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La bambinaia francese

Bianca Pitzorno

MONDADORI EDITORE

Alla memoria di mia madre

e a Lalli, che per prima

mi ha fatto navigare

nel grande mare dei Sargassi

With Sophie I used to talk French,

and sometimes I asked her

questions about her native country;

but she was not of a descriptive

or narrative turn,

and generally gave such vapid andconfused answers as were calculatedrather to check

than encourage inquiry.

Con Sophie di solito parlavo infrancese,

e qualche volta le chiedevo

del suo paese natale;

ma lei non sembrava aver voglia

di descrivere o di raccontare,

e in genere rispondeva in modo insulsoe confuso, come chi ha deciso dieludere le domande

piuttosto che incoraggiarle.

Currer Bell

IN FRANCIA 1830-1837: L'orfana ela ballerina

I. PARIGI, MAGGIO 1837

Parigi, rue Saint Augustin

Casa dei Frédéric 30 maggio 1837

Madame,

non dovete angosciarvi per la sorte diAdèle. È qui con me, al sicuro. nessunole ha fatto del male, e vi prometto chenessuno gliene farà, né domani né mai.Voi mi conoscete e sapete che,nonostante la mia giovane età, sonoperfettamente in grado non solo diprendermi cura del nostro tesoro, maanche di proteggerlo da ogni pericolo.Vi scongiuro quindi di stare tranquilla e

di pensare solo alla vostra salute e almodo di risolvere al più presto i vostriproblemi.

Carissima madame, io spero cheriuscirete quanto prima a leggere questalettera. Non conosco il luogo dove vihanno portato, ma Toussaint mi hapromesso che farà di tutto per scoprirlo.Fortunatamente siamo riusciti a parlare ea metterci d'accordo per restare incontatto prima che lo costringessero aseguirli. Lo considerano un bene di loroproprietà, quei cani rabbiosi – nonsaprei in che altro modo definire i nipotidel vostro padrino – lo considerano unoggetto, come se fosse un quadro o untappeto o un letto a baldacchino. Oppure

uno dei cavalli della scuderia di Jean-Baptiste. Solo perché Toussaint ha lapelle nera e non è stato in grado dimostrare il documento che certifica lasua liberazione da parte vostra. Loabbiamo cercato freneticamente neicassetti del vostro secrétaire, quelfoglio, mentre i nipoti del padrinosaccheggiavano la casa senza nessunriguardo per il cadavere dello zio, chegiaceva ancora nel suo letto di morte, sual primo piano, povero CittadinoMarchese! Non era passata un'ora daquando il nostro amico e protettoreaveva chiuso gli occhi, che i suoiaristocratici parenti ci sono piombatiaddosso come furie scatenate, senza

lasciarci il tempo né il modo dipiangerlo come meritava per la suagrande bontà e per l'affetto che ci hasempre dimostrato.

Eravamo sicuri, Tússi e io, che il fogliosi trovasse nel terzo cassetto a destra,insieme all'atto di donazione col qualemonsieur Edouard ve lo aveva cedutootto anni fa, appena arrivato dallaGiamaica. Siete stata voi a mostrare aToussaint dove conservavate queldocumento che lui stesso vi avevapregato di custodire, ricordate?, perchésapesse dove cercarlo se ne avesseavuto bisogno in vostra assenza. Ma icassetti del secrétaire erano tutti vuoti.Anche gli altri documenti le lettere, il

denaro, i vostri gioielli, tutto erasparito!

Restava solo, ma purtroppo non loabbiamo visto perché era caduto sulfondo del mobile, il foglio della primadonazione, quello del I829, che attestavail vostro diritto di proprietà su "unoschiavo negro di circa nove anniproveniente dalle Indie Occidentalichiamato Toussaint Louverture DéchâtreLacroix" Se invece di limitarci ad aprirei cassetti, li avessimo sfilaticompletamente e poggiati per terra,come ha fatto mezzora dopo il viscontede Lagardière, saremmo stati noi atrovarlo, lo avremmo nascosto odistrutto, e oggi Tússi godrebbe di tutti i

diritti di un uomo libero. Madisgraziatamente il foglio è caduto nellemani dei nipoti del Cittadino Marchese.

Ignorando le nostre proteste, e a onordel vero anche quelle di tutti idomestici, gli eredi hanno sostenuto che,fino a prova contraria, quello era l'unicoattestato della condizione di Toussaint, ehanno requisito il nostro amicoinventariandolo come "cosa" vostra, arisarci-mento delle somme che, a lorodire, avreste estorto illecitamente alCittadino Marchese.

Spero che abbiate la bontà, madame,d'informarci, se mai riceverete questalettera e riuscirete a risponderci, se siete

stata voi a svuotare in fretta i cassettiprima dell'arrivo dei parenti e anascondere o a portare con voi il lorocontenuto, oppure se sono stati quei canirabbiosi a impadronirsene e adistruggere le prove che ponevano deilimiti alla loro avidità.

Io mi auguro che in qualche modo siateriuscita a nasconderveli addosso. Poterdisporre di denaro e di gioielli visarebbe di grande aiuto, in qualunquesgradevole situazione quei malvagiindividui vi abbiano cacciata.

Non preoccupatevi per Adèle e per me.Io sono riuscita a nascondere nella tascainterna della gonna la calza dove

conservavo i miei risparmi. Non è unagrande somma, ma confido che cibasterà fino al vostro ritorno. Ancheperché adesso abitiamo in casa dimadame Fré-

déric, la vecchia stiratrice moglie delcavatore di gesso di rue Saint Augustin,ricordate?, che ci ospita senza chiederciun soldo. A dire il vero i Frédéric nonsanno che, volendo, potremmo pagarealmeno il cibo che mangiamo. Hopreferito non rivelare l'esistenza dellamia

"cassaforte" segreta. All'inizio provavoun po' di rimorso all'idea di approfittaredella generosità di una famiglia che vive

a stento del proprio lavoro. Ma hopensato che era mio dovere non toccarequel denaro e conservarlo per i casi divera emergenza. Alla stiratrice e a suomarito potremo sempre chiedere il contoe pagarglielo, aggiungendovi anche unbel regalo, quando voi sarete ritornata.

Per quanto riguarda Adèle, statetranquilla perché non le manca niente.Prima che gl'indegni nipoti arrivassero asaccheggiare la sua camera, con l'aiutodi Solange ero riuscita a stipare l'interocorredo del nostro tesoro e le suebambole preferite nel baule verde, eavevo convinto Jean-Baptiste anasconderlo nella rimessa degli attrezzidella casa vicina. Più tardi il marito di

madame Frédéric mi ha aiutato arecuperarlo e a trasportarlo nella lorocasa.

Naturalmente non abbiamo potutomettere dentro il baule né il cavallo adondolo né la carrozzina di Poupette.Non mi meraviglierei se qualcuno giàdomani mattina li trovasse in vendita daqualche rigattiere del Mercato dellePulci.

Come mai ci siamo rifugiate in casa deiFrédéric?, vi chiederete.

È che nessun altro sembrava disposto aospitarci, quando quei cani feroci, unavolta finito di spartirsi i mobili, i

quadri, l'argenteria, la carrozza con icavalli e gli altri oggetti facili daportare via, ci hanno informato chedovevamo andarcene all'istante, perchéla casa adesso era loro e noi nonavevamo alcun diritto di restarci.Oltretutto quegli imbecilli non sanno chela casa è in affitto, e che se vorrannotenersela, dovranno pagarne la pigione.

Attirata dal fracasso, madame Frédéricsi era avvicinata con gli altri curiosi delquartiere per assistere al saccheggio. Esi trovava proprio in prima fila quandoil nipote più giovane, il marchesed'Arconville, ha sollevato Adèleprendendola sotto le ascelle, le ha fattovarcare il cancello e l'ha poggiata sul

marciapiede dicendole con sarcasmo:«Buona fortuna, marmocchia. Va' per latua strada e fa' attenzione a non ritrovartipiù sulla nostra.»

Lo so che erano loro a doversivergognare, però… Che umiliazione! Ilnostro tesoro scacciato dalla sua casacome un cane rognoso, davanti a tutti.Una bambina di neppure sei anni chefino a quel giorno non aveva conosciutodalla vita altro che affetto e gentilezza…Non sono riuscita a trattenermi e hofulminato il giovane marchese con unosguardo di disprezzo. «Siete un bruto!Vergognatevi» gli ho gridato sul viso.Ma lui ha finto di non sentire ed èrientrato in casa. Allora ho preso per

mano Adèle. «Andiamocene» le hodetto, invitandola con lo sguardo e conl'esempio a tenere la testa alta, come ilCittadino Marchese ci aveva insegnatoche bisogna fare quando ci si trova inmezzo a gente che gode delle nostredisgrazie. Dove saremmo andate, non losapevo. Il mio unico conforto era quellacalza piena di monete che mi sentivobattere a ogni passo contro la gambadestra.

A quel punto madame Frédéric si è fattaavanti e ha carezzato Dédé sulla testa.«Venite a stare da me» ci ha detto «finoa quando la mamma di questa bellabambina non sarà tornata.»

È stata davvero generosa, la stiratrice,perché la casa dove vive col marito nonè né grande né ricca e ci siamo dovutesistemare in uno stanzino senza finestre,dove c'è appena il posto per una sedia eun letto di ferro così stretto che di nottedobbiamo dormire abbracciate per noncadere. E a pranzo e a cena, i Frédéricpossono offrirci solo patate e aringhe.Ma ci trattano con tanta gentilezza chedavvero non potremmo desiderare dimeglio.

Adèle non si lamenta, è una bravabambina, e capisce più di quantosarebbe augurabile. Non mi ha chiestoneppure una volta come mai siamo statescacciate dalla nostra casa, e neppure

come mai voi non siete venuta asoccorrerci. Per fortuna non ha vistoquando le guardie vi hanno strappata dalletto di morte del vostro padrino e vihanno portata via.

«Ma poco fa, quando si è inginocchiataper dire le preghiere della sera, l'hosentita che chiedeva sottovoce: «Perfavore, per favore, Vergine santa, fa chela mamma torni presto. E tu, buon Gesù,manda i tuoi angeli in boulevard desCapucines a prendere l'anima delCittadino Marchese per portarla incielo.»

È davvero commovente il nostro tesoro,nella sua ingenuità.

Eppure gliel'aveva spiegato tante volte,il padrino, che lui, da anticorivoluzionario, non credeva nella SantaVergine, ma nell'Essere Supremo e nelladea Ragione.

Ma forse vi stancherete a leggere unalettera così lunga. Anche a me brucianogli occhi e vedo che la fiamma dellacandela sta già vacil-lando, bisogna checoncluda prima di restare al buio.

Vi auguro tutto il bene del mondo,madame, fateci sapere al più prestovostre notizie. E sfate tranquilla perAdèle. Sarò il suo angelo custode, laproteggerò anche a costo della mia vita.Ve l'ho promesso fin dall'inizio,

ricordate? Da quando me l'avete messain braccio, quel giorno terribile in cui…Ma no, non voglio pensarci adesso! Lafiamma sta dando gli ultimi guizzi.Addio, madame. Che l'Essere Supremovi ricambi tutto il bene e l'affetto cheavete offerto a me, a Toussaint, alpovero Cittadino Marchese e a tuttiquelli che hanno avuto bisogno delvostro aiuto. Che la dea Ragione viprotegga, insieme alla Vergine Maria, albuon Gesù e a tutti i santi del Paradiso.

La vostra fedele e per semprericonoscente

Sophie

II. PARIGI, 1830-1832

1

a fiamma dette un ultimo guizzo e lapiccola stanza piombò improvvisamentenel buio. Sophie depose a tentoni lapenna sulla sedia che le era servita dascrittoio, chiuse il calamaio, soffiò sulfoglio per invitare l'inchiostro adasciugarsi e si gettò sul letto cercando dinon addossarsi troppo a Adèle. Nelpiccolo locale privo di finestra l'aria eraferma e densa d'umidità. Il caldo erasoffocante.

Invece la prima volta che era entratanella casa della bambina, ricordòSophie, aveva i piedi lividi e quasi

insensibili per il freddo. Nonostante sisforzasse di non pensarci, le immagini diquei giorni lontani le si affollavanoprepotenti nella memoria, con un saporeinsieme dolce e amaro.

Dolce perché quel gelido pomeriggio ditanti anni prima, con sua grandemeraviglia, la giovane e bella padronadi casa, invece di sgridarla e scacciarlaperché stava lasciando tracce di fangogelato sul marmo lucidissimo dell'atrio,l'aveva sollevata e messa a sedere sultavolo a mezzaluna, i suoi straccibagnati a contatto con le porcellane e ivasi d'argento colmi di fiori. Poi le siera inginocchiata davanti, le aveva toltole scarpe sfondate e le calze a brandelli

fradice di neve e le aveva asciugatodelicatamente i piedi con una delleeleganti camicie a piegolineconfezionate con tanta fatica dalla madredi Sophie.

— Non preoccuparti — le aveva dettola bella signora, cogliendo il suosguardo contrariato. — Lisette la laveràe la farà tornare come nuova.

Sembrava tutto così facile in quellastanza calda e profumata… Ma quantaattenzione era costata alla poveraFantine Gravillon, là nella soffitta gelidae scarsamente illuminata, evitare che lebelle camicie si macchiassero mentre lecuciva! Da una settimana ormai la

giovane vedova non faceva che tossire,e ogni colpo di tosse era accompagnatoda un fiotto di sangue o da un getto diminuscole goccioline rosse che nonsempre il fazzoletto premuto contro labocca riusciva ad assorbire.

Denaro per pagare il medico non neavevano. E a quale scopo chiamarlo,quando sapevano che avrebbe prescrittomedicine, cibi nutrienti, vino caldo,calze di lana, fuoco nel braciere, tuttilussi che madre e figlia ormai da più diun anno non si potevano permettere?

Quando era vivo, il padre di Sophie nonlasciava mancare loro il necessario,benché fosse solo un semplice operaio

che stendeva la carta e faceva girare iltorchio in una piccola tipografia di rueChampionnet.

Ma un anno e mezzo prima, il 28 luglio1830, Jean-Jacques Gravillon era morto,falciato sulle barricate di rue de Rivolida una raffica di artiglieria, mentreagitava un drappo tricolore e gridava:—Abbasso i Borbone! Viva la Repubblica!

D'altronde, spiegava la madre allabambina, cosa può fare un operaiotipografo quando un re usurpatore abusadel suo potere sciogliendo il Parlamentoe sopprimendo la libertà di stampa, senon ribellarsi e scendere per stradainsieme ai compagni per difendere il

proprio lavoro?

Anche i giornalisti si erano rifiutati diobbedire. Nonostante il divieto, igiornali erano usciti ugualmente, con laloro protesta in prima pagina. I pariginisi affollavano sempre più numerosi eindignati per le strade, nonostante leautorità avessero mandato schiere disoldati per disperdere ogniassembramento. Dall'alto, dalle finestredelle case, la gente lanciava sui militarigli oggetti casalinghi che aveva sottoma-no: vasi di fiori, pentole, ciocchi dilegna da ardere… Giù nella strada iragazzini, saltando da un punto all'altro,sca-gliavano pietre. Quando i militari,stretti da ogni parte, avevano cominciato

a sparare sulla folla, erano apparse leprime barricate, che l'indomani eranostate rinforzate con gli alberi dei grandiviali abbattuti dagli insorti. Perostacolare le cari-che della cavalleria,la gente aveva cosparso il suolo di coccidi bottiglie. Il popolo di Parigi avevacombattuto con tanto coraggio che,nonostante le perdite, il terzo giorno siera im-padronito del Palazzo Borbone edel Palazzo del Louvre. Al-l'una di notteil re Carlo X e la sua corte avevanolasciato Parigi.

Ora, grazie al sacrificio del padre di

Sophie e di molti altri patrioti liberaliche erano morti in quelle giornate dilotta, che i parigini avevano battezzato"Le Tre Gloriose", la vecchia e corrottadinastia dei Borbone era stata spazzatavia e sul trono di Francia regnava unnuovo principe illuminato, Luigi Filippod'Orléans, che aveva ripristinato lalibertà di stampa. Il tricolore biancorosso e azzurro della Prima Repubblicasventolava di nuovo sulle Tuileries. Ilpoeta Victor Hugo aveva composto unacommovente Ode alla giovane Franciain onore degli eroici combattenti.

Ma, private del sostegno dei padri e deifratelli maggiori, le famiglie di molti diquei "martiri" erano improvvisamente

precipitate nella miseria. Come erasuccesso alla vedova e all'orfana diJean-Jacques Gravillon.

2

na volta consumati i pochi franchidistribuiti a mo' di elemosina dallaCommissione delle Ricompense, persopravvivere Sophie e la madreavevano dovuto vendere, l'u-no dopol'altro, i mobili, la biancheria, gli abitimigliori, e si erano dovute trasferire dalpiccolo ma dignitoso appartamento delquarto piano alla soffitta dello stessoedificio. Fantine cercava di racimolarequalche soldo lavando, nel cortile dellacasa, la biancheria di alcune famigliebenestanti del quartiere. Comericompensa per l'uso del cortile, che era

riservato alla portinaia, dava una mano amadame Annaud nella pulizia dell'atrioe delle scale e, aiutata dalla bambina,riforniva d'acqua, secchio dopo secchio,tutti gli appartamenti dei cinque piani. Illavoro era pesante e il guadagno cosìscarso che a malapena madre e figliariuscivano a mangiare. Non potevanopermettersi né fuoco né panni pesanti eai primi freddi la madre di Sophie si eraammalata.

Non era più guarita, nonostantealternasse alle crisi di tosse e allafebbre alta brevi periodi di leggeromiglioramento che le permettevano dimettersi seduta e di cucire biancheriaper signora, unico lavoro in cui era

molto abile e che poteva fare senzauscire di casa. Era stata una vera fortunache fosse riuscita a procurarselo.

— Non è niente — aveva detto Fantinequel giorno per tranquillizzare la figlia,dopo aver controllato che il sangue nonavesse sporcato la camicia che stavaorlando. — Vedrai che domani staròmeglio. Aiutami con queste piegoline,adesso, così riusciamo a finire primache passi monsieur Fé-

licien a ritirare la merce.

Nei giorni precedenti Sophie si eraconsumata le unghie fino alla carne vivaa forza di segnare sul tessuto le pieghe

sottili e parallele che, partendo dalloscollo della camicia, formavano suldavanti una increspatura fittissima, maleggera come una schiuma. Era una bellaordinazione, quella che aveva portato lasettimana prima monsieur Félicien: unadozzina di camicie eleganti in mussolabianca, venti soldi al pezzo. E Fantine,aiutata dalla figlia, aveva lavoratogiorno e notte, consumandosi gli occhialla fiamma di un'unica candela, perterminare il lavoro entro il tempostabilito. Parlando sottovoce,fantasticavano su quello che avrebberopotuto comprare con la piccola sommache sarebbe loro rimasta una voltapagati i debiti col droghiere.

Adesso le dodici camicie erano pronte,ben piegate nel canestro e coperte da untelo bianco che doveva proteggerle dallapolvere della strada e dall'aria sporca difuliggine, visto che era gennaio e tutti icaminetti di Parigi erano accesi.

Ma all'ora stabilita monsieur Féliciennon si era fatto vedere.

Non era venuto nemmeno l'indomani.Eppure aveva detto che il lavoro eraurgentissimo. Che le camicie erano undono per il primo dell'anno e che unsolo giorno di ritardo gli avrebbe fattoperdere la cliente.

Madre e figlia non sapevano come

rintracciarlo. Ne ignoravano l'indirizzoe persino il cognome. Era stato lui,l'inverno precedente, quando Fantinesembrava ristabilita dal primo attacco dibronchite, a presentarsi nella soffitta dirue Marcadet, con una pezza di tela euna camicia già confezionata permodello. — La vedova Gravillon? Mihanno riferito che avete una bella manoper la biancheria da signora —

aveva detto alla madre senza tantipreamboli. — Se volete fare una prova,forse più avanti avrò del lavoro daaffidarvi.

Naturalmente non conoscendo ancora lasua abilità di cucitrice in bianco e la sua

pulizia, non poteva rischiare che Fantinegli rovinasse la stoffa, aveva spiegato.Perciò era costretto a chiederle inpegno, come eventuale indennizzo per lapezza di tela che lasciava in consegna,quaranta soldi, e al-trettanti per lacamicia che doveva servire da modello.

— Se dopodomani, quando passerò aritirarle, troverò che i miei informatorinon mi hanno ingannato, vi renderò gliottanta soldi, e ve ne darò quindici per ilvostro lavoro Ma Fantine non avevaquel piccolo capitale da dare in pegno.Ogni centesimo che riusciva aguadagnare veniva immediatamentespeso per la sopravvivenza quotidiana:non c'era alcuno spazio per il risparmio,

nella loro economia.

L'affare perciò, con sua grandedisperazione, stava per andare a monte,quando lo sguardo di monsieur Félicienera caduto sulle scarpe indossate dallabambina. Scarpe robuste e quasi nuoveche nello scorso febbraio il padre avevatrovato da un rigattiere e che avevacomprato sebbene i piedi di Sophie ciballassero dentro.

— Meglio così. Se le terrai da conto tidureranno molti anni — aveva osservatoJean-Jacques Gravillon.

E Sophie le aveva tenute da conto,lucidandole ogni domenica con grasso di

maiale, ed evitando di prendere a calci iciottoli della strada quando le aveva aipiedi.

Monsieur Félicien le valutò con unarapida occhiata. —

Non voglio fare il difficile. Miaccontenterò di quelle scarpe

— disse.

— Ma valgono più di ottanta soldi! —protestò debolmente Fantine. — Leabbiamo pagate tre franchi.

— E allora? Le riavrete indietrodopodomani. O forse non siete sicura di

voi stessa e temete di rovinarmi lastoffa?

Benché fosse marzo, e le strade diMontmartre somi-gliassero a un pantano,Sophie era andata in giro scalza per duegiorni, durante i quali le dita di suamadre avevano lavorato di forbici ed'ago, veloci e delicate sulla tela bianca.

Per fortuna monsieur Félicien non avevatrovato niente da criticare nella camiciaconfezionata da Fantine, e da quelgiorno il lavoro non era mancato in casaGravillon.

3

a madre di Sophie non sapeva chifossero le destinatarie dei capi dibiancheria che cuciva, né quantoguadagnasse monsieur Félicien per ilsuo lavoro di mediazione, e neppure selo domandava. L'unica cosa che sapevacon certezza era che per riuscire apagare l'affitto della soffitta, il pococibo che lei e Sophie si facevanobastare, qualche abito usato per sé e perla bambina, oltre agli aghi, al filo e allecandele necessarie per continuare illavoro anche dopo il tramonto, dovevaconfezionare almeno dodici camicie alla

settimana.

(Sempre che monsieur Félicien fossecosì generoso da richie-dergliene tante.)

Questo significava quindici ore di cucitoal giorno, comprese le domeniche.Tredici, se Sophie l'aiutava con gli orlie le nervature.

Fantine però non voleva che la figliadedicasse tutta la giornata al cucito. —E perché no? — la criticava madameAnnaud. — Sta per compiere nove anni.È arrivato da un pezzo anche per lei ilmomento di smettere di giocare e diguadagnarsi il pane. Voi a che età avetecominciato?

Ma con grande indignazione dellaportinaia la povera vedova preferivaeseguire da sola quasi tutto il lavoro perpermettere alla bambina di frequentarela scuola per i figli degli operaiorganizzata nel quartiere dalla Societàdegli Amici del Popolo.

Era stato Pierre Donadieu, un collega dilavoro del padre di Sophie, che l'avevaconvinto a iscriverla, due anni prima, ea spiegargli quanto fosse importantel'istruzione, anche per una ragazza. Jean-Jacques Gravillon era analfabeta comeFantine. Apparteneva a quella categoriadi operai che nel gergo delle stamperievenivano chiamati "Orsi", a causa delloro continuo andare e venire, come orsi

in gabbia appunto, per passare dalletavolette sulle quali era distesol'inchiostro ai torchi che facevano poigirare a forza di braccia per pres-saresulle matrici inchiostrate i fogli di cartada stampare.

Era un lavoro molto faticoso, per ilquale tuttavia non era necessario saperleggere e scrivere. Questa abilità erarichiesta ai compositori, che venivanochiamati "Scimmie" per il loro freneticofrugare nei centocinquantadue piccoliscomparti della cassetta tipografica allaricerca dei caratteri necessari a scrivereun testo.

— Dovresti vederli, Sophie! —

raccontava divertito Jean-Jacques allafiglia. — Sembrano proprio dellescimmie quando si cercano addosso ipidocchi.

Le Scimmie dunque erano in generepersone istruite che frequentavano lebiblioteche pubbliche e i gabinetti dilettura e in tipografia parlavanocontinuamente di politica, oltre che diletteratura e di poesia. L'Orso Jean-Jacques Gravillon le sentiva discutere,commentare le pagine appena stampate,correggere le bozze dei discorsi degliintellettuali più illumi-nati di Francia, iquali sostenevano che il suffragiouniversale, cioè il diritto di voto pertutti, si sarebbe potuto concedere solo

quando la gente del popolo avesseimparato a leggere e a scrivere.

