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Titolooriginale:TheSecretGardenTraduzionediRiccardoReim

Primaedizioneebook:gennaio2012©2012NewtonComptoneditoris.r.l.

Roma,Casellapostale6214

ISBN978-88-541-3856-8

www.newtoncompton.comEdizioneelettronicarealizzatadaGagsrl

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FrancesHodgsonBurnett

Ilgiardinosegreto

CuraetraduzionediRiccardoReim

NewtonComptoneditori

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Ilsegretogiardinocheèinnoi

«Potrei...»,esitòMary,«ecco,potreiavereunpezzettinoditerra?».Nellasuaansianonsieraresacontodicomesarebberosuonatestranelesueparole,echenonerano

quellecheavrebbevolutodire.MrCravenparvealquantosorpreso.

«Terra!...»,ripeté.«Cheintendidire?»«Perpiantarcideisemi...pervedervivereecresceredeifiori»,

balbettòMary.

TheSecretGarden,cap.XIINel 1924, poco prima di morire, l’ultrasettantenne scrittrice anglo-americana Frances Eliza

HodgsonBurnett–cheormaidaparecchiannisièdefinitivamentestabilitanegliStatiUniti(dal1905è cittadinaamericana) passando lamaggior parte del temponella sua tenuta diPlandomePark, aManhasset,LongIsland,anorddiNewYorkCity–dichiara:«Seaveteungiardino,aveteunfuturo»,ribadendo ancora una volta, in tal modo, il suo ruolo di “Romantic Lady” amante della natura e“giardiniera appassionata”, la cui vita sembrerebbe essersi perennemente svolta nella fresh air diqualcherosegardencolmodisquisitefragranze,infantasticispaziall’apertoombreggiatidaalberisecolari,supratirigogliosipunteggiatidifiorivariopintiepopolatidadociliegraziosebestiole...Ineffetti,sichiamino,per l’appunto,PlandomePark,oMaythamHall,nelKent(doveFrancesrisiededal1890al1907echefornisceinparteilmodelloperMisselthwaiteManor,lamisteriosa“casadallecento stanze” di The Secret Garden), questi spazi vogliono essere, come giustamente nota CarloPagetti,«versionipersonalidiunEdentrasferitosullaTerra,nonfaciledaraggiungereeancorapiùdifficiledadifenderedalle intrusionidella“realtà”,della soffertaquotidianitàdell’esistenza»1, unprivilegiatohortusconclususriservatoapochissimieletti,unacornicedifiaba(nonèuncasochelaHogdsonBurnettvieneconsiderata,perisuoiromancessentimentali,ancheunadelleiniziatricidellaletteratura rosa) dove creare e alimentare l’affascinante leggenda della scrittrice ricca e famosadeditaallapropriaarteinun’atmosferadisogno,mitizzandosestessafinoasfiorareilridicolo:eccodunque la «Pretty Dearest» dei suoi «adorati e adoranti» figli Vivian e Lionel, ecco la gentile,raffinata, preziosa, elegantissima «Princess of Maytham» (secondo l’ironica e poco benevoladefinizionediHenryJames...)2.

NonvadimenticatocheFrancesHogdsonBurnetttrascorreisuoiprimiannidivitaaCheethamHill,nellaperiferiadellacaoticaManchesterdimetàOttocento,lacuirapidaespansioneindustrialetendeinesorabilmenteafagocitareedistruggerelecampagnecircostanti.Nell’autobiografiaTheOneI Knew the Best of All3, riandando con la memoria alla propria infanzia, l’autrice ricorda contrepidazione il «miracoloso» sbocciare di un «pretty flower» su un davanzale di Islington Square,nonché la gioia provata nel ricevere in regalo dalla nonna un «piccolo libro dei fiori»...: ilgiardinaggio–insiemeeforsepiùdellascrittura,comeosservaancheilfiglioVivian–saràlagrande

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passionediFrances,che, fra l’altro, loconsidereràsempre (secondoun’ideapiuttostodiffusanellasocietàinglesediqueglianni)profondamenteeducativononchéterapeuticosiasulpianofisicochesuquellomentale.

Infatti, The Secret Garden è il racconto del lungo, difficile processo di guarigione dei duegiovanissimi protagonistiMary e Colin, reduci da drammatiche, dolorose vicende familiari che nehanno compromesso in tutti i sensi la salute: una guarigione che avviene, magicamente, proprioall’internodiunhortusconclusus, fra lequattromurachedelineanoiconfinidiunluogoproibitoedimenticato,dicuinessunoosaneppureparlareapertamente.“Guarire”,dunque,riprendereinmanola propria vita e guardare avanti senza timori, concretizzando in solide realtà sogni e aspettative,come per l’appunto la stessa autrice (maestra nel fondere vicende autobiografiche e pulsioniimmaginative) ha saputo fare, e con piena riuscita. Da quando, nel 1865, la famiglia di Frances,ridotta sull’orlo dell’indigenza dalla morte del padre, si trasferisce negli Stati Uniti (vicino aKnoxville,nelTennessee), eccomanifestarsi la sua ferreadeterminazionea raggiungere il successocome scrittrice: dal 1868 comincia regolarmente a pubblicare racconti e scritti vari su giornali erivistecome«Godey’sLady’sBook»,«Scribner’sMonthly»,«Peterson’sLadiesMagazine»,«Harper’sBazaar», riscuotendodasubitonotevoliconsensi.Labimbapienadi sognibeatamente immersanelmondo dei libri (così, almeno, l’autrice si ritrae nell’autobiografia del 1893) si trasformarapidamenteinun’ottimaamministratricedisestessa:unalavoratriceinfaticabile,unadonnaforteevolitiva fuori dagli schemi, che se da un lato aderirà con ostentazione ai più triti stereotipi della“signora romantica”(ad esempio facendosi chiamare con una serie di nomignoli, storpiamenti ediminutivi quanto mai leziosi se non inopportuni: Mammie, Mammiday, Small Princess, Fuffy,Fluffina, Fluffiana...), dall’altro rivelerà, nella vita pubblica come in quella familiare (due voltesposataeduevoltedivorziata,adesempio)uncaratteresorprendentementedecisoeanticonformista...Difatto,tuttiibiografi,acominciaredalfiglioViviannel19274(immortalatodabambinonegliabitidelpiccololordFauntleroyindecinedifotochenesottolineanol’effeminatezzainunaveraorgiadivelluti, merletti e boccoli biondi) mettono in risalto, consapevolmente o no, la sua inquietanteambivalenza,ovveroilfattocheinleifossebenpresenteancheunacomponentetirannicapernondirevessatoria, che proprio Vivian definisce con – ironica? – grazia dolciastra un Imp, ovvero unospiritellomaligno,dispettosoeingovernabile...Eosservandoconunminimodiattenzioneinumerosi“ritratti”diFrancesasuavolta inposadavantiall’obiettivo(sempreabbondantementeritoccati,atestimoniare una inequivocabile, divistica predisposizione al narcisismo), vediamo, nonostante gliatteggiamenti studiati e le attitudini languide e sognanti, una donna decisamente non bella, tozza,dallastrutturamassicciaeilineamentimarcati,checifissaconunosguardopenetranteesornioneinmezzoatroppetrineevelette,quasiavolerdirechenellepaginedellachildren’sliteraturevalgono–eanzi, devono valere – certe regole,ma che nella vita reale le cose vanno, inevitabilmente, inmodoassaidiverso.Forseisuoilettorinonlocapisconotroppobene,maleisì.

TheSecretGardenvienepubblicatoapuntatesu«TheAmericanMagazine»nell’autunnodel1910,peruscirepoi involumenell’estatedell’annosuccessivo,conoscendounbuonsuccesso(destinatoacrescerenotevolmentenelgirodipochissimianni)sianegliStatiUniticheinInghilterra.Ilromanzo,comegiustamenteosservaAliceSebold,sidirebbescritto«conuntempismoassolutamenteperfetto»5,in quanto oltre a divenire in breve tempo uno dei libri preferiti dai bambini, conosce in secondabattuta anche una grandissima diffusione presso i soldati convalescenti dellaGrandeGuerra (nonpochideiquali,delresto,toccavanoastentoidiciassetteoaddiritturaisedicianni)perilmessaggiochecontieneeperilmondodisperanzacheprometteachihabisognodiconfortoedirinnovamento.Nella trama vengono combinati con grande abilità diversi elementi: al solito, palesi riferimentiautobiografici (negli anni in cui era vissuta a Maytham Hall, Frances aveva personalmenteprovvedutoal“restauro”diunanticogiardinoabbandonatorisalentealXVIIIsecolo)nonchérinvii

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allaproduzioneprecedente(MaryLennoxhadiversilatiincomuneconSaraCrewe,laprotagonistadiALittlePrincess),maancheechidiJaneAusten,LouisaMayAlcott,RudyardKipling,diqualcheghoststory(perchéTheSecretGardenè,asuomodo,ancheunastoriadifantasmi)diMarionCrawfordediElizabethGaskell(TheOldNurse’sStoryinparticolare),esoprattuttodiEmilyeCharlotteBrönte...WutheringHeightseJaneEyrecompaionoinfiligranainparecchiepaginedellibro:lapiccolaMaryèbruttinaescorbuticacomel’orfanaJaneEyre,eladimoragentiliziadiMisselthwaiteManordoveècostrettaatrasferirsidopoaverpersoigenitorisitrovanellaselvaggiabrughieradelloYorkshire,ilterritorio delle sorelle Brönte non ancora sfiorato dalla rivoluzione industriale... Se i giardini diMisselthwaite hanno senz’altro per modello quelli di Maytham, la grande, labirintica casa dallemisteriosestanzedisabitate(matenuteinperfettoordine,quasi“bloccate”daunincantesimo)incuiil piccolo, viziatissimoColin vive reclusoaunpassodalla follia, sembra invecederivarepiùdallaThornfield partorita dalla fantasia di “Currer Bell”6, dove come una sorta di sinistro spettroprigionierosiaggiralamogliepazzadeltenebrosoRochesterdicuiapocoapocosiinnamoreràJaneEyre...InTheSecretGardennonsiritrovano,ovviamente,lestregate,allucinateatmosferecreatedallesorelleBrönte: tuttoapparepiù lieve,pennellatocon tintemenocupe,reso inunostilecheevita lebruscheimpennate,disobriaeleganza,piacevolmentepianoediscorsivo.Soprattutto,inognipaginadellibro(chepurenonrifuggemaidaldolore)èall’operaunapotenteenergiarigeneratricecapaceditrasformare insensobenefico lavitadi tutti ipersonaggi (il“giardinosegreto”èanche«lospaziomisterioso incuicidiciamotutto», l’hortusconclusus,per l’appunto,custodedellanostrapartepiùintima, dei nostri sogni: «lì ci sono speranze e attese»)7; una forza che sembra procedere di paripasso,neiventisettecapitoliincuisisviluppailromanzo,conilcorsoarmoniosodellestagioni:dallagelida desolazione dell’inverno al sorprendente risveglio primaverile della natura, dal festosorigoglioestivoallamalinconica,pacatapaceautunnale...

Lanaturarestasempreinprimopiano,scandendo(anchesimbolicamente)lacuriosastoriadiduebambini inizialmente né belli né simpatici che imparano a farsi del bene e a redimersi a vicenda(coinvolgendoanchegliadulti,comeilvecchiogiardiniereBenWeatherstaffeildisgraziatopadrediColin)senzamaiobbedirealleregoleesenza“buonicomportamenti”,bensìfacendosoltantociòchedesiderano, sottraendosial soffocante controllodei“grandi”e contravvenendo, inpratica,aquasitutte le regole pedagogiche dell’epoca che sconsigliavano, ad esempio, un’eccesiva permanenzaall’aria aperta nonché ogni tipo di contatto con gli animali, e ritenevano molto pericolosa lafrequentazionetrabambinidisessodiverso...Eunasortadiincarnazionedellospiritodellanatura,dicui detiene la “magia”, è il terzo protagonista della narrazione, Dickon, il saggio e simpaticocontadinello dello Yorkshire che sembra quasi fatto «di erica, di erba, di foglie»8 e che per primoentra, senza alcuno sforzo, in contatto con le voci, i colori e le creature del “giardino segreto”(nonché con i più riposti pensieri diMary, vale a dire con il suo hortus conclusus), quel luogo disterile dolore che tornerà pian piano alla vita irradiando calore e gioia intorno a sé, tanto da faresclamare all’infelice, ipocondriaco Colin il suo trionfale: «Vivrò a lungo, molto a lungo, persempre!».

RICCARDOREIM

1CarloPagetti,Ungiardinovastocomeilmondo,saggiointroduttivoaFrancesHodgsonBurnett,Ilgiardinosegreto,Einaudi,Torino2010.

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2Henry Jamesnonebbemaiunagrandeopinionedella scrittrice (chepurenutrivaper lui un’ammirazione sconfinata) reputando i suoi librisoltantodei«prodotticommerciali».

3Illibroèdel1893.

4VivianBurnett,The Romantick Lady, Londra 1927. Nel curioso libro di Vivian si fornisce un ritratto assai riduttivo e schematico dellascrittrice,atrattifastidiosamentesdolcinato,finoalridicolo.

5AliceSebold,IntroduzioneaFrancesHodgsonBurnett,Ilgiardinosegreto,Einaudi,Torino2010.

6“CurrerBell”èlopseudonimomaschilesottoilqualeCharlotteBröntepubblicònel1847JaneEyre.

7AntonioFaeti,PostfazioneaFrancesHodgsonBurnett,Ilgiardinosegreto,Rizzoli,Milano2011..

8FrancesHodgsonBurnett,TheSecretGarden,cap.X.

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NotabiograficaFrancesElizaHodgsonBurnettnasce in Inghilterra, aManchester, il24novembre1849emuorea

Plandom (Manhasset, Long Island) il 29 ottobre 1924. Fin da bambina rivelò un grande amore per lalettura, nonché un carattere alquanto indipendente, incline alla fantasticheria e alla solitudine. Subitodopolamortedelpadre,nel1864,lafamiglia,incondizionifinanziariealquantoprecarie,sitrasferiscenegliStatiUniti, aKnoxville,nelTennessee.Lecosepeggioranoulteriormentequando lepromessediaiutodapartedialcuniparentisirivelanoinfondateequandoanchelamadre,nel1870,vieneamancare.È così che la diciottenne Frances, dotata di un carattere alquanto deciso e intraprendente, comincia ascrivere regolarmente, anche per far quadrare il magro bilancio familiare: «Godey’s Lady’s Book»,«Harper’sBazaar»,«Scribner’sMonthly»,«Peterson’sLadies’Magazine»sono le rivistecheospitanocon puntuale regolarità i suoi primi racconti. Nel 1873 si sposa con il dottor Swan M. Burnett diWashingtonD.C.Ilsuoprimoromanzo,ThatLasso’Lowries (ambientatonelLancashire)vedela lucenel1877,conoscendounadiscretaaccoglienza;esconoquindiLindsay’sLucknel1878eHaworth’snel1879.DopoessersitrasferitaconilmaritoaWashingtonD.C.,Frances,infaticabilepubblicaLouisiana(1880), A Fair Barbarian (1881) e Through One Administration (1883), nonché il testo teatraleEsmeralda(1881),scrittoincollaborazioneconWilliamGillette.Nel1886,conLittleLordFauntleroy(apparsol’annoprimaapuntatesullarivistaperbambini«St.Nicholas»)arrivailgrandesuccesso:illibro vende più dimezzomilione di copie in un anno e viene tradotto in dodici lingue.La figura delprotagonistaèmodellatasulsecondofigliodellascrittrice,Vivian,natonel1875(ilprimogenitoLionel,èdel1874,emoriràasolisedicianni).Dal1887FrancescominciaadividerelasuavitaelasuaattivitàprofessionaletragliStatiUnitiel’Inghilterra(dove,dall’estatedel1890,viveaGreatMaythamHall,dicuiritroveremoglisplendidigiardiniinTheSecretGarden),mentrecontinuaascrivereagettocontinuolibriperadultieperbambini:SaraCrewe(1888),TheFortunesofPhilippaFaifax (1888,ilsuosololibroanonaverel’edizioneamericana),ThePrettySisterofJosé(1889),TheDruryLaneBoys’Club(1892), la suaautobiografiaTheOne IKnew theBestofAll (1893),ALadyofQuality (1896)... Nel1898divorziadaSwanBurnett,conservandoperòilcognomepermotiviprofessionali.Nel1900,dopounaconvivenzachenonmancadidestarescandalo,sposailsuobusiness-managerStephenTownsend,dacuidivorzieràsenzatroppirimpiantineppuredueannidopo.Nel1905prendelacittadinanzaamericana,edal1907vaastabilirsinellastupendatenutadiPlandomePark,aLongIsland,tenendountenoredivitacostosissimoestravagante.Sonodiquestianni:InConnectionwith theDeWilloughbyClaim (1899),TheMakingofaMarchioness(1901),ALittlePrincess(versionerivisitaeampliatadelsuoprecedentelavoroSaraCrrewe,1905),QueenSilver-Bell(1906),TheShuttle(1907),TheSecretGarden(cheoggilacriticatendeaconsiderarelasuacosamigliore,1911),TheLostPrince(1915),TheLittleHunchbackZia(1916),TheHeadoftheHouseofCoombe(1922),IntheGarden(postumo,1925).

R.R.

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«Ilgiardinosegreto»:cennobibliografico,lafortunasuglischermieletraduzioniinitaliano

Qualsiasi giudizio si possa esprimere oggi, a circa cento anni di distanza, sull’opera di Frances

HodgsonBurnett (lacui fama rimane legataessenzialmenteallaproduzioneper ilpubblicogiovanile),non si può disconoscere che almeno Little Lord Fauntleroy (1886),A Little Princess (1905) e TheSecretGarden (1910)costituisconoormaiuneccellente, indiscusso tritticodi“classiciper l’infanzia”,verieproprievergreenpresentia livellomondiale in tutte lecollanedelgenere inedizionidi lussoopocket,integralioridotte,illustrateonon,inversioniafumettieacartonianimati,inDVD,oaddiritturaadattati a fotoromanzo e a videogame... Si tratta di titoli amatissimi dai lettori di un intero secolo,periodicamentesaccheggiatidalteatro,dalcinemaedallatelevisionechenerinverdisconolapopolaritàdigenerazioneingenerazione.PerquantoriguardainparticolareTheSecretGarden,ilprimofilmtrattodalromanzoèdel1919,aoperadiGustavvonSeyffertitz,conLilaLeeeSpottiswoodeAitken;nel1949viene realizzata la pellicola di FredM.Wilcox (conMargaretO’Brien eBerthMarshall) e nel 1993quella di Agnieszka Holland (con KateMaberly,Maggie Smith e Heydon Prowse), senz’altro la piùfelice versione del romanzoper il grande schermo.Nel 2000 viene realizzato un sequel del romanzo,Return to the Secret Garden, diretto da Scott Featherstone (conMercedes Kastner e Eleanor Bron),mentrenel2001èlavoltadiBacktotheSecretGardendiMichaelTuchner(filmperlaTV)interpretatoda JoanPlowright eGeorgeBaker.Da segnalare, infine, le versioni televisivedel 1975 (protagonistaSarahHollisAndrews) e del 1987 (protagonistaAlisonDoody), la serie a cartoni animati per laTVMarye ilgiardinodeimisteri prodotta inGiapponenel1991 (teletrasmessa anche in Italiadalle retiMediasetnel1993),ilcartoneanimatoprodottonel1994dallaAnchorBayEntertainmenteilDVDdel2007realizzatodaCharlesRobinsonconlavocenarrantediAnneFlosnik.

Fraleedizioniinlinguaoriginalefornitediapparaticriticifacilmentereperibilioggiincommerciovanno segnalate:The SecretGarden, a cura diDennis Buttus (World’s Classics,OxfordU.P.,Oxford1987);TheSecretGarden,acuradiSandraM.Gilbert,(CentennialEdition,SignetClassics,NewYork2003);TheAnnotatedSecretGarden,acuradiGretchenH.Gerzina(Norton,NewYork2007).

In Italia, il libro più popolare e tradotto di Frances Hodgson Burnett rimane tuttora Little LordFauntleroy,maancheTheSecretGardenhaconosciuto,soprattuttoinannirecenti,unanotevolefortuna.Pubblicatoinvolumenell’estatedel1911,contemporaneamentenegliStatiUniti(Stokes,NewYork)einInghilterra (Heinemann, Londra), esce in Italia appena dieci anni dopo con il titolo Il giardinomisterioso, nella traduzionediMariaEttinger-Fano (Paravia,Torino1921), seguita quasi subito dallatraduzione di Maria Bresciani (Il giardino segreto, Bemporad , Firenze 1926). Nel 1949 apparel’edizionecuratadaMariaSilvi(pseudonimodiMariaSilviaGoering)perlaBaldinieCastoldi(Milano1949), ripropostamoltiannipiù tardidalleEdizioniAccademia(Milano1976).Nel1951sipubblica,coniltitoloIlgiardinoincantato,latraduzionediAdelaideCremoniniOngaro(LaSorgente,Milano),enel 1956, di nuovo con il titolo fedele all’originale Il giardino segreto, quella di Angela Rastelli(Fabbri,Milano1956;successivamenteripropostanellaBURdaRizzoli,Milano2011).Seguono,inannipiù vicini, le traduzioni di Pia Pera (Salani, Firenze 2005), Luca Lamberti (Einaudi, Torino 2010),BeatriceMasini(Fanucci,Roma2010).

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Capitoloprimo.SonoandatituttiviaQuandoMaryMannoxvennespeditaaviverepresso lozioaMisselthwaiteManor, tuttidisserodi

nonaveremaivistounabambinapiùbruttadi lei.Epurtroppoeravero.Avevaunfaccinoscavato,uncorpicino esile, i capelli sottilissimi di un biondo slavato e un’espressione decisamente scostante. Ilcolore giallastro dei capelli era simile a quello del viso, perché era nata in India e in un modo onell’altroerasemprestatamalata.

Suopadreavevaricopertounacaricapiuttostoimportantenelgovernoinglese,eancheluierasemprestato malato e molto occupato; sua madre, invece, una donna assai bella, aveva avuto come unicointeressequellodidivertirsi,andarealle festeestare inallegracompagnia:nonavevamaidesideratoaverebambini,equandoeranataMaryl’avevasubitoaffidataallecurediunaayah,unabaliaindiana,alla quale era stato fatto capire che se non voleva contrariare laMem Sahib – ovvero la padrona –avrebbe dovuto fare inmodo che la piccola restasse il più possibile lontano dalla sua vista.Così, labrutta neonata piagnucolosa emalaticcia venne tenuta alla larga dallamadre, e lamedesima sorte eratoccatainseguitoallabimbettacapricciosachemuovevaiprimipassi.

Marynonricordavadiaveremaivistoaltrivisifamiliarioltreaquelloscurodellasuaayahedeglialtriservitori indiani;edalmomentochecostoroleobbedivanointuttoepertuttodandoglielasemprevinta (perché altrimenti, disturbatadai capricci, laMemSahib avrebbepotuto arrabbiarsi), a sei anniappenaMaryeragiàlabambinapiùdispoticaedegoistachesipossaimmaginare.Lagiovaneistitutriceinglesevenutaperinsegnarlealeggereescriverelapresetalmenteinantipatiadarinunciareall’incaricodopoappenatremesi;elealtreistitutricichearrivaronoinseguitoresistetteroancorameno.Così,senonavesse desiderato davvero moltissimo imparare a leggere i libri, Mary non avrebbe mai appresol’alfabeto.

Unamattinatremendamentetorrida,quandoavevaappenanoveanni,sisvegliòdipessimoumore,esiarrabbiòancoradipiùquandosiaccorsechelacamerierachestavaaccantoalsuolettononeralasolitaayah.

«Checifaituqui?»,disseallasconosciuta.«Vatteneemandamisubitolamiaayah!».Ladonna la guardò con aria spaventata, balbettando che la suaayah non poteva venire; e quando

Marysimiseafarelebizzetempestandoladipugniedicalci,sispaventòancoradipiù,maripetéchel’ayahnonpotevaveniredaMissieSahib.

C’era qualchemistero nell’aria, quellamattina: nulla si svolgeva come al solito, molti domesticisembravano spariti dalla circolazione e quei pochi cheMary riusciva a intravedere sgusciavano viafurtivi e correvano qua e là con la faccia sgomenta.Ma nessuno le diceva niente, e la suaayah nonveniva.Rimasedasolapertuttalamattina,cosìallafineseneandòagiocareingiardino,sottounalberovicinoallaveranda.Fecefintadicostruireun’aiuola,epiantòalcunigrossiboccioliscarlattidi ibiscosopradeimucchiettiditerra.Maintantolacolleralemontavadentro,erimuginavafrasétutteleparoleegliinsulticheavrebbedettoaSaidienonappenasarebbetornata.

«Maiale!Maialefigliadimaiali!»,diceva,perchédaredelmaialeaunindigenoerailpeggioredegliinsulti.

Digrignava identienonfacevacheripeterequelleparole,quandovidecompariresuamadresullaveranda,accompagnatadaungiovaneconilqualeparlottavaabassavoce.Maryconoscevaquelragazzo,avevasentitodirecheeraunufficialeappenagiuntodall’Inghilterra.Labambinalofissò,maancorapiù

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a lungofissòsuamadre.La fissavaognivoltacheneaveva l’occasione,perché laMemSahib (ancheMary la chiamava spessissimo in quel modo) era alta, slanciata, bella e indossava sempre abitimeravigliosi.Isuoicapellisembravanoseta,avevaunnasinodelicatochesembravadisprezzaretuttoetuttieduegrandiocchiridenti.Tuttiisuoiabitieranoleggerievaporosi,eMarydicevache«eranopienidi trine».Quellamattina il suoabitosembravaaverepiù trinechemai,magliocchinoneranoaffattoridenti.Eranosgranati,impauritieguardavanoimplorantiilvisodelgiovaneufficiale.

Maryudìchediceva:«Davveroècosìterribile?Nesietepropriocerto?...»«Sì,nonpotete immaginarequanto,MrsLennoxAvrestedovuto rifugiarvi sullecollinealmenodue

settimanefa».LaMenSahibsitorcevanervosamentelemani.«Losocheavreidovuto!»,esclamò.«Einvecesonorimastaperviadiquellastupidafesta.Misono

comportatacomeun’incosciente».Inquelprecisomomento,dallestanzedellaservitùsi levòunpiantotalmenteaccoratochelaMem

Sahibsiaggrappòalbracciodelgiovane,mentreMarysentivaunbrividopercorrerladacapoapiedi.Ilpiantosifacevasemprepiùdisperato.

«Chesuccede?Chesuccede?»,chieseansiosamenteMrsLennox.«Èmortoqualcuno»,risposeilgiovaneufficiale.«Nonmiavevatedettocheerascoppiatoanchefra

laservitùdicasa».«Nonlosapevo!»,gemettelaMemSahib.«Veniteconme!Venite!».Sivoltòecorseincasa.I fatticheaccadderodopofuronoorribili,eprestoaMarysichiarì ilmisterodiquellamattina. Il

colera era scoppiato nella sua formapiù violenta, e le personemorivano comemosche.Anche la suaayahsieraammalatadurantelanotte,eoraidomesticipiangevanoperchéeraappenamorta.L’indomani,nemorironoancoratre,mentreglialtriscapparonoviaterrorizzati.Dappertuttosidiffondevailpanico;inognibungalowc’eraqualcunochemoriva.

Nella confusione e nello sbigottimento del giorno seguente, Mary si nascose in camera sua, e fudimenticatadatutti.Nessunopensavaalei,nessunosioccupavadilei,mentreaccadevanostranifattidicuileinonsapevanulla.Lapiccolatrascorseleoreunpo’piangendoeunpo’dormendo.Sapevasoltantoche la gente si ammalava,mentre rumori sconosciuti e spaventosi giungevano fino a lei.Una volta siintrufolònella sala dapranzo,ma la trovòvuota: sulla tavola restavano ancoragli avanzi di unpastoconsumatoametà,esedieepiattisembravanoesserestatiscostatiinfrettaefuriacomeseicommensalisifosserodovutialzareinpiediperqualchemisteriosomotivo.Marysbocconcellòdellafruttaequalchebiscotto,epoichéavevasete,bevveunbicchieredivinocolmofinoall’orlo.Eradolce,quelvino,maeraancheparecchioforte.Benprestosisentìtuttastordita:tornòincamerasuaecisirinchiusedentro,spaventata dalle urla che provenivano dalle baracche dei servi e dal trambusto delle persone chefuggivano.L’effettodelvinoeracosìfortecheamalapenariuscivaateneregliocchiaperti:sisdraiòsullettoeperlungotempononsiresecontopiùdinulla.

Accaddero parecchie cose durante le ore in cui dormì di un sonno talmente profondo che nonriuscironoaturbarlonéipiantinéilfracassodeivarioggettichevenivanotrasportatiinfrettadentroefuoridaivaribungalow.

Quandosisvegliò,rimasesdraiatasullettoafissarelaparete.Lacasaeraimmersainunprofondosilenzio.Nessunoavrebbemaiimmaginatounsilenziodelgenere.Nonsiudivanovoci,nonsiudivanopassi.AlloraMarysidissecheforsetuttieranoguaritidalcolera,eogniguaioerafinito.Poisichiesechisisarebbepresocuradilei,dalmomentochelasuaayaheramorta.Disicuro,sarebbearrivataunanuovaayah, che magari le avrebbe narrato delle nuove storie. A dire il vero, quelle vecchie storiel’avevanounpo’stufata.Nonpianseperlamortedellasuabalia.Noneraunabambinaaffettuosaenonleeramai importatodinessuno. Il chiasso, il trambusto, i pianti l’avevano spaventata, edera arrabbiataperchénessunosembravaricordarsidilei.Eranotuttitroppoinpredaalpanicoperpreoccuparsidiuna

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ragazzina che non stava simpatica a nessuno. A quanto pareva, quando la gente prendeva il colerapensavasoltantoasestessa.Adessoperòeranotuttiguariti:dicertoqualcunosisarebberammentatodileiesarebbevenutoacercarla.

Invecenonsivedevanessuno,ementreleisenestavalìadaspettarelacasasembravafarsisemprepiùsilenziosa.D’untratto,udìunleggerofruscio:guardòevideunserpentellochestrisciavasullastuoia,scrutandolaconocchisimiliapietrepreziose.Nonebbepaura:sitrattavadiunanimalettoinnocuochenonleavrebbefattoalcunmale,epoisembravacheavessefrettadiusciredallastanza.Infatti,mentreMaryloguardava,ilserpentellosgusciòvelocementesottolaporta.

«Chestranosilenzio»,pensò.«Ècomeseneibungalownonci fossepiùnessuno, trannemeequelpiccoloserpente».

Pocodopo,però,udìdeipassinelgiardinoepoisullaveranda.Eranopassimaschili:degliuominierano entrati in casa e stano parlando a bassa voce. Nessuno andò a riceverli, nessuno li chiamò.Sembrava,anzi,cheaprisseroleporteeguardasseronellestanze.

«Che desolazione!», esclamò una voce. «Quella donna così bella!... Insieme alla bambina,immagino...Sì,hosentitodirechec’eraunabambina,anchesenonl’hamaivistanessuno...».

Maryera inpiedialcentrodellastanzaquandopochiminutidopoalcuniuominiaprironolaporta.Cominciavaadarrabbiarsi,perchéavevafameesisentiva terribilmente trascurata.PerprimoentròunufficialerobustocheMaryavevavistotalvoltaparlareconsuopadre.Apparivastancoepreoccupato,maquandolavidefutalelasuasorpresachefecequasiunbalzoall’indietro.

«Barney!»,gridò.«Quic’èunabambina.Unabambinatuttasola!Inunpostodelgenere!...Perl’amordelcielo,chipuòessere?»

«SonoMaryLennox»,disselaragazzinaassumendounatteggiamentoalquantofieroepensandochequell’uomoeraungranmaleducatoachiamare“unpostodelgenere”ilbungalowdisuopadre.«Misonoaddormentataquandotuttiavevanoilcoleraemisonosvegliatapocofa.Perchénonvienenessuno?»

«Èquellabambinachenessunohamaivisto!», esclamò l’uomo rivolgendosi al compagno.«Senesonoaddiritturadimenticati!»

«Comemaisisonodimenticatidime?»,chieseMarybattendoconrabbiaunpiedeinterra.«Perchénonvienenessuno?».

Ilgiovane(cherispondevaalnomediBarney)laguardòcontristezzainfinita.AMaryparveperfinochesbatteselepalpebre,comeperscacciarelelacrime.

«Poverapiccola!»,disse.«Nonc’èpiùnessunochepossavenire».FuinquelmodostranoeimprovvisocheMaryvenneasaperechenonavevapiùnépadrenémadre;

cheeranomortiederanostatiportativiadurantelanottementreipochidomesticiindianisopravvissutiavevanoabbandonatolacasailpiùprestopossibilesenzacheneppureunodilorosifosselontanamentericordatodell’esistenzadiunaMissieSahib.Eccoperchétuttoeracosìsilenzioso.Erapropriolaverità:tranneleiequelpiccoloserpentellostrisciante,lìdentrononerarimastopiùnessuno.

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Capitolosecondo.PiccolaMary,bruttipensieriAMary era sempre piaciutomolto guardare suamadre da lontano, e la ritenevamolto bella,ma,

poichésapevabenpocodilei,noncisipotevaaspettarechel’amasseonesentisseparticolarmentelamancanza.Anzi,adireilverononlemancavaaffatto.Avevasemprepensatosoltantoasestessa,easestessacontinuòapensarecomealsolito.Seavesseavutoqualcheannodipiù,l’ideadiessererimastasola al mondo l’avrebbe di certo spaventata; ma era molto piccola, e siccome c’era sempre statoqualcunoaprendersicuradilei,immaginavacheancheinfuturolecoseavrebberocontinuatoadandarecosì. Le sarebbe soltanto piaciuto sapere se sarebbe stata affidata a persone gentili che le avrebberolasciatofaretuttoquellochevolevacomeerasempreaccadutoconlasuaayahetuttiglialtridomestici.

Sapeva che non sarebbe restata nella casa del pastore anglicano, dove l’avevano sistemataprovvisoriamente,névolevarestarci.Ilpastoreerapiuttostopovero,eavevacinquebambiniall’incircadellasuaetàmalvestitie litigiosichesistrappavanocontinuamente igiocattolidimanourlando.Maryodiava il loro bungalow disordinato, e si rese subito talmente antipatica che dopo appena un giornonessunodeiragazzivolevagiocareconlei.Ilsecondogiorno,poi,leappiopparonounsoprannomechelaresefuribonda.

FuBasilainventarequelsoprannome.Basileraunragazzettodall’ariainsolente,dagliocchiazzurrieilnasoall’insù,eMarylodetestavacontuttoilcuore.Erasuccessomentresenestavasottounalbero,giocandoda sola, proprio come il giorno che era scoppiato il colera.Mentre lei facevamucchietti diterra e costruiva sentieri per un giardino immaginario, era arrivato Basil ed era rimasto lì vicino aosservarla.Auncertopuntoavevacominciatoainteressarsialsuogioco,eimprovvisamentevolledarleunsuggerimento.

«Perchénonmettilìunmacchiettinodipietre,comequellideigiardinirocciosi?...Propriolaggiùinmezzo»,disse,esichinòperindicarleilpunto.

«Vattenevia!»,strillòMary.«Nonvoglioragazzitraipiedi!Vattene!».PerunattimoBasilcirestòmale,poisimiseapigliarlaingiro.Delresto,pigliavasempreingiro

anchelesuesorelle.Cominciòaballarleintornofacendolesmorfie,mentreridevaecantava:PiccolaMary,bruttipensieri,comevieneiltuogiardino?Campanuled’argento,ribesnerietantesiepidibiancospino.Andòavanticosìsenzasmetterefinchéglialtribambininonlosentironoesimiseroacantarepure

loro. E piùMary si arrabbiava, più quelli cantavanoPiccolaMary, brutti pensieri. Da quel giorno,finchérimaseincasalorocontinuaronoachiamarla“Marybruttipensieri”,siaparlandofradiloro,siarivolgendosialei.

UngiornoBasilledisse:«Traunasettimanatispedirannoacasatua.Enoisiamopropriocontenti».«Sonocontentamoltopiùdivoi»,risposeMary.«Madovestacasamia?»«Nonsadovestacasasua!...»,esclamòBasilcontuttoloschernodeisuoisetteanni.«InInghilterra,

naturalmente.Anchelanostranonnavivelì,el’annoscorsonostrasorellaMabelèandatadalei.Matunon andrai dalla nonna, perché tua nonna non c’è più. Andrai da un tuo zio che si chiama Mister

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ArchibaldCraven».«Maisentito»,replicòMarysgarbatamente.«Loso»,proseguìBasil.«Tunonsainiente.Lebambinenonsannomainiente.Hosentitomiopadree

miamadrecheparlavanodilui.Abitaincampagna,inun’enorme,vecchiacasasolitariadovenessunovamaiatrovarlo.Hauncaratterecosìscorbuticochenonvuolevederenessuno.Epoiègobboeorribile».

«Nonticredo»,disseMary;eglivoltòlespalletappandosileorecchiepernonascoltarlopiù.Piùtardiripensoparecchioaquelleparole,equellasera,quandoMrsCrawfordleannunciòchedilì

apochigiornisisarebbeimbarcataperl’Inghilterraeraggiungerelìsuozio,MisterArchibaldCraven,che viveva a Misselthwaite Manor, assunse un’espressione talmente impassibile e indifferente chenessunoseppepiùcosapensaredilei.Cercaronodiesseregentili,manonappenaMrsCrawfordtentòdidarleunbacio, leisigiròdall’altraparte;equandoMisterCrawford leposòunamanosullaspallasiirrigidì.

«Èunabambinascialbaeviziata»,dissepoiMrsCrawfordcompatendola.«Epensarechesuamadreeraunadonnatantobellaegentile,mentreMaryèdavveroodiosa.Ibambinilachiamano“Marybruttipensieri”.Èsenzadubbiounacattiveriadaparteloro,madevodirechelicapisco».

«Sesuamadre le fossestataunpo’vicinacon il suoaffettoe il suoesempio, forseMaryavrebbeimparatoaesseregentile.Èmoltotristerendersiconto,adessochelapoverasignoraèmorta,chetantagentenonhamainemmenosaputocheavesseunafiglia».

«Credochenonsisiamaipresacuradilei»,sospiròMrsCrawford.«Unavoltamortalasuabalia,nonèrimastonessunoaoccuparsidellapiccina.Idomesticisonoscappativiael’annolasciatatuttasolainquel bungalowabbandonatoda tutti. Il colonnelloMcGrewdice chenon riusciva a credere ai suoiocchiquandohaapertolaportael’hatrovatasolainmezzoallastanza».

Durante il lungo viaggio per l’Inghilterra Mary venne affidata alla moglie di un ufficiale cheaccompagnavai figli incollegio.Lasignoraavevagiàmoltodafareconisuoibambini,eunavoltaaLondrafubencontentadiconsegnarelaragazzinaalladonnacheMrArchibaldCravenavevamandatoappositamente. La donna in questione era la governante di Misselthwaite Manor, e si chiamavaMrsMedlock.Erarobusta,con leguancerosseeunpaiodiocchineriassaipenetranti. Indossavaunabitocolor rosaacceso,unamantelladisetaneradalle frange lucideeunacuffianeradecorataconfioridivellutoviolaceicheoscillavanoognivoltachemuovevalatesta.AMarynonpiacqueaffatto,masiccomenonlepiacevamainessuno,lacosaeradeltuttonormale.Fuprestoevidente,d’altraparte,chenemmenoMrsMedlockeratroppoentusiastadilei.

«Parolamia,èdavverounacosetta insignificante!»,esclamò.«Eppurediconochesuamadre fosseunagrandebellezza.Be’,nonsipuòcertodirechelesomigli,dicobene,signora?»

«Puòdarsichecrescendomigliori»,risposelamogliedell’ufficialecheavevaunanimoabbastanzagentile. «Se non fosse così smunta e gialla e avesse un’espressionemeno scontrosa, i suoi lineamentipotrebberoesseregraziosi...Epoi,ibambinicambianomoltissimo».

«Civorrebbepropriouna trasformazione radicale», concluseMrsMedlockalquanto scettica.«EaMisselthwaiteManornonc’ènullachepossafarmigliorareunbambino!».

Credevano che Mary non stesse ascoltando, dal momento che se ne stava discosta da loro, allafinestradella locandadoveavevanofattososta.Guardavailpassaggiodegliomnibus,dellecarrozzeedellagente,maaltempostessoascoltavatutto,curiosadiapprenderequalcosasulcontodellozioedellacasadoveavrebbevissuto.Cherazzadipostoeraquellacasa?Eloziocom’era?Checos’eraungobbo?Nonneavevamaivisti.ForseinIndianoncen’erano.

Daquandosieratrovataavivereincasad’altriesenzanessunaayah,avevacominciatoasentirsipiuttosto sola e ad avere strani pensieri, affatto nuovi per lei. Si chiedeva comemai le fosse sempreparsodinonappartenereanessuno,anchequandosuopadreesuamadreeranoancoravivi.Tuttiglialtribambiniavevanodeigenitoriaiqualiappartenevano,maleinonavevamaiavutolasensazionediessere

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labambinadiqualcuno.Avevaavutodomestici,cibo,vestiti,manessunoavevamaifattocasoalei.Nonsapevacheciòeradovutoalfattochesirendevasgradevoleatutti:lecapitavaspessodipensarecosìdeglialtri,maignoravadiesserloleistessa.

MarydecisecheMrsMedlockfosselapersonapiùsgradevolecheavessemaiincontrato,conquellasuarubicondafacciaordinariaelasuadozzinalecuffiaconpretesedieleganza.Cosìilgiornoappresso,quando partirono per lo Yorkshire, attraversò la stazione col naso in aria, cercando di tenersi il piùlontanopossibiledalladonnapernonaverel’ariadiesseresuafiglia.Lesarebbeseccatoenormementesequalcunoavessepensatounacosadelgenere.

MrsMedlok, invece, non si preoccupavaminimamente di lei e dei suoi pensieri.Era quel tipo didonna che “non dava alcun peso alle sciocchezze dei ragazzini”. Sono proprio queste le parole cheavrebberispostoaunarichiestasimile.NonsierarecataaLondravolentierinemmenoperilmatrimoniodella figliadisuasorella,ma ilpostodigovernanteaMisselthwaiteeracomodoebenretribuito,e ilsolomododi tenerselo stretto era fare senzadiscussioni ciò cheMrArchibaldCraven leordinavadifare.Nonavevamaiosatoneppureporreunadomanda.

«Il capitano Lennox e sua moglie sono morti di colera», le aveva annunciatoMr Craven in tonofreddoesbrigativo.«Ilcapitanoerafratellodimiamoglieeiosonoiltutoredisuafiglia.Labambinadev’essereportataqui.AndateaLondraaprenderla».

Così,MrsMedlockavevapreparatolasuaborsadaviaggioederapartita.Mary se ne stava seduta in un angolo dello scompartimento, imbronciata e di cattivo umore. Non

avevanulladaleggereodaguardare,etenevaconserteingremboleossutemanineguantatedinero.Ilvestitino nero e i sottili capelli slavati che sbucavano da sotto il cappellino la facevano apparire piùgiallastradelsolito.

“Maivistainvitamiaunaragazzinadall’ariapiùviziataeodiosa”,pensavaMrsMedlock.“Eccolachesenerestalà,così,immobile,senzafareniente”.Allafine,stufadiguardarla,cominciòaparlareintonodecisoevivace:

«Immaginochevipiacerebbesaperequalcosasulluogodovesiamodirette»,disse.«Sapetenulladivostrozio?»

«No»,risposeMary.«Possibilechenonabbiatemaisentitovostropadreovostramadreparlaredilui?»«No»,ripetéMarysemprepiùimbronciata.Facevacosìperchésieraresacontochesuopadreesua

madrenon leavevanomaiparlatodinienteedinessunoinparticolare.Anzi, inrealtànon leavevanoquasimairivoltolaparola.

«Uhm»,borbottòMrsMedlockfissandoquellostranofaccinoapatico.Tacqueperqualcheistante,poiriprese:

«Be’, tanto vale che vi dica qualcosa io, tanto per prepararvi. Misselthwaite Manor è un postostrano».

Marynon fece alcuncommento, eMrsMedlockparve sconcertatadalla sua indifferenza,madopoaverpresofiatocontinuò:

«Èunpostoasuomodograndioso,anchesetetro,eMrCravenasuomodonevafiero...Lacasahacircaseicentoanni,esitrovaalmarginedellabrughiera.Haquasicentostanze,ancheselamaggiorpartesonochiuseachiave.Cisonoquadri,parecchibeimobiliantichiealtrecosechesitrovanolìdasecoli...Intorno c’è un grande parco, e giardini, e tanti alberi con i rami che si piegano fino a terra, alcuni,almeno...». Si interruppe di nuovo per riprendere ancora fiato. «Ma non c’è niente altro», conclusebruscamente.

Mary,suomalgrado,avevacominciatoadascoltarla.Sem-brava tuttocosìdiversodall’India,e lenovità la interessavano. Ma non voleva mostrarsi incuriosita: era uno dei suoi tanti lati antipatici escostanti.Cosìsenerimaseimmobileesilenziosa.

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«Allora,chevenepare?»,chieseMrsMedlock.«Niente»,risposelabambina.«Nonsonientedipostidelgenere».QuesteparolestrapparonoaMrsMedlockunarisatinasoffocata.«Ehvia!»,disse.«Sembrateunavecchietta.Davverononsieteunpo’curiosa?»«Curiosaono,questononcambiaaffattolecose»,replicòMary.«Suquestopuntoavete ragione», replicòMrsMedlock.«Noncambiaproprionulla. Ionon soper

qualemotivodobbiaterestareaMisselthwaiteManor.Forseperchéèlasoluzionepiùsemplice.Luinonvorràavereneppureunfastidiopercausavostra.Nonsiinteressamaidinessuno».

Dinuovotacquedicolpo,quasisifossericordataall’improvvisodiunacosa.«Haunagobba,qui,sullaschiena,sapete?»,disse.«Questacosagliharesoamaralavita.Dagiovane

eraarcigno, enonèmai riuscitoa concluderenientedibuonocon il suodenaroe la suagrandecasafinchénonsièsposato».

Mary volse gli occhi verso di lei, nonostante fosse fermamente intenzionata a nonmostrare alcuninteresse. Non aveva pensato che i gobbi potessero sposarsi, e questa notizia la sorprendeva. MrsMedlock se ne accorse, e poiché le piaceva chiacchierare, continuò con fogamaggiore. Era unmodocomeunaltrodiammazzareiltempo.

«Lamoglieeraunadonnatantodolceegraziosa,eluisarebbeandatoincapoalmondoperprenderleunfilod’erba...Nessunocredevacheloavrebbesposato,mainvecelosposò,elagentepreseadirecheloavevafattoperinteresse.Manoneravero,no,noneraaffattovero,dovetecredermi.Quandomorì...».

Maryebbeunleggerosussulto.«Oh,èmorta!...»,esclamòquasisenzavolere.Leeraappenatornatainmenteunafiabafranceseche

aveva letto in un libro: era intitolataCiuffettino, e parlava proprio di un gobbo e di una bellissimaprincipessa.QuestoricordolefeceimprovvisamentecompatireMrArchibaldCraven.

«Sì,èmorta»,risposeMrsMedlock,«eciòloharesopiùstranochemai.Sembrachenongliimportidinulla,rifiutadivederegente.Èquasisemprevia,equandovieneaMisselthwaitesichiudenell’alaoccidentaleenonlasciaavvicinarenessuno,aeccezionediPitcher.Pitcherèunvecchiodomesticochesioccupadiluidaquandoerabambino,esaperqualeversopigliarlo».

Tuttalastoriasuonavacomeunraccontopresodaunlibro,enonrallegròaffattoMary.Unacasadicento stanze quasi tutte chiuse a chiave, una casa aimargini della brughiera (qualunque cosa fosse labrughiera) sembravadavvero spaventosa...Eunuomo,gobbopergiunta, che si rinchiudeva lì dentro!Strinse le labbra e prese a guardare fuori del finestrino: le parve quasi naturale che la pioggiacominciasseascrosciareingrigitrattiobliqui,schizzandoescivolandolungoivetri.Selabellamogliefosse stata viva, avrebbe potuto rendere tutto più allegro,magari comportandosi come la suamamma,correndodentroefuorierecandosiallefestecongliabiti“pieniditrine”...Manonc’erapiù.

«Nonaspettatevidi incontrarlo,perchéscommettodieciaunochenemmenolovedrete»,soggiunseMrsMedlock.«Enonaspettateviditrovaregenteconcuiparlare.Dovretegiocaredasolaeimparareabadareavoistessa.Visaràspiegatoinqualistanzeandareeinqualinondovretemetterepiede.Cisonotantigiardini.Maquandostareteincasaevitatediandareaficcareilnasodiquaedilà.ÈunacosacheaMrCravennonpiaceaffatto».

«Io nonvado a ficcare il naso da nessuna parte», rispose la piccolaMary, acida; e proprio comeaveva cominciato improvvisamente a compatire Mr Archibal Craven, altrettanto improvvisamentecominciòepensarechedovevaessereabbastanzaantipaticodameritarsituttociòcheglieracapitato.

Aquelpuntogiròlafacciaversoilfinestrinosulqualescivolavalapioggiachevenivagiùadirotto,quasinondovessemaipiùsmettere.Rimaseafissarlaalungo,coninsistenza,finchéneisuoiocchiquelgrigioresifecesemprepiùpesanteesiaddormentò.

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Capitoloterzo.AttraversolabrughieraDormì a lungo, e al risveglio si accorse cheMrsMedlock aveva acquistato a una delle soste un

cestinodaviaggio.Mangiaronodelpollo,unpo’dimanzofreddo,paneeburro,bevendotècaldo.La pioggia scrosciava sempre più fitta, e alla stazione tutti indossavano impermeabili bagnati e

luccicanti.IlcapotrenoacceselelampadedellavetturaeMrsMedlockdivennediottimoumoregraziealtè,alpolloealmanzo.Mangiòcongrandeappetitoesubitodoposiaddormentò,mentreMary,sedutadifronte, rimase a guardarla finché non vide la cuffia con i fiocchi scivolare giù da una parte; poi siaddormentòleipurenelsuoangolino,cullatadallapioggiachebattevacontroifinestrini.

Era molto buio quando si risvegliò. Il treno era fermo a una stazione e Mrs Medlock la stavascuotendo.

«Chedormita avete fatto!»,disse.«Èoradi apriregli occhi.Siamoalla stazionediThwaite, e ciaspettaancoraunalungascarrozzata».

Marysialzòsforzandosiditeneregliocchiaperti,mentreMrsMedlocksioccupavadeibagagli.Nonle venne neppure in mente di aiutarla, perché in India erano sempre i servi indigeni a raccogliere etrasportarepacchievaligie.Lesembravaquindideltuttonormalecheglialtrilaservissero.

Lastazioneeramoltopiccola,enessunaltroscesedaltrenoinsiemealoro.Ilcapostazionesirivolsea Mrs Medlock con grossolana cordialità, alla buona, pronunciando le parole in modo curioso,allargandolevocali:cosache,comeMaryscoprìinseguito,eracaratteristicadelloYorkshire.

«Eccovitornata»,disse.«Evedochevisieteportatadietrolabambina».«Già, è proprio lei», rispose Mrs Medlock parlando anche lei con l’accento dello Yorkshire e

indicandoMaryconuncennodelcapo.«Evostramogliecomesta?»«Abbastanzabene.Lacarrozzaègiàfuoricheviaspetta».Una carrozza chiusa si trovava infatti sulla strada, davanti allo stretto marciapiede esterno della

stazione.Marynotòcheeraelegante, e altrettantoelegante ilvallettoche l’aiutòa salire. Il suo lungomantello impermeabile e il cappuccio erano lucenti e sgocciolanti di pioggia come ogni altra cosaall’intorno,compresoilcorpulentocapostazione.

Quandoebberichiusolosportello,ilvallettomontòacassettaconilcocchiereelacarrozzapartì.Labambina si ritrovò comodamente seduta in un angolo imbottito.Manon le tornò la voglia di dormire.Guardavafuoridelfinestrino,curiosadivederelastradachedovevacondurlaallostranopostodicuiMrs Medlock le aveva parlato. Mary non era affatto timida e non era paurosa, tuttavia aveval’impressionechepotesseaccaderequalunquecosainunacasadicircacentostanze,quasituttechiuse;unacasavicinaallabrughiera,perdipiù.

«Checos’èunabrughiera?»,domandòdipuntoinbiancoaMrsMedlock.«Fraunadecinadiminutiguardate fuoridel finestrinoe losaprete», rispose ladonna.«Dobbiamo

percorrerecinquemigliaattraversolabrughieradiMissel,primadiarrivare.Nonvedretemoltoperchéèunanottepiuttostoscura,mavifareteun’idea».

Marytacqueerestòinattesanelsuoangolo,tenendogliocchifissisulfinestrino.Lelanternedellacarrozza mandavano sprazzi di luce sul tratto di strada davanti a loro, che permettevano di coglierealcunebreviefuggevolivisionidelpercorso.Dopoaverelasciatolastazione,avevanoattraversatounminuscolovillaggioconalcunecasupolebiancheelelucidiun’osteria.Poieranopassatidavantiaunachiesa,aunacanonica,quindiallapiccolavetrinadiunnegoziooqualcosadelgenerepienadigiocattoli,

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dolciealtrecianfrusaglie.Eranopoiarrivatisullastradamaestra,elìMaryavevavistosiepiealberi.Dopo,ebbel’impressionecheperunlungotrattononcifossenientedidiverso,oalmenocosìparvealei.

Allafineicavallipreseroarallentareilpasso,comesestesseroprocedendoinsalita,einquelpuntolesembròchenoncifosseronésiepinéalberi.Erabuiofittosuentrambiilatidellastrada.Sisporseinavanti e premette il viso contro il finestrino proprio nell’istante in cui la carrozza fece un bruscosobbalzo.

«Eh»,disseMrsMedlock,«adessosìchesiamodavveroinmezzoallabrughiera!».Le lanterne della carrozza spandevano una luce giallognola su una strada dissestata che sembrava

tagliatainmezzoaicespuglieaglialberellinanicheognitantosiintravedevanonellagrandedistesaditenebre che li circondava. Intanto si era levato il vento,mandando uno strano suono selvaggio, cupo,violento.

«Èilmare,vero?»,chieseMaryallasuacompagnadiviaggio.«Nonèilmare,no»,risposeMrsMedlock.«Nonèilmare,enonsononemmenocampi,eneppure

montagne.Sonomigliaemigliaeancoramigliaditerrabrullaeselvaggiadovenoncrescenulla,trannel’erica,laginestraeilcitiso,edovenonvivenessuno,aeccezionedellepecoreedeicavalliallostatobrado».

«Potrebbeessereilmare,sesolocifossel’acqua»,insistéMary.«Nonvisembraproprioadessodisentireilrumoredelmare?»

«È il vento che fischia tra i cespugli», replicò Mrs Medlock. «Per me la brughiera è un postoselvaggioetriste,ancheseamoltipiace,soprattuttoquandol’ericaèinfiore».

Continuarono ad avanzare nell’oscurità, e sebbene non piovesse più, il vento soffiava impetuoso,emettendostranisuoni.Lastradasalivaescendeva,epiùvoltelacarrozzaattraversòpiccolipontisottocui scorrevano acque rapide e fragorose. A Mary sembrò che quel viaggio non finisse mai, e chel’immensa, desolata brughiera altro non fosse che un oceano di acqua nera che stavano attraversandosopraunastrisciaditerraferma.

«Nonmipiace,nonmipiaceaffatto»,dissefrasé,estrinselelabbrarendendoleancorapiùsottili.Icavalliiniziaronoasalireilripidoversantediunacollina,quandoMaryscorsed’untrattounaluce.

AncheMrsMedlocklavide,edemiseunsospirodisollievo.«Sonodavverocontentadivederfinalmentebrillarequellapiccolaluce!»,esclamò.«Èlafinestradel

custode.Frapoco,grazieaDio,potremobereunabuonatazzaditè».Quel“poco”divenneunbelpo’,perchédopoavereattraversato icancellidelparco, restavanoda

percorrerealtreduemigliadiviale,doveglialberi(chequasiandavanoaintrecciarsisopraleloroteste)davanol’impressionediviaggiaresottounalunghissimavoltascura.

Da quella specie di galleria emersero infine in una radura, e si fermarono dinanzi a un edificioincredibilmente lungoma piuttosto basso che si estendeva intorno a una corte di pietra. In un primomomentoMarypensòchenoncifosseroluciallefinestre,maappenascesedallacarrozzasiaccorsecheaunastanzad’angolodelprimopianobrillavauntenuechiarore.

Laportad’ingressoeraenorme,formatadamassiccipannellidiquerciadistranafoggia,guarnitidigrosse borchie e rinforzati da pesanti fasce di ferro: si apriva su unvastissimo atrio, così fiocamenteilluminato che i volti dei ritratti appesi alle pareti e le armature fecero passare aMary la voglia diguardarsiintorno.Inpiedilì,sulpavimentodipietra,labimbasembravaminuscola,unapoverafigurinabizzarraesperduta,comeineffettisisentiva.

Accantoaldomesticocheavevaapertolaportasitrovavaunvecchiomagro,moltobenvestito.«Accompagnatelanellasuacamera»,disseabassavoce.«Nonvuolevederla.Domattinasirecheràa

Londra».«Benissimo,MrPitcher»,risposeMrsMedlock.«Bastachemisidicacosafare,iolofaccio».

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«Ciò che dovete fare, cara signora», rispose Mr Pitcher, «è assicurarvi che lui non venga maidisturbato,enonvedachinonvuolevedere».

Subitodopo,Maryvennecondottasuperun’ampiascalinata,poi lungoun interminabilecorridoio,quindiancoraperunabreverampadiscale,unaltrocorridoioeunaltroancora,finchéunaportasiaprìeMrsMedlocklafeceentrareinunastanzaconilcaminettoaccesoeunatavolaapparecchiata.

Senzafaretroppecerimonie,MrsMedlockledisse:«Be’,siamoarrivati!...Abiterete inquestacamerae inquellaaccanto.Ecco,peroraè tutto.Enon

doveteentrareinnessun’altrastanza.Ricordatevelo!».FucosìcheMarygiunseaMisselthwaiteManor,eforseinvitasuanonleeramaicapitatodiavere

pensieripiùbrutti.

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Capitoloquarto.MarthaL’indomani mattina Mary fu svegliata da una giovane cameriera entrata nella sua stanza per

accenderle il fuoco e che, inginocchiata davanti al caminetto, stava rumorosamente raccogliendo lacenere.Dallettodovesitrovava,labambinasimiseaosservarlaperqualcheminuto,finchéisuoiocchinoncominciaronoavagareingiroperlastanza.Nonavevamaivistounacameradelgenere,elatrovòstrana e cupa. Gli arazzi appesi alle pareti raffiguravano scene agresti: vi erano gruppi di personeabbigliateinfoggefiabesche,epiùlontano,sulfondosiscorgevanoimerlidiuncastello.C’eranoanchecacciatori,cavalli,caniealcunedame.Maryebbelasensazioneditrovarsiconloro,inmezzoalbosco.Daunagrandefinestrapotevavedereunampioscorcioditerrenoinsalita,privodialberi,chesembravaunosconfinato,malinconicomarecolorporpora.

«Checos’è?»,chiesepuntandoilditoindirezionedellafinestra.Martha,lagiovanedomestica,sirialzòinpiedi,guardòeasuavoltaindicòfuori.«Laggiù?».disse.«Sì».«No»,risposeMary.«Laodio».«Perchénoncisieteabituata»,disseMarthatornandoalcaminetto.«Adessovisembratroppogrande

espoglia,mavedretecheinseguitovipiacerà».«Avoipiace?»,domandòMary.«Sì, a me piace!», rispose Martha ripulendo allegramente la grata del focolare. «Anzi, mi piace

tantissimo.Enonèpernientespoglia:cicresconomoltissimepianteche la ricoprono tuttaehannounprofumomeraviglioso. In primavera e in estate, quando fioriscono l’erica, la ginestra e la saggina, èdavveromagnifica.Odoradimiele,el’ariaècosìfresca!...Eilcielosembracosìalto...Eleapieleallodolefannounamusicacosìbella,ronzandoecantando...Oh,pernullaalmondovorreiviverelontanodallabrughiera!».

Maryl’ascoltavaconun’espressioneseriaeperplessa.Idomesticiindianicheavevaavutononeranoaffattocosì:eranoossequiosi,obbedientienonpensavanoneppurelontanamentediparlareaipadronidapariapari;anzi,facevanolorosalaamelichiamavano“protettorideipoveri”.Aidomesticiindianinonsichiedevadifarequalcosa,siordinavadifarlo.Nonsiaveval’abitudine,conloro,didire“perfavore”o“grazie”,eneimomentidirabbiaMaryavevasempreschiaffeggiatolasuaayahsulviso.Perunattimo,si chiese come avrebbe reagito quella ragazza se qualcuno si fosse messo a schiaffeggiarla. Erarotondetta,conilcoloritoroseoesembravadibuoncarattere,maavevaancheun’ariaenergicaerisoluta.Dicerto,seunaragazzinacomeleisifossepermessadidarleunoschiaffo,avrebberispostoasuondisculacciate.

«Sieteunacamerieramoltostrana»,disseconariaaltezzosasollevandosidalguanciale.Marthasisedettesuitalloni,conlospazzoloneinmano:sorrise,pernullaincollerita.«Ah,loso»,disse.«SeaMisselthwaitecifosseunapadrona,iononsareistatapresanemmenocome

sottocameriera.Magarimiavrebberoassuntocomesguattera,senzamaifarmisalireaipianisuperiori.Sonotroppoordinaria,epoiparlotroppoconl’accentodelloYorkshire.Maquestacasaètantostrana,edètuttocosìgrande!Ècomesenonesistesseronépadronanépadrone,trannePitcherelaMedlock.MrCraven è quasi sempre lontano, e quando sta qui non vuole essere disturbato per nessunmotivo.MrsMedlockmihadato ilpostopergentilezza.Mihadettochenonavrebbemaipotuto,seMisselthwaite

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fossestatacometantealtregrandicase».«Saretevoilamiacameriera?»,chieseMarysempreconqueltonoimperiosocheeraabituataausare

inIndia.Martharicominciòadarsidafareconlagratadelcaminetto.«IosonolacamerieradiMrsMedlock»,disseconariarisoluta.«EleièlacamerieradiMrCraven...

Peròinsommadevoanchepulirequiestareunpo’aivostriordini.Tanto,convoinoncisaràcertomoltodafare».

«Chimivestirà?»,domandòMary.Marthasisedettedinuovosuitalloni,guardandolastupita.«Nonsietecapacedivestirvidasola?»,lechieseinpurodialettodelloYorkshire.«Chestatedicendo?»,feceMary.«Nonriescomicaacapirviquandoparlate».«Ah, mi è uscito di testa», riprese Martha. «Mrs Medlock mi aveva avvertita di stare attenta,

altrimentinonmicapite.Volevodire,nonsapeteinfilarviivestitidasola?»«No,propriono», risposeMary indignata,«nonl’homaifatto invitamia.Era lamiaayahchemi

vestiva,naturalmente».«Bene»,disseMarthasenzarendersiaffattocontodellasuaimpertinenza,«èoradiimparareafarlo.

Primacominciatemeglioè.Vifaràungranbenesaperviarrangiaredasola.Miamadrelodicesempre:nonriesceacapirecomefanno i figlidei signorianondiventarestupidicon tutte lebambinaieche lilavano,livestonoeliportanoaspassocometantebambolette!».

«InIndialecosesonodiverse!»,replicòMarychestavaperdendolapazienza.MaMarthanonlastettenemmenoasentire.«Sì,magarilàlecosesarannodifferenti»,continuòquasicomprensiva.«Dev’essereperchélaggiùci

sono tuttiqueineri...Quandomihannodettochevenivatedall’India,miaspettavoche fostenerapurevoi».

