h. kessler - cristologia

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Cristologia - H. Kessler

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Page 1: H. Kessler - Cristologia
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ISBN 88-399-2166-4

l Il 111 788839 921666

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Hans Kessler

CRISTOLOGIA

Edizione italiana a cura di GIACOMO CANOBBIO

Editrice Queriniana

Gennaro
Page 4: H. Kessler - Cristologia

Titolo originale Christologie

© 1992 by Patmos Verlag, Diisseldorf

© 2001 by Editrice Queriniana, Brescia via E. Ferri, 75-25123 Brescia (Italia) tel. 030 2306925 - fax 030 2306932 internet: www.queriniana.it e-mail: [email protected]

Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archiviazione o la tra-smissione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digita-lizzazione, senza l'autorizzazione scritta dell'Editrice Queriniana.

ISBN 88-399-2166-4

Traduzione dal tedesco di CARLO DANNA

Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

Presentazione

Gesù Cristo - via della vita di GIACOMO CANOBBIO

La domanda rivolta da Gesù ai discepoli circa l'opinione della gen-te su di lui e la provocante richiesta sulla loro stessa opinione (cfr. Mt 16,16ss.) continua a risuonare nella mente dei cristiani e continua a trovare, oggi come allora, molteplici risposte. La pluralità deriva indi-scutibilmente dallaqd!l inalità del ersona gio in questione, ma deriva pure dal processo roiezione che di fronte a lui si mette in atto: ognuno che abbia l'opportunità di entrare in qualche modo in contat-to con Gesù vede sgorgare in sé attese di salvezza, viene risvegliato al-l'evocazione di figure già note, si sente sollecitato a esprimere un pa-rere, spesso senza la possibilità di una verifica e perfino senza avverti-re la necessità di questa. In tal modo le opinioni su Gesù si accumula-no, e la persona che dovrebbe essere l'oggetto delle stesse rischia di

nel nimbo dell'indistinto causato dallJ tra e ualifica-ZlOlll.

In questo orizzonte si inserisce la riflessione teolo ica che, statuta- 1 Lv,• ' riamente critica, si assume il com ito di indicare orientamenti per la verifica delle opinioni. Queste, infatti, restano «nel catechismo della mente e del cuore» anche quando il credente professa la sua fede con le formule che la tradizione cristiana ha modellato per precisare l'i-den\ità di di Nazareth. In tal senso la teologia svolge la funzio-ne, 'nobile insieme, di destituire loro _Q rete-sa di verità, mostrandone l'origine e la dipendenza dalle attese del sog-getto - individuale o collettivo - e quindi il limite, pur riconoscendo-ne l'intenzionalità. Per svol ere tale funzione la riflessione teologica deve ire riferimento alla fede confessata dalla Chie-sa, tuttavia non per limitarsi a ripeterla, bensì per mostrarne il senso e la plausibilità per gli umani di tutti i tempi. Deve quindi prestarè \at-tenzione alle strutture di pensiero dei contemporanei ai quali si rivo -

- ge, siano essi cristiani oppure no. E ciò comporta accentuazioni, pro-

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Cu.l r: \ (\

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spettive, visioni diverse: la teolo ia non ha il valore perenne della fe -de; è rovvisoria, e solo in quanto tale trova senso nella vita ecclesia-le, la quale tuttavia non può prescindere dalla ricerca teologica, pur nella consapevolezza che questa, per statuto, non si arroga la pretesa di dire in modo definitivo la verità. La cerca ciò che la fede crede, al fige di e di renderlo comprensibile.

Tra gli aspetti caratteristici dell'odierna cultura, l'attenZione per la storia, intesa sia come accadimento sia come accertamento ei atti occupa un posto rilevante: le asserzioni sono ritenute fondate possono esibire un legame con fatti accertati. Tale visione non poteva non influire sulla ricerca teologica, soprattutto per quanto attiene alla figura centrale del cristianesimo, Gesù di Nazareth, la cui storicità la tradizione cristiana ha fin dall'inizio cercato di difendere contro ogni tentazione di ridurla a ideale etico o modello universale per un per-corso di liberazione. La gnosi - oggi a parere di molti risorgente- è la tentazione perenne di ogni sistema religioso, cristianesimo compreso, che si presenti come via di salvezza. Il fascino provocato dalla gnosi si fonda sulla sua pretesa universalità che fugge dal particolare, il quale appare sempre troppo ristretto per dischiudere un cammino di sal-vezza per tutti.

