ravenna in magazine - 2/2009

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00 Davide Tardozzi Una “superpassione” chiamata Ducati Ravenna Festival I nostri primi vent’anni Luigi Berardi Inconsuete armonie sonore Ravenna Park Una storia americana

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La passione unisce le storie del nuovo numero di “Ravenna IN Magazine”. Cover di turno, Davide Tardozzi, alla guida del team Ducati Superbike e da sempre appassionato di velocità. Prima in pista, agli albori di questo campionato oggi sempre più seguito e, successivamente, ai box e al muretto, a seguire e consigliare i “suoi” piloti. L’arte vede protagonista Luigi Berardi, originale artista creatore di suggestive installazioni che sfruttano gli elementi naturali, in ogni parte del mondo: le sue arpe eolie, infatti, sono arrivate persino sulla Muraglia Cinese. Mario Salavagiani e Cristina Mazzavillani Muti, invece, hanno raccontato vent’anni di Ravenna Festival, attraverso gli spettacoli più emozionanti e i ricordi più belli. Da non perdere, l’articolo sul “Ravenna Park” di Seattle, storia di una città e di una grande area verde nate negli Stati Uniti

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Una “superpassione” chiamata Ducati

Ravenna Festival I nostri primi vent’anni

Luigi Berardi Inconsuete armonie sonore

Ravenna Park Una storia americana

Anno VIII - N. 2 - MAGGIO 2009

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Una volta tanto non cominciamo dall’articolo di copertina, ma da due argomenti che raccontano sto-rie diverse, che partono entrambe da lontano. Il primo riguarda la nuova edizione del Ravenna Festi-val. Che altro si potrebbe aggiun-gere di quanto già scritto e detto per presentarla? Beh, intanto riba-dire che festeggia vent’anni e che, ultima star in ordine di tempo, nel suo già ricco cast annovera anche Laura Pausini, che proprio dalla sua terra parte, per la tappa “nu-mero zero” del tour. Ma questo concerto è solo l’ultimo regalo di una manifestazione talmente cre-sciuta, da riuscire a far parlare di sé in tutto il mondo, per la potenza del messaggio di pace e cultura che trasmette. Forse non è un caso che

ritorni a Sarajevo, qualche anno dopo la prima storica trasferta.Non ci siamo dilungati nel raccon-tare questa edizione, ricordando invece come tutto è nato, si è svi-luppato nel tempo. Il traguardo dei vent’anni era l’occasione adatta per sederci insieme a Mario Salva-giani e Cristina Mazzavillani Muti, e ripercorrere con loro ricordi, an-sie, progetti e risultati.Ancora nel passato scaviamo, ana-lizzando la storia della Ravenna che si trova negli Stati Uniti, più precisamente a Seattle, dove street, bouvelard e una grande area verde portano il nome della città. Com’è possibile? Chi fu l’artefice di tutto ciò? Ci ha fornito una risposta la ricerca, partita da una firma, la-sciata un secolo fa sui registri del-

la tomba di Dante, da una coppia di coniugi, dal cognome tedesco, proveniente da “Ravenna Park”, appunto. Oggi di questo parco, e del villaggio che questo signore fondò alla fine dell’800, rimango-no tracce importanti, che abbiamo in parte raccolto, insieme alla sto-ria di questa Ravenna americana e alle vicende del suo fondatore.Questi due articoli in qualche modo “nostalgici” completano un numero in cui, come sempre, sono tanti i protagonisti a raccontarsi.In copertina troviamo un uomo con la velocità nel sangue: Davide Tardozzi, degno figlio della Roma-gna “dei motori”. Dopo una car-riera interrotta per un incidente, il pilota ha scavalcato il muretto, si è fatto manager (e pure un po’ psi-cologo, dice) per dirigere uomini come lui: oggi è al vertice del team Ducati Superbike, una vera poten-za in questa categoria.Il vento tardo primaverile ci ac-compagna a conoscere un artista originale, Luigi Berardi, che lavora sul paesaggio, con le sue installa-zioni sonore, arrivate persino sulla Grande Muraglia Cinese. Da non perdere, poi il viaggio alla scoperta della città “al naturale”, ovvero la Ravenna “biologica”, fatta di diver-si esercizi commerciali, sempre più in crescita per numero e interes-se da parte dei consumatori, che scelgono la via “salutare” per i loro acquisti: dal forno al gelataio, dal market al fioraio, c’è una realtà che cresce. Buona lettura!

Il valore del Passato

di Andrea Masotti

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Davide Rondoni

La crisi in

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Anno XII - N. 2 - MAGGIO

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Ercole Baldini

Imprendito

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Caterina Sforza Sulle tracce della Signora

Progetti e premi Menabó dà "L

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Gino

AngeliniAmbasciatore del made in Italy

Mirko Tomassoni Sono un ragazzo fortunato

Dany Greggio Il gentleman della musica

Ristorante Vite Ragione e sentimento

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DavideTardozziUna “superpassione” chiamata Ducati

Ravenna Festival I nostri primi vent’anni

Luigi Berardi Inconsuete armonie sonore

Ravenna Park Una storia americana

Anno VIII - N. 2 - MAGGIO 2009

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Via Aldo Bozzi, 77/79 - 48100 RavennaTel. 0544.278360 - Fax [email protected] - www.edilravenna.it

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Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.Redazione e amministrazione:Via Napoleone Bonaparte, 5047100 Forlìtel. 0543.798463fax 0543.774044

www.inmagazine.it

[email protected]

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU)

Direttore Responsabile:Andrea Masotti.

Redazione centrale: Andrea Biondi, Francesca Renzi.

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua

Controllo produzione e qualità:

Isabella Fazioli, Alberto Mantellini,

Sara Ravaioli.

Ufficio commerciale:

Roberta Missiroli.

Collaboratori:

Lidia Bagnara, Roberta Bezzi,

Pier Antonio Bonvicini, Caterina

Boschetti, Andrea Casadio, Anna De

Lutiis, Massimo Fiorentini, Antonio

Graziani, Claudia Graziani, Aldo

Savini.

Chiuso per la stampa il 4/6/2009

Sommario3 Editoriale|

6 Annotare| Brevi IN

10 Essere| Davide Tardozzi

16 Festeggiare| Ravenna Festival

22 Creare| Luigi Berardi

26 Scoprire| Ravenna Park

32 Gustare| Ristorante Vite

36 Scoprire| Un città “al naturale”

42 Celebrare| Progetti e premi

46 Confidare| Silvia Marini

48 Collezionare| Guido Francesconi

50 Scegliere| Shopping

22 26 36

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Sommario |

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Rossodivino e Mille Miglia

Marina di Ravenna - Successo per la serata di presentazione della Mille

Miglia, organizzata dal Rossodivino wine bar, lo scorso 8 maggio. La

manifestazione è stata aperta dalla visione del filmato “la nostra 1000

miglia”, in cui è comparso anche Kirk Douglas, in transito in via di Roma

nel 1951. Sono seguite le premiazioni di Pietro Morini, Giuliano Gamberini, la famiglia di Franco Liverani, Valerio

Maioli, Marco Faggioli e Antonio Dradi, per il loro impegno nell’imprenditoria

ravennate e per essere stati ex partecipanti alla gara. Alle immagini del filmato si sono uniti i racconti del vicesindaco Giannantonio Mingozzi e

dei premiati: racconti di un viaggio, di motori; della gara “più importante al

mondo per il sentimento partecipativo che provoca”. Una serata di amicizia, nello spirito di una comune passione

per le auto e la competizione.

Mosquito Games 2009

Punta Marina - Ritorna la convention di giochi, il 21 e 22 giugno prossimi.

La cornice è il parco pubblico di Punta Marina Terme. Mosquito Games

propone una serie di iniziative che daranno, a curiosi e appassionati, la

possibilità di sperimentare tantissimi giochi: dai tradizionali scacchi e Risiko ai giochi di ruolo Dungeons&Dragons, Warhammer e Paranoia, dai collaudati boardgame come Coloni di Catan (prova valida per il campionato italiano) ai più recenti giochi di comitato e di ruolo dal

vivo. Tornei, partite e iniziative sono gratuite. Inoltre anche quest’anno

si terrà la finale del concorso letterario Labyrinth. Mosquito Games

è organizzata dal Circolo Quintet in collaborazione con Flying Circus e

Proloco di Punta Marina. www.mosquitogames.org

RAS si Rinnova

Sabbioni approda a Marinara

Santa Fè e Matilda Insieme

Ravenna - La storica agenzia RAS, ora Allianz RAS di Ravenna, si rinno-va nell’immagine e nei contenuti.Da poche settimane, infatti, si presen-ta al mercato col nuovo marchio “As-sicura servizi assicurativi” e affianca ad Allianz RAS e Allianz Bank, part-ner di sempre, i prodotti e i servizi dei principali gruppi assicurativi euro-pei. “Sentivamo il bisogno di offrire ai nostri clienti qualcosa in più - spie-ga Marco Mordenti, presidente di As-sicura Srl. Una recente disposizione di legge ci ha permesso di intrapren-dere la strada del plurimandato e ab-biamo quindi scelto altre compagnie per offrire ai nostri clienti la miglior

soluzione alle loro esigenze assicura-tive, previdenziali e finanziarie.”Grazie alla sede centrale di viale Al-lende 66 e alle filiali di Alfonsine, Godo, Punta Marina Terme e Sant’Al-berto, con un team composto da oltre venti persone, Assicura Srl si confer-ma come una delle più importanti realtà assicurative della provincia di Ravenna. (F.R.)

Ravenna - Nell’elegante porto tu-ristico di Marinara, Sabbioni ha inaugurato il suo 15° punto vendita. Qui la cortesia è di casa e la varietà di prodotti è ampia: make-up delle

migliori marche (Dior, Chanel, Yves Saint Laurent, Armani, Lancaster e Naj Oleari), cosmetici prestigiosi (Cli-nique, Biotherm, Collistar, Lancome, Clarins e Shiseido), profumi, solari, articoli da mare e bigiotteria griffata Mister Biggy. E il negozio in viale Spalato? Divente-rà l’Outlet delle profumerie Sabbioni dove trovare profumi, trucchi e cre-me di qualità a prezzi scontatissimi, oltre ad accessori, oggettistica, bigiot-teria e tanto altro. (F.R.)

Marina di Ravenna - Dal maggio scorso, i due locali presentano un programma comune, al Santa Fè. Ve-nerdì, serata Matilda per una cliente-la più adulta; sabato sera, targato San-ta Fè, per una clientela più giovane. In programma anche un progetto in

collaborazione col Ravenna Festival. Obiettivo: trasformare Marina in un polo turistico a tutti gli effetti, aperto anche alle famiglie. Tra le iniziative, da segnalare “Spiagge soul” che fra 31 luglio, 1 e 2 agosto vedrà concerti sparsi in tutta la località. (R.B.)