Marysirizzòasedere,furiosa.«Cosa?!»,gridò.«Cheavetedetto?Credevatecheiofossiindiana!Tu...tu,figliadiunporco!...».Marthasifecescarlatta.«Dico,chicredetediinsultare?»,disse.«Nonc’èmotivodiarrabbiarsi,enonècosìchesiparlaa

unasignorina.Iononhonientecontroineri.Neilibrisi leggechesonomoltoreligiosi,esonouominicome noi e nostri fratelli. Io non ho mai visto una negra, ed ero contenta di vederne una da vicino.Stamattina,quandosonovenutaperaccendereilfuoco,hosollevatopianpianolacopertaperguardarvi.Ecosìhovistocomesietefatta»,concluseconunacertadelusione.«Nonsietepernientepiùneradime,solomoltopiùgialla».

Marynoncercòneppuredicontrollarelasuarabbiaelasuaumiliazione.«Pensavate che fossi un’indiana!...Ma come avete osato?... Che ne sapete voi degli indiani?Non

sonopersone, sono servi chedevono fare salaam e basta!...Voi non sapete niente dell’India!Voi nonsapetenientediniente!».

Eratalmentefuoridisé,sisentivatalmentesmarritadavantiallosguardosemplicedellaragazza,sisentìd’untrattocosìtremendamentesolaelontanadatuttociòcheconosceva,chesigettòconlafacciacontroilcuscinoscoppiandoinsinghiozzidisperati.Piangevacontaleangosciachequell’animacandidadiMarthanefuspaventataedispiaciuta.Siavvicinòallettoesichinòsudilei.

«Nondovetefarecosì,nondovetepiangere!»,lasupplicò.«Iononcredevochevisarestearrabbiata.È vero: non so niente di niente, proprio come dite voi. Vi prego di scusarmi, Mistress. Smettete dipiangere,perfavore».

C’eraqualcosadisinceramenteconsolanteeamichevolenelleparolediMartha, inquelsuostranodialetto e nei suoi modi bruschi.Mary, infatti, smise a poco a poco di singhiozzare.Martha si sentìalquantosollevata.

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«Adessoètempodialzarsi»,disse.«MrsMedlockhadettodiportarvilacolazione,iltèelacenanellastanzaquiaccanto.Èstata trasformataincameradeibambiniappositamentepervoi.Viaiuteròavestirvi, se scendete dal letto. Se il vostro abito ha dei bottoni sulla schiena, non credo che sapretecavarvela».

QuandoMaryfinalmentesideciseadalzarsi,ilvestitocheMarthatiròfuoridalguardarobanoneraquellochelabimbaindossavalaseraprecedente,quandoeraarrivatalìconMrsMedlock.

«Quelvestitononèmio»,disse.«Ilmioènero».Esaminòlablusaelagonnadipesantelanabiancaeaggiunseconfreddaapprovazione:«Peròèpiùbellodelmio».«In ogni caso, questo è il vestito che dovete indossare», risposeMartha. «Mr Craven lo ha fatto

acquistare appositamente, a Londra, da Mrs Medlock. Ha detto: “Non mi va di avere una ragazzinavestita di nero che gira per casa come un’anima persa. Renderebbe questo posto ancora più triste diquellocheè.Mettetelequalchecoloreaddosso”.Miamadrehadettochecapivaperfettamenteciòcheintendevadire.Lamiamammariescesempreacapiremoltobenequellochedicelagente.Nemmenoaleipiaceilnero».

«Iopureodioilnero»,disseMary.Lavestizioneinsegnòqualcosaaentrambe.Marthaaveva“abbottonato”sorellineefratellini,manon

avevamaivistounabambinarestarsenecosì,fermainattesachequalcunaltrofacessetuttoperlei,quasinonavessemaninépiedi.

«Perchénonviinfilatelescarpe?»,chiesequandoMarysollevòilpiedinoversodilei.«Lamiaayahprovvedevaleiainfilarmele»,risposeMaryconunosguardostupito.«Eral’uso».Diceva molto spesso quelle parole, “era l’uso”. I domestici indiani le ripetevano sempre. Se

qualcunochiedeva lorodi farequalcosachegli antenatinonavevanopiù fattonegliultimimille anni,sollevavanodolcementelosguardoedicevanoche“noneral’uso”,einquelmodosimettevafineaognidiscussione.

Nonera l’uso, insomma, cheMary facessequalcosa senonpermettere che lavestissero comeunaspecie di bambola;ma, prima che la colazione fosse pronta, cominciò a sospettare che la sua vita aMisselthwaiteManoravrebbefinitoconl’insegnarleunmontedicosenuove,tipoinfilarsidasolascarpeecalzeoraccogliere lecosechelasciavacaderea terra.SeMarthafossestataunacamerieracomesideve, sarebbe stata più rispettosa e servizievole e avrebbe saputo che era suo compito spazzolare icapelli, allacciare le scarpe, raccattare levariecosee rimetterle inordine.Maera solounaqualsiasiragazza di campagna dello Yorkshire, impreparata a fare la cameriera, cresciuta alla meglio in unapiccolacasadellabrughierainmezzoaunafrottadifratelliniesorellineabituatiabadareasestessieanche ai più piccoli, vale a dire neonati da tenere in braccio o marmocchietti che stavano appenaimparandoacamminareeinciampavanoaognipasso.

Se Mary Lennox fosse stata una bambina appena un po’ più socievole e bendisposta, avrebbesenz’altro riso di tutte le chiacchiere diMartha; invece si limitava ad ascoltarla freddamente, stupitadallafranchezzadeisuoimodi.Sulleprimenonsiinteressògranchéaqueidiscorsi,maapocoapoco,mentre la ragazza continuava aparlarenella suamanierabonaria e semplice, cominciò a prestareunacertaattenzioneallesueparole.

«Dovreste vederci, al completo», continuavaMartha. «Siamo dodici figli, e mio padre guadagnasoltantosediciscelliniasettimana.Nonc’èaltrosucuicontare,elamammasifainquattroperdaredamangiareatuttiquanti.

Ipiccolicorronoperipratiegiocanotuttoilgiornonellabrughiera:lamammadicechequell’arialifaingrassare...Dicechesecondoleimangianol’erba,comeicavalliniselvaggi.MiofratelloDickon,chehadodicianni,hauncavallinotuttosuo».

«Dovelohapreso?»,chieseMary.

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«Lohatrovatonellabrughiera,conlamadre,quandoeraappenanato.Hacominciatoafarseloamicodandogliqualchepezzettodipaneeraccogliendoperluil’erbapiùtenera.Così,quellosièaffezionatoeadessoloseguediquaedilà,eorasilasciapuremontaredalui.Dickonèunragazzogentileepiaceaglianimali».

Marynonavevamaiavutounanimaletuttosuoeavevasemprepensatochelesarebbepiaciutotantopossederneuno.CosìcominciòaprovareuncertointeresseperDickon,esiccomeprimanonsieramaiinteressataanessunotrannecheasestessa,questoperleierailsorgerediunsentimentosano.Quandoentrònellastanzaaccanto–quelladoveavrebbedovutogiocare–latrovòpressochéugualeaquellaincuiavevadormito.Noneraunastanzaperbambini,eralastanzadiunapersonaadulta,conantichiquadriscuri alle pareti e pesanti sedie di quercia. Nel mezzo, si vedeva una tavola apparecchiata con unasostanziosacolazione.Maryavevasempreavutopocoappetito,eguardòconindifferenzailprimopiattocheMarthaleposedinanzi.

«Nonlovoglio»,disse.«Nonvoleteilporridge?...»,esclamòMarthasenzacredereallesueorecchie.«No».«Nonsapetequantoèbuono.Metteteciunpo’disciroppooppureunpo’dizucchero».«Nonlovoglio!»,ripetéMary.«Ehi»,laapostrofòMartha.«Nonsopportodivedersprecareilbuoncibo.Seimieifratellifossero

qua,farebberofuorituttoinmenodiunminuto».«Eperché?»,chieseMaryconfreddezza.«Perché!...», le fece ecoMartha. «Perché non hannomai avuto la pancia piena in vita loro, ecco

perché.Sonosempreaffamati,comedeifalchetti,comedeivolpacchiotti!».«Nonhoideadicosavogliadireessereaffamati»,risposeMaryconl’indifferenzadichinonsa.Marthalaguardòindignata.«Be’,credochevifarebbemoltobeneimpararlo»,dissesenzamezzitermini.«Parolamia,perdola

bussoladifronteaquellichesenestannoseduticosì,aguardaredelbuonpaneedellabuonacarne!...ComevorreicheDickon,Phil,JaneeglialtripotesseropigliarsiquestobendiDio!».

«Perchénonglieloportate?»,suggerìMary.«Nonè robamia», risposeMartha con fermezza.«Epoinonè ilmiogiorno libero.Houngiorno

liberoalmese,cometuttiglialtri.Quelgiornovadoacasaefacciolepulizie,cosìalmenolamammaperunavoltapuòriposarsi».

Marybevveunpo’ditèemangiounafettadipanetostatoconlamarmellata.«Adesso copritevi bene e correte fuori a giocare», disseMartha. «Vigioverà alla salute e vi farà

venireappetito».Mary andò alla finestra. Si vedevano giardini, e viali, e grandi alberi, ma tutto aveva un aspetto

squallidoegelido.«Fuori?Eperchémaidovreiandarefuoriinunagiornatacomequesta?».«Be’,senonandatefuori,dovreterestarvenedentro.Equidentrocosafarete?».Mary si guardò intorno.Non c’era nulla da fare. Evidente-mente, quando aveva preparato quella

stanza,MrsMedlocknonavevapensatoaidivertimenti.Tuttosommato,erameglioandarefuorievederecom’eranoigiardini.

«Chivieneconme?»,domandò.Marthalaguardòaboccaaperta.«Ciandretedasola»,disse.«Doveteimparareagiocaredasola,comefannoibambinichenonhanno

fratelliosorelle.Dickonvadasolonellabrughieraegiocaperoreeore.Ècosìchehafattoamiciziaconilcavallino.Lìnellabrughieracisonopecorecheloriconosconoeuccellinichevengonoabeccargliilcibodallemani.Ancheseincasac’èpocodamangiare,luimettesempreviaqualchebocconedipane

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perisuoianimaletti».Fu quanto Martha disse su Dickon che, quasi suo malgrado, convinse Mary a uscire. Fuori ci

sarebberostatialmenogliuccelli,anchesenoncavalliniopecore.Sarebberostatidiversidagliuccellidell’Indiaeleisisarebbedivertitaaguardarli.

Martha tirò fuori una mantella, un cappellino e un paio di robusti stivaletti, quindi le insegnò lastrada.

«Seandatedaquellaparte,trovereteigiardini»,disseindicandoleuncancelloinmezzoaicespuglieai rampicanti. «D’estate ci sono tantissimi fiori, ma in questa stagione non c’è nulla». Esitò qualchesecondo,poiaggiunse:«Unodiqueigiardinièchiuso.Dadiecianninoncivapiùnessuno».

«Come mai?», chiese Mary quasi inavvertitamente. Ecco un’altra porta chiusa che andava adaggiungersiallecentodiquellamisteriosacasa.

«Mr Craven lo fece chiudere quando sua moglie morì all’improvviso. Era il giardino che leipreferiva,eluinonvuolechenessunocimettapiede.Così,chiuselaporta,poiscavòunabucaeseppellìlachiave...–Ohilcampanellostasuonando!...QuestaèMrsMedlockchemichiama.Devoandare».

AppenaMartha se ne fu andata,Mary s’incamminò verso il cancello che le aveva indicato. Nonriuscivaasmetteredipensarealgiardinochiusodovedadiecianninonentravanessuno.Sechiedevaqualefosseorailsuoaspetto,seancoravicrescevanodeifiori.Quandoattraversòilcancello,sitrovòfragrandigiardini,convastipratiesentieritortuosibordatidasiepi:c’eranoalberi,aiuole,sempreverditagliati in bizzarre forme e un bel laghetto con una vecchia fontana di pietra grigia nel centro.Ma leaiuoleeranonudeetristielafontananonzampillava.Noneracertoquelloilgiardinochiuso.Macomeerapossibilechiudereungiardino?Inungiardinosipotevasempreandare.

Eraimmersainpensierisimili,quandoscorseunlungomuroricopertodall’ederaproprioalterminedelsentierochestavapercorrendo.Nonconoscevaabbastanzal’Inghilterrapersaperechestavaandandoversoicosiddetti“giardinirustici”incuisicoltivanoancheverdureealberidafrutta.Raggiunseilmuro,etrovòunaportaverdefral’edera.Videcheeraaperta.Evidentemente,noneraquelloilgiardinochiuso,ecisipotevaentrare.

Varcòlaportaescoprìchesitrattavadiungiardinocircondato,perl’appunto,damura,ilprimodivarigiardinicintatichesisusseguivanoimmettendol’unonell’altro.Scorseun’altraporta,anchequestadipintadiverde,chelerivelòarbustiesentieriinmezzoadaiuolediortaggiinvernali.Lungoimurisiallineavanoinbell’ordineglialberidafruttapotatiaspalliera,ealcuneaiuoleeranoprotettedagrandilastredivetro.Illuogoeraalquantotristeespoglio.Forseinestate,conlepianteverdieifiori,avrebbeacquistatounsuofascino,maperoranonavevaproprionulladibello.

In quelmentre, dalla porta che immetteva nel secondo giardino, entrò un vecchio con la vanga inspalla.ParvesorpresoscorgendoMary,eportòunamanoalberrettoinsegnodisaluto.Avevaunafacciarugosaearcigna,enonsembròcontentodivederla.Delresto,ancheMarynoneralietadiquell’incontro,epoi,siccomeeradelusadalgiardino,avevaassuntolasuaespressioneda“bruttipensieri”.

«Chegiardinoèquesto?»,domandò.«Èunorto»,risposeilvecchio.«Equello?»,chieseancoraMaryindicandol’altraportaverde.«Unaltroorto»,dissel’uomo.«Ecen’èancheunterzodall’altrapartedelmuro;poic’èilfrutteto».«Cisipuòandare?»«Sevifapiacere,sì.Manonc’ènientedavedere».Mary non rispose. Imboccò il sentiero e oltrepassò la seconda porta verde. Lì trovò altrimuri di

cinta,ortaggiinvernalieserredivetro,manelsecondomurosivedevaun’altraportaverdechenoneraaperta. Conduceva forse nel giardino in cui da dieci anni nessuno era più entrato?Mary non era unabimbatimida,eperdipiùeraabituataafaresemprequellochelesaltavaintesta,perciòsidiressesenzaesitareverso laporta egirò lamaniglia.Sperava tanto che laportanon si aprisse, perché in tal caso

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sarebbestatacertadiaveretrovatoilgiardinomisterioso...Invecelaportacedettecongrandefacilità,leilaoltrepassòesiritrovònelfrutteto.Anchequestoeracintato,elungoimurisivedevanoisolitialberipotatiaspalliera;altrialberidafrutta,spogli,spuntavanoinmezzoall’erbaanneritadalfreddo...Manonsi vedeva nessun’altra porta verde.Mary la cercò dappertutto,ma invano. Eppure quando era entratanellapartesuperioredelgiardinoavevanotatocheilmurosembravanonterminarelì,maestendersioltreil frutteto, comeper racchiudere ancorauno spaziodall’altro lato.Si potevano addirittura scorgere lecimedeglialberichespuntavanoaldisopradelmuro.Marysifermòenotòunuccellinodalpettorossosulramopiùaltodiunodiqueglialberi;labestiolad’untrattocominciòilsuocanto,comesel’avessevistaevolessechiamarla.

Simise ad ascoltarlo, e in qualchemodo il suo cinguettio allegro e amichevole le comunicò unasensazione di piacere. Anche una bambina antipatica può sentirsi sola, e la grande casa dalle portechiuse,l’immensabrughieranudaeigiardinispoglileavevanosuscitatolasconsolanteimpressionediuna terribile solitudine. Se fosse stata una bimba affettuosa, abituata a sentirsi amata, le si sarebbespezzatoilcuore,masebbenefosse“Marybruttipensieri”sisentivadesolata,equell’uccellinodalpettocanorodipinsesulsuovisettounasortaditristesorriso.Rimaselìfermaadascoltarlofinchénonvolòvia.Nonsomigliavaaffattoagliuccelliniindiani,malepiaceva,esidomandòseloavrebbemairivisto.Magariabitavanelgiardinomisteriosoeneconoscevaogniangolo.

Forseperchénonavevaassolutamentenulladafare,Marynonriuscivaatogliersidimenteilgiardinoabbandonato. Era curiosa di scoprire dov’era, e aveva voglia di vederlo. Perché maiMr Craven neavevasepoltolachiave?Seavevatantoamatolamoglie,perchémaiodiavailsuogiardino?SichieseseavrebbemaiincontratoMrCraven,masapevagiàchenonlesarebbepiaciuto,eleinonsarebbepiaciutaa lui: sarebbe rimasta a fissarlo senza spiccicare una parola, pur avendo una voglia tremenda diinterrogarlosuquellastranafaccenda.

«Iononpiacciomaiallagente,elagentenonpiaceame!...»,sidisse.«NonpotròmaichiacchierarecomefacevanoibambiniCrawford,chetuttoilgiornoridevanoefacevanochiasso!».

Pensòdinuovoalpettirossoealsuocantochesembravarivoltoalei,erammentandosidellacimadell’alberosucuieraposatosiarrestòdicolposulsentiero.

«Secondome quell’albero si trova nel giardino segreto; anzi, ne sono proprio sicura», mormorò.«C’èilmurochegiratutt’intorno,perònonc’èlaporta».

Tornònell’ortodov’eraentratapocoprimaetrovòilvecchioallavoroconlasuavanga.Glisimiseaccanto, guardandolo con la sua solita aria indifferente. Lui non le badava, e così alla fine fu lei aparlare.

«Sonostataneglialtrigiardini»,disse.«Echivolevaimpedirvelo?»,disseilvecchiopertuttarisposta.«Sonostatanelfrutteto».«Micac’erauncanesullaportapermordervi!»,replicòl’altro.«Mancalaportaperentrarenell’altrogiardino»,disseMary.«Qualegiardino?»,chieseilvecchioconvocealterata,sospendendoperunattimoillavoro.«Quello che si trova dall’altra parte delmuro», risposeMary. «Hovisto le cime degli alberi.Un

uccellinodalpettorossosièposatosuunramoesièmessoacantare».Consuagrandesorpresa,lafacciarugosaearcignadelvecchiomutòespressione.Unleggerosorriso

gliilluminòlosguardo,eilgiardinieresembròunaltrouomo.AlloraaMaryvennedapensareaquantounapersonapossasembrarepiùbellaquandosorride.Nonavevamairiflettutosuquestacosaprimadiallora.

Allora il vecchio si girò verso il frutteto e cominciò a fischiare: un fischio dolce, modulato,sommesso.Eraincredibilecheunuomotantoburberoriuscisseaemettereunfischiocosìinvitante.

Equasisubitoaccaddeunacosameravigliosa:siudìnell’ariaunrapido,brevefrullodiali,edecco

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ilpiccolouccellodalpettorossovolareversodiloroeandareaposarsisopraunagrossazolladiterra,accantoaipiedidelvecchiogiardiniere.

«Eccolo»,dissel’uomosottovoce.Poisirivolseall’uccellinocomesestesseparlandoaunbimbo.«Doveteneseiandato,piccolobirbante?»,chiese.«Ètuttoilgiornochenontifaivedere.Haigià

cominciatoafarelacorteaqualcuna?Seiancoratroppogiovane!».Il pettirosso piegò il capino di lato e lo guardò con i suoi occhietti dolci e brillanti simili a nera

rugiada.Apparivadeltuttoasuoagioepernullaintimorito.Saltellòquaelà,beccandovivacementelaterraallaricercadisemie insetti.Maryprovònelsuocuoreuncuriososentimento,perchél’uccellinoera tantograzioso evispo, e si comportavaquasi comeunapersona.Avevaun corpicinominuscolo epaffutello,ilbeccucciodelicatoelezampettesottili.

«Rispondesempre,quandolochiamate?»,chiesequasiinunsoffio.«Certochesì.Loconoscodaquandoerapiccinopiccino.Vennefuoridalnidonell’altrogiardino,e

laprimavoltacheprovòavolareoltre ilmuroera troppodeboleper tornare indietro...Siamorimastiinsiemeperqualchegiornoe siamodiventati amici.Quando riuscì avolarenuovamentedi là, il restodellanidiataeraandatovia.Allora,siccomesisentivasolo,tornòquidame».

«Chespeciediuccelloè?»,domandòMary.«Nonlosapete?Èunpettirosso.Ipettirossisonogliuccellipiùcuriosieallegridelmondo.Esono

socievoli,quasicomeicani,setisonoamici.Ecco,guardatecomevabecchettandoingiro,eintantociosserva.Capiscebenissimochestiamoparlandodilui».

Il vecchio era davvero uno strano spettacolo. Guardava quell’uccellino grassoccio dalla livreascarlattacomeseglivolessebeneefosseorgogliosodilui.

«Èmoltovanitoso»,ridacchiò.«Glipiacechesiparlidilui.Edècurioso:ah,nonhomaivistounanimalettopiùcuriosoepiùficcanaso.Vienesempreavederechecosasemino.SatuttoquellocheMrCravennonsièmaidegnatodivolersapere.Èluiilgiardinierecapo,luienessunaltro!».

Ilpettirossocontinuavaasaltellarebecchettandoingiro,eognitantosifermavaeliguardava.Maryebbe l’impressione che quegli occhietti di nera rugiada la stessero osservando con viva curiosità.Sembravapropriochequelpiccolinostesseindagandobenbenesulsuoconto.Lastranasensazionecheavvertivaincuoresiandavafacendodimomentoinmomentopiùforte.

«Dov’èandatoilrestodellanidiata?»,domandò.«Echilosa.Igenitoriinsegnanoaipiccoliavolareepoilicaccianodalnido,equelliinunattimo

volanoviaesidisperdono.Questoerafurboehacapitosubitodiessererimastosolo».Marysiavvicinòdiunpassoalpettirossoeloguardòfissamente.«Anch’iosonosola»,disse.Finoaquelmomentononavevacompresochesentirsisolaeraunadiquellecosechelarendevano

così scostanteearrabbiata:parve rendersenecontosoloquando ilpettirosso laguardòe leiguardò ilpettirosso.

Il vecchio giardiniere si aggiustò il berretto sulla testa calva e stette e guardarla per qualchemomento.

«Sietelaragazzinavenutadall’India?»,disse.Maryannuì.«Locredobenechesietesola.Einseguitovisentiretesemprepiùsola»,concluse.Ricominciò a lavorare, spingendo la vanganella terra fertile e scura dell’orto,mentre l’uccellino,

indaffaratissimo,continuavaasaltellaredappertutto.«Comevichiamate?»,chieseMary.L’uomosiraddrizzòperrisponderle.«BenWeatherstaff»,disse;poiaggiunseconunsorrisoamaro:«Anch’iosonosolo,trannequandoil

pettirossoèconme»,eindicòconilpollicelabestiola.«Èilmiounicoamico».

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«Io di amici non ne ho nemmeno uno», replicòMary. «Non ne homai avuti. Alla mia ayah nonpiacevogranche,enongiocavomaiconnessuno».

LagentedelloYorkshiredicequellochepensaconschiettafranchezza,eilvecchioBenWeatherstafferaunuomocresciutonellabrughieradelloYorkshire.

«Noiduecisomigliamoparecchio»,disse.«siamofattidellastessastoffa.Tuttieduenonsiamobellie siamo scorbutici proprio quanto sembriamo. Abbiamo lo stesso caratteraccio, sono pronto ascommetterci».

Questoeradirepanealpane,eMaryLennoxdaquandoeranatanonsieramaisentitadirelaverità.Iserviindianifacevanosempresalaamconariasottomessa,inqualsiasioccasione.Adireilvero,nonsieramai ritenutabella,peròsichieseseerapropriobruttacomeBenWeatherstaffe se il suovisoerasempre scostante come quello del giardiniere prima dell’arrivo del pettirosso. Cominciò anche achiedersiseavevadavverouncaratteraccio.Sisentivaadisagio.

All’improvviso,proprioaccantoasé,udìuncinguettioargentino.Sivoltò.Ilpettirossoeravolatosulramodiungiovanemelo,apochipassidalei,eavevainiziatoacantare.Benscoppiòaridere.

«Checosavuolefare?»,chieseMary.«Hadecisodifareamiciziaconvoi»,risposeBen.«Mivengauncolposenonglisietesimpatica».«Io?»,disseMary.Sidiressepianpianoversol’alberelloeguardòinsu.«Vuoi fare amicizia con me?», chiese al pettirosso proprio come se stesse rivolgendosi a una

persona.«Sulserio?».Nonparlòconilsolitotonoasproesgradevole,maconvocedolce,suadenteeappassionata,tantocheilvecchioBennerestòsorpresoquasipiùdileiquandoloavevauditofischiare.

«Ma guarda!...», esclamò. «Lo avete detto proprio in modo carino, con tanta dolcezza!... Nonsembravatepiùunavecchiettabisbetica,maunaverabambina.ParlavatequasicomeparlaDickonconglianimalidellabrughiera».

«ConosceteDickon?»,chieseMaryvoltandosidiscatto.«Echinonloconosce?TutticonosconoDickon.Vadatutteleparti.Loconosconopureimirtilliei

fioridell’erica.Scommettochelevolpiglifannovedereiloropiccolieleallodolenonglinascondonoinidi».

Mary avrebbe voluto fare altre domande. Era curiosa di sapere qualcosa sul conto Dickon quasiquanto lo era di scoprire il giardino abbandonato.Ma proprio in quell’istante il pettirosso smise dicantare,battélealievolòvia.Avevaconclusolasuavisitaeadessoavevaaltrodafare.

«È volato oltre ilmuro!», esclamòMary osservandolo, «È volato nel frutteto, e poi sopra l’altromuro,nelgiardinosenzaporta!...».

«Èlàchevive,doveènato»,disseilvecchioBen.«Forsefalacorteaqualchepettirossinainmezzoairoseti».

«Roseti?...»,disseMary.«Cisonodeiroseti?».BenWeatherstaffpreselavangaericominciòilsuolavoro.«Cen’erano,dieciannifa»,borbottò.«Mipiacerebbevederli»,disseMary.«Dovesaràlaportaverde?Cidev’esserepureun’entratada

qualcheparte!».Benaffondòlavanganelterrenoeparvetornarepocosocievole,comequandoloavevavistoperla

primavolta.«C’eradieciannifa,maadessononc’èpiù»,disse.«Nessunaporta!Nonèpossibile!...»,ribattéMary.«Unaportadeveesserci!».«Nonc’ènessunaporta,einognicasononsonofattivostri.Nonfatelaficcanasoenonimpicciatevi

di cose che non vi riguardano. E adesso è meglio che sparite: io devo lavorare e non ho tempo daperdere.Andateveneagiocare».

Dettoquesto,ilvecchiosmisedivangare,sigettòlavangainspallaeseneandò,senzaunsalutoe

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senzaneppuredegnarladiunosguardo.

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Capitoloquinto.IlpiantonelcorridoioIprimitempi, tutti igiornisembraronoaMaryunougualeall’altro.Ognimattinasisvegliavanella

suastanzatappezzatadiarazzietrovavaMarthainginocchiatadavantialcaminetto,intentaadaccendereilfuoco.Ognimattinafacevacolazionenell’altrastanzadovenonc’eranulladiinteressante,edopolacolazione guardava dalla finestra l’immensa brughiera che si stendeva da ogni parte e sembravainerpicarsi fino al cielo. Poi, dopo essere stata unpo’ lì a guardare, si rendeva conto che eramegliouscirepiuttostocherestarseneincasaanonfarniente,cosìandavafuori.Nonsapevachequellaeralacosamigliorechepotessefare,nécapivachemettendosiacamminaredibuonpassoeperfinoacorrerelungoisentierieivialistimolavailsuosangueintorpiditoeneppuresiaccorgevaquantolairrobustisselottare contro il vento che soffiava impetuoso.Correva soloper scaldarsi, e odiavaquel vento che lesferzava la faccia respingendolacomeungigante invisibile.Maquellepossenti raffichediaria freddachespazzavanol’ericalecolmavanoipolmonidiqualcosacheasuainsaputafacevabenealsuogracilecorpicino,donavaunpo’dirosaallesuegoteerendevabrillanteilsuosguardosmorto.

Dopo alcuni giorni trascorsi quasi interamente all’aria aperta, finalmente una mattina si svegliòsapendo che cosa significasse avere fame. E quando si sedette a tavola per la colazione non guardòsdegnosamenteilporridgenélospinsedaparte,mapreseilcucchiaioesimiseamangiarlosvuotandoinbrevelascodella.

«Stamattinalazuppavièpiaciuta,vero?»,chieseMartha.«Oggiavevapropriounbuonsapore»,disseMaryconunacertasorpresa.«Èl’ariadellabrughieracheviaprelostomacoperilcibo»,sentenziòMartha.«Sietemoltofortunata

adaverefameeanchebuonecosedamangiare.Acasanostra,siamoinquattordiciadaverelostomacoepocarobadamettercidentro.Secontinuereteagiocareall’apertotuttiigiorni,riuscireteamettereunpo’dicarnesulleossaenonsaretepiùcosìgialla».

«Maionongiocomica»,risposeMary.«Nonhonienteconcuigiocare».«Nienteconcuigiocare!...»,esclamòMartha.«Ibambinigiocanoconisassi,conipezzidilegno...

Corronoadestraeasinistra,estrillano,eosservanoognicosa».Mary non strillava, ma si guardava intorno. Non aveva altro da fare. Faceva lunghe camminate

attraversoigiardiniegironzolavaperisentieridelparco.AvolteandavaincercadiBenWeatherstaff,masebbeneloavessespessovistoallavoro,avevacapitocheeratroppooccupatoodicattivoumoreperprestarleattenzione.Anzi,unavolta,mentresistavadirigendoversodilui,ilvecchiogiardinieresieramessoinspallalavangaesen’eraandato,comeseloavessefattoapposta.

C’era un luogo cheMary visitava più spesso di tutti gli altri: il lungo sentiero esterno ai giardinicintatidamura.Daentrambiilatidiquelsentierosivedevanoaiuolespoglie,econtroimuricrescevarigogliosa l’edera,ma c’era un tratto, in particolare, dove le foglie verde scuro si arrampicavanopiùfoltechealtrove.Sembravachequellazonafossestatada lungo tempo trascurata,mentresul restodelmuroilrampicanteerastatopotatoconcura,inmododaconferirgliunacertaariaordinata.

Qualche giorno dopo avere parlato con Ben, Mary si era fermata a considerare questo fatto,chiedendosene ilmotivo. Se ne stava lì, osservando un lungo ramodi edera che oscillava cullato dalvento,quandovidequalcosadirossoeudìunallegrocinguettio.SubitodopoleapparvesullasommitàdelmuroilpettirossodiBenchesisporgevaafissarla,piegandoilcapinodilato.

«Oh!»,esclamòlabambina.«Seitu?Seipropriotu?».Enonleparveaffattostranoparlarglicomese

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fossecertachepotessecapirlaerisponderle.E infatti l’uccellino le rispose:cinguettò,pigolòe saltellò lungo lacimadelmurocomeseavesse

tantissime cose da dirle. A Mary sembrava perfino di capirlo. Era come se le stesse dicendo:«Buongiorno!Non è bello il vento?Non è bello il sole?Non è tutto bellissimo?Vieni, saltelliamo ecinguettiamoinsieme!Su,vieni!...».

Marycominciòaridere,epoichél’uccellinozampettavaespiccavabrevivolilungoilmuro,simisearincorrerlo.Quellapiccola,gracile,smuntaebruttabambinaperunattimosembròquasigraziosa.

«Mi piaci!Mi piaci!», gridava sgambettando lungo il sentiero. Tentò perfino di fischiare,ma nonavevalaminimaideadicomesifaceva...Ilpettirossoperòsembravasoddisfattolostresso,erispondevacinguettandoaisuoitentativi.Infine,spiegòlealiesfrecciòincimaaunalbero,dovesiposòepreseacantareagolaspiegata.

Nel vederlo così,Mary si rammentò della primavolta in cui lo aveva scorto su di un albero, dalfrutteto.Oraleistavafuoridelfrutteto,sulsentieroesternoalmuro,moltopiùinbasso,edentroc’erasemprelostessoalbero.

«Ènelgiardinodovenessunopuòentrare»,dissefrasé.«Ilgiardinosenza laporta.Oh,quantomipiacerebbevederlo!».

Corse alla porta verde da cui era entrata il primo giorno; poi, percorrendo il sentiero, raggiunsel’altraportaesitrovònelfrutteto.Sifermòeguardòinsu.L’alberoapparivadall’altrapartedelmuro,eilpettirosso,cheavevaappenaterminatoilsuocanto,stavalisciandosilepenneconilbeccuccio.

«Èquelloilgiardino»,disseMary,«nesonosicura».Simiseacamminaretuttointornoedesaminòdavicinolapartedelmurochedavasulfrutteto.Come

avevagiànotatol’altrogiorno,nonc’eranessunaporta.Alloraattraversòdinuovogliortiedalìtornòsul sentiero che costeggiava ilmuro ricoperto d’edera percorrendolo fino in fondo alla ricerca dellaporta.Malaportanonc’era.Tornòdall’altraparte,guardòdinuovo:niente,nessunaporta.

“Èmoltostrano”,pensò.“BenWeatherstaffhadettochelaportanonc’eraedifattinonc’è.Peròlaportadieciannifadovevaesserci,dalmomentocheMrCravenhaseppellitolachiave”.

Questo lediede talmente tantodapensare, la affascinòe interessòa talpuntochenon fupiù tantodispiaciutaditrovarsiaMisselthwaiteManor.InIndiasierasempresentitatroppodeboleespossataperinteressarsi seriamente a qualcosa. Il fatto era che il vento freddo della brughiera aveva iniziato aspazzarevialeragnateledalsuocervelloearenderlaunpo’piùsveglia.

Rimase fuoriquasi tutto ilgiorno,e la sera si sedettea tavolaaffamata, stancamapervasadaunasensazionedibenessere.IlchiacchiericciodiMarthanonlairritavapiù:anzi,adessolaascoltavaconuncertopiacere.Allafinepensòdirivolgerleunadomanda,esidecisequando,finitalacena,sifusedutasultappeto,accantoalfuoco.

«PerchéMrCravenodiailgiardino?»,lechiese.Aveva chiesto aMartha di restare con lei, e la ragazza non aveva sollevato obiezioni. Eramolto

giovane,ederaabituataaunacasapienadifratelliniesorelline:siannoiavaastarsenenellasaladellaservitùalpianterreno,dove ilcocchieree lacapocameriera laconsideravanounarozzacontadinae lacanzonavanoperilsuoaccentodelloYorkshirelasciandolaindisparteeparlottandotraloro.AMarthapiaceva molto chiacchierare, e questa strana bambina che veniva dall’India, dove la servivano tanti“negri”,rappresentavaaisuoiocchiunagrossanovitàchelaattraeva.

Sisedetteancheleisultappeto,senzaattenderecheMaryglielodicesse.«Stateancorapensandoaquelgiardino,nonècosì?...Èstatolostessoanchepermequandolosentii

nominarelaprimavolta».«PerchéMrCravenloodia?»,insistetteMary.Marthasiaccovacciomettendosipiùcomoda.«Sentiteilventocomeinfuriaforteintornoallacasa...»,mormorò.«Stanottesequalcunositrovasse

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nellabrughiera,nonriuscirebbenemmenoareggersiinpiedi».Marynonsapevabenecosasignificasseprecisamentelaparola“infuriare”,masimiseinascolto,e

inbrevecomprese.Dovevaesserequellaspeciedimuggitoindistintocheassalivalacasa,quellasortadigiganteinvisibilecheorasiscagliavacontroimurielefinestrecercandodientrare.Masisapevachenon ci sarebbe riuscito, e tale convinzione dava un bel senso di sicurezza e faceva apprezzare quellastanzacaldaconilfuococheardevanelcaminetto.

«Maperchéodiatantoquelgiardino?»,tornòachiederedopoaverascoltatoilvento.EradecisaascoprireseMarthaeraaconoscenzadiquellastoria.

EMarthaleraccontòtuttoquellochesapeva.«Attenzione», la ammonì,«perchéMrsMedlocknonvuoleche seneparli.Ci sonounmucchiodi

cosequidicuinonbisognaparlare.SonogliordinidiMrCraven:diceche i suoiprobleminonsonoaffarideidomestici.Masitrovacosìpercolpadiquelgiardino.ErailgiardinodiMrsCraven:loavevacreato lei subito dopo il matrimonio e lo amavamoltissimo; erano lei eMr Craven a curare i fiori.Nessungiardiniere aveva il permessodimetterci piede.Lui e lei ci andavano insieme, chiudevano laportaerestavanolìperoreeore,leggendoeconversando.Leierapropriocomeunabambina.C’eraunvecchioalbero,conungrosso ramopiegatocomeunsedile.Leiaveva fattoarrampicaredelle rosesuquell’albero,eandavasempreasedersisuquelramo.Maungiornoilramosispezzò,leicaddeesifecemalecosìgravementecheilgiornodopomorì.Imedicicredetterocheluisarebbeimpazzitodaldoloreel’avrebbeseguitanella tomba.ÈperquestocheMrCravenodiaquelgiardino.Daalloranoncièpiùentratonessuno,eluinonpermetteneppurecheseneparli».

Marynonfecealtredomande.Restòaosservareilfuocoeadascoltareilventoche“infuriava”piùfortechemai.

Inquelmomentodentrodileistavaaccadendoqualcosadimoltobuono.Ineffetti,leeranosuccessequattro cose buone da quando era giunta aMisselthwaiteManor: aveva avuto la sensazione di capirequanto diceva il pettirosso e che il pettirosso capisse quanto gli diceva lei; era corsa in mezzo alleraffichediventofinchéilsanguelesierariscaldato;perlaprimavoltainvitasuaavevaprovatounsanoappetito; infineavevascopertocosavolessedireprovarecompassioneperqualcuno.Eranodeigrossicambiamenti.

Mamentre ascoltava il vento le parve di udire anche un’altra cosa.Non capiva bene cosa fosse,poiché sulle prime stentò perfino a distinguerlo dal vento. Era uno strano rumore, come se un bimbostessepiangendodaqualcheparte.Talvoltailvento,èvero,facevaunsuonoassaisimilealpiantodiunbambino,maauncertopuntoMaryebbelacertezzachequelpiantoprovenissedall’internodellacasaenondall’esterno.Eradistante,masenzadubbioprovenivadall’interno.SigiròeguardòMartha.

«Nonsentitequalcunochepiange?»,chiese.Marthaparveconfondersi.«No, no», rispose. «È il vento. Qualche volta fa pensare a qualcuno che si è smarrito nella

brughiera...Ilventofastranisuonidiognigenere».«Maascolta»,insistéMary.«Èdentrolacasa.Vienedaqualcunodiqueilunghicorridoi».Proprioinquell’istantedovetteaprirsiunaportaalpianodisotto:unafolata impetuosadiventosi

ingolfò nel corridoio e la porta della stanza si spalancò con violenza.Mentre tutt’e due balzavano inpiedi, la luce si spense e da qualche lontano corridoio giunse assai più distinto di prima un piantoinfantile.

«Ecco,chevidicevo?»,gridòMary.«C’èqualcunochepiange,enonsitrattadiunadulto!».Marthacorseachiuderelaportaegiròlachiavenellatoppa,maprima,daqualchelontanocorridoio,

ambedueudironodistintamenteun’altraportachiudersidicolpo...Poituttoripiombònelsilenzio,perchéancheilventosmiseperalcuniistantidisoffiare.

«Era ilvento», ripetéMarthaostinata.«Esenonera ilventoeradi sicuro la sguattera, lapiccola

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Betty...Ètuttoilgiornochehailmaldidenti».Martha appariva piuttosto turbata e imbarazzata.Mary continuava a fissarla intensamente. Non le

credeva,nonstavadicendolaverità.

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Capitolosesto.«Mac’eraqualcunochepiangeva!»L’indomani ripreseacadereunapioggia torrenziale.EquandoMaryguardò fuoridella finestra, la

brughiera era quasi del tutto nascosta da una nebbia grigiastra e dalle nuvole. Quel giorno non eradavveropossibileuscire.

«Checosafateacasavostra,quandopiove?»,chieseaMartha.«Be’,perlopiùcerchiamodinoncascareognimomentounoaddossoall’altro»,risposelaragazza.

«Eh,quandorestiamotuttidentrocasasiamopropriotanti!...Lamammaèdibuoncarattere,maallafinenehaabbastanzapure lei. Ipiùgrandicellivannoagiocarenella stalla.ADickon importapocodellapioggia:pioggiaosole,luiescelostesso.Dicecheneigiornidipioggiavedecosechequandoiltempoèbello non si vedono.Una volta ha trovato un cucciolo di volpemezzo affogato nella sua tana e lo haportatoacasatenendoloalcaldodentrolacamicia.Lamadrestavapocolontano,uccisa,eilrestodellacucciolataeraannegatonellabucapienad’acqua.Adessostaincasaconnoi.Un’altravoltahatrovatounpiccolocorvo,pure luimezzoaffogato: l’haportatoacasae l’haaddomesticato.SichiamaFuliggine,perchéèneronero,eglisaltaeglisvolazzaintornodappertutto».

OrmaiMarynonsiinfastidivapiùdellafamiliaritàconcuilesirivolgevaMartha;anzi,cominciavaatrovare interessanti i suoi discorsi e le rincresceva quando se ne stava zitta o doveva andare via. Lestorie della suaayah, in India, eranomolto diverse dai coloriti racconti della ragazza, che parlavanodellacasettanellabrughieradoveinquattrostanzettevivevanoquattordicipersonechenonavevanomaiabbastanza da mangiare e dove i bambini ruzzolavano, capitombolavano e si divertivano come unacucciolata di chiassosi cagnolini. Mary provava una grande simpatia per la madre di Martha e perDickon. Le storie che raccontava la ragazza su quanto “lamamma” diceva o faceva avevano semprequalcosadicaldamenterassicurante.

«Seanch’ioavessiunpiccolocorvoounvolpacchiottoconcuigiocare...»,disseMary.«Manonhoniente».

Marthaparveperplessa.«Sapetelavorareamaglia?»,lechiese.«No».«Ecucire?»«No».«Sapeteleggere?»«Sì».«Allora perché non leggete qualcosa oppure non imparate un po’ di ortografia. Ormai siete

abbastanzagrandeperdedicareunpo’ditempoallostudio».«Nonhonessunlibro»,risposeMary.«QuellicheavevosonorimastiinIndia».«Èungranpeccato»,disseMary.«SesoloMrsMedlockvipermettessediandarenellabiblioteca...

Lìtroverestemigliaiadilibri».Marynonchiesedovefosselabibliotecaperchétutt’auntrattoleeravenutaunanuovaidea.Decise

diandarlaacercaredasé.NonavevaalcunapauradiMrsMedlock,chedelrestosenestavasemprenelsuo confortevole soggiorno di governante, al pianterreno. In quella strana casa ci si incontrava assaidifficilmente.Nonc’eranessunotranne idomestici,chequandoilpadroneeraviase laspassavanoalpianodi sotto, nell’enorme cucina tutta rilucente di peltri e di ottoni oppurenella stanzadella servitù

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doveognigiornovenivanoconsumatiquattroocinquepastiabbondantiedove,nonappenaMrsMedlockseneandavafuoridaipiedi,tuttifacevanoilorocomodi.

MaryavevaMarthaasuadisposizione,che, fra l’altro, le serviva regolarmente ipasti;maapartequestonessunaltrosembravaoccuparsiminimamentedilei.MrsMedlocksifacevavivapiùomenoungiornosìeungiornono,perònessunomailechiedevamaicosafacesseoledicevadifarequalcosa.Nededusse che in Inghilterra i bambini venivano educati così. In India era sempre stata insieme alla suaayah che la seguiva ovunque senzamai allontanarsi. Spesso, anzi, la sua costante compagnia l’avevaannoiata. Ora invece nessuno la seguiva più e stava imparando a vestirsi da sola, perché Marha laguardavacomeunastupidaognivoltachelechiedevadipassarlequalcheindumentoedimetterglielo.

«Manonaveteunpo’dibuonsenso»,leavevadettounavoltamentreMary,fermainpiedi,aspettavacheleinfilasseiguanti.«LanostraSusan,chehaappenaquattroanni,èildoppiopiùsvegliadivoi.Ognitantohol’impressionecheilvostrocervellononfunzionibene».

DopoquelleparoleMaryaveva tenuto ilmusoperun’ora,peròavevapensatoparecchioaquantoMarthaleavevadetto.

Quellamattina,dopocheMarthaebbesistematoilcaminettoesenefuandata,Maryrimaseperunpo’ a guardare fuori dalla finestra. Pensava alla nuova idea che le era venuta sentendo parlare dellabiblioteca. Della biblioteca in sé, avendo letto pochissimi libri, le importava abbastanza poco; masentendoneparlareleeranotornateinmentelecentostanzeconleportechiuse:sierachiestaseeranodavverotuttechiuseachiavecomesidicevaechecosaviavrebbetrovatoentrandoci.Eranodavverocento? E perché non andare a vedere quante porte le riusciva di contare? Sarebbe stato unmodo diimpiegarequellamattinaincuinonpotevauscire.Siccomenessunoleavevamaiinsegnatoachiedereilpermessoprimadifarequalcosa,ignoravadeltuttol’autorità,eilpensierodichiedereaMrsMedlockl’autorizzazioneadandareingiroperlacasanonl’avrebbesfiorataneppureincontrandola.

Aprì laportaeuscìnelcorridoio,cominciando il talmodo lasuaperlustrazione.Erauncorridoiopiuttosto lungo che si diramava in altri corridoi e conduceva ad alcune brevi rampe di scale da cuipartivanoancoracorridoi.C’eranomolteporte,equadriallepareti.Avolteidipintiraffiguravanostraniecupipaesaggi,malamaggiorparteritraevanouominiedonneinbizzarriesolenniabitidivellutoediseta.Auncertopuntosiritrovòinunagalleriaconleparetitappezzatedisimiliritratti:nonavevamaiimmaginatochecenepotesseroessere tanti inunacasa.Avanzava lentamente, fissandoqueivolti chesembravanoscrutarlaa lorovolta: ebbe la sensazioneche si stesserochiedendocosamaici faceva lìnella loro casa una ragazzina arrivata dall’India.Alcuni erano ritratti di bambine con ampie gonne divellutolunghefinoaipiedi,odiragazziconmanicheasbuffo,collettidipizzoecapellilunghiograndigorgiereintornoalcollo.Sifermavaaguardarli,chiedendosicomesichiamassero,dovefosserofinitieperchémaiportasseroqueivestiticosìbizzarri.C’eraancheilritrattodiunabambinadall’ariascialbaescontrosacheinqualchemodolesomigliava:indossavaunabitodibroccatoverdeereggevaunpiccolopappagallosuundito.Avevaunosguardocuriosoepenetrante.

«Doveabitiadesso?»,lechieseMaryavocealta.«Vorreitantochefossiqui».Di certo, nessun’altra bambina ha mai trascorso una mattinata così strana. Pareva che in

quell’immensacasanoncifossenessunooltrelei,chevagavainsueingiù,percorrendocorridoilarghiestretti dove sipotevapensare chenessuno fossemaipassatoprimadi lei.Madalmomentocheeranostatecostruitetantestanze,qualcunodovevapureaverviabitato,ancheseormai,vedendolecosìdeserte,sembravadavveroimpossibile.

Quandositrovòalsecondopianodecisediprovareagirarelamanigliadiqualcheporta:eranotuttechiuse,propriocomeavevadettoMrsMedlock,eMaryquasisispaventòquando,posandolamanosuuna maniglia, si accorse che girava con facilità e che la porta si apriva lentamente. Era una portamassicciaeimmettevainun’ampiacameradaletto:drappiricamatiornavanoleparetieimobilieranoricchi e intarsiati, sul genere di quelli che aveva visto in India. Un’ampia finestra a vetri piombati

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affacciava sulla brughiera; sulla mensola del caminetto si vedeva un altro ritratto di quella bambinainsignificantedall’ariacaparbiaescostantechesembravaosservarlaconun’ariapiùcuriosachemai.

“Forseuntempodormivaqui”,pensòMary.“Mifissainmododafarmisentireadisagio”.Aprìmoltissimealtreporte,dopoquella,evidemoltissimealtrestanze, tantodasentirsenestanca.

Cominciò a credere che fossero davvero cento, sebbene non le avesse contate: erano tutteimmancabilmentepienedivecchiritrattievecchietappezzeriecheraffiguravanostranescene;eanchedimobilibizzarriecuriosisoprammobili.

Inunastanzachedovevaessereilsalottodiunasignora,letappezzerieeranodivellutoricamato,einunavetrinettac’eranouncentinaiodipiccolielefantidiavoriodivariedimensioni,alcuniaddiritturaconilconducenteoilpalanchinosuldorso.MaryavevavistoparecchiavoriintagliatiinIndia,esapevatuttosuglielefanti.Aprìlavetrinetta,montòsuunosgabelloegiocòunbelpezzoconqueglielefantini.Quandoilgiocolefuvenutoanoia,rimisetuttoinordineechiusenuovamentelavetrina.

Intuttoquelsuogirovagareperilunghicorridoieperlestanzedeserte,Marynonavevaincontratonessuno,masubitodopoaverrichiusolavetrinettaleparvediudirecomeunleggerofruscio.Sobbalzò,guardandoversoildivanoaccantoalcaminetto,dadoveeravenutoilrumore.Inunangolodeldivanoc’erauncuscino,enelvellutocheloricoprivasivedevaunbucodacuifacevacapolinounmusettoconunpaiodipiccoliocchispaventati.

Marysiaccostòpianpianoperguardare.Queipiccoliocchiluccicantiappartenevanoauntopolinogrigio,cheaveva rosicchiatoquelcuscino inmododa farseneuncomodonido.Sei topiniappenanatidormivanorannicchiaticontrolaloromadre.Sedavverononc’eranessunaltroessereviventeinquellecentostanze,senonaltroc’eranoalmenosettetopolinichenonavevanoaffattol’ariadisentirsisoli.

«Senontemessidispaventarli,liportereiviaconme»,sidisseMary.Aveva gironzolato a lungo, e ormai cominciava a sentirsi un po’ stanca, così decise di tornare

indietro. Sbagliò direzione due o tre volte, perché spesso svoltando imboccava qualche corridoiosbagliato;cosìfucostrettaadandareperdiversotempoavantieindietrofinchénontrovòquellogiusto;allafineriuscìaraggiungereilsuopiano,anchesitrovavaancorapiuttostolontanadallasuacameraenonriuscivaacapirebenedovefosse.

“Credo di avere ancora una volta sbagliato strada”, pensò fermandosi alla fine di quello chesembrava una specie di breve disimpegno dalle pareti ricoperte di arazzi. “Non so in che direzioneandare...Etuttoècosìsilenzioso!...”.

Eproprio inquell’istante il silenziovenne rottoall’improvviso.Qualcunopiangeva.Eraunpiantodiverso da quello che aveva udito la sera precedente: si trattava di un lamento infantile agitato eimpaziente,attutitodallepareti.

“Èmenolontanodicomelosentivoieri”,pensò,“edèproprioqualcunochepiange”.Poggiòpercaso lamanosull’arazzoche lestavavicinoe feceunbalzoall’indietro, sbalordita: la

tappezzeria nascondeva una porta che si era spalancata rivelandoun’altra parte del corridoio, dai cuisbucòMrsMedlockconungrossomazzodichiaviinmanoel’ariapiuttostoarrabbiata.

«Checifatequi?»,chieseafferrandolabambinaperunbraccio.«Cosaviavevodetto?»«Ho sbagliato corridoio», cercò di spiegare Mary, «e non sapevo dove andare... Poi ho sentito

qualcunochepiangeva».MrsMedlocknonleeramaipiaciuta,masubitodopoarrivòquasiaodiarla.«Nonpoteteaversentitoproprionulladelgenere»,ribattéseccamentelagovernante.«Eadessofilate

subitonellevostrestanze,senonvoletebuscarle».Detto questo, senzamollarle il braccio, un po’ spingendola e un po’ trascinandola, la condusse di

fronteallaportadellasuacamera,aggiungendo:«Adessoo farete comedico iooverrete richiusaa chiave. Ilpadrone farebbebeneadaffidarvi a

un’istitutrice,comegliavevoconsigliato.Avetepropriobisognodiqualcunochevistiasempredietro,e

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iohogiàtroppodafare».MrsMedlockuscìsbattendolaportaeMaryandòasedersisultappetodavantialcamino,lividaper

larabbia:nonlescendevaunalacrima,madigrignavaidenti.«Eppurec’eraqualcunochepiangeva...C’era,eccomesec’era!...»,ripetevafrasé.Ormaieranogiàduevoltecheavevauditoquelpianto,eungiornoavrebbescopertochipiangeva.

Avevascopertounbelpo’dicose,quellamattina.Epoiavevagiocatoconipiccolielefantidiavorioeavevaconosciutolafamigliaditopolini.Lesembravaquasidiaverefattounlungoviaggio.

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Capitolosettimo.LachiavedelgiardinoDuegiornidopo,appenasveglia,Maryaprìgliocchi,sisedettesullettoechiamòsubitoMartha.«Guardatelabrughiera!Guardatelabrughiera!...».Iltemporaleerapassato,edurantelanottelenuvoleelanebbiagrigiaeranostatespazzateviadal

vento.Eoraancheilventoeracessato,eunoscintillantecieloazzurrosistendevasututtalabrughiera.MaiepoimaiMaryavevaimmaginatocheilcielopotevaesserecosìazzurro.InIndiailcielo,percolpadelcaldo,avevasempreunchediopacoedilattiginoso:questoinveceeraterso,profondo,splendentecome l’acquadiunbellissimo lago infinito.Quae là, altissimi inquell’azzurro,galleggiavanopiccolibatuffolidinuvolecandidecomelaneve.Anchel’immensabrughieraeradiunazzurrotenue,anzichédelviolaceocoloredell’ericaoilsolitogrigiocupo.

«Be’, il temporale ha concesso una tregua, almeno per ilmomento», disseMartha con un sorrisoallegro.«Fasemprecosì,durantequestastagione:senevainunanotte,comesenoncifossemaistatonédovessemaitornare.Èilsegnochestaarrivandolaprimavera.Èancoralontana,masiavvicina».

«CredevocheinInghilterrapiovessesempre,ofossesemprebuio»,osservòMary.«Mano!»,replicòMarthainginocchiandosipersistemareilcaminetto.«Èungrossascempiaggine».«Scempiaggine?...Chedici?»,chieseMary,ormaiabituataasentirleusareterminichenoncapiva.Martharise,comeavevafattolaprimamattina.«Già», rispose, «ecco che ho parlato di nuovo in dialetto... Mrs Medlock non fa che

rimproverarmelo...Scempiagginevuoldireunasciocchezza,ounacosanonvera.Comunque,quandoc’èbel tempo lo Yorkshire è il posto più assolato delmondo. Ve lo dicevo che la brughiera vi sarebbepiaciuta,dopounpo’.Aspettatedivedereifioridoratidellaginestraedellasagginaoifioripurpureidell’erica,ecentinaiadifarfalleediapi,eleallodolechesfreccianonell’ariacantando!...Oh,viverràvogliadiuscireerestarvenefuorituttoilgiorno,comefaDickon!».

«Davveropotròandarelaggiù?»,domandòMaryansiosamente,guardandolontanonell’azzurrodallafinestra.Tuttoeracosìnuovo,egrande,emeraviglioso,eavevauncolorediparadiso!

«Non saprei», risposeMartha.«Midate l’impressionedinonaveremaiusato troppo legambedaquandosietenata.Forsenoncelafaresteapercorrerecinquemigliaapiedi.Fannocinquemiglia,daquiallamiacasa».

«Mipiacerebbevederelavostracasa».Marthalaguardòunattimo,incuriosita;poiripreselaspazzolaecominciòapulireilcamino.Stava

pensando che quella faccina scialba non le sembrava più così scontrosa come la prima mattina chel’aveva vista. Somigliava un pochetto al faccino della sua piccola sorellina Susan quando volevaassolutamentequalcosa.

«Lochiederòallamamma»,disse.«Leitrovasempreunasoluzioneatutto.Oggièilmiogiornodilibertà e vado a casa. Sono così contenta!MrsMedlock ha una grande stima dimiamadre. Forse lamammapotrebbeparlargliene».

«Amevostramadrepiace»,disseMary.«Ciscommetto»,risposeMarthasenzasmetteredipulireilcamino.«Anchesenonl’homaivista».«Sì,nonl’avetemaivista».Marthasidrizzòdinuovosuitalloniesistrofinòlapuntadelnasoconildorsodellamano.Perun

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momentoparveinforse,mapoiaggiunse:«Èunadonnapienadibuonsenso,unagrandelavoratrice,haunbuoncarattere,amalapuliziaepiace

a tutti, pure a quelli che non la conoscono. Quando vado a casa nelmio giorno libero, attraverso labrughierasaltandodigioia».

«MipiaceancheDickon»,aggiunseMary,«enonhomaivistonemmenolui».«Be’»,replicòMarhaconfermezza,«vihogiàdettocheglivoglionobenegliuccelli, iconigli, le

pecore,icavalliniselvaticieperfinolevolpi...Michiedo»,continuòriflettendomentrelafissava,«cosapenserebbeDickondivoi».

«Nonglipiacerei,questoècerto»,disseMaryriacquistandoilsuotonoscostanteefreddo.«Iononpiaccioanessuno».

Marthacontinuavaariflettere.«Evoi,voivipiacete?»,lechiesecomesedavveroleinteressassesaperlo.Maryrestòinforse,eperunmomentocipensòsu.«No,perniente,davvero»,rispose.«Nonmieramaivenutoinmenteprimad’ora».Marthasorrisefrasé,comeseletornasseallamemoriaunricordofamiliare.Disse:«Unavolta lamammami fece la stessadomanda.Stavacurvasulla tinozzadelbucato,e ioerodi

pessimoumoreeparlavomaleditutti.Sigiròversodimeemifece“Masentitela,lafurbacchiona!Nontipiacequesto,non ti piacequello...Ma tu, tu ti piaci?”.Mi fece ridere, edi colpo ilmiomalumoresvanì».

Martha se ne andò, felice, non appena ebbe finito di servire la colazione a Mary. L’attendevanocinquemigliadicamminoattraversolabrughieraperarrivareacasa,doveavrebbeaiutato lamadrealavare,apulireeacuocereilpanepertuttalasettimana.

NonappenasiresecontocheMarthaeraandatavia,Marysisentipiùsoladelsolito.Scesesubitoingiardinoeperprimacosasimiseacorrere,facendodiecivoltediseguitoilgirodellagrandefontana.Contòscrupolosamente igiricompiuti,eal terminesi sentìalquantosollevata. Il soledavaunaspettodiverso alle cose. Il cielo si distendeva azzurro e profondo suMisselthwaite e sull’intera brughiera:Marycontinuavaaguardareinaltocercandodiimmaginarecheeffettofacessesdraiarsisuunadiquellepiccolenuvolebianchecomelaneveelasciarsigalleggiarenell’aria.Sidiresseversoilprimoortoelìtrovò BenWeatherstaff al lavoro insieme ad altri due giardinieri. Sembrava che la bella giornata loavessemessodibuonumore,poichélerivolseperprimolaparola.

«Staarrivandolaprimavera»,disse.«Nonsentiteilprofumo?».Maryannusòl’ariaesì,credettedavverodisentirlo.«Sentoqualcosadipiacevole,difrescoediumido»,rispose.«È la terra buona e fertile», continuò l’altro riprendendo a zappare: «Si prepara a far crescere le

cose.Ècontenta, la terra,quandoarriva ilmomentodellasemina,cosìcomeè tristedurante l’invernoperchénonhanulladafare.Neigiardini,albuiosottolaterralecosestannocominciandoamuoversi.Eilsoleleriscalda.Frapocosivedrannospuntaredallaterratanteminuscolepuntineverdi».

«Ecosasarannomai?»,chieseMary.«Crochi,bucaneve,narcisi...Nonliavetemaivisti?»«No. In India, dopo le piogge, tutto è caldo, umido e verde», risposeMary. «Credo che le piante

crescanoinunanotte».«Queste qui non cresceranno in una notte», spiegò Ben. «Bisognerà aspettare prima di vederle.

Spunterannofuoriunpo’allavolta,ognigiornodipiù,mettendooggiunafogliolina,domaniun’altra...Teneteled’occhioevedrete».

«Lofarò»,risposeMary.Pocodopoudìunlievefrullod’aliecapìcheilpettirossoeratornato.Eramoltoallegroevivace:

saltellòaisuoipiediepiegòdi lato ilcapino,comepersbirciarla furtivamente,conungestoquasidi

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timidezza.AlloraMarydomandòaBen:«Credetechesiricordidime?»«Sesi ricordadivoi?!...», saltò suBen, indignato.«Conosceogni torsolodicavoloneigiardinie

credetechenonsiricordidellepersone?Nonhamaivisto,qui,unaragazzinaprimad’ora,estacercandodisaperetuttosulvostroconto.Edèinutilecercaredinascondergliqualcosa,aquelbeltipolì».

«Anchenelgiardinodoveviveluilecosesistannomuovendoalbuio,sottoterra?»,chieseMary.«Qualegiardino?»,bofonchiòBendiventandoimprovvisamentescontroso.«Quellodovesitrovanoivecchirosai».Nonriuscivaanonchiedere,perchéavevatroppavogliadi

saperlo.«Ifiorisonotuttimortioinestatenefiorisceancoraqualcuno?Cisonoancoralerose?»«Chiedeteloalui»,risposeBenaccennandoconunaspallaalpiccolopettirosso.«Èl’unicoasaperne

qualcosa.Nonlohavistonessunaltrodadiecianni».Dieciannieranodavverotanti,pensòMary.Leieraappenanata,diecianniprima.Si allontanò a passi lenti, riflettendo. Il giardino cominciava a piacerle, proprio come avevano

cominciato a piacerle il pettirosso e Dikon e la madre di Martha. Ora cominciava a piacerle ancheMartha. Ed erano tante persone, dal momento che abitualmente non provava simpatia per nessuno.Pensavaalpettirossocomeaunapersona.Proseguìversoillungomuroricopertodall’edera,aldisopradel quale si potevano scorgere le cime degli alberi: propriomentre stava gironzolando là intorno leaccadde una cosa assai eccitante e straordinaria, e tutto grazie al piccolo pettirosso amico di BenWeatherstaff.

Udìuncinguettioeunpigolio,equandosivoltòaguardarel’aiuolaspogliaallasuasinistra,scorsel’uccellino che saltellava fingendo di beccare qualcosa inmezzo alle zolle di terra, quasi volesse farcrederedinonaverlaseguita.Maleisapevabenechel’avevaseguita,elasorpresalariempìtalmentedigioiachequasitremò.

«Tiricordidime,allora!»,esclamò.«Tiricordidime!Seilacreaturapiùcaradelmondo!».Mary cinguettava, e parlava, e lo incitava,mentre l’altro saltellava agitando la coda e pigolando.

Sembravacheparlasse.Ilsuopanciottorossoeracomediseta,eluigonfiavacongraziailpettominuto,ed era così maestoso e grazioso, quasi a mostrarle come un pettirosso potesse essere uguale a unapersonaumana,ealtrettantoimportante.Quandoluilepermisediaccostarsiunpo’dipiù,dichinarsiediparlarglicercandodiemetteredeisuonisimiliaquellideipettirossi,Marydimenticòdeltuttodiaveremaiavutounbruttopensieroinvitasua.Oh,leconcedevadiavvicinarsicosìtanto!...Dunquecapivacheper nulla al mondo lei avrebbe allungato una mano o fatto qualcosa per spaventarlo!... E lo capivaproprioperchéeracomeunapersona,maal tempostessopiùgraziosodiqualsiasipersonaalmondo.Marysisentivacosìfelicecheamalapenaosavarespirare.

