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Riccardo Canesi insegna Geografia Economica all’I.I.S. “Domeni-co Zaccagna” di Carrara. Da trent’anni svolge militanza attiva a difesa dell’ambiente, sia a livello locale che nazionale. Negli anni Ottanta è stato tra i fondatori di Legambiente e della Federazione dei Verdi. È stato deputato e Capo della Segreteria del primo Ministro verde della storia italiana, Edo Ronchi. Attualmente è Presidente di Euromobility, l’associazione italiana dei mobility manager. Ha scritto numerosi saggi e articoli in materia di ambiente, territorio, risorse idriche e mobilità sostenibile. È curatore del sito www.sosgeografia.it.

Carlo Petrini, gastronomo, giornalista e scrittore, è Presidente di Slow Food International. Dal 2007 è una firma di “Repubblica”.Tra i tanti libri pubblicati, ricordiamo: Un’ idea di felicità (Guanda, 2014) scritto con Luis Sepúlveda, Coltivare futuro (San Paolo, 2014), Cibo e libertà (Giunti, 2013), Buono, pulito e giusto (Einaudi, 2012), Slow Food revolution (Rizzoli, 2005), Atlante delle vigne di Langa (Slow Food, 2000).

Gino De Vecchis è presidente dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e professore ordinario di geografia alla Sapienza di Roma. Ha fondato e dirige la collana “Ambiente Società Territorio” pubblicata da Carocci. Ha promosso nel 2012 la fondazione della rivista on line “Journal of Research and Didactics in Geography” (J-Reading), della quale è direttore.

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Riccardo Canesi

Mucche

allo stato ebraico

Svarioni da un Paese

a scarsa cultura geografica

Prefazione di Carlo Petrini

Postfazione di Gino De Vecchis

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Indice

Prefazione 1

Introduzione 3

Astronomia 11

Geologia e tettonica a zolle 19

Carte 30

Il clima e l’atmosfera 34

Fiumi 45

Popolazione 57

Economia 79

Energia 103

Agricoltura e allevamento 112

Europa 127

Italia 135

Spagna 148

Francia 157

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Regno Unito 158

America 166

Asia 182

Africa 186

Mondo arabo e islamico 194

Organizzazioni internazionali 204

Geografia storica 209

Fuori dall’aula 212

Postfazione 214

Bibliografia e sitografia 217

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Prefazione

Dalle mie parti, quando ci si vuole riferire ad una persona inaffi-dabile e sulla cui opinione non si può contare, si usa dire che “non sa da che parte è girato”.Questo modo di dire mi ha sempre fatto riflettere su come il buon senso popolare si dimostri diffidente nei confronti di chi non si sa orientare nello spazio, di chi non conosce i luoghi in cui si trova e non ha punti di riferimento.Alcuni degli studenti citati tra queste pagine hanno saputo travisa-re gli insegnamenti dei professori in modo esilarante, altri in modo preoccupante. Ed è così che, continuando la lettura, ho pensato anche ad un’altra espressione della saggezza popolare, che attin-gendo dal sacro recita: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”; chissà che questo divertente lavoro non possa essere utile anche a chi è convinto di sapere un po’ tutto, o è convinto che eventuali lacune possano essere colmate in modo veloce e sostanzialmente anonimo su internet.Infatti, è sicuramente vero che oggi abbiamo accesso ad una quan-tità incredibile di informazioni, più di quante ne potremmo assimi-lare in una vita. Ma se è vero che possiamo controllare su internet in che Stato si trova la foce del Nilo, bisogna mettersi in testa che l’acquisizione delle competenze è un processo diverso, più lungo e possibilmente ben guidato. Comunemente, lo chiamiamo scuola.Una scuola che oggi non insegna più la geografia e dove viene mor-tificata la storia dell’arte, altra grande risorsa del nostro Paese. Ma sarà ancora questa scuola a formare i nostri giovani, i futuri leader, i futuri imprenditori, i futuri Ministri dell’Agricoltura, i futuri Mi-nistri dei Beni Culturali. Come faranno, a ricoprire questi ruoli, senza “sapere dove sono girati”?

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Come faranno a riconoscere la bellezza dei nostri territori? Come faranno a raccontarla al pubblico del mondo? Come faranno a di-fenderla?Questo libro mi ha colpito come mi colpisce un bel pezzo di satira, che ti strappa un sorriso dal retrogusto molto amaro.

