in magazine ravenna 01/2014

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00 Anno XIV - N. 1 - MARZO - APRILE 2014 Ravenna www.inmagazine.it ® Trail me Up Sui sentieri del mondo Candida e Sanja Il mattarello globetrotter Alfa Garavini Ripartire dall’Olimpia Tiziano Camporesi Alle origini della materia

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IN Magazine Ravenna 01/2014

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Anno XIV - N. 1 - MARZO - APRILE 2014

Ravenna w w w. i n m a g a z i n e . i t®

Trail me Up Sui sentieri del mondo

Candida e Sanja Il mattarello globetrotter

Alfa Garavini Ripartire dall’Olimpia

TizianoCamporesi

Alle origini della materia

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| EDITORIALE di Andrea Masotti |

Sommario

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

[email protected]

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte.

24

32

16

11

4 Annotare Brevi IN10 Essere Tiziano Camporesi16 Creare Trail me Up22 Girare Mordraud24 Cucinare Candida e Sanja26 Visitare Borgo San Rocco32 Allenare Alfa Garavini

36 Ammirare

Collezione Verzocchi40 Scoprire

Da Tredozio a Modigliana48 Recitare

Teatro delle Albe50 Creare

Deborah Baroni53 Progettare

Europan 1257 Comunicare

Menabò

Storie di intelligenza e creatività sono il filo conduttore di questo numero che si apre con Tiziano Camporesi, nato a Cotignola e oggi coordinatore al Cern di Ginevra di uno dei più importanti esperimenti al mondo sull’accelerazione delle particelle. Creativi e all’avanguardia sono anche i giovani di Trail me Up, Fabio Zaffagnini e Gabriele Garavi-ni, che ci portano a spasso virtual-mente sui sentieri di tutto il mondo. E continuiamo con l’intraprenden-za dello sceneggiatore ravennate Fa-bio Scalini e di due ragazze lanciate in un’avventura gastronomica in Oriente, Candida e Sanja. Un tuffo nel passato con la storia del Borgo

San Rocco e poi con uno sguardo sui successi pallavolistici degli anni Ottanta dell’Olimpia Teodora che oggi ritorna in auge sempre sotto l’egida di Alfa Garavini. Cultura e idee per qualche gita fuori porta con un itinerario tra Tredozio e Modi-gliana, o con un pomeriggio d’arte nel nuovo spazio espositivo di Palaz-zo Romagnoli a Forlì. Arte e creati-vità sono anche per i giovani talenti cresciuti nel Teatro delle Albe e per l’artista Deborah Baroni. Chiudia-mo con uno sguardo sul design gra-zie al gruppo di architetti romagnoli che ha primeggiato a Europan 12 e, infine, con la comunicazione in cam-po fashion dell’agenzia Menabò.

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)

Direttore Responsabile:

Andrea Masotti

Redazione centrale:

Roberta Brunazzi, Serena Focaccia

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Sabrina Montefiori

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Luca Retini

Collaboratori: Linda Antonellini, Erika Baldini, Roberta Bezzi, Andrea Casadio,Elio Cipriani, Anna De Lutiis, Nevio Galeati, Claudia Graziani, Gianluca Gatta, Matteo Ranucci, Rosanna Ricci, Aldo Savini

Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Michela Puccica, Giorgio Sabatini

Chiuso per la stampa il 24/03/2014

Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

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Scatta... al Museo! Fotografia di scena al Musa

Cervia - Cinque serate dedicate alla fotografia al Musa di Cervia,

aperte a tutti gli appassionati e a chi si avvicina per la prima

volta a questa affascinante forma espressiva, organizzate dal Museo

del Sale in collaborazione con Manuela Guarnieri. Gli incontri del 6

e 13 marzo sono aperti al pubblico, quelli di 27 febbraio, 20 e 27 marzo

sono invece riservati agli iscritti. L’iscrizione, del costo di 20 euro,

dà diritto alla lettura dello stile personale di base, alla partecipazione

all’uscita fotografica guidata e all’esposizione di una foto nella

mostra collettiva “Scatta... al museo”, che si terrà dal 5 aprile all’11 maggio.

Info. [email protected]; www.musa.comunecervia.it

Omaggio alla Ferrari con le foto di Alberighi

Lugo - Omaggio alla Formula Uno nei locali dell’Enò di Lugo (via

Magnapassi 30, angolo via Tellarini), con una mostra fotografica dedicata

alla Ferrari. “Il Mito” è il titolo dell’esposizione delle opere di

Amalio Alberighi, esposte fino a metà marzo. Le immagini fotografiche in mostra a Lugo sono state scattate

al Museo della Ferrari di Maranello, ed elaborate in post-produzione

per esaltare l’aspetto grafico dell’immagine. La mostra è visitabile

tutti i giorni, dalle 18 alle 2. [email protected]

Al museo nazionale tra erme e Antichità

Ravenna - Nelle rinnovate sale presso il primo chiostro del Museo nazionale, a fine gennaio è stata inaugurata la SALAsla delle Erme e Antichità, con preziose sculture dell’età classica. Le cinque erme ri-traggono eroi e filosofi dell’Antica Grecia e furono ripescate in mare vicino a Ravenna, dove rimasero per

più di due secoli dopo il loro nau-fragio nel XVI secolo. Vengono ora esposte in una nuova sala a esse de-dicata, con allestimento curato dalla soprintendente Antonella Ranaldi. Presentato anche il programma de-gli interventi futuri che coinvolge-ranno il museo, per farne un luogo di attrazione turistica e culturale.

La costa emiliano-romagnola diventa un Distretto

Riviera romagnola - Nasce il distret-to della costa emiliano-romagnola di cui fanno parte i Comuni di Cat-tolica, Misano, Riccione, Rimini, Bellaria Igea Marina, Savignano sul Rubicone, Gatteo, San Mauro Pa-scoli, Cesenatico, Cervia, Ravenna, Comacchio, Codigoro e Goro, pari a circa 110 chilometri di costa. La costituzione del distretto turistico è stata firmata a inizio febbraio dal mi-nistro del Turismo Massimo Bray. Il nuovo distretto risulta uno dei più importanti d’Europa, con circa 40 milioni di presenze annuali realizza-te anche grazie a una straordinaria

offerta di strutture ricettive (3.172 alberghi, 104.500 alloggi privati, 51 campeggi per un totale di 685mila posti letto), balneari (1.426 stabili-menti balneari, 18 porti turistici con 5.537 posti barca), del tempo libero (16 i parchi di divertimento), eno-gastronomiche (2.250 tra ristoranti, trattorie e pizzerie e 3.700 tra bar, caffetterie, birrerie, enoteche).L’obiettivo del nuovo distretto è quel-lo di riqualificare e rilanciare l’of-ferta turistica, garantendo alle im-prese particolari agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie, per la ricerca e lo sviluppo.

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4 | IN Magazine

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L’olio di Brisighella su Google Cultural Institute

Brisighella - L’Olio di Brisighella è finito su Google Cultual Institute, il

museo virtuale di Google dove sono raccolti i tesori nascosti, le passioni

e le tradizioni del Made in Italy, grazie al progetto di Unioncamere e

Ministero dell’Agricoltura. La galleria proposta è a cura del Consorzio di

tutela della denominazione di origine protetta Olio Extra Vergine di Oliva

Brisighella DOP. Le informazioni più curiose relative ai tipici prodotti

italiani, con tanto di mappa da seguire per icominciare il viaggio, sono

sul sito http://www.google.com/culturalinstitute/project/

made-in-italy?hl=it

Filippo Donati rielettopresidente di Assohotel

Ravenna - L’albergatore ravennate Filippo Donati è stato rieletto

presidente nazionale di Assohotel, il sindacato degli albergatori aderente a Confesercenti. La

riconferma è avvenuta durante i lavori dell’assemblea nazionale

elettiva di Assohotel tenutasi a Roma il 4 febbraio scorso, a cui hanno partecipato anche una decina di

delegati dalla provincia di Ravenna. Nell’occasione è stata eletta anche

la nuova presidenza nazionale del sindacato, di cui fanno parte, oltre a Donati, anche Roberta Penso (presidente provinciale

Assohotel) e Monica Ciarapica (presidente Assohotel Cervia).

“Il settore turistico - afferma Donati - può essere davvero il volano per

spingerci finalmente fuori dalle secche della crisi”. (R.Be.)

Percorsi di arte, storia e Fede

Ravenna - La scuola di formazione teologica “San Pier Crisologo” orga-nizza Percorsi di Arte e Fede a cura del professor Giovanni Gardini, un

ciclo di quattro incontri itineranti alla scoperta di una Ravenna inedita. Og-getto dei percorsi sono quattro temi poco noti, almeno al grande pubbli-co, della storia e dell’arte cittadine: la chiesa di San Carlino; la dominazione veneziana a Ravenna nei secoli XV-XVI (da piazza del Popolo al Duomo); la cappella della Madonna del Sudore in Duomo; le pitture nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Gli incontri sono per mercoledì 19 e 26 marzo, 2 e 9 aprile, dalle 15,30 alle 17,30, e saranno illustrati dagli studiosi Gio-vanni Gardini, Alessandro Bazzocchi e Costanza Fabbri, nei luoghi indicati dal programma. La quota di parte-cipazione è di 35 euro complessivi, per gruppi fra un minimo di 15 e un massimo di 30 persone. Info: 349 0744954; 340 3365131, [email protected]; [email protected]). (A.C.)

L’ex Questore Della Rocca torna in veste di Prefetto

Ravenna - Fulvio Della Rocca è il nuovo Prefetto di Ravenna. Si tratta per lui di un ritorno nel capoluogo bizantino, dove dal 2003 al 2007 ha ricoperto l’incarico di Questore. Nato a Napoli nel 1950, Della Rocca si è lau-reato in Giurisprudenza presso l’Uni-versità partenopea. È sposato e ha due figli. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi attestati per impor-tanti operazioni di polizia e ha svolto attività di docente di materie giuridi-che e professionali in vari istituti. Tra gli obiettivi primari nella sua nuova veste di Prefetto, c’è l’importanza di offrire un clima di tranquillità ai cit-tadini, in sinergia con le istituzioni amministrative e la questura. Tra i punti sottolineati dal Prefetto Della

Rocca all’atto del suo insediamento, avvenuto a inizio anno, c’è il concetto di sicurezza partecipata, affinché tut-ti collaborino alla sicurezza collettiva partendo anche dalle segnalazioni dei cittadini alle istituzioni, per cono-scere meglio le situazioni di disagio e degrado da affrontare.

Ph. Massimo Fiorentini

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Cinemadivino d’inverno, con vino e cibo al Sarti

Faenza - D’estate il cinema va nelle cantine, d’inverno le cantine fanno tappa al cinema: così, dopo

aver animato le notti estive di circa 15 mila spettatori, Cinemadivino

rovescia la sua formula tradizionale e arriva a Faenza (Cinema Sarti),

Forlì (Cinema Saffi), Bologna (Odeon) e Santarcangelo di Romagna

(Supercinema) per fornire dei succulenti “antipasti” al ricco programma che si svilupperà

nell’estate 2014. Come sempre alla visione del film è affiancata da

degustazioni al banco d’assaggio, che di volta in volta vedrà protagonista un’azienda vitivinicola locale. Non

mancherà poi il Food Truck di Cinemadivino, il furgone/ristorante

viaggiante con i suoi piatti tradizionali da gustare prima della proiezione

o durante l’intervallo. I prossimi appuntamenti al Sarti di Faenza sono per il 13 marzo e il 10 aprile. Info: 366

5925251; www.cinemadivino.net

Al Teatro Socjale arriva Roberto Vecchioni

Piangipane - Sarà Roberto Vecchioni, uno dei più grandi interpreti e autori

della canzone italiana, accompagnato da Lucio Fabbri della Pfm e da

un trio d’archi per una versione esclusiva del suo ultimo lavoro,

l’atteso big ospite del Teatro Socjale di Piangipane, il prossimo 4 aprile. La

ventiquattresima edizione prosegue, affiancando alla formula inossidabile a base di spettacoli di qualità grandi

artisti, cinema e cappelletti. La novità di quest’anno sono i mercoledì

divulgativi dedicati alla scienza, tenuti da noti studiosi e aperti a tutti. (R.Be.)