Quando Sophie, per la prima volta,aveva tracciato sotto i suoi occhi, su unpezzo di carta da macellaio, le letteredel proprio nome, il padre si eracommosso, l'aveva baciata in fronte el'aveva portata con sé all'osteria, dovele aveva comprato un cartoccio diconfetti e una ciambella all'anice.

— È una bambina molto sveglia. L'annoventuro, quando sarà diventata piùesperta — aveva detto più tardi allamoglie l'operaio — ogni domenica cifaremo leggere il giornale. così sapremoche brutti scherzi prepara il governo per

la povera gente, e come ci difendel'opposizione.

Poi, dando un colpetto affettuoso albraccio di Fantine, aveva aggiunto: — Emagari Sophie ci leggerà anche ilromanzo a puntate dell'ultima pagina. Loso che voi signore andate pazze per ifeuilleton.

Nonostante la sua timidezza, Sophie siera dimostrata subito un'ottima scolara,curiosa, avida d'imparare, dotata dibuona memoria, capace di ragionare e dicollegare le cose tra di loro. I maestri laadditavano come esempio alle ragazzepiù grandi, e le affidavano le bambinepiù piccole perché in-segnasse loro i

primi elementi della lettura e dellascrittura.

Sfortunatamente Jean-Jacques Gravillonnon aveva fatto in tempo a inorgoglirsidei progressi scolastici della figlia.

Ma la moglie non aveva dimenticato lesue parole. E adesso, a tre anni didistanza, preferiva che, nelle ore liberedalla scuola, anziché aiutarla nel cucito,la bambina le leggesse le notizie dicronaca mondana dalle vecchie paginedi giornale con cui il verduraio avevaavvolto le rape o le patate. Dopo lamorte del marito Fantine non voleva piùsentir parlare di politica. A cosa le eraservito essere la vedova di un eroe della

Rivoluzione di Luglio; Per lei, che sultrono di Francia se-dessero gli eredi diLuigi XVI o quelli di Napoleone, nonfaceva grande differenza. E neppure checi fosse la Monarchia invece che laRepubblica. Le pareva invece chesapere quante volte la contessa deMerlin o la viscontessa d'Abranteserano state al Teatro dell'Opera o aquello de la Porte Saint Martin,all'Odeon o a Les Italiens, e qualitoilette avevano indossato, rendessemeno pesante la sua fatica. Conoscevatutti i nomi delle dame più in vista diParigi, le loro parentele, i fi-danzamentidelle loro figlie. Sapeva anche qualierano le artiste più famose e più

corteggiate, le attrici di teatro, lecantanti, le ballerine, quelle chefacevano strage di cuori e detta-vanolegge in fatto di abbigliamento e dipettinature…

Si era appassionata quando Sophie leaveva letto dello scandalo suscitato nelmondo degli artisti dalla tragedia diVictor Hugo intitolata Ernani. Non tantoperché fosse in grado di giudicare laqualità di un'opera letteraria, anche sel'an-no precedente aveva partecipatoinsieme al marito all'indignazione diPierre Donadieu e delle altre Scimmiequando la censura aveva vietato larappresentazione di un'altra tragediadell'artista, intitolata Marion de Lorme.

Questa volta l'opera aveva ottenuto ilvisto, ma il giorno della primarappresentazione gli ammiratori delpoeta, che si erano autobattezzati "ifiammeggianti", e i suoi nemici, chiamaticon disprezzo "i grigiastri", si eranopicchiati di santa ragione, dentro ilteatro e per le strade. Fra i sostenitori diHugo, raccontava il croni-sta, c'era unaltro autore drammatico, un mulattoaltissimo, magrissimo, dai folti capellicrespi, che si chiamava AlexandreDumas. E c'era un giovane artista,scultore e poeta, di nome ThéophileGautier, che portava i capelli lisci e nerilunghi fino alla vita, "alla modamerovingia", come aveva spiegato alla

stampa, e che indossava unfiammeggiante gilè rosso fuoco.

Fantine ascoltava, un po' scandalizzata eun po' divertita. Ma di recente non avevanascosto la propria indignazione ilgiorno in cui Sophie le aveva letto cheuna giovane aristocratica, la baronessaAmandine Lucile Aurore Dudevant, nataDupin, aveva abbandonato il marito nelsuo castello in provincia e se n'eravenuta a vivere a Parigi, dovefrequentava gli artisti più scapestrati,scriveva romanzi insieme algiovanissimo amante firmandoli con unnome maschile e, scandalo degliscandali, se ne andava in giro vestita dauomo!

4

adame Annaud, la portinaia, anche leianalfabeta come la maggior parte degliabitanti dell'edificio, rideva di questesimpatie della povera cucitrice per ilbel mondo. Da parte sua preferiva farsileggere da Sophie le pagine di cronacanera o i foglietti da un soldo cheraccontavano di vio-lenze, misteri edelitti sanguinosi. Aveva seguito congrande entusiasmo le cronache sullaprima rappresentazione di Roberto ildiavolo. Si trattava di un'opera liricadalla trama spaventosa, nella quale ilballetto del terzo atto era interpretato da

una schiera di fantasmi: suore defunteche, in una notte di tempesta, uscivanodalle rispettive tombe avvolte nelbianco sudario per sedurre ilprotagonista e convincerlo a compiere ilsacrilegio che lo avrebbe fattoprecipitare nell'Inferno.

Anche Sophie trovava che quelle storiepaurose e ro-manzesche fossero moltopiù interessanti delle cronache deisalotti, ma per lealtà verso la madre, sifaceva pagare da madame Annaud mezzosoldo per ogni seduta di lettura, chepoteva durare anche un'ora intera diintrighi, tradimenti, cadaveriinsanguinati e pallidi fantasmivendicatori.

Quando passò il quarto giorno senza chel'intermediario si presentasse a ritirareil lavoro, la ragazzina, suggestionata daqueste letture, osservò: — Forse unrivale in amore l'ha ucciso e ne ha fattoscomparire il cadavere gettandolo nellaSenna. Nessuno saprà più niente di lui,povero monsieur Fé-

licien!

— Povere noi, se le camicie non miverranno pagate…

— gemette tristemente la madre,asciugandosi la bocca dopo l'ultimoattacco di tosse che sembrava volesseschiantarle il petto. Bruciava di febbre e

non aveva la forza di sollevarsi dalcuscino.

La sera prima Fantine aveva cenato conun bicchier d'acqua lasciando cheSophie mangiasse le ultime croste dipane secco, accompagnate da unpezzetto di lardo comprato con gli ultimidue soldi. Il braciere era spento e nonc'era in tutta la soffitta un solo pezzo dilegna o di carbone. Fuori nevicava edalle tegole sconnesse del tettoentravano gelidi spifferi di vento. Ecome se non bastasse, madame Annaudle aveva chiamate a gran voce su per latromba delle scale per ricordare chel'indomani sarebbe passato l'incaricatodel proprietario a riscuotere l'affitto.

Era un uomo inflessibile, monsieurDucroix, che non si lasciavacommuovere dalle suppliche né dallepromesse. Sophie e la madre sapevanoche se non avessero pagato, o conmonete sonanti o dandogli in pegno unoggetto di maggior valore della cifrarichiesta, l'esattore le avrebbe gettateimmediatamente sulla strada. "E inquesto caso non ci resterebbe altro chel'Ospizio di Mendicità" pensavaterrorizzata la bambina.

La madre adesso si era assopita. Sophiele sistemò come meglio poteva lavecchia coperta, poi si guardò attorno,alla ricerca di qualcosa che si potesseoffrire in pegno a quell'uo-mo spietato,

come garanzia del futuro paga mentodell'affitto.

L'elenco di ciò che possedevano eramolto breve: comprendeva gli stracciche madre e figlia avevano addosso; unlenzuolo e una coperta piena di buchi;due piatti, una brocca, un bicchiere, uncoltello di stagno vecchi e ammaccati; ilbraciere; tre sedie spagliate ezoppicanti, una delle quali fun-geva datavolino; un materasso sdrucito e sottilepoggiato sul pavimento, poiché il lettoera stato venduto a un rigattiere subitodopo la morte del padre di Sophie perpagare le spese del funerale.

Sophie scosse la testa scoraggiata. No.

Non c'era niente nella soffitta chepotesse accendere un lampo d'interessenegli occhi avidi dell'esattore. E in quelmomento lo sguardo le cadde sulcanestro colmo di camicie chebiancheggiava, come illuminatodall'interno, nell'angolo più scuro dellasoffitta. Il cuore le saltò di gioia nelpetto. Ecco cosa le avrebbe salvatedall'Ospizio di Mendicità, ancora unavolta l'abilità nel cucito di sua madre!

Poteva offrire quella biancheriafinissima a monsieur Ducroix, oppureportarla al Monte dei Pegni, come avevafatto molte altre volte su incarico dellamadre, impegnando abiti in condizioniben peggiori. Quelle camicie erano

belle, nuovissime, un'intera dozzina:probabilmente al Monte dei Pegni leavrebbero dato almeno cinque franchi.

5

antine gemette nel sonno, come seavesse indovinato le sue intenzioni e nonfosse d'accordo. A Sophie pareva disentire l'obiezione della madre. "Nonsono nostre. C'è il mio lavoro, ma iltessuto appartiene a monsieur Félicien.Come faremo a ripagargliele, se sipresenterà a ritirarle e non le troverà?"

"Se si presenterà, mamma. Se…" lerispose mentalmente la bambina. "Iotemo invece che non verrà.Probabilmente se lo stanno mangiando ipesci in fondo alla Senna, te l'ho giàdetto. Invece monsieur Ducroix domani

viene di sicuro, e se non lo paghiamo…"

Si avviò decisa verso il canestro eimpugnò il manico per saggiarne il peso.Sì, il percorso tra rue Marcadet e ilMonte dei Pegni non era troppo lungo,ce l'avrebbe fatta a trasportarlo. Poisollevò il panno per dare un'ultimasistemata alle camicie, e vide che dairitagli di mussola avanzati, arro-tolaticon cura e legati con una fettuccia – suamadre era così onesta e scrupolosa cheinvece di tenerseli come facevano lealtre cucitrici, li rendeva sempre amonsieur Félicien – spun-tavano duefoglietti di carta. Incuriosita, Sophie lisfilò con precauzione, li spiegò e andò amettersi sotto all'unico abbaino dove il

riverbero della neve sul tetto le fornivaluce sufficiente per leggere senzasprecare una candela.

Sul primo foglietto c'era disegnata inmodo schematico una camicia, con deinumeri scritti accanto alle maniche, allascollatura e al bordo inferiore. Come lealtre volte in cui monsieur Félicien nonaveva portato un capo già pronto dausare come modello, aveva dovutofornire le misure a Fantine nell'unicomodo in cui la cucitrice, che conosceva inumeri ma non le lettere dell'alfabeto, leavrebbe potute capire.

Sul secondo foglietto si potevanoleggere queste parole: Una dozzina di

camicie da mattina

per madame Céline Varens,

Boulevard des Capucines 83,

che le pagherà cinque franchi al pezzo.

Cinque franchi al pezzo! Sophie sistropicciò gli occhi incredula, poi tornòa leggere seguendo le lettere col dito.

Cinque franchi, non c'era alcun dubbio.Cercò a tentoni la spalliera della sediaper appoggiarsi, perché le girava latesta.

Alla Scuola del Mutuo Soccorso

Operaio le avevano insegnato anche unpo' di aritmetica, così era in grado dicalcolare a mente che per il contenuto diquel cestino di vimini dall'aspetto cosìmodesto era stata pattuita e sarebbe statapagata l'incredibile somma di sessantafranchi.

Come mai monsieur Félicien era statocosì imprudente da lasciare quel fogliotra le pieghe del tessuto, sotto gli occhidella cucitrice che da tutto il suo lavoroavrebbe ricavato poco più di duefranchi?, si chiese Sophie. Conoscevaanche il prezzo della stoffa e sapeva chela pezza intera non poteva essere statapagata più di cinque franchi. Così, senzafare altro che prendere le ordinazioni e

ritirare e consegnare la merce, monsieurFélicien avrebbe guadagnato la bellasomma di cinquantatré franchi. Nontemeva, il mercante di biancheria, che aleggere quel biglietto, la cucitrice gliavrebbe chiesto di aumentarle ilcompenso per la confezione di ognicamicia?

Ma già, rifletté Sophie, monsieurFélicien da quel lato era tranquilloperché sapeva che la vedova Gravillonnon era capace di leggere e di scrivere eche se anche avesse guardato quelfoglio, non ne avrebbe capito un belniente. Infatti Fantine lo aveva piegato einfilato tra i ritagli di mussola senzaporsi alcun problema.

Quello che il mercante non potevasospettare era che una donna cosìmiserabile si concedesse il lusso dimandare a scuola la sua bambina, e chedunque quella mocciosa dalle vestipiene di rattoppi e rammendi, che avevavisto qualche volta strisciare lungo imuri della soffitta come un topodenutrito, fosse perfettamente in grado dileggere i suoi appunti.

"Sessanta franchi!" continuava aripetersi mentalmente la "mocciosa"tormentando il biglietto fra le dita. Unafortuna che avrebbe risolto per un belpezzo ogni loro problema.

Come tutti i bambini molto poveri

Sophie, nonostante i suoi nove anni, eraa conoscenza dei dettagli del bilanciofamiliare. Sapeva per esempio che ilsalario mensile di suo padre, quandolavorava alla tipografia, era diventicinque franchi, e che con quellasomma una famiglia di operai riuscivaad arrivare alla fine del mese senzasoffrire la fame, sia pure senzaconcedersi niente più dello strettonecessario.

Sessanta franchi! E se invece che alMonte dei Pegni fosse andata lei stessa aconsegnare le camicie in Boulevard desCapucines, inventando una scusa per ilritardo e per l'assenza di monsieurFélicien? Gliel'avrebbero data una

somma così grande, anche se era solouna bambina?

Rilesse con cura l'indirizzo. Eimprovvisamente si rese conto che quelnome, Céline Varens, lo aveva giàsentito: anzi, era stata lei stessa aleggerlo ad alta voce alla madre, e piùdi una volta, sulle pagine di giornale cheparlavano del Corpo di Ballodell'Opera.

Da quelle pagine madre e figlia si eranofatte l'idea che il balletto fosse un tipo dispettacolo particolarmente sugge-stivo,qualcosa di raffinato, di spirituale, dietereo. Le ballerine per loro eranodonne speciali, creature poetiche, che si

muovevano tra i comuni mortalicircondate da un alone di magia.

Conoscevano i nomi delle "stelle" piùfamose e i loro successi. Sapevano chela celebre Marie Taglioni, figlia, sorellae nipote di artisti famosi, era stataqualche anno prima l'acclamatissimaprotagonista della Cinderella diFerdinand Albert e, di recente, avevainterpretato il ruolo della badessa nelladanza delle monache morte inserita nelterzo atto di Roberto il diavolo.Sapevano che l'unica rivale considerataall'altezza della Taglioni era l'austriacaFanny Elssler, che mieteva successi aVienna e in giro per l'Europa, ma nonaveva ancora accettato la sfida di

esibirsi all'Opera di Parigi.

Sophie aveva letto a Fantine, su unfoglio strappato a metà, che tra lepromesse più giovani del tempio delladanza parigino c'era la bellissima CélineVarens, e che alla Scala di Milano gliamanti del balletto seguivano contrepidazione i progressi di una piccolastella di undici anni, Carlotta Grisi, cheprometteva di superare con gli anni tuttele altre.

Naturalmente madre e figlia non eranomai scese a Parigi dal sobborgo diMontmartre per assistere a unospettacolo dell'Opera. Il biglietto eratroppo caro per le loro finanze, non

conoscevano nessuno che potesse farleentrare gratis ar-ruolandole nelle schiereturbolente delle claque, e poi entrare inquel teatro frequentato dalla gente piùricca della città richiedeva unabbigliamento elegante che loro nonavrebbero mai potuto permettersi. I lorosogni si basavano, oltre che sulle paroledei critici, sulle immagini, sulleincisioni, sulle stampe colorate a mano,che rappresentavano le scene, imovimenti delle danzatrici, i lorocostumi romantici, i loro voltiincantevoli. Di Céline Varens "LeGlobe" aveva pubblicato un ritratto nelcostume della contadinella protagonistadi La fanciulla mal custodita.

Sophie non riusciva a credere che ladozzina di camicie fosse proprio per lei.Fu tentata di svegliare l'ammalata percomunicarle la grande notizia. Come sisarebbe emozionata Fantine, allascoperta che le sue dita negli ultimigiorni avevano lavorato per unacelebrità, per un'artista bella e famosa,

ricevuta in tutti i salotti, assediata dagliadoratori che venivano a vederla ballareda tutte le parti del mondo…

Ma l'ammalata adesso dormivatranquilla, e svegliarla sembrava una

vera crudeltà.

"Boulevard des Capucines nondev'essere poi così lontano" pensòSophie. Sapeva che era dalle parti di rueLe Peletier, dove il padre una voltal'aveva portata a guardare l'uscita delleballerine, dei cantanti e dei musicisti dalTeatro dell'Opera. "In un paio d'ore saròdi ritorno. E se nel frattempo mammadovesse svegliarsi, penserà che sonoscesa a leggere il giornale a madameAnnaud."

6

ophie non si era mai avventurata da solacosì lontano da casa.

Ma a chi poteva chiedere diaccompagnarla in quella spedizione daMontmartre verso il centro di Parigi el'elegante quartiere dei Boulevards?Amiche della sua età non ne aveva. Nonne aveva mai avuto, un po' per la suatimidezza, un po' perché la madre nonl'aveva mai lasciata scendere a giocareper la strada con le altre bambine delvicinato, per il timore che si lasciassecontagiare dai loro modi troppo sgua-iati e disinvolti da vere monelle

parigine, anche se il sobborgo eraseparato dalla città da un tratto dicampagna. Prima di sposarsi Fantine erastata cameriera in una casa signorile edera convinta che il garbo e la modestiafossero il miglior or-namento di unaragazza. Nonostante il suo caratteremite, e a dispetto dell'ambiente popolarein cui le era toccato vivere dopo ilmatrimonio, era fermamente decisa aeducare la figlia secondo quei principi.

Quando i Gravillon vivevanonell'appartamento del quarto piano eSophie era ancora troppo piccola perlavorare o per andare a scuola, Fantinese la teneva sempre accanto e non lepermetteva di unirsi alla banda di

mocciosi che abita-vano nel casamento eper tutto il giorno si divertivano acorrere rumorosamente su e giù per lescale o giocavano sui pianerottoli. Inquell'edificio, come in tutti gli altri deisobborghi e dei quartieri popolari diParigi, su ogni pianerottolo si apriva unbuco rotondo collegato col pozzo nero,dove gl'inquilini andavano a vuotarel'acqua sporca e i vasi da notte.

Non era difficile per un bambinospostare il coperchio di pietra checopriva quel buco maleodorante, eFantine era osses-sionata dal timore chela figlia, spinta dagli scatenati compagnidi giochi, potesse sporgersi a guardarein fondo, immer-gerci le braccia nel

tentativo di recuperare un oggetto cadutoo, Dio non voglia!, caderci dentro efinire nelle fogne. Jean-Jacques ridevadi queste macabre fantasie della moglie.Ma Pierre Donadieu gli aveva spiegatoche quei buchi immondi erano il tramitedi un altro pericolo molto più grave e,purtroppo, molto reale: il colera, cheogni anno con maggiore o minorevirulenza faceva strage di parigini. Eaveva approvato la decisione di Fantinedi tenere la bambina in casa.

Così Sophie aveva finito per inventarsiun amico immaginario, mezzo bambino emezzo folletto, che si chiamava Pipolet eche giocava silenzioso con lei sotto iltavolo di cucina, o nel rifugio costituito

dal breve spazio tra l'armadio e il murodella camera da letto. Jean-Jacques eFantine accetta-vano indulgenti edivertiti che ogni giorno la bambinamettesse a tavola un quarto coperto efacesse spazio sulla propria sediaperché anche Pipolet mangiasse con lafamiglia. Quando Sophie riceveva undolce in regalo, ne teneva sempre daparte un pezzettino per l'amicoimmaginario, e quando alla domenicaJean-Jacques portava la moglie e lafiglia a passeggio sulle rive della Senna,Pipolet andava con loro e Sophie loteneva stretto per mano perché nonattraversasse la strada e non finisse sottole ruote di una carrozza.

Poi un giorno, all'improvviso, Pipoletera scomparso.

Sophie era disperata, perché nonriusciva più né a vederlo né a sentirlo.— Sei cresciuta e non ne hai piùbisogno — le aveva detto Jean-Jacques.— Tra poco andrai a scuola e troveraitante amiche in carne e ossa.

— Bambine che studiano. Bambinebeneducate, che si lavano tutti i giorni— aveva aggiunto Fantine.

Ma Sophie non si era consolatafacilmente della perdita dell'amicoimmaginario. Si sentiva tradita,abbandonata. Sapeva perfettamente che

Pipolet era solo una creazione della suafantasia, eppure aveva riempito cosìbene la sua solitudine!

Oltretutto la previsione di Jean-Jacquessulle amicizie scolastiche si era poimostrata senza fondamento. Di femmineche frequentassero la Scuola del MutuoSoccorso Operaio ce n'eranopochissime, e tutte riuscivano amalapena a rita-gliare le ore di lezioneda una giornata che era giàcompletamente impegnata da un lavorodi solito piuttosto faticoso.

Tempo per i giochi, gli scherzi, lechiacchiere da cui nasce l'amicizia, nonne avevano. Sophie era l'unica ad avere

la scuola come unica attività. L'unica anon dover contribuire col suo lavoro albilancio familiare, l'unica, in casa, apotersi immergere nella lettura senza cheun adulto le allungasse uno scapaccioneo la rimandasse a lavare per terra o aoccuparsi di un fratellino minore chestrillava. L'unica a frequentare – incompagnia di Donadieu, la Scimmia cheaveva convinto suo padre a mandarla ascuola e che, anche se era più istruita diJean-Jacques, la domenica si fermavavolentieri a fare due chiacchiere in casaGravillon – i Gabinetti di PubblicaLettura, dove si potevano leggeregratuitamente non solo le ultime novitàletterarie, ma tutte le riviste e i giornali

appena usciti. Guidata da DonadieuSophie aveva sfogliato

"Le Globe", "Le Constitutionnel", "LeMoniteur", "La Revue de DeuxMondes", "La Revue de Paris" e moltialtri periodi-ci, e ne aveva letto gliarticoli più facili e ammirato leillustrazioni.

Questo la faceva considerare una speciedi bestia rara sia dalle compagne discuola che dalle coetanee delcasamento, che se la segnavano a dito eparlavano sottovoce della passione per ilibri della piccola Gravillon come di unvizio strano, una specie di malattia chela rendeva di versa da tutte loro.

Qualcuna la invidiava, qualcuna lacompiangeva, qualcuna aveva cercato difarne oggetto di scherno o di frasioffensive. Ridevano della sua magrezzae della sua bassa statura. — Sei proprioun gravillon, un sassolino di fiume — ledicevano con malignità, scherzando sulsuo cognome. —

Come farà una scheggia di ghiaia cosìpiccola a contenere tutta quella scienza?

Sophie ne aveva sofferto, ma non sapevacome reagire, se non cercando di evitareil più possibile ogni occasioned'incontro.

Poi, dopo la morte del padre, i problemi

legati alla sopravvivenza quotidiana e lapreoccupazione per la salute di Fantineavevano fatto sparire dalla sua mente,come un lusso che non poteva piùpermettersi, il dispiacere di non averenemmeno un'amica della sua età.

E se anche l'avesse avuta, come avrebbepotuto chiederle quel giorno di lasciareil riparo della casa per gettarsi al suofianco nelle strade solitarie flagellatedal vento e dalla neve? Solo Pipolet, sefosse ancora esistito, avrebbe potutoaccompagnarla in quella spedizione.

Sophie dunque si avvolse stretta nelloscialle di lana grigia lavorata ai ferri,sollevò il prezioso canestro di vimini e

si avviò di corsa giù per le scale.Faceva così freddo che sui pianerottolil'acqua nelle vaschette di pietra avevaformato una crosta di ghiaccio. Fuori laneve turbinava, sospinta in mulinelli daun furioso vento di tramontana. Sophiescendeva, saltando i gradini due a dueper la fretta, con le guance che lebruciavano dall'eccitazione.

Al piano terreno madame Annaudsocchiuse appena uno spiraglio dellaporta della guardiola per non disperdereil calore del braciere e le chiese: —Dove vai, con questo tempo da lupi?

— A fare una commissione — risposeSophie senza fermarsi. — Se alle cinque

non sono ancora tornata, per favoresalite a dare un'occhiata a mia madre.

Appena fuori, la tramontana le siavventò contro, come se volessestrapparle di dosso i vestiti. Per fortunasoffiava alle sue spalle. Sophie correvalungo la discesa di rue Joseph deMaistre, spinta e quasi sollevata dalvento, tanto che le sembrava di volare.Correndo costeggiò il cimitero diMontmartre. Dal cancello poteva vedereche la neve aveva trasformato le tombein un'unica distesa bianca. Là sotto, daqualche parte, era sepolto Jean-JacquesGravillon. Ma Sophie non aveva tempoper fermarsi a dire una preghiera, enemmeno poteva portare la mano destra

alla fronte per fare il segno della croce,altrimenti avrebbe rischiato di lasciarcadere il canestro. Così salutò il padrementalmente, informando anche lui conesultanza, come se potesse sentirla: "Midaranno sessanta franchi!"

