«il nuovo amico» n. 13 del 31 marzo 2013

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SETTIMANALE D’INFORMAZIONE DIOCESI DI: PESARO • FANO • URBINO FONDATO NEL 1903 31 MARZO 2013 ANNO 110 • N. 13 Spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27.02.2004 N. 46) Art. 1, Comma 1, DCB Pesaro facebook.com/ilnuovoamico € 1,00 amico il nuovo www.ilnuovoamico.it COPIA OMAGGIO Moda Luciana NUOVI ARRIVI PREZZI SPECIALI Pesaro - via delle Betulle n. 4 (zona Torraccia) - Tel. 0721/22611 L’utile, l’inutile e l’indispensabile Nell’augurare una Buona Pasqua a tutti i nostri lettori, pub- blichiamo un nuovo ed esclusivo racconto a fumetti scritto per Il Nuovo Amico dal responsabile del Centro d’Ascolto della Caritas diocesana di Pesaro, Matteo Donati ed illustrata dal fumettista Michele Scodavolpe. Pagg. 3/4/5/6 “N on est hic!” (Non è qui!). Così è scritto a Gerusalemme all’ingresso del sepolcro di Gesù. Sono le parole che l’Angelo disse alle donne il giorno dopo il sabato: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. Gesù è vivo! Con la Pasqua si rinnova tutta la nostra speranza e nel nome di Gesù risorto possiamo procedere nel non facile cammino della vita. Le difficoltà a livello personale e sociale sono grandi; un’antica preghiera dice: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”. Dentro la “debolezza mortale” possiamo racchiudere ogni peccato, ogni male, ogni caducità, ogni limite umano. Quali i rimedi? La fede si concentra sull’unico rimedio col quale l’umanità può “riprendere vita”: Gesù morto e risorto. In questo anno della fede la nostra Pasqua deve essere un’occasione per riprendere con piena convinzione a cantare l’alleluia. Papa Francesco ci spinge a rifiutare ogni tentazione di tristezza e di disperazione. In questi giorni la fede ci fa dire in modo molto semplice: “Se Gesù è risorto, allora anche la morte è vinta, allora non c’è nulla che ci possa dominare con la paura. L’ultima parola non è della morte, ma è della vita”. Potrebbero sembrare frasi fantasiose, ma parole come queste furono pronunciate da persone, che, dopo aver visto la tomba vuota, trovarono il coraggio e la forza di sfidare ogni avversità e pericolo, fino al martirio; talmente legate a Cristo- vivo da fare un’unica vita con lui e da comunicare che l’unico vero male è vivere senza di Lui. Dire che “Gesù Cristo è risorto”, è porre una sigla su tutta la storia, un segno positivo indelebile. È indicare uno “spazio” nel quale possiamo “rimanere” e vivere, come hanno fatto i santi di tutti i tempi: i santi che hanno costruito un mondo di amore, di solidarietà, di misericordia, di perdono, di tenerezza. Un mondo nel quale il valore principale non è l’avere, ma è l’essere persone umane, tutte create a immagine di Dio, redente da Cristo e da lui rese figlie dell’unico Padre. Conosciamo la storia dei potenti, degli imperi, delle guerre, dell’economia, delle alleanze; ma la storia realizzata con l’opera dei santi ci farebbe conoscere più e meglio il positivo cammino dell’umanità. Un cammino iniziato quel mattino partendo dalla tomba di Gesù. Gli auguri che ci facciamo sono pieni di questa speranza. Buona Pasqua! Per la Metropolia di Pesaro-Fano-Urbino Mons. Giovanni Tani – Arcivescovo di Urbino-Urbania-S. Angelo in Vado © RIPRODUZIONE RISERVATA MESSAGGIO PER LA PASQUA 2013 DEI VESCOVI DELLA METROPOLIA L’ultima parola non è della morte IL 30 MARZO LA SINDONE IN TELEVISIONE Prima Ostensione dell’era digitale Sabato 30 marzo, nel pomeriggio su RaiUno, la liturgia presieduta dal Custode pontificio mons. Cesare Nosiglia nella trasmissione «A sua immagine» — Una proposta di preghiera e riflessione per il Sabato Santo, nell’Anno della Fede. Antifurto - Antincendio TVCC - Videocontrollo Cotrollo Accessi Cablaggio Strutturato Impianti telefonici Automazioni FAAC Portoni Sezionali Preventivi e sopralluoghi gratuiti Assistenza tecnica 24 ore su 24 0721 - 851005 Fano Antifurto - Antincendio TVCC - Videocontrollo Cotrollo Accessi Cablaggio Strutturato Impianti telefonici Automazioni FAAC Portoni Sezionali Preventivi e sopralluoghi gratuiti Assistenza tecnica 24 ore su 24 0721 - 851005 Fano IFI S.p.A. - Sede e Showroom Strada Selva Grossa 28/30 - Zona Case Bruciate - 61010 Tavullia (PU) - Italy - Tel. +39 0721 20021 - Fax +39 0721 201773 - www.ifi.it - info@ifi.it il tuo talento, il tuo futuro, il tuo primo bar. il bar diventa accessibile. start up è un servizio bar essenziale e basilare, che permette a chiunque di creare il proprio locale. Un’opportunità per i giovani e per chi sceglie di investire su sé stesso e sulla propria voglia di futuro. 5.959 + iva Prezzo al pubblico start up basic da 3 mt. Tale prezzo include, per il mercato italiano, il trasporto e la consegna in loco. Inclusi 3 anni di garanzia www.arpaitalia.com L’arte dell’accoglienza Arpa Italia Srl - Via delle Betulle, 6 - 61122 Pesaro ( PU ) Tel. + 39 0721 405274. Fax + 39 0721 259164 [email protected] DOMENICA 31 MARZO TORNA L’ORA LEGALE

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«Il Nuovo Amico» n. 13 del 31 marzo 2013

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settimanale d’informazione diocesi di: pesaro • fano • urbino fondato nel 190331 marzo 2013 • Anno 110 • N. 13 • Spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27.02.2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, DCB Pesaro • facebook.com/ilnuovoamico € 1,00

