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Guida al fashion consapevole a cura di CNA Federmoda Forlì-Cesena

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I LOVE (GOOD)SHOPPINGGuida al fashion consapevole

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“In fondo non abbiamo bisogno di tanta roba: meglio avere po-chi pullover, poche gonne e pochi cappotti, ma di buona qualità. Lo scopo non è la quantità. Bisogna saper eliminare. Una cosa è certa: la giornata comincia meglio quando si apre un armadio con dentro poche cose, ma bene organizzate”.

“Il buon look si fa con i buoni basici! Basta inserire nel pro-prio guardaroba questi sette classici: una giacca da uomo, un trench, un pullover blu marin, una canottiera, un tubino nero, dei jeans e un blouson di pelle. Il resto è solo una questione di abbinamenti”.

“Non è facile resistere alle sirene della moda. Invece bisogna imparare a fare shopping con un certo metodo se non vogliamo lasciarci ottenebrare dall’abbondanza della scelta. E soprattut-to non possiamo permetterci di intasare il guardaroba con capi che non metteremo neanche una volta”.

—Ines de la Fressange, “Guida allo chic”

Come avete capito da queste colte citazioni, lo scopo della nostra pubblicazione è convincervi che lo stile è soprattutto una questione di metodo: bisogna metterci la testa. È vero, certe persone sembrano avere un talento naturale, ma ormai il segreto è svelato: niente è più studiato di ciò che appare spontaneo…Ma andiamo al cuore della questione: oggi abbia-mo un “problema”. Sì, mai come oggi l’estetica è carica di valori etici. Può dirsi bello un pullover costato l’infanzia di un bambino? E che dire di una borsa “targata” Made in Italy e confezionata alle pendici del K2?

Ma come fare allora una scelta di autentico stile?

regola 1 prediligi il made in italy

È amato in tutto il mondo, e c’è un perché. Anzi, più di uno. La qualità, le maestranze, il design, un dna fatto di gusto e di eleganza.

regola 2 impara a riconoscerlo

Quando le regole non sono del tutto trasparenti bisogna conoscere i trucchi degli intenditori.

Li trovate in queste pagine. Più che trucchi, utili informazioni.

regola 3

anche nella moda, il km zero è chicNella nostra provincia si producono grandi

marchi, ma soprattutto prodotti di grande qualità. Nomi di nicchia dal sapore internazionale.

e

f

L’anima nell’armadioRoberta Alessandri | Presidente CNA Federmoda Forlì-Cesena

I jeans o le scarpe che indossiamo dicono molto di noi: del nostro gusto, del nostro carattere e anche del nostro stile di vita. Ma abbiamo mai letto con attenzione l’etichetta dei capi che abbiamo scelto? Sappiamo che i prodotti usati per certe tinture possono essere nocivi per la nostra salute? Oppure che

i prodotti realizzati in alcuni paesi nascono molto probabilmente dallo sfruttamento dei lavoratori?

I consumatori oggi vogliono essere sempre più attenti e consapevoli. Per rispon-dere alle loro curiosità, e anche per stimolarne di nuove, è nata questa pubblica-zione, realizzata da CNA Federmoda di Forlì-Cesena. Un agile manuale pensato per presentare i valori racchiusi nel marchio “Made in Italy” e per far conoscere alcune eccellenze del nostro territorio.

A fronte di una legislazione sul Made in Italy del tutto inefficace, riteniamo che una corretta informazione al consumatore sia una leva fondamentale sulla quale agire. Favorendo il binomio alta qualità del Made in Italy – diffusione di una cultura del consumo consapevole.

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Questo librettino ha, nella sua semplicità, l’ambizione di valorizzare il prodotto artigianale, fornendo al consumatore elementi conoscitivi, utili e indispensabili alla sua scelta d’acquisto.

Guardare alla moda e al design anche per il loro valore economico e sociale significa contribuire al cambiamento di un paradigma culturale; la moda si gioca completamente sul desiderio ma oggi esiste un filo che lega l’attrazione a una nuova consapevolezza. Vogliamo rendere più forte questo legame, fornendo le competenze per poter guardare dietro e oltre l’immagine.