In tal senso, per quanto mantenga una certa plausibilità la proposta bultmanniana _9i interpretazione esistenziale del messaggio evan-gelico,_a distanza di anni va salutata come salutare la reazione dei di-scepoli di Bultmann che vedevano nella visione del loro maestro il pe-ricolo di un «docetismo del kerygma». La fede in Gesù non uò re-sc!!_J.dere dalla' rova' della st_Q_!"Ìa: è questa la lezione raccolta dalla cri-stologia della seconda metà del secolo ventesimo dalla istanza inscrit-ta nella cultura contemporanea. È indubbio che raccogliere questa le-zione potrebbe appiattire Gesù sulla linea degli avvenimenti veri per-ché accertati. Fu il rischio in cui incorse la Leben-]esu-Forschung nel se-colo decimonono, ma dal quale si è ormai esenti dopo le sottili ricer-che degli ultimi decenni del secolo ventesimo, che hanno mostrato l'o-riginalità di Gesù proprio-mediante l'indagine sta, senza la pretesa di legittimare la fede, è giunta, in effetti, a mo-strare che l'originalità del Profeta di Galilea P!:!_Ò trovare spiegazione solo se la sua identità si radica oltre la storia. -

In tale prospettiva la ricerca storica dispone alla fede grazie anche alla descrizione dell'itinerarium mentis dei discepoli, i quali, partendo dalla vicinanza con Gesù, sono stati gradualmente introdotti da lui al-la comprensione della sua persona e, contestualmente, a una nuova

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comprensione di se stessi, del mondo, di Dio. L'esperienza di disclo: A •

sure che un gruppo di ebrei vive in rapporto a Gesù si presenta così come il principio di una cristologia che si svilupperà nel contesto cul-turale ebraico-ellenistico e che trova sedimentazione negli scritti del Nuovo Testamento. Tale cristologia (meglio sarebbe dire 'tali cristolo-gie') non parla di nessun altro se non di Gesù di Nazareth; è, per così dire, la descrizione plurima, in forma narrativo-dossologica, di una vi-cenda storica, la quale costituisce l'oggetto di una interpretazione e mantiene quindi il valore di criterio di verità dell'interpretazione stes-sa.

Quel che vale per la cristologia del Nuovo Testamento vale, e a mag-gior ragione, per tutte le cristologie successive, che si presentano per-tanto come cristologie al quadrato: raggiungono Gesù di Nazareth mediante quanto è attestato dalla tes-timonianza apostolica e si lascia-no da questa normare, mentre questa è normata dalla vicenda di Ge-sù. L'incidenza della cultura ambientale nella elaborazione delle cri-stologie resta i!_1discutibile, ma tale inci enza rum taa1tro c e eviden-ziare l'originalità sia dell'attestazione apostolica sia del contenuto di questa: parlare di Gesù in un ambiente comporta che lo stesso Gesù non venga dissolto nei parametri di comprensione dell'ambiente, pe-na il non parlare più di Gesù, ma dei locutori. Per quanto in ogni di-scorso il locatore introduca se stesso, la vigilanza critica contro il ri-schio che prevalga il soggetto sull'oggetto è imprescindibile, se non si vuole che l'oggetto diventi una semplice occasione per dirsi da parte del soggetto, con la conseguenza inevitabile che l'oggetto diventi in-differente.

Appare pertanto logico che un corretto discorso cristologico resti consapevole della necessità di volgersi a Gesù di e si ponga

quella di ricondurre a questa persona sto-rica tutte le asserzioni, anche uelle della fede, mostrandole come frut-to di che solo l'occhio del credente illuminato_dallo Spirito, possiede.

In tal senso }-;-cristologia, lungi dal prescindere dalla storia in nome di una verità trascendente, leg e la storia e ne mette in evidenza le ra-dici trascendenti: se lo storico-legge i fatti, il teologo legge i medesimi fatti indicandone l'origine e il senso e quindi la verità trascendente in-scritta in essi.