L’incanto dell’affresco in mostra al Mar

Ravenna - Capolavori strappati da Pompei a Giotto, da Coreggio a Tie-polo: sono gli affreschi salvati che oggi incantano il pubblico al Mar di Ravenna, nella mostra aperta fino al 15 giugno intitolata appunto “L’incanto dell’affresco”. Curata da Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla e realizzata grazie al contributo del-la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, l’esposizione ripercorre la secolare storia e fortuna della pratica del distacco delle pitture murali, una storia del gusto, del collezionismo, del restauro, ma anche della tutela di quella parte fondamentale dell’anti-co patrimonio pittorico italiano, con preziosi prestiti provenienti dall’Ita-lia e dall’estero. Cinque le sezioni, ordinate secondo un indirizzo sto-rico-cronologico: dai primi masselli cinque-seicenteschi ai trasporti sette-centeschi agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni

‘70 del Novecento. Giotto, Pisanello, Andrea del Castagno, Bernardino Luini, Raffaello, Romanino, Correg-gio, Pontormo, Niccolò dell’Abate, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Guercino, Tiepolo per citarne solo alcuni, sono i protagonisti indi-scussi della mostra, insieme ad alcu-ne fra le più belle pitture di Ercolano e Pompei. www.mar.ra.it

Quattro matrimoni alla Campaza

Ravenna - Quattro matrimoni in Ita-lia, trasmissione in onda su Sky Tv, ha fatto tappa lo scorso 12 febbraio al ristorante La Campaza di Fosso Ghiaia, fiore all’occhiello della risto-razione ravennate da oltre 30 anni.

Il ravennate Marco e la brasiliana Elen sono stati gli sposi protagonisti della puntata, che ha visto sfidarsi quattro coppie a “suon di matrimo-ni” per aggiudicarsi un viaggio di nozze da sogno.

Ph. Massimo Fiorentini

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Un ristorante nel segno di Diabolik

Ravenna - “Uno dei colpi meglio riusciti di Diabolik” al Mariani Lifestyle di via Ponte Marino. Dallo scorso di-cembre, infatti, il pub, ristorante, pizzeria e café è tutto all’insegna dell’eroe dei fumetti nato dalla fantasia delle sorelle Giussani. Gigantografie dei personaggi, tavole di fumetti, arredamenti rigorosamente neri e rossi, grandi casse per la musica (il locale è insonorizzato), menù a tema e l’immancabile Jaguar. Oggi il Mariani – una sala teatrale privata aperta alla fine dell’800 e che per oltre un secolo ha segnato la vita culturale cittadina con proposte sempre all’avanguardia – grazie all’albergatore Maurizio Bucci ha ritrovato slancio e torna a nuova vita con il Diabolik, che si va ad aggiungere all’Osteria “I Passatelli”, al bar, alla pa-ninoteca e alla gelateria anch’essi inaugurati a fine anno, in attesa di poter riaprire anche la sala cinematografica.

Ravenna Festival ricorda la Grande Guerra

Ravenna - I cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale sono al centro della 25esima edizione di Ra-venna Festival, che per il 2014 ha in serbo un programma ricchissimo. Durante la presentazione i direttori artistici Franco Masotti e Angelo Nicastro hanno introdotto molti degli spettacoli del festival a partire da quello inaugurale del 5 giugno, il balletto di Svetlana Zakharova con étoiles del Teatro Bolshoi di Mosca. Saranno presenti anche grandi direttori d’orchestra come Yuri Temirkanov, l’ame-ricano Kent Nagano, Valerij Gergiev con la blasonata Or-chestra Filarmonica Ceca e naturalmente Riccardo Muti, che dirigerà l’Orchestra Cherubini sia nella verdiana Messa da Requiem sia in un concerto dedicato al maestro Claudio Abbado. Novità assoluta sarà poi la rilettura di due opere classiche, la Bohème e Elisir d’amore. (A.D.L.)

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Da Cotignola a Ginevra, passando per Stanford. La storia di Tiziano Camporesi, fisico sperimentale in forza al Cern, è di quelle che vale la pena raccontare. Legate al premio Nobel e al bosone di Higgs.

testo Elio Cipriani

Alle origini della Materia

Essere | Tiziano Camporesi

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Al Cern di Ginevra, Centro Euro-peo per la Ricerca Nucleare, lavo-ra un romagnolo importante. È il professor Tiziano Camporesi, clas-se 1958: da Cotignola è salito alla ribalta internazionale nel luglio 2012, perché dietro il premio Nobel per la Fisica assegnato al britanni-co Peter Higgs e al belga Francois Englert c’è il lavoro del “gruppo di ricerca” del Cern di cui lui fa parte. Camporesi, infatti, è coordinatore di uno dei cinque più importanti esperimenti al mondo sull’accelera-zione di particelle, collegato alle ri-cerche relative al “bosone di Higgs”.Iniziamo dalla sua infanzia. Ci parli un po’ di lei...“L’ho trascorsa fra Cotignola e Lugo; elementari e medie a Coti-gnola, liceo scientifico a Lugo. La

mia infanzia è stata particolare: a 6 anni ho avuto un incidente con frattura del cranio e parziale abla-zione dalla parte danneggiata del cervello, che mi ha costretto a resta-re lontano dagli altri bambini per circa due anni. Ho passato la mag-gior parte di quel periodo a legge-re: dopo aver letto tutti i libri che m’interessavano della biblioteca, ho iniziato l’enciclopedia!”.Come ha scoperto l’interesse per la scienza e la ricerca?“Ho sempre avuto una natura cu-riosa e inquisitiva. Si dannavano tutti attorno a me, perché facevo sempre l’avvocato del diavolo. Sì, insomma, ero una persona decisa-mente anticonformista... La moti-vazione per fare studi di fisica mi è venuta soprattutto dall’esperienza

del liceo dove, grazie al professor Dalla Valle e con l’aiuto di Enzo Cortesi - ricordo inoltre con affetto il mio prof. di fisica, il professor Ca-pra -, passavo la maggior parte delle ore di fisica e scienze nei laboratori. La motivazione, per me tuttora pro-fonda, sta nel pormi davanti ad un problema con il piacere di affron-tarlo, ovviamente rinforzato se rie-sco a risolverlo. Il che non è sempre possibile, anche oggi... Sono state poi fondamentali le dodici settima-ne trascorse al Cern di Ginevra, mentre ero studente del quarto anno di Fisica. È stata la mia prima esperienza fuori dall’Italia ed ha provocato un vero elettroshock cul-turale: mi ha fatto cambiare la tesi. Ne stavo facendo una teorica, ma dopo quel soggiorno estivo ho cer-

L’area sotterranea dell’esperimento CMS, coordinato da Tiziano Camporesi.

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cato un gruppo che mi permettesse di farne una sperimentale, proprio su uno degli esperimenti del Cern”.Quale sostegno ha avuto dalla sua famiglia e quali ostacoli ha superato per seguire la strada di ricercatore?“La mia famiglia mi ha sempre supportato e sono grato ai miei ge-nitori, di estrazione modesta, per non aver mai interferito ma anzi in-coraggiato le mie scelte. Che a vol-te non erano banali e risultavano ‘rischiose’, dal punto di vista di un futuro ‘sicuro’ sul piano lavorativo”.È finito a studiare in America, in un ateneo importante come quello di Stanford dove, tra gli altri, si sono formate persone del calibro di Steve Jobs. Come ci è arrivato?“Sono ‘emigrato’ negli Usa nel 1984. All’epoca non avevo prospet-tive in Italia; avevo avuto qualche contratto dopo la laurea con labo-ratori francesi, mentre nel nostro Paese c’era il blocco delle assunzio-ni all’università. Nel corso dell’e-

sperimento in cui avevo fatto la tesi avevo conosciuto un professore di Stanford, e mi rivolsi a lui per otte-nere un’offerta di post-doc. La cosa fu facilitata dal fatto che in Italia erano state bandite le prime bor-se di studio dell’INFN per gli Usa: vinsi una delle cinque borse e scelsi di andare a Stanford. E lì, dopo il primo anno come borsista, ottenni un contratto come visiting scientist”.È approdato poi al Cern di Ginevra, al dipartimento di Fisica sperimentale. Di che cosa ha iniziato ad occuparsi?“Sono tornato al Cern nel 1986 come borsista: ero libero di sce-gliere a quale esperimento unirmi e decisi per l’équipe condotta dal professor Ugo Amaldi, all’epo-ca spokesperson dell’esperimento DELPHI all’acceleratore LEP”.Quali sono i progetti e gli esperimen-ti che ha seguito in prima persona?“Ho fatto di tutto e con responsabi-lità sempre diverse... Tra gli ultimi progetti, mi sono occupato della

misura dell’energia dei fasci a LEP, un dato essenziale per la ricostru-zione della massa del bosone Z, che ha richiesto la comprensione di fenomeni legati alla deforma-zione della crosta terrestre a causa dell’attrazione di marea del sole e della luna, e delle correnti parassi-te legate al passaggio dei treni che connettono Ginevra a Parigi. Sono poi succeduto ad Ugo Amaldi alla guida dell’esperimento LEP; poi nell’esperimento CMS, di cui sono stato responsabile della costruzione di due dei sei rivelatori che costitu-iscono l’esperimento, per divenire responsabile della messa in opera dell’esperimento fino alla prima fase di presa dati all’LHC, per poi diventare deputy ed ora spokesperson”.Nel frattempo ha messo su famiglia: che ruolo hanno moglie e figli nella sua vita e nel lavoro?“Sono al mio secondo matrimonio: è sempre difficile dire perché un matrimonio fallisce, ma penso che

Il rivelatore di particelle in vari stati, durante le operazioni di apertura.

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una delle ragioni sia stato il fatto di non essere riuscito a mantenere un buon equilibrio fra lavoro e vita privata. Ci sono stati periodi, per esempio durante la partenza dell’e-sperimento DELPHI a LEP, in cui per 6-8 mesi non ho mai trascorso un weekend a casa... La mia seconda moglie è fisica e condivide la passione per la fisica, per cui penso di aver raggiunto un migliore equilibrio tra famiglia e lavoro. Ho quattro figli, due figlie dal primo matrimonio e due figli dal secondo, che adoro: soprattutto a loro cerco di dedicare il poco tempo libero che ho”.E arriviamo alle ricerche sulla cosiddetta “particella di Dio” e al Premio Nobel assegnato a Higgs ed Englert. Ci parli un po’ di questa celebre particella...“Il bosone di Higgs era la ‘prova’ mancante per dimostra-re i meccanismi introdotti nella teoria cinquant’anni fa per spiegare l’esistenza della massa per le particelle ele-mentari... Verificare l’esistenza di quel bosone equivale a verificare che questo nuovo campo non è solo un artificio che permette di far ‘tornare i conti”, ma qualcosa che ha a che fare con il comportamento a livello fondamentale della natura. L’esistenza del bosone di Higgs apre quindi tutto un nuovo cammino, per capire come si è sviluppato l’universo a partire dal Big bang”.