Solo un’etichetta completa e trasparente, che davvero “racconta la storia del ve-stito”, può aiutarci in questo compito. È l’etichetta che contiene la tracciabilità circa l’origine dei luoghi di produzione, che consente di equiparare la sostanza e il prezzo del prodotto che ci apprestiamo ad acquistare, che ci fornisce tutte le informazioni necessarie per scegliere. Se il capo proviene dai paesi extraeuropei, ad esempio, il consumatore ha il diritto di sapere che in quei luoghi sono assenti vincoli normativi che riguardano non solo la sicurezza dei lavoratori, ma anche il processo produttivo e l’utilizzo di sostanze nocive per la salute.

La diffusione dell’informazione e la trasparenza sono gli strumenti per promuove-re la cultura della legalità, per porre un limite alle contraffazioni e per garantire una sana concorrenza fra le imprese.

Questa pubblicazione è sostenuta in particolare da alcuni imprenditori per sotto-lineare che, dietro alla moda, c’è il reale e concreto impegno di persone che lavorano con la testa, le mani e il cuore.

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Questione di etichetta

L’ etichetta è il contenitore di alcune informazioni standard. Tuttavia può dire molte altre cose agli sguardi attenti, perché esistono regole precise per la composizione dei suoi contenuti. Attenzione quindi: un’etichetta fat-ta male rivela un prodotto fatto male ed è anche molto probabile che non

dica la verità. Di seguito le due principali etichette, quella di composizione e quella di manutenzione, analizzate nei contenuti per imparare a riconoscere le informazio-ni corrette e quelle non trasparenti.

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1. la denominazione delle fibre deve essere anche in italiano

2. non sono ammesse abbreviazioni

3. non possono essere utilizzate denominazioni non legali o denominazioni commerciali (elastam e lycra sono denominazioni commerciali della fibra elastan)

4. Prodotto composto da parti di differente composizione fibrosa: l’etichetta deve indicare la composizione di ciascuna delle parti

etichetta di composizione

L’etichetta di composizione è obbligatoria e la maggior parte dei prodotti tessili presenti sul mercato ne è provvista. Per quanto riguarda la composizione è noto a tutti che certe fibre tessili sono più pregiate di altre e incidono sul costo del prodotto in funzione della quantità in cui sono presenti. Sulle etichette sono presenti molte informazioni in termini di simboli, marchi e diciture: elementi di una comunicazione che deve poter essere interpretata senza difficoltà per poter fare una scelta informa-ta e le opportune valutazioni sul prezzo.

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1. la denominazione delle fibre deve essere anche in italiano

2. non sono ammesse abbreviazioni

3. non possono essere utilizzate denominazioni non legali o denominazioni commerciali (elastam e lycra sono denominazioni commerciali della fibra elastan)

4. Prodotto composto da parti di differente composizione fibrosa: l’etichetta deve indicare la composizione di ciascuna delle parti

giusto

60% viscosa, viscose40% seta, silk

97% cotone3% poliestere

90% cotone10% elastan

Tessuto esterno 100% lana Fodera 100% viscosa

errato

60% viscosa40% silk

97% CO3% PES

90%cotone5% elastam

5% lycra

50% lana 50% viscosa

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etichetta di manutenzione

L’etichetta di manutenzione, che non è obbligatoria, può comunque essere molto utile purché correttamente for-mulata e interpretata.Ci permette infatti di capire la prati-cità di un capo: l’obbligo del lavaggio a secco ad esempio implica costi di manutenzione maggiori. Al momen-to dell’acquisto conviene valutare la manutenzione consigliata, anche se spesso è molto prudenziale e pensata più a difesa del produttore che per la miglior manutenzione possibile.L’etichetta deve essere applicata direttamente e in modo permanente sull’articolo; deve essere realizzata in un materiale resistente ai lavaggi e a tutti i trattamenti di manutenzione indicati per il capo; i simboli devono essere abbastanza grandi e facilmente leggibili.Quelli che seguono sono i cinque simboli fondamentali. Vanno riportati in etichetta nella sequenza indicata; se un trattamento non è ammesso deve essere annullato con una croce.