Annotare | Brevi IN

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Il vintage sbarca a Firenze

Firenze - il nuovo monomarca A.N.G.E.L.O. Vintage Clothing in una

strada pedonale costellata da botteghe artigianali a due passi da Piazza

Della Signoria. Inaugura a giugno, in occasione di Pitti Woman, la nuova boutique curata da Angelo Caroli e

progettata da Alessandro Moradei. Un salotto accogliente, in via Dei Cimatori,

arredato con pezzi di modernariato, caldo e “pieno”. Uno spazio con soffitti

a volta di oltre 5 metri al quale sono state apportate leggere modifiche per

valorizzare l’architettura d’epoca e respirare l’atmosfera della “bottega”. La scala a vista permette di accedere

al soppalco che ospita la selezione uomo. Al piano terra sono esposti i capi donna e gli accessori. L’ampia

vetrina permette una visuale totale dei 70 mq della Boutique, la quale, oltre ai capi in vendita, ospiterà una serie

di mostre dedicate a designer, maison e temi selezionati personalmente da Angelo. Small Museum è il nome del progetto che prevede sei allestimenti

nell’arco dell’anno e 60 giorni per mostra. Il primo appuntamento viene

dedicato ad Emilio Pucci, in onore dello stilista originario di Firenze.

www.angelo.it.

Arredare Insieme “Outdoor”

Ravenna - Da tre generazioni la fa-miglia Baruzzi si occupa di arreda-mento e, con lo show room Arredare Insieme, propone marchi prestigiosi per interni ed esterni, sotto la guida di Simone, Mirko e Luciana, molto attenti alla selezione delle linee e dei prodotti da consigliare ai propri clienti. Per ogni ambiente, gli esper-ti di Arredare Insieme propongono progetti su misura, ascoltano le esi-genze dei proprietari e garantiscono assistenza completa durante tutti i lavori, dalla realizzazione delle mu-rature e degli impianti fino alla scelta di materiali e colori.Ma non è tutto: una casa non è com-posta solo da spazi interni, così lo scorso 8 maggio Arredare Insieme ha organizzato un evento per la pre-sentazione dell’outdoor e comunicare che anche gli spazi esterni si possono caratterizzare con lo stesso design,

comodità e sobrietà degli interni, sia per quanto riguarda gli arredi che l’illuminazione. Durante l’evento è stata presentata anche la nuova collezione disegnata dall’Architetto Emilio Rambelli di Nuovo Studio, prodotta dall’azienda Tavar di Ravenna. Per ammirare le proposte da ester-ni, basta visitare il grande terrazzo di Arredare Insieme, allestito con tutto quanto occorre per rendere piace-vole e funzionale uno spazio all’aria aperta, o visitare il nuovo sito www.arredareinsieme.net dove trovare le news e gli eventi organizzati dallo show room. (F.R.)

Sì Anelli a Faenza

Al via i lavori della Galleria

Faenza - Per chi ama gioielli e orologi ricercati Sì Anelli ha aperto, il 4 giu-gno scorso, un nuovo punto vendita presso il Centro Commerciale Le Ma-ioliche di Faenza. Per il titolare Marcello Casadio si tratta del terzo negozio, oltre ai due “storici” di Ravenna: Sì Anelli, con i suoi prodotti ricercati ed eleganti, estende così la sua presenza su tutto il territorio della provincia, per con-tinuare ad offrire a tutti i suoi clienti i migliori prodotti di arte orafa, scelti con cura e passione. E per stare al passo con la moda, all’interno del nuovo punto vendita Sì Anelli dedi-ca uno spazio speciale ai prodotti a marchio Swatch, versatili e perfetti in ogni occasione. (F.R.)

Ravenna - Sono partiti i lavori di re-cupero della corte delle Antiche Car-ceri e del collegamento con piazza del Popolo. Sulla base degli accordi recentemente sottoscritti col Comu-ne, la Cassa di Risparmio di Ravenna ha iniziato a realizzare la Galleria di collegamento fra piazza e corte. Oltre alla posta delle condotte di teleriscal-damento e al rifacimento della rete fognaria, il Comune sta predisponen-do il bando di gara per la posa della nuova pavimentazione. L’intervento di riqualificazione dell’area e dei suoi affacci, come la nuova struttura a ser-vizio del bar Nazionale, sono stati stu-diati e progettati in collaborazione con la Soprintendenza ai beni cultu-rali e architettonici. (R.B.)

8 | IN Magazine

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Entra nel futuro delle due ruote con la tecnologia rivoluzionaria di Mana 850. L’unica con

vano portacasco integrato, a seconda dell’esigenza ti regala con un solo tocco un’emozione

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F.G.MOTO

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Tra una gara e l’altra del Mondiale Superbike, che

lo vede impegnato alla direzione del team Ducati,

abbiamo incontrato Davide Tardozzi. Fanatico

dei motori sin dalla giovane età, il team manager ravennate

continua a vivere dal muretto questa passione

per la velocità, senza dimenticare la sua città,

dove ama tornare ogni volta che il calendario agonistico lo concede.

testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini

Sosta ai Box

Da ragazzino ha sempre “tarocca-to” i suoi motorini e diciamo, per usare un termine garbato, che era un po’ indisciplinato sulla strada. “Diciamo pure che ero un ospite fisso dei vigili urbani, che mi con-testavano di tutto, dalla rumorosi-tà della marmitta alla velocità e al-tro.” A raccontarci come da questa passione per le due ruote è arriva-to ad essere direttore del progetto Superbike della Ducati è DavideTardozzi che è riuscito a ritagliare un momento per noi tra una gara e l’altra, tra un arrivo dalla Spagna e una partenza per l’Olanda. Lui è team manager di Noriyuki Haga e Michel Fabrizio e lo è stato di Carl Fogarty, Ruben Xaus, Troy Corser, Troy Bayliss, vincendo tanti mon-diali e portandolaDucatiSuperbi-keinvettaalmondo.Ritornando a qualche anno fa, molti ragazzi truccavano il motori-no ed erano spericolati, ma da qui ad arrivare a guidare un bolide sui circuiti ce ne passa. Quindi Tardozzi, qual è la sua sto-ria? “Ad un certo punto - racconta il manager della rossa di Borgo

Panigale - ti avvicini per forza alla pista. Con tutti i sacrifici del caso, visto che non me lo potevo permet-tere. Così ho aspettato di finire la scuola ed iniziare a lavorare per in-vestire i primi guadagni in questa passione. Tutti i miei compagni lo sapevano che avrei cercato di fare qualcos’altro nella vita e non certa-mente il ragioniere. Una di quelle cose che non si addice al mio ca-rattere, ma che mi ha permesso di iniziare a girare in pista.” Così Tardozzi, dopo la maturità, ha lavorato alla Lega delle Coope-rative dalla quale si è licenziato, con disperazione della madre che come tutti i genitori sogna il posto sicuro per i figli, quando ha trova-to qualcuno che ha creduto in lui come pilota: l’ingegner Federico Martini, attuale direttore tecnico della Piaggio, anche lui di Raven-na, che allora era in Ducati. Inizia-no le gare: campionatinazionaliepoiilcampionatoF1,comesichia-mavaallora,poiunMondialein250einfinelaSuperbike, moto da stra-da e di serie elaborate per la pista. Tardozzi vinse proprio la prima

10 | IN Magazine

Essere | Davide Tardozzi

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garadiquestonuovocampionatoil3apriledel1988aDonington,inIn-ghilterra,suunaBimotadisegnatadaMartini.Ora è dall’altra parte e grazie alla sua esperienza riesce a gestire tut-to ciò che riguarda il progetto Du-

cati in Superbike, dal team corse ai clienti. È responsabile di tante per-sone, circa 35 tra piloti, ingegneri, meccanici, direttori tecnici. Tutto deve filare in armonia in modo che in gara ognuno dia il meglio di sé. “Durante le corse meno faccio me-glio va - spiega -, vuol dire che ho lavorato bene prima. Ognuno deve sapere come muoversi all’interno di un box e rispettare gli automa-tismi stabiliti. La conoscenza delle

persone è alla base di tutto e poi occorre saper capire a chi serve una pacca sulla spalla e a chi il pu-gno di ferro.” Come dire essere un po’ pilota, un po’ psicologo, un po’ manager con-temporaneamente. Una figura che

certamente non c’era quando Tar-dozzi correva. “Allora si era da soli - ricorda con un velo di rimpianto - e per questo certamente ho fatto tanti errori. Mancava il confron-to con una figura di riferimento che sapesse risolvere i problemi ed incoraggiare quando era il caso. Alcune scelte certo non le rifarei, ma probabilmente quello che ho sbagliato allora mi fa lavorare me-glio oggi.”

Da sinistra, il ravennate in sella a una Ducati, nel 1991, e in gara a Misano su una Bimota, nell’88.

12 | IN Magazine

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Tardozzi, oltre a non voltarsi troppo indietro e a vivere guardando al futuro, ha una teoria per fare bene il suo lavoro, che gli è servita nel passaggio da sportivo a mana-ger: “Saper scendere dalla moto. Che vuol dire, per aiuta-re un pilota, saperecosailpilotapensa,manonpensarladapilota. Il perché di una scelta tecnica, che non è condi-visa dal pilota, si deve saperla motivare e soprattutto avere

Una carriera tra sella e muretto

Davide Tardozzi, classe 1959, è stato un ottimo pilota. Ha iniziato la sua carriera, come molti giovani motociclisti, su una 125. Passato alla 250, ha partecipato al Campionato del mondo nel 1984 e nel 1985. Nel 1988 partecipa al primo campionato Superbike, dove arriva terzo. Nella sua carriera ha vinto 5 Campionati italiani, nel 1991 è stato Campione europeo 750cc Superbike. È stato pilota ufficiale della riminese Bimota dall’87 al 1990. Nell’ottobre del 1991 ebbe un brutto incidente al circuito del Mugello e, per le conseguenze riportate ad un braccio, la sua carriera si chiuse di lì a poco. Nel 1993 la Ducati gli offerse di entrare nel team corse. Oggi è il direttore del progetto Superbike.