Carlo PetriniPresidente, Slow Food International

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Introduzione

Certamente è stato un divertimento. Nella condizione di totale frustrazione in cui spesso gli insegnanti italiani si trovano a ope-rare, ascoltare qualche frase scherzosa o qualche strafalcione dai ragazzi (e non solo) fa sorridere e rende allegri. E in questo periodo così negativo per la scuola, per gli insegnanti, per la società e l’economia italiana, un po’ di allegria non guasta.Questo libro non è solo uno dei tanti stupidari, peraltro simpatici, già pubblicati in Italia. Prendendo spunto dagli errori di due gene-razioni di studenti delle superiori (quelli dei primi anni Novanta e i loro figli di oggi), la mia ambizione è quella di far riflettere sulla scarsa cultura geografica che tuttora persiste nel Paese. La colpa non è solamente di studenti poco preparati, a volte con un retroterra familiare e culturale problematico, ma di un sistema scolastico, e aggiungerei politico-mediatico, che, nel migliore dei casi ha emarginato la geografia, nel caso peggiore l’ha del tutto eliminata come è successo nella gran parte delle scuole superiori italiane e sui principali media.Non voglio certo aggiungermi agli insegnanti che pontificano e si scandalizzano, dall’alto della loro sapienza e supponenza, sugli er-rori degli studenti. Tutte le generazioni di studenti (e spesso anche di insegnanti) hanno scritto enciclopedie di strafalcioni insieme ai politici, italiani e stranieri. Della scarsa preparazione geografica di una buona parte dei parla-mentari italiani abbiamo ripetutamente la riprova nelle periodiche incalzanti interviste delle Iene, ma occorre dire che anche gli stra-nieri non sono da meno. La Merkel che non riesce a trovare Berlino sulla carta e vagola in-decisa sopra la Russia durante una lezione tenuta all’ International European School nel 2012.

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Obama che dichiara di rimanere neutrale sulla “questione delle Maldive occupate dalla Gran Bretagna…” volendo forse dire Mal-vinas e cioè le isole Falkland.Jean-Marie Le Pen che si congratula con gli austriaci scambiandoli per i tedeschi (in questo caso forse giustificato dalle sue inclinazio-ni politiche hitleriane).George Bush Jr. che durante la campagna elettorale confessa tran-quillamente di ignorare che cosa sia il Pakistan e che saluta il pre-mier sloveno Janez Drnovsek scambiandolo per quello slovacco.Il Presidente francese Jacques Chirac che accoglie il presidente bra-siliano Fernando Henrique Cardoso con un “sono felice di ricevere in territorio francese il presidente del Messico”.L’attuale Presidente François Hollande che fa le condoglianze ai cinesi scambiandoli per giapponesi (a proposito dello tsunami). A giudicare da questi episodi gli studenti italiani sono quindi in parte giustificati. Certamente il linguaggio di molti di loro è povero, sicuramente molti non sono per nulla informati su quanto accade nel mondo (e non solo per colpa loro), spesso non hanno famiglie che li sti-molino adeguatamente e potremmo tirare in ballo le innumerevoli statistiche PISA (Programme for International Student Assessment) dell’OCSE, in cui purtroppo l’Italia non figura benissimo. Molti studenti, soprattutto delle professionali e in parte dei tecni-ci, non leggono quotidiani, non leggono libri, né guardano tele-giornali. Non c’è da meravigliarsene se pensiamo che il quotidiano più letto in Italia è la seppur autorevole Gazzetta dello Sport. Del resto il Rapporto Istat del dicembre 2013 sulla produzione e la lettura di libri in Italia certifica che nel 2013 i lettori sono dimi-nuiti rispetto al 2012 passando dal 46% al 43% della popolazione. La metà dei 24 milioni di lettori italiani non legge più di 3 libri l’anno. Di costoro i lettori “forti”, cioè quelli che leggono almeno un libro al mese, sono solo il 13,9%. Se, come evidenzia l’Istat, la spesa in istruzione e formazione rap-presenta uno degli indicatori chiave per valutare le politiche di cre-scita e di valorizzazione del capitale umano, l’Italia rimane al palo.

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introduzione 5

Nel 2011, la spesa in istruzione rispetto al Prodotto interno lordo era pari al 4,2% collocandoci agli ultimi posti (non è una novità) nella classifica dell’Unione Europea, dove la media di spesa si at-testa sul 5,3%. Siamo cioè al pari di Grecia, Romania, Slovacchia e Bulgaria e lontani da Danimarca (7,8 %), Cipro (7,2 %), Svezia (6,8%) e Slovenia (6,7 %).Nel 2012, il 43,1% della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni di età aveva conseguito, come titolo di studio più elevato, la licenza di scuola media.Nella graduatoria dell’Unione Europea l’Italia occupa la non invi-diabile quarta posizione dopo Spagna, Malta e Portogallo e mostra un valore ben al di sopra della media UE27 (25,8%).Questo basso livello di alfabetizzazione si riflette poi sulle lacune geografiche degli italiani.Qualche anno fa, da un quiz lanciato dal sito Expedia in Italia, Francia, Regno Unito e Germania, siamo risultati gli ultimi per conoscenze geografiche. Se ci può consolare, secondo una ricerca della National Science Foundation, il 26% degli statunitensi crede che sia il Sole a girare intorno alla Terra e la stessa ricerca mostra che solamente il 39% di essi ritiene correttamente che l’Universo sia nato dal Big Bang. Del resto, nel 2006 ai tempi della guerra americana in Iraq, secon-do National Geographic, il 63% di giovani americani (tra i 18 e 24 anni) non sapeva dove fosse questo Stato così come, nel 2002, il 56% di essi non trovava l’India sulla carta e un 50% non sapeva localizzare lo Stato di New York nella carta degli Stati Uniti.Questo libro, anche per dimenticare questi deprimenti numeri, è certamente un divertissement costruito con la collaborazione invo-lontaria di tanti studenti, molti dei quali hanno insistito per avere il loro nome e cognome in calce alle frasi, richiesta che ovviamente ho ignorato per quanto riguarda il cognome. Vuole però anche essere una denuncia della ingiustificata condizio-ne di assoluta marginalità della Geografia nella formazione degli studenti italiani. “Come possono i nostri giovani capire i problemi e i drammi del mondo se non hanno alcuna nozione di come sia fatto fisicamente,