E giù di corsa, per rue Caulaincourt, poiper un tratto di strada fiancheggiato dacave di gesso e campi bianchi di neve,senza neppure una casa o un lampione, eancora per rue Fontane. Il percorso perarrivare in città e in Boulevard desCapucines non era breve comericordava, ma almeno era tutto indiscesa. In giro c'era poca gente,passanti frettolosi che camminavano atesta china, col berretto calcato sulla

testa e le mani affondate nelle tasche.Mentre Sophie scendeva per rue NotreDame de Lorette, passarono duecarrozze, stranamente silenziose. Dalmuso dei cavalli si levava una piccolanuvola di vapore.

Adesso la bambina aveva il fiato corto, ipiedi fradici, e sentiva una fitta dolorosaal fianco sinistro. Il braccio che reggevail canestro le doleva talmente che, perpaura di lasciar cadere il preziosofardello, si avvolse un lembo delloscialle per due volte attorno al polso epoi lo infilò nello scollo del vestito. Daquanto stava correndo? Aveva perduto lanozione del tempo. Era esausta, masapeva di non potersi fermare a

riprendere fiato, nemmeno per dueminuti. Il freddo l'avrebbe irrigidita etrasformata in una statua di gelo im-pedendole di proseguire.

Per femare la sete leccò i fiocchi dineve che le si posavano sulle labbra.

Ecco finalmente rue Le Peletier, colbell'edificio del Teatro dell'Operatrasformato in un palazzo da fiaba dizucchero filato. Ecco il Boulevard desItaliens, e in fondo il Boulevard desCapucines. Da che parte era il numero83?

Quella porta con tre gradini e con lemaniglie di ottone lucidissime in fondo

al giardino protetto da una cancellata?

Dalla lunetta di vetro colorato che stavasopra i battenti tra-

pelava una luce calda e rosata. Sophiespinse il cancello, che per fortuna erasolo accostato. Percorse il breve viale,raggiunse la porta e, ansante, poggiò ilcanestro sull'ultimo gradino. Poi videche c'era un batacchio di ottone a formadi mano chiusa a pugno. Si sollevò inpunta di piedi e bussò con forza una,due, tre volte. Sapeva che non era buonaeducazione annunciarsi in modo così

perentorio a una casa di sconosciuti. Maadesso ch'era arrivata, si sentiva cosìdebole che temeva di cadere a terrasvenuta prima che qualcuno de-cidessedi aprirle.

7

a porta venne socchiusa e una striscia diluce si proiettò sui gradini coperti dineve. Sophie sbatté le palpebre ab-bagliata.

— Abita qui madame Varens? — riuscìa balbettare, mentre una mano sisporgeva fuori e l'afferrava per ilbraccio. Sophie tenne stretto il cestinoche il vento cercava di strapparle.

Il proprietario della mano la trasseall'interno con uno strattone e le chiusela porta alle spalle.

— E tu chi saresti? — le chiese.

Con enorme stupore Sophie vide che nonsi trattava di un adulto, ma di unragazzino poco più alto di lei, unacreatura straordinaria, come non le eramai capitato di incontrarne prima. Eravestito in modo bizzarro, con calzeaderenti di seta gialla, corte brache asbuffo di velluto azzurro e un giub-bettorosso rubino con bottoni di perle. Intesta aveva un turbante color pesca. Manon era tanto il suo abbigliamento alasciare sbalordita Sophie, quanto ilcolore della sua pelle, che era marronescurissimo, quasi nera. Esitante labambina allungò un dito a sfiorargli laguancia, sentì che era calda e morbida e

vide che sul polpastrello non le erarimasta alcuna traccia di colore.

— Dalla tua meraviglia devo dedurreche prima d'oggi non avevi mai visto unnegro — disse il ragazzino, ridendodivertito. Aveva i denti bianchissimi, eparlava un francese perfetto, anche secon una strana cadenza strascicatadifficile da identificare.

Sophie era ammutolita. Le dimensionidella stanza, l'eleganza dei mobili, mapiù ancora il calore dell'aria e l'intensoprofumo emanato dai grandi mazzi difiori disposti sulla consolle le davanouna leggera vertigine, un senso diirrealtà, come se stesse vivendo in un

sogno.

— Vuoi un bicchiere d'acqua? — lechiese con sollecitudine la stranacreatura variopinta.

Ma prima che Sophie potesserispondere, un gentiluomo di circatrent'anni, che indossava una eleganteveste da camera di broccato rosso cupo,entrò a grandi passi nell'atriodall'interno della casa esclamando agran voce, con tono irritato:

— Cosa succede? Chi è questastracciona, Toussaint? Perché l'hai fattaentrare?

Parlava con un forte accento inglese, maera scuro di carnagione come unprovenzale o un italiano, osservòSophie, intimorita dai suoi lineamentimarcati, dal mento deciso, dallo sguardosevero degli occhi nerissimi sotto lefolte sopracciglia.

— Cerca madame — rispose ilragazzino nero senza scomporsi.

— Devo consegnarle una dozzina dicamicie — riuscì a dire Sophie con unfilo di voce.

Queste parole, invece di calmare ilgentiluomo, fecero aumentare la sua ira.— La porta dei fornitori è sul retro.

Non l'hai ancora imparato, bruttascimmia ignorante? — disse furioso alragazzo. — Che razza di portiere sei?Falla uscire immediatamente! — Eaggiunse con sdegno, levando gli occhial cielo: — In questo paese nessuno sapiù stare al suo posto.

Sophie indietreggiò spaventata verso laporta. Ma il piccolo portiere dalla pellescura non accennava a obbedire. Se nerestava accanto alla consolle con lebraccia conserte e un vago sorriso sullelabbra, come se non avesse capito, ocome se fosse sordo. Eppure, primadell'arrivo dell'inglese, si eracomportato con vivacità e prontezza.Sophie non aveva avuto l'impressione di

avere a che fare con un giovane idiota.

Davanti a quell'atteggiamento passivo eindifferente il gentiluomo diventòpaonazzo dalla collera. — Vuoiassaggiare la frusta? — gridò. Sotto gliocchi stupefatti di Sophie, a quelleparole il ragazzino si gettò per terra ecominciò a strillare fortissimo, come sela sola minaccia delle frustate gli avessegià straziato le carni. Sophie, per quantoterrorizzata a sua volta dai modi delgentiluomo, trovava del tuttoincomprensibili quella reazione e quelcomportamento, tanto più che l'ingleseera a mani nude, né si vedeva alcunoscudiscio nella stanza.

— Pietà, signore! Pietà — gridava ilpiccolo portiere contorcendosi sulpavimento.

— Edouard, cosa state facendo a questopovero bambino? — intervenne a quelpunto in tono severo una fresca vocefemminile. E Sophie restò per laseconda volta a bocca aperta. Perchédalla porta interna era entrata nell'atriouna giovane donna vestita di bianco, lacreatura più bella che la bambina avessemai non solo visto, ma neppure sognatoo immaginato.

Anche se non somigliava affattoall'incisione che la raffigurava sulgiornale, dal modo elegante e armonioso

con cui la nuova arrivata si muoveva,come se non avesse peso, sfiorandoappena il pavimento con le scarpetteleggere, e dal tono autoritario con cuiparlava, Sophie capì che si trattavadella padrona di casa, di colei cheprometteva di diventare più grande dellagrande Taglioni, della destinataria dellecamicie, della famosa Céline Varens.

8

a giovane donna indossava una vesta dacamera di leggera mussola ornata dipizzi. I capelli castani inanellati e scioltigiù per le spalle e la freschezza delleguance e di tutti i lineamenti facevanopensare che non avesse più di diciotto odiciannove anni. Gli occhi, d'un azzurrocupo messo in risalto da lunghe e fitteciglia scure, ardevano d'indignazione.

Con passo energico raggiunse l'inglese elo afferrò per il bavero della veste. Eraalta quanto lui, e lo fronteggiava incro-ciando il suo sguardo con fierezza.

— Lo sapete che non sopporto che si usila frusta in questa casa — gli dissesevera. Poi addolcì la voce e aggiunse:— Amore mio, non vorrete rovinare ilbellissimo regalo che mi avete portatoda tanto lontano e che tutte le altre damedi Parigi mi invidiano?

— Non l'ho nemmeno toccato, quelbugiardo, quel com-mediante —protestò sdegnato il gentiluomo.

— Su, mio dolce bonbon al cioccolato,alzati, non avere paura. MonsieurEdouard non ti farà niente — disse lagiovane donna in tono incoraggiante,chinandosi sul ragazzo e aiu-tandolo amettersi in piedi. — Povero piccolo,

non sei più nelle Antille, adesso. Sei alsicuro, in questa casa.

Gli soffiò il naso, lo aiutò a rassettarsi ivestiti, gli sistemò il turbante, gli detteun buffetto sulla guancia.

— Guarda come ti sei ridotto! Il mio belmoretto tutto lacrimoso! Su, consolati.Vuoi uno zuccherino?

— Lo viziate troppo, Céline. Finireteper rovinarlo —

protestò l'inglese, ma in tono più calmo.La presenza della ballerina sembravaaverlo addolcito, avergli fattodimenticare completamente la sua

rabbia. — Comunque — aggiunse

— visto che gli avete affidato l'incaricodi aprire la porta agli ospiti, il vostrobel moretto dovrebbe imparare una voltaper tutte che i fornitori vanno fattientrare dall'ingresso di servizio.

— Quali fornitori?

Solo allora Céline Varens si accorse diSophie, che se ne stava appoggiata allaporta d'ingresso, pallidissima, enonostante il caldo della stanza le desseuna grande sonnolenza, osservava lascena con occhi attenti, vigili epreoccupati, come un animaletto presoin trappola. Attorno ai piedi della

bambina si andava formando un rivolettod'acqua sporca che si allargava sullucidissimo pavimento di marmo.

— Le vostre camicie — balbettò Sophiescuotendosi dal suo torpore e indicandoil canestro che aveva poggiato a terra.— Monsieur Félicien non è passato aritirarle, e allora…

Ma la bella signora non le lasciòterminare la frase.

— Sei fradicia, povera creatura —esclamò in tono affettuoso. — Deviavere i piedi gelati. Vieni!

— Avete un cuore troppo tenero, angelo

mio. Sempre a raccogliere gattiniaffamati e moribondi! — osservòl'inglese, tra lo sprezzante e il divertito.E per far capire alla compagna che noncondivideva né apprezzava i suoicapricci, uscì dall'atrio rientrandonell'interno della casa.

Era stato allora che, senza preoccuparsidi sporcare la bella veste vaporosa,Céline Varens aveva preso in braccioSophie, e l'aveva messa a sedere sultavolo a mezzaluna, l'abito grigio erammendato della bambina a contattocon le porcellane e i vasi d'argentocolmi di fiori. Poi le si era inginocchiatadavanti, le aveva tolto le scarpesfondate e le calze bucate e fradice di

neve.

— Toussaint! Qualcosa per asciugarla,presto! — aveva ordinato. — Presto!Presto!

E poiché non c'erano altri panninell'atrio, Toussaint aveva porto allapadrona una delle belle camicie apiegoline che la madre di Sophie –secoli prima, in un altro mondo, parevaalla bambina – aveva sistemato con tantacura nel cesto di vimini.

— Corri in cucina, ragazzo, e di' allacuoca di portare subito una tazza dibrodo bollente — aggiunse Céline mas-saggiando con dolcezza i piedi di

Sophie. — E dille di metterci uncucchiaio di brandy. Questa poverinarischia di morire assiderata.

III. PARIGI GIUGNO 1837

1

Parigi, rue Saint Augustin

3 giugno I837

Carissima madame,

mi chiedo quando potrete leggere questerighe. Toussaint ancora non è riuscito ascoprire dove siete rinchiusa e dunquenon può farvi avere le mie lettere nérassicurarti sulla sorte di Adèle. Io peròmi auguro che in queste ore buie voiricordiate sempre la mia promessa:veglierò su Dédé e la proteggerò daqualsiasi pericolo. State tranquilla per

quanto riguarda la vostra bambina,madame, e impegnate tutte le vostreenergie a difendervi dalle accuse che vifanno quei cani rabbiosi che voglionostrapparvi l'eredità del CittadinoMarchese.

Io mi chiedo se si può essere piùimpudenti e più bugiardi di quei dueindegni nipoti, il visconte e il giovanemarchese. È proprio vero, come dicevail nostro povero amico, che la nobiltàdel l'animo non coincide quasi mai con ititoli della cosiddetta aristocrazia.Quando lo zio era vivo, quei duepresuntuosi non si sono mai curati di lui,non sono mai venuti a trovarlo, anzi, locriticavano e lo deridevano con gli

estranei perché restava fedele agli idealidella sua giovinezza. E adesso, dopoavervi fatto gettare in carcere, voglionoconvincere i giudici che avrebberovoluto occuparsi di lui, ma che nonpotevano, e nemmeno potevano vederlo,perché voi lo avevate sequestrato. Cheda quando era venuto a vivere nellanostra casa il Cittadino Marchese erastato colpito da demenza senile,completamente rimbecillito, ed era unamarionetta nelle vostre mani. Me l'hadetto Toussaint, il quale, nella divisionedei beni, è toccato al visconte deLagardière, il più anziano dei nipoti, nelcui palazzo si tengono le riunioni difamiglia. Mi ha raccontato che i due

cugini stanno cercando di convincereuno per uno i vostri domestici atestimoniare contro di voi. Voglionoindurli a riferire che il nostro protettore,a causa dell'età, aveva perdutocompletamente il senno, si comportavacome un bambino e obbediva a tutti ivostri ordini. E che invece di affidarloalle cure di un medico, voi gli facevatebere certe pozioni che lo istupidivanoancora di più per poterlo manovrare avostro piacimento e spogliarlo delle suericchezze.

Che un accusa del genere siacompletamente falsa lo possonotestimoniare tutti gli amici che hannosempre frequentato la nostra casa.

Potrebbero spiegare che, anzi, eravatevoi a seguire i consigli del CittadinoMarchese e a obbedirgli come se fossevostro padre, per la grande ammirazionee il rispetto che gli avete sempreportato. Toussaint dice che però neppureuno dei vostri amici è stato ancoraconvo-cato dai giudici i quali credonociecamente alla versione dei nipoti –

che voi tenevate prigioniero il vostropadrino e non gli permettevate di averealcun contatto con l'esterno – e dunquepensano di non poter trovare nessunoche lo abbia avvicinato negli ultimitempi.

Come possono sostenere una simile

menzogna, i due accusatori quando tuttaParigi sa che ogni giovedì il vostrosalotto era aperto e che a cena ogni voltacerano almeno sessanta commensali!

Il visconte, dopo che Jean-Baptiste haraccontato ai giudici dei vostriricevimenti, sta cercando di convincerela servitù perché dica che al CittadinoMarchese in quelle occasioni non erapermesso di scendere al piano terrenoper incontrare gl'invitati, e che pervostro ordine veniva tenuto chiuso achiave nella sua stanza da letto.Charlotte è stata così stupida da firmareuna dichiarazione nella quale riferisceche di giovedì il vostro padrino cenavanella sua camera. Ma non ha spiegato

che era lui a preferire di cenare con lasola compagnia di noi due ragazzi e diAdèle, perché temeva la confusionedella sala da pranzo, e che la sua portaera apertissima, tanto che per le scalec'era una continua processione divisitatori che salivano a porgergli i loroomaggi e a conversare con lui di politicao di filosofia.

Quando Toussaint ha protestato e hachiesto che alla dichiarazione dellacameriera fossero aggiunti questidettagli, il suo nuovo padrone haminacciato di frustarlo e di mandarlo incampagna a occuparsi dei maiali.

Potete immaginare, madame, quanto

frema dalla rabbia il nostro Tússi,all'idea che non gli permettano diparlare con i giudici. Proprio lui, cheera l'allievo prediletto del CittadinoMarchese e che avrebbe tante cose daraccontare sulle abitudini della nostracasa. Che per esempio ogni volta chevoi danzavate in un nuovo balletto, ilpadrino si metteva elegante peraccompagnare noi ragazzi e Adèle alTeatro dell'Opera ad assistere allaprima. Che l'ha fatto fino a un meseprima di morire e che in quelleoccasioni decine e decine di persone glisi avvicinavano per salutarlo econversare con lui, e se fosse statopazzo o rimbecillito se ne sarebbero

accorte.

Ma il visconte mette a tacere Toussaintinsultandolo, dicendo che è risaputo chei negri sono tutti bugiardi e che latestimonianza degli schiavi non èammessa in tribunale.

Vi confesso che non riesco a capire tantoaccanimento per strapparvi quellapiccola parte del suo patrimonio che ilvostro padrino vi aveva destinato. Sia ilvisconte che il marchese sono,ricchissimi e non hanno bisogno delvostro denaro. Eppure si stannocomportando come se fosse per loro unaquestione di vita o di morte.

Madame, come andrà a finire tuttaquesta storia? Toussaint, ogni volta chepassa a vederci, mi dice di averefiducia. Per fortuna nella casa delvisconte de Lagardière la sua mansioneè quella di accompagnare la viscontessaViolaine, che e devotissima, quandoesce per andare in chiesa. La sua,racconta, è una funzione puramente de-corativa. Gli hanno fatto confezionareuna livrea molto appariscente, molto"esotica", più di quella che monsieurEdouard gli faceva indossare quandoaveva undici anni. Questa è piena dicatenelle dorate, per sottolineare, diceTassi, la sua condizione di completadipendenza.

Non so no in molti oggi a Parigi apotersi permettere il lusso di unoschiavo di colore. E di questi, molti nonavrebbero il coraggio di esibirlo contanta ostentazione, dopo che l'Inghilterraha abolito la schiavitù già da quattroanni, dopo la polemica risollevata inFrancia dagli scritti di monsieur VictorSchoelcher e la recente creazione dellaSocietà francese per l'Abolizione dellaSchiavitù. Ma sembra che la viscontessade Lagardière non si faccia di questiscrupoli. Eppure è una dama molto piache non frequenta la società ed escesoltanto per andare in chiesa. Assiste atutte le funzioni religiose, più volte algiorno, e questa è una fortuna, perché

così Tússi ha molte occasioni per usciredi casa. In teoria dovrebbe aspettare laviscontessa fuori della chiesa, restandoimpettito sul predellino della carrozza.Ma per fortuna il cocchiere lo ha presoin simpatia e gli permette diallontanarsi, purché sia di ritorno primache la funzione sia terminata. Devonoessere lun-ghissime, queste funzioni,perché tutti i giorni Toussaint riesce apassare qui, da madame Frédéric, pertenerci informate, e mi ha detto che nelresto del suo tempo libero se ne va ingiro per la città, nella speranza di farsiricevere da qualcuno dei vostri amicipiù influenti, e magari da qualche amicodel Cittadino Marchese, per avvisarli di

cosa vi stanno facendo e convincerli afarsi avanti per difendervi. Purtroppocon l'arrivo dell'estate sono partiti quasitutti per la campagna.

Pensavamo che la nonna di Olympe,ricordate?, la vecchia madameSoulignac, avrebbe potuto aiutarci. Nonè tipo da farsi intimidire dai nipoti delpadrino, quella signora. Ma purtroppo ègravemente ammalata, e i suoi domesticinon permettono a Tússi di vederla.Olympe è in Italia. La famiglia diAngélique e Maximilien non e ancoratornata dalla Virginia. La contessa deMerlin è ospite di amici a Biarritz.Sembra che la sorte congiuri contro dinoi. Ma non dovete disperare. Sono

passati solo cinque giorni dal vostroarresto, e Tússi non ha avuto moltotempo per andare in giro a cercare aiuto.Vedrete che presto troverà qualcunodisposto a testimoniare in vostro favoree a ristabilire la verità.

Adèle vi manda tanti baci, è di là chegioca tranquilla con la sua bambola distoffa provenzale, sapete, quellaimbottita di lavanda che le ha portatomonsieur Jolivet da Grasse. Per fortunaho convinto Solange a metterla nel bauleinsieme a Poupette. Dédé nonriuscirebbe ad addormentarsi senzaavere accanto la sua Dagoberta, tantopiù in questi giorni di novità e diincertezze. Poupette è bellissima, un

vero giocattolo di lusso, ma è pocoadatta da tenere abbracciata nel letto.

Se cadesse andrebbe in mille pezzi, epoi la porcellana e così dura…

Forse anche a voi farebbe piacere unaDagoberta morbida e profumata dastringere per ricavarne un po' diconforto. Mi auguro che nella prigioneabbiate delle buone compagne che vitrattino con affetto e vi sappianoconsolare nei momenti più tristi.

È inutile che vi dica che aspettiamoansiosamente vostre notizie, appenariceverete le mie lettere, vi scongiuro,trovate il modo di risponderci.

Vi saluta con amore e riconoscenza lavostra devotissima Sophie

IV. PARIGI, GENNAIO 1832

1

nche adesso, dopo tanti anni, quandoripensava al suo primo incontro conCéline Varens, Sophie provava lasensazione di averlo sognato, nonvissuto nella realtà.

— Hai fame? — le aveva chiesto lagiovane donna avvi-cinandole allabocca la tazza di porcellana dalla qualesi levava il profumo delizioso del brodofumante. — Vuoi che ci spezziamodentro del pane?

Quella proposta aveva ferito l'orgogliodi Sophie, che mai, nei suoi nove anni di

vita, aveva chiesto del cibo a unestraneo. Perciò, nonostante l'estremadebolezza e uno spa-smo nello stomacoche le doleva come per una ferita, labambina aveva scosso la testa piena divergogna, e aveva sorbito il brodo insilenzio. Era consapevole che ilragazzino dalla pelle nera la stavascrutando con uno sguardo penetrante eindagatore.

Quando la tazza fu vuota, Céline glielatolse di mano, poi le dette un buffettoaffettuoso sulla guancia. — E allora,queste camicie? — domandò. — Comemai monsieur Félicien ha mandato te aconsegnarle, in una serataccia cosìbrutta? Sei la sua nuova apprendista?

Forse la colpa fu del brandy che lacuoca aveva versato nel brodo controppa generosità. Sophie non eraabituata al-l'alcol. Cercò di rispondere,ma la lingua non le obbediva, dentro latesta sentiva uno strano ronzio. Vide ilpavimento di marmo bianco e rosaoscillare, venirle incontro… E sven-ne.

Quando riprese i sensi si trovava in unbel salottino tap-pezzato di raso verdeacqua, sdraiata su un divano di velluto eavvolta in una soffice coperta, davanti aun caminetto acceso. La padrona di casale frizionava la fronte con acqua dicolonia e Toussaint si dava da fare consollecitudine a sistemarle dei cuscinisotto i piedi.

"Sto sognando" pensò Sophie. "Forsesono morta e questo è il Paradiso." Mainvece di provare sollievo, fu assalitada un senso amarissimo di rimorso.Come aveva potuto andarsene così,abbandonando la madre, che non avevaaltri che lei sulla terra? Scoppiò inlacrime. Poi cominciò a tossire e capìche non era morta: tossiva perchéToussaint si era precipitato a cacciarlein bocca una gelatina di lampone, e ilbonbon appiccicoso e cosparso dizucchero rischiava di sof-focarla.

Céline Varens la colpì ripetutamentesulla schiena, poi le prese una mano: —Cosa c'è da piangere, povera piccola?

Su, racconta! Non avere paura.

Il tono della sua voce era così affettuosoe sincero che vinse la naturale diffidenzadi Sophie. Prima di allora la bambinanon si era mai abbandonata a confidenzecon gli estranei. Secondo l'educazioneche aveva ricevuto, i problemi familiarinon dovevano trapelare in nessun modofuori delle mura di casa.

Ma con Céline era diverso. Anche se erala prima volta che la vedeva, Sophieistintivamente sentiva di potersi fidaredella giovane donna, non riusciva aconsiderarla un'estranea.

E così abbassò ogni difesa e,

singhiozzando, raccontò di sua madreche stava tanto male, di monsieurFélicien che era scomparso,dell'esattore che se l'indomani nonavesse ricevuto l'affitto le avrebbegettate per strada…

—… quindi ho pensato di portarvele io,le camicie, mentre mamma dormiva. Meli darete i sessanta franchi? —

concluse titubante.

Il gentiluomo inglese, che era entrato insilenzio verso la fine del racconto,intervenne: — Mi sembra una cifraesagerata. E poi, se non sbaglio, Céline,la consegna è in ritardo.

Aspettavate quella biancheria da almenodieci giorni.

La bella signora gli mandò un baciosoffiandolo dal palmo della mano. — Visbagliate, amor mio. È la sottogonna abalze che monsieur Félicien mi stafacendo sospirare. Le camicie sono inanticipo. Le aspettavo per domani.

Rise con civetteria: — Voi uomini, diabbigliamento femminile proprio non vene intendete. Vi piace vederci circondateda una nuvola di trine, ma non siete ingrado di distinguere un pizzo Sangalloda un valenciennes…

— Sono in grado di distinguere dieci

soldi da dieci franchi, dal momento chesono io che pago — osservò consarcasmo monsieur Edouard, tirandofuori il portasigari dal taschi-no.