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L’utile, l’inutile e l’indispensabileNell’augurare una Buona Pasqua a tutti i nostri lettori, pub-blichiamo un nuovo ed esclusivo racconto a fumetti scritto

per Il Nuovo Amico dal responsabile del Centro d’Ascolto della Caritas diocesana di Pesaro, Matteo Donati ed illustrata

dal fumettista Michele Scodavolpe. Pagg. 3/4/5/6

“Non est hic!” (Non è qui!). Così è scritto a Gerusalemme all’ingresso del sepolcro di Gesù. Sono le parole che l’Angelo disse alle donne il

giorno dopo il sabato: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. Gesù è vivo! Con la Pasqua si rinnova tutta la nostra speranza e nel nome di Gesù risorto possiamo procedere nel non facile cammino della vita. Le difficoltà a livello personale e sociale sono grandi; un’antica preghiera dice: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”. Dentro la “debolezza mortale” possiamo racchiudere ogni peccato, ogni male, ogni caducità, ogni limite umano. Quali i rimedi? La fede si concentra sull’unico rimedio col quale l’umanità può “riprendere vita”: Gesù morto e risorto. In questo anno della fede la nostra Pasqua deve essere un’occasione per riprendere con piena convinzione a cantare l’alleluia. Papa Francesco ci spinge a rifiutare ogni tentazione di tristezza e di disperazione. In questi giorni la fede ci fa dire in modo molto semplice: “Se Gesù è risorto, allora anche la morte è vinta, allora non c’è nulla che ci possa dominare con la paura. L’ultima parola non è della morte, ma è della vita”.Potrebbero sembrare frasi fantasiose, ma parole come queste furono pronunciate da persone, che, dopo aver visto la tomba vuota, trovarono il coraggio e la forza di sfidare ogni avversità e pericolo, fino al martirio; talmente legate a Cristo-vivo da fare un’unica vita con lui e da comunicare che l’unico vero male è vivere senza di Lui. Dire che “Gesù Cristo è risorto”, è porre una sigla su tutta la storia, un segno positivo indelebile. È indicare uno “spazio” nel quale possiamo “rimanere” e vivere, come hanno fatto i santi di tutti i tempi: i santi che hanno costruito un mondo di amore, di solidarietà, di misericordia, di perdono, di tenerezza. Un mondo nel quale il valore principale non è l’avere, ma è l’essere persone umane, tutte create a immagine di Dio, redente da Cristo e da lui rese figlie dell’unico Padre. Conosciamo la storia dei potenti, degli imperi, delle guerre, dell’economia, delle alleanze; ma la storia realizzata con l’opera dei santi ci farebbe conoscere più e meglio il positivo cammino dell’umanità. Un cammino iniziato quel mattino partendo dalla tomba di Gesù. Gli auguri che ci facciamo sono pieni di questa speranza. Buona Pasqua!

Per la Metropolia di Pesaro-Fano-UrbinoMons. Giovanni Tani – Arcivescovo di Urbino-Urbania-S.

Angelo in Vado© RIPRoDUZIonE RISERVATA

MESSAGGIO PER LA PASQUA 2013 DEI VESCOVI DELLA METROPOLIA

L’ultima parola non è della morte

IL 30 MARZO LA SINDONE IN TELEVISIONE

Prima Ostensione dell’era digitaleSabato 30 marzo, nel pomeriggio su RaiUno, la liturgia presieduta dal Custode pontificio mons. Cesare Nosiglia nella trasmissione «A sua immagine» — Una proposta di preghiera e riflessione per il Sabato Santo, nell’Anno della Fede.

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Arpa Italia Srl - Via delle Betulle, 6 - 61122 Pesaro ( PU )Tel. + 39 0721 405274. Fax + 39 0721 259164 [email protected]

domenica 31 marzotorna l’ora legale

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31 marzo 20132

Aut. n. 83/85 Trib. di PesaroIL NUOVO AMICO RISPETTA L’AMBIENTE. STAMPIAMO SOLO SU CARTA RICICLATA.

REDAZIONE CENTRALE:Raffaele Mazzoli – Direttore - Ernesto Preziosi - Direttore ResponsabileRoberto Mazzoli - Caporedatt. CentraleGastone Mosci – Incaricato dei rapporti con la Regione MarcheVia del Seminario, 4 - 61121 PESARO (PU) - Tel. 0721/64052 Fax 0721/69453e-mail: [email protected]

Redazione di Pesaro: Via del Seminario, 4 - 61121 PESARO (PU) Tel. 0721/64052 - Fax 0721/69453e-mail: [email protected] Alvaro Coli – Responsabile diocesano.

Redazione di Fano: Via Roma 118 - 61032 FANO (PU) - Tel. 0721/802742 (dir.) - 803737 - Fax 0721/825595e-mail: [email protected]

Redazione di Urbino: Via BeatoMainardo, 4 - 61029 URBINO (PU)Tel. e Fax 0722/378395e-mail: [email protected]. Giancarlo Di Ludovico – Responsabile diocesano

EDITORE: Cooperativa Comunicare - Via del Seminario, 4 - 61121 PESARO (PU). Tel. 0721/64052 - Fax 0721/69453.Amministratore Unico: Marco Farina Presidente Cooperativa Comunicare

STAMPA: Galeati Industrie Grafi che/ImolaGRAFICA: arti grafi che pesaresi srl/pesaroLa testata “Il Nuovo Amico” fruisce dei contributi Statali diretti di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 250.PUBBLICITÀ Uffi ci della Redazionecentrale 0721/64052 e Paolo MorsianiL’Impresa Editrice COMUNICARE risulta iscritta al Registro delle imprese di PESARO presso la Camera di commercio al n. 98100

Questo settimanaleè iscritto alla FISCFederazione ItalianaSettimanali Cattolici

ed è associatoall’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

SETTIMANALE D’INFORMAZIONE DIOCESI DI: PESARO • FANO, FOSSOMBRONE, CAGLI, PERGOLA •

URBINO, S. ANGELO IN VADO, URBANIA

ABBONAMENTIOrdinario € 39 - Amico € 50 - Sostenitore € 100Da versare sul c/c 12522611 intestato a: “IL NUOVO AMICO” - Via del Seminario 4 / 61121 PESARO - www.ilnuovoamico.it

Questo numero è stato chiuso in redazionemercoledì 27 marzo 2013 alle ore 22 e stampato alle ore 6 di giovedì 28 marzo

LA PAROLA DI DIO Domenica di Pasqua 2013

Gesù è stato ucciso, ma il Padre lo ha risuscitato; sembra un risarcimento postumo, che in ogni caso non la dà vinta ai suoi assassini.

