoria sui Cauci.L’ennesimo successo di Germanico gettò i vinti in preda al terrore: “An-davano dicendo che i Romani erano invitti, e che nessuna sciagura pote-va piegarli, poiché distrutta la flotta, perdute le armi, coperte le spiagge di carcasse di cavalli e di cadaveri, erano tornati ad assalire con lo stes-so indomito valore e fierezza, quasi che si fossero moltiplicati di nume-ro” (Cornelio Tacito, Annali, II, 25). Il bel verso degli Annali di Ennio, Fortes Romani sunt tamquam caelus profundus, trovava così nella mil-lenaria storia dell’Urbe l’ennesima sfolgorante conferma.La riconquista delle insegne perdute da Varo ‘ductu Germanici auspiciis Tiberi’ fu celebrata con l’erezione a Roma di un arco a Tiberio, mentre il 26 maggio del 17 e.v. Germanico si meritò il trionfo sulle “tribù fino all’Elba”. Nel corteo trionfale sfila-rono pubblicamente, quale ostaggi, la moglie di Arminio, Thusnelda, e suo figlio Tumelico. Quanto all’in-vocato “liberatore” di Germania, di lì a poco nel 19 o nel 21 e.v., finì per essere ucciso dai suoi stessi parenti in una lotta di potere scatenatasi in terra cherusca.Fu alla memoria di Germanico e al suo fulgido esempio vittorioso che si rivolse l’Italia nel momento di maggior tensione della Prima Guerra mondiale, che doveva ristabilire quei confini sacri che Catone, richiaman-dosi a un’arcaica norma di diritto, in-dividuava nelle Alpi, muro derivato, in illo tempore, dal tracciato dell’ara-tro divino. Il Corriere d’Italia del 22 aprile 1917 riporta la cerimonia con cui il giorno precedente, nel Natale di Roma, era stata offerta all’esercito

italiano la riproduzione della mone-ta che il Senato Romano aveva fatto coniare nel 17 e.v. per celebrare la vittoria che Germanico aveva conse-guito sulle orde semi selvagge gui-date da Arminio: “Onori insigni fu-rono decretati in Roma a Germanico trionfatore, fra gli altri, appunto, la coniazione della moneta, nella quale al diritto si scorge il Vincitore con le insigne del trionfo, su carro trainato da quattro frementi cavalli. Nel ro-vescio Germanico, eretto in tutta la sua maestà di vincitore e la scritta ‘Signis recept, devictis germ’ (Re-cuperate le insegne, sconfitti i Ger-mani). A diciannove secoli da quei giorni la Latinità si è trovata ancora una volta impegnata contro l’immu-tata barbarie germanica, ma forte dei suoi santi diritti, affidati alle sue armi possenti ed al valore dei suoi duci, essa ancora una volta sgominerà i di-scendenti di Arminio! I Comitati e le Delegazioni di Roma e di Torino per i Doni ai combattenti della IV Arma-ta vollero che, ad opera della Regia Zecca, fosse riprodotto il prezioso cimelio, quale sicuro auspicio per quella completa e definitiva Vittoria Latina cui sempre più tendono con sublime eroismo i cuori degli italia-ni e dell’intero mondo civile! […] L’epigrafe, che si accompagna alla riprodotta moneta, recita ‘A voi uffi-ciali che – nel nome dell’Italia e per la civiltà – rinnovate gesta di antico valore – i Comitati e le Delegazioni – di Roma e di Torino – per i doni ai combattenti della IV armata – au-spicio di vittoria – offrono segnato nel bronzo – il simbolo che da XIX secoli – ricorda il trionfo latino – sui Germani di Arminio’”.Il conflitto, che Gabriele D’Annun-zio definì come “la lotta suprema dei Latini contro i Germani” e “lo sforzo di Roma e di tutti i suoi secoli”, era iniziato per l’Italia da oltre due anni, in un “radioso” 24 maggio, ricorren-za del giorno natale di Gaio Giulio Cesare Germanico, Duce fatale che doveva punire il tradimento di Teu-toburgo.

