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Il paese con i suoi abitanti è il luogo che ha fatto di noi ciò che siamo (E. Devaud)

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Il paese con i suoi abitanti è il luogoche ha fatto di noi ciò che siamo

(E. Devaud)

TELGATEE IL SUO SANTO CROCIFISSO

CAMMINO STORICO - PASTORALE DI UNA COMUNITÀ

1937/1987IN OCCASIONE DEL CINQUANTENARIO

DELL'INCORONAZIONE

Edizione a cura della Comunità parrocchiale di Telgate

Realizzazione tecnica della Editrice VELAR spa24020 Gorle, via Torquato Tasso, 10 / Tel. 665825

Progetto grafico di Beppe Pirola

Impaginazione di Giuseppe Tombini

Composizione dei testi Litocomp, Gorle

Riproduzioni fotografiche Fotoincisione 2000, Pedrengo

Matrici per la stampa Litocomp, Gorle Confezione Litolego, Gorle

Finito di stampare nel mese di settembre del 1987presso la Poligrafica san Francesco, Orio al Serioper conto della Comunità parrocchiale di Telgate, diocesi di Bergamo

Questo libro è dedicato con ammirazione alla gente di Telgate, specialmente a coloroche, come me, hanno debito di riconoscenza verso il santo Crocifisso.

Diritto e rovescio della medaglia commemorativa coniata per ricordareil Cinquantenario dell'Incoronazione del santo Crocifisso

È opera dello scultore Fernando Corti di Bergamo e del cesellatore Franco Blumer di Torre de' Roveri.

PresentazioneÈ un doveroso ed utile fatto culturale la conoscenza delle tradizioni e dell'ambiente in cui si vive. Numerosipaesi si sono distinti nel creare uno strumento di lettura del proprio passato. Operazione questa chedovrebbe essere collocata a monte di qualsiasi intervento che intenda essere risposta intelligente alleesigenze di attualità o che si possono ipotizzare per il futuro. In fatto di storia locale, Telgate non è dotato diampi ed approfonditi studi, anzi ne è chiaramente scarso.Va segnalato tuttavia un lavoro edito nel 1825 (Milano, Bocca), per mano di Davide Bortolotti, intitolato«Lettere da Telgate o sia viaggio in Val Calepio, al lago d'Iseo e nei dintorni».Un «numero unico» su Telgate fu stampato nel 1937, nell'occasione dell'Incoronazione del santo Crocifisso,e ne uscì uno più ampio nel 1977, per il quarantesimo anniversario di detta Incoronazione. Ma mancava una«storia» un po' robusta di «casa nostra».Ecco un lavoro, ricco di notizie pazientemente ricercate e desunte da fanti attendibili, che desidera di poterentrare in tutte le famiglie di Telgate, in quelle di vecchia ceppo e in quelle che hanno scelto Telgate cometerra di propria adozione e vi si stanno radicando.Sono pagine che, sostanziate da documenti, dovranno dunque parlare al vostro cuore di cristiani, oltrechésoddisfare la vostra legittima curiosità di uomini e di cittadini.Celebrando il 50° anniversario dell'Incoronazione del miracoloso santo Crocifisso di Telgate, che fu uno degliavvenimenti storici più vivi nella vita della nostra comunità, ho fortemente voluto la luce di questo «diario»,costruito lungo la storia, ricercato ed ordinato dalla mano ferma e chiara di un sacerdote che ama Telgate: ilreverendo don Giuseppe Carminati.Essendo scarse le notizie ferme nell'archivio parrocchiale, si è rovistato e raccolto cenni e notizie,consegnateci disperse, su svariate pubblicazioni e giacenti in svariate biblioteche.Ne è risultato un diario legato a persone, ad avvenimenti, a celebrazioni: un meraviglioso cammino di fede edi amore che noi, chiesa di san Giovanni Battista in Telgate del 1987, siamo chiamati a continuare conrinnovato entusiasmo.Le tappe di questo cammino sono, in buona parte, presentate legate al nome dei sacerdoti che hannocollaborato a costruire la storia della Comunità: ciò non vuol essere clericalismo, ma sincero omaggio allafunzione dei «pastori» che si sono sforzati di dare il meglio di se stessi, infondendo nel cuore dei fedeli ildesiderio di mettersi pure loro nell'atteggiamento di servizio e di dono.Infatti una comunità cresce proprio nella misura in cui ognuno sa farsi «dono» ai fratelli, con generosità esenza risparmio.

RIZZI DON GILDO, ARCIPRETE

Telgate, 1 settembre 1987

PremessaOgni paese che oggi appare in fioritura più o meno rigogliosa, secondo la propria vitalità, è raffigurabile a unsecolare albero che mette in evidenza una parte anche appariscente di sè, ma non certo la più essenziale,come il misterioso intreccio di radici grosse e piccole che si affondano tra innumerevoli sedimentazioni chetraggono origine da tempi molto lontani. Così è dell'oggi di ognuno che si fonda su strati arcaici e remoti checostituiscono il composto di un territorio etnico, storico, culturale, sociale e religioso che si addentra fin dovegiunge la notte dei tempi.Gli studiosi seri dello «ieri di casa» hanno compiuto faticosi lavori di scavo alla ricerca di tali radici celate nelbuio di profondi meandri.Il sottoscritto invece ha semplicemente cercato di smuovere solo un po' in superficie il terriccio storico delpaese, con una piccola zappetta perchè non in grado di monovrare la pala meccanica, senza alcuna pretesadotta o scientifica, anche se con rigoroso rispetto dei materiali rinvenuti, mosso esclusivamente da curiositàpersonale e da forte simpatia verso la popolazione di Telgate.Così, cercando, raccogliendo, ritagliando, accostando, non mai però fantasticando, io ho composto questo«collage» in cui i colori alquanto sbiaditi del passato si rinforzano verso quelli più nitidi del presente, conprospettive di ulteriormente intensificarsi per il domani.Ho cercato di rilevare gli antichi mutamenti ecclesiali più che i civili, richiamando seppure per sommi capi, ilcontesto storico in cui si sono verificati, in modo da porre in evidenza l'atmosfera e lo spirito di religiosità concui la locale comunità cristiana è cresciuta attorno a dei valori che nella venerazione del Santo Crocifissohanno trovato la più autentica sintesi ed espressione.È totalmente assente la presunzione o la pretesa di aver compiuto un lavoro esauriente sul passato e ilpresente di Telgate, che meriterebbe senza dubbio uno studio compiutamente serio ed importante, mentre ètotalmente presente l'intendimento di suscitare in persone semplici, specie negli anziani, ricordi che faccianoloro ritrovare fatti e volti che hanno conosciuto e certamente amato.Mi auguro che questa sommaria pubblicazione possa incontrare il benevolo apprezzamento della buonagente di Telgate, alla quale formulo l'augurio di proseguire nel proprio cammino di crescita sulle orme di chi,in passato, ha lasciato meravigliose tracce di fede e di amore, cammino che tutti siamo chiamati a continuarecon rinnovato impegno, entusiasmo e fedeltà.

DON GIUSEPPE CARMINATI

una veduta di Telgate

II modo più immediato e naturale peridentificare una persona, una località, oqualsiasi altra cosa è quello di indicarne ilnome. Sembra quindi logico iniziare questaricerca indagando sul toponimo«TELGATE» che è giunto come tale a noiattraverso varie evoluzioni subite nel corsodei secoli, facendo non poco discutere glistudiosi di etimologia per scoprirne, oltreall'esatta denominazione e alla possibileorigine, il significato che il nome intendevaesprimere. Tanto si sa che nessun nomeviene mai attribuito a caso, ma intendesempre esprimere qualcosa che ha uncerto riferimento ad una qualche realtà.Così scrive Umberto Zanetti in «Paesi eluoghi di Bergamo» (Grafica e ArteBergamo, 1986): «Le forme più antiche deltoponimo, rilevabili dai documenti, sonoTalegate (830, 941), Tallegate (972),Taligate (1097), Talicate (1112) e Telgatum(1756)». L'Itinerario Gerosolimitano,risalente al 333, contempla la località,posta sulla strada romana che collegavaBergamo a Brescia, chiamandola Tellegate(con le varianti Tollegatae e Tallegatae aseconda dei manoscritti). È da ricordarel'ipotesi del Flecchia che il toponimo traggaorigine da una variante di Tegulatae(casae). Il Volpi, sulla scorta dell'Olivieri,pose alla base un gentilizio Tallius. Il Rohlfspropose invece il nome personale Tillicus.

Secondo altri cultori di storia, Tellegate oTelgate significherebbe una località didogana (Telonio) per cui, passando daTelgate, si doveva pagare un pedaggio(una tassa di passaggio).Altra spiegazione etimologica di Telgate,senz'altro almeno curiosa, è quella dellostorico Andrea Lorenzoni: nella suapubblicazione «Da Tellegate a Benevento»dell'Itinerario Burdigalese, osserva: «Lacarta al 25.000 dell'I.G.M., ad est di Telgatesegna una vasta campagna che se ora èresa a coltura un tempo doveva esserebrughiera con macchie boscose, etutt'attorno si trovano località di Foresta,Gazzo, Gazzola e Gazzolina ».Quanto al «gate» finale, continua il citatoLorenzoni, non può essere considerato unsuffisso bensì un sostantivo che seguealtro sostantivo. Anche qui siamo nelcampo celto-gallico. Infatti gat-catequivaleva a bosco, foresta, brughieraforestale e nel caso di Telgate si dovrebbeinterpretare questa voce come passaggioper il bosco: ad oriente, nella zonadenominata «Campagna», era la brughieraforesta attraverso cui passava la strada perraggiugere Leuceris (località sconosciuta).In tal caso si dovrebbe interpretare la voceTelgate come passaggio attraverso il boscoo la foresta.