La parola di Dio ci chiede di unirci alla corsa dell’apostolo Pietro e del discepolo che Gesù amava, per intuire con il cuore prima di vedere con gli occhi ed essere confermati dalla stessa voce del Signore risorto. Pietro è frenato nella corsa, probabilmente non solo dall’età; c’è un tradimento a pesare, anche se lavato in anticipo da Gesù, curvo ai suoi piedi nella cena d’addio, e bagnato da lacrime amare. La tomba vuota è per lui il suo stesso cuore svuotato. Deve credere non solo alla risurrezione del suo Maestro ma deve scommettere anche sulla propria risurrezione. Forse è an-cora più diffi cile, come lo è per noi e per i nostri tradimenti (Vangelo di Giovanni 20,1-9). Pietro (prima lettura Atti 10,34.37-43) ricorda che appare ai suoi affi nché divengano testimoni non di un atto di forza ancor più potente da parte

di Dio, ma dell’amore più forte della morte. La risurrezio-ne non è un miracolo da esibire, ma un evento di fede da accogliere, da annunciare e da testimoniare. L’apostolo Paolo (seconda lettura Col 3,1-4) esorta con forza a cercare le “cose di lassù” non come fuga dal mondo, ma come capa-cità e volontà di inserire nella pasta della storia “gli azzimi di sincerità e di verità”.Meditatio° La morte lascia il posto alla vita, la tomba diventa culla. Finalmente il silenzio è vinto, mortifi cato dal grido esul-tante dell’alleluia pasquale. E’ fi nita la tragedia, inizia il percorso della speranza. Cristo vittima trionfa.° C’è qualcosa di diverso oltre la morte, oltre la sconfi tta, oltre il dolore, oltre la soff erenza. La pietra tombale è rimos-sa, il macigno non ostruisce più e la tomba è vuota. Rinasce la vita, rifi orisce la speranza, si consolida la fi ducia.° Quanti macigni nella nostra vita, quante pietre da roto-lare via, quante libertà da restituire, quante primavere da rigenerare.

° Tutta la vita della Chiesa dovrebbe essere un laborato-rio di risurrezione, dovrebbe vibrare di un immenso slancio di risurrezione comprendente tutta l’umanità e tutto l’uni-verso. (Olivier Clément)OratioSignore Gesù, a volte nel mio cuore sopraggiunge la tristezza, all’improvviso mi investe quando penso che tutto fi nisce e che non serve a nulla darsi da fare, sperare e che non c’è un futuro, che tutto è vano, tutto sembra essere senza senso, senza un motivo o una ra-gione. Gesù, chi rotolerà la pietra della mia morte, il masso della mia angoscia per il nulla? Non sarà forse il memoriale della tua consegna? Signore pietà.

Armando Trasarti, Vescovodi Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La morte lascia il posto alla vita

Pasqua 2013

Riportiamo una sintesi tratta dall’omelia dell’Arcivescovo di Pesaro in occasione della S. Messa del Mercoledì Santo in Cattedrale (27 marzo). Mons. Piero Coccia ha rivolto un saluto particolare al Card. Antonio Maria Vegliò, «fi glio della chiesa di Pesaro». Molto sentite anche le parole «di profonda e convinta comunione a Papa Francesco» e il ringraziamento al Papa emerito Benedetto XVI.Poi mons. Coccia si è rivolto in particolare ai presbiteri della Chiesa di Pesaro. «Il nostro ministero - ha detto - trae origine dal Mistero del Cristo Risorto, primogenito dei morti, la cui celebrazione non può non suscitare in noi e negli altri l’esperienza della novità. Confi gurati a Cristo Risorto con l’ordinazione sacerdotale, brilliamo della luce del Risorto pur tra le inevitabili ombre che avvolgono il nostro cammino umano». L’altra dimensione del ministero sacerdotale - ha aggiunto - «è la “totalità”, perché se è chiaro il fondamento del nostro ministero, altrettanto chiara è l’estensione della nostra missione alla totalità della condizione umana segnata dal peccato con tutte le sue implicanze».Infi ne mons. Coccia ha indicato una terza dimensione dell’essere sacerdoti: l’“attualità”, confi gurata dallo spazio e dal tempo, dal “qui” e dall’ “ora”. «Il “qui” ci richiama ad un ministero non sognato ma realmente vissuto in un territorio (Pesaro), in un luogo inevitabilmente segnato da diffi coltà ma anche da tante opportunità. Ma a condurci nel campo della contemporaneità del Mistero del Cristo è anche il termine “ora”, non come semplice dato cronologico ma quanto piuttosto come dato teologico dove la parola del Padre si compie nel tempo».Viviamo anche noi a Pesaro – ha proseguito l’Arcivescovo - in un tempo fatto non solo di tanti cambiamenti ed anche di veri e propri stravolgimenti. «E’ proprio questo “ora” che ci chiama a prendere coscienza di quel trapasso culturale che stiamo vivendo come vero e proprio “travaglio” che coinvolge la concezione stessa della vita, dal suo nascere al suo morire, della fede, della libertà, della famiglia, della questione educativa, della giustizia, dell’economia, della stessa politica. Tali questioni nodali ci interpellano senza attenuanti e senza rimandi. E’ solo nell’incontro con il mistero del Risorto che troviamo luce per il mistero dell’uomo».

