ravenna in magazine - 4/2009

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® Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00 Giovanni Poggiali Un imprenditore polivalente Pallavolo Angelo Costa Doppio ritorno Marisa Moroni Il mondo di ieri Murales canadesi L’arte della guerra Anno VIII - N. 4 - OTTOBRE 2009 Ravenna

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Impegno e passione. Giovanni Poggiali, cover di questo numero di IN Magazine, ben esprime questi due concetti, quale degno rappresentante della capacità di saper fare impresa “a regola d’arte”. Insieme al padre ai fratelli, è alla guida di Setramar, un gruppo industriale tra i più brillanti di Ravenna, un’impresa che sa vincere anche in tempi di crisi. Ritornare all’arte per incentivare oggi la genialità, l’impegno. Anche per una tecnica antica come il mosaico, che ha in Ravenna una delle sue capitali, è possibile: i tesori di ieri e i professionisti di oggi si sono riuniti in un unico evento, RavennaMosaico, tuttora in corso, che per la prima volta si concentra sulle realizzazioni contemporanee di quest’antica arte, sul valore (anche economico) di un saper fare artigianale su cui città e territorio devono continuare a investire. La bottega, simile a quella medievale e rinascimentale, sembra ritornare nell’attività della ceramista faentina Marisa Moroni

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Fatto a regola d’arte: un modo di dire, che riporta alla mente un me-todo di lavorare che forse, in questi ultimi decenni, è sembrato essere solo una metafora bella da utilizza-re. Ma chissà poi cosa significa, da dove deriva… Invece l’attuale situa-zione dovrebbe quasi costringerci a fare una bella pausa di riflessione per pensare ai tempi in cui fare le cose a regola d’arte era più che una formula da inserire nei contratti. Non si deve andare tanto indietro, o tornare alle botteghe e alle cor-porazioni di fiorentina memoria, luoghi dove nascevano i maestri ma si formavano le maestranze. Dal loro insieme, per parafrasare il tito-lo di un libro uscito qualche tempo fa, si “costruiva la cattedrale”.Basterebbe ricordare un’epoca re-cente, quella di Benigno Zaccagni-ni, di Luciano Cavalcoli e di Dome-

nico Poggiali, quando con la nascita del porto industriale, quest’ultimo otteneva una banchina sul nuovo scalo, diventando il primo “termi-nalista” privato italiano. Basta pen-sare a come si lavorava anche solo qualche decennio fa, ed ecco che i buoni esempi non mancano. Non occorre parlare di etica: si trattava semplicemente di impegno, passio-ne, onestà e rispetto.Noi crediamo che questa analisi sia ben chiara anche nella mente del nipote di Domenico, Giovanni Pog-giali, cover di questo numero di IN Magazine e rappresentante della capacità di saper fare impresa an-cora “a regola d’arte”. Un’impresa che sa vincere, nonostante la crisi, e sviluppando il proprio business reinveste su se stessa, promuove e incentiva il territorio. Porta svilup-po, fa muovere un sistema, crea be-

nessere. Non solo economico, ma civile, sociale.Ritornare all’arte per incentivare oggi la genialità, l’impegno, l’azio-ne. Anche per il mosaico, che ha in Ravenna una delle sue capitali, questo sembra possibile: i tesori di ieri e i professionisti di oggi si sono riuniti in RavennaMosaico, tuttora in corso, che per la prima volta si concentra sulle realizzazioni con-temporanee di quest’antica arte, sul valore di un saper fare artigia-nale su cui città e territorio devono continuare a investire.La bottega, proprio simile a quel-la medievale e rinascimentale, ri-torna nell’attività della ceramista faentina Marisa Moroni, che ci ha raccontato la sua esperienza, per ben 30 anni al fianco di uno dei maestri della maiolica faentina del ’900, Pietro Melandri.Fare le cose a regola d’arte significa, poi, metterci passione. E come non possiamo appassionarci al “doppio ritorno” della grande pallavolo, con la Marcegaglia impegnata in A2, dopo anni di purgatorio, nella rinnovata struttura del Pala Costa? Un risultato che fa bene alla palla-volo e a tanti altri sportivi di Raven-na che hanno trovato una nuova casa. E di passione, certamente, si può parlare, per gli amici viticoltori che, ormai da dieci anni, si sono dati alla vendemmia, arrivando a produrre due vini, che giustamente hanno etichettato come “Nostrum”. Un ulteriore esempio di come a Ra-venna le cose si sanno fare ancora a regola d’arte!

A regola d’ Arte

di Andrea Masotti

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ConfrontoPaolo Lucchi e Roberto Balzani

Polo Scientifico-Didattico Università, tra presente e futuro

Rocca San Casciano Chiese e prodigi

Sante Solieri Il medico che ci diede una mano

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GiovanniPoggialiUn imprenditore polivalentePallavolo Angelo Costa Doppio ritorno

Marisa Moroni Il mondo di ieri

Murales canadesi L’arte della guerra

Anno VIII - N. 4 - OTTOBRE 2009

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OutDoor - Sporting Lifestyle - Via Cavour, 126 Ravenna - Tel.0544 37255

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Sommario3 Editoriale|

6 Annotare| Brevi IN

12 Essere| Giovanni Poggiali

18 Approfondire| “Economia” del mosaico

22 Creare| Marisa Moroni

26 Ricordare| Palazzo Guiccioli

31 Riscoprire| Murales canadesi

38 Produrre| Vino Nostrum

42 Gustare| Ristorante Venini del Palace Hotel

48 Giocare| Pallavolo Angelo Costa

54 Confidare| Maria Giovanna Maioli

56 Collezionare| Romano Segurini

58 Allenare| Stefania Tronconi

62 Visitare| RavennaMosaico

64 Leggere| Novità in libreria

65 Ricordare| Alfredo Oriani

66 Scegliere| Shopping

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IN Magazine | 5

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.Redazione e amministrazione:Via Napoleone Bonaparte, 5047100 Forlìtel. 0543.798463fax 0543.774044

www.inmagazine.it

[email protected]

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU)

Direttore Responsabile:Andrea Masotti.

Redazione centrale: Giulia Bazzocchi,Andrea Biondi, Francesca Renzi.

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua

Controllo produzione e qualità:

Isabella Fazioli, Alberto Mantellini.

Ufficio commerciale:

Roberta Missiroli.

Collaboratori:

Lidia Bagnara, Roberta Bezzi, Pier

Antonio Bonvicini, Andrea Casadio,

Anna De Lutiis, Massimo Fiorentini,

Antonio Graziani, Claudia Graziani,

Aldo Savini, Michele Virgili,

Francesca Zampiga, Gianmaria

Zanotti.

Chiuso per la stampa il 28/10/2009

Page 6: Ravenna IN Magazine - 4/2009

Luz M. Gonzàles alla Scottona

Bagnacavallo - Nei suggestivi locali ricchi di storia e di fascino del risto-rante La Scottona situati nei sotterra-nei di un’ala del monumentale con-vento di San Francesco sono esposte le opere recenti di Luz María Gonzá-les. Il lavoro dell’artista messicana da molti anni residente in Italia a Faen-za, nasce da un rapporto costante tra istintiva energia gestuale ed esigenza interiore di espressività. Linee, forme, esplosioni cromatiche e simbolismo latente sono la sua ere-dità ispanoamericana, rivisitata e rigenerata attraverso la cultura arti-stica europea. La ricerca e la speri-

mentazione pittorica tende ad unire, pertanto, i valori estetici di due tra-dizioni lontane sia geograficamente che storicamente, ma che si fondono nel personale vissuto esistenziale. Il locale è aperto tutte le sere, eccetto il mercoledì, dalle 19,30 alle 23 e la domenica e i festivi anche dalle 12,30 alle 14,30. (A.S.)

Faenza - Un evento unico per pro-muovere, in un colpo solo, l’immensa ricchezza enogastronomica dell’Emi-lia-Romagna. Torna in Fiera a Faenza il 20, 21 e 22 novembre (lunedì 23 novembre l’ingresso è riservato agli operatori) Enologica. La frase scelta come motto dell’intera manifestazio-ne, “In Emilia-Romagna il mangiare e bere vino sono inestricabilmente e sacralmente congiunti” (Mario Sol-dati, 1970), riassume chiaramente lo spirito dell’edizione 2009, che si propone come punto di incontro e

riferimento per lo sviluppo del pa-trimonio eno-gastronomico regio-nale. Con oltre 120 cantine da tutta la regione, 80 artigiani di prodotti tipici, una cinquantina d’incontri che vedono il coinvolgimento di cuochi, produttori, professionisti dell’enoga-stronomia regionale, l’evento si pro-pone come vero e proprio laborato-rio culturale intorno al cibo e al vino del territorio. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sul programma sono disponibili on line all’indirizzo www.enologica.org.

Enologica torna a Novembre

Alighieri, al via la stagione di Prosa

Ravenna - Parte a metà novembre la nuova stagione di prosa del

Teatro Alighieri, con otto spettacoli in cartellone, tra classici antichi e

moderni, e commedie brillanti. Si parte il 19 novembre, fino al

22, con To be or not to be di Maria Letizia Compatangelo con Giuseppe

Pambieri e Daniela Mazzucato. Dal 10 al 13 dicembre ecco La presidentessa, per la regia di Massimo Castri, Il 2010 inizia

con Pensaci, Giacomino! di Luigi Pirandello (dal 12 al 15 gennaio). A fine febbraio, dal 25 al 28, in scena

Massimo Dapporto e Benedicta Boccoli in L’appartamento, tratto dal

celebre fil di Billy Wilder. Dal’11 al 14 marzo, ecco Paolo Rossi

in Verso Mistero Buffo, di Dario Fo, mentre dal 22 al 25, Franco

Branciaroli in Edipo Re, per la regia di Antonio Calenda. Dal 7 al 10 aprile,

Ludovica Modugno protagonista in La badante di Cesare Lievi. Infine, dal

4 al 14 maggio (riposo il 10) il Teatro delle Albe porta in scena L’avaro di Molière, per la regia di Marco

Martinelli.

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Vita ebraica, la Mostra

Lugo - Fino alla Seconda guerra mondiale qui viveva una comunità ebraica, come attesta la permanenza nella struttura urbana del ghetto e del piccolo cimitero, isti-tuito nel 1877 dopo lo smantellamento dell’originario luogo di sepoltura, proprio alle porte della zona. Vi si conserva la memoria di cinque secoli della comunità, testimoniata dal lapidario con 34 steli funerarie poste a ridosso dei muri di recinzione e appartenenti al pri-mo cimitero. La più antica è datata 1560 e tutte sono interessanti per i nomi che portano e per i testi poetici delle iscrizioni incise. Un’interessante mostra (aperta fino a fine ottobre) al pian terreno della Biblioteca Trisi indaga gli aspetti socio-economici e culturali di questa presenza. Con l’annessione dei territori delle Legazioni pontificie al Regno d’Italia, gli ebrei lughesi ottennero i diritti civili, condizione per integrarsi nella vita sociale, economica e amministrativa. Appartenenti ai gruppi familiari quali Del Vecchio, Ginesi, Jacchia, Sinigaglia, gestirono botteghe, negozi, magazzini e manifatture. Espressione della cultura ebraica sono i Kettubot, con-tratti matrimoniali che garantivano i diritti finanziari della moglie in caso di morte del marito o di divorzio, realizzati con la tecnica del traforo, divenuta poi il mar-chio della tradizione decorativa locale. La mostra “Vita ebraica a Lugo. Artigianato, commercio e tradizione”, curata da Ines Miriam Marach, comprende immagini, documenti originali, oggetti della tradizione ebraica, li-bri e la riproduzione dei Kettubot. Orari: lunedì-venerdì, 9-12,30 e 14,30-19. Sabato 9-12,30. Ingresso libero. Nella foto: in primo piano, il negozio di Carlo Sinigaglia (Coll. Bruno Berti) (A.S.)

Via Corrado Ricci, 24| Ravennatel. 0544.30163 | www.cadeven.it | [email protected]

Sapori di Romagna

Ente Tutela Vini Romagnoli

Ca’ de’Vén

Page 8: Ravenna IN Magazine - 4/2009

Un pittore ritrovato

Bagnacavallo - Con la mostra al Museo Civico delle Cappuccine,

viene riscoperto Giuseppe Rambelli (1868-1954), la cui vicenda artistica è

rimasta finora pressoché sconosciuta a critica e pubblico. Trasferitosi a

Firenze nel corso degli anni ’80, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti quindi la Scuola del Nudo di Giovanni

Fattori. Grazie alla sua amicizia incontra la tradizione naturalistica

della pittura toscana dell’Ottocento, con vaghe reminiscenze macchiaiole,

alla quale resterà legato negli anni, insensibile alle innovazioni delle avanguardie e ai nuovi linguaggi della prima metà del Novecento.

Rambelli è prima di tutto ritrattista di aristocratici e signore, come

la contessa Luisa Gamberini che, tra l’altro, lo avvicinò al pensiero

teosofico, agli ideali di fratellanza universale e alla credenza nella reincarnazione. Dopo il periodo

fiorentino rientra sul finire degli anni ‘20 in Romagna e si rifugia nella Torre di Traversara, scegliendo di vivere quasi nell’isolamento.

Tuttavia, non rinuncia a disegnare e dipingere scene di vita quotidiana,

come la trebbiatura del grano, e a ritrarre persone del posto. La

mostra Giuseppe Rambelli. Un pittore ritrovato tra Romagna e Toscana

presenta un’ampia selezione di dipinti e disegni che ne documentano

formazione ed evoluzione, dalle prove d’accademia ai grandi ritratti

della nobiltà fiorentina. È aperta fino al 29 novembre 2009, da martedì a

domenica, ore 10-12 e 15-18. Chiuso il lunedì e post-festivi. (A.S.)

Claudio Casadio ne L’uomo che verrà

Nata la fondazione Bettiza

Roma - Uno dei massimi eventi na-zionali in campo cinematografico,

il Film Fest di Roma di ottobre, ha visto l’esordio “ufficiale” di Claudio Casadio sul grande schermo, come protagonista maschile nel film diret-to da Giorgio Diritti. L’uomo che verrà racconta la storia di un bambina e della sua famiglia, che abitano alle pendici del Monte Sole, non lontano da Bologna, e che saranno coinvolti nel rastrellamento da parte delle SS, passato alla storia come la strage di Marzabotto. Per Casadio si tratta di un debutto importante davanti alla macchina da presa, dopo una più che ventennale carriera come attore teatrale per Accademia Perduta, di cui è co-direttore artistico assieme a Ruggero Sintoni.

Ravenna - Il 25 settembre scorso è sta-ta siglata la nascita della “Fondazio-ne Enzo Bettiza”. Lo stesso scrittore è intervenuto alla costituzione della Fondazione che porta il suo nome, sorta su iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio per curare con-servazione e valorizzazione del pa-trimonio librario e documentale del noto giornalista, recentemente ac-quisito dalla Fondazione della Cassa. Alla guida della Fondazione Bettiza, di cui lo scrittore è presidente onora-rio, è Lanfranco Gualtieri, presidente della Fondazione della Cassa.La biblioteca contiene i testi più si-gnificativi della letteratura, filosofia e della storia europea del ’900, in particolare quella russa, mitteleuro-pea, balcanica e dell’Est europeo. Del cospicuo patrimonio fa parte anche un carteggio comprendente una rac-colta di lettere autografe di molti tra i

maggiori letterati della seconda metà del ’900, i manoscritti dei più noti ro-manzi di Bettiza, numerosi quaderni di viaggio e documenti sulle missioni in qualità di responsabile di delega-zioni del Parlamento europeo, con Jugoslavia, Repubblica Popolare ci-nese e Unione Sovietica. La bibliote-ca troverà collocazione nei Chiostri francescani, in corso di restauro, che ospiteranno anche l’archivio storico e la raccolta economico-giuridica della Cassa. (A.C.)