— No! Nel mio salottino no, per favore!— esclamò Cé-

line in tono allarmato, bloccandolo conun gesto. — Per favore, andate a fumarenel vostro studio, cuor mio. E non sta-tevi a preoccupare per le nostresciocchezzuole femminili.

Sono problemi da cameriere, questi.Mandatemi Lisette, per favore. Cipenserà lei a sistemare tutto.

Lisette in realtà si limitò a eseguire gliordini che la padrona le impartivaseguendo i consigli di Toussaint, che,con grande meraviglia di Sophie,sembrava conoscere meglio di lei quellodi cui aveva bisogno Fantine.

— Il cestino con cui la piccola haportato le camicie: Lisette, scendi incucina e di' alla cuoca di riempirlo finoall'or-lo — ordinava Céline.

— Ci dev'essere del pasticcio diselvaggina avanzato, madame. Edell'arrosto, del formaggio Roquefort,uno sformato di riso e bietole… —suggeriva il ragazzo.

— E quel prosciutto che ieri abbiamocominciato ad af-fettare. E poi del panefresco, due trecce di brioche, la torta dimandorle…

— Ah, ragazza! Fateci mettere anche unabottiglia di vino dolce — aggiunse allafine Toussaint.

— Madame, da quando è arrivato,questo scimmiotto non fa che girellaredappertutto, ficcando quel brutto nasonero dove non dovrebbe. Forse è il casodi rimetterlo al suo posto — protestòLisette, risentita per quel "ragazza".Dallo schiavetto cresciuto tra i selvaggipensava di avere il diritto d'esserechiamata "mademoiselle", anche se era

solo una cameriera.

Ma la padrona rise della suasuscettibilità: — Il posto di Toussaint èdove io gli dico di andare. Il mio dolcebonbon al cioccolato mi è di grandeaiuto. Senza di lui come farei aricordare tutto quello che è avanzato incucina prima che voi domestiche lofacciate sparire ?

La cameriera, che mezz'ora prima avevapassato dal finestrino della dispensa unamezza crostata al garzone del vetraioche le faceva la corte, a quel puntoritenne più opportuno lasciar perdere. Equando la padrona le disse: — Unultimo favore, Lisette: scegli tra le tue

calze di lana le due paia migliori.Domani te le ricompro — rispose con unbel sorriso: — Sissignora.

— E porta giù il mio scialle di lana deiPirenei — aggiunse Céline — quelloverde scuro che non uso più perché amonsieur non piace il colore. Duelenzuola di lino e la coperta a righedella stanza degli ospiti. E di' a Jean-Baptiste di attaccare i cavalli allacarrozza grande.

— Con questo tempaccio, madame? Glianimali prende-ranno freddo.

Céline fulminò la cameriera con losguardo: — E

allora? Faranno il loro mestiere. Opreferiresti che la tua padrona ciandasse a piedi, fino a Montmartre, adaccompagnare questa bambina?

— Voi, madame? Ma vi sembraprudente? Prenderete un'infreddatura.

Céline si mise a ridere. Lisette era lasua cameriera personale. Quante voltel'aveva aiutata a vestirsi, anche in seratepeggiori, quando usciva tutta scollataper andare a teatro o a qualche riunionemondana!

— Vi si guasterà il latte — insistette lacameriera.

A questa strana battuta, che Sophieriteneva fosse un modo di dire derivatodallo spagnolo de mala leche, che avevatrovato su un libro per indicare ilmalumore, vide con meraviglia che labella signora cambiava espressione. —Dio non voglia! — esclamò CélineVarens portandosi le mani al petto.Meditò per un attimo. — Hai ragione. Ciandrà Toussaint ad accompagnare… nonmi hai ancora detto come ti chiami,bambina.

— Sophie Gravillon — balbettò Sophiesempre più frastornata.

— Ci andrà Toussaint ad accompagnareSophie. Corri a vestirti, mio dolce

bonbon al cioccolato. E copriti bene.

2

on grande stupore di Sophie, nonostantela carrozza fosse ben chiusa, conl'interno imbottito e foderato di velluto,Toussaint si stringeva addosso intirizzitoil mantello di pelliccia che lo avvolgevada capo a piedi.

— Sai, quando sono arrivato a Pariginon sapevo cosa fosse la neve — disseil ragazzo, indicando fuori del finestrinoi fiocchi che turbinavano silenziosi. —Ed ero così stupido che la prima voltache l'ho vista, nel giardino di madame,mi ci sono buttato dentro e l'ho leccata.Credevo che fosse zucchero, o panna

montata. Da noi, per ripararsi dalfreddo, basta una camicia di tela amaniche lunghe.

"Da noi dove?" pensò Sophie, senzaosare la domanda.

Era piena di curiosità a proposito delsuo accompagnatore.

Sapeva che nel Nuovo Mondo, dove laFrancia aveva le sue colonie, c'eranopaesi dove faceva così caldo che iselvaggi se ne andavano nudi per lastrada senza nessuna vergogna.

Pierre Donadieu al Gabinetto di Letturale aveva mostrato delle figure su una

rivista. E le aveva detto che il fatto cheandassero in giro nudi non era un buonmotivo perché i francesi e gli altrieuropei li privassero della libertà e licostringessero con la frusta a lavorareper loro nelle miniere e nellepiantagioni. "Schiavitù", era la parolache aveva usato. —

Non è giusto, Sophie, che alcuni uominiriducano in schiavitù altri uomini —diceva picchiando con disapprovazioneil dito sulla carta.

— Nemmeno se hanno la pelle nera —aveva aggiunto più tardi suo padre acasa. — Gli uomini sono tutti uguali ehanno tutti gli stessi diritti, lo ha detto la

Grande Rivoluzione.

— Lo hanno scritto i deputati, riuniti inAssemblea na-zionale, nellaDichiarazione dei diritti dell'uomo edel cittadino — lo aveva corretto PierreDonadieu.

Frammenti di quei discorsi adesso siaffollavano disor-dinati nella memoriadi Sophie.

— Rousseau, che era un grande filosofo— aveva spiegato Pierre Donadieu —ha scritto che è la civiltà a rendere gliuomini malvagi. E prima di lui il contede Bougainville, l'esploratore che hascoperto e visitato per primo le isole del

Pacifico…

— E che è sepolto qui a Montmartre, nelcimitero del Calvario — lo avevainterrotto Fantine.

— Bougainville — aveva ripresoDonadieu — durante il suo viaggioaveva verificato di persona che gliuomini allo stato di natura, quelli chenoi chiamiamo selvaggi, non ancoracorrotti dal nostro attaccamento aldenaro e dal concetto di proprietàpersonale, sono tutti buoni.

Era un pensiero rassicurante, riflettéadesso Sophie. E

d'altronde, il comportamento generosodi Toussaint nei suoi confronti ne era ladimostrazione. All'ultimo momentoprima di salire in carrozza, dopo chemadame Varens aveva assicurato conuna spilla allo scialle di Sophie, perchénon lo per-desse, il fazzoletto in cuiaveva avvolto i sessanta franchi, ilragazzo aveva confabulato col cocchiereJean-Baptiste e insieme avevanocaricato sul bagagliaio un sacchetto dicarbone.

— Per il braciere della madre — liaveva sentiti sussur-rare la bambina.

Così adesso Sophie si fece coraggio esfiorò timidamente una mano del suo

giovane accompagnatore: — Tu sei unselvaggio, vero?

A quella domanda, Toussaint scoppiò aridere.

— Suppongo di sì. Monsieur Edouardnon fa che ripe-termelo, quando èarrabbiato. Anche se, quando eropiccolo laggiù in colonia, passando tuttoil giorno al fianco della mia anticapadroncina, ho potuto approfittaredell'educazione che in genere ricevono ibianchi. Purtroppo, quandomademoiselle Athénaïs si è sposata, ilmarito, che era pieno di debiti, hapensato che da uno schiavo con le miequalità avrebbe ricavato un buon prezzo

e mi ha subito messo in vendita.

Sophie sgranò gli occhi. Schiavo? Invendita? Ma come era arrivato a Parigi,dove non c'erano piantagioni néminiere…

— Non avevi mai visto uno schiavodomestico? Anzi, uno schiavogiocattolo? — le chiese divertito ilragazzo indovinando la sua meraviglia.— Sono stato molto fortunato, sai?Quando ero ancora un bambinetto il miopadrone, monsieur Jérôme DéchâtreLacroix, venne nella baracca dovevivevo con mia madre e con gli altrischiavi, accompagnato dalla figliaminore. «Scegliti un bambino per

giocare» — le disse. E mademoiselleAthénaïs, che allora aveva nove anni,scelse me.

— Tu, quanti anni avevi?

— Non so. Tre, quattro. Mi avevano giàmesso a lavorare. Sgranavo lepannocchie di mais con mia sorella econ gli altri bambini.

— E tua madre? Come hanno potutostrapparti a tua madre? — esclamòSophie, inorridita all'idea che qualcunola potesse separare da Fantine. — Unbambino così piccolo!

Non hai pianto?

— Non credere che stessi tutto il giornoattaccato alle sue sottane. Mia madrelavorava nella piantagione, e tornavanella baracca a notte fonda, morta distanchezza. Di noi bambini si occupavauna vecchia che non era più in grado diandare nei campi. Se ho pianto, è statoper il dispiacere di lasciare mia sorella,che aveva un anno più di me e avevasempre cercato di proteggermi. Da quelgiorno non ho più saputo niente di lei,perché mademoiselle Athénaïs mi portòcon sé nella casa padronale, che era inun'altra provincia. A volte la padroncinami trattava come una bambola, altrevolte come se fossi il suo cane o il suogatto. Un giorno la portarono in città a

vedere un circo equestre, e quando tornòalla piantagione volle che imparassi acamminare sulle mani, arrampi-carmisulle corde, fare capriole e saltare comeun acrobata da circo. E anche a faregiochi di prestigio, come far sparire conuno schioccare di dita il suobraccialetto, o estrarmi dal naso o da unorecchio la sciarpa di velo della suaistitutrice, un uovo, una moneta o unaconchiglia. Dovevo fare tutto quello chemi diceva, altrimenti ordinava alsorvegliante di frustar-mi. Ma almenonon lavoravo nei campi, e mangiavo ilcibo che avanzava dalla tavola deipadroni. Stavo sempre con "la niñaTenaí", come la chiamavano. Anche

quando la sua istitutrice le facevalezione. Era formidabile, madameJudith!

Mi sono chiesto spesso per quali casidella vita una donna così colta era finitaa occuparsi dei figli di un riccopiantato-re nella sperduta provinciaorientale di Santiago. Per insegnare ilfrancese alla sua allieva le facevaleggere certi libri difficili! Sai, Voltaire,Rousseau, le commedie di Molière…

Non so come riuscisse a procurarsi queilibri in un'isola come Cuba dove si parlalo spagnolo… Aveva persino duevolumi dell'Enciclopedia francese,quella degli illuministi Diderot e

D'Alembert…

Si interruppe e guardò dubbioso la suainterlocutrice.

Forse aveva esagerato. Cosa potevasaperne una bambina così piccola esicuramente analfabeta, di quei grandifilosofi, le cui teorie lui stesso,nonostante si ritenesse moltointelligente, non aveva poi capito tantobene…

Ma Sophie lo supplicò affascinata: —Continua! Li ho già sentiti quei nomi.Mio padre era tipografo, sai, anche seera solo un Orso, e stampava i lorolibri… Ne parlava sempre con Pierre

Donadieu e con gli altri suoi amiciScimmie.

Toussaint si divertì molto allaspiegazione di quei nomi di animali. —Credevo di essere solo io a venirechiamato

"scimmiotto" qui a Parigi. Invece daquello che mi dici anche il grandeBalzac, e chissà quanti altri scrittori dagiovani sono stati delle Scimmie.

Sophie, Balzac non l'aveva mai sentitonominare. Evidentemente non era tra gliautori preferiti dai colleghi del padreche, come l'istitutrice della "niña Tenaí",laggiù a Cuba, preferivano leggere i

filosofi illuministi, oppure, tra i con-temporanei, Lamartine e Victor Hugo.

— Grazie a quegli scrittori ho imparatoa parlare e a scrivere un buon francese— raccontava intanto il suoaccompagnatore — e grazie a madameJudith, a comportarmi bene in società.Tre anni fa mademoiselle Athénaïscompì quattordici anni e monsieurDéchâtre Lacroix la fece sposare con unparente che viveva su un'isola vicina.

— A quattordici anni! — esclamòstupita Sophie.

— Nelle colonie le ragazze crescono infretta — spiegò Toussaint — e anche i

ragazzi. Madame Céline conosce unacontessa che è nata all'Avana. Sai quantianni avevano i suoi nobilissimi genitoriquando si sono sposati? Lui ne avevaquindici, e lei dodici. Glielo haraccontato la contessa, spiegandodivertita che alla sua nascita la madrequasi non era in grado di capire ladifferenza tra una bambola e unaneonata.

Con un sorrisetto di superiorità ilgiovane schiavo si go-dette per qualchesecondo lo stupore di Sophie, poicontinuò:

— Io facevo parte della dote e dovettilasciare Cuba per seguire la mia

padrona in Giamaica. Ma il cugino-marito, col pretesto che in casa DéchâtreLacroix mi avevano viziato troppo e cheavrei creato invidia e discordie tra glialtri schiavi, il giorno stesso dopo ilnostro arrivo decise di mettermi invendita e fece pubblicare sulla Gazzettalocale un annuncio nel quale decantavale mie numerose qualità.

Io però temevo che la mia buonaeducazione e il fatto di saper leggere escrivere non mi sarebbero serviti aniente, e che mi avrebbe compratoqualche proprietario terriero per farmilavorare nelle sue piantagioni.

Devi sapere che la Giamaica appartiene

agli inglesi, mentre l'isola dove sononato appartiene agli spagnoli. Ma iDéchâtre Lacroix erano di originefrancese e parlavano quella lingua,perché provenivano da Saint Dominique.I nonni di mademoiselle Athénaïs sierano rifugiati a Santiago di Cubascappando dall'isola vicina, cheapparteneva ai francesi, quando scoppiòla Rivoluzione degli schiavi e i nostrifratelli negri fondarono la Repubblica diHaiti, battezzandola con l'antico nomedell'isola. La prima Repubblicadell'America Meridionale! Mia madremi ha chiamato Toussaint in onoredell'eroe che ha guidato gli schiavihaitiani alla conquista dell'indipendenza,

Toussaint Louverture. Lo hai mai sentitonominare?

— No — ammise Sophie dispiaciuta.

— Era uno schiavo, ma di sangue reale.Suo nonno, il re Gaou Guinou, regnavasul popolo degli Arada, nella regioneafricana del Dahomey. Si fidava deibianchi, e affidò il giovane principe suofiglio a un francese che aveva promessodi fargli visitare l'Europa. Invece ilragazzo fu portato a Saint Dominique evenduto come schiavo. I suoi figlinacquero schiavi, ma avevano nostalgiadella libertà, e quando Toussaint seppeche la Rivoluzione Francese avevaproclamato l'uguaglianza e la libertà di

tutti gli uomini, le pretese anche per isuoi fratelli neri delle colonie e li guidòin battaglia contro i bianchi che glielenegavano.

— Pierre Donadieu, l'amico di miopadre, ci ha letto un romanzo di VictorHugo che parla della Rivoluzione diHaiti

— disse Sophie. — Si intitola BugJargal. Lo conosci?

— Certo — rispose Toussaint. —Madame Céline lo ha ricevuto in donodal suo padrino, anche se l'inglese nonapprova che la mia padrona abbia unabiblioteca così fornita di novità. Le

dice: «Diventerete una "précieuseridicule"» sai, come quelle damesmorfiose della commedia di Molière!

Però Bug Jargal è un libro triste. Iopreferisco L'ingenuo di Voltaire, dovec'è un pellerossa dell'AmericaSettentrionale, un hurone, che arriva inFrancia e viene ricevuto a corte. E

siccome non conosce tutti i salamelecchidel cerimoniale, e non è abituato allaipocrisia, combina una serie di pasticciche fanno morire dal ridere.

— Quante cose sai, per essere unselvaggio! — esclamò Sophie piena diammirazione. — Non lo avrei mai

pensato quando ti ho visto agitarti estrillare a quel modo per paura di unafrustata.

— Ma allora non l'hai capito che eratutta una commedia? Se la mia padronanon fosse venuta in mio soccorso e nonti avesse visto, monsieur Edouard tiavrebbe cacciata via senza troppicomplimenti.

L'ammirazione e la gratitudine di Sophieper Toussaint, a questa rivelazione,crebbero ancora. "Riuscirò mai a ringra-

ziarlo come merita?" pensò la bambina,e facendosi coraggio gli chiese: — Maperché fai tutto questo per me?

"Perché sembri un topolino caduto inuna pozzanghera che non si arrende ecerca di arrampicarsi fuori" pensò ilragazzo. Ma non voleva offendere la suaprotetta con questo paragone. Né volevadirle che il fatto di aiutare, lui ch'era unoschiavo, una ragazzina bianca, libera,cittadina francese, teoricamente dicondizione sociale molto superiore allasua, lo faceva sentire importante. Eneppure confessare che l'arrivo diSophie in Boulevard des Capucines gliaveva offerto la possibilità di esercitarela sua astuzia, di sfidare la volontà del

suo ex padrone e di verificare, una voltadi più, il suo potere di seduzione neiriguardi di madame Varens.

3

l ragazzo finse quindi di non aver sentitola domanda di Sophie e continuò il suoracconto: — Allora hai capito in chepasticcio ero andato a finire con tuttequelle lingue? Io conoscevo lo spagnolo,perché ero nato a Cuba, e il francese,che si parlava nella famiglia dei mieipadroni. Ma in Giamaica parlanoinglese, che per me allora era una linguasconosciuta. Quindi laggiù non avreipotuto fare il domestico di casa: miavrebbero mandato nelle piantagioni atagliare canna da zucchero, e non avreiresistito a quell'inferno. Sai, i

sorveglianti sono così crudeli che l'annoscorso anche su quell'isola gli schiavi sisono ribellati, giusto qualche settimanadopo la mia partenza. Erano più dicinquantamila, ma a differenza deifratelli di Haiti non sono riusciti aliberarsi dai loro padroni, e adesso, perpunizione, vengono trattati in modoancora più crudele. Pensa che perraggiungere e punire i fuggitivi, isorveglianti hanno fatto arrivare daCuba una nave carica di mastini abituatia nutrirsi di carne umana,

— Non ci posso credere! — protestòSophie inorridita.

— Come è possibile tanta ferocia? A

scuola ci hanno detto che nelle colonie ibianchi sono cristiani.

— È vero. I figli degli schiavi li fannobattezzare. Ma anche marchiare comevitelli. E se quando sono cresciuti ten-tano di scappare, perché anche lorocome tutti gli uomini de-siderano lalibertà, li fanno sbranare dai cani —disse amara-mente Toussaint.

Sophie gli rivolse uno sguardo colmo disimpatia: — E

dopo cosa è successo?

— Come ti dicevo, il marito della miapadrona aveva fatto mettere

quell'annuncio sulla "Gazzetta diSpanish Town", e io mi preparavo alpeggio. Ma per fortuna proprio in queigiorni l'amministratore delle piantagioniche monsieur Edouard possiede inquell'isola cercava per conto del suopadrone uno schiavo giocattolo, chefosse ancora un bambino ma sapesseparlare il francese. Il suo principale gliaveva scritto di procurargliene uno dibell'aspetto e in buona salute e dimandarglielo in Europa perché volevaregalarlo…

indovina a chi?

— A madame Varens? — chiese Sophietitubante.

— Brava! Proprio a lei. MonsieurEdouard mi ha pagato caro e pensavache con un regalo così costoso e cosìesotico avrebbe conquistatodefinitivamente la giovane ballerina piùbella e corteggiata di Parigi,strappandola agli altri adoratori.

Ne aveva a dozzine, sai, la mia padrona,di adoratori. E ne avrebbe ancoraadesso, se l'anno scorso non avessedeciso di ritirarsi per un po' dalle scene.L'aspettavano fuori del teatro, all'uscitadegli artisti, per applaudirla e lanciarlefiori, anche in pieno inverno. Sitoglievano i mantelli di pelliccia e listendevano sulle pozzanghere, perché illoro idolo non si ba-gnasse le scarpine.

Alcuni staccavano i due cavalli dallacarrozza, afferravano le stanghe e latrainavano loro stessi fino alla sua casa.Anche monsieur Edouard se n'erainnamorato vedendola ballare sulpalcoscenico dell'Opera, nella parte diuna delle monache morte, durante unarappresentazione di Roberto il diavolo.Monsieur prima viveva in Giamaica,dove si occupava delle sue proprietà.Ma poi il padre e il fratello maggioresono morti, lasciandolo erede del titolodi baronetto e di alcune grandi tenute inInghilterra. Così monsieur è tornato inEuropa, ma evidentemente il climainglese non è di suo gradimento, perchéviaggia in continuazione, dalla Russia

all'Italia, dalla Germania alla Francia…La città che preferisce è Parigi,specialmente da quando la mia padronaha lasciato perdere tutti gli altriadoratori e gli ha concesso il suo cuoree la sua mano.

La sua mano! Sophie spalancò gli occhiincredula: nelle storie romantiche cheleggeva sui foglietti a puntate a madameAnnaud di solito i baronetti nonsposavano le ballerine, ma leseducevano, le ingannavano e lefacevano morire di crepacuore.

— Non dirmi che si sono sposati! —osservò. Non aveva letto niente inproposito sulle cronache dei giornali.

Fantine ci si sarebbe appassionata, a unanotizia così insolita, che ricordava lastoria di Cenerentola. È pur vero che inrue Marcadet dei giornali arrivava solo,e nemmeno tutti i giorni, qualche paginasporca e spiegazzata, e dunque madre efiglia non potevano dirsi veramenteinformate di tutto quello che accadevanel mondo dello spettacolo.

— Veramente all'inizio, dopo gli sforzi,le promesse, le spese folli che avevafatto per conquistarla — continuò araccontare Toussaint — l'ingleseavrebbe voluto che madame diventassela sua amante ufficiale. Pur di averlatutta per sé era disposto a metterle sucasa, mantenerla nel lusso, esibirla al

suo fianco nelle feste e nei teatri, masenza prendere alcun impegno perrendere legale la loro unione. Fanno tutticosì gli aristocratici e i ricchi borghesiquando s'innamorano di una artista chesi guadagna da vivere col suo talento,ma non ha dote né parentele importanti.La mia padrona però non è come lealtre. Lei ci crede davvero alla dignitàdelle donne, così gli ha detto: «Non mene importa se gli altri fanno così.

Non me ne importa se Coralie, l'attrice,ha accettato di farsi mantenere dalricchissimo monsieur Camusot econtemporaneamente si tiene comeamante quello squattrinato di LucienChardon. Prendersi un'amante, una

mantenuta, non è meno abbietto checomprarsi una schiava. Finireste perconsiderarmi un essere inferiore e perdisprezzarmi. E comunque, io non sonoin vendita. Grazie al mio lavoroguadagno ogni anno quattromila franchiche mi bastano per vivere dignito-samente, anche se non col lusso che voimi promettete.» così monsieur Edouard,che era pazzo d'amore, ha dovutoaccettare di sposarla.

— E adesso madame Céline èbaronessa! — sospirò deliziata Sophie.

— Non credo — rispose il suocompagno. — Il loro matrimonio per oraè valido soltanto in Francia. È stato

celebrato nel salotto di Boulevard desCapucines, davanti a un notaio amicodell'inglese. Come testimoni hannochiamato Charlotte e Jean-Baptiste. Ionon c'ero, e neppure il padrino dimadame, che si trovava nella sua casa dicampagna e quando è tornato a Parigi hadovuto accettare il fatto compiuto.

— Niente vestito bianco e corona difiori d'arancio?

Niente corteo nuziale? — osservòSophie delusa. — Eppure madameVarens è un'artista famosa in Francia eanche all'estero.

— Appunto. Troppo famosa. Devi

sapere che monsieur Edouard è il nipotepreferito di una zia, cugina di suo padre,una vecchia lady molto ricca, moltoorgogliosa e dai principi molto austeri,che non accetterebbe mai di essereimparentata con una ballerinadell'Opera. Se lo venisse a sapere, cam-bierebbe il testamento e lascerebbe tuttoil suo patrimonio a un altro nipote.Quindi, per non danneggiare lo sposo,madame Céline ha accettato che ilmatrimonio fosse celebrato condiscrezione e trascritto in Inghilterrasolo dopo la morte di questa signora.

— Deve amarlo molto!

— Moltissimo. Lo adora. Lisette, che la

conosce fin da quando era bambina, diceche prima di lui madame non avevaamato nessuno, anche se nel mondodello spettacolo le artiste comincianomolto presto la loro vita galante. Maanche l'inglese nutre per lei una grandepassione. Farebbe qualsiasi cosa peraccontentarla. Ha un pessimo carattere,come avrai capito, però madame Célineriesce ad ammansirlo come un agnello.«Non essere severo con lui, Toussaint»mi dice quando monsieur sfoga la suafuria sul primo domestico che gli passaaccanto. «Non pensare che il mioEdouard sia un uomo crudele. È solomolto infelice.»