LAVANDA DEI PIEDI AI RAGAZZI DE “LIMPREVISTO” E MESSA IN CARCERE

Rifl essioni della Via Crucis sulla crisi economica

“Non facciamoci assalire dalla sindrome dell’impossibilità e nemmeno da quella altrettanto pericolosa della

parzialità”. Le parole dell’Arcivescovo di Pesaro mons. Piero Coccia durante la celebrazione della Messa Crismale del Mercoledì Santo - onorata dalla presenza del Cardinale Antonio Maria Vegliò – fanno riecheggiare l’invito rivolto da Papa Francesco la domenica delle Palme:”Non lasciatevi rubare la speranza, quella che dà il Signore!”. Quella che è radicata nell’unico fatto veramente nuovo della storia: la Resurrezione di Gesù Cristo. Lo sta rivivendo la Chiesa in questi giorni. Ne fa memoria la diocesi di Pesaro, guidata dall’Arcivescovo, con grande intensità e partecipazione di popolo.

Anche di giovani. Erano tanti, infatti, quelli che hanno seguito venerdì sera (22 marzo) la Via Crucis diocesana organizzata dall’Uffi cio per la Pastorale Giovanile diretto da don Enrico Giorgini: un gesto vissuto per le vie della città, da Baia Flaminia fi no alla Cattedrale, con preghiere, canti, letture di brani tratti dal Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Gioventù e con testimonianze legate alla critica situazione economica che ci sta attanagliando. E tanti ancora

erano i giovani presenti, proprio nel giorno a loro dedicato (domenica 24 marzo), alla liturgia celebrata da mons. Coccia nella Parrocchia dei Santi. Quirico e Giulitta in Montelabbate. E sempre i giovani – quelli della Cooperativa “L’imprevisto” diretta da Silvio Cattarina - sono stati tra i “protagonisti” della Messa “In coena Domini” del Giovedì Santo: a dodici di loro mons. Coccia ha fatto la “lavanda dei piedi”, gesto rituale, il cui signifi cato simbolico richiama tutti i cristiani sia allo spirito di servizio che alla purifi cazione costante di tutte le loro umane fragilità. Le celebrazioni della Settimana Santa in Cattedrale – iniziate lunedì mattina con il precetto pasquale di Interforze,

alla presenza di numerose autorità civili e militari e di due cori, quello dei Militari del 28° Reggimento Pavia e quello degli studenti del Liceo Musicale “Marconi” - troveranno il loro culmine in due tradizionali momenti: la liturgia della Passione del Signore alle ore 18.30 di venerdì 29 marzo (giorno in cui sono state programmate anche la Via Crucis cittadina promossa dal Movimento di CL e la Via Crucis della Parrocchia di San Lorenzo in Tavullia) ; la Veglia Pasquale di sabato 30 marzo (ore 22.00), dove, come consuetudine, verranno conferiti ad alcuni catecumeni, dopo un percorso biennale di formazione, i Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana. La domenica di Pasqua, infi ne, mons. Coccia si recherà alle ore 9.30 nel carcere di Villa Fastiggi, dove, con un gesto in sintonia con quello compiuto da Papa Francesco il giovedì santo a Roma, celebrerà la Messa per testimoniare la salvezza portata da Cristo a tutti gli uomini e la vicinanza della Chiesa in particolare al mondo di chi soff re. Nella stessa mattinata, dopo aver benedetto, alle ore 11,30, l’esposizione della Confcommercio a palazzo Gradari, l’Arcivescovo celebrerà alle ore 12 in Cattedrale il Solenne Pontifi cale della Messa di Resurrezione del Signore.

Paola Campanini© RIPRODUZIONE RISERVATA

LA TRADIZIONALE PROCESSIONE PER LE VIE DEL CENTRO

Venerdì Santo a SaltaraSALTARA –A Saltara, ogni anno si rievoca la Passione di Cristo tramite una processione del “Cristo Morto” e una rappresentazione fatta di scene della “Via Dolorosa” nel centro storico.La Processione del “Cristo Morto”, con la partecipazione dei saltaresi in costumi dell’epoca, avrà inizio alle ore 21:30 con partenza dal Santuario della Villa situato sulla parte più alta dell’abitato. La “Via Dolorosa”, ricostruita negli angoli caratteristici del centro storico tramite una serie di quadri plastici molto toccanti, è visitabile il venerdì santo prima e dopo la processione dalle ore 19.30 in poi. I personaggi della processione, saltaresi in costumi storici, si muovono in un lungo corteo dal Santuario della Madonna della Villa verso la piazza di Saltara. Il lugubre ritmo del suono dei tamburi, i soldati Romani a cavallo e a piedi con le loro armature, le donne con gli stendardi dei misteri dolorosi, i popolani e le popolane, i personaggi della Passione e quello che incarna il Cristo che porta la croce, che rimane incappucciato e fi nora rigorosamente anonimo, sono uno spettacolo che impressiona e stimola a meditare. Come vuole la tradizione, ogni Venerdì Santo nel piccolo borgo medievale di Saltara, si rievoca la passione di Cristo tramite una tradizionale processione storico-religiosa tramandata dal medioevo e ripristinata nel 1847 dalla Confraternita di Maria Santissima Addolorata. La Processione di allora non era molto diversa rispetto a quella che viene fatta oggi: come 165 anni fa, partecipano i saltaresi in costume formando un suggestivo corteo.