8 | IN Magazine

Page 9: Ravenna IN Magazine - 4/2009

Ravenna - Serate all’insegna del divertimento e della ri-sata, anche nella stagione 2009/2010, all’Alighieri, che si impreziosisce di una colorata e vivace rassegna di Teatro Comico, organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri. Tra famose coppie e carismatici solisti della risata italiana, il cartellone propone una carrellata di spettacoli e testi brillanti, esilaranti, scoppiettanti. L’apertura, a fine ottobre, è stata affidata a Gioele Dix, accompagnato dal polistrumentista Bebo “Best” Baldan, con il monologo Dixplay. Tocca poi a Katia e Valeria, già protagoniste di spicco nelle ultime stagioni di Zelig. Nello spettacolo Base per altezza diviso due propongono i personaggi che hanno segnato la loro carriera (martedì 17 novembre, ore 21). Il terzo appuntamento è con Luca e Paolo, le popolari “Iene” del piccolo schermo. Scritto dagli stessi interpreti, insieme a Michele Serra e Marino Clericetti, i due pro-porranno La Passione secondo Luca e Paolo. (6 dicembre, ore 21). A chiudere la stagione Ennio Marchetto, straor-dinario trasformista noto in tutto il mondo, con il suo A qualcuno piace carta. (domenica 17 gennaio, ore 21). www.accademiaperduta.it

Ravenna - Il palco del Teatro Alighieri il 7 e 8 dicembre ospita un doppio concerto di Paolo Conte. A due anni dall’ultima esibizione l’avvocato della canzone italiana ha scelto la città per le uniche date dell’inverno. Il concerto rappresenta il momento clou della stagione del Teatro Socjale di Piangipane. L’atmosfera raccolta dell’Alighieri consentirà di apprezzare al meglio le raffinate sonorità del repertorio di Conte per l’occasione, affiancato da una corposa band di straordinari musicisti. Biglietti: da 23 a 90 euro (incluso prevendita). www.teatroalighieri.org

Un inverno di risate All’Alighieri

Paolo Conte torna a Ravenna

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Piazzetta del Trebbo poetico

Il Giardino delle Tende

Ravenna - Lo scorso 19 settembre è stato così denominato uno spazio in centro città, con l’intervento dell’as-sessore alla toponomastica Giovanna Piaia, l’Arcivescovo Giuseppe Veruc-chi, il presidente del Consiglio Co-munale Valter Fabbri, Franco Gabici, Gaetano Chiappino, docente uni-versitario e il giornalista e senatore Sergio Zavoli. È stato un modo per ricordare Il trebbo poetico che dal 1956 al ’60 portò nelle piazze la lettura del-le poesie dei più noti autori del ’900. In cinque anni furono fatti ben 188 incontri in Italia e all’estero. Protago-nisti del fenomeno letterario, Walter Della Monica e Toni Comello, che Zavoli definì, in un’intervista radio-fonica, i “Giullari della Poesia”. Agli incontri, spesso, partecipavano gran-di nomi della poesia da Quasimodo

a Sereni, da Pasolini a Ungaretti, a Luzi. La Piazzetta del Trebbo Poeti-co sarà inserita negli spazi della città utilizzati per letture, piccoli concerti, piccole mostre. (A.D.L.)

Ravenna - La Casa della Tenda, sto-rico marchio ravennate specializzato nella produzione di tessuti e tendag-gi d’arredamento, ha inaugurato lo scorso 24 ottobre il Giardino delle Stelle, una terrazza di 180 mq, all’in-terno della sede principale in via San Gaetanino 104, rinnovata e allestita con strutture da esterno realizzate da Corradi, azienda di cui è conces-sionaria. Casa della Tenda, nata nel 1962 come piccola bottega, vanta quasi 50 anni d’attività nel settore, e continua anche oggi a fare della qua-lità artigianale il suo maggiore punto di forza. Infatti, è in grado di offrire alla sua clientela un servizio comple-to che va dalla consulenza d’arreda-mento, alla realizzazione dei tessuti nella sartoria interna propria, fino all’installazione eseguita da tecnici

specializzati. L’evento, che ha voluto presentare al pubblico non solo l’ar-redamento di Corradi, ma anche il negozio completamente ristruttura-to, avrà una seconda edizione anche in primavera. (G.B.)

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Il nuovo look di Reale Camiceria.

Ravenna - La nota boutique, aperta nel 1996 da Maria Cristina Lelli, ha

voluto dare una nuova impronta alla sua offerta. Specializzata da

anni in accessori da uomo, camicie e cravatte di taglio classico, ora è diventata rivenditore ufficiale del

marchio Brooks Brothers, fondato nel 1818, a cui si deve l’invenzione

dell’ultimo bottone al collo. “Questa novità - spiega la proprietaria - ci ha

permesso di allargare il target dei nostri clienti, comprendendo anche

ragazzi più giovani che amano vestirsi in modo elegante, secondo lo stile

inglese.” Un’altra novità importante comprende la donna: da Reale potrà

trovare, infatti, una varia scelta di capi da tailleur, giacche e cappotti. (G.B.)

Gran Premio Confindustria Golf

Faenza - Oltre cento giocatori hanno preso parte alla manifestazione

che si è svolta a fine settembre al Golf Club Le Cicogne. Numerosi

i rappresentanti degli associati a Confindustria Ravenna e di altre

associazioni provinciali. Tra gli ospiti il presidente dell’Autorità Portuale

Giuseppe Parrello e il direttore di Banca di Romagna Francesco Pinoni.

Nutrita la presenza degli sponsor: da Marcello Bacchini di Edilpiù, a

Raffaella Visani di Tecla.it, Francesca Bedei per Millepiedi Viaggi, Alvise Toffoletto per Cps vini e Leonardo

Spadoni, Molino Spadoni.

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Nuova boutique Piquadro

Ravenna - È stata aperta lo scorso 19 ottobre la nuova boutique Piquadro che, dopo Forlì, inaugura un secondo monomarca in Romagna, a Ravenna in via Cavour 95. Il celebre brand bolognese nato nel 1987 dall’intuizione di Marco Palmieri, attuale presidente e amministratore delegato, ha fatto della borsa un prodotto innovativo, in cui si unisce alla qualità della lavorazione tradizionale italiana il design e l’innovazione tecnica. I professionisti, ma non solo, possono dunque vedere soddisfatta ogni esigenza, grazie a questo punto vendita monomarca, dove non mancano borse accessoriate, articoli da viaggio e per il business e, in questo caso, anche capispalla. (G.B.)

Il nuovo prefetto della Città

Ravenna - Da poco tempo Riccardo Compagnucci è in città, nuovo prefet-to dopo Floriana De Sanctis. Roma-no, sposato, con una figlia, esperto nel campo dell’immigrazione, è en-trato nel 1976 nell’amministrazione del Ministero dell’Interno svolgendo diversi incarichi presso le prefettu-re di Cagliari e Sassari. Molte le do-mande al suo primo incontro con la stampa ma il Prefetto ha risposto con cautela perché, come spiegato, vuole conoscere più profondamente la real-tà del luogo. “L’impatto con Ravenna potrei definirlo ‘soft’ perché l’ho tro-vata estremamente elegante ma non solo, perché le strade sono pulite e le persone si vestono con molta cura; questo muoversi in bicicletta, cosa che a Roma è impossibile, l’eleganza

nei negozi e nei ristoranti, ma soprat-tutto il modo di vivere la giornata, di assaporare quello che si fa, anche le piccole cose; eleganza per me vuol dire avere la concezione della vita dentro di sé, di una vita sana, di vive-re la giornata in tutti i suoi momen-ti.” Ha aggiunto: “Voglio essere un Prefetto in jeans, uscirò dal palazzo perché voglio parlare con la gente in maniera informale; solo così sarà pos-sibile capire la realtà e le esigenze di questa città.” (A.D.L.)

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Essere | Giovanni Poggiali

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È alla guida, insieme al padre e ai fratelli, di uno dei principali gruppi industriali di Ravenna. È amministratore delegato dell’azienda agricola toscana Felsina. È co-fondatore della polisportiva Compagnia dell’Albero. Di recente è stato eletto presidente provinciale dei Giovani di Confindustria. Giovanni Poggiali ci racconta come passione e professione si fondono nella sua vita.

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

L’arte di fare Impresa

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Vedeva il suo futuro davanti a un cavalletto, con una tela vergine, pronta a essere attaccata da un pennello pieno di colori, per di-ventare un quadro di grande va-lore. GiovanniPoggiali, 38 anni da compiere, rampollo di una delle famiglie più importanti di Raven-na, è invece diventato unodeipiùapprezzati giovani imprenditoriportualienonsolo.“Avrei voluto, fin da piccolo, di-segnare e dipingere - racconta. Mio padre, Giuseppe, ‘Beppe’, senz’altro saggiamente, quando è stato il momento dell’iscrizio-ne al Liceo, mi mise davanti a una scelta inequivocabile: o clas-sico o scientifico, niente artistico. Poi, aggiunse: se hai passione e voglia di dipingere, lo saprai di-

mostrare anche senza l’artistico.” Giovanni è, infatti, convinto di pos-sedere una certa vena. La mamma, Paola, è una Mazzavillani, figlia di Giordano, dentista, notissimo bu-rattinaio per beneficenza; la zia Cristina è stata l’ideatrice ed è tut-tora l’anima del Ravenna Festival, regista di avvenimenti teatrali e moglie del Maestro Riccardo Muti, quindi zio acquisito. “In realtà penso di avere applicato e tuttora di applicarelapartearti-sticacheèinmenell’impresaasso-ciandovicultura,sporteimpegnosociale.” Giovanni ha cominciato da giovanissimo a occuparsi delle aziende di famiglia. “Di fatto - rac-conta l’imprenditore ravennate - quando m’iscrissi, nel 1990, a 18 anni, alla facoltà di Legge a Siena, assunsi, da subito, una responsabi-lità nella nostra azienda agricola toscana, Felsina, che produce, in prevalenza, vino.”Giovanni Poggiali è nato a Firenze il 18 dicembre 1971, per una pa-rentela con un medico importan-te dell’allora ospedale di Firenze. Dopo alcuni giorni dalla nascita viene trasferito a Castelnuovo Be-rardenga, nella tenuta di Felsina, che il nonno Domenico “Mecco” aveva comprato nel 1966. Li fu battezzato nella cappellina della fattoria. “Per cui sono un pochino toscano. Ma io mi sento totalmente ravennate, megliodireravegnano”, come erano chiamati nel tempo passato i cittadini di Ravenna. L’assegnazione di responsabilità nell’azienda agricola Felsina ha se-gnato la sua vita. “In pratica, doposeimesimi sono innamoratodel

In apertura e sopra, Giovanni Poggiali ritratto nella sede della Setramar.

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mondodelvino. Mi infilavo gli stivali per andare a decide-re come piantare un vigneto, seguivo la vendemmia, ma nello stesso tempo pigliavo l’aereo per presentare i vini nelle fiere internazionali, nei ristoranti e nelle enoteche più rinomate del mondo.”Oggi l’azienda vende 800-900mila bottiglie dei Docg Chianti classico e Colli senesi. L’etichetta principale dell’azienda è un Sangiovese in purezza. La guida di Slow food-Gambero rosso ha giudicato Felsina, per il 2009, la miglior cantina d’Italia. Ha ricevuto tantissimi riconoscimenti dalla stessa rivista “Gambero Rosso” e da “The Wine Spectator” (per il vino, è la rivista più letta nel mondo); da tanti anni, è costantemente ospite al New York Wine Experience.Ma Poggiali non si occupa soltanto di vino e vitigni. Pre-sidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindu-stria Ravenna, da circa un anno lo è anche della sezione ravennate della UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. “Carica che ho assunto volentieri, perché sentomoltodidovereperfezionareemigliorarelamiaformazio-neumana,cristianaecattolicaedifarlonellostrettoambi-todellamiaprofessionediimprenditore. Ho letto questa estate con piacere l’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, molto bella.”

Nel suo gruppo imprenditoriale Giovanni riveste la carica di Amministratore Delegato di Felsina e di consigliere nel Gruppo Setramar. Presidente di Amministrazione del Gruppo è il padre Giuseppe. Setramarnascecolnuovoporto.DomenicoPoggiali,nonnodiGiovanniepadrediGiu-seppe,ottieneunabanchinasulloscaloravennateediventailprimo“terminalista”privatoitaliano, con gru, piazzali e capannoni, dove vengono stoccate le merci sbarcate. “Mio nonno ebbe l’idea di sviluppare l’attività nel porto, dopo che uomini come Benigno Zaccagnini e Luciano Caval-coli avevano avuto l’intuizione di trasformare il canale Candiano in uno dei più grandi porti italiani.”Giovanni ci ha ricevuto nella sede centrale del Gruppo, all’angolo tra Via Serra e Via Giordano Bruno, a pochi passi dal vecchio macello. L’edificio, completamente ri-

Da piccolo voleva dipingere

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strutturato, ospitava la vecchia se-gheria Poggiali. Ma il centro vitale dell’azienda è sul porto. Setramarpresentaunfatturatoconsolidatoattornoai300milioniecontacirca1000dipendenti.HafilialiaSiena,LivornoeTrieste.Lasuaorganiz-zazionesiarticolainsettedivisionieunaventinadisocietà.Giovanni, che si occupa anche di comunicazione, una novità per il Gruppo, ha due fratelli più giova-ni, Nicolò, di 36 anni, che segue la parte relativa alla navigazione e le attività contiguee, e Domenico di 30, che si occupa di trading, in particolare di materie prime.Non c’è comunque solo l’azienda nelle attenzioni dell’imprenditore. “Mi piace camminare, stare in mez-zo alla natura, e ogni tanto vado a caccia. Leggo molto e mi piace la musica.” Da poco si è sposato con Francesca, “ravegnana” come lui.Ha un’altra grande passione, lo

sport. Ha fondato la Compagniadell’Albero assieme a Luca Minar-di, “un ottimo dirigente dell’azien-da e un amico fraterno dai tempi del liceo. Un’altra grazia del Signo-re: lo sport ci lega da tantissimi anni, quando, con gli amici della scuola giocavamo a calcio. Ad un certo punto, ci siamo chiesti che fare, avendo tutti passione per lo sport e per l’educazione. Abbiamo provato a mettere assieme le due cose. L’iniziativa ha avuto uno svi-luppo imprevisto. L’anno scorso avevano, solo nel calcio, più di 250 ragazzi. Oggi la Compagnia è una polisportiva, con calcio e rugby, al-tra mia grande passione.”Un nome abbastanza strano per una società sportiva, ma anche una scelta strategica. “Creare un format educativo con attenzione a tutti i livelli d’età. Perme,cheamoiboschielepiantel’alberoèunsimbolofortissimo. L’abbiamo chiamata Compagnia perché que-sto concetto è stato utilizzato, in Occidente e in Italia in particolare, nei momenti che ritengo più belli e

fondativi della nostra identità stori-ca. Vale a dire, quando la cristiani-tà si identificava con l’Occidente e i suoi valori permeavano ogni an-golo della persona e ciò che queste costruivano. Oggi, in Italia siamo legati a un concetto di gestione dello sport basato sull’individuo: il presidente, il commendatore... finito lui, casca il palco. Noipen-siamocheilconcettodicompagniapossaispirarecontinuitànellecosedilàdalfattopersonale.” Non va dimenticato il rugby. “Ho scoperto questo sport andando a studiare inglese in un college. Un professore irlandese ce lo fece pro-vare, dopo cinque minuti me ne ero innamorato. OraricoprolacaricadipresidenteonorariodelRavennaRFC,chestaperRugbyFootballClub. Quando, una sera, in un incontro con gli sportivi del Panathlon Club mi hanno detto che mio nonno era stato uno dei primi sponsor del rugby ravennate, mi sono emozio-nato. Ho letto la circostanza come una sorta di battesimo ulteriore. Come dire: ‘vai avanti’.” IN

A fianco, passaggio di consegna tra Massimo Geminiani e Giovanni

Poggiali alla presidenza del gruppo Giovani di Confindustria. Sotto,

l’imprenditore (primo a sinistra) durante una partita di rugby.

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In occasione della prima edizione del Festival Internazionale dedicato a questa antica arte in ambito contemporaneo, abbiamo analizzato insieme a quattro “maestri” e all’assessore comunale alla Cultura i primi risultati di questa iniziativa e le prospettive future di sviluppo, anche a livello economico, di questo settore.

testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini

Opinioni sul mosaico Oggi

Approfondire | “Economia” del mosaico

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Un esametro latino sulle pareti del-la Cappella Arcivescovile cita: Aut lux hic nata est aut capta hic libera regnat, ovvero, “O la luce è nata qui o, qui imprigionata, libera regna”.Come non è possibile imbrigliare la luce che scaturisce dalle tessere mu-sive che decorano i monumenti pa-trimonio Unesco di Ravenna, così nonèsempliceindividuarel’inciden-zachel’artedelmosaicohasull’eco-nomiadellacittà. Non tanto quella che deriva dall’aspetto turistico, che si quantifica in arrivi, presenze

e quindi in biglietti staccati, notti prenotate negli hotel e pasti con-sumati ai ristoranti, quanto quella legata alle botteghe artigiane che realizzano pezzi unici o agli artisti di fama mondiale ai quali vengo-no commissionate opere, anche di grande impatto, in diversi paesi del mondo. Ebbene, pur facendo domande in diverse direzioni (Ca-mera di Commercio, Amministra-zione comunale, associazioni di ca-tegoria), una risposta non è emersa. Quale fatturato? Quale peso occu-

pazionale? Pare non esista uno stu-dio su questo aspetto.Allora, in attesa di tornare sull’obiet-tivo che ci eravamo posti, l’economiadelmosaicoincittà, in occasione di RavennaMosaico, prima edizione del Festival Internazionale dedicato a quest’arte antica in ambito con-temporaneo, focalizziamo la nostra attenzione proprio su questo evento che prevede fino al 20 novembre una ricca serie di mostre, installa-zioni musive, visite guidate, incon-tri, narrazioni animate e laboratori

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per bambini. Un mese e dieci gior-ni durante i quali numerosi luoghi della città stanno facendo da conte-nitore, vetrina o palcoscenico per l’arte musiva che ha reso Ravenna famosa in tutto il mondo: da quelli istituzionali, come il Museo d’Arte della Città o le biblioteche Classen-se e Oriani, a quelli più insoliti, ma dove il mosaico è presente da anni, come il Parco della Pace, o l’Atrio d’onore del Palazzo della Provincia, o la cripta di San Francesco.La manifestazione, organizzata dal Comune, in collaborazione con AIMC, Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei, si pre-senta unico per la ricchezza degli eventi e per il coinvolgimento dei

soggetti. 18 gli enti che collabora-no a RavennaMosaico, 25 i luoghi che ospitano gli eventi, 16 le mo-stre da visitare. A sottolinearlo con soddisfazione è lo stesso assessore alla Cultura del Comune Alberto Cassani: “Per la prima volta si sono creati i presupposti per lavorare tutti insieme. E chi conosce la sto-ria recente del mosaico a Ravenna sa che valenza ha questo fatto. Oraoccorredarecontinuitàalprogetto, che vorrei fosse biennale, e, proprio partendo da questa maggiore co-esione, dedicarci alla promozione del mosaico attraverso strategie co-muni. Ciò gioverà anche alla can-didatura di Ravenna come capitale europea della cultura per il 2019.