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di quali culture e problemi vi esistano?“, si chiedeva con toni di disperazione John Fahey, il presidente della National Geographic Society, e la sua domanda rimane ancora drammaticamente senza risposta. Fatto ancora più scandaloso se pensiamo al mondo glo-bale e ai gravi problemi ambientali di cui, ci piaccia o no, siamo partecipi talvolta inconsapevolmente. Il testo è diviso in temi geografici. Per ciascuno di essi sono riportate fedelmente le frasi scritte dagli studenti (di cui compariranno solo il nome e l’anno scolastico). Per ciascun tema ci sarà poi un piccolo commento dell’autore aggiornato con i dati e i fatti più recenti. Mi scuso fin da ora se il testo risulterà talvolta pedante, didascalico e in parte enciclopedico, ma le considerazioni da me scritte sono quelle che in forma orale ho esposto in qualche maniera agli stu-denti per fare capire loro gli errori.Gli studenti che hanno contribuito hanno frequentato in parte un Istituto Professionale per il Commercio (primi anni Novanta) e in parte un Istituto Tecnico Commerciale (gli ultimi due anni). Due generazioni: i padri e i loro figli, nel vero senso della parola, come può capitare insegnando in una piccola città di provincia. È comprensibile quindi che, considerata la media dell’estrazione sociale e culturale dei frequentatori di questo tipo di Istituti (so-prattutto il primo), non tutti partano avvantaggiati.Mi auguro che, dai temi casualmente toccati nel testo, molti lettori (compresi i decisori politici) si rendano conto di quanto trasversale sia la Geografia e quanto sia unica e utile nel preparare i giovani a un mondo sempre più globale, interculturale e in continua tra-sformazione dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Un Paese che non ha una cultura geografica globale è destinato a perire.Il sistema Terra e le società umane, l’organizzazione territoriale e lo spazio geografico, la globalizzazione nel mondo attuale, la geo-economia del mondo globalizzato, la geo-politica del mondo at-tuale, la globalizzazione e gli squilibri ambientali, la popolazione e le città, le migrazioni, il territorio e le attività economiche, le reti e i flussi globali … sono tutti temi all’ordine del giorno della politica e delle cronache giornalistiche.

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introduzione 7

Qualsiasi politico, manager e imprenditore, a qualunque livello, in Italia o all’estero, che oggi non abbia conoscenza e consapevolezza di questi fenomeni è perdente e soprattutto vedrà scemare le chan-ces di successo dell’ente o dell’azienda da lui amministrati.Lo stesso problema si porrà per i singoli cittadini che, ignoran-do quei contenuti, non avranno coscienza di vivere in un mondo sempre più interdipendente e globalizzato e non saranno preparati per un necessario e nuovo modello di sviluppo economico più ri-spettoso delle risorse ambientali e culturali né per una società, che ci piaccia o no, sempre più multietnica.I suddetti contenuti sono anche gli argomenti di una disciplina che fino al 2014 si insegnava al quinto anno dei Tecnici Commer-ciali e che dal 2015, a causa del cosiddetto “riordino Gelmini”, non esisterà più: la Geografia Economica.Per la scuola italiana e per il futuro dell’Italia era già limitante e poco lungimirante il fatto che argomenti tanto attuali e stringen-ti fossero trattati nel solo Tecnico Commerciale e non nelle altre scuole, vedi soprattutto i Licei, dai quali generalmente esce buona parte della classe dirigente.Non è un caso infatti che, agli esami di maturità del 2013, le tracce dei temi su “BRIC” e “Stato, mercato e democrazia” non siano state praticamente svolte nelle scuole a indirizzo non commerciale. Ancora più grave è avere ristretto, con il suddetto “riordino”, i tre anni di Geografia economica al solo biennio dei tecnici commer-ciali con grave detrimento per la qualità della didattica a causa non solo della riduzione delle ore (da 8 a 6) ma anche dell’impre-parazione – vista la giovane età – degli studenti nei confronti di tematiche spesso interdisciplinari. Pur apprezzando il Ministro Carrozza per la sensibilità dimostrata, la “sola” ora di Geografia che si introdurrà nel 2014-15 negli Isti-tuti tecnici e nei professionali (vedi il suo “decreto istruzione”) non allevierà certo il problema che dovrà essere risolto con riforme di ben più ampia portata. Occorre quantomeno ripristinare al più presto il triennio dei Tec-nici commerciali e introdurre la Geografia politica ed economica nei Licei, da affidarsi a insegnanti specialisti, eliminando defini-

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tivamente lo scandalo dell’atipicità e cioè di insegnanti non abi-litati in Geografia (Classe A060) che continuano a insegnarla al posto degli abilitati (Classe A039), il tutto a svantaggio dell’utenza e contro l’art. 33 (quinto comma) della Costituzione che recita: “È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”.Se la conoscenza alimenta l’intelligenza, conoscere il mondo e comprenderlo è un passo fondamentale sulla strada dell’intelligen-za. Questo libro, tra le sue tante piccole ambizioni, ha anche quella di stimolare ciò promuovendo l’insegnamento della Geografia. Mi scuso per tutti gli strafalcioni e le imperfezioni che potrete tro-vare oltre a quelli “ufficiali”. La colpa in questo caso è solo mia.