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Davide Tardozzi ritratto nel salotto di casa durante l’intervista.

la sua fiducia perché sappia che si sta facendo il meglio per lui. E questaèlacosapiùdifficiledelmestiere:guadagnarelafiduciadelpilota.”Il campionato Superbike 2009 è agli inizi, mancano ancora tante gare che lo porteranno in ogni parte del mondo (a Misano il 21 giugno). Una vita un po’ noma-

de, ma che non lo scompone più di tanto: qui sono le sue radici. E Ravenna? Gli chiediamo e lui sen-za pensarci risponde: “Piùgiroilmondopiùtornoacasa. Perché al di là che siamo fuori dalla Via Emilia

e siamo un po’ strani e bigotti, mi piace la gente di questa città. Qui si sta bene, è ragionevolmente tran-quilla, andando per il mondo ti rendi conto che c’è tanto di peggio in giro. Qui c’è un modo di vivere che mi piace anche se è una città che non ha tutto; ma a me piace”. Qui c’è la sua casa, ci sono la mo-glie Sandra e il figlio Andrea, al quale delle moto proprio non im-porta nulla o quasi. È appassionato di calcio ed è riu-scito recentemente a farsi portare a Torino per vedere la Juve da papà Davide. Lui, che invece è milani-sta! Qui ci sarà il suo futuro lavoro, perché ci ha detto di avere asso-lutamente intenzione di cambiare attività tra non molto. Alcuni anni ancora con la rossa Ducati, ma da amante delle case e delle ristruttu-razioni vedeilsuofuturonelsetto-reimmobiliare,dovehagiàfattoiprimipassi. Si ritiene una di quelle persone fortunate, che è riuscita a fare della propria passione un la-voro. “Ogni tanto faccio la battuta: lo farei anche gratis, figurati se mi pagano!”Ama la collina e la cosa che più lo rilassa è viaggiare in scooter tra Arezzo e Siena, lungo la terra del Chianti. Qualche viaggio di piacere con famiglia ed amici cer-tamente non se lo nega, ma nella sua casa, rilassato sul divano o in giardino con i suoi cani lo vediamo davvero bene. Sandra non c’è, è nel suo negozio MotoMania. “Del resto - sorride Davide Tardozzi - lei dice: ‘Tu vai in giro a divertirti, ci vorrà pure qualcuno che vada a la-vorare!’.” IN

Un po’ manager, un po’ psicologo

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Festeggiare | Ravenna Festival

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Mentre sta per iniziare una nuova edizione, ripercorriamo due decenni di Ravenna Festival insieme ai due personaggi chiave della manifestazione: Mario Salvagiani e Cristina Mazzavillani Muti.

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara e Archivio Ravenna Festival

Uno spettacolo lungo Vent’anni

RavennaFestival è giunto alla ven-tesima edizione. Oggi è impossibi-le immaginare Ravenna senza festi-val, ma era così. Certo, non nacque dal nulla perché la città ha sempre amato la musica e non mancavano concerti e opere, ma erano spetta-coli saltuari, anche di qualità, non organizzati però in una sequenza così fitta, ricca e complessa come oggi si presenta il Festival musicale che ha varcato i confini d’Italia ed Europa, raggiungendo anche altri continenti. Abbiamo intervistato i personaggi chiave di questo succes-so: la memoria storica, MarioSalva-giani, e la mente creatrice e vulca-nica, CristinaMazzavillaniMuti.Salvagiani, cosac’eraaRavenna,primadelFestival?“È un gradito esercizio di memoria. Il Teatro Alighieri era stato riaper-to a fine anni ’60, dopo una lunga chiusura per esigenze di consoli-damento. Era stata curata la zona destinata al pubblico mentre non vi erano stati interventi sul palco-scenico. Inoltre c’era il problema di lunghe chiusure perché gli spet-tacoli non erano frequenti.”Quando iniziòad interessarsidelTeatro?

“Nel ’72. Il pubblico era costituito da un numero ridotto, soprattutto abitanti del centro, erano i palchet-tisti e i frequentatori della platea. Le scelte degli spettacoli erano fat-te dall’Ente teatrale italiano e non da un organismo autonomo, come accadeva in altre città dell’Emilia Romagna dove i teatri erano a ge-stione diretta delle municipalità. Non c’era un programma stabilito a inizio stagione. In seguito, come direttore, cominciai a fare delle scelte: iniziammo scegliendo opere, concerti; il jazz aveva già un ciclo di appuntamenti a livello nazionale; alcune serate estive venivano ese-guite alla Rocca Brancaleone…”Un percorso lungo che abbiamodovuto riassumerevelocemente.ComenacqueilFestival?CristinaMazzavillaniMuti fupersonaggiochiavefindall’inizio?“Non solo lei, ma tutta la famiglia Muti. Inizialmente era ‘Ravenna in Festival’. Nell’89 nasce la Fonda-zione tramite accordi con politici e aziende; molti furono gli incon-tri col sindaco, prima Angelini e poi Dragoni, ma il personaggio da subito punto di riferimento fu il maestro Muti, che aveva già scelto

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A fianco, Riccardo Muti con Raul Gardini e Pietro Barilla; sotto, il Maestro con la moglie Cristina e Luciano Pavarotti.

Ravenna come sua dimora. I primi anni videro la direzione artistica di Arruga e io ero direttore orga-nizzativo, mentre, in seguito, con Carlo Fontana ci si scambiava un po’ i ruoli nella collaborazione.”EparteilFestival.Ricordaqualchenomeimportantedelleprimeedi-zioni?“Sin dall’inizio Giulini, Sinopoli, Pollini, Maazel, grandi direttori e orchestre, primo fra tutti Muti che aprì il Festival con l’esecuzione del Requiem di Mozart. Anche per quanto riguarda i luoghi, la scelta si fece più ampia e cominciammo ad utilizzare anche il Teatro Rasi e le basiliche, nell’ottica di rendere la città protagonista del Festival, come oggi accade.”CristinaMazzavillaniMuti,da leiqualepresidenteedirettricear-tisticavorremmo il ricordodelle

emozioni: quella dell’inizio, delprimoanno,dellaprimaserata…“La prima preoccupazione era di accontentare la mia gente, imma-ginando che avesse le mie stesse caratteristiche: la mia solarità ma anche le mie ombrosità; ho pensa-to che potesse piacere loro quanto piaceva a me. L’emozione dell’ini-zio era legata alla consapevolezza di aver dato vita a qualcosa che era più grande di me e riguardava una moltitudine. Poi ho ripescato le mie esperienze di capo scout e ho provato a gestire il Festival, mi sono detta ‘Ce la posso fare!’.”Comeandòildebutto?“Mi chiedevo se fosse vero quanto stava avvenendo, dopo un intero anno di lavoro: Ravenna aveva il Festival.”Organizzarlovolevadireperleian-cheritrovarelasuagente.“Proprio così. Ero stata a lungo as-sente, prima per motivi di studio a Venezia e a Milano, poi, sposando il maestro Muti, l’avevo seguito sia a Firenze che all’estero. Tornan-do a Ravenna ho scoperto i cam-biamenti della città e ho trovato il modo di riappropriarmi dei luoghi della mia infanzia.”IlFestivalspaziapertuttalacittà,oggi,dandovisibilitàaluoghinonnatiperlamusica:ilporto,lafa-sciadelle“acquebasse”,ichiostri,igiardiniinterniaglisplendidipa-lazziravennati…“Ho voluto che la città bizantina, la mia città, divenisse essa stessa palcoscenico del Festival.”

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Carlos Kleiber alla direzione d’orchestra nel corso dell’edizione del 1997. Sotto, uno spettacolo nella suggestiva scenografia di San Vitale.

Qualifuronoiprimigrandinomicheinvitò?“Essenzialmente gli amici: Boulez, Lombardi; poi Pavarotti, Kleiber e tanti altri che vennero perché c’era anche un rapporto amichevole.”Cifuqualchepersonaggiochefecefaticaadavere?“Abbado dovetti inseguirlo a lun-go, ma poi venne.”Comeènata l’ideadiunFestivalmultidisciplinare?“È stata la città stessa l’ispirazione, perché Ravenna è tutto questo: dal-

la sua storia si capisce che è unica in Italia; tutti i temi trattati han-no toccato le corde dell’ambiente ravennate; se la sappiamo ascolta-re, guardare, scopriamo che è lei a suggerire i temi, perché hanno profonde radici nella sua storia: porta d’oriente aperta a molte gen-ti, sia ieri che oggi. Anche i viaggi dell’amicizia non sarebbero mai nati se non fossimo stati di fronte all’altra città, porta d’oriente sull’al-tra sponda, la martoriata Sarajevo. Di lì, poi, abbiamo gettato i ponti su quelle che sorgono sul nostro stesso Mediterraneo e oltre, dove la musica potesse portare il messaggio d’amicizia, pace, consolazione.”IlFestivalharisvegliatoanche ilsuolatoartisticoportandolaafarela regia e la creazione di alcuneopereoriginali.“Mi sono sentita coinvolta e ho voluto esprimere la mia esigen-za creativa, forse per recuperare l’attività artistica che avevo inter-rotto all’inizio della mia carriera. Quest’anno il tema della preghie-ra mi ha suggerito uno spettaco-lo, nei giardini di San Vitale: sarà un incontro di preghiere e canti di religioni diverse, popoli diver-si, l’incontro spirituale ed emoti-vamente coinvolgente di voci che parleranno con Dio, ognuno con la propria lingua come invita il titolo dell’edizione 2009: la frase araba ‘…lâ ilahâ illâ…’ che significa non c’è altro Dio che Dio.” IN

Ravenna Festival 2009, 14 giugno-18 luglio

“Quando ti sento arrivare/Il mio cuore danza/le mie braccia si aprono”. La preghiera sarà declinata in tutte le sue manifestazioni. L’appuntamento che ha per titolo “C’è un luogo, incontriamoci là”, ascolto di voci in preghiera, si incrocia con la parola e il pensiero del filosofo Massimo Cacciari, (17 giugno); il dramma in tre atti Demofoonte di Niccolò Jommelli, diretto da Riccardo Muti (3-5-7 luglio). Un ricco programma sinfonico, col Maggio Musicale Fiorentino diretto da Muti (12 luglio), l’Orchestra dell’Opera di Parigi con Christoph von Dohnanyi (27 giugno), Pierre Boulez alla direzione di due capolavori di Stravinskij (29 giugno). I monaci buddisti porteranno a Ravenna la loro preghiera con Sutra (17 luglio) mentre Diamanda Galas urlerà le sue imprecazioni con Maledictions and Prayers (1 luglio). Per la danza saranno a Ravenna l’Hubbard Street Dance Chicago di Jim Vincent (11 luglio) e il mito della danza russa, l’étoile Maja Plisetskaja, che interpreterà una creazione che Béjart le dedicò: Ave Maja (4 luglio); Micha van Hoecke con Le Baccanti (10 luglio). Non mancherà l’Orchestra Giovanile Cherubini coinvolta in importanti appuntamenti quali Missa defunctorum di Paisiello (28 giugno) e Demofoonte; Mamma Mia, il musical più noto degli ultimi anni avrà luogo al PalaFiera di Forlì (15-20 giugno). Ultima novità, la data zero del tour di Laura Pausini (25 giugno a Ravenna). www.ravennafestival.org

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A metà fra Land art e “suono del silenzio”, Luigi Berardi lavora sul paesaggio, che diventa orizzonte per l’esercizio di una creatività “armonica”, attraverso strumenti particolari installati nei più diversi ambienti, in ogni parte del mondo.