Dal gennaio scorso lei è diventato il coordinatore interna-zionale dell’esperimento Cms (Compact Muon Solenoid) del Cern. Quali obiettivi si pone questo progetto?“Per me è un’enorme soddisfazione personale: essere eletto da una comunità come quella di CMS, composta da 183 istituti e laboratori universitari di 43 paesi del mondo, per un totale di 2.500 ricercatori, è un onore che tocca a pochi. Spero di essere all’altezza delle aspettative dei miei colleghi: la responsabilità è grande. Penso che per l’Italia il fatto di avere persone che rappresentino comunità interna-zionali sia un segno dell’eccellenza del nostro sistema edu-cativo. Gli esperimenti dell’LHC, come CMS, sono gli unici che oggi possano far avanzare l’esplorazione della materia a livello fondamentale. Questo spiega il fatto che un la-boratorio come il Cern sia un’impresa a livello mondiale: fornisce gli strumenti di studio ad una comunità di 11mila ricercatori, che provengono da 103 paesi del mondo”. IN

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Sono giovani, cocciuti, creativi. Insieme hanno creato Trail me Up, servizio web che permette di effettuare visite guidate virtuali di luoghi accessibili solo a piedi.

testo Nevio Galeati

Difficile ‘inventare’ qualcosa se non si è mossi da una grande pas-sione. Poi, in realtà, la scintilla (o la lampadina...) si accende solo se conoscenza ed entusiasmo entra-no in corto circuito. D’altra parte, una statistica recentissima fa no-tare come l’Emilia-Romagna sia una terra di inventori, una fra le regioni più creative del Paese. Nei primi otto mesi del 2013 all’uffi-cio italiano brevetti e marchi sono state registrate 836 invenzioni e depositati 3.388 marchi. Insom-ma i cervelli ci sono, e non ne-cessariamente fuggono all’estero. Un esempio? Il servizio web Trail me Up, che permette di effettua-re visite guidate virtuali di luoghi accessibili esclusivamente a piedi, come i parchi naturali, i deserti o le foreste; un’esperienza simile a quella dello ‘street view’ di Google Maps. Usando il mouse ci si può muovere all’interno di questi pae-saggi, potendo anche acquisire in-formazioni particolari (artistiche,

naturalistiche, storiche) sui luoghi che s’incontrano sullo schermo. Il progetto porta la firma di due romagnoli, Fabio Zaffagnini, fusi-gnanese che abita a Cervia, e Ga-briele Garavini, di Cesena. Il primo è geologo e ricercatore del Cnr di Bologna; il secondo è un analista programmatore.Fabio Zaffagnini, com’è nato questo progetto?“Da sempre la mia passione è sta-ta viaggiare. Poi, si sa, al ritorno si passano intere serate a mostrare agli amici le immagini di quei posti lontani. E stavo proprio raccontan-do l’ultimo viaggio, un’esperienza di trekking in Patagonia, quando mi sono accorto che non riuscivo a ‘spiegarla’ come avrei voluto. Mi sono chiesto: e se montassi tutte le foto in un programma per com-puter, in modo da far ‘viaggiare’ anche i miei amici? Pensavo, na-turalmente, a Google Maps e alle immagini di strade e città. Così ho scoperto che non c’era niente

Sui sentieri del Mondo

IN Magazine | 17

Creare | Trail me Up

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di simile per i sentieri o i percorsi naturali. Allora ho coinvolto Ga-briele: non ho alcuna competenza di elettronica e per trasformare l’i-dea in una cosa concreta era inve-ce indispensabile muoversi in quei territori. Così, da zero, abbiamo progettato una ‘macchina’ che ci potesse consentire di catturare im-magini a 360 gradi e panoramiche. Abbiamo montato il nostro strano zaino fatto di cinque piccole foto-camere sincronizzate, Gps, sistemi di alimentazione e altre tecnolo-gie. Dopo alcuni test a fine estate del 2011 siamo partiti per gli Stati Uniti per mappare i sentieri del parco nazionale di Yosemite, in California. Quando ci vedevano in giro, con lo zainetto in spalla, tutti

chiedevano cosa fosse quella roba lì. Ed erano entusiasti di sapere che serviva a fotografare i sentieri dei ‘loro’ parchi”.E il primo passo era stato fatto. Poi?“Abbiamo realizzato il prototipo del sito: siamo stati impegnati per tutto quell’inverno. Un free lance di National Geographic ci consigliò di inserire una serie di informa-zioni sui luoghi che avevamo in-tenzione di proporre con i viaggi ‘virtuali’ e alcuni grandi esperti internazionali ci hanno aiutato in modo totalmente gratuito. Anche un antropologo di Oxford ha of-ferto la propria collaborazione per un altro percorso! Intanto il viag-gio nel parco californiano è anda-to online a inizio 2012. E due anni

Sopra e in apertura, il geologo Fabio Zaffagnini esplora territori selvaggi degli Stati Uniti con il suo tecnologico zainetto.

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prima di Google Trekking abbia-mo depositato il nostro ‘modulo’. I viaggi sono continuati: altri parchi negli Usa, viaggi in Tanzania, Etio-pia, Nuova Zelanda…”Ma…?“Ma non potevamo fare tutto da soli, così abbiamo pensato di cerca-re dei ‘volontari’ per la mappatura. Dopo aver accertato che si tratta di persone affidabili, inviamo, o consegniamo, uno zainetto in pre-stito. Al ritorno, insieme al nostro ‘gioiello’, ritiriamo copia delle fo-tografie. E nel sito segnaliamo chi ha realizzato il viaggio. L’idea è di coprire tutti i sentieri del mondo”.Impegnativo, no?“Certamente: il primo obiettivo, intanto, è quello di documentare tutti i sentieri italiani. Il Cai spiega che si tratta di sessantamila chilo-metri in totale. Sarà un bel lavoro”.Lavoro? Quindi non è più un hobby…“Abbiamo depositato due brevet-ti e lì è scattata la molla che ci ha fatto pensare. Se c’è chi è disposto a pagare per promuovere, ad esem-pio, un territorio in modo nuovo, la nostra idea si poteva trasformare in business. Anche perché, al di là dei volontari e dei viaggi, realizza-re gli zainetti e poi i video, costa. Le risposte stanno arrivando e pre-sto commercializzeremo ‘Trail me Up’. A quel punto nascerà anche una società per gestire il tutto…”.Zaffagnini, scusi: ma con tutto que-sto impegno, riesce ancora a fare trekking?“Veramente, adesso lo faccio solo dall’ufficio alla stazione, per pren-dere il treno e tornare a casa...”. IN

A fianco, il guado di “The Narrows”, nello Zion National Park nello stato dello Utah (USA).

Quando un gioco diventa lavoro

Altri giovani sono riusciti a trasformare la propria passione in lavoro. Christian Zoli, ravennate classe 1974, esperto di comunicazione e formazione, ha seguito

le linee di pensiero lanciare nel 2010 da Jesse Schell, un game designer statunitense. In sintesi: utilizzare meccaniche e dinamiche dei giochi in contesti

esterni, per creare interesse o risolvere problemi. Il neologismo che raccoglie questa filosofia è ‘gamification’. Fra gli animatori della ludoteca Quintet di Ravenna, Christian ha creato alcuni giochi di carte molto apprezzati dagli

appassionati, realizzati dalla casa editrice Raven Distribution di Lugo. Il secondo titolo pubblicato, “Wherewolf”, esplora i confini che separano il gioco e la comunicazione, fondendo i suoi due interessi principali. Ora è responsabile

del settore Gamification per la VisioTrade, azienda di commerce network di Torino. Una curiosità: i meccanismi di un gioco inventato da Zoli sono al centro

del romanzo thriller ‘Cena con delitto’ di Roberto Caputo e Nadia Giorgio. Sul versante dei giochi di ruolo e di carte va ricordata anche l’esperienza di

Riccardo Crosa, autore di fumetti di livello internazionale, che ha lanciato sul mercato giochi fin dal 2005 (da “Sì, Oscuro Signore” a “Kragmorta”, con il suo

personaggio Rigor Mortis), tradotti in tutt’Europa e non solo.

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Una saga di romanzi fantasy, scritti dal

giovane Fabio Scalini, si presenta con il

cortometraggio “Mordraud”, realizzato dalla start-up Rampart

Production.

S’intitola “Mordraud” il cortome-traggio di alcuni giovani ravennati - quasi tutti classe 1982 - che han-no dato vita alla start-up Rampart Production. La trama è ispirata alla saga fantasy scritta dal 31enne Fabio Scalini, che comprende ben quattro romanzi. Un lavoro d’équi-pe che sta dando i primi frutti. Il cortometraggio, infatti, è stato pre-sentato in anteprima assoluta al Lucca Comics del novembre scorso ed è in attesa di partecipare il pros-simo luglio al San Diego Comicon

Festival e alle selezioni del relativo concorso internazionale di cinema. Una grande occasione per farsi no-tare dai grandi produttori ameri-cani, visto che è la prima volta che un progetto italiano varca i confini della più importante fiera mondia-le del settore fantastico. C’è voluto un anno di duro lavoro per realiz-zarlo, con la regia di Riccardo Piana e la lavorazione assegnata a 3 Pix Studio di Fusignano, giovane realtà imprenditoriale nel campo web e vi-deo. Gli attori sono stati individuati

testo Roberta Bezzi

Quando il video sposa il Libro

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Girare | Mordraud

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fra i personaggi del gruppo Fera Sancti di San Marino, stuntmen specializzati nel combattimento antico. Il gruppo ha eseguito le co-reografie di battaglia utilizzando armi e armature vere. Gli esterni sono stati girati nella Repubblica di San Marino, che ha concesso il suo patrocinio all’opera, mentre gli interni nelle suggestive sale di palazzo San Giacomo, grazie alla disponibilità del Comune di Russi. L’idea è dunque quella di utilizzare il film per promuovere il lancio del primo libro, dal titolo omonimo e

disponibile gratuitamente in for-mato ebook sul sito ufficiale www.mordraud.com, oltre che in versio-ne cartacea, e creare un bacino di potenziali lettori per dare la spinta propulsiva alla distribuzione e alla vendita del resto della saga. Il libro punta molto sul riscontro dei letto-ri, ricevendo decine di recensioni spontanee e creando una rete di af-fezionati, grazie anche al sostegno di Cna e Bcc di Ravenna. Fabio Scalini, come si diventa scrit-tori di fantasy?“La mia è una passione nata da bambino e proseguita nel tempo. Più di quella per la musica. Dopo aver studiato al Conservatorio ho vissuto una breve esperienza come concertista di fagotto in Germania, Francia e Italia; poi ho lasciato tut-to perché quel settore mi sembrava morente. Mi sono laureato in De-

sign e progettazione industriale, ed ora mi occupo di formazione e sicu-rezza aziendale per un ente”.In cosa “Mordraud” si distingue da-gli altri fantasy?“È un fantasy atipico perché rac-conta qualcosa di molto reale. È la storia di una famiglia in rovina in cui i fratelli si odiano a tal punto da volersi uccidere”.Quando ha realizzato i quattro libri della saga?“Ho iniziato a scriverli dieci anni fa, per cui a loro si può dire che ho dedicato un terzo della mia vita.

Ora li sto solo revisionando. L’idea era di presentare un prodotto già finito, pronto per essere diffuso e commercializzato al meglio. Siamo tutti giovani nel team e vorremmo che questo diventasse il nostro pri-mo lavoro”.Come nasce l’idea di affiancare video a prodotti editoriali?“È una tendenza attuale e in espan-sione nel mercato americano, an-che se in genere si tratta di prodotti video di bassa qualità, di breve du-rata e dalle velleità artistiche nulle. Il nostro obiettivo è diverso: creare un prodotto cinematografico di qualità che si stacchi nettamente dal resto della produzione di setto-re e che possa essere presentato a concorsi internazionali di cinema. Ma a costi contenuti, grazie all’at-tenzione al territorio, dove si trova-no location di assoluto pregio”. IN

Storia fantasy ispirata al reale

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Cappelletti e strozzapreti ambasciatori del

mangiar bene nel mondo. Grazie a due

ragazze, Candida e Sanja, partite in cerca

di scambi culturali e culinari, incentrati sulla

gastronomia della tradizione.