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Allo scopo di spiegare l'etimologia dellaparola Telgate, si fa rilevare che lapopolazione gallica venerava la divinità diTello o Telo, divinità che era preposta alleacque, e la religione gallica aveva datogrande posto al culto delle acque,

e dava anche una forma di personificazioneai corsi d'acqua. Telgate è posto fra duetorrenti che distano l'un l'altro meno di unchilometro, e che portano i nomi senzadubbio prelatini di Tirna e Rillo.

LA STRADA ROMANA E IL TEGOLATUM

Nell'anno 49 a.C., Caio Giulio Cesare, cheaveva portato le armi di Roma nel cuoredella Gallia, concesse anche a Bergamo lacittadinanza romana e da allora la città, conl'intero territorio, seguì le vicendedell'Impero romano.È noto come l'Impero avesse bisogno diuna grande rete viaria che congiungesse lepiù importanti località di valore strategico ecommerciale. Furono pertanto tracciate legrandi vie consolare, e così nellarealizzazione della grande strada romanache congiungeva Bergamo con Brescia,per giungere poi attraverso il Veneto finoad Aquileia, trova una precisa indicazionedi esistenza e funzionalità il primo nucleoabitato denominato Tegulatum o Tegolatumo Tegolatae. Se si tien conto delladerivazione di Telgate da Tegolatum(tettoia), allora dobbiamo accedere a

quanto narra autorevolmente lo storicoFlecchia: che cioè per Telgate passava lavia Romana, e che a Telgate era stabilito ilcambio dei cavalli (mutatio) presso untettoia (tegolatum), come si direbbe oggi«cantoniera».Anche secondo lo storico Mazzi, Telgateera una località con tettoia coperta dategole (tegolatum), dove si effettuava lamutatio, cioè il cambio dei cavalli.La prima volta che troviamo il paese diTelgate come mutatio è nel documentochiamato Itinerario Burdigalense oGerosolimitano, scritto da un pellegrinocristiano che si mosse, assieme a degliamici, da Burdigala o Bordeaux in Francia,per raggiungere Gerusalemme e la TerraSanta nell'anno 333 dopo Cristo,percorrendo naturalmente la nostra stradaromana.

Alcuni dei reperti preromani e celtici rinvenuti a Telgate nel corso di recenti scavi occasionali,ora conservati presso il palazzo municipale.

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Il documento dice: «Civitas Bergamo -Mutatio Tellegatae - Mutatio Tetelus -Civitas Brixia>.Telgate era quindi una delle stazioni (statio)della strada militare romana.Presso i Romani le stazioni indicavano ilocali e i servizi amministrativi di diversogenere. Erano un posto di guardia, dovec'era un presidio che aveva la custodia diun determinato territorio.La stazione rappresentava una delle tappedel servizio postale e dei trasporti sulle vieprincipali dell'Impero. Alla statio c'eranolocali di sosta, la trattoria, l'albergo e lostallaggio per passarvi la notte.La statio, oltre che accogliere i viaggiatori,era frequentata da uomini d'affari dei vicinivici o centri abitati e da quantidesideravano apprendere le novità riferiteda chi veniva da lontano.Da tutto ciò si deduce che fin da tempiantichissimi Telgate ha avuto parecchiaimportanza e una sua particolare storia,peccato che trattandosi di una località«provinciale» i relativi documenti rimasti

non siano molto numerosi e di essi granparte sia andata perduta.Comunque, con buona pace della statio,della mutatio, di Tegolatum, Tallegate,Telicate, ecc. e il loro significato che derivada varie interpretazioni e supposizioni chenon risolvono definitivamente l'anticoenigma, sta il fatto che da secoli il paeseormai si chiama, in lingua italiana, Telgatee, in dialetto bergamasco, Telgàt;denominazione destinata ormai a durareimmutata ancora a lungo, anzi, forse persempre.Ora chiaramente e senza problemiinterpretativi il nome di Telgate indica unarilevante località della pianura bergamasca,posta ad un'altitudine di 191 metri sul livellodel mare, distante Km 19 da Bergamo,estesa su una superficie di 8,2 Kmq, conuna popolazione di oltre 3.300 abitanti, conalle spalle una gloriosissima storia, speciereligiosa ed ecclesiale, e prospettive futuredi continuo sviluppo specie in campoindustriale ed economico.

GLI ANTICHISSIMI ABITANTIE L'AVVENTO DEL CRISTIANESIMO

Prestando meritata fede ai molti studiosiche hanno cercato di risalire alle originidegli insediamenti abitativi delle terrebergamasche si è oggi in grado diaffermare che i primi esseri umani hannolasciato tracce della loro presenza nelnostro territorio già circa 150.000 anniavanti Cristo. Quanto più i ghiacciai siandavano ritirando, lasciando libere ampiefasce di terra, tanto più si estendeva lapresenza dell'uomo, specie nelle zone dicollina e di pianura, che viveva di caccia edei prodotti della vegetazione spontanea.Tribù di Liguri, Celi, Cenomani, ecc. vi siinsediarono iniziando un primo evolversi diciviltà. Basti pensare che i Liguri e iCenomani diedero inizio a quelle chesarebbero divenute le città di Bergamo e diBrescia, i due poli estremi del nostroterritorio. Dal 500 a.C. anche gli Etruschiaggiunsero nuovi e notevoli elementi diciviltà, fino a quando la dominazioneromana non diede un impulso determinantealla consistenza storica e civica della terradi Telgate.Dalla primitiva agricoltura si passò a un piùesteso sfruttamento del suolo pianeggiante,all'allevamento di vari animali,

all'utilizzazione dei prati, alla produzionedel legname da costruzione, data anche lavasta estensione di boschi (nondimentichiamo l'antica denominazione di«foresta»). Gli abitanti per lo più eranoorganizzati in gruppi famigliari sparsi inpoderi isolati e cascinali, per avere aportata di mano i terreni su cui lavorare evivere in pacifica prosperità.Il primo consistente nucleo abitativo, aforma di villaggio, per Telgate ebbe originedal sorgere della statio romana sulla giàdescritta strada militare che da Bergamo,passando per Seriate (superando il Serio),Telgate, Palazzolo (superando l'Oglio)attraversava Brescia, e percorrendo ilVeneto giungeva alla città di Aquileia.Telgate rappresentava una delle duestazioni esistenti sul tragitto Bergamo-Brescia.È naturale quindi pensare che attorno aquesto nucleo di intensa attività eorganizzazione logistica si sia andatosviluppando sempre più il paese di Telgate,anche perchè numerose persone eranoaddette ai vari servizi che una importantestazione richiedeva.

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Tra le varie notizie portate alla stazione ungiorno vi fu quella che avrebbe segnato ilsorgere di una nuova cultura e civiltà:quella Cristiana.Le strade romane, dalle grandi consolarialle più piccole militari, furono il veicolo piùefficace per la diffusione della grandenovità: Cristo crocifisso e risorto.Il Cristianesimo, affacciatosi dapprima amodo di notizia, accolto poi da alcuni confavore, estesosi in ulterioreapprofondimento di conoscenza, penetrògradualmente fino a dare inizio a unanuova concezione di vita e comportamentomorale.La catechesi di Pietro e Paolo in Roma e latestimonianza dei primi martiri fu prestoveicolata sulla lunga rete delle straderomane, fino a coinvolgere la totalitàdell'Impero.Studi storici hanno confermato che ilCristianesimo era presente nellabergamasca prima dell'anno 300. Restacomunque certo che già nei primi annidopo il 300 Bergamo fosse sede di diocesi,a cui certamente doveva far capo anche lacomunità cristiana di Telgate.Una comunità inizialmente non numerosa,perché nelle campagne le resistenze allanovità religiosa non furono poche, a causadel perdurare della mentalità gallica chenon ancora aveva completamente accoltonemmeno la cultura romana, tuttavia unacomunità robusta e convinta perché offrìpresto un motivo di chiara testimonianzamediante i suoi martiri.

Per qualche lettore ciò potrà sembrareforse esagerazione, invece in più di unarelazione dell'archivio vescovile si fa chiaroriferimento a martiri di Telgate, come risultaanche da iscrizioni incise su lapidi collocatea Brescia presso il pozzo di santa Afra.In tali relazioni si riferisce pure un'anticatradizione che attribuisce a sant'Apollinare(discepolo di san Pietro) la fondazione dellaprima comunità o chiesa di Telgate. È veroche la nostra località non eracompletamente isolata dalla città diRavenna in cui sant'Apollinare fungeva davescovo, perché la strada romana perAquileia ad un certo punto si intersecavacon quella che scendeva lungo la penisolaseguendo la dorsale adriatica, ma latradizione non può essere tranquillamentesostenuta. D'altra parte anche lafondazione della chiesa di Bergamo venivaattribuita a san Barnaba apostolo che,fondata la primitiva chiesa di Milano,avrebbe nominato il primo vescovo aBergamo e a Brescia.La spiegazione di tali illustri attribuzioni èforse da ricercare nel desiderio dei nostriantenati di dar lustro e prestigio alle propriechiese locali, presentandole comederivazioni dirette di azioni pastorali di santivescovi strettamente legati alla persona oalla predicazione degli Apostoli;ammirevole ambizione, ma che sa dicampanilismo ancor prima che campane ecampanili fossero stati inventati e eretti.