Una candidatura che potrebbe aver creato un terreno fertile proprio grazie a questa unione di intenti.”Ma cosa ne pensano i mosaicisti ra-vennati? Come lo hanno accolto? Ecco l’opinione di FeliceNittolo: “Complessivamente è molto positi-va su questo primo Festival. Avendo i capelli bianchi ho vissuto la cosid-detta Biennale del ’77, ho vissuto la nascita di alcune istituzioni citta-dine degli anni ’80, e quindi altri momenti di promozione e rilancio del mosaico, ma questa volta sono ottimista perché c’èunentusiasmodiverso. Ci credo di più perché c’è la scommessa di Ravenna Capitale Europea della Cultura. C’è un in-teresse maggiore da parte di tutti e un impegno convinto da parte dell’amministrazione cittadina.”DuscianaBravura, figlia d’arte, spe-ra che sia una buona opportunità per far conoscere di più Ravenna e la sua posizione di capitale del mosaico nel mondo. “Mi auguro

In apertura, da sinistra a destra, i mosaicisti

ravennati Felice Nittolo, Dusciana Bravura, Luca Barberini e Marco Santi.

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In queste due pagine, alcuni momenti delle inaugurazioni

delle mostre dedicate al mosaico contemporaneo

durante la Notte d’Oro.

che il Festival cresca, che interes-si sempre di più anche le persone che non conoscono il mosaico. Bel-la l’idea delle inaugurazioni delle mostre in coincidenza con la Notte d’Oro. Uno dei tanti segni che oggi la città è vitale, mentre vent’anni fa non succedeva niente, c’era grigio-re culturale. IlFestivalcredodebbaessereuntrampolinodilancioperilmosaico. Il futuro inizia ora.”Su una linea simile MarcoSanti: “Pur essendo un’iniziativa nuova e realizzata all’ultimo minuto è posi-tiva e senz’altro occorrerà ripeterla. Ho visitato tutte le mostre e i lavori esposti sono d’alto livello. Peccato che siamo sempre noi… facciamo mostre e le andiamo a vedere. Cer-to, persone da fuori ne sono venu-te, ma occorrepromuovereRaven-nacapitaledelmosaicotuttol’anno. Penso, ad esempio, che sarebbe bello fare una mostra di mosaici contemporanei che affianchi quella delle riproduzioni di quelli antichi

che gira il mondo, testimoniando la bellezza della nostra città. Allora, perché non far uscire una sezione del Festival, una volta terminato, anziché riporre le opere nei magaz-zini? Un’occasione per far vedere il bel rapporto che c’è tra arte musiva antica e moderno.”Infine LucaBarberini. “Do un giu-dizio estremamente positivo, nes-suna critica. Il lavoro è stato svolto con il massimo impegno pur con poche risorse. Le istituzioni ci han-no creduto e sono riuscite ad orga-nizzarlo bene. Poi hosentitopareripositividaituristicheinquestigior-nihannofrequentatoilmiolabora-torio. Non pensavano che questa antica tecnica potesse accostarsi al contemporaneo. Non solo, anche i nostri diretti concorrenti di Spi-limbergo, dove c’è una qualificata scuola in materia, venuti a vedere le mostre sono rimasti meravigliati dalla ricchezza dell’evento. La coin-cidenza dell’inaugurazione con

la Notte d’Oro ha poi permesso a moltissimi giovani di venire in con-tatto con questa nuova modalità di fare mosaico, che grazie alla nostra generazione sta cambiando senza, naturalmente, rinnegare le nostre radici antiche. Ho persino sentito teenager stupiti di fronte ad opere musive contemporanee. Il Festival è senz’altro un punto di partenza e suggerirei di legarlo ad un premio, anche solo simbolico, per promuo-verlo ancora di più all’estero.” IN

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Nella città più famosa d’Italia per la lavorazione della ceramica continua a creare, con uno stile del tutto personale, l’artista faentina Marisa Moroni, a lungo allieva prediletta di Pietro Melandri, nella cui bottega ha operato per ben trent’anni.

testo Aldo Savinifoto Massimo Fiorentini

Il mondo di Ieri

Nella sua lunga storia la cerami-ca prodotta a Faenza, le cui prime frammentarie testimonianze ri-mandano alla fine del Medioevo e agli albori del Rinascimento con forme e decori tipici, nel corso dei secoli ha indubbiamente subito un’evoluzione, ma di fatto ha con-servato la propria identità e rico-noscibilità, “faentina” appunto. Una radicale svolta è intervenuta quando, rispetto alla funzionalità e alla destinazione d’uso pratico di vasellame, ciotole, contenitori e stoviglie ha prevalso la ricercade-corativaartistica; così, la ceramica ha assunto il ruolo non di semplice tecnica, bensì di linguaggio artisti-co in grado di competere con altri e di contaminarsi con essi, princi-palmente con la scultura e la pit-tura. Il Novecento faentino è ricco di sperimentazioni ardite fino ad arrivare a esiti di aperta rottura

con la tradizione: basti ricordare i fermenti creativi, con effetti ir-raggianti, del cosiddetto cenacolo baccariniano e i sussulti futuristi della Bottega Gatti.MarisaMoroni si inserisce a pieno titolo nel contesto dell’arte del Novecento, ma alla sperimenta-zione spericolata ha anteposto la ricercaaccuratadi soluzioni for-malievisivemisurateeaggraziate, frutto di una costante e profonda riflessione e di una lunga pratica esecutiva. Non produce oggetti in serie d’uso quotidiano e domestico come gran parte dei ceramisti fa-entini, ma nemmeno opere in cui il materiale ceramico sia un prete-sto, come il marmo, il bronzo o il legno per la scultura. Siconsideraedèunaceramista. Segue la linea inaugurata proprio a Faenza nel-la prima metà del secolo scorso in seguito a quella ventata innovativa

portata dalla diffusione delle arti decorative, comunemente dette applicate, prima della loro conver-sione alla produzione industriale. Il suo lavoro è ancora artigianale, di bottega, dove la manualità è il fattore primario, non puramente esecutivo, bensì creativo. La lunga permanenza nell’atelier di Pietro Melandri è stata determinante per la sua formazione e l’apprendimen-to dell’ornato in rilievo e di moda-lità espressive non puramente di decoro, tra cui il lustro metallico e il ricamo in oro. Considerata il“bracciodestro”diMelandri, entrò come tante altre ragazze in quella ”officina” nell’immediato dopo-guerra; fortunatamente non aveva frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica perchè non sarebbe sta-ta accettata. Melandri era un tipo bizzarro, parlava in dialetto e vole-va insegnare esclusivamente il suo

Creare | Marisa Moroni

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metodo e soltanto a chi riconosce-va capacità particolari. Lei aveva frequentato le medie prima della guerra e le era stata riconosciuta una particolare predisposizione per il disegno. È rimasta con Me-landri per 30 anni, fino all’anno prima della sua morte. Lavorando sotto la guida del maestro, come nelle botteghe medievali, ha ap-preso, più che una tecnica, un“sa-pere”checonservaisegretidellepratichemagiche. Tra le opere più importanti ricorda quella che nel 1959 la impegnò per vari mesi, da marzo a ottobre, per un lavoro im-ponente destinato al rivestimento integrale delle pareti della sala da tè dell’Albergo Roma di Bologna, che fortunatamente in tempi recen-ti è stato acquisito dal Museo delle Ceramiche di Faenza dove ora è in esposizione permanente. La Mo-roni, senza tradire il maestro, ha elaborato uno stile personale. Se Melandri usava colori di base densi e foschi, come il rosso e il sangue di bue, lei li ha schiariti per dare alle opere un’accesabrillantezzaevivacità. Così, le iridescenze del lustro e l’oro accentuano le pre-ziosità cromatiche sapientemente adattate alle scene di soggetto sa-

cro, storico, mitologico e letterario ma anche alle composizioni natu-ralistiche con fiori o frutta delle sue formelle. Questeoperesonosemprepezziunici, anche quando la ciotola è fornita dal torniante o il pannello è modellato su stampo. Generalmente però, preferisce ini-ziare con la modellazione della cre-ta e passare poi alla prima cottura per il biscotto. A questo primo atto seguono altri interventi originali che richiedono lunghi tempi e tre ulteriori cotture per ottenere sia gli effetti tattili del rilievo sia quelli visivi più propriamente pittorici, gli uni e gli altri accuratissimi, con quella precisione virtuosistica pro-pria dei cesellatori e dei miniatori medievali, che sanno trasmettere il calore vivo dell’emozione, appe-na velata di ironica grazia. Sono quasi confessioni personali, nate scavando nell’interiorità per tro-vare motivi di gioia, freschezza e tranquilla serenità, allo scopo di comporre un universo di immagini dall’aspetto quasi magico, attraver-so il raffinato gioco di colori, come se emergessero dalla memoria più che dall’immaginazione, per ricre-are un mondo di sentimenti che non c’è più. IN

In apertura e a fianco, Marisa Moroni mostra due delle sue opere in ceramica, caratterizzate dal ricamo in oro. Sotto, particolare di un’altra sua ceramica.

Breve biopic

Marisa Moroni, nata a Faenza, nell’immediato dopoguerra entra nella bottega di Pietro Melandri e vi resta dal 1945 al 1975. Successivamente lavora in proprio in un laboratorio con un piccolo forno e annessa saletta di esposizione, presso l’abitazione di Faenza in Via Marini al numero 20. Alla recente mostra di Bagnacavallo ha esposto un’ampia selezione di pezzi in grado di ricostruire, con i soggetti tipici della sua produzione, l’intero percorso creativo che abbraccia oltre mezzo secolo di attività.

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La storia di Palazzo Guiccioli: un imponente edificio storico in pieno centro a Ravenna che fu teatro di numerose vicende politiche e fu dimora di Lord Byron. Una nobile residenza che vive ora un grave stato di degrado.

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

Il palazzo di “Circe”

I tanti ravennati che, a cadenza quotidiana o settimanale, affolla-no la “vasca” di via Cavour in uno dei riti consolidati della città, in grande maggioranza lo ignorano. Eppure, oltre la soglia del palazzo a metà della strada si cela l’ingresso verso un’altra dimensione. Lasciata alle spalle la teoria sfavillante delle vetrine, il silenzio e la penombra dell’androne proiettano il passante in una dimensione in cui il mistero si fonde, purtroppo, col degrado, e le suggestioni del passato si pre-sentano tanto più intense a sottoli-neare la colpevole indifferenza del presente.Senza dubbio PalazzoGuiccioli (que-sto, infatti, è l’edificio di cui stiamo parlando) non è, fra le dimore ra-vennati, una delle più spettacolari

dal punto di vista architettonico. Èperòunadiquellepiùsignificativeperquantoriguardalememoriesto-richeracchiuseentrolesuemura. Di origine probabilmente seicentesca, incombe sulla strada con mole mas-siccia e severa, appena ingentilita dal balcone di fattura, si presume, settecentesca. Degne di nota, all’in-terno, le decorazioni pittoriche di alcuni ambienti del piano nobile, databili a vari decenni dell’800, a partire dal periodo neoclassico di inizio secolo.Ma oltre all’aspetto storico-artisti-co, cos’è che rende questo luogo così speciale nella storia di Raven-na? Appartenuto nei primi secoli alla famiglia dei conti Osio, verso il 1802 fu acquistato da uno dei pro-tagonisti della storia ravennate di

quegli anni, AlessandroGuiccioli. Esponente di un’antica ma decadu-ta casata nobiliare, aveva riassestato nel giro di pochi anni le finanze fa-miliari accumulando un’immensa fortuna grazie alla disinvolta par-tecipazione agli organi di governo dell’amministrazione “giacobina”. Viste le sue frequentazioni, non è dunque un caso che già nel 1803 le cronache registrassero a palazzo misteriose riunioni di una nuova setta non meglio precisata, nella quale è possibile scorgere un an-tecedente della Massoneria. Ma i giorni più movimentati, sarebbero venuti dopo che, nel 1817, l’anziano cavaliere si unì in terze nozze con la diciannovenne TeresaGamba, col-ta fanciulla destinata a diventare l’amante di GeorgeByron.

Ricordare | Palazzo Guiccioli

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Le vicende attraverso le quali si di-panò la love story fra la giovane e il celebre poeta del Romanticismo inglese sono note. Giunto in città nel giugno 1819, all’inizio dell’anno seguente Byron era alla ricerca di una sistemazione stabile. Con sua sorpresa chi gliela offrì, con rego-lare contratto d’affitto, fu niente-meno che il marito dell’amante. Speranza di trarne profitti econo-mici? Intento di controllare meglio i due amanti? I motivi della decisio-ne restano ignoti. Fatto sta che in quel tardo inverno 1820 Byron si trasferì al primo piano del palazzo (i coniugi risiedevano nell’apparta-mento al piano terra), adattandoacameradalettounastanzachedavasulcortileeutilizzandocomestudioquelladelbalcone. Lo seguivano la figlioletta Allegra (che poi sarebbe morta presso le Cappuccine di Ba-gnacavallo a soli quattro anni nel 1822) e la falange del suo pittoresco seguito: “La casa di Byron - avrebbe scritto a una corrispondente l’al-tro grande poeta e amico Shelley, suo ospite per qualche tempo nel 1821 - oltre ai servitori, consiste in

dieci cavalli, otto cani enormi, tre scimmie, cinque gatti, un’aquila, una cornacchia, un falcone, e tut-te queste bestie, fuorché i cavalli, girano per la casa la quale risuona continuamente qua e là delle loro libere contese come se esse ne fosse-ro padrone.” E poi, in una postilla: “mi accorgo che la mia enumerazio-ne degli animali in questo palazzo di Circe è incompleta. Sullo scalone ho incontrato or ora cinque pavo-ni, due galline faraone, ed una gru egiziana.”In questa casa, in particolare nello

studio affacciato sull’attuale via Ca-vour, Byron portò a termine molte composizioni, e sempre qui, sotto il comune tetto, si svolgevano i quo-tidiani “colloqui” fra i due amanti. Finché, una sera di maggio, Guic-cioli, rincasando, li colse “quasi sul fatto”. Il risultato fu l’esplosione delle tensioni a lungo latenti, col conseguente abbandono della casa da parte di Teresa e la temporanea separazione della coppia. Per estre-mo paradosso Byron non si mosse. Forte del suo contratto d’affitto, continuò a risiedere nel piano no-bile, limitandosi a spostare i suoi incontri con Teresa prima nella vil-la dei Gamba a Filetto e poi nel pa-lazzo di città nell’omonima strada non lontano da S. Vitale.Accanto a quelle “letterarie” e “amo-rose”, PalazzoGuiccioli fu ancheilteatrodellevicendelegateallamilitanzapoliticafilo-carbonaradiByron, cui il poeta venne introdotto dalla stessa famiglia Gamba. All’ini-zio del 1821 le sue cantine traboc-cavano delle armi, depositate dai

A fianco, l’androne d’entrata del palazzo. In apertura, l’imponente

facciata su via Cavour.

Proposta di recupero

In una città pronta a sottolineare le proprie realizzazioni, “l’assordante silenzio” che da anni circonda Palazzo Guiccioli è segno di un imbarazzante fallimento.