C’è un mattarello che sta viaggian-do nel sud-est asiatico, tra India, Thailandia, Vietnam Laos e Cam-bogia. Avete letto bene, il matta-rello, il nostro s-ciadùr, quello per fare la minestra e stendere la piadina. Lo portano in giro fiere e curiose, nello zaino a spalla, due ragazze, Candida e Sanja. La prima, Candida Visaggi, è italiana, anzi ro-magnola doc, ingegnere edile; la seconda, Sanja Kevric, cresciuta in Danimarca, è esperta in comunica-zione e marketing.Unite dalla comune passione per i viaggi e per il buon cibo un anno fa, dopo un soggiorno assieme in

India, cominciano a covare l’arri-schiata idea: un lungo viaggio im-postato sullo scambio culturale/culinario, per incontrare e cono-scere luoghi e persone lontane, preparare e insegnare i piatti tipici della Romagna, “dove le minestre fatte al mattarello la fanno da pa-drone”, e, in cambio, ricevere una ricetta del paese visitato.Per poi raccontare e documentare questa magnifica esperienza.Al centro ci sono sopratutto le donne, perché “sono quasi sempre loro a trasmetterci l’amore per la cucina, per la preparazione, la con-divisione. Cercheremo mamme e

nonne che vogliano insegnarci i loro piatti, così come è stato loro tramandato”, ci spiega Candida via Skype. E ci racconta anche la genesi del progetto: “La cosa che ha richiesto più tempo è stata deci-dere di partire, lasciando il lavoro e le certezze della quotidianità. Da lì abbiamo iniziato a concretizzare varie cose, creando il sito internet e cucinando, per raccogliere tut-to il materiale fotografico da in-serire. Man mano che andavamo avanti col sito l’idea e l’entusiasmo cresceva, quando abbiamo espo-sto l’idea ad amici e parenti il loro feedback spassionato ci ha dato

testo Erika Baldini

Il mattarello Globetrotter

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Cucinare | Candida e Sanja

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la spinta definitiva alla partenza”.L’obiettivo sarà quello di pubblicare un libro di ricette, che esuli un po’ dalla forma classica del ricettario. Sarà anche un diario di viaggio, con piccoli aneddoti, qualche truc-co casalingo, e tanta cucina etnica. Le due amiche hanno un sogno: po-ter sviluppare un format televisivo che permetta loro di tornare in Asia e magari allargare il campo anche ad altre parti del mondo.Nel frattempo scrivono sul loro sito web www.mattarelloaway.com e cu-rano un blog su “D. La Repubblica on line”. Qui scopriamo che il pri-mo scambio culinario è stato rea-lizzato a casa della signora Linda, nella prima periferia di Copena-ghen, crostini misti e “stricchetti” al ragù di piselli contro arringhe

fritte marinate e torta di mele.A Munbai, la New York indiana, le ragazze hanno poi vissuto un’espe-rienza indimenticabile, lasciando per un momento le cucine di mo-desti villaggi ed entrando in quella professionale, con cuochi esperti di un famoso ristorante locale. E dopo l’India la Thailandia...Racconta Candida: “Oltre alle squisite ricette raccolte, e a tante nuove amicizie, ci siamo arricchi-te di magnifiche esperienze che ci accompagneranno per sempre. Conoscere persone che ti aprono la propria casa, ti accolgono con entusiasmo, ti trattano come uno

di famiglia, è un’esperienza straor-dinaria ed emozionante, che ogni volta ci sorprende e ci fa capire quanto noi occidentali abbiamo perso in spontaneità, sia per la paura verso ciò che è sconosciuto sia per la preoccupazione di avere un personale tornaconto... Sinora, abbiamo lasciato molti visi e palati sorpresi e soddisfatti per una cuci-na così diversa dalla loro. La sod-disfazione più grande sono stati gli scambi con le persone che, se non fosse stato per nostra visita, non avrebbero mai potuto permettersi un piatto italiano, neanche nei ri-storanti locali. Vedere quei visi illu-minarsi dopo la prima forchettata, scoprendo i gusti mai assaggiati, è stato davvero ‘giving’. Per il re-sto, visto che siamo solo all’inizio

della nostra avventura, chissà che non ci siano altre esperienze simili a quella dell’Ivy Restaurant in In-dia, che possano portare qualche ricetta casalinga sul menù italiano dei ristoranti asiatici...”.Alle buone forchette di quest’era della globalizzazione di certo non spiacerebbe trovare qualche piatto della cucina romagnola - “di gusto primitivo, quasi di fondo barbari-co” come scriveva Piero Campore-si - tra gli speziati e colorati piatti asiatici o tra la solita pizza e spa-ghetti, stanchi rappresentanti della nostra cucina nazionale all’estero.Ma avete presente i cappelletti? IN

Sopra, Candida all’opera nelle cucine indiane. In apertura, assieme a Sanja.

La cultura si assaggia in cucina

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Il tempo sembra essersi fermato a Borgo San Rocco,

uno dei quartieri più caratteristici di

Ravenna, nel cuore del Bastione di porta

San Mama.

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

C’è un posto, a Ravenna, dove il tempo sembra essersi fermato. Per scoprirlo occorre svoltare un an-golo nascosto, o infilare un andito inatteso nell’apparente uniformità della cortina muraria di una vec-chia borgata. All’interno, a pochi metri e, al tempo stesso, ad anni luce dal caos urbano circostante, i ciottoli del selciato sono gli stessi che calpestavano gli abitanti di cen-to anni fa, la stessa scaletta s’inerpi-ca all’esterno della casa di fronte, forse perfino i panni stesi al sole sono quelli che furono appesi ad

asciugare un giorno di inizio Nove-cento. Siamo nel cuore del Bastione di porta S. Mama, uno dei tesori na-scosti che fanno del contesto urbano che li circonda, quello del borgo S. Rocco, uno dei quartieri più caratte-ristici della città.Come il suo corrispettivo di S. Bia-gio, sorto sulla strada di Faenza, an-che borgo S. Rocco cominciò a cre-scere nel Medioevo, nel punto da cui partiva la strada per Forlì e in stretta connessione con uno degli elementi fondanti della storia urba-nistica di Ravenna, e cioè l’intera-

Tra locande e antichi Mulini

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zione fra la terra e le acque. La stes-sa presenza di due porte cittadine a così breve distanza l’una dall’altra (porta Sisi e porta S. Mama) si spie-ga con l’esistenza, alle loro spalle, dell’ostacolo naturale rappresen-tato dal Padenna, il canale che, fino al ‘400, percorreva da nord a sud l’intero centro urbano. Ma nel borgo vero e proprio la presenza “acquatica” principale era un’altra: quella del Ronco, che, scorrendo da sud lungo la direttrice dell’odierna via S. Mama, giungeva a lambire le mura proprio accanto alla porta, e da qui, con una brusca curva a de-stra (la cosiddetta “Voltazza”), pro-cedeva parallelamente alle mura stesse, passando di fronte a porta Sisi per unirsi poi al Montone dalle parti dell’odierno pala De Andrè. E non era tutto, perché proprio in corrispondenza della Voltazza altre due vie d’acqua si davano appunta-mento per l’abbraccio con il fiume: la Lama (poi sostituita dalla Lamet-ta, lungo il tracciato oggi ricalcato dall’omonima strada), e il canale del mulino, condotto dal Monto-ne per alimentare appunto l’anti-co mulino, un tempo di proprietà dell’arcivescovo, poi dei Polentani, del Comune e dei Lovatelli, che ancor oggi costituisce una delle presenze caratterizzanti del borgo.In questo intrico di strade, fiumi e canali era fatale che si sarebbe svi-luppato un insediamento votato al commercio e alle attività “produtti-ve”. Fuori da porta Sisi (di origine molto antica ma ricostruita nelle forme attuali nel 1568, e il cui nome è probabilmente la storpia-tura di quello originario di porta

“Ursicina”), sappiamo che già nel Medioevo sorgevano una fortifica-zione, il cosiddetto “castello”, e una chiesa, S. Pietro in Borgo. Entram-bi si trovavano nei pressi dell’o-dierno Portonaccio (riedificato nel ‘700), che fungeva già allora come ingresso al borgo per chi proveniva dalla campagna, e la loro presenza è tuttora ricordata dalla denomi-nazione di via Castel S. Pietro. Fu però nel 1588 che venne edificata la chiesa di S. Rocco (ricostruita nelle forme attuali a metà ‘800), quando la borgata venne “promos-sa” a parrocchia autonoma. Porta S. Mama, anch’essa ricostruita nel 1613, rimanda invece alla chiesa di S. Mamante, che sorgeva a poca distanza, dove oggi la strada omo-nima forma un sorta di piazzale.

Officiata da un convento di frati francescani, il suo nome è legato a uno dei momenti più tragici della storia del borgo e, in generale, di Ravenna, quello della battaglia del 1512. Fu proprio qui, infatti, che le truppe francesi sferrarono il primo attacco, riuscendo anche ad aprire nelle mura accanto alla porta una breccia, che utilizzarono dopo la battaglia per irrompere nella città e metterla al sacco. Passata la tem-pesta, i frati, che avevano dato ap-poggio agli invasori, furono caccia-ti, e la chiesa stessa fu distrutta, per essere sostituita da una cappellina a sua volta scomparsa da tempo.Memore di tali vicende, il gover-no pontificio pensò bene, dopo qualche decennio, di costruire in questo punto un bastione di dife-

Sopra, porta San Mama. In apertura, un’antica immagine di porta Sisi.

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Visitare | Borgo San Rocco

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sa, che però non adempì mai a una vera funzione militare e finì invece col diventare la fungaia su cui pro-liferò l’insediamento di casupole popolari: il Bastione, appunto. Del resto, dal trauma del 1512 il borgo dovette riprendersi relativamen-te in fretta. Grazie alla presenza del fiume (allora navigabile), dei canali e dei mulini (fra il ‘500 e il ‘700 furono addirittura tre), aveva il carattere di quartiere portuale e “industriale” della città. Dagli ar-chivi cinquecenteschi emerge una nutrita presenza, fra gli abitanti, di marinai che compravano e ven-devano “burchielle” attraccate nel Ronco, e che si affiancavano alle altre categorie professionali tipiche della località: artigiani, asinari, fac-chini, “pignaroli” del vicino bosco di Classe, lavandaie, “pignattari”

che sfruttavano l’arena del fiume, i primi braccianti. Notevole anche la presenza di locande, in quello che era uno dei principali snodi com-merciali della città e sede di una vi-vace fiera annuale svolta in maggio. Un radicale mutamento della fi-sionomia del borgo avvenne con la diversione dei fiumi nel 1739. Dopo molti secoli il Ronco tornava a scor-rere lontano, mentre il suo vecchio alveo veniva occupato dal canale del mulino, che, serpeggiando at-torno al bastione e incuneandosi fra le case, produceva suggestivi scorci dal tono quasi “veneziano”. Nel frattempo, anche l’identità delle due “anime” della località si andava definendo in maniera sempre più precisa: più elegante e “borghese” quella di via Castel S. Pietro; più popolare quella delle ca-

supole fuori del Portonaccio (i Ca-pannetti) e della borgata di porta S. Mama, dominata dalla presenza del mulino e dei suoi lavoranti, i carat-teristici farinini. Un tono popolare che si esplicava anche nella vivace socialità fatta di circoli (i Mulnèr, appunto, e il Cervo, fondati rispet-tivamente nel 1838 e 1840, tuttora esistenti), e di osterie non sempre votate unicamente al puro diletto: celebre quella al “Cacciatore ame-ricano”, vicino al mulino, covo dei carbonari verso il 1820, mentre cin-quant’anni dopo fu un altro ritrovo appena fuori porta Sisi a fungere da ricettacolo della famigerata set-ta degli Accoltellatori. La diffusio-ne delle idee “sovversive” e delle rispettive manifestazioni politiche (repubblicani e socialisti) ebbe an-che aspetti meno truci: anche se è

Sopra, uno dei canali che caratterizzava il borgo. Nella pagina a fianco, panni stesi al sole in una casa di cento anni fa.

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probabilmente una leggenda il fatto che nel 1883 l’Asso-ciazione degli operai braccianti venisse fondata nella casa di via Carraie che ne porta il ricordo in epigrafe, è vero che essa ebbe nella comunità del borgo una spinta deci-siva, e anzi in un giovane nato nella Mangagnina, Nullo Baldini, il padre fondatore. Quando, nel 1930, le esigenze del “risanamento” urbani-stico portarono al tombamento del canale del mulino, con l’apertura fra l’altro del piazzale di via Romolo Ricci al posto del vecchio lavatoio, il borgo perse una parte della pro-pria identità. Un’identità che si sarebbe ridefinita qualche decennio dopo, con la nuova periferia a circondare nel suo soffocante abbraccio quella che ormai era divenuta l’estrema appendice non della città, ma del “centro sto-rico”. Le ultime finestre dei Capannetti, che si aprivano un tempo sulla campagna, si affacciano oggi sulle torri di cemento dell’edilizia del “boom”. Fortunatamente, nel cuore del borgo, è ancora possibile svoltare un angolo o infilare un andito per ritrovarsi d’un tratto al tempo perduto dei pignattari, delle lavandaie e dei farinini del mulino Lovatelli. IN

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IN Magazine | Special ADV

Un centro tutto ‘al femminile’, specializzato nel settore del dimagrimento e del benessere. Figurella da oltre trent’anni garantisce un metodo a misura di donna ca-pace di aiutare le clienti nella lotta ai chili di troppo o semplicemente nella ricerca di un miglior equilibrio tra corpo e anima. A Ravenna il centro dimagrimento, che segue il metodo nato in Svizzera negli anni ’70, ha da qualche tempo spostato la sua sede in via Sergio Cavina 25, con un ampliamento degli spazi e dei

servizi, per offrire trattamenti personalizzati e mirati alle diverse esigenze, dalla perdita di peso al rimodel-lamento, fino alla tonificazione.“Si parte da una consulenza in cui cerchiamo di indi-viduare gli obiettivi delle nostre clienti, ascoltandole e analizzando il loro stile di vita - spiegano Danie-la Papalillo e Federica Moglie, al timone della struttura ravennate -. In un secondo momento si pas-sa all’analisi della forma fisica, dove la cliente viene

Figurella Via Sergio Cavina 25, 48123 Ravenna - Tel. 0544 38045Orario: lun 11-20; mar/gio 10-20; mer 09-20; ven 09-16; sab 10-13 (da ottobre a giugno).