Se si accetta la visione qui allusivamente richiamata, l'ormai risolta contra osizione tra cristolo ia dall'alto e cristologia dal basso appa-re frutto di una stagione del2ensiero teologico che, per un verso, con-

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siderava la storia come contingente e quindi caduca, alla fine irrile-vante, manifestazione della verità eterna, dall'altro, affascinato dalla scoperta del valore della storia, si accontentava dei fatti, peraltro col-locati su un orizzonte di comprensione che li destituiva della loro ori-ginalità, compiendo così un'operazione antistorica (il rispetto della storia comporta, infatti, che gli avvenimenti siano mantenuti nella lo-ro singolarità). La discussione ti_a i_due ha fatto matura-re la convinzione che l'uno e l'altro si saldano precisamente se si pre-sta attenzione all'oggetto in questione. Del resto proprio la confessio-ne di fede, anche quella più sviluppata, ha come oggetto Gesù Cristo, del quale si predica che è il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, il Signore .. . Nella struttura di queste formule si evidenzia che l'identità trascen-dente di questa persona non_ si per così dire, dall' estern_91_ quasi u_p ves!!to intercambiabile che il credente metterebbe sulle spal-_ le di una figura storica: la formula della fede dice la verità di questa fi-gura storica precisamente rimandando alla sua singolare relazione di origine con Dio.

Da qui si può cogliere la plausibilità di alcuni richiami magisteriali dell'ultimo decennio relativi a prospettive cristologiche ipotizzate in correnti della recente teologia delle religioni. In esse si profilava la ne-cessità di elaborare una cristologia dall'alto, che partisse dal Verbo di Dio del quale Gesù di Nazareth sarebbe una delle tante possibili in-carnazioni. L'intenzionalità della proposta era di non ridurre la mani- J festazione di Dio a un unico evento che nessun avvenr=-mento de a storia sarebbe in grado di 'contenere' la totalità dclfa realtà divina. Solo una tale visione permetterebbe di considerare tutte le tradizioni religiose dell'umanità luoghi della rivelazione di Dio e \ , quindi vie di salvezza.

Appare evidente che questa 'cristologia' dall'atto si differenzia da quella tradizionale, _già presente negli scritti delW:JUovo 1Testamento, prima in nuce nelle formule di missione, poi in modo sviluppato in al-cuni inni, tra i quali spicca l'inno al Logos nel prologo del vangelo di Giovanni. Se in questo, e in tutta la cristologia di sapore alessandrino, denominata l6gos-sdrx, la singolarità di Gesù viene vista nel suo essere il Verbo di Dio incarnato oltre il quale non è possibile attendere altra forma di rivelazione, nella cristologia dall'alto proposta da alcune cor-renti della recente teologia delle religioni si vorrebbe mantenere la tra-scendenza del Verbo rispetto all'uomo Gesù e si stabilisce quindi una distinzione, se non sempre una distanza, tra l'uno e l'altro. Di conse-guenza le formule del tipo «Gesù di Nazareth è il Verbo di Dio» non

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dovrebbero essere intese come se solo nell'uomo Gesù si possa incon-trare la manifestazione definitiva di Dio: nessun soggetto storico po-trebbe essere termine esclusivo di attribuzione di caratteri divini. Per usare un'espressione di John Hick, «Gesù [è] sarebbe totus deus, ma Ì non totum dei» appunto perché è una figura storica e nulla di storico ) può essere fatto assurgere ad assoluto. Qualora nella storia del pen-siero cristiano si riscontri una eventuale identificazione tra storico e assoluto (o trascendente), questa va interpretata come enfatizzazione tipica di chi è coinvolto in una relazione singolare con il soggetto del-l' attribuzione.

A fronte di simili concezioni il Magistero della Chiesa cattolica ha ribadito la singolarità di Gesù di Nazareth come Verbo incarnato di Dio e quindi come rivelazione definitiva di Dio stesso, oltre la quale non ce n'è un 'altra equiparabile. In tal modo l'istanza dottrinale di una Chiesa - per questo aspetto in sintonia con i rappresentanti ufficiali delle altre Chiese o comunioni ecclesiali - ha riproposto, pur in forma indiretta, l'istanza contenuta nella cristologia dal basso: una figura sto-rica è la rivelazione di Dio, e lo si coglie prestando attenzione al suo agire e parlare che hanno come conseguenza la morte violenta, dalla quale però il Padre lo ha liberato, mostrando così di confermare l'i-dentità di Figlio che Gesù con la sua obbedienza aveva lasciato tra-spanre.