1. lavaggio ad umido

2. candeggio

3. asciugatura

4. stiratura

5. lavaggio a secco

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40°

CL

A P F

• indicazionetemperaturamax

• sololavaggioamano • azionemeccanicaridotta

• nonlavareinacqua

• candeggioalcloroammesso

• noncandeggiare

• asciugaturaatamburorotativo

• temp.normale

• asciugaturaatamburorotativo

• temp.ridotta

• nonusareasciugabiancheria

• temperaturamax110°c

• temperaturamax150°c

• temperaturamax200°c

• nonstirare

• tuttiisolventi • tuttiisolventitranneiltricloroetilene

• solosolventiabasedipetrolio

• limitazioniperl'usodiacqua,azionemec-canicaetemperatura

• nonlavareasecco

1. lavaggio ad umido

2. candeggio

3. asciugatura

4. stiratura

5. lavaggio a secco

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made in trasparenza

Il “Made in …” dovrebbe essere l’etichetta più importante da ricercare su un capo, ma la legislazione, sia italiana sia comunitaria, manca in questo caso l’obiettivo della trasparenza. Ad oggi non esiste alcuna normativa comunitaria relativa all’utilizzo del marchio di origine, che disciplini come obbligatorio l’utilizzo del “Made in…”.È tuttavia possibile apporre la dicitura purché lo si faccia in conformità con il Co-dice Doganale Comunitario. Il “Made In Italy” può essere apposto solo in due casi: se il prodotto è stato interamente prodotto in Italia o se in Italia è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, per esempio la confezione.Il consumatore, pur essendo libero nelle scelte d’acquisto, non ha la facoltà di poter conoscere in totale trasparenza l’origine della merce. Informazione che consentireb-be una valutazione critica dei rapporti qualità/prezzo e sicurezza/prezzo.

Gabriella Alberti Fusi Direttore Tecnico Centrocot - Busto Arsizio

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Sulle tracce della qualità

I l sistema di tracciabilità di ITF (Italian Textile Fashion)1 nasce dalla volontà di qualifi-care e valorizzare il settore della moda, con la creazione di uno schema di certificazio-ne volontaria. Aderendo al sistema un’azienda è in grado di garantire al consumatore la massima trasparenza rispetto ai luoghi di lavorazione dei propri prodotti.

Il sistema di tracciabilità di ITF è quindi uno strumento per: • fare chiarezza sulla reale origine delle singole componenti del manufatto in vendita, evi-

tando la confusione ingenerata sul mercato e nel consumatore da marchi, brand e loghi;• differenziare, in modo trasparente ed efficace, la produzione nazionale da quella

d’importazione;• creare filiere nazionali integrate cliente-fornitore-subfornitore;• garantire un consumo “critico”: i consumatori sono messi in grado di acquistare un

prodotto di cui conoscono tutta la storia, comunicata chiaramente in un’apposita

1 itf è il Comitato Filiera Moda di Unionfiliere, l’organismo delle Camere di Commercio per la valoriz-zazione delle filiere del Made in Italy

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etichetta, che evidenzia il luogo di esecuzione di ciascuna fase di lavorazione. Quando esaminate un capo, controllate la presenza del marchio ITF. Avrete la garan-zia di un prodotto eccellente, fatto da un’azienda responsabile.Le principali caratteristiche del sistema di tracciabilità sono le seguenti.• volontarietà: il sistema è ad adesione volontaria e, in quanto tale, non vuole sosti-

tuirsi all’attività di controllo prevista dalla normativa (es. composizione fibrosa, ecc.).• campo di applicazione: possono aderire al sistema tutte le aziende italiane che

operano nei settori tessile, abbigliamento, pelletteria, pellicceria e calzaturiero.• compatibilità con le norme vigenti: chi realizza tutte le fasi in Italia può utilizza-

re diciture come “100% made in Italy” o similari nel pieno rispetto delle norme vigenti.• modularità dell’applicazione: l’azienda che intende aderire al sistema di

tracciabilità può decidere di certificare soltanto una o più linee produttive. Inoltre è possibile certificare anche una sola fase produttiva.

• etichettatura dei prodotti: le aziende aderenti al sistema di tracciabilità dovranno identificare i loro prodotti con una specifica etichetta. L’etichetta di ITF potrà essere realizzata in diversi formati e materiali a cura dell’azienda che può anche inserire l’origine della fase di design.

Per chi cerca ancora più garanzieIn aggiunta al sistema dei controlli, ITF ha previsto in etichetta ulteriori elementi a garanzia della veridicità delle informazioni:• il codice identificativo univoco che consente, attraverso l’interrogazione di un

data base consultabile dal sito internet di ITF (www.itfashion.org), di risalire alle aziende coinvolte nella lavorazione del prodotto;

• verifiche sui prodotti certificati immessi sul mercato, effettuate a campione dal personale delle strutture ispettive ed a carico di ITF;

• un rigoroso sistema sanzionatorio, che prevede, oltre alla sospensione/revoca della certificazione, l’applicazione di sanzioni pecuniarie per le aziende che faranno un uso improprio o fraudolento della certificazione e del relativo marchio di ITF.