Daniela Papalillo e Federica Moglie,

dottoresse in scienze motorie, sono

le titolari del centro dimagrimento

Figurella di Ravenna.

pesata e misurata per dar vita insieme ad un programma di dimagrimento o ri-modellamento localizzato efficace”.Fiore all’occhiello del centro è la pre-senza dei lettini brevettati Figurella, dove le clienti svolgono una sessione di ginnastica attiva che, in circa 20-30 minuti, permette di ottenere risultati efficaci. La temperatura del lettino, infatti, è mantenuta uguale a quella del corpo, in modo da riscaldare i muscoli ed attivare più velocemente il processo di lipolisi che consente la progressiva eliminazione dei cuscinetti adiposi. Dopo il lettino, è possibile proseguire l’attività fisica con un piccolo circuito di attrezzi, sempre sotto la sorveglianza di personal trainer qualificati, passan-do dal tapis roulant alla pedana vibrante, ideale per combattere ritenzione idrica e cellulite. L’ultimo step è quindi rappresentato dal bagno di vapore all’os-sigeno attivo rilassante e tonificante, in grado di

favorire lo smaltimento delle tossine.“Le donne che si rivolgono al nostro cen-tro non sono mai lasciate sole, perché un sostegno e un incoraggiamento possono

essere di grande aiuto, soprattutto dopo un fallimento alle spalle nell’ambito del dimagrimento - chiarisco-no le due titolari - . Non proponiamo diete drastiche ma forniamo alle nostre clienti consigli alimentari per recuperare un rapporto sano con il cibo, senza perdere di vista gli obiettivi iniziali, che vengono ve-rificati periodicamente attraverso la misurazione della forma fisica”. Gli appuntamenti da Figurella sono ge-neralmente due alla settimana, ma possono variare a seconda del risultato che si desidera raggiungere. La cliente fissa insieme all’assistente gli appuntamenti in base ai suoi impegni, con sedute della durata di circa un’ora e grande flessibilità di orario. Il centro Figurella è aperto dal lunedì al sabato.

Programmi personalizzati e

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FIGURELLA La Linea deLLa beLLezzaNuova e Più aMPia SeDe Per il CeNtro DiMagriMeNto Di raveNNa

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La mitica presidente dell’Olimpia Teodora, Alfa Garavini, mette

di nuovo il cuore sotto rete e fonda una nuova

società sportiva che porta il suo nome. Per

rilanciare a Ravenna la pallavolo femminile.

Caschetto biondo, sguardo cu-rioso, sorriso gentile, carattere cordiale e determinato. Così era negli anni storici alla presidenza dell’Olimpia Teodora che vinceva tutto e così è ora, sempre legata al mondo del volley femminile e alla guida dell’associazione sportiva che porta il suo nome, l’Asd Olim-pia Alfa Garavini.Alfa Garavini è la pallavolo femmi-

nile a Ravenna e crediamo di non fare torto a nessuno dicendolo. Ne-anche alle sue “ragazze” della Teo-dora, come lei le chiama ancora, che in campo dagli anni Ottanta hanno conquistato 11 scudetti con-secutivi, 6 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa del mondo per club, fino ad ora unica squa-dra italiana a vincerla. Anzi, alcu-ne di loro, Manuela Benelli, Dora

Falchetti e Patrizia Prati, le hanno chiesto di rimettersi in gioco e di fondare l’Asd Olimpia Alfa Garavini, per riportare a Ravenna quel pro-getto non solo sportivo, ma soprat-tutto educativo, che tanto le aveva coinvolte intrecciando successi sot-to rete e amicizie nella vita. Un le-game tra giocatrici alimentato da questa piccola grande donna, pio-niera del volley femminile in città,

testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini

Ripartire dall’ Olimpia

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Allenare | Alfa Garavini

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avviato quando era insegnante di educazione fisica alla scuola media Montanari e all’istituto per educa-trici di infanzia Ghiselli, dove riu-scì a convincere le suore a montare pali e rete nel cortile e ad iscrivere le studentesse al campionato Csi.“La superiora regalò le divise e le ragazze decisero, dopo innumere-voli proposte, di chiamare la socie-tà Olimpia - ricorda sorridendo -. Era il 1965 e tutto prese origine da lì”. Come allora la “nuova” Olim-pia parte dal settore giovanile, con una sessantina di ragazze dai 7 ai 15 anni.Ed è per raccontare questa avven-tura che l’abbiamo incontrata, as-sieme a Maria Teresa Arfelli, un’al-

tra delle sue “ragazze” che, pur vivendo a Vienna, è impegnata at-tivamente nella nuova società. Del resto con le tecnologie le distanze si riducono. Una opportunità alla quale anche questa signora vicina ai novant’anni si è adeguata facil-mente e, senza lasciarsi intimidire dal computer, usa mail e skype. “Ri-esce sempre a guardare avanti gra-zie alla sua apertura mentale e alla curiosità”, dice Terry Arfelli, con l’affetto di chi l’ha sempre conside-rata la sua, anzi la loro, presidente. La stima tra lei e quelle campio-nesse è reciproca ed è da qui che parte questa nuova sfida, anche se il contesto pallavolistico ravennate è molto cambiato. Ci sono tante

Sotto, il settore giovanile della nuova società. In apertura, Alfa Garavini in palestra.

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squadre diverse, c’è un Consor-zio che ne riunisce sei e al quale l’Olimpia Alfa Garavini ha aderi-to da qualche mese. Ma lo spirito che anima lei e i suoi collaboratori è lo stesso, pur in un ambito socia-le così diverso. “Allora si offriva ai giovani l’opportunità di fare espe-rienza extra scolastica e occasioni per girare diverse città. Pranzo al sacco e magliette un po’ consunte - ricorda -. Oggi il progetto deve essere più articolato, per questo si sta pensando ad una programma-zione ampia di eventi che coinvol-gano diversi settori, primi fra tutti quelli sociale, culturale e turistico della città”. Dalle intenzioni alla concretezza c’è tanto lavoro da fare: riunioni, relazioni, incontri con amministratori e federazione. “Abbiamo il supporto della Fipav provinciale e dell’Amministrazio-ne comunale – spiega Arfelli – dal-le quali abbiamo ricevuto il pa-trocinio. E abbiamo già iniziato a pensare ad un calendario di eventi fino all’estate. Già prima di Natale abbiamo realizzato un torneo e il primo maggio a Marinara orga-

nizzeremo una manifestazione di minivolley all’interno di un circu-ito Fipav, che potrà ospitare fino a 200 atleti da tutta la provincia. Nel nostro progetto ci piacereb-be coinvolgere tutte le altre realtà pallavolistiche e non che condi-vidono la nostra stessa visione: il bene del volley cittadino e di tutte le persone che lo vivono”. Giovanni Mingazzini, presidente della Federazione Italiana Pallavo-lo provincia di Ravenna, ha accolto favorevolmente e con entusiasmo le idee e le proposte dell’Olimpia,

che riflettono lo spirito sportivo, educativo e sociale proprio del-la pallavolo. “Apprezziamo - ha aggiunto - l’impegno, la serie-tà e la professionalità di tutto il team Olimpia e ci auguriamo di poter evidenziare al più presto i risultati di questo loro impegno, rivolto anche a trovare le dovute sinergie e risorse per riportare la pallavolo femminile a Ravenna ai

livelli che la tradizione reclama”.Un team di lavoro stimato e affi-dabile. La società, presieduta da Alfa Garavini, annovera nel set-tore tecnico Dora Falchetti e Mauro Fresa (responsabile), in quello di-rigenziale la stessa Arfelli, Giorgio Bottaro e Luigi Spadaro (presidente del Consorzio Teodora). E se le giovani giocatrici di oggi non hanno la consapevolezza del passato glorioso della Teodora sa-ranno loro e i protagonisti di allora a dargli l’esempio di come si possa vivere questo sport con sacrifici,

ma anche con gioia e soddisfazio-ni. Bastano le parole di Alfa Gara-vini rivolte ai suoi collaboratori per capire l’idea di fondo che li anima: “Ci si vuole bene e ci si rispetta per tutto quello che c’è stato”.E poi c’è un anniversario in vista. Nel 2015 l’Olimpia Teodora compi-rà 50 anni. “Spero di esserci - sor-ride -, ho già delle idee su come festeggiarlo!”. IN

A fianco, Alfa Garavini affiancata da Giovanni Mingazzini e Maria Teresa Arfelli.

Verso i 50 anni dell’Olimpia Teodora

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A Palazzo Romagnoli, recentemente restaurato, sono esposte le raccolte artistiche del Novecento della Pinacoteca civica di Forlì. Tra queste spicca la Collezione Verzocchi, con le firme dei maggiori artisti italiani del secolo scorso.

testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini

Un palazzo e la sua storia. Seve-ro all’esterno, lirico all’interno. È il Palazzo Romagnoli di via Al-bicini 12, a Forlì, oggi restaurato e divenuto sede definitiva delle più importanti collezioni d’arte moderna donate alla Pinacoteca Civica forlivese da privati cittadi-ni, affinché la città conservi me-moria di una storia artistica che, a volte, s’intreccia con quella del-la città. La costruzione di palazzo Romagnoli risale alla fine del XVII secolo, se si escludono le tombe trovate nei sotterranei e datate III secolo d.C. La famiglia Roma-gnoli acquistò e abitò l’edificio dal 1806 e, nel 1965, lo vendette al Co-mune di Forlì. Si trova molto vici-no ai musei San Domenico, dove attualmente ha sede gran parte della Pinacoteca Civica forlivese, e questo permette di creare un pon-te fra l’arte del passato e quella

più vicina ai tempi attuali. Al piano terra è conservata la straordina-ria Collezione Verzocchi, nata dalla volontà di Giuseppe Verzocchi; al primo piano gli oli e le incisioni di Giorgio Morandi della Donazione Righini, le sculture di Adolfo Wildt donate da Raniero Paulucci de Cal-boli e “La Grande Romagna”, che comprende una selezione di ope-re pittoriche e plastiche (che sa-ranno alternate periodicamente) appartenenti al patrimonio nove-centesco forlivese formato da oltre un migliaio di opere. Tra le opere esposte alcune sono già molto co-nosciute perché presenti, come ad esempio le sculture di Wildt, nella grande mostra a lui dedicata, due anni fa, ai Musei San Domenico; altri lavori, premiati in prestigio-si concorsi romagnoli, sono stati ammirati in varie circostanze. Il gioiello più ampio ed interessan-

te del complesso museale di via Albicini rimane però la splendida collezione Verzocchi.Qualcuno potrebbe chiedersi per-ché l’imprenditore Giuseppe Ver-zocchi abbia voluto donare a Forlì, nel 1961, una collezione che pagò profumatamente e che rappre-senta un ‘unicum’. Verzocchi era di origini forlivesi, amava questa città e ad essa rimase legato anche quando, per lavoro, fu costretto ad espatriare in Inghilterra e a fondare poi una ditta di mattoni refrattari a La Spezia. Lavoro: fu questa la parola chiave della sua attività imprenditoriale e della sua collezione. Verzocchi stesso lo spiegò: “Sono nato povero… ho lavorato e lavoro con tenacia, con amore, con fermezza ed è appunto per riconoscenza al lavoro… che ho invitato alcuni pittori italiani a trattare questo argomento nel

Il lavoro fatto ad Arte

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Ammirare | Collezione Verzocchi

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loro linguaggio… scegliendo fra i pittori alcuni esponenti delle più varie e anche opposte tendenze affinché la raccolta, pur nell’uni-cità del tema, assumesse carattere panoramico”. Ed ecco l’unicità della collezione: una settantina di opere, tutte sul tema del lavo-ro, espresse secondo lo stile e il linguaggio personalissimo di ogni autore. Non solo, ma il collezioni-sta, pur lasciando ai pittori scelte espressive personali, impose dei vincoli: tutte le opere dovevano avere la stessa dimensione (cm 90 x 70) e sull’opera doveva essere ri-prodotto, anche in piccole dimen-sioni, il mattoncino col logo V&D dell’azienda di Verzocchi. A cor-redo della collezione, ogni artista doveva aggiungere un suo piccolo autoritratto, anche a matita, e un breve scritto sui motivi della scel-ta dell’immagine rappresentata.