LA CHIESA BATTESIMALE:FORSE LA PRIMA DI TUTTA LA BERGAMASCA

Nella bergamasca, fin dai primi secoli delcristianesimo, il battesimo venivaamministrato in una sola chiesa: la BasilicaAlessandrina, sorta, in conformità aldecreto dell'Imperatore Costantino per ilriconoscimento della nuova religione,intorno al 330 - 340 sul terreno ove santaGrata, patrizia romana in Bergamo, ebbe ainumare la salma del martire Alessandro.La chiesa, di architettura paleo-cristianaampliata poi ai tempi del vescovo Adalbertonel secolo X, venne distrutta nel 1561,quando la Repubblica Veneta eresse lagrande opera difensiva delle muracittadine.Per non poco tempo questa fu l'unicachiesa parrocchiale per la città e laprovincia e ad essa convenivano per ilbattesimo tutti i neofiti che abbracciavanola nuova fede.Il territorio bergamasco era già allora molto

vasto (lo storico Ughetti autore de L'Italiasacra lo definisce «amplissimo») e leconversioni aumentavano sempre più,specie da quando i Longobardi, soprattuttoper opera del vescovo Giovanni, da arianiche erano aderirono alla fede cattolica.Col tempo, aumentando specialmente nellecampagne il numero dei fedeli, si cominciòa sentire il bisogno di dotare di nuovechiese soprattutto le plaghe lontane dalcapoluogo.Già una chiesa esterna alla città era stataeretta, sulla fine del VI secolo, dal relongobardo Autari nel territorio della suacorte a Fara d'Adda (citata come EcclesiaAuthareni), cui seguirà la costruzione dellachiesa di san Vincenzo (ove ora sorge ilduomo o cattedrale), ma verso l'anno 1000fu tutto un fiorire di iniziative anche edilizieper dotare le varie comunità di opportuniluoghi di culto.

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Antiche stampe riproducentil’amministrazione dei tre sacramenti:battesimo cresima e pubblica penitenzache erano le prerogative peculiaridelle primitive chiese battesimali.In esse si legge: Ego te baptizo (= io tibattezzo); Signaculum Domini SanctiSpiritus(= segno dello Spirito Santo); Misereat tuiDeus et dimittat peccata tua(= Dio abbia pietà di te e perdoni i tuoipeccati).

Sorsero le pievi rurali, mentre la città con i sobborghie le campagne vicine, fino a quattro miglia circa didistanza dal capoluogo, conservavano il nome di«pieve urbana».Tali «pievi rurali» ebbero poi il nome di«plebane» (da plebs), in quanto formandosi intornoai primi edifici sacri costruiti in punti di convegno delpopolo o presso incroci di importanti strade e inlocalità di ritrovo per ragioni di mercato o di scambicommerciali, potevano accogliere fedeli alla sacrefunzioni, mantenendo inoltre, accanto alla chiesa, lapresenza fissa di un sacerdote che potesseesercitare la cura d'anime delle famiglie di unacircoscritta plaga: nacquero in tal modo gli inizialinuclei delle parrocchie.Così si esprime il canonico e storico Lupo:«Sin dal sesto secolo le diocesi tutte di qualunquecittà d'Italia divise erano in tante pievi, ossia Chiesebattesimali come diceansi qua e là sparse e bendistanti l'una dall'altra, e fra queste era distribuitatutta l'estensione della Diocesi e fissati a ciascuna iconfini che religiosamente serbare si doveano».Alle chiese battesimali erano soggette tutte le altrechiese minori che esistevano nel territorio assegnatoalle pievi, come tutte queste dipendevano dallacattedrale.Solo nelle chiese battesimali si amministrava ilsolenne battesimo, si tenevano le legittime adunanzedel popolo nei giorni festivi e si celebravano le altreprincipali funzioni religiose.I preti che presiedevano alle chiese plebane furonochiamati arcipreti, mentre quelli che erano assegnatialle chiese minori furono detti cappellani; questierano soggetti ai rispettivi arcipreti e potevanoesercitare solo quelle funzioni che o la necessitàrichiedeva o che dall'arciprete venivano loro affidate.In quest'ambito di giurisdizione e organizzazioneecclesiale assunse un'importanza particolare lachiesa, la pieve, l'arciprete e quindi lo stesso paesedi Telgate.Luigi Angelini scrive: «Forse prima fra le pievibergamasche è da giudicarsi quella sorta nel piccolocentro di Telgate, anche perché si era formata lungola via romana, segnata anche nella TabulaPeutingeriana. Altre si susseguirono in breve tempoa sud della città verso la pianura: a Ghisalba, aFornovo,

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a Terno, ed ad est e nord verso i colli e levalli: a Calepio, Almenno, Nembro,Clusone».Bruno Bellini scrive: «Telgate, fin dai primisecoli del cristianesimo, era diventato conPontirolo (Ponte Aureolo, o Pontirolovecchio oggi Canonica d'Adda) e Bergamo,un luogo d'incontro civile e anche religioso,e la sua chiesa è certamente fra le piùantiche della nostra Diocesi. Una delleprime pievi battesimali».Il suo raggio di influenza religiosa eravastissimo: comprendeva le intere valliCavallina e Calepio, e da Trescoregiungeva fino a Romano.Quando sorsero le prime chiese battesimalinelle campagne, Telgate ebbe il suo fontebattesimale e dedicò la sua chiesa a sanGiovanni Battista. Naturalmente ilsacerdote che reggeva questa chiesabattesimale non poteva raggiungere tutti ivillaggi della sua vasta zona (un terzo dellanostra diocesi); fu allora necessariocostruire delle «Diaconie», cioè piccolecappelle, fatte dapprima di legno e di terra(come avviene oggi in terra di Missioni),che erano rette da alcuni diaconi, i qualirisiedevano a Telgate. Queste diaconie ocappelle centrali vennero dedicate algrande diacono san Lorenzo martire.Più tardi queste cappelle divennero chiesee verso il mille altrettanti centri di nuoveplebanie. Nacquero così le diaconie diGhisalba, Palosco, Calepio e Mologno(Casazza), tutte quattro dedicate a sanLorenzo martire, che divennero capo dialtrettante pievi.Sembra che la pieve battesimale di Telgatesia stata costituita nell'anno 820, quella diGhisalba nell’830 e quella di Calepio nel977.Quando nel secolo IX venne costruita eriattata la strada detta a tutt'oggi«francesca» che attraversa tutto il nostropiano, in fianco ad essa fu innalzata quellachiesa che non ebbe alcuna indicazionetopografica dalla località dove sorse, masoltanto di Ecclesia alba (Ghisalba) per isuoi muri dealbati; questa chiesa dedicataa san Lorenzo, ricordataci in un documentodell'840 raccolse sotto di sé gli sparsi «vici»o «casali» per lungo tratto su ambedue lesponde del fiume Serio.Più tardi, staccandosi sempre dalla anticapieve di Telgate, si costituì la pieve dellaantica diaconia di san Lorenzo di Calepio.Un documento del 977 ricorda questachiesa plebana. La ragione dellacostituzione di questa seconda pieve puòtrovarsi nel fatto che Celepio era feudovescovile, del quale, insieme a Telgateerano stati investiti i conti di Martinengo peril loro ufficio di gonfalonieri delle miliziefeudali; perciò si può spiegare come in quelcentro possa essere stato stabilito il fonte

battesimale che con le altre frazioniaggiuntevi e il territorio assegnatogli lo feceelevare alla dignità di capo di pieve. Cosìsorsero in seguito le pievi di san Lorenzo inMologno, l'attuale Casazza, e l'ecclesia disan Lorenzo di Palosco, sempresmembrandosi dalla antica pieve matrice diTelgate.Lungo i secoli, da queste antiche pievi, sistaccarono altre chiese che divennero aloro volta capo di pievi, come Solto Collinaper tutta l'alta Valle Cavallina, e Predoreper la sponda bergamasca del Lago d'Iseo.

A Telgate rimasero soggette le parrocchiedella fascia collinare, partendo da Cenate,Trescore fino a Grumello del Monte.L'antica e vasta pieve di san GiovanniBattista di Telgate venne poi ridotta allequattro parrocchie limitrofe di Chiuduno,Grumello del Monte, Cividino e Bolgare.Le chiese battesimali ebbero un ruolo diprimaria importanza per le lorocaratteristiche ministeriali e per iriconoscimenti anche di carattereeconomico loro attribuiti da vescovi,imperatori, re, duchi e vassalli in generale.Il sacramento del battesimo venivaamministrato solo dopo una opportunapreparazione che durava anche anni, e lechiese in oggetto dovevano provvedere a«catechizzare, esorcizzare, fare scrutini,comunicare e ricevere pubblica penitenza,battezzare e conferire gli altri Sacramentialle persone della Pieve». (Così lo storicoRonchetti si esprime riferendosi a undocumento alla stesura del quale partecipòanche un cittadino telgatese di un certovalore, Lanfranco di Telgate, canonico dellacattedrale di sant'Alessandro, ai tempi delvescovo Guala).Il lavoro pastorale nelle chiese battesimaliera certamente notevole, specie inparticolari periodi dell'anno comeQuaresima, Pasqua, Pentecoste e la festadi san Giovanni, tempi forti in cui venivaconferito solennemente il battesimo; bastipensare che verso l'anno 1200 in una solagiornata (sabato santo), nella cattedrale diBergamo, fu conferito il battesimo solennecon sacra unzione dei crisma a più di millepersone, per immaginare quantomovimento e afflusso di popolo dovevainteressare anche le pievi rurali, tra cui lanostra stessa Telgate.II carico pastorale delle chiese battesimaliera compensato però da privilegi edesenzioni che costituivano un'appetibilegratificazione. Lo storico Lupo scrive:«Qualunque cosa gli antichi imperatori e re,le imperatrici ancora, e regine sì de'Romani, che de' Longobardi, o de' Franchi,o gli altri timorati di Dio avevan concedutoalla Santa Chiesa di Bergamo, oconfermato, debba in perpetuo stabilmente

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rimanere in di lei podestà. Che niun conte,o giudice, gastaldo, o qualunque altrapersona possa alzar tribunale, o esigeretributo, o obbligare a malleveria monasteri,ospitali, chiese battesimali, cioè pievi... (daltempo di Carlomagno e in avvenire)... eche niuno possa esercitar giurisdizione,non solo sopra de' chierici della dettachiesa, ma nemmeno sopra gli uominiliberi, o servi, che dimorano nelle case, osulle possessioni di detta chiesa, né su dilei livellari, né obbligarli ad alcuna pubblicafunzione, né esiger

cosa alcuna da essi, e nemmen servirsidella loro opera... sotto pena di sborsare dachi contravvenisse venti libbre d'ottimooro».