«Infelice un uomo ricco e fortunato che è

riuscito a con-quistarvi? Che ha unabella casa a Parigi e un castello inInghilterra, che possiede cavalli ecarrozze e che ha girato il mondo?»protesto. «Voi siete davvero troppoindulgente, madame. Cosa c'è che non vanella sua vita?»

«Non lo so» mi risponde lei. «Non loso. Ma c'è qualcosa nel suo passato, c'èqualcosa nei suoi ricordi che ancora lofa soffrire. L'ho supplicato tante volte diparlarmene, di raccontarmi, di lasciarsiconsolare. Oggi è al sicuro tra le miebraccia, gli ripeto. Non gli basta il mioamore a difenderlo dai suoi fantasmi?Ma Edouard non vuole parlare del suopassato. Io sono nato il giorno che hai

accettato di sposarmi, mi dice.»

Sophie ascoltava con gli occhi sgranati.Le sembrava di sentir leggere unromanzo, di quelli che piacevano tanto asua madre. Com'era complicata, eromantica, la vita degli abitanti deiBoulevards! E lei che li aveva semprecreduti felici e soddisfatti del lorodestino!

Ma Toussaint non considerava lafaccenda con la stessa indulgenza. — Setutte le persone che hanno soffertodovessero far pagare agli altri il loroantico dolore, cosa saremmo autorizzatia fare noi schiavi? — osservò. —Secondo me quelle di monsieur Edouard

sono tutte scuse per giustificare uncarattere violento ed egoista. Lo sapeva,quando l'ha sposata, che madame Célineera un'artista, non un'educanda appenauscita dal convento e che, grazie alleconoscenze del suo padrino, frequentavail bel mondo di Parigi. Eppure basta chea teatro un gentiluomo o un attore lasaluti, o che arrivi a casa nostra l'invitoper un concerto firmato dal compositore,e monsieur si abbandona a una terribilescenata di gelosia. Dopo, per farsiperdonare, la riempie di regalicostosissi-mi: scialli indiani dicachemire da tremila franchi, vestiti diseta, trine d'Olanda, gioielli… la miapadrona non ha che da aprir bocca, e

ogni suo desiderio è esaudito. «Ma unoschiavetto non lo desideravo affatto,Toussaint» mi ha detto quando sonoarrivato nella sua casa. «Non approvo laschiavitù, vorrei che la avessimo giàabolita, è un'usanza barbara. Tu sei soloun ragazzino e mi dispiace che tiabbiano portato così lontano dalla tuaterra.»

— E allora perché ti ha accettato inregalo?

— Perché è una donna intelligente e hacapito che, se lei mi rifiutava, monsieurEdouard mi avrebbe venduto a qualcunaltro… Magari a un padrone crudele chemi avrebbe frustato tutti i giorni.

— Ma non hai nostalgia del tuo paese?

— Ho nostalgia del caldo, della luce,dei colori, della musica — risposeToussaint. — Ma non ho nostalgia dellavita che facevo a Cuba o in Giamaica.Non sento la mancanza dei miei antichipadroni. Laggiù gli schiavi sono trattatipeggio che animali. Ci marchiano afuoco come dei vitelli, te l'ho già detto,per poterci riconoscere nel caso civenisse in mente di fuggire.

— Anche se non avete fatto niente dimale? Qui in Francia si marchiano solo igaleotti, i delinquenti che finisco-no inprigione, ai Lavori Forzati, per avercommesso qualche orrendo delitto —

osservò Sophie.

— Io non avevo ancora cinque anni,quando mi hanno impresso a fuoco sullaspalla destra le iniziali della famigliaDéchâtre Lacroix. Che delitto potevoaver compiuto a quel-

l'età? Oggi fa troppo freddo, ma se ciincontriamo ancora la prossima estate,mi spoglio e ti faccio vedere lacicatrice.

Sophie si abbandonò sui cusciniimbottiti della carrozza sospirando.

Quante cose aveva imparato in quelpomeriggio di neve! Come se un mondonuovo le si fosse spalancato davanti,uscendo dalle pagine dei libri per farsivivo e palpitan-te sotto i suoi occhi.

Affascinata dal racconto delloschiavetto, aveva quasi scordato lapreoccupazione per la madre, anche seper tutto il tempo aveva continuato astringersi al fianco il cestino colmo diviveri e il pacco della biancheria.

4

a carrozza frenò bruscamente e Jean-Baptiste si voltò e aprì il finestrinointerno: — Siamo arrivati! — esclamò.

Era caduta tanta neve che a stentoSophie riconobbe il marciapiede di rueMarcadet, e la sagoma dell'edificio incui abitava. Quanto tempo era stata via?Tre ore? Quattro? Solo adesso,meravigliandosi che a quell'ora ilportone non fosse chiuso, ma che ilbattente fosse soltanto accostato, levenne da pensare che certamente durantela sua assenza la madre si era svegliata.Non poteva aver dormito tanto a lungo.

Chissà se l'aveva chiamata? Chissà seaveva bevuto tutta l'acqua della brocca ese ora soffriva per la sete? Chissà se lafebbre era ancora così alta? Chissà se laportinaia era salita a vederla comeaveva promesso?

Spinse il battente ed entrò nell'androne.La stanzetta di madame Annaud eradeserta. Toussaint, aiutato da Jean-Baptiste, stava scaricando il canestro e idue involti dalla carrozza.

— Grazie. Lasciateli pure qua nellaguardiola. Ora porto su il cestino e labiancheria. Più tardi madame Annaud miaiuterà per il sacco di carbone.

— Ma neanche per sogno! — protestòToussaint. — Il servizio è a domicilio.Jean-Baptiste deve restare per strada asorvegliare la carrozza, che qualcheladro non se la porti via con cavalli etutto, ma io ho promesso a madame diaccom-pagnarti fino a casa.

— Abitiamo in soffitta. Sono sei piani.

— E allora? Credi che non abbia legambe abbastanza robuste?

Ridendo, Toussaint si tolse la pelliccia ela gettò al cocchiere. Poi, con un sologesto, si caricò sulle spalle il sacco dicarbone. Con la mano libera impugnò ilmanico del canestro.

— Tu porta la biancheria — ordinò.

Mentre i due salivano, gl'inquilini siaffacciavano sulla soglia di casa aguardarli. Era l'ora di cena e nonostanteil freddo tutti tenevano come al solito leporte aperte sul pianerottolo per creareun tiraggio d'aria ai fornelli. I bambiniandavano su e giù tra gli appartamentidei vicini a chiedere in prestito un po' disale o uno spicchio d'aglio. Sophie eracosì euforica che non badò al fatto chetutti la guardavano in modo strano. Omeglio, pensava che guardassero coninvidia e ammirazione le suevettovaglie, e con meraviglia il coloredella pelle e le vesti stravaganti del suoaccompagnatore.

Era così euforica che, arrivata al quintopiano, tirò fuori dal petto l'involto coldenaro e fece l'ultima rampa di corsa,strillando: — Mamma! Mamma! Mihanno dato sessanta franchi!

Ma arrivata alla porta della soffittaammutolì e si fermò di botto, come se unincantesimo l'avesse trasformata in unastatua di pietra. Non perché la portafosse chiusa, che anzi i due battenticontrariamente al solito erano spalancatisul pianerottolo. Si bloccò perché lasoffitta era piena di gente checircondava in silenzio il giacigliopoggiato sul pavimento. E

perché ai piedi del giaciglio c'erano due

candele accese.

Come si accorse della sua presenza,madame Annaud le venne incontrofuribonda. — Sessanta franchi, davvero!Arrivi a buon punto, vagabonda!Serviranno per il funerale. —

Le dette un ceffone e le strappò di manol'involto, facendose-lo scomparire intasca. — Dov'eri, disgraziata, mentre tuamadre moriva? Ho dovuto pensare atutto io. Ho dovuto comporla nel letto eho speso dieci soldi per le candele. E illenzuolo con cui l'ho coperta è mio.Dovrai pagarmelo, perché certo non lopotrò più usare.

Sophie, sconvolta, aprì la bocca anchese non sapeva come rispondere a quelleaccuse… Ma non le uscì alcun suono.Boccheggiando, alzò la mano pertoccarsi la guancia che le bruciava perlo schiaffo.

— Siete troppo severa, Françoise —intervenne una inquilina avvicinandosialla portinaia. — La bambina nonpoteva sapere. Va' ad abbracciare tuamadre, Sophie! — e la spinsegentilmente verso il giaciglio.

Fantine era coperta dal lenzuolo fino almento e sembrava addormentata. Erapallidissima. Madame Annaud non si eradata tanto da fare quanto pretendeva,

pensò Sophie, perché i capelli dellamorta erano in disordine. In silenzio lesi inginocchiò di fianco e si mise apettinarla con le dita. Al contatto gelidodella sua fronte, solo allora, scoppiò insinghiozzi.

Toussaint intanto era entrato anche luinella soffitta e aveva poggiato a terra isuoi carichi. Non gli ci volle molto percapire. Madame Annaud lo guardavacon stupore, ma insieme con aria disfida. — E così la mocciosa se n'è statain giro tutto il giorno con questopagliaccio dal muso nero, invece diassistere la madre moribonda —esclamò infine a voce alta, per attirarel'attenzione dei presenti sul nuovo

arrivato.

Toussaint avanzò verso il giaciglio diFantine senza de-gnare la portinaia diuno sguardo, incurante dei bisbigli de-gl'inquilini che se lo additavano avicenda con curiosità. Si chinò suSophie e la prese dolcemente per lespalle. — Dalle un bacio di addio — lesussurrò — e poi vieni via con me.

Jean-Baptiste ci sta aspettando. Non haipiù niente da fare qui. Andiamo!

Sophie scosse la testa senza nemmeno

girarsi a guardar-lo.

— Vieni, Sophie — insistette il ragazzo.

Lei trovò la forza di mormorare tra isinghiozzi: — No.

Non posso lasciare sola mia madre.

— Allora torno domani. Aspettami — lebisbigliò Toussaint tra i capelli. Sirimise in piedi con un gesto elegante,gettò uno sguardo di disprezzo amadame Annaud che stava esaminandocon avidità il contenuto dell'involtodella biancheria, e si slanciò di corsagiù per le scale.

5

e il ricordo del suo primo incontro conCéline Varens profumava nella memoriadi Sophie di una tenerezza tanto piùdolce quanto più inattesa, il ricordodella conclusione di quello stessopomeriggio, e dei fatti del giornoseguente, aveva un sapore così amaro,che anche dopo tanti anni la mente dellaragazza si ritraeva al solo sfiorarlo.

Ma come poteva dimenticare la notte digelo che aveva passato da sola nellasoffitta abbracciata al cadavere dellamadre? Le vicine e i curiosi eranoandati via. Anche madame Annaud era

tornata nella sua guardiola portandosivia il sacco del carbone.

— A voi non serve. Anzi, se fossi in te,Sophie, lascerei aperta la finestradell'abbaino. I morti col caldocominciano a puzzare molto in fretta.

Sophie non le aveva risposto. Teneva latesta premuta contro il petto di Fantine enon riusciva a concentrarsi su alcunpensiero, tranne sulla vagapreoccupazione che se non fosse riuscitaa smettere di piangere, le lacrimeavrebbero finito per inzuppare illenzuolo, disturbando la madre nel suoultimo riposo.

Più tardi le parve che qualcuno entrassein punta di piedi e si avvicinasse alcestino dei viveri. Neppure allorasollevò la testa.

Che rubassero pure ogni cosa! Lei nonavrebbe mangiato mai più. Sarebbemorta di fame e così avrebbeaccompagnato la madre nella tomba.

Ma dopo un tempo che non era in gradodi calcolare, i passi leggeri tornarono, esi avvicinarono al giaciglio.

— Bevi! — mormorò la vocedell'inquilina del quarto piano, la mogliedel falegname. — È vino caldo. Ti faràbene. Qua dentro si gela.

Le sollevò la testa, le avvicinò ilbicchiere alla bocca.

Sophie inghiottì meccanicamente.

— Ecco! Brava.

Appena la donna fu uscita, la bambina sialzò, raggiunse l'angolo della soffittadove stava il vaso da notte e vomitò.

Poi tornò a sdraiarsi sul corpo dellamadre. Le quattro candele si eranoconsumate, fra poco i moccoli sisarebbero spenti.

Sophie era così stremata dal dolore chenonostante il freddo finì per

addormentarsi.

La svegliò una voce sconosciuta, sbattégli occhi e vide che era giorno. Uncuscino di neve bianchissima si eraposato sul davanzale dell'abbainoaperto.

La voce, bassa e rauca, sembrava quelladi una vecchia e stava parlando amadame Annaud.

— Sì, potrei prenderla io — diceva lavoce. — Ho giusto bisogno di una dellasua età. Le altre sono troppo piccole.

— Mi darete dieci franchi.

Sophie si fece attenta e guardò senzafarsene accorge re, tenendo il visonascosto nel cavo del gomito piegato.Sussultò di sorpresa e di paura: nonconosceva quella voce, ma la figuradella vecchia non le era nuova. Daquando aveva memoria, l'aveva semprevista ciabattare per le strade polverosedi Montmartre seguita da due o trebambine magrissime, sporche, lacere escalze, che spingevano e trascinavano uncarretto carico di ossa maleodoranti.

Si mormorava nel quartiere che lepiccole orfane, alle-vate dalla vecchiaper carità, avessero l'ordine diraccogliere non solo le ossa gettate viadalle cuoche delle case borghesi e

spolpate dai cani, e quelle vendute apochi centesimi dai macellai, ossa dallequali la vecchia, bollendole con ceneree altri intrugli in un calderone, ricavavasapone a buon mercato. Si mormoravache avessero l'ordine di raccogliereanche i topi morti, e le carogne dei cani,dei gatti, degli uccelli e di ogni altroanimale che trovassero nei mucchi dispazzatura.

Anche questi, si diceva, venivano fattibollire con rape, ortica e altre erbacce,e la brodaglia che ne risultava eral'unico cibo con cui la vecchia nutriva lesue orfanelle.

— Probabilmente è l'invenzione di

qualche ubriaco dalla fantasiaparticolarmente macabra — aveva dettoPierre Donadieu a Fantine soltantoqualche mese prima. — Ma è strano chenessuna delle orfanelle, in tutti questianni, sia cresciuta abbastanza daraggiungere la statura della suabenefattrice. Voi, madame Gravillon, neavete mai visto una che si siatrasformata in una ragazza e poi in unagiovane donna?

Qualche cavatore di gesso raccontavache appena un'orfanella compiva dodicianni, la vecchia delle ossa la portava incampagna e la vendeva ai contadini chela adibivano ai lavori più pesanti…

— Oppure a qualche vecchio signoredal portafoglio pieno e dai viziinnominabili — suggeriva un vignaiolo.

— O magari, più semplicemente, non levediamo crescere perché, prima dicrescere abbastanza, muoiono di fame ela vecchia ne getta i cadaveri nellaSenna — concludeva con cinismo undecoratore in stucco.

— Non avvicinarti mai, se quella donnati chiama —

aveva raccomandato severamenteFantine alla figlia. — E se per caso tiprende per un braccio o per il vestito,dille che ti metterai a strillare per

chiamare i gendarmi.

Adesso Sophie rabbrividiva a sentirequelle parole: «Potrei prenderla io.»

Finse di essere ancora addormentata, equando la vecchia fu uscita, alzò la testae disse alla portinaia: — Non ci

vado, con quella. E se cercate dicostringermi, chiederò aiuto a ungendarme.

— D'accordo, piccola insolente — lerispose la donna con malgarbo. — Se

sono i gendarmi quello che vuoi, saraiaccontentata. Raccogli i tuoi stracci, cheti accompagno immediatamente alCommissariato di Polizia. Sai cosasuccede, vero, agli orfani che non hannonessuno al mondo? Vengono portatiall'Ospizio di Mendicità.

6

ll'Ospizio di Mendicità Sophie c'erastata una volta qualche anno prima incompagnia del padre, a cercare unavecchia parente venuta a Montmartredalla provincia per sbrigare una praticaal tribunale. La poveretta era stataarrestata per vagabondaggio perché,poco pratica della città, si era smarritaed era stata colta dal buio prima diarrivare in rue Marcadet. I gendarmil'avevano trovata che dormiva su unapanchina di Place de Clichy e l'avevanosubito accompagnata all'Ospizio, senzalasciarle il modo di spiegarsi, di

chiedere che la aiutassero a raggiungerela casa del nipote che l'aspettava ed erapronto a ospitarla.

Padre e figlia erano riusciti a entrarenell'Ospizio a cercarla grazie al fattoche il tipografo conosceva uno deisorveglianti. Erano stati introdotti in unostanzone affollato, al centro del qualetroneggiava un lungo tavolo coperto distracci sporchi e polverosi. Sedutegomito a gomito tutto attorno a questotavolo, un centinaio di donne di tutte leetà riducevano gli stracci in filacce,muovendo le mani con ritmovelocissimo. Se lo rallentavano appena,o se scambiavano una parola con lavicina, immediatamente un sorvegliante

gridava: — Marie Laforet! Vi ho vista,sapete, fannullona.

Per punizione oggi a pranzo avretesoltanto acqua fresca.

Gli unici rumori tollerati, evidentementeperché non dipendevano dalla volontàdelle ospiti, erano i colpi di tosse e iraspii di gola. Nel locale, privo difinestre e illuminato da una dozzina dilanterne a olio, quasi non si riusciva arespirare, per via della polvere che sialzava dagli stracci e dell'odorenauseabondo che proveniva da tutti queicorpi mal lavati.

Chi tossiva più forte erano le bambine,

che costituivano circa la metà dellelavoranti. Ce n'erano di giovanissime,che probabilmente non avevano ancoracompiuto quattro anni, e dovevanolavorare con lo stesso ritmo delleadulte. Sophie le guardava sgomenta,chiedendosi come potevano reggere quellavoro snervante e monotono, senza maiscendere dalla panca, senza sgranchirsibraccia e gambe, senza rinfrescarsi lagola con un bicchiere d'acqua.

— Quante ore lavorano, questecreature? — aveva chiesto il tipografoal sorvegliante suo amico.

— Sedici, come in qualsiasi altrolaboratorio od opifi-cio.

— Intendevo le bambine — avevainsistito il padre di Sophie.

L'altro lo aveva guardato stupito. —Sedici ore — aveva ripetuto.

— Ma allora non hanno la possibilità diricevere nessuna istruzione! Non si fanemmeno un'ora di scuola, qua dentro?Neppure nella sezione maschile?

— Sei proprio fissato, con questa storiadell'istruzione, Gravillon! — avevaosservato l'altro in tono di scherno. —

Non dirmi che vorresti insegnarel'alfabeto persino alle femmine.

Non gli aveva lasciato il tempo dirispondere. — Devono ringraziare ilcielo, queste piccole delinquenti! —aveva esclamato. — Devono ritenersifortunate di avere trovato un tetto e ilpranzo e la cena assicurati.

Più tardi, una volta "liberata",rassicurata e seduta con-fortevolmentenella cucina dei Gravillon, la vecchiaparente aveva descritto a Fantine ildormitorio soffocante, dove per fortunasi era fermata solo per qualche ora: lebrande luride pullulanti di pulci epidocchi dove si dormiva in due e anchein tre, le risse fra le ospiti per un lembodi coperta lacera o un tozzo di paneammuffito. E poi il cibo scarso e

immangia-bile – nella zuppa dellacolazione c'erano dei vermi – servitoalle ricoverate sullo stesso tavolo alquale lavoravano.

Nel settore maschile, riferì, si dicevache le cose andassero anche peggio, chei sorveglianti erano molto più violenti,che picchiavano in continuazione gliospiti, anche i bambini, anche i vecchiammalati, senza nessun motivo e a lorocompleto arbitrio.

Seduta in grembo alla madre, Sophieascoltava con gli occhi sgranati

dall'orrore. Non poteva immaginare cheanche per lei, qualche anno dopo,sarebbe arrivato il momento di sedere aquel tavolo, di respirare quell'ariaputrida, di dover dividere il letto e ipidocchi con quelle megere!

— E comunque adesso la scuola te lascordi, signorina smorfiosa! — le dissemadame Annaud, toccandola con unpiede per farla allontanare dal giacigliofunebre della madre.

— Su alzati e andiamo che non ho tempoda perdere.

7

veva smesso di nevicare e le stradeerano piene di fango gelato. Sophiecamminava a testa bassa, rassegnata. Losforzo per rifiutare di essere affidataalla vecchia delle ossa aveva consumatoin lei ogni energia nervosa, spento ognipossibile slancio di ribellione. Eraconsapevole di essere sola al mondo,senza difesa, in balia della volontà degliestranei.

Come per qualsiasi altra orfana senzarisorse né amici, niente e nessunoavrebbe potuto arrestare la sua caduta aprecipizio nella più completa rovina.

L'unica parente di suo padre, la vecchiacontadina che si era persa per le stradedi Montmartre, era morta l'invernoprecedente. Fantine non aveva famiglia.Aveva perduto tutti i suoi in un'epidemiadi colera molti anni prima di sposare iltipografo. Né l'orfana poteva sperarenella generosità del buon PierreDonadieu, perché sei mesi prima iltipografo aveva esagerato con i suoidiscorsi repubblicani ed era statolicenziato. In tutte le stamperie di Parigierano note le sue idee sovversive, cosìla Scimmia era dovuta andarsene acercare lavoro in Svizzera o inInghilterra.

L'ipotesi infine di potersi rivolgere a

Céline Varens per chiederle aiuto eraper Sophie un'idea tanto assurda quantoquella che la statua di Gesù Cristopotesse scendere dall'altare della chiesadi Saint Pierre per prendere l'orfana trale sue braccia e portarla in cielo. Labella signora, le luci e il tepore dellacasa di Boulevard des Capucines, ilpiccolo schiavo dalle vesti variopinte, ilviaggio in carrozza, appartenevano a unaltro mondo, a un'altra vita, come se ilmaestro di scuola gliene avesse letto suun libro di fiabe di Madame d'Aulnoytanto tanto tempo fa. L'unica impressioneche persisteva con-creta nella suamemoria, di quella esperienza, era lavoce collerica dell'inglese che gridava

al piccolo portiere: «Chi è questastracciona? Falla uscireimmediatamente.»

Al posto di polizia la donna e labambina furono ricevute da un anzianocommissario, che riusciva a stento atenere gli occhi aperti per la stanchezza.Evidentemente aveva passato la notte aoccuparsi di problemi ben più gravi diquello che la portinaia gli esponeva intono concitato.

— Si calmi, buona donna! — lainterruppe a metà del discorso in tonoautoritario. — Il caso non mi pare cosìurgente. La madre di questa poveracreatura a quanto pare non è stata ancora

seppellita. Eh, che diamine! Non si puòlasciarla in quella che era la sua casa avegliarne il corpo fino al momento delfunerale?

— Ma bisognerà avvertire l'Ospizioperché le conservi-no il posto —insistette madame Annaud.

— Neanche si trattasse del pensionatoper signorine di buona famiglia dellaLegion d'Onore! — rise con amarezza ilcommissario. — Di posto là dentro cen'è sempre, al massimo ci si stringe unpo'. In questi mesi freddi poi lapolmonite fa tutti gli anni un bel repulistie sono più le ospiti che escono con ipiedi in avanti che quelle che entrano

camminando sulle proprie gambe.Davvero non ha modo di prendersenecura lei, di quest'orfana, buona donna? Ègià in grado di lavorare e potrebbe darleuna mano.

— No. Meglio che vada all'Ospizio. Èuna creatura ribelle, e ha bisogno diessere tenuta a freno. Mi prepari lacarta, signor commissario, così domani,dopo il funerale, ce la accompagneròdirettamente, senza venire ancora adisturbarla.

Sospirando, l'uomo tirò fuori un modulo,chiese il nome di Sophie e dei suoigenitori, scrisse, timbrò.

— Mi dispiace per tua madre, SophieGravillon — disse a mo' di commiato.

"E ancora di più mi dispiace per te,povero sassolino"

pensò vedendo la figura esile dellabambina che si allontana-va a fiancodella portinaia.

Tornate in rue Marcadet, madameAnnaud si infilò nella guardiola, dove ilbraciere acceso diffondeva un beltepore.

Dalla porta socchiusa Sophie vide iltavolo apparecchiato con le vivandeprovenienti dal canestro di Boulevard

des Capucines. La portinaia colse il suosguardo e con aria di gran degnazionetagliò una fetta dello sformato di riso egliela porse. — Tieni! E fattelo durarefino a stasera. Non ingoz-zarti come faidi solito.

Sophie avrebbe voluto rifiutare consdegno, ma nonostante il suo propositodi lasciarsi morire di fame, sentiva deimorsi così tremendi allo stomaco chetemeva di svenire. Calcolò che eranopiù di ventiquattr'ore che non mangiavaqualcosa di solido.

Strappò dunque la fetta di torta dallemani della donna e masticando conavidità si avviò su per le scale. Salì

lentamente, strascicando i piedi. Durantela notte stare abbracciata al corpoinanimato della madre non le aveva fattonessuna impressione. Adesso invececercava di rimandare il momento in cuil'avrebbe rivista. Temeva di trovarlacambiata, era terrorizzata all'idea cheuna Fantine diversa, con gli occhi in-fossati e le labbra livide stirate sui dentimacchiati di sangue, si mettesse a sederesul giaciglio, che le parlasse con voced'oltretomba, che la afferrasse per unlembo del vestito. Le tornavano allamente tutte le storie di fantasmi cheaveva sentito raccontare, persino ilballetto delle monache morte di Robertoil diavolo. Aveva voglia di scapparsene

lontano, di non entrare mai più nellasoffitta.