Tutto questo, comprese le 1.123 lettere, le cartoline, i telegrammi, i biglietti fra Verzocchi e gli arti-sti, oggi si trova nel Palazzo Ro-magnoli. Si tratta di un materiale di grandissima importanza per ri-costruire la nascita della preziosa raccolta, ma anche la situazione artistica italiana degli anni 1948-49 e, potremmo aggiungere 1950, perché in quell’anno la collezione fu esposta per la prima volta alla Biennale di Venezia. Citiamo solo qualche nome degli artisti autori dei dipinti per capire la qualità de ‘Il Lavoro nell’arte’: Campigli, Cantatore, Carrà, Casorati, Cassi-nari, De Chirico, Guidi, Guttuso, Maccari, Migneco, Rosai, Moreni, Saetti, Sassu, Sironi, Soffici, Tur-cato, Vedova. L’unica opera che manca è il quadro “I pittori di barche” di Guido Cadorin, rubato durante un’esposizione milanese.

Sopra, Susanna Camusso segretaria della CGIL, il sindaco di Forlì Roberto Balzani e Cristina Ambrosini, project manager di “Forlì città della cultura” all’inaugurazione di Palazzo Romagnoli, davanti al quadro di Guttuso della Collezione Verzocchi. In apertura, “L’Architrave” di Campigli.A fianco, una vista dell’esterno di Palazzo Romagnoli.

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Grande la varietà dei temi scelti: dai lavori nei campi a quelli in fabbrica, dalle donne che lavorano a maglia alle merlettaie, ricamatrici, modelle, indossatrici, dai pesca-tori ai pittori e scultori. Renato Guttuso, riferendosi alla sua opera “Bracciante siciliano”, spiega che nella figura rappresentata cerca di esprimere l’intero movimento, le energie, lo sviluppo del lavoro. Giuseppe Migneco in “Contadino che zappa” racconta l’arsa terra siciliana, su cui il contadino immerge la zappa lavorando dall’al-ba al crepuscolo. Massimo Campigli con “L’Architrave” mostra un padre che copre la famiglia con un tetto (in questo caso l’architrave). “Costruttori” di Carlo Carrà rappresenta il dinamismo delle due figure in azione. Mattia Moreni con “La fucina” spiega i motivi della sua scelta: “Il lavoro a cui io penso è il lavoro delle macchine, il lavoro nelle industrie”. Mino Maccari, in “Scuola di pittura”, ha rivolto la sua attenzione ad un atelier dove molti personaggi sono rappresentati nelle loro pose ‘professionali’. Quelli citati sono solo alcuni esempi di una fantastica collezione, in cui ogni opera è coinvol-gente perché realizzata con grande passione. Palazzo Romagnoli è aperto da martedì a domenica dalle ore 9.00 alle 13.00, e il martedì pomeriggio dalle 15.00 alle 17.30 ([email protected]). IN

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Scoprire | Da Tredozio a Modigliana

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Le ruote scorrono lente sulla strada sterrata di crinale che unisce in un continuo saliscendi Tredozio a Modigliana. Il sentiero C.A.I.573 rappresenta il punto focale di questo facile percorso in mountain bike, sulle colline che corrono lungo la Valle del Tramazzo.

testo di Matteo Ranucci – foto Giorgio Sabatini

Pedalando tra storia e Natura

Tredozio è il paese più alto della Valle del Tramazzo. Entrato a far parte della provincia forlivese solo dopo il 1923 e una lunga domina-zione fiorentina, è oggi un’apprez-zata località del basso Appennino: superlativo è l’ambiente naturale che la circonda. Dell’antico castel-lo appartenuto ai Conti Guidi non resta oggi che qualche fondamen-ta, a pochi minuti dal bel centro storico e da Palazzo Fantini, co-struzione del ’500, che rappresen-ta l’edificio storico più prestigioso di Tredozio, dotato di decine di stanze, cantine, granai, lavande-rie e di uno splendido giardino. Nel palazzo hanno oggi sede il Museo della Civiltà Contadina e la Biblioteca Panciatichi. Tredo-zio è anche il punto di partenza di

questo itinerario in mountain bike che collega la cittadina a Modiglia-na, lungo l’affascinante sentiero di crinale. Arrivati a Tredozio e posteggiata l’automobile, si svolta a sinistra (per chi proviene da Modigliana) in una stretta strada asfaltata che corre su un piccolo ponte: indica-zione Monte S. Valentino. La stra-da sale decisa e si allontana dalla valle in direzione dei monti che sfiorano la parallela Val Montone. Ginestre, cipressi, un paio di bei casolari ben ristrutturati e un fitto bosco a fianco della carreggiata rendono l’ambiente piacevole. In pochi minuti anche il panorama si apre e sulla sinistra si intravede la strada provinciale che collega Modigliana a Tredozio. Si prose-

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gue per circa 5 km fino a giungere sul piazzale antistante la Pieve di San Valentino. La chiesa ha origini antichissime (562 d.C.) ed ebbe in passato un ruolo impor-tante: alla sua giurisdizione furono assegnati territori che spaziavano da Gamo-gna a Marradi, da Modigliana a Rocca San Casciano. Questo terri-torio venne definito come Piviera di SanValentino. Alle spalle della pieve, una statua di Cristo con le braccia spalancate al cielo. A fianco della facciata, la strada si fa sterrata. Un segnale escur-sionistico sulla sinistra indica che quello è il sentiero C.A.I. 573. Si imbocca la traccia segnata: la si

seguirà per tutto il tratto in fuo-ri strada. Dopo poche decine di metri si arriva a un bivio in cui oc-corre tenere la destra in leggera salita fino a raggiungere un can-cello, da aprire e richiudere, usato per controllare il bestiame. Poco dopo si incontra una deviazione sulla destra che indica Ca’ Cornio (chiamata anche Ca’ Corbari). Si prende la deviazione per raggiun-gere la casa, passata alla storia per essere stato il rifugio segreto di Silvio Corbari, simbolo della resi-stenza partigiana: proprio in que-sto casolare i partigiani comandati da Corbari, il 18 agosto1944, su-birono un agguato da parte delle

Sopra, Piazza Vespignani a Tredozio; a fianco, il torrente Tramazzo che attraversa il paese. In apertura, la Rocca dei Conti Guidi a Modigliana.

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truppe fasciste e furono catturati e uccisi. Per la storia che narra e per il fatto di essere uno dei “Luoghi della Memoria” della Resistenza Partigiana in Romagna, la deviazione è vivamente consigliata. Percorso a ritroso il tratto di sterrato, e raggiunto nuova-mente il sentiero principale, si svolta a destra. La traccia corre sul crinale in un susseguirsi di facili saliscendi: la Valle del Tramazzo rimane visibile in basso sulla sinistra. La vegetazione, composta da roverelle, ornielli, ginestre e ginepri a macchia lascia spazio ad ampi pratoni in cui pascolano numerose mucche di razza romagnola.

La strada è bella e non presenta particolari difficoltà. Superato il secondo cancello, si incontra una deviazione a destra, da ignorare, e si prosegue su strada sterrata, che in questo tratto si fa più larga fino a raggiungere un gruppo di abitazioni. Si segue sempre il sentiero bianco e rosso delC.A.I. e si continua in discesa. Si lascia la Valle del Tramazzo e si costeggia il crinale sul lato del torrente Ibola. Dopo poche centinaia di metri la strada diventa asfaltata: si svolta a sinistra verso un co-stone albe-rato in una stradina che porta diretta all’arco della Roccaccia di Modigliana. Ci si trova sopra l’abitato del primo comune della Valle del Tramazzo, a fianco di quello che è il simbolo del paese. Il nucleo originale del Castello, risale all’epoca del dominio dei Conti Gui-

In bici sul crinale

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di (XII, XIII secolo), ma si pensa che le sue fondamenta abbiano origini medioevali. La rocca, an-che come conseguenza delle sue grandi dimensioni, conserva il suo fascino nonostante sia ridotta a ru-dere. Oltrepassato l’arco, si scen-de la ripida strada cementata e si mantiene la sinistra in uno stretto viottolo di paese che conduce alla sommità di Modigliana. Una bella strada lastricata consente discen-dere attraverso le piccole vie del borgo e raggiungere Palazzo Bor-ghi, Palazzo Pretorio e tutti i più importanti punti d’interesse di Modigliana fino alla Tribuna, sin-

golare costruzione con due cam-panili e un’edicola, altro simbolo della cittadina. Dal ponte sotto l’e-dificio si possono vedere le belle case, colorate dai bei balconi, che si affacciano dirette sul torrente. Da segnalare anche il Duomo, an-tica pieve di Santo Stefano in Juvi-niano, la Cappella di Gesù Morto, il Santuario della Madonna del Cantone, la Chiesa del Convento delle Agostiniane.Da Modigliana si prende la strada provinciale di fondovalle e in 10 km, in leggerissima salita e gene-ralmente con poco traffico, si tor-na a Tredozio. IN

La Tribuna di Modigliana, costruzione simbolo del paese.

Fare Pasqua a Tredozio

Nei giorni di Pasqua e pasquetta Tredozio torna indietro nel tempo per una festa dal sapore medioevale. Nati in tempi recenti, la sagra e il palio dell’uovo sono un’occasione per lasciarsi dietro le spalle l’inverno e salutare la primavera in un clima goliardico e di festa che attira ogni anno migliaia di spettatori. Nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo i rappresentanti delle quattro casate rionali di Tredozio - il borgo, il casone, il nuovo e la piazza -, dopo aver sfilato in costume d’epoca verso il palco montato nella piazza del paese e aver dato lettura alle sfide, lasciano spazio ai “guerrieri” che si affrontano nelle gare approntate sul greto del fiume che attraversa il paese: tiro della fune sulle due rive, attacco al castello, ricerca dell’uovo nel pagliaio, lancio delle uova sull’altra riva del fiume verso un maxibersaglio, lancio delle uova al proprio compagno da una piattaforma galleggiante sul fiume. Un’idea per una gita in famiglia, fra le tante proposte dalla nuova guida “52 domeniche con i bambini in famiglia” di Edizioni In Magazine. (G.G).

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Tower s.r.l. è un’azienda che ha nel proprio DNA lo spirito per l’innovazione. Ed è proprio questo che la differenzia dalle altre imprese che progettano ambienti e comple-menti d’arredo. Parlare di qualità del prodotto, di at-tenzione al cliente o di affidabilità, per Tower non è un mero esercizio linguistico ma un punto di partenza per declinare nel dettaglio gli aspetti concreti di un’eccellen-za che da trentasei anni contraddistingue la sua attività.