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Chi conosce ITF sa cosa compra La certificazione ITF è uno strumento importante per chi sceglie il consumo consapevole, l’etica e la qualità. Per questo ITF si promuove con mezzi tradizionali e con i nuovi media. Sul sito potete approfondire le attività dell’organizzazione e contribuire a farle conoscere.

Alessandra VittoriaResponsabile itf - Comitato Filiera Moda di Unionfiliere

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Il sistemadelle Camere di commerciosostiene la moda Made in Italy.

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Il sistemadelle Camere di commerciosostiene la moda Made in Italy.

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UN tessuto DI moda E SALUTE

I l sistema moda rappresenta una quota molto significativa dell’economia del no-stro Paese: in termini di valore aggiunto, tra tessile, abbigliamento, pelle, cuoio e calzature, siamo all’11% del manifatturiero nazionale, oltre un decimo dell’ex-port italiano. Il saldo commerciale è di circa 15 miliardi di euro e, in termini

occupazionali, gli addetti sono circa 800.000.

Con la completa liberalizzazione commerciale del settore tessile e abbigliamento, in vigore dal primo gennaio del 2005, si sono però verificati alcuni effetti negativi sul nostro sistema, come l’aumento incontrollato delle importazioni e, in alcuni casi, un processo di delocalizzazione selvaggia che ha introdotto sul nostro mercato mer-ci prodotte senza il rispetto delle normative previste in Italia e in Europa.

Negli ultimi anni, CNA Federmoda si è dedicata a una intensa attività di controlli effettuata in collaborazione con il sistema delle Camere di Commercio, ITF (Italian Textile Fashion) e il Centro Tessile e Cotoniero di Busto Arsizio.

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I controlli effettuati su prodotti presenti sul mercato (dai grandi magazzini, ai negozi, agli ambulanti), rilevano un’alta presenza di ammine aromatiche.

Prodotti tessili con presenza di ammine aromatiche individuati sul mercato

30,8%

in dogana

41,2%

grande distribuzione

52,6%

mercatiambulanti

29,6%

punti vendita

Una irregolarità che significa danni commerciali e danni per la salute dei consu-matori. Le ammine aromatiche classificate come cancerogene sono attualmente 22 e sono liberate da alcuni coloranti azoici per rottura della molecola durante la produzione, l’utilizzo, l’indosso del capo. L’utilizzo di questi coloranti azoici nell’UE è vietato (Direttiva 2002/61/CE - ammine aromatiche cancerogene).

L’attenzione a ciò che indossiamo come forma di tutela della nostra salute è salita

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anche in ambito medico. Due noti medici dermatologi italiani si sono espressi molto chiaramente sul tema. Paolo Lisi (Sezione di Dermatologia clinica, allergologica e venereologica, Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche Università di Perugia, Policlinico Monteluce – Perugia), ad un congresso tenuto dalla Società Italiana di Dermatologia Allergologica e professionale e Ambientale (SIDAPA) ha dichiarato:

“Al pari di quanto si verifica per altri dispositivi di protezione individuale, anche i capi di abbigliamento sono divenuti causa di patologia cutanea, la cui incidenza sembra destinata ad aumentare nel tempo, soprattutto in rapporto alla globalizza-zione, che consente l’introduzione sempre più rilevante di prodotti meno controllati nel mercato italiano”.

Donatella Albertazzi e Alberto Zina (S.C. Dermosifilopatia 3. Azienda Ospedaliera Universitaria “San Giovanni Battista” di Torino), hanno posto l’accento, nel medesi-mo congresso, all’anidride maleica come allergene potenziale:

“La spiegazione della positività per l’anidride maleica potrebbe essere riconduci-bile all’uso di calzature di dubbia provenienza, prodotte con collanti di basso costo. Questa è la conseguenza della società attuale, sempre più orientata alla globalizza-zione e all’abbattimento dei costi”.

Per la tutela della salute dei consumatori serve dunque un maggior presidio sulle importazioni, un controllo sui prodotti finiti prima della loro immissione sul mercato ed un controllo sulla destinazione d’uso delle materie prime e dei semilavorati.Associazioni come la nostra si stanno impegnando per nuove normative specifiche. Mentre i consumatori hanno un’arma infallibile nelle loro mani: scegliere con senso critico scartando i prodotti non etici e pericolosi.