Qui sta l'originalità confessata dai cristiani: in una vicenda di obbe-dienza alla croce si rivefa-l'identità ultima di Dio come di colui che non si trattiene erché è amore. E il contenuto dell'amore non è generico: è quello che si coglie in quella vicenda storica di dedizione, talmente radicale da apparire nella sua connotazione divina. Per usa-re il linguaggio coniato dall'esegeta tedesco Heinz Schiirmann, si può dire che nella proesistenza di Gesù si rivela l'identità di Dio. Coeren-temente, iltondamento ·di tale proesistenza si trova in Dio stesso, nel suo essere YHWH, «colui che è qui per». Perta_gto anche l'identità di Gesù, che non può essere separata dal suo atteggiamento vitale, può essereaffermata solo in riferimento al Dio che è amore: Gesù è f au-toespressione di Dio nella storia. Gesù quindi nonradica la- sua sfenza semplicemente nella storia del popolo cui appartiene: viene da altrove, ma in modo del tutto originale. E questo il senso delle formu-le relative alla preesistenza di Gesù. Esse non vogliono dire che ci sia stata un 'esistenza temporale di Gesù precedente alla sua apparizione sulla linea della storia; indicano piuttosto la sua origine ultima e quin-di la sua identità. Con felice gioco di parole un altro esegeta tedesco,

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Wilhelm Thi.ising, mettendo in connessione le formule della preesi-stenza con il tema della proesistenza, ha mostrato che ilq-01 implica il r0= ne è come las ie azione; affermare che Gesù è il reesistente si-gnifica dichiarare che in lui si rende resente in forma definitiva la realtastessa di Dio. - ---

Il Magistero dèlla Chiesa cattolica intervenendo per riaffermare l'i-dentità unica di Gesù in rapporto a Dio ha stimolato la ricerca teolo-gica a rileggere le formule della fede in modo da mantenerne l'inten-zionalità, che consiste nel dichiarare in forma confessante che in una storia umana è dato incontrare Dio stesso. La storia resta quindi il punto di avvio per ogni riflessione cristologica, quando questa voglia rendere conto in modo critico della fede cristiana.

È questa la prospettiva assunta da Hans Kessler in questo trattato di cristologia pensato anzitutto per la scuola. Questa ha la funzione di introdurre gli studenti nella comprensione del mistero cristiano in for-ma chiara e didatticamente efficace. L'una e l'altra caratteristica si tro-vano in maniera esemplare nel trattato del teologo tedesco, che da de-cenni si dedica alla riflessione sulla figura di Gesù Cristo (la sua prima pubblicazione risale al1970: Die theologische Bedeutung des Todes ]e-su. Bine traditionsgeschichtliche Untersuchung, Patmos, Di.isseldorf). Lo studente viene così introdotto gradualmente a comprendere la vi-cenda di Gesù secondo il metodo genetico suggerito dal concilio Va-ticano II nel Decreto Optatam totius n. 16. La scelta si fonda sulla conl vinzione che nessuno può essere conosciuto prescindendo dalle rela-zioni che ha vissuto con l'ambiente di appartenenza e dall'influsso che ha esercitato sul medesimo ambiente. Coerentemente l'esposizione prende avvio dalle attese di salvezza presenti nell'ebraismo preceden-te e contemporaneo a Gesù: queste costituiscono il croyable disponi-ble, cioè il quadro di riferimento interpretativo a disposizione dei di-scepoli quando costoro si trovarono di fronte alla persona di Gesù; senza di esso i discepoli, per un verso, non avrebbero potuto dire al-cunché del loro maestro, per un altro verso, non avrebbero potuto percepire l'eccedenza del medesimo Gesù. Rapportando i modelli so-teriologici presenti nel proprio ambiente con l'attività di Gesù e la

_propria relazione con lui, un gruppo di ebrei ha vissuto l'esperienza di

! 'uscire' dalla propria tradizione religiosa, ed è giunto a comprendere che in Gesù Dio si stava avvicinando all'umanità in forma del tutto originale.