“Qui alla Tower trattiamo direttamente ogni fase della produzione” afferma Giampiero Sintoni, Ammini-stratore Delegato, “Dalla progettazione all’instal-lazione, curiamo in modo integrato non solo l’aspetto estetico e funzionale dell’arredo, ma anche tutto ciò che ne costituisce l’anima nascosta: l’impianto idrau-lico ed elettrico, il sistema di sorveglianza, le installa-zioni audio e video.” Questa filosofia si rispecchia an-

che nell’organizzazione societaria dove gli altri quattro soci, presenti anche nel Consiglio di Amministrazione, dirigono ciascuno un settore ben definito secon-do una visione di integrazione tra le varie componenti aziendali: Sandro Monti è il responsabile commer-ciale, l’architetto Emanuele Garoia è il responsabile dell’ufficio tecnico, Giorgio Leoni è il responsabile delle produzione e Raniero Roncuzzi è il responsabile di cantiere. “La nostra esperienza,” continua Giampiero Sintoni, “ci ha permesso di affiancare all’attenzione per gli eserci-zi commerciali del settore food, nel quale operiamo da lungo tempo, anche quella per i privati.” Sempre più liberi professionisti, per la realizzazione dei propri studi e uffici, si rivolgono infatti a Tower sicuri di trovare non solo un interlocutore estremamente attento alle esi-genze di personalizzazione, ma anche di poter contare su arredi realizzati su misura al costo di un arredo standard. Come è possibile tutto ciò? “Noi gestiamo

ogni processo produttivo internamente, ottimizzando le procedure ed eliminan-do gli sprechi fin dalle fasi iniziali. Al cliente mostriamo su un megaschermo il

rendering in 3D dell’arredo, dove è possibile muoversi virtualmente negli ambienti come fossero già realizzati. Il cliente vede esattamente il risultato finale, le propor-zioni tra le parti e la resa prospettica. Una volta appro-vato il progetto e scelti i materiali si passa alla produ-zione, totalmente interna, effettuata con legno, vetro, alluminio e materiali compositi.” Senza dimenticare, in tutte le fasi di realizzazione degli arredi, il rispetto per l’ambiente che, qui alla Tower, costituisce una compo-nente essenziale dell’intero processo produttivo.

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Progettazione 3D di arredi

su misura con un’attenzione

al rispetto per l’ambiente.

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L’attività sperimentale del Teatro delle Albe

ha prodotti risultati importanti a livello

internazionale. Lanciando giovani attori come Alessandro Renda,

Laura Redaelli e Roberto Magnani, pronti a lasciare il segno.

Il Teatro delle Albe festeggia trent’anni e le sue nuove leve por-tano oltre confine il risultato di un teatro sperimentale sempre più apprezzato e richiesto. Non inten-diamo parlare solo dei numerosi premi Ubu collezionati in questi anni da Marco Martinelli ed Erman-na Montanari (che recentemente ha vinto il premio Eleonora Duse), ma dell’impatto che questo teatro ha creato, soprattutto con giova-ni attori come: Alessandro Renda, Laura Redaelli, Roberto Magnani.Alessandro Renda è protagonista di un monologo scritto da Marco Martinelli, “Rumore di acque”. Un lavoro nato dall’indignazione nel leggere, durante il soggiorno del-la compagnia a Mazara del Vallo,

sintetici annunci che riportavano ogni giorno il numero degli emi-granti scomparsi in mare, svaniti per sempre nel nulla.Alessandro, raccontaci la trama dell’opera...“‘Rumore di acque’ trasfigura in malinconica poesia la cronaca tragica dei barconi alla deriva nel Mediterraneo. Sono storie narrate attraverso il protagonista, io, che lavora in stretta collaborazione con il Ministro dell’Inferno: un mono-logo grottesco nella sua tragicomi-cità. Bisognerebbe leggere anche i libri di Gabriele del Grande per scoprire i sentimenti delle famiglie rimaste nel luogo di origine che spesso non rivedranno più i loro cari per capire perché questa gen-

te lascia il poco per, a volte, trovare ancor meno o solo la morte. ‘Ru-more di acque’ che ha debuttato in prima nazionale al Ravenna Festi-val, nel luglio 2010, si avvale del pa-trocinio di Amnesty International, ha una storia ormai lunga come un cammino a tappe, di successi e rap-presentazioni, da Lampedusa alla Corsica, dalla Germania al Belgio e alla Francia. È stato tradotto, in questi anni, in tedesco, francese e ora in inglese”.Come ti senti a rappresentare que-sto lavoro in America e quali sono le tappe previste?“Siamo stati a New York, ospiti del prestigioso La MaMa Theatre, sto-rico teatro della sperimentazione newyorkese. Durante la perma-

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

L’alba di nuove Stelle

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Recitare | Teatro delle Albe

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nenza americana, di tre settimane, abbiamo costruito una fitta rete di relazioni e progetti: un laborato-rio con gli adolescenti di alcune scuole di Manhattan, laboratori e spettacolo con la Montclair State University in New Jersey e incontri pubblici. A fine febbraio conclude-remo questa densissima esperien-za, portando lo spettacolo anche a Chicago”.Come reagisce il pubblico? “Per l’allestimento a La MaMa ab-biamo pensato ad una scenografia adatta proprio per questo spazio. Ci sono i ‘sovratitoli’ per permet-tere al pubblico americano di se-guire attentamente i versi del po-emetto. Il pubblico, che ovunque ci accoglie con grande successo, partecipa con reazione di stupore per quanto viene narrato”. Mentre Alessandro miete successi in America, accompagnato dal-le voci inconfondibili dei fratelli Mancuso, a Ravenna incontriamo altre due giovani leve del Teatro delle Albe: Laura Redaelli e Ro-berto Magnani, che portano sulla scena spettacoli diversi.Roberto, quando hai sentito la pas-sione per il teatro?“Quindici anni fa, frequentavo l’I-tis, m’iscrissi al laboratorio della non-scuola di Marco Martinelli. Pensavo che sarei diventato bio-logo marino per studiare quegli esseri imprevedibili e intelligenti che sono gli squali, invece lasciai la scuola e mi dedicai al teatro”.

E tu, Laura, hai lo stesso percorso?“Ho incontrato il Teatro delle Albe più tardi ma avevo già fatto qualche esperienza in Brianza, fin dall’età di sedici anni, incoraggia-ta da mia madre e perché c’era già chi in famiglia si dedicava al teatro, a livello amatoriale. Mi sono diplo-mata e poi iscritta all’Accademia Teatrale, anche se sentivo di cerca-re qualcosa di non accademico, un teatro diverso. Quando, a Bologna, assistetti a ‘Sogno di una notte di mezza estate’ riproposta da Marco Martinelli e dalle Albe ebbi una folgorazione. Partecipai ad un la-boratorio che ebbe la durata di un anno, eravamo in quindici e riuscimmo, naturalmente con la guida di Marco, Ermanna e tutto il cast, a produrre l’opera ‘Salma-gundi’ che poi rappresentammo”.Parliamo di emozione, Laura. Ri-mane ad ogni spettacolo oppure è ormai superata?“Ogni volta, prima di andare in scena, si prega, s’impreca e ci si chiede cosa ci si sta a fare lì. Col tempo si matura, si acquista sicu-rezza, ma l’emozione c’è sempre”. E tu, Roberto, come superi certi mo-menti?“Le prime volte mi sentivo pro-tetto, quasi immerso nel liquido amniotico che mi faceva star bene. Invece le mani diventano gelate e soprattutto si sente, in platea, il respiro del pubblico che fa paura. Una volta in scena, passa tutto”.A cosa stai lavorando al momento?

“Mi sono dedicato a ‘Odissea’ di Tonino Guerra, così ho potuto usare il dialetto. Recentemente ho condiviso con Marco anche una serie di laboratori a Bologna, con studenti universitari”.Hai preso parte anche tu, Laura, a quest’ultima impresa?“Sì, visto che il numero degli iscritti era assolutamente superio-re al previsto abbiamo condiviso l’esperienza di Marco Martinelli. Comunque la mia più grande sod-disfazione è stata l’interpretazione di un ruolo in un lavoro di grande successo, che ha vinto anche il pre-mio Ubu, ‘Pantani’, dedicato alla tragedia del grande ciclista scom-parso e ancora, lo scorso novem-bre, ‘Incantati’”. IN

In alto, Laura Redaelli; sotto, Roberto Magnani. In apertura, Alessandro Renda.

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La pittura di fiori, secondo la tradi-zione accademica, occupa insieme alla natura morta il gradino più basso della gerarchia dei generi, rispetto alla figura umana e alla pittura di soggetto sacro, storico e mitologico. Un genere minore ri-servato alle artiste donne, le quali,

specializzandosi, si sono distinte per un particolare virtuosismo illu-sionista o per l’eleganza decorati-va. Sul finire dell’Ottocento, però, si è determinato un capovolgimen-to della gerarchia, tale da rendere questo genere ideale per la speri-mentazione pura: ne sono esempio

le “Ninfee” di Monet e i “Girasoli” di Van Gogh. Nel corso del Nove-cento con Giorgia O’Keeffe i fiori, colti in tutti i loro dettagli botanici, ingranditi come attraverso la len-te di un microscopio o fotografati con un potentissimo zoom, si sono trasformati in una figura astratta,

La musica dei colori, i colori della musica. La sinestesia è alla base della ricerca artistica di Deborah Baroni, che attraverso i suoi fiori prosegue in un percorso di contaminazione tra eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi.

testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Convergenze sensoriali

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dove non è tanto significativo l’og-getto in sé quanto l’esperienza di esso, dunque l’emozione che sa tra-smettere Un fiore può nascondere brucianti desideri intimi e perso-nali, incantevoli melodie, giochi di forme e colori. Su quest’onda De-borah Baroni dipinge fiori in gran-de fino ad occupare l’intero spazio della tela, con l’uso quasi esclusivo del “bruno Van Dyck”, un marro-ne tendente al nerastro che sottrae loro il colore naturale. Così i suoi fiori monocromi diventano forme scultoree, i petali puri volumi che trattengono illusoriamente il pro-fumo, anche se l’artista vorrebbe unire suoni e rumori per ritrova-re la sinestesia, la contaminazione di eventi sensoriali visivi, uditivi e olfattivi, distinti ma convergenti nella percezione. Il suo viaggio nell’arte è iniziato un po’ per gioco oltre un decennio fa quando si è iscritta all’Accade-mia di Belle Arti di Ravenna, dopo il diploma in Pianoforte al Conser-vatorio Verdi e la laurea in Conser-vazione per i beni culturali. Forte per lei era l’esigenza di coniugare la sfera del visivo e quella dell’uditi-vo: all’Accademia le discipline era-no distinte, tuttavia alcuni docenti

erano sensibili a queste sue aspira-zioni. È stata l’esperienza dell’E-rasmus però, alla facoltà di Bellas Artes di Bilbao, a produrre una svolta: in quello splendido campus spagnolo ha frequentato corsi in-novativi, grazie ai quali è riuscita a realizzare opere in cui c’è sempre qualcosa da sentire e da vedere, come sintesi unitaria. “Wawe” è il titolo delle prime creazioni. Sulla superficie di un cubo nero, all’in-terno del quale si nasconde una sorgente audio, un velo d’acqua viene attraversato da onde, incre-spature, cerchi concentrici a secon-da delle frequenze acustiche che, con diversa intensità, modificano l’elemento naturale. Se l’orecchio è colpito dal suono, la vista è attrat-ta in modo più profondo, poiché ha la possibilità di osservare non solo l’oggetto in sé ma la trasfor-mazione che esso subisce quando è attraversato da onde sonore. L’artista lascia che siano esse a tra-dursi in espressione visiva, senza alcun intervento personale nella sua “macchina sinestetica”. Dalle sculture sonore singole è passata poi ad installazioni per farle dialo-gare tra di loro. Durante un lungo soggiorno a Londra ha realizzato

lavori legati alla metropolitana. Era il periodo successivo all’atten-tato; nonostante i rigidi controlli è riuscita ad aggirare i divieti per l’uso di dispositivi tecnologici. Ri-cordando le ricerche di John Gage e di Fluxus, ha campionato i vari suoni della metropolitana, fatto foto che sono state rielaborare al computer, trasferite su acetato e installate con il suono rielabora-to: con il video “Mind the Gap” ha ottenuto un’immagine della metro-politana con personaggi dai volti cancellati, in cui agiscono anche i suoni, come il bi bip delle porte che si aprono e si chiudono. Il ritorno a Ravenna non ha spento la sua creatività: i fiori sono diventati il campo dell’attuale ricerca, finaliz-zata ad immergere nell’immagine visiva profumi, suoni e rumori. IN

Arpa e sculture sonore

Deborah Baroni è nata nel 1976 a Ravenna, dove ha compiuto gli studi in Conservazione dei beni culturali, di pianoforte presso il Conservatorio Verdi e, successivamente, presso l’Accademia di Belle Arti. Ha svolto attività di ricerca nella Facultad de Bellas Artes di Bilbao (Spagna) e nel Chelsea College di Londra (UK). Con le sue sculture sonore ha vinto nel 2008 il concorso “Sinestesie” dell’Aquila. Nel 2010 ha iniziato a frequentare il corso di Arpa presso il Conservatorio B. Maderna di Cesena. Attualmente è docente presso gli istituti scolastici secondari inferiori e superiori di Ravenna e continua la sua ricerca artistica, esponendo in mostre personali e collettive.