Antonio FranceschiniResponsabile Nazionale CNA - Federmoda

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firme false e vere illusioni

Mille volte meglio indossare un borsone di paglia che l’imitazione di una borsa griffata!

Contraffazione = Antifashion

Q uante volte, vedendo un’amica o una vicina di casa sfoggiare un capo d’abbi-gliamento griffato, ci siamo posti la domanda: “Sarà vero o sarà falso?”. Di solito il dubbio rimane irrisolto perché oggi i prodotti contraffatti sono talmente simili agli originali che anche un occhio attento fatica a riconoscerli.

La contraffazione è un fenomeno che sta aumentando progressivamente sia nelle dimen-sioni che nella sofisticatezza dei metodi utilizzati. La circolazione dei beni contraffatti è pre-sente in ogni parte del mondo, così come nel mondo virtuale, producendo ingenti danni ai fabbricanti e ai commercianti che rispettano le leggi, sottraendo posti di lavoro all’economia regolare e ingannando i consumatori, con rischi pesanti per la loro salute e sicurezza.

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Alcuni dati ci aiutano a capire le dimensioni del fenomeno: secondo le stime dell’OC-SE nel 2005 i prodotti contraffatti nel mondo avevano un valore di circa 200 miliardi di dollari, pari al 7% del valore del commercio mondiale, con una stima di crescita a 250 miliardi di dollari nel 2007, fino ad arrivare a superare i 400 miliardi di dollari nel 2010. Queste cifre misurano solo la merce che transita dalle dogane. Il valore sarebbe molto più alto se si tenessero in considerazione i prodotti distribuiti entro i confini nazionali e quelli distribuiti illegalmente via internet.

Per quanto riguarda l’Italia possiamo affermare che è un paese al tempo stesso produttore e consumatore di beni contraffatti. Infatti, la presenza di griffe della moda e il proliferare di un’economia sommersa hanno creato le condizioni favorevoli per il diffondersi di questo particolare mercato nero. L’area di Napoli, l’hinterland milanese e la provincia di Prato sono i principali centri di produzione del falso, mentre la Cina si riconferma leader mondiale nelle esportazioni di prodotti contraffatti.

Da una recente ricerca del Censis emerge chiaramente quanto siano pesanti i costi economici e sociali per il nostro paese. Nel 2008 il mercato del falso ha prodotto un fatturato di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Ciò significa che, se si riportasse il valore sul mercato legale, si avrebbe una produzione aggiuntiva per un valore di 18 miliardi di euro mentre, dal punto di vista sociale, la sconfitta della contraffazione garantirebbe 129.842 unità di lavoro aggiuntive. Analizzando i settori che compongono i 7 miliardi e 107 milioni di euro, spicca il dato di abbigliamento e accessori: ben 2 miliardi e 608 milioni di euro provengono dalla moda, il settore di gran lunga di maggior incidenza. Di questi poco meno della metà riguardano il mercato della pelletteria, prevalentemente borse, dove il mercato del falso è pari a quasi il 40% del fatturato ufficiale del settore.

Che cosa si può fare per fermare un sistema illecito che crea danni così ingenti? Da un lato è necessario migliorare la legislazione con l’applicazione di pene più severe per

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chi produce merci contraffatte, coordinando maggiormente gli attori economici e istitu-zionali coinvolti. Dall’altro è fondamentale comprimere la domanda di beni contraffatti, rendendo il consumatore consapevole dei danni economici e sociali che il fenomeno arreca al nostro paese e dei rischi per la salute cui si va incontro acquistando tali beni.

Non ultimo, un consiglio di stile: meglio essere originali con un buon capo non griffa-to addosso che indossare un “falso griffato”, no?

Danila PadovaniResponsabile CNA Federmoda Forlì-Cesena

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l’eticA DELLO STILE

Prima ti ignorano. Poi ridono di te. Dopo ti combattono. E alla fine vinci.