Eppure l’edificio avrebbe tutte le potenzialità per un utilizzo che potrebbe unire valorizzazione culturale a quella più pragmaticamente turistica. Situato nella strada più animata del centro, sarebbe la collocazione naturale, nelle stanze

stesse dove il poeta visse, per un museo che raccogliesse i cimeli della presenza di Byron oggi conservati alla Biblioteca Classense. Accanto a questi potrebbe

anche accogliere, in una nuova e suggestiva location, il museo del Risorgimento. Una sapiente valorizzazione presso la cittadinanza e il turismo colto, inglese e non

solo (come, ad esempio, ha fatto Trieste con la figura di James Joyce), sarebbe il completamento di un progetto culturale di qualità imperniato attorno al’edificio.

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liberali ravennati, in attesa di una rivoluzione che non sarebbe mai scoppiata. Poco prima, la sera dell’8 dicembre 1820, il palazzo era stato sfondo di un episodio che aveva funestato l’atmosfera cittadina già tesa. “Stavo mettendo il mantello per andare dalla contessa G. - scrisse Byron a un suo corrispondente - quando udii lo sparo. Entrando nella sala, trovai tutti i miei domestici al balcone che gridavano che un uomo era stato ammazzato.” Si trattava del coman-dante della guarnigione militare, colpito a morte da un sicario a pochi metri dal portone, e precisamente all’an-golo fra le attuali via Cavour e Argentario. Sceso in strada, Byron trovò il corpo agonizzante, circondato da una folla muta e inerte, e lo fece portare nel suo appartamento per prestargli le prime cure: inutilmente, perché la vittima spirò di lì a poco. “La mia casa è piena di soldati, dragoni, medici, preti e ogni genere di persone, sebbene io le abbia anche congedate e poste le sentinelle alla porta”. Se si pensa al clima da “palazzo di Circe” che, secondo Shelley, vi creava lo zoo personale del poeta, è facile immaginare l’atmosfera fra il tragico e il farsesco che doveva regnare in quei momenti fra le sue mura.Partito per sempre Byron nell’ottobre 1821, il palazzo ri-prese la sua tranquilla vita di residenza di famiglia, che si protrasse per circa sei decenni, salvo alcuni anni in cui fu permutato alla pari con il palazzo Rasponi-Murat nell’at-tuale piazza Kennedy. Nel 1879 la principessa Costanza Ghika, vedova di Gioacchino Rasponi, acquistò nuova-mente l’edificio, facendovi anche murare una lapide in ricordo del passaggio di Byron. Nel 1895 gli eredi Rasponi lo cedettero al Demanio, che ne fece la sede del comando della Divisione militare. Daquiiniziòunalungadecadenza,chenonfuinterrottadalpassaggioalComunenel1982. Da allora progetti e proposte per il suo utilizzo (Università, Centro per il mosaico, museo del Risorgimento…) si sono succeduti a cadenza periodica senza nessuno sbocco concreto, se non quello parziale, forse non del tutto appropriato, che ha portato alla rea-lizzazione di un piccolo studentato universitario in un’ala del cortile. Unica vera costante, in questo trentennio, è rimasto il degrado sempre più accentuato della struttura: un degrado che, se non bloccato in tempo, rischia di pri-vare Ravenna di uno dei luoghi più carichi di suggestione della sua storia. IN

FORLÌ via Copernico, 4/A - tel. 0543.751714 - [email protected]: da lunedì a sabato: 9,30 - 12,30 / 15,30 - 19,30

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Portano la firma di soldati canadesi itremurali“custoditi”inunnegoziodiRussi, in via Garibaldi 149. Que-sta è la conclusione a cui è arrivata, dopo oltre un anno di ricerca, GailI.Carter che è riuscita a far luce su un “frammento” di storia risalente alla Seconda guerra mondiale che merita d’essere conosciuto. D’altra parte, la scrittrice, pittrice e inse-gnante canadese è abituata alle sfide difficili se si considera che, qualche anno fa, visitando il cimi-tero di guerra di Villanova, dove riposano 194 uomini della Quinta Divisione Corazzata Canadese, è ri-uscita a trovare la lapide del marito di una vedova canadese - sua amica - che non aveva più fatto ritorno dalla campagna in Italia. Unaveravocazioneperlastoria che ha coin-volto anche il marito Piero Ram-

baldi, diventato avido collezionista di cimeli di guerra, da usare come “manufatti recuperati”, fra cui 4 contenitori di ferro per munizioni, su cui si può ancora leggere la sigla “1943 MPB B166”, una piccola lat-tina cilindrica che conteneva siga-rette, cartucce vuote d’artiglieria contraerea o anti carro. “I D-Day Dodgers, com’erano definiti i soldati alleati in Italia, non si sono lasciati alle spalle solo ponti Bailey e un vasto assortimento d’attrezzature militari, ma anche tre dipinti mu-rali di grandi dimensioni,” illustra. Tutto è nato grazie alla telefona-ta della collega Claudia Baruzzi, mentre era impegnata a raccoglie-re testimonianze di partigiani in un centro anziani A Piangipane. Incuriosita dalla vicenda, ha chie-sto la consulenza dell’amica ame-

Risalgono alla Seconda guerra mondiale i tre

murales, realizzati da soldati canadesi di passaggio, conservati

in quello che oggi è un negozio a Russi. Un

piccolo “frammento” di storia riportato alla luce da una studiosa appassionata, e che

rischia di finire perduto.

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

L’arte della Guerra

Riscoprire | Murales canadesi

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ricana Vicki Weinstein, laureata in Belle Arti alla Ucla con dottorato in storia dell’arte dell’Università di Cornell. Grazie ai suggerimenti di EnzoBolognesi - appassionato di storia locale da tempo a conoscen-za dei murali - arrivano in un edi-ficio dall’aspetto modesto a Russi che, prima della guerra era adibito a sala cinematografica, converti-to negli anni ’50 e ’60 in garage. “Con stupore abbiamo potuto am-mirare tre murali miracolosamen-te sopravvissuti alle incurie della guerra, ciascuno di 150 cm di al-tezza per 250-350 di lunghezza, dipinti fra i pilastri portanti che delimitano tre sezioni di muro, sul lato sinistro di questo ampio spazio interno”, ricorda Gail Carter il cui studio è stato di recente pubblica-to su Reader’s Digest. “Autentiche opere d’arte in tempo di guerra”, secondo la Weinstein. Ma chi sono i personaggi ritratti e perché qual-cuno si è preso la briga di dipin-gerli nel bel mezzo della guerra? È proprio da Bolognesi, il primo a interessarsi ai murali - quando alla fine degli anni ’60 portava la sua automobile dal meccanico Toni-no, involontario “custode” - arriva una felice intuizione. “Avevo poco tempo da dedicare al mio hobby di ricerca di vecchi libri e docu-menti storici - spiega -. All’inizio del 2000, mentre curiosavo fra gli scaffali di una libreria, mi è capi-tato di imbattermi in un libretto del ’44 dal titolo The Two Types by Jon. Sulla copertina, un fumetto che ritraeva due divertenti ufficiali dell’Armata Britannica. Come in

un flash, mi sono tornati alla men-te i disegni sui muri dell’officina: i personaggi erano gli stessi.” L’auto-re era William John Philpin Jones (1913-1992), in arte Jon. Poteva es-sere stato davvero lui a dipingere i murali? Dopo un’analisi stilistica dettagliata e un confronto fra le vignette di Jon e i personaggi/sce-nari dei murali, la Weinstein ar-riva alla conclusione che nessuno dei tre dipinti sia stato concepito o eseguito da Jon in persona. Risulta inoltre che gli stili dei tre murali sia differente, per cui non è stata la stessa mano a realizzarli. “L’84enne Elio Ferretti ci ha rac-contato che stava suonando la fi-sarmonica nel retro di questo edi-ficio quanto è arrivata la ‘squadra dei pittori’ - conclude la Carter -. Idipintisonostatifattiunpomerig-giod’invernoeisoldati,cheparla-vanoinglese,hannoimpiegato3o4oreditempo. Poi se ne sono andati e nessuno li ha più visti, non erano tra i ‘regolari’. Dal dicembre ’44 fino al marzo ’45, l’edifico era usa-to come osteria dai soldati cana-desi di stanza nella zona di Russi e c’era chi si dava da fare per sentirsi

un po’ come a casa.” Ora che ne sarà dei murali, testimonianza di prima mano del lato umano della guerra? “Mi hanno toccato il cuore non perché abbiano valore econo-mico ma perché sono sopravvissuti indenni a tante vicissitudini - af-ferma Gail Carter -. L’edificio in cui sono ospitati è stato di recente ristrutturato e affittato come ne-gozio al dettaglio gestito da cinesi. Non c’è protezione che li ricopre, malgrado il proprietario avesse proposto il plexiglass, e appaiono un po’ affogati dovendo compe-tere con prodotti che vanno dai Babbo Natale che si arrampicano sulle scale a scatole di detersivo. Ilmiotimoreèchepossanoesseredi-menticatiseunasemplicespennel-latadibiancodovessecancellarli.” Purtroppo, per mancanza di fon-di, nessuno dei musei interessati a ospitarli, come quello del Senio di Alfonsine o altri canadesi con-tattati dalla stessa Carter, riescono a sostenere le spese (circa 20 mila euro) per toglierli e spostarli. E per ora l’Amministrazione di Rus-si non ha dimostrato particolare interesse. IN

A fianco e in apertura, due dei tre murales; sotto, particolari del terzo.

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Immerse tra le colline della Romagna Toscana, abbracciate dal sole dall’alba al tramonto, crescono le uve della Tenuta Pertinello. È dalla passione di Alfeo Mancini e del figlio Moreno, che si occupa dell’azienda, che nascono vini prestigiosi. La tenuta si estende per 40 ettari sui dolci declivi di Galeata, estremamente vocati; di questi 12 sono coltivati a Sangiovese, re dei vitigni rossi italiani, per una produzione di 70mila bottiglie l’anno. La viticoltura, curata passo passo da Luigi Martini, segue il ritmo di un tempo: le uve vengono raccolte manualmente e la selezione dei grappoli è meticolosa. La stessa qualità è applicata per la vinificazione: il vino è imbottigliato direttamente in azienda e la maturazione avviene in botti e in barriques di rovere d’Allier, nella splendida cantina.Il prodotto, grazie anche alla collaborazione dell’enologo Fabrizio Moltard, non può che essere di altissimo pregio: fiore all’occhiello è proprio il Pertinello, Sangiovese corposo, ma allo stesso tempo fine ed equilibrato, affinato in bottiglia dai 12 ai 15 mesi. Si passa poi al Bosco di Pertinello, Sangiovese fresco, fiorito, giovane e vivace. Pochi preziosi filari coltivati ad Albana danno vita a una produzione di nicchia, dolce e irresistibile con delicate note di miele e albicocca: il Passito di Pertinello. Figlia della distillazione delle uve Sangiovese è Luna di Pertinello, la “grappa” per eccellenza: profumi decisi di sottobosco, di floreale e un gusto rotondo delicatamente aromatico. Tenuta Pertinello: quando la passione incontra la qualità, un calice di vino si trasforma in opera d’arte.

Tenuta PertinelloSulle colline della Romagna Toscana nascono vini di pregio

Pertinello - Strada Arpineto, 247010 Galeata (FC) Italy

Tel. 0543.983156 - Fax 0543.983768

Distribuito da:Agenzia Romagna snc di Leoni Fulvio e C.P.le della Vittoria, 1 - 47121 Forlì

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Nel mercato delle macchine per la movimentazione merci la ditta Gambi di Ravenna stacca la concorrenza in virtù di una solida esperienza maturata in quarant’anni di attività e di una forte tradizione familiare che ha visto il passaggio del testimone di padre in figlia. Continuità, determinazione e innovazione: questi i principi guida che hanno consentito all’azienda, l’unica al femminile nel settore della logistica, di rafforzarsi con successo sul mercato. Attualmente la ditta è infatti gestita dalla giovane Stefania Gambi, under 40, che può contare sulla preziosa collaborazione della madre Gabriella e sull’efficienza di collaboratori preparati e dinamici. Nata come agenzia di rappresentanza in forma individuale nel 1969 dalla capacità imprenditoriale di Giuliano Gambi, l’azienda acquisisce visibilità con la costruzione della nuova sede di via Faentina,

inaugurata nel 1980. Dalla fine degli anni Ottanta, alla scomparsa del fondatore, l’amministrazione volge al femminile sotto la guida della moglie Gabriella, responsabile del settore amministrativo. «Inizialmente ho dovuto fare di necessità virtù - ricorda -. Mio marito era un vero e proprio factotum e non è stato facile sostituirlo. Tanto più che il settore delle macchine per la movimentazione è sempre stato appannaggio maschile. In quei primi anni i clienti che entravano in azienda non si aspettavano certo di dover parlare con una donna, c’era di che rimanere spiazzati. Poi mi sono fatta le ossa e nel tempo ho proposto una diversa organizzazione: tutto il lavoro che prima era incentrato su un’unica persona, è diventato un lavoro di squadra, grazie alla presenza di validi collaboratori con i quali è stato instaurato un rapporto trasparente di

Il traguardo dei 40 anni e una leadership “in rosa”: è la Gambi Carrelli Elevatori, attiva nel settore delle macchine per la movimentazione merci. Una solida azienda ravennate, che fa del lavoro di squadra una grande risorsa ed è guidata, con competenza e capacità, da due donne: la giovane imprenditrice Stefania Gambi insieme alla madre Gabriella.

Logisticamente Femminile

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Nel mercato delle macchine per la movimentazione merci la ditta Gambi di Ravenna stacca la concorrenza in virtù di una solida esperienza maturata in quarant’anni di attività e di una forte tradizione familiare che ha visto il passaggio del testimone di padre in figlia. Continuità, determinazione e innovazione: questi i principi guida che hanno consentito all’azienda, l’unica al femminile nel settore della logistica, di rafforzarsi con successo sul mercato. Attualmente la ditta è infatti gestita dalla giovane Stefania Gambi, under 40, che può contare sulla preziosa collaborazione della madre Gabriella e sull’efficienza di collaboratori preparati e dinamici. Nata come agenzia di rappresentanza in forma individuale nel 1969 dalla capacità imprenditoriale di Giuliano Gambi, l’azienda acquisisce visibilità con la costruzione della nuova sede di via Faentina,

inaugurata nel 1980. Dalla fine degli anni Ottanta, alla scomparsa del fondatore, l’amministrazione volge al femminile sotto la guida della moglie Gabriella, responsabile del settore amministrativo. «Inizialmente ho dovuto fare di necessità virtù - ricorda -. Mio marito era un vero e proprio factotum e non è stato facile sostituirlo. Tanto più che il settore delle macchine per la movimentazione è sempre stato appannaggio maschile. In quei primi anni i clienti che entravano in azienda non si aspettavano certo di dover parlare con una donna, c’era di che rimanere spiazzati. Poi mi sono fatta le ossa e nel tempo ho proposto una diversa organizzazione: tutto il lavoro che prima era incentrato su un’unica persona, è diventato un lavoro di squadra, grazie alla presenza di validi collaboratori con i quali è stato instaurato un rapporto trasparente di

Il traguardo dei 40 anni e una leadership “in rosa”: è la Gambi Carrelli Elevatori, attiva nel settore delle macchine per la movimentazione merci. Una solida azienda ravennate, che fa del lavoro di squadra una grande risorsa ed è guidata, con competenza e capacità, da due donne: la giovane imprenditrice Stefania Gambi insieme alla madre Gabriella.

Logisticamente Femminile

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che devono fare movimentazione una flotta di trecentocinquanta macchine di proprietà (oltre alle 2000 della casa mandante). Una felice intuizione che ha consentito di superare i periodi di crisi, offrendo un servizio continuativo anche alle aziende che non desiderano o non sono nelle condizioni di fare acquisti. Nel 2009 l’attività è stata ampliata grazie alle nuove divisioni, batterie industriali, porte e coperture industriali.Nell’anno in cui festeggia i primi quarant’anni di attività, la ditta Gambi rivolge lo sguardo verso il futuro. «Innovazione e dinamismo sono la nostra principale fonte d’ispirazione – sottolinea Stefania

Gambi -. Siamo stati i primi a investire in sicurezza, tema difficile, che però oggi ci sta dando ragione; il continuo aggiornamento dei nostri tecnici e formatori per valutare tutti i rischi legati all’uso dei macchinari in rapporto alla sicurezza e in ottemperanza alle normative vigenti ci permette di offrire ai nostri clienti servizi di qualità e una assistenza estremamente qualificata. L’azienda sta crescendo molto nella direzione della consulenza anche attraverso l’informatizzazione estensiva, come metodo innovativo di gestione del lavoro. Questo significa poter offrire dati in tempo reale per essere migliori consulenti e affiancare efficacemente le aziende».

stima e fiducia reciproca. Una gestione dunque meno piramidale e gerarchica e più al passo coi tempi, che ci ha dato subito riscontri positivi». Con la presenza femminile si è rafforzata la struttura organizzativa fino all’ingresso in azienda di Stefania, rappresentante della seconda generazione, attraverso la quale la ditta Gambi da azienda si è trasformata in gruppo. Oltre alla sede commerciale e all’officina di Ravenna, sono stati costituiti altri due centri di assistenza tecnica, a Ferrara e a Cesena.Il cliente è seguito in tutto e per tutto con un servizio a 360 gradi, che parte dalla vendita e noleggio di carrelli elevatori e di macchine per la movimentazione

delle merci, comprende l’assistenza tecnica, suddivisa in riparazioni, manutenzione programmata, controlli periodici ISPESL, e arriva alla consulenza per la risoluzione di tutti i problemi della logistica, compresi i corsi di formazione per carrellisti. Il servizio di assistenza è organizzato per raggiungere il cliente on site con officine mobili, per consentire interventi rapidi e capillari sul territorio. Da semplice fornitore a partner: il motto “Vi solleviamo dai pensieri” – rende l’idea di come l’azienda concepisce il proprio servizio al cliente.Un settore che ha riscontrato un particolare successo in questi anni è anche quello dei noleggi a breve e lungo termine. A disposizione delle aziende

Sopra, interno di uno degli uffici; sotto, scorcio dell’esterno dell’azienda con parte del parco furgoni attrezzati come officine mobili.