L’aiuolanoneradeltuttospoglia:eraprivadifioriperchélepiantesempreverdieranostatetagliateperilriposoinvernale,mac’eraunaseriedicespuglialtiebassichecrescevaaibordi,eilpettirossovisaltellava intorno. A un certo puntoMary lo vide zampettare sopra unmucchietto di terra smossa direcente.Stavacercandounverme?...Probabilmentequella terraerastatarivoltatadaqualchecanecheavevascavatounabucapiuttostoprofondaneltentativoditirarefuoriunatalpa.

Marynoncapivaperchécifossequellabuca,maviguardòdentroescorsequalcosa:si trattavadiuna speciedi anello arrugginito, di ferroo forsedi ottone...Quando il pettirosso senevolò sopraunalbero lì accanto, lei allungòunamanoera raccolse l’anello...Manoneraun anello: eraunavecchiachiavecheavevatuttal’ariadiessererimastasepoltalìdalungotempo.

Marysirizzòinpiedieguardòquasiconspaventolachiavechelependevadaldito.«Forseèrimastasepoltaquiperdiecianni»,disseinunsoffio.«Forseèlachiavedelgiardino!».

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Capitoloottavo.IlpettirossomostrailcamminoMaryguardòlachiaveperunbelpezzo,rigirandolafralemani,riflettendo.Comeabbiamogiàdetto,

non era una bambina abituata a chiedere il permesso o il consiglio degli adulti. L’unico suo pensieroriguardo alla chiave era questo: se davvero si trattava della chiave del giardino chiuso, ora dovevariuscire a trovare la porta, aprirla e scoprire che cosa c’era dietro quelmuro, e che ne era stato deicespuglidirose.

Voleva vedere quel giardino proprio perché era rimasto chiuso tanto a lungo. Doveva esseredifferentedaglialtrigiardini,eindieciannidovevaessereaccadutoqualcosadistraordinario.Inoltre,selefossepiaciuto,cisarebbepotutaandaretuttiigiornichiudendosilaportaallespalle;avrebbepotutoinventarsideigiochituttisuoi,dasola...Nessunoavrebbesaputodov’era,poichéavrebberocontinuatoapensarechelaportaerachiusaelachiavesepoltasottoterra.Quell’idealepiacevamolto.

Vivereinpraticadasola, inunacasadicentostanzemisteriosamentechiuseachiavesenzasaperecosafarepersvagarsi,avevamessoinazioneilsuocervelloinattivoerisvegliatolasuaimmaginazione.E senza dubbio anche l’aria fresca, forte e pura della brughiera aveva contribuito parecchio a talecambiamento: leaveva fatto tornare l’appetitoeora,dopoaver stimolato il suosangue,provvedevaastimolareanchelasuamente.Lesembravadinonaverequasipiù“bruttipensieri”,anchesenonsapevaspiegarsenelaragione.

Infilò la chiave in tascaeprese a camminare avanti e indietroper il sentiero.Parevachenessunoandassemai lì, tranne lei: poteva quindi camminare con calma ed esaminare bene il muro, omegliol’edera che vi cresceva sopra. Quell’edera la sconcertava: per quanto scrutasse con attenzione, nonriuscivaavederealtrochefogliefitteelucide,diunverdequasinero.Eraassaidelusa,tantochementremisuravailmuroalentipassiletornaronoinmentealcunideisuoibruttipensieri.Eraassurdotrovarsilìvicinoenonpoterentrare.Unavoltaacasa,continuòatenerelachiaveintasca;anzi,deciseditenerlasempreaportatadimano,nelcasofosseriuscitaatrovarelaportanascosta.

MrsMedlock aveva dato aMartha il permesso di dormire a casa. Lamattina seguente la ragazzatornòallavorotuttaallegraeconlegotepiùrossechemai.

«Misonoalzataallequattro»,annunciò.«Labrughieraaquell’oraeraunaverameraviglia: il solesorgevaeintantogliuccellisirisvegliavano,iconigliscappavanoquaelà...Nonhofattomicatuttalastradaapiedi:untalemihadatounpassaggiosulsuocarro...Oh,misonodivertitaunmondo!...».

Avevatantissimecosepiacevolidaraccontaresulsuogiornodilibertà.Suamadreerastatacontentadi vederla. Insieme avevano fatto il pane e il bucato.Martha aveva anche preparato per ognuno deifratelliniundolcettodipastadipanecondentrounpezzettinodizuccherodicanna.

«I dolci erano ancora caldi quando sono rientrati dopo aver giocato nella brughiera. La casaprofumavadipaneappenasfornato,c’eraunbelfuocoetuttistrillavanodallagioia.Dickonhadettochelanostracasettaèdegnadiunre,tantoèbella».

Lasera,mentretuttieranosedutiattornoalfuocoeleielamammacucivanotoppesuivestitistrappatierammendavanocalze,Marthaavevaraccontatolastranastoriadellaragazzinavenutadall’India,cheerastataservitafindallanascitadaquellicheleichiamava“neri”echenonsapevaneancheinfilarsilecalzedasola.

«Eh,sì,glièpiaciutounsaccosentirmiparlaredivoi»,concluseMartha.«Volevanosaperetuttodeinegriedellanavesucisietearrivata.Chiedevanoechiedevano,maiononhopotutodiregranche...».

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Maryriflettéqualchemomento.«Vidiròtanteetantecoseprimadelvostroprossimogiornodilibertà»,leassicurò,«cosìavretetanti

fattidaraccontare.Scommettocheavrannopiaceredisentirparlaredigitesuelefantiecammelliodiufficialichevannoacacciaditigri...».

«Caspita!»,esclamòMartha,incantata.«Diventerannomattidallagioia,potetegiurarci!Davverolofarete,Miss?Sarebbemegliocheandarealcirco».

«L’IndiaèmoltodiversadalloYorkshire»,disseMary lentamente,mentre rifletteva,«nonciavevomaipensatobene.DavveroaDikoneavostramadreèpiaciutosentirparlaredime?»

«Oh,Dikonsgranavagliocchidallostupore,mentrelamammaèrimastadisassoquandohasaputoche siete abbandonata a voi stessa. Ha chiesto: “Ma Mr Craven non le ha dato un’istitutrice o unagovernante?”.E ioho risposto:“No,ancorano,anche seMrsMedlockdiceche lo faràdi sicurononappenagliverràinmente,machepotrebbenonvenirgliinmenteperaltridueotreanni”».

«Nonvoglionessunaistitutrice!»,disseMaryintonobrusco.«Peròlamammadicecheormaidovrestemetterviastudiare,eancheavereunadonnachesioccupi

soltantodivoi.Mihadetto:“AscoltaMartha,pensasoltantoacometisentirestitualsuoposto,inunacasacosìgrande, lasciata così, ad andartene ingiroda sola e senza lamamma!...Dovresti cercaredifarleunpo’dicoraggio”.Cosìhadetto.Eiolehopromessochelofarò».

Marylasquadròconunalungaocchiata.«Mavoimistategiàfacendocoraggio»,disse.«Mipiacesentirviparlare».Marthauscìdallastanzaeritornòsubitodopo,nascondendoqualcosasottoilgrembiule.«Eccoqui:checosanepensate?»,disseconun’allegrarisata.«Vihoportatounregalo».«Un regalo!...», esclamòMary. Come poteva fare dei regali una famiglia con quattordici bocche

affamate?«Unuomo,unvenditoreambulantechepassavaperlabrughiera»,spiegòMartha,«hafermatoilsuo

carrodavantiallanostraporta.Avevapentole,padelleetantaaltraroba,malamammanonavevasoldienonpotevacomprarenulla.Propriomentresenestavaandandovia,lanostra‘LizabethEllenhastrillato:“Mamma,guarda,halecordepersaltareconimanicirossieblu!”.Alloralamammaloharichiamatosubito: “Qui, buon uomo, fermatevi! Quanto costano quelle?”. E lui: “Due soldi”. La mamma hacominciato a frugarsi nelle tasche e ha detto: “Martha, hai portato la tua paga a casa come la bravaragazza che sei, e io di soldi ne ho giusto quattro,ma voglio spenderne due e comprare a quella tuabambinaunacordapersaltare!”...Infattil’hacomprata,edeccolaqua».

Latiròfuorieglielamostrò,pienadiorgoglio.Eraunacordarobusta,sottile,conimanicidipintiastriscerosseeblualledueestremità.MaryLennoxnonavevamaivistoprimadialloraunacordapersaltare,elacontemplòstupefatta.

«Acosaserve?»,chieseincuriosita.«Acosaserve!...»,esclamòMartha.«VorrestedirmicheinIndianonconosconolecordepersaltare,

con tutti i loroelefanti,e le tigri,e icammelli?Oracapiscoperchésonoquasi tuttineri.Ve lo facciovedereioacosaserve:stateaguardare».

Corseinmezzoallastanza,eimpugnandoinognimanounmanicodellacorda,iniziòasaltare,saltareesaltare...Marysivoltòsullasediaerimaseaosservarla,eparevacheanchelestranefaccedeivecchiritratti stessero fissando Martha, quasi chiedendosi cosa osasse combinare proprio sotto i loroaristocratici nasi quella semplice contadinotta. Ma Martha non li vedeva neppure: l’interesse e lacuriositàchepotevaleggeresulvisettodiMaryladeliziavano.Cosìcontinuòasaltarecontando,enonsmisefinchénonfuarrivataacento.

«Posso fare anche dimeglio», disse quando si fermò. «Sono riuscita a saltare fino a cinquecentoquando avevo dodici anni, ma a quel tempo ero un bel po’ più magra di adesso, e non ero fuoriesercizio».

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Marysialzòdallasedia:cominciavaasentirsieccitata.«Mi sembra bello», disse. «Vostra madre è una donna molto gentile. Credete che riuscirò mai a

saltarecosì?»«Provate»,laincoraggiòMarthaporgendolelacorda.«All’iniziononriusciretecertoadarrivarefino

acento,maconlapraticamigliorerete.Lohadettolamamma,sapete?Hadetto:“Nientepotrebbefarlemegliodiunacordapersaltare.Èilgiocattolomigliorecheunabambinapossaavere.Saltandoacordaall’ariaapertavedretechegambeebraccialesiirrobustiranno”».

Apparvesubitochiaro,quandosimiseasaltare,chediforza,nellebracciaenellegambediMary,cen’erabenpoca.Noneramoltoabile,maquelgiocolepiacquetantochenonvollesmettere.

«Vestiteviecorretefuoriasaltare»,laincitòMartha.«Lamammahadettochedovetestarefuoripiùchepotete,anchequandopioveunpo’,purchésiatebencoperta».

Marysiinfilòcappottoecappello,preselacordaeaprìlaporta;mad’untrattolevenneinmenteunacosaesivoltòlentamente.

«Oh,Martha»,disse,«eralavostrapaga.Eranoproprioivostrisoldi...Grazie!».Lodisseinmodorigido,perchénonera abituata a ringraziare lepersoneoanotare cheavevano fattoqualcosaper lei.«Grazie»,ripeté,eteselamano,perchénonsapevacos’altrofare.Marthaglielastrinseconariagoffa,comesenonfosseabituataaquelgenerediringraziamenti.Poirise.

«Siete una ragazzina strana, vi comportate come i grandi», disse. «La nostra ‘Lizabeth Ellen miavrebbedatounbacio».

Marysiirrigidìancoradipiù.«Voletechevidiaunbacio?».Martharisedinuovo.«No,non io»,disse.«Sefostediversa,sarestevoistessaavolermelodare,manonha importanza.

Adessocorretefuorieandateagiocareconlacorda».Mary provava una sorta di imbarazzo: la gente dello Yorkshire le sembrava strana, e Martha

continuavaaessereunenigmaperlei.All’iniziononleerapiaciutaaffatto,maadessoeradiverso.Lacordapersaltareeraunacosafantastica:saltòecontò,contòesaltòfinoadavereleguancetutte

rosse.Daquandoeranata,nonsieramaiinteressatacosìtantoaqualcosa.Ilsolesplendevaetiravaunpo’ di vento;ma non era un vento forte: giungeva a lievi folate che recavano un buon odore di terraappenasmossa.Marysaltòintornoallagrandefontanadelgiardino,saltòsuperunsentieroegiùperunaltro... Infine,sempresaltando,arrivònell’orto,dovevideBenchezappavaparlandocon ilpettirossocheglizampettavaaccanto.Continuandoasaltare,sidiresseversodilui.Benalzòilcapoelaguardòconunacuriosaespressione.Marysierachiestase lui l’avrebbenotata,perchéci tenevamoltochelavedessesaltareconlacorda.

«Bene!»,esclamòilgiardiniere.«Parolamia,dopotuttopuòdarsichesiateunabambinaanchevoi!Emagarinelleveneviscorrepuredelsangue,invecechelatteacido!...Quant’èverochemichiamoBenWeatherstaff, vi sonovenute duebelle guance rosse!Non avreimai creduto chepotesse accadere unacosasimile».

«Nonhomai saltatoacorda,prima»,disseMary.«Hocominciatooggi.Riescoadarrivare soloaventivoltediseguito».

«Continuate»,disseBen.«Velacavateabbastanzabeneperessereunabambinacheèsemprevissutainmezzoaipagani.Vedetecomeviosserva?»,aggiunsescuotendoilcapoversol’uccellino.«Ierivihaseguita,eoggipureviseguirà.Glipiaceràscoprirecos’èunacordapersaltare,perchénonnehamaivistauna...Eh!...Caromio»,esclamòscuotendoilcapoversolabestiola,«lacuriositàsaràlatuarovinasenonimpariastarebeneattento».

Marysaltellòintornoatuttigliortieintornoalfrutteto,riposandosiognitanto.Allafineraggiunseilsuo sentiero speciale, e decise di provare se gli riusciva di percorrerlo tutto saltando con la corda.

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Poichéerauntrattobello lungo,cominciò lentamente,maprimadiavernepercorsoneppure lametàsisentivatalmenteaccaldataesenzafiatochefucostrettaafermarsi.Nonglieneimportavatroppo,perchécomunqueerariuscitaacontarefinoatrenta.Sifermòconunarisatinadisoddisfazione,eguardaunpo’,eccolìilpiccolopettirossochelaguardavadondolandosisuunlungotralciodiedera.L’avevaseguita,ela stava salutando con un cinguettio.Mentre saltava verso di lui,Mary sentì qualcosa di pesante, chetenevaintasca,batterlecontroilcorpoaognisalto.Risedinuovo,erivolgendosialpettirossodisse:

«Ierimihaimostratodov’eralachiave,oggidovresti indicarmilaporta!...Manoncredochetulosappia!».

Ilpettirossovolòdaltralciodiederasullasommitàdelmuro,aprìilbeccoeintonòunaseriediacutietrillideliziosi,alsoloscopodiesibirsi.Nonc’ènullaalmondodipiùadorabilediunpettirossochesidàdellearie,elofannoquasisempre.

Mary,cheneiraccontidellasuaayahavevasempresentitoparlarediincantesimi,dissesempre,inseguito,checiòcheaccaddeinquelmomentofumagia.

Giùperilsentierocorseunapiacevolefolatadivento,piùfortedellealtre,chescosseiramideglialberi e fece sollevare i lunghi tralci di edera che ricoprivano ilmuro.Mary si era già avvicinata alpettirosso, e di colpo il vento agitò ancor più l’edera, e lei si precipitò verso ilmuro e con lamanoscostò le foglie. Aveva scorto qualcosa di rotondo, il pomello di una porta, che il rampicantenascondeva.

Infilòlemanisottolefogliee lespostò.Perquantofittafossel’edera,quellaspeciedicortinaeramobileesoltantoinminimaparteattaccataalferroeallegno.Ilcuorelebattevaall’impazzataelemanile tremavanoper lagioiae l’eccitazione. Ilpettirossoseguitavaacantareagolaspiegata.Piegando ilcapinodilato,esembravaeccitatoquantolei.Checosasentivasottolemani?Unastranacosaquadrata,diferro,incuilesueditaavevanotrovatounbuco...

Eralaserraturadiunaportarimastachiusaperdiecilunghianni.Tiròfuorilachiavedallatasca,lainfilònellatoppa,scoprìchesiadattavaallaperfezione.Provòagirare;dovetteusareambeduelemani,mainfinelagirò.

Tirò un lungo e respiro e si guardò alle spalle per controllare che non stesse venendo qualcuno.Nessuno.Aquantoparevanoncapitavamainessuno,lì.Unaltrorespiroprofondo;poi,mentreconunamanotrattenevadapartelaverdecortinadiedera,conl’altraspinselaportachepianpianosiaprì.

Sgusciò attraverso l’apertura, si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò contro con la schienaguardandosiintornoerespirandoforteperlatrepidazione,lostuporeelagioia.

Sitrovavanelgiardinosegreto.

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Capitolonono.Lacasapiùstranaincuiabbiamaivissutoqualcuno

Erailpostopiùincantevoleemisteriosochesipotesseimmaginare.Lealtemurachelocircondavano

erano ricoperte da rami spogli di rose rampicanti, talmente fitti da formare come un groviglio.MaryLennoxsapevabenechesitrattavadirose,perchéinIndianeavevagiàvistemoltissime.Ilterrenoeratutto ricoperto di erba resa scura dalla stagione invernale, da cui spuntavano gruppi di cespugli chedovevano sicuramente essere di rose, se erano ancora vivi.Alcuni di quei cespugli avevano talmenteallungatoilororamidasembrareverieproprialberelli,anchesenontroppoalti.Vieranoanchealtrialberi nel giardino, ma la cosa più affascinante e singolare era che le rose rampicanti vi si eranoaggrappate formando aerei intrecci ondeggianti tra un ramo e l’altro, comemeravigliosi ponti sospesinell’aria. Inquelmomentononc’erano rose eneppure foglie, eMarynon sapeva se lepiante fosseromorteoppurevive;mailororamigrigiemarronichericoprivanotuttocomeunmanto,imuri,glialberiepersinol’erbabrunalàdoveeranocadutiecrescevanoaterra,conferivanoalluogoun’ariamisteriosa.Maryavevaimmaginatochequelgiardinodovesseesserediversodatuttiglialtrichenoneranorimasticosìalungoabbandonatiasestessi;edifattieradiverso,assaidiversodaqualsiasialtroluogoavessemaivistoinvitasua.

«Chesilenzio!»,sussurrò.«Chegransilenzio!...».Rimasecomeinattesaperqualcheistante,ascoltandoilsilenzio.Ancheilpettirosso,volatoincima

al solito albero, taceva come tutto il resto; non batteva neppure le ali: rimaneva immobile sul ramo,fissandolabambina.

«Nonmistupiscechecisiatantosilenzio!...»,bisbigliòancoraMary.«Dopodieciannisonolaprimapersona,qui,apronunciarequalcheparola».

Siallontanòdallaportacamminandoinpuntadipiedi,comese temessedisvegliarequalcuno.Eracontentachel’erbaattutisseisuoipassi.Sifermòsottounodiqueipontisimiliafestonicresciuticomeperincantodaunalberoall’altro,guardandoiviticcieiramicheloformavano.

«Chissà se sono del tutto morti?», disse. «Non sarà mica un giardino completamente morto? Oh,vorreitantodino!...».

AlvecchioBensarebbebastataun’occhiatapercapirese lepianteeranoancoraviveono,ma leiriuscivaavederesolounacosa:tantiramettigrigiomarronisucuinonsimanifestavailbenchéminimosegnodiqualchegemma.

Comunque, si trovava finalmente dentro quel meraviglioso giardino. Ora poteva andarci quandovoleva,attraversolaportacelatadall’edera:lesembravadiaverescopertounmondotuttosuo.

Fraqueiquattromuriilsolesplendevaradioso,eilcieloazzurrosoprailgiardinoapparivaancorapiù brillante e dolce di quello che si stendeva sulla brughiera. Il pettirosso volò giù dalla cimadell’alberoepreseasaltellarleintorno,seguendoladauncespuglioall’altro.Continuavaacinguettareesembravaparecchioindaffarato,comesevolessemostrarletanteetantecose.Tuttoerastranoemuto,eMaryavevalasensazioneditrovarsiacentinaiaecentinaiadimigliadaogniessereumano,eppurenonsisentivaaffattosola.Laturbavasoltantoildesideriodisaperesetuttiirosetifosseroormaimortiosepercasoalcunifosseroancoraviviepotesseroricoprirsidifoglieebocciolinonappenasarebbestato

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un po’ più caldo. Voleva davvero con tutto il cuore che il giardino non fosse completamente morto:potevaessereunosplendoreconmigliaiadirosefioritedaogniparte!...

Dopo avere girellato un po’, si accorse che la corda ciondolava sempre dal suo braccio: decisealloradifareilgirodelgiardinosaltando,fermandosisoloquandolevenivavogliadiguardaremeglioqualcosa.Sembravacifosserostatideisentieriquaelàfral’erba,einqualcheangolovidepadiglionidisempreverdiconsedilidipietraegrandivasidafioriricopertidimuschio.

Accostandosialsecondopadiglione,smisedisaltare.Lì,untempo,c’erastataun’aiuoladifiori,eMary credette di vedere qualcosa che spuntavadalla terra nera: si trattavadi alcune aguzzepuntolinecolorverdepallido.

SiricordòdiquantoleavevadettoBenWeatherstaffesichinòperesaminarle.«Queste cosine piccole piccole sono delle pianticelle che spuntano... Potrebbero essere crochi o

bucaneve,oppurenarcisi»,mormorò.Sichinòperannusarleefiutòlafrescafragranzadellaterraumida,chelepiacquemoltissimo.«Magaricenesonoaltre»,disse.«Faròilgirodelgiardinopercontrollare».Anziché saltare, proseguì camminando. Procedeva lentamente, con gli occhi fissi a terra. Guardò

nelle vecchie aiuole e inmezzo all’erba, e dopo aver compiuto la suaperlustrazione cercandodi nonfarsisfuggirenulla,avevascopertotantealtrepuntolineverdiesottili,ederadinuovomoltocontentaedeccitata.

«Nonèungiardinomortodeltutto»,esclamòdolcementeasestessa.«Anchesetuttelerosefosseromorte,cisonotantealtrepianteancoravive».

Marynonsapevaquasinulladigiardinaggio,maincertipuntidovel’erbaeraparticolarmentefittaebbecomel’impressionechequellepuntolineverdicercasserodiaprirsiafaticaunvarcopercrescere.Si guardò intorno finchénon trovòunpezzetto di legno sufficientemente aguzzo.Simise in ginocchio,scavandoestrappandoleerbaccefinoaformaredeipiccolispazisgombriintornoaipuntoliniverdi.

«Oradireichepotrannorespiraremeglio»,dissedopoaverliberatoiprimigermogli.«Faròsemprecosì,efaròtuttoilpossibile.Senonfacciointempooggi,torneròdomani».

Passavadaun’aiuolaall’altra,scavando,strappandovialeerbacce,esidivertivatalmenteche,finiteleaiuole,simiseastrappareanchel’erbaaipiedideglialberi.Tuttoqueldaffarelariscaldòatalpuntochesi tolse lagiaccaepoiancheilcappello.Senzarendersenecontosorridevaall’erbaeaipuntoliniverdi.

Ancheilpettirossoerapiuttostoaffaccendato,lietodivederechequalcunocominciavaaoccuparsidelpostodoveabitava.EdirecheavevasperatonelvecchioBenWeatherstaff.Epoi,quandoqualcunolavora inungiardino, con il terriccio smossovengono suunmucchiodiprelibatezzedamangiare.Edecco che questa piccola creatura alta neppure la metà di Ben aveva il buonsenso di entrare nel suogiardinoedimettersisubitoall’opera.

Marylavorònelgiardinofinoall’oradipranzo.Adireilverosenericordòconuncertoritardo,equando indossò nuovamente giacca, simise il cappello e raccattò la corda per saltare non riusciva acrederediaver lavoratoperdueo treoredi fila.Per tuttoquel temposiera sentitadavvero felice;eadesso lì dove erano state tolte le erbacce che le soffocavano si potevano vedere decine e decine dipuntolineverdechiarocheavevanounaspettoalquantomigliorediprima.

«Tornerònelpomeriggio»,dissegirandolosguardosulsuonuovoregno,rivolgendosiaglialberieaicespuglicomesepotesseroudirla.

Quindi corse leggera attraverso il prato, aprì la vecchia porta e sgusciò fuori inmezzo all’edera.Avevalegotecolorite,gliocchisplendentieatavolamangiòcontaleappetitocheMarthanefumoltosoddisfatta.

«Due fette di carne e due porzioni di budino di riso!», esclamò. «La mia mamma sarà propriocontentaquandoleracconteròl’effettochevihafattolacordapersaltare».

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Mentrezappettavaconilsuobastone,Maryavevatrovatounaspeciediradicebiancachesembravaunapiccolacipolla.L’avevasubito rimessaapostocoprendolanuovamentedi terra;eproprio inquelmomentosistavachiedendoseMarthaleavrebbesaputospiegarecos’era.

«Martha,checosasonoquelleradicibianchesimiliallecipolle?»,domandò.«Sono bulbi», rispose la ragazza. «È da lì che nasconomolti fiori primaverili. I più piccoli sono

bucaneveecrochi,ipiùgrandinarcisi,giunchiglieeasfodeli.Ipiùgrossidituttisonogiglieirisviola.Sonofioribellissimi.Dickonnehapiantatiunmucchionelnostropiccologiardino».

«Dickonconoscebeneibulbi?»,disseMary,mentreunanuovaideasifacevastradanellasuatesta.«Oh, il nostro Dickon sarebbe capace di far spuntare un fiore dal muro. Lamamma dice che lui

bisbigliaallepiantedivenirefuoridallaterra».«Ibulbivivonoalungo?Riesconoasopravvivereperannianchesenessunoliaiuta?»,chieseMary

conansia.«Ibulbisiaiutanodasoli»,disseMartha.«Eccoperchéancheipoveripossonopermettersidiaverli.

Basta non disturbarli e loro lavorano sottoterra per tutta la vita, germogliano e si espandono. C’è unpunto,quinelboscodelparco,dovecresconomigliaiadibucaneve.AprimaverasonounadellecosepiùbelledelloYorkshire...Nessunosachiliabbiapiantati».

«Comevorreichefossegiàprimavera!»,esclamòMary.«VogliovederetuttelepiantechecresconoinInghilterra».

Avevafinitodimangiareederaandataasedersinelsuoangolopreferito,alatodelcaminetto.«Mipiacerebbe...mipiacerebbetantoavereunapiccolavanga»,disse.«Ecosavenefatediunavanga?»,chieseMartharidendo.«Voletemettervialavorarelaterra?Ah,

bisogneràpropriocheloraccontiallamamma!».Maryguardò il fuocoe rimasea riflettereperqualche istante.Dovevafarebeneattenzione,senon

volevaperdereilsuoregnosegreto.Nonstavafacendonulladimale,maseMrCravenfossevenutoasaperechelaportadiquelgiardinoerastataapertasisarebbearrabbiatoterribilmente,avrebbemessoun’altrachiaveel’avrebbechiusadinuovo,stavoltapersempre.Ederaun’ideacheMarynonriuscivaasopportare.

«Qui tutto è tanto grande e solitario», disse lentamente, con l’aria di rimuginare fra sé. La casa ètriste, il parco è triste, i giardini sono tristi. Parecchi posti sono chiusi a chiave.Non è che in Indiafacessigranche,maalmenolìvedevopiùgente:indigeni,soldatichemarciavano...Avoltec’eraanchelabandachesuonava,epoilamiaayahmiraccontavaunmucchiodistorie...Qui,invece,apartevoieBen,nonc’ènessunoconcuiparlare.Mavoiavetedafare,eBenèspessoscorbutico.Pensavocheconunapiccolavangapotreimettermiazappettaredaqualcheparteemetteresuunpiccologiardino,seBenacconsentisseadarmiqualcheseme».

IlvisodiMarthaparveilluminarsi.«Ma guarda guarda!...», esclamò. «È proprio quello che dice anche la mamma!... Lei dice: “C’è

talmentetantaterrainquelposto!Perchénonglienedannounpezzettinotuttopersé,ancheperpiantarcisoltantoprezzemoloeravanelli.Vangareezappettaredàsoddisfazione!”.Propriocosìdice».

«Davvero?»,disseMary.«Quantecosecapisce!»«Eh»,sospiròMartha,«sapete,dicepurecheunadonnadopoavertiratosudodicifiglisabenaltro

chel’alfabeto!Ifiglisonocomel’aritmetica:fannocapireunsaccodicose».«Quantopuòcostareunavanga,unavangapiccolina?»,domandòMary.«Be’», risposeMary dopo averci pensato su qualche secondo, «nel villaggio di Thwaite c’è una

bottegaoqualcosadelgenere...Hovistochealprezzodiduescellinivendonotuttigliattrezzinecessariperilgiardinaggio,valeadirevanga,rastrelloeforcone.Esembranoancheabbastanzasolidi».

«Iohopiùdiduescellininelborsellino»,disseMary.«MrsMorrisonmihadatocinquescellini,eMrsMedlockmihadatodell’altrodenarodapartediMrCraven».

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«MrCravensièricordatodivoifinoaquestopunto?...»,simeravigliòMartha.«MrsMedlockmihadettocheavreiavutounoscellinoasettimanaperlemiepiccolespese.Mene

dàunoognisabato.Nonsonemmenocomespenderlo».«BuonDio!Maallorasietericca!»,gridòMartha.«Potetecompraretuttoquellochevipare.L’affitto

dellanostracasettaèdiunoscellinoemezzo,eognivolta fatichiamodibruttoper farcela...Mivieneun’idea»,aggiunsed’untrattomettendosilemanisuifianchi.

«Cosa?»,chieseMaryincuriosita.«InquellabottediThwaitevendonopuresacchettinidi semida fioreaunsoldo l’uno,e ilnostro

Dickonsaqualisonoipiùbelliecomefarlicrescere;epoivaspessoaThwaite,così,perilpiacerediandarci.Sapetescrivereunaletterainstampatello?»

«Soscrivere»,risposeMary.«Dickon legge soltanto lo stampatello. Se sapete scrivere in quel modo, possiamo chiedergli di

andareacompraregliattrezziperilgiardinoeancheisemi».«Oh,sietepropriounabravaragazza!»,esclamòMary.«Losietesulserio.Nonsapevochefostecosì

gentile.Pensodiriuscireascrivereinstampatello,semiciprovo.Chiediamocarta,pennaeinchiostroaMrsMedlock».

«Lihoio»,disseMartha.«Lihocompratiperscrivereallamammaladomenica.Vadoaprenderli».Laragazzacorsefuoridallastanza.Maryrimaseaccantoalfuoco,serrandolemaninesottiliperla

contentezza.«Seavròunavanga», sussurrò fra sé,«potrò rendere la terrabella sofficee sradicareadovere le

erbacce. E con i semi potrò far crescere dei bei fiori, così il giardino non sarà piùmorto, tornerà avivere».

Quelpomeriggiononpotépiùuscire,perchéquandoMarthatornòconcarta,pennaecalamaio,avevaancoradasparecchiareeportaredi sottopiattievassoi;poi,quandoentrò incucina,MrsMedlock laincaricò di sbrigare diverse faccende, cosìMary dovette attendere il suo ritorno per un tempo che leparveinterminabile.Epoi,anchescrivereaDickonsirivelòcosanonsemplice.AMary,infatti,erastatoinsegnato ben poco: le sue istitutrici non la sopportavano più di tanto e avevano fatto il minimoindispensabile.Noneramoltobravainortografia,mascoprìcheconunpo’disforzoriuscivaascrivereinstampatello.EdeccoquilaletteracheMarthaledettò:

CaroDickon,conquestamiasperoditrovartiinbuonasalutecosìcomemitrovoioinquestomomento.MissMaryhaunamontagnadisoldievuolechetuvada aThwaite per comprarle semi da fiori e attrezzi da giardino per fare un’aiuola. Scegli i fiori più belli e che crescono più facilmente,perchéèunacosacheleinonhamaifattoprimad’ora,dalmomentochevienedall’Indiadovetuttoèassaidiverso.Salutamilamammaetuttiglialtri.MissMarymi racconterà tantealtrecose,così ilmioprossimogiorno liberoviparleròdielefanti,dicammelliedigentiluominichevannoacacciadileonieditigri.

MarthaPhoebeSowerby

«Mettetemiisoldiinunabustaeglielafaròconsegnaredalfigliodelmacellaio,cheèmoltoamicodi

Dickon»,disseMartha.«Comefaròadaveretuttalaroba,quandoDickonl’avràcomprata?»,domandòMary.«Oh,velaporteràluistesso!Saràmoltocontentodiveniredaquesteparti».«Oh»,esclamòMary,«alloraciconosceremo!Noncredevochel’avreimaivisto!».«Dunquevifapiacereconoscerlo»,chieseMartha,piacevolmentesorpresa.«Sì,davverotanto.Nonhomaiconosciutounragazzoamatodallevolpiedaicorvi».Marthaebbeunpiccolosussulto,comeseall’improvvisosifossericordatadiunacosa.«Chesbadata!...Pensarechevolevodirvelosubito,stamattina,einvecemenestavoscordando!...Ho

parlatoconlamamma,eleihadettocheavrebbechiestoaMrsMedlock...».

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«Voletedire...».«Masì,quellodicuiparlavamomartedì.Lechiederàsequalchevoltapotetevenireacasanostra,a

mangiareildolcediavenafattodaleieabereunbicchieredilatte...».Sembravachetuttelecoseinteressantidovesseroaccaderequelgiorno!Solol’ideadiandarenella

brughieraconilsoleeilcieloazzurro!Inunacasettadovec’eranododicibambini!...«VostramadrecredecheMrsMedlockmilasceràvenire?»,chieseMaryansiosamente.«Sì,pensadisì.EpoiMrsMedlocksachelamammaèunadonnaordinataechelanostracasaè

semprepulita».«Sevenissi, conoscerei anche vostramadre, oltre aDickon», disseMary, pensando conpiacere a

quellaprospettiva.«Sembramoltodiversadallemadriindiane».Martharimaseafarlecompagniafinoall’oradeltè,masenestetterotranquilleeparlaronopiuttosto

poco:Maryerataciturna,poichépensavaallavoroingiardinoeatuttelecoseeccitantiaccaduteinquelpomeriggio,maprimacheMarthascendesseperprendereilvassoiodeltè,lefeceunadomanda.

«Martha»,chiese,«lasguatterapercasohaavutomaldidentiancheoggi?».Marthatrasalìleggermente.«Checosavelofapensare?»«Mentrehoaspettatotuttoquel tempoprimachetornaste,hoapertolaportaesonoarrivatafinoin

fondoalcorridoiopervederesetornavate.Ehouditodinuovoquelpiantolontano,lostessodell’altrasera.Nonc’èunfilodiventooggi,dunqueèchiarochenonpotevaessereilvento».

«Eh!...»,disseMarthaconevidentedisagio.«Nondoveteandareingiroadallungareleorecchieperilcorridoi!...MrCravensipotrebbearrabbiareparecchio,eallorachipuòdirecosafarebbe?»

«Nonstavoallungandoleorecchie»,ribattéMary.«Vistavosoloaspettando...eauncertomomentohosentitoqualcunopiangere.Questaèlaterzavolta».

«Santo cielo! Questo è il campanello di Mrs Medlock!...», esclamò Martha. E corse fuori dallastanza.

«Questaèlacasapiùstranaincuisiamaivissutoqualcuno»,disseMaryconvoceassonnata,mentrela testaciondolanteandavaaposarsi sulcuscinodellavicinapoltrona.L’aria fresca, lozappettarenelgiardinoeilsaltareacordaleavevanomessoaddossounapiacevolestanchezza...Esiaddormentò.

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Capitolodecimo.DickonDa quasi una settimana il sole continuava a splendere sul giardino segreto. Era così cheMary lo

chiamavadentrodisé:quelnomelepiaceva,eancorpiùlepiacevalasensazioneche,unavoltachiusadentroqueivecchimuri,nessunosapessedovesi trovava.Eracomestarsenealdifuoridelmondo, inqualcheluogoincantato.Ipochilibricheavevalettoeavevaamatoeranostatilibridifiabe,einunadiquellestorieeranodescrittideigiardinisegreti.Avoltedeipersonaggiviandavanoadormirepercentoanni,equestacosaaMarysembravaassolutamentestupida.Nonavevainfattialcunaintenzionediandarea dormire nel suo giardino; anzi, ogni giorno che trascorreva aMisselthwaite la rendeva più sveglia.Cominciavaapiacerlestareall’aperto,enonodiavapiùilvento,cheadessoladivertiva.Ormaicorrevapiù velocemente e più a lungo, e saltava la corda contando fino a cento. I bulbi del giardino segretodovevano esserne davvero stupiti: il terreno intorno a loro era stato ripulito a dovere e finalmenteavevanolospazioperrespirareasazietà.Marynonlosapeva,masenerallegravanomoltosottolaterrascura,eavevanoiniziatoalavorarefreneticamente!Ilsolelipotevaraggiungereeriscaldare,eanchelapioggia,cosìsisentivanopienidivita.

Maryerauna ragazzinastrana,mamoltodecisa,eadessocheavevaqualcosadi interessanteacuidedicarsi,visiimpegnavaconentusiasmo.Lavorava,scavava,strappavasistematicamenteleerbacce,eogniorachepassavainquelmodoanzichéstancarlaledavaunagrandesoddisfazione.

Lavorare in giardino era un gioco entusiasmante. Le puntine verde pallido spuntavano dal terrenoassaipiùnumerosediquantoavessemaisperato:sembravanovenirefuoridappertutto,eognigiornoerasicuradiscoprirnealtre,alcunetalmenteminuscolecheaffioravanoamalapenatralezollenerastre.Cen’eranotalmentetante,chesirammentòdiquellocheavevadettoMarthaapropositodelle“migliaiadibucaneve”edeibulbichesimoltiplicavanogenerandonedinuovi.Lìibulbieranorimastiabbandonatiasestessiperdiecilunghianni,eforsesieranodiffusiamigliaia,comequeibucaneve.Sichiedevaquantotempo ci sarebbe ancora voluto prima della fioritura. A volte smetteva di zappettare e si metteva aguardare ilgiardino, tentandodi immaginarsicomesarebbeapparsoquandosarebbestato ricopertodimigliaiadifiori.

Durantequellasettimanadisole,strinserapportipiùamichevoliconilvecchioBenWeatherstaff.Losorpresepiùvoltecomparendoall’improvvisoaccantoa luicomesefossesbucatafuoridalla terra.Adire ilvero, temevache ilgiardiniere,vedendolaarrivare, raccogliesse isuoiattrezzieseneandassevia,cosìcercavadiavvicinarglisiilpiùsilenziosamentepossibile.Maluinonsembravapiùmaldispostocome i primi tempi: forse era segretamente lusingato dall’evidente desiderio diMary di stare in suacompagnia;epoilabambinasierafattamoltopiùgentile.Nonpotevasaperechelaprimavoltaleigliaveva parlato come avrebbe fatto con un indiano, ignorando che un irascibile e cocciuto vecchiogiardinieredelloYorkshirenoneraabituatoafaresalaamaisuoipadronieaobbedireall’istanteatuttigliordini.

«Sieteugualealpettirosso»,ledisseunamattinache,sollevandolatesta,selatrovòdinanzi.«Nonsomaiquandovivedrò,comenonsomaidachepartespunteràlui».

«Luiadessohafattoamiciziaconme!»,disseMary.«Questo è proprio nel suo stile!», ribatté Ben. «Fare amicizia con le donne solo per vanità e

leggerezza.Farebbequalsiasicosapurdicivettareedesibirelepennedellacoda.Èpienodisuperbiacomeunuovoèpienodituorlo».

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Capitavadiradocheparlassecosìtanto;avolte,anzi,silimitavaarisponderealledomandediMaryconungrugnito.Quellamattina,però,gliandavadichiacchierare.Sirizzò,poggiòloscarponechiodatoincimaallavangaelaguardò.

«Daquantotemposietequi?»,domandòbruscamente.«Dacircaunmese»,risposelei.«L’ariadiMisselthwaitecominciaafarvibene»,commentòilgiardiniere.«Sieteunpo’piùincarne

diprimaenonsietepiùtantogialla.Sapete,sembravateunacornacchiettaspelacchiatalaprimavoltachesietevenutaquiingiardino:ricordodiaveredettoamestessodinonaveremaivistounabambinaconunafacciatantobruttaetantoscontrosa».

Mary non era affatto vanitosa, e siccome non aveva mai avuto una grande opinione del proprioaspettononrimasetroppomaleaquelleparole.

«Lo so di essere ingrassata un po’», rispose. «Le calze adesso mi stanno strette, mentre primafacevanoaddiritturalepieghe.Eccoilpettirosso,Ben».

Infattieraarrivatoilpettirosso,eMarypensòcheerapiùgraziosochemai:ilsuopanciottoscarlattoera lucido come seta, allargava le ali e la coda, piegava il capino e saltellava in giro conunagraziaindicibile.SembravadecisoafarsiammiraredaBen,mailvecchiosimostròalquantosarcastico.

«Ah,eccotiqui!»,disse.«Tiaccontentianchedimequandonontrovidimeglio.Tiseilustratobeneilpanciottoehai lisciato leiali inquestedueultimesettimane. Io losoquelloche tipassaper la testa:corteggiqualchesfacciatellaeleraccontiunmucchiodibugie,cheseiilpettirossopiùingambadellabrughieradiMissel,prontoabattersicontrotuttiperconquistarla».

«Oh,guardatelo!»,disseMary.Aquantopareva,ilpettirossoerainunmomentodiparticolarecoraggioeaudacia.Saltellavavicino

aBen inmodosemprepiù seducente.Volò sulpiùvicinocespugliodi ribes,piegò il capinodi latoeintonòungorgheggioproprioinsuoonore.

«Credidirabbonirmiconletuemoine»,disseBenaggrottandolafrontepernonapparirelusingato.«Pensipropriodiessereirresistibile,eccocosapensi».

Ilpettirossospiegòleiali...eMaryriuscìastentoacredereaipropriocchi.L’uccellinovolòdrittoverso il manico della vanga di BenWeatherstaff e vi si posò in cima. Allora il viso del giardinierecambiò di nuovo espressione. Rimaneva fermo, quasi non osasse neppure respirare: non si sarebbemossopernullaalmondo,pernonmandareviailsuopettirosso.

«Be’,chemipigliuncolpo»,bisbigliòcondolcezza,quasi inunsoffio,«saidavverocomeaverlavinta,eccome!Èrobadell’altromondo,capiscitutto!».

Rimaseimmobile,senzapiùfiatare,finchéilpettirossoconunfrullodialivolòvia.Allorailvecchiorimaseunattimoaguardareilmanicodellavangacomeseavessequalcosadimagico;poisirimiseallavoroenondissenullaperunbelpo’.

Ditantointanto,però,lafacciaglisispianavainunsorriso;cosìMarynonesitòaparlargli.«Aveteancheungiardinovostro?»,chiese.«No,sonoscapoloeabitoconMartin,nellacasettachestavicinoalcancello».«Eseneavesteuno,checosacipiantereste?»«Cavoli,patateecipolle».«Mamettiamochefosseungiardinodifiori»,insistéMary,«checosapiantereste?»«Bulbidifioriprofumati,masoprattuttorose».IlvisodiMarysiilluminò.«Vipiaccionolerose?»,chiese.Primadirispondere,Bensradicòun’erbacciaelagettòdaparte.«Be’,si,mipiacciono.Miinsegnòadamarleunagiovanesignoraperlaqualefacevoilgiardiniere...

Ne aveva tantissime, in unluogo a cui teneva molto. Le amava come se fossero dei bimbi... o dei

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pettirossi.Sichinavasudiloroelebaciava...».Strappòun’altraerbaccia.«Questoaccadevaunadecinadiannifa».

«Eadessodov’è?»,chieseMarycongrandeinteresse.«Incielo,almenoaquantodiceilparroco»,risposeBenaffondandolavanganelterreno.«Echefinehannofattolerose?»,insistéMarypiùinteressatachemai.«Sonorimasteabbandonate».Marysiappassionavasemprepiù.«Sonomorte?Lerosemuoionoquandorestanoabbandonate?»,siarrischiòachiedere.«Be’ quelle rose avevano cominciato a piacermi, e lei pure mi piaceva», ammise Ben in tono

riluttante. «Ho continuato ad andarci una o due volte l’anno a lavorarci un po’. Zappettavo il terrenointornoalleradici,lepotavo...Sisonoinselvatichite,mailterrenoerafertile,eparecchiesonorimastevive».

«Maquandoiraminonhannofoglieesonotuttigrigiesecchi,comesifaacapireselepiantesonorimasteviveoppureno?»,insistéMary.

«Bisogna aspettare primavera, che brilli il sole e la pioggia cada sulla terra riscaldata, allora sicapisce».

«Macomesifa?Inchemodo?»,esclamòMarydimenticandodiessereprudente.«Bisognaesaminareiramoscellieitronchi.Sevedetespuntarequaelàunpiccologonfiorescuro,

guardatelodinuovodopolapioggiaeosservatecosaaccade».Siarrestòdicolpoeosservòincuriositoil visetto eccitato della bambina. «Ma perché improvvisamente vi interessate tanto di rose?», ledomandò.

Marysisentìavvampare.Avevaquasipauradirispondere.«Io...iovorreigiocareadavereungiardinotuttomio»,balbettò.«Iononhonientedafare...enonho

nessuno».«Be’,questoèvero»,risposeBenlentamente,senzasmetterediguardarla.«Nonavetenessuno».Pronunciòquelleparoleinmodostrano,tantocheMarysichiesesenonlacompiangesseunpoco.Lei

nonavevamaiprovatopenapersestessa:sisentivasoltantostufaeirritataperchéc’eranotantecoseetantepersonechenonlepiacevano,eccotutto.Ora,però,avevacomel’impressionecheilmondostessecambiando,chediventassepiùbello.Senessunofossevenutoaconoscenzadelgiardinosegreto,avrebbesaputosemprecomedivertirsi.

Rimase lì con il vecchio altri dieci o quindiciminuti, facendogli tutte le domande che osava. Luirisposeatutteconilsuosolitotonoburbero:nonparvetroppocontrariato,enonseneandòconlasuavangapiantandola inassocometantealtrevolte.Dissequalcosasulle rosepropriomentresenestavaandando, e le fece tornare in mente ciò che aveva raccontato a proposito di quelle di cui era cosìorgoglioso.

«Continuateancoraadandarleatrovare,quellerose?»,glidomandò.«Quest’annono,noncisonoandato.Ireumatismimihannoquasibloccato».Disse quelle parole farfugliando, e poi d’un tratto parve adirarsi, sebbene Mary non riuscisse a

comprenderneilmotivo.«Adessobasta!Finitelaconledomande!...»,esclamòintonoaspro.«Sietelaragazzinapiùseccante

cheabbiamai incontrato.Andateveneagiocarepercontovostro,nonhonessunavogliadi starequiachiacchierareconvoi!».

ParlòinmodotalmentebruscocheMarycapìsubitochenonsarebbeservitoanullarestareancheunminutodipiù;cosìseneandò,saltandolentamenteacordalungoilsentieroedicendoasestessache,infondo,ilvecchioBeneraun’altrapersonachelepiaceva,nonostantelasuairritabilità.Sì,lepiaceva,eavrebbesemprecercatodiattaccarediscorsoconlui...Epoicominciavaacrederechesapessedavverotuttosuifiori.

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Unvialettobordatodiallorocurvavatutt’intornoalgiardinosegreto,perterminareconuncancellochesiaprivasuunbosconelparco.Pensòdisaltareacordalungoquelvialeosservandoilboscoperscoprire se vi abitavano dei conigli. Saltare a corda le piaceva moltissimo, e una volta raggiunto ilcancello loaprì e lovarcò,perchéavevauditouno strano fischio lieveemodulato, ederacuriosadiscoprirecosafosse.

Vide una cosa stranissima, che quasi la lasciò senza fiato: seduto sotto un albero, la schienaappoggiataal tronco,c’eraunragazzochesuonavaunrudimentalezufolodi legno.Avevacircadodiciannieun’ariadavverobuffa,conilnasettoall’insùelegoterossecomepapaveri.Sembravamoltolindoepulito.Marynonavevamaivistodueocchi cosìgrandi e così azzurri sulvisodinessun ragazzo.Ec’era uno scoiattolo, aggrappato al tronco dell’albero contro cui il ragazzo era seduto, che lo stavaguardando; e dietro un cespuglio poco distante un fagianomaschio allungava con cautela il collo persbirciare furtivamente... A un passo dal ragazzo, due coniglietti, seduti sulle zampe posteriori,annusavano l’aria con i nasi vibranti.A dire il vero, pareva che tutti cercassero di avvicinarsi il piùpossibilealuiperascoltarelostrano,sommessorichiamodelsuozufolo.

AllavistadiMary,ilragazzosollevòunmanoeparlòconuntonodivocecosìbassochesembravailsuonodelsuozufolo.

«Nontimuovere»,disse.«Lifarestiscapparevia».Maryrestòimmobile.Luismisedisuonareecominciòadalzarsi,macosìlentamentecheeraquasi

impossibileaccorgersene. Infine fu inpiedi, e allora lo scoiattolo fuggìdi corsa, il fagiano ritrasse latestaeiconigliripreseroasaltellarequaelà,nienteaffattospaventati.

«IosonoDickon»,sipresentòilragazzo,«esochetuseiMissMary».AlloraMarysi resecontoche inqualchemodoavevasubitosaputoche luieraDickon. Infatti,chi

altriavrebbepotuto incantareconigliefagianicomegli indigenidell’India incantavanoiserpenti?... Ilragazzoavevaunaboccagrande,carnosa,eilsorrisoglisislargavasututtalafaccia.

«Mi sono alzatopianpiano», spiegò, «perché imovimenti rapidi li spaventano.Bisognamuoversiadagioeparlareabassavocequandocisitrovaconlecreatureselvatiche».

Dickonleparlavacomesesiconoscesserodalungotempo;Maryinvecerimaseunpo’fredda,perchénonavevamaifrequentatodeiragazziesisentivaintimidita.

«HairicevutolaletteradiMartha?»,glichiese.Luiannuìconilcapofoltodiriccicapellifulvi.«Sonovenutoperquesto»,disse.Sichinòperraccogliereunasaccacheerarimastaposataaterramentresuonavalozufolo.«Hopresogliattrezzidagiardino.Cisonounapiccolazappa,unrastrello,unforconeeunavanga.

Eh,robapropriobuona,fattacomesideve!...C’èancheunapaletta.Labottegaiahaaggiuntonelpaccopureunpo’disemidipapaveribianchiedisperonelleazzurrequandohocompratoglialtrisemi».

«Melifarestivedere,isemi?»,chieseMary.Le sarebbe tanto piaciuto poter parlare come quel ragazzo, che si esprimeva in modo rapido e

semplice.Avevauntonocomeseleiglipiacesseeluifosseasuavoltasicurodipiacerle,anchesenoneraaltrocheunpoveroragazzodellabrughiera,congliabitirattoppati,lafacciabuffaeicapellicolorruggine.Mentreglisiavvicinava,Maryavvertìunfragranzafrescaepulitadierica,dierbaedifoglie,quasicheluistessofossefattodiqueglielementi.Quelprofumolepiacquemoltissimo,equandoguardòilvisobuffodiDickon,conigrandiocchiazzurrielegoterosse,dimenticòognitimidezza.

«Mettiamociasederesuquestotroncoeguardiamoli»,proposeMary.Sisedettero,eluitiròfuoridaunatascadelgiacconeunrozzoinvoltodicartascura.Slegòlospagoe

dentroc’eranotantipacchettinibenordinati,ciascunoconsopraildisegnodiunfiore.«Cisonomoltipapaveriemoltareseda»,spiegò.«Laresedaèprofumatissimaecrescedappertutto,

comepureipapaveri,delresto.Appenaglifaiunfischio,cresconoefioriscono,esonoifioripiùbelli

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ditutti».Tacqueevoltòrapidamentelatesta,mentreilvisodallegoterosseglisiilluminava.«Dov’èilpettirossochecistachiamando?»,chiese.Ilcinguettioprovenivadaunfoltocespugliodipungitopodallelucentibacchescarlatte.Marypensò

disaperechifosse.«Davverocistachiamando?»,domandò.«Sì»,risposeDickoncomesefosselacosapiùnaturalediquestomondo,«stachiamandoqualchesuo

amico.Ècomeseglidicesse:“Eccomi, sonoqui!Hovogliadi fareduechiacchierecon te”.È lì,nelcespuglio.Dichiè?»

«ÈilpettirossodiBenWeatherstaff,mapensocheconoscaunpochinoancheme»,risposeMary.«Oh,sì,ticonoscebene»,replicòDickontornandoaparlareabassavoce.«Ehamoltasimpatiaper

te,glipiaci.Adessomiracconteràtuttosultuoconto».Siaccostòalcespuglioconglistessimovimentilentidiprima,epoiemiseunsuonoquasiidenticoal

cinguettiodelpettirosso.L’uccellinorestòunattimofermoinascolto,attento,quindicinguettòasuavolta,comerispondendoaunadomanda.

«Sì,èpropriountuoamico»,sussurròDickon.«Sulseriolocredi?»,esclamòMaryconansia.Citenevatantissimoasaperlo.«Pensicheglipiaccio

davvero?»«Non ti verrebbe così vicino se non gli piacessi», rispose Dickon. «Gli uccelli sanno capire le

differenzetraunapersonae l’altra,esonodigustidifficili. Ipettirossi, inparticolare,possononutrireantipatieancorapiùdegliuomini.Adessotistafacendolacorte,vedi?Tistadicendo:“Guardami,guardacomesonocarino,esonotuoamico”.Questotistadicendo».

Esembravachefosseveramentecosì,dacomelabestiolazampettavadi lato,cinguettavaefacevapiroetteeammiccamentimentresaltellavanelcespuglio.

«Capiscituttociòchediconogliuccelli?»,domandòMary.Dickonsorriseconlasuagrandeboccarossaemobile,esigrattòilcaporicciuto.«Iopensodisì,eanchelorolapensanoallostessomodo»,disse.«Sonostatotantotempoconloro,

nellabrughiera...Lihovistiusciredalguscio, ricoprirsidipiume, inparareavolareeacantare...Misembradiessereunodi loro.Avoltecredosulseriodiessereunuccello,unavolpe,unconiglio,unoscoiattoloomagariunoscarabeo...così,senzarendermeneconto».

Rise; quindi tornò al tronco e riprese a parlare dei semi dei fiori. Le descrisse l’aspetto cheavrebberoavutoquandosarebberodiventatifiori:lespiegòcomepiantarliecomeavernecuranutrendolieannaffiandoli.«Epoi,setiva»,dissed’untrattovoltandosiaguardarla,«potreipiantarteli iostesso.Dov’èiltuogiardino?».

Mary contrasse lemanine sottili. Non sapeva che cosa dire, e così non disse nulla per un interominuto. Non aveva pensato a una cosa del genere. Era disperata. Si sentì prima avvampare, poiimpallidire.

«Cel’haiuntuopezzettodigiardino,naturalmente?!...»,tornòachiedereDickon.EraproprioverocheMarysierafattaprimarossaepoibianca.EDickonsen’eraaccorto;esiccome

leicontinuavaatacere,ilragazzorimasealquantoperplesso.«Noncel’haiancora?»,domandò.«Nontivoglionodarenemmenounpezzettoditerra?».Maryserròancorapiùfortelemaniegirògliocchiversodilui.«Iononconoscoiragazzi»,disselentamente,«matu...tusaresticapacedimantenereunsegreto,sete

loconfidassi?...Si trattadiungrandesegreto,nonsocosapotrei faresequalcunovenisseasaperlo...Pensochemorirei!...».Pronunciòquest’ultimafraseconslancio.

Dickonapparivaancorapiùperplessodiprimaetornòagrattarsilatestaricciuta,malerisposecongentilezzaeallegria.

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«Iomantengosempreisegreti»,leassicurò.«Senonsapessimantenereisegreticonglialtriragazzi,isegretisuicucciolidivolpe,suinididegliuccelli,sulletanedeglianimaliselvatici,noncisarebbenullaalsicurointuttalabrughiera...Sì,credopropriodisaperlofare:somantenereisegreti».

Marynonavevaalcunaintenzionediallungareunamanoeafferrareilragazzoperlamanica,eppurefuesattamentequellochefece.

«Horubatoungiardino»,disseprecipitosamente.«Nonèmio.Nonèdinessuno.Nessunolovuole,nessuno lo cura, nessuno ci vamai. Lo lascianomorire, forse è giàmorto, non lo so», concluse condisperazione,esicoprìilvisoconlemaniscoppiandoinsinghiozzi–povera,piccolaMissMary!

IgrandiocchiazzurridiDickonsifeceroancorapiùgrandiperlacuriosità.«Eh-h-h-h-!...»,esclamòlentamente,inuntonosospesotrameravigliaestupitasimpatia.«Nonhonulladafare,qui»,proseguìMary,«enonhonulladimio,proprionulla.Hoscopertoquel

giardinodasolaedasolacisonoentrata.Eropropriocomeilpettirosso,enessunopuòportareviaalpettirossoilsuogiardino».

«Edovesitrovaquestogiardino?»,chieseDickonabbassandosemprepiùlavoce.Marysialzòdiscattodaltronco.Sirendevacontodiaverenuovamente“bruttipensieri”ediessere

ostinata,manonglieneimportava.EratornataaessereimperiosacomeinIndia,peròaltempostessosisentivaavvilitaedispiaciuta.

«Vieniconmeetelofaròvedere!»,disse.Locondussenelvialettoconlesiepidialloroepoinelsentierodovel’ederacrescevapiùfittasul

muro.Dickonlaseguivaconunastranaespressioneinviso,comeselostesseroconducendoavedereilnidodiqualcheuccellosconosciutoeoccorressemuoversiconestremacautela.QuandoMarysifermòesollevo la cortina di edere, rimase assai sorpreso. C’era una porta che lei spinse lentamente e cheoltrepassarono insieme;poiMarysi fermò,efacendoungestoquasidisfidamostrò ilgiardinocon lamano.

«Eccolo»,disse.«Èungiardinosegreto,eiosonol’unicapersonaalmondoavolerecheviva!».Dickonguardavaeriguardava,nonsmettevapiùdigiraregliocchiall’intorno.«Eh!»,bisbigliòinun

soffio.«Èunpostostrano,incantato...Sembradiessereinunsogno».

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Capitoloundicesimo.IlnidodeltordoPerunpaiodiminuti,Dickonproseguìaguardarsi intorno,mentreMary loosservava;poi iniziòa

camminarepiano,piùpianodicomeavevacamminatoleiquandosieratrovatalìdentrofraqueimuriperlaprimavolta.Isuoiocchisembravanovolerguardareognicosa:glialberigrigieirampicantichesiabbarbicavanoaitronchieairamiricadendogiù,ilgrovigliosulmuroeinmezzoall’erba,lenicchiedisempreverdiconisedilidipietraeigrandivasidafiori.

«Nonavreimaicredutodivederlo,questoposto»,disseinfineinunsussurro.«Neavevisentitoparlare?»,disseMary.Avevachiestoadaltavoce,eilragazzolefeceuncenno.«Bisognaparlarepiano»,mormorò,«senonvogliamochequalcunocisentaevengaachiederciche

cosafacciamoqui».«Oh,meneerodimenticata!»,disseMaryallarmata,portandosilemanisullabocca.«Dunquesapevi

diquestogiardino?»,domandòancoranonappenasifucalmata.Dickonannuì.«Marthamiavevaparlatodiungiardinodovenonentravapiùnessuno»,rispose,«ecichiedevamo

cheaspettoavesse».Si fermò a osservare il bell’intrico di vegetazione che lo circondava, e i suoi grandi occhi chiari

parverostranamentefelici.«Chissàquantinidiinprimavera!Èilpostopiùsicurodituttal’Inghilterra,perfarciunnido:nonci

vienemaiun’anima,eguardaquantigroviglidialberiedirosepercostruircidentro...Midomandocomemaituttigliuccellidellabrughieranonvenganoquiafareiloronidi».

Mary,senzarenderseneconto,gliposònuovamentelamanosulbraccio.«Cisarannoancoradellerose?»,mormorò.«Riesciacapirlo?Iohopaurachesianomortetutte».«Ehno,nontutte!»,lerisposeDickon.«Ecco,guardaqui!».Sidiresseversol’alberopiùvicino,unalberovecchissimoconlacortecciatuttaricopertadilicheni

grigiastri, che sosteneva un intrico di rami e rametti fittamente attorcigliati. Tirò fuori di tasca uncoltellinoaserramanicoeneestrasselalama.

«Cisonoparecchiramisecchichedovrebberoesseretagliati»,spiegò,«ecisonopureparecchiramivecchi,mal’annoscorsonehafattianchedinuovi...Questoèunramoscellonuovo»,dissetoccandoungermogliocolorverdescuro.

Marylotoccòanchelei,emozionata,inmodoquasiriverente.«Questo?»,chiese.«Questononèmorto?Davverononèmorto?».Dickondisteselasuagrandeboccasorridente.«Èpiùvivodimeedite»,rispose.«Sonofelicechesiavivo!»,esclamòleiinunsoffio.«Iovogliochesianotuttivivi.Facciamoilgiro

delgiardinoecontiamoquantisonosopravvissuti».Maryquasiansimavaperl’impazienza,eDickoneraaltrettantoeccitatodilei.Andaronodaunalbero

all’altro,dauncespuglioall’altro.Dickontenevailsuocoltelloinmanoeleandavamostrandocosechesembravanomeravigliose.

«Sisonoinselvatichite,peròpocomale»,disse.«Lepiantedebolisonomortetutte,maquellerobustece l’hanno fatta e sono cresciute sempre di più.Eccole: crescono, si espandono, guarda che bellezza!

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Guarda!...», esclamò piegando un rametto grigio che sembrava morto. «Diresti che è secco, ma ioscommettodino,nonfinoallaradice,almeno...Oralotaglioinbassoevedremo».

Siinginocchiòeconilcoltelloreciseilramoscelloappenasopralaterra.«Ecco!»,esclamòesultante.«Chetidicevo?C’èancoradelverdedentro!Guarda!».Marysierainginocchiataancheleiprimaancoracheluiparlasse,eseguivacongrandeattenzione.«Quando il ramoscelloèunpo’verdastroeumido,comequestoqui,alloravuoldirecheèvivo»,

spiegòDickon.«Quando invece l’internoèseccoesi spezza facilmente,come ilpezzochehoappenatagliato,alloraèmorto.Eccounagrossaradice,dacuisonogermogliatituttiquestirami...Setagliamovia tutto il legnovecchio, zappiamo il terreno intornoeneabbiamocura,questaestateci sarà...», eaquestopuntosi interruppealzando ilvisoperosservare i rampicantie i ramiche licircondavano,«cisaràunaveracascatadirose».

Continuaronoadandaredialberoinalbero,dicespuglioincespuglio.Dickonsapevamaneggiareilcoltellinoconabilità, sapeva tagliarevia il legno seccoemorto ed era ingradodi riconoscere seunramoscello dall’aria poco promettente aveva ancora un po’ di vita all’interno. Nel giro di mezz’ora,ancheMaryavevaimparatocomefare,equando,dopoavertagliatounramoscelloapparentementeprivodivita,trovavaunaminimatracciadiverde,astentosoffocavaungridodigioia.Lavanga,lazappaeilforconesirivelaronoutilissimi:luilemostròcomemaneggiareilforconementreleisidavadafareconlavangasmuovendolaterraintornoalleradiciperlasciarpenetrarel’aria.

Stavanolavorandodibuonalenaattornoaunadellepiantedirosepiùgrandi,quandoDickonscorsequalcosacheglistrappòun’esclamazionedisorpresa.