Le prime esperienze di Land Art, Earth Art o, più comunemente, Arteecologica risalgono agli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti, con interven-ti diretti di artisti sul paesaggio, per modificarne temporaneamen-te l’aspetto o esaltarne, con l’uso di materiali naturali, l’armonica vitalità, i ritmi e l’ordine che lo ca-ratterizzano. Il paesaggio diventa l’orizzonte per l’esercizio estem-poraneo, ma non occasionale, di unacreativitàfinalizzatanonadusoutilitaristicodellanaturaquantoaunasuatrasformazioneinsintoniaconlavitaecoltempochelaregola. Pertanto, le opere realizzate, come le performance, hanno carattere ef-fimero e la loro documentazione è affidata prevalentemente alla foto-grafia e alle ripresevideo.Nel 1952 John Cage presentò la sua rivoluzionaria partitura “4.33”: chiunque, compresi coloro che non hanno mai preso uno stru-mento in mano, la può eseguire. Basta indossare un abito da con-certo e accomodarsi al pianofor-te per quattro minuti e trentatré secondi, senza suonare alcunché. L’esecutore non deve fare niente e

il pubblico non deve fare altro che ascoltare, ascoltare la “musica” che viene creata sia dai rumori interni alla sala da concerto, bisbigli, colpi di tosse, scricchiolii vari, sia anche quelli che provengono dall’ester-no. Cage ha dimostrato così che il silenzio assoluto non esiste. Il si-lenzio sarebbe da intendersi piut-tosto come un rumore musicale di sottofondo.LuigiBerardi ha saputo coniugare certi aspetti della Land art con la musica di John Cage, senza ignora-re gli interventi in difesa della natura di Joseph Beuys. Su questi presup-posti storici e teorici, dopo varie esperienze nel campo dell’arte tra-dizionale e una ricerca in Unione Sovietica sul Costruttivismo degli anni ’20, presso gli archivi del Museo di Stato Puskin di Mosca e della famiglia di Aleksandr M. Ro-dchenko, nel 1990 è approdato al progetto interattivo di “paesaggiosonoro”, sperimentando possibilità visive e sonore di “armonie” attra-verso la costruzione di strumentiingradodifondereeunirepiùconfinisonori. Oltre alle macro-conchiglie per “abitare” e ascoltare il mondo,

alle campane per “assonare” giar-dini, agli organi eolici per “dare voce” al vento, ha ideato le arpeeolieche,installateinambientina-turali,sannocrearestraordinarieimprevedibilieventisonori. Li ha realizzati in molte località d’Italia, dalle scogliere di Otranto ai boschi del Trentino, lungo fiumi, spiag-ge e in piazze di varie città. Risale al settembre 2000 l’installazione sulla Grande Muraglia cinese. Il progetto nasceva da una riflessio-ne pluriennale e da un lavoro sul paesaggio sonoro sia in confini na-turali, quali le catene montuose, la terra lambita dal mare, i fiumi, sia in confini artificiali, come le mura difensive delle città, sia in confini invisibili, tracciati da certi animali per motivi strettamente biologici o percepiti dall’uomo grazie a una sua capacità d’integrazione con l’ambiente, come avviene nel de-serto che apparentemente è senza confini.Il confine dell’installazione sul-la Grande Muraglia era al tempo stesso naturale e artificiale, per-ché questa è la più grande opera monumentale conosciuta che sia

testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Inconsuete armonie Sonore

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Creare | Luigi Berardi

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stata mai concepita per delimitare un Impero. Per Berardi, poi, era qualcosa di più, perché era presen-te dall’infanzia nella sua fantasia, come il confine mitico, il più lonta-no che si possa immaginare e che solo nel sogno si può raggiungere. L’intervento sulla Grande Mura-glia è stato un passaggio impor-tante per il suo percorso d’artista perché lo ha reso ancora più con-sapevole della stretta relazionefrauomo,confineedelementidellanaturaper affidare al vento e alle armonie delle sue arpe eolie un dialogo di cui solo chi è presen-te può cogliere l’intima essenza, completando l’opera con l’ascolto e il racconto. Negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta all’acqua nelle sue forme turbolente delle

cascate, dei fiumi e del mare, come naturale evoluzione della ricerca verso un elemento che completa la sua poetica senza confine. Un organo marino è pronto per essere immerso nelle profondità per dare voce, in concerto con le arpe eolie, al “silenzio delle sirene”. IN

A fianco, scorcio della Grande Muraglia con le installazioni dell’artista. In alto, Luigi

Berardi “suona” una delle sue arpe eolie.

Un poliedrico percorso

Nato a Ravenna nel 1951, privo di una formazione accademica, inizia un percorso nel territorio dell’arte nel corso degli anni ’70 come scultore; poi si occupa di grafica, fotografia, cultura materiale folclorica e illustra dizionari, libri di racconti e di poesia, saggi e copertine per riviste. Dall’85 per un decennio cura l’allestimento e le mostre del Museo dell’arredo contemporaneo di Ravenna. Collabora con Tonino Guerra alla Fontana di Pennabilli (PU) e al grande “Gomitolo dei suoni dimenticati” installato permanentemente a Maiolo in Val Marecchia. Progetta e conduce i laboratori “Arte come mestiere” in corsi dei Centri professionali promossi dalla Comunità Europea. Dal ’96 collabora con Arianna Sedioli, esperta di pedagogia musicale e atelierista, al progetto “L’arte sonora per i bambini” (www.artesonoraperibambini.com), progetto fra arte, musica e pedagogia, con mostre in musei e spazi espositivi di numerose città d’Italia. Nel 2002 trasferisce il suo laboratorio d’arte (www.paesaggiosonoro.com) a Sant’Alberto, nel Parco del Delta del Po, dove acqua, terra e vento, da sempre creatori di paesaggi senza confini, diventano gli elementi naturali del suo lavoro.

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Esiste negli USA, a Seattle, un quartiere

che porta il nome della nostra città: un tempo

era villaggio e area verde, chiamata Ravenna Park.

Ne ripercorriamo le vicende partendo da una

firma lasciata a inizio ’900 sui registri della

tomba di Dante.

testo Andrea Casadio

Una storia Americana

“Mr. and Mrs. W. W. Beck - of - Ra-venna Park - State of Washington - USA - April 27th 1910 - or - the pines of America.” Poche parole vergate a penna, disperse fra migliaia di al-tre che riempiono gli otto registri dei visitatori della tomba di Dante risalenti al periodo fra metà ’800 e inizio ’900, oggi conservati alla Classense. Una frase che il caso ha voluto sottrarre al tempo e al la-birinto di quella sterminata “Spo-on River” dantesca per rivelarci, a

quasi un secolo di distanza, una vicenda della quale la città fu pro-tagonista involontaria, e a tutt’oggi inconsapevole. ChieranoiconiugiBeck? Cosa li aveva spinti, dopo aver attraversato un continente e un oceano, fino a questa città di provincia della vecchia Europa, a lasciare traccia del loro passaggio sulla pur celebre soglia del sepol-cro dantesco? Cosa si celava die-tro il nome di Ravenna associato allo stato di Washington e ai “pini

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Scoprire | Ravenna Park

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dell’America”? Per saperlo dobbia-mo percorrere a ritroso, nel tempo e nello spazio, il loro viaggio, per andare alla scoperta di una biogra-fia d’eccezione. Il reverendo WilliamW.Beck, pa-store della chiesa Presbiteriana del Cumberland, era nato nel Kentucky nel 1851, fra la folta co-munità di coloni tedeschi stanzia-ta in quell’area degli Stati Uniti. Durante l’infanzia aveva visto il padre partecipare alla guerra di Secessione fra le file nordiste, e nel 1886 era stato inviato in missione nell’ultima frontiera d’America, quell’estremo angolo nord-occi-dentale che sarebbe divenuto po-chi anni dopo lo stato di Washing-ton. Nel 1887 aveva acquistato 400 acri di terreno (circa 160 ettari)

sulla costa occidentale del Lake Washington, uno dei tanti fiordi della baia sulla quale si stava svi-luppando Seattle. In quel momen-to, la zona era ancora un’immensa foresta vergine di conifere dove per secoli avevano vissuto di caccia e di pesca, nelle loro longhouses di legno di cedro, gli indiani Duwa-mish. Ora, però, era giunta anche qui una presenza nuova, che avreb-be in poco tempo sconvolto con la forza del “progresso” un equilibrio millenario: quella della ferrovia, che nel 1887 aveva toccato questo tratto di costa aprendo la strada al veloce popolamento della zona. Difatti, una volta acquistati i terre-ni, l’intraprendente reverendo li divise in lotti dando inizio al pro-cesso che nel giro di pochi anni

Due immagini del Ravenna Park alla fine del XIX secolo. A sinistra, due bambini giocano

nel parco (1891); a destra, alcuni abitanti della zona si rinfrescano davanti a uno dei

laghetti (1889 ca.). (Fonte: University of Washington Libraries, Special Collections, La

Roche1161 e UW26468).