Riccardo Canesiaprile 2014

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A “Calizna”, che non ha potuto studiare

Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti !

– Michele (Nanni Moretti) nel film Palombella Rossa (1989)

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Astronomia

I pianeti brillano di luce riflessiva [Davide 1991/92]

Il nome “pianeta” deriva dalla parola greca plànetes, che vuol dire corpo errante. Sono corpi celesti notevolmente più piccoli delle stelle e, contrariamente a queste, non brillano di luce propria ma riflessa (quella del Sole).Fino al 2006 i pianeti appartenenti al sistema solare erano conside-rati 9. Dal 24 agosto 2006, Plutone è stato declassato dall’Unione Astronomica Internazionale a pianeta nano e quindi oggi i pianeti sono otto.Eccoli in ordine di distanza crescente dal Sole:

− Mercurio (☿), senza satelliti naturali conosciuti − Venere (♀), senza satelliti naturali conosciuti − Terra (⊕), con un satellite naturale: Luna − Marte (♂), con due satelliti naturali:Phobos e Deimos − Giove (♃), con sessantatre satelliti naturali − Saturno (♄), con sessanta satelliti naturali − Urano (♅), con ventisette satelliti naturali − Nettuno (♆), con tredici satelliti naturali

Le stelle sono dei corpi celesti illuminati dal Sole [Valerio 1991]

Stella, fammi scrivere parole che la mia bocca non sa dire Stella, luminosa come il sole corri in fretta sul mio cuore non farmelo morire Stella scrivi tutto il mio dolore

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12 mucche allo stato ebraico

con l’inchiostro che ha sporcato questa notte senza amore Nero cielo di una notte dammi luce e tenerezza Fai brillare la tua stella proprio sulla mia terrazza”

(“Stella”, Lucio Dalla)

Le stelle ricorrono spesso nella poetica del grande Lucio Dalla (1943-2012), basta ascoltare: “Anna e Marco”, “Stella di mare”, “Le stelle nel sacco”, “Futura”, “Chissa se lo sai”.Lui stesso ci fa capire che le “stelle brillano di luce propria”. Sono i pianeti quelli illuminati dal Sole.Per citare un altro cantautore, amico e collaboratore del bolognese (Francesco De Gregori (1951) in “Niente da capire”, “le stelle so-no tante, milioni di milioni”.A occhio nudo in una sola notte possiamo vederne circa 3000 nella volta celeste e nell’intera sfera celeste quasi 6000.Se però osserviamo il cielo con i più potenti telescopi se ne posso-no individuare centinaia di milioni.Sembrerebbe che la nostra Galassia, il sistema solare di cui fanno parte anche il Sole e la Terra, ne contenga almeno 100 miliardi e al di fuori della nostra Galassia esistono migliaia e migliaia di altri sistemi ugualmente ricchi di stelle.Gran parte delle stelle ha un’età compresa tra 1 e 10 miliardi di anni; vi sono stelle che però hanno età prossime a quella dell’Uni-verso (13,7 miliardi di anni).L’ultima è stata scoperta fortuitamente nel febbraio 2014 da un gruppo di astronomi della Australian National University e per il momento porta la sigla SMSS J 031300.36-670839.3. La sua età dovrebbe essere di 13,6 miliardi di anni, una cifra molto vicina all’età di inizio e formazione dell’universo, così come buona parte degli astrofisici e cosmologi hanno confermato dopo la straordina-ria mappatura effettuata di recente dal satellite europeo “Planck”.Si trova a 6000 anni luce dalla Terra e potrebbe portare a nuove teorie sul Big Bang e sull’evoluzione dell’universo.

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astronomia 13

L’alterarsi delle stagioni [Valentina 1991]

L’alternarsi delle stagioni è una delle prove del movimento di rivo-luzione della Terra intorno al Sole. A determinare l’alternanza delle stagioni concorrono anche l’inclinazione dell’asse polare sul piano dell’eclittica (la traiettoria apparente del Sole) e il suo parallelismo.Se l’asse terrestre non fosse inclinato, avremmo in tutte le località della Terra un dì di 12 ore così come la notte, e la quantità di luce e di calore ricevuta dalle varie parti della Terra dipenderebbe solo dalla parte sferica della Terra e sarebbe tanto più piccola quanto maggiore è la latitudine.Sappiamo, al contrario, che questa condizione si verifica solamente due giorni all’anno, il 21 marzo e il 23 settembre detti giorni degli equinozi.A pensarci bene, soprattutto in questi tempi di cambiamenti cli-matici, oggi la definizione dell’alterarsi delle stagioni è involonta-riamente azzeccata.Quante volte ci siamo sentiti ripetere la frase “non esistono più le mezze stagioni”?In effetti alle latitudini temperate i sempre più frequenti fenomeni estremi (piogge forti e improvvise, cambiamenti di temperatura, ondate di calore o di gelo) ci confermano che stiamo assistendo a un alterarsi delle stagioni e non solamente alla loro alternanza.Rallentamento degli effetti della Corrente del Golfo, arretramento dei ghiacciai, tropicalizzazione del Mediterraneo sono fatti certi e non ubbie degli ambientalisti.C’è comunque tra i climatologi chi pensa che, al di là dell’indiscu-tibile aumento della temperatura media terrestre di circa un grado nell’ultimo secolo, siamo alle soglie di una nuova era glaciale tro-vandoci nella parte finale dei circa 12.000 anni che caratterizzano la durata di un’era interglaciale.