«Guarda!»,esclamòindicandol’erbaapochipassididistanza.«Chiloavràfatto?».EraunodeipiccolispaziripulitidaMaryintornoallepuntolineverdepallido.«Sonostataio»,disseMary.«Be’,maiocredevochetunonsapessinulladigiardinaggio!».«Infattinonnesonulla»,risposeMary,«maeranocosìpiccoleel’erbaeratalmentefoltaerobusta!

Mièsembratochenonce la facesseroa respirare,cheavesserobisognodiunpo’dispazio intorno...Nonsonemmenochecosasono».

Dickonandòainginocchiarsivicinoaigermogli,esorrise.«Haifattomoltobene»,approvò.«Ungiardiniereprovettononavrebbesaputofaredimeglio.Adesso

cresceranno alla svelta come il fagiolo magico della favola di Jack, che arrivò fino al cielo... Sonocrochiebucaneve...equestiquisononarcisi»,dissevoltandosiversounaltropunto.«Equicisonodegliasfodeli...Oh,saràunverospettacolo!».

Correvadaunpuntoall’altro.«Haifattounmucchiodilavoroperessereunaragazzina!»,commentòsquadrandola.«Comincioametteresucarne»,disseMary,«emisentopiùforte.Primamisentivosemprestanca;

adesso,invece,quandostoquiascavarenonmistancomai.Mipiacel’odoredellaterrasmossa».«Tifamoltobene»,disseDickonconuncennodiapprovazionedelcapo.«Nienteèmegliodelbuon

odoredellaterrapulita, tranneforsel’odoredeigermoglichecresconodopolapioggia...Vadospessonella brughiera quando piove, mi metto sotto un cespuglio, ascolto il rumore delle gocce d’acqua eannuso.Lamammadicecheilmionasotremacomequellodeiconigli».

«Nontipiglimaiilraffreddore?»,chieseMaryguardandolostupita.Nonavevamaivistounragazzocosìbuffoecosìsimpatico.

«Nodavvero»,risposeluiconunasmorfia.«Maiavutounraffreddoredaquandosononato.Iovadoingiroperlabrughieraconqualsiasitempo,propriocomeiconigli.Lamammadicecheindodicianniho respirato troppa aria fresca per pigliare un raffreddore. Sono robusto come un bastone dibiancospino».

Mentreparlavacontinuavaalavorare,eMaryloaiutavaconilforconeelapaletta.

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«C’èpropriounmucchiodilavorodasbrigare,qui!»,disseluiauncertopuntoguardandosiintornoconariaesultante.

«Torneraiadaiutarmi?»,lopregòMary.«Credodiriuscireafarequalcosaanch’io.Potreistrappareleerbacce,e...faretuttociòchemidirai...Oh,vieni,Dickon!».

«Sevuoi,verròognigiorno,chepiovaosplendailsole»,risposeilragazzoconariarisoluta.«Èilmiglior divertimento che mi sia capitato in vita mia... Starmene chiuso qui dentro a risvegliare ungiardino!».

«Se verrai», disseMary, «semi aiuterai a farlo rivivere, io... io non so che cosa farò», conclusesenzasaperecosaaggiungere.Checosapotevafareperunragazzosimile?

«Te lo dico io che cosa farai», le rispose Dickon con la sua simpatica smorfia. «Diventerai piùrobusta,avraisemprefamecomeunvolpacchiottoeimpareraiaparlareaipettirossicomefaccioio.Oh,cidivertiremounmondo!».

Simiseadandareingiro,osservandoalberiecespugliconariameditabonda.«Non vorrei che questo posto diventasse come uno di quei giardini tutti perfetti curati da un

giardiniere», disse. «Mi sembra molto più bello così, con tutte le piante che crescono libere, chedondolanoesiaggrappanounaall’altra».

«Alloranonmettiamolotroppoinordine»,disseMaryansiosa.«Nonsarebbepiùungiardinosegretosefossetroppoordinato».

Dickonsigrattavalatestafulvaconariaperplessa.«Èungiardinosegreto,suquestononcisonodubbi»,disse.«Peròmisembracheoltrealpettirosso

cisiavenutoqualcunaltro,daquandoèstatochiusoachiave».«Malaportaeraserrata,elachiaveerasepolta»,disseMary.«Nessunosarebbepotutoentrare».«Sì,èvero»,ammiselui,«peròquestopostoèdavverostrano,moltostrano...Ameparecheinquesti

dieciannisiastatafattaqualchepotaturaquaelà...»«Macomeèpossibile?»,insistéMary.Dickonstavaesaminandoattentamenteiramidiunapiantadiroseescuotevailcapo.«Già»,mormorò,«comesarebbestatopossibileconlaportachiusaelachiavesottoterra?».Marypensavache,anchesefossevissutamilleanni,nonavrebbemaiscordatoquelprimomattinoin

cuiilgiardinoeratornatodinuovoavivere.QuandoDickoncominciòaripuliredeglispaziperpiantarciisemi,letornaronoallamenteleparolechecantavaBasilquandovolevaprenderlaingiro.

«Cisonodeifiorichesomiglianoallecampanule?»,chiese.«Imughetti», risposeDickonmentresidavadafarecon lapaletta,«epoicisono lecampanuledi

Canterburyeigigliettideicampi...».«Piantiamoneunpo’»,proposeMary.«Quicisonogiàtantissimimughetti,lihovisti...Quantoaglialtri,tenepossoportarealcunepiantine

dalgiardinodicasanostra.Maperchélivuoi?».AlloraMarygliraccontòdiBasil,dellesuesorelleedeisuoifratelli, inIndia,edicomeliaveva

odiatiperchélachiamavano“MaryMarybruttipensieri”.«Miballavanointornoemicanzonavano,così:PiccolaMary,bruttipensieri,comevieneiltuogiardino?Campanuled’argento,ribesnerietantesiepidibiancospino.Me ne sono appena ricordata, e mi sto chiedendo se davvero esistono dei fiori come campanule

d’argento,eccotutto».

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Aggrottòlafronteeaffondòindispettitalapalettanellaterra.«Imieipensierieranosicuramentemenobruttideiloro!».Dickonrise;eMaryvidechespezzettavalafertileterraneraannusandoneilprofumo.«Eh»,disse,«qualibruttipensierisipossonoaverecondeifioricomequesti,etantipiccolianimali

selvaticichecorronodappertutto,siscavanolatanaosicostruisconoilnido,cantanoefischiano...nontipare?».

Marysiinginocchiòaccantoaluiconisemiinmano,loguardòesirasserenò.«Dickon»,disse,«tuseidavverogentile,propriocomemihadettoMartha.Mipiaci, sei laquinta

personachemipiace.Nonavreimaicredutochemisarebberopiaciutecosìtantepersone».Dickon si sedette sui talloni come facevaMarthaquandopuliva lagrigliadel caminetto: avevaun

aspettobuffoesimpatico,conqueisuoigrandie tondiocchiazzurri, legote rossee ilnasettoall’insùdall’ariafelice.

«Tipiaccionosolocinquepersone?»,domandò.«Echisonolealtrequattro?»«Tuamadre,Martha...»,disseMarycontandosulledita,«...epoiilpettirossoeBenWeatherstaff...».Dickonrisecosìfortechedovettecoprirsilaboccaconlamano.«Sochemagaritumicredistrano»,disse,«maioinvecepensochesiatulapersonapiùstranadel

mondo».EaquestopuntoMaryfeceunacosadavverobizzarra.Sisporseinavantiefeceaquelragazzouna

domandachenonsieramaisognatadifareanessuno.EcercòdiparlareneldialettodelloYorkshire,perché quella era la lingua diDickon, e in India gli indigeni erano sempre contenti quando qualcunomostravadiconoscereilloromododiesprimersi.

«Maiotisonosimpatica?»,glichiese.«Ah, sì!», rispose lui con entusiasmo. «Sì,mi sei proprio simpatica.Mi piacimoltissimo, e piaci

anchealpettirosso,aquantopare!».«Allorafadue»,disseMary.«Cisonoduepersoneacuisonosimpatica».Ripreseroalavorarepiùallegriecontentichemai.Quandoilgrandeorologiodelcortilebattél’ora

delpastodimezzogiorno,Marytrasalìsorpresaedispiaciuta.«Bisognachevada»,annunciòcontristezza.«Anchetudeviandare,vero?».Dickonfeceunasmorfia.«Il mio pasto è facile da trasportare», disse. «La mamma mi mette sempre in tasca qualcosa da

mangiare».Raccolseilgiacconedaterraetiròfuoriunfagottinoinformelegatoconunfazzolettorozzomapulito,

aquadribianchieazzurri:contenevaduegrossefettedipaneconinmezzoqualcosa.«Spessoèsoltantopane,maoggic’èancheunabellafettadilardo»,spiegò.AMarysembravaunpastoalquantostrano,maDickonapparivaassaisoddisfatto.«Corriamangiare»,ledisse.«Iofiniròprimaditeelavoreròancoraunpo’primaditornareacasa».Simiseasedereconlaschienacontrounalbero.«Chiameròilpettirossoeglidaròlacotennadellardodabeccare.Ipettirossivannomattiperlecose

grasse».Marynonavevanessunavogliadiandarevia.D’untrattoebbelasensazionecheDickonfosseuna

speciedispiritellodeiboschi,echealsuoritornoavrebbepotutoesseresvanito.Sembravatroppobelloperesserevero.Siavviòlentamenteversolaporta,magiuntaametàstradasivoltòetornòindietro.

«Qualunquecosaaccada,tunon...nondirainullaanessuno,vero?».Dickon aveva già dato il primomorso al suo panino,ma anche se aveva la bocca piena riuscì lo

stessoarasserenarlaconunsorrisorassicurante.«Setufossilafemminadeltordoemimostrassidov’èiltuonidopensiforsechelodireiaqualcuno?

No,maiepoimai»,disse.«Seialsicuro,comeuntordo».

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EMarysisentìperfettamentealsicuro.

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Capitolododicesimo.«Potreiavereunpezzettinoditerra?»

Mary corse così veloce che quando giunse in camera sua era quasi senza fiato. Aveva i capelli

arruffati sulla fronte e le gote di un bel rosa acceso. Il suo pasto era già in tavola eMartha la stavaaspettando

«Èunpo’tardi»,ledisse.«Dovesietestata?»«HovistoDickon!»,esclamòMary.«HovistoDickon!».«Sapevochesarebbevenuto»,disseMartha.«Chevenepare?»«Mipare...unbelragazzo!»,risposeMaryintonodeciso.Marthanonsiaspettavadavverounafrasedelgenere,comunquelefecepiacere.«Be’»,disse,«èilpiùbravoragazzodelmondo,manoinonloabbiamomaitrovatobello.Hailnaso

troppoall’insù».«Amepiaceilnasoall’insù»,replicòMary.«Epoihagliocchitondiecosìgrandi...»,proseguìMarthauntantinodubbiosa.«Anchesebisogna

riconoscerechehannounbelcolore».«Amepiaccionocosìtondiegrandi»,ribattéMary.«Esonoesattamentedellostessocoloredelcielo

dellabrughiera».Marthaeraraggiantedisoddisfazione.«Lamammadicecheglisonodiventatidiquelcoloreaforzadiguardareinaltoversogliuccelliele

nuvole...Peròhalaboccaunpo’troppogrande,nonvipare?»«Mipiacelasuaboccagrande»,disseMaryconostinazione.«Vorreichelamiaboccafossecomela

sua».Martharidacchiòcontenta.«Risulterebbestranaebuffainunvisettocomeilvostro»,rispose.«Masapevochesarebbeandata

cosìquandoloavrestevisto.Visonopiaciutiisemiegliattrezzi?»«Comesapetechemelihaportati?»,chieseMary.«Eh, non homai pensato il contrario. Ero sicura che ve li avrebbe portati, anche se per trovarli

avessedovutogiraretuttoloYorkshire.Èunragazzodiparola».Mary cominciò a temere che Martha le rivolgesse domande alle quali sarebbe stato difficile

rispondere,manonfucosì.Laragazzaeramolto interessataaisemieagliattrezzidagiardino,eci fusolounmomentoincuiMaryebbepaura:fuquandoMarthaledomandòdoveavrebbepiantatoifiori.

«Avetechiestounpezzettoditerra?»«Iononhoancorachiestonienteanessuno»,risposeMaryesitante.«Be’,iononlochiedereialcapogiardiniere.QuelRoachsidàtroppearie».«Iononl’homaineppurevisto»,disseMary.«ConoscosologlialtrigiardinierieBenWeatherstaff».«Se fossi in voi, mi rivolgerei a Ben», suggerìMartha. «Non è cattivo come sembra, anche se è

scorbutico.MrCravenglilasciafarequellochevuole:eragiàquiquandoMrsCraveneraancoraviva,elafacevasempreridere.Leilotrovavasimpatico.Magarivelodaràluiunangolinoqualsiasi».

«Sefosseproprioqualsiasiedeltuttoabbandonato,nonimporterebbeanessunosemeneoccupassi

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io,vero?»,domandòMaryconansia.«Eperchémai?»,risposeMartha.«Noncenesarebbemotivo».Maryfinìilsuopranzopiùrapidamentechepoté,ealzandosidatavolastavaperandaredicorsain

camerasuaarimettersiilcappello,quandoMarthalafermò.«Devodirviunacosa,mahopreferito lasciarviprimamangiare.StamattinaMrCravenè tornatoe

credochevogliavedervi».Marysifecepallida.«Oh!Eperché?»,mormorò.«Nonhavolutovedermiquandosonoarrivata.HosentitoPitchermentre

lodiceva».«Be’»,spiegòMartha,«MrsMedlockdicechevuolevederviperviadellamamma.Lamammaloha

incontratomentrestavaandandoaThwaite.Nongliavevamaiparlatoprima,maMrsCravenerastataacasanostradueotrevolte.MrCravensen’eradimenticato,malamammano,cosìhaavutoilcoraggiodifermarlo.Nonsochecosagliabbiapotutodiredivoi,madicertoqualcosacheglihamessovogliadivederviprimadiripartiredomani».

«Oh,ripartedomani?»,disseMary.«Sonocontenta!».«Staràviaa lungo.Probabilmentenon torneràprimadell’autunnooaddiritturadell’inverno.Andrà

all’estero.Civasempre».«Sonotanto,tantocontenta!»,ripetéMarycongioia.SeMrCravennonritornavafinoall’invernooanchesoltantofinoall’autunno,cisarebbestatotempo

divedertornareinvitailgiardinosegreto.Aquelpunto,ancheseloavessescopertoimpedendolepoidiandarci,almenoavrebbeottenutodivederlorifiorire.

«Quandocredetechevorràvedermi?».NonavevaneppurefinitolafrasechelaportasiaprìedentròMrsMedlock.Sieramessailsuoabito

neromiglioree ilcappello,eaveva ilcollettoallacciatodaungrossomedaglionecon il ritrattodiunuomo: era una foto a colori di suo marito, morto qualche anno prima, e lei portava sempre quelmedaglionequandosimettevaelegante.Avevaun’arianervosaeagitata.

«Sietetuttaspettinata»,disseinfretta.«Andateaspazzolarviicapelli.Martha,aiutatelaainfilarsiilsuovestitopiùbello.MrCravenvuolechelaconducanelsuostudio».

OgnicoloritosvanìdallegotediMary:ilcuorepreseabatterleforteesisentìdiventaredinuovounabambina scialba, insignificante e taciturna. Non rispose a Mrs Medlock, ma si diresse verso la suacameraseguitadaMartha.Nonpronunciòunaparolamentrelacambiavanod’abitoelespazzolavanoicapelli.Appena fu inordine, seguì in silenzioMrsMedlockper i lunghicorridoi.Del resto, checosapotevadire?EracostrettaavedereMrCraven,esapevagiàchenonglisarebbepiaciuta,cosìcomeluinonsarebbepiaciutoalei.

Vennecondotta inunapartedellacasadovenoneramaistata.Finalmente,MrsMedlockpicchiòaunaporta,equandoqualcunodisse“Avanti”entraronoinsiemenellastanza.C’eraunuomo,sedutoinunapoltronaaccantoalfuoco,eMrsMedlockgliannunciò:

«EccoMissMary,signore».«Lasciatela qui e andate. Suonerò per chiamarvi quando sarà il momento di riaccompagnarla in

camerasua»,disseMrCraven.NonappenaMrsMedlockfuuscitaedebberichiusolaporta,Marynonpotéfarealtrocherestarsene

lìinattesa:unesserinoscialbochesitormentavalepiccolemanisottili.Osservòchequell’uomonellapoltronanoneraaffattogobbo,maavevasemplicementelespallemoltoalteeincurvate.Icapellieranoneri,striatidifilibianchi.Voltòilcapoversodileieleparlò.

«Vieniqui!»,disse.Marysiavvicinò.Non era brutto; anzi il suo viso avrebbe potuto anche essere bello senza quell’aria tanto infelice.

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Sembravaquasichelavistadileilopreoccupasseeloaffliggesse,comesenonsapessebenechecosafarsene.

«Titrovibene?»,ledomandò.«Sì»,risposeMary.«Siprendonocuradite?»«Sì».Sipassòunamanosullafronteconariainquietamentrelaesaminavadacapoapiedi.«Seimoltomagra»,disse.«Stoingrassando»,risposeMaryinquellochesapevaessereilpiùantipaticodeisuoimodi.Che aspetto infelice avevaMrCraven!... Era come se i suoi occhi neri la scorgessero a stento, e

vedesseroinvecequalcos’altro...Ancheisuoipensierisembravanoaltrove.«Misonodimenticatodite»,disse.«Comefacevoaricordarmene?...Volevomandartiun’istitutriceo

unabambinaia,oqualcosadelgenere,mamenesonodimenticato».«Perpiacere...»,esordìMary,«perpiacere...»maungroppoingolaleimpedivadiparlare.«Chevuoidirmi?»,chieselui.«Io... io sono troppo grande per una bambinaia. E per favore, vi prego, non affidatemi ancora a

un’istitutrice».Luisipassòdinuovolamanosullafronteelafissò.«Èproprioquantomihadettoquelladonna,MrsSowerby»,borbottòconariaassente.AquelpuntoMaryriuscìaraccogliereunpo’dicoraggio.«È...èlamadrediMartha?»,balbettò.«Sì,credodisì»,risposelui.«Èunachecapiscebeneiragazzi»,disseMary.«Nehadodici.Seneintende».MrCravenparvecomesvegliarsi.«Checosavorrestifare?»«Mi piacerebbe giocare all’aria aperta», risposeMary sperando che la voce non le tremasse. «In

Indianonmipiaceva,maquimifatornarel’appetitoemirimetteinsalute».Luilascrutava.«Mrs Sowerby ha detto che ti gioverebbe parecchio. Magari ha ragione», disse. «Lei dice che

sarebbemegliochetiirrobustissiunpo’primadifartiavereun’istitutrice».«Misentopiùfortequandogiocoeilventospazzalabrughiera»,affermòMary.«Dovegiochi?»,chieselui.«Dappertutto»,farfugliòMary.«LamammadiMarthamihamandatounacordapersaltare.Saltoe

corro,emiguardointornoperosservarelepiantinechecomincianoaspuntaredallaterra...Nonfaccionientedimale».

«Non avereun’aria così spaventata!», le disse lui rabbuiandosi. «Chemalepotrebbemai fare unabambinacomete?Faipuretuttoquellochevuoi».

Mary si portò una mano alla gola perché temeva che Mr Craven potesse scorgere il groppo dieccitazionecheleandavasuegiù.Glisiaccostòdiunpasso.

«Davveroposso?»,chieseconvocetremante.Ilsuofaccinoansiososembravapiùpreoccupatochemai.«Nondeviaverepaurainquestomodo!»,ripetélui.«Iosonoil tuotutore,anchesenonvalgogran

che con i bambini. Non posso dedicarti né tempo né attenzione, perché sono troppomalato, infelice,turbato...;peròvogliochetusiacontentaenontimanchinulla.Noncapiscomoltodiragazzi,peròc’èMrsMedlock,eleitifaràaveretuttoquellochetioccorre...TihomandataachiamareoggiperchéMrsSowerbymihadettochedovevovederti.Suafiglialehaparlatodite.Leipensachetuabbiabisognodiariafresca,dilibertàedimoto».

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«Quellasignorasapropriotuttosuiragazzi»,ripetéMaryquasisenzavolere.«Direidisì»,disseMrCraven.«Mièsembratapiuttostoaudaceafermarminellabrughiera,maha

detto che Mrs Craven era stata molto gentile con lei». Sembrava che fosse troppo doloroso per luipronunciare ilnomedellamogliemorta.«Èunabravadonna,eadessochetihovistapensocheabbiadavverodettodellecosesensate.Giocapureall’apertoquantotipareepiace:ilpostoègrandeepuoiandaredovevuoiperdivertirticomemegliocredi...C’èqualcosachedesideriinparticolare?»,aggiunse,comecolpitodaunpensieroimprovviso.«Vuoigiocattoli,libri,bambole?»

«Potrei...»,esitòMary,«ecco,potreiavereunpezzettinoditerra?»Nellasuaansianonsieraresacontodicomesarebberosuonatestranelesueparole,echenonerano

quellecheavrebbevolutodire.MrCravenparvealquantosorpreso.«Terra!...»,ripeté.«Cheintendidire?»«Perpiantarcideisemi...pervedervivereecresceredeifiori»,balbettòMary.Luilafissòperunattimo,poisipassòvelocementelamanosugliocchi.«Tiinteressanotantoigiardini?»,chieseconunfilodivoce.«InIndianonnesapevonulla»,risposeMary,«perchéerosemprestancaemalata,epoifacevaun

talecaldo...Avoltecostruivodellepiccoleaiuolenellasabbiaeciinfilavodeifiori.Maquièdiverso».MrCravensialzòepreseapasseggiarelentamenteavantieindietroperlastanza.«Unpezzettinodi terra...»,disse fraséesé,eMarypensòchequellasua richiestadovevaavergli

fattotornareallamentequalcosa.Quandoripreseaparlareisuoiocchiscurieranodivenutiquasidolciegentili.

«Puoi avere tutta la terra che vuoi», disse. «Tumi ricordi qualcuno che amava tanto la terra e lepiantechevicrescono.Quandovediunpezzoditerradituogradimento»,soggiunseconunvagosorriso,«prendilopure,bambinamia,efallovivere».

«Possoprenderlaovunque...senonlavuolenessunaltro?»«Ovunque»,confermòlui.«Eadessotenedeviandare,misentomoltostanco».Suonòilcampanello

perchiamareMrsMedlock.«Addio.Staròviatuttal’estate».LagovernantearrivòtalmenteinfrettacheMarysupposestesseaspettandonelcorridoio.«MrsMedlock»,disseMrCraven,«orachehovistolapiccolacomprendocosaintendessedireMrs

Sowerby. In effetti, è ancora troppo delicata per affrontare delle lezioni. Datele da mangiare cibisempliciesostanziosi,elasciatelacorrereliberamenteneigiardini.Nonsorvegliatelatroppo:habisognodiaria fresca,di libertàedisvago.Ogni tantoMrsSowerby laverràa trovare,equalchevoltaMarypotràandaredalei».

MrsMedlockparvesoddisfatta.EraungransollievoperleisentirsidirecheMarynonandavatroppo“sorvegliata”;loconsideravaunincaricogravoso,einfattiavevacercatodivederlailmenopossibile.Pergiunta,nutrivaunagransimpatiaperlamadrediMartha.

«Grazie, signore», disse. «Susan Sowerby è stata mia compagna di scuola: è una donna buona egiudiziosa,comeseneincontranopoche.Iononhoavutofigli,leiinvecenehadodici,enonsisonomaivistiragazzipiùbraviepiùsani.AMissMarynonpotràvenirenulladimaledallalorofrequentazione.Anch’iochiedereisempreconsiglioaSusanSowerbyper tuttoquantoriguardaibambini...Necapiscedavvero,nonsosemispiego!».

«Sì,capiscobenissimo»,risposeMrCraven.«Oraandate,emandatemiPitcher».QuandoMrsMedlocklalasciòall’imboccodelcorridoiocheconducevaallesuestanze,Marycorse

subito incamerasua.Lì trovòMarthache lastavaaspettando:era infatti tornata immediatamentedopoaveresparecchiato.

«Potrò avere il mio giardino!», esclamò Mary. «E potrò averlo dove voglio!... E non avròun’istitutriceancoraperunbelpezzo!...Vostramadreverràatrovarmieiopotròvenireacasavostra!...Lui dice che una bambina come me non può fare nulla di male, e che perciò posso fare quello che

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voglio...dappertutto!».«Eh»,disseMarthatuttacontenta,«èunabellacosadapartesua,nonvipare?»«Martha», disseMary con solennità, «è davvero un uomomolto gentile... però il suo viso è così

infelice,etienelafrontesempreaggrottata».Corse ingiardinopiùvelocechepoteva.Era stataviaassaipiùdelprevistoe sapevacheDickon

doveva mettersi presto in cammino per affrontare il suo tragitto di cinque miglia. Quando sgusciòattraversolaportanascostadall’edera,videchenonstavalavorandodoveloavevalasciato.Gliattrezzidagiardinoeranotuttiradunatiaipiedidiunalbero.Sidiresselà,guardandodatutteleparti,maDickonnonc’erapiù.Eraandatovia,e ilgiardinosegretoeravuoto:c’eraperò ilpettirosso,cheeraappenavolatodadietroilmuroesieraposatosoprauncespugliodirose,dadovelaguardava.

«Se n’è andato», sussurrò Mary tristemente. «Oh... forse era... era solo un piccolo spirito deiboschi!...».

Unacosabianca,attaccataauncespugliodirose,attiròd’untrattolasuaattenzione.Sitrattavadiunpezzettodicarta,unpezzodellaletteradamandareaDickoncheleiavevascrittoperMartha.Unagrossaspinalotenevafissatoalcespuglio,eMarycompresecheerastatoDickonalasciarlo.Soprasivedevanodelleletteretracciaterozzamenteeunaspeciedidisegno.Sulleprimenoncapìdicosasitrattasse,mapoi comprese: raffigurava un nido, con dentro un uccellino, e sotto, in stampatello, c’era scritto:«Tornerò».

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Capitolotredicesimo.«SonoColin»Quandotornòacasaperlacena,MaryportòildisegnoconséelomostròaMartha.«Ehi,nonsapevocheilnostroDickonfossecosìbravo!»,esclamòMarthatuttaorgogliosa.«Guarda

qui:hadisegnatountordonelsuonido,grandealnaturale,esembrapropriovero».In quelmomentoMary capì che con quel disegnoDickon aveva voluto lasciarle unmessaggio: le

dicevadistaretranquillaperchéavrebbemantenutoilsegreto.Ilgiardinoerailnidoeleierailtordo.Oh,quantolepiacevaquelcuriosoragazzo!...Speravadirivederloilgiornoseguente,esiaddormentòaspettandoconimpazienzailmattino.

ManonsipuòmaiindovinarecosacombineràiltemponelloYorkshire,specieinprimavera.Durantela notteMary venne svegliata da una pioggia torrenziale che batteva con violenza contro i vetri dellafinestra. Stava diluviando, e il vento ululava nelle cappe dei camini e girando intorno all’immensa,vecchiacasa.Marysirizzòasederesulletto,sentendosicontrariataeinfelice.

«Questapioggiahapensieriancorapiùbruttideimiei»,sidisse.«Èarrivataperchésapevachenonlavolevo».

Sigettòdinuovosulcuscino,seppellendocilafaccia.Nonsimiseapiangere,marimaselì,aodiareil rumore del vento e della pioggia scrosciante. Non riusciva a riprendere sonno: quel rumore cosìlugubrelatenevasveglia,perchésisentivalugubreanchelei.Sefossestatafelice,probabilmentequelrumore le sarebbe sembratouna speciedininnananna...Macome soffiava forte il vento, e conquantafurialapioggiasferzavaivetri!...

“Sembraproprioqualcunochepiangeperchésièsmarritonellabrughiera”,pensò.Dopoessersigirataerigirataperpiùdiun’oranellettocercandodiriaddormentarsi,qualcosalafece

sobbalzareall’improvvisoe restare inascoltocon ilviso rivoltoverso laporta.Ascoltòa lungo,congrandeattenzione.

«Questononè ilvento»,mormorò trasé.«No,nonè ilvento.Èdiverso.Èquelpiantochehogiàsentito».

Laportadella stanzaera socchiusae il piantoprovenivadal corridoio:un suonodebole,distante.Continuòadascoltareperalcuniminutie fuassolutamentecertadinonsbagliarsi.Dovevascopriredicosasi trattava,aognicosto.Quelpiantosembravaancorapiùmisteriosodelgiardinosegretoedellachiave sepolta.Forsea renderla così coraggiosaera il fattodi trovarsidipessimoumore.Allungòunpiedefuoridalletto,poiunaltroesiritrovòinpiedisulpavimento.

«Adessovadoavederedichesitratta»,disse.«Tanto,sonotuttialetto,ediMrsMedlocknonmeneimportaniente–nientediniente!».

Prese una candela che si trovava sul comodino e uscì con cautela dalla camera. Il corridoio eralunghissimo e buio, maMary era troppo eccitata per farci caso. Credeva di ricordarsi gli angoli dasvoltareperritrovareilbrevecorridoioconlaportanascostadall’arazzo,quelladacuierasbucataMrsMedlockilgiornoincuileisierasmarrita.Ilpiantoprovenivadaquelpuntolà.Proseguìallalucefiocadella candela, quasi a tentoni, con il cuore che le batteva talmente forte che quasi poteva contarne ibattiti.Quelpianto lontano,debole,nonsi interrompeva,e le facevadaguida.Avoltecessavaperunattimo o due, poi riprendeva. Era l’angolo giusto dove svoltare?... Si fermò a riflettere. Era l’angologiusto, sì. Doveva proseguire ancora, poi girare a sinistra, salire due larghi gradini e quindi girarenuovamenteadestra.Eccolaportaconl’arazzo!

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L’aprìpianpianoelarichiuseallesuespalle:adessopotevaudiredistintamenteilpianto,anchesenoneramoltoforte.Provenivadasinistra,dall’altrapartedellaparete.Qualchepassopiùinlàc’eraunaportasottolaqualesiscorgevaunastrisciadiluce.Qualcunostavapiangendoinquellastanza.Qualcunomoltogiovane.

Andòallaporta,l’aprì,edeccolanellastanza!Eraunastanzapiuttostoampia,arredataconbellissimimobiliantichi.Nelcaminettoundebolefuoco

esalavagliultimibagliori.Unluminodanotteardevaaccantoalgrandelettoabaldacchino,dovequattrocolonnine intagliate sorreggevano un tendaggio di broccato. In quel letto era disteso un ragazzo chepiangevapenosamente.

Marysichiesesedavverositrovasseinunluogoreale,oseinvecenonsifosseriaddormentatanelsuolettoestessesognando.

Il ragazzo aveva una faccia affilata, bianca come l’avorio; gli occhi, grigi, sembravano enormi. Icapelli, assai folti, gli ricadevano in ciocche pesanti e disordinate sulla fronte, facendo apparire quelvisoancorapiùminutoeaguzzo.Aveval’ariadiunragazzettomalatodatempo,masembravapiangerenontantoperchésoffrisse,quantoperchésisentivastancoeirritato.

Mary rimase sulla soglia con la candela inmano, trattenendo il respiro; poi entrò nella camera, ementresiavvicinavaallettoilchiaroredellafiammaattiròl’attenzionedelragazzo,chesivoltòversodileifissandolaconisuoiocchigrigichesembraronofarsiimmensi.

«Chisei?»,chieseinfineinunbisbiglio,quasiconspavento.«Seiunfantasma?»«Iono»,risposeMaryinunaltrobisbigliospaventato.«Etu?».Luiseguitavaafissarla,eMarynonpotéfareamenodinotarelastranezzadiquegliocchi.Avevano

ilcoloregrigiodell’agata,elelungheciglianerelifacevanoappariretroppograndiperilsuoviso.«No»,risposedopoalcuniistanti.«IosonoColin».«Colinchi?»,balbettòlei.«ColinCraven.Etuchisei?»«SonoMaryLennox.MrCravenèmiozio».«Èmiopadre»,disseilragazzo.«Tuopadre!...»,esclamòMarystupefatta.«NessunomihamaidettocheMrCravenavevaunfiglio!...

Comemai?»«Vieniqui»,disseColintenendolosguardofissosudileiconun’ariainquieta.Marysiaccostòalletto,eluiallungòunamanopertoccarla.«Alloraseireale,ciseidavvero?...»,chiese.«Spessofacciodeisognichesembranoreali.Anchetu

potrestiessereunsogno».Maryglimisefraleditaunlembodellavestagliadilanachesierainfilataprimadiusciredallasua

stanza.«Tocca questa stoffa, senti com’è spessa e calda», gli disse. «Se vuoi, ti darò un pizzicotto per

dimostrartiquantosonoreale.Anch’ioperunistantehocredutochetufossiunsogno».«Dadovearrivi?»,chieselui.«Dalla mia camera. Il vento soffiava talmente forte che non riuscivo a dormire; poi ho sentito

qualcunochepiangevaehovolutoscoprirechifosse.Perchépiangevi?»«Perché non riuscivo ad addormentarmi nemmeno io, e mi faceva male la testa... Ripetimi il tuo

nome».«MaryLennox.Nontelohadettonessunochesonovenutaaviverequi?»«No»,risposelui,«nonosano».«Eperché?»,domandòMary.«Sannocheavreipauradifarmivederedate.Nonvogliocheglialtrimivedanoemiparlino».«Perché?»,tornòachiedereMarysentendosisemprepiùconfusa.

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«Perchésonosemprecosì,malato,esonocostrettoarestarmenealetto.Nemmenomiopadrevuoleche lepersonemiparlino.Aidomesticièvietatonominarmi.Se riusciròavivere,probabilmentesarògobbo,matantononvivrò.Miopadrenonsopportal’ideacheiopossasomigliargli».

«Oh,machestranacasaèquesta!»,esclamòMary.«Chestranacasa!...Ognicosaèunsegreto.Lestanzesonochiuse,igiardinisonochiusi...Eanchetu!Tihannochiusoquidentro?»

«No,rimangoinquestacameraperchénonhonessunavogliadispostarmi.Mistancatroppo».«Tuopadrevieneatrovarti?»,siazzardòachiedereMary.«Qualchevolta.Disolitovienementrestodormendo.Nonmivuolevedere».«Maperché?»,chiesedinuovoMarysenzariuscireatrattenersi.Qualcosasimileaun’ombradirabbiaattraversòilvisodelragazzo.«Miamadre èmorta quando io sono nato, e lui si sente infelice vedendomi.Crede che io non lo

sappia,invecehosentitodellagentechelodiceva.Quasimiodia».«Odiailgiardinoperchéleièmorta...»,mormoròMarycomeparlandoasestessa.«Qualegiardino?»,chieseColin.«Oh,ungiardino...ungiardinocheleiamavatanto»,balbettòMary.«Seisemprestatoqui?»«Quasisempre.Avoltemihannoportatoinalcunipostidimare,manonmipiacevastarci,perchéla

gente seguitava a fissarmi. Portavo un aggeggio dimetallo per tenere la schiena dritta,ma unmedicomoltofamosovenutoappostadaLondrapervisitarmihadettocheeraunastupidaggine,ehaprescrittodifarmistareall’aperto,all’ariafresca...Ioodiol’ariafrescaenonvoglioandarefuori».

«All’inizio,appenasonoarrivataqui,pureiononvolevoandarefuori»,risposeMary.«Maperchécontinuiaguardarmiinquelmodo?»

«Perchécisonodeisognichesembranotantoreali...»,risposeluiconuncertonervosismo.«Certevolteaprogliocchienonriescoacrederediesseresveglio».

«Siamosveglituttiedue»,ribattéMary.Percorseconun’occhiatalastanza,conilsuosoffittoalto,gliangoli inombra, ilchiarorefiocodelcaminetto.«Sembradavverounsogno:siamonelcuoredellanotteequinellacasatuttidormono,tuttitrannenoi.Noisiamosveglissimi».

«Nonvogliochesiaunsogno»,disseilragazzointonosmanioso.Maryebbeunpensieroimprovviso.«Senontipiacecheglialtritivedono»,disse,«vuoichemenevada?».Luidiedeunleggerostrattoneallembodellavestagliacheancorastringevainmano.«No», rispose, «se te ne vai crederò che sei stato un sogno... Se sei reale, siediti su quel grande

sgabelloeparla.Raccontamidite».Maryposòlacandelasultavolinoaccantoallettoeandòasedersisulgrandesgabelloimbottito.Non

voleva affatto andarsene: voleva restare in quella misteriosa stanza nascosta e parlare con quelmisteriosoragazzo.

«Checosavuoichetidica?»,domandò.ColinvollesaperedaquantotempoleisitrovavaaMisselthwaite;vollesapereinqualecorridoiosi

trovavalasuastanza;vollesaperecosafacevaese,comealui,nonlepiacevalabrughiera;vollesaperedoveeravissutaprimadivenirenelloYorkshire...Maryrisposeatuttequelledomandeeamoltealtreancora, mentre lui rimaneva ad ascoltarla appoggiato al cuscino. Le fece raccontare tantissime cosesull’Indiaesulsuoviaggioattraversol’oceano,eMarycapìcheacausadellasuainvaliditàColinnonavevaimparatotantecosechedisolitoglialtriragazzisapevano.Quandoeraancoramoltopiccolo,unadellesuebambinaiegliavevainsegnatoaleggere,cosìluinonavevafattoaltrocheleggereesfogliarebellissimilibriillustrati.

Sebbene suo padre si recasse a trovarlo molto raramente, gli faceva sempre avere ogni sorta diregali, anchemeravigliosi, perché potesse divertirsi.Eppure sembrava che non si fossemai divertito,anchesepotevaotteneretuttociòchechiedevaenoneramaicostrettoafarenullachenongliandassedi

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fare.«Quituttidevonofarequellochevoglioio»,disseconindifferenza,«perchésemiarrabbiopoimi

sentomale.Nessunocredechevivròabbastanzadadiventareadulto».Dalmodoincuipronunciòquelleparole,sicapivabenecheeratalmenteabituatoall’ideacheormai

nonglieneimportavapiùnulla.ParevacheilsuonodellavocediMaryglipiacesse,perchécontinuavaadascoltarlaparlareconunaspeciedisopitointeresse.UnpaiodivolteMarysichiesesenonsifosseaddormentato,mad’untrattoluilerivolseunadomandachemutòl’argomentodellaconversazione.

«Quantiannihai?»,lechiese.«Dieci»,risposeMarydimenticandosiperunattimodisestessa,«comete».«Comefaiasaperlo?»,chieselui,stupito.«Losoperchéquandoseinato tu laportadelgiardinoèstatachiusae lachiaveèstatasepolta.E

sonodieciannicheilgiardinoèchiuso».Colinsirizzòsuigomiti,voltandosiversodilei.«Qualeportadiqualegiardinoèstatachiusa?Chilohafatto?Elachiavedoveèstatasepolta?...»,

chiese,improvvisamenteinteressato.«Laporta...laportaeraquelladelgiardinocheMrCravenodia»,disseMary,nervosa.«Èluicheha

chiusolaporta,enessuno...nessunohamaisaputodov’èstatasepoltalachiave».«Machespeciedigiardinoè?»,insistetteachiedereColinconimpazienza.«Noncièpiùentratonessunodadiecianni...»,risposeMaryprudentemente.Maormaieratroppotardiperessereprudenti.Quelragazzolesomigliavatroppo.Neppureluiaveva

altroacuipensare,el’ideadiungiardinonascostoloattiravaquantoavevaattiratolei.Labersagliòdidomande: dov’era quel giardino? Non aveva mai provato a cercare la porta? Non aveva provato ainterrogareigiardinieri?...

«Nonnevoglionoparlare»,spiegòMary.«Credoabbianoavutoordinedinonrispondereadalcunadomandainproposito».

«Licostringeròioarispondermi»,disseColin.«Puoi farlo?...», balbettò Mary, iniziando ad allarmarsi: se Colin avesse costretto le persone a

rispondereallesuedomandechissàcosapotevaaccadere!«Tuttihanno ildoveredi fareciòchevoglio,già te l’hodetto...», ribadì.«Semaidovessivivere,

questopostoungiornoapparterràame.Tuttilosanno.Lifaròparlareperforza».Marynonsieramairesabenecontodiesserestataunabambinaviziata,maoracapivaconestrema

chiarezza che quelmisterioso ragazzo lo era. Pensava sul serio che ilmondo intero gli appartenesse.Com’erastrano,econquantafreddezzaparlavadimorire.

«Davveroseiconvintochenonvivrai?»,glichiese,inpartepercuriositàeinpartenellasperanzadifarglidimenticarelafaccendadelgiardino.

«Noncredochevivrò»,risposeluiconlastessanoncuranzadiprima.«L’hosempresentitodiredatutti.Primapensavanochefossitroppopiccolopercapire,eorapensanocheiononlisenta.Einvecelisentobenissimo.

Ilmiomedico è un cugino dimio padre. Èmolto povero, e se iomorissi sarebbe lui a ereditareMisselthwaiteallamortedimiopadre.Credochenondesideritroppovedermivivo».

«Matuvuoivivere?»,chieseMary.«No»,risposeluiconvoceraucaestanca,«manonvoglionemmenomorire.Quandostomale,resto

sdraiatoquiecipensofinchépiangosenzariuscireasmettere».«Tihosentitopiangeretrevolte»,soggiunseMary,«perònonsapevochifosse...Piangeviperquesto

motivo?».Facevadituttoperchésidimenticassedelgiardino!«Suppongo di sì», rispose Colin, «ma adesso parliamo d’altro... Parliamo del giardino. Non ti

andrebbedivederlo?»

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«Sì»,risposeMaryconunfilodivoce.«Anch’io lo voglio vedere», proseguì lui conostinazione. «Credodi non averemai volutovedere

qualcosa,peròquelgiardinovogliovederlo.Vogliochelachiavevengadisseppellita,vogliochelaportasia aperta.Mi faròportare lì con lamia sedia a rotelle.Dovrò respirare l’aria fresca,ma faròaprirequellaporta».

Eraparecchioeccitato:isuoigrandiocchibrillavanocomestelleeapparivanopiùgrandichemai.«Sarannoobbligatiadaccontentarmi.Mifaròportarelaggiùelasceròvenireanchete».Marysitorcevalemani.Tuttostavaperessererovinato...tutto!...Dickonnonsarebbepiùtornato,e

leinonsisarebbemaipiùsentitaalsicurocomeuntordonelnido.«Oh,no,no,nonfarlo!»,implorò.Luilafissòcomesefossedivenutapazza.«Perché?»,domandò.«Nonhaidettochevuoivederlo?»«Èvero»,risposeMaryquasinonriuscendoaparlare,«masetufaraiaprirelaportaetifaraiportare

dentroinquelmodo,nonsaràmaipiùunsegreto».Colinsisporseancorpiùversodilei.«Unsegreto?Cosavuoidire?Spiegati».«Ecco...ecco,vedi...»,iniziòMaryannaspando,«senonlosapessenessunotrannenoi...semagarici

fosseunaportanascostainqualchepuntosottol’edera–secifosse–enoipercasolatrovassimo...seriuscissimo a entrare nel giardino richiudendoci quella porta alle spalle in modo che nessuno possasospettarechec’èqualcunodentro,enoilochiamassimoilnostrogiardino,efingessimodi...diesseredeitordiechequellofosseilnostronido,eseandassimolìagiocarequasiognigiornozappandolaterraeseminandofioriinmodochetorniavivere...».

«Èungiardinomorto?»,lainterruppelui.«Lo sarà presto, se nessuno se ne prenderà cura», proseguì Mary. «I bulbi ce la faranno, ma le

rose...».Colinlainterruppedinuovo,eccitatocomeloerastatalei.«Checosasonoibulbi?»,chieseavidamente.«Sonoasfodeli,gigli,bucaneve...Lavoranosottolaterra,perora...Peròstannospuntandodeipiccoli

germogliverdepallidoperchéstaarrivandolaprimavera».«Staarrivandolaprimavera?»,domandòlui.«Ecom’è?Nonsivedequandoseimalatoerinchiusoin

unastanza».«Laprimaveraèilsolechesplendesullapioggiaelapioggiachecadesopralalucedelsole,ele

piante che spuntano da sotto la terra», rispose Mary. «Se il giardino fosse un nostro segreto e noiriuscissimoaentrarci,potremmovedereigermoglichecresconogiornodopogiorno,equanterosesonoancoravive...Capisci?Noncredichesarebbemoltopiùbellosefosseunsegreto?».

Colinsilasciòricaderesulcuscinoerimaseinsilenzio,conunastranaespressionesulviso.«Nonhomaiavutounsegreto»,disse,«apartequellodinonviverefinoaessereadulto...Nessuno

pensacheiolosappia,quindièunaspeciedisegreto.Maquestomipiacemoltodipiù».«Senontifaraiportarenelgiardino,io...»,continuòMaryconariadisupplica,«io...sonoquasicerta

cheungiornool’altroscopriròcomesifaaentrare...Eallora,seilmedicotilasceràusciresullasediaarotelle,vistochepuoifaretuttoquellochevuoi...forsepotremmotrovareunragazzoperspingerelatuasediaarotelle,epotremmoandarelìdasoli,cosìresterebbepersempreungiardinosegreto...».

«Credo che così mi piacerebbe», disse lui molto lentamente, con gli occhi sognanti. «Sì, mipiacerebbetanto...Nonmidispiacerebbeneppurerespirarel’ariafrescainungiardinosegreto».

Mary ricominciò a respirare e a sentirsi più tranquilla, visto che l’idea di mantenere il segretopiaceva al ragazzo. Era quasi certa che se andava avanti a parlare fino a fargli vedere il giardinonell’immaginazionecosìcomeleilovedevanellarealtà,glisarebbepiaciutotalmentetantodanonfargli

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tollerareilpensierochequalcunaltropotesserecarcisiquandogliparevaepiaceva.«Adesso voglio dirti come credo che potrebbe essere, se si riuscisse a entrarci», disse. «È stato

chiusotantodiqueltempo...Forselepiantesonodiventatetutteungrandegroviglio».Colinrimanevaimmobile,ascoltandola,mentreleiseguitavaaraccontaredirosecheforsesierano

andate arrampicando da un albero all’altro ricadendo giù dai rami, di moltissimi uccelli che forseavevanonidificatolìperchésisentivanoinunluogosicuro...Epoi iniziòaparlaredelpettirossoediBenWeatherstaff,ec’eratalmentetantodadiresulpettirosso,eracosìfacileesicuroparlaredilui,cheMary smise di avere paura. La storia del pettirosso piacque così tanto a Colin, che sorrise fino asembrarequasibello,mentreinunprimomomentoMaryloavevagiudicatoaddiritturapiùinsignificantedilei,conqueigrandiocchiequellelungheciocchedisordinatedicapelli.

«Non sapevo che gli uccelli potessero essere così!», esclamò. «Ma a starsene sempre rinchiusodentrounastanzanonsivedemainulla.Tusaiunaquantitàdicose...Misembraquasichetucisiastatadavvero,inquelgiardino».

Marysisentìinimbarazzo,cosìnonreplicònulla.MaColin,evidentemente,nonsiaspettavanessunarisposta;peròunattimodoporiuscìasorprenderla.

«Ti voglio mostrare una cosa», disse. «Vedi quella tenda di seta rosa sulla parete, lì, sopra lamensoladelcamino?».

Mary non l’aveva ancora notata, ma guardandomeglio la vide. Era una tenda di morbida seta, ependevasopraqualcosachesembravaessereunquadro.

«Sì»,rispose,«lavedo».«C’èuncordone»,disseColin.«Tiralo».Marysialzò,alquantostupita,etrovòilcordone.Appenalotirò,lacortinadisetasiaprìscorrendo

suglianelli,lasciandovedereilritrattodiunagiovanedalvoltosorridente.Avevacapellilucentilegaticonunnastroazzurro,e isuoibegliocchiradiosieranoidenticiaquelli, infelici,diColin,grigicomel’agataedall’aspettoduevoltepiùgrandediquantorealmentefosseroperviadellelungheciglianere.

«Èmiamadre»,spiegòColinconlasuavocettalamentosa.«Noncapiscobeneperchésiamorta.Avoltelaodioperquesto».

«Chestrano!»,disseMary.«Se fosse viva, penso che non sarei sempre così malato», borbottò. «Forse ce la farei perfino a

vivere fino a diventare grande... Emio padre non odierebbe lamia vista.Avrei avuto la schiena piùrobusta.Tiradinuovolatenda».

Maryobbedì,poitornòallosgabello.«Èmoltopiùbelladite»,disse,«magliocchisonopropriougualiaituoi...oalmenohannolastessa

formaelostessocolore.Maperchéquellatenda?»«L’hofattafareio»,risposeColin.«Avoltenonmipiacechemiguardisorridendomentrestomalee

misentoinfelice...Epoièmia,nonvogliochechiunquelaveda».Cifuunmomentodisilenzio,poiMaryparlò.«ChecosafarebbeMrsMedlocksevenisseascoprirechesonostataqui?»«Oh, farebbecomedico io», rispose lui.«E io ledireichevoglioche tuvengaqui tutti igiornia

chiacchierareconme...Mifapiacerechetusiavenuta».«Fa molto piacere anche a me», disse Mary, «e tornerò tutte le volte che posso, ma...», esitò,

«bisogneràpurechecerchiognigiornolaportadelgiardino».«Sì,devicercarla»,approvòColin,«epoiverraiquiaparlarmene».Restòapensareperunpo’,comeavevafattoprima,quindiriprese:«Credocheanchetudovrairestareunsegreto.Èmoltomeglio.Nondirònienteanessunofinchénon

loscopriranno.Possosempremandarevia l’infermieraconlascusachemivadistaresolo...ConosciMartha?»

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«Sì,laconoscomoltobene»,risposeMary.«Èleichesiprendecuradime».Colinaccennòconilcapoalcorridoioesterno.«Dormenellastanzaaccanto.Ieril’infermieraèandataatrovaresuasorellaenontorneràprimadi

domani.MiaffidasempreaMarthaquandovavia.SaràMarthaadirtiquandodeviveniredame».AlloraMarycompresel’espressioneturbatadiMarthaquandoleavevachiestochipiangeva.«Marthahasempresaputodite?»,chiese.«Sì,badaspessoame.L’infermieraècontentaquandopuòallontanarsi,eallorachiamaMartha».«Sonoquidaunbelpo’»,disseMary.«Vuoichemenevada?Misembrachehaisonno».«Vorreiriuscireadaddormentarmiprimachetuvadavia»,disseluitimidamente.«Allorachiudigliocchi»,disseleiavvicinandolosgabello.«Faròquellochelamiaayah,inIndia,

facevaconme.Titerròlamano,laaccarezzeròeticanteròqualcosapianopiano».«Sì,sarebbebello...»,mormoròluiconvocestanca.PerqualchestranomotivoMaryerapreoccupata,enonvolevacheColinrestassesveglio troppoa

lungo.Cosìsichinòsullettoepreseadaccarezzarglilamano,cantandoconunfilodivoceunamonotonaninnanannaindiana.

«Èbella»,disse luiconvocesemprepiùassonnata.Marycontinuòacantareeadaccarezzargli lamano finché non lo vide chiudere gli occhi e fu certa che si fosse addormentato. Allora si alzò concautela,recuperòlasuacandelaescivolòviasenzafareilminimorumore.

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Capitoloquattordicesimo.UngiovanerajahIlmattinodopo,labrughieraeranascostadallanebbiaelapioggiacontinuavaascrosciare.Diuscire

neppureaparlarne.MarthaeramoltooccupataeMarynonriuscìaparlarle,manelpomeriggiolechiesediveniredalei.Marthaarrivòportandosidietroillavoroamaglia:sidedicavasempreaquelloquandononavevaaltrodafare.

«Chesuccede?»,lechieseappenasifuronosedute.«Aveteun’ariacomesevolestedirmiqualcosa».«Infattiècosì.Hoscopertochierachepiangeva»,risposeMary.Marthalasciòcadereillavoroamagliasulleginocchiaelaguardòsbalordita.«Noncicredo!»,esclamò.«Èimpossibile!».«Stanotteho sentitodinuovo il pianto»,proseguìMary,«emi sonoalzataper andare avedereda

doveveniva.EraColin.L’hotrovato».LafacciadiMarthaavvampòdallospavento.«Oh,MissMary!...»,esclamòquasipiangendo.«Nonavrestedovuto farlo,no,propriononavreste

dovuto!...Mifaretepassareunbruttoguaio.Nonvihomaiparlatodilui...eadessopoverame!Perderòilposto,ecomefaràlamamma,allora?»

«Nonperderetenessunposto»,replicòMary.«Colinerafelicissimodivedermi.Nonlafinivamopiùdichiacchierare».

«Sul serio?», chiese Martha. «Ne siete sicura? Non sapete come diventa, quando qualcosa lo faarrabbiare.Èunragazzograndeperurlarecomeunneonato,maquandoèfuoridisélofaappostaperspaventarci,perchésabenissimocheconluinonpossiamonemmenofiatare».

«Noneraaffattoarrabbiato»,larassicuròMary.«Glihochiestosedovevoandarmene,eluihavolutocherestassi.Mihafattounmontedidomande,eioglihoparlatodell’India,delpettirossoedeigiardini.Nonmilasciavapiùandarevia.Mihaanchemostratoilritrattodisuamadre.Eprimadilasciarloglihocantatounaninnananna».

Marthaeraaboccaapertaperlostupore.«Noncipossocredere!...»,esclamò.«Ècomesefosteentratanellatanadiunleone.Sefossestato

come è di solito, avrebbe avuto uno dei suoi attacchi e avrebbe scatenato un putiferio da metteresottosopratuttalacasa.Nonvuolechegliestraneilovedano».

«Eppurehalasciatocheloguardassi.L’hoguardatopertuttoiltempochesonostatalì,eluiguardavame.Parola,ciguardavamo!...»,insistetteMary.

«Nonsochecosafare!...»,disseMarthaalquantoagitata.«SeMrsMedlockvieneascoprirlopenseràchenonhoobbeditoaisuoiordini...penseràchesonostataioadirvelo,emispediràdrittaacasadamiamadre!...».

«Colinnondirà nulla aMrsMedlock, almenoper ilmomento.Per oradeve restareuna speciedisegreto»,disseMaryconfermezza.«Edicepurechetuttidevonofarecomevuolelui».

«Già, è proprio così...Oh, che ragazzaccio cattivo!», ansimòMartha asciugandosi la fronte con ilgrembiule.

«Dice che ancheMrsMedlock deve fare come vuole lui. E lui vuole che io vada ogni giorno atrovarlo.Evoidovretedirmiquandohabisognodime».

«Io!...»,gridòMartha.«Maperderòilposto!Loperderòdisicuro!».«No,nonloperderetesefaretequellochevuole,dalmomentochetuttidevonoobbedirgli»,osservò

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Mary.«Nonvorretemicadirmi»,risposeMarthasgranandogliocchi,«cheèstatogentileconvoi?»«Iopensodiesserglipiaciutaabbastanza»,disseMary.«Alloradoveteaverlostregato!»,concluseMarthaconunprofondosospiro.«Unincantesimo,voletedire?»,domandòMary.«InIndiahosentitoparlarespessodiincantesimi,ma

non li so fare. Sono soltanto andata nella sua stanza, ed ero talmente stupita alla sua vista che sonorimasta di stucco a fissarlo. Poi lui si è voltato emi ha fissata a sua volta.Ha pensato che fossi unfantasmaounsogno,eiopurehopensatolastessacosa.Eracosìstranotrovarsilì,inquellacamera,nelcuore della notte, noi due soli, senza sapere nulla l’uno dell’altra... Così abbiamo cominciato a farcidelledomande.Equandoglihochiestosedovevoandarmene,luiharispostodino».

«Èlafinedelmondo!»,commentòMartha.«Chemalattiaha?»,chieseMary.«Nessuno lo sa per certo», rispose Martha. «Quando nacque Mr Craven uscì di testa, i medici

volevano ricoverarlo in manicomio. PerchéMrs Craven morì nel modo che vi ho raccontato. Lui sirifiutavadivedereilbambino.Delirava,dicevachesarebbevenutogobbocomelui,cheeramegliochemorisse».

«Colinègobbo?»,domandòMary.«Amenonèparso».«Nonloèancora»,disseMartha,«mahacominciatosubitoadammalarsi.Lamammasostienechein

questa casa ci sono stati talmente tanti guai da far ammalare qualsiasi bambino.Temevano che la suaschiena fosse debole e si sono sempre preoccupati solo di quella, tenendolo disteso senzamai farlocamminare.Una volta lo hanno costretto amettere un busto,ma lui si è talmente infuriato da sentirsimale...Poiungiornoèvenutoavisitarlounmedicomoltofamoso,egliel’hafatto togliere.Haparlatocon l’altrodottore, inmodomoltocortesemamoltoesplicito.Hadettocheglieranostatedate troppemedicineecheloavevanolasciatofaretroppoditestasua».

«Pensochesiaunragazzomoltoviziato»,disseMary.«Èilragazzopiùviziatodelmondo!»,esclamòMartha.«Nondicochenonsiastatounbelpo’male,

dueo trevolteha avuto tossi ebronchiti che lohannoquasi ammazzato.Unavoltaha avutouna fortefebbre reumatica, e un’altra volta il tifo. Eh, quella voltaMrsMedlock si pigliò un bello spavento!Parlando con l’infermiera, credendo che lui non capisse più nulla, disse: “Stavolta credo proprio chemorirà, e saràunbeneper lui eper tuttinoi!”.Equandosivoltòaguardarlo, il ragazzoera lì che laguardavaconqueisuoigrandiocchispalancati,perfettamenteinsé.MrsMedlocknonsapevacosafare,maColincontinuòafissarlaedisse:“Datemiunbicchierd’acquaepiantateladiparlare!”».

«Voipensatechemorirà?»,domandòMary.«Lamammadicecheunbambinononpuòviveresenonprendemaiunaboccatad’ariapuraenonfa

altrocherestarsenesdraiatoinunlettoasfogliarelibriillustratirimpinzandosidimedicine.Èdeboleenonvuoleessereportatoall’aperto,perchésiraffreddafacilmenteedicecheuscirelofaammalare».

Maryguardavailfuoco.«Michiedo»,disselentamente,«senonglifarebbebeneandareingiardinoeguardarelepiantineche

spuntano...Amehafattobene».«Unavoltacheloportaronofuori,lìdovecisonolerosevicinoallafontana,ebbeunadellesuecrisi

peggiori»,disseMarthapertuttarisposta.«Avevalettoinungiornalechealcunepersoneavevanopresoquello che lui chiamava “il raffreddore della rosa”.Allora ha cominciato a starnutire e a dire che loavevapreso,einquelmomentoèpassatoungiardinierenuovocheancoranonsapevadiluiesièmessoaguardarlo incuriosito.Si è fattovenireun attacco, gridando chequel giardiniere loguardavaperchéstavadiventandogobbo.Hapiantofinoafarsivenirelafebbreedèstatomaletuttalanotte».

«Sesiarrabbiaancheconme,nonandròmaipiùatrovarlo»,dichiaròMary.«Sevivuole,ciandrete»,replicòMartha.«Tantovalechelosappiatesubito».

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Inquell’istantesuonòilcampanello,eMartharaccolseilsuolavoroamaglia.«Suppongochesial’infermieraachiamarmi.Vorràchestiaunpo’conlui»,disse.«Speriamochesia

dibuonumore».Tornòdopocircadieciminuti,conun’espressioneperplessa.«Be’, loavete stregato sul serio»,disse.«Sene sta suldivano,con i suoi libri illustrati.Hadetto

all’infermieradinon tornare finoallesei. Iodevorestareadisposizionenellastanzaaccanto.Appenal’infermieraèuscita,mihachiamataemihadetto:“VogliocheMaryLennoxvengaquiaparlareconme,ebadatebenedinondirloanessuno”.Saràmegliocheandiatesubito».

Maryerabencontentadiandarcisubito.AvrebbepreferitovedereDickon,maavevaancheungrandesideriodivedereColin.

Quandoentrò,videchenelcaminettoardevaunbelfuoco,eallalucedelgiornosiresecontochelacameraeradavverobellissima.C’eranotappetiearazzidaicolorivivaci,tantilibriequadrialleparetiche la rendevanosfarzosaeconfortevolenonostante ilcieloplumbeoe lapioggiabattente.PureColinsembrava un quadro: indossava una vestaglia di velluto e sedeva appoggiato a un grande cuscino dibroccato.Avevaunachiazzarossasuentrambelegote.

«Entra»,ledisse.«Hopensatoatetuttalamattina».«Anch’io ho pensato a te», risposeMary. «Non puoi immaginare quanto è spaventataMartha. Ha

pauracheMrsMedlockpensichesiastataleiaparlarmiditeechequindilacaccerannovia».Colinaggrottòlesopracciglia.«Vaadirledivenirequi»,disse.«Ènellastanzaaccanto».MaryandòecondusseconséMarthatremantedipaura.Colinlaguardòaccigliato.«Doveteonondovetefarequellochevoglio,sìono?»,lechiese.«Devofaretuttoquellochevolete,sì»,balbettòMarthafacendosituttarossa.«EMrsMedlock,deveonondeveancheleifarequellochevoglio?»«Tuttidevonofarequellochevoletevoi,sir»,confermòMartha.«Bene.Allora, se io vi ordino di far venireMissMary dame, come potrebbemandarvi viaMrs

Medlockanchesedovessescoprirlo?»«Perpiacere,sir,fateinmodochenonsucceda»,imploròMartha.«SaràMrsMedlockasloggiareseosadireancheunasolaparolasuquestafaccenda»,disseColin

confierezza.«Enoncredochelefarebbepiacere,statenecerta».«Grazie,sir»,disseMarthaconunleggeroinchino.«Faròilmiodovere,sir».«E il vostro dovere è fare tutto quello che voglio io», ribadìColin in tono sempre più fiero. «Di

questoaffaremeneoccuperòio.Orapotetepureandare».QuandolaportasirichiuseallespallediMartha,ColinnotòcheMarylofissavameravigliata.«Perchémiguardicosì?»,chiese.«Acosastaipensando?»«Pensavoaduecose».«Quali?Sieditiedimmele».«Laprimaèquesta»,disseMarymettendosiasederesulgrandesgabello.«Unavolta,inIndia,vidi

un ragazzo, un rajah. Era letteralmente ricoperto di rubini, smeraldi, diamanti. Parlava ai suoi serviproprio come tuhai parlato aMartha.Tutti dovevano fare ciò chediceva lui, e all’istante.Credochesarebberostatiuccisi,senonloavesserofatto».

«Tichiederòfraunpo’di raccontarmidiquestorajah», la interruppe lui,«maprimadimmi l’altracosa».

«Pensavo»,proseguìMary,«aquantoseidiversodaDickon».«Chestranonome!ChièDickon?».Marypensòchepotevaanchedirglielo.Potevaparlarediluisenzanominareilgiardinosegreto.Alei

era piaciuto ascoltare Martha che parlava di Dickon. Del resto, aveva una gran voglia di parlarne.

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Sarebbestatocomeaverlovicino.«ÈilfratellodiMartha.Hadodicianni,edèdiversodaognialtrapersonaalmondo.Puòincantarele

volpi,gliscoiattoliegliuccelliallostessomodocheinIndiagliindigeniincantanoiserpenti:suonaunamelodiamoltodolceconilsuozufolo,elorovengonoasentirlo».

Sullatavola,accantoaColin,c’eranodiversilibri,eluinepresesubitouno.«Inquestolibroc’èun’illustrazionecherappresentaunincantatorediserpenti!»,esclamò.«Vienia

vederla».Eraunbellissimolibro,magnificamenteillustratoacolori.Colinindicòunafigura.«Puòveramentefareunacosadelgenere?»,chieseincuriosito.«Sì:suonalozufoloeglianimaliloascoltano.MaDickonnonlochiamaunincantesimo.Dicecheè

perchéluitrascorretantotemponellabrughieraeconosceleloroabitudini.Dicepurecheavoltesisentepropriocomeunconiglio,ocomeunuccello,tantoliama...Iocredocheabbiafattoalcunedomandealpettirosso:sembravachesiparlasserocondeisommessicinguettii».