“Innovazione

e dinamismo

sono la nostra

principale fonte

d’ispirazione”

I numeri della ditta GambiLa solidità dell’azienda Gambi è anche un fatto di numeri. Tre sono le sedi: Ravenna Ferrara e Cesena. I collaboratori sono 45, giovani preparati e dinamici, mentre ricco è il comparto delle attrezzature: trecentocinquanta macchine costituiscono la flotta di nolo, venticinque furgoni attrez-zati come officine mobili. Tra i clienti più noti, da anno-verare aziende come: Adriatica Logistic, A.F.E., Agrintesa, B&T (Dorelan), Caviro, Celli, Centroplast, Commercianti indipendenti (Conad), Cooperativa Facchini Faenza, Dura-vit Italia, Gruppo Orogel, Icel, Lamborghini Calor, SGM Di-stribuzione (Marco Polo Expert), Sca Packaging. I marchi commercializzati sono tra i migliori della categoria: fanno parte del gruppo Toyota il marchio BT per le macchine da interno come transpallet, commissionatori, retrattili e trilateriali, e Cesab per i carrelli elevatori frontali, Oldham – Gruppo Enersys - per le batterie industriali.www.gambi.it

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che devono fare movimentazione una flotta di trecentocinquanta macchine di proprietà (oltre alle 2000 della casa mandante). Una felice intuizione che ha consentito di superare i periodi di crisi, offrendo un servizio continuativo anche alle aziende che non desiderano o non sono nelle condizioni di fare acquisti. Nel 2009 l’attività è stata ampliata grazie alle nuove divisioni, batterie industriali, porte e coperture industriali.Nell’anno in cui festeggia i primi quarant’anni di attività, la ditta Gambi rivolge lo sguardo verso il futuro. «Innovazione e dinamismo sono la nostra principale fonte d’ispirazione – sottolinea Stefania

Gambi -. Siamo stati i primi a investire in sicurezza, tema difficile, che però oggi ci sta dando ragione; il continuo aggiornamento dei nostri tecnici e formatori per valutare tutti i rischi legati all’uso dei macchinari in rapporto alla sicurezza e in ottemperanza alle normative vigenti ci permette di offrire ai nostri clienti servizi di qualità e una assistenza estremamente qualificata. L’azienda sta crescendo molto nella direzione della consulenza anche attraverso l’informatizzazione estensiva, come metodo innovativo di gestione del lavoro. Questo significa poter offrire dati in tempo reale per essere migliori consulenti e affiancare efficacemente le aziende».

stima e fiducia reciproca. Una gestione dunque meno piramidale e gerarchica e più al passo coi tempi, che ci ha dato subito riscontri positivi». Con la presenza femminile si è rafforzata la struttura organizzativa fino all’ingresso in azienda di Stefania, rappresentante della seconda generazione, attraverso la quale la ditta Gambi da azienda si è trasformata in gruppo. Oltre alla sede commerciale e all’officina di Ravenna, sono stati costituiti altri due centri di assistenza tecnica, a Ferrara e a Cesena.Il cliente è seguito in tutto e per tutto con un servizio a 360 gradi, che parte dalla vendita e noleggio di carrelli elevatori e di macchine per la movimentazione

delle merci, comprende l’assistenza tecnica, suddivisa in riparazioni, manutenzione programmata, controlli periodici ISPESL, e arriva alla consulenza per la risoluzione di tutti i problemi della logistica, compresi i corsi di formazione per carrellisti. Il servizio di assistenza è organizzato per raggiungere il cliente on site con officine mobili, per consentire interventi rapidi e capillari sul territorio. Da semplice fornitore a partner: il motto “Vi solleviamo dai pensieri” – rende l’idea di come l’azienda concepisce il proprio servizio al cliente.Un settore che ha riscontrato un particolare successo in questi anni è anche quello dei noleggi a breve e lungo termine. A disposizione delle aziende

Sopra, interno di uno degli uffici; sotto, scorcio dell’esterno dell’azienda con parte del parco furgoni attrezzati come officine mobili.

“Innovazione

e dinamismo

sono la nostra

principale fonte

d’ispirazione”

I numeri della ditta GambiLa solidità dell’azienda Gambi è anche un fatto di numeri. Tre sono le sedi: Ravenna Ferrara e Cesena. I collaboratori sono 45, giovani preparati e dinamici, mentre ricco è il comparto delle attrezzature: trecentocinquanta macchine costituiscono la flotta di nolo, venticinque furgoni attrez-zati come officine mobili. Tra i clienti più noti, da anno-verare aziende come: Adriatica Logistic, A.F.E., Agrintesa, B&T (Dorelan), Caviro, Celli, Centroplast, Commercianti indipendenti (Conad), Cooperativa Facchini Faenza, Dura-vit Italia, Gruppo Orogel, Icel, Lamborghini Calor, SGM Di-stribuzione (Marco Polo Expert), Sca Packaging. I marchi commercializzati sono tra i migliori della categoria: fanno parte del gruppo Toyota il marchio BT per le macchine da interno come transpallet, commissionatori, retrattili e trilateriali, e Cesab per i carrelli elevatori frontali, Oldham – Gruppo Enersys - per le batterie industriali.www.gambi.it

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Un gruppo di amici, tutti ravennati, un piccolo vigneto e una comune passione per il nettare degli dei. Così è nato Vino Nostrum, una produzione doc che oggi si sviluppa in due etichette e che nel 2010 giungerà alla decima vendemmia.

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Natura, amicizia e Buon vino

Ci sono persone che, a un certo momento, sentono il bisogno di cambiare, quando il percorso lavo-rativo giunge al termine; di cerca-re nuovi interessi, di fare qualcosa di diverso dal lavoro che le ha im-pegnate per gran parte della vita. Allora decidono di frequentare una palestra, di prendere lezioni di golf, seguire corsi di bridge. Gli amici che sono protagonisti di questa storia hanno deciso di fare qualcosa che li avvicinasse alla na-tura e, nello stesso tempo, desse dei risultati concreti: faredasoliilpropriovino, un prodotto doc, non solo, ma autenticato da una eti-chetta che riporta tutti i loro nomi. CosìènatoilNostrum,enonpoteva

avereunnomediversoperchénonèneppureinvendita. Non è stato difficile procurarsi la vigna, anzi i pochi filari a loro riservati, grazie a FrancescoDonati, docente univer-sitario di Agraria, che ha raccolto l’idea. “Nel lungo percorso univer-sitario, in Veneto e in Friuli, ho in-contrato numerosi viticoltori e vi-nificatori, entusiasti e competenti, che mi hanno confermato la possi-bilità di ottenere buoni vini anche in pianura. Questa conferma ha rafforzato il mio spirito di ricerca fatto non solo per fini economici, ma soprattutto per il piacere che si assapora quando le cose danno un buon risultato”. Gli chiediamo com’è accaduto, poi, che si formas-

se un gruppo piuttosto numeroso che per hobby ha iniziato a pro-durre il Nostrum. “Era una sfida, la mia, e le sfide sono belle se fatte insieme, perché diventano l’occa-sione per socializzare, confrontar-si, gustare insieme il prodotto di quello che vuole restare un gioco.” Donati ama evidenziare, nelle sue sperimentazioni, le tipicità del ter-ritorio ed è quanto porta avanti nella sua azienda, nelle vicinanze di Palazzo San Giacomo, a Rus-si. Anche il Nostrum è il risultato di esperimenti: prendendo come base il Sangiovese, sono aggiunte altre antiche uve romagnole che contribuiscono a impartire al vino piacevole complessità di profumi

Produrre | Vino Nostrum

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e aromi. Gliamiciseguonoleva-riefasideilavori, come diradare le foglie per scoprire i grappoli che, in tal modo, prendono meglio il sole, effettuare la vendemmia sce-gliendo solo i grappoli più belli, seguire il carro con il raccolto fino alla cantina di Tebano. Chiedia-mo a GianniCosta, componente del gruppo, qual è il momento più bello di questa esperienza: “Cer-tamente la vendemmia, perché si è tutti insieme, si gusta la gioia di avere fra le mani magnifici grappo-li, mentre ci scambiamo battute o raccontiamo aneddoti. Non meno emozionante è il momento del ver-detto, quando ci viene comunicata

la gradazione che, si sa, dipende dall’annata. Se va bene siamo dav-vero soddisfatti!”“Il nostro obiettivo principale - sot-tolinea Donatim- resta sempre la costante ricerca della qualità, an-che se cerchiamo di ottenere vini che assecondino le caratteristiche delle uve d’annata, pertanto ogni anno abbiamo un Nostrum con ca-ratteristiche leggermente diverse.” Ogni primavera una commissione di saggi si reca in cantina per ve-rificare il prodotto, prima che sia versato nelle bottiglie che hanno un’elegante etichetta disegnatadall’artista del gruppo, Mirel-laSaluzzo. Va sottolineato che il gruppo è rigorosamente maschile, le donne sono invitate solo al mo-mento conviviale che rappresenta la fase finale di questo gioco-hob-by-lavoro. I ‘lavoratori’ in questio-ne vengono da esperienze diverse: dirigenti in campo industriale, docenti universitari, direttori sco-lastici, medici, insomma persone che i muscoli li hanno usati quasi sempre solo per lo sport. A Giam-battista Chiarini chiediamo di raccontare la sua esperienza nel gruppo. Ci pensa su, sorride diver-tito e poi dice: “A dire il vero è un modo per passare il tempo, un po’ come bambini abbastanza cresciu-ti. Ci sono momenti entusiasmanti,

come la vendemmia, emozioni che ci riportano indietro nel tempo, a contatto con la natura, ma tutti noi sappiamo che è un gioco. È altret-tanto vero che proviamo grande soddisfazione al momento del rac-colto, o quando stappiamo le pri-me bottiglie, o quando possiamo omaggiare un amico dicendo che il vino è prodotto da noi, e che non è in vendita, quindi è un privilegio che amiamo condividere, senza di-menticare che tutto si fa più per divertimento, non per profitto.”Il Nostrum viene prodotto in due tipi: ilNostrumetichettarossa,checorrispondealvinodiannatae ilNostrumetichettanerainvecchiatoinbottecircacinquemesi. Durante gli incontri si fa il test delle botti-glie, sempre in numero molto limi-tato: “Assaggiando alcune bottiglie del Nostrum etichetta nera 2004 e 2005 - dice Donati - si percepisce ancora una particolare freschez-za e ciò lascia pensare che questo vino possa reggere in bottiglia al-meno un paio d’anni ancora.” Nel2010cisaràladecimavendemmia e il gruppo, che dalle 7-8 persone quali erano inizialmente sono or-mai 15, procederà alla verifica di quanto prodotto in questi anni e, come sempre, sarà un momento di festa da condividere, un’ulteriore occasione per stare insieme. IN

A fianco, un momento della vendemmia. Sotto, una bottiglia di Nostrum riserva. In apertura,

il gruppo di amici viticoltori al completo tra i filari.

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Gustare | Ristorante Venini del Palace Hotel

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È la tavola de luxe della costa, con piatti della cucina regionale ed internazionale che premurosamente vi serviranno in una grande sala d’ispirazione neoclassica, fra ricercati arredi, preziosi lampadari e atmosfere dimenticate. Ma a rallegrarvi, del ristorante Venini di Milano Marittima, sarà prima di tutto la rilassante veduta sul curatissimo giardino con ulivi millenari e piante dal gusto raffinato.

testo Pierantonio Bonvicini foto Gianmaria Zanotti

Primi in Tutto

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Lo sanno bene anche i postmoder-ni. Meglio cercare il nuovo nel pas-sato. Lo stile neoclassico, ad esem-pio, influenza ancora oggi nuove realtà. In contrasto al barocco e al rococò, si sviluppò in Europa nel-la seconda metà del XVIII secolo, rappresentando il ritorno a forme classiche e greche. Ora lo ritroverete nei sontuosi in-terni del Palace Hotel di Milano Marittima e del suo RistoranteVenini. Ci verrete magari di sera, quando la luce artificiale aggiunge fascino al fascino. E parcheggere-te su viale 2 giugno, ricordando che al civico 60 ha sede l’Hotel. La posizione è privilegiata, vicino al mare e a due passi dalla movida di via Gramsci. Raggiungerete subi-to l’ingresso, importante come il resto, e prima d’entrare apprezze-rete ai lati il curatissimo giardino con ulivi millenari e piante dal gu-sto raffinato. Ancora un doveroso sguardo verso l’alto, magicamente

illuminato, poi spalancherete la robusta porta a vetri che vi separa dagli interni. Ecco allora, tra pre-valenti tonalità crema e avorio, gli originali e meravigliosi lampadari di Venini, nome prestigioso dell’ar-te vetraria di Murano, quindi i pregiati tendaggi, i bianchi divani in pelle, le colonne e marmi intar-siati, provenienti dalla Turchia. Superato il ricevimento, un altro

salone per continuare a trattenersi, col pianoforte e il magnifico banco del bar. Ma per accedere alla sala ristorante confiderete nella cortese hostess che si occuperà del vostro arrivo. Quindi, sarà il maitre faen-tino Giorgio Babini a farvi acco-modare al tavolo che preferite. Lasalaèunaltrocolpod’occhiel’armonicosusseguirsidiformeedicolorigeneraun’atmosferad’al-

In apertura, la sala del ristorante. A fianco, il direttore del Palace Hotel Alessandro Orzes (primo da destra)

con alcuni suoi collaboratori.

La ricetta: mezzelune di gamberi con melanzane e zucchine al timo

Ingredienti per 4 persone: per il ripieno, gr.100 di mascarpone, gr. 200 di gamberi, 1 scalogno, 1 bicchiere di vino bianco, olio extra vergine, sale e pepe q.b. Per la salsa: 1 melanzana, 2 zucchine, 1 dl. di panna liquida, gr. 100 di burro, sale q.b., timo.

Procedimento: stufare lo scalogno con l’olio, quindi aggiungere i gamberi tagliati e cuocere per alcuni minuti. Bagnare poi col vino bianco e fare evaporare. Raffreddare e tritare il tutto, aggiungere successivamente il mascarpone e aggiustare di gusto. Dopo aver preparato una sfoglia verde, fare dei ravioli e chiuderli a mezzaluna. Tagliare a dadini la melanzana e le zucchine, aromatizzarle con sale e timo e cuocerle in padella con 50 gr. di burro, aggiungere la panna e far cuocere per alcuni minuti. Infine, bollire la pasta e, giunta a cottura, versarla in padella e condirla. Completare il piatto con una foglia di timo e pomodorini.