Ma quando varcò la soglia, vide conenorme sollievo che la madre eraesattamente come l'aveva lasciata pocheore prima. Anzi, Fantine aveva sul visoun'espressione più dolce, come seavesse dimenticato ogni sofferenza edormisse serena.

Qualcuno, probabilmente una vicina,aveva sostituito i quattro mozziconi connuove candele. E non candele di segocome quelle che il giorno prima avevaportato la portinaia.

Queste erano candele di cera, come

quelle degli altari della chiesa di NotreDame, e bruciando mandavano un buonprofumo. Tra le mani della mortaincrociate sul petto la caritate-volevisitatrice aveva infilato con delicatezzaun mazzolino di fiori. Questo dettagliofece pensare a Sophie che l'autrice delgesto affettuoso fosse madame Richier,la vedova del secondo piano chemanteneva i suoi due bambiniconfezionan-do fiori di seta emodellando frutta di cera per lecampane di cristallo con le quali i ricchidecoravano i loro salotti. Era semprestata gentile con la povera Fantine, equel mazzolino doveva esserle costatouna intera giornata di lavoro, pensò

Sophie con riconoscenza. Ma quando sichinò a osservare meglio i fiori, sentìche emanavano un profumo dolce epenetrante e si rese conto stupita che nonerano di stoffa, ma veri. Dove potevaaverli colti madame Richier? Tutti igiardini e gli orti di Parigi e deisobborghi in quel rigido inverno eranocoperti di neve; le aiuole, gli alberi, gliarbusti erano spogli. Eppure da qualcheparte quei giacinti, quei narcisi e queimughetti erano riusciti a sbocciare, vistoche adesso profumavano cosìdolcemente sul petto di Fantine.

Ma la generosità della vicina non si eralimitata alla povera morta. Sulla sediache stava sotto l'abbaino, poggiate su

un tovagliolo bianco, Sophie vide unatreccia di brioche fresca e una bottigliadi latte.

Il pezzetto di sformato di riso nonl'aveva saziata. Mangiò e bevetteavidamente, rinfrancata dall'idea che almondo esistevano ancora personegenerose. Poi sfiorò i piedi della madrecon una carezza. — Torno subito — ledisse. — Scendo un attimo a ringraziare.

Ma, uscita sul pianerottolo, si bloccò,colpita da un dubbio. Ringraziare chi?Se i fiori non erano artificiali, allora non

era così certo che a portare quei donifosse stata madame Richier. Potevaessere stato chiunque, tra i vicini.L'unica che Sophie poteva escludere, enon solo perché in tutto quel tempo erastata fuori di casa insieme a lei, era laportinaia.

"Una persona così gentile e cosìaffezionata a mia madre, certo verrà alfunerale" pensò la bambina. "Laringrazierò domani."

8

a l'indomani, quando la modesta barauscì dal portone di rue Marcadet sullespalle dei quattro uomini dell'A-genziaFuneraria preceduti dal sacerdote, nonc'era nessuno degl'inquilini a renderel'ultimo saluto a Fantine Gravillon.

Nessuno si affiancò a Sophie e amadame Annaud per seguire il funerale.

— Raccogli i tuoi stracci, prima diuscire, e porta con te il fagotto! —aveva ordinato la portinaia all'orfana.— Dal cimitero ti accompagneròdirettamente all'Ospizio di Mendicità.

A causa del freddo, il prete e i quattroportatori camminavano così in fretta cheSophie riusciva a malapena a nonrestare indietro. Arrivarono al cimiterodi Montmartre in meno di dieci minuti.Qualcuno aveva già aperto il cancello espalato la neve dal sentiero principale.Sui due lati, le tombe erano ricoperte dauna coltre bianca, sollevata a intervalliregolari da rilievi morbidamentearrotondati. Niente sembrava cambiatoda quando, due giorni prima, Sophie erapassata di corsa davanti al cancellogridando euforica all'indirizzo delpadre: — Mi daranno sessanta franchi!

Due giorni… All'orfana sembrava chefosse passata una vita intera.

Guardò meglio e vide che qualcosa inrealtà era cambiato. In fondo, nel campodei poveri, un rettangolo nero ferival'immacolato candore. La fossa giàaperta aspettava di accogliere i resti dicolei che era stata Fantine Gravillon.

Il curato spinse la testa di Sophie controil legno della bara.

— Baciala! — le ordinò. Poi recitò unagiaculatoria in latino di cui nessuno deipresenti comprese il significato. —

Amen! — concluse il prete.

— Amen! — risposero tutti.

La bara fu calata nella fossa e ilsacerdote vi spruzzò sopra dell'acquabenedetta. Il becchino riempì una pala diterra mista a neve e la porse a Sophieche, non riuscendo a reggerla con unasola mano, dovette poggiare a terra ilfagotto.

— Terra alla terra, polvere alla polvere— recitò il curato, questa volta infrancese.

Sophie obbediva come un automa.Avrebbe voluto piangere, anche per nonessere giudicata dai presenti una figliasenza cuore. Ma era come se il freddo leavesse gelato le lacrime, che nonriuscivano a sgorgarle dagli occhi.

Quando tutto fu finito, madame Annaudle ordinò bruscamente: — Andiamo!

Tra poco un'altra bocca nera si sarebbespalancata, questa volta per inghiottirel'orfana: la porta dell'Ospizio diMendicità.

La donna e la bambina s'incamminaronoverso il cancello del cimitero.

L'avevano appena varcato, quandoSophie avvertì un colpo alla schiena chela spinse avanti e sentì che qualcuno lestrappava di mano il fagotto, gettandolotra i piedi di madame Annaud. Laportinaia inciampò a quell'ostacoloimprovviso, vacillò e, per reggersi,

dovette appoggiarsi al muro di cinta delcimitero, imprecando: — Ma cosadiavolo!?

Intanto una mano aveva stretto con forzail polso di Sophie, trascinando l'orfanalontano dal cancello.

— Corri! Scappiamo! — le sussurrò unavoce all'orecchio. La voce di Toussaint.

Corsero veloci. I lembi della pellicciabianca battevano contro gli stinchi delragazzo, che non per questo rallentaval'andatura. Sophie perse una scarpa, esentì che la neve bagnata le inzuppava lacalza fino al ginocchio.

Jean-Baptiste li aspettava con lacarrozza dietro l'angolo di rueLemercier. — Presto, sali! — ordinòToussaint a Sophie, tenendole aperto losportello. Il cocchiere agitò la frusta,fece un verso e i cavalli partirono alpiccolo trotto.

— Dove andiamo? — chiese Sophie. Lepareva che gli ultimi cinque minuti nonappartenessero alla realtà. Forse per lagrande stanchezza e per il freddo si eraaddormentata di colpo e adesso stavasognando.

— Dove mi porti? — ripetèpreoccupata.

— A casa — rispose tranquilloToussaint. — Madame Varens ti staaspettando. Perché tanta meraviglia? Tel'avevo promesso che sarei ritornato —osservò poi. — Sono venuto anche ieri acercarti, ma non eri in casa.

Era stato Toussaint, capì allora Sophie,a lasciare nella soffitta, per ordine dellasua padrona, il pane, il latte, le candelee il mazzolino di fiori.

— Quando le ho raccontato che tuamadre era morta e che quella megeradella portinaia ti aveva dato unoschiaffo e ti aveva portato via i soldi,madame Céline mi ha detto: «La tuaamica non deve restare in quella casa un

minuto di più.

Valla a prendere immediatamente.Perché non l'hai portata via subito?» Leho spiegato che non volevi lasciare tuamadre. «Allora valla a consolare. Edille che l'aspetto.»

— Ma perché? — balbettò Sophiesconcertata. — Cosa vuole da me?

Toussaint si strinse nelle spalle. — È untipo originale, la mia padrona. Ha dettoche d'ora in poi Boulevard desCapucines sarà la tua casa.Evidentemente si è incapricciata di te.

Guardò fisso Sophie negli occhi e

aggiunse, in tono metà serio e metàscherzoso: — Adesso non metterti delleidee in testa, solo perché hai la pellebianca. Non illuderti che madame tivoglia adottare. Ce l'ha già una figlia,una bambina di sette mesi, eprobabilmente ne avrà degli altri. È

ancora molto giovane.

— Una bambina in fasce? Non l'ho vistal'altro giorno

— osservò Sophie stupita. — Dov'era?Forse l'ha mandata in campagna…

Toussaint la interruppe: — No, non l'hamandata a balia in campagna. La alleva

in casa. La allatta lei stessa. È questo ilmotivo per cui madame quest'anno nonha rinnovato il contratto con laCompagnia dei Balletti. MonsieurEdouard vorrebbe che smettesse persempre di calcare il palcoscenico.

Sostiene che non è dignitoso per lamoglie di un gentiluomo.

Ma io credo che anche la gelosia giochila sua parte in questo desiderio ditenerla chiusa in casa. Vedremo cosasuccederà quando Adèle sarà svezzata.Avant'ieri sera non l'hai vista, perchéprobabilmente Dédé a quell'ora dormivagià nella sua camera da letto, o forse eracon Solange negli appartamenti delle

domestiche.

Quella era stata la prima volta,ricordava adesso Sophie, mentreguardava Adèle rincorrere il cerchio neiviali delle Tuileries, che aveva sentitopronunciare il suo nome. Alle undici dimattina del 5 gennaio 1832. Ma senzaprovare troppo interesse per lei e senzariuscire ancora a immaginarla.

Altre erano le cose che destavano la suacuriosità in quel momento.

— E i fiori? — aveva chiesto. — Doveli hai presi, di questa stagione?

— Madame ha sacrificato per te due

interi vasi del suo giardino d'inverno.Una piccola serra con le pareti tutte divetro, sai. I bulbi ci germogliano e cifioriscono tutto l'anno.

Non li hai visti, avant'ieri, nel vanodelle finestre del salottino? MonsieurEdouard protesta, perché la moglie gliproibi-sce di fumare in quella stanza, epoi lo costringe a respirare il profumodei giacinti e dei narcisi, che gli favenire il mal di testa.

Il ricordo di come profumavano queifiori sul petto di Fantine tornò cosìvivido nella mente di Sophie che le suelacrime improvvisamente smisero diessere dure come schegge di ghiaccio e

incominciarono a scorrerle bruciantilungo le guance. Toussaint non disseniente. Si limitò a porgerle in silenzio unfazzoletto.

Intanto erano arrivati in Boulevard desCapucines.

9

prì la porta una cameriera che l'altravolta Sophie non aveva visto. Indossavaun grembiule bianco e aveva un piuminoinfilato nella cintura. Evidentementestava spolverando le porcellanedell'atrio.

— Buongiorno, Charlotte — la salutòcordiale Toussaint. — Madame è giàalzata? Valle a dire che siamo arrivati, echiedile se desidera vedere subito la suanuova protetta.

— Madame sta facendo colazione. Equesta mocciosa, prima di mettere piede

nelle stanze dei signori, dovrebbe fareun bagno, e indossare degli abiti puliti emagari mettersi due scarpe invece diuna.

Toussaint scrutò Sophie da capo a piedi.— Effettivamente sei proprio malmessa— osservò. Ma non voleva darla vintaalla cameriera. — Prima bisogna che leie io mangiamo qualcosa — disse. —Siamo affamati. Cosa c'è di pronto incucina?

Charlotte lo colpì scherzosamente colpiumino della polvere.

— Scendi e chiedilo alla cuoca,briccone. Ma vacci da solo. La tua

amica deve passare in lavanderia, doveGotton la sta aspettando già da un pezzo.

Gotton era una donna anziana, col voltobutterato dal vaiolo che la facevasembrare una strega. I suoi modi peròerano gentili anche se un po' bruschi. Siaccorse subito che Sophie eraterrorizzata all'idea di immergersi nelsemicupio di zinco colmo d'acquafumante.

Fantine era una donna pulita e avevaabituato la figlia a lavarsi tutti i giorni ilviso, il collo e le mani. Finché iGravillon avevano vissutonell'appartamento del quarto piano, unavolta al mese la faceva spogliare e

mettere in piedi su un ca-tino. Poi lestrofinava tutto il corpo con uno straccioinsapo-nato e la risciacquava con l'aiutodi un mestolo da cucina. Da quandoerano andate a vivere nella soffittaquesta cerimonia naturalmente avevaluogo solo nei mesi più caldi, perchéd'inverno era impossibile riscaldareabbastanza il locale e la bambinaavrebbe rischiato una polmonite. Ma intutta la sua vita, confessò Sophie, non siera mai immersa nell'acqua fino al collo.

— Neppure d'estate in un ruscello? —chiese Gotton, che era stata molti e moltianni prima una ragazzina di campagna.

Sophie invece era una bambina di

Montmartre, e gli unici ruscelli checonosceva erano i rigagnoli d'acquasporca che costeggiavano i marciapiedi.Quanto alla Senna, il grande fiume cheattraversava Parigi percorso daimbarcazioni d'ogni tipo, il tipografo esua moglie avevano sempre ammo-nitola figlia a non avvicinarsi troppo allesue rive. — Se ci caschi dentro, lacorrente ti porta via — le ripetevatimorosa Fantine.

— Niente paura! Guarda, ti puoi reggerecon le mani ai bordi. E poi ci sono ioche, se scivoli, ti acciuffo per i capelli eti tiro fuori — la incoraggiava inveceadesso Gotton, nello stanzino pieno divapore.

Le fece togliere il vestito e labiancheria. — Questi stracci è meglioche li bruciamo — disse accennando alfuoco del caminetto.

— Non ho i pidocchi — protestòindignata Sophie.

— Meglio così. Però devi ammettereche sono davvero indecenti, i tuoivestiti, con tutti quei rammendi e quelletoppe. Davvero li preferisci al bell'abitonuovo e alla biancheria che madame tiha fatto preparare?

Sophie sospirò. Era stata Fantine acucirglielo, quel vestito, riducendo unasua vecchia sottana e un corpetto che le

stava stretto. Distruggerlo le sembravauna mancanza di riguardo per la madre.Ma d'altronde era vero che stava percadere a brandelli.

L'abito nuovo che l'aspettava distesosullo schienale di una sedia erasemplice, senza fronzoli. Forse di unamisura un po' troppo abbondante per ilcorpo magro della nuova arrivata. Ma iltessuto sembrava caldo e di buonaqualità. C'era anche un grembiule, un po'grande per lei, che le fece capire megliodelle parole di Toussaint che il suoruolo nella casa sarebbe stato più similea quello di Charlotte e di Gotton che aquello di una protegée o di una piccoladama di compagnia. In fondo preferiva

così. Suo padre e poi sua madre eranostati orgogliosi di guadagnarsi la vitalavorando, e lei avrebbe fatto lo stesso.

Entrò nel semicupio e, reggendosi conprecauzione ai bordi, si accoccolò.L'acqua le arrivava all'altezza del petto.

Si lasciò fregare docilmente la schienada Gotton con una spugna ruvida. Poil'anziana domestica le insaponò i capellie glieli districò con un pettine fitto.

— Avevi ragione. Niente pidocchi,nemmeno in testa.

Finalmente, asciugata, pettinata, vestita ecalzata – il nuovo corredo comprendevaanche delle scarpe – Sophie fudichiarata idonea a penetrare nellestanze private della sua benefattrice.

10

oussaint l'aspettava per accompagnarla.Mentre percorre-vano un lungocorridoio deserto, le infilò tra le ditauna fetta di pane con dell'arrosto.

— Mangia. Con calma, senza strozzarti.Madame può aspettarti ancora percinque minuti. Non ha fretta. Sta allat-tando la bambina.

Fu così che Sophie vide per la primavolta Adèle, che a quel tempo avevacirca sette mesi, mentre poppavaattaccata al seno della madre. La lattantesi teneva stretta con le mani al collo e

all'abito di Céline Varens, e il suopiccolo corpo aderiva talmente a quellopiù grande che lo nutriva, che anchenegli anni a venire a Sophie sarebberiuscito difficile considerare madre efiglia come due entità separate.

Nel salottino verde c'era anche ilgentiluomo inglese, che in piedi vicinoal camino sfogliava un volumetto conaria di disapprovazione.

— Voi siete impazzita, Céline, sepensate di continuare ad allevare questacreatura secondo le teorie delirantisoste-nute dal conte italiano Pietro Verri— stava dicendo.

— Non capisco ancora perché nonabbiate voluto mandarla a balia incampagna come fanno tutte le signoredella buona società. Vi rovinerete ilseno.

— Trovate che non sia più bello e sodocome una volta?

— chiese Céline civettuola, portandosiuna mano alla scollatura aperta. —Eppure l'altra sera a teatro mi avete fattocoprire con lo scialle perché ilmarchese de Rubempré lo ammirava controppa insistenza. Non ditemi che sietegeloso anche di Adèle.

Il gentiluomo sbuffò infastidito. — Mi

piacerebbe sapere come vi sieteprocurata questo libro, e anche perché ilconte Verri, laggiù a Milano, ai suoitempi, non si sia limita-to a fare ilfunzionario di sua maestà l'imperatriced'Austria.

Quando mai si è sentito di un gentiluomoche preferisce disegnare la culla e gliabiti di una neonata, e lavarnepersonalmente le sozzure, invece difrequentare la società dei suoi pari oandarsene a cavallo a sorvegliare le sueproprietà!

— Ve l'ho già spiegato, amor mio —rispose dolcemente Céline, senzaadeguarsi al tono aggressivo del marito.

— È stato Jean-Jacques Rousseau asostenere la teoria che il latte materno èl'alimento migliore per un neonato, e chele fasce danneggiano la crescita deibambini invece di fa-vorirla. Il contePietro Verri non ha fatto altro chemettere in pratica queste teorieallevando personalmente sin dallanascita sua figlia Teresa.

— Anche se la neonata aveva unamadre, e se la casa era piena di parentidi sesso femminile e di domestiche!

— Io trovo commovente che un padreabbia voluto seguire giorno per giornola crescita della sua bambina — osservòCéline.

A Sophie parve di indovinare, in questafrase, un po' di amarezza, come unalieve critica per la mancanza ditenerezza, di carezze, di contatto fisico,per l'indifferenza che monsieur Edouarddimostrava nei confronti di Adèle.

— E poi era un esperimento scientifico— aggiunse la giovane donna. — Nondimenticate che Pietro Verri non era soloun conte e un funzionariodell'imperatrice Maria Teresa, ma era unfilosofo, un illuminista.

— E voi rischiate di rovinare vostrafiglia dando retta ai deliri di questifilosofi del secolo scorso! Non voleteammettere che le loro teorie hanno fatto

solo danno all'umanità, e comunque sonosuperate. Magari quando sarà piùgrande, vorrete fare di vostra figlia unaselvaggia in preda a tutti gl'istinti piùbassi, come il povero Emile del vostroRousseau —

esclamò sdegnato l'inglese, sbattendocon forza il volumetto sul piano deltavolo.

Sophie riuscì a leggerne il titolo:Manoscritto per Teresa. Più avantiavrebbe scoperto che il conte Verri nonsolo si era occupato come una madredella sua primogenita fin dal primogiorno di vita della bambina, ma chescriveva giorno per giorno il resoconto

di questa singolare esperienza rivol-gendosi direttamente alla piccola Teresaperché la figlia, una volta cresciuta, lopotesse leggere.

— Ad ogni modo non oserete affermareche l'assenza delle fasce abbiaindebolito la schiena della nostra Adèle—

osservò scherzosa Céline, sollevando labambina che, sazia, le si era staccata dalseno. La piccola, che era vestita soltantodi un leggero abitino di mussola, sireggeva ben dritta, puntando i piedininudi sulle ginocchia materne e tendevale braccia verso le fiamme del camino.

Col suo piccolo corpo vigoroso e icapelli sottili arric-ciati sul sommodella testa, Adèle era bellissima, pensòSophie. Sembrava una bambola dibiscuit, di quelle a grandezza naturale,che aveva tanto ammirato una volta chesuo padre l'aveva portata a guardare levetrine del centro. Le tese le braccia, ela piccola, senza nessuna diffidenza, sisporse verso di lei.

— Visto? — esclamò allegramente lagiovane madre dandogliela in braccio eapprofittando delle mani libere perabbottonarsi il corsetto. — Adèleapprova la mia scelta. Abbiamo trovatola nuova cameriera che cercavamo, miocaro Edouard.

— Cercavamo una nuova cameriera?Volete sostituire Charlotte? Fino a ierine sembravate così soddisfatta —osservò con stupore l'inglese.

— Infatti. Charlotte è una perla. Ma dasola presto non ce la farà più a tenerepulita tutta la casa. Lo vedete anche voicome sta crescendo vivace il nostrotesoro. Tra qualche mese inizierà acamminare, e metterà tutto in disordine,sporcherà in giro. Proprio quando noiriapriremo il salotto agli amici. Ci saràbisogno di un aiuto cameriera che diauna mano a Charlotte, ed è meglioaddestrarla da subito.

Il marito fece un gesto di fastidio con la

mano, come ad allontanare tutti queidettagli che non potevano né dovevanointeressare un gentiluomo. Poi scrutòperplesso Sophie, senza riconoscere inquella personcina linda e ordinata labambina cenciosa che due giorni primaaveva osato entrare col canestro pienodi camicie dalla porta principale.

— Mi sembra un po' troppo giovane —osservò. — E

poi, quanto ci verrà a costare?

— Niente — intervenne Toussaint, chefino a quel momento aveva osservato lascena in silenzio.

— È un'orfana. Si accontenta del vitto edell'alloggio —

spiegò Céline.

— Se è così… d'accordo — approvòl'inglese. — Ad ogni modo, siete sempretroppo generosa Céline. I suoi parenti vidovrebbero pagare qualcosa, visto chele insegnate un mestiere.

La giovane donna sorrise a Sophie, conuna piccola smorfia di complicità chel'orfana pensò volesse significare:

"Lasciamoglielo credere, aquell'avaraccio. Avrai il tuo salario, sta'tranquilla."

Monsieur Edouard aveva ripreso inmano e aperto il volumetto del Verri. —Davvero, non vorrete imitare questopazzo! — disse indignato, e cominciò aleggere: — Per libe-rarvi finalmentedal pericolo del vaiolo questa seragiorno di Giovedì 28 settembre alle ore24 siete stata innestata dal dottorMainardi all'uno e all'altro braccio sulmuscolo det-toide. Siete stata condottain carrozza colla Savina e con Frisi aPorta Ticinese in casa di un poverogalantuomo dove eravi un bambino conottimo vaiolo e nato da parenti sani.

Io non ho avuto coraggio di esservi…Lo credo bene che non ha avuto ilcoraggio! Far correre un rischio così

tremendo alla propria creatura…

— Se andrete avanti a leggere, mio caroamico — osservò Céline con gentilezza— scoprirete che alla piccola TeresaVerri non accadde niente di cosìterribile, e che restò im-mune per tutta lavita da quella tremenda malattia. E chele piccole eruzioni cutanee, conseguenzadell'innesto, o del vaccino come diconooggi, non le lasciarono alcun segno de-turpante né sul viso né sul corpo. Vorreiricordarvi che ormai da più dicinquant'anni anche in molte famigliereali d'Europa, i piccoli principivengono vaccinati.

— Ad ogni modo vi proibisco di far

inoculare il vaiolo a

"questa" creatura — insistette monsieurEdouard.

L'oggetto di tale disputa intanto si eramessa a ballare tra le braccia di Sophieal ritmo vivace battuto con le mani daToussaint sul piano del tavolino e alanciare brevi grida di entusiasmo.

— Silenzio! — ordinò il padrone dicasa irritato.

— Avete l'emicrania? Forse è meglioche andiate a riposare sul divano delvostro studio — gli consigliò condolcezza Céline.

Quando il marito fu uscito, la giovanedonna aprì le braccia a Sophie. — Edunque, eccoti arrivata, poverabambina! — esclamò. — Adesso sei alsicuro, sassolino. Non ti dispiace se tichiamo così, vero? Qui non ci sonorocce o ma-cigni che ti possanoschiacciare. Da' la piccola a Toussaint eavvicinati.

Se la strinse al petto. Aveva un profumocosì dolce! Sapeva di fiori, ma anche dilatte, di tepore, di dolcezza. Sapeva dimadre, come Fantine quando Sophie erapiù piccola. A quel ricordo l'orfanascoppiò ancora una volta a piangere.

— Su, su! La tua mamma adesso è in

cielo tra gli angeli

— le disse Céline Varens carezzandole icapelli. — La tua mamma adesso ètranquilla, perché sa che niente potrà piùfarti del male. Sa che accanto a te cisono io, e che ti proteggerò da ognipericolo.

Confortata da queste parole Sophie ebbetuttavia un fre-mito d'orgoglio. I suoigenitori le avevano ripetuto tante volteche anche i poveri hanno la loro dignitàe che non devono accettare un dono senon possono ricambiarlo. Dunque gettòindietro la testa, si asciugò le lacrimecol polso dell'abito nuovo, ed esclamòfieramente: — E io quando sarò grande

proteggerò da ogni pericolo la vostrabambina. Non dovrete più preoccuparviper Adèle, mai, per tutta la vita. Ve loprometto.