Essere quindi titolari, beneficiari ocomunque dipendenti della chiesabattesimale significava non poco e, in vistaanche di tali vantaggi, i posti di coloro chegravitavano per attività o appartenenzaattorno alla vita ecclesiale eranoparticolarmente ambiti, ricercati egelosamente difesi.

GLI ANTICHI ARCIPRETI E CANONICI:LA COLLEGIATA

Le pievi, per svolgere proficuamente i lorocompiti di evangelizzazione e assistenzareligiosa in vaste zone, necessitavano diuna congrua dotazione di sacerdoti ecollaboratori.Mentre nei primi secoli sacerdoti o diaconiresidenti in presbiterio con il vescovo sirecavano saltuariamente in diverse località,senza fissa dimora, a svolgere, a modo dimissionari, il proprio apostolato, formate lepievi, sorsero dei piccoli presbiteri localicostituiti da sacerdoti, diaconi e chierici chesi preparavano al sacerdozio (nonesistevano ancora i seminari), in numeroproporzionato all'importanza della pievestessa. Il loro compito specifico era quellodi catechizzare, battezzare, funerare ededucare convenientemente sotto il profiloculturale e spirituale i chierici futurisacerdoti.A capo del presbiterio c'era un prevosto oun arciprete che doveva coordinare illavoro pastorale e la vita comune.Per Telgate la vita comune del presbiterio èdocumentata fin dall'anno 820 e così lapieve con chiesa battesimale divennecollegiata (cfr. Muratori, Lupi, ecc .)Essa era costituita dall'arciprete, da cinquecanonici e da un chierico con ufficio dimaggiore di sacristia (il chierico potevaessere un semplice diacono oppure unsacerdote).I canonici erano così chiamati perchévivevano nella stessa casa con l'arciprete(detta canonica) e seguendo particolari«canoni» o regole di vita comunitaria.L'origine dell'istituzione canonica è dariferire, almeno indirettamente, a undecreto imperiale. Scrive il Lupo: «Inquesto stesso anno 816 fu tenuto perordine de/l'Imperatore Lodovico Pio unConcilio in Aquisgrana, nel quale oltre lealtre salubri costituzioni fu approvata la

regola di una vita comune, che canonica sichiamò, per essere composta a norma deicanoni in questo Concilio stabiliti, daintrodursi e serbarsi in tutte le chiesemaggiori del suo Impero, e perciò anche inItalia, ove infatti largamente si diffuse.Quindi il Clero maggiore, ossia gliEcclesiastici di esse Chiese furonochiamati Canonici».Un decreto di papa Gelasio (+ 496)imponeva che le chiese dovevanoassicurare vitto, vestito e alloggio al clero, ilquale doveva officiarle. La base economicacostituiva quindi un elemento nonsecondario della vita di una parrocchia,quando poi questa aveva in servizio unnumero discreto di persone, come nel casodi una collegiata, l'esigenza amministrativarichiedeva l'impegno costante ecompetente di almeno una persona delpresbiterio con funzioni di amministratore oeconomo denominato canevario.Le entrate della collegiata derivavano darendite di beni stabili e da decime che sipagavano non solo da campi di Telgate maanche da altre terre circonvicine. Leproprietà e i diritti canonici erano incontinua crescita e la loro consistenzadivenne notevole, grazie alle legislazionidell'epoca longobarda prima e dellacarolingia poi.Ancora prima dell'anno 1000, nell'epocacarolingia, quando il vescovo di Bergamodivenne feudatario di quasi tutta la valleCalepio e di tanto altro fertilissimo territorio,alle chiese rurali plebane venne confermatoil pacifico possesso dei beni di anticadotazione e imposto che il numero deichierici o canonici fosse proporzionato alleecclesiastiche sostanze «le quali in questeprovincie non è da credersi che fosseromolto tenui» (Ghirardelli).

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L'inizio di un documento, tra i tanti conservati nell'archivio parrocchiale, lungo oltre venti pagine, datato maggio1308, che fissa privilegi e diritti per i canonici di Telgate, inerenti prebende, rendite e decime gravanti sui benefici.

Sulle amministrazioni delle rendite,prebende e benefici vigilava il vescovomediante i suoi vicedomini «i quali nefacevano quattro parti giusta la celebredivisione di tanti canoni, ed anchecostituzioni de' principi stabiliti. Una di esseera assegnata al vescovo, per suosostentamento, e per esercitare l'ospitalità,che in quei tempi era lodevolissimamentein grand'uso, l'altra da dividersi ad ogniindividuo del Clero a proporzione delladignità e carico di ciascheduno, la terza amantenimento dei poveri, e la quartafinalmente era impiegata per la fabbrica,riparazione, ed illuminazione de' sacritempli e a ristorare altri edifizi alle chiesespettanti. Alle pievi e relativo clero sembraessere stato concesso l'uso delle decimeed oblazioni coll'obbligo però di darnefedelmente la terza o la quarta parte allacattedrale, ossia al vescovo, e renderned'anno in anno esatto contodell'amministrazione ed impiego almedesimo» (Lupo).In un documento dell'anno 798 si legge laragione della corretta destinazione dei benidegli ecclesiastici anche in caso di mortedei beneficiari: «Quello che era dalleecclesiastiche rendite sopravvanzato all'onesto mantenimento degli ecclesiasticidoveva essere disposto a favore della

Chiesa e de' poveri, giusto era che allaChiesa medesima ritornasse,amministratori essendone eglino, nonassoluti padroni». Tale doveva esserecertamente la disciplina ecclesiastica cheregolava anche la collegiata di Telgate, chepur godendo di una certa autonomia digestione era legata al periodico rendicontonei confronti dell'autorità diocesana.L'archivio parrocchiale ancora oggiconserva molti faldoni di atti di proprietà,permute, accettazione di donazioni,cessioni, ecc., compreso un interessanterotolo di pergamena e una preziosa serie diantichi disegni mappali, a riprova dellaconsistenza beneficiaria della chiesa di sanGiovanni Battista. D'altra parte è a tutti notocome il beneficio di Telgate sia statoconsiderato da sempre come uno dei piùvasti e ricchi della diocesi. È interessantepure notare come a Telgate, fin dai tempiantichissimi, avessero proprietà e beneficianche il patriarca di Aquileia, l'arcivescovodi Ravenna e persino il cardinale GuglielmoLongo che nel 1309 cedette per donazioneal nipote Ciacopo del fu Giovanni de'Longhi ogni suo avere e possesso.Nel corso del '700 ancora un beneficio eraappannaggio di un prelato residente inRoma (scudi 70), un altro del Teologo dellaCattedrale e Vicario Generale (scudi 30),un Canonico della Cattedrale godeva una

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Antica mappa di casa colonica con adiacenze, facente parte delcomplesso beneficiale della parrocchia di Telgate.

rendita beneficiale di scudi 200 e duepossessioni, sempre in Telgate,dell'Abbazia di Vall'Alta godute dalcardinale Cornaro rendevano scudi 600.Naturalmente ai canonici incombeva purel'obbligo di soddisfare ad alcuni e ancherilevanti oneri di spesa.La vita comune aveva le sue esigenze;occorreva provvedere all'assunzione e almantenimento del personale di servizio,alla disponibilità dei mezzi di trasporto perraggiungere zone lontane per attivitàpastorali (cavalli e carri), alla manutenzionedelle strade di campagna (con ghiaia emuretti di sostegno), e soprattutto alloscavo e relativa periodica pulitura o spurgodei canali e fossati per l'irrigazione deicampi di proprietà beneficiaria (i primifossati d'irrigazione, di cui alcuni oggiancora esistenti in Telgate, sono fruttodell'opera di promozione agricola intrapresadai canonici dell'antica collegiata). Aicontadini era permesso di far usodell'acqua per irrigare i loro poderi, e a chiaveva fondi vicini alle seriole, di poterpiantare sulle ripe salici e altri alberi. Salvasempre la proprietà del fossato che era deicanonici.Sarebbe pure interessante guardare un po'da vicino la provenienza sociale di coloroche formavano il presbiterio canonicale:nobili o ad essi legati. Secondo l'anticadisciplina il vescovo veniva nominato

per libera elezione dal clero e dal popolo, asua volta il vescovo assegnava benefici eprebende alle collegiate e quindi agliarcipreti e ai canonici, mentre gli arcipretivenivano nominati dai rettori e collegi dellechiese che costituivano l'intera pieve. Icriteri di elezione e di nomina non semprefurono ispirati a vero rigore, anzi talvoltavenivano segnalati casi di malcontento,specie quando i sovrani e i principiiniziarono a intromettersi nell'assegnazionedelle investiture ecclesiastiche. Un conciliocelebrato in Roma nel febbraio del 1075 dapapa Gregorio VII, proibì sotto pena discomunica tale ingerenza: «Infatti siconferivano dignità ecclesiastiche ecollazione delle chiese a chi più largamenteofferiva, con che venivano bene spesso acader le chiese in mano a chi meno lemeritava, restando neglette le personedegne» (Ronchetti).Merita attenzione un documento del 1316(che il Ronchetti trasmette per intero) in cuisi riferisce la nomina di un arciprete diTelgate ad opera dei preti e dei chiericititolati delle parrocchie minori, che served'esempio sulle modalità di nomina deirettori di pieve.La circostanza fu drammatica. L'arciprete diTelgate Viviano di Mezzate era fuggito dalpaese, insieme con tutti i canonici,