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tritempi. Può ospitare fino a 400 persone e dispone di tavoli rotondi con mise en place di valore, e super-comode poltroncine. Anche qui splendidi lampadari e appliques che li richiamano, raffinata moquet-te al pavimento e ampi tendaggi sulle grandi vetrate. A mandare avanti il Palace, aperto nel 2005 dall’imprenditore Antonio Bata-ni, è arrivato Alessandro Orzes, manager d’origine veneta e già di-rettore del vicino Hotel Aurelia. A condurre invece la cucina del Veni-

ni, c’è dall’apertura una brigata di 16 persone, con cuochi affermati e giovani talenti. Fra questi, due chef di regione, Demis Dainese e Rolando Lolli. Che vantano ri-levanti esperienze all’estero e in Italia. Della pasticceria si occupa il lombardo Lucio Colombo, già all’Hotel Four Seasons di Londra e poi in Belgio, a Waterloo, da ce-lebri pasticceri. Questiprofessioni-stivisorprenderannoperlasceltadellematerieprime,attentamenteselezionate,chesonolapartepiùimportanteperchisvolgequestomestiere.Poi sapranno intratte-nerviconqueipiattiditradizionenazionaleed’oltreconfine,chesan-norendereleggeriegustosi,segnod’esperienza,tecnicaeabilità. Ecco allora alcune pietanze che potrebbero capitarvi, sapendo che il menù (di mare, di terra e vegeta-riano) cambia giornalmente. Per cominciare, il ricco buffet disposto

ai due lati della sala, con le crudi-tà del mare, le carni, i formaggi, le verdure di stagione, i salumi, la pasticceria, la frutta e molto altro ancora. Dalla carta, terrina di pio-vra con piccole verdure, cocktail di gamberi o scampi ai pomodorini. Tra i primi, gnocchetti di patate al grillo di mare, tortelloni alle triglie di scoglio o risotto mantecato al radicchio di Treviso. Tra i secon-di, spigola del nostro mare ai ferri, petto d’anatra laccato al miele e pi-noli, bocconcini di tacchino in sal-

sa al curry. E per dessert, meringa in salsa al cioccolato o mousse allo zabaione con interno liquido. Ora il vino, uno dei maggiori segni di civiltà del mondo per Heming-way. Sarà il sommelier abruzzese Cri-stian Pellegrino a sottoporvi una lista con quasi 500 etichette. Bolli-cine italiane e francesi per comin-ciare, poi bianchi e rossi nazionali e da dessert. Inoltre, piccola offer-ta al calice e lista delle acque, con una decina di proposte. Infine, ampia scelta di distillati e caffè all’altezza del resto. Spenderete tra 60 e 100 euro, bevande escluse, per una cena da ricordare. Scriveva Moncrif, nel suo manua-le pedagogico per galantuomini del 1738, che si può piacere solo in quanto si contribuisce alla felicità degli altri. È per questo che il Ve-nini conquisterà anche voi. www.hotelpalacemilanomarittima.it IN

È all’interno del Palace Hotel

Culinaria News:

Aria di “Tramontana”Sulle colline verucchiesi un ristorante-pizzeria con sala da ballo, in panoramica posizione. La cucina, curata dal patron Giuseppe Bernardi, è una sorpresa. In carta, piatti romagnoli e una pasta e fagioli da applauso. Per chiudere, squisite torte e un conto più che onesto. Ristorante Tramontana, via Serra Tramontana 403. Aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì.

Star bene in campagnaA Balignano, nei pressi di Longiano, relax e buona gastronomia alla Locanda della Luna. Menù legato al territorio, con antiche ricette della famiglia Turchi, a cui appartiene il rinomato locale. Ambiente di tono rustico con richiami contemporanei e prezzi corretti. In via Balignano 956, aperto domenica e festivi tutto il giorno. Giovedì, venerdì e sabato solo la sera.

Come difendersi dai ristorantiLo promette Ristorantopoli, prima anti-guida gastronomica (di 206 pagine) scritta quest’anno da Mauro Zucconi, giornalista gastronomico per passione e aiuto cuoco per necessità. Dai diritti e doveri del cliente al ritratto del ristorante ideale. Questo e molto altro nel libro pubblicato da Liberamente Editore. A 14 euro, da leggere prima di andare a cena.

Gioie d’autunnoLa natura ora ci dà i funghi. Degustateli dove li preparano al meglio. Per esempio ad Acquapartita, nell’appennino Tosco-Romagnolo, al ristorante dell’Hotel Miramonti. Squisita l’accoglienza del direttore Lia Bot, rimarchevole la cucina tipica locale curata dal bravo chef Alessandro Locatelli. Prezzi giusti e rilassante atmosfera a 800 metri s.l.m., in via Acquapartita, 103.

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Stile, personalità e dinamicità. Questo è Sabrina Zoli, e molto di più: è ciò che trasmette il suo salone e che caratterizza le sue “creazioni”: tagli, acconciature, colori e trucco.Che Sabrina sia un vulcano è chiaro appena si mette piede nel suo negozio in Via Torricelli 9/a in pieno centro a Faenza: un arredo moderno, dal design creativo ed elegante, curato in ogni dettaglio; i due lati “operativi” sono arredati diversamente l’uno dall’altro per offrire a ciascun cliente qualcosa che sia il più vicino possibile alla sua personalità, accoglierlo in un luogo che “lo conosce” e lo fa sentire a proprio agio, a rimarcare la filosofia della titolare: “capire le esigenze del cliente e perfezionarle, per creare la sua immagine: bella ma, soprattutto, che si addica al suo modo di essere”. Perché Sabrina è così, sempre alla ricerca, per migliorarsi, migliorare il proprio lavoro e quindi soddisfare i propri clienti. Inizia giovanissima l’attività che ha sempre sognato, che la appassiona e, come dice lei, che “è nel suo dna”. Dopo qualche anno, non

soddisfatta della semplice “impostazione di base” acquisita, comincia a lavorare per colui che definisce il suo “maestro”, Claudio Bosi, nel salone a Castelbolognese. Inizia così la sua formazione a 360°, cercando anche tra Londra, New York e Los Angeles nuove tecniche, stimoli, e idee da personalizzare e fare proprie. Da Tony e Guy, a Londra, impara il “senso dello spettacolo”; da Vidal Sassoon, a Los Angeles, apprende l’importanza delle tecniche di base. Oggi la sua professionalità è il risultato di tutto questo incessante lavoro di ricerca, che continua con costanti corsi di aggiornamento. Il suo Salone, che conta 4 collaboratori, ha clienti che vengono anche da fuori regione per farsi consigliare da Sabrina, perché il suo approccio è un po’ quello della psicologa - come insegnano gli hairstyling di successo nel mondo. “Oggi si va dal parrucchiere un po’ meno che in passato e si preferisce affidarsi a un

professionista che curi i capelli in modo che siano poi facilmente ‘gestibili’ anche a casa senza il suo continuo intervento; per riuscire a fare questo è necessario che sappia ascoltare, capire anche il ‘lato psicologico’ del cliente, le sue abitudini, di vita, lavorative, per poi decidere, in base a tutti questi elementi, taglio, colore e, soprattutto, trattamenti rigorosamente su misura, perché anche i problemi tricologici possono, a volte, avere origini nel quotidiano.” Sabrina ha seguito anche “percorsi di linguaggio dell’immagine, perché - spiega - in base alla morfologia del viso si sceglie un taglio e alla carnagione il colore dei capelli”, e per quanto riguarda i trattamenti si affida a prodotti esclusivamente naturali - come Joico la sua linea “di punta” - perché la cura e la salute del capello devono rimanere l’obiettivo principale.

Sabrina Zoli:Il salone dove la bellezza si fa “spettacolo”

Via Torricelli, 9/a - Faenza (RA)Tel. 0546.28543

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Stile, personalità e dinamicità. Questo è Sabrina Zoli, e molto di più: è ciò che trasmette il suo salone e che caratterizza le sue “creazioni”: tagli, acconciature, colori e trucco.Che Sabrina sia un vulcano è chiaro appena si mette piede nel suo negozio in Via Torricelli 9/a in pieno centro a Faenza: un arredo moderno, dal design creativo ed elegante, curato in ogni dettaglio; i due lati “operativi” sono arredati diversamente l’uno dall’altro per offrire a ciascun cliente qualcosa che sia il più vicino possibile alla sua personalità, accoglierlo in un luogo che “lo conosce” e lo fa sentire a proprio agio, a rimarcare la filosofia della titolare: “capire le esigenze del cliente e perfezionarle, per creare la sua immagine: bella ma, soprattutto, che si addica al suo modo di essere”. Perché Sabrina è così, sempre alla ricerca, per migliorarsi, migliorare il proprio lavoro e quindi soddisfare i propri clienti. Inizia giovanissima l’attività che ha sempre sognato, che la appassiona e, come dice lei, che “è nel suo dna”. Dopo qualche anno, non

soddisfatta della semplice “impostazione di base” acquisita, comincia a lavorare per colui che definisce il suo “maestro”, Claudio Bosi, nel salone a Castelbolognese. Inizia così la sua formazione a 360°, cercando anche tra Londra, New York e Los Angeles nuove tecniche, stimoli, e idee da personalizzare e fare proprie. Da Tony e Guy, a Londra, impara il “senso dello spettacolo”; da Vidal Sassoon, a Los Angeles, apprende l’importanza delle tecniche di base. Oggi la sua professionalità è il risultato di tutto questo incessante lavoro di ricerca, che continua con costanti corsi di aggiornamento. Il suo Salone, che conta 4 collaboratori, ha clienti che vengono anche da fuori regione per farsi consigliare da Sabrina, perché il suo approccio è un po’ quello della psicologa - come insegnano gli hairstyling di successo nel mondo. “Oggi si va dal parrucchiere un po’ meno che in passato e si preferisce affidarsi a un

professionista che curi i capelli in modo che siano poi facilmente ‘gestibili’ anche a casa senza il suo continuo intervento; per riuscire a fare questo è necessario che sappia ascoltare, capire anche il ‘lato psicologico’ del cliente, le sue abitudini, di vita, lavorative, per poi decidere, in base a tutti questi elementi, taglio, colore e, soprattutto, trattamenti rigorosamente su misura, perché anche i problemi tricologici possono, a volte, avere origini nel quotidiano.” Sabrina ha seguito anche “percorsi di linguaggio dell’immagine, perché - spiega - in base alla morfologia del viso si sceglie un taglio e alla carnagione il colore dei capelli”, e per quanto riguarda i trattamenti si affida a prodotti esclusivamente naturali - come Joico la sua linea “di punta” - perché la cura e la salute del capello devono rimanere l’obiettivo principale.

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Il campionato appena iniziato segna una

duplice riconquista per il volley ravennate: a distanza di dieci anni

la Marcegaglia riporta la pallavolo in serie A e riapre le porte dello

storico Pala Costa, tornato agibile dopo i

lavori di ristrutturazione.

A distanza di dieci anni, la Marce-gaglia riporta la pallavolo raven-nate in serie A, anche se si tratta di A2. Risale, infatti, al campionato 1999/2000 l’ultima presenza nel massimo campionato dell’allora Valleverde Ravenna, che al ter-mine del torneo vendette il titolo sportivo. “Nel 2004 abbiamo costi-tuito una nuova società - spiega il presidente della Marcegaglia LucaCasadio - con il nome di PallavoloAngeloCosta per ricordare il gran-de allenatore della Robur, vinci-trice di 5 scudetti. Siamo partiti disputando il campionato di serie C, nel 2006 ci siamo unificati alla Robur in B2 e nella stagione suc-

cessiva abbiamo acquisito il titolo sportivo del Lugo andando a gio-care in B1.”Si giunge così alla stagione 2007/08, anno in cui nasce la col-laborazione con il gruppo Marce-gaglia, diretto dal cavalier Steno, che si unisce alla CMC, alla Fon-dazione Cassa di Risparmio e alla Fassa Bortolo, che hanno sostenuto dall’inizio la nascita di questa nuo-va società. Il campionato 2008/09 nasce con un patto siglato con il Comune: “Noi avevamo allestito una rosa - continua Casadio - per fare un salto di qualità e l’ammi-nistrazione comunale ci aveva assi-curato che in caso di promozione

testo Michele Virgili - foto Massimo Fiorentini

Doppio Ritorno

Giocare | Pallavolo Angelo Costa

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avremmo potuto giocare le partite casalinghe al Pala Costa.” La Marcegaglia gioca un torneo da protagonista concludendo la regular-season al terzo posto: “Il campiona-to è stato molto bello e difficile; fin dall’inizio noi, Cles e Bastia Umbra godevamo i favori del pronostico. Siamo rimasti in testa per quasi tutto il girone d’andata fino alla sconfitta con Cles che ha rallentato la nostra marcia. Poi in primavera la squadra si è ripresa presentandosi ai play-off in gran spolvero, nettamente migliorata rispetto all’avvio del torneo.” Ai play-off i ravennati eliminano nell’ordine Cantù e Gela prima di approdare alla finalissima con Bastia: “La vitto-ria di Gela è stata indimenticabile, si è giocato nei tipici ambienti del sud con il pubblico attaccato alla panchina. Il trionfo è arrivato nella sfida decisiva a Bastia dove ci siamo imposti per 3-0; c’era un pubblico foltissimo con un buon numero di sostenitori ravennati. Noi sul campo eravamo tonici e forti fisicamente, è stata una soddisfa-

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è lavoro, passione, cultura per il vino... e da oggi anche Wine Bar !

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zione vedere dei giocatori cresciuti tecnicamente grazie al buon lavo-ro svolto dal tecnico Nino Beccari.” La sera stessa della promozione il coach ravennate ha annunciato di non poter rimanere come allena-tore per motivi legati alla sua pro-fessione e la società ha affidato la squadra ad AntonioBabini, tecnico di esperienza reduce dalla salvezza alla guida della Zinella Bologna. “Insieme all’allenatore abbiamo allestito un organico con giocato-ri di qualità, sono stati confermati Sirri, Garnica, Mengozzi, Ortolani, Lirutti, Ranghieri e Rambelli, altri non sono potuti rimanere per im-pegni personali incompatibili con la serie A. I nuovi innesti sono stati Miseikis, opposto di nazionalità li-tuana, Tabanelli, libero ravennate che ha militato a Milano e Roma. Poi sono arrivati il centrale Lehto-nen, il capitano della nazionale slo-vena, Plesko; Saviotti e Monti.”Casadio analizza il torneo di A2: “Le avversarie sono tutte forti, le gare saranno tutte da affrontare col coltello tra i denti, speriamo

di stare lontani dalle zone calde della classifica. Il nostro obiettivo è avere una squadra battagliera, che possa far divertire il pubblico, desideriamo riavvicinare la gente alla pallavolo.”I primi segnali sono positivi: “La campagna abbonamenti è andata oltre ogni aspettativa, attendiamo una buona cornice di pubblico.” Il Comune ha mantenuto la pro-messa e così la Marcegaglia può giocare le gare interne al Pala Co-sta, che torna agibile dopo i lavori di ristrutturazione. Per Casadio è un susseguirsi di emozioni nella doppia veste di ex giocatore e at-tuale presidente: “Un motivo in più per fare bene. Vent’anni fa è stata l’ultima stagione in cui ero un gio-catore, quando entro mi ricordo quello che è stato e mi viene voglia di giocare; da ex giocatore ho la voglia di organizzare almeno una partita di beneficenza. In qualità di presidente il mio desiderio è far rivivere sensazioni ed emozioni che molti di noi hanno vissuto e porta-no negli occhi e nel cuore.” IN

A fianco, l’allenatore Antonio Babini sprona il centrale finlandese Jukka Lehtonen e, sotto, il presidente Luca Casadio durante la cerimonia d’inaugurazione del rinnovato Pala Costa. In apertura, azione di gioco durante la partita d’apertura del campionato 2009/2010.

Un palasport ricco di storia

Il Pala Costa fu costruito dal Coni su un terreno donato dal Comune a metà anni ’50. “Il Coni in una cinquantina di città italiane - spiega Umberto Suprani, presidente provinciale - aveva progetti standard, tutti uguali, per costruire questi impianti. La tribuna poteva ospitare circa 300 persone. La prima squadra che andò a giocare fu quella del basket maschile, nella seconda serie nazionale, poi nei primi anni ’60 la Robur, promossa in serie A, cominciò a disputare la gare casalinghe al Pala Costa. A metà decennio è stata la volta della squadra dei Vigili del Fuoco grazie a una scissione con la Robur, promossi in serie A.” I gradoni della tribuna erano vicinissimi al campo di gioco e al termine della stagione ’79/80 il Comune con un lavoro di ristrutturazione ha allargato la capienza a 1000 posti costruendo un’altra tribuna a lato ippodromo. “Si è giocato fino all’ottobre 1998, all’interno pioveva e per motivi di sicurezza il Comune, che ne aveva la gestione, decise di chiudere il campo di gioco; box e lotta invece continuarono le loro attività. Sia il basket maschile che femminile, sia la pallavolo maschile e femminile furono costretti ad andare via.” A questo punto arriva il disguido: “Il Comune si accorse che non era proprietario ma la proprietà era del Coni, che non aveva i fondi per accollarsi le spese per sistemarlo. Solamente tra 2003 e 2004 il Comune ne è diventato proprietario e sono iniziate le pratiche per ristrutturarlo. Al Pala Costa giocheranno le gare interne l’Acmar Piero Manetti e la Marcegaglia e svolgono le loro attività sportive box, lotta e judo per disabili.”