,___ Il raffronto viene attuato anche dal lettore grazie alla esposizione della predicazione e dell'attività di Gesù che Kessler offre nell'opera:

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insieme con i discepoli, chi accosta il volume vede dipanarsi gradual-mente l'enigma di una vita che si distanzia sempre più dalle attese dei contemporanei e che trova il suo momento cruciale nella morte vio-lenta, la quale sfocia però nel risuscitamento da parte di Dio. Qui prende avvio il processo di rilettura della vicenda del profeta di Naza-reth da parte delle comunità cristiane, le quali non possono non usare modelli concettuali e linguistici tipici dell'ambiente in cui vivono. Si profilano così due grandi orizzonti inter retativi: quello storico-salvi-fico che si radica nella tradizione ebraica; quello cosmologico che, pur mantenendo legami con l'ebraismo, integra elementi provenienti dalla cultura ellenistica. Nell'uno e nell'altro orizzonte si può notare una tensione tra la necessità di mantenere il dato storico originario e la ne-cessità di ridire lo stesso alla cultura, la quale peraltro dischiude nuo-ve possibilità di comprensione. La tensione permane anche nei secoli successivi, quando la preoccupazione di ridire il mistero di Gesù Cri-sto conduce a precisazioni dottrinali finalizzate a salvaguardare la ret-ta comprensione del medesimo mistero. Tali precisazioni restano co-me pietre miliari che indicano il percorso anche per la riflessione suc-cessiva. Di questa Kessler presenta i momenti più significativi, quelli che presentano intuizioni originali, sintesi che resteranno esemplari, nuovi modelli di interpretazione. Dalla esposizione si coglie l'ecce-denza della figura di Gesù rispetto a ogni interpretazione e, nello stes-so tempo, la necessità di rendere il medesimo Gesù comprensibile al-le persone dei diversi orizzonti culturali.

La constatazione di questi due aspetti offre anche i criteri guida per la riflessione sistematica. Con lucida progressione l'Autore illustra la persona di Gesù partendo dal dato fenomenico più immediato, la sua umanità, per giungere alla considerazione della sua identità ultima di Figlio di Dio. Il percorso introduce gradualmente a comprendere il si-gnificato delle formule di fede sull'umanità e sulla divinità di Gesù, tuttavia non prendendo avvio da una nozione previa di umanità e di divinità, bensì mostrando che l'una e l'altra vanno comprese in riferi-mento a Gesù: è lui nella sua vicenda che dice il significato di ambe-due. In tal modo la cristologia, mai disgiungi bile dalla soteriologia che ne è il luogo nativo, si configura come criterio sia dell'antropologia sia della teo-logia.

Ancora una volta si deve affermare che la storia è il punto di par-tenza della comprensione di Gesù anche nel a sua i entità divina. Questa non è presupposta a partire dalla-confessione di fede, ma mo-strata seguendo il dipanarsi dell'enigma che Gesù costituisce agli o c-

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chi dei suoi contemporanei e dei lettori. In tal modo non si perde nul-la della verità della confessione di fede. Piuttosto si arriva a conoscer-ne la genesi e il senso. Coerentemente, essa non appare più come la so-vrapposizione di categorie teologiche a una figura storica; si presenta invece come esito della disclosure di una persona che provoca in chi l'accosta stupore e quindi fede salvifica che sfocia nella dossologia: l'i-dentità di Gesù non si afferma in una neutralità intellettuale; la si co-glie e la si illustra nel coinvolgimento vitale della sequela.

In tal senso la cristologia si pone a servizio della fede dei cristiani e dell'annuncio che costoro sono chiamati a portare a tutte le persone umane, in forma comprensibile e plausibile.

Giacomo Canobbio

l. Introduzione

1.1. Concetti e termini

«Cristologia» significa letteralmente «dottrina o discorso su (Gesù il) Cristo». «Christ6s» è la traduzione greca dell'ebraico mashiah (l 'Unto [di Dio]). «Christus» (latinizzato) non è quindi originariamen-te un soprannome della figura storica di Gesù di Nazaret, ma è una professione di fede in essa. Chi dice seriamente «Gesù Cristo» con-fessa: Gesù è l'Unto di Dio, il Salvatore. li titolo «Cristo» rappresenti perciò e sintetizza tutti i predicati del Salvatore (Figlio di Dio, Reden-tore, Liberatore ... ), con cui nel passato e nel presente si è tentato e si tenta di indicare chi è Gesù e che cosa egli significa per noi. La do-manda fondamentale della cristologia suona: «Chi è dunque costui?» (Mc 4,41). Tale domanda riguarda il significato soteriologico di Gesù (soteriologia: dottrina della redenzione o della salvezza), cioè il suo si-gnificato salvifico per il mondo e la nostra decisione e la nostra rela-zione con lui.