Colin si abbandonò sul cuscino; i suoi occhi si fecero ancora più grandi e lemacchie sulle gotedivenneroancorapiùrosse.

«Raccontamiancoradilui»,disse.«Be’,satuttosulleuovaesuinidi»,proseguìMary,«esapuredovevivonolevolpi,eitassi,ele

lontre...Ma non lo dice agli altri ragazzi, così quelli non trovano le tane e non possono spaventarli.Insomma,conosceognicosachecresceechevivenellabrughiera».

«Davveroglipiace labrughiera?»,domandòColin.«Macom’èpossibilecheglipossapiacereunluogotantoimmenso,spoglioedesolato?»

«Oh, la brughiera è il posto più bello della terra», protestòMary. «Vi crescono tantissime piantemeravigliose,ecisonomigliaiadipiccolecreaturetutteoccupateacostruirenidi,ascavaredellebucheodelletante;creaturechecantano,cinguettano,squittiscono...Sonosempreinmovimentoesidivertonotantissimosiasottoterrachesuglialberionell’erica...Èilloromondo».

«Comefaiasaperlo?»,chieseColingirandosisuungomitoaguardarla.«A dire il vero, non ci sono mai stata...», cominciò Mary; poi, ricordandosene tutto a un tratto,

aggiunse: «No, una volta ci sono passata, in carrozza, però quando era buio. Ho pensato che fosseorrenda.È stataMartha a parlarmeneper prima, e poi ancheDickon.QuandoDickonneparla, hai lasensazionedivedereesentirelecose;ècometrovarsi inmezzoall’erica,conilsolechesplendeeleginestrecheprofumanodimiele,conapiefarfalledappertutto...».

«Nonsivedemainulla,quandosièmalati»,disseColinconariainquieta.Sembravaquasichestesseascoltandodilontanounsuonosconosciutochiedendosicosapotessemaiessere.

«No,nonsipuòvederenullasesirestasemprechiusiinunastanza»,ribadìMary.«Maiononpotreimaiandareingiroperlabrughiera»,insistéluiintonorisentito.Maryrestòinsilenzioperqualcheistante,poi,moltocoraggiosamente,disse:«Potresti,perunavolta».Colinlelanciòunosguardosconcertato.«Andarenellabrughiera!...Macomepotrei?Stopermorire...».«Comefaiasaperlo?»,replicòMary,stizzita.Nonlepiacevaaffattoilmodoincuiquelragazzetto

parlava di continuo della morte. Non si sentiva disposta a commiserarlo. Sembrava che quasi se nevantasse.

«L’ho sentito dire fin da quando posso ricordarmene», risposeColin irritato. «Ne parlano sempresottovoce,convinticheiononmeneaccorga.Ec’èanchechidesideralamiamorte».

Marysentìchenellamenteglisiaffollavanomolti“bruttipensieri”.Serròlelabbra.«Sequalcunodesiderasselamiamorte»,disse,«iofareidituttopernonaccontentarlo.Echisarebbe

chedesideralatuamorte?»

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«La servitù e, neanche a dirlo, il dottor Craven – o dottor Cra-cra, come lo chiamo io – perchéerediterebbeMisselthwaite, diventando ricco.Nonosa ammetterlo,maha sempre un’aria così allegraquandoiopeggioro!...Lavoltachehoavutoiltifo,lasuafacciaeraradiosa.Pensocheanchemiopadredesiderilamiamorte...».

«No,nonlui.Noncicredo!»,ribattéMaryconostinazione.Colinsivoltòdinuovoaguardarla.«Noncicredi?»,chiese.Tornòadadagiarsisulcuscinoerimaseimmobilecomesestesseriflettendo.Cifuunlungosilenzio.

Forseentrambistavanopensandoastranecoseallequaliibambinidisolitononpensano.«Ame piace quel famosomedico di Londra, perché ha ordinato a tutti di toglierti quella cosa di

ferro»,dichiaròinfineMary.«Pureluihadettochesarestimorto?»«No».«Ecosahadetto?»«Luinonparlavasottovoce»,risposeColin.«Forsesapevacheioodiosentirparlaresottovoce.Gli

hosentitodireunacosaavocealtaechiara.Hadetto:“Ilragazzopuòvivere,sevuole.Fateglivenirelavogliadivivere”.Agiudicaredaltonodellavoce,sembravamoltoarrabbiato».

«Telodicoiochipotrebbedartilavogliadivivere»,disseMarydopoavercipensatounpo’,perchésentivachelesarebbepiaciutorisolverequellafaccendainunmodoonell’altro.«Dickoncredochecelafarebbe.Parlasempredicosevive.Nonparlamaidicosemorteomalate.Guardasempreinaltopervederegliuccellichevolanonelcielo,oguardainbassopervederecosastaspuntandodallaterra.Credoche isuoiocchiazzurrisianodiventaticosìgrandie tondia furiadiguardarsi intorno.Esi fa tantediquellerisateconquellaboccacosìgrandeequellegoterosse...rossecomeciliegie».

Avvicinòmaggiormentelosgabelloaldivano:l’espressionedelsuovisoeramoltomutataalricordodellalargaboccasinuosaedegliocchispalancatidiDickon.

«Ascolta», proseguì, «non parliamo più di morire. Non mi piace. Parliamo di vivere, invece.ParliamodiDickon.Epoimagariguardiamoletueillustrazioni».

Eralamigliorpropostadafare.ParlarediDickonsignificavaparlaredellabrughieraedellapiccolacasa con dentro quattordici persone che vivevano con sedici scellini la settimana, e dei bimbi cheingrassavanoconl’erbadellabrughieracomecavalliniselvaggi.EdellamammadiDickon,edellacordapersaltare,edellabrughierainondatadalsole,edellepuntineverdichespuntavanodallescurezollediterra...TuttoeratalmentevivocheMaryparlòpiùdiquantoavessemaiparlatoprima,eancheColinunpo’parlavaeunpo’ascoltavacomenonavevamaifattoinvitasua...Edentrambicominciaronoariderediniente,propriocomefannodisolitotuttiibambiniquandosonocontentidistareinsieme.Riserotantoe fecero tantodiquelchiasso,propriocomese fosserostatiduenormaliesanibambinididiecianni,invecediunaragazzinaantipaticaescontrosaeunragazzomalaticcioconvintodidovermoriredi lìapoco.

Si divertirono così tanto che si scordarono delle illustrazioni, e anche del tempo che passava.Avevano risoparecchio anchediBenWeatherstaff e del suopettirosso, eColin, cheora stava sedutocomesenonsiricordassepiùdellasuaschienadebole,dicolposirammentòdiunfatto.

«Saichenonabbiamomaipensatoaunacosa?»,disse.«Noiduesiamocugini!».Pareva così strano che avessero chiacchierato tanto senza notare una cosa così semplice, che

iniziaronoariderepiùchemai,perchéaquelpuntoeranoentratinellostatod’animodiridereperognicosa...ManelbelmezzodeldivertimentoeccochelaportasiaprìedentraronoildottorCraveneMrsMedlock.

«Santocielo!»,gridòlapoveraMrsMedlockcongliocchichequasileschizzavanoviadalleorbite.«Santocielo!»

«Chesuccede?»,chieseildottorCravenavvicinandosi.«Chesignificatuttoquesto?».

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AlloraaMarytornòancorainmenteilpiccolorajah:ColininfattisicomportòcomeseitimoridelmedicoelepaurediMrsMedlocknonavesserolaminimaimportanza,senzaturbarsinéalterarsi,comesenellastanzafosseroentratiunvecchiogattoeuncane.

«QuestaèmiacuginaMaryLennox»,disse.«Lehochiestodivenirequiascambiareduechiacchiereconme,perchémièsimpatica.Verràafareunpo’diconversazioneconmetuttelevoltechelamanderòachiamare».

IldottorCravensivoltòversoMrsMedlockconunosguardodirimprovero.«Oh,davvero...davverononsocomesiapotutoaccadere»,ansimòlei.«Nonc’èunsolodomestico

quiincasacheoserebbefiatare:hannoricevutoordinimoltochiari».«Nessunolehadettoniente»,intervenneColincondecisione.«Mihasentitopiangereemihatrovato,

eccotutto.Eiosonofelicechesiavenuta.Lafiniscadifarelasciocca,MrsMedlock».MarynotòcheildottorCravennonaveval’ariacontenta,peròerachiarochenonosavaopporsialla

volontàdelsuopaziente.SedetteaccantoaColineglisentìilpolso.«Temocisiastatatroppaeccitazione,el’eccitazionenontigiova,ragazzomio»,disse.«Mieccitereimoltodipiù seMarynonvenisse», risposeColincongliocchi checominciavanoa

mandarelampiminacciosi.Stomoltomeglio.Leimifastaremeglio.L’infermieradeveportarequiilsuotèinsiemealmio.Prenderemoiltèinsieme».

MrsMedlockeildottorCravensiscambiaronouncennopreoccupato,maapparivaevidentechenonpotevanofarenulla.

«Però sembra davvero che stia meglio...», si azzardò a dire Mrs Medlock. «Ma a dire il verosembravastaremegliogiàdastamani,primadell’arrivodellabambina».

«Èvenutaquilanottescorsaedèrimastaunbelpezzoconme.Mihacantatounaninnanannaindianachemi ha fatto addormentare», spiegòColin. «Quandomi sono svegliato stavomoltomeglio e avevovogliadifarecolazione.Eadessovoglioiltè.Diteloall’infermiera,MrsMedlock».

IldottorCravennonsi trattennea lungo.Parlòqualcheminutoconl’infermiera,quandoentrònellastanza, e fece alcune raccomandazioni a Colin. Il ragazzo non doveva parlare troppo e non dovevadimenticarsidiesseremalatoedicomesistancavafacilmente...Marypensòche,aquantopareva,c’eraunbelmucchiodicosespiacevolidanondimenticare.

Colinavevaun’arianervosaetenevainsistentementeisuoigrandiocchigrigifissisulvisodeldottorCraven.

«Maiomelovogliodimenticare»,disseinfine.«Eleimelofadimenticare.Èproprioperquestochelavoglioqui».

Quando lasciò lastanza, ildottorCravenaveva l’aria tutt’altrochesoddisfatta.Lanciòun’occhiataperplessa alla ragazzina seduta sullo sgabello.Non appena lui era entrato,Mary si era trasformata dinuovoinunabambinaimpettitaetaciturna,enonsiriuscivaacapirechecosainleipotessetantoattrarreColin.Comunque,adessoilragazzoapparivaeffettivamentepiùcalmoesereno...IldottorCravenemiseunprofondosospiroesiallontanòlungoilcorridoio.

«Voglionosemprefarmimangiareanchesenonmiva»,disseColinmentrel’infermieraportavailtèdisponendolo sul tavolo accanto al divano. «Ora, se tumangimangerò anch’io. Quei pasticcini sonoancoracaldiesembranomoltobuoni...Raccontamidelrajah».

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Capitoloquindicesimo.LacostruzionedelnidoDopoun’altrasettimanadipioggia,comparvedinuovolavoltaazzurradelcieloeunbelsolecaldo

tornòabrillare.MarynoneramaipotutaandarenelgiardinosegretoaincontrareDickon,masieralostesso divertita moltissimo. La settimana non le era parsa affatto lunga: ogni giorno aveva passatoqualcheorainsiemeaColin,nellasuastanza,parlandodirajahoppuredigiardini,diDickonedellasuapiccola casa inmezzo alla brughiera. Avevano sfogliato insieme parecchi bellissimi libri illustrati; avolteMaryaveva lettoadaltavoceperColin,altrevolteColinaveva lettoadaltavoceper lei...Neimomentiincuisidivertivaederainteressatoaqualcosa,Colinnonsembravaaffattounmalato,ancheseilsuovisorestavasemprepallidoeluinonsimuovevadaldivano.

«Siete una ragazzina davvero furba», le disse una voltaMrsMedlock. «Quella notte non avrestedovutotenderel’orecchio,alzarvidallettoeandarveneingiroacuriosare...Maloavetefatto,ebisognaammetterecheèstataunaspeciedibenedizionepertuttinoi.Daquandoavetefattoamicizianonglièpiùvenutounsoloattaccoounacrisidipianto.Pensatechel’infermierastavaperrinunciarealsuolavoroperchénonnepotevapiù,maorachelestatedandounamano»,aggiunseridendo,«hadecisodirestare».

NeisuoidiscorsiconColin,Marysieramantenutamoltoprudenteriguardoalgiardinosegreto.Vistochestavanodiventandoamici,volevaprimascoprirealcunecosesulsuoconto,masentivadidoverlofaresenzaporglidomandedirette,capireseeratipodapotergliconfidareunsegreto.Nonerapernullasimile aDickon,ma l’idea del giardino segreto lo affascinavamoltissimo, eMary pensava che forseavrebbedovutoconcederglilasuafiducia,manonloconoscevaabbastanzaperessernedeltuttosicura.Insecondoluogo–postochecisipotessefidaredi lui–sarebbestatopossibileportarlonelgiardinosenzachenessunovenisseasaperlo?...QuelfamosomedicoavevadettocheColinavevabisognodiariaaperta, eMaryera convinta che se avesse conosciutoDickone il pettirosso, se avessevisto i piccoligermogliverdispuntaredallaterraforsenonavrebbepiùpensatotantoallamorte.

Daultimosieraguardatadiversevolteallospecchio,esieraresacontoche,rispettoallabambinacheavevavistoriflessaalsuoarrivodall’India,ilsuoaspettoeraalquantomutato.Sierafattaassaipiùgraziosa,eancheMarthaloavevanotato.

«L’ariadellabrughieracominciaagiovarvi»,leavevadetto.«Nonsietepiùgiallastraemagracomeprima.Ancheivostricapellisonomigliorati,sembracheabbianoripresovita».

«Propriocomeme»,risposeMary.«Stannocrescendopiùfoltiepiùrobusti».«Sidirebbepropriodisì»,confermòMarthaarruffandoglielischerzosamenteattornoalviso.«Non

sietepiùbruttinacomequalchemesefa,evisisonocoloritelegote».Seigiardiniel’ariaapertaavevanofattocosìbenealei,forseavrebberogiovatoancheaColin.Però

luinonsopportavachelepersonelovedessero,emagarinonavrebbevolutoincontrareneppureDickon.«Perchétiarrabbitantoquandolagentetiguarda?»,glidomandòungiorno.«Èunacosachehosempreodiato»,risposeColin,«findaquandoeromoltopiccolo.Quellavolta

chemiportaronoalmare,passavol’interagiornatasdraiatosullamiasediaarotelle,etuttinonfacevanochefissarmi.Tantesignoresifermavanoaparlareconlamiainfermiera,poicominciavanoabisbigliarefra loro...E iosapevochecosadicevano,chenonsareivissutoa lungo...Qualchevoltamidavanounbuffetto su una guancia emormoravano: “Povero bambino!”... Una volta, quando una signora lo fece,cacciaiunurlofortissimoelemorsilamano.Sispaventòtalmentechescappòviadicorsa».

«Avràpensatocheeriunaspeciedicanerabbioso»,commentòMarypernullaammirata.

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«Nonmeneimportadiquellochehacreduto»,ribattéluimettendoilbroncio.«Chissàcomemainontiseimessoaurlareenonhaimorsopuremequandosonoentratanellatua

camera»,disseMaryconunsorriso.«Credevochetufossiunfantasma,oppureunsogno»,disselui.«Nonsipuòmordereunfantasma,e

nemmenounsogno...Eseurlinonglieneimporta».«Tidispiacerebbemoltose...seunragazzotiguardasse?»,chieseMaryincerta.Colinsiappoggiòsuicusciniesifecepensieroso.«C’è un ragazzo...», cominciò lentamente, come se stesse pesando ogni parola, «c’è un ragazzo

soltantodalqualenonmidarebbefastidiofarmivedere.Èquellochesadovevivonolevolpi...Dickon».«Neerocerta»,disseMary.«Agli uccelli non dispiace, e nemmeno agli altri animali...», proseguì Colin, sempre con aria

riflessiva. «Forse è per questo che non dispiacerebbe neanche a me. È una specie di incantatore dianimali,eiosonounpiccoloanimale».

Poisimisearidereforte,eriseancheMary,perchél’ideadelragazzoanimalechesinascondenellasuatanaeradavverobuffa.

Maryinquell’istantecapìchenonc’erapiùmotivodipreoccuparsi:aColinsarebbepiaciutoDickon.Laprimamattinacheilcielotornòsereno,Marysisvegliòmoltopresto.Iraggidelsolefiltravano

obliquiattraverso le imposte,e leine fu talmente felicechesaltògiùdal lettoecorseaspalancare lafinestra. Un’ondata di aria fresca e profumata la investì. La brughiera era azzurra, e il mondo interosembravaesserepercorsodaunincantesimo.Quaelà,inognidove,siudivanoleggerisuonimelodiosi,come se decine e decine di uccelli si preparassero a intonare il loro concerto.Mary si spose dallafinestra,tendendolemanialsole.

«Che bel sole caldo!...», esclamò. «Questo calore spingerà sempre più in alto le piccole puntineverdi,efaràlavorarebenesottoterraibulbieleradici».

Si sporse fuori più che poté, aspirando grandi boccate d’aria, e d’un tratto le venne da ridereripensandoaciòchediceva lamammadiDickonapropositodelnasodelsuoragazzo,chefremevaetremolavacomequellodiunconiglio.

«Dev’essereancoramoltopresto»,disse.«Lenuvolettesonotutterosateenonhomaivistoilcielocosì.Nonsièancoraalzatonessuno,nonsentoneppureglistallieri».

Unpensieroimprovvisolafecequasisaltare.«Noncelafaccioproprioadaspettare!Voglioandareavedereilgiardino!».Ormai aveva imparato a vestirsi da sola, e fu pronta in cinque minuti. Conosceva una porticina

lateraleesapevacomeaprirla.Vològiùdallescaleconlescarpeinmano,infilandoselenell’atrio.Tolselacatenaeilchiavistello,giròlachiave,aprìlaporta,saltòigradinid’unbalzoedeccolasull’erbachedi colpo si era fatta verde, con il sole che la investiva in pieno e dolci soffi di brezza e pigolii ecinguettiiecantidentroognialberoecespugliointornoalei.Battélemanidallagioiaesollevògliocchialcielo:eraazzurro, rosa,perlaceo, inondatodalla luceprimaverile.Desideròdicantare,ecompreseallora come i tordi, i pettirossi e le allodole non potessero proprio farne a meno... Corse intorno acespugliesentieriversoilgiardinosegreto.

«Ègiàtuttodiverso»,dicevafrasé.«L’erbasièfattamoltopiùverde,edappertuttocisonocosechespuntano,germogli,boccioliefogliolinechesischiudono...SonosicurachequestopomeriggioDickonverrà».

La lunga, tiepida pioggia aveva prodotto strani fenomeni sul tappeto erboso lungo il sentiero checosteggiavailmuropiùbasso.Qualcosagermogliavaespuntavadalleradicidimoltepiante,equaelà,inmezzoaglistelideicrochi,siintravedevanomacchiegialleeporporine...SeimesiprimaMarynonsisarebbecertoaccortacheilmondosistavarisvegliando,maadessononlesfuggivapiùnulla.

Quando raggiunse la porta nascosta dall’edera, la sorprese un curioso rumore: era un corvo che

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gracchiavasullacimadelmuro.Alzòlosguardoescorseungrossouccellodallelucentipennenereconriflessibluastrichesembravaguardarlaconmoltaattenzione.Marynonavevamaivistouncorvocosìdavicino,eprovòuncertospavento.Unistantedopo,l’uccellospiegòlealievolòall’internodelgiardino.Marysperòchenonrestasselà,eaprìlaportaaugurandosichesenefosseandato,maquandoentròsiresecontocheilcorvoavevatutteleintenzionidirimanere:eraandatoaposarsisulramodiunpiccolomelo sotto il quale c’era un animaletto rossiccio dalla folta coda, ed entrambi stavano osservando ilcorpo chino e i capelli color ruggine di Dickon che lavorava di buona lena inginocchiato in mezzoall’erba.

Marycorseversodilui.«Dickon!Dickon!»,gridò.«Comehaifattoadarrivarecosìpresto?Comeciseiriuscito?Ilsolesiè

appenaalzato!».Lui si raddrizzò, ridendo, tutto raggiante e arruffato, con gli occhi che sembravano due pezzetti di

cielo.«Eh», disse, «mi sono svegliatomolto prima di lui. Come potevo rimanere a letto? Stamattina il

mondoèricominciato.Elavora,canta,ronza,cinguetta,costruiscenidi,mandaingiroprofumiperfartiuscire di casa... Quando si è levato il sole, la brughiera è impazzita di gioia. Sono andato inmezzoall’ericaehocominciatoacorrerecomeunmatto,gridandoecantando.Esonovenutosubitoqui.Nonriuscivoastarelontano.Ilgiardinomiaspettava!».

Marysimiselemanisulpetto,ansimando,comeseavessecorsoanchelei.«OhDickon!Dickon!...»,esclamò.«Sonocosìfelicechequasinoncelafaccioarespirare!»Vedendocheilragazzoparlavaconunapersonasconosciuta,l’animalettodallacodafoltasialzòdal

suopostosottol’alberoesidiresseversodilui;ilcorvogracchiò,vològiùdalsuoramoeglisiposòtranquillamentesopraunaspalla.

«Questo qui è il volpacchiotto», spiegò lui, accarezzando la testa fulva della bestiola. «Si chiamaCapitano. E questo invece è Fuliggine. Fuliggine è volato attraverso la brughiera insieme a me, eCapitanohacorsovelocecomeseavesseicaniallecalcagna...Tuttiedueprovavanoquellocheprovavoio».

Nessunadelleduecreaturesembravaminimamente intimoritadaMary.QuandoDickoncominciòacamminare,FuligginerimasesullasuaspallaeCapitanopreseatrotterellarglitranquillamenteaccanto.

«Guarda!»,dicevaDickon.«Guardacomesonocresciutequestepiantine!Equestealtre!...Eguarda,guardaquellelà!».

Si inginocchiò, e Mary gli si mise accanto. Erano vicini a un gran cespo di crochi, una veraesplosionediporpora,arancioeoro.Marychinòilcapoelibaciòpiùvolte.

«Nonvabenebaciareunapersonainquestomodo»,disse,«maifiorisonoun’altracosa».Dickonapparivaperplesso,masorrise.«Eh!»,disse.«Iohobaciatotantevoltelamammainquelmodo,quandotornavodallabrughieradopo

essermenestato ingiro tutto ilgiornoe leistavaadaspettarmisullaportadicasa,nelsole,contentaeserena».

Corsero da una parte all’altra del giardino e videro tante di quelle meraviglie che dovetterotrattenersi per non gridare dalla sorpresa. Dickon le mostrò le gemme sui rami dei rosai che primasembravanomorti;leindicòancheun’infinitàdipuntineverdichespuntavanofuoridallezolle.Miseroiloro avidi piccoli nasi vicino alla terra, annusandone eccitati il tiepido, soave respiro primaverile;zapparono,scavarono,strapparonoerbacceeriserosottovoce,rapiti,finchéicapellidiMarynonfuronoarruffaticomequellidiDickonelesuegotealtrettantorosse,rossecomeduepapaveri.

C’erano tutte le gioie possibili di questa terra, quellamattina lì nel giardino segreto;ma fra tantegioie ecco che ne sopraggiunse un’altra ancora più grande di tutte le altre, davvero straordinaria.Qualcosavolòvelocementedaoltreilmuro,esfrecciòattraversoglialberifinoaunvicinoangolofolto

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di vegetazione: era un uccellino dal petto rosso e lucente, con qualcosa che gli pendeva dal becco.Dickonrimaseimmobile,posandounamanosuquelladiMary,comesed’untrattosifosserosorpresiaridereinchiesa.

«Non dobbiamo muoverci», bisbigliò con il suo accento dello Yorkshire, «non dobbiamo quasirespirare.Sapevochestavaperaccoppiarsi,l’ultimavoltachel’hovisto.ÈilpettirossodiBen,esistacostruendoilnido...Resteràqui,senonlospaventiamo».

Sisistemaronoconcautelasull’erba,restandoimmobili.«Nondobbiamoaverel’ariadiosservarlotroppo»,proseguìDickon.«Romperebbedeltuttoconnoi

seglidiamol’impressionediimmischiarciinunmomentodelgenere.Nonsicomporteràpiùcomeprimafinchénonavràfinito.Stamettendosucasa,esisentepiùtimidoepiùnervoso.Nonhatempopervisiteechiacchiere.Dobbiamostarcenefermicomefossimoerba,alberiocespugli.Quandosisaràabituatoallanostravista,iomimetteròacinguettareunpochino,cosìluicapiràchenonvogliamodarglifastidio».

Marynonsapevabenecosabisognassefarepersembrareerba,alberoocespuglio;maDickonavevadettoquellastranacosacomesefosselapiùnaturaleesemplicedelmondo.Pensòcheperluidovevaesserefacilissimo,eperalcuniminutilofissòattentamente,chiedendosicomeavrebbefattoadiventareverdeeametteresuramiefoglie...Maluisi limitòarestarseneseduto,perfettamente immobile,eadabbassarelavoceauntalesussurroche,quandoparlò,leirimasestupitadiriuscireasentirlo.

«Costruireinidifapartedeilavoriprimaverili»,spiegò.«Sonosicurocheèsemprestatocosìdachemondo è mondo. Loro pensano e fanno le cose in un certo modo, ed è meglio lasciarli fare comevogliono.Inprimavera,sesiètroppocuriosi,èpiùfacileperdereunamicochedurantequalsiasialtrastagione».

«Se parliamo di lui non riesco a non guardarlo», disse Mary più piano che poté. «Cambiamoargomento.C’èunacosachevogliodirti».

«Ilpettirossosaràpiùcontentoseparliamod’altro»,osservòDickon.«Cos’èchevuoidirmi?»«Ecco...sainulladiColin?»,sussurròMary.Luisigiròelafissò.«Etucosasaidilui?»,lechiese.«L’hovisto,equestasettimanahoparlatoconlui tutti igiorni.Vuolechevadaa trovarlo.Sostiene

cheglifacciodimenticarecheèmalatoechestamorendo»,risposeMary.Dickonapparvesollevato,nonappenalostuporesparìdallasuafacciatonda.«Ah,comesonocontento!»,esclamò.«Sonopropriocontento!Oramisentomeglio.Sapevodinon

doverparlaredilui,enonmipiacenasconderelecose!».«Alloranontipiaceneppuretenerenascostoilnostrogiardino?»,domandòMary.«Nonneparleròmai a nessuno», le assicuròDickon. «Peròhodetto allamamma: “Mamma,devo

mantenereunsegreto.Nonèunsegretocattivo,tumiconosci.Nonèpeggiochetenerenascostodovesitrovailnidodiunuccello.Nontidispiace,vero?”».

MaryvolevasempresaperedellamammadiDickon.«Eleichecosahadetto?»,chiese,pernullatimorosadellarisposta.Dickonfeceunasmorfiaallegra.«Oh,tipicodilei,quellochehadetto.Mihaaccarezzatolatestaeharisposto:“Ragazzomio,puoi

averequantisegretitipare.Sonododiciannicheticonosco”».«ComefaceviasaperediColin?»,domandòMary.«Tutti sanno cheMrCraven ha un figlio che probabilmente diventerà storpio, e sanno che lui non

vuolecheseneparli.LagenteèdispiaciutaperMrCraven,perchésuamoglieeraunagiovanesignorabella e gentile, e si volevanomolto bene.MrsMedlock si ferma sempre a casa nostra quando va aThwaite,enonsifascrupolodiparlareconlamammadavantianoiragazziperchésachepuòfidarsi.Matucomehaifattoascoprirlo?Marthaeramoltopreoccupatal’ultimavoltacheèvenutaacasa...Ha

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dettochetuloavevisentitopiangereechefacevitantedomande,eleinonsapevacosadirti».Maryallora raccontòdelventoche l’aveva svegliata inpienanotte,deldebolepianto lontanoche

l’avevaguidataattraversoibuicorridoiconlasuacandelafinoaquellacamerafiocamente illuminataconillettoabaldacchino...QuandodescrisseilvisettopallidodiColineisuoistraniocchidallelungheciglianere,Dickonscosseilcapo.

«Sonopropriocomegliocchidisuamadre,maquellidileiridevanosempre,oalmenocosìdicono...DiconopurecheMrCravennonpuòsopportaredivederloquandoè sveglioproprioperviadei suoiocchiidenticiaquellidellamadre,anchesenelsuovisotristesembranotantodiversi».

«Pensichedesiderilasuamorte?»dissepianoMary.«No, questo no, però vorrebbe che non fossemai nato... Lamamma pensa che questa sia la cosa

peggiorechepossacapitareaunbambino.Chinonèdesideratodifficilmentevienesubene.MrCravenspenderebbequalsiasicifraperquelpoveroragazzino,peròvorrebbescordarsidellasuaesistenza...Peresempio,hailterrorecheungiornool’altropossadiventaregobbo».

«AncheColinha tantapauradiquestacosa,perciònonvuolestareseduto.Dicechesesi sentissespuntareunpo’digobbadiventerebbepazzoeurlerebbefinoamorire».

«Eh,nondovrebberestarsenelìrimuginandocosedelgenere»,replicòDickon.«Nessunragazzopuòguariresesimetteapensarecosì».

La volpe si era sdraiata sull’erba accanto a lui e ogni tanto lo guardava come per chiedergli unacarezza. Dickon si chinò, le strofinò piano il collo, e rimase soprapensiero per qualche minuto; poisollevòilcapoediedeun’occhiataingiroperilgiardino.

«La prima volta che siamo venuti qui», disse, «sembrava che ogni cosa fosse grigia... Guardatiintorno,adesso,edimmisenontisembradifferente».

Maryguardòerimasesenzafiato.«Guarda!...»,esclamò.«Ilmurogrigiostacambiando.Ècomeseloricoprisseunaspeciedinebbia

verde...Èquasicomeunvelodigarzaverde».«Già», proseguì Dickon, «e diventerà sempre più verde, fino a che il grigio non sarà sparito del

tutto...Riesciaindovinareacosastavopensando?»«So che doveva essere qualcosa di bello», disse Mary eccitata, «magari qualcosa che riguarda

Colin».«Pensavo che se fosse qui non si metterebbe a pensare alla gobba che potrebbe spuntargli sulla

schiena,maguarderebbeigermoglichesischiudonosuicespugliesisentirebbemoltomeglio»,spiegòDickon.«Michiedevoseriusciremomaiaconvincerloavenirequieastaresottoglialberisullasuasediaarotelle».

«Misonochiestaanch’io lastessacosa,anzi,cihopensatoquasiognivoltache l’hovisto»,disseMary.«Misonodomandatasesiacapacedimantenereunsegretoesesiapossibilecondurloquisenzachenessunociveda...Forsetupotrestispingerelasediaarotelle.Ilmedicohadettochedeverespirareariafresca,ese luivuoleessereportatofuori,nessunooseràdisobbedirgli...Nonvuoleuscireperviadeglialtri,eforseglialtrisarebberocontentidivederlouscireconnoi.Potrebbeordinareaigiardinieridistarseneallalarga,cosìneppurelorolovedrebbero».

Dickoneratuttoimmersoneisuoipensieri,mentreseguitavaadaccarezzarelaschienadiCapitano.«Glifarebbemoltobene,nesonosicuro»,disse.«Noidavverononpensiamochesarebbemegliose

nonfossemainato.Siamosoloduebambinicheguardanoungiardinochecresce,eluipotrebbeessereunaltro bambino come noi. Due ragazzini e una ragazzina che stanno a guardare la primavera. Oh,scommettocheglifarebbemoltomegliodituttelecuredeidottori».

«Èrimastotroppotempochiusonellasuastanza,edèsemprecosìpreoccupatoperlasuaschienacheèdiventatostrano»,risposeMary.«Haimparato tantissimecosedai libri,Manonsaaltro.Dicecheèsemprestatotroppomalepernotarelecose,eodiauscire,odiaigiardinieodiaigiardinieri...Perògli

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piacesentirparlarediquestogiardino,perchéèunsegreto...Nonhoosatoraccontargligranche,mahadettochelovorrebbevedere».

«Ungiornool’altrodisicuroloporteremoqui»,disseDickon.«Nonmicivorràmoltoaspingerelasua carrozzina... Hai visto quanto hanno lavorato il pettirosso e la sua compagna mentre noi ce nestavamoquiseduti?...Guardalo,suquelramo:sistachiedendoqualesiailpostomigliorepersistemarequelramoscellochetienenelbecco».

Fece uno dei suoi leggeri fischi, e il pettirosso voltò il capino: sembrava lo guardasse con ariainterrogativa, tenendo sempre il ramoscello nel becco. Dickon gli parlò come faceva anche BenWeatherstaff,mailsuotonoeraquellodiunconsiglioamichevole.

«Andràbenissimoovunque lometterai»,disse.«Sapevicomecostruire il tuonidoancoraprimadiusciredalguscio.Forza,sbrigati!Nonc’ètempodaperdere!».

«Oh,mi piace tanto ascoltare quando gli parli!...», disseMary con una risata di piacere. «Ben losgridaelopigliaingiro,maluiglisaltellaintornoconl’ariadicapireogniparola,esocheglipiace.Bendicecheèmoltovanitoso,echepreferirebbeesserepresoasassate,piuttostochesentirsiignorato».

Dickonriseasuavoltaeproseguì,semprerivolgendosialpettirosso:«Lo sai che non vogliamo disturbarti.Anche noi siamo creature selvatiche, e anche noi ci stiamo

facendoilnido.Nontradirci,miraccomando!».Esebbeneilpettirossonondessealcunarispostaperchéavevailbeccoimpegnato,quandovolòvia

nell’angolochesierasceltopercostruireilsuonido,Marylessenelsuoocchioscurobrillantecomeungocciadirugiadachemaiepoimaiavrebbetraditoillorosegreto.

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Capitolosedicesimo.«Nonlofarò!»Quellamattina ebbero unmonte di cose da fare, e cosìMary rincasò tardi. Aveva tanta fretta di

tornareallavorochequasisidimenticòdiColin.«DiteaColinchenonpossoandareatrovarlo»,spiegòaMartha.«Hotantissimodafareingiardino».Marthalaguardòalquantospaventata.«Eh,MissMary»,replicò,«potrebbearrabbiarsiparecchioasentireunacosadelgenere».MaMarynonavevanessunapauradiluienoneraaffattodispostaasacrificarsi.«Nonpossotrattenermi»,ribatté,«c’èDickonchemiaspetta».Escappòvia.Il pomeriggio fu ancora più piacevole e più indaffarato delmattino. Ormai quasi tutte le erbacce

eranostatestrappatevia,lamaggiorpartedelleroseerastatapotataelaterraerastatasmossa.DickonsieraportatolasuavangaeavevainsegnatoaMarycomeusaretuttigliattrezzi.Aquestopuntoerachiaroche il bel posto inselvatichito entro la fine della primavera anche se non sarebbe certo divenuto un“giardinodagiardinieri”sisarebbetrasformatoinunintricodipianterigogliose.

«Cisarannofioridimeloediciliegiosopralenostreteste»,disseDickonlavorandocontuttalasuaenergia,«epeschiesusinivicinoalmuro,el’erbasaràuntappetofiorito».

Ilvolpacchiottoeilcorvoeranoaltrettantofelicieindaffaratidiloro;ilpettirossoelasuacompagnavolavanoavantieindietrocomesottilistriscediluce.Ognitantoilcorvosbattevalealinereesialzavainvolooltre le cimedegli alberi del parco: quando tornava, atterrava accanto aDickon e gracchiavaripetutamente,comeseglistesseraccontandolesueavventure.Dickonparlavaconluipropriocomeconilpettirosso,eunavoltachenonglirisposeatonoperchéeratroppopresodallavoro,Fuliggineglivolòsopralaspallabeccandoglidelicatamentel’orecchio.QuandoMarydecisediriposarsiunpo’,Dickonsisedette vicino a lei sotto un albero, tirò fuori di tasca lo zufolo e intonò una delle sue strane, dolcimelodie...Alloraduescoiattoliapparverosullasommitàdelmuroerimaserolì,immobili,adascoltare.

«Sei diventata molto più forte di prima», disse Dickon osservandola mentre scavava. «Cominciproprioadavereunaltroaspetto».

Maryeratuttasudataperlafatica,maraggianteediottimoumore.«Diventoognigiornopiùrobusta»,risposeesultante.«MrsMedlockdovràprocurarmideivestitipiù

grandi... EMartha sostiene che anche imiei capelli si sono rinforzati: dice che non sono più lisci esfibraticomeprima».

Quandosisepararono,ilsoleiniziavaatramontare,mandandoisuoiultimiraggidoratiattraversoilfogliamedeglialberi.

«Domanifaràbeltempo»,disseDickon,«All’albasarògiàquialavorare».«Iopure»,disseMary.Tornòacasadicorsa,piùprestochepoté.VolevaraccontareaColindelvolpacchiottoedelcorvodi

Dickonedicomelaprimaverastavatrasformandoilgiardino.Erasicurachegliavrebbefattopiacere.Ma rimase molto male quando, appena aperta la porta della sua camera, trovò Martha che la stavaaspettandoconilvisoafflitto.

«Chesuccede?»,chiese.«ChehadettoColinquandohasaputochenonpotevoandaredalui?»«Eh»,risposeMartha,«sarebbestatomegliosecifosteandata...Èmancatopococheavesseunodei

suoiattacchi.Abbiamoavutounbeldafarepertenerlotranquillodurantetuttoilpomeriggio.Ogniminutoguardaval’orologio».

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Marystrinselelabbra.NonusavatenerecontodeglialtripiùdiquantofacesseColin,enoncapivaperchéunragazzettodalcarattereirascibiledovesseinterferireconquellocheleandavadifare.Nonnesapevanulladelleprecauzionidausareconlepersonemalatedinervichenonsannocontrollareiproprisbalzidiumorefacendoinnervosireeammalareancheglialtri.InIndia,quandolevenivamalditesta,lofaceva venire anche a chi le stava intorno, ed era convintissima che andasse bene così; ma adesso,ovviamente,lesembravacheColinavesseassolutamentetorto.

Quandosirecònellasuacamera,luinonsitrovavasuldivano:erasdraiatoaletto,supino,enongiròneppurelatestaudendolaentrare.Erauninizioalquantonegativo,eMarysiaccostòaluiindispettita.

«Perchénontiseialzato?»glichiese.«Mi ero alzato, questa mattina, quando credevo che tu venissi», rispose il ragazzo sempre senza

guardarla,«manelpomeriggiomisonofattorimetterealetto.Mifacevamalelaschiena,eanchelatesta,ederostanchissimo...Perchénonseivenuta?»

«HolavoratonelgiardinoinsiemeaDickon»,risposeMary.Colinaggrottòlafronteesideciseaguardarla.«Nonlolasceròpiùvenire,quelragazzo,setucontinuiauscireeastareconluiinvecedivenirequi

aparlareconme»,disse.Maryandòsututtelefurie,ederacapacedifarlorimanendoinperfettosilenzio.Divenivasolopiù

aspraeostinata,assolutamenteincurantediquantopotevasuccedere.«SemandiviaDickonnonmetteròpiùpiedeinquestacamera»,risposedirimando.«Einvecedovraivenirci,seiolovoglio»,replicòColin.«Nonlofarò!»,insistetteMary.«Eioticostringerò.Ticitrascineranno».«Vedremo,caroilmiorajah!...»,esclamòMaryconrabbia.«Mipotrannoanchetrascinare,manon

potranno obbligarmi ad aprire bocca. Resterò seduta, a denti stretti, senza fiatare. Non ti guarderònemmeno,fisseròilpavimento!».

Formavano una coppia davvero buffa mentre battibeccavano a quel modo. Se fossero stati duemonellidistrada,sisarebberolanciatiunocontrol’altrarisolvendolaquestioneapugniecalci;invece,cominciaronoastrillare.

«Seiun’egoista!»,urlòColin.«E tucosacredidiessere?», replicòMary.«Sonopropriogliegoistiaparlarecosì:chiunquenon

facciaquellochevoglionoloroèunegoista.Tuseimoltopiùegoistadime,seiilragazzopiùegoistachesisiamaivisto!».

«Nonèvero!»,scattòColin.«SonosempremenoegoistadeltuocaroDickon!Titrattieneagiocareconlaterrasapendocheiodevostarmenequituttosolo!...Èluil’egoista,senontidispiace!».

GliocchidiMaryfiammeggiarono.«Dickonèilragazzopiùgentiledelmondo!...»,ribatté.«È...èunangelo!».Un’affermazionedelgenerepotevaanchesuonarebuffa,maaMaryimportavaassaipoco.«Oh, un bell’angelo davvero!...», sogghignò Colin inferocito. «Non è altro che un ragazzetto di

campagnaqualsiasicheviveinunaspeciedicapannadellabrughiera!».«Sempremegliodiunqualunquerajah!»,gridòMary.«Anzi,millevoltemeglio!».Siccomeeraleilapiùforte,stavaperaverelameglio.AColinnoneramaicapitatochequalcunogli

siopponessecosì,e tuttosommatolacosaglifecemoltobene,anchese lìper lìnéluinéMarysenereseroconto.Giròlatestasulcuscinoechiusegliocchi,mentreunagrossalacrimagliscendevalungolagota.Cominciavaasentirsipateticoeaprovarepietàpersestesso...persestessosoltanto,nonperglialtri.

«Ionon sono egoista come te, perché sono sempremalato e sono sicuro chemi sta spuntandounagobbasullaschiena»,disse.«Epoistopermorire!».

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«Nonèveroaffatto!»,locontraddisseMarysenzaneppureun’ombradipietà.Luisgranògliocchiperl’indignazione:nonglieramaisuccessodisentirsirispondereinquelmodo.

Era furibondo e al tempo stesso anche un po’ compiaciuto, se mai è possibile provare insieme duesentimentidelgenere.

«Come,nonèvero?!»,strepitò.«Èverissimo,invece,etulosai!Tuttilosanno!».«Eiononcicredo!»,disseMaryintonoaspro.«Lodiciappostaperimpietosirelagente.Tenefai

unaspeciedivanto,maiononcicredo.Setufossiunragazzogentile,potrebbeancheesserevero,maiseitroppocattivo!».

Adispettodellasuaschienadebole,Colinscattòasederesullettofuoridisédallarabbia.«Fuoridiqui!»,urlòafferrandoilcuscinoelanciandoglieloaddosso.Manoneraabbastanzaforteper

scagliarlocosìdistante,eilcuscinocaddesoltantoaipiedidiMary.Ilvisodileisirabbuiò.«Menevado,eccomesemenevado»,sibilò,«enonmivedraipiù».Siavviòversolaporta,eunavoltalìsigiròperaggiungere:«Erovenutaperraccontartiunmucchio

dicosecarine...Dickonhaportatoilvolpacchiottoeilcorvo,eiovolevoparlartidiloro...Adessonontidiròunbelnulla!».

Uscìe si richiuse laportaalle spalle.Lì, consuagrandemeraviglia, trovò l’infermieracheaveval’aria di avere ascoltato tutto e, cosa ancor più stupefacente, di essersi divertita. Era una donna alta,giovaneedibell’aspetto,manoneratagliataperquel lavoro,dalmomentochenonpotevasoffriregliammalati e trovava sempre qualche pretesto per mollare Colin a Martha o a chiunque altro potessesostituirla.AMarynoneramaipiaciuta,percuisilimitòagettarleun’occhiatamentrequellaridacchiavanascondendoilvisonelfazzoletto.

«Cheavetedaridere?»,lechiese.«Ridodivoidue»,risposel’infermiera.«Aquelragazzinomalaticcioeviziatononpotevacapitare

nulla dimeglio: finalmente ha trovato qualcuno viziato quanto lui capace di tenergli testa. Se avesseavutounasorelladellasuaetàconcuiaccapigliarsi,sarebbestatalasuasalvezza».

«Morirà?»«Non lo so e nonme ne importa nulla», rispose l’infermiera. «Una buonametà delle suemalattie

dipendonodall’isterismoedalpessimocarattere».«Checos’èl’isterismo?»,chieseMary.«Loscopriretebenpresto,perchégliverràunacrisisedavvero loavete fattoarrabbiare... Inogni

caso,adessohaunbuonmotivoperfarel’isterico,emifapropriopiacere».Maryseneandò incamera sua.Nonsi sentivapiùcomeal ritornodalgiardino:era indispettitae

delusa, ma non provava la minima pena per Colin. Fino a poco prima aveva avuto tanta voglia diraccontargliunmucchiodicoseeavevaanchepensatodidecidersiaconfidargliilgrandesegreto.Avevacominciatoapensaredipotersifidare,maorastavacambiandoidea.No,nonglieloavrebbemaidetto,elui poteva pure restarsene nella sua stanza senzamai prendere una boccata d’aria fresca emorire, sepropriogliandava!...Sì,benglistava!...Sisentiva talmente inaspritae irremovibilecheperunpo’sidimenticòperfinodiDickonedelveloverdechescendevasulmondoedelventodolcechespiravasullabrughiera.

Marthalastavaaspettando,elasuapreoccupazioneerastatasoppiantatadallacuriosità.Sullatavolac’eraunacassettadilegnoacuierastatotoltoilcoperchiopienaditantibeipacchetti.

«VelamandaMrCraven»,disse.«Sembrachecisianodeilibriillustrati».Maryallorasiricordòdicosaleavevachiestoilgiornoincuisierarecatanelsuostudio:«Tiserve

qualcosa, libri, bambole, giocattoli?»...Aprì i pacchi, chiedendosi seper caso le avessemandatounabambolaecosaavrebbedovutofarne...Inveceno:sitrattavadilibribellissimi,comequellicheavevaColin,edueeranodigiardinaggio,contanteillustrazioni.C’eranoanchedueotregiochieunpiccolo,

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elegantenécessairedascritturaconsopraunmonogrammad’oro,unapennapured’oroeuncalamaio.Eratuttocosìbellochelagioiacominciòafarledimenticarelacollera:nonpensavacheMrCraven

sisarebbericordatodilei,eilsuocuoricinoinsensibilesiintenerì.«Posso scrivere in corsivomeglio che in stampatello», disse, «e la prima cosa che scriverò con

questapennasaràunaletteraperringraziarlodituttiisuoiregali».Se fosse stata in buoni rapporti con Colin, sarebbe subito corsa da lui per mostrargli i doni:

avrebbero guardato insieme le illustrazioni e letto qualche pagina dei libri di giardinaggio; magariavrebbero ancheprovatoqualchegioco, e lui si sarebbe talmentedivertito da scordarsi che stavapermorire, né si sarebbe passato lamano sulla schiena per controllare se gli stava spuntando la gobba...QuelgestoriuscivainsopportabileaMary: lecomunicavaunosgradevolesensodipaura,forseperchélui lo faceva conun’aria terribilmente spaventata.Ripeteva che seungiorno avesse sentito ancheunaminuscolaprotuberanza,avrebbecapitochestavacominciandoaspuntarglilagobba:qualcosacheavevasentitosussurraredaMrsMedlockall’infermieradovevaaverglimessointestaquell’idea,etantoavevacontinuato a pensarci che alla fine se n’era convinto.MrsMedlock aveva detto che la schiena di suopadre aveva iniziato a incurvarsi quando era ancora un bambino. Colin non aveva mai confidato anessuno, tranne a Mary, che quasi tutti i suoi “attacchi”, come li chiamavano, erano frutto di quellasegretapaura.Maryavevaprovatounagranpietàperlui,quandoglieloavevaconfessato.

«Pensasempreaquestecosequandoèarrabbiatoostanco»,sidisse.«Eoggieramoltoarrabbiato...Magarièrimastolìapensarcipertuttoilpomeriggio».

Rimaseimmobile,riflettendomentreguardavafissoiltappeto.«Glihodettochenonsareimaipiùtornatadalui...»esitò,aggrottandolafronte.«Maforse...forse,se

mivuole,potreiandareatrovarlodomattina...Forseproveràdinuovoatirarmiaddossoilcuscino,ma...sì,allafinepensocheciandrò».

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Capitolodiciassettesimo.L’attaccoMarysieraalzatamoltoprestoeavevadavverolavoratosodonelgiardino,perciòsisentivastancae

insonnolita. Non appena ebbe terminato di mangiare la cena portatale da Martha, fu ben felice diandarsene a letto.Mentre posava il capo sul cuscinomormorò fra sé: «Domattina prima di colazionelavorerònelgiardinoconDickon,epoi,forse,andròatrovareColin».

Proprio nel cuore della notte – o almeno così le parve – venne svegliata da rumori talmentespaventosichelafecerobalzareinunattimogiùdalletto.Siudivaungrandeaprireechiuderediporte,passifrettolosineicorridoiequalcunocheurlavaepiangevanellostessotempo.

«ÈColin»,sidisse.«Deveavereunadellesuecrisi,quellechel’infermierachiamaattacchiisterici.Fapaura».

Quelle urla e quei singhiozzi strazianti le fecero comprendere come le persone, spaventate, glieledesserotuttevintepurdinonfarlogridarecosì.Sichiuseleorecchieconlemani,fremendo.

«Nonsochefare,nonsochefare»,ripeteva.«Noncelafaccioasopportarlo».Auncertopuntosichieseseinsuapresenzaavrebbesmesso,mapoisirammentòdicomel’aveva

scacciatadallastanzaepensòchefarsivedereavrebbeforseaddiritturapeggioratolecose.Continuavaasentirequelleurlaorribilianchepremendosilemanisulleorecchie:letrovavatalmenteintollerabiliched’untrattocominciòairritarsiesidissechelesarebbepiaciutofarsivenireasuavoltaunattaccotaledaspaventarloamorte,cosìcomeluispaventavalei.Noneraabituataalcattivoumoredeglialtri,soltantoalsuo.Sitolselemanidalleorecchieesialzòpestandoforteipiedi.

«Bisognafarlosmettere,bisognafermarlo!...Qualcunolodovrebbepicchiare!»,urlò.Inquelmentresiudìunrumoredipassinelcorridoio:laportasiaprìedentròl’infermiera.Adesso

nonridevaaffatto:erapallida,conlafacciasconvolta.«Siè fattovenireunattacco isterico»,disse in fretta.«Si faràdelmale.Nessunosacosa fare.Da

brava,veniteeprovatevoi...Almenoglisietesimpatica».«Stamattinavihamandatoviadallasuastanza!»,risposeMaryintonorabbioso,pestandoipiedi.Ilsuoatteggiamentofecepiacereall’infermiera,cheavevatemutoditrovareMaryinlacrime,conil

caponascostosottolelenzuola.«Così vamolto bene», disse. «Siete proprio dell’umore giusto. Andate e rimproveratelo. Andate,

presto,senzaperderetempo».SoltantoinseguitoMarysiresecontodiquantol’interafaccendafossestataaltempostessobuffae

orribile. E il lato buffo era che gli adulti fossero tutti spaventati al punto di dover ricorrere a unaragazzinasoloperchéavevalostessopessimocaratterediColin.

Maryvolòlungoilcorridoio,epiùsiavvicinavaalleurla,piùilsuomalumoresiacuiva.Arrivòallaportacomeunafuria,laspalancòconunamanataecorseversoilletto.

«Finiscila!...»,gridò.«Finiscila!Tiodio!Tiodianotuttiquanti!...Vorreitantochetutticorresseroviadaquestacasa lasciandotiqui,solo,aurlarefinoacreparne!Tuvuoiurlare finoamorire,e iovorreitantochetiriuscisse!».

Unabambinagentileecompassionevolenonavrebbenemmenopotutopensarecosedelgenere;mailtrauma di sentire quelle parole fu la miglior cura per quel ragazzino isterico che nessuno osavamaipunireocontraddire.

Colintenevailvisopremutocontroilcuscino,tempestandolodipugni,esigiròdicolpoalsuonodi

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quella vocetta infuriata.Aveva un aspetto spaventoso: il viso gonfio e arrossato, il respiro ansimantedaval’impressionechestessepersoffocare...;maallapiccola,furibondaMarydituttociònonimportavaunaccidente.

«Se solo faiunaltrourlo»,disse,«urleròpure io, e ti assicuroche semicimetto riescoaurlareancorapiùfortedite,etifaròpaura!».

IneffettiColinsiammutolìdicolpo,tantoquelleparoleloavevanosorpreso;mal’urlorepressoingolaquasilosoffocava:lelacrimegliinondavanoilvisoeilsuocorpotremava.

«Nonpossosmettere!»,singhiozzòboccheggiando.«Nonposso,nonposso!».«Sì chepuoi!», gridòMary. «Metàdei tuoi attacchi sono soltanto isteria, isteria e isteria!», ripeté

pestandoognivoltailpiedeaterra.«Hosentitoilgonfioresullaschiena!...»,esclamòColinconvocerotta.«Sapevocheprimaopoilo

avreisentito!Miverràlagobbaepoimorirò!...».Eripreseagemereeacontorcersisinghiozzando,manonurlavapiù.

«Tu non hai sentito nessun gonfiore!», ribattéMary furente. «E se lo hai sentito, era un gonfioreisterico.Èl’isteriachecreaigonfiori.Nonc’ènullafuoripostosullatuaschienatranneituoiisterismi.Giratiefammivedere».

Iltermine“isteria”lepiaceva,eperdipiùavevalasensazionecheinqualchemodofacesseeffettosuColin.Eraprobabilecheanchelui,nondiversamentedalei,nonl’avessemaisentitaprimadiallora.

«Infermiera»,ordinòMary,«venitequiefatemivederelasuaschiena».L’infermiera,MrsMedlockeMarthaeranorimasteaccantoallaportaelaguardavanoaboccaaperta,

tutteetresenzafiatoperlospavento.L’infermierasiaccostòtitubante.Colintremavaeansimavaperisinghiozzi.

«Forse...forseluinonmelopermetterà»,azzardòpiano,intonoesitante.MaColinlaudìlostesso,etraunsinghiozzoel’altrodisse:«Fate...fateglielavedere».Quandovennemessaanudo,apparveunaschienagracile,magrissima,dovesipotevanocontaretutte

lecostoleelevertebredellaspinadorsale;maMarynonstetteaffattoacontarle:sichinòaosservarlacon espressione solenne e irata: aveva un’aria così arcigna che l’infermiera voltò la testa di lato pernascondere l’ombradiunsorrisoche lecontraeva le labbra.Cifuunminutodisilenzio,perchéancheColintrattenevailrespiromentreMarygliesaminavainsueingiùlaschienapiùscrupolosamentediunluminarediLondra.

«Quinonc’ènessungonfiore,neppurecomeunacapocchiadispillo»,sentenziòalla fine,«eccettoquellidelleossa.Elisentiperchéseitroppomagro.Liavevopureioqueigonfiori,quandoeromagracome te.E non sono ancora abbastanza in carne da nasconderli del tutto. Se dici ancora che c’è, nonimmaginicometipiglieròingiro!».

Soltanto Colin stesso seppe quale effetto benefico ebbero quelle parole pronunciate con tantairritazione: se avesse avuto qualcuno con cui parlare dei suoi segreti terrori, se avesse osato porrequalchedomanda,seavesseavutolacompagniadialtriragazzidellasuaetàsenzarimanersenepertantotemporinchiusoinquellacasa immensa,sdraiatosullaschiena,affidatoapersonetimorosee ignorantiche mal lo sopportavano, allora avrebbe compreso che la maggior parte delle sue paure e dei suoimalannierasoltanto fruttodellasua immaginazione.Era rimastoa lettoperore,giorni,mesi,anninonpensandoadaltrocheaisuoidolorieallasuastanchezza.Eoracheunaragazzinafuribondaeantipaticasiostinavaa ripetereche le suemalattienonesistevano,cominciòadavere la sensazionechepotesseesserelaverità.

«Non sapevo», azzardò l’infermiera, «chepensassedi averequalchegonfiore sulla schiena.Ha laschienadeboleperchésiostinaanonvolerstareseduto.Glieloavreidettoanch’iochenonc’eranessungonfiore».

Colininghiottìlasalivaesivoltòaguardarla.

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«Davveromeloavrestedetto?»,lechieseintonopatetico.«Certo,sir».«Ecco!...»,disseMaryinghiottendolasalivaanchelei.Colin si girò di nuovo dall’altra parte e rimase immobile per un po’. Il suo respiro era ancora

spezzatoegrossilacrimonigliscorrevanosulvisobagnandoilcuscino,maeranolacrimedisollievo,diunenorme,improvvisosollievo.Poitornòancoraaguardarel’infermiera,estranamentequandoleparlònonavevaaffattoiltonodiunrajah.

«Pensate...cheiopossavivere...finoadiventareadulto?»,domandò.L’infermieranoneranéintelligentenédibuoncuore,tuttaviaeraingradodiripeterealcuneparole

dettedalfamosomedicodiLondra.«Probabilmentesì,sefareteciòchevisidiceenonviabbandoneretealvostrocattivocarattere...E

sestareteparecchiotempofuori,all’ariaaperta».L’attacco isterico era terminato, Colin, indebolito e stremato dal pianto, si era fatto più docile:

allungòladestraversoMary,chesieraaddolcitaancheleiegliandòincontroamezzastradaconlasuamanoinunasortadirappacificazione.

«Uscirò...usciròconte,Mary»,disseColin.«Nonodieròpiùl’ariafresca,seriusciamoatrovare...»,siricordòappenaintemposinondire“ilgiardinosegreto”,econcluse:«Nonodieròpiùl’ariafrescaseDickonvorràspingerelamiasediaarotelle...HotantavogliadiconoscereDickon,lavolpeeilcorvo».

L’infermierarifeceillettosfatto,battéerassettòicuscini;poipreparòunatazzadibrodoperColinene diede una anche aMary, che dopo tanta agitazione fu veramente contenta di berla.MrsMedlock eMartha furono ben felici di filarsela, e quando tutto fu rimesso in ordine l’infermiera fece capire chesarebbestatafelicissimadiandarseneanchelei:sieradovutaalzareinpienanotte,avevasonnoenonsicurava di sbadigliare apertamente mentre guardavaMary che aveva spinto accanto al letto il grandesgabelloesenestavasedutalìtenendolamanodiColintralesue.

«Dovrestetornareincameravostraecercaredidormire»,ledisse.«Traunpo’ancheluiprenderàsonno...senonètropposconvolto.Allorameneandròalettoanch’io,nellastanzaaccanto».

«Vuoicheticantiquellacanzonechehoimparatodallamiaayah?»,sussurròMaryaColin.Luiletiròdelicatamentelamanoevolsesudileigliocchistanchiesupplichevoli:«Oh,sì!...»,rispose.«Èunacanzonetantodolce!...Miaddormenteròinunattimo».«Lofaròaddormentareio»,disseMaryall’infermieracheseguitavaasbadigliare.«poteteandare,se

volete».«Be’...», rispose l’infermiera sforzandosi di apparire riluttante, «se non prende sonno entro una

mezz’ora,chiamatemipure».«D’accordo»,disseMary.Inunattimol’infermierasparì,enonappenafuuscitaColintiròdinuovoasélamanodiMary.«Stavo quasi per tradirmi»,mormorò, «mami sono trattenuto a tempo... Adesso non ho voglia di

parlareevorreidormire,matuhaidettochehaiunmontedicosebelledaraccontarmi...Credidiaverescopertocomearrivarealgiardinosegreto?».

Maryguardòquelpoverofaccinostancodagliocchigonfienonebbepiùcuoredinegare.«Sì»,rispose,«credodisì.Eseoratiaddormenterai,domanitelodirò».LamanodiColinebbeuntremito.«Oh,Mary»,esclamò.«Oh,Mary!...Sepotessiandarcicredochevivreicosìa lungodadiventare

grande!... Invecedi cantarmi la canzonedella tuaayah, non potresti raccontarmi del giardino segreto,comehaifattolaprimavolta?...Sonosicurochemiaiuterebbeadormire».

«Certamente»,risposeMary.«Adessochiudigliocchi».Lui chiuse gli occhi e restò immobile, in silenzio. Lei, tenendogli stretta lamano, prese a parlare

moltolentamente,abassissimavoce.

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«Pensochesia rimastoabbandonatoper tanto tempo,echesiaunspeciedimeraviglioso intrico...Credoche lerosesisianoarrampicateovunque,finoapenderedairamideglialberieastrisciaresulterrenoformandounaspeciedistranafoschia...Alcunesarannomorte,matantesarannoancoravive,equando verrà l’estate ci saranno cortine e cascate di rose... E poi credo che sia pieno di asfodeli, dibucaneve,digigliediirischesistannoaprendoilcamminoversoilsoleoracheèiniziatalaprimavera,eforse...forse...»

Iltonosuadentedellasuavocelocalmavasemprepiù;leseneaccorseecontinuò.«...Forse ce ne sono già in mezzo all’erba, forse si possono già vedere piccoli gruppi di crochi

porpora e oro, forse le foglioline iniziano già a spuntare e a schiudersi, e forse... forse il grigio stamutando, sta trasformandosi in un morbido tappeto verde che ricopre ogni cosa... E tutti gli uccellivengono a guardare il giardino... perché è silenzioso e sicuro... E poi forse... forse», concluse in unbisbiglio,semprepiùlentamente,«...forseilpettirossohatrovatounacompagnaestacostruendoilsuonido».

Colinsieraaddormentato.

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Capitolodiciottesimo.«Nonc’ètempodaperdere!»Ilmattinodopo,naturalmente,Marynon si svegliòperchéera troppo stanca.Dormì finoa tardi, e

quandoMartha leportò lacolazionevenneasaperecheColin,benchécalmo,nonstava troppobeneeavevauna leggera febbricola, comesempregli capitavaquandoera sfinitodalle crisidipianto.Maryconsumavalentamentelacolazioneeascoltavaqueidiscorsi.

«Dice che avrebbe piacere di vedervi appena vi sarà possibile», disseMartha. «È sorprendentevedere quanta simpatia ha per voi. Di certo, questa notte gliene avete dette quattro, non vi sembra?Nessunaltroavrebbeosato.Poveroragazzo!Ètalmenteviziato.Lamammadicecheleduecosepeggioriche possono capitare a un bambino sono di non ottenere mai quello che vuole, oppure di ottenerlosempre. Non saprebbe quale delle due sia la peggiore. Anche voi eravate di pessimo umore. Però,quandostamattinasonoentrataincamerasuamihadetto:“Perpiacere,potrestechiedereaMissMarysehavogliadivenireaparlareconme?”...Pensate,hadetto“perpiacere”!...Ciandrete,Miss?»

«PrimafaròunascappatapervedereDickon»,risposeMary.«No,anzi,andròprimadaColineglidirò...Soioquellocheglidirò»,aggiunseconun’ispirazioneimprovvisa.

SipresentònellacameradiColinconilcappellointesta.Perunmomentoluiparvedeluso:avevalafacciapenosamentepallidaegliocchicerchiati.

«Sonocontentochetusiavenuta»,disse.«Mifamalelatestaemisentotuttoindolenzitoperchésonomoltostanco...Staiandandodaqualcheparte?».

Marysiavvicinòesichinòsulletto.«Nonstaròviapermolto»,disse.«VadodaDickonma torneròpresto.Sai,Colin... si trattadiuna

cosacheriguardailgiardinosegreto».Lafacciadiluiparveilluminarsitutta,esicolorìlievemente.«Davvero?»,esclamò.«Oh,l’hosognatotuttalanotte.Hosentitochediceviqualcosaapropositodel

grigio che si mutava in verde, e ho sognato di trovarmi in un posto pieno di foglioline verdi chetremolavanoalvento...Daognipartec’eranonidipienidiuccellicheavevanoun’ariacalmaefelice...Menestaròquisdraiatoapensarcifinchénonsaraitornata».