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La firma dei coniugi Beck nei registri dei visitatori alla tomba di Dante (Fonte: Istituzione Biblioteca Classense). Sotto, cartelli stradali a Seattle che riportano il nome di Ravenna (ph: Gary Zimmermann).

avrebbe urbanizzato l’area. Tutta, meno un tratto della valle, già sede di un villaggio indiano, nella quale serpeggiava il corso d’acqua che univa un vicino specchio d’origine glaciale, l’attuale Green Lake, al Lake Washington. Quel tratto di valle, Beck e la sua colta moglie, Louise Coman, lo riservarono alla preservazione dell’ambiente natu-rale, dandogli il nome di una città italiana famosa per le sue vicende storiche e le sue pinete costiere che avevano ispirato poeti e letterati: eranatocosìilRavennaPark.Quali furono i motivi che spinse-ro i Beck a dare questo nome alla loro creatura? Non lo sappiamo. In effetti, secondo alcuni sarebbe-ro stati i precedenti proprietari a conferire il nome al luogo. Senza dubbio, però, chiunque avesse pre-so quella decisione condivideva i motivi di suggestione storico-let-teraria verso la città, ampiamente diffusi all’epoca nella cultura te-desca e anglosassone. Certo è che l’iniziativa imprenditoriale dei Beck fu un enorme successo. Favo-rita dai collegamenti con la vicina Seattle, lanuovacittà-essapurechiamata“Ravenna”dalfondatore-conobbeneglianniseguentiunosviluppo inarrestabile. Lo stesso

Beck vi fondò anche un collegio femminile (che ebbe vita breve) e un mulino. Nel 1895, sempre per interessamento di Beck, fu trasferito nella zona adiacente il campus dell’Università dello stato di Washington, in quella che ne è rimasta fino ad oggi la sede. Ver-so il 1903 il tratto del torrente (ri-battezzato “Ravenna Creek”) che collegava il parco al Green Lake fu interrato, e sul suo percorso venne tracciato il Ravenna Boule-vard, maggiore arteria della città. Quattro anni dopo, venne infine annessa a Seattle, diventando un quartiere della nuova metropoli

in espansione. Inquestoquadrodisviluppoerailparcolavera,grandeattrazione. I suoi nuovi abitanti e quelli di Seattle, fino a 10.000 al giorno, spendevano volentieri i 25 centesimi del biglietto giornaliero (o i 5 dollari di quello annuale) per immergersi nel suo teatrodifonta-ne,padiglionimusicali,sorgentimi-nerali (la “Fonte della ninfa del bo-sco”), perfino un villaggio indiano dell’Alaska ricostruito da Beck in occasione dell’Alaska-Yukon-Paci-fic Exposition del 1909; soprattut-to, però, per accedere “nel luogo dove gli alberi sfiorano le stelle”. La vera attrazione del parco erano i celebri alberi giganti, abetise-colarialtifinoapiùdicentometri, che infondevano nel visitatore un misto di suggestione e meraviglia. Sempre in occasione dell’esposizio-ne, i Beck ebbero l’idea di aprire una gara per la denominazione di quelli più imponenti. Ad esempio, ne chiamarono uno “Paderewsky”, nome di un celebre pianista polac-

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Polmone verde di Seattle

co loro amico. Il più alto (circa 120 metri) fu dedicato da un’associazione sudista femminile al generale Lee. Un altro ebbe in sorte il nome del presidente Theodor Roose-velt, tra gli ammirati visitatori del parco. “Meraviglia della natura non meno delle cascate del Niagara, di Yosemite, del Gran Canyon - è stato scritto - il Ravenna Park offriva un pellegrinaggio verso il sublime, il contemplativo, lo spirituale, il terrificante.”Era tutto questo che William e Louise Beck avevano alle spalle quando giunsero a Ravenna nella primavera 1910. Approdavano in una piccola città di provincia, apparente-mente sonnolenta ma percorsa, proprio in quelle settima-ne, dai feroci conflitti politici fra repubblicani e socialisti che, proprio pochi giorni dopo la visita dei Beck, avreb-bero avuto i primi esiti sanguinosi. Tutto questo rimase però probabilmente oscuro ai viaggiatori che venivano da

tanto lontano con un preciso bagaglio di cultura, espe-rienze e aspettative. Apartelepocheparolevergatesulregistrodantesco,nonsappiamonulladiquellochesenzadubbioeraperloro,pionieridelPacificoormaisullasogliadeisessant’anni,il“viaggiodellavita”. Possiamo solo im-maginare il loro arrivo alla stazione, i primi passi nel viale alberato, il contatto con le vestigia del passato attraverso il profilo svettante del campanile di San Giovanni Evan-gelista. Certamente avranno alloggiato in uno degli al-berghi migliori, il Byron (che in quei giorni, c’informa la stampa, ospitava anche la granduchessa d’Anhalt) o il S. Marco. Senza dubbio, dopo la visita al sepolcro dantesco e ai luoghi canonici della storia e dell’arte, avranno preso la strada polverosa verso la pineta di Classe, sulle orme di Dante, Boccaccio e Byron, alla ricerca del mito che li aveva ispirati nella loro avventura di pionieri del Nuovo Mondo. Quali sensazioni provarono durante le giornate ravennati, quali impressioni rimasero nella loro mente al momento di salire sul treno del ritorno, resta un mistero che nessun documento a noi noto può svelare.Fra l’altro, al momento del loro viaggio anche il legame con il loro Ravenna Park era ormai sul punto di scioglier-si. Appenaunannodopo,infatti,iBeckcedetteroilparco

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Uno dei camminamenti all’interno dell’attuale area verde. Sotto, la copertina del libro (edito negli Stati Uniti) che ripercorre la storia del Ravenna Park.

allostatodiWashingtonperquasi150.000dollari. Quello che accad-de in seguito è un’eloquente smen-tita al luogo comune che vuole l’ente pubblico come la soluzione pregiudizialmente più auspicabile per la tutela dei beni naturali. Una volta divenuto statale, infatti, il parco conobbe un progressivo de-clino che si manifestò fin da subito a danno proprio del suo patrimo-nio più prezioso, gli abeti monu-mentali. Fra l’indifferenza, o forse la complicità, dei nuovi ammini-stratori, i grandi alberi vennero abbattuti uno dopo l’altro, senza che ne fossero mai chiariti i motivi né le responsabilità. Negli anni ’20, nessuno era soprav-vissuto. Quanto però il parco fosse ormai entrato nel cuore della co-munità apparve chiaro quando lo stato decise di mutarne la denomi-nazione intitolandolo a Theodor Roosevelt: dopo qualche anno, nel ’32, una petizione popolare otten-ne il ripristino del nome origina-rio. Ma anche per quanto riguar-da il fondatore, il filo su cui si era dipanato l’arcano legame con Ra-venna era lontano dall’interrom-persi. Tanto lontano, da spingersi fino al giorno della sua morte. Per

un’incredibile ironia del destino il vecchio pioniere che aveva vis-suto da protagonista l’epoca più eroica d’America, dal Kentucky ai confini col Canada, concluse la sua esistenza, a 93 anni, il4dicembre1944,ilgiornostessoincui,ami-gliaiadichilometrididistanza,letruppe canadesi entravano nellaRavennaeuropeaappena sgombe-rata dai tedeschi. Le foto di quel giorno riportano l’immagine di un mattino livido, di una città de-serta e prostrata dal conflitto. Il campanile di San Giovanni, mira-colosamente sopravvissuto alla de-vastazione della basilica, svettava sulla distruzione della zona della stazione; l’hotel S. Marco giaceva in macerie; i chiostri francescani, a un passo dal sepolcro dantesco, erano sventrati dalle bombe; la pi-neta di Classe fino a pochi giorni prima era stata teatro degli scontri fra tedeschi e partigiani. In un angolo della Classense, al-cuni tratti di penna sepolti in un vecchio registro dalla copertina di velluto rosso aspettavano il mo-mento in cui il caso avrebbe deciso che sulla storia della mano che li aveva vergati, tornasse nuovamen-te a brillare la luce. IN

Ravenna neighborhood e Ravenna Park oggi

“Ravenna is quintessential Seattle”. Oggi la città nata per iniziativa di Beck è una tranquilla zona residenziale di case con giardino, piste ciclabili e negozi di quartiere. Pur essendo al di fuori delle manifestazioni più fashion della metropoli, risente fortemente della vicinanza con la Washington University; non a caso il Ravenna Boulevard è noto anche come “boulevard dei professori”, per la sua più rappresentativa categoria di residenti. Del quartiere, il parco è cuore e anima: una striscia di verde vasta oltre 20 ettari (più i 3,5 dell’adiacente Cowen Park) che serpeggia lungo la valle dove, a una profondità di 35 metri, scorre il Ravenna Creek. A parte le aree attrezzate con campi da tennis e baseball, zone picnic e punti di ristoro, la vegetazione è composta soprattutto da aceri, abeti e cedri. L’associazione di volontariato Friends of Ravenna Park cura la manutenzione del parco, mentre la Ravenna Creek Alliance si impegna per realizzare il progetto di riportare alla luce il tratto interrato del torrente verso il Lake Washington. Il parco è anche sede di manifestazioni d’organizzazioni neopagane e transgender.

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È il momento della ristorazione sulle colline riminesi. Cominciando da Vite. In tavola le eccellenze delle coltivazioni e degli allevamenti di San Patrignano. Che un sapiente chef e la sua brigata di cucina trasformano in ottime pietanze. Da gustare nella calma atmosfera del locale, in una potente combinazione d’arredi e colori. Disponendo anche di una eccezionale cantina.

testo Pier Antonio Bonvicini

Ragione e Sentimento

Gustare | Ristorante Vite

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Ha ragione Carlo Bozzo, capo uffi-cio stampa di San Patrignano, quan-do dice che a Vite si mangia bene. E le ragioni sono due: l’esperienza dello chef e le eccellenti materie prime. Abbiate allora l’entusiasmo di inoltrarvi nelle campagne del Ri-minese, così sarete ripagati da una cucina che vi sorprenderà. Nessun effetto speciale, per intenderci, ma tanta concretezza nel piatto corri-sposta da presentazioni di livello. Per raggiungere il ristorante, lasce-rete l’Adriatica all’altezza di Rimini e imboccherete la statale 72 per San Marino. Quindi l’abbandonerete nei pressi di Cerasolo per salire ra-pidamente sulle alture del Coria-nese. Raggiunta la sommità della collina Montepirolo, ecco la vostra meta, col suo comodo parcheggio. Ora varcherete l’ingresso di questa bella casa che al suo interno ricorda quelle dimore di campagna tocca-te dall’eleganza e dalla modernità. Con tanto di camino e salottini, e terrazza per l’estate.Così sarà il bordeaux a dominare nei colori, dalle originali carte da parati alle tovaglie, ma si farà ap-prezzare anche il caldo legno non soltanto al pavimento. E la foglia di Vite, riconoscibile pure al soffitto nella sua imponenza, è lì a ricorda-re che questo angolo di Romagna è circondato da vigneti. Ma la sor-presa, appena entrati, l’avrete nel constatare che lacucinaèunopen

space,direttamenteincontattoconlasala. Allora vi terrà compagnia la vista della volenterosa e silenziosa brigata che osserverete anche dalle ampie vetrate del piano superiore, se sarete su quest’ultimo per un aperitivo o per mangiare.Scendendo in cantina, disporrete invece di un privé con vista sulle 12.000 bottiglie conservate a 15 gradi, ad una umidità del 70%. Viteèunristoranteluminosoepanora-mico,unapotentecombinazionedi

arrediecolori,masoprattuttounanuovaportaapertasullaComunità.Chequiimpegna,daiprimidigiugno2008,sottolaguidadellochefFabioRossi,oltreunaventinadeisuoira-gazzitrasalaecucina. A consigliare invece gli abbinamenti tra cibo e vino è arrivato da Bassano del Grappa il sommelier Gianfran-co Marchesan, responsabile anche della cantina. In tavola le eccellenze delle coltivazioni e degli allevamen-ti di San Patrignano, il pesce dei