Creare | Deborah Baroni

IN Magazine | 51

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Una competizione internaziona-le di architettura, Europan 12, ha visto primeggiare un gruppo di giovani architetti in prevalenza romagnoli: Alessandro Pretolani, Filippo Pambianco, Andrea Speran-dio, Davide Lorenzato. Un successo che porta alla ribalta una rifles-sione sulla professione dell’archi-tetto, oggi contrassegnata da un momento di crisi legato alla situa-zione del mercato immobiliare, ma che proprio in successi di questo tipo lascia intravedere uno svilup-po positivo per il futuro. Tra i pro-tagonisti della vicenda troviamo due architetti forlivesi, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco, che ci parlano del risultato ottenuto e della figura del giovane architetto nel nostro territorio.Pretolani, come si è articolato il vostro percorso formativo-profes-sionale e cosa vi ha portati ad unire

le forze sino ad ottenere risultati prestigiosi come questo?“La nostra formazione è partita dalla laurea in Architettura presso l’Università di Bologna, poi per un lungo periodo abbiamo intrapre-so strade differenti. Io per alcuni anni ho continuato a lavorare in ambito universitario, ottenendo a metà 2013 il titolo di Dottore di Ricerca in Composizione Architet-

tonica. L’architetto Pambianco è tornato invece in Italia nel 2011, dopo aver consolidato la sua espe-rienza all’estero lavorando per sei anni presso lo studio dell’architet-to spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. Ci siamo nuovamen-te incontrati e abbiamo deciso di partecipare insieme a questo con-corso. Abbiamo anche fondato lo Studio Caveja (www.cavejastudio.

Giovani architetti romagnoli hanno

primeggiato ad Europan 12, la più

importante competizione europea di architettura e urbanistica riservata a professionisti under

40. Con un progetto che punta su riuso e

sostenibilità.

testo Linda Antonellini

Abitare l’ Ambiente

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Progettare | Europan 12

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com), che ci consente di portare avanti parallelamente sia l’attività professionale sia quella di ricerca”.Filippo Pambianco, perché avete deciso di partecipare ad Europan 12, la più importante competizione europea di architettura e urbanisti-ca riservata ad architetti under 40?“Volevamo misurarci su temati-che di riuso e riqualificazione, nonché sull’elaborazione di pro-getti il più possibile adattabili ad uno sviluppo urbano sostenibile. Abbiamo deciso di partecipare in Svizzera, nazione che vanta il primato per l’architettura euro-pea e dove ci sono le condizioni per poter esercitare al meglio la professione dell’architetto. Il sito su cui siamo intervenuti, la città di Marly, presenta un’area di circa sei ettari caratterizzata dalla presenza di edifici industriali che l’ammini-strazione cittadina ha intenzione

di dismettere nel breve periodo, per lasciare spazio a residenze e servizi. Il nostro progetto prevede la realizzazione di quattro unità di vicinato, che presentano all’inter-no una differenziazione tipologica e volumetrica. Queste unità posso-no essere riproposte in altre parti della città, sommate le une alle al-tre qualora il fabbisogno di resi-denza e servizi aumenti nel tempo”.È lecito domandarsi se, in un pe-riodo di crisi economica diffusa, la progettazione architettonica abbia il dovere di riconsiderare i propri metodi di produzione e realizzazio-ne di nuove edificazioni...“Il progetto proposto - risponde Pretolani - analizza approfondita-mente questa tematica, in quando diminuisce i costi introducendo sistemi di prefabbricazione, che permettono una semplificazione e riproducibilità degli elementi.

Questa scelta deve essere perse-guita senza dimenticare l’utilizzo di materiali autoctoni e sistemi co-struttivi tipici del luogo. Il proget-to privilegia perciò un linguaggio contemporaneo, che crea un rap-porto stabile e duraturo con le pre-esistenze, cercando di portare al minimo l’impatto con il contesto ed enfatizzando un segno di rin-novata espressione architettonica”.L’organizzazione del concorso, in accordo con l’amministrazione di Marly, ha reso noto che i gruppi vincitori, tra cui quello degli ar-chitetti dello Studio Caveja, pren-deranno parte ad uno studio di fattibilità sull’area oggetto del concorso. Dunque le aspettative sono alte, come lo sono le speranze che tutto questo porti in un futuro prossimo alla realizzazione, anche solo parziale, dell’interessante idea progettuale. IN

Sopra, il progetto presentato dal gruppo di architetti romagnoli al concorso Europan 12. In apertura, Alessandro Pretolani e Filippo Pambianco.

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Arriva dalla Romagna il più giovane produttore di vino premiato all’ultima edizione del Merano Wine Festival, prestigioso appuntamento internazionale che riunisce le 300 migliori cantine non solo d’Italia ma di tutto il mondo, attraverso una rigorosa selezione tra migliaia di aziende vinicole di alta-qualità.È Maximilian Girardi, appena 24enne, che coltiva sangiovese e albana sui colli di Bertinoro. Nato in Alto Adige e trasferitosi sui colli romagnoli, Maximilian ha conquistato la giuria con il suo sangiovese “A.mare”, etichetta che unisce in modo giocoso la passione per il vino di un giovane perito aziendale che decide di rincor-rere un sogno respirato fin da bambino, su un territorio di collina baciato dalla brezza dell’Adriatico.Cura maniacale dei dieci ettari di vigneto, rispetto dell’ambiente (lotta integrata), raccolta manuale delle uve e lavorazioni minime in cantina sono l’abc di Tenu-ta Diavoletto.Albana, Pagadebit, Trebbiano, Chardonnay e, soprat-tutto, Sangiovese: sono le uve da cui nascono i vini prodotti a Bertinoro, caratterizzati da profumi netti e vivaci, freschezza, mineralità e un profilo elegante e selezionatissimo: ventimila bottiglie, rispetto ad un potenziale di centomila.Una forte attenzione verso i clienti è il segno distinti-vo dell’azienda, che investe tempo e risorse per essere sempre al top e all’avanguardia, dal social-marketing alla cura del design; dal sito internet (completo di sche-de tecniche dei vini “scaricabili” e di e-commerce che permette l’acquisto dei prodotti direttamente da casa)

alla conoscenza del titolare di numerose lingue stranie-re (inglese, tedesco e francese), che facilitano i rapporti con i numerosi clienti stranieri.Benessere e ospitalità alla Tenuta Diavoletto sono i punti cardine di un progetto più ampio e ambizioso che mira a unire vino, cultura e natura a 360 gradi. L’azien-da è stata protagonista di importanti eventi in tutto il mondo, da Milano a Tokyo, da Merano a Taormina e in agenda ne sono previsti tanti altri. Con questa visione, accanto alla “cantina” è stato progettato uno spazio in perfetta armonia con la stupenda cornice naturale dei colli di Bertinoro, dove poter dar vita a degustazioni, piccoli eventi, mostre e altre iniziative di carattere arti-stico ed enogastronomico.Numerose anche le collaborazioni con chef e ristoranti pluri-premiati, sia sul territorio (rinfreschi e catering, anche per la visita del Ministro dell’ambiente Orlando) che fuori dalla regione. Un’oasi di verde, dotata di pisci-na, in cui potersi fermare grazie anche a due piccoli ap-partamenti, destinati agli ospiti e ai clienti provenienti da lontano.Queste sono le caratteristiche dell’azienda: tenere alta la bandiera del Made in Italy e far conoscere il san-giovese romagnolo di alta qualità e gli splendidi territo-ri che permettono di produrlo, in tutto il mondo.

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A lezione di marketing e moda con Menabò. L’agenzia forlivese di marketing e comunicazione è in-fatti tornata alla Sapienza di Roma assieme ad ISKO™ e Archroma, per mettersi al servizio dei giovani che studiano per diventare i volti nuo-vi dell’industria della moda. Dopo la presentazione a Parigi del pro-getto I-SKOOL™, che coinvolge gli aspiranti stilisti di alcuni tra i migliori istituti europei, la lezione nell’ateneo della capitale è avve-nuta in concomitanza con il lan-cio del nuovo progetto dedicato agli studenti del master in Fashion Management della Moda. Un pre-

stigioso marketing award voluto da ISKO™, leader mondiale nella produzione di denim, e Archroma, specialista in colorazioni sui tessuti e punto di riferimento globale per l’intero settore. I due player han-no creato una capsule collection di circa 30 capi trattati con Advanced Denim, la soluzione innovativa e sostenibile che Archroma ha ide-ato per la colorazione di uno dei tessuti più indossati al mondo.Agli studenti è stato chiesto di identificare la piattaforma strategi-ca con cui proporre la collezione al mercato consumer, tra grafica, cre-atività e naturalmente strategia.

Obiettivo del progetto è la realiz-zazione di pacchetti di marketing simili nei contenuti a quelli offerti da ISKO™ ai propri clienti, e in cui Menabò si è specializzata collabo-rando con alcuni tra i più impor-tanti fashion brand internazionali.Dopo la presentazione del proget-to, ISKO™, Archroma e Menabò sono tornati in aula per la nuova edizione del ciclo di seminari “I professionisti della moda”, che vede coinvolta Fabiana Giacomot-ti come responsabile del corso di Scienze della Moda e del Costume. Durante la tavola rotonda Marco Lucietti (ISKO™), Albert Llort (Ar-

L’agenzia Menabò torna alla Sapienza di Roma con ISKO™ e Archroma per portare la propria esperienza nel marketing della moda, al servizio dell’educazione e della formazione.

Tra moda e Marketing

testo Roberta Brunazzi

Ph. Michela Puccica

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Comunicare | Menabò

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A fianco, alcune campagne ideate dall’agenzia Menabò per il mondo del fashion. In apertura, il tavolo dei relatori alla Sapienza di Roma.

chroma), Andrea Masotti (Menabò) e Umberto Brocchetto (ISKO Cre-ative Room™) hanno illustrato le particolarità dell’approccio B2B2C da loro adottato, che oltre a pro-muovere le caratteristiche del sin-golo brand “spinge” sui processi di filiera e sul valore degli ingredienti. Una visione di marketing comple-ta, che gli studenti dovranno pa-droneggiare per spiccare il volo in questo multiforme mercato.“Negli ultimi anni – sottolinea Andrea Masotti, responsabile del fashion division e socio di Mena-bò Group – è molto cambiato il modo in cui le persone guardano alla moda, e questo ha influenzato anche la comunicazione. Se pri-ma era soprattutto una questione di immagine e di estetica, oggi la comunicazione di moda è anche

informazione. Il consumatore vuol sapere cosa sta comprando, e que-sto va correttamente comunicato, producendo vantaggi anche per chi produce. Penso agli ingredient brand, ai prodotti di denim come ISKO, alle aziende che lavorano sui capi finiti come Martelli...”.E per quanto riguarda il retail?“Anche in questo caso la comuni-cazione sul punto vendita è sempre più strategica, soprattutto se i pro-dotti sono portatori di valori intan-gibili come quelli del fashion, con capi che presuppongono un’espe-rienza di acquisto che media tra informazione e intrattenimento. Per questo sfruttiamo ogni possi-bile leva di visual ed experiental marketing, con un progressivo au-mento dei processi di tecnologizza-zione interni agli store”.

Moda, comunicazione e informazione sono quindi sempre più connesse...“Senza dubbio. La comunicazione è fondamentale nei prodotti ad alto valore immateriale. Ecco per-ché, dopo 30 anni di consulenza in un settore come il food&beverage in cui la comunicazione dell’in-grediente e imprescindibile, Me-nabò ha capitalizzato la propria esperienza creando una fashion division dedicata, che ormai da 10 anni è specializzata nei temi del Made in Italy, della sostenibi-lità e delle performance del pro-dotto, con professionisti prepara-ti che seguono i nostri clienti a livello internazionale in house di strategia, consulenza, PR, ufficio stampa, grafica o eventi. Tutto ciò che serve per offrire un servizio a 360 gradi”. IN

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