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Da circa un anno è attivo il Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente, promosso da due aziende leader nel settore: Crea Srl e Agenzia Ambiente Srl. Amministratore delegato di entrambe le società, che attualmente hanno i propri uffici in via Romolo Murri 21, è l’ingegnere William Dosi. “Competenza, semplificazione, soluzioni personalizzate sono le parole d’ordine della nuova struttura - afferma - Crediamo che il Network si accrediterà con autorevolezza sul mercato, come il primo anno di attività ha chiaramente mostrato. Per creare questa partnership, non c’è stato bisogno di grandi trattative, nessuno ha dovuto rinunciare a qualcosa, il clima di fiducia già consolidato nasce da lontano: dalle buone

scuole tecniche ravennati degli anni Sessanta, dalla facoltà di Ingegneria e Chimica dell’Università di Bologna e da un percorso professionale intessuto dei medesimi valori.” Per creare il Network, fondato ufficialmente il 19 settembre dello scorso anno, si è dato avvio a un processo d’integrazione aziendale attraverso uno scambio di quote societarie che si è concluso a gennaio fra Crea e Agenzia Ambiente. La mission di Crea, nata nel 1980, è quella di prevenire i pericoli nei luoghi di lavoro, in ottemperanza alle disposizioni delle leggi comunitarie che prevedono la tutela della salute e della sicurezza. Avvalendosi di personale altamente qualificato, offre in particolare analisi d’impatto

che offre ai propri clienti servizi per la pianificazione degli studi, la direzione e supervisione dei lavori. Il nuovo Network ravennate si avvale inoltre della collaborazione di alcune società partner. A cominciare dallo Studio Dosi, che opera nel settore della progettazione architettonica e urbanistica specialmente nell’ambito delle riqualificazioni urbane delle aree industriali, e lo Studio Maldera specializzato nel settore della consulenza sulle problematiche delle assicurazioni per i rischi occupazionali e industriali. Tra i partner anche il Gruppo Igeam, imponente realtà economica che si occupa d’energie rinnovabili e dello sviluppo sostenibile, della sicurezza, della qualità e

dell’ambiente e la partecipata Zivot Hse, società di consulenza in ingegneria-sicurezza-ambiente con sede legale a Belgrado che offre un supporto alle società italiane con l’obiettivo di consolidarsi in Serbia, seguendone anche le procedure di certificazione nell’ottica di un ingresso prossimo nella Comunità Europea. Crea ed Agenzia Ambiente possono contare, ad oggi , di un gruppo di 25 tecnici ad alta specializzazione che si integrano nelle varie specializzazioni offerte sul mercato nel campo della Sicurezza, Ambiente, Qualità ed Ingegneria fornendo al cliente, pubblico e privato, una unica interfaccia operativa che, di fatto, razionalizza gli impegni e minimizza i costi.

ambientale, di affidabilità, di rischio, consulenza sul trasporto di merci pericolose, verifiche sulle protezioni anti-infortunistichee formazione sui temi di cui sopra a tutti i livelli aziendali. Ha al suo attivo clienti di grande prestigio, fra i quali multinazionali come Eni, GasNatural, Halliburton, Transocean, Schlumberger ecc.L’altro pilastro fondamentale del Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente è Agenzia Ambiente Srl, società di management ambientale nata a Faenza

nel 1995. Fin dalla nascita i suoi obiettivi sono stati: la tutela ambientale per migliorare le prestazioni aziendali e coniugare il rispetto dell’ambiente con un processo di abbattimento dei costi; qualità e responsabilità sociale coniugate per un approccio organizzativo moderno mirato sia alla qualità del prodotto che all’impegno sociale; salute e sicurezza sul lavoro per trasformare gli obblighi in opportunità di crescita, anche economica. Senza contare poi che è, come Crea, anche una società d’ingegneria

Network ravennateper la sicurezza e l’ambiente.

L’unione fa la forza, grazie a Crea e Agenzia Ambiente.

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Tel. 0544/462100Fax 0544/465088

[email protected]

Via Romolo Murri, 21 - 48124 Ravenna

Tel. 0544.465657Fax 0544.463461

E-mail: [email protected]: www.crea-srl.com

Page 53: Ravenna IN Magazine - 4/2009

Da circa un anno è attivo il Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente, promosso da due aziende leader nel settore: Crea Srl e Agenzia Ambiente Srl. Amministratore delegato di entrambe le società, che attualmente hanno i propri uffici in via Romolo Murri 21, è l’ingegnere William Dosi. “Competenza, semplificazione, soluzioni personalizzate sono le parole d’ordine della nuova struttura - afferma - Crediamo che il Network si accrediterà con autorevolezza sul mercato, come il primo anno di attività ha chiaramente mostrato. Per creare questa partnership, non c’è stato bisogno di grandi trattative, nessuno ha dovuto rinunciare a qualcosa, il clima di fiducia già consolidato nasce da lontano: dalle buone

scuole tecniche ravennati degli anni Sessanta, dalla facoltà di Ingegneria e Chimica dell’Università di Bologna e da un percorso professionale intessuto dei medesimi valori.” Per creare il Network, fondato ufficialmente il 19 settembre dello scorso anno, si è dato avvio a un processo d’integrazione aziendale attraverso uno scambio di quote societarie che si è concluso a gennaio fra Crea e Agenzia Ambiente. La mission di Crea, nata nel 1980, è quella di prevenire i pericoli nei luoghi di lavoro, in ottemperanza alle disposizioni delle leggi comunitarie che prevedono la tutela della salute e della sicurezza. Avvalendosi di personale altamente qualificato, offre in particolare analisi d’impatto

che offre ai propri clienti servizi per la pianificazione degli studi, la direzione e supervisione dei lavori. Il nuovo Network ravennate si avvale inoltre della collaborazione di alcune società partner. A cominciare dallo Studio Dosi, che opera nel settore della progettazione architettonica e urbanistica specialmente nell’ambito delle riqualificazioni urbane delle aree industriali, e lo Studio Maldera specializzato nel settore della consulenza sulle problematiche delle assicurazioni per i rischi occupazionali e industriali. Tra i partner anche il Gruppo Igeam, imponente realtà economica che si occupa d’energie rinnovabili e dello sviluppo sostenibile, della sicurezza, della qualità e

dell’ambiente e la partecipata Zivot Hse, società di consulenza in ingegneria-sicurezza-ambiente con sede legale a Belgrado che offre un supporto alle società italiane con l’obiettivo di consolidarsi in Serbia, seguendone anche le procedure di certificazione nell’ottica di un ingresso prossimo nella Comunità Europea. Crea ed Agenzia Ambiente possono contare, ad oggi , di un gruppo di 25 tecnici ad alta specializzazione che si integrano nelle varie specializzazioni offerte sul mercato nel campo della Sicurezza, Ambiente, Qualità ed Ingegneria fornendo al cliente, pubblico e privato, una unica interfaccia operativa che, di fatto, razionalizza gli impegni e minimizza i costi.

ambientale, di affidabilità, di rischio, consulenza sul trasporto di merci pericolose, verifiche sulle protezioni anti-infortunistichee formazione sui temi di cui sopra a tutti i livelli aziendali. Ha al suo attivo clienti di grande prestigio, fra i quali multinazionali come Eni, GasNatural, Halliburton, Transocean, Schlumberger ecc.L’altro pilastro fondamentale del Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente è Agenzia Ambiente Srl, società di management ambientale nata a Faenza

nel 1995. Fin dalla nascita i suoi obiettivi sono stati: la tutela ambientale per migliorare le prestazioni aziendali e coniugare il rispetto dell’ambiente con un processo di abbattimento dei costi; qualità e responsabilità sociale coniugate per un approccio organizzativo moderno mirato sia alla qualità del prodotto che all’impegno sociale; salute e sicurezza sul lavoro per trasformare gli obblighi in opportunità di crescita, anche economica. Senza contare poi che è, come Crea, anche una società d’ingegneria

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Riassumere in una breve intervista lei che oggi è a Ravenna ilriferi-mentoperlapoesia, non è facile impresa. MariaGiovannaMaioli è padovana di nascita, dove ha stu-diato al Conservatorio Cesare Pollini, e ravennate d’adozione. Minuta ma con voce passionale, è capace di caricarsi di profonde emozioni quando legge i versi dei grandi poeti. Tenace, non si ar-rende agli anni che passano e che nulla tolgono alla sua vivacità intel-lettuale. Iniziò come cantante spe-cializzandosi in musica da camera incoraggiata da coloro che, per la sua bellissima voce, le avevano sug-gerito di dedicarsi al canto.ComeavvennechetistabilistiaRa-venna?“Venni qui per debuttare in un concerto al Ridotto dell’Alighieri e conobbi Nino Maioli, direttore

dell’allora Istituto Musicale Verdi. Ricordo che scrisse un articolo molto bello sul mio recital… fu così che iniziò la nostra storia che si concluse con il matrimonio. Da allora fui spesso accompagnata da lui al pianoforte e furono tanti i concerti in Italia e all’estero.”Ogginoncantimaleggipoesieusan-dolatuabellissimavoce.Quandosièverificatoquestopassaggio?“Inizialmente cominciai ad abbi-nare canto e lettura di poesie. Piac-que molto. Il senatore Mario Roffi mi chiese di prendere parte a una serata di lettura di grandi poeti, a Ferrara. Lessi poesie di Montale, che era presente all’evento e che alla fine mi raggiunse e, rivolto al pubblico, disse: ‘Non me dovete ap-plaudire ma Giovanna che, questa sera, mi ha fatto intendere meglio la mia poesia’.”

Incarrierahaiincontratoipiùgran-dipoetidiieriedioggi.“È vero e con alcuni di essi ho stret-to rapporti d’amicizia: Eugenio Montale, Andrea Zanzotto, Dacia Maraini, Amelia Rosselli, Vivian La-marque, Mario Luzi e tanti altri.”MisembradiricordarecheLuzitidedicòunapoesia,vero?“Sì, è inserita nell’antologia dedi-cata al padre. Un poeta sensibile e profondo; di lui ho interpretato ‘La Passione’ e tante altre poesie.”Da 30 anni sei direttrice artistica del Mercatino della Poesia, recen-temente divenuto RavennaPoesia. Di lì sonopassati ipiù importan-ti poeti italiani. Come sempre lamanifestazionesitieneaottobre,alTeatroAlighieri,e, comenegliultimidueanni,inoccasionedellaNotted’Oro.“Ogni anno il tema cambia. Que-sta edizione ha uno spunto mu-sicale ‘NonSoloSanremo: poeti per la canzone’, con ospite Maler, vincitore del Premio Luigi Tenco 2006. Naturalmente si leggono ver-si delle composizioni di De André, Battiato, Guccini, Dalla, Vecchio-ni, Conte, insomma dei più noti cantautori italiani.”SocheèappenauscitalatuaultimaantologiaeditadaCrocetti.Qualèl’argomento?“Raccoglie poesie di autori famosi italiani e stranieri dedicate ai fi-gli. Si intitola Con te vincerò il tempo, verso di Miguel Hernández. Sarà presentato il 19 novembre a Casa Melandri.” IN

testo Anna De Lutiisfoto Lidia Bagnara

Incontri di Stile

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Confidare | Maria Giovanna Maioli

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Via Aldo Bozzi, 77/79 - 48100 RavennaTel. 0544.278360 - Fax 0544.278506

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Page 56: Ravenna IN Magazine - 4/2009

Chi, delle nuove generazioni, vo-lesse seguire un corso accelerato sulla civiltàcontadina o, chi, tra i meno giovani, desiderasse fare un ripasso sulle tradizioni, i costumi, gli strumenti di lavoro, gli arredi da cucina e gli ambienti rurali del tempo passato, può cogliere l’oc-casione con una visita, meglio se prolungata, a Casa Segurini, a Cà d’Sguren, nella campagna di Savar-na, a una ventina di chilometri da Ravenna. Ad accogliere gli ospiti, sull’aia, ci sono RomanoSegurinielasignoraMariaRosa, contornati da galletti, anatroccoli e altri ani-mali da cortile.Romano, 68 anni, si è trasferito a Sant’Alberto dopo il matrimonio con Maria Rosa; poi ha fatto ritor-no a Savarna.

“La voglia di tornare dove avevo vissuto la mia giovinezza, e la ne-cessità di possedere una casa che potesse ospitare anche le mie ‘stu-pidaggini’, mi hanno riportato nel paese natale”, racconta Segurini, che hacominciatoa collezionarearnesidellaciviltàcontadinaneglianni’90.È stato direttore amministrativo dell’ITER fino al 1999. “Quando mi è venuta voglia di studiare, in sei anni mi sono diplomato e lau-reato in Economia e Commercio a Bologna.”La visita della sua casa-museo è una continua sorpresa.Appena varcata la soglia dl’a cambra d’cà, la vecchia cucina contadina, colpisce il gran numero di oggetti sparsi per tutto l’ambiente. Lo stu-

pore diventa incontenibile quando dalla cucina si passa alla stalla, che, nelle case dei contadini, erano sempre contigue.Si presenta alla vista una raccolta di 4-5milaoggettieattrezzi usati per i lavori domestici, la lavorazio-ne del pane (la matra e la grama), la macellazione del maiale, la filatura (la roca, e filaren, e’ dvanadur) la tes-situra (i tlir). Dai muri e dai soffitti scendono teorie di finimenti per bovini, cavalli e somari. Grande spazio occupano gli attrezzi agri-coli (e car, e baruzen), zappe, badili, vanghe, forcali, rastrelli gli aratri (e pargher). Ci sono gli attrezzi per la mietitura del grano (la felza e i belz), per la trebbiatura, per la pro-duzione del vino (la mustadora) e per tutti i lavori dei campi.Numerosi anche gli strumenti de-gli artigiani, per il bottaio, il fale-gname, il calzolaio, il muratore. Laraccoltacomprendeancheunaven-tinadicalessi,carriebirocci. “Voglio far rilevare che la cosa in-teressante di questa raccolta non è tanto quanto c’è dentro, ma l’ambiente in cui sono. Questaèunatipicacasacontadinadeiprimidell’Ottocento, con la sua stalla, il fienile, la cambra d’cà, il casone, i basso comodi, gli staletti, il forno, la fornacella, la stalla del somaro. Il tempo ha cancellato due edifici caratteristici delle case dei conta-dini, che io ho rifatto: il capanno e la capanna, costruiti con la canna di valle.” La Ca d’Sguren potrebbe entrare presto nel circolo museale della provincia di Ravenna. IN

testo Antonio Graziani - foto Massimo Fiorentini

Per qualche pezzo In più

Collezionare | Romano Segurini

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Un fastidioso mal di schiena può cambiare la vita. È certamente il caso di StefaniaTronconi che, sof-frendo di scoliosi sin da ragazzina, alla soglia dei vent’anni ha deciso di dedicarsi allo studio di questo comune problema sotto il profilo della prevenzione, piuttosto che sotto l’aspetto terapeutico. Un ap-proccio “rivoluzionario” quindici anni fa che l’ha portata a inventare una disciplina all’avanguardia che mescola Occidente e Oriente: la bioginnastica. Una metodologia di lavoro osteo-muscolare che integra e rielabora tecniche che guarda-no alla persona come a un’unità

corpo-mente, base per l’equilibrio e il benessere globale. Il corpo, infatti, è il simbolo della propria storia, è la manifestazione del ca-rattere, strumento di espressione e comunicazione, motore della vita, soggetto a tensioni fisiche e psichiche, stress, traumi, inciden-ti che, nel tempo, possono creare irrigidimenti e blocchi muscolari, sino ad alterazioni nella struttura fisica e nella circolazione energe-tica. Dall’incontrodifisioterapia,bioenergetica,antiginnasticaeri-flessologiadelcorpoedelpiede,è nata la bioginnastica. “Aiuta a ricercare anzitutto rilassamento e

decontrazione, scarico delle ten-sioni attraverso auto massaggio e allungamenti da fare in coppia o in gruppo - illustra Stefania, che è originaria di Lugo. Èunaginnasti-cadolce che coinvolge l’aspetto fisi-co, quello psicologico ed emotivo. La lezione inizia riunendo insieme le persone; in una prima fase si rac-conta la settimana e le tensioni ac-cumulate. Poi si passa al momento fisico, con esercizi di allungamento e di massaggi reciproci che coinvol-gono tutti i muscoli. La musica di sottofondo è dolce, gli indumenti comodi. Con la bioginnastica si ri-solvono problemi di cervicale, lom-balgie, crampi, gonfiori, cellulite, perché è un’attività che stimola la circolazione. Il corpo ritorna al suo naturale di equilibrio e salute.” Tanti benefici, dunque, per contra-stare gli effetti di una vita sempre più sedentaria. È un po’ come ri-portare il corpo a quando si era bambini. Il lavoro lento e graduale parte da un colloquio individuale, per approfondire le eventuali pa-tologie e problematiche esistenti. Poi si prende dimestichezza con le tecniche per sciogliere il muscolo, per renderlo più elastico e per cor-reggere le fisiologiche asimmetrie dell’organismo. Cuscini, palline e auto massaggio sono gli strumenti che entrano in gioco per eliminare le tensioni, ma anche per allunga-re la catena muscolare, stimolando la circolazione sanguigna. In defi-nitiva, una metodologia valida per tutti, indipendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche. IN

testo Roberta Bezzi

Equilibrio e Salute

Bioginnastica, dove e come

Ci sono diversi modi di dedicarsi alla bioginnastica. Si può scegliere il lavoro insieme, anche all’interno di mini-gruppi di 5-6 persone, oppure le sedute

individuali, indicate soprattutto nel caso di patologie specifiche. Nella palestra del Centro Olympus di Ravenna (via Lago di Como), è possibile seguire un corso di

quindici sedute della durata di un’ora e mezza l’una. Chi è a Lugo, può recarsi al Bio Studio di piazza Cavour 1, mentre a Faenza c’è il Centro Jonas di viale Baccarini