La ricetta: Risotto Vite

Ingredienti per 4 persone: gr. 280 riso carnaroli Acquerello, gr. 40 pancetta croccante, gr. 20 scalogno, gr. 100 squacquerone affumicato, gr. 150 burro, gr. 50 parmigiano, gr. 450 vino rosso Aulente

Preparazione: appassire lo scalogno tritato coi 60 grammi di burro. Aggiungere il riso, tostare bene e bagnare con vino bianco: lasciare evaporare, continuando la cottura con brodo leggero di pollo. Mettere a ridurre il vino rosso fino a un terzo del suo peso, poi legare con un po’ d’amido di mais, correggere di sale, aggiungere un pizzico di zucchero e 20 grammi di burro. A circa tre quarti di cottura aggiungere la pancetta croccante e lo squacquerone affumicato. Aggiustare di sale e pepe, poi mantecare col burro e il parmigiano. Servire su piatto piano, appoggiare sopra una fetta di pancetta seccata in forno e insaporire col ristretto d’Aulente. Decorare con una foglia di germoglio di vite fritta.

In apertura, una delle due ampie sale di Vite. A fianco uno degli eleganti salottini del Ristorante.

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A fianco, lo chef Fabio Rossi e alcuni suoi collaboratori.

nostri mari e altro ancora, che chef e collaboratori trasformano in otti-me pietanze, realizzate con stile ed efficacia creativa. Così non si può che essere d’accordo con l’arrivo ai fornelli del riminese Fabio Rossi, che dopo gli studi è al Caffè delle Rose di Rimini con lo chef Silver Succi, poi alla Grotta di Brisighella, quindi al Bristot Claridge di Cese-

natico. Infine all’Acero Rosso di Ri-mini dal ’96 al 2006, dove conquista una stella Michelin. Ora uno sguar-do al menù, che varia almeno 3 - 4 volte l’anno, affiancato da squisiti pani e grissini fatti in casa.Tra gli antipasti, calamaretti con canocchie e finferli, crema di pa-tate; polpette di fagiano, foie gras, tartufo nero, lamponi; lepriglio (un incrocio fra lepre e coniglio selvati-co), peperoni, insalata di carciofi, olive e topinambur, carciofi fritti.Tra i primi, spaghetti con sgombro, ricotta infornata, broccoletti, bot-targa di tonno; strozzapreti, ragù di agnello, castagne, pecorino. Al secondo, cartoccio di pesci, erbe

aromatiche, ortaggi; il girarrosto (agnello, faraona, maiale); quaglia con foie gras, profumo di lavanda, riso ai mirtilli, funghi porcini. Poi lo straordinario carrello dei formaggi e tra i dolci, ottobre rosso (con mir-tilli, melograno, mela fuji); banana apparente, plumcake al cioccolato.Inoltre ottime torte e non solo in un altro carrello.

Quanto ai vini, una carta con 1700 etichette, dal mondo e dall’Italia a prezzi ragionevoli. E quasi un centi-naio fra distillati (la maggior parte), amari e vini da meditazione. Buona scelta di caffè, the e tisane. Conclu-derete con un calice di Wattwiller, acqua Alsaziese che per l’assenza di nitrati vi aiuterà a digerire. Quattro portate, bevande escluse, costano sui 50 euro. Altrimenti tre menù degustazione: “il bosco e l’aia” a 38 euro, “i poveri e i ricchi” a 48 e “oggi e/è ieri” a 60. Per me ogni cena è come uno spettacolo teatra-le, dice Ferran Adrià Acosta. Anche a Vite la tavola ogni giorno è uno spettacolo. IN

Culinaria News:

Romagnoli fuori portaEnrico Croatti, dopo aver lavorato a Los Angeles col maestro Gino Angelini, è ora ai fornelli del quattro stelle “Boutique Hotel Chalet Dolce Vita” di Madonna di Campiglio. La sua cucina è un caldo abbraccio fra tradizione e innovazione, un tenero incontro fra presente e passato. In armonia con le stagioni e col territorio. Da provare, in via Castelletto Inferiore, 10. www.chaletdolcevita.it

Ristoranti di cittàAlla Mano, a Forlimpopoli, è la nuova destinazione della gola, dai primi di maggio del 2008. La cordiale accoglienza e il piacevole ambiente anticipano il menù. Dalla cucina, piatti che variano giornalmente, secondo il mercato. Vini del territorio, ma anche bollicine e distillati. Caffè con la moka e conto più che corretto. In via della Repubblica 16/B, mai di lunedì.

Andar per Enoteche Vini di qualità, a Calisese di Cesena, all’Enoteca La Bottega. Buona scelta d’etichette consigliate con competenza. Ma anche caffè e prodotti tipici. Chiusa domenica e lunedì mattina. In via Malanotte, 89.

È una porta aperta sulla Comunità

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Piccolo viaggio alla scoperta di alcune realtà commerciali che in città valorizzano gli alimenti biologici: un mercato “al naturale” che, per i suoi benefici effetti ma anche per contrastare allergie e intolleranze, attrae sempre di più.

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

Ravenna Biologica

Quando si parla di biologico, ter-mine ormai d’uso comune, si evo-ca qualcosa di salutare, naturale e buono perché ci si riferisce a prodotti che escludono l’uso di sostanze quali fertilizzanti, anti-crittogamici, insetticidi, pesticidi. Nello specifico, i prodotti da colti-vazione biologica hanno una per-centuale di residuo chimico che oscilla dallo 0 al 3%, mentre quelli convenzionali dal 3 al 98 (di que-sti il 3% risulta non commestibile). Per riconoscerli, è necessario con-trollare l’etichetta che dovrebbe ri-portare diciture quali “prodotto da agricoltura biologica”, “ingredienti di origine biologica”, “in conversio-ne dall’agricoltura biologica”. In genere, costano di più perché sono frutto di coltivazioni complesse che devono rispondere a disciplinari molto rigidi. Nel2008,ilconsumodiquestiprodottia livellonazio-naleècresciutodel6%rispettoal2007,cheasuavoltaeraaumentatodel10%rispettoall’annoprima. In particolare, sull’ortofrutta fresca l’aumento è stato anche del 20%.

Anche Ravenna offre una varietà di realtà che da tempo valorizzano gli alimenti biologici. Per esempio, ogni martedì dalle 18 alle 21, al CentrosocialeSpartaco di via Chia-vica Romea, c’è il “Mercatino del biologico” frequentato - ogni set-timana - da 150/200 persone. Un appuntamento ormai abituale dal 2005, voluto dal Gras, un gruppo di persone a cui piace fare acquisti di gruppo, verdura e frutta, riso e farine, ma anche seitan, miele, pa-sta, olio, scegliendo il produttore in base a principi etici, ambientali e qualitativi. Si lavora su una filiera corta, senza intermediari, riuscen-do a ridurre i costi di trasporto e imballaggio. ARavenna, secondo l’assessorato provinciale all’Agri-coltura, leaziendechefannocoltu-rebiologichesono193, di cui 93 nel faentino, 36 nel lughese e 64 nel ravennate. Si tratta di una realtà ancora limitata rispetto alle quasi 9mila aziende agricole; produco-no ortofrutta, ma anche cereali e foraggio per la zootecnia.Una di queste offre una soluzione

Scoprire | Un città “al naturale”

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originale e utile: la prenotazione di prodotti alimentari, direttamen-te dal produttore con cadenza set-timanale. L’azienda MaterNaturae di AntonellaOrselli offre la conse-gna a domicilio, a casa o sul posto del lavoro, con consegna - una volta a settimana e in un raggio d’azione massimo di 15 km - di una cassetta piena di frutta e verdura di stagio-ne, tutta a coltivazione biologica. È proposto un abbonamento mensi-le di 40 euro per quattro consegne. A difendere i prodotti ottenuti col metodo dell’agricoltura biologi-ca, con particolare attenzione per quelli legati alla storia e alla tradi-zione romagnola, è l’associazione Poderi di Romagna, fondata nel 2004. “Lo scopo è quello di avvici-nare i produttori e i consumatori - illustra ChristianGrassi, tra i soci fondatori. Abbiamo un regolamen-to molto restrittivo per accettare le aziende, indispensabile per garan-

tire la qualità degli alimenti.” Se si parla di pane, il pioniere del biologico a Ravenna è GiancarloCeccolini, maestro dell’arte bianca che da oltre trent’anni ha trasfor-mato la sua vocazione per il benes-sere a tavola in un’idea vincente. Ha ottenuto la prima certificazio-ne sul biologico nel 1992. Cocci-nella, in via Faentina 63, è forno e pasticceria, cucina e caffetteria, e propone esclusivamente alimenti e bevande biologiche. Qui si può tro-vare, oltre al solito pane realizzato con farina di grano, pane di farro, segale, kamut o arricchito con fioc-chi d‘avena. Per quanto riguarda la ristorazione, al posto della classica pasta, è possibile assaggiare piatti a base di riso, miglio, orzo e mais e il self service è ricco di specialità biologiche, vegetariane, vegane e macrobiotiche.Sul fronte dei supermercati, una segnalazione la merita NaturaSì di

via Faentina 121, dove sono com-mercializzati circa 4mila prodotti di agricoltura biologica e biodina-mica, fra cui frutta, pane, carne, prodotti per l’infanzia, l’igiene personale e la pulizia della casa. Per chi ama il gelato, una tappa è d’obbligo a DolceBio che ha ot-tenuto la certificazione dell’IMC (Istituto Mediterraneo di Certifi-cazione). La gelateria artigianale biologica, aperta l’anno scorso in via Trieste 94, propone gusti re-alizzati senza coloranti, aromi e conservanti, grazie a un’attenta e capillare ricerca delle materie pri-me. Per chi ha problemi ad assimi-lare il latte e i suoi derivati, ci sono invece gusti realizzati con latte di riso, meno cremosi ma comunque appetitosi, quali mandorla e cacao, zenzero e cannella, o i gelati con la frutta biologica, fatti con acqua, zucchero di canna e carruba come addensante. Una vera prelibatezza sono anche i cioccolatini biologici al sale di Cervia, alla cannella, allo zenzero, al peperoncino o con la nocciola.