Vittorio Sorci

Geni Italiani: Enrico FermiPubblichiamo un documento raro e sconosciuto ai più, risalente al 25 Ot-tobre 1934. Si tratta del deposito sul richiesto riconoscimento di privativa industriale, da parte di Enrico Fermi, Edoardo Amalfi, Oscar d’Agostino, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti, Emilio Segrè e Giulio Cesare Tra-bacchi, sotto il titolo:“Metodo per accrescere il rendimen-to dei procedimenti per la produzio-ne di radioattività artificiali mediante il bombardamento con neutroni“.Già prima della laurea Fermi pubbli-cò alcuni notevoli lavori riguardanti la relatività. Laureatosi nel luglio del 1922, discutendo una tesi, neces-sariamente sperimentale, sulla for-mazione di immagini con i raggi X, Fermi, rientrato in famiglia a Roma,

chiese consiglio sulla strada da intraprende-re a O.M. Corbino, di-rettore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma. Questi rico-nobbe subito l’eccezio-nalità del giovane e lo indirizzò alla carriera universitaria, aiutando-

dia e dove si aveva modo di discu-tere i propri problemi con maestri di grande spessore e con giovani vali-dissimi colleghi.A Leida Fermi ebbe modo di cono-scere A. Einstein che mostrò nei suoi confronti stima e simpatia. Alla fine del 1924, si traferì a Firenze come professore incaricato di Fisica Ma-tematica e oltre a svolgere varie

lo successivamente a creare a Roma una scuola di fisica avanzata.Grazie a delle borse di studio, nel 1923 Fermi si recò in Germania, a Gottinga presso M. Born, e nel 1924 in Olanda, a Leida presso P. Ehren-fest. Poté così finalmente rendersi conto di cosa volesse dire lavorare in un ambiente dove la produzione scientifica era a livelli di avanguar-

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ricerche teoriche si dedicò con F. Rasetti, che era stato suo collega di Università a Pisa, ad esperimenti di spettroscopia. Negli anni precedenti Fermi si era tra l’altro occupato del problema della quantizzazione del gas perfetto, in relazione alla deter-minazione della costante dell’entro-pia di tale gas, e delle incongruenze che affioravano nell’applicazione delle condizioni quantiche di Som-merfeld a sistemi contenenti elemen-ti identici. Così, sul finire del 1925, venuto a conoscenza del principio di esclusione di W. Pauli, in brevissimo tempo ne trasse le conseguenze per la meccanica statistica delle particel-le che obbediscono a tale principio, cioè, come si chiarirà in seguito, del-le particelle a spin semintero (elet-troni, protoni, neutroni), oggi dette per l’appunto fermioni.La nuova statistica, che diverrà nota come statistica di Fermi-Dirac (aven-dola il grande fisico inglese P.A.M. Dirac dedotta successivamente in modo formalmente più rigoroso), fu il maggior contributo teorico di Fer-mi alla fisica quantistica. Con questa scoperta Fermi acquistò una notevo-le fama a livello internazionale. Cor-bino riuscì a istituire presso l’Uni-versità di Roma una cattedra di fisica teorica, la prima in Italia, alla quale fu chiamato Fermi.Così, nell’autunno del 1926, Fermi si trasferì a Roma nell’Istituto di Via Panisperna, dove iniziò il periodo più fecondo della sua vita scientifi-