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«metu belli civili», cioè per la paura dellelotte civili, che infuriavano terribili nellazona e nel paese, tanto violente checausarono anche la distruzione della casadell'arciprete e dei canonici, e persinodanni all'edificio della chiesa. (Vedasi piùavanti il capitolo: «Lotte di fazione: Guelfi eGhibellini»).L'arciprete Viviano morì in conseguenza disimili tragici eventi. Per la nomina delsuccessore si unirono i canonici di essachiesa (Telgate), i rettori e gli altri chiericidella pieve, e furono i preti Giovanni eGregorio di Tagliuno, Alberto di Terzo eAidino di Grumello Canonici, Pellegrinodella Crotta, e Matteo de' Longhicontendenti fra loro sopra un canonicatodella stessa Chiesa, don Terano di Terzipriore del Monastero di san Paolo d'Argon,Simone Chierico della Chiesa de' ss.Michele e Alessandro di Trescore, TeutaldoRettore e Pellegrino della Crotta chierico disanta Maria di Chiuduno, Gerardo Rettore,Lanfranco de' Supelegi, Lanfranco dettoCicala, e Ardicio de' Bonghi Chierici de' ss.Maria, e Martino di Bolgare, Pietro Rettoree Gandino di Gandino Chierico di ss. Siro eTrinità di Grumello, Lamberto di Rivola Ch.di s. Andrea di Gorlago, Pergamino Rettoree Matteo di Niardo Ch. di s. Stefano, PietroRettore Vaschino de' Suardi, e Bonino de'Domicioli Ch. di s. Giorgio di Zandobbio,Collione e Zambone de' Carpioni Ch. di s.Felice di Gorlago, Mariano de' Mutti Rettoree Martino de' Mutti Ch. di s. Pancrazio diGorlago, Roggerio Rettore e Albertino diCastello Ch. di s. Pancrazio di Tresolzio diGorlago, Raimondo de' Capitani Rettore eRaimondo de' Ficieni Ch. de' ss. Giorgio diLantro e di Chu, e Antolino di MonticelloChiese, che fanno un sol corpo, PietroLanfranco Rettore e Pietro di Cenate Ch. diS. Martino di Cenate, Lanfranco eGerardino de' Calegari beneficiati di s. Gio.di Cantono di Trescore, Salvino degliAlessandri Ch. di s. Nazario di Cenate, Gio.Rettore e Gio. di Chignolo Ch. di s. Pietrodi Trescore, Guido Rettore e Pietro de' Ta,Credi Ch. di s. Cassiano di Trescore,Ubertino Ch. della stessa Chiesa,Lanfranco de' Zucchi e Lanfranco delPozzo Ch. di s. Stefano di Trescore,Todesco della Torre, Benedetto di Vertovae Lanfranco del Bianco Ch. di s. Maria diNiardo. Eranvi inoltre le procure diGisalberto altro chierico di s. Giorgio diLandro e di Chu, di Zilio Rettore di s.Michele ed Alessandro di Trescore, diPinzon di Gorlago Ch. di s. Andrea diGorlago, dell'Abbadessa, e delle monachedel Monastero di s. Pancrazio di Trescore.Quindi invocata dal canonico Terzil'assistenza dello Spirito Santo passaronoall'elezione dell'arciprete.

Il restante della pergamena essendo quasitutto corroso, non si può comprendere chisia stato eletto. Da essa impariamo qualifossero le chiese allora soggette alla pievedi Telgate, delle quali molte ora più nonesistono.La forma rigida di vita comune durò per icanonici di Telgate fino all'anno 1308, annoin cui il vescovo Giovanni di Scanzointervenne direttamente per effettuare unariforma di tale canonica, tacciata di cattivaamministrazione dei beni comuni, specieper quanto si riferiva alla divisione dei fruttidelle prebende, decime e spettanze varie,origine di contese e contrasti tra i singolicanonici e lo stesso arciprete. La riformadei rapporti economici tra l'arciprete Pazioe i Canonici portò alla seguentesuddivisione di terreni in godimento:all'arciprete furono assegnati 13appezzamenti, al primo canonico 18, alsecondo 24, al terzo 18, al quarto 17 e alquinto 15. (15 maggio 1308 - Dalla stampaComunità di Telgate, anno 1780 circa).La collegiata continuò ad esistere ma convita sempre più incerta; a poco a poco i varicanonici rimasero lontani dal paese e,soprattutto dopo la distruzione della casacanonicale, elusero l'obbligo dellaresidenza pur continuando a percepire ifrutti dei rispettivi benefici.Un verbale degli atti della visita di sanCarlo Borromeo elenca i canonici diTelgate in carica nell'anno 1575 e lacomposizione della collegiata.

«Arciprete: prevosto Pietro Maria dePerachis, residente.Can. d. Pietro Marco de Corvinis, dottore inutroque iure, vicario vescovile di Bergamo,non residente.Can. d. Simone Brambilla, non residente.Can. d.Prospero de A ugustis, parente delcard. Albani, non residente.Can. d. Viviano Zambelli, non residente.Can. d. Giovanni Antonio Galasino, nonresidente.Custode Gerolamo Vavassori,residente».

Per favorire il ripristino della residenza ilVisitatore del cardinale Borromeo impose diriedificare e ampliare le sedi canonicalidistrutte, utilizzando uno spazio di terrenomesso a disposizione spontaneamente egratuitamente da don Ventura Marenzi, mapurtroppo non se ne fece nulla.La collegiata così alla meno peggio sitrascinò fin oltre il 1600, poi fu scioltad'autorità e i benefici relativi furono divisi tral'arciprete, la parrocchia di san Pellegrino,povera e senza reddito (10 marzo 1773) esuccessivamente il vicariato di san Micheleall'Arco in Bergamo, sprovvisto diconsistenza patrimoniale.

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IL CASTELLO: POTENZA E PROTEZIONE

Pur non escludendo la presenza in Telgatedi antichissime opere di fortificazione odifesa, la costruzione del castello vero eproprio è da attribuirsi ai conti Gisalbertini,quale testimonianza appariscente edeloquente della vastità dei loropossedimenti in Telgate, documentati giàprima del 1100.I Gisalbertini erano i discendenti diGisalberto, vassallo di Berengario che nel922 fu nominato conte di Bergamo dal reRodolfo, salendo così alla più alta caricadel regno.Gli successe come conte il figlio Lanfranconel 945, ottenendo anche il titolo di contepalatino. Da allora in poi gli appartenenti aquesto ramo laterale gisalbertino svolseroper secoli un ruolo decisivo nella storiabergamasca, avendo reso ereditaria per laloro famiglia la contea.Nel volgere di breve tempo i contidiscendenti dell'avo Gisalberto esteseropossedimenti e poteri di governo su territoriassai vasti; infatti in villaggi di loropertinenza costruirono ben 24 castelli,offrendo protezione ai sudditi ericavandone dominio e legittima servitù.Il castello serviva alla protezione dellapopolazione, infondendo sicurezza controle minacce di eventuali invasori e, con lasua territorialità, era base di unordinamento di precisa personalità giuridicae amministrativa.Pure il castello di Telgate aveva questafunzione; era di notevole estensione,protetto da mura di solide pietre squadrate,cinto da fossato e dominato da parecchietorri in parte conservate: una è ancora benvisibile in via Torre, un'altra in via Arici, lapiù alta e la più vicina alla residenza deisignori, venne utilizzata successivamentecome torre campanaria. Tali opere difortificazione diedero origine ad alcunitoponimi locali come, appunto: via Torre,contrada della Fossa, contrada delle Mura,ecc. (cfr. catasto Lombardo-Veneto pressol'Archivio di Stato di Milano).L'anno 1097 segnò una data e una svoltamolto importante per Telgate perché ful'anno dell'investitura dei fratelli Bonizone eLanfranco su tutta la curtis di Telgate perl'opera di Alberto e del fratello Lanfranco IVde Martinengo, signori di Calepio ediscendenti dei conti Gisalbertini, avvenutain presenza di numerosi personaggi dellanobiltà bergamasca.Dagli storici Lupo e Ronchetti ricaviamo ildocumento di tale investitura feudale: «Ilgiorno di Venerdì presso la chiesa di sanStefano di Gerate (forse Carobbio degliAngeli) i suddetti Alberto e Lanfranco colbastone che avevano in mano diedero a

Bonizone e Lanfranco di Telgate ilpossesso, e l'investitura a titolo di feudodella corte di Telgate sin dove gli uomini diquella corte tagliano, e pascolano, eparimenti del castello, e di tutta la villaossia pieve, e degli uomini appartenenti adessa corte colla facoltà di giudicare econdannare sopra cinque sorta di delitti,cioè furto, rapina, frattura di capo,spergiuro, e adulterio. Si dichiaranosottoposte a questo feudo altre giurisdizionicirconvicine chiamate distretti, cioè quellodi Arialdo prete, e di Arialdo suo figlio,quello di Giovanni Arciprete del luogo diGrumello, e de' suoi figlij, nepoti, econsanguinei, que' parimenti della chiesa diS. Stefano, della chiesa di S. Pietro delluogo di Boldescio, della canonica e dellapieve di Telgate, e d'ogni affitto, decima,uso, e condizione nella stessa guisa, chepossedevasi dà mentovati Alberto eLanfranco per ragioni della Castellaniaossia Signoria loro sopra il castello diCaleppio con tutte le contribuzioni dovuteda codesti territorij ad essa soggetti. Taleinvestitura è perpetuamente fatta a favoreanche de' figlij, eredi, e proeredi maschij dide' medisimi Bonizone e Lanfranco, i qualiperciò sborsarono ai due fratelli diMartinengo duecento lire milanesi». (..)La grossa somma che Lanfranco eBonizone dovettero pagare è molto piùelevata dell'interesse che solitamente erarichiesto per un feudo, per cui potrebbevenire il sospetto che, dietro la facciata diun'investitura feudale, si sia concluso uncontratto di acquisto che fece entrare i duein possesso di un significativo complesso dibeni e di diritti.In tale occasione i signori di Calepio nonfecero investitura a Bonizone e Lanfrancodella sola curtis di Telgate dipendente dalloro castello e fortificata da un castrum, maanche della parrocchia e delle decime chele affluivano (così il Ronchetti); nel sec. XIinfatti, in molti territori le decimeappartenenti all'episcopato di Bergamo eCremona in particolare, erano cadute nellemani di potenti feudatari e castellani.L'ingerenza laica in atti parrocchiali divennenotevole e fu causa di non poche contesefra ecclesiastici e signori feudatari.L'infeudamento del 1097 mostrachiaramente quale estensione di dirittieconomici, finanziari, giurisdizionali epersino ecclesiastici i conti Martinengo (diun ramo laterale dei Gisalbertini), in qualitàdi signori dei Castelli Calepio, avesseroacquisito e concentrato intorno al castrumdi Telgate, in modo che ne potesse sorgere