A fianco da sinistra, preparazione del gelato a Dolce Bio e uno scorcio del

supermercato NaturaSì. Sotto, Ilenia Lorenzetto de Il Cortile. In apertura,

Giancarlo Ceccolini di Coccinella.

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Tra le curiosità, da segnalare anche IlCortiledi via Anto-nelli dove IleniaLorenzetto vende piante e realizza prati in modo biologico. Per evitare di utilizzare il solito inset-ticida, qui si possono acquistare larve di coccinelle vive da dare alle piante, e diversi altri rimedi della coltura biodinamica. IN

Il parere dell’esperto

Ma il prodotto biologico è migliore di quello convenzionale sotto il profilo nutrizionale? “Per apporto di nutrienti non ci sono grandi differenze, se non per il fatto di contenere una quantità leggermente più elevata di vitamine, minerali e sostanze antiossidanti, importanti per contrastare i radicali liberi - illustra la ravennate Gabriella Paganelli, laureata in dietistica. I prodotti biologici sono salutari soprattutto in un’ottica preventiva, se si considera che oggi sono in aumento le allergie causate da Ogm o cibi con additivi.” Importante è la distinzione fra allergia e intolleranza: la prima è una reazione avversa agli alimenti non di tipo tossico, mediata dal sistema immunitario (anticorpi classe Ige); la seconda è una reazione avversa, non immuno-mediata, provocata da deficit enzimatici che non consentono la digestione (molto comune è l’intolleranza al lattosio). Entrambe sono riscontrabili mediante test scientifici. “È di gran moda parlare di intolleranze per giustificare certi disturbi, persino l’obesità, ma occorre fare attenzione - spiega la dottoressa. Spesso ci si sottopone a esami non riconosciuti dalla medicina ufficiale per scoprire intolleranze. Il risultato è che si arriva a eliminare sostanze anche fondamentali, col rischio di alterare il proprio stato nutrizionale e anche quello psicologico. Mentre l’allergia obbliga all’eliminazione dell’alimento, l’intolleranza è dose-dipendente, ossia dipende dalla quantità di cibo ingerita.”

FORLÌ via Copernico, 4/A - tel. 0543.751714 - [email protected]: da lunedì a sabato: 9,30 - 12,30 / 15,30 - 19,30

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di macchinari tecnologicamente avanzati. Questo consente di effettuare una diagnosi più accurata ma anche di realizzare protesi plantari sempre più precise e personalizzate. «Una volta individuato il problema

del cliente, riusciamo a dare consigli più mirati – spiega il tecnico specializzato Francesco Spadoni -. A volte, infatti, anche solo un cattivo appoggio del piede può comportare, nel lungo termine, conseguenze per altre parti del nostro corpo, soprattutto per le ginocchia e la colonna vertebrale».

La Sanitaria Ravennate offre un ampio assortimento di calzature semplici e riposanti, proposte in vari tipi di pellame certificati dalla Comunità Europea, in modo da soddisfare anche i piedi più difficili, con callosità o zone dolenti. Ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le esigenze, con modelli di vario tipo adatti a persone di qualsiasi età che credono nella “comodità alla moda”. Scarpe e ciabatte, dunque, non solo per chi ha piedi delicati e sensibili, ma anche per coloro

che amano camminare in perfetto comfort. Numerosi i modelli delle nuove collezioni moda di note ditte del settore: Birkenstock, Ecosanit, Dr Scholl, Marie Claire e Podartis. La soddisfazione del cliente viene prima di tutto!

Vanta più di trenta anni di esperienza la Sanitaria Ravennate - Ortopedia Spadoni di viale L. B. Alberti 106 che ha fatto della specializzazione e dell’innovazione il proprio fiore all’occhiello, grazie alla presenza di ben tre tecnici ortopedici abilitati e di addetti alle vendite altamente qualificati, grazie a continui corsi di aggiornamento.

Aperto nel lontano 1975, inizialmente, il negozio si occupava esclusivamente di vendita al dettaglio di articoli sanitari, prodotti di puericultura e corsetteria. Poco dopo, pur mantenendo l’identità iniziale fatta di commercio al dettaglio, l’azienda si è consacrata all’ortopedia,

una vera e propria passione per la famiglia Spadoni. Franco Spadoni è stato docente della Scuola di Ortopedia dell’Usl 29 di Bologna, istituto di eccellenza che formava tecnici ortopedici di tutta Italia prima dell’avvento della riforma universitaria e dell’apertura dei diplomi di laurea in materia. Il fratello Danilo è tecnico di ortopedia, così come il figlio Francesco, mentre la figlia Ester si occupa del comparto commerciale, mostrando particolare attenzione verso approfondimenti su discipline sportive.

«I piedi svolgono un ruolo fondamentale per il nostro benessere quotidiano in quanto

rappresentano il piedistallo di tutto il sistema cinetico e sono il punto di contatto fra noi e il mondo circostante - illustra Franco Spadoni - . In questi anni, abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità importante: se fino a qualche anno fa si rivolgevano a noi soprattutto persone anziane, spesso con patologie che rendono difficoltosa la deambulazione, ora i nostri clienti sono persone di tutte le età molto attente alla prevenzione, in particolare giovani donne con problemi di ortostatismo perché costrette per lavoro a stare in piedi a lungo».

Nel laboratorio della sanitaria, tecnici di ortopedia sono a disposizione dei clienti per assicurare una fedele esecuzione di quanto prescritto dai medici e per effettuare una analisi computerizzata in statica e in dinamica del piede, con l’utilizzo

V.le Alberti, 106 - RavennaTel. 0544.406969 - Fax 0544.408488

www.ortopediaspadoni.it

Ortopedia Spadoni:l’evoluzione del camminare

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del cliente, riusciamo a dare consigli più mirati – spiega il tecnico specializzato Francesco Spadoni -. A volte, infatti, anche solo un cattivo appoggio del piede può comportare, nel lungo termine, conseguenze per altre parti del nostro corpo, soprattutto per le ginocchia e la colonna vertebrale».

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che amano camminare in perfetto comfort. Numerosi i modelli delle nuove collezioni moda di note ditte del settore: Birkenstock, Ecosanit, Dr Scholl, Marie Claire e Podartis. La soddisfazione del cliente viene prima di tutto!

Vanta più di trenta anni di esperienza la Sanitaria Ravennate - Ortopedia Spadoni di viale L. B. Alberti 106 che ha fatto della specializzazione e dell’innovazione il proprio fiore all’occhiello, grazie alla presenza di ben tre tecnici ortopedici abilitati e di addetti alle vendite altamente qualificati, grazie a continui corsi di aggiornamento.

Aperto nel lontano 1975, inizialmente, il negozio si occupava esclusivamente di vendita al dettaglio di articoli sanitari, prodotti di puericultura e corsetteria. Poco dopo, pur mantenendo l’identità iniziale fatta di commercio al dettaglio, l’azienda si è consacrata all’ortopedia,

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«I piedi svolgono un ruolo fondamentale per il nostro benessere quotidiano in quanto

rappresentano il piedistallo di tutto il sistema cinetico e sono il punto di contatto fra noi e il mondo circostante - illustra Franco Spadoni - . In questi anni, abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità importante: se fino a qualche anno fa si rivolgevano a noi soprattutto persone anziane, spesso con patologie che rendono difficoltosa la deambulazione, ora i nostri clienti sono persone di tutte le età molto attente alla prevenzione, in particolare giovani donne con problemi di ortostatismo perché costrette per lavoro a stare in piedi a lungo».

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Stagione di successi e riconoscimenti per l’agenzia forlivese, grazie a progetti di levatura nazionale ed europea: dai premi Mediastars in varie categorie, per i clienti Lavazza e la onlus CIPSI, alla nomination ADCI per Burger King, fino alla campagna di comunicazione per “Lezioni d’Europa” ciclo d’incontri, in programma fino a fine giugno, promossi e sostenuti dalle istituzioni continentali e dal governo italiano.

testo Caterina Boschetti

Menabó dà "Lezioni d'Europa"

Dalle stelle all’Europa: Menabó - Lorenzo Marini Group di Forlì accoglie nuovi importanti ricono-scimenti ed è pronta a lanciarsi in un grande progetto promosso dalla Commissione Europea. Negli ultimi mesi, infatti, l’agen-zia ha raggiunto ulteriori traguar-di, classificandosi al primo posto in più categorie alla XIIedizionediMediastars, Premio Tecnico per la Pubblicità, che punta a valorizzare la professionalità di chi opera, su scala nazionale, nel campo della comunicazione. Dalla linea di abbigliamento La-vazza ProFASHIONal, f ino alla campagna sociale per la onlus CIPSI, Menabó si è vista riconosce-re “dall’alto” una professionalità ormai consolidata, che continua a crescere e a guardare avanti.

Il tentativo di sperimentare nuove frontiere ha condotto l’agenzia a raggiungere perfino la Commis-sione e il Parlamento europei, vincendo una gara d’appalto per un progettodicomunicazionepro-mossoesostenutopropriodalleistituzionidell’UE, nonché dal Go-verno italiano, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, in colla-borazione con il Ministero degli Affari Esteri. Si tratta di “Lezionid’Europa”, ciclo di incontri che si tengono finoal22giugnoaRoma,MilanoeCatania, nell’ambito del Mese dell’Europa. Per tale iniziativa, Menabó ha ide-ato la corporate identity (logo e de-clinazioni visive), tutti i materiali promozionali (inviti, locandine, ecc.) nonché il sito ad hoc www.lezionideuropa.eu.

Celebrare | Progetti e premi

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L’agenzia Menabó raddoppia e si aggiudica due primi posti nel prestigioso premio Mediastars con una campagna sul microcredito alle donne e per la linea di abbigliamento professionale Lavazza. Due le categorie in cui l’agenzia ha ricevuto i massimi riconoscimenti. In primis, Menabó

ha vinto nella Sezione Tecnica Audiovisiva per la campagna sociale “Per le donne il microcredito può contare tanto”. Si tratta di uno spot video da 30 secondi realizzato per la ong CIPSI (www.cipsi.it), per far conoscere il microcredito, che garantisce a chi non possiede nulla un piccolo prestito d’onore per avviare un’attività autonoma e produrre un sostentamento

per sé e la propria famiglia. In seconda battuta, per Lavazza Trade Marketing Menabó ha realizzato Lavazza ProFASHIONal, una nuova linea di abbigliamento professionale di alta qualità. Essa si distingue per l’icona delle tre tazzine Lavazza, bianca, rossa e verde: un messaggio

di italianità, per un marchio che da sempre esprime eccellenza

e che è ormai entrato nella tradizione, nella

storia e nel costume degli italiani. Per tale

progetto l’agenzia Menabó si è classificata al primo posto nella sezione Corporate Identity – categoria Product.