Aprono la processione i soldati romani, a piedi e a cavallo, guidati dal centurione, con i loro mantelli, e scortano un uomo in tunica scarlatta, con la Croce sulle spalle, che, scalzo e incappucciato, deve rimanere sconosciuto, perché il suo è un gesto penitenziale: è il Cireneo. Seguono altri personaggi: gli apostoli, le pie donne, i popolani, rappresentanti delle arti e dei mestieri del paese, e alcuni bambini recanti i simboli della Passione - il gallo, i chiodi, il martello, la torre, la scala e la Sacra Sindone. Poi l’antico cataletto su cui giace il corpo

del Cristo Morto appoggiato sulle ginocchia della Madonna Addolorata, affi ancati da due bambinetti sempre in costume: gli Angeli. Tra preghiera e rispettoso silenzio si sentono solo la cadenza ritmica degli zoccoli dei cavalli e il rintocco lento del tamburello. Durante la Processione vengono letti brevi meditazioni della Via Crucis che aiutano i presenti al raccoglimento e alla preghiera. Al termine del percorso la folla sfi la nella Chiesa parrocchiale, baciando con devozione i piedi del Cristo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il sacerdote e la risurrezione

Gli appuntamenti con mons. Trasarti Mercoledì 20 marzo, nella

Cattedrale di Fano, il vescovo Mons. Armando Trasarti ha

celebrato il precetto pasquale interforze. Alla celebrazione hanno preso parte numerose autorità civili e militari. Domenica 31 marzo Ore 8 mons. Trasarti presiederà una Santa Messa presso la casa circondariale di Fossombrone e alle ore 11 la Santa Messa in Cattedrale. Lunedì 1 aprile Ore 16 Santa Messa presso il convento di San Francesco in Rovereto in occasione della tradizionale festa dell’Angelo.

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Pasqua 2013 31 marzo 2013 3

L’utile, l’inutile,l’indispensabile

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31 marzo 20134 Pasqua 2013

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31 marzo 20136 Pasqua 2013

© diritti riservati

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La costituzione dei locali che formano l’Oratorio della Grotta di Urbino non ha una datazione precisa. Sicuramente anche nella chiesa romanica voluta dal Ve-scovo Mainardo (1066) dovevano esserci degli spazi utilizzati come cripta, ma è con la chiesa voluta e realizzata sotto Federico da Mon-tefeltro nel Quattrocento che si hanno testimonianze certe sulla presenza di questi ambienti e sul-la loro destinazione. Alcuni spazi vennero annessi al Palazzo Ducale per il rimessaggio della paglia e del fieno necessari per le scuderie del duca, i restanti ambienti erano ad uso della cattedrale ma, anche in questo caso, erano destinati a magazzini e depositi.Nel 1500 il cavaliere Girolamo Staccoli appartenente alla Con-fraternita dell’Umiltà richiede al Duca Guidobaldo I il permesso di utilizzare questi spazi per le riunioni dei confratelli. La Com-pagnia era stata fondata qualche anno prima da Padre Girolamo Recalchi di Verona e si trovava senza una sede. All’epoca in Ur-bino le compagnie religiose era numerose e ognuna contava molti adepti: di solito si occupavano di opere di carità e di assistenza ai malati, ai viandanti, ai pellegrini e al trasporto e sepoltura dei de-funti poveri. Con l’assegnazione delle prime due stanze la Confra-ternita inizia la ristrutturazione dei locali e durante i lavori, nel 1507, viene alla luce un Crocifis-so, tuttora venerato nella cappella centrale. A seguito di tale ritro-vamento l’Oratorio cambia nome, assume quello di Confraternita del Crocifisso e diventa respon-sabile di tutti i riti legati alla Qua-resima e alle festività della Santa Pasqua. Alla donazione del Duca si aggiunge quella del Vescovo e i locali da due passano a quattro. Le Cappelle portano la firma di architetti famosi come Federico Comandino, appartenente alla stessa Confraternita, Girolamo Genga e, per alcune parti, anche Francesco di Giorgio Martini che si era occupato del progetto della Cattedrale. Il crollo della cupola del Duomo nel 1789 causa gravi danni anche all’Oratorio, in par-ticolare alla Cappella centrale, quella che custodisce il Crocifis-so, che si salva miracolosamante. L’architetto Giuseppe Valadier, cui era stata affidata la ricostruzio-ne del Duomo, volle ridisegnare anche la Cappella del Crocifisso

che è l’unica dell’Oratorio in stile neoclassico. In questa Cappella è custodita la tomba di Federico Ubaldo, figlio ed erede dell’ultimo Duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere morto prematu-ramente al’età di 18 anni e posto nel sepolcro destinato al padre. Durante la II Guerra mondiale l’Oratorio custodì il tesoro della Basilica di San Marco e divenne rifugio per centinaia di persone. Il terremoto del 1997 ha recato dan-ni anche a questi locali, oltre che al Duomo, successivamente e pie-namente restaurati. Una volta discese le scale d’acces-so ci si trova di fronte la Cappel-la della Natività. Il suo soffitto fa pensare a Francesco di Giorgio Martini; il dipinto raffigurante la “Adorazione dei pastori” è del bo-lognese Emilio Taruffi (1682). La successiva Cappella del Croci-fisso ha la volta decorata dall’ur-binate Antonio Rondelli che volle rappresentare simboli della pas-sione e degli evangelisti.La terza Cappella, detta della Pietà o della Resurrezione, è nota per il gruppo marmoreo di grandissimo pregio composto dal Cristo supi-no e dalla Madonna orante, ope-ra tradizionalmente attribuita al Giambologna e successivamente al Bandini. A causa del terremo-to del 1789 la Madonna ha subìto danni e sono visibili i segni del ri-facimento.L’ultima Cappella, quella del Se-polcro, ospita una riproduzione del Monte Calvario; al suo interno erano collocate le statue in terra-cotta plasmate dall’urbinate Pom-pilio Lanci che rappresentano “Il pianto sul Cristo Morto”. Recen-temente restaurate a seguito dei danni del tempo le statue sono state sistemate nell’altro lato del-la Cappella. Alla sua realizzazio-ne hanno concorso gli architetti Matteo Oddi e Girolamo Genga.