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Un torrione del castello dei conti Marenzi. Si dice che in Telgate le antiche torri fossero sette, benché nessundocumento lo comprovi la cosa potrebbe essere plausibile.

un ampio distretto con un proprio dominio.La brama di potere dei castellani erafrenata da nessuno, specie in presenza diun regno incapace di controllo e disorveglianza, nel tentativo di ottenere uninflusso sull'ordinamento ecclesiastico e,eventualmente, di trasformarlo a propriofavore. Talché spesso i castellani siappropriavano illegalmente di parte delpatrimonio della chiesa e minacciavano lapopolazione, in alcuni casi anche conprepotenza spaventosa, in forza anche deidiritti acquisiti di poter giudicare e perciòanche condannare i sudditi per i delitti.Jòrg Jarnut, nel suo libro «Bergamo 568 -1098», edito dall'Archivio Bergamasco nel1981, dal quale sono state tratte parecchiedelle notizie sopra riferite, scrive nelriassunto conclusivo: «...di fronte aldisgregarsi delle vecchie posizioni dipotere, si consolidarono quelle nuove dellegrandi famiglie, tra le quali i diversi rami deiGisalbertini continuarono a svolgere unruolo di primo piano. Essi acquisirono,legittimamente o illegittimamente, diritti cheun tempo spettavano al re o al conte».

L'avere investitura su possedimenti inTelgate, non solo parrocchia ma anchepieve, dove spesso affluivano riscossioniprovenienti da vasti territori di vita rurale,rappresentava una posizione moltofavorevole per la fondazione di un dominiobasato sul castello e nello stesso tempouna forte opportunità per esercitarepressione anche sulla chiesa parrocchiale.In tale contesto di poteri e interessisoprattutto la figura dell'arciprete erachiamata a svolgere un ruolo assaidelicato, quale elemento equilibratore diposizioni e interventi.L'arciprete doveva tenere in un certo contoil castellano, ma anche il castellano dovevatenere in un certo conto l'arciprete.Difficilmente si finiva in scontri diretti, ancheperché i chierici rappresentavano unapercentuale non trascurabile del cetomedio e superiore, e quindi dalle famiglienobili venivano scelti ed eletti i reggitori diparrocchie importanti, sovente imparentatitra loro.

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Antica torre del castello Marenzi, con adiacenze rurali in via Torre,come appariva prima dei recenti restauri e rifacimenti.

Per quanto riguarda Telgate basti ricordareche questo fu il periodo in cui venneronominati arcipreti: il conte Oberto de'Cortinovis, Adelasio Bartolomeo eLantelmo degli Adelasi, tutti appartenenti apotenti e nobili famiglie. In simile situazionenon potevano che alternarsi tra castello eparrocchia posizioni anche tra lorocontraddittorie, ispirate di volta in volta a

diplomazia, compromesso, ragion di stato,minacce, prudenza, minor male,intransigenza, ecc. Tutta materia assaidifficile da trattarsi. Gli anni «esplosivi»però per la vita dei castelli e di tutti gliabitanti furono quelli delle lotte tra i Guelfi ei Ghibellini e, per stare alla nostranarrazione, tra bergamaschi e bresciani.

LE LOTTE FRATRICIDE:BERGAMASCHI CONTRO BRESCIANI

Il possesso di un castello significava ilgodimento di tanti privilegi che equivaleva acreare su un vasto territorio un dominioquasi assoluto, da ciò si deducel'accanimento che i signori ponevano nellaconquista e nelle difesa dei loro feudi. Unaquestione protrattasi per molti anni e checostò un altissimo prezzo in vite umane e didistruzioni ebbe inizio nel 1156.I bresciani pretendevano il possesso deicastelli di Volpino, Ceredello e Caolino; ibergamaschi vi si opponevano,

e fu aspra guerra. Molti storici lasciaronodocumentazioni della vicenda, inparticolare Jacopo Malvezzi, Muratori,Siccardo, Galvaneo Fiamma, e tanti altri.I bresciani avanzarono fino a Palosco, ibergamaschi li affrontarono ma, con«battaglia animosamente attizzata», ancheperché inferiori di numero, furono battuti,lasciando in mano bresciana circaduemilacinquecento prigionieri e sul campoquasi altrettanti caduti.

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Uno scorcio dei resti dell'antico castello Marenzi

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Scena di battaglia in un disegno di HansHolbein. Nella mischia furiosa sidistinguono le armi dell'epoca: alabarde,spadoni, spade e pugnali.

Un altro particolare del castello Marenzi.

Si venne a trattati di pace e i nostri cedettero allachiesa di Brescia i castelli ragione della contesa. Lapace fu trattata e conclusa il 21 marzo 1156 tra lalocalità di Mura e Telgate, presso la chiesa di sanMichele (appartenente a Telgate), in presenza di altepersonalità ecclesiastiche e civili che «si impresserobaci di pace e firmarono i patti con giuramento».Ma questa pace non fu ferma. Poco dopo le duepopolazioni furono nuovamente in contesa per icastelli situati sulla sponda occidentale del LagoSebino (probabilmente i medesimi di prima).I bergamaschi «colto il tempo opportuno fecero unafuriosa incursione su quelle terre e nuovamente leoccupa rono». Nel 1191 i bresciani indussero i contidi Calepio a cedere ad essi i castelli di Merlo,Calepio e Sarnico. I bergamaschi chiesero aiuto adaltre popolazioni nemiche dei bresciani, e così inpoco tempo, tra Palosco e Telgate ove per otto giornirimasero accampati, si riunirono cremonesi, pavesi,lodigiani, parmensi, ferraresi, reggiani, bolognesi,mantovani, veronesi, piacentini e modenesi.Sembra incredibile che il possesso o la difesa dicastelli avesse tanta forza di mobilitazione. Non èdifficile immaginare ciò che in Telgate dev'essereavvenuto in quei giorni.In battaglia poi successe di tutto, paesi interi furonocoinvolti in distruzioni, saccheggi e rovine (Cividate,Romano, Cortenuova) e persino un ponte, costruitosul fiume Oglio dai cremonesi per invadere ilterritorio bresciano, «per la gran calca caddeall'improvviso e ne restò gran moltitudine affogata».

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Fu nuova sconfitta. Il Fiamma annota cherimasero annegati 500 cremonesi, 1.100bergamaschi, più di mille morti col ferro,cavalli, il carroccio e innumerevoli carripersi come bottino, ottocento prigionieri,ecc. Il grave infortunio, causa della disfatta,passò alle cronache con il nome di«Malamorte».Il 14 gennaio 1192 si tennero trattative enuova conclusione di pace. Le parti incausa si scambiarono il bacio in segno diamicizia e fu stabilita la pena di millemarche d'argento per chi avessenuovamente violato i patti. Nessunadecisione però fu presa circa la proprietàdei castelli, solo nel 1198 fu definita pertransazione, con riconoscimento pieno delfeudo di Calepio per i conti di Martinengo,

il reintegro di ogni Chiesa e persona neirispettivi possessi, definitiva convenzionesui confini tra bresciani e bergamaschi. Ilcastello di Volpino fu demolito perché nonfosse più conteso da nessuno.«L'atto fu rogato in giorno di martedì 9agosto 1198 nel prato di S. Pietro di Valico(in territorio di Telgate) sotto una noce,dov'era una chiesa poco lungi da Palazzoloverso Telgate» (Ronchetti).In simili tristi vicende Telgate non fusoltanto località dagli storici citata per itrattati di pace, ma anche coinvolta nonpoco sia per il reclutamento e passaggiodelle varie milizie e sia per tutti i rischi e idanni derivanti dall'essere località diconfine tra le opposte fazioni deicontendenti.