Céline le sollevò il mento e la fissògravemente negli occhi: — Accetto latua promessa — le disse. — Adesso nontemo più niente per il futuro di miafiglia.

Qualche mese dopo, quando ormaiSophie si era consolata abbastanza danon scoppiare a piangere ogni volta chepensava a rue Marcadet, Toussaint leavrebbe detto che secondo lui madameVarens aveva accettato la sua promessasenza prenderla troppo sul serio. Come

se fossero entrambe due bambine chegiocavano a "fare finta che".

— Quel giorno sembravi fragile eindifesa, come un uccellino caduto dalnido. Fare affidamento su di te per ladifesa e la protezione non dico di unabambina, ma persino di una mosca,sarebbe stato davvero ridicolo.

Ma Sophie non era dello stesso parere.Per un qualche istinto misterioso, sapevache Céline Varens aveva davverofiducia in lei.

V. PARIGI, GIUGNO 1837

1

Parigi, rue Saint Augustin

10 giugno 1837

Cara madame,

se per caso aprite questa lettera primadelle altre, devo pregarvi di richiuderlae di leggerla come terza, dopo quelladatata 3O maggio e l'altra datata 3giugno. Perché è in tale sequenza che vele ho scritte, anche se adesso so che lericeverete tutte insieme.

Carissima madame Céline, sono così

contenta che Toussaint abbia scopertofinalmente che vi tengono rinchiusa nellaprigione femminile di Saint Lazare e chesia riuscito a parlare col vostrocarceriere!

Mi ha raccontato che è un uomo rozzo eignorante, ma che, per vostra e nostrafortuna, non sembra né violento nécrudele. E che, lusingato dalla promessadi qualche moneta d'oro, ha accettato diconsegnarvi le nostre lettere. Vedete cheho fatto bene a conservare intatto ilgruzzolo che avevo nascosto dentro lacalza! Se come spero quei franchi ciserviranno a mantenerci in contatto convoi, li bacerò uno a uno prima diconsegnarli a Toussaint.

Tússi mi ha anche rassicurato sullasegretezza della nostra corrispondenza,spiegandomi che siete sola nella vostracella, il vostro guardiano è analfabeta, eche dunque siamo liberi di scriverviqualsiasi cosa senza paura che lui lapossa leggere. La prudenza però imponeche voi distruggiate le nostre letteresubito dopo averle lette, in modo chenon rischino di cadere nelle mani diqualcuno dei vostri nemici, che magarivi fa controllare e spiare a vostrainsaputa e fa perquisire la vostra cellamentre dormite. Perciò Toussaint èrimasto d'accordo col carceriere che voistessa brucerete le lettere in suapresenza grazie alla fiamma della

candela che vi avrà portato perpermettervi di leggerle.

Sapeste come vi compiango, madame, alpensiero che passate tutto il vostrotempo nell'oscurità, senza poterscambiare qualche parola con un altroessere umano! Toussaint mi ha detto chevi hanno rinchiuso in una segreta che sitrova a due piani di profondità sotto illivello del suolo, e che dunque anche inquesta stagione è fredda e umida comed'inverno. Il carceriere gli ha promessoche vi lascerà il lume per tutto il temponecessario a leggere i nostri messaggi.Perciò, nella speranza che quest'uomosia abbastanza generoso da permettervi,oltre che di leggere, anche di scrivere,

alle tre lettere unisco un foglio bianco.Se siete in grado di risponderci, visupplico di farcì avere vostre notizie.

Sul vostro stato di salute, Toussaint si ègià informato dal carceriere, che lo harassicurato. Ma leggere qualche rigascritta di vostro pugno, e conoscere ilvostro stato d'animo e i vostrisentimenti, sarà per noi di enormesollievo. Scriveteci anche se vi servequalcosa che possa alleviare le vostresofferenze. Cercheremo di esaudire, neilimiti delle nostre possibilità, ognivostro desiderio.

Il carceriere sostiene che non avete intasca un soldo per pagarvi una minestra

calda o un po' di paglia asciutta, e chequando siete arrivata in prigione nonavevate con voi né danaro né oggettipreziosi, dobbiamo credergli? ConToussaint abbiamo esaminato diverseipotesi: la prima è che voi siate riuscitaa nascondere da qualche parte il danaro,i gioielli e i documenti che tenevate nelsecrétaire, e che abbiate effettivamenteseguito a mani vuote le guardie che viarrestavano.

La seconda è che lungo la strada, o alcommissariato, le guardie vi abbianoperquisita e vi abbiano sequestrato ivalori che portavate addosso.

La terza è che siate entrata nel carcere

con il danaro e i gioielli, e che sia statoil carceriere a depredarvi, mentendo piùtardi a Tússi per ottenere del denaroanche da lui.

Non possiamo credere che abbiateancora con voi monete o oggetti divalore, perché altrimenti avreste trovatoil modo di farcì avere subito vostrenotizie, sapendo in quale angoscia ciavevate lasciati.

Abbiate la bontà, visto che il carcerierenon è in grado di leggere le vostreparole e dunque non può riferirlo anessuno, di spiegarci come stanno lecose a questo riguardo. E anche, sepossibile, di dirci dove sono i

documenti che attestano la libertà diTússi. Capite anche voi che da uomolibero potrebbe aiutarvi meglio. Forse,nonostante il colore della pelle, ilgiudice gli permetterebbe anche ditestimoniare.

Immagino che sarete impaziente di averenotizie di Adèle. Il nostro tesoro stabene. Al mattino, se il tempo e asciutto,la accompagno a giocare col cerchio aigiardini delle Tuileries. Portiamosempre con noi anche la bambolaDagoberta, da cui vostra figlia non sivuole mai separare. Mentre di Poupettesembra che le importi molto meno. Nonmi ha chiesto neppure di toglierla fuoridal baule. Forse ha paura che in questo

stanzino dove non c'è posto per niente sipossa rovinare.

Ogni notte, per farla addormentare,leggo a Dédé una fiaba da I racconti diMamma Oca di Perrault. Per fortunasono riuscita a mettere in salvo il bellibro illustrato che monsieur Edouard leha spedito da Nizza per il suo quartocompleanno. E dopo che abbiamo spentola candela, le recito qualcuna dellefavole di La Fontaine, di quelle cheanche Adèle conosce a memoria. Poi, ilgiorno dopo, gliela faccio ripetere. È ungioco che la diverte, e mi ha chiesto leistessa di continuare gli esercizi discrittura che aveva cominciato colCittadino Marchese, pensate che quando

siamo ai giardini, continua a tracciare lelettere con un bastoncino sulla ghiaia deiviali. Ha già imparato a mettere insiemequalche parola e ne è molto orgogliosa.

Adèle non sa che siete in prigione,nessuno, neppure quell'uomo rude che èmonsieur Frédéric, è stato così crudeleda informarla delle vostre disgrazie. Pergiustificare la vostra assenza io le horaccontato che siete in tournée a Viennacon il Corpo di Ballo dell'Opera e cheancora non sono riusciti a consegnarvi lalettera dove vi informavo che i parentidel vostro padrino ci hanno cacciato dicasa.

Per quanto riguarda la vostra difesa in

tribunale, purtroppo la viscontessa deLagardière in questi ultimi giorni eraammalata e non e uscita come al solitoper andare in chiesa. Tússi dunque nonha potuto disporre di molto tempolibero, e quel poco lo ha impiegato tuttonella vostra ricerca e nelle trattative colcarceriere. Speriamo che la sua padronaguarisca presto e gli offra l'occasione diuscire più spesso.

Adesso vi saluto, madame: come vedetesono quasi arrivata al limite del foglio evoglio lasciare un po' di spazio perchédomani mattina vi faro aggiungere unsaluto di pugno di Adèle, che ci tienemolto a

mostrarvi i suoi progressi, perdonate isuoi errori: le ho promesso che lelascerò scrivere tutto quello che vuolesenza correggerla.

Madame, vi supplico, adesso che viabbiamo ritrovata, risponde-teci al piùpresto. Siamo ansiosi di avere vostrenotizie e di sapere in che modopossiamo aiutarvi.

Abbiate fiducia in noi e state certa chefra breve le vostre sofferenze e le nostresaranno finite.

Vi saluta rispettosamente, con tutto il suoaffetto e la sua devozione, la vostrafedele

Sophie

Cara mamma, Sopie madetto cqe sei adansare in un pese lontano que siciama Viena e qe ricevi tanti aplaussi.Ma bali il valzer o la sifide con FanyElser? Io sono buona e obediscio hasopihe. Torna presto. Un baccione fortefote dala tua

Dédé

Parigi, Faubourg Saint Germain

Palazzo del visconte de Lagardière

10 giugno 1837

Cara Madame Céline,

unisco questo foglio alle tre lettere cheSophie, nella sua ostinata fiducia diritrovarvi, aveva cominciato a scriverviimmediatamente dopo la vostrascomparsa. Voi mi conoscete e sapeteche non sono molto portato per lacorrispondenza. D'altra parte, tutte ledomande e le informazioni necessarie,

compresi gli sgorbi di Adèle, letroverete nelle lettere di Sophie.

Insieme alle lettere vi mandiamo unasciarpa di lana e un paio di guanti,lavorati ai ferri da Sophie, augurandociche il carceriere ve li faccia avere comemi ha promesso. Oltre alla somma chemi ha chiesto per consegnarvi le lettere,gli ho dato dieci franchi, perché vi portiogni giorno una zuppa calda e un po' dicarne. Scrivetemi se lo fa davvero, e seil cibo è di buona qualità. E sequell'uomo vi cambia con fre-quenza lapaglia della lettiera per consentirvi didormire all'asciutto.

Anche per questo si è fatto pagare.

Il denaro viene dai risparmi di Sophie,però dovremo trovare il modo diprocurarcene dell'altro, anche in vistadel processo, ancora non so come. Maabbiate fiducia nel vostro Tússi. Se nonfossi ricadu-to in schiavitù e potessidisporre liberamente di me stesso,andrei a of-frirmi come equilibrista eprestigiatore al teatro comico di Bobino.

Sono certo che mi scritturerebberoimmediatamente, anche se forse graziealla mia pelle nera più che alla miaabilità.

Sfortunatamente però non sono padronedi me stesso, quindi do-vrò escogitarequalche altro espediente. Voi comunque

non perdete la fiducia. Il gruzzolo diSophie è ancora quasi intatto e cipermetterà di tirare avanti per almeno unmese. Nel frattempo magari saremo giàriusciti a farvi liberare.

Vi dirò che nella mia disgrazia sonostato fortunato, perché nella casa delvisconte non mi hanno assegnato alcunlavoro faticoso.

'Devo soltanto rispondere agli ordinidella viscontessa, madame Violaine, cheha già uno stuolo di cameriere adisposizione per le sue necessità e dame si aspetta soltanto che la diverta,come un cagnolino ammaestrato, e che lascorti quando esce in carrozza per

suscitare l'invidia delle sue amiche. Ilcocchiere, Noiret, è un uomointelligente, di idee liberali, e quando hasaputo che non ero un domesticostipendia-to, ma uno schiavo, si èindignato che in Francia si tolleri ancoraquesta vergogna e mi ha promesso cheper quanto lo riguarda, cercherà diaiutarmi ad avere la maggior libertà dimovimento possibile. Non so perché, siè messo in testa che io abbia unainnamorata, e che la mia smania diallontanarmi più volte al giorno dalpalazzo de Lagardière nasca daldesiderio di non mancare agliappuntamenti con lei. Lo ha raccontatoalla moglie, che è la cameriera

personale della viscontessa, e anche labrava donna si è impietosita sulla miasorte, e mi ha preso sotto la suaprotezione. Sapeste le bugie che ècapace di raccontare alla sua padronaper giustificare un mio ritardai Di serala viscontessa va a letto presto. Così labuona Denise Noiret racconta a tutti cheanch'io vado a dormire sulla pancadell'anticamera come un cane fedele percustodire il sonno della padrona. E dinascosto mi apre la porti-cina delgiardino, lasciandomi la chiave perchépossa rientrare senza svegliarla.

Quanto al visconte, nei primi tempiavevo paura che mi guardasse condiffidenza, che sospettasse la mia fedeltà

nei vostri confronti, e i miei tentativi dirintracciarvi e di aiutarvi. Ma ho capitopresto che mi giudica poco più di unidiota, incapace di ragionamenti logici edi

sentimenti profondi, forse anche dimemoria. Per lui tutti i neri sono così,me lo ha spiegato Noiret cheaccompagnandolo in giro lo ascoltaconversare con gli amici e lo ha sentitodefinirci scimmie senza peli, brutisenz'anima e senza intelletto.

Questo giudizio dovrebbe offendermi,

ma dal momento che io penso lo stessodel visconte, ne sfrutto l'aspettopositivo, recito a meraviglia la partedell'imbecille, ascolto quello che dice eche trama contro di voi con il cugino, emi comporto di conseguenza.

Aspetto con impazienza di leggere lavostra risposta e vi bacio devotamentele mani.

Sono e sarò sempre il vostro affezionatofiglio maggiore Toussaint

2

isposta?! Quale risposta? Ehi, musonero! Adesso stai esagerando. Cos'èquesta pretesa di ricevere delle letteredalla prigioniera in risposta a quelle cheho accettato di consegnarle? Non ti homai promesso che l'avrei lasciatascrivere. Inchiostro e penna non devonoentrare nella mia prigione.

È troppo pericoloso. Vuoi che miscoprano e che ci rimetta il lavoro, senon peggio? Accontentati di far sapere amadame la schizzinosa quello chesuccede fuori a voialtri. Ma se desideriessere informato di quello che succede

qua dentro, a lei… bene, ti devonobastare le mie parole. E allontanati infretta, che sta per arrivare il collega chemi dà il cambio.

Quello di certo non lo convinci achiudere un occhio sul re-golamento,neppure con una montagna di moneted'oro!

VI. PARIGI, GENNAIO 1832

1

uella prima notte in Boulevard desCapucines, ricordava Sophie, si erameravigliata che non la mandassero adormire nelle stanzette dell'ultimo pianocon Charlotte e con le altre domestiche.Per ordine di Céline l'avevano sistematasu un letto di fortuna, un divanonell'anticamera della stanza di Adèle.Nonostante la stanchezza, Sophie eracosì triste e angosciata che non riuscivaa prendere sonno. Se chiudeva gli occhi,vedeva il viso pallidissimo della madre,i suoi occhi chiusi, le mani incrociatesul petto… Al pensiero che non

l'avrebbe mai più rivista, che mai piùavrebbe ascoltato la sua voce, si sentivasprofondare in un gorgo cupo enerissimo di dolore senza fondo.

Ascoltava i rumori della casa, la musicadel pianoforte che saliva dal salone alpianterreno attutita dai tendaggi e dallescale, l'acciottolio delle stoviglie incucina, le risate delle domestiche.Sentiva la morbidezza del lenzuolocontro la guancia, il peso leggero dellacalda coperta di lana, e si chiedeva senon fosse tutto un sogno, se davverosarebbe potuta restare per sempre sottoquel tetto ospitale o se invece l'indomaninon si sarebbe risvegliata intirizzita eaffamata su una branda dell'Ospizio di

Mendicità.

Sbatterono porte, risuonò lontano lavoce acuta di Toussaint che protestavaper qualcosa, e quella di Gotton cheridendo gli ordinava di andarseneimmediatamente a letto. Solangeattraversò in punta di piedi l'anticameraschermando la candela con una mano eandò a coricarsi nella stanza di Adè-

le.

Cadde il silenzio, e ancora Sophie nonriusciva a dormire. Sentì un mormorionel corridoio vicino. Monsieur Edouardsi accomiatava da Céline con paroletenere: — Addio, mio angelo! A domani.

— Poi il rumore di un bacio.

Passi maschili giù per le scale, ilportone che si apriva e si chiudeva, ilrumore degli zoccoli del cavallosull'acciottolato del viale. "Va a unafesta in casa di gente nobile e ricca dovele ballerine non sono ricevute" tentò diindovinare Sophie, forte della suaesperienza di lettrice di feuilleton. E sichiese se Céline soffriva per questaesclusione, se si sentiva umiliata. Letornarono in mente i discorsi indignatidell'amico di suo padre.

«Come è possibile» protestava PierreDonadieu «che in meno di cinquantanni isacri principi di uguaglianza, libertà e

fratellanza proclamati dalla GrandeRivoluzione siano stati dimenticati?»

Chissà dov'era adesso la buona Scimmiafedele? Lo avrebbe mai più incontrato?Improvvisamente Sophie si rese contoche, se l'amico di suo padre fossetornato dall'estero e si fosse presentato acercarla in rue Marcadet, non avrebbetrovato nessuno in grado di dirgli doveera andata a finire l'orfana del suo anticoOrso. Sia la portinaia che gli altriinquilini gli avrebbero potuto raccontaresoltanto in perfetta buona fede che, dopola morte della madre, la piccolaGravillon era stata vista per l'ultimavolta al cimitero e che poi erascomparsa nel nulla.

Al pensiero di avere perduto per semprela possibilità di rivedere l'unico amicoche le restava al mondo, l'unico legamecol suo passato, Sophie ricominciò apiangere in silenzio.

Aveva sentito suonare la mezzanotte estava finalmente per scivolare nel sonno,quando nell'altra stanza Adèle cominciòa frignare piano.

Ricordando d'essere un aiuto camerieraSophie si scosse, si alzò a sedere,poggiò a terra i piedi scalzi. Cosadoveva fare per evitare ogni disagio allapadrona che dormiva tre stanze più inlà? Doveva intervenire andando acullare la piccola, magari prenderla in

braccio per calmarla, o lasciar fare aSolange?

Mentre si interrogava sui propri compitigià qualcuno era entrato nell'anticamerareggendo un lume: Céline Varens, inaccappatoio, con i capelli sciolti giù perle spalle e panto-foline leggere ai piedi.

— Lasciamo dormire Solange. È moltostanca — le sussurrò accorgendosi cheera ancora sveglia. Poggiò il lume, entròdi là e in un attimo fu di ritorno con labambina già attaccata al petto chepoppava con furia.

— Devo decidermi a toglierlel'abitudine di questo pasto notturno —

sospirò la giovane madre sedendosi sulbordo del divano a fianco di Sophie. —Edouard non può continuare a usciretutte le sere senza che l'accompagni.Eravamo abituati ad andare insiemedappertutto: a teatro, ai veglioni ma-scherati, alle cene… Ma da quando ènata Adèle io la sera devo restare a casao tornare in gran fretta comeCenerentola.

Edouard insiste, fin da quando è nata,perché mandi la piccola a balia incampagna, come fanno le dame del belmondo.

Io però non voglio separarmi da lei. Ètutta la mia vita, e se dovesse succederle

qualcosa…

Rabbrividì e, come per proteggerla,avvolse più stretta la figlioletta nellacoperta di lana leggera. così facendo, losguardo le cadde sui piedi nudi diSophie.

— E tu, torna sotto le coperte, sassolino!Prenderai freddo.

Sophie obbedì. Incoraggiata dalla paceprofonda che regnava nella piccolastanza silenziosa illuminata dal lume apetrolio, osò finalmente la domanda chele prudeva sulla lingua fin dalla mattina:— Perché avete detto a Toussaint diportarmi qui? Non mi conoscevate, fino

ad avant'ieri. Non sapevate neppure cheesistevo. Perché avete deciso diaiutarmi, di tenermi con voi?

Céline allungò una mano per darle uncolpetto affettuoso sui piedi. — Non èstata una mia decisione, bambina —

disse con dolcezza. — Hosemplicemente obbedito a mia madre.

— Vostra madre? Mi conosce?Conosceva i miei genitori?

— No. Non credo. Ma puoi ringraziareAdrienne Varens: è stata lei a salvartidalla strada e dall'Ospizio, anche se èmorta due anni fa.

Sophie aggrottò la fronte: non riusciva acapire. Céline continuò: — ForseToussaint, con tutte le sue chiacchiere,ha dimenticato di raccontarti che sonouna figlia d'arte, nata e cresciuta tra lequinte di un palcoscenico. Entrambi imiei genitori lavoravano a teatro, luicome scenografo e macchi-nista, leicome attrice. Era un'attrice famosa, miamadre. Venivano dalle province piùlontane a vederla recitare la parte diCleantis ne L'Isola degli schiavi diMarivaux o quella di Agnese ne Lascuola delle mogli di Molière.

Era anche una donna molto generosa.Aveva perduto entrambi i genitoridurante la Grande Rivoluzione, ed era

finita in mano a gente crudele che lapicchiava, la affamava e la costringeva achiedere l'elemosina. Quando hacompiuto cinque anni i suoi aguzzinil'hanno affidata, o per meglio direvenduta, a una sarta del caseggiato, cheinvece di insegnarle il mestiere,preferiva mandarla in giro per la città afare le consegne. E questa è stata la suafortuna, perché le ha dato il modo diincontrare l'addetta ai costumi del Teatrodella Co-médie Française, una vedovaenergica e intelligente, che si èimpietosita e l'ha presa con sé. E che,constatato che la sua protetta era piùbrava a cantare e a recitare che alavorare d'a-go, l'ha spinta e aiutata a

muovere i primi passi sul palcoscenico.

A sedici anni mia madre era già famosacome la migliore "ingenua" di tutti iteatri parigini, e continuò a recitare,cambiando ruolo a seconda dell'età, finoall'anno della sua morte. Gl'impresari sela disputavano e le offrivano contrattimolto vantaggiosi. Grazie anche almatrimonio con mio padre, adessogodeva di un certo benessere, ma nonaveva mai dimenticato le sue sofferenzedi bambina.

Quando io ero piccola, aveva fattogiurare al mio padrino, un marchese suoamico e ammiratore, che in caso didisgrazia, se anche mio padre fosse

venuto a mancare, avrebbe provvedutoal mio futuro. I miei genitori sono mortiche avevo già sedici anni ed ero entratada tempo nel Corpo di Ballo dell'Opera,per cui non avevo più bisogno di aiuto,ma il marchese Beaufort de laPommelière ha mantenuto la promessa emi è sempre rimasto vicino. D'altronde èstato lui a occuparsi della miaeducazione fin da quando ero unabambina, lui che mi ha pagato per anninon solo le lezioni di danza con imigliori maestri, ma anche quelle dicanto, di recitazione, di italiano e discherma, nel caso alla fine avessi decisodi fare anch'io l'attrice come mia madre.E ancora adesso, all'insaputa di

Edouard, il mio padrino paga il maestroJolivet che viene a darmi lezione diballo due volte alla settimana.

2

a meraviglia di Sophie alla notizia cheuna danzatrice già famosa prendesseancora delle lezioni era così evidenteche Céline si mise a ridere.

— Noi artisti dobbiamo studiare pertutta la vita, sai?

Soprattutto nei periodi in cui nonlavoriamo, come ho dovuto fare inquesti mesi per via della bambina. Nonpossiamo restare fuori esercizio.

— Io credevo, madame, che adesso chesiete sposata non aveste più bisogno di

lavorare — osservò Sophie.

— Parli come il mio Edouard, o come ilconte Gilbert de Voisin che corteggia lagrande Taglioni e pretende di farlelasciare le scene. Ma vedi, sassolino,non si tratta di un bisogno materiale.Quello di esprimersi con la propria arteè un bisogno di altra natura. L'uccelloche non canta muore di tristezza. Equesto vale anche per il poeta, per ilpittore, per la ballerina e per la cantante.Prendi l'esempio della contessa deMerlin… Sai chi è?

— Una gran signora creola – c'erascritto sui giornali che leggevo a mamma– la moglie di un generale di

Napoleone… Nel suo salotto di rue deBondy riceve le persone più famose eimportanti di Parigi.

— Vedo che sei informata. Allora sapraiche la contessa è un'ottima cantantelirica allieva del maestro Garcia, ilpadre della grande Maria Malibran. Eche nella sua casa offre agli illustriospiti concerti e serate musicali di cui èlei stessa l'interprete principale. Hapersino cantato nei teatri, per unpubblico pagante, destinando il ricavatodei biglietti alle cause più nobili: agliesuli spagnoli, ai patrioti greci checombatto-no per l'indipendenza daiturchi, agli insorti polacchi, alle vittimedel terremoto della Martinica…

Edouard sostiene che non è dignitosoche la discendente delle due grandifamiglie spagnole Santa Cruz de Jarucoe Montalvo O'Farril, la moglie del conteAntonio Cristobal de Merlin, si esibiscasu un palcoscenico come una qualsiasifiglia di artigiani o di operai dotata diuna bella voce di soprano, e che ilmarito glielo dovrebbe proibire. Maperché mai, se a lei cantare piace tanto,e se gli ospiti la ascoltano volentieri?

A Sophie in quel momento importavapoco di quanto fossero corrette,opportune e consone alla sua condizionesociale le esibizioni della contessa deMerlin, quindi tornò al-l'argomentoiniziale: — Dunque quando Adèle sarà

cresciuta voi tornerete a ballare?

— Appena l'avrò svezzata. Mia madre,che era un'attrice e non una ballerina,aveva potuto riprendere a recitare unmese dopo la mia nascita e mi allattavadietro le quinte, tra un atto e l'altro de IlCid di Corneille o della Fedra di Raci-ne. Ce l'ho nel sangue, il teatro. Hodebuttato a cinque anni, sai?, nel ballettoLa fanciulla mal custodita, che sisvolge in una fattoria. Noi piccoledovevamo fare la parte delle oche.