CinqueminutidopoMaryeranelgiardinoinsiemeaDickon.Lavolpeeilcorvoeranodinuovoconlui,mastavoltasieranoportatidietroduescoiattoliaddomesticati.

«Stamattina sono venuto in groppa al mio cavallino», disse Dickon. «Si chiama Salto, è un carocompagno!...Eintascahoportatoquestiduescoiattolini...Ecco,guarda:questoquisichiamaNoce,equest’altroGuscio».

Nonappenadisse “Noce”unpiccolo scoiattologli si arrampicò sulla spalla destra, e non appenadisse“Guscio”l’altroglisaltòsullaspallasinistra.

Quandosi sedetterosull’erba,Capitanosiaccovacciòai loropiedi,Fuligginevolòsul ramodiunalberovicinoperascoltarei lorodiscorsi,eNoceeGusciocominciaronoadannusaretutt’intorno...AMarysembròquasiinsostenibiledoverrinunciareatantadelizia,maquandoiniziòaraccontarequantoera accaduto, la strana espressione che andò assumendo il volto di Dickon gli fece mutare idea.CompresecheilragazzoeradispiaciutoperColinmoltopiùdilei.InfattiDickonguardòilcieloepoisiguardòintornoedisse:

«Ascolta il cinguettio degli uccelli... Sembra che tutto il mondo ne sia pieno... Fischiano,cinguettano...Guardalicomesfreccianodatuttelepartiecomesichiamanofradiloro.Quandoarrivala

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primaveraècomeseilmondosirisvegliasse: lefogliesischiudonoquasivolesserofarsiammirare,eparolamia, che buoni profumi dappertutto!...». Così dicendo, annusò l’aria con il suo allegro nasettoall’insù. «Invece quel povero ragazzo se ne resta rinchiuso nella sua camera, non vede nulla di tuttoquestoepensasoloacosechelofannopiangere!...Ah,dobbiamoportarloqui,dobbiamofarglivedere,ascoltare ogni cosa, dobbiamo fargli annusare l’aria!... Dobbiamo farlo riscaldare al sole... Non c’ètempodaperdere!».

Quandoeramoltopreso inundiscorso,Dickonparlavaconuno spiccato accentodelloYorkshire,ancheseavoltecercavadiattenuarloperchéMarypotessecapirlopiùfacilmente.Maaleiquell’accentopiaceva, e anzi, aveva cercato di impararlo. Adesso lo parlava un po’, così tentò di rispondere conquell’accentocheerad’accordoechebisognava farepropriocosì.EDickonsidivertivaunmondoasentirequellaragazzinachefacevaisaltimortaliperstorpiarelalinguaeparlarecomelui.

«Hairagione,nonc’ètempodaperdere»,dicevaMary,«eadessotidiròcosabisognafare.Luitihapreso molto in simpatia: ti vuole conoscere, e vuole conoscere pure Fuliggine e Capitano. Adesso,quandotornoacasa,glidiròchedomattinaverraiatrovarloegliporteraiancheituoianimaletti.Epoi,quandogli alberi avranno tante foglioline e tanti germogli, lo faremouscire.Tu lo spingerai sulla suasediaarotelle,loporteremoquieglimostreremoognicosa».

Quandofinìdiparlareeramoltofieradisé:eralaprimavoltachefacevaundiscorsocosìlungoneldialettodelloYorkshire,esel’eracavatabenissimo.

«DovrestiparlarecosìancheconMasterColin»,ledisseDickonridacchiando.«Lofarestirideredigusto,enonc’ènulladimeglioperchièammalato.Lamammadicechemezz’oradibelle risateognimattinaguarirebberopureunochehailtifo».

«Vabene,gliparleròcosìoggistesso»,promiseleiridendoasuavolta.Ormai era il momento in cui sembrava che ogni giorno e ogni notte dei maghi attraversassero il

giardinoperestrarremeravigliedallaterraedairamideglialbericonlelorobacchettemagiche.AMarydispiacevaparecchio andarseneproprioora cheNoce si era arrampicato sul suovestito eGuscio erascesogiùlungoiltroncodelmelosottocuieranosedutiperosservarlacongliocchietticuriosi.Eppuretornò a casa, e quando si sedette accanto al letto di Colin, lui simise ad annusare esattamente comefacevaDickon,anchesenoninmodoaltrettantoesperto.

«Profumi...difiorie...difrescura!...»,esclamòconvoceallegra.«Cheprofumoè?...Ècosìfresco,etiepido,edolce...tuttoinsieme!...».

«Èilprofumodelventodellabrughiera»,risposeMary.«Siprofumacosìquandosistasedutisottounalbero, sull’erba, insiemeaDickon,Capitano,Fuliggine,NoceeGuscio.Sono laprimavera, l’ariaapertaelalucedelsoleadavereuncosìbuonprofumo».

Marydissetuttoquestoimitandoilpiùpossibilel’accentodelloYorkshire,enessunsacomepossasuonarestranoquell’accentosenonlohamaisentito.Colinscoppiòaridere.

«Machetisalta intesta?»,disse.«Nontihomaisentitoparlarecosìprimad’ora.Nonhai ideadicomeseibuffa!».

«Ti ho fatto ascoltare un po’ di dialetto delloYorkshire», risposeMary con aria trionfante. «NonriescoancoraaparlarlocomeDickoneMartha,peròmelacavoabbastanza.Masulseriononlocapisci?EppureseinatoecresciutoquinelloYorkshire!...Dovrestivergognarti!».

Riseroentrambi, riseroe riserosenza riuscirea frenarsi, riserocosì forteche lastanzane risuonòtutta,eMrsMedlock,chestavaaprendolaportaperentrare,siritirònelcorridoiorestandoinascolto,stupefatta.

«Be’,chemipigliuncolpo»,esclamòfrasé,parlandoanchelei,senzavolere,indialetto.«Nonmelosareimaiaspettato!Chiloavrebbemaidetto?».

Avevano tante e tante di quelle cose da dirsi. Pareva che Colin non si stancasse mai di sentirraccontarediDickon,diCapitano,diFuliggine,diNoce,diGuscioedelcavallinochiamatoSalto.Mary

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eracorsanelboscoinsiemeaDickonpervedereSalto.Erauncavallinodibrughiera,conilpelotuttoarruffatoeunafoltacrinierachegliricadevasugliocchi,conilmusograziosoeunnasochesembravadivelluto. Era piuttosto magro perché si nutriva soltanto dell’erba della brughiera, ma era robusto eresistentecomeseimuscolidellesuepiccolezampefosseromollediacciaio.Avevasollevatoilmusoenitrito dolcemente non appena aveva visto Dickon, poi aveva trotterellato verso di lui e gli avevapoggiato la testa sulla spalla. Dickon gli aveva parlato all’orecchio e Salto gli aveva risposto conpiccoli,straninitriti,sbuffiegorgoglii.DickonpoiloavevaconvintoaporgereaMarylazampettaeabaciarlasullaguanciaconilmusettovellutato.

«DavverocapiscetuttoquellocheDickonglidice?»,domandòColin.«Sembrapropriodisì»,risposeMary.«Dickonèconvintochequalsiasicreaturacapisce,seseisuo

amico.Peròbisognaessereamiciveramente».Colinsenerimasetranquilloperunpo’,fissandolaparetecongliocchigrigi.Sicapivachestava

riflettendo.«Mipiacerebbe tanto essere amicodelle cose», disse infine. «Manon lo sono.Nonhomai avuto

nessunoconcuifareamicizia,enonpossosopportarelagente».«Nonpuoisopportarenemmenome?»,chieseMary.«Tesì,posso»,risposelui.«Èunacosacuriosa,matumipiaci».«BenWeatherstaffsostienechesonocomelui»,continuòMary.«Hadettochedisicuroholestesso

suocaratteraccio.Forseanchetuseicomelui.Cisomigliamotuttietre:tu,ioeBen...Haaggiuntochenessunodinoièungrancheavedersi,echesiamoacidiproprioquantosembriamo... Ioperònonmisentotantoacida,oalmenononcomeprimadiconoscereilpettirossoeDickon».

«Primaavevilasensazionediodiaretutti?»«Sì»,risposeMaryintuttasincerità.«Tiavreidetestatosetiavessiincontratoprimadiconoscereil

pettirossoeDickon».Colinallungòunamaninaelatoccò.«Mary,vorreitantononaverdettocheavreimandatoviaDickon...Tihoodiatoquandohaidettoche

luieraunangelo...Horisodite,maforseèunangelodavvero».«Be’,èstatounpo’buffodireunacosadelgenere»,ammiseleiconfranchezza.«Dickonhailnaso

all’insù,laboccagrande,isuoivestitisonopieniditoppe...epoiparlaildialettodelloYorkshire.Masemaiunangelovenissequinellabrughiera,ecco...iosonosicurachecapirebbetuttelecosedellanatura,saprebbe far crescere le piante e parlare alle bestiole selvatiche proprio come fa Dickon, e tutte lecreaturesaprebberocheluièloroamico».

«NonmidispiacerebbecheDickonmivedesse»,disseColin.«Iohovogliadivederlo».«Sonopropriofelicedisentirtelodire»,disseMary,«perché...ecco,perché...».E all’improvviso capì che quello era il momento giusto per dirglielo. Colin sentì che stava per

accaderequalcosadinuovo.«Perchécosa?»,chieseconimpazienza.Maryera talmenteemozionatachesialzòdallosgabello,andòversodi luieglipreseentrambele

mani.«Possofidarmidi te?...MisonofidatadiDickonperchégliuccelli si fidanodi lui.Posso fidarmi

anchedite?...Fidarmiconcertezza?»,implorò.Avevaun’espressionetalmentesolennechelarispostadiluigiunsequasiinunsoffio.«Sì,sì!...».«Ebbene,Dickonverràatrovartidomattinaeporteràconséisuoianimaletti».«Oh!Oh!...»,gridòColinalcolmodellafelicità.«Manonètutto»,proseguìMarypallidaperl’agitazione.«Ilrestoèancorapiùbello.C’èunaporta

checonducenelgiardino.L’hotrovata.Èsottol’ederachericopreilmuro...».

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Sefossestatounragazzoforteesano,probabilmenteColinavrebbegridatotrevolte«Urràh!»...;maeramalatoedebole:sgranògliocchieansimò.

«Oh,Mary!...»,esclamòinunmezzosinghiozzo,stringendolelemani.«Lovedrò?Potròandarci?...Credicheriusciròavivereabbastanzapervederlo?»

«Macerto che lovedrai!», esclamòMaryarrabbiandosi. «Vivrai e avrai tutto il tempodivenirci!Piantaladifarelostupido!».

Fucosì spontaneada ricondurlo subitoalla ragionee farlo rideredi se stesso.Pochiminutidopo,Mary era seduta di nuovo sullo sgabello a raccontargli non come immaginava che fosse il giardinosegreto,macomerealmenteera,eColinscordòdoloriestanchezza,restandoadascoltarlaaffascinato.

«Èdavverocometulopensavi»,disseallafine.«Propriocomeseloavessigiàvisto.Ricordochelaprimavoltameloavevidescrittoesattamentecosì».

Maryebbeunattimodiesitazione,poi,coraggiosamente,confessòlaverità.«Loavevogiàvisto...ecieroentrata»,spiegò.«Hotrovatolachiavequalchesettimanafa...Manon

osavodirtelo.Nonosavoperchéavevopauradinonpotermifidarediteconcertezza!...».

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Capitolodiciannovesimo.«Èarrivata!»Comealsolito,all’indomanidell’attaccodiColinvennechiamatoildottorCraven.Lochiamavano

conurgenza,incasidelgenere,ealsuoarrivotrovavaimmancabilmenteunragazzinosconvoltoepallidocomeuncenciochegiacevasfinitonelsuolettoederaancoracosìscontrosoeistericodascoppiareinsinghiozzi alla minima parola. In effetti, il dottor Craven aborriva e detestava con tutto se stesso ledifficoltà di simili visite. Quella volta si tenne alla larga da Misselthwaite Manor fino a metà delpomeriggio.

«Comesta?»,chieseintonoalteratoaMrsMedlock.«Ungiornool’altrosiromperàqualchevasosanguigno.Quelragazzoèmezzopazzo,perl’isteriaepercomeloviziano».

«Be’,signore»,risposeMrsMedlock,«forsenoncredereteaivostriocchiquandolovedrete.Quellaragazzinaantipaticaescontrosa,cattivaquasiquantolui,lohastregato.Comeabbiafatto,davverononsicapisce.LosasoloDio.Avederlanonènientedispecialeeapreboccapiuttostodirado,mahafattociòche nessuno di noi avevamai osato fare. La notte scorsa è andata da lui, ha pestato i piedi e gli haordinatodismetterladiurlare.Enonsocome,forseperlospavento,maluihasmessosulserio,epoiquestopomeriggio...Be’,maèmegliochelovediatedavoi.Èrobadanoncredere».

LascenachesipresentòaldottorCravenquandoentrònellastanzadell’ammalatofuveramenteunasorpresa.NonappenaMrsMedlockaprìlaporta,sisentìridereechiacchierareallegramente.Colin,investaglia, era seduto ben dritto sul divano, guardando le illustrazioni di un libro di giardinaggio eparlandoconlaragazzinainsignificante,cheperòinquelmomentononeraaffattoinsignificante,perchéilsuovisettosprizzavaallegria.

«Ne metteremo tantissimi, di questi lunghi fiori azzurri a spiga», diceva Colin. «Si chiamanodelphinium».

«Dickondicechesonounavarietàdagiardinodellesperonelle,piùgrandi»,rispondevaMary.«Cenesonogiàtantissime».

QuandovideroildottorCravensiinterruppero.MaryrimaseimmobileeColinparvecontrariato.«Ho sentito che la notte scorsa sei stato poco bene, ragazzo mio... Mi dispiace», disse il dottor

Craventradendouncertaagitazione.Eraunuomopiuttostonervoso.«Adessostomeglio,moltomeglio»,risposeColinconilsuotonodarajah.«Fraunpaiodigiorni,se

faràbeltempo,usciròconlamiasediaarotelle.Voglioprendereunpo’diariafresca».IldottorCravenglisedetteaccanto,glitastòilpolsoeloguardòincuriosito.«Bisognachesiapropriounabellagiornata»,disse,«edovraifarebeneattenzioneanonstancarti».«L’ariafrescanonmistancherà»,ribattéilragazzosempreparlandocomeunrajah.PoichéinaltreoccasioniColinavevaurlatoestrepitatoinsistendoostinatamentechel’ariafrescagli

avrebbe fatto prendere il raffreddore uccidendolo, non c’era troppo da meravigliarsi se il medicoapparivastupito.

«Pensavochel’ariafrescanontipiacesse»,osservò.«Nonmipiacequandosonosolo,mastavoltamiacuginaverràfuoriconme».«Everràconteanchel’infermiera,nonèvero?...»,suggerìildottorCraven.«No,l’infermieranonlavoglio»,risposeColincontalesussiegocheMarynonpotéfareamenodi

ricordarsidiungiovaneprincipeindianocosparsodidiamanti,smeraldieperle,egrossirubinialleditadellapiccolamanoscuraconlaqualefacevacennoaiservidiavvicinarsi,facendosalaam,perricevere

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isuoiordini.«Miacuginasacomeprendersicuradime.Misentosempremoltomeglioquandomitrovoinsiemea

lei.Mihafattostaremegliolanottescorsa.Epoiconoscounragazzomoltorobustochepotràspingerelamiasediaarotelle».

IldottorCraveniniziòapreoccuparsi.Sequelragazzoesasperanteeistericofossepercasoguarito,luiavrebbepersoognisperanzadiereditareMisselthwaite;masebbenefosseundebole,noneratuttaviaprivodiscrupolienonintendevaesporloadalcunpericolo.

«Bisognachesiaunragazzomoltoforteecalmo»,disse,«ebisognacheiosappiaqualcosasulsuoconto.Chiè?Comesichiama?»

«Si chiama Dickon», disseMary intervenendo d’un tratto. Le pareva che chiunque conoscesse labrughiera dovesse conoscere anche Dickon. E aveva ragione. In un attimo la faccia seria del dottorCravensidisteseinunsorrisodisollievo.

«Oh,Dickon!...»,esclamò.«Sesi trattadiDickonsei inbuonemani.È fortecomeuncavallinodibrughiera».

«Ecisipuòfidaredilui.ÈilmigliorragazzodelloYorkshire»,aggiunseMaryseguitandoaparlareconl’accentodialettalechestavausandopocoprimaconColin.

«È stato Dickon a insegnarti questa pronuncia?», chiese il dottor Craven scoppiando a ridereapertamente.

«Lostoimparandocomesefossefrancese»,risposeMaryconunacertafreddezza.«Ècomeimparareunodeidialettiindiani.Laggiùparecchiepersoneistruitecercanodiimparareidialetti.Mipiace,epiaceancheaColin».

«Bene,bene»,disseildottore.«Nonc’ènulladimalesevidivertite.Haipresoilbromuroierisera,Colin?»

«No», rispose lui. «Prima non ho voluto prenderlo, e dopoMarymi ha calmato raccontandomi abassavocedicomelaprimaverapenetraneigiardini,finchénonmisonoaddormentato».

«Sì,direichetihacalmato»,constatòildottorCravenpiùperplessochemai,guardandoMaryche,sedutasullosgabello,fissavaacapochinoiltappetosenzaaprirebocca.«Staiindubbiamentemeglio,mabisognachetiricordi...».

«Nonvoglioricordare»,lointerruppeColinriprendendolasuaariadarajah.«Quandostoquialettodasoloecomincioa ricordare,mivengonodoloridappertuttoepensosoltantoacoseorrendechemifanno urlare. Se esistesse un medico in grado di farmi dimenticare quanto sono malato invece diricordarmelo,lofareiveniresubitoqui...».Efeceuncennoconlasuapiccolamanosottilecomesefosseadornadianelliconsigillirealiintagliatineirubini.«Èproprioperchémifadimenticarecertecose,chemiacuginariesceafarmistaremeglio».

Il dottor Craven non aveva mai fatto una visita tanto breve, dopo una crisi; di solito si vedevacostrettoarestarea lungoeafareunmontedicose.Quelpomeriggio, invece,nonsomministròalcunamedicina,nonneprescrissedinuoveeglifuronorisparmiatescenespiacevoli.Scesealpianodisottoconun’ariaalquantoassorta,equandoparlòconMrsMedlocknellabiblioteca, leiebbelasensazionechefossepiùstupitochemai.

«Ebbene,dottore»,siarrischiòadomandarelei,«loavrestemaiimmaginato?»«Sicuramenteci troviamodi fronteaunostatodicosedel tuttonuovo», rispose lui,«enonsipuò

negarechesiamoltopreferibileaquellodiprima».«IocredocheSusanSowerbyabbia ragione... locredodavvero.Misono fermataacasa sua, ieri,

mentreandavoaThwaite,ehoscambiatounpo’dichiacchiereconlei.Mihadetto:“Be’,quellaMarymagarinonèunabambinasimpatica,enemmenograziosa,peròèunabambina,eibambinihannobisognodialtribambini”.Siamostateascuolainsieme,SusanSowerbyeio».

«Nonconosconessunainfermieramiglioredilei»,disseildottorCraven.«Quandolatrovoincasadi

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qualchemiopaziente,sopercertochesirimetterà».MrsMedlocksorrisesoddisfatta.EraparecchioaffezionataaSusanSowerby.«Susanèunachesailfattosuo,nonèvero?...»,proseguìloquacemente.«Hopensatotuttalamattinaa

una cosa chemi ha raccontato ieri, e precisamente a una ramanzina che ha fatto ai suoi figli perchéstavanolitigando.Liharadunatiehadettochequandoandavaascuola,sulsuolibrodigeografiavenivaspiegatocheilmondoerafattocomeun’arancia,echeleisieraresaconto,primaancoradicompieredieci anni, che quell’arancia non apparteneva per intero a nessuno. A nessuno tocca più del propriospicchio, e talvolta sembra che non ci siano spicchi a sufficienza per tutti. Nessuno deve pensare dipossederetuttal’arancia,oscopriràasuespesechesièsbagliato.Ciòcheibambiniimparanodaglialtribambini,diceSusan,èchenonhasensovolersipigliarel’interaarancia,bucciaetutto...Afarecosì,allafinerestanosoltantoisemi,equellisonotroppoamaripermangiarli».

QuellanotteColindormìsenzasvegliarsineppureunavolta.Quando,almattino,aprìgliocchi,era

calmoesorridente...esorridevaperché,casostrano,sisentivabene.Erapropriobelloesseresvegli:sirigirònellettoesistiracchiòconpiacere.Eracomeseprimadellecordeloavesserotenutostrettamentelegatopertantotempo,maorasifosseroallentate,lasciandololibero.IldottorCravenavrebbedettocheisuoinervisieranorilassatieriposati:invecedistarsenenellettoafissarelaparetedesiderandodinonessersi svegliato, adessoaveva lamentepienadeiprogetti fatti il giornoprima insiemeaMary,delleimmaginidelgiardino,diDickonedeisuoianimalettiselvatici.Eratantobelloaveredellecoseacuipensare!...Noneranoancorapassatidieciminuti,quandoudìdeipassirisuonarenelcorridoioeMaryapparvesullasoglia:unattimodoposiprecipitavaversoilsuoletto,portandosidietrounsoffiodiariafrescacaricodeiprofumidelmattino.

«Seistatafuori!Seigiàuscita!Sentoilbuonodoredellefoglie!...»,esclamòlui.Maryavevacorsoederatuttaspettinata,el’ariafrescaleavevaaccesolegotedirosa.«È così bello!...», disse quasi senza fiato. «Non si èmai visto nulla di tanto bello!... Èarrivata!

Credevo fosse arrivata l’altra mattina, e invece... invece stava solo per arrivare!... È arrivata laprimavera!LohadettoDickon!».

«Dicidavvero?»,gridòColin,ebenchésapessepocoonulladellaprimavera,sisentìbattereforteilcuore. Si rizzò a sedere sul letto. «Apri la finestra!», proseguì ridendo per la gioia e l’eccitazione.«Magariudremolosquilloditantetrombed’oro!».

Luicontinuavaa ridere felice,eunmomentodopoMarystavaspalancando la finestra:aria fresca,dolciprofumiecantidiuccelliinvaserolastanza.

«Ecco tutta l’aria frescachevuoi»,disse.«Orasdraiatisullaschienaecercadi respirareagrandiboccate,comefaDickonquandosisdraianellabrughiera.Dicecheselasentenellevene,chelorendeforte,eallorahalasensazionedipoterviverepersempre...Respiralaanchetu!Respirapiùchepuoi!».

RipetevaciòcheleavevadettoDickon,equelleparolecolpironolafantasiadiColin.«Persempre!...Davveroglifaquestoeffetto?»,domandò.EfecequantoMarygliavevadetto:aspirò

lunghe,profondeboccated’aria, unavolta, epoiun’altra eun’altra ancora... finché si accorse cheglistavaaccadendoqualcosadinuovoedidelizioso.

Marysierasedutadinuovoaccantoasuoletto.«Cisonolepiantechespuntanodallaterra»,disseinfretta,«eifiorichesischiudono,egemmesu

ogniramo...Unamanoverdesistaspargendodappertutto,egliuccellihannotantafrettaditerminareinidi, tanta paura di non fare a tempo, che a volte arrivano a battersi per ottenere i postimigliori nelgiardinosegreto...Icespuglidirosesonopiùvivichemai,cisonoprimulelungoisentierieneiboschi,isemi che avevopiantato sono spuntati tutti, eDickonhaportato, lavolpe, il corvo,gli scoiattoli eunagnellinoappenanato».

Siinterruppeperriprenderefiato.Dickonavevatrovatol’agnellinotregiorniprima,nellabrughiera,

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rannicchiatoaccantoallamadremortafraicespuglidiginestra.Noneralaprimavoltachetrovavaunagnellino orfano, e sapeva come trattarlo. Lo aveva portato a casa avvolto nel giaccone, lo avevasistematoaccantoalfuocoenutritoconlattecaldo.Eraunacosinasoffice,conunmusinograziosoelezampe troppo lunghe. Dickon lo aveva portato in braccio attraverso la brughiera, con in tasca labottigliettadellatteassiemeaunodeiduescoiattoli.QuandoMarysierasedutasottol’alberostringendoaséquell’esserinocaldoezoppicante,erastataassalitadaunagioia inesprimibile...Unagnellino!Unagnellinovivoeverochelestavaaccoccolatoingrembocomeunbimbo!

Stava parlando con entusiasmo, e Colin ascoltava respirando grandi boccate d’aria, quando entròl’infermiera. Trasalì alla vista della finestra spalancata.Aveva passato tante giornate estive in quellastanza,sentendosisoffocareperchéilsuopazienteerasicurochel’ariafrescagliavrebbefattovenireunraffreddore.

«Sietesicurodinonprenderefreddo,MasterColin?»,chiese.«Sì»,risposelui.«Storespirando.L’ariafrescarendepiùforti.Oramialzoevadosuldivanoafare

colazione.Emiacuginafaràcolazioneconme».Nascondendounsorriso,l’infermierauscìsubitoperordinareleduecolazioni.Lasaladeidomestici

eraunpostoassaipiùallegrodellacameradelmalato,soprattuttoadessochetuttichiedevanonotiziedelpianodisopra.Sidicevanoparecchiecosedivertentiapropositodiquelragazzinoscontrosoeviziatoche,comeaffermavalacuoca,«avevatrovatochiglitenevatesta».Idomesticieranostufidituttiquegliattacchi isterici, e ilmaggiordomo,cheerapadredi famiglia,aveva ripetutamenteespresso l’opinionecheilragazzosisarebbesentitomoltomegliodopounbelpo’disculacciate.

Seduto sul divano, di fronte alla colazione apparecchiata per due,Colin fece un solenne annuncioall’infermiera,davveroconl’ariadiunperfettorajah:

«Stamattinaverrannoatrovarmiunragazzo,unavolpe,uncorvo,duescoiattolieunagnellino.Vogliochesalganoquialpianodisoprasubito,appenaarrivano»,ordinò.«Nessunodevemettersiagiocareconglianimalettiolidevetrattenerenellasaladeidomestici.Devonovenireimmediatamentequi».

L’infermierarimaseaboccaaperta,ecercòdimascherarelasuasorpresafingendoditossire.«Sissignore»,rispose.«Adesso vi dirò cosa potete fare», aggiunseColin con un cenno dellamano. «Direte aMartha di

accompagnarliquidame.Ilragazzoèsuofratello:sichiamaDickonedèunincantatoredianimali».«Sperochequeglianimalinonmordano,MasterColin»,dissel’infermiera.«Tihoappenadettocheèunincantatore»,ribattéColinintonoseccato.«Glianimalidegliincantatori

nonmordonomai».«InIndiacisonodegliincantatorichesimettonoinboccaletestedeiserpenti»,disseMary.«Santocielo!»,esclamòl’infermierarabbrividendo.Fecerocolazioneaccarezzatidall’ariadelmattino.Colinmangiòdibuonappetito,mentreMary lo

osservavaconinteresse.«Cominceraipianpianoaingrassare,propriocomeme»,glidisse.«Quand’eroinIndianonvolevo

mailacolazione,adessoinvecelavogliosempre».«Stamattinaneavevovogliaanch’io», risposeColin.«Forsesarà l’aria fresca...Quandopensiche

arriveràDickon?».Dickonnontardòmoltoadarrivare.Pochiminutidopo,Maryalzòlamano.«Ascolta!»,disse.«Nonhaisentitogracchiare?».Colinsimiseinascoltoe,sì,udìunraucocra-cra...Eradavveroilsuonopiùstranochesipotesse

maisentireinunacasa..«Oh,sì,losento!...».«ÈFuliggine»,spiegòMary.«Eascoltaancora!Nonsentiunbelatosottilesottile?»«Sì!».

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«Èl’agnellinoappenanato.Staarrivando».GliscarponidiDickoneranopiuttostopesanti,eperquantocercassedicamminarepiano,facevano

moltorumorelungoicorridoi.MaryeColinloudironoavanzareeavvicinarsi,finchéattraversòlaportanascostadall’arazzoesitrovòsulsofficetappetodelpassaggiocheconducevaallacameradiColin.

«Senonvidispiace,Master»,annunciòMarthaaprendolaporta,«c’èquiDickonconisuoianimali».Dickon entrò sfoggiando il più smagliante dei suoi sorrisi. Teneva in braccio l’agnellino, e il

volpacchiotto fulvo gli trotterellava a fianco. Noce gli stava sulla spalla sinistra e Fulig- gine sulladestra,mentrelatestolinaelezampettediGusciospuntavanofuoridaunatascadelgiaccone.

Colinsi raddrizzòlentamenteepreseaosservarlocosìcomeavevaosservatoMarylaprimavoltachesieranovisti,estavoltailsuosguardoerapienopiùchemaidimeravigliaedipiacere.Laveritàerache, nonostante tutto quello che aveva sentito, non aveva minimamente compreso come fosse quelragazzo,né immaginavache lavolpe, il corvo,gli scoiattoli e l’agnellinogli stesserocosìvicini, contantaconfidenza,dasembrarequasiun tutt’unocon lui.Colinnonavevamaiparlatoconunragazzo invita sua, ed era talmente sopraffattodal piacere edalla curiosità chenemmenogli veniva inmentedipronunciareunaparola.

MaDickonnoneraaffattotimidoenonsisentivapernullaimpacciato.Nonsierasentitoinimpaccioneppureconilcorvochenonparlavalasualinguaesieralimitatoa

fissarlo senza parlare la prima volta che si erano incontrati. Gli animali fanno sempre così, quandoancora non ti conoscono. Dickon, dunque, si avvicinò al divano di Colin e gli posò tranquillamentel’agnellinosulleginocchia:labestiolasiinteressòsubitoallasofficevestagliadivelluto,cominciandoafrugare e ad annusare con ilmusino fra le pieghe, spingendo con impazienza la piccola testa ricciutacontroilfiancodiColin.

«Cosastafacendo?Checosavuole?»,chieseColin.«Vuolelamamma»,disseDickonsorridendosempredipiù.«Tel’hoportatounpo’affamatoperché

pensavocheforsetipiacerebbevederlomangiare».Siinginocchiòaccantoaldivanoetiròfuoriditascalabottiglia.«Vieni,piccolo»,dissegirandodelicatamenteversodisélabiancatestolinalanosa.«Eccoquiquello

che cerchi: è molto, molto meglio di una vestaglia di velluto. Su, prendi», e spinse il rudimentalepoppatoionellaboccadell’animaletto,checominciòasucchiareconavidità.

Non c’era più da chiedersi cosa dire. Quando l’agnellino finalmente si addormentò, le domandepreseroafioccare,eDickonrisposeatutte.Raccontòdicomeavevatrovatol’agnellinotregiorniprima,alsorgeredelsole.Eranellabrughiera,ascoltavaun’allodolaelaguardavamentresilanciavasemprepiùinaltonell’azzurrofinoanonesserepiùnient’altrocheunpuntonelcieloinfinito.

«Be’,l’avevoquasipersadivista,masentivoancorailsuocantoemichiedevocomefossepossibiledalmomentocheera così lontana...Eproprio alloraho sentitopureunaltro suonoprovenireda certicespugli di ginestra... Era un belato fioco, debolissimo. Ho capito che doveva essere quello di unagnellinoappenanatoeaffamato.Eseeraaffamatovolevadirecheperqualchemotivoavevaperdutolamadre,cosìmi sonomessoacercarlo.Eh,c’èvolutounbelpo’,perchénonmi riuscivadi trovare ilpostogiusto!...Sonoandatoavantieindietrononsoquantevolte,maallafinehonotatounacosinabiancaincimaauna roccia, inalto...Misonoarrampicatoeho trovato ilpiccolinoche tremava tutto,mezzomortodifreddoedifame».

Mentre Dickon parlava, Fuliggine svolazzava dentro e fuori dalla camera attraverso la finestraspalancata,gracchiandofortequasiacommentarelascena;NoceeGusciosieranoavventuratisuiramicheigrandialberiallungavanofinoaldavanzale,mentreCapitanosieraraggomitolatoaccantoaDickon,ilqualeavevapreferitosedersisultappetodinanzialcaminetto.

Poiguardarono le illustrazionideivari libridigiardinaggio:Dickonconosceva inomipopolaridituttiifiori,esapevaconsicurezzaanchequalistavanogiàcrescendonelgiardinosegreto.

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«Nonloconoscoconquelnomelì»,disseindicandounfioresottocuierascritto“aquilegia”.«Noilochiamiamocolobina...Equell’altroèunaboccadileone...Tutt’eduecresconoselvaticifralesiepi,male varietà da giardino sono più grandi e più belle. In giardino ci sono dei grandissimi cespi dicolombina...Quandosboccianosembranoun’aiuoladifarfallebiancheeazzurre».

«Levedrò!»,esclamòColin.«Levedrò!».«Certochelevedrai»,disseMarytuttaseria.«Enonc’ètempodaperdere!».

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Capitoloventesimo.«Vivròalungo,tantoalungo,persempre!»

Invecebisognòaspettarepiùdiunasettimana,perchéperalcunigiornisoffiòunventofortissimo,e

Colincorsesulserioilrischiodibuscarsiunraffreddore.Questeduecoseunadietrol’altraloavrebberopotuto mandare su tutte le furie, ma era talmente impegnato in progetti della massima segretezza chemantenne lacalma;senzacontarecheDickonandavaa trovarloognigiorno,magari soltantoperpochiminuti,eglinarravatuttoquellocheaccadevanellabrughiera,lungoisentieri,fralesiepiesullerivedeiruscelli. I raccontidiDickonapropositodei rifugidelle lontreedei tassiedei topid’acqua,pernonparlare dei nidi degli uccelli e delle tane dei topolini del grano, lo facevano quasi tremare dallacuriosità.Ascoltaretuttiqueiparticolaridallelabbradiunincantatoredianimalifacevacomprendereinpienoconqualefrenesiaetrepidazionel’interomondosotterraneofosseall’opera.

«Sonopropriocomenoi»,dicevaDickon,«solocheogniannodevonocostruirsinuovamentelecasa,equestolitienetalmenteindaffaratichenonsidannopaceunattimo».

Tuttavia,ciòcheliimpegnavadipiùeranoipreparativipertrasportareColinnelgiardinosenzachenessuno se ne accorgesse. Nessuno doveva scorgerli mentre svoltavano in mezzo ai cespugli eimboccavano il sentiero accanto almuro ricoperto dai rampicanti.Manmano che i giorni passavano,Colinavvertivasemprepiùilfascinodiquelgiardinomisteriosoenascosto.Eracomeunincantesimo,enessuno almondo avrebbemai dovuto sospettarne l’esistenza. Tutti avrebbero dovuto credere che luiuscivaconMaryeDickonsemplicementeperchéglieranosimpatici.Fecerolungheevivacidiscussionicircailpercorsodaseguire:sarebberopassatidaunviale,poidiscesidaunaltroerisalitidaunaltroancora, facendo il giro delle aiuole attorno alla fontana come per ammirare le piante che vi avevasistematoMrRoach, ilcapogiardiniere...Tuttoquestononavrebbedestatosospettiesarebbeapparsonormalissimo.Avrebberoquindi imboccatoilsentieroinmezzoaicespuglicomesesifosseropersi,eavrebbero raggiunto ilmuro ricoperto dall’edera... Era un piano assai complesso, studiato seriamentecomequellichevengonoelaboratidaigrandigeneraliintempodiguerra.

Qualche indiscrezione su quanto accadeva di nuovo e di strano nella stanza dell’ammalato eraovviamentetrapelatadallasaladeidomesticifinoallescuderieeaigiardinieri;ciononostante,MrRoachrimasemoltosorpresoquando ricevette l’ordinedipresentarsinell’appartamentodiMasterColin,chenessunestraneoavevamaivisto,perchél’invalidodesideravaparlargli.

«Bene,bene,machecosamaisuccede?»,dicevatrasécambiandosiinfrettaefurialagiacca.«Suaaltezza reale, che non hamai voluto essere visto da nessuno, adesso addiritturamanda a chiamare unuomochenonconosce».

MrRoacheraanchepiuttostoincuriosito.Almenounadozzinadivolteavevauditoraccontare–conleimmancabiliesagerazioni–dell’aspettosingolaredelragazzo,dellesuestranemanieriedeisuoifolliattacchidimalumore:lacosacheavevauditopiùspesso(dapersonechenonloavevanomaiveduto)erache poteva morire da un momento all’altro; e poi gli avevano fatto fantastiche descrizioni della suaschienagobbaedellesuemembradebolissime.

«Stannocambiandotantissimecoseinquestacasa,MrRoach»,glidisseMrsMedlockscortandolosuperlascaladiserviziofinoalcorridoiosucuisiaprivalaportadellamisteriosacamera.

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«Speriamochestianocambiandoinmeglio,caraMrsMedlock»,risposelui.«È impossibilechecambino inpeggio»,proseguì lei;«eperquantostranopossasembrare,oggi il

lavorodiqualcunosièunpo’alleggerito...Perònonstupitevitroppo,MrRoach,sevitrovereteinunaspeciediserraglio,eseDickon,ilfratellodiMarthaSowerby,quièdicasapiùdileiedime».

In realtà, intorno a Dickon c’era quasi una sorta di alonemagico, comeMary in cuor suo avevasempreintuito.Asentirequelnome,MrRoachsorriseconbenevolenza.

«SarebbeacasasuaaBuckingamPalaceallostessomodocheinfondoaunaminieradicarbone»,rispose.«Manonpersfrontatezza.Èsemplicementeunragazzoincredibile».

Comunquefuunbenecheloavesseroinqualchemodopreparato,altrimentisarebberimastodisaledifrontealquadrocheglisipresentò.Quandolaportadellacameravenneaperta,ungrossocorvo,chese ne stava tranquillamente appollaiato sull’alto schienale di una seggiola, annunciò l’ingresso delvisitatore con un sonoro cra-cra. Nonostante gli avvertimenti di Mrs Medlock, Mr Roach non potétrattenersidalfareunbalzoperlasorpresa.

Ilgiovanerajahnoneraalettoenemmenosdraiatosuldivano:erasedutoinpoltronaeavevaaccantounagnellinoalqualeDickon,lìinginocchio,stavadandoillattedaunabottiglia.Labestioladimenavalacoda,comedisolito fanno tutti i suoisimiliquandovengononutriti.UnoscoiattolosieraarrampicatosullaschienadiDickon,estavarosicchiandounanocciola.Laragazzinaarrivatadall’India,sedutasuungrandesgabello,osservavalascenainsilenzio.

«EccoMrRoach,MasterColin»,annunciòMrsMedlock.Ilgiovanerajahsivoltòcondegnazioneeosservòattentamenteildomestico.«Voi siete Roach, non è vero? Vi ho mandato a chiamare perché devo impartirvi degli ordini

importanti».«Benissimo,sir»,risposeRoach,chiedendosisegliavrebbeordinatodiabbatteretuttelequercedel

parcooppureditrasformareifruttetiingiardiniacquatici.«Questopomeriggiousciròsullamiasediaarotelle»,proseguìColin.«Sel’ariaapertamifaràbene,

potreiforseuscireanchetuttiigiorni.Quandosonofuori,noncideveesserenessungiardiniereneipressidellungovialechecosteggiaimuridelgiardino.Nondeveesserciassolutamentenessuno.Usciròversole due, e tutti dovranno restarsene alla larga finché non manderò a dire che possono tornare al lorolavoro».

«Benissimo,sir»,risposedinuovoRoach,feliceincuorsuochelequercerestavanodov’eranoecheifruttetieranoalsicuro.

«Mary», riprese poi Colin volgendosi verso la cugina, «com’è quella frase che si dice in Indiaquandosièfinitodiparlareesivuolemandareviaqualcuno?»

«Sidice:“Aveteilpermessodiandarvene”»,risposeMary.Ilrajahagitòlamano.«Avete il permesso di andarvene Roach», disse. «Ma ricordatevi quanto vi ho detto. È molto

importante».«Cra-Cra!...»,commentòilcorvoconlasuavocerauca.«Benissimo,sir...Grazie,sir»,disseMrRoachmentreMrsMedlockloaccompagnavafuori.Unavoltanelcorridoio,MrRoach,cheeraunuomodibuoncarattere,finìpermettersiaridere.«Parola mia!...», disse. «Ha proprio un comportamento da gran signore, non credete? Sembra di

trovarsidavantiatuttaunafamigliarealeconcentratainunasolapersona».«Eh!...», protestòMrsMedlock, «abbiamo dovuto farci calpestare da lui fin fa quando ha avuto i

piedi,cosìnaturalmentepensachesiamonatisoloperquesto».«Seriusciràavivere,puòdarsichecambierà»,provòasuggerireMrRoach.«Be’,unacosaèsicura»,concluseMrsMedlock,«secelafaavivereesequellabambinaindiana

continueràastarequi,unacosagliela insegnerà,ecioèche l’arancianonè tuttasua,comediceSusan

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Sowerby...Eluiscopriràlamisuradelsuospicchio».Nellacamera,Colinsieraadagiatosuicuscini.«Adessoètuttosistemato»,disse.«Questopomeriggiolovedrò!Questopomeriggiocientrerò!».DickontornònelgiardinoconlesuecreatureeMaryrimaseconColin.Ilragazzononaveval’aspetto

stanco, ma rimase molto tranquillo fino a che il pranzo non fu servito, e continuò a esserlo mentremangiava.Marysichiedevacomemai,einfineglielodomandò.

«Haigliocchimoltograndi,Colin»,disse.«Quandopensiaqualcosa i tuoiocchidiventanocomepiattini.Acosastaipensando?»

«Nonriescoasmetteredipensareall’aspettocheavrà»,risposelui.«Ilgiardino?»«Laprimavera.Sai,stavopensandochefinoranonl’homaivistadavvero.Nonsonouscitoquasimai

di casa, e le rare volte che l’ho fatto non ho guardato nulla. Non ci pensavo nemmeno a guardarmiintorno!».

«InIndiaiononl’homaivista,perchénonc’era»,disseMary.Sebbene avesse trascorso la vita tappato in casa e confinato in un letto, Colin possedeva più

immaginazione di Mary, e se non altro aveva trascorso parecchio tempo a sfogliare una quantità dibellissimilibriillustrati.

«Quellamattina,quandoseicorsaquigridando:“Èarrivata!”mihaifattouneffettostrano.Suonavacomeselecosestesserovenendoinunalungaprocessioneasuondimusica...C’èun’illustrazionedelgenereinunodeimieilibri:unafolladipersoneornatedighirlandefioriteediramoscelli,etuttiridonoedanzanoalsuonodelflauto...Eccoperchéquelgiornohodetto:“Forsepotremosentireilsuonodelletrombed’oro”etihochiestodispalancarelafinestra».

«Chebuffo!»,disseMary.«Èproprioquellochesiprova.Immaginachefollacisarebbeseifiori,lefoglie,lepiante,gliuccellietuttelecreatureselvatichesimettesseroadanzareinsieme!...Oh,sonocertachedanzerebbero,canterebberoesuonerebberoilflautofacendounamusicameravigliosa!».

Risero,manonperchél’ideafosseridicola,maperchépiacevatantissimoaentrambi.Pocodopo l’infermiera venne a preparareColin.Notò chementre lo vestiva, invecedi restarsene

inerte come un pezzo di legno, il ragazzo si era seduto dritto e faceva qualche sforzo per aiutarsi,parlandoeridendodicontinuoconMary.

«Oggi è in unadelle sue giornate buone, signore», disse al dottorCraven che era passato per unabrevevisita.«Ècosìcontentochesembrapiùforte».

«Torneròpiùtardinelpomeriggio,quandosaràrientrato»,disseildottorCraven.«Devocontrollareche uscire all’aria aperta gli faccia veramente bene»; e aggiunse a voce più bassa: «Vorrei che vipermettessediaccompagnarlo».

«Preferireirinunciaresubitoalmiopostopiuttostocherestareconilragazzoquandononmivuole»,risposel’infermieraconimprovvisafermezza.

«Adireilvero,eroindecisosechiederveloono...»,disseildottoreconleggeronervosismo.«Bene,vorràdireche tenteremol’esperimento.Delresto,Dickonèunragazzoalqualemisentireidiaffidareancheunneonato».

Il domestico più robusto della casa portò Colin al pianterreno e lo sistemò sulla sedia a rotelle.Dickonlistavaaspettandolìfuori.Dopocheildomesticoebbemessoapostocoperteecuscini,ilrajahfececennoconlamanoaluieall’infermiera.

«Aveteilpermessodiandarvene»,disse,eiduescomparverorapidamente,scoppiandoariderenonappenafuronocertidinonessereuditi.

Dickoniniziòaspingerelasediaarotellelentamente,maconmanosicura.Marycamminavaaccanto,mentre Colin, appoggiato ai cuscini, alzava lo sguardo al cielo: piccole nuvole candide come neve

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sembravano uccelli che volavano ad ali spiegate nell’azzurro cristallino.Giù dalla brughiera il ventogiungevainleggerefolatecarichedifreschiprofumicomediunaselvaggiadolcezza.Colincontinuavaasollevare il suo gracile petto aspirando profonde boccate, e sembrava ascoltare con i grandi occhispalancatianzichéconleorecchie.

«Cisonotalmentetantisuoni,ecinguettii,erichiami...»,disse.«Cos’èquestoprofumocheciportailvento?»

«Èlaginestrachesischiudenellabrughiera»,risposeDickon.«Eh,oggileapifesteggiano!».Neisentierichepercorrevanononsiscorgevaanimaviva:giardinierieaiutantieranospariticome

permagia;malostessogiraronoavantieindietroinmezzoaicespuglieintornoalleaiuoledellafontana,seguendo l’itinerario prestabilito per semplice gusto delmistero.Quando infine imboccarono il lungosentierochecosteggiavailmuroricopertodirampicanti,l’eccitantesensazionedell’imminentesorpresaliindusse,perunostranomotivocheneppureloroavrebberopotutospiegare,aparlaresussurrando.

«Ecco, è qui...», disse Mary in un soffio. «È proprio questo il punto dove camminavo avanti eindietrochiedendomidovemaipotesseessere...».

«Davvero?»,esclamòColin,mentreisuoiocchiesploravanol’ederaconardentecuriosità.«Manonriescoavederenulla»,bisbigliò.«Noncisonoporte».

«Èquellochepensavoanch’io»,disseMary.Cifuunsilenziosospeso,mentrelasediaarotellecontinuavaadavanzare.«QuelloèilgiardinodovelavoraBen»,disseMary.«Quellolà?»,chieseColin.Pocopiùavanti,Marysussurròancora:«Equestoèilpuntodoveilpettirossoèvolatosullacimadelmuro».«Davvero?Oh,comevorreichetornasse!»,disseColin.«Equello»,disseMarycongioiosasolennità,indicandoungrossocespodilillà,«èilpostoincuisi

èmessoabeccarelaterrapermostrarmidov’eralachiave».Colinsirizzòsullasedia.«Dove? Dove? Lì?», chiese, mentre i suoi occhi si facevano grandi come quelli del lupo di

Cappuccetto Rosso quando Cappuccetto Rosso gli dice: «Che occhi grandi hai!»... Dickon smise dicamminareelasediaarotellesiarrestò.

«Equesto»,proseguìMarycamminandosull’aiuolavicinoall’edera,«questoèilpostodoveglihoparlatoquandocinguettavadallasommitàdelmuro...Equestaèl’ederacheilventosollevava»,aggiunseposandolamanosullacortinaverdechescendevafinoalsuolo.

«Oh,èquesta!...»,disseColinaboccaapertaperl’emozione.«Edeccoquilamaniglia,edeccolaporta.Dickon,su,spingilodentro,presto!».Dickonspinseconenergia.MaColin,nonostanteansimasseperlagioia,sieradinuovoabbandonatosuicusciniesieracoperto

gliocchiconlemanipernonvederepiùnullafinchénonfosseroentrati, lasedianonsi fossefermatacomeperincantoelaportanonfossestatarichiusa.Soloalloratolselemanidagliocchi,guardandosiintornoalungo,propriocomeavevanofattoancheDickoneMarylaprimavolta.Suimuri,sullaterra,suitronchi,suogniramettooscillantealventosierasparsoundelizioso,teneromantoverdedifoglioline;inmezzoall’erba,sottoglialberi,neivasigrigidellenicchie,siscorgevanopennellatebianche,d’oro,diporpora; sopra la sua testa gli alberi erano rosa e bianchi, e ovunque si udivano battiti d’ali, suoniflautati,ronzii,dolciprofumi...Eilsoleglicadevacaldosulviso,comeunacarezza.MaryeDickonloosservavano,meravigliati:Colinavevaunaspettostrano,insolito,perchéunaloneleggermenterosatoloavevacomerivestitotutto,diffondendosisulsuovisettocomel’avorio,sulcollo,sullemani...

«Guarirò!Guarirò!»,gridavafelice.«Mary!Dickon!...Guarirò!Evivròa lungo, tantoa lungo,persempre!».

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Capitoloventunesimo.BenWeatherstaffUnodegliaspettipiùcuriosidellanostravitaèchesoloditantointantocicapitadiaverelacertezza

di vivere a lungo, molto a lungo, forse addirittura per sempre. Succede, a volte, quando ci alziamoall’alba,eusciamoinquell’orateneraesolenne,dasoli.Alloraalziamolosguardoinalto,versoilcielopallidochesivacolorandodi rosa, finchéciòchescorgiamoaorientequasici strappaungrido,e ilcuoresembraarrestarsidinanziallastranaeimmutabilemaestàdelsolechesorge:qualcosacheaccadeogni mattino damigliaia e migliaia di anni... Allora, per qualche attimo, ci sembra che vivremo persempre.Cisuccedeanchequandocitroviamosoliinunbosco,altramonto,elapacedorata,misteriosaeprofondacheviregnasembraripetercidolcementequalcosachenonriusciamoacomprenderedeltutto...Altrevolte,inveceèlaquieteimmensadelcielonotturnoconilsuoazzurrocupopopolatodamilionidistelleacomunicarcitalecertezza;oppurel’ecodiunamusicalontana;oancora,losguardochequalcunohanegliocchi...

AccaddecosìancheaColinquandoperlaprimavoltavideeavvertìlaprimaverafralequattromuradelgiardinosegreto.Quelpomeriggiosembravadavverocheilmondointerovolesseapparireperfettoeraggiante di bellezza per gli occhi di un ragazzo.Fupermiracolo, forse, che la primavera raccolse eradunòinquelgiardinotuttelemeravigliepossibili.PiùdiunavoltaDickoninterruppeillavoroerimaseimmobile,conunaspeciedicrescentemeraviglianegliocchi,scuotendopianoilcapocondolcezza.

«Eh,èfantastico»,esclamò.«Hododicianni,quasi tredici,e in trediciannicisonounmucchiodipomeriggi,mamiparedinonaveremaivistounpomeriggiocosìstupendo».

«Ohsì,èdavveromeraviglioso»,disseMarytirandoungransospirodigioia.«Scommettocheèilpomeriggiopiùbellochecisiamaistatoalmondo».

«Noncredi»,disseColinintonosognante,parlandoluipureconl’accentodelloYorkshire,«chesiastatocreatocosìbelloappositamenteperme?»

«Certo che sì!...», esclamò Mary con entusiasmo. «E senti come ti viene bene l’accento delloYorkshire!...Bravo,telastaicavandomagnificamente».

Elagioiaregnòintornoaloro.Spinserolasediaarotellesottounsusinoricopertodifioribianchicomeneveecherisuonavadella

musicadelleapi:eracomeilbaldacchinodiunre,unredellefiabe.Accantoalsusino,vieranociliegiemeliinfioredaipetalibianchierosati;efrairamidiquelbaldacchinosiintravedevanospicchidicielocomegrandiocchiazzurri.

MaryeDickonlavoravanounpo’qua,unpo’là,mentreColinliosservava.Gliportaronotantissimecosedavedere:bocciolichesistavanoschiudendoeboccioliancorachiusi,ramoscellidallefogliolineverdetenero,lapennadiunpicchiocadutainmezzoall’erba,ilgusciodell’uovodiunuccellinoappenanato... Dickon spingeva lentamente la sedia a rotelle attraverso il giardino, fermandosi a ogni passoperchéColinpotesseammirarelemeravigliechespuntavanodallaterraopendevanogiùdaglialberi.AColinsembravadiessereportatointronoapasseggioperunpaeseincantatodicuiglivenivanomostrateinsegretolemisteriosemagnificenze...

«Chissàseincontreremoilpettirosso!»,disseauncertopunto.«Tra un po’ lo vedraimolto spesso», risposeDickon. «Quando le uova si schiuderanno, il nostro

amicoavrà tantodiquelda farechenonsapràpiùdovesbattere la testa.Lovedremovolareavanti eindietrodicontinuo,reggendonelbeccovermipiùgrossidilui,ecisaràtantochiassonelnidochenon

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sapràinqualeboccaspalancatafarcadereilprimopezzettinodicibo...Lamammadicechequandovedelafaticachefannoipettirossipersfamareiloropiccolilesembradiessereunagransignorasenzanulladafare».

Risero talmentedigustochedovetterocoprirsi laboccaconlemanipernonfarsiudire.Colinerastato istruito già da parecchi giorni sulla necessità di parlare a bassa voce.Gli piaceva quell’aria dimistero, e faceva del suomeglio, ma nel bel mezzo di un divertimento eccitante è piuttosto difficiletrattenersi.

Ogniistantediquelpomeriggiofucolmodinovità,aognioralalucedelsolesifacevapiùdorata.Lasedia a rotelle era stata portata sotto il baldacchino;Dickon si eramesso a sedere sull’erba e avevaappena tirato fuori il suo zufolo, quandoColin si accorse di qualcosa che non aveva fatto intempo anotareprima.

«Quellolàèunalberomoltovecchio,vero?»,chieseDickonguardòversol’alberoindicato,eancheMaryguardò.Cifuunattimodisilenzio.«Sì»,risposequindiDickonavocebassa,inunsussurromoltodelicato.«Iramisonotuttigrigienonhaneppureunafoglia...Èpropriomorto,vero?»,proseguìColin.«Sì», ammise Dickon, «ma, ecco, ci si sono arrampicate sopra le rose, e quando saranno fiorite

nasconderannotuttoillegnomorto...Ealloraquelvecchioalberosaràilpiùbelloditutti».Maryseguitavaaguardarel’albero,riflettendo.«Sembra che un grosso ramo si sia spezzato», osservò Colin. «Mi chiedo come possa essere

successo».«È una cosa di tanti anni fa...», risposeDickon. «Ehi!...», esclamò d’un tratto quasi con sollievo,

mettendo unamano sul braccio diColin. «Guarda quel pettirosso!È lui!È tornato!Era andato a fareprovvisteperlasuacompagna».

Colin fece appena in tempo a vedere un uccellino dal petto scarlatto con qualcosa nel becco chesfrecciavaversounangoloremotodelgiardino.Sidistesenuovamentesuicuscini,ridendo.

«Sarà andato a portarle la cena. Devono essere già le cinque. Credo che qualcosa da mangiarepiacerebbeancheame».

DickoneMarytiraronounsospirodisollievo.«Èstataunamagiaamandarequiilpettirossoproprioalmomentogiusto»,dissepocodopoMarya

Dickon,dinascosto.«Sì,èstataunamagia,nesonosicura».SialeicheDickonavevanotemutocheColinpotesse chiedere qualcosa a proposito dell’albero con il ramo spezzato. Ne avevano già parlato, inprecedenza,eDickonsieragrattatolatestaconariapreoccupata.

«Nondobbiamoavere l’ariadi considerarlounalberodiversodagli altri.Certo,nonpotremomaidirgli come dieci anni fa quel ramo si è spezzato, povero ragazzo... Sema ci chiederà qualcosa, noidovremo...dovremocercarediessereallegri».

«Sì,hairagione»,avevarispostoMary.Ma poco prima, quando aveva guardato l’albero, non ce l’aveva fatta a essere allegra: in quegli

istantiavevapensatoeripensatoaquantoDickonleavevadettosfregandosi ilcapocolorruggineconariaperplessa,finchéisuoiocchiazzurrinonavevanoassuntodinuovolasolitaespressionetranquilla.

«Mrs Craven era una giovane signora molto bella... La mamma crede che ogni tanto torni qui aMisselthwaiteperbadareaColin,comefannotuttelemammechehannolasciatoquestomondo...Perchétornano,sai...Forseèstataquinelgiardino,emagarièstataleiavolerechelocuriamoeasuggerircidiportareColin».

Marypensòchealludesseaqualchemagia.Leicredevafermamentenellamagia,ederaconvintacheDickonoperassemagiesu tuttociòcheglicapitavaa tiro.Perquesto tuttiglivolevanocosìbenee lecreatureselvaticheloreputavanoloroamico.InfattisichiesesenonfossestataunamagiadiDickonafarapparireilpettirossoproprionelmomentoincuiColinfacevaquelladomandacosìpericolosa...Anzi,la

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magia era durata tutto il pomeriggio, trasformando Colin in un ragazzo completamente diverso. Nonsembravapossibilechequellolìfosseilpiccolopazzoistericocheurlava,battevaipugniemordevailcuscino.Noneranemmenopiùcosìpallido:il lievecoloritoroseoapparsoglisulvisonelmomentoincuieraentratonelgiardinononerapiùscomparso.Orasembravafattodicarne,anzichédiavorioodicera.

Videro altre due o tre volte il pettirosso che portava il cibo alla sua compagna, e quel fatto, chefacevapensareallamerenda,misedinuovoaColinvogliadimangiarequalcosa.

«Corri, va’ a ordinare a un domestico di lasciare un cestino con il tè vicino al sentiero deirododendri»,disseaMary.«PoitueDickonloporteretequi».

Era un’idea davvero piacevole, e facilissima a realizzarsi. Quando la tovaglia bianca fu distesasull’erba,coniltècaldo,icrostiniimburratieipasticcini,tuttietre,affamaticom’erano,mangiaronodigusto,trovandoognicosasquisita.Numerosiuccelliniuscitiperlecommissionidomestichefecerosostalìvicino,chiedendosicosamaistesseaccadendoebecchettandoavidamentelebriciole.NoceeGusciosi arrampicarono veloci sugli alberi con dei pezzetti di torta; Fuliggine si portò in un angolo mezzocrostino imburrato, esaminandolo e rigirandolo attentamenteperpoidecidersi a inghiottirlo inun soloboccone.

Ilpomeriggiovolgevaverso il tramonto.La luceandavapianpianocalando, le api tornavanoalleloroarnieegliuccellidiradavanoilorovoli.DikoneMarysedevanosull’erba,dopoaverripostonelcestinoirestidellamerenda.Colinsieradinuovoadagiatosuicuscini:lelungheciocchedicapelligliricadevanoall’indietro,lasciandoscopertoilvisodiunbelcoloritosano.

«Nonvogliochequestopomeriggiofinisca»,disse.«Torneròdomani,epoidopodomani,eilgiornodopoequellodopoancora...».

«Haivogliadiariafresca,vero?»,disseMary.«Hovogliadivedereancoralaprimavera,epoivogliovederel’estate...Vogliovederetuttoquello

checrescequi.Evogliocrescereanch’io».«Seètuttoquellochevuoi,benissimo»,disseDickon.«Tifaremocamminareperilgiardinoefranon

moltotifaremoanchezappare».Colinarrossì.«Camminare!Zappare!...»,esclamò.«Potròmaifarlo?».Dickon lo guardò come per prendere coraggio: né lui néMary avevanomai chiesto aColin nulla

circalesuegambe.«Macertochepotrai»,risposeconsicurezza.«Haiduegambe,propriocometuttiglialtri!».Maryeramoltospaventataperl’eventualerispostadiColin.«Adireilverolemiegambenonhannonessunaveramalattia»,disselui,«masonotalmentegracilie

sottili...Tremano,esoloilpensierodistareinpiedimifapaura».MaryeDickonrespiraronosollevati.«Quandononavraipiùpauravedraichetireggeranno»,disseDickonconrinnovataallegria.«Efra

unpo’smetteraidiaverepaura».«Davvero?»,disseColin,erestòinsilenzio,comeseriflettessesuquelleparole.Rimaseroancorainsilenzioperunpo’.Ilsolecontinuavaacalare.Eral’oraincuituttosiacquieta,e

i tre ragazziavevano trascorsounpomeriggiodavvero indaffaratoedeccitante.Colin sembrava stesseriposandosoddisfatto.Anchelebestioleavevanosmessodiandarseneingiroquaelàeorariposavanoaccanto a loro. Fuliggine si era posato sul ramo basso di un albero e, tirata su la zampetta, avevaabbassato legrigiepalpebre sugli occhi insonnoliti.Mary si chiese sedaunmomento all’altronon sisarebbemessoarussare.

Fu quindi una vera sorpresa quando, in mezzo a tanta quiete, Colin sollevò la testa di colpo edomandòinunsussurroallarmato:«Chièquell’uomo?».

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DickoneMarybalzaronoinpiedi.«Qualeuomo...»,esclamaronoinsiemeabassavoce.Colinindicòl’altomurodicinta.«Lì,guardate!...»,mormoròagitato.«Guardate!».Mary e Dickon si girarono di scatto e guardarono. La faccia indignata di Ben Weatherstaff li

osservavadallasommitàilmuro,incimaaunascalaapioli.IlvecchioagitòminacciosamenteilpugnoindirezionediMary.

«Senonfossiscapoloeviavessiperfiglia»,legridò,«venedareiunsaccoeunasporta!».Salìunaltropioloconariasemprepiùminacciosa,comesefossefermamenteintenzionatoasaltare

giùperdarleunalezione;mapoisembròripensarcierimasecosì,continuandoadagitareilpugnoversodilei.

«Non mi siete mai piaciuta, mai!...», strepitò. «Non vi ho mai potuto soffrire, con quella vostrafaccettagiallastra,semprelìafaredomandeesempreprontaaficcareilnasonegliaffarideglialtri!...Non capisco proprio come ho fatto a fidarmi... Ah, se non fosse stato per il pettirosso!... Dannatopettirosso!...».

«Ben!»,disseMaryritrovandoilfiato.«Ben,èstatoilpettirossoaindicarmilastrada!».AquelpuntoBenandòsututtelefurie:sembravachedavverovolesselanciarsigiùdalmuro.«Siete una bambina cattiva!», le urlò. «Cercate di scaricare le vostre malefatte su un piccolo

pettirosso!...Oh,nonperchéluinonsiacosìsfacciatodafareanchedipeggio,maaddiritturaindicarvilastrada!...Propriolui!Lui!Macome...»,malaparolasuccessivaglirimaseingolaperchéerastatovintodallacuriosità.«...Macomediavoloavetefattoaentrare?»

«Vidicocheèstatoilpettirossoaindicarmilastrada»,insistéMaryconostinazione.«Forsenonsirendeva conto di farlo, però lo ha fatto. E io non posso spiegarvelo da qui sotto se voi restate lì aminacciarmi».

In quel preciso istante Ben smise di agitare il pugno e spalancò la bocca per lo stupore, mentrefissavaoltrelatestadiMaryqualcosacheavanzavasulpratoversodilui.

Nell’udirequeltorrentediimproperi,Colinerarimastotalmentebasitochesulleprimesieralimitatoarizzarsisuasederecomeincantato;mapoisieraripresoeavevafattoaDickonuncennoimperioso.

«Spingimilà!»,ordinò.«Spingimilàvicinoefermatipropriodavantialui!».EquestoèciòchefecerestareaboccaapertaBenWeatherstaff:unasediaarotelle,conbellissimi

cusciniecoperte,avanzavaversodilui.Sembravaunacarrozzareale,evieraadagiatoungiovanerajah:neisuoigrandiocchidalleciglianeresileggeval’abitudinealcomando,elasuaesilemanobiancaeraprotesaversodilui.SifermòpropriosottoilnasodiBen.Nonc’èquindidameravigliarsiseilvecchiorimaseletteralmenteaboccaaperta.