Mahatma Ghandi

I n passato abbinare etica e moda sarebbe apparso a dir poco “strano” in quanto si pensava che tutto ciò che è fashion fosse in antitesi con la sfera dell’etica, il cui immaginario è sobrio grigiore. Ma una specie di miracolo culturale ha preso vita nelle riviste, nei programmi televisivi, e anche nel nostro vivere

quotidiano. Ovunque riscontriamo un’attenzione crescente alle tematiche dell’etica e dell’ecososteniblità e, alla fine, anche molti stilisti si sono rivelati sensibili a queste nuove sollecitazioni. Ma che cosa significa per un abito o una scarpa essere ecosostenibile ed etica? In realtà molte cose. In primo luogo essere realizzati secondo norme di produzione che

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rispettano l’ambiente e i diritti delle persone impiegate per la produzione. Queste norme, tuttavia, hanno struttura e applicazione diversa a seconda dei contesti na-zionali e in dipendenza dalle condizioni sociali economiche e storiche.

È per questo che l’etica, cioè il comportamento di ognuno di noi, diventa impor-tante anche e soprattutto nelle piccole scelte quotidiane. Fortunatamente anche le aziende hanno preso provvedimenti per dare una mano ai consumatori nella ricerca di prodotti etici e di qualità.

Oltre alle etichette regolate da precise normative, esistono diverse iniziative volontarie che offrono garanzie ulteriori a tutela dei cittadini. Una di queste è nata proprio grazie alla collaborazione delle diverse componenti economiche e istituzio-nali della provincia di Forlì-Cesena. Si tratta del marchio Impresa Etica.

L’obiettivo del marchio è quello di fornire uno strumento che possa chiaramente identificare le imprese che, avendo maturato una scelta precisa nella gestione del lavoro, dell’ambiente, della dimensione economico finanziaria, dei rapporti con il consumatore e delle relazioni con la comunità, desiderano comunicare efficacemen-te il loro impegno.

Il marchio, rilasciato da CISE Azienda Speciale della Camera di Commercio di Forlì-Cesena, è soggetto a controlli periodici, sia presso le imprese che ne hanno ottenuto la licenza d’uso, sia attraverso un innovativo sistema di monitoraggio par-tecipato. Utilizzando un sito internet dedicato, tutti coloro che sono in possesso di informazioni rilevanti circa la reale condotta delle imprese, possono partecipare alla raccolta di testimonianze (positive o negative) circa il rispetto degli impegni presi. Un efficace meccanismo di privacy consente di evitare abusi, garantendo al contem-po l’accesso ad una serie di informazioni altrimenti difficilmente verificabili con le usuali tecniche di ispezione. Il marchio “Impresa Etica” aiuta inoltre le persone a riconoscere i prodotti realizzati nel proprio territorio, una garanzia sull’origine e una competenza in più sull’economia locale.

Il marchio agisce così in modo capillare grazie alla partecipazione dei cittadini

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nel vigilare la correttezza delle imprese. La partecipazione di ognuno diventa la leva per promuovere la crescita della responsabilità condivisa, con la prospettiva che, come nella massima del Mahatma Ghandi, dopo essere state a lungo ignorate, derise e combattute, le imprese virtuose possano diventare protagoniste del mercato. E ognuno di noi protagonista consapevole delle proprie scelte.

Del resto, un coscienzioso uso della materia grigia non passerà mai di moda.

Massimo ChioccaCISE Area Responsabilità Sociale delle Imprese

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consigli di stileIntervista a Paola Frani

E ntriamo subito nel vivo: che cosa non può mancare nel guardaroba di una donna, quali sono i “must” da cui non si può prescindere?Ci sono dei classici sempreverdi come il tubino nero: per quello vale la pena spendere un po’ perché può durare una vita. Io amo molto anche i pantaloni

di taglio maschile, che sono un altro evergreen, anche perché le donne sono sempre più dinamiche e la funzionalità non va a discapito dell’estetica e della bellezza.

Che cosa invece lei ritiene superfluo?In base alla mia indole personale non amo lo sportware: la tuta da ginnastica non me la metto neanche in casa. Limiterei l’uso di questi capi all’attività sportiva.

L’importanza degli accessori: come sceglierli?L’accessorio è un ottimo complemento di un vestire basico, perché permette di rinno-varlo e aggiornarlo di stagione in stagione. Prima di tutto le scarpe, che io letteralmente adoro. Davanti a certi tipi di scarpe non si riesce a resistere! Poi amo molto scialli, sciar-pe, colli, manicotti e complementi di pelliccia, vera o ecologica non ha importanza.