LE LOTTE DI FAZIONE: GUELFI E GHIBELLINI

Le lotte fra bresciani e bergamaschi, anchese aspre, furono un semplice«allenamento» a paragone delle lotte fraGuelfi e Ghibellini.Scrive il Ronchetti: «Gravi contrastiaffliggevano la misera Italia e la Lombardia,infierendo ovunque le fazioni dei Guelfi cheseguivano il partito, come diceasi dellaChiesa romana, e dei Ghibellini, chemilitavano contro a favore dell'Impero».Fu un intrico indescrivibile di lotte, rivincite,vendette e sopraffazioni che videro contesee battaglie all'interno dei comuni stessi,lotte e discordie fra chi era già al potere echi desiderava andarci, lotte tra le varieclassi sociali e tra i diversi membriall'interno delle classi stesse.Le «maledette fazioni» come scriveva ilCelestino, imperversarono in tutto ilBergamasco e nel Bresciano. Incendi,distruzioni, incursioni, vendette siconsumavano nell'interno dei paesi, oppuretra comuni della stessa zona. « Veri,seppure piccoli, eserciti di persone armatemuovevano dagli opposti confini dellaprovincia o del comune, cogli emblemi deiloro partiti, portando ovunquemorte» (Castello Castelli: ChroniconBergomense Guelpho - Ghibellino).Nel 1296 iniziarono le lotte tra i Suardi e gliaderenti Ghibellini contro i Colleoni e i loroassociati Guelfi, cui poi si aggiunsero iRivola, i Borghi e altre forti famiglie.Le cronache registrarono commenti egiudizi pesantissimi, specie in riferimento aincendi e distruzioni persino del palazzovescovile

e di numerose chiese, senza contare case,palazzi e castelli.Nel 1316 anche Telgate dovette subirel'urto di tanta lotta. Le conseguenze furonodisastrose perché, anche se il castelloresistette pur riportando evidenti danni,molte case degli abitanti furono abbattute oincendiate. L'antica chiesa risultò parecchiolesionata e l'abitazione dei canonici edell'arciprete, anche perché adiacente alcastello, fu letteralmente rasa al suolo. Ilterrore spinse la popolazione a cercareriparo nelle campagne e nei paesi limitrofi;persino l'arciprete Viviano di Mezzate contutti i canonici abbandonò, in precipitosafuga, la parrocchia rifugiandosiprobabilmente al suo paese d'origine e nonfece più ritorno. Lo spavento, i disagi eforse l'età avanzata lo portarono in pochigiorni alla morte che lo colpì «esule»,vittima, come tanti suoi parrocchiani,dell'odio delle fazioni di parte. Così lasciòscritto il Ronchetti: «...avvenuto per larabbia de' fazionari, i quali non contentimolte volte d'aver spinto fuori dalla patriagli emuli, inferocivano contro gli edificidiroccandoli sino da' fondamenti, e nespianavano delle intere contrade. Che icani vadano in collera contro un sasso loroavventato ci fa ridere; ma che uomini dotatidi ragione, quando non possono esercitarela loro rabbia contro li cittadini nemici,vadano a incrudelire contro le case, eperfin anche contro le chiese, niun potràmai attribuirlo, che ad un pazzo e ciecofurore».

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Uno scontro tra cavalieri guelfi e ghibellini.Questi ultimi sono riconoscibili per l'insegna imperiale dell'aquila.

A portare nuovo ferro e fuoco intervenne daMilano anche Bernabò Visconti, (luglio1362) che «incrudelì contro i Guelfi, e nefece parte impiccare, parte abbruciare,uomini e donne. Continuò ad aggravare ibeni delle Chiese senza alcun timore diDio. Mosse pien di superbia esorbitantipretese contro la Corte Pontificia. Anchenell'anno 1363 dava Bernabò ad ogniGhibellino piena balia di ucciderequalunque Guelfo, e di abbruciargli le case,dal che seguivano infiniti omicidi,estorsioni, tirannie ed incendi de' piùcrudeli, che mai sieno stati, durando più diun anno i progressi di tali barbarie» (Lupo).In seguito anche i Guelfi presero le lororivincite, per essere poi di nuovo sopraffattie indi tornare alla riscossa, in un alternarsidi rivincite e insuccessi in una tramaindescrivibile per complessità, durata egravità di rovine e lutti.In questo periodo tennero corte in Telgate icomponenti dell'antica e nobile famiglia deiVavassori, divenuti signori del castello, aiquali subentrarono nel 1387 i nobili Marenziche compirono anche lavori diconsolidamento e di ristrutturazioneall'intera opera di fortificazione,convertendo parte dell'antico castello insignorile abitazione.Quella dei Marenzi era una ricchissima epotente famiglia con proprietà anche aSarnico, Tagliuno, Cividino e molte altrelocalità della bergamasca.Erano trascorsi appena sei anni, da quandofurono ultimati i lavori di ammodernamentoche i Marenzi avevano operato nel lorocastello e residenza, che tutta Telgatecorse un nuovo gravissimo pericolo; le lotte

di fazione si svolsero nel suo circondarioaccanite come non mai e il risultato fu chenel 1393 Tagliuno e Grumello vennerodistrutti dal fuoco avversario ecompletamente rovinati.Telgate, parteggiante per i Ghibellini,(Arrighino Marenzi in un manoscritto del1395 è citato come capo ghibellino) nelmaggio 1407 subì l'occupazione diPandolfo Malatesta e di suo fratello Carlo,signore di Rimini, che conquistarono pure iterritori di Tagliuno, Grumello, Chiuduno ele torri di Gorlago, aprendosi così la via pergiungere al dominio di Bergamo edell'intera provincia.Le genti dei Malatesta non furono certotolleranti, anzi, si legge che anche inTelgate commisero orrori inauditi.Naturalmente i nobili Venturino Marenzi e ifratelli furono costretti a cedere ogni poteresul castello e le relative competenze.Tuttavia, il 4 marzo 1483 i fratelli Cristoforoe Orlando Marenzi riuscirono a liberare ilcastello occupato dal contestabile di Milanoe a passarlo al Gonzaga, generale dellaRepubblica veneta. L'operazione fupossibile, grazie a uno stratagemmaescogitato dai Marenzi, però purtroppo gliantichi scrittori che riferiscono il fatto nonspiegano i particolari dell'astutoaccorgimento.Il 20 maggio 1440 i fratelli MarenziVenturino, Bertolino, Cristoforo, Rolandino,Marenzo e Baldino furono reintegrati nelpieno possesso delle loro proprietà e,successivamente con il consolidamentodella dominazione di Venezia, trovaronosostegno e appoggio all'affermarsi dellaloro consistenza economica.

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Nell'evolversi di tante disastrosesituazioni ambientali e politiche svolseroil loro ministero sacerdotale in Telgate gliarcipreti: Pazio nel 1296, Viviano daMezzate fino al maggio 1315, uno di cuinon si conosce il nome, Alisio daClusone dal 1346 e il conte GiovanniSuardo dal 1347.Quale traccia abbiano lasciato della loroopera non è possibile stabilirlo condocumentazioni, ma non sembra siadifficile valutarlo con intuizioni ededuzioni.Alla gente disorientata, impaurita etalvolta disperata, l'arciprete dev'essereapparso come il più sicuro punto diriferimento, e non solo per l'aspettospirituale. Pare di sentirli quei sacerdoti,dal pulpito, invitare alla concordia, allasolidarietà, alla nonviolenza, allanecessità di essere pronti a presentarsial tribunale di Dio, alla riflessione suinovissimi, all'assidua frequenza dellachiesa, alla preghiera, ai sacramenti.Forse, dati i tempi e la preparazionedottrinale, non tutti sempre saranno statiall'altezza delle difficili situazioni, ma ècerto che devono aver fatto non solo delloro meglio ma tutto il possibile, anzitalvolta forse anche l'impossibile. Lozelo, il coraggio e la tenacia nelpromuovere il bene, ai nostri antichipastori d'anime, non hanno mai fattodifetto.Allora, come avviene nei momenti piùgravi della vita delle popolazioni, in unimpetuoso risveglio di fede, in unadisperata invocazione della bontà di Dio,in un tragico appello ai violenti in nomedei castighi d'oltre la vita, e a imitazionedi moti forestieri e specialmenteprovenzali, cominciarono le cosidetteprocessioni dei Bianchi (disciplini).Nell'agosto 1399, lunghe processioni digente in bianche vesti, che invocavano«pace e misericordia» e cantavano innisacri, specialmente lo «Stabat Mater», simisero in moto per il territoriobergamasco, passando con la crocedove erano stati il sangue e la rovina. Sisnodarono per moltissimi paesi dellapianura, nella città e nelle varie vallate.Clero, nobiltà e popolo si trovarono unitiin preghiere penitenziali e volontà diriconciliazione. Tra gli uomini, le donne ei perseguitati vi erano gli stessiresponsabili di tanta rovina, poiché adessi era stato concesso unsalvacondotto perché potesserointervenire, come espressione diriaffermato desiderio di pace.

Schizzi indicativi degli stemmi dei conti Marenzi.Scudo con aquila nera su fondo giallo, tre fasceoblique a scacchi bianchi e blu su fondo giallo(dallo Stemmario Carrozzi presso la BibliotecaCivica Angelo Mai di Bergamo).

In alcune zone si contava una presenza dipersino sedicimila persone, come nellaconfluenza tra la valle Imagna e Brembana.Nessuna chiesa poteva contenere tantamoltitudine di devoti, perciò le prediche dipadri domenicani e le celebrazioni delleMesse avvenivano all'aperto.La più grandiosa assemblea, di ritorno dallaValle Seriana, si formò al colle della Fara incittà, il 12 settembre 1399, e in taleoccasione, dopo una predica di frate Luigi diScalve, i più importanti cittadini, anche coloroche da tempo erano mortali nemici, siabbracciarono, si baciarono e giuraronoamicizia e fraternità sul vangelo.Questo stesso movimento di popolo contribuì,purtroppo, a diffondere la grave epidemiapestilenziale che appunto verso la fine del1399 afflisse la città. La peste in tre mesiprovocò la morte di quasi ventimila persone incittà e ottantamila nell'intera bergamasca.I parroci e gli arcipreti, in tanta desolazione, siprodigarono intrepidamente.Passavano di casa in casa a portar confortoai parrocchiani colpiti,

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riproduzione del brano tratto dal libro Effemeride sagro-profana di padre Donato Calvi, dove si narra di un fattocriminoso avvenuto in Telgate nel 1620.

scorcio di uno dei tanti cortili rustici come ve ne eranomolti un tempo in Telgate.

per precauzione contro il morboindossavano vesti di tela cerata tutte levolte che si recavano a confessare gliammalati e quando tornavanodall'amministrazione dei sacramenti, conuna bacchetta che tenevano in mano,facevano segno a quanti incontravano discostarsi e fare attenzione per il pericolodi contrarre contagio.Anche molti preti morirono di pestecontratta nello svolgimento del loroministero e affranti dalle fatiche pastorali,lasciando esempi luminosi di carità efedeltà ai loro parrocchiani.I cadaveri delle vittime della terribileepidemia furono sepolti nella calce infosse comuni, ricordati e venerati, tantoche non vi è località del bergamasco checon cappellette, lapidi o altari, non ricordii morti delle varie pestilenze.Con l'avvento del dominio veneto anchele fazioni persero la loro spintaaggressiva e nel 1428, come segno diritrovata unità, le bandiere gialle deiGuelfi e quelle rosse dei Ghibellini sifusero in un unico stendardo ogonfalone, dando così origine allostemma della nostra città che tuttoramantiene il giallo e il rosso come coloricomponenti.