1.2. La collocazione della cristologia

La cristologia è il tema centrale e il cardine della teologia cristiana, la chiave di tutti gli altri temi teologici.

Motivo: 'inizio e al centro della fede cristiana e della comunità cristiana non c'è un libro o un'idea astratta, ma una persona viva (che il «libro» del Nuovo Testamento vuole testimoniare e indicare). Il cri-stianesimo non è scindibile dalla persona di Gesù Cristo, esso consiste

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14 Introduzione

sostanzialmente in lui, in ciò che possiamo percepire dalle sue labbra e possiamo conoscere della sua vita. Secondo la fede cristiana infatti Gesù Cristo è il messaggero definitivo (escatologico) di Dio e, unita-mente a ciò, l'uomo definitivo (escatologico) . Egli rivela la vera essen-za di Dio e la vera essenza dell'uomo, è la spiegazione (parola e im-magine) di Dio e il modello dell'uomo. In lui il cr:istiane.simo e la Chie-sa n o erciò solo la loro ori _ in e, bensì contemporaneamente il lo o centro e fondamento permanente: «nessuno può porre un di-verso fondamento» (l Cor 3,11 ; cfr. Mc 12,10s.).

La persona concreta di Gesù Cristo, essendo il punto di orienta-mento della fede, offre a questa la chiave per tutto il resto: per com-prendere Dio, l'uomo e il mondo, la rivelazione, la grazia e la reden-zione, la comunità ecclesiale e la sua azione, il futuro, l'etica e la pras-si cristiana. Perciò con Tommaso d'Aquino (Comp. Theol. c. l) pos-siamo considerare la cristologia come il «compendium theologiae» e il «verbum abbreviatum», come la sintesi e il compendio della teologia.

La fede cristiana è perciò sostanzialmente fede in Gesù Cristo, orientamento a lui, relazione con lui e professione di fede in lui. Egli infatti dischiude la giusta relazione di fiducia in Dio e la relazione ve-ramente umana e solidale con gli uomini e con le altre creature. Egli è ' la via a Dio e alla salvezza (cfr. At 4,12; Gv 14,6), la via, non il tra-guar o: per Cbristum in Deum (per mezzo di Cristo a Dio) .' La cristo-logia costituisce il teologia, ma r:on è il tutto.

1.3. Difficoltà e possibilità odierne

Già gli autori neotestamentari dovettero far fronte a una tendenza che cercava di rimuovere Gesù di Nazaret con il suo scandaloso desti- . no o di sublimarlo in senso gradevole. Ma Paolo obiettò che gli evangelisti avevano salvaguardato la tradizione di Ge-sù. E da allora nella storia della fede momenti di alto interesse cristo-logico si alternano a fasi di dimenticanza di Gesù.

A una simile dimenticanza contribuirono anche esa erazioni e in-1 · sufficienze riscontrabili nella su C risto e nella

una divinizzazione e glorificazione unilaterale di Gesù, che fecero scompari re la SW! umanità concreta; il predominio di una cristologia concettuale e astratta e una fissazione su formule dogmatiche astratte;

Introduzione 15

in senso inverso un cosiddetto Gesù storico coperto dalle proiezioni dei ricercatori e degli studiosi della sua vita che si sqno via via duti, o che scompare sotto minuziose analisi testuali; un sequestro d1 Gesù operato dalla Chiesa, che pose questa al suo posto e lasciò poco spazio al singolo per una sua scoperta un Gesù borghese-mente adattato e neutralizzato, che non ha quas1 nulla a che fare con quello per çui il Galileo ha versato il suo sangue. .

Alla scomparsa di Gesù si contrappone d'altra parte una sua nsco- 2. perta che cominciò di nuovo dopo il Vaticano Il, si nel movimento di Gesù e nell'entusiasmo er Gesù e resto an c e l vasta letteratura in {;! tOJ,20sito, alimentata non solo da_teologi, ma pure da filosofi e letterati e, oltre che da cristiani, pure da ebrei e atei. In primo piano balzò, pieno d'un fascino insospettato, quanto piuttosto il «fratello Gesù», il «sostegno» degh aff11tt1 e il «li-beratore» degli oppressi, il pioniere della piena umanità, l' «amico» che aiuta a superare l'angoscia e a trovare se stessi. Il suo messaggio della non violenza attira le coscienze vigili, la sua figura (sofferente) at-trae gli artisti moderni. Pure {;!et molti ecclesialmente gnati sta in primo piano l'uomo Gesù: come vla che..c..on...due..e a..diYemr veramente uomini e come lu.ogg dell'esp.erienza..di Dio.