I love (good) shopping - Guida al fashion consapevole | 33

Quali sono i capi di maggiore tendenza oggi?La maglieria ora esprime fogge sempre più interessanti: dal pullover, all’abito di seta che incorpora il maglione di lana, al macro cardigan da mettere sull’abito di chiffon. La maglieria crea un effetto stratificato che ti veste a cipolla e ti mantiene calda senza rinunciare alla tua femminilità. Parlando di maglieria però non pensiamo solo al classico pullover: è un concetto evoluto che va dal cappotto all’abito smanicato. Si tratta di pesi leggerissimi: un macro cardigan di mohair può pesare trenta grammi eppure stai caldissima. Lo stesso vale anche per le pellicce superleggere realizzate con fili di pelo cuciti a maglia, che pesano cinquanta grammi.

E per quanto riguarda i colori: quali sono quelli del momento?Il black and white la fa da padrone e continuerà a farlo, come anche i beige cipriati, quei colori neutri che sono molto femminili e che piacciono alle donne. Mentre i grigi sono in discesa, ma si prestano bene come base per i colori novità rosso/rosa, come il rosa peonia o il rosso mirtillo, la gamma che dona per eccellenza all’incarna-to delle donne. Di queste tinte sono molto belli gli abitini e i cappottini, naturalmen-te con taglio minimale. Il bianco è un colore sempre molto valido, che si declina in inverno in tinte di finto bianco come il gesso e il bianco latte.

Spesso le donne sono molto critiche verso il proprio aspetto fisico…Certo, ci sono donne alte e magre che possono permettersi davvero di tutto, anche se molto dipende dalla loro personalità a tutto tondo. Ma anche chi non è filiforme, al giorno d’oggi, può essere elegantissima. Naturalmente ci sono alcuni accorgimen-ti da prendere. A chi non è proprio magrissima, ad esempio, sconsiglio vivamente i capi molto aderenti perché ingrassano. Se poi una donna è minuta, ma anche un po’ formosetta, e indossa abiti stretch l’effetto mortadella è in agguato! Gli abiti devono seguire la forma del corpo, assecondandola ma senza strizzarlo.

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Come conciliare l’eleganza con i ritmi della vita moderna?Per il mio ideale di donna l’estetica si lega alla funzionalità. Le donne che disegnano capi per le donne, infatti, pensano a se stesse e sono più attente rispetto ai loro colle-ghi maschi alla portabilità dei capi. Per me da sempre l’anatomia umana è fondamen-tale. Non amo né l’oversize né l’effetto anguilla, l’asciugatissimo. Per quanto riguarda la praticità, la buona qualità dei capi aiuta molto. Per una donna dinamica, presa da mille impegni tra famiglia e lavoro, ad esempio, il cappotto deve essere sì caldo, ma così leg-gero e comodo da non doverselo togliere per guidare. Molte giornate delle donne sono una continua corsa e l’abito per loro deve essere un alleato e non un ostacolo.

In conclusione: qual è la ricetta per creare un proprio stile?La vera eleganza è innata, è una proiezione di quello che sei, di qualcosa che da dentro viene fuori. Se si fa la prova a far indossare lo stesso abito a cinque amiche si vedrà che ognuna lo indossa in un modo molto diverso. Per creare il proprio stile bi-sogna prima di tutto conoscere se stesse. L’abbigliamento, infatti, è espressione della personalità. Bisogna sapere chi si è e dove si vuole andare. Aggiungendo a questo un pizzico di creatività si possono trovare molti stimoli ovunque. Poi, in maniera intelligente, ogni donna deve valorizzare quelli che sono i suoi aspetti più belli.

Paola Frani inizia a disegnare abiti femminili in età giovanissima. È nata e vive nella terra della “dolce vita” di Fellini, la Romagna, dove esistono forti tradizioni imprenditoriali unite ad una energica vivacità culturale. Le sue collezioni sono ricche di citazioni, dal cinema all’arte contemporanea.Schifano, Schnabel, il futurismo e la Pop Art sono alcuni esempi ricorren-ti. Personalità e una forte identità segnano il lavoro di questa stilista, che si distingue nel Made in Italy per l’originalità lontana dai luoghi comuni e senza l’omologazione che spesso caratterizza i grandi gruppi della moda.

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VIALE CARDUCCI 123, CESENATICO (FC) | TEL. 0547 672635 | [email protected]

CORSO DELLA REpUbbLICA 51, FORLÌ | TEL. 0543 29626 | www.mARIELOUISEmODA.IT

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