ca e dove ben presto, grazie al pieno appoggio di Corbino, creò un gruppo di collaboratori: il primo fu Rasetti, al quale si aggiunsero E. Segré, E. Amaldi, B. Pontecorvo. Saltuaria-mente, e solo per quanto riguardava i problemi teorici, partecipava ai lavo-ri del gruppo anche E. Majorana.Come altri grandi fisici del passato, Fermi realizzò nella propria attività di ricerca una stretta unità di compe-tenze e capacità teoriche e sperimen-tali.Il gruppo dei “ragazzi di Corbino” si occupò inizialmente di spettroscopia (per es. dell’effetto Raman) ottenen-do notevoli risultati. Ma all’inizio degli anni Trenta fu chiaro che lo stu-dio del nucleo atomico era molto più promettente delle ricerche di spet-troscopia e pertanto i vari membri del gruppo si recarono in laboratori all’estero per apprendervi le tecniche sperimentali necessarie per condurre esperimenti di fisica nucleareSul finire del 1933, mentre il gruppo procedeva lungo la strada intrapresa, Fermi elaborò la teoria del decadi-mento beta, in assoluto il suo lavoro teorico più importante. Numerose sostanze radioattive decadono emet-tendo elettroni i quali presentano uno spettro di energia continuo: per spie-gare questo spettro continuo W. Pauli aveva nel 1930 ipotizzato che nel de-cadimento beta di un nucleo venisse emesso insieme all’elettrone anche un’altra particella, elettricamente neutra e di massa molto piccola, il

cosiddetto neutrino, difficilmente ri-velabile. Fermi su questa base costruì la teoria del decadimento beta “per analogia con la teoria della emissio-ne di fotoni dagli atomi“. Il processo fondamentale della teoria di Fermi è la transizione di un neutrone (n) in un protone (p) con la creazione di un elettrone (e) e di un neutrino (n): n -> p + e + n.Sviluppata la teoria di questo proces-so, risultò subito chiaro a Fermi che per riprodurre i valori delle vite me-die osservate era necessario attribui-re il processo stesso a un’interazione estremamente più debole di quella elettromagnetica, detta in seguito in-terazione debole o fermiana. Molti concordano nel ritenere che questa ricerca di Fermi segnò la nascita del-la moderna fisica teorica delle parti-celle elementari.Il lavoro sul decadimento beta non era ancora comparso nella letteratura internazionale, quando nel gennaio del 1934 I. Curie e F. Joliot annun-ciarono a Parigi di aver osservato la radioattività artificiale provocata da particelle alfa in elementi leggeri (boro, alluminio e magnesio). All’ini-zio di marzo del 1934, Fermi pensò che il modo migliore per produrre la radioattività artificiale dovesse con-sistere nell’impiegare come proiettili i neutroni (scoperti solo due anni pri-ma da J. Chadwick) che essendo elet-tricamente neutri non subiscono la repulsione coulombiana del nucleo. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, egli

ottenne prima della fine del mese un risultato positivo nel fluoro e nell’al-luminio, utilizzando una sorgente di neutroni del tipo radon-berillio (le particelle alfa emesse dal radon sono assorbite dal berillio che si tra-sforma in carbonio con l’emissione di un neutrone veloce). Rendendosi subito conto dell’ampiezza del nuo-vo fenomeno, Fermi ne iniziò uno studio sistematico in collaborazione con F. Rasetti, E. Segré, E. Amaldi, il chimico O. D’Agostino, ai quali nel settembre si aggiunse il neolaureato B. Pontecorvo.Durante i mesi di aprile, maggio e giugno 1934 furono irraggiati 62 ele-menti e in 37 fu osservato almeno un nuovo atomo (nucleo) radioattivo. Complessivamente furono individua-te 50 nuove specie di nuclìdi radioat-tivi. In 16 casi il nuovo radionuclìde fu identificato chimicamente con la tecnica dei portatori. Le reazioni con le quali si forma il radionuclide sono di tre categorie: reazioni in cui il neutrone è assorbito dal nucleo ber-saglio che emette una particella alfa o un protone (osservate solo in ele-menti leggeri, con Z < 30) e reazioni (dette di cattura radiativa) in cui vie-ne emesso un fotone di alta energia (emissione gamma).A seguito di alcune anomalie mani-festatesi nell’attivazione dell’argen-to (la cui radioattività indotta variava fortemente a seconda dei materiali che si trovavano in prossimità del campione da attivare e della sorgente