Nell'odierna Euro a occidentale (presuntamente cristiana) natural- !-. . mente molti uomini, e anche molti_ cr!?tiapi danno l'im-

ressione di non più nulla di Soprattutto alle vani generazioni egli sembra divenire_sem re m estraneo. l cambia-menti sociali, la dissoluzione di ambienti ecclesiali chiusi, il crescente pluralismo, la rottura con la tradizione e la carente ispirazione da par-te della Chiesa attuale sfociano in una crescente insicurezza dell'auto-comprensione dei singoli, costringono l'individuo a tematizzare se stesso e a formarsi personalmente un orientamento religioso (spesso con l'aiuto di fonti disparate). Le immagini di Gesù, che vanno incon-tro a questo bisogno (strutturalmente condizionato) di tematizzare e trovare se stessi, sono prontamente accolte. Scarsissimo interesse, an-che nelle comunità ecclesiali, suscitano invece una immagine di Gesù di stampo dottrinale e meno ancora questioni cristologiche.

Evidentemente non risultano ancora sufficientemente perspicue né la loro continuità con la storia e la figura di Gesù, né la loro rilevanza per il mondo odierno. . . .

L'odierna cristolo i-a-si trova perciò posta di fronte al compito dt (rì) costruire e fan vero contenuto e si nificato della storia e

p-ersona di-Gesù:--Essa deve evidenziare la continuità della fede

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di oggi
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16 Introduzione

l in Gesù Cristo e parlare di lui come del salvatore nel contesto dei pro-' blemi esistenziali attuali. o

Essa non può ovviamente sostituire la sequela viva di Gesù e la re-lazione personale con Cristo. La sco12erta di Gesù e la via alla fede as-sano attraverso l'es erienza e l'incontro con uomini, gruppi e comu-nità credenti, il cui modo di vivere è credibile e permette di intuire lo stile di vita del Nazareno. Ove si apre la ossibilità di stabilire un.a...r_e-lazione con l'uomo, il soccorritore e l'amico Gesù, lì P-UÒ dilatarsi an-che una nuova a ertura per il mistero di Dio in lui presente, per l'ir-ruzione dell'altra dimensione, er a presenza artico are e unica Cii Dio in quest'uomo Gesù di Nazaret, che noi in conformità al Credo

Chiese confessiamo come Figlio_ di p io ·-----

2. Basi bibliche

2.1. Aspettative salvifiche veterotestamentarie quale retroterra della cristologia e della soteriologia neotestamentaria

\[EsTAMENTO O?ALE ORIZZONTE DI COMPRENSIONE DI GESU E DELLA CRISTOLOGIA NEOTESTAMENTARIA

L'uomo Gesù è della grande creazione di Dio evolutasi ne corso di miliardi di anni; quanto egli porta e significa, in-teressa tutto il cosmo. Gesù è dell'unica e pur così lacerata famiglia umana, che conosce amore e sofferenza e anela alla vera felicità o salvezza; quanto con Gesù entra nella famiglia umana ri-guarda tutti gli uomini e si fa carico delle loro angosce e speranze.

Più in concreto Gesù di Nazaret è u ebreo zioni del o olo ebraico e incomprensibile senza di esse, le infrange. La fede d'Israele nel Dio unico e vivo è anche la sua fede. J Pure i suoi discepoli e i primi «cristiani» (gente del Messia: At 11,26) erano ebrei. Essi lessero la sua storia «secondo le Scritture», cioè nel-la tradizione della fede e della speranza d'Israele, anche se nel farlo fu-rono costretti a reinterpretarla. La loro professione di fede che Gesù è il «Cristo» (il Messia= l'Unto) , e così pure la maggior parte delle al-tre immagini e concetti portanti, che utilizzarono per comprendere la sua figura e la sua storia, derivano dall'Antico Testamento. L'Antico Testamento non è solo la preistoria preparatoria di Gesù, ma è una sua condizione intrinseca, anzi una dimensione permanente costitutiva sua e ) della fede in lui. 1

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Gennaro
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