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Zona temperata ostrale [Franca 1992]

La definizione in questione diciamo che è stata scritta con un’in-fluenza anglosassone.La zona temperata è ovviamente quella australe.Tropici e circoli polari segnano i limiti delle cosiddette zone astro-nomiche che sono individuate in base alla latitudine. Queste sono cinque:

− la zona intertropicale (detta anche zona torrida), compresa tra i due tropici;

− la zona temperata boreale, fra il Tropico del cancro e il Circolo polare artico;

− la zona temperata australe, fra il Tropico del Capricorno e il Cir-colo polare antartico;

− la calotta polare artica, fra il Circolo polare artico e il Polo Nord; − la calotta polare antartica, fra il Circolo polare antartico e il Polo Sud.

Zona temperata polare [Franca 1992]

Da quanto detto sopra si evince chiaramente che non può esistere una tale zona astronomica. È un vero e proprio ossimoro come il “ghiaccio bollente” di Tony Dallara (1936), urlatore degli anni Sessanta.È probabile, anche se non c’è da augurarselo, che, se continuerà ad aumentare la temperatura terrestre, i poli, soprattutto quello a Nord, potrebbero avvicinarsi a condizioni temperate.Navi da carico lo hanno già attraversato d’estate e le multinazio-nali del petrolio, che paradossalmente sono state tra le principali responsabili della fusione dei ghiacci polari, stanno mettendo gli occhi sui ricchissimi giacimenti marini.Non rispettando il suo programma elettorale, Barack Obama (1961) ha autorizzato le trivellazioni per cercare petrolio nel Mare di Beaufort, a nord dell’Alaska, dove si prevede ci siano 27 miliardi di barili. Mentre l’americana Exxon e la russa Rosneft hanno sigla-

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astronomia 15

to un accordo per sfruttare le risorse dell’area russa del Mar Glacia-le Artico dove, secondo lo United States Geological Survey, ci sono 100 miliardi di barili di petrolio (13% delle riserve mondiali) e 47 miliardi di m3 di metano (30% delle riserve).Si calcola che sotto la calotta polare artica ci siano il 25% delle riserve globali di idrocarburi.A differenza dell’Antartide, la calotta polare artica non ricopre ter-ra emersa perciò, al di là delle poche miglia di acque territoriali al largo di isole e coste degli 8 Stati (7 ospitano minoranze etniche) che circondano questo mare, non c’è alcuna giurisdizione nazio-nale. L’unica tutela è costituita dalla Convenzione dell’Onu sul Diritto del Mare, ratificata nel 1982 da molti Paesi ma non dagli Stati Uniti, che affida ai cinque Paesi costieri il controllo sull’O-ceano Artico per 200 miglia nautiche dalle rispettive piattaforme continentali, zona economica esclusiva per ciascuno di loro.Oltre le 200 miglia, le acque dell’Artico non hanno un’apparte-nenza, ma stanno diventando terreno di battaglia.È iniziata la nuova “guerra fredda”. Un esempio dispotico della politica artica arriva dalla Russia, dove tutte le decisioni sugli inter-venti minerari e navali nel Mare di Barents vengono prese a Mosca senza consultare Nenet, Aleutini, Inuit, Sami e gli altri gruppi et-nici, i primi a pagare le alterazioni ambientali.I russi, dopo essere scesi a 4200 metri di profondità sotto il Po-lo Nord, nel 2007, con un minisottomarino per piantarvi il loro tricolore, stanno tornando alla carica alle Nazioni Unite, sicuri di provare che, attraverso la dorsale Lomonosov (una catena montuo-sa sottomarina), la piattaforma artica è collegata senza interruzioni al continente siberiano e ha la stessa struttura geologica: è quindi, secondo loro, terra russa e dunque per questo motivo a Mosca spetterebbe una “quota” dell’Artico molto superiore a quella che le viene riconosciuta attualmente.Non solo ghiacci, ma le grandi risorse naturali – gas, petrolio, dia-manti, oro, carbone, ferro – che il clima e la tecnologia renderanno meno difficili da raccogliere. Anche l’ultimo paradiso verrà distrutto.

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Zona torbida [Salvatore 1991]

Purtroppo di torbidità nel mondo ce n’è sempre di più ma in que-sto caso la zona è torrida.La zona torrida o zona tropicale, e non zona torbida, è la zona compresa tra i due tropici. Questa zona è quindi delimitata dai paralleli di latitudine 23° 27’ Nord e 23° 27’ Sud e quindi è quella che avvolge la Terra nella sua fascia centrale intorno all’equatore.Questa zona è caratterizzata dal fatto che i giorni e le notti sono prossimi entrambi alle 12 ore durante tutto l’anno. Questo è dovu-to al fatto che i raggi solari (a mezzogiorno) sono sempre quasi per-pendicolari al terreno determinando una temperatura abbastanza costante durante tutto l’arco dell’anno.È l’unica zona in cui è possibile osservare il fenomeno del sole allo zenit: quando i raggi del sole arrivano al suolo perpendicola-ri facendo scomparire tutte le ombre, cosa che non può avvenire alle altre latitudini. Questo fenomeno si verifica durante il mezzo-giorno del 21 giugno al Tropico del Cancro (solstizio d’estate) e il 22 dicembre (solstizio d’inverno) al Tropico del Capricorno; nelle altre zone comprese nella fascia capita invece due volte all’anno.È caratterizzata da due diversi climi: − clima tropicale umido (stagione delle piogge) − clima tropicale secco (stagione secca)

Sospizio d’estate e sospizio d’inverno [Franca 1992]

Inedita crasi tra solstizio e ospizio.Forse lo scrivente aveva in mente “Emozioni” di Lucio Battisti (1943-1998) quando recita: “E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire dove il sole va a dormire”.