di neutroni), nell’ottobre 1934 Fer-mi e collaboratori scoprirono che per urti successivi contro i nuclei dell’idrogeno di un materiale idroge-nato i neutroni vengono notevolmen-te rallentati e che i neutroni lenti così prodotti sono fino a cento volte più efficaci dei neutroni veloci nel pro-durre le reazioni nucleari di cattura radiativa.Il lavoro intensissimo dei “ragazzi di Via Panisperna“ sulla fisica del neutrone proseguì nel 1935, ma sul finire di quell’anno Rasetti si recò in America, Pontecorvo a Parigi, Segré come professore a Palermo. Fermi e Amaldi proseguirono le ricerche, scoprendo l’assorbimento risonante dei neutroni da parte di certi nuclei. Fermi formulò in questo periodo la teoria del rallentamento dei neutro-ni che conteneva molte delle idee fisiche e dei metodi matematici che saranno alla base della teoria dei re-attori nucleari.Sul finire del 1938, poco dopo la pro-mulgazione in Italia delle cosiddette leggi razziali, Fermi si recò a Stoc-colma per ricevere il premio Nobel, conferitogli per i suoi fondamentali contributi alla fisica dei neutroni, e di lì proseguì per gli Stati Uniti dove si stabilì (prendendo la cittadinanza nel 1944). La decisione di emigrare da parte di Fermi fu presa anche perché sua moglie, Laura Capon, era ebrea.Fermi era giunto negli Stati Uniti da poche settimane quando O. Hahn e F. Strassmann annunciarono la sco-

perta della fissione dell’uranio. Im-mediatamente Fermi iniziò lo stu-dio della fissione, in particolare dei neutroni emessi in questo processo. Ebbe così ben presto chiaro che era possibile realizzare una reazione a catena capace di produrre energia su scala macroscopica. La realizzazione di un dispositivo nel quale produrre in modo controllato la reazione a ca-tena divenne lo scopo centrale delle ricerche di Fermi, che si conclusero il 2 dicembre 1942, con l’entrata in funzione a Chicago del primo reat-tore nucleare a fissione. Poco prima Fermi aveva dato la sua adesione al progetto Manhattan, per l’utilizza-zione bellica dell’energia nucleare.

Subito dopo la fine della guerra, si dedicò a studi teorici sulla fisica del-le particelle elementari (atomi mesi-ci, reazioni ad alta energia, origine dei raggi cosmici). All’inizio degli anni Cinquanta condusse, con una macchina acceleratrice in grado di produrre pioni, lo studio sperimen-tale della collisione pione-protone, scoprendo la prima risonanza di que-sto processo. Nell’estate del 1954, dopo una breve permanenza in Italia, si manifestarono i sintomi del cancro allo stomaco che lo portò alla morte il 28 novembre dello stesso anno.

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Vi era un tempo in cui, con la forza delle idee, il fervore delle fedi reli-giose, la volontà delle nazioni, si scriveva la Storia. Certo le élite do-minanti hanno sempre tentato di gio-strare a proprio tornaconto - in ogni era - i mutamenti negli equilibri e, fin dalle epoche classiche, l’omicidio dei propri avversari è stato strumento della politica e dell’amministrazione del potere ma, mai come nell’era dell’informazione assoluta, della trasparenza e della cosiddetta demo-crazia globale, questo strumento è stato usato in modo tanto indegno, riuscendo ad occultarlo spesso anche quando in piena luce.Esempi eccellenti, negli anni recen-ti, sono di certo sia quello di Enrico Mattei, che con l’ENI dell’immedia-to dopoguerra tentò un rilancio eco-nomico e un’autonomia energetica per l’Italia che mal si comparava con i piani delle Sette Sorelle del petrolio (e quindi scomparso a seguito di un attentato dinamitardo, spacciato per incidente aereo), sia anche quello di Albino Luciani, noto invece per le sue posizioni fortemente avverse ai potentati economici del Vaticano (e “inspiegabilmente” trapassato dopo soli trentatré giorni di pontificato).Dalla storia recente balziamo ora alla cronaca, anche se i media mondiali non hanno minimamente riportato la