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Nella foto: La confraternita di Sant’Andrea Avellino si reca all’Oratorio della Grotta per la processione del Venerdì Santo

(1920).©riproduzione riservata

31 marzo 2013 7Pasqua 2013

La Settimana Santa riassume ed esprime tutta l’angoscia dei cristiani che rivivono

con trepidazione gli ultimi gior-ni terreni di Gesù. E le cerimonie che si svolgono in tutto il mondo cristiano ne sono l’attestazione partecipe e viva e ne costituisco-no un unicum testimoniale ecce-zionale, intenso, profondo. Fino al Concilio Vaticano II, in tutte le chiese, il Giovedì Santo venivano creati i “Sepolcri” e sacerdoti e fe-deli si prodigavano in tutti i modi per realizzarli nel modo più sug-gestivo. Nelle cinque parrocchie presenti ed operanti all’interno delle mura urbane (Duomo, San Sergio, Santo Spirito, San Bartolo, San Polo), dove fino alla seconda guerra mondiale si raccoglieva tutta la città, era una vera e pro-pria gara a fare il Sepolcro più “bello” e significativo. Ed i prota-gonisti erano proprio i ragazzi, impegnati a reperire il materiale necessario per creare lo scenario e l’atmosfera di tristezza e di do-lore per la Crocifissione e Morte di Gesù, rivolgendosi alle famiglie che disponevano di orti e giardini le quali erano ben liete di colla-borare mettendo a disposizione il materiale necessario. Noi giovani della parrocchia di Santo Spirito eravamo favoriti dalla presenza

dell’Orto Botanico, il cui custode generosamente ci forniva vasi di piante, arbusti colorati ed altri ornamenti floreali per adornare il Sepolcro, che per tutta la sera era meta ininterrotta di fedeli. Un altro segno caratteristico del lutto dei cristiani per la morte di Gesù era espresso dal silenzio delle campane, che venivano appunto “legate”, come del resto avviene anche oggi. Per richiamare la gen-te alle funzioni si faceva uso della “batraccola”, una tavoletta di le-gno (con maniglia) che recava agli angoli dei due lati quattro grossi bulloni di metallo e due grossi batacchi di ferro snodati, uno per parte; facendo roteare con forza la maniglia, i batocchi percuote-vano fortemente i bulloni produ-cendo un rumore forte e graci-dante che dava l’annuncio della imminente celebrazione. Così av-veniva il Venerdì Santo, una gior-

nata caratterizzata dalla Passione e Morte del Signore. Molto attivo e significativo diventava in questa occasione il ruolo delle Confrater-nite che davano vita a suggestive processioni e ad intensi momenti di penitenza. La foto che presen-tiamo costituisce un rarissimo do-cumento sui riti del Venerdì Santo: siamo nel 1920, la Confraternita di S. Andrea Avellino (la sua isti-tuzione risale al XVII secolo) dalla sua sede nella omonima chiesa sita in via Budassi si reca all’Ora-torio della Grotta per la processio-ne del Venerdì Santo; i confratelli indossano un sacco di bigello (un panno grossolano a pelo lungo di color bigio) e cappuccio, con corda ai fianchi. L’Oratorio della Grotta, denominato anche Orato-rio della Crocifissione, istituito nei primi anni del Cinquecento, era il punto di riferimento delle nume-rose Confraternite urbinati.

In anni recenti alle processioni in ambito cittadino si è sostituita la Via Crucis del Venerdì Santo lun-go la strada per San Bernardino. L’appuntamento è alle ore 21 da-vanti alla chiesina del Cristo di Si-rolo nei pressi della Croce dei Mis-sionari. Ad animare la Via Crucis, che sarà aperta dall’arcivescovo Giovanni Tani, con la partecipa-zione di centinaia e centinaia di fedeli, sono gli scout urbinati. Quando poi il Sabato Santo veni-vano “sciolte” la campane, i rin-tocchi davano vita ad un grande e festoso concerto in cui si incrocia-vano le note più diverse, mentre noi ragazzi a Santo Spirito saliva-mo fino al piccolo campanile per suonare le campane “a martello” con rintocchi frequenti e intensi che accentuavano la festosità del momento. Al Duomo il compito era affidato al vecchio Getullio, molto abile nell’armonizzare i

rintocchi del campanone e della altre cinque campane che costi-tuivano “l’organico” del grande campanile alto 60 metri che dif-fondevano i loro suoni fino alle colline circostanti. L’Oratorio della Grotta, fino a po-chi anni or sono era il riferimento di una consuetudine che si svol-geva il Lunedì dell’Angelo. I fedeli visitavano l’Oratorio e le Cappelle che lo compongono, facevano il giro dell’altare della Cappella con l’antico Crocifisso, di cui si usava toccava i raggi di sole che lo cir-condano e i piedi, e percorrevano un cunicolo che si snoda fino alla Cappella del Sepolcro dove è col-locato il “Pianto sul Cristo Morto”. Al termine si risaliva in ginocchio la scala d’accesso recitando una preghiera ad ogni gradino. Fin dal mattino giungevano in città gli abitanti delle zone rurali e dei centri limitrofi per partecipare alla visita delle Grotte, recando con sé la colazione che poi consu-mavano all’aperto o al cinema, la Sala Feltria, che, per l’occasione, iniziava le proiezioni al mattino.Oggi le cerimonie sono diverse ma i meno giovani ricorda anco-ra con qualche rimpianto i vecchi tempi.

giancarlo di ludovico©riproduzione riservata

I riti della Pasquanella tradizione urbinate

L’oratorio della grotta

Page 8: «Il Nuovo Amico» n. 13 del 31 marzo 2013

31 marzo 20138 Pasqua 2013

RIFLESSIONI DEL PRIORE DI FONTE AVELLANA PER LA PASQUA

Il passo del cristiano tra comprensione e denuncia

di Gianni Giacomelli OSBcam *Al seguire i passi della Li-turgia in questi giorni pa-squali, si scopre come essa veda di lontano e anticipi

la vita; attraverso gli eventi che in memoriam celebriamo, si apre sempre un orizzonte di senso e di profezia. Quest’ultima prende la forma della testimonianza di altro che è dato da vivere, fuori dagli schemi precostituiti: si scorge in filigrana, la figura dell’uomo nuovo, risorto con Cristo.