“Solistizi” [Simone 1991]

Nel vocabolario italiano esiste la suspizione (o sospizione, dal lati-no suspicione) che vorrebbe dire sospetto, ma non il solistizio né il sospizio che mi risulta essere solo un cognome italiano.

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astronomia 17

Ovviamente gli alunni si riferivano ai solstizi che sono i giorni in cui il Sole si trova allo zenit (cioè è perpendicolare) del parallelo terrestre dei 23°27’ Nord, che viene chiamato Tropico del Cancro, dal nome della costellazione in corrispondenza della quale il Sole si trova in quel periodo, e del parallelo dei 23°27’ Sud, cioè sul Tropico del Capricorno.La prima delle due posizioni si verifica il 21 giugno e viene chia-mata solstizio d’estate mentre la seconda il 22 dicembre e quindi solstizio d’inverno.

I solstizi è la distanza in lunghezza del dì e della notte, tutto questo corrisponde agli equinozi [Lucia 1991]

La definizione molto claudicante sul piano della sintassi e dall’in-comprensibile significato ci offre l’occasione per specificare la dif-ferenza tra solstizi ed equinozi.Se l’asse terrestre fosse perpendicolare al piano dell’orbita, tutti i giorni dell’anno sarebbero equinozi (dì uguale alla notte) cioè in tutte le località della Terra la luce durerebbe 12 ore così come la notte.L’inclinazione dell’asse terrestre di 66°33’ sul piano dell’eclittica fa si che ciò avvenga solamente due volte l’anno: il 21 marzo e il 23 settembre. Sono questi i giorni degli equinozi, rispettivamente di primavera e di autunno.In tutti gli altri giorni dell’anno si osserva una diversa durata del dì e della notte con la sola eccezione dell’equatore, che viene definito come la linea che unisce tutti i punti con equinozio continuo.

I solstizi e gli equinozi sono un quarto di giro che fa la Terra interno al Sole [Valerio 1991]

Naturalmente solstizi ed equinozi non sono “un quarto di giro”, ma i giorni che delimitano le quattro stagioni astronomiche, cia-scuna delle quali corrisponde quindi al tempo tra un equinozio e il successivo solstizio e tra un solstizio ed un equinozio.

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Esse non hanno uguale durata come si può vedere dalla seguente tabella:

Emisfero Nord Emisfero Sud Inizio - Fine Durata

Primavera Autunno 21 marzo - 21 giugno 93 giorni

Estate Inverno 21 giugno - 23 settembre 93 giorni

Autunno Primavera 23 settembre - 22 dicembre 90 giorni

Inverno Estate 22 dicembre - 21 marzo 89 giorni

Come si evince dalla tabella, nel nostro emisfero il semestre caldo (primavera – estate) dura 7 giorni più di quello freddo (autunno-inverno) e ciò è causato dal fatto che nel periodo caldo la Terra per-corre la parte più lunga dell’orbita terrestre nella quale la velocità di rivoluzione è minore per la seconda legge di Keplero.Nel semestre “freddo” percorre a velocità maggiore l’altro tratto dell’orbita in cui si trova il perielio, il punto di minima distanza tra la Terra e il Sole pari a circa 147 milioni di km.La Terra vi transita nel mese di gennaio, mediamente 13 giorni dopo il solstizio d’inverno.Il punto di massima distanza si chiama invece afelio.La Terra lo raggiunge il 4 luglio circa.La distanza è di 152,1 milioni di km.

Perché la Luna gira intorno alla Terra? Perché non trova parcheggio [Zichichi/Crozza, Rai3, Ballarò 2013]

Questa è una frase fuori concorso desunta da uno dei personaggi di punta impersonati magistralmente da Maurizio Crozza, il fisico siciliano Antonino Zichichi.

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Geologia e tettonica a zolle

La deriva dei continenti viene quando c’è una fessura e l’oceano entra e sposta i continenti [Agata 1992]

Ovviamente non è “l’oceano che sposta i continenti” e le “fessure” sono le depressioni (rift valley) che si formano quando le placche si allontanano.Fino agli anni Cinquanta si sapeva poco o nulla sulla natura dei fondali oceanici. Nell’arco di un ventennio, però, con i progressi tecnologici e un’intensa attività di ricerca oceanografica, furono di-segnate le carte di tutti i fondali e furono raccolti tantissimi dati ri-guardanti la geologia, l’attività sismica e il magnetismo delle rocce.Soprattutto dallo studio del magnetismo ci si accorse che i fondali oceanici si stanno espandendo a causa del continuo apporto di materia dall’astenosfera alle dorsali oceaniche.L’astenosfera è la parte superficiale del mantello terrestre giacente sotto la litosfera compresa tra i 100 e i 250 (se non 400) km, in cui le rocce sono parzialmente fuse.Alla luce di queste conoscenze la teoria della “deriva dei conti-nenti” fu radicalmente trasformata nella teoria della “tettonica a placche (o delle zolle)”.Secondo questa teoria la litosfera, che sarebbe la parte esterna del nostro pianeta, non è continua ma è costituita da un “collage” di frammenti detti placche o zolle.Ognuna di queste placche si muove in modo indipendente dalle altre ed è soprattutto ai loro margini, dove interagiscono tra di loro, che troviamo la maggior parte delle attività dinamiche della litosfera come l’attività magmatica, i terremoti, le deformazioni e i sollevamenti montuosi.