notizia: Viktor Orban, il primo mi-nistro ungherese è infatti scampato, poche settimane or sono, ad un atten-tato spacciato per improbabile inci-dente automobilistico. Improbabile giacché segue di pochi giorni alcune sue importanti dichiarazioni politi-che.Appena un mese fa, infatti, il pre-mier Orban ha cacciato dall’Unghe-ria il Fondo Monetario Internaziona-le, suggerendone la chiusura degli uffici locali, e mostrando chiaramente - anche a livello internazionale - la linea politica di Budapest, attraverso l’intenzione di anti-cipare la restituzione della parte finale del prestito da 20 miliar-di di euro ottenuto nel 2008 da FMI e BCE, a seguito delle spe-culazioni e dei rifiuti da parte dei mercati dell’asta obbligazio-naria ungherese.Grazie quindi a co-raggiose misure di ri-sanamento e di rifor-me strutturali, quali il taglio del deficit di bilancio statale al di sotto del 3% del PIL, la nazionalizzazione di più di 10 miliardi di euro di beni prece-dentemente gestiti da privati, l’emissione di imposte altissime per banche e socie-tà e la tassazione di tutte le transazioni fi-nanziarie, l’Ungheria ha avviato un nuovo percorso che, alimen-tando un forte spiri-to di conservazione

Attentato a Viktor Orbanprimo ministro ungherese

e salvaguardia nazionale, ha saputo dare risposta concrete e nuove alla crisi economica globale e alle specu-lazioni della finanza.La scelta quindi di versare in anti-cipo la rata di 2,2 miliardi di euro a saldo del prestito ha sortito un effetto eclatante ed inaspettato.Non si è però trattato di una repli-ca motivata del FMI, oppure di una dichiarazione che sottolineasse gli

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eventuali benefici del controllo del Fondo sulle politiche na-zionali ungheresi, bensì di un gravissimo - quanto strano e improbabile per la sua stessa dinamica - incidente, che ha coinvolto le auto del convoglio di Orban durante una visita in Romania: incidente che si sarebbe rivelato assai provvi-denziale, se avesse fatalmente coinvolto il premier, per chi invece vede nella grande finanza lo strumento per “delineare il Nuovo Ordine Mondiale”, come disse Mario Monti.Certo si tratta solo di un sospetto, ma di un sospetto forte e legittimo, per un evento sotto gli occhi di tutti eppure tenuto in ombra, come nello stile dei cosiddetti “poteri occulti”.Ora, sperando che il traffico stradale sia meno pericoloso, quello aereo ben monitorato e nessun “folle solitario” si aggi-ri per le strade di Budapest, l’Ungheria potrà proseguire nelle proprie politiche di divieto assoluto verso gli OGM e potrà puntare alla rinazionalizzazione delle sua Banca Centrale.Non si tratta d’altro che di ridare centralità alla nazione, po-nendo il benessere e la crescita dei propri cittadini al primo punto dell’agenda di governo ma, per il diabolico cancro mondialista, per coloro che creano debiti fittizi e inestingui-bili per i Paesi e spacciano le guerre per missioni di pace, è come fumo negli occhi. La chiamata alla raccolta di tutta la Nazione rilanciata da Orban dopo l’incidente-attentato può essere la campana che tutte le nazioni d’Europa aspettano ma, al tempo stesso, chi sogna di disegnare a tavolino il suo Nuo-vo Mondo sulla pelle e sulla vita di tutti noi, non starà a guar-dare. Aspettiamo eventi drammatici, il peggio non ce l’hanno ancora mostrato.

Massimiliano Panero

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