TELGATE DA IERI A OGGI

Negli ultimi recenti secoli non si trovanonella storia del paese avvenimenti tantorilevanti da dovere essere segnalati.L'antica importanza e nobiltà hannosubito un progressivoridimensionamento, anche a motivo diuna costante crescita altrui che haprodotto un più equilibrato rapporto divalori nell'ambito del circondario.Caduta l'importanza dell'antica stradache fece la fortuna della primitivaTelgate, sostituita da altre ben piúrazionali vie di comunicazione, il paeserestò quasi tagliato fuori dalle direttricidei grandi traffici; solo recentementel'autostrada lo ha rimesso in corsa.Caduta l'importanza delle antiche chiesebattesimali e collegiate, non rimase chel'onore di vicaria plebana, fino a unrecente passato.Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano IInella nostra diocesi si è proceduto però aun radicale riordino delle giurisdizioniancora legate alle antiche istituzionivicariali.

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documento comprovante il ruolo di frazione riservato a Telgate,anche se per breve tempo, durante la dominazione napoleonica.

Dopo un esperimento di suddivisioni in«Zone pastorali» per opera del vescovoClemente Gaddi si passò, con decreto delvescovo Giulio Oggioni, all'abolizione di tuttele vicarie, cancellando così un'istituzionemillenaria che nei secoli ha svolto ruoli emansioni di grande rilievo ed incidenza nellavita delle parrocchie.Le antiche vicarie sono state sostituite congli attuali «Vicariati locali» che, semantengono con le prime una evidenteassonanza di denominazione, sidifferenziano da esse enormemente percaratteristiche e finalità pastorali.Attualmente Telgate fa parte con Bolgare,Calcinate, Calepio, Chiuduno, Cividino,Tagliuno e Grumello del Monte del vicariaton. 11 denominato aVicariato di Calepio -Telgate». Anche i consistenti benefici, siaparrocchiali che canonicali, ragione diprestigio, in passato, per il paese e laparrocchia, hanno subito dapprima unosmembramento, successivamente unariduzione, infine la completa abolizione.È, noto infatti come tutti i beneficiparrocchiali d'Italia siano passati in proprietàdell'Istituto per il Sostentamento del Clero,secondo le norme del nuovo Concordato fraStato italiano e Santa Sede.

Telgate, tuttavia, che negli ultimi secoli vissela normale esistenza, quasi anonima, deitanti piccoli centri agricoli della Bergamasca,e che dovette pure subire l'umiliazione diessere ridotto al ruolo di frazione di Grumellodel Monte nel periodo della dominazionenapoleonica, trovò in sé tutti i fermentidell'antica nobiltà, e negli ultimi decennidiede al suo sviluppo una tale accelerazione,specie in campo industriale, da presentarsioggi come uno dei modelli più appariscentidi imprenditorialità e produttività nei piùdiversi settori merceologici.L'oggi del paese è sotto gli occhi di tutti, enon fa notizia, tanto è evidente; ma unosguardo al passato per compiere unparagone può certamente tornare utile einteressante. Non è necessario ricorrere aun passato molto lontano nel tempo, èsufficiente rileggere una pagina che «L'Ecodi Bergamo» ha dedicato a Telgate il 19settembre 1954, per scoprire aspetti di vitache oggi, ai più, appaiono come impensabili.Nell'articolo di 33 anni fa si legge tra l'altro:«La popolazione è composta da 2.338persone, di cui 1.158 maschi e 1.180femmine. I nuclei familiari sono 459.

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Le famiglie con 7 o più figli a caricodei genitori sono 15. Le personeche superano il 70° anno di etàsono 42. L'analfabetismo è limitatoa 3-4 persone anziane.I cognomi più comuni sono:Vavassori, Bertoli, Brevi e Belotti.

Vi sono più che altro soprannomi di casato. Vi è unsolo apparecchio televisivo. Il 53 per cento dellefamiglie possiede l'apparecchio radio. Gli apparecchitelefonici privati sono soltanto sei, ma da tempo sonoin corso quindici domande. Le cascine decentrate nonsono raggiunte dalla rete elettrica per l'illuminazione e,poiché non vi giunge acqua potabile, gli abitanti didette cascine bevono e usano l'acqua delle rogge.I ragazzi che, terminate le elementari proseguono glistudi, si recano in massima parte a Bergamo, pochi aPalazzolo.La meccanizzazione dell'agricoltura è rappresentatada 9 trattori, 2 trebbiatrici, 2 sgranatrici e una pompa apioggia artificiale.La motorizzazione: 21 autovetture, 6 motocarri, uncamion (nessun autotreno) e una sessantina di mezzitra motociclette e motoscooters.Risiedono nel territorio del Comune: un medico liberoprofessionista (il condotto è invece a Chiuduno), 2ostetriche (una delle quali condotta), 2 ragionieri, unperito industriale, 3 maestri elementari. La farmaciapiù vicina è a Grumello del Monte. Non vi sonobanche.Lo sport è poco praticato. Niente calcio, perché nonesiste un campo di giuoco neppure di ridottedimensioni (esisteva un tempo, ma durante la guerrafu adibito a colture agricole e lo è tuttora).

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Una volta si giocava a tamburello, ma la passioneper questo sport non è rimasta che un ricordo. Sigioca a bocce, ma non esiste un vero sodalizio.Meno male che vi è una sezione cacciatori con 64iscritti. Le attrezzature sportive di Telgate si riduconoinsomma a 4 campi per il gioco delle bocce.L'attività lavorativa riguarda i più svariati rami dellaproduzione. È un'attività in parte industriale e in parteartigianale che assicura al paese una buonasituazione economica. Ricordiamo anzitutto l'aziendache provvede alla fabbricazione delle impugnature inlegno per ombrelli, ritenuta, nel settore, tra le primed'Italia. Sempre nella lavorazione del legno abbiamo:una ditta che fabbrica poltroncine per cinema e teatri,un'altra che produce giocattoli, una terza costruiscezoccoli, un'altra ancora è specializzata nellacostruzione di ruote per carri e infine lavorano 4falegnamerie. Passando ad altro ramo vi sono: unlaboratorio per scatole di latta e due per scatole dicartone. Sempre con l'impiego del cartone una dittaproduce imballaggi. Rappresentata da 4 aziende è laproduzione bottoniera, mentre la fabbricazione deglioggetti in plastica allinea 3 laboratori; due sono leditte di acque gasate.C'è un molino per cereali, una fabbrica di mattonelle,di tubi di cemento, vasi di fiori, lavandini, ecc. Siproducono i «meccano» per i ragazzi e i cosiddetti«bigodini» per capigliature femminili. Dubitiamo chefra i centri minori della provincia vi siano altri paesiche possano vantare, nell'attività produttiva, unagamma altrettanto ricca».Questa è la «fotografia socio-economica» di Telgate,che una trentina di anni orsono ha dato inizio a unaprogressione di sviluppo talmente vistosa dacambiare totalmente fisionomia e connotati. Oggisarebbe problematico stilare un elenco completodelle oltre cento piccole e medie aziende cheoperano in paese, e assolutamente impossibile fareun censimento degli innumerevoli mezzi di trasporto,ad uso privato e industriale, tanto meno poi tentareuna quantificazione degli apparecchi telefonici, radio-televisivi, ecc., o cercare di valutare i movimentifinanziari dell'intensa attività delle due banche localioperanti a pieno ritmo, con operazioni e rapportianche con l'estero.Per dare anche solo una pallida idea della vitalitàoperativa del paese si è pensato di riprodurre, noncerto a scopo pubblicitario, l'insegna di alcuneaziende, almeno di quelle che hanno accolto l'invitodi mettere a disposizione il loro marchio per questapubblicazione.

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LO STEMMA DI TELGATESINTESI DELLE ANTICHE GLORIE DEL PAESE

Lo stemma di Telgate è frutto diun'indagine storica fatta dal bergamascoRenato Verdina nel 1964. II Verdina,storico del nostro tempo, studioso eesperto di «araldica», è giunto allaconcezione dell'attuale stemma facendouna sintesi degli elementi storici, religiosi ecivili che hanno reso la località di Telgatenotissima fin dall'antichità: la chiesabattesimale e il castello.La bianca conchiglia, collocata nella partesuperiore, non è affatto un sempliceelemento decorativo (che per Telgate nonavrebbe significato) ma, appoggiata allacroce reclinata, è il chiaro simbolo dellafunzione battesimale che, fin dagli anni delSacro Romano Impero, la chiesaparrocchiale ha esercitato, tra le prime ditutta la diocesi, con un ambito dicompetenza comprendente un vastissimoterritorio.

Il castello, dalla merlatura ghibellina,idealmente richiama l'antica strutturaurbanistica e strategica della località: cintada mura e fortificata con numerose torri didifesa.Telgate, già nota all'epoca romana, comestazione sulla strada militare, divenneimportante luogo fortificato durante tutto ilperiodo medioevale, grazie al castello chefu dei conti Gisalbertini, dei Vavassori, einfine dei conti Marenzi.Subì assalti nel corso delle alterne vicendedelle lotte di fazione tra Guelfi e Ghibellini,conobbe la dominazione di PandolfoMalatesta, del Gonzaga capitano dellaRepubblica Veneta, per poi ritornare inpossesso definitivo dei conti Marenzi.Lo stemma, nella sua quasi schematicità dilinee ed essenzialità di composizione, offrecon immediatezza una chiara lettura dimolti secoli di storia.

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