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Questi movimenti possono manifestarsi da sinistra verso destra e viceversa, oppure dall’alto verso il basso (a proposito della deriva dei continenti) [Debora 1991]

Qualsiasi studente con un buon insegnante di Geografia sa che de-stra e sinistra, alto e basso, sono termini vietatissimi nella materia: esistono semmai i punti cardinali e cioè Est, Ovest, Nord e Sud.La frase suddetta si riferisce ovviamente ai movimenti delle zolle continentali.Attualmente si ritiene che esistano 22 zolle di varie dimensioni di cui 6 molte estese come per esempio la zolla africana.Altre molto piccole come l’Adria, tristemente famosa in questi tempi, corrispondente all’incirca al Mar Adriatico.Nel 1960 lo studioso, nonché ammiraglio statunitense, Harry Hammond Hess (1906-1969) pubblicò un importante lavoro in cui, riprendendo l’ipotesi del geologo inglese Arthur Holmes (1890-1965) delle correnti convettive e quella del geologo ed esploratore tedesco Alfred Lothar Wegener (1880-1930) della de-riva dei continenti, avanzava la teoria che nelle dorsali oceaniche sottomarine si verifica una continua produzione di crosta terrestre.

I continenti non avanzano attraverso la crosta oceanica spinti da forze scono-sciute. Al contrario, essi viaggiano passivamente sul materiale del mantello che arriva in superficie alla cresta della dorsale e poi se ne allontana spostandosi late-ralmente. Su questa base la cresta della Dorsale medio atlantica dovrebbe avere solo sedimenti recenti, ed i fianchi solo sedimenti recenti e terziari. L’intero Atlantico, e forse tutti gli oceani, dovrebbero avere poco sedimento più vecchio del Mesozoico. – Harry Hammond Hess, “History of Ocean Basins”, in Petrological Studies: Buddington Memorial Volume, Geological Society of America, New York, 1962

I bacini oceanici sono perciò continuamente “riciclati” e pare che questo riciclaggio si svolga nel giro di “soli” 200 milioni di anni.

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geologia e tettonica a zolle 21

La deriva dei continenti è un fenomeno che sposta da 1 a 2 cm le zolle continentali ma che ora, con il problema del buco nell’ozono, rischia di poter diventare un problema grandissimo per tutta l’umanità infatti se queste zolle si spostassero più velocemente causerebbero un innalzamento improvviso dei livelli marini che farebbe sprofondare tutte le terre emerse [Corrado 1992]

Per molti studenti “il buco nell’ozono” è come il prezzemolo: lo si mette dappertutto anche se non c’è nessuna attinenza.Molti lo confondono con l’effetto serra. In questo caso il legame è ancora più ardito per non dire avventato.Che ci azzecca, direbbe un noto ex leader politico, un fenomeno geologico con un fenomeno atmosferico?Come spesso accade a molti, non si ha consapevolezza della diversa scala tra tempi geologici (lunghissimi) e tempi umani, quasi inin-fluenti nella lunga storia della Terra.L’età della Terra è di 4,6 miliardi di anni. Se la Terra avesse 46 anni, l’uomo sarebbe sulla Terra da 4 ore e la nostra rivoluzione industriale sarebbe iniziata appena 1 minuto fa. In questo periodo l’umanità ha distrutto più del 50% delle foreste del mondo.

Nel 1910 il geologo tedesco Wegener formò la teoria della deriva dei continenti [Monica 1991]

L’idea che i continenti un tempo fossero tutti uniti è stata propo-sta diverse volte a partire dal XVII secolo. Molto probabilmente il primo a notare che le coste del Sudamerica si giustapponevano a quelle dell’Africa fu il filosofo inglese Francesco Bacone (1561-1626) nel 1620.Il merito però di aver elaborato una teoria scientificamente accura-ta sulla deriva dei continenti e di aver tentato di spiegarne le cause è del meteorologo tedesco Alfred Lothar Wegener (1880-1930).L’ipotesi di Wegener pubblicata nel 1912 era che fino a 200 mi-lioni di anni fa tutte le terre emerse erano riunite in un unico

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continente, che chiamò Pangea, circondato da un unico oceano, chiamato Panthalassa.All’inizio del Giurassico (circa 200 milioni di anni fa) il Pangea co-minciò a spezzarsi in blocchi che, galleggiando su una crosta ocea-nica fluida come enormi zattere alla deriva sul mare, si spostarono uno rispetto all’altro fino a occupare la posizione attuale. Wegener produsse molte prove a sostegno della sua teoria:

− il modo in cui i margini continentali combaciano come i pezzi di un puzzle;

− le prove geologiche (stesse rocce e stesse strutture in diversi con-tinenti divisi dallo stesso oceano);

− le prove paleontologiche con l’affioramento di specie identiche di fossili anteriori alla scissione della Pangea in continenti di-versi;

− le prove paleoclimatiche con la presenza di rocce sedimentarie deposte da antichi ghiacciai in continenti oggi a clima caldo.