I GESTI DELL’UMILTA’ In quella sera, durante l’ultima cena, Gesù si china ai piedi dei discepoli, in un gesto che, oltre ad esprimere un’esistenza come ministero, è un’umiltà proclamata con tutta la persona prima che con le parole. E forse proprio questo intendeva san Benedetto quando identificava il vertice dell’umiltà non tanto in singoli gesti di umi-liazione, ma in un modo d’essere immediatamente percepibile. Ed è proprio su questo chinarsi come cifra di un modo nuovo di essere uomini che si consumano le in-comprensioni fra Gesù e i disce-poli, in quella “contesa messianica” (come è stata chiamata) che è una lotta interiore nell’animo di tut-ti loro: il conflitto fra l’amore al maestro e le stesse esigenze di Lui, così lontane dalla disponibilità dei discepoli di accettarle e viverle. Si ergono in piedi, con i loro pensie-ri e i loro gesti (“abbiamo qui due

spade!”), mentre Lui si china. Non era stata la prima volta che lo ave-va fatto: anche di fronte alla richie-sta di lapidazione contro l’adultera, Gesù si era chinato, silente. Fare memoria nella Liturgia, contribui-sce ad un tempo a misurare tutta la distanza fra due orizzonti così differenti di intravedere la vita e ad aprire la possibilità di riorien-tarsi verso la Luce fatta vedere dal mistero. E viverla. Si tratta davve-ro di imparare a camminare, con i piedi diventati capaci per opera del maestro. Se Gesù lava i piedi a tutta l’umanità, la rende capace di camminare verso una possibilità nuova. Attraversare camminando con “simpatia” – gioendo e paten-do insieme – questo mondo signi-fica viverci dentro senza giudizio, ma anche senza indifferenza. Non si cammina in qualsiasi modo. Il passo del cristiano è pieno di com-prensione, ma anche di critica, a volte molto severa, come ad esem-pio nei confronti di un sistema economico che azzoppa, tagliando i piedi e non consentendo ad alcuni di “camminare” con dignità. I trop-pi “zoppi” del mondo contempo-raneo non possono coesistere con un mondo dove abitino i discepoli del vangelo. Denuncia e proposta fanno camminare innanzi senza paura.

LA COSTRUZIONE DELLA CASA

COMUNE E dopo questo pellegrinaggio si giunge in un luogo, che non è quasi mai geografico, ma umano. Si giunge al punto in cui qualco-sa viene piantato solidamente e diventa un punto fermo. Il Regno che Gesù chiede di far crescere con Lui è l’esito di un percorso, un pellegrinaggio: essenzialmente del cuore. Sì, il cuore è pellegrino quando riesce a s-muoversi dal-la durezza alla disponibilità, dalla chiusura solipsistica alla presa d’at-to di una responsabilità per altri. Ed è necessario saper edificare una casa nuova dove gli uomini possano vivere nella pace, perché questo è il sogno perenne di Dio, dall’arcobaleno dopo il diluvio in poi. Ma Dio sa che c’è un passaggio (pasqua) necessario: è costruito un sogno oneroso. E allora l’edificio che Dio costruisce, in quel giorno di oscurità luminosa del venerdì, è quello della croce. Quel Dio che si era chinato, ora si alza (viene alza-to); e il vero innalzamento, quello che Cristo fa non esprimendo un potere, ma esercitando un ser-vizio radicale, è l’unico che non consegna l’uomo al suo delirio di onnipotenza. Anche questo l’ave-va già detto quando ricordava che l’innalzamento e l’umiliazione era-no strettamente legati; l’uomo che avesse scelto l’uno avrebbe otte-nuto l’altra e viceversa. In questo modo, e non in altro, come stiamo

vedendo nel triste spettacolo della politica, i cristiani possono con-tribuire per edificare uno spazio antropologico di sopravvivenza. Dobbiamo dire, oltre le diverse appartenenze politiche, ma uniti nell’unico orizzonte di senso, che l’uomo ha bisogno di edificare una casa comune accomunata da una co-ministerialità reciproca. A co-sto di apparire come dislocati dal mondo post-moderno. Lo spetta-colo indecoroso di una certa poli-tica, non è dato principalmente dai biasimevoli comportamenti di eti-ca pubblica o privata; discende an-zitutto da una incapacità profetica. Di essa si fanno carico i discepoli di Cristo che noi siamo; viviamo “beati” – secondo le prime pre-dicazioni di Gesù nel vangelo di Matteo – quando il contrasto fra il possibile (poco) e il desiderio (mol-to) risulta essere apparente. E, con sorpresa del mondo, costruiamo il Regno. Che tutto inizi da qui la Li-turgia ce lo fa vedere plasticamente. Non avrebbe senso altrimenti stare, nella Liturgia del Venerdì “ad os crucis”, nell’adorazione della Croce.

ALLORA E’ VERAMENTE RISORTO Non ci resta che riconoscere che l’ascolto radicale della Parola, l’in-segnamento del Maestro, e la sua traduzione in gesti di vita solidale, pacifica – ovvero la sua traduzio-

ne Eucaristica – si aprono a noi come un sepolcro vuoto, ovvero in una disperazione, una morte ed uno sconforto che non ci sono più: non sono nel qui della nostra espe-rienza di vita perché ci viene an-nunziato (… “non è qui, è Risorto” – disse l’Angelo in quella mattina). Ci vuole un accettarsi dentro un ombra che pian piano lascia il po-sto alla luce (Liturgia della Luce); scoprire che non siamo soli, ma partecipiamo incessantemente di una Storia (Liturgia della Parola); e, così trasformati cambiamo ra-dicalmente, immergendoci in una vita nuova (Liturgia battesimale); siamo pronti per fare memoria di Lui, facendo ciò che Lui ha com-piuto (Liturgia Eucaristica). Non lo troviamo più nel sepolcro – in questa santissima notte del Sabato – e non ci ritroviamo più nemme-no noi. Davvero è questa Assenza che noi possiamo confessare; e diciamo al mondo quello che non si aspettava più, perché sembrava impossibile, ora lo è ridiventato. Noi saliamo sui tetti e diciamo che è possibile: un’umanità nuova, non calata dall’alto come un miracolo, ma sgorgata dal basso come una sorgente inesauribile di Speranza. In essa cambia il vocabolario del mondo. In questo ci possiamo dire gli uni gli altri che “veramente il Si-gnore è Risorto”.* Priore del Monastero della San-