«Sapetechisonoio?»,chieseilrajah.BenWeatherstafferaattonito,gliocchisbarraticomesestessefissandounfantasma;inghiottìafatica

ungroppocheavevaingolaenonfecemotto.«Allora,losapetechisono?»,insistetteColinancorapiùimperiosamente.«Rispondete!».Bensipassòlamanonodosasugliocchiesullafronte;poiconvocesoffocataetremanterispose:«Chisiete?!...Macertocheloso.Gliocchidivostramadremifissanodalvostroviso.SoloDiosa

comesietepotutofinirequi...Voi...voisieteilpoverogobbo».Colinsidimenticòdiaveremaiavutounaschiena:arrossìesisedettebendritto.«Iononsonogobbo!»,esclamò.«Nonsonogobbo!».«Nonègobbo!»,gridòMay indignata.«Nonhaneppureunbozzettograndecomeunacapocchiadi

spillo!...Hovistoconimieiocchilasuaschiena,enoncel’ha,noncel’ha,noncel’ha!...».Bensipassòdinuovo lamanosulla fronteecontinuòaguardarecomesenonpotesseavernemai

abbastanza.Lamanogli tremava, laboccagli tremava, loboccagli tremava.Eraunvecchio ignorante

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senzaeducazionecapacesoltantodiripeterequellochesentivadire.«Nonavetelagobba?»,chieseconvocerauca.«No!»,urlòColin.«Non...nonsietestorpio?»,lavocediBentremavasemprepiù.Eradavverotroppo.L’energiachedisolitoColinavevadurantelesuecrisiritornòinlui,mainmodo

deltuttonuovo.Nessunoavevamaiinsinuatochelesuegambefosserodeformi,neppureinunsussurro,eilsemplicefattochequalcunopotessecrederlo,comerivelavanoleparolediBen,erapiùdiquantoilgiovane rajahpotesse tollerare.La rabbia e l’orgoglio ferito gli fecerodimenticare d’un tratto tutto ilresto,infondendogliunvigorechenonavevamaiconosciutoprima,unaforzaquasisoprannaturale.

«Vieni qui!», gridò aDickon, cominciando a strappare via le coperte dalle gambe per districarsi.«Vieniqui!Vienisubitoqui!».

Dickonglifuaccantoinunattimo.Marysisentìmancareilfiatoeimpallidì.«Puòfarlo!Puòfarlo!Puòfarlo!...»,ripetevafrasépiùrapidamentechepoteva.Cifuunbreveparapiglia,elecopertefinironoaterra.DickonafferròilbracciodiColin,legambe

sottilisiliberaronodalviluppodellastoffaeipiccolipiedisiposaronosull’erba.Colinerainpiedi–inpiedi!...–drittocomeunfuso,eapparivastranamentealto,conilcapogettatoall’indietroegliocchichemandavanolampi.

«Guardatemi!»,gridòconfuriaaBen.«Forza,guardatemi!Guardate!».«Èdrittoquantome!»,esclamòDickon.«ÈdrittocomeunqualsiasialtroragazzodelloYorkshire!».Ciò che fece allora BenWeatherstaff parve stranissimo a Mary. Tossì, deglutì, giunse le mani e

all’improvvisogrosselacrimepreseroascorrerglilungolegoterugose.«Ah»,sbottò,«quantebugiedicelagente!Sietemagrocomeunchiodoepallidocomeunospettro,

madicertononavetenemmenol’ombradiunagobba!...Sieteunragazzougualeatuttiglialtri,cheDiovibenedica!».

Dickonstringevaconforza ilbracciodiColin,cheperònonvacillava:senerestavaperfettamentedrittoguardandoBeninfaccia.

«Sonoioilpadronequiquandomiopadreèvia»,disse,«evoidoveteobbedirmi.Questoèilmiogiardino, e non dovete osare farne parola con nessuno!...Ora scendete la quella scala e percorrete ilvialetto:MissMaryviverràincontroevicondurràqui.Devoparlarvi.Noinonvolevamo,maadessoènecessariochecondividiateilnostrosegreto.Sbrigatevi!».

LavecchiafacciascontrosaeraggrinzitadiBenWeatherstafferaancoraumidaperquell’improvvisoscoppiodipianto.Sembravachenonriuscisseastaccaregliocchidalsottile,drittoColinconilcapofieramentegettatoall’indietro.

«Eh!Ragazzomio,ragazzomio!...»,bisbigliòinunaspeciediraucosussurro;poi,ricordandosiconchi stava parlando, si riprese, e toccandosi il cappello al modo dei giardinieri, disse: «Sissignore!Sissignore!»,esceselestodallascala,sparendoinunattimo.

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Capitoloventiduesimo.QuandoilsoletramontòNonappena la testadiBenfusparitadietro ilmuro,Colinsi rivolseaMary.«Vagli incontro!», le

disse,eMarycorseversolaportanascostadall’edera.DickonstavaosservandoColinconsguardoindagatore:glieranocomparseduemacchierossesulle

guance,maaveval’ariadistarebeneenonaccennavaavacillare.«Riescobenissimoa reggermi inpiedi,nonpreoccuparti», annunciò tenendo il capobeneeretto, e

quelleparolevenneropronunciatecongrandefierezza.«Tel’avevodettochecisarestiriuscitosenonavessiavutopiùpaura»,glirisposeDickon.«Ecco,

adessononhaipiùpaura».«Sì,ècosì»,ammiseColin.Poi,all’improvviso,siricordòdiquantoavevadettoMary.«Staipercasofacendoqualchetuoincantesimo?»,glidomandòintonobrusco.LagrandeboccadiDickonsiallargòinunsorriso.«L’incantesimolostaifacendotu»,replicò,«edèlastessamagiachefaspuntarequestidallaterra»,

conclusesfiorandoconloscarponeunciuffodicrochiinmezzoall’erba.Colinliguardò.«Già»,disselentamente,«nonpuòesserciunamagiapiùgrande,nonpuò...».Sìrizzòancoradipiù.«Voglio camminare fin lì», disse indicando un albero a pochi passi di distanza. «Voglio che Ben

Weatherstaff mi trovi in piedi quando arriverà. Potrò appoggiarmi all’albero, se sarà necessario.Misiederò,quandoneavròvoglia,manonprimacheluisiaqui.Presto,portamiunacopertadallasedia».

Camminòfinoall’albero,esebbeneDickon lo reggesseperunbraccio,eramagnificamentesicuro.Poi si fermòaccantoal tronco,manonsembravaaffattochevi si appoggiasse.Si tenevacosì rittodasembrareanchepiùalto.

QuandoBenentròdallaportanelmuro,lovideinpiedieudìMarymormorarequalcosa.«Chestaidicendo?»,chiese infastidito,perchévolevamantenere tutta lasuaattenzionesulla lunga,

sottile,drittafigurinadelragazzodalvisettoorgoglioso.Leinonglirispose;maciòcheandavamormorandoera:«Lopuoifare!Lopuoifare!Telodicevo

chepotevifarlo!Lopuoifare!Lopuoifare!Puoi!».Si rivolgeva aColin con quelle parole perché voleva, con un incantesimo, farlo rimanere ritto in

piediconquell’aspetto.NonpotevasopportareilpensierochecadessedavantiaBenWeatherstaff.Eluinoncaddenécedette.D’untrattoMaryebbelasensazionecheColinfossemoltobellononostantelasuamagrezza eccessiva. In quelmomento il ragazzo teneva gli occhi puntati fissamente suBen con il suoconsuetoatteggiamentoimperioso.

«Guardatemi!...»,ordinò.«Guardatemibenedalla testaaipiedi!...Sonoforsegobbo?Ho legambedeformi?».

Bennonsieraancoradeltuttoripresodallasuaemozione,tuttaviariuscìarispondere:«No,affatto.Maalloraperchévenesieterimastonascostolasciandocredereallagentecheeravate

storpioemezzoscemo?»«Mezzoscemo?!...»,esclamòColinarrabbiato.«Chihaosatopensareunacosadelgenere?»«Oh, un mucchio di imbecilli», replicò Ben. «Il mondo è pieno di somari che ragliano, e sanno

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soltantoragliarebugie...Maperchévisieterinchiuso?»«Tutticredevanochedovessimorire»,disseColintagliandocorto.«Manonmorirò!».EpronunciòquelleparolecontaledecisionecheBenWeatherstaffloguardòtutto,dall’altoinbassoe

poidinuovodalbassoinalto.«Voi, morire!...», esclamò con gioiosa e commossa ironia. «Figurarsi! In voi c’è tanto di quel

coraggio!...Quandovihovistoposareipiediinterracontantafuria,hosubitocapitochestavatebenone.Orasedeteviunpo’sullacoperta,padroncino,edatemiivostriordini».

C’era nei suoimodi un curiosomiscuglio di rozza tenerezza e di calorosa comprensione.Mary loavevainondatodiparole,mentreprocedevanoinfrettalungoilsentiero.Lacosapiùimportantedatenerepresente,gliavevaripetutopiùvolte,eracheColinstavaguarendo,stavadavveroguarendo...Ilgiardinolofacevaguarire,enonbisognavaparlarglinédigobbenédimorte.

Ilgiovanerajahacconsentìasedersisullacopertasottol’albero.«Chegeneredilavorofatequineigiardini,Weatherstaff?»,siinformò.«Tutto quello chemi si dice di fare», rispose il vecchio Ben. «Mi tengono qui quasi per favore,

perchélapadronamieraparecchioaffezionata».«Lapadrona?»,chieseColin.«Vostramadre»,spiegòBen.«Miamadre?»,disseColinguardandosiintorno.«Questoerailsuogiardino,vero?»«Sì,loera»,risposeBenguardandosiintornoanchelui.«Ecitenevamoltissimo».«Adessoè ilmiogiardino.Eanch’ioci tengomolto.Civerrò tutti igiorni»,annunciòColin.«Ma

deverestareunsegreto.Eccoimieiordini:nessunodevevenireasaperecheveniamoqui.Dickonemiacuginahannolavoratosodoperfarlotornareinvita.Vimanderòachiamareognitantoperaiutarli,madovretevenirequandonessunovivede».

LafacciadiBenWeatherstaffsicontrasseinunironicosorrisodifurbizia.«Cisonogiàvenuto,quandonessunomivedeva»,disse.«Cosa?»,chieseColinsorpreso.«Equando?»«L’ultimavoltachesonostatoqui»,disseBengrattandosiilmentoeguardandosiintorno,«saràstato

circaunpaiodiannifa».«Manessunocihamessopiedeperdiecianni!»,esclamòColin.«Laportaerachiusa!».«Be’,quelnessunosonoio»,ribattéBenconariasorniona.«Enonpassavodallaporta,passavoda

soprailmuro.Poi,inquestiultimidueanni,ireumatismimelohannoimpedito».«Allorasietestatovoiadareunapotatinaallepiante!»,intervenneDickon.«Iononriuscivoacapire

comeerapossibile».«Leiloamavacosìtanto!...»,disselentamenteBen.«Ederacosìgiovane,cosìbella...Unavoltami

disse ridendo: “Ben, seper casodovessi ammalarmi, odovessimorire, dovrai occuparti tu dellemierose!”...Poiquandodavveromorì,vennevietatoa tuttidi avvicinarsi algiardino.Ma iocivenivo lostesso»,continuòBenconunasortadiscontrosaostinazione.«Civenivopassandosoprailmuro,finchéireumatisminonmihannofermato...Facevoqualchelavoretto,unavoltaall’anno,comemiavevaordinatolei».

«Non sarebbe ancora così vivo se non aveste fatto così», disse Dickon. «Infatti, mi immaginavoqualcosadelgenere».

«Sonolietocheleabbiatefatto,Weatherstaff»,disseColin.«Sapretemantenereilsegreto».«Potete giurarci che lo saprò mantenere, sir», rispose Ben. «E poi, per un vecchio che soffre di

reumatismipassaredallaportasaràmoltopiùsemplice».Maryavevaposatolasuapalettasull’erba,accantoall’albero.Colinallungòlamanoelaprese.Una

stranaespressioneapparvesulsuovisetto,quandocominciòarasparepianoilterreno...Lasuapiccolamanoerapiuttostodebole,maora,mentreglialtriloguardavano–Maryosandoamalapenarespirare–

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affondòlapuntadellapalettanellaterraenerivoltòunpo’.«Lopuoifare!Lopuoifare!»,ripetevaMaryfrasé.«Tidicochelopuoifare!...».ItondiocchidiDickoneranopienidicuriosità,manonfiatava.Benosservavaconinteresse.Colinnonsmise.Dopoavererivoltatoqualchealtromucchiettoditerra,sirivolseconariaesultantea

Dickon,usandoilsuomigliordialettodelloYorkshire:«Hai detto che qui avrei camminato come tutti gli altri, hai detto che avrei potuto scavare... Io

credevochefosserosoltantobugieperfarmipiacere,einvece,ecco,oggièilprimogiornochevengonelgiardinoehocamminato,eadessostoscavando!...».

BenWeatherstaffspalancòdinuovolaboccasentendoloparlareindialetto,esorrise.«Eh»,disse,«dicoraggioneavetedavendere.SietedavverounragazzodelloYorkshire.Esapete

purescavare.Vipiacerebbepiantarequalcosa?Potreifarviavereunapiantadirose».«Andateaprenderla!»esclamòColinriprendendoascavareconentusiasmo.«Presto!Presto!».Fecerodavveroprestissimo.Bencorseviadimenticandoisuoireumatismi,mentreDickonconlasua

vangarendevapiùprofondaepiùlargalabucascavatadalleesilimanidelnovellogiardiniere.Mary,dapartesua,corseaprenderel’innaffiatoio.QuandoDickonebbeterminatoilsuolavoro,Colinsimiseavoltare e rivoltare la terra soffice. Guardò in su verso il cielo: aveva il viso arrossato a causadell’insolito,ancheseleggero,esercizio.

«Vogliofarloprimacheilsolevadaviadeltutto»,disse.EMarypensòcheilsoleforsesisarebbetrattenutoqualcheminutoinpiùproprioperquellacosa.

Benportòilvasodirosedallaserracorrendoquantopiùvelocepoteva.Ancheluicominciavaasentirsipiuttostoeccitato.Siinginocchiòaccantoallabucaerovesciòilvasoperestrarrebenelapianta.

«Eccolaqui, ragazzomio»,disseporgendo lapiantaaColin.«Mettetelavoistessodentro labuca,comefailrequandosirecainqualchenuovopaese».

LeesilimanidiColintremaronoleggermenteeilsuovisosifeceancorapiùrosso,mentredeponevala pianta di rose nella buca e la teneva affinché il vecchio Ben potesse pressare ben bene la terraall’intorno con le mani... Infine, la buca venne riempita, pigiata e resa ferma a dovere. Mary, inginocchio,sierapiegatainavantipoggiandosisullemani.Fuliggineeravolatoaterraesieraavvicinatozampettandopervederedavicinoquantostavaaccadendo.NoceeGuscionediscutevanodall’altodiunramodiciliegio.

«Eccolapiantata!...»,annunciòtrionfalmenteColin.«Eilsolestaappenacominciandoatramontare.Vieni, aiutamiadalzarmi,Dickon,voglioessere inpiediquando tramonteràdel tutto.Anchequesto fapartedell’incantesimo».

Dickon loaiutò, e l’incantesimo–oqualsiasi altra cosa fosse–glidiede talmente tanta forzachequando il sole sparì dietro la linea dell’orizzonte ponendo fine al loro strano, fantastico pomeriggio,Colinstavabenrittosullesuegambeerideva.

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Capitoloventitreesimo.MagiaQuandorientraronoacasa,ildottorCravenlistavaaspettandogiàdaunbelpezzo,ecominciavaa

chiedersisefosseonoilcasodimandarequalcunoaperlustrareisentieridelparco.NonappenaColinvennericondottonellasuastanza,ilmedicolosquadròconariasevera.«Nonavrestedovutorestarefuoricosìalungo»,disse.«Nondovestancarvitroppo».«Maiononmisentoaffattostanco»,ribattévivacementeColin.«Mihafattoungranbene.Domani

usciròanchedimattina,oltrechedipomeriggio».«Noncredodipoterlopermettere»,risposeildottorCraven.«Temochenonsiaprudente».«Sarebbeancoramenoprudentecercarediimpedirmelo»,replicòColinseccamente.«Hointenzione

diuscire».PerfinoMarysirendevacontocheColin,senzarenderseneaffattoconto,eraestremamentesgarbato

con quel suo modo altezzoso di impartire ordini. Per tutta la vita era vissuto in una specie di isoladeserta,ederaabituatoacomportarsicosìperchénessunoloavevamaicontrastato.Maryerastataassaisimilealui,madaquandoeraandataavivereaMisselthwaite,apocoapocosieraresacontocheuntale modo di agire non era normale, e che comunque non le attirava le simpatie di nessuno. PerciòcredettechesarebbestatoutileinformareColindiquestasuaesperienza.Così,dopocheildottorCravensenefuandato,simiseasederescrutandoilcuginoconinsistenza,finchéluinonledomandò:

«Perchémiguardicosì?»«PerchéstavopensandocheildottorCravenmifa...ecco,mifaunpo’pena».«Oh,faunpo’penaancheame»,risposeColinnonsenzaunapuntadisoddisfazione.«Vistochenon

stopiùpermorire,nonpotràereditareMisselthwaite».«Sì, mi fa pena anche per quello, naturalmente», proseguì Mary, «ma pensavo soprattutto che

dev’esserestatodavveroorrendo,durantetuttiquestianni,esseregentileconunragazzocosìmaleducato.Iononcel’avreifatta».

«Tisembromaleducato?»,chieseColinimpassibile.«Setufossisuofiglio,eluiiltipodipadrechetiraceffoni»,risposeMary,«leavrestisicuramente

prese».«Nonoserebbe»,disseColin.«Èvero,nonoserebbe»,ammiseMaryriflettendo.«Nessunohamaiosatofarequalcosacontrolatua

volontàperchédovevimorireorobadelgenere...Eriunbambinocosìinfelice».«Mad’orainpoinonsaròpiùinfelice»,ribattéColinintonoostinato.«Nonvogliopiùchelagente

pensicertecose.Oggipomeriggiosonoriuscitoastareinpiedi».«Haisempreottenutotuttoquellochevolevi,eccoperchéseidiventatocosìstrano»,proseguìMary

pensandoadaltavoce.Colinsivoltòconariapreoccupata.«Sonotantostrano?»,chiese.«Sì,eancheparecchio», risposeMary.«Perònondeviarrabbiarti se te lodico»,aggiunse in tono

imparziale,«perchéiopuresonostrana,eancheBenWeatherstaffloè...Maiosonounpo’menostranadiprimadaquandohocominciatoatrovaresimpatichelepersoneehoscopertoilgiardino».

«Nonvoglioesserestrano»,mormoròColin.«Nonvoglioesserlomaipiù»,aggiunseaggrottandolesopraccigliacondecisione.

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Eraunragazzomoltoorgoglioso.Restòqualchemomentosoprapensiero,poiMaryvidecheunbelsorrisomutaval’espressionedelsuovolto.

«Nonsaròpiùstrano»,disse,«seandròognigiornonelgiardino.C’èunamagia laggiù,Mary,unamagiabuona...Sonosicurochec’è».

«Anch’ionesonosicura».«Eseanchenonfosseunaveramagia»,aggiunseColin,«noipossiamosempreconsiderarlatale...Ma

c’èqualcosalaggiù,c’èsicuramentequalcosa».«Èunamagia»,disseMary,«manonunamagianera:èbiancacomelaneve».Seguitarono sempre a chiamarla magia, e tale sembrò davvero nei mesi successivi: mesi

meravigliosi,mesi luminosi,mesistupefacenti!...Oh, lecosecheaccaddero inquelgiardino!...Senonavetemaiavutoungiardino,nonpotretemaicapire,eseloaveteavutoallorasapretechecivorrebbeunlibro intero per descrivere tutto ciò che vi accadde. All’inizio, sembrava che le puntine verdi nonavrebberomai smesso di spuntare dalla terra, inmezzo all’erba, nelle aiuole, perfino nelle crepe deimuri...Poi,quellepiccolecoseverdicominciaronoamostrarelegemme,elegemmesischiuseroinfioridiognisfumaturadell’azzurro,delporpora,delcremisi...Neigiornifelici,ifiorieranostatiseminatiinogni anfratto, in ogni angolo.BenWeatherstaff li aveva visti spuntare, e aveva lui stesso raschiato lacalcefraimattonidelmuroperricavarvisacchediterraincuifarcrescerebellepiantinerupestri.Irisegigli bianchi si slanciavano a fasci dai prati, e le verdi nicchie si andavano colmando dimoltitudinibiancheeazzurre,disperonelle,dicolombine,dicampanule.

«Erano la sua passione», diceva Ben, «perché ricordavano l’azzurro del cielo. Non che leidisprezzasselaterra,nocertamente...Amavalaterra,maripetevasemprecheilcieloazzurroeracosìbello!...».

IsemipiantatidaDickonedaMarycrebberocomeseliavesserocuratilefate.Ipapaveridanzavanoa centinaia nella brezza accanto a un’infinità di fiori dai colori vivaci che da anni crescevano nelgiardinoecheavevanoquasil’ariadichiedersicomemaicifosserofiniti, lì,queinuoviarrivati.Elerose...oh,lerose!Spuntavanodigiornoingiorno,diorainora,ammiccandofral’erba,intrecciandosiintorno alla vecchia meridiana, inghirlandando i tronchi degli alberi, spiovendo giù dai rami,arrampicandosi sui muri e ricadendo in grandi cascate... Avevano belle foglie giovani, e minuscoligermoglicheapocoapocosigonfiavanocomepermagia,finoasvolgersiincoloratecoppediprofumidelicati,traboccantidifragranzecheinvadevanotuttoilgiardino.

Colin assisteva a tutto questo, osservando attentamente ogni cambiamento. Tutte lemattine venivaaccompagnatofuori,esenonpiovevatrascorreval’interagiornatanelgiardino.Sisdraiavasull’erbae“guardava crescere le cose”, come diceva lui. Se si guardava abbastanza a lungo, sosteneva, erapossibilevedereigermoglinelmomentoincuisischiudevano.Glicapitavaanchediimbattersiinstraniinsetti affaccendati che correvano di qua e di là per varie incombenze a noi sconosciute (maevidentemente importanti), trasportando a volte pagliuzze, pezzettini di penne o di cibo, oppurearrampicandosi sui filid’erbacomesualberidallacuicimapotesseroesplorare l’orizzonte.Erastatoimpegnato una mattina intera a spiare una talpa che gettava fuori la terra all’estremità della tanaaprendosilastradaconlezampetteunghiutechesomigliavanoallemaninediunelfo.

I comportamenti delle formiche, degli scarabei, delle api, delle rane, degli uccelli, delle piante,offrivanoalsuosguardounmondotuttonuovodaesplorare.QuandoDickonglieliebbesvelatiunoperuno,aggiungendovianchequellodellevolpi,dellelontre,deifuretti,degliscoiattoli,delletrote,deitopid’acquaedeitassi,noncifupiùfineallecosedicuipotevanoparlare.

E questa fu soltantometà dellaMagia. Il fatto di essere riuscito a restare in piedi fece rifletteremoltissimo Colin, al punto che, quando Mary gli raccontò degli incantesimi da lei pronunciati quelgiorno,luinerimasemoltoeccitatoeliapprovòenergicamente.Nonfacevacheparlarne.

«Ci devono essere un monte di incantesimi al mondo», disse un giorno con aria saggia, «ma le

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personenonliconosconoononsannocomerealizzarli.Forsebasterebberipeteredicontinuochealcunecosebuonedevonoaccaderefinoalmomentoincuinonsiriesceafarleaccaderedavvero.Vogliofareunesperimento».

L’indomani mattina, quando si recarono nel giardino segreto, mandò subito a chiamare BenWeatherstaff, il qualegiunsepiùpresto chepoté e trovò il giovane rajah inpiedi sottounalbero, conun’ariaassaidecisamaancheconunbellissimosorriso.

«Buongiorno,Ben»,losalutò.«Vogliochevoi,DickoneMarymiascoltiateunmomento,perchéhodacomunicarviqualcosadimoltoimportante».

«Benissimo, sir!», rispose Ben portandosi la mano alla fronte (uno dei suoi segreti era che ingiovinezza,daragazzo,avevaviaggiatopermare:eccoperchéconoscevailsalutodeimarinai).

«Tenteròun esperimento scientifico», spiegò il rajah. «Dagrandepenso che faròparecchiegrandiscoperte,evogliocominciareora,conquestoesperimento».

«Bene», disse subitoBen, per quanto sentisse solo in quelmomento parlare per la prima volta discopertescientifiche.

NeppureMaryneavevamaisentitoparlare,maormaiavevainiziatoarendersicontoche,perquantostrano fosse,Colinaveva letto tantissimecose insolitee sapevaessere,amodosuo,un ragazzomoltoconvincente.Quandofissavaqualcunoatestaaltaconisuoistraniocchi,eraimpossibilenoncredereaquello che diceva, sebbene non avesse ancora compiuto undici anni. In quel momento, poi, eraparticolarmenteconvincente,perchésembravastessetenendounaspeciediconferenza,quasicomeunapersonaadulta.

«Legrandi scoperte scientifiche chevoglio fare», cominciò, «riguarderanno laMagia.LaMagia èdavverounagrandecosa,mainpraticanessunonesanulla,trannealcunepersonechenehannoscrittoincertivecchilibri...eancheMarynecapisceunpo’,perchéènatainIndia,dovevivonoifachiri.IocredochepureDickonconoscaunpo’dimagia,magarisenzarenderseneconto,perchésaincantareanimaliepersone.Ionongliavreimaipermessodivenirmiatrovaresenonfossestatounincantatoredianimali,che è comedire un incantatore di bambini, perché i bambini sonomolto simili agli animali... Io sonosicuro che c’è della Magia in ogni cosa, solo che ancora non riusciamo bene a impossessarcene emetterlaalnostroservizio,comesifaconl’elettricità,icavalli,ilvapore».

Quell’iniziosuonavacosìinteressantecheBenWeatherstaffquasinoncelafacevaastarefermoperl’eccitazione.

«Certamentesir,moltobenesir»,disserizzandosiinpiediquasisull’attenti.«Quando Mary lo trovò, questo giardino sembrava totalmente morto», riprese l’oratore, «poi

qualcosahacominciatoaspingere lepiantinefuoridal terrenofacendolespuntaredalnulla.Ungiornononc’eranoel’indomanieccolelì.Iononavevomaivistonientedelgenere,elacosamihaparecchioincuriosito. Gli uomini di scienza sono sempre curiosi, e io sarò per l’appunto un uomo di scienza.Continuoachiedermi:“Cos’èquesto?Cos’è?”...Saràpursemprequalcosa,perchénonpuòesserenulla!Ecco, iononconosco il nomedi tale fenomeno,perciò lo chiamoMagia.Nonhomaivisto sorgere ilsole,maMaryeDickonlohannovisto,edaquantomiraccontanosonosicuroancheinquelcasositrattidiMagia.Qualcosalospingedalbassoequalcosalotiraversol’alto.Daquandovengoquiingiardino,tantee tantevoltehoguardato il cieloattraverso i ramideglialberi, eognivoltahoprovato la stranasensazione di essere felice, come se qualcosa si agitasse nel mio petto facendomi respirare piùvelocemente.LaMagiaèforte,enonfachespingeree tirareecrearelecosedalnulla.TuttoècreatodallaMagia, le foglie e gli alberi, gli uccelli e i fiori, i tassi e le volpi, gli scoiattoli e le persone...Quindi,laMagiadeveessereintornoanoi,inquestogiardino,inogniluogo.ÈstatalaMagiadiquestogiardino a farmi alzare in piedi e a farmi capire che vivrò fino a diventare un uomo. Compiròl’esperimentoscientificodicercarediottenereunpo’diMagia,dimetterladentrodimeefareinmodochemispingaemitiriemirendaforte.Nonsobenecomedovreifare,macredochesecipensiamoela

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chiamiamocontinuamente, forseverrà.Magari questo èunmodomolto infantileperottenerla.Quandotentavodistareinpiediperlaprimavolta,Marycontinuavaaripeterefraséilpiùinfrettapossibile:“Lopuoifare!Lopuoifare!”.Eiocel’hofatta.Beninteso,hodovutocompiereiopureunosforzo,malasuaMagiami ha aiutato, così comequella diDickon...Ognimattina, ogni sera, ogni volta cheme nericorderòdurantelagiornata,ripeteròamestesso:“LaMagiaèinme!LaMagiamistafacendoguarire!DiventeròfortecomeDickon,robustocomelui!”.Eanchevoidovetefarecomelui,voitutti.Questoèilmioesperimento.Voleteaiutarmi,BenWeatherstaff?»

«Sì,certosir,certo!»risposelui.«Seandreteavantia farloognigiornocomesoldati impegnatinelleesercitazionimilitari,vedremo

cosaaccadràescopriremosel’esperimentoavràsuccesso.Noiimpariamoamemorialecoseafuriadiripeterleperfissarlenellanostramente,eiocredocheaccadapressappococosìancheperlaMagia...Senonsmettiamodipregarladivenirciadaiutare,diventeràpartedinoielavoreràpernoi».

«Unavolta,inIndia,houditounufficialeraccontareamiamadrecheifachiriripetonocerteparolemigliaiaemigliaiadivolte»,intervenneMary.

«IohosentitolamogliediJimFettleworthripeterepureleilastessacosamigliaiadivolte:dicevaaJimcheeraunostupidoubriacone»,commentòsarcasticoBenWeatherstaff.«Tantemoglisicomportanocosì.Luiglielehasuonatedisantaragione,poièandatoalBlueLionapigliarsiunabellasbronza».

Colinaggrottòlesopraccigliaerimasepensierosoperalcuniistanti;poisirasserenò.«Be’,ecco»,disse,«vedibenechecomunquequalcheeffettocel’haavuto...Solocheinquelcasolei

hausato lamagianelmodosbagliato,e lui l’hapicchiata.Se l’avesseusatanelmodogiustoemagariavessecercatodifarloragionareconcalma,probabilmenteluinonsisarebbeubriacatocomeunaspugnaeforse...forseleavrebbepurecompratounacuffiettanuova».

Benridacchiò,guardandoColinconunacertaammirazione.«Oltre ad avere le gambe dritte, Master Colin», commentò, «siete anche un ragazzo parecchio

sveglio.Laprossimavolta che incontreròBessFettleworth le suggeriròquello che laMagiapotrebbefareperlei.Sarebbedavverocontentasel’esperimentoscientificofunzionasse,esarebbecontentopureJim».

Dickonera rimastoadascoltarecon igrandiocchi curiosi cheglibrillavanoper lagioia:NoceeGuscio gli stavano sulle spalle, e teneva in braccio un coniglietto bianco dalle lunghe orecchie, cheaccarezzavadolcemente.

«Credichel’esperimentopotràriuscire?»,glichieseColin,curiosodisapereacosastessepensando.Si domandavamolto spesso cosa stesse passandoper lamente diDickonquando si accorgeva che lostavaguardandooguardavaqualcunadellesuebestioleconilsuolargosorrisofelice.

Dickonsorriseancheaquelladomanda,efeceunsorrisoancorapiùlargodelsolito.«Sì, credo proprio che funzionerà», rispose. «Accadrà come per i semi quando il sole ci splende

sopra.Funzioneràdisicuro.Cominciamosubito?».Colin fu felicediquellaproposta,eancheMary lo fu.Ricordandosidei fachiri edei santonivisti

nelle illustrazioni dei libri, Colin propose di sedersi tutti a gambe incrociate sotto la folta chiomadell’alberocheformavacomeunaspeciedibaldacchino.

«Sarà come stare seduti in un tempio», disse. «E poi mi sento un po’ stanco, vorrei mettermi asedere».

«Ehi, non devi iniziare dicendo che sei stanco!...», lo avvertì Colin. «potresti rovinarel’incantesimo».

ColinsivoltòiguardògliinnocentigrandiocchidiDickon.«Èvero»,disselentamente.«DevoconcentrarmiepensaresoltantoallaMagia».Quando simisero a sedere il circolo, sembravaaleggiareun’ariadi grandemistero.Benaveva la

sensazionedipartecipareaunariunionedipreghiera:normalmenteeracontrarioenonvolevaaverenulla

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achefareconcerte“riunioni”,masiccomequellariguardavailgiovanerajah,sisentìalquantolusingatodi essere stato invitato a partecipare. Mary si sentiva in preda a un indefinibile, solenne rapimento.Dickon seguitava a tenere in braccio il coniglietto e forse fece di nascosto qualche segnale magico,perché quando simise a sedere a gambe incrociate come gli altri, il corvo, la volpe, gli scoiattoli el’agnellino gli si accostarono lentamente entrando loro pure a fare parte del cerchio, sistemandosicomodamentesull’erba.

«Sonovenutiancheloro»,osservòColincongravità.«Civoglionoaiutare».Colin eradavverobello, pensòMary.Tenevabene alta la testa, come se si sentisseuna speciedi

sacerdote, isuoiocchiavevanoun’espressionemeravigliosa,e la luce lo illuminava inpienofiltrandoattraversoiramidell’albero.

«Adessocominciamo»,annunciò.«Checosaconsigli,Mary?Dobbiamodondolarciavantieindietrocomefannoifachiri?»

«Iononpossodondolarmiavantieindietro»,disseBen,«perviadeireumatismi».«LaMagiave li faràsparire», lo rassicuròColinconun tonodaGranSacerdote.«Comunque,non

dondoleremofinchénonsareteguarito.Cilimiteremoacantare».«Nonpossonemmenocantare»,replicòBenconunacertainsofferenza.«Mihannobuttatofuoridal

corodellachiesal’unicavoltachecihoprovato».«Alloracanteròio»,deciseColin.Ecominciò:«Ilsolesplende–ilsolesplende...QuestaèMagia.I

fioricrescono–leradicisimuovono...QuestaèMagia.EsserevivièMagia.EsserefortièMagia.LaMagiaèinme–laMagiaèinme.Èinme–èinme–èinme.Èinciascunodinoi.ÈnellaschienadiBenWeatherstaff.Magia!Magia!Vieniasoccorrerci!...».

Ripetéquelleparoletantissimevolte;nonpropriomigliaia,maunbelpo’divolte.Maryascoltavacomeintrance.Tuttolesembravastranoebelloaltempostesso,eavrebbevolutocheColincontinuassesenzamaismettere.Bencominciòasentirsicullatocomeinunaspeciedipiacevolissimosogno.Ilronziodelleapi intornoaifiorisimescolavaallacantilenadellevociequasigliconciliavailsonno.Dickonstavasedutoagambe incrociatecon ilconigliettoaddormentato inbraccio;Fuliggineavevaspintoviaunodegliscoiattolieglisieraappollaiatosullaspalla,legrigiepalpebreabbassatesugliocchi.InfineColintacque.

«Adessofaròilgirodelgiardino»,annunciò.LatestadiBenWeatherstaff,cheeraappenacascatainavanti,sirisollevòdicolpo.«Vieravateaddormentato»,disseColin.«Nienteaffatto»,ribattélui.«Ilsermonenoneranientemale...Devouscireprimadellaquestua».Noneraancorasvegliodeltutto.«Nonstateinchiesa»,disseColin.«Losobene»,risposeBenricomponendosi.«Chihadettochec’ero?Hoascoltatotutto.Avetedetto

chelaMagiaerapurenellamiaschiena.Ildottoredicechesitrattadireumatismi».Ilrajahagitòlamano.«AlloraquellaeralaMagiasbagliata»,decretò.«Miglioreretedicerto.Aveteilpermessoditornare

alvostrolavoro.Domattinaperòfatevitrovarequi».«Mipiacerebbemoltovedervifareilgirodelgiardino»,borbottò.Sitrattavadiunborbottioamichevole,mapursempreunborbottio.Siccomeeraunvecchioostinatoe

non credeva del tutto nellaMagia, e se fosse andato via sarebbe sicuramentemontato sulla scala perguardarealdisopradelmuroinmododapoterintervenirenelcasocheColinfossecaduto.

Il rajahnonebbenulla incontrarioa farlo restare,ecosì si formòunpiccolocorteo.Colinera intesta, conMary da un lato e Dickon dall’altro; Ben veniva dietro, e anche le bestiole li seguivano:l’agnellino e il volpacchiotto si tenevano vicini a Dickon, il coniglietto bianco saltellava qua e là,fermandosiognitantoamordicchiarel’erba,mentreFuliggineavanzavainfondoatutticonariasolenne.

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Ilcorteosimuovevacondignitosalentezza.DitantointantoColinsifermavapoggiandosialbracciodiDickon,sottolosguardovigilediBen;quindisistaccavadaDickonemuovevadinuovoalcunipassidasolo,atestaalta.

«LaMagiaèinme!...LaMagiaèinme!...»,continuavaaripeteresempre.«LaMagiaèinmeemirendeforte!...Riescoasentirla!Riescoasentirla!...».

Parevamoltosicurochequalcosalosorreggesseelosollevasse.Sostòsuisedilidellenicchie,unavoltaoduesimiseasederesull’erba,parecchievoltesiarrestòsorreggendosialbracciodiDickon,manonaccennòasmetterefinchénonebbeterminatoilgirodelgiardino.Quandotornòsottol’alberoavevalegotearrossateeilvisoesultante.

«Cel’hofatta!LaMagiahafunzionato!»,esclamò.«Questaèlamiaprimascopertascientifica!».«ChediràildottorCraven?»,chieseMary.«Nondiràproprionulla,perchénessunoglieloracconterà»,risposeColin.«Questodeverimanereil

segretopiùgrandeditutti.Nessunodevesaperlofinchénonsaròdiventatotantofortedapotercamminareecorrerecomeglialtriragazzi.Verròquiognigiornosullamiasediaarotelle,enellostessomodosaròriportatoacasa.Nonvogliochelagentefacciacommenti:nondovràsaperlonemmenomiopadrefinchél’esperimento non sarà del tutto riuscito. Poi, un giorno che lui sarà tornato aMisselthwaite, entreròsemplicementenelsuostudioeglidirò:“Eccomi!Sonounragazzocometuttiglialtri!Stobenissimoevivròfinoadiventareunuomo.Ètuttomeritodiunesperimentoscientifico”!».

«Penseràdisognare!»,esclamòMary.«Nonpotràcredereaisuoiocchi!».Colin,trionfante,arrossì.Erariuscitoaconvincersichesarebbeguarito,ilche(ancheseluinonsene

rendeva conto) era come aver vinto metà della battaglia. Ciò che maggiormente lo stimolava era ilpensierodellafacciadisuopadrenelvedereilfigliodrittoerobustocomechiunquealtro.Unodeisuoipiù cocenti dolori del suo malsano e morboso passato era stato il pensiero di essere un bambinomalaticciodallaschienadebolechesuopadreavevapauradivedere.

«Saràcostrettoaricredersi»,disse.«QuandolaMagiaavràfunzionato,primaancoradimettermiafarescopertescientifiche,vorròdiventareunatleta».

«Inizieretea farepugilato frauna settimanaoduealmassimo»,disseBen.«Vidaranno lacintura,diventeretecampioned’Inghilterraevinceretetuttiipremi».

Colinglipiantògliocchiaddossoconariasevera.«Weatherstaff», lo ammonì bruscamente, «non permettetevi di mancarmi di rispetto. Non dovete

prendervi certe libertà soloperché siete a conoscenzadel segreto.Perquantoefficacepotrà essere laMagia,iononsaròmaiuncampionedipugilato.Diventeròunoscienziatoefaròmoltescoperte».

«Scusatemi,scusatemisir»,risposeBenportandolamanoallafronte.«Avreidovutocapirlochenonera un argomento su cui scherzare». Ma gli occhi gli brillavano e in cuor suo era estremamentesoddisfatto. Non gli importava proprio nulla di venire rimproverato, perché questo, in fondo, volevasignificarecheilragazzostavaacquistandosemprepiùforzaedenergia.

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Capitoloventiquattresimo.«Lasciamoliridere!»Ilgiardinosegretononeral’unicogiardinoacuiDickonsidedicasse.Nellabrughiera,vicinocasa

sua,c’eraunpiccolopezzodi terracircondatodaunbassomurettodipietre.Almattinoprestoeallasera,oppureneigiorni incuinonsi trovavaconColineMary,era lìcheDickonlavorava,seminandocavoli, patate rape, carote ed erbe aromatiche per la suamamma. Lì, in compagnia dei suoi animali,facevameraviglie,senzastancarsimai.Mentrezappavaoripulivailterrenodalleerbacce,fischiettava,cantavavecchiecanzonidelloYorkshire,oppureparlavaconFuliggineeCapitano,oconisuoifratelliniesorellineaiqualiavevainsegnatocomerendersiutili.

«Nonriusciremmoatirareavanticosìbene»,dicevaMrsSoerby,«senoncifossel’ortodiDickon.Nellesuemanicrescequalsiasicosa.Lesuepatateeisuoicavolisonogrossiildoppiodiquellideglialtriehannounsaporeparticolare».

Quandoavevaunattimodi tempo libero, lepiacevausciredicasaeparlareunpo’con lui.Dopocena,primadiandarealetto,ilcieloeraancorachiaroec’eraunpo’menodafare:allorasisedevasulmurettoacontemplareilcrepuscolo.Eraquelloilsuomomentodipace,incuiascoltavalenovitàdellagiornata.Inquelpiccoloortononc’eranosoloverdure:ognitantoDickoncompravaunsacchettodisemida un centesimo e spargeva fiori colorati e fragranti in mezzo ai cavoli e ai cespugli di uvaspina.Piantavaborduredireseda,garofanini,violetteetantialtrifioridicuiconservavaisemidiannoinannoo le cui radici si espandevano spontaneamente. Ilmuretto, poi, era una delle cose più graziose delloYorkshire,pienodidigitalidibrughiera,felci,crescionedirocciaefioridisiepeinognicrepa,alpuntocheormaisoloquaelàsiscorgevanoancoralepietre.

«Per farli crescere bene», spiegavaDickon a suamadre, «non bisogna fare altro che essere loroamico.Bastaquesto,perchéifiorisonocreaturecomelealtresomiglianomoltoallebestiole.Sehannosete bisogna dargli da bere, e se hanno fame bisogna nutrirli. Vogliono vivere, proprio come noi. Sedovesseromorire,avreilasensazionediesserestatocattivoediaverlimaltrattati».

Erainquell’oradelcrepuscolocheMrsSowerbyvenivaasapereciòcheaccadevaaMisselthwaiteManor.All’inizioDickonavevadettosoltantocheaMasterColineravenutavogliadiandareingiroperi giardini con sua cuginaMary, e che questo gli faceva un gran bene.Ma dopo qualche tempo i dueragazzideciserochelamammadiDickonpotevaesseremessaapartedelsegreto.Nessunosisognòmaidimettereindubbiochenonavrebbesaputomantenerlo.

Così, una bella sera tranquilla, Dickon raccontò l’intera storia allamamma, con tutti gli eccitantiparticolari della chiave sepolta, del pettirosso, della nebbiolina grigiastra che rivestiva le piantefacendolesembraremorteedelsegretocheMissMaryavevadecisodinonrivelareanessuno.Raccontòil loro incontro e anche come quel segreto gli era stato confidato, i dubbi suMaster Colin e il suoingresso nel regno nascosto, fino all’episodio della faccia arrabbiata di Ben Weatherstaff che siaffacciavadadietroilmuroel’improvvisoslanciodienergiachel’indignazioneavevaispiratoaColin...TuttociòfecepiùvoltetrasecolareilgraziosovisodiMrsSowerby.

«Parolamia»,esclamò,«èstataunaverafortunachequellabambinasiaarrivataqui!Èmaturata,ehasalvatopurelui.Cammina!Etuttinoicredevamochefosseunpoveroragazzinomezzoscemosenzaunossoaposto!...».

Feceunbelpo’didomandeeisuoiocchiazzurriparevanocolmidiprofondipensieri.«Checosanediconolìalcastello»,chiese,«delfattocheadessosisentebene,staallegroenonsi

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lagnapiù?»«Non sanno bene cosa pensare», rispose Dickon. «Ogni giorno la sua faccia pare diversa: sta

mettendo su carne, non è più così pallido e ossuto comeprima.Ma continua a fare finta di lagnarsi»,aggiunseconariadivertita.

«Eperchémai?»,domandòMrsSowerby.Dickonrepresseastentounarisatina.«Perimpedirechecapiscanol’accaduto.SeilmedicoscoprissecheColinriesceareggersiinpiedi,

probabilmente scriverebbe aMrCravenper informarlo.Colin, invece, vuole che la cosa resti segretaperchédeveessereluiadirglielo.SièpropostodiripetereognigiornolaMagiasullesuegambefinoalmomentoincuitorneràsuopadre:alloraentrerànellasuastanzaeglifaràvederecheèdrittoerobustocome tutti gli altri ragazzi... Insomma, lui eMissMary sono del parere che ogni tanto sia necessariopiagnucolareepiantarequalchecapriccioperchénessunosospettiqualcosa».

MrsSowerbyscoppiòaridere.«Eh»,disse,«queiduesidivertonounmondo,teloassicuro.Stannofacendounabellacommedia,e

nonc’ènullachepiacciatantoaibambiniquantorecitare.Su,Dickon,raccontamicomefanno».Dickon smise di strappare le erbacce e si sedette sui talloni per raccontarglielo. I suoi occhi

scintillavanoperildivertimento.«Ogni volta che deve uscire,MasterColin viene portato al pianodi sotto dove sta la sua sedia a

rotelle»,spiegò,«eregolarmentevasututtelefurieconJohn,ildomestico,perchédicechelotrasportasenza attenzione.Assume l’aria più sconsolata e inerme che si possa immaginare, come se non ce lafacesse nemmeno a tenere su la testa, finché non siamo lontano da casa e non ci vede più nessuno.Grugnisce,gemeefalebizzequandolosistemanosullasediaarotelle.LuieMissMaryselaspassanodavvero.Quandoluipiangeesilamenta,leiloconsola:“PoveroColin!Tifapropriotantomale?Tisentidavverocosìdebole,poverino?”...Ilproblemaèchecertevoltecelafannoastentoatrattenerelerisate.Enonappenacitroviamoalsicuro,ingiardino,tuttigiùaridereacrepapelle...DevonopremerelafacciacontroicuscinidiMasterColinpernonfarsisentiredaqualchegiardiniere».

«Più ridono, tantomeglioè!...», risposeMrsSowerbycontinuandoa riderepure lei.«Unmontedibelle, sane risate! Sono la miglior medicina per i bambini in ogni giorno dell’anno. Quei duediventerannosanissimierobusti».

«Stannogiàmettendosucarne»,disseDickon.«Hannosempretantodiquell’appetitochenonsannocome fare a mangiare abbastanza senza destare troppi sospetti. Master Colin dice che se continua achiederealtrocibononcrederannopiùchesiatantomalato.MissMaryvorrebbedarglilasuaparte,maluinonvuole,perchésostienechedevonoingrassareinsieme».

Larivelazionedituttiqueisegretifecerideredicuorelamamma,eDickonriseconlei.«Ti dirò una cosa, ragazzomio», disseMrsSowerby. «Miviene inmente unmododi aiutarli.Al

mattino,quandovaiatrovarli,porteraiconteunsecchiellodilattefrescoeiocuoceròperlorounabellapagnottacroccanteodeidolcetticon l’uvapassa,cheavoi ragazzipiacciono tanto...Nonc’ènulladimegliodellattefrescoedelpane.Cosìpotrannosfamarsimentresonoingiardino,equellochemangianoacasaserviràariempiregliangolivuoti».

«Oh, mamma!», esclamò Dickon con ammirazione. «Sei davvero fantastica!... Trovi sempre unasoluzioneatutti iproblemi.Ierinonsapevanopropriocomefare,perchésisentivanounbucoalpostodellapancia!».

«Quei due crescono alla svelta e stanno ritrovando la salute. I bambini a quell’età sono comelupacchiotti:ilciboèsangueecarneperloro»,concluseMrsSowerbysorridendoaDickon.«Eh,sì,sistannopropriodivertendo!».

Quellameravigliosamadreavevaperfettamenteragione,soprattuttoquandoaffermavacherecitarelacommediasarebbestatounimpareggiabiledivertimentoperColineperMary.L’ideadisviareisospetti

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erastatasuggeritalorodallostuporedellostessodottorCravenedell’infermiera.«Il vostro appetito sta migliorando di giorno in giorno, Master Colin», aveva detto una volta

l’infermiera.«Primanonmangiavatequasinullaec’eranounmontedicosechenonvipiacevano».«Adesso mi piace tutto», aveva risposto Colin. Ma poi, accorgendosi che la donna lo fissava

incuriosita, si era ricordato d’un tratto che forse sarebbe statomeglio nonmostrare ancora di sentirsitroppobene,eavevaaggiunto:«Vogliodirecheilcibononmidispiacepiùtantocomeprima.Dev’esserel’ariafresca».

«Può darsi», aveva commentato l’infermiera con aria alquanto sconcertata. «Però sarà il caso diparlarnealdottorCraven».

«Tihaguardato inunmodo!...»,avevaesclamatoMarynonappenal’infermieraerauscita.«Aveval’ariadisospettarechecifossequalcosasotto».

«Nonlelasceròscoprirenulla!»,avevadettoColin.«Nessunodeveancorasaperenulla».Quellamattina, quando il dottorCraven arrivò, apparve piuttosto perplesso anche lui.Congrande

fastidiodiColin,gliposeunaquantitàdidomande.«Passatemoltotemponelgiardino»,cominciòadire.«Doveandate?».Colinassunselasuaespressionepreferita,ovveroquelladialtezzosaindifferenza.«Nonmivadidireanessunodovevadoononvado»,rispose.«Vadodovemipareepiace.Hanno

tuttiricevutol’ordinedinoninfastidirmiedirestarseneallalarga.Nonvoglioesserevistonésorvegliatodanessuno,giàlosapete!».

«Sembrachestiatefuorituttoilgiorno,manondireicheviabbiafattomale,almenononmisembra...L’infermieradicecheadessomangiatemoltodipiù».

«Forse»,disseColinconun’improvvisaispirazione,«forsesitrattadiunappetitononnaturale».«Non credo, dal momento che il cibo sembra giovarvi», replicò il dottor Craven. «Vi state

irrobustendo,eancheilvostrocoloritoèmoltomigliorato».«Forse...forsesonosoltantogonfioeholafebbre»,disseColinconun’espressionecupaetriste.«Le

personeinpuntodimortespessosonostrane».IldottorCravenscosseilcapo.TenevailpolsodiColineglipalpavailbraccio.«Nonavetefebbre»,dissepensoso,«elacarnecheavetemessosuèsana.Secontinueremodiquesto

passo,ragazzomio,lamortenonèpiùdatemere.Vostropadresaràmoltofelicequandoavràlanotiziadiquestostraordinariomiglioramento».

«Non voglio che sappia nulla!», sbottò Colin con impeto. «Resterebbe troppo deluso se dovessipeggioraredinuovo.Potreipeggiorarestanottestessa,potrebbevenirmiunfebbronedacavallo...giàlosento arrivare.Non voglio che si scriva amio padre, non voglio!...Volete farmi arrabbiare, e sapetebenissimochemifamale.Misentogiàtuttoaccaldato...Odiochesiscrivaesiparlidime,comeodiochemisiguardi!...».

«Calma,calma,ragazzomio!...»,disseildottorCravententandoditranquillizzarlo.«D’accordo,nonscriveremonullasenzailvostropermesso.Sietetropposensibile.Nondoveterovinareilbenecheèstatofatto».

Non si parlò più di scrivere nessuna lettera; e quando vide l’infermiera da solo a sola, il dottorCravenl’avvertìdinonparlarepiùalpazientediunataleeventualità.

«Il ragazzo è molto migliorato», disse, «in modo direi eccezionale. Adesso fa di sua spontaneavolontàquellocheprimanonpotevamocostringerloafare.Peròsieccitaancoramoltofacilmente,enonbisognadirenullacheloirriti».

MaryeColinsiallarmaronomolto,efudaquelmomentochestabilironodi“recitarelacommedia”.«Dovreiprovareafingereunattaccoisterico»,disseColinconariadirammarico.«Maadessonon

miriuscirebbediaverneuno,sonotroppocontento.Nonmivienepiùquelgroppoallagola,econtinuoapensareacosebelleanzichéacoseorribili.Però,separlerannoancoradiavvertiremiopadre,bisognerà

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farequalcosa».Decise dimangiaremeno,ma purtroppo quella brillante idea non era facilmente praticabile: ogni

mattinasisvegliavaconunappetitoincredibile,enonresistevadifronteaunacolazioneconpanefattoincasa,burrofresco,uovabianchecomelaneve,marmellatadi lamponiefiocchidipanna.Maryfacevasempre colazione con lui, e quando simettevano a tavola, specialmente se c’erano delicate fettine diprosciutto sfrigolante chemandavanoundeliziosoprofumoda sottoun tiepidocoperchiod’argento, siguardavanoinfacciaconespressionedisperata.

«Pensochestamattinadovremomangiare tutto»,dicevaColinaMary.«Possiamosempre rispedireindietrounapartedelpranzoequasituttalacena».

Manonriuscivanomaiarinunciareaqualcosa,eipiattideltuttovuotieripulitirimandatiincucinasuscitavanoimmancabilmenteparecchicommenti.

«Vorrei tanto...», diceva a volte Colin, «vorrei tanto che le fette di prosciutto fossero un po’ piùspesse,eunafocaccettaatestanonbastadavvero!».

«Una focaccetta sarebbe la porzione sufficiente per unmoribondo. A volte, quando dalla finestraapertaentrailprofumodell’ericaedellaginestra,credodipoternemangiareanchetre».

Unamattina, dopo che si erano già divertiti in giardino per un paio d’ore,Dickon andò dietro ungrandecespugliodiroseetornòconduesecchielli,rivelandocheunoerapienodilattefrescoricopertodipannael’altrodipasticciniconl’uvapassafattiincasa,avvolticontantacurainunlindocanovaccioazzurro e bianco da essere ancora caldi. Ci fu un’esplosione di gioia incredula. Che personameravigliosaeraMrsSowerby!Chedonnaintelligenteegentiledovevaessere...Com’eranobuoniqueidolci!Com’erasquisitoillattefresco!...

«C’èMagiainlei,propriocomeinDickon»,affermòColin.«ElaMagialesuggeriscecomefarelecose,lecosebuone.Èunapersonamagica.Dillechelesiamograti,Dickon!Tanto,tantograti!».

AvolteColinadoperavadelleespressionidaadulto.Glipiacevano.Quellaglipiacquetalmentetantochedecisedimigliorarla.

«Dillecheèstataadorabilmenteprodigaechelanostragratitudinesaràeterna».Poi,dimenticandosiditantasignorilità,siavventòsuipaninicaldiesenerimpinzò,epoibevveil

latte a grandi sorsi direttamente dal secchiello, come avrebbe fatto qualsiasi altro ragazzino affamatodellabrughieraadistanzadidueoredallacolazione.

Questofuilprimoditantissimialtripiacevolissimimomentidigolosità.Maquasisubito,quandosireserocontocheMrsSowerbyavevagiàquattordicipersonedasfamareenonpotevacertopermettersidisaziarnealtreduetuttiigiorni,lemandaronoachiedereilpermessodipoterlefaraverequalcunodeiloroscelliniperacquistarecibarie.

Dickonscoprìchenelboschettoappenafuoridelgiardino,nelpuntodoveMaryloavevaincontratola prima voltamentre stava suonando lo zufolo, c’era una buca poco profonda nella quale si sarebbepotutocostruire,usandodellepietre,unaspeciedi fornopercuocervipatateeuova.Leuovaal fornofuronounaleccorniaancorasconosciuta,elepatatearrostocaldeconburroesaleparverounmanicarettodegnodiunre,oltreariempiremagnificamentelostomaco.Uovaepatatepotevanoesserecomprateesipotevaquindimangiarneasazietà,senzaaverelasensazionedisottrarreilciboaquattordicibocche.

Tutte le mattine operavano la Magia riunendosi in cerchio sotto il susino, che offriva un fittobaldacchinodiverdifoglie,orachelafiorituraeraterminata.Dopolacerimonia,Colinfacevasemprelesuebrevipasseggiate,enelcorsodellagiornatasiesercitavaapiù riprese.Lesue forzeaumentavanoognigiornodipiù,eadessoriuscivaacamminarepiùalungoeconmaggioresicurezza.Naturalmente,aveva(econragione!...)semprepiùfiducianellasuaMagia,ederaDickonadargli,alsolito,imigliorisuggerimenti.

«Ieri»,disseunamattinadopoungiornodiassenza,«sonostatoaThwaitepercontodellamamma,evicinoal“BlueCowInn”hoincontratoBobHaworth.Èl’uomopiùfortedellabrughiera:ècampionedi

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lotta,riesceasaltarepiùaltodituttielanciailmartellopiùlontanodichiunque...CertiannièandatofinoinScoziaperpartecipareadellegare.Miconoscedaquandoeropiccoloemi trattaamichevolmente,cosìglihofattoqualchedomanda. Igentiluomini lodefinisconounatleta,cosìhopensatoa te,MasterColin, eglihochiesto: “Come fai adaver tuttiqueimuscoli,Bob?Hai fattoqualcosadi specialeperdiventarecosìforte?”;eluimiharisposto:“Be’,ragazzomio,sì.Unavolta,unuomochelavoravainuncirco che passò qui da Thwaitemimostrò come esercitare le braccia, le gambe e tutti imuscoli delcorpo”. E allora io ho chiesto ancora: “Senti Bob, un ragazzo un po’ debole li potrebbe fare queglieserciziperdiventarepiùforte?”.Luiharisoehadetto:“Saresti tuquelragazzodebole?”.Eio:“No,peròneconoscounochesi sta riprendendodauna lungamalattiaemipiacerebbe insegnargliqualcheeserciziodeituoi”.Nonhofattonomieluinonhafattodomande.Èstatomoltogentileemihamostratoalcuniesercizi.Così,misonomessoaimitarequellochefacevafinchénonl’hoimparatoaperfezione».

Colinloavevaascoltatoconariaentusiasta.«Mifaivedere?»,chiese.«Puoi?»«Certo», rispose Dickon alzandosi in piedi. «Si è raccomandato che all’inizio bisogna farli con

moderazione,senzastancarsitroppo.Bisognariposarsitraunesercizioel’altro,respirarebeneafondoenonesagerare».

«Staròattento,staròattentissimo!»,promiseColin.«Fammivedere,Dickon,fammivedere!...Oh,seidavveroilragazzopiùmagicodelmondo!».

Dickonglimostròunaseriedieserciziabbastanzasemplici,cheColinosservòsgranandogliocchi.Riuscì a farnequalcuno rimanendo seduto,poine seguìpianpianodegli altri, reggendosi sullegambeormaipiùsalde.AncheMaryiniziòafarli.Fuliggine,cheosservavalospettacolo,fuparecchioirritatodalfattochenonpotevaimitarli,epreseasaltellaretutt’intornoconariainquieta.

Daquelmomentogli esercizi entrarono a far partedei compiti quotidiani quanto laMagia, e ognigiornoColineMaryriuscivanoafarnesempredipiù.Ilrisultatodituttoquestofuunappetitotalmenteformidabilechesenonfossestatoper ilcestinodiprovvistecheDickonposavaognimattinadietro ilcespuglio,sarebberostatiperduti.IlpiccolofornonellabucaeipasticcinidiMrsSowerbysortironounrisultatotalecheMrsMedlock,l’infermieraeildottorCravenrimaserosemprepiùsconcertati.Sipuòfare gli schizzinosi con la colazione e rifiutare la cena, quando ci si è rimpinzati di uova, di patatearrosto,dilatteschiumoso,dibiscotti,difocacced’avena,dimieled’ericaedipanna...

«Nonmangianoquasinulla!...»,ripeteval’infermiera.«Mori-rannodifame,senonliconvinciamoanutrirsialmenounpo’.Eppure,guardatecheaspettohanno!»

«Ah,sì,guardateli!»,esclamavaindignataMrsMedlock.«Sonoarrabbiatissimaconloro.Nonhomaivistoduediavolidelgenere.Ungiornomangianofinoascoppiare,e ilgiornodopostorconolaboccadavantiallesquisitezzechelacuocapreparaperloro.Ierinonhannoassaggiatoneppureunbocconediquel deliziosopollo con la salsadi pane.Lapoveradonna aveva addirittura inventato un budino perloro,maèstatorimandatotuttoindietro.Lacuocaquasipiangeva:hapaurachedianolacolpaalei,sequeiduemuoionodifame».

Venne il dottor Craven ed esaminò Colin a lungo, molto scrupolosamente. Era apparso moltopreoccupato quando l’infermiera gli aveva parlato indicando il vassoio della colazione praticamenteintattocheavevamessoappostadapartepermostrarglielo;maapparveancorapiùpreoccupatoquandosisedettesuldivanoaccantoaColinelovisitò.SieradovutorecareaLondraperaffari,enonvedevailragazzodaquasiduesettimane.Quandoigiovanicomincianoaguarire,lofannoinfretta.QuelpallorecolorceraavevaabbandonatodeltuttolacarnagionediColin,adessolasuapelleerarosea;ibegliocchieranolimpidienonpiùinfossati;eranosparitigliincavisulletempie,eleguancesieranofattepiene;icapelliglisiondulavanosullafronte,morbidiesani;lelabbraavevanounbelcolorenaturale...ComeimitazionediunragazzoinvalidoormaiColineraproprioundisastro.IldottorCravenglipreseilmentofraleditaeloosservòconariariflessiva.

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«Sonomoltodispiaciutodisentirechenonvuoimangiarenulla»,disse.«Cosìnonvabene:perderaituttiibeneficiguadagnati,epossoassicurartichesonoveramentestraordinari.Mangiavitantovolentierifinoapocotempofa».

«Veloavevodettochenonsitrattavadiunappetitonaturale»,risposeColin.Maryerasedutasuunosgabellolìaccanto,edemiseall’improvvisounostranosuono.Tentòinvano

direprimerlo,arischioquasidirestaresoffocata.«Cosac’è?»,chieseildottorCravengirandosiaguardarla.«Qualcosatraunosternutoeuncolpoditosse,emièfinitoingola»,spiegòcongrandeserietà.«Noncel’hofattaatrattenermi»,spiegòpiùtardiaColin,«perchéinquelmentremisonoricordata

dell’ultimaenormepatatachehaimangiato,edelmodoincuihaiaddentatoquellagrossafettadipanetostatoconilprosciuttoelapanna».

«Èpossibilecheiragazzipossanoprocurarsidelcibodinascosto?»,chieseildottorCravenaMrsMedlock.

«Nessunmodo, amenochenon lo estragganodalla terrao lo raccolganodagli alberi», rispose lagovernante.«Stannofuorituttoilgiornoenonvedononessuno.Epoi,sevolesseromangiarequalcosadidiversodaciòchevienepreparatoperloro,nonavrebberochedachiederlo».

«Be’»,osservòildottoreCraven,«finquandoquestononmangiarenonproducedeidanni,nonvedoperchépreoccuparsitanto.Ilragazzosembraunaltro».

«Seèperquesto,anchelapiccolaMary»,disseMrsMedlock.«Cominciaquasiaesseregraziosa,daquandononèpiùcosìossutaehapersoquellasuaariaacidaemaligna.Adessohaunbelcolorito,eicapelli lesisonofatti foltie lucidi.Primaeraunesserinocupoescontroso,mentreadessononfacheridere tutto il giorno insiemeaMasterColin.Ridonocomeduematti.Magari saranno le risate a farliingrassare».

«Forseaveteragioneesaràcosì»,concluseildottorCraven.«Ealloralasciamoliridere!».

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Capitoloventicinquesimo.LatendaIlgiardinosegretocontinuavalasuarigogliosafioritura,eognimattinaeraprodigadinuovimiracoli.