Wegener, pur elaborando una teoria affascinante e in grado di spie-gare diversi fenomeni geologici, non era riuscito a spiegare in ma-niera soddisfacente perché i continenti andassero alla deriva.Si scoprirà più tardi, con Arthur Holmes (1890-1965), che le reali forze della dinamica terrestre non sono di origine gravitazionale (come pensava Wegener) ma di origine termica (celle di convezio-ne nel mantello).

Tettonica delle Azzolle [Giorgia 1992]

Ovviamente la “tettonica” sarebbe “a zolle”.In effetti le Azzorre con le zolle in qualche maniera c’entrano, es-sendo isole di origine vulcanica. La geologia di queste isole at-lantiche appartenenti al Portogallo è complessa, non solo perché determinata dai fenomeni vulcanici, ma anche perché frutto dei movimenti della tettonica oceanica. L’arcipelago è nato dalla fuo-riuscita di lava dalla crosta oceanica ed è di formazione relativa-mente recente.

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L’alto livello di attività di questa zona è il risultato dell’interazio-ne delle tre maggiori placche tettoniche: americana, euroasiatica e africana. La zolla americana va gradualmente spingendosi ad ovest, l’euroasiatica verso est e l’africana si spinge verso est e nord.Il risultato di questa divergenza è la spaccatura della crosta con fuoriuscita di lava che crea delle dorsali alte fino a 2000 m in mez-zo all’Oceano. Le dorsali non sempre sono interamente sommerse: alcune cime più elevate possono emergere e formare isole vulca-niche. È il caso delle Azzorre, situate lungo l’allineamento della dorsale medio-atlantica, che percorre l’oceano da nord a sud per una lunghezza di 16.000 km e che comprende anche l’Islanda.

Derivazione dei continenti [Claudia 1991]

Applicando il meccanismo della tettonica a zolle si è ricostruita su una nuova base la deriva – e non la derivazione – dei continenti rivedendo la sequenza ipotizzata da Wegener.Da che cosa derivano comunque gli attuali continenti?Circa 200 milioni di anni fa, a metà del Triassico, esisteva un unico supercontinente chiamato Pangea circondato da un unico oceano, il Panthalassa, e tra l’Africa e l’Eurasia si insinuava un grande golfo, la Tetide, progenitore del Mediterraneo.Il Pangea, con i suoi 200 milioni di kmq circa, occupava circa il 40% della superficie del globo, e la distribuzione delle terre nei due emisferi era pressoché uniforme contrariamente ad oggi, che vede buona parte delle terre emerse nell’emisfero nord.La scissione iniziò probabilmente alla fine del Triassico, circa 180 milioni di anni fa, per la risalita dal mantello di rocce basaltiche che causarono l’apertura di due oceani: l’Atlantico che separò la Laurasia dalla Gondwana e l’Indiano che divise la Gondwana in due blocchi, uno formato da Africa e America meridionale e l’altro da Antartide, Australia e India.Quest’ultima si separò poi e cominciò a migrare verso nord.Alla fine del Cretaceo i continenti erano ormai delineati, a eccezio-ne della Groenlandia che era ancora unita all’Europa del nord e di Australia e Antartide ancora unite.

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I continenti raggiunsero la posizione attuale nel Cenozoico e nel Quaternario.

L’Europa si è formata in centinaia di milioni di anni e in quel periodo si formarono delle zolle cristalline che costituivano il cosi detto Feudo fenno-scandinavo Francesca 1992

Quelle cristalline non sono le zolle bensì le rocce e quello fenno-scandinavo (o baltico) non è certamente un feudo (!?), parola legata più alla storia, ma uno scudo.Per “scudo” in geologia si intende una vasta area tettonicamente stabile, di roccia ignea cristallina precambriana (superiore come età ai 570 milioni di anni) fortemente metamorfosata (cioè tra-sformata da forti pressioni e temperature).Quando parliamo di scudo fenno (o finno)- scandinavo facciamo ri-ferimento all’estesa massa continentale, prevalentemente granitica, che occupa gran parte dell’Europa settentrionale.È tra i territori più antichi del continente dal punto di vista geo-logico. Ne fanno parte la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e la Danimarca, nonché Carelia (Finlandia e Russia), Penisola di Kola (Russia), Estonia e Lettonia.Vi è compreso anche il fondale del Mar Baltico.

Un tempo la Terra era tutta un globo [Rosa 1992]

Non so francamente cosa avesse in testa l’alunna che ha scritto questa frase. Comunque, per tranquillizzarla, ancora oggi la Terra è un globo, per nostra fortuna.Un tempo non era così: quando nacque quasi cinque miliardi di anni fa, era un disco proto-planetario derivante da una nebulosa.Nonostante la Terra abbia forma ellissoidale viene definita globo in quanto esso ne costituisce una buona approssimazione.La Terra presenta uno schiacciamento ai poli perciò assomiglia di più ad un ellissoide di rotazione. Considerando anche le irregola-rità superficiali, si nota che la sua forma non coincide con nessun solido geometrico.

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