29/2. Un’esperienza alternativa o di approfondimento sono gli stage residenziali organizzati periodicamente in diverse città. www.bioginnastica.it

Allenare | Stefania Tronconi

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Con l’apertura, lo scorso aprile, del poliambulatorio Stomatologica in via Duino 14, il quartiere Darsena è ancora più valorizzato e all’avanguardia sotto il pro-filo dei servizi sanitari. L’arrivo di un’attività medica, l’unica per il momento nella zona, non può che miglio-rare infatti questa parte della città che ha conosciuto - in questi ultimi anni - un’importante riqualificazione sia sotto il profilo residenziale che commerciale. «La risposta da parte della gente c’è stata - illustra il tito-lare del poliambulatorio, il sig. Enzo Bruni -. Malgra-do il momento non sia favorevole a causa della crisi economica che coinvolge tutti i settori, abbiamo

registrato riscontri positivi sia in termini di presen-ze che di soddisfazione per la nuova location. Se la scelta di trasferirci qui da via di Roma poteva sem-brare in principio una scommessa azzardata, i fatti stanno dimostrando il contrario». La storia di Stomatologica parte da lontano, per la precisione dal 1968, quando Bruni con alcuni soci - ora ritirati dal lavoro - aprì un laboratorio odonto-tecnico che diventò una vera e propria struttura odontoiatrica nel 1981, con il trasferimento da via Antica Zecca a via Di Roma. Ieri come oggi le pre-stazioni odontoiatriche rappresentano il fiore all’oc-

chiello del nuovo poliambulatorio, in virtù di un team di specialisti - sei dentisti e un’igienista laureata - che operano in ambiti diversi (igiene, profilassi, pedodonzia conservativa ed endodon-zia, parodontologia, ortodonzia, protesi fissa e mobile, chirurgia orale, implantologia, estetica). Un servizio dunque davvero a 360 gradi, adatto ai bambini, come agli adulti e agli anziani, con un occhio di riguardo anche per l’estetica del sorriso sempre più importante. Stomatologica, in linea con l’impegno assunto già dal 1996, vede inol-tre alternarsi anche una ginecologa e un urologo nei nuovi ambulatori modernamente attrezzati. «La nuova sfida che Stomatologica si pone è il contenimento dei costi che inevitabilmente si ri-flettono sui prezzi - aggiunge Bruni -. Grazie a una sede più funzionale, ergonomicamente studiata per ridurre gli sprechi, alle rinnovate e moderne attrezzature, alla attenta razionalizzazione degli appuntamenti, riusciamo infatti a non modificare le tariffe delle nostre prestazioni, invariate già da due anni». Una particolare attenzione è stata de-dicata alla facilità di accesso da parte dell’utenza, con un comodo parcheggio, facilmente raggiun-gibile in autobus o in bici . La sede è del tutto priva di barriere architettoniche e dispone di uno stallo per persone svantaggiate e per le carroz-zine, proprio di fronte alla porta d’ingresso. Un elemento che la rende al passo non solo con le esigenze normative ma anche sociali. Tra negozi che aprono, nuove abitazioni, mancava solo una struttura medica. Che crea un giro di persone notevole, convinte, non a torto che la Darsena di oggi non c’entra nulla con quella di vent’anni fa.

Stomatologica Poliambulatorio PrivatoSanità all’avanguardia

Informazione pubblicitaria

Il poliambulatorio Stomatologica, che garantisce massima riservatezza e tempi

di attesa ridotti al minimo, è aperto il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 16, mentre il martedì e giovedì dalle 11 alle 19 (sabato

su appuntamento).

Via Duino, 14 - 48122 - Ravenna

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Con l’apertura, lo scorso aprile, del poliambulatorio Stomatologica in via Duino 14, il quartiere Darsena è ancora più valorizzato e all’avanguardia sotto il pro-filo dei servizi sanitari. L’arrivo di un’attività medica, l’unica per il momento nella zona, non può che miglio-rare infatti questa parte della città che ha conosciuto - in questi ultimi anni - un’importante riqualificazione sia sotto il profilo residenziale che commerciale. «La risposta da parte della gente c’è stata - illustra il tito-lare del poliambulatorio, il sig. Enzo Bruni -. Malgra-do il momento non sia favorevole a causa della crisi economica che coinvolge tutti i settori, abbiamo

registrato riscontri positivi sia in termini di presen-ze che di soddisfazione per la nuova location. Se la scelta di trasferirci qui da via di Roma poteva sem-brare in principio una scommessa azzardata, i fatti stanno dimostrando il contrario». La storia di Stomatologica parte da lontano, per la precisione dal 1968, quando Bruni con alcuni soci - ora ritirati dal lavoro - aprì un laboratorio odonto-tecnico che diventò una vera e propria struttura odontoiatrica nel 1981, con il trasferimento da via Antica Zecca a via Di Roma. Ieri come oggi le pre-stazioni odontoiatriche rappresentano il fiore all’oc-

chiello del nuovo poliambulatorio, in virtù di un team di specialisti - sei dentisti e un’igienista laureata - che operano in ambiti diversi (igiene, profilassi, pedodonzia conservativa ed endodon-zia, parodontologia, ortodonzia, protesi fissa e mobile, chirurgia orale, implantologia, estetica). Un servizio dunque davvero a 360 gradi, adatto ai bambini, come agli adulti e agli anziani, con un occhio di riguardo anche per l’estetica del sorriso sempre più importante. Stomatologica, in linea con l’impegno assunto già dal 1996, vede inol-tre alternarsi anche una ginecologa e un urologo nei nuovi ambulatori modernamente attrezzati. «La nuova sfida che Stomatologica si pone è il contenimento dei costi che inevitabilmente si ri-flettono sui prezzi - aggiunge Bruni -. Grazie a una sede più funzionale, ergonomicamente studiata per ridurre gli sprechi, alle rinnovate e moderne attrezzature, alla attenta razionalizzazione degli appuntamenti, riusciamo infatti a non modificare le tariffe delle nostre prestazioni, invariate già da due anni». Una particolare attenzione è stata de-dicata alla facilità di accesso da parte dell’utenza, con un comodo parcheggio, facilmente raggiun-gibile in autobus o in bici . La sede è del tutto priva di barriere architettoniche e dispone di uno stallo per persone svantaggiate e per le carroz-zine, proprio di fronte alla porta d’ingresso. Un elemento che la rende al passo non solo con le esigenze normative ma anche sociali. Tra negozi che aprono, nuove abitazioni, mancava solo una struttura medica. Che crea un giro di persone notevole, convinte, non a torto che la Darsena di oggi non c’entra nulla con quella di vent’anni fa.

Stomatologica Poliambulatorio PrivatoSanità all’avanguardia

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Il poliambulatorio Stomatologica, che garantisce massima riservatezza e tempi

di attesa ridotti al minimo, è aperto il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 16, mentre il martedì e giovedì dalle 11 alle 19 (sabato

su appuntamento).

Via Duino, 14 - 48122 - Ravenna

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Ha preso il via il 10 ottobre, in occasione della Notte d’Oro, e prosegue fino al 20 novembre RavennaMosaico, il primo festival internazionale dedicato al mosaico contemporaneo.

La città promuove RavennaMosai-co,ilprimofestivalinternazionaledimosaicocontemporaneo fino al 20 novembre. Il passato dialoga con la contemporaneità, incarnata da artisti e artigiani impegnati in produzioni originali, applicazioni innovative, protagonisti delle mi-gliori esperienze nel design e nel restauro. Una città in mostra che si offre ai visitatori come palinsesto: per 40 giorni propone esposizioni di ar-tisti provenienti da tutto il mondo, installazioni urbane, spettacoli, concerti, convegni, laboratori, in-contri, conferenze e visite guidate. RavennaMosaico si presenta come una vetrina delle migliori produ-zioni contemporanee e offre spunti di riflessione sulla vocazione della città, alla luce della candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura per il 2019.

È stata la Notted’Oro, lo scorso 10 ottobre, ad aprire il lungo pro-gramma di iniziative con l’inaugu-razione di ben 16 mostre, dedicate alle diverse declinazioni del mosai-co. Arricchiscono la manifestazio-ne nuove opere commissionate dal Museo d’Arte della città a mosaici-sti di fama internazionale, pubbli-cazioni scientifiche, le ricerche visi-ve degli studenti dell’Accademia di Belle arti di Ravenna, le opere di giovani artisti impegnati sul tema del libro come oggetto. La manifestazione, promossa dal Comune di Ravenna, chiama a rac-colta tutte le istituzioni culturali della città: il Museo d’Arte, il Mu-seo Nazionale, gallerie, l’Accade-mia di Belle Arti, le biblioteche, le botteghe dei mosaicisti, e l’Aimc, l’associazione internazionale mo-saicisti contemporanei. Per tutta la durata di RavennaMo-

saico, si svolgono tretipidivisiteguidate: L’oro antico dei mosaici per apprezzare le splendide opere in alcuni monumenti Unesco di Ra-venna; Le mostre di RavennaMosaico con un percorso fra le installazioni del Festival; Dal Museo alla bottega per capire come si lavora oggi negli studi di mosaico. Allemostre si aggiungono setteincontrivoltiadapprofondiredi-versiaspettidellatecnicamusiva. Per gli addetti ai lavori l’evento più importante è il convegno Conser-vazione e restauro del mosaico contem-poraneo che si conclude con una tavola rotonda. Per il pubblico dei visitatori invece è possibile assi-stere ad un vero proprio restauro di un’opera musiva, realizzata su cartone del grande pittore Marc Chagall. Non mancano iniziative su misura per i più piccoli come Mosaico for kids. Per informazioni tel. 0544.35755/35404. www.ravennamosaico.it IN

La festa del Mosaico

In alto, Toyoharu Kii, Blue grids in blue; qui sotto, Jérôme Gulon, Les calligraphies de Pierre.

Visitare | RavennaMosaico

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Tempo di ritorno alle routine gior-naliere, ma anche tempo di novità editoriali: l’inizio d’autunno offre, come sempre, un ampio ventaglio di scelte e tematiche, fedeli, come di consueto, a firme ed editori locali.Ilbaseballnelcuorediunpiccolopaese, come il titolo preannun-cia, si rivolge a tutti gli sportivi. Pubblicato da Longo e firmato da FlaviaZanchini, il libro ripercorre, anche con l’ausilio di un ricco cor-redo fotografico, una storia che ebbe inizio 45 anni fa, nel lonta-no 1964, quando a Godo, piccolo paesino alle porte di Ravenna, nacque la prima squadra di base-ball. Grinta, tenacia e sacrificio, il denominatore che ha concorso nel tempo a formare una piccola roccaforte nello scenario del ba-seball italiano, fino ad assegnare proprio a Godo, due partite dei Mondiali di baseball 2009. Un te-sto coinvolgente, in grado di incu-

riosire anche i non appassionati.Un tuffo nella cronaca è il libro edito da Fernandel e firmato da CarlaBaroncelli, giornalista raven-nate del Tg2 dal 1986 fino al 2008. L’autrice in Peramordicronaca.Imiei25annialTg2, tratteggia di-ciotto episodi di cronaca portando a riferimento il rispettivo servizio proposto dal telegiornale. Nota di-stintiva, nonché filo conduttore tra i vari temi affrontati, sono le rifles-sioni che emergono dal testo; l’au-trice, infatti, non solo evidenzia i particolari tecnici del giornalismo televisivo, ma ne svela i retrosce-na fatti anche di contraddizioni e condizionamenti spesso vincolanti. Non solo quindi, passione ed emo-zioni, ma anche scelte e tagli, det-tati spesso da esigenze di spazio.Sempre Fernandel pubblica Unapellebellissima, romanzo d’esor-dio della giovane firma LauraBot-tazzi. Si tratta di un testo che cala

la propria ambientazione in una dimensione attualissima: quella illusoria e virtuale di Second lìfe. La protagonista è un’adolescente che, avendo scoperto questa “se-conda vita” virtuale, ne viene a tal punto assorbita da confondere la realtà con la finzione. Il suo avatar, ovvero il suo “io” virtuale s’identi-ficherà a tal punto con i connotati reali della protagonista che la re-altà diverrà sempre più lo spazio prediletto per vivere emozioni ed obiettivi virtuali, fino addirittura a perdere, nell’indifferenza dello sguardo adulto, il controllo co-sciente della propria vita.Infine Micromosaico.Storia,tecni-ca,artedelmosaicominutoroma-no, testo firmato da ChiaraBertac-cinieCesareFiori e pubblicato da Edizioni del Girasole. Come già il titolo anticipa, si tratta di un testo di stampo artistico che ha per og-getto una lavorazione del mosaico diversa da quella in uso a Ravenna. Si tratta del mosaico minuto detto anche micromosaico, artigianato artistico nato a Roma nella secon-da metà del ’700 e caratterizzato da tessere di piccole dimensioni. Il testo, scorrevole e di facile lettura, si snoda in una parabola descrit-tiva che chiama in causa non solo l’arte, ma anche la storia e tutto un impianto nozionistico di par-ticolari tecnici che, perfettamente orchestrati, arrivano al cuore di una tecnica tanto antica quanto preziosa. IN

testo Francesca Zampiga

Freschi di Stampa

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Leggere | Novità in libreria

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È in un clima di rinnovato inte-resse verso gli scritti e la figura di AlfredoOriani quello in cui, il 18 ottobre scorso, ricorreva il cente-nario della morte dello scrittore. Nato a Casola Valsenio nel 1852, Orianièunatormentata figuradi“irregolare”nellastoriaculturaleitaliana. Spirito fiero e intempe-rante, fu autore di romanzi dai toni torbidi e accesi (No, La disfatta e Vortice i più noti), e di un’inten-sa produzione storico-politica. La lotta politica in Italia (1892) e La ri-volta ideale (1908) sono i due titoli più importanti di una bibliografia improntata all’accusa per le mise-rie dell’Italia della sua epoca e al mito del Risorgimento incompiuto e della grandezza nazionale.Nel corso di questo secolo, la for-tuna dello scrittore di Casola Val-senio ha conosciuto alterne vicen-de: la scarsa attenzione in vita, la rivalutazione di Benedetto Croce e degli intellettuali raccolti attor-ni alla “Voce”, l’esaltazione (e la strumentalizzazione) come “pre-cursore” durante il Ventennio fa-scista, il lungo silenzio dei primi decenni dell’Italia repubblicana e infine la riscoperta, prima timida, negli anni Sessanta, per opera so-prattutto di Giovanni Spadolini, poi sempre più diffusa, operata da varie prospettive.

Oggi si parla di una vera e pro-pria renaissance di Oriani, che non si limita, come forse ci si sarebbe aspettato in questi decenni di cri-si del sistema politico nazionale, all’Oriani storico e giornalista, ma abbraccia anche l’opera narrativa e drammaturgica. In questo quadro, la Fondazione “Casa di Oriani” ha organizzato una serie di iniziative che stanno facendo il punto, a un secolo dalla morte, sul ruolo di Al-fredo Oriani nella storia politica e culturale del Novecento italiano.L’autunno “orianiano” organizza-to dalla Fondazione è partito il 19

settembre con il XXI Incontro al Cardello di Casola Valsenio e con la mostra “Oriani,illetteratodelvillaggio”, promossa dal Comune casolano in collaborazione con la Fondazione, di recente conclusa.Il 23 ottobre a Faenza e il 24 otto-bre a Ravenna si è svolto il conve-gno “L’eredità diAlfredoOriani.Cultura e politica nell’Italia delNovecento”. La giornata faentina è stata dedicata alla rif lessione sull’opera narrativa e storica dello scrittore, col coordinamento di Ro-bertoBalzani; quella ravennate ha proposto il confronto su un tema sempre attuale, quello del rappor-to fra popolo e legittimazione della sovranità politica, ed è stata diretta da ErnestoGallidellaLoggia.Infine, il 28 novembre viene or-ganizzata a Ravenna una tavola rotonda su “Le ‘idee lunghe’delRisorgimento.Rappresentazionieprogettiperl’Italiaunita”. Gli studiosi di varie università si soffermeranno sulle principali correnti di pensiero all’origine dell’Italia contemporanea (il libe-ralismo di Cavour, il repubblica-nesimo di Mazzini, il federalismo di Cattaneo, il socialismo di Gari-baldi, il neoguelfismo di Giober-ti), ancora oggi in grado di fornire spunti di riflessione sull’identità del Paese. IN

testo Andrea Casadio

Un centenario da “Irregolare”

Ricordare | Alfredo Oriani

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