Ha inoltre gestito il rapporto coi media locali e nazionali per ga-rantire la massima visibilità agli eventi. “Lezioni d’Europa” è stato possibile grazie al supporto tec-nico dell’ente Studiare Sviluppo, mentre gli altri partner sono stati MGM - Digital Communication e Luca Sossella Editore.Il progetto è indirizzato a tutta la cittadinanza e vede trerelatorid’eccezione parlare di UE in modo semplice ed efficace. L’economista MarioMonti, il noto nutrizionista GiorgioCalabrese e la vice presi-

dente del Senato della Repubblica EmmaBonino sono i tre ospiti che trattano, rispettivamente, di mer-cato unico, sicurezza alimentare e identità europea. La prima tappa di questo viaggio itinerante e virtuale nell’UE si è svolta il 25 maggio scorso a Roma nella prestigiosa cornice della sala congressi del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Mario Monti ha parlato di L’Europa, il capitalismo di mercato e la crisi eco-nomica. Conduttore dell’incontro è stato Carlo Bastasin, giornalista

In queste pagine, materiali promozionali di "Lezioni d'Europa" ideati dall'agenzia Menabó.

Mediastars premia Menabó per Cipsi e Lavazza

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AVAILABLE SERVICES ICONSAVAILABLE SERVICES ICONS

PRIVATI AZIENDE DESKTOP LAPTOP ASSISTENZA FAST SERVICE

GIOCHI STAMPA FOTO DIGITALE AUDIO VIDEO MP3

SOFTWARE INFO CALL VENDITA ONLINE RITIRO TONER SPEDIZIONI COMPETENZA

ADCI premia Menabó per Burger King

Importante riconoscimento a Menabó da ADCI, l’Art Director Club Italiano.

L’agenzia è arrivata in nomination – short list con un progetto realizzato per Burger King. Si è trattato di un’azione di RP finalizzata al direct marketing in occasione del cinquantesimo

compleanno di Whopper, il super panino dell’azienda, per

enfatizzarne la “grandezza” del gusto, delle dimensioni e della qualità. Gli obiettivi

di attention get e memorabilità nei confronti di opinion leader e giornalisti sono stati raggiunti attraverso la creazione del Think Whopper, un cuscino poggiatesta su cui riposare, rilassarsi e pensare in grande (da qui Think Whopper), che è la fedele riproduzione del panino simbolo dell’azienda. Think Whopper è stato realizzato in panno lenci imbottito e il packaging, in perfetta corporate identity, riproduce fedelmente l’incarto originale e integra la cartella stampa.

de “il Sole 24 Ore”. La seconda lezione è in programma giovedì 18 giugno a Catania (ore 16), all’interno del Mo-nastero dei Benedettini (Aula Magna Santo Mazzarino, piazza Dante 32), storico luogo, oggi sede dell’Università di Lettere e Filosofia. Relatore sarà Giorgio Calabrese, che parlerà di Sicurezza alimentare. Conduttore dell’even-to, il famoso divulgatore enogastronomico e giornalista televisivo Bruno Gambacorta. Il terzo e ultimo appuntamento con “Lezioni d’Europa” vedrà invece protagonista Emma Bonino, che chiuderà il ciclo di incontri lunedì 22 giugno a Milano (ore 18) alla Mediateca di Santa Teresa (via Moscova, 28). La Bonino tenterà di spiegare ai presenti il significato di Identità Europea. Conduttore dell’incontro sarà Giuseppe Sarcina, giornalista del “Corriere della Sera”. IN

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Giovane, bella, con un fisico da indossatrice, il sorriso aperto sul viso perfettamente “nature”, SilviaMarini contrappone alla semplicità e spontaneità dei modi un carat-tere volitivo e il temperamento di chi sa cosa vuole dalla vita. La sua passione viene prima dì ogni cosa: è lamusica. Diplomata in flautotraverso col massimo dei voti con-tinua a completare la sua forma-zione col maestro Trevisani e Sir James Galway. Premiata in numero-si concorsi nazionali, collabora con l’orchestra Città di Ravenna, quella dell’Accademia delle Opere di Mi-lano, la Dante Alighieri e nel 2006 ha fatto parte della Moscow Chamber Orchestra; nel 2008 ha suonato con

l’Orchestra Cherubini diretta da Riccardo Muti e recentemente con quella del San Carlo di Napoli.Comenascelatuapassione?“Ho iniziato a cinque anni col pia-noforte, lo strumento preferito di mio padre. Dopo cinque anni ho scoperto il flauto e ho capito che era il mio strumento. Tutto qui.”L’ultimotuosuccessoèstatoesserestatachiamataalSanCarlodiNa-poli.“Senza dubbio sono stata molto contenta di suonare per un mese in un’orchestra tanto prestigiosa, dove mi sono trovata a mio agio in un’atmosfera amichevole e con Jef-frey Tate, maestro davvero molto cordiale.”A proposito di maestri. DuranteRavenna Festival 2008 sei statachiamata per un concerto con laCherubinidirettadaMuti.Eriemo-zionata?“A dire il vero ero molto preoccupa-ta, prima di tutto perché entravo in una compagine affiatata e temevo fosse più difficile inserirmi, poi con un maestro come Muti, lo lascio immaginare!”Invece?“Invece è stata una bellissima espe-rienza e l’occasione per imparare davvero tanto. Il Maestro ha una forte personalità e incute soggezio-ne, ma il suo modo di dirigere è anche molto formativo; è esigente ma sa trasmettere lo stimolo per migliorarsi.” Silvia non si vanta dei suoi meriti e delle sue capacità ma chi ha presenziato al concerto ha visto come il maestro Muti, alla fine

dell’esecuzione, le abbia fatto segno di alzarsi, come si fa abitualmente coi musicisti che si sono distinti in modo particolare.Quandononseiimpegnataneicon-certiqualisonoletueattività?“Il primo impegno, ogni giorno, è suonare dalle cinque alle sei ore. Il flauto, come poi tutti gli strumenti, non va mai trascurato; poi insegno nella scuola ‘Mikrokosmos’ e anche questa è un’esperienza interessante perché anche nell’insegnamento si impara molto dagli allievi.”Abbiamocapitocheditempoliberononnerimanetanto:riesciafaresport?“Giocavo a tennis ma ci andava spesso di mezzo il polso che, per la musica, deve essere sempre perfettamente a posto; quindi ho abbandonato, ma mi piacerebbe ricominciare.”Troviiltempoperleggere,andareal cinema, ascoltare altro tipo dimusicachenonsiaquellachestudiabitualmente?“Amo andare al cinema ma non mi piacciono i film horror, quelli di fantascienza e quelli demenziali, tutti gli altri sì. Per quanto riguar-da la musica l’ascolto in macchina essenzialmente e mi piace leggere: quando inizio un libro non riesco a smettere e non vedo l’ora di fi-nirlo.”Torniamoallatuamusica.Haiunau-torepreferito?“Li ho a periodi: ho avuto la pas-sione per Bach, poi per Mozart… sono davvero tanti gli autori che amo suonare.” IN

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Incontri di Stile

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Confidare | Silvia Marini

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GuidoFrancesconi, ravennate, 78 anni, avrebbe voluto fare carriera militare nei Carabinieri. Non gli è stato permesso “per motivi di ca-rattere familiare”, dice: si capisce però che non aveva il consenso del padre. Ma l’amore per l’Arma era tanto grande, che quando è stato in condizioni di poterlo fare, hacominciatoaraccogliereognitipodicimelideiCarabinieri, dalle co-razze agli elmi, dalle divise stori-che alle uniformi, dalle medaglie agli stemmi. La sua collezione è diventata così importante da esse-re lapiùriccaeprestigiosad’Italia. Comprende pezzi che mancano dallo stesso museo storico dell’Ar-ma. “Alcuni hanno un grande va-lore storico - afferma con orgoglio. Per esempio, ho una bandiera del-lo squadrone di scorta del viceré d’Etiopia, sulla quale c’è l’autogra-fo di Amedeo di Savoia.” Quando è stato travolto dalla passione per questi cimeli, l’insistente ricerca ha portato Francesconi a frequen-tare mercatini, visitare caserme e gli stessi carabinieri in pensione, a partecipare a convegni di abbi-gliamento militare. Girando l’Ita-lia con la sua orchestra (è stato un valente suonatore di tromba) la prima cosa che faceva era una puntatina nella caserma locale e nei mercati dell’antiquariato delle città dove era chiamato a suonare, per scoprire sempre oggetti o divi-se vecchie. “Oramiconosconotutti

i commercianti di questi articoli. Quando gli passa per mano qual-che oggetto che pensano manchi alla mia collezione, mi chiamano subito. E qui comincia la sofferen-za di dover mettere d’accordo la passione del collezionista col costo del pezzo.” Vince sempre la passio-ne. “Maprimatelefonoamiamo-glie,chenonmihamainegatounacquisto”. Francesconi è, infatti, riuscito a coinvolgere la moglie Lil-lia in questa avventura, da essersi trasformata, non solo in consulen-te, ma addirittura in regista delle mostre che il marito è chiamato ad allestire in tutta Italia, a co-minciare dalle grandi ricorrenze nazionali dell’Arma. “Il panorama generale e l’impostazione della

sala dell’esposizione è frutto della creatività di Lillia”, dice con soddi-sfazione. Il collezionista ravennate possiede numerosi pezzi pregiati. “Difficile fare una classifica, ma posso dire che sono molto affezio-nato a due caschi coloniali, uno del 1886, l’altro del 1894, che venivano usati in Africa. Ho anche un cap-pello cosiddetto ‘alla boera’, simile a quelli dei boy scout. Questo è un pezzo veramente unico, che non si trova neanche nel Museo nazio-nale.” Con le mostre, Francesconi ha l’orgoglio di portare la storia dei Carabinieri a domicilio, dopo averla acquisita attraverso la lettu-ra di libri e lo studio specifico di ogni articolo, per dotarlo di una veritiera didascalia storica. IN

testo Antonio Graziani - foto Massimo Fiorentini

Per qualche pezzo in Più

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Collezionare | Guido Francesconi

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