ta croce di Fonte Avellana©riproduzione riservata

Come si racconta il silenzio? Con gli odori della Crescia di Pasqua, delle uova sode,

della biancheria che si asciuga fuori.Con l’odore delle candele che illu-minano, ma non troppo, la fred-da (a volte pure piovosa e vento-sa) notte del Venerdì Santo. Con l’odore del balsamo che tocca il Cristo, con quello del legno e delle tinte naturali di abiti che aspetta-no mesi prima di essere indossati di nuovo. Con il sole che sorge mentre si prega senza voce. Con l’attesa per quei colpi di tamburo che scandiscono una giornata di campane mute e il battere dei pie-di nudi sulla pioggia o la voce forte del vento che si incanala nelle vie del centro.Cagli, da secoli, si prepara così alla Pasqua. Il Venerdì santo ini-zia il mattino alle 5, prosegue con la liturgia della Croce e le sette pa-role, termina con la processione del Cristo morto, accompagnato dalle confraternite: scalzi per penitenza, incappucciati perché la solidarietà non si ostenta.Ci sono cose uguali da secoli e al-tre che la modernità ha fatto cam-biare. Con il vestito della festa, per il Cristo morto si scendeva a piedi da ogni parte di un territorio vasto chilometri. Si partiva subito dopo pranzo dalle campagne, dove si rientrava soltanto a tarda notte.L’uovo benedetto e la “crescia bru-sca” tra i ricordi dei nonni, che raccontano la processione come la cosa da non perdere in anni in cui le pulizie di Pasqua erano cosa seria: “Quando il prete passava a benedire - raccontano - nei pode-ri si spazzava persino il prato. E il prato, nel podere, era grande. Il nonno ci faceva una scopa con le

ginestre”.Giuseppe Aguzzi, priore responsa-bile della statua del Cristo Morto, è da poco nonno per la seconda volta, ma il primo nipote è già coinvolto nella confraternita, come accade ai figli dei confratelli, che certi odori e atmosfere li respirano da sempre. Difficile pensare di far-ne a meno per tutti i cagliesi, che in questo periodo tornano nella cit-tà di origine e che mal sopportano chi non rispetta quell’ingombrante silenzio di una giornata fatta per pensare e pregare.

“Da secoli i riti del Venerdì San-to si ripetono immutati - spiega Aguzzi -. Lo testimoniano drap-pi, macchina per il trasporto delle statue e la statua stessa del Cri-

sto morto, tutti risalenti ai primi anni del XVI secolo. Dalla chiesa di San Giuseppe, dove ha sede la confraternita del SS Crocefisso e di San Giuseppe, inizia a prepara-re la Settimana santa, ricoprendo le pareti con teli del XVII secolo tinti con ‘succo d’erba’ e decorati con fregi e medaglioni al cui cen-tro sono riportate frasi dell’Antico Testamento”. La chiesa si veste di blu per fare penitenza: i drappi sono tornati a Cagli sabato, assen-ti da anni per essere restaurati. Di recente restaurati anche i teli di velluto nero con ricami in filo d’ar-gento che risalgono al 1600 e che ornano il catafalco che accoglierà Cristo.Sono le 5 del Venerdì santo: è buio

quando, nella chiesa di San Giu-seppe, la statua di Gesù lascia l’ur-na sotto l’altare maggiore e viene portata al cospetto di alcuni con-fratelli, nella sacrestia.Ha le braccia distese lungo il corpo e le mani girate verso l’alto a mo-strare le ferite dei chiodi della cro-cefissione. Su quelle ferite ci sono batuffoli di cotone imbevuti di bal-samo. Ora quel corpo, come fosse stato vivo, è pronto a ricevere il saluto della folla. Compiti delicati, che le stesse mani (o gli eredi) si passano da decenni.A quella del Cristo si uniscono le altre statue, in una processione che arriva al duomo: sopra la menso-la più alta dell’altare maggiore, i confratelli compongono il Calvario.

Poi, il giro nelle chiese sedi delle confraternite di Artieri, Buona Morte, Buon Consiglio e Miseri-cordia: ognuna espone fuori della porta vessilli e croce.Sono le 7 quando si torna a casa. Il sole è sorto e si attende che tra-monti ancora: iniziano i canti del-la Schola Cantorum (la musica é di Antonio Roselli, maestro di cap-pella fino al 1972).Al “Gesù morì”, il campanone del-la Cattedrale dà tre lunghi rintoc-chi. Si smonta il Calvario, inizia la processione di ritorno verso San Giuseppe, dove la statua di Cri-sto si ferma, ruota fino a porsi di fronte alla statua della Madonna addolorata e viene portata nell’in-terno della chiesa, mentre la Ma-donna raggiunge San Bartolomeo, dove si trovano le statue in legno degli apostoli: si compie la narra-zione evangelica.Cristo è morto e i cagliesi vanno a cena, anche se è vigilia, si mangia poco e in fretta: alle 21 inizia la processione.Le Confraternite arrivano in silen-zio e si sistemano: sono quasi 500 i confratelli. La luce è quella delle lanterne, la musica triste e lenta è della banda. Quando il tamburo inizia a battere, si parte. Il grande carro è preceduto da un sacerdote.La gente si accalca negli incroci delle vie e attende che le Confra-ternite passino e che arrivi il carro con le statue del Calvario, il silen-zio é totale, si sente soltanto, ogni tanto, il suono della banda e le voci della preghiera.Il giro è lungo e il carro difficile da manovrare. Ma la fatica e il dolore non si sentono. Sono parte di quel-lo strano silenzio.

Elisa Venturi©riproduzione riservata

I RITI DELLA PASQUA

Come si racconta il silenzio?