Nelnidodelpettirossoc’eranodelleuova,e la suacompagna lecovava, tenendoleal caldocontro ilpetto piumato, sotto le ali aperte.All’inizio eramoltonervosa, e anche il pettirosso sembrava fare laguardiaalnidoconariavigileeaccigliata.NeppureDickonavevaosato,neiprimigiorni,accostarsiaquell’angolo folto di vegetazione, e restò in attesa finché la misteriosa Magia convinse anche i dueuccellini che lì in quel giardino tutto era in perfetta armonia. I ragazzi si rendevano conto di qualemeraviglia stesse accadendo: della grande, commovente, straordinaria bellezza e solennità delloschiudersidelleuova.Seinquelgiardinosifossetrovatoqualcunononconsapevole,nelsuointimo,chese un uovo soltanto fosse stato sottratto dal nido oppure si fosse rotto, il mondo intero si sarebbeincrinato;seunasolapersonanonavesseintuitoquestoenonsifossepoicomportatadiconseguenza,noncisarebbestataalcunafelicitàneppurenell’ariadiquellabellissimadomenicadiprimavera.Malorolointuivanoelosapevano,eilpettirossoelasuacompagnasapevanochelorosapevano.

Sulleprime,ilpettirossoavevaguardatoMaryeColinconsospetto,mentreperqualchemisteriosaragionesembravacertissimodinondoversipreoccuparediDickon:dall’istanteincuiavevapuntatogliocchiettisudilui,l’uccellinoavevacapitocheDickonnoneraunestraneo,bensìunaspeciedipettirossosenzabeccoesenzapenne.Sapevaparlare la linguadeipettirossi,cheèuna linguamoltoparticolare:parlarelalinguadeipettirossiconipettirossiècomeparlarefranceseconifrancesi.Dickonlaparlavasemprerivolgendosialpettirosso,ragionpercuil’altralinguaincomprensibile,quellacheusavacongliesseriumani,nonavevaalcuna importanza. IlpettirossopensavacheDickon si esprimesseconqueglistranisuoniperchégliesseriumaninoneranoabbastanzaintelligentipercapireillinguaggiodeipennuti.Anche imovimenti di Dickon erano da pettirosso: non allarmavanomai nessuno, non eranomai cosìbruschidasembrarepericolosiominacciosi.Dunque,qualsiasipettirossoeraingradodicapireDickon,quindilasuapresenzanonpotevainalcunmodoarrecareilminimodisturbo.

Ma all’inizio al pettirosso sembrò di dover stare in guardia per gli altri due. Per prima cosa, lacreatura-ragazzononvenivaingiardinoconlesuegambe:lospingevanoconunaggeggioaruoteederaricoperto di pelli di animali selvatici. Già questo faceva nascere un bel po’ di sospetti. Poi, quandoavevacominciatoadalzarsieamuoversi,lofacevainmodostrano,comesenonneavessel’abitudine,eglialtridovevanoaiutarlo.Ilpettirosso,nascostoinuncespuglio,spiavaconansia,piegandoilcapinoora da una parte ora dall’altra. Pensava che quei movimenti così lenti potessero significare che sipreparava a fare un balzo, come i gatti, i quali, per l’appunto, quando si preparano a fare un balzostriscianocongrandelentezza.Ilpettirossoneparlòalungoconlasuacompagna,mapoidecisedinontornarepiùsull’argomento,perchéseneeratalmenteterrorizzatadarischiaredirompereleuova.

Quandoilragazzocelafeceacamminaredasoloeperfinoamuoversipiùvelocemente,ilpettirossoprovòunimmensosollievo.Maperlungotempoilragazzorimaseunafontedipreoccupazione,perchénonagivacomegli altri esseriumani.Sembravachecamminareglipiacessemoltissimo,maavevaunmodosconcertantedisedersiodisdraiarsiepoialzarsidinuovo.

Ungiorno il pettirosso si ricordòchequando i suoigenitori gli avevano insegnato avolare avevaancheluilostessogeneredicose.Avevainiziatoconvolipiuttostobrevi,diqualchecentinaiodimetri,epoierastatocostrettoariposarsi.Così,glivennedapensarecheanchequelragazzostesseimparandoavolare,omeglio,acamminare.Neparlòconlasuacompagna,equandoledissecheleuovaavrebbero

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fattopressappocolastessacosa,leisisentìpiùcalmaecominciòaosservareilragazzoconunacertasimpatiasporgendosidalbordodelnido,ancheseeraconvintacheleuovasarebberostatedisicuropiùintelligenti di lui e avrebbero imparato più velocemente. Poi, però, si disse con indulgenza che lecreatureumaneeranosemprepiùgoffeelentedelleuova,tantochelamaggiorpartenonimparavaaffattoavolare:infatti,maichelesiincontrasseinariaosullecimedeglialberi.

Dopounpo’ilragazzostranocominciòamuoversicomeglialtridue,maavoltetuttietreinsiemesimettevanoafaredellecosedavverocuriose:sisistemavanosottoglialberiemuovevanolebraccia,legambe e la testa in un certo bizzarro modo che non era né camminare, né correre, né stare seduti,Ripetevanoqueimovimentiognigiorno,aintervalliregolari,eilpettirossononriuscivamaiaspiegarebeneallasuacompagnachecosastesserofacendoocercandodifare.Potevasolodireconsicurezzacheleuovanonsisarebberomaicomportatecosì,mavistocheilragazzocheparlavalalinguadeipettirossifacevaquegliesercizi insiemeaglialtridue,sipotevastare tranquillichequeibizzarrimovimentinonrappresentavanoalcunseriopericolo.Naturalmentesia ilpettirossoche la suacompagnanonavevanomai sentito parlare del campione di lotta BobHaworth, né tantomeno dei suoi esercizi che facevanogonfiareimuscoli.Ipettirossinonsonocomegliesseriumani:iloromuscolisonoincostanteesercizio,perciò si sviluppano inmodonaturale.Sedevivolare ingiroper trovareognipastochemangi, i tuoimuscolinonsiatrofizzerannomai,perchésarannosempreesercitati.

Quandoancheilragazzostranocominciòacorrere,ascavareeastrappareleerbaccecomeisuoidueamici,nelnidodeipettirossisceseunagrandeserenità:quandosisacheleuovasonoalsicurocomedentro la cassaforte di una banca, ci si può distrarre guardando le mille cose strane che accadonoall’intorno,elacovadiventaunlavorodivertente;tanto,cheneigiornidipioggialamammadelleuovasisentivatristeperchéiragazzinonvenivanoagiocarenelgiardino.

MaColineMarynonsipuòdavverodirechesiannoiasseroancheneigiornidipioggia.Unamattinache pioveva a dirotto e Colin cominciava a essere irrequieto perché temeva di dover restare tutto iltemposedutosuldivano(nonsarebbestatoprudentealzarsiecamminare)Maryebbeun’idea.

«Adessochesonounragazzocometuttiglialtri»,avevadettoColin,«lemiegambe,lemiebracciaetuttoilmiocorposonotalmentecolmidiMagiachenonriescopiùatenerlifermi.Hannosemprevogliadifarequalcosa.Sai,Mary,chealmattinoquandomisveglioprestoesentoilcinguettiodegliuccelliesembracheanche tutto il restocantiper lagioia–perfinoglialberie lealtrecosechenonpossiamoudire – mi viene voglia di saltare giù dal letto e di mettermi a cantare pure io?... Pensa che cosaaccadrebbeselofacessidavvero».

Maryscoppiòaridere.«L’infermiera arriverebbe di corsa, con Mrs Medlock dietro, e tutte e due crederebbero che sei

diventatomatto,esiprecipiterebberoachiamareildottore»,rispose.Colin rise a sua volta. Immaginava di vederseli tutti davanti: inorriditi dalla sua insurrezione e

stupefattidalvederlostareinpiedi.«Oh,comedesideroilritornodimiopadre!...»,disse,«voglioessereiostessoaraccontarglitutto.Ci

pensospessoemirendocontochenonpossiamotirareavanticosìancorapermolto.Ormainonriescopiùastarmenesdraiato,fermo,continuandoafingere...Epoi,orahounaspettodavverotroppodiversodaprima...Ah,comevorreicheogginonpiovesse!».

FualloracheaMaryvennel’idea.«Colin»,iniziòinmodomisterioso,«saiquantestanzecisonoinquestacasa?»«Unmigliaio,credo»,risposelui.«Cenesonopiùomenocento,enessunocimettemaipiede»,continuòMary.«Unavolta,inungiorno

dipioggiacomequesto,sonoandataavederneparecchie...Nonlohamaiscopertonessuno,ancheseauncertomomentocièmancatounpelocheMrsMedlockmivedesse.Tornandoindietro,misonopersaemisonofermataallafinedeltuocorridoio.Èstataquellalasecondavoltachetihosentitopiangere».

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Colinsirizzòsuldivano.«Uncentinaiodistanzeincuinonentramainessuno!...»,esclamò.«Sembraquasiungiardinosegreto.

MipiaceAndiamociadesso,tiva?...Cercadispingeretulamiasedia,cosìnessunopotràsaperedovesiamo».

«Sì,èproprioquellocheavevoinmente.Nessunooserebbeseguirci.Cisonolunghegalleriedovepotresticorrere,epotremmofareancheinostriesercizi...C’èunastanzaarredatainstileindianodovesitrovaunarmadiettopienodipiccolielefantidiavorio.Cisonostanzedituttiigeneri».

«Suonailcampanello»,disseColin.Appenal’infermieraentrò,lediedeisuoiordini.«Voglio che venga portata qui la mia sedia a rotelle», disse. «Miss Mary e io andremo a dare

un’occhiataallapartedisabitatadellacasa.Johndovràspingermifinoallagalleriadeiritratti,perchélìcisonoalcunigradini.Poiseneandràecilasceràsolifinchénonlomanderònuovamenteachiamare».

Daquellamattina,igiornidipioggianonvenneropiùaccolticonfastidio.Quandoildomestico,dopoaverspintolasediafinoallagalleriadeiritratti, li lasciòdasolicome

erastatoordinato,ColineMarysiscambiaronoun’occhiatasoddisfatta.NonappenaMarysifuaccertatacheJohnstavarealmentetornandonellestanzedeidomesticialpianodisotto,Colinsialzòdallasediaarotelle.

«Vogliofareunacorsadaun’estremitàall’altradellagalleria»,disse.«PoisalteròefaremoinsiemegliesercizidiBobHaworth».

Fecero tutte quelle cose e molte altre ancora. Guardarono i ritratti e videro anche quello dellabambinapallidaconilvestitodibroccatoeilpappagalloverdeposatosuldito.

«Tutte queste persone», osservòColin, «devono esseremiei parenti.Gente vissuta tanto tempo fa.Quellaconilpappagallocredosiaunamiaproproziaoqualcosadelgenere...Tisomigliamolto,Mary:noncomeseiadesso,macomeerialtuoarrivoqui.Adessoseimoltopiùcoloritaepiùbella».

«Anchetuseimoltopiùcoloritoepiùbello»,risposeMary.Eriseroentrambi.Andarononellastanzaindianaesidivertironoconipiccolielefantidiavorio.Trovaronoancheilcuscinoconilbucofattodaltopo,mailtopononc’erapiù,enonc’eranoneppureitopini,cheormaieranocresciutiederanocorsivia.EsploraronotantealtrestanzeefeceroparecchiealtrescopertecheMarynonavevafattodurantelasuaprimaispezione.Scovaronoaltrilunghicorridoi,angoli,rampediscale,altrivecchiritrattievecchiecose misteriose di cui non conoscevano l’uso. Fu una mattinata molto divertente: era affascinantel’impressione di andare in giro per una casa piena di persone e al tempo stesso sentirsimillemiglialontanodalì.

«Sonocontentochesiamovenutiqui»,disseColin.«Nonmieromairesocontodiabitareinunluogotantograndeetantostrano.Mipiace.Citorneremosempreneigiornidipioggia.Troveremoaltriangolimisteriosiealtrecosestrane».

Fraletantescopertediquellamattinac’eraancheunappetitotalmenterobusto,chequandotornarononellacameradiColinnonriuscironoarimandareindietroilpranzosenzatoccarlo.

Quandol’infermierariportòdisottoilvassoio,losbattérumorosamentesullacredenza,perchéMrsLoomis,lacuoca,potesseconstatarecomepiattievassoieranostatiripulitiadovere.

«Guardatequa!»,disse.«Questaèproprio lacasadeimisteri,e ilmisteropiùgrandedi tutti sonoqueidueragazzi!».

«Secontinuanoognigiornodiquestopasso»,disseJohn,ilgiovanedomesticorobusto,«traunmesequelragazzopeserà ildoppiodiadesso.Saròcostrettoarinunciarealmiolavoropernonrischiaredirompermilaschiena».

QuelpomeriggioMarysiaccorsechenellastanzadiColinerasuccessoqualcosadinuovo.Loavevagià notato il giorno prima,manon aveva voluto parlarne perché credeva che quel cambiamento fossecasuale.Nondissenullaneppurestavolta,masimiseasedereepreseaguardarefissamenteilquadro

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sopralamensoladelcaminetto.Infattipotevaguardarlo,perchélatendaerastataaperta.«Io sochecosavuoi chiedermi»,disseColindopoqualcheminuto.«Capisco semprequandovuoi

parlarediqualcosa.Tistaichiedendoperchélatendaèaperta.Vogliolasciarlacosì».«Perché?»,chieseMary.«Perché adessononmi fapiù rabbiavederla sorridere.Sai, unpaiodi notti fami sono svegliato:

c’eraunbellissimochiarodi luna,ed’un trattohoavuto lasensazioneche laMagiariempisse tutta lastanza, rendendo ogni cosa talmentemeravigliosa che non era possibile restare fermi...Così,mi sonoalzato e ho guardato fuori della finestra. La stanza era come illuminata a giorno, e un raggio di lucecadeva proprio sulla tenda. Allora ho tirato il cordone. Lei mi guardava e sorrideva, come se fossecontenta di vedermi lì in piedi, e ame piaceva osservarla...Voglio vederla sempre sorridere in quelmodo.Pensocheanchemiamadresiastataunaspeciedipersonamagica».

«Lesomiglimoltissimo,ora»,disseMary.«Avoltemivienedapensarecheilsuospiritosiainte».Quell’ideacolpìvivamenteColin,cherestòpensieroso.Ciriflettéepoirisposelentamente:«Sein

mecifossedavveroilsuospirito,alloramiopadremivorrebbebene».«Sulseriolovorresti?»,chieseMary.«Noncivolevonemmenopensareperchéeraconvintochenon fossepossibile...Secominciassea

volermibene,credocheglidireidellaMagia.Forselorenderebbefelice».

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Capitoloventiseiesimo.«Èlamamma!»LalorofedenellaMagiaerainfinita.Dopogliincantesimidelmattino,spessoColinimpartivaquasi

dellelezionidiMagia.«Mipiacefarequestidiscorsi»,spiegava,«perchéquandodagrandeavròfattoimportantiscoperte

scientifiche mi toccherà tenere delle conferenze, così intanto mi esercito. Adesso riesco solo a farelezioni brevi, perché sono molto giovane, e poi BenWeatherstaff penserebbe di stare in chiesa e siaddormenterebbe».

«Lacosamiglioredelleconferenze»,affermavaBen,«ècheunosialzainpiediedicetuttoquellocheglipare.Credochenonmidispiacerebbefareunaconferenzaognitanto».

MaquandoColininiziavaaparlaresottol’albero,ilvecchioBennonriuscivaastaccargligliocchididosso.Loguardavaattentamente,congrandeaffetto:noneratantolalezioneainteressarlo,quantolegambedelragazzo,semprepiùdritteeforti,lasuatestacosìbeneretta,leguanceunavoltaincavateeorapiene,ilmentountempoaguzzoeadessoarrotondato,eigrandiocchi,checominciavanoadavereunalucechericordavaaltriocchi...

Unavolta,sentendogliocchidelvecchioBenfissisudisé,Colinglichiese:«Acosastatepensando,BenWeatherstaff?»«Stavo pensando», risposeBen, «che avetemesso su un altro chiletto o due, questa settimana.Vi

stavoguardandoipolpaccielespalle.Mipiacerebbemettervisuunabilancia».«ÈlaMagia,eancheidolci,illatteetuttelebuonecosechepreparaMrsSowerby»,risposeColin.

«L’esperimentoscientificoèpienamenteriuscito».QuellamattinaDickonarrivòtroppotardiperascoltarelaconferenza.Quandoinfinefulì,avevail

fiatoneederarossoinvisoperlalungacorsa.C’erasempretantissimodafaredopocheerapiovuto,ec’erastataunpioggiatiepidaesottile,diquellechepenetranoinprofondità.L’umidità,cosìbeneficaperi fiori, lo era anche per le erbacce, che spuntavano in quantità dal terreno con sottili fili d’erba efogliolinecheandavanostrappateprimachemettesseroradicitroppoforti.OrmaiColineraingradodilavorarecomeglialtri,eriuscivacontemporaneamenteancheatenerelesuelezioni.

«LaMagialavoramegliomentrelavorianchetu»,dissequellamattina.«Melasentonelleossaeneimuscoli.Oh,sulleossaesuimuscolileggeròdeilibri,masullaMagianescriveròunoiostesso.Cistogiàpensando.Eintantononfacciochescoprirenuovecose».

Poco dopo aver pronunciato quelle parole, posò a terra la paletta e si alzò in piedi. Era stato insilenzioperalcuniminuti,comespessofacevaquandodovevapensarebeneacosadire.Quandoposòlapalettaaterraesialzòinpiedi,MaryeDickoncredetterocheunpensieroimprovvisoloavessecolpito.Colin allargò le braccia con esultanza: aveva il viso raggiante e gli occhi sfavillanti di gioia.Improvvisamente,sieraresobenecontodiqualcosa.

«Mary!Dickon!»,esclamò.«Guardatemi!».Idueragazzismiserodistrappareleerbacceeloguardarono.«Viricordateilprimogiornoincuimiaveteportatoqui?».Dickonloguardavaintensamente.Essendounincantatoredianimali,eraingradodivederepiùcose

dellamaggiorpartedellagente,edimoltenonparlavamai.Orainquelragazzonevedevaalcune.«Certocheceloricordiamo»,rispose.AncheMarylofissavacongrandeattenzione,manondissenulla.

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«Proprioinquestoistante»,proseguìColin,«menesonoricordatoiopure,mentreguardavolamiamanochescavavaimpugnandolapaletta...emisonodovutoalzareinpiediperconvincermicheèvero.Edèvero!Iostobene!Iostobene!...».

«Certochestaibene»,disseDickon.«Stobene!Stobene!»,gridònuovamenteColinfacendosituttorossoinviso.In un certo senso, lo sapeva già da prima, lo aveva sperato, avvertito, pensato,ma propri in quel

momentoqualcosaloavevaattraversatonelsuointimo,unasortadifedeestatica,unacertezza.Erastatocosìfortechenonpotéfareamenodigridare.

«Vivròalungo,tantoalungo,persempre!Scopriròtantissimecosesugliesseriumaniesuglianimali,sututto,comefaDickon,enonsmetteròmaidifareincantesimi.Stobene,stodavverobene!...Misento...misentocomesedovessimettermiaurlarequalcosadigioioso,qualcosaperdiregrazie!...».

BenWeatherschaff,chestavalavorandointornoauncespugliodirose,sivoltòaguardarlo.«PotrestecantareuninnodiringraziamentoaDio»,suggerìconunasmorfiaalquantodisincantatae

senzatroppariverenza.«Ecosavuoldire?»,domandòColinchenonsapevaassolutamentenulladiinni.«SonosicurocheDickonpotràcantareuno»,dissepertuttarispostaBenWeatherstaff.Dickonglirisposeconilsuocaratteristicosorrisodaincantatoredianimali.«Gli inni sono cose che si cantano in chiesa», spiegò. «Lamamma sostiene che anche le allodole

fannolastessacosa,quandosisveglianoalmattino».«Setuamadredicecosì,deveesserequalcosadimoltobello»,risposeColin.«Iononsonomaistato

inchiesaperchéerotroppomalato.Cantauninno,Dickon,vorreitantoascoltarlo».Dickonselacavòimnodosempliceespontaneo.CompreseciòcheColinprovavaforsepiùdiColin

stesso.Locompreseperunaspeciediistintonaturaledicuiforseneppuresirendevabeneconto.Sitolseilberrettoesiguardòintornosenzasmetteredisorridere.

«Dovrestitogliertiilberrettoanchetu»,disseaColin.«Eanchevoi,Ben,losapete...Epoibisognaalzarsiinpiedi».

ColinsitolseilberrettoguardandoattentamenteDickon,mentreilsolefacevarisplendereisuoifolticapelli.Bensialzòanchelui,scoprendosiasuavoltailcapoconariaperplessa,comesenoncapissebeneperchésistessecomportandocosì.

Dickon, inpiedi inmezzoaglialberieaicespuglidirose,preseacantareconsemplicità,conunabellavoceforteechiara:

LodeaDiopertuttoilsuocreato,LodeaDiodaognisuacreatura,LodeaDionell’altodeicieli,LodealPadre,alFiglioealloSpiritoSanto.Amen.Quandoebbefinito,ilvecchioBenrimaseinpiedi,conlemascellestranamentecontratteelosguardo

smarritomentreosservavailsuogiovanepadronecheavevaun’espressionepensierosaeammirata.«Èuncantodavveromoltobello»,commentòColin.«Mipiace.Forseriesceaesprimerequelloche

pensavoquandodicevodiesseregratoallaMagia...».Siinterruppeerestòunattimoperplesso.«Anzi,forsesonoentrambilastessacosa.Comesifaasapereinomiesattiditutto?...Cantalodinuovo,Dickon.Proviamo,Mary.Vogliocantarloanch’io.Èilmioinno.Comecomincia?...“LodeaDiopertuttoilsuocreato”?».

Elocantaronodinuovo.ColineMaryunironomegliochepoteronolelorovociaquelladiDickon;alsecondoversodell’innoBensischiarìlagola,ealterzosiunìalcoroconunvigorequasiselvaggio.

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Quandoinfinegiunseroall’“Amen”,Marynotòchealvecchioeraaccadutalastessacosadiquandosiera accorto cheColin non era un povero storpio: ilmento gli tremava, sbatteva le palpebre e le sueguanceincartapecoriteeranorigatedilacrime.

«Nonavevomaitrovatonientedispecialenegliinni,prima»,disseconvoceroca,«mafaccioancoraintempoacambiareidea...Questasettimanasareteingrassatoalmenoduechiliemezzo,MasterColin,sì,almenoduechiliemezzo!».

MaColinstavaguardandoattraversoilgiardino,conlapiùvivasorpresa,qualcosacheattiravalasuaattenzione.

«Chistavenendoqui?»,sussurrò.«Chiè?».Laportanascostanelfoltodell’ederasieraapertalentamenteeunadonnaeraentratanelgiardino.

Eraarrivatamentrecantavanol’ultimoversodell’innoederarimastafermaaguardarlieadascoltarli.Con l’edera alle spalle, il sole che filtrando attraverso le frondedegli alberi le chiazzava ilmantelloazzurro,ilvisograziosoesorridente,sembravaun’illustrazioneuscitadaqualcunodeibeilibridiColin.Aveva occhi meravigliosamente affettuosi che sembravano abbracciare ogni cosa: ciascuno di loro –perfinoBenWeatherstaff–e ipiccoli animali, eogni fiore sbocciato...Nonostante fosseapparsacosìall’improvviso,nessunoebbeminimamentel’impressioneditrovarsidifronteaun’intrusa.GliocchidiDickonsiilluminarono.

«Èlamamma...eccochiè!»,esclamò,elecorseincontroattraversoilprato.AncheColinleandòincontro,eMaryconlui.Aentrambibattevaforteilcuore.«È lamamma!», ripeté allegramenteDickonquando si incontraronoametà strada.«Sapevoche la

voleviconoscere,cosìlehodettodov’eranascostalaporta».Colinteselamanoconunasortadiregaletimidezza,macongliocchisembravadivorarleilviso.«Anchequandoeromalato»,disse, «desideravo tanto conoscerevoi,Dickone il giardino segreto.

Nonavevomaidesideratoconoscerenessuno,prima».Allavistadiquelvisettolevatoversodilei,ladonnaarrossì,letremaronogliangolidellabocca,e

fucomesed’untrattounveloleoffuscasselosguardo.«Caroragazzo!»,proruppeconvocetremante.«Caroragazzo!»,ripetésenzaquasirenderseneconto.

Non disse “Master Colin”,ma solo “caro ragazzo”. Si sarebbe rivolta aDickon nello stesso tono sel’avessevistocommossoinquelmodo.Colinnefufelice.

«Sietesorpresaperchéstobene?»,ledomandò.Leigliposeunamanosullaspallaesorrise,dissipandoquelvelocheleoffuscavalosguardo.«Sì, lo sono», disse. «Somigliate talmente alla vostra mamma, che mi avete fatto sobbalzare il

cuore».«Credete»,chieseColinunpo’impacciato,«chequestomifaràvolerebenedamiopadre?»«Oh, di sicuro, ragazzo mio, di sicuro!...», rispose lei dandogli un rapido, leggero colpetto sulla

spalla.«Evedraicheprestotorneràacasa».«SusanSowerby»,esclamòilvecchioBenavvicinandosi,«guardabenelegambediquestoragazzo,

guardale!...Neppureunpaiodimesi fasomigliavanoaduebacchettedi tamburo infilate inunpaiodicalzeelagente,perdipiù,andavadicendocheeranoterribilmentestorte!Be’,guardaleadesso!».

SusanSowerbyscoppiòaridereallegramente.«Oh,diventerannosemprepiùbelleepiùforti!...»,disse.«Lasciatelocorrere,giocare,lavorarenel

giardinoemangiaredibuonappetito...NoncisarannogambediragazzopiùsaldeerobusteintuttoloYorkshire,grazieaDio!».

PoipoggiòentrambelemanisullespallediMaryecontemplòilsuofaccinoconariamaterna.«Eanche tu»,disse,«anche tu seidiventata altrettanto sanae robustadellanostra ‘LizabethEllen.

Scommetto che anche tu somigli a tua madre. Martha mi ha raccontato di aver sentito dire da MrsMedlockcheeraunadonnabellissima.Quandosaraigrande,somiglieraiaunarosa,piccolamia!...».

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NondissechequandoMarthaeratornataacasaperilsuogiornodilibertàeavevadescrittoquellaragazzinadall’aspettoscialboetristeavevaaggiunto:«Nonmiparepossibilecheunadonnabellapossametterealmondounabambinatantobrutta!».

Marynonavevaavutoiltempodiprestareattenzioneaicambiamentidellasuafaccia:sapevasoltantodi avere un aspetto “diverso” da prima, e le sembrava che adesso i suoi capelli si fossero infoltiti ecrescesseropiùvelocemente;maripensandoalpiacereconcuiuntempoavevaguardatosuamadre,fucontentadisentirsidirecheungiornoleavrebbepotutosomigliare.

SusanSowerbyfeceilgirodelgiardinoinsiemealorocheglieneraccontavanolastoriamostrandoletutti gli alberi e i cespugli tornati in vita. Colin e Mary camminavano al suo fianco continuando aguardareilsuobelvisoroseo,segretamenteattrattidaldeliziososentimentocheleitrasmetteva,qualcosacomedicaldoeincoraggiante.SisarebbedettocheleilicapisseallostessomodocheDickoncapivaisuoipiccolianimali.Sicurvòsuifiorieneparlòcomesefosserodeibimbi.Fuligginelaseguiva,eunpaio di volte gracchiò e si posò sulla sua spalla come se fosse stata quella di Dickon. Quando leraccontarono del pettirosso e del primo volo dei nuovi nati, Susan Sowerby rise in modo dolce ematerno.

«Suppongocheinsegnareloroavolaresiacomeinsegnareaibambiniacamminare,macredocheiostareimoltoinansiaseimieipiccoliavesseroalialpostodellegambe»,disse.

«CredeteallaMagia?»,lechieseColindopoaverraccontatodeifachiri indiani.«Speropropriodisì».

«Sì,ragazzomio,cicredo»,risposelei.«Nonlaconoscevoconquestonome,mainfondoilnomeche importanza ha?... In Francia e inGermania scommetto che la chiamano in un altromodo, eppurequellacosanoncambia:fasplendereilsoleegermogliareisemi.Qualunquesiailsuonome,èbuonaenonsmettedipreoccuparsipernoi.NondevimaismetteredicredereinquestaGrandeCosaBuonacheriempie di sé ilmondo intero.Chiamala pure comevuoi. Stavate cantandoun canto di ringraziamentoquandosonoentrata».

«Misentivotalmentepienodigioia!»,esclamòColinsgranandoisuoibegliocchistrani.«Dicolpomisonoresocontodiquantoerocambiato,hosentitochelemiebracciaelemiegambeeranoforti,chepotevo lavorareecamminare...Allora sonosaltato sucon lavogliadigridarloachiunquemipotesseascoltare».

«LaMagiaeracertamenteinascoltoquandocantavatequell’inno.Sarebbestatainascoltoqualsiasicosaavestecantato.Perchéciòchecontaèlagioia.Ragazzomio,cheimportanzapuòmaiavereunnomeperColuichecrealagioia?».Ecosìdicendoglidiedeunaltroleggerocolpettosullaspalla.

Quellamattinaavevapreparatouncestinocondentrounverobanchetto,equandocominciaronoadaverefameDickonandòatirarlofuoridalnascondiglio.SusanSowerbysisedetteconlorosottol’alberoe li guardòdivorare il cibo, divertendosi e godendodel loro buon appetito.Era simpatica e piena diallegria, e li fece ridere a più nonposso raccontando storielle di ogni genere.Parlò anche in dialettodelloYorkshire,insegnandolorounaquantitàdinuoveparole,erisesenzapotersicontrollarequandoledisserocheormaierasemprepiùdifficileperColinfingerediessereancorainvalido.

«Vedete, il fatto è che non ce la facciamo a non ridere quando siamo insieme», spiegòColin, «equestaèunacosachelepersonemalatepropriononfanno.Celamettiamotuttapercercareditrattenerci,maèimpossibile!».

«Unacosamivieneinmentespesso»,intervenneMary,«emitrattengoastento,sevabene.Penso:“EselafacciadiColin,chediventasemprepiùrotonda,finiscepersomigliareallalunapiena?Comesifasesuccedeunacosadelgenere?”».

«BuonDio, vedo che avete una bella commedia da recitare!», esclamò Susan Sowerby. «Ma nondureràancorapermolto.MrCravenstapertornare».

«Locredetesulserio?»,chieseColin.«Eperché?».

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MrsSowerbyridacchiò.«Immagino che vi dispiacerebbe parecchio se lui venisse a sapere ogni cosa da qualcun altro.

Scommettocheunpensierodelgenerenonvifadormirelanotte».«È una cosa che non sopporterei», ammise Colin. «Ogni giorno penso a un modo diverso per

raccontarglitutto.Adesso,peresempio,credocheentrereisemplicementedicorsanellasuastanza».«Questa è davvero una bella idea!», disse Susan Sowerby. «Chissà che faccia farà!Ah, comemi

piacerebbevederlo!...Vedraichetorneràmoltopresto».Fra le altre cose di cui parlarono, ci fu la gita alla piccola casa nella brughiera, e fecero dei

programmi. Avrebbero attraversato la brughiera in calesse e fatto colazione all’aria aperta, inmezzoall’erica; avrebbero visto i dodici figli diMrs Sowerby, e anche l’orto diDickon... E non sarebberorientratiprimadisentirsistanchimorti.

Infine, lamammadiDickonsialzò:doveva tornareacasaeaveva intenzionedipassare,prima,afare un veloce saluto aMrsMedlock.Anche per i ragazzi era ormai tempodi rientrare.Maprimadisedersi sulla sua sedia a rotelle, Colin si avvicinò a Susan e la fissò con uno sguardo di confusaadorazione;poi,d’untratto,leafferròunlembodelmantelloazzurroelotennestrettofralemani.

«Siete...sietepropriocomevivolevo!»,esclamò.«Vorrei tantochefosteanchemiamadre,oltreaesserelamadrediDickon!».

Susansichinòsuidiluieselostrinsealpettosottoilsuomantelloazzurro,comesefossestatounfratellodiDickon.Unvelodilacrimeleannebbiòperunattimogliocchi.

«Caro ragazzo!», disse. «La tua mamma è proprio qui, in questo giardino, ne sono sicura. Nonriuscivaastarnelontana.Etuopadretorneràprestodate!».

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Capitoloventisettesimo.NelgiardinoIn ogni epoca, a partire dall’inizio delmondo, sono state fatte scopertemeravigliose. Nel secolo

passatocenesonostatedistupefacenti,einquestonuovosecoloverrannoportateallalucecentinaiadicoseancorapiùsbalorditive.Sulleprime,lepersonereagisconoinmodoinsolito,rifiutandodicrederechequellacosasiapossibile,mapoi,quandovienerealizzata,simeraviglianochenonsiastatascopertasecoliprima.Unadellenuovescopertedelsecoloscorsoriguardaproprioilpensiero,ilpuropensiero,che è altrettanto potente di una batteria elettrica, e può essere salutare come la luce del sole oppurenocivo come un veleno. Consentire a un pensiero brutto e triste di invadere la nostra mente è tantopericoloso quanto i germi della scarlattina. Se permettiamo che un pensiero negativo alberghi emettaradicidentrodinoi,corriamoilrischiodinonliberarcenepiùpertuttalavita.

FinoacheMaryavevaavuto lamentecolmadipensieriodiosiesgradevoli,diantipatieecattiveopinioni sugli altri, di ostinazione e insoddisfazione, era stata una bambina scostante dal coloritogiallastro,malaticcia,annoiataeinfelice.Tuttavialecircostanzeleeranostatemoltofavorevoli,sebbenenonsenefosseresaconto,spingendolaadandarseneingiroperpratiegiardini.Infatti,nonappenalasuamentesiriempìdipettirossi,dicasenellabrughieratraboccantidibimbi,divecchigiardinieribizzarrieirascibili, di giovani e semplici cameriere dello Yorkshire, della primavera e di giardini segreti chetornavanoaviveregiornodopogiornononchédiunragazzodicampagnaedellesuebestiole,noncifupiùpostoperipensierispiacevolicheledanneggiavanolasaluterendendolagiallaestanca.

FinoaquandoColinerarimastochiusonellasuastanzapensandosoltantoallesuepaureeallasuadebolezza,adetestarechiunqueloguardasseearimuginareperoresullagobbaesullamorteprematura,erarimastounpiccoloipocondriacomezzomatto,chenullasapevadelsoleedellaprimavera,talmenteconvintodinonpotersireggeredritto inpiediecamminare,danonprovarcineppure.Quandopensieribelli enuovi cominciaronoa scacciareviagli antichi pensieri negativi, la vita soffiò in lui, il sangueripreseascorrerglisanonellevene,leenergieglitornarono.Ilsuoesperimentoscientificoeradavveropraticoesemplice,nonavevanulladistrano.Coseassaisorprendentipossonoaccadereachi,avendonellamenteunpensierosgradevoleescoraggiante,abbiasemplicementeilbuonsensodiaccorgerseneescacciarloviaintemposostituendoloconunaltropensieropiacevoleeottimista.Duecosenonpossonooccuparecontemporaneamentelostessoposto.

Làdovecoltivilarosa,ragazzomio,nonpuòcrescereilcardo.Mentreilgiardinosegretotornavaallavitaeduebambinitornavanoallavitaconlui,unuomovagava

inlontaniebellissimipaesi,daifiordidellaNorvegiaaimontieallevallatedellaSvizzera;unuomodalcuore spezzato, la cui mente, da dieci anni era occupata da cupi e dolorosi pensieri. Non era statocoraggioso,nonavevamaitentatodimetterealtripensierialpostodiquellicupi.Avevavagatosullerivedi laghi azzurri tormentato da quei pensieri; si era disteso su prati dimontagna inmezzo a profumatedistesedigenzianeazzurreenemmenolìisuoipensierieranomutati.Undoloreterribileloavevacolpitonelmomentoincuierafelice,eluiavevalasciatocheilsuoanimosiriempisseditenebre,rifiutandoconostinazione di lasciarvi penetrare un qualsiasi spiraglio di luce. Aveva dimenticato e disertato i suoidoverielasuacasa.Quandoviaggiava,lasuatristepresenzasembravaavvelenaredolorosamentel’aria

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intornoalui.Moltipensavanochefossepazzoocredevanochequalchesegretodelittoglipesassesullacoscienza.Eraalto,conlafacciatirataelespallecurve,eilnomeconcuisiregistravaneglialberghiera:“ArchibaldCraven,MisselthwaiteManor,Yorkshire,Inghilterra”.

Avevaviaggiatoinlungoeinlargo,dalgiornoincuiavevaricevutoMarynelsuostudioeleavevadetto chepoteva avereun“pezzettodi terra”.Avevavisitato i piùbei luoghid’Eu- ropa, anche sedanessunapartesieratrattenutopiùdiqualchegiorno.Avevasceltoipostipiùtranquillieisolati.Avevascalatomontagne altissime, le cui vette si perdevano fra le nuvole, e aveva guardato giù verso altremontagnequandoilsole,alsuosorgere,lelambiva,facendoquasicrederecheilmondostessenascendoinquelmomento.

Maeracomesenessunalucegiungessemaiatoccarlo,finchéungiorno,perlaprimavoltaindiecianni,siaccorsechequalcosadiinsolitostavaaccadendoinlui.SitrovavainunameravigliosavalledelTiroloaustriaco,eavevacamminatoattraverso talibellezzedellanaturadasollevare l’animo tristedichiunque.Avevacamminatoalungo,manullaeramutatoinlui.Infine,sentendosistanco,sisdraiòsopraun tappeto di muschio, accanto a un limpido ruscello che scorreva tranquillo nel suo stretto lettoattraversolaverzura.L’acquachescorrevagorgogliandofralepietresembravaunrisosommesso.Videuccellichevenivanolìperabbeverarsiimmergendolatestanell’acqua,epoivolavanoviasbattendoleali.Ilruscellosembravaunesserevivente,elasuaesilevocefacevasembrareancorapiùprofondalaquietecheregnavaall’intorno.Lavalleeratotalmente,assolutamentesilenziosa.

Mentrestavalìaosservarelalimpidacorrentedell’acqua,apocoapocoCravenavvertìnellamenteenelcorpolamedesimaquietecheregnavanellavallata.Pensòcheforsestavaperaddormentarsi,manonfucosì.Allorasitiròsuasedereecominciòacontemplarel’acquailluminatadalsole,lepiccolepiantechecrescevanosullerivedelruscello.Ungraziosissimociuffodinontiscordardimeazzurrifiorivacosì vicino all’acqua che le foglie ne erano tutte bagnate, e lui si sorprese a guardarlo come avevaguardatoaltrecosesimili, tantotempoprima.Pensòcontenerezzaaquantofossebelloquel tappetodifiori, e come fosse meraviglioso l’azzurro di quelle cento corolle. Non si rese conto che quelsemplicissimopensierogliandavacolmandolamentefinoamettereinfugatuttiglialtripensieritristi.Eracomeseunadolce,purafonteprimaverileavesseiniziatoasgorgareinunapozzadiacquastagnante,continuandoasaliresemprepiù,finoaspazzareviatuttal’acquatorbida.Ma,naturalmente,luinonpensòa questo. Gli sembrò soltanto che la valle diventasse sempre più serena mentre lui restava seduto acontemplare quel luminoso, delicatissimo azzurro.Non seppemai quanto tempopassò così o cosa glistesse accadendo;ma alla fine si riscosse comedaun lungo torpore, e lentamente si alzò inpiedi sultappetodimuschioesalandoun lungo,profondo,dolce sospiro.Gliparvechequalcosa in lui si fossescioltoequietamenteliberato.

«Checosamiaccade?...»,disseinunsoffio,passandosi lamanosullafronte.«Misembracomeditornareavivere».

Nessunopuòancoraspiegareconsicurezzacosaaccadenellamenteumana.Noncapivaneppureluiilperchédiquelmutamento.Eppuresiricordòdiquell’oracosìstranaalcunimesidopo,aMisselthwaite,quandoscoprìcheinquellostessoistanteColin,entrandonelgiardinosegreto,avevaesclamato:«Vivròalungo,moltoalungo,persempre!».

Quellostraordinariosensodipacesiprotrassepertuttoilrestodellaserata,finchésiaddormentòdiun sonnonuovo, tranquillo e ristoratore.Ma la serenità nondurò a lungo: la notte seguenteArchibaldCraven spalancò di nuovo la porta ai pensieri più tenebrosi. Lasciò la valle e riprese i suoivagabondaggi.Eppure, perquanto stranopotesse sembrargli, vi eranomomenti – avolteore– in cui,senzaunveroperché,ilsuonerofardellosembravadissolversieluisentivadinonesserepiùmorto,mavivo.Lentamente,pernessunaragionealuinota,stavatornandoallavitainsiemeaquellontanogiardino.

Mentrel’estateradiosaandavatrascolorandonell’orobrunodell’autunno,sirecòsullagodiComo.Lìtrovòtuttol’incantochecipuòessereneisogni.Trascorrevalegiornatesull’azzurrocristallodellago

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ofacendolunghepasseggiatesulleverdicolline,camminandofinoasfinirsiepoterintalmodoriuscireaprenderesonno.Ma inquelperiododormivagiàmoltomeglio,e i suoisogninoneranopiù turbatidaincubiangosciosieterrificanti.

“Forse”,pensò,“ilmiocorposistairrobustendo”.Eradiventatopiùforte,eanche ilsuoanimosierafattoapocoapocopiùfortegraziealleoredi

serenità.CominciòapensareaMisselthwaiteeachiedersisedovessetornareacasa.Ognitantopensavavagamenteasuofiglio:sichiedevachecosaavrebbeprovatoandandodalui,guardandonelgrandelettoabaldacchinoquelvisettopallidocomel’avorioconlelungheciglianerecheinmodocosìstupefacentesigillavanolepalpebrechiusenelsonno.Inorridivaalsolopensiero.

In un giorno particolarmente meraviglioso in cui si era spinto più lontano del solito nella suapasseggiata,tornòquandolalunapienaeragiàaltaincieloetuttoilmondoeraimmersoinun’ombradiporporaed’argento.Laquietedellago,dellarivaedelboscoeratalmentestupendachenonentrònellavilladoveavevapresoalloggio.Siincamminòversounapiccolaterrazzaconunpergolatoesimiseasedere su una panchine, aspirando i profumi della notte. Si sentiva invadere pian piano da una stranacalma,finoachecaddeaddormentato.

Nonseppemaiquandosiaddormentònéquandocominciòasognare,matuttogliparvecosìrealechenon ebbe la sensazione di un sogno, anzi, in seguito ricordò di avere pensato di essere perfettamentesveglio.Mentrerespiravalafragranzadellerosetardiveeascoltavailleggerosciabordiodell’acquaaipiedi della terrazza, udì una voce che lo chiamava. Era una voce dolce, limpida e felice. Sembravaveniredamoltolontano,eppureluilasentivadistintamente,comeseglifosseproprioaccanto.

«Archie! Archie! Archie!...», chiamava; e poi, ancora più dolce e più chiara di prima: «Archie!Archie!...».

Credette di balzare in piedi.Quella voce era talmente reale che gli pareva perfettamente normaleudirla.

«Lilias!Lilias!...»,rispose.«Lilias,dovesei?»«Sono nel giardino», rispose di rimando la voce che aveva il suono di un flauto dorato. «Nel

giardino!».E il sogno finì.Ma luinonsi svegliò.Dormìdiunsonnodolcissimoeprofondoper tutta lanotte.

Quandoinfinesisvegliò,eraunluminosomattinoeundomesticolostavaosservando,inpiediaccantoalletto.Eraundomestico italiano,ecometuttiglialtridomesticidellavillaeraabituatoaobbedireallestrambe richieste del suo padrone straniero senza porre troppe domande: nessuno sapevamai quandosarebbeuscitoo rientratooquandoavrebbedecisodidormireoseavrebbepasseggiato ingiardinootrascorsolanotteinbarcasullago.L’uomoreggevaunvassoioconalcunelettere,eatteseinsilenziocheMrCravenleprendesse.Quandoildomesticofuuscito,Archibaldrimaseperqualcheistantesedutoconle lettere in mano, guardando il lago. Quella strana calma non lo aveva abbandonato. Si sentivaincredibilmenteleggero,comesegliavvenimenticrudelidelpassatononfosseromaiavvenuti,comesequalcosafossecambiato.Ed’untrattosiricordòdelsogno...quelsognocosìreale.

«Nel giardino!...», mormorò tra sé cercando di capire. «Nel giardino!... Ma la porta è chiusa achiave,elachiaveèsepoltainunabucaprofonda!...».

Quando, pochi minuti dopo, diede un’occhiata alle lettere, vide che una veniva dallo Yorkshire.L’indirizzoeravergatoinunanitidacalligrafiafemminilechenonconosceva.Laaprìsenzaparticolareinteresse,maleprimeparolecatturaronoimmediatamentelasuaattenzione:

Egregiosignore,sonoSusanSowerby,ladonnacheebbeilcoraggio,ungiorno,dirivolgervilaparolanellabrughiera.ViparlaialloradiMissMary,eoggimipermettodiparlarvidinuovo.Seiofossiinvoi,signore,tornereiacasa.Pensochesarestecontentodiesseretornato,e–sevorretescusarmi,signore–pensocheanchevostramoglie,sefossequi,vichiederebbedivenire.Lavostradevotissima

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SusanSowerbyMrCravenlesseduevoltelaletteraprimadiriporlanellabusta.Continuavaapensarealsogno.«TorneròaMisselthwaite»,disseinfine.«Sì,torneròsubito».Attraversò il giardino e ordinò a Pitcher, il domestico, di preparare i bagagli per il rientro in

Inghilterra.Pochi giorni dopo giunse nello Yorkshire. Durante il lungo viaggio in treno si sorprese spesso a

pensareasuofigliocomenonglieramaiaccadutonegliultimidiecianni.Per tuttoquel tempo,avevacercatosoltantodidimenticarlo,maora,anchesenzavolere,ilricordodiluitornavaadaffacciarglisidicontinuoallamemoria.Ricordòigiornibuiincuiavevadeliratocomeunpazzoperchéilbambinoeravivomentresuamadreeramorta.Avevarifiutatodivederlo,equandoallafinesieradecisoadandarloatrovare,sieratrovatodifronteaunesserinoestremamentedeboleeinfelice,chetuttieranocertisarebbemortodilìapochigiorni.Macongrandesorpresadicolorocheneavevanocura,igiornipassavanoequell’esserinocontinuavaavivere,cosìtuttipronosticaronochesarebbevenutosudeformeestorpio.

Nonavevavolutoessereuncattivopadre:inrealtà,nonsieramaisentitotale.Avevafattoaverealbambinodottori,infermiereeognilussopossibile,peròavevacercatodinonpensarealuiesierachiusonelsuodolore.Laprimavoltache,dopounannodiassenza,avevafattoritornoaMisselthwaite,quellapovera creatura aveva sollevato con indifferenza su di lui i grandi occhi grigi dalle ciglia nere, tantosimili eppure tanto orrendamente diversi dagli occhi felici che aveva adorato. Lui non era riuscito asopportarnelavistaesieraallontanato,pallidocomeuncadavere.Daalloranonloavevaquasimaipiùvisto, tranne quando dormiva: tutto ciò che sapeva del piccolo era che si trattava di un invalidoinguaribile, con un temperamento isterico e cattivo. L’unico modo di evitare che fosse colto daipericolosiattacchidicollera,assaidannosiperlasuasalute,eradiassecondarlointuttiisuoicapricci.

Tuttoquestononeradavveropiacevoledaricordare,mamentreiltrenosfrecciavaattraversogoledimontagnaepianuredorate, l’uomoche stava“tornandoallavita” cominciòadaverenuovipensieri, eriflettéalungo,fermamenteeprofondamente.

«Forsehosbagliatotuttoinquestidiecianni»,dicevaasestesso,«edieciannisonotanti.Potrebbeesseretroppotardiperfarequalcosa,troppotardi...Madoveavevolatesta?».

Questa, naturalmente, era una cattivaMagia: non bisognamai cominciare pensando che è “troppotardi”.PerfinoColinglieloavrebbepotutodire.MaMrCravennonsapevanulladiMagia,neraobiancache fosse...Doveva ancora imparare.Si chiese seSusanSowerby si fosse fatta coraggio e gli avessescrittosoltantoperchéilsuocuorematernoavevacompresocheilragazzosieraaggravatoestavapermorire. Se non si fosse trovato sotto l’influsso di quella strana serenità che si era misteriosamenteimpossessatadilui,sarebbestatopiùchemaiinfelice.Maquellaserenitàgliavevadonatounasortadicoraggio edi speranza. Invecedi abbandonarsi ai pensieri piùneri, si sorprese a sperare che le cosesarebberoandateperilmeglio.

«MagariquestaSowerbypensacheiopotreifaredelbeneamiofiglio»,sidisseauncertopunto.«Voglioandareaparlareconlei,primadiraggiungereMisselthwaite».

Maquando, lungo la strada che attraversava labrughiera, ordinò alla carrozzadi fermarsi davantiallapiccolacasadiSusanSowerby,setteoottobambinichestavanogiocandolìaccantoglisiraccolserointorno,facendoglisetteoottoriverenzeamichevoliededucate,egliriferironoche,dibuonmattino,laloromammaeraandatadall’altrapartedellabrughieraperassistereunadonnachedovevapartorire.«EilnostroDickon»,aggiunsero,«èaMisselthwaiteManoralavorareinunodeigiardini,comefaspesso».

MrCravenguardòquelgruppettodicorpicinisanidaivisettirotondieleguancerosse,ciascunodeiquali sorrideva inmodo particolare, e pensò che erano bambini robusti e simpatici. Sorrise alle lorosmorfiette,quindipreseditascaunasovranad’oroeladiede“allanostra‘LizabethEllen”,cheeralapiù

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grande.«Seladividereteinottopartiavretemezzacoronaperciascuno»,disse.Poi fece ripartire la carrozza circondatoda sorrisi, risatine e riverenze, lasciandosi dietro faccine

estatiche,gomitateesaltidigioia.Il tragitto attraverso lemeraviglie della brughiera fu riposante. Comemai sembrava dargli quella

sensazionediritornoacasachedadiecianninonprovavapiù?Comemaiglisiscaldavailcuoremanmanochesiandavaavvicinandoallagrande,anticacasachedaseicentoanniospitavalasuafamiglia?...Comeneerafuggitol’ultimavolta,rabbrividendoalpensierodiquellestanzechiuseediquelragazzomalato che giaceva nel grande letto a baldacchino con le cortine di broccato!... Era forse possibiletrovarlo inmigliori condizionidi salutee superare l’avversioneche sentivaper lui?...Comeera statoreale quel sogno! E come suonava limpida la voce che lo aveva chiamato: «Nel giardino! Nelgiardino!...».

«Cercheròdiritrovarelachiaveediaprirelaporta»,disse.«Sentochedevofarlo,anchesenonsoperché».

QuandogiunseaMisselthwaite,idomestici,cheloaccolseroconilconsuetocerimoniale,notaronocheavevaunaspettomiglioreechenonandòsubitoarichiudersinelsuoappartamentoisolatodovedisolito alloggiava, servito da Pitcher. Si recò invece nella biblioteca emandò subito a chiamareMrsMedlock,chesipresentòdaluialquantoincuriositaeagitata.

«ComestaMasterColin?»,lechiese.«Be’,ecco,sir»,cominciòlagovernante,«inuncertosensoè...ècambiato».«Stapeggio?».MrsMedlocksiagitòancoradipiù.«Be’,vedete,sir...»,tentòdispiegare,«néildottorCravennél’infermieranéiosiamoriuscitia...a

capirebenechecosapossaesseresuccesso».«Eperché?»«Ecco, adire il veroMasterColinpotrebbe staremegliomapotrebbeanche starepeggio... Il suo

appetitoèincomprensibile,eilsuomododifare...»«Èdiventatoancorapiùstrano?»,lechieseilpadroneaggrottandolafronte.«Ecco,sì,ècosì,sir...èmoltostrano...sesipensaacom’eraprima...Disolitononvolevamangiare

nulla, poi di colpo ha cominciato a mangiare tantissimo, poi ha smesso di nuovo e i pasti venivanorimandati indietro intatti, proprio come prima... Forse voi non sapete, sir, che non voleva mai farsiportare all’aperto. Quello che abbiamo dovuto passare per convincerlo a uscire qualche rara volta,farebbetremarechiunque.SiriducevainuntalestatocheildottorCravennonselasentivadiassumersila responsabilità di forzarlo... Be’, nonmolto tempo dopo uno dei suoi attacchi peggiori, senza alcunpreavviso,hacominciatoainsistereperuscireognigiornoconMissMaryeilfigliodiSusanSowerby,quelDickon,chesiincaricadispingerelasuasediaarotelle.HapresoingrandesimpatiasiaMissMarycheDickon,e...eDickonglihaportatoquiisuoianimalettiaddomesticati...Sochenoncicrederete,sir,maadessovuolestarefuoridallamattinaallasera».

«Echeaspettoha?»«Semangiasseinmodoregolare,sir,direichesistairrobustendo...manoituttitemiamochesiauna

speciedistranogonfiore.Avolte,quandoèsoloconMissMary,fadellestranerisatine,mentreprimanonridevamai...IldottorCravenvorrebbeparlarvialpiùpresto:nonèmaistatocosìsconcertatoinvitasua».

«Dov’èadessoMasterColin?»,chieseMrCraven.«Nel giardino, sir. È sempre in giardino, ma nessun essere umano ha il permesso di avvicinarsi,

perchénonvuolefarsivedere».MrCravenudìamalapenaleultimeparole.

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«Nelgiardino!...»,esclamò;edopoavercongedatoMrsMedlockcontinuòaripetereperunpezzo:«Nelgiardino!...».

Dovette fareuncerto sforzoper tornarealla realtà, equandosi ripreseuscì immediatamentedallastanza.ComeavevafattoMary,percorse ilsentierodallaporta inmezzoaicespugli, fragliallorie leaiuoledellafontana.Lafontanaerainfunzione,ederacircondatadastupendifioriautunnali.Attraversòilpratoe imboccò il sentierochecosteggiava ilmuro ricopertodall’edera.Camminava lentamente, losguardo rivoltoa terra.Aveva la sensazionechequalcosa–noncapivacosa– loattirasseversoquelluogo che aveva da tanto tempo abbandonato.Manmano che si avvicinava, i suoi passi si facevanosemprepiùlenti.Sapevadov’eralaporta,sebbenel’ederal’avessenascosta,manonsapevadiprecisodov’erasepoltalachiave.

Cosìsifermò,guardandosiintorno;maunistantedopotrasalìerimaseinascolto,chiedendosisenonstessepercasosognando.

L’ederanascondevalaporta,lachiaveerastatasepoltasottoicespugli,nessunoavevavarcatoquellasogliadadiecilunghianni,eppuredalgiardinoprovenivanodeirumori.Eranorumoridiragazzichesirincorrevanofraglialberi:esclamazioni,scalpiccii,gridaerisatedigioiasoffocateneltentativodinonfarsiudire...Stavaforsesognando?Oppurestavaperdendolaragione?...Eraun’illusioneciòchestavasentendo?Siriferivaaquestolalimpidavocelontana?

Poigiunse ilmomento incui i rumoriesplosero incontrollati.Deipiedicorserosemprepiùvelociavvicinandosi alla porta del giardino, ci fu un energico, giovane ansimare, quindi un incontenibilescoppiodirisaedigrida...Laportaricopertadairampicantisispalancòdicolpoeunragazzonebalzòfuoricorrendoatuttavelocità,andandoglipraticamenteacadereaddosso.

MrCravenavevaprotesolebracciagiustointempoperimpedirglidicadere,equandoloallontanòunpo’perosservarlorestòletteralmentesenzafiato.

Eraunragazzoalto,bello,raggiantedivita,elacorsaavevaaccesodiunosplendidocoloritolesueguance: si scostòuna foltacioccadicapellidalla fronteealzòsull’uomoduebellissimiocchigrigi–occhiorlatidaunafrangiadilungheciglianereeraggiantidigioia,chelasciaronodinuovoMrCravensenzafiato.

«Chi...Cosa...Tu...»,balbettò.NoneraquellocheColinavevaprogettato,noneraquellocheavevaprogrammato.Nonavevamai

pensato a un incontro del genere. Eppure, sfrecciare fuori dal giardino all’improvviso, mentre stavavincendounagara,forseeraancorameglio.Sidrizzòintuttalasuastatura.Mary,chestavacorrendoconluiederaschizzataancheleiattraversolaporta,ebbelanettaimpressionecheColinfacesseilpossibilepersembrarepiùaltodiquantoeffettivamentenonfosse.

«Papà»,disse,«sonoColin.Forsenoncicrederai,perchénemmenoamesembrapossibile,masonoproprioColin».

Eanchelui,comeMrsMedlocknonriuscìacomprendereciòchesuopadrevolevadireripetendoprecipitosamente:

«Nelgiardino!Nelgiardino!...».«Sì, è così», si affrettò a ripetereColin,«è stato il giardino, e ancheMaryeDickon... e i piccoli

animali, e laMagia...Chi può dirlo?Non lo sa nessuno: lo abbiamo tenuto segreto per dirtelo al tuoritorno.Stobene.RiescoabattereMarynellacorsa.Diventeròunatleta!».

Disse tutto questo come un ragazzo sano, con il viso accaldato e le parole che rotolavano unasull’altranell’impazienzadell’eccitazione...L’animodiMrCraventrepidavadiincredulagioia.

Colinallungòlamanoelaposòsulbracciodelpadre.«Nonseicontento,papà?Nonseicontento?Vivròalungo,moltoalungo,persempre!...».MrCravenposòlemanisullespalledelfiglioelotennefermo.Nonosavaneppureparlare.«Portaminelgiardino,ragazzomio»,disseinfineinunsussurro,«eraccontamitutto».

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Locondusserodentro:ilgiardinoeraunmeravigliosointricodioroautunnale,diporpora,diazzurro,divioletto,difiammeggiantescarlatto.Daognipartesivedevanofasciefascidigiglitardivibianchiestriatidirosso.MrCravenricordavabenissimochequandoiprimibulbieranostatipiantati,proprioinquellastagionei fioriavevanorivelato il lorotardivosplendore.Leultimeroserampicantipendevanocomeghirlandedairamieiraggidelsolerendevanopiùviveletintedellefogliecheingiallivano,dandolasensazionedi trovarsi inuntempiod’oro...Ilnuovoarrivatorimaseinsilenzio,propriocomeeranorimastiinsilenzioibambiniquandoeranoentratilìperlaprimavolta.Siguardòintorno,alungo.

«Credevochefossemorto»,disse.«AncheMarylapensavacosìinunprimomomento»,disseColin,«mapoiètornatoavivere».Simiseroasederesottoilloroalbero,tuttitranneColin,chevollerestareinpiedimentreraccontava

alpadrelastoriadelgiardino.Era la storia più strana che avesse mai sentito, pensava Archibald Cravenmentre ascoltava quel

torrente di parole dette tutte d’un fiato, alla maniera dei ragazzi. Tanti misteri, laMagia, le bestioleselvatiche, lo strano incontrodimezzanotte, l’arrivodellaprimavera, l’orgoglio ferito cheaveva fattoscattare in piedi il giovane rajah dinanzi al vecchio BenWeatherstaff, la strana amicizia fra loro, lacommediarecitatacontuttalaservitùeilgrandesegretomantenutogelosamente...Tuttociòfeceriderel’ascoltatorefinoallelacrime,ealtrelacrime,inalcunimomenti,glibrillavanonegliocchiquandononrideva. L’Atleta, il Conferenziere, lo Scienziato era un ragazzo come tutti gli altri, sano, divertente,allegro,simpatico.

«Ora»,concluseColinallafinedelracconto,«nonèpiùnecessariocherestiunsegreto.Credochesispaventeranno amorte quandomi vedranno,manonvogliomai più sedermi su quella sedia a rotelle.Torneròacasaapiediinsiemeate,papà».

LemansionidiBenWeatherstaffloportavanodiradolontanodaigiardini,mainquellacircostanzatrovòunascusaperportareunpo’diortagginellacucina.MrsMedlockloavrebbesicuramenteinvitatoabereunbicchieredibirranellasaladeidomestici,ecosì–propriocomeavevasperato–si trovòsulposto quando si verificò il più sconvolgente evento mai accaduto a Misselthwaite Manor nel corsodell’attualegenerazione.

Unadellefinestrecheaffacciavanosulcortilelasciavascorgereancheuntrattodiprato.SapendocheBeneraarrivatodaigiardini,MrsMedlocksperavacheavessevistoilpadroneefossestatopresentealsuoincontroconMasterColin.

«Liavetemicavisti,Ben?».Benallontanòilboccaledibirradallelabbra,forbendoseleconildorsodellamano.«Sì,lihovisti»,risposeconariaallusiva.«Tuttiedue?»,insistéMrsMedlock.«Tuttiedue»,disseBen.«Graziedicuore,MrsMedlock,neberreivolentieriunaltroboccale».«Insieme?», continuòMrsMedlock tornando in fretta a riempire ilboccale e facendolo traboccare

perl’eccitazione.«Oh,sì,MrsMedlock,insieme»,eBentrangugiòinunsolosorsocircametàdelboccale.«Dov’eraMasterColin?Cheaspettoaveva?...Checosasisonodetti?»«Nonhosentitobene»,risposeilvecchio,«perché,vedete,erosullascalaaldilàdelmuro...Mauna

cosapossodirvela:ciòcheèsuccessolàfuori,voidicasanonarrivatenemmenoaimmaginarvelo...Edicosasitrattaloscopriretemoltopresto».

Unpaiodiminutidopoaverfinitodiberelabirra, indicòsolennemente,conilboccale, lafinestradallaqualesiscorgevailpezzettodiprato.

«Guardatelìelevatevilacuriosità»,disse.«Ecco,vedeteunpo’chistaarrivando».MrsMedlockguardòedemiseungridolevandolebracciaalcielo.Tuttiidomesticielecamerierea

portatadiorecchiosiprecipitaronoaguardaredallafinestra,congliocchifuoridalleorbite.

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Il padrone diMisselthwaite stava venendo verso casa attraverso il prato, con un’espressione chemolti di loro non gli avevano mai visto prima. Al suo fianco, a testa alta e con gli occhi ridenti,camminava,forteesolidocometuttiiragazzidelloYorkshire...MasterColin!

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IndiceIlsegretogiardinocheèinnoi..IntroduzionediRiccardoReimNotabiograficaIlgiardinosegreto»:cennobibliografico,lafortunasuglischermieletraduzioniinitalianoILGIARDINOSEGRETOCapitoloprimo.SonoandatituttiviaCapitolosecondo.PiccolaMary,bruttipensieriCapitoloterzo.AttraversolabrughieraCapitoloquarto.MarthaCapitoloquinto.IlpiantonelcorridoioCapitolosesto.«Mac’eraqualcunochepiangeva!»Capitolosettimo.LachiavedelgiardinoCapitoloottavo.IlpettirossomostrailcamminoCapitolonono.LacasapiùstranaincuiabbiamaivissutoqualcunoCapitolodecimo.DickonCapitoloundicesimo.IlnidodeltordoCapitolododicesimo.«Potreiavereunpezzettinoditerra?»Capitolotredicesimo.«SonoColin»Capitoloquattordicesimo.Ungiovanerajah

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Capitoloquindicesimo.LacostruzionedelnidoCapitolosedicesimo.«Nonlofarò!»Capitolodiciassettesimo.L’attaccoCapitolodiciottesimo.«Nonc’ètempodaperdere!»Capitolodiciannovesimo.«Èarrivata!»Capitoloventesimo.«Vivròalungo,tantoalungo,persempre!»Capitoloventunesimo.BenWeatherstaffCapitoloventiduesimo.QuandoilsoletramontòCapitoloventitreesimo.MagiaCapitoloventiquattresimo.«Lasciamoliridere!»Capitoloventicinquesimo.LatendaCapitoloventiseiesimo.«Èlamamma!»Capitoloventisettesimo.Nelgiardino