E da allora ho sempre ballato. Non puoiimmaginare quanto mi manchi il teatro inquesto periodo! So già che sarà moltodifficile convincere Edouard a lasciarmi

accettare una nuova scrittura. Epurtroppo il mio padrino non ha nessunascen-dente su di lui. Anzi, per dirlatutta, sfortunatamente i due uomini cheamo di più al mondo non si stimanoaffatto l'un l'altro. Edouard sostiene chei libri che mi porta da leggere ilmarchese de la Pommelière hanno su dime una pessima influenza. Il padrino dalcanto suo non si pronuncia, ma non èdifficile capire che preferirebbe per meun marito diverso.

La giovane donna sospirò. Adèle intantole si era addormentata sul seno. Célinesi alzò e andò in punta di piedi nell'altracamera a deporla nella culla. Poi tornò asedere sul letto di Sophie.

— Ti chiederai cosa c'entri tu, in tuttaquesta storia.

Vedi, sassolino mio, due anni fa miamadre, sentendo che stava per morire,mi chiamò accanto al letto e mi disse:«Cé-

line, me ne vado tranquilla perché soche ormai sei un'artista affermata, puoiguadagnare i tuoi quattromila franchiall'an-no, contare sulla protezione deltuo padrino e dunque non haipreoccupazioni per il futuro. Ma devifarmi una promessa.

Giurami che se un giorno dovessebussare alla tua porta una midinette, la

"piccinina" di una sarta che viene aconsegnarti un vestito, e se ti accorgessiche è sola e infelice come lo ero ioquando bussai alla porta di madameCamille, giurami che avrai pietà di lei eche farai di tutto per aiutarla comemadame Camille ha fatto con me.»

— Ma io non ero una midinette… e lecamicie appartenevano a monsieurFélicien, che se lo verrà a sapere… —la interruppe timidamente Sophie.

Céline rise. — Venivi a consegnarmi deicapi d'abbigliamento, eri sola e

disperata… tutto il resto non haimportanza — tagliò corto. — E saicosa ti dico? Sono felice e ringrazio lasorte che, a permettermi di mantenere lapromessa fatta a mia madre, sia arrivataproprio tu, piccola Sophie. Mi fidodell'opinione di Toussaint. «Vi piacerà,madame» mi ha detto «e penso cheandrete d'accordo.» Ne sono convintaan-ch'io. Buona notte, sassolino. Dormi,adesso.

E Sophie, sospirando di sollievo,finalmente si era addormentata.

3

indomani, quando Sophie si svegliò,qualcuno aveva già acceso il fuoco nelcaminetto, e nella piccola anticamerac'era un tepore delizioso. La porta chedava sulla stanza di Adèle era socchiusae, senza alzare la testa dal cuscino, laragazzina poteva vedere Charlotte che,inginocchiata per terra, fregava ilpavimento con uno spazzolone.L'orologio sulla mensola del caminosegnava le dieci e mezzo.

Mai, in tutta la sua vita, Sophie si eraalzata così tardi!

Piena di vergogna saltò giù dal letto e apiedi scalzi corse nell'altra stanza.

— Perché non mi avete svegliata? —domandò a Charlotte. — Adesso mivesto e vengo ad aiutarvi. Ditemi cosadevo fare.

— Niente — rispose la cameriera. —Ho quasi finito.

Sophie vide che il letto di Solange erastato rifatto, con le coperte benallisciate. Anche la culla era vuota, colvelo e le piccole lenzuola in perfettoordine.

— Dove sono Adèle e Solange?

— Sono uscite — rispose la cameriera.

— Uscite? Con questo freddo?

— Ha smesso di nevicare, non vedi? Edè spuntato il sole. Madame vuole che lafiglia vada al parco tutti i giorni, a menoche non piova o non nevichi. La copronobene, e fino ad oggi non ha mai presoun'infreddatura. Sta' attenta tu, piuttosto,con quella camicia leggera in mezzo allacorrente!

Vestiti. Ti ho portato una brocca d'acquacalda più di un'ora fa, e l'ho poggiataaccanto al fuoco. Dev'essere ancoratiepida.

Abituata al gelo della soffitta, Sophienon immaginava quanto fosseconfortevole potersi lavare senzarabbrividire dal freddo. Indossò ilvestito nuovo, mise calze e scarpe,cercò il grembiule bianco inamidato. Mala sua divisa da cameriera era sparita.

Charlotte non seppe darle spiegazioni inmerito. Disse soltanto: — Sbrigati!Madame Céline si è alzata mezz'ora fa eha detto che ti avrebbe aspettato per farecolazione insieme.

— Dove?

— Nel salottino verde. Sai comearrivarci? È giù da basso, di fianco al

salone del pianoforte.

Céline non si era ancora vestita dagiorno né fatta pettinare dalla cameriera,ma Sophie pensò che non ne avevabisogno. Con quella carnagione fresca,quei capelli lucenti e naturalmenteondulati, avvolta nell'accappatoiobianco la sua benefattrice sembrava unarosa di maggio.

Era seduta in una poltrona dall'altoschienale, totalmente immersa nellalettura di un libro.

Quando sentì il timido "buongiorno"della sua protetta, alzò gli occhi dallepagine, le sorrise, e in risposta al suo

saluto la informò, come continuando unaconversazione già iniziata: — Stoleggendo un libro bellissimo, NotteDame de Paris, l'ultimo romanzo diVictor Hugo. — Poi aggiunse conentusiasmo: — Adoro Victor Hugo! È ungenio, il più grande scrittore di tutti itempi.

— Anche mio padre diceva così —mormorò Sophie, guardandosiimbarazzata le scarpe e augurandosi cheCéline non la rimproverasse perl'assenza del grembiule.

— Tuo padre leggeva Victor Hugo?! —esclamò stupita la giovane donna.

— No, non sapeva leggere, lui. Erasoltanto un Orso.

— Un Orso?

E Sophie, lasciata da parte ognitimidezza, raccontò anche a Céline dellatipografia, del gergo degli operai,spiegò la differenza tra gli Orsi e leScimmie, raccontò delle lorodiscussioni sulla politica e sulla cultura,della Società degli Amici del Popolo, edi come, grazie alla Scuola del MutuoSoccorso Operaio, quell'Orso di suopadre avesse deciso di fare di lei unaScimmia.

— Ero io che in casa leggevo sempre il

giornale —

spiegò la ragazzina — e ogni volta cheusciva un nuovo romanzo, una raccoltadi poesie o un dramma di monsieurHugo, mio padre voleva sapere quelloche dicevano i critici.

Mia madre invece era interessata allastoria romantica del suo matrimonio. Losapete che il giorno stesso delle nozze,il fratello maggiore del poeta èimpazzito dalla gelosia perché erasegretamente innamorato anche lui dellasposa?

— Mi stupisci, bambina. Non pensavoche a una povera cucitrice di

Montmartre interessasse la vita privatadei poeti.

— Mia madre è… — cominciò Sophie,poi si rese conto che d'ora in poiavrebbe sempre dovuto dire "era", edall'emozione le si spezzò la voce.

Céline la attirò verso di sé, la fecesedere sul bracciolo della poltrona. —A proposito, sai una cosa? — le chieseper distrarla, cingendole le spalle con unbraccio. — Sai perché ho volutochiamare Adèle mia figlia?

Sophie scosse la testa. Le lacrime lecolavano giù per il naso.

Intanto era entrata Lisette col vassoiodella colazione e l'aveva poggiato su untavolino. C'erano un bricco di latte, unaltro di cioccolata fumante e una teiera.C'erano brioche appena sfornate,biscotti, pane, burro e confetture di fruttadiverse.

Céline porse il suo fazzoletto a Sophieperché si asciugasse gli occhi e sisoffiasse il naso. — Su, mangia — ledisse. — Io berrò soltanto una tazza di tècon un crostino im-burrato. Quella del tèè un'abitudine inglese che ho preso daEdouard.

Lisette riempì le due tazze. Nonostante ilnodo di tristezza che le serrava la gola,

Sophie non poté fare a meno di gustare,per la prima volta nella sua vita, ilsapore delizioso della cioccolata.

— Sai perché l'ho chiamata Adèle? —riprese Céline. —

Perché madame Hugo si chiama così. Èuna donna bellissima, alta, bruna:sembra una spagnola. Quando va a teatronon c'è chi non si giri ad ammirarla: è lapiù elegante di tutte le dame.

— Ha quattro figli — commentò Sophie,che l'aveva letto su un foglio di cronacamondana.

— Era incinta della più piccola quando

è scoppiata la Rivoluzione di Luglio, LeTre Gloriose… — precisò Céline,compiaciuta che la sua protetta fossecosì bene informata.

"… quando è morto mio padre…" pensòSophie, ma non lo disse.

— Il poeta ha voluto chiamare labambina con lo stesso nome dellamadre. così anch'io, quando un annodopo è nata mia figlia, ho deciso dichiamarla Adèle — concluse Céline.

— È un bellissimo nome — approvòSophie con la bocca piena di brioche.

4

uando Lisette ebbe portato via il vassoiodella colazione, Céline Varens disse aSophie: — Non ti offendere, sai.

Non voglio mettere in dubbio le tueparole. Però, mentre aspettiamo chearrivi la sarta, vorrei sentirti leggere unpo'.

Giusto per farmi un'idea del punto a cuisei arrivata in quella tua scuolapopolare.

Le mise sotto gli occhi Notre Dame deParis, e Sophie lesse senza fare neppure

uno sbaglio il brano in cui la giovane ebellissima zingara Esmeralda interrogadavanti alla folla la sua capretta Djalidalle corna dorate, e l'animale rispondea tutte le sue domande battendo con glizoccoli d'oro sul tam-burello oppureassumendo delle posizioni e facendo deigesti quasi umani.

— Avete ragione — osservò Sophiequando Céline le fece cenno chebastava. — Dev'essere un librobellissimo.

Mi piacerebbe sapere da dove vienequesta zingara e cosa succede dopo.

Céline le promise che quando l'avesse

finito, gliel'avrebbe prestato. E leraccontò che per scriverlo senza esseredi-sturbato dalle visite o distratto otentato di uscire, Victor Hugo avevachiuso a chiave tutti i suoi vestiti eaveva indossato una maglia di lana cosìgrossa che i suoi bambini la chiamavano"la pelliccia d'orso di papà". E chepoiché aveva terminato il romanzocontemporaneamente al contenuto delcalamaio, voleva intitolarlo "Quello chec'è dentro una bottiglia d'inchiostro". PoiCéline fece a Sophie qualche domandadi geografia, sulla Francia e sullecolonie. E anche su questa materia trovòche la figlia dell'operaio era molto piùprepara-ta delle sue coetanee, comprese

quelle che frequentavano i più celebripensionati femminili, quello delleDames Augustines Anglaises o quellodella Legion d'Onore di Saint Denis, peresempio, e che venivano esibite dallemadri nei salotti come cagnoliniammaestrati.

Sophie sapeva persino cos'erano iparalleli e i meridiani, e quali scienziati,negli anni difficili della GrandeRivoluzione e della Prima Repubblica,avevano organizzato e guidato laspedizione che doveva misurare ilmeridiano che passa per Parigi, alloscopo di stabilire una unità di misuravalida in tutti i paesi del mondo.

— Monsieur Méchain e monsieurDelambre hanno viaggiato per tutta laFrancia tra mille avventure e pericoli, ehanno misurato la lunghezza di quelmeridiano. Poi lo hanno diviso inquaranta milioni di parti uguali.Quaranta milioni, ci pensate! La nuovamisura universale è un quarantamilio-nesimo di meridiano terrestre. L'hannochiamata "metro"

perché i due geografi ammiravanoentrambi il poeta greco Omero, l'autoredell'Iliade e dell'Odissea, e "metro" ingreco vuol dire misura. Questo me l'haspiegato un amico di mio padre, unaScimmia che si chiama Pierre Donadieu— concluse Sophie.

Céline batté le mani piena dientusiasmo.

— Sei molto più avanti di quantopensassi! Credo che pochissimi ragazzidella tua età, neppure quelli che frequen-tano le scuole da dieci franchi al mese,sappiano tutte queste cose. Bisogneràche ti esamini anche il CittadinoMarchese, naturalmente. Ma credo chepotrai partecipare alle stesse lezioni cheprende Toussaint. Ti piacerebbe?

Sophie la guardò a bocca aperta. Comepoteva rispondere? Non si aspettava unadomanda del genere. Erano troppi idubbi, troppe le domande che quellaproposta inattesa le faceva sorgere nella

mente. Toussaint prendeva delle lezioni?

Non gliel'aveva detto. E di qualimaterie? E da chi? Come mai gli venivapermesso di ricevere un'istruzione? Nonera più che sufficiente, per uno schiavo,quello che aveva imparato a Cuba alfianco di mademoiselle Athénaïs? Einfine, chi era il personaggio cherispondeva allo strano nome di CittadinoMarchese?

Alla Scuola del Mutuo SoccorsoOperaio le avevano spiegato che durantela Grande Rivoluzione tutti i titoli nobi-liari erano stati aboliti. Però i francesinon si limitavano a rivolgersi l'unoall'altro col semplice termine di

"monsieur" o

"madame". Era stato deciso che l'unicaqualifica che potevano darsi le personeera quella di "cittadino" o "cittadina"per significare che davanti allo Statoerano tutti uguali. E bisognava darsi deltu, anche con le persone con cui non siera in

confidenza. Il "voi" ricordava leabitudini cerimoniose degli aristocraticie chi lo usava veniva insultato o deriso.

Chiamare qualcuno "Cittadino

Marchese", rifletté Sophie, a quei tempisarebbe stata una vera contraddizione. E

negli anni del Terrore avrebbe potutocostare la ghigliottina.

Ma adesso che era stata restaurata lamonarchia, e che i nobili avevanoripreso con orgoglio i loro titoli, nessunmarchese avrebbe accettato l'appellativorivoluzionario di "cittadino".

Infine, come poteva Sophie parteciparea un corso rego-lare di lezioni, quandodoveva fare l'aiuto cameriera diCharlotte e assisterla nel tenere pulitaquella grande casa?

5

enza sospettare il tumulto che laproposta aveva suscitato nei pensieridella sua protetta, Céline Varens lesollevò con due dita l'orlo del vestito.— Questa gonna è troppo lunga — disse— e anche le maniche. La cintura varistretta. Ma avant'ieri, quando hodeciso che saresti venuta a vivere quicon me, non avevo modo di farti fare unvestito su misura, e così ho convinto laguantaia che abita qua vicino, mammaLagrange, a cedermene uno che avevaappena finito di cucire per una suanipotina più o meno della tua età. Non

ha un gran taglio, e le pince sono tuttesbagliate. Tra poco, quando verrà la miasarta personale, le dirò di sistemartelo.

— Anche il grembiule mi sta un po'grande. Ma posso modificarlo da sola.Aiutavo mia madre a segnare lenervature e a fare gli orli, sapete? —propose Sophie, augurandosi che Célinenon le chiedesse come mai quellamattina non lo aveva indossato.

— Certo che ti stava grande! È diCharlotte, quel grembiule, e stanotte ètornato nel suo armadio.

— Se mi date della tela bianca —propose timidamente Sophie — posso

farmene da sola un paio della miamisura, anche tre, in modo da averesempre il cambio pulito.

— Non ti serve nessun grembiule,sassolino — rise Cé-

line.

— Ma ieri…

— Non lo avevi capito, che quella diieri era una mascherata per convincere ilmio dolce Edouard a farti restare inquesta casa? È stata un'idea di Toussaint,quella di spac-ciarti per aiutocameriera. In fondo è mio marito chepaga tutte le spese di casa, compreso il

mantenimento di chi ci vive, ed eranecessario che desse il suo permesso.

— Allora non dovrò aiutare Charlotte?— esclamò Sophie meravigliata.

— Se proprio vuoi renderti utile, puoidare una mano a Solange, e occuparti unpochino di Adèle, visto che mi haipromesso di proteggerla. Ma soloquando ne avrai voglia, quando sarailibera dallo studio. Come una sorellamaggiore.

Non ti ho accolta per farti lavorare,bambina, ma per offrirti una vita e unavvenire migliori.

Sophie la guardò incredula. Che, soloper una promessa fatta anni prima allamadre, Céline Varens offrisse un lavoroonesto e la sua protezione a una perfettasconosciuta le era sembrato giàabbastanza strano. Ma che la tenesse incasa e si facesse carico della suaeducazione senza chiederle niente incambio, questo le sembrava impossibile.Guardò la sua benefattrice condiffidenza. Dove si nascondeva latrappola?

— Sta' tranquilla — la rassicurò Céline,equivocando i suoi pensieri. — Nonvoglio fare di te un gatto ammaestrato,una filosofa, una "donna sapiente", comemi chiama per scherzo il mio Edouard,

da quando ha visto la commedia diMolière che mette in ridicolo le smaniedelle donne di sembrare istruite.Preferisci forse studiare pittura, odiventare un'artista di teatro come me? Èun po' tardi, per cominciare a studiaredanza o recitazione, ma se hai talento…

— No, no! — protestò Sophiespaventata. Aveva letto sui giornali chele piccole attrici e le ballerinettedell'Opera erano bambine dieccezionale bellezza. Lei eraconsapevole d'essere troppo magra etroppo piccola per la sua età, d'avere icapelli lisci e opachi, gli occhi vivaci,ma piccoli e troppo vicini. Si sentivagoffa e sgraziata. Mai avrebbe avuto la

disinvoltura e il coraggio di presentarsisu un palcoscenico.

— Non agitarti — la rassicurò Céline.— Non dobbiamo deciderlo adesso,quello che farai da grande. Però, vistoche sei una buona lettrice, e che hai giàimparato tante cose, mi piacerebbe chealmeno fino ai dodici anni continuassiad andare a scuola. Era quello chedesideravano i tuoi genitori, o sbaglio?

— Non sbagliate — ammise Sophie, cheperò continuava a non essere convinta.— Cosa ne dirà monsieur Edouard? —domandò preoccupata.

— Oh, lui non ne saprà niente! Ha

affidato a me la direzione della casa e,purché tutto fili liscio e io non spendatroppo o non mi lamenti, non sipreoccupa di quello che fanno idomestici. Oltretutto è spesso in viaggioper seguire i suoi affari; ogni tanto se neva in Inghilterra a controllare le sueproprietà e ci resta per molte settimane.Pensi che sappia che monsieur Jolivetnon è un parrucchiere, come Lisette e iogli lasciamo credere, ma un maestro diballo? Che su nell'attico, nel locale piùgrande e meglio illuminato, ho fattoportare un pianoforte e mettere unospecchio e una sbarra per continuare imiei esercizi quotidiani? E cheToussaint esce ogni mattina per

andarsene sulla Rive Gauche, afrequentare la scuola del CittadinoMarchese? Edouard è convinto che ilmio bello schiavetto moro passi tutto ilsuo tempo in anticamera ad aprire laporta ai visitatori. E che esca molto dirado, e solo per eseguire qualcheincarico mio o della governante.

Il fatto è che ai gentiluomini, che sianoinglesi o francesi, non importa molto diquello che fanno i domestici durante lagiornata, purché le loro signorie sianosempre servite a dovere.

— Ma se dovesse scoprire che cimandate entrambi a scuola? — insistetteSophie.

— Gli dirò che ho dovuto cedere a uncapriccio del mio padrino. Che si trattadi un esperimento pedagogico e che nonho potuto rifiutare la mia collaborazionea quel vecchio stravagante. Edouard saquanto gli devo, e non nasconde lasperanza che il padrino si ricorderà dime nel suo testamento.

Quindi se gli dico che non ho volutoscontentarlo, mi darà ragione.

6

a pendola che stava sul caminetto suonòle dodici. Subito dopo si sentirono perle scale i passi di Solange e gli stril-lidi Adèle, di ritorno dalla passeggiata.

— La piccola golosa reclama il suopranzo — rise Céli-ne alzandosi peraccogliere la figlia sulla porta. Adèleaveva le guance rosse per il freddo.

— Ha ricominciato a nevicare, madame— disse la bambinaia, e aggiunse: — Èarrivata la sarta. Devo farla entrare?

— Quando avrò finito con la bambina,

Solange. Intanto falla accomodare nellastanza del cucito e chiedile se vuol berequalcosa di caldo.

Mentre Adèle poppava, Céline continuòa parlare con Sophie.

— Le chiederò di farti altri due vestitiinvernali e qualcuno da mezza stagione,un cappotto e un soprabito leggero, inmodo che tu possa uscire vestita inmodo decente. Al Cittadino Marchesenon importa cosa indossano i suoiallievi, ma io non voglio vedertiinfagottata in abiti non tuoi.

A questo punto Sophie non riuscì atrattenere la domanda che le faceva

prudere da un pezzo la punta dellalingua:

— Chi è questo Cittadino Marchese?Perché lo chiamate così?

— Credevo che l'avessi capito! È il miopadrino, monsieur Philarete ArnaudBeaufort, marchese de la Pommelière,l'antico ammiratore di mia madre, ilfedele amico e protettore dei mieigenitori.

— Un vecchio dunque!?

Céline rise. — La scorsa settimanaabbiamo festeggiato il suo settantesimocompleanno. Ma è sano come un pesce,

pieno di energia, e quanto allo spirito èmolto più giovane di certi ventenni. Fattiraccontare da Toussaint quanto si diver-tono insieme a organizzare giochi,sciarade e scherzi per gli altri ragazzi.

— E come mai non va d'accordo conmonsieur Edouard?

— Vedi, Sophie, mio marito èorgoglioso d'essere un baronetto e credeche la monarchia sia il miglior tipo digoverno per gli uomini. Il padrinoinvece è un fervente repubblicano,convinto che un aristocratico non valgapiù di un parrucchiere o di unalavandaia e non ci tiene affatto, al suotitolo di marchese. Fin da giovane era

entusiasta delle teorie dei filosofiilluministi, e a ventotto anni hapartecipato alla Grande Rivoluzione,dalla parte del popolo, insieme a Dantone a Robespierre, contro gli aristocratici,che lo consideravano un traditore. Bah,d'altra parte non è stato l'unico! Solo chegli altri, dopo, al tempo dell'Impero epoi della Restaurazione, hanno rinnegatoi principi di uguaglianza, fratellanza elibertà e si sono affrettati a riprenderegli antichi privilegi. Il mio padrinoinvece è rimasto fedele agli ideali dellagiovinezza, e continua a sostenere che ifilosofi illuministi avevano ragione, eche i nobili non hanno alcun merito dellaloro posizione, perché non hanno fatto

niente per meritarsela.

Semplicemente hanno avuto la fortuna dinascere nella famiglia giusta.

— Proprio quello che dice Figaro, ilbarbiere di Siviglia! — approvò Sophie,e recitò, orgogliosa di ricordare amemoria l'intera battuta: — Signore, visiete dato la pena di nascere, e nientedi più. Per il resto, siete un uomopiuttosto ordinario.

— Ti hanno portato a teatro a vedere lecommedie di Beaumarchais? O magari asentire le opere di Rossini? —

chiese stupita Céline.

— Non sono mai stata a teatro —sospirò Sophie con rimpianto. — Manella tipografia dove lavorava miopadre hanno stampato Il matrimonio diFigaro e Pierre Donadieu mi ha portatole bozze perché le leggessi ai mieigenitori.

— Allora capirai perché il marchesePhilarete insista da più di quarant'anniper essere chiamato "cittadino". Macome si fa? Lo sanno tutti che è unaristocratico di antica e nobilis-simastirpe, e prima della Rivoluzione diLuglio la parola

"cittadino" poteva farti finire inprigione. I nipoti del mio padrino, che lodisprezzano e vanno dicendo in giro cheè un povero pazzo, hanno cominciato achiamarlo "il Cittadino Marchese" insegno di derisione, facendo il verso alBorghe-se Gentiluomo di Molière. Malui l'ha trovato divertente, come se fosseun motto di spirito: invece divergognarsene se ne è fatto fare unmonogramma e lo ha messo sullostemma del portone e sul fianco dellacarrozza. Adesso a Parigi lo chiamanotutti così, i suoi nemici ma anche i suoi

amici.

Si accorse che Sophie la guardavafrastornata e aggiunse in tonorassicurante: — Non dovrai andarcisubito, a scuola.

Tra un paio di settimane, quando ti saraiabituata a vivere con noi. Quando tisarai un po' rinforzata mangiando comesi deve. Nel frattempo è meglio che restiin casa, al caldo, finché dura questotempaccio. Sei così magra che un soffiodi vento potrebbe portarti via.

7

a sarta sistemò in mezz'ora l'abitoconfezionato senza garbo dalla guantaiae promise che entro una settimanaavrebbe consegnato i due primi vestitinuovi di Sophie: un abito da tutti i giornidi lana a righe grigie e rosa e uncappotto pesante con la mantellina che sipoteva staccare. Non era una cucitriceda venti soldi al pezzo come Fantine, mauna sarta alla moda, che serviva leattrici e le mogli e figlie dei ricchiborghesi di Parigi. Era lei che avevadisegnato e rea-lizzato la variopinta"divisa da portinaio" di Toussaint, ed

era abituata ai capricci delle sue clienti.Quindi non mostrò alcuna meravigliadavanti all'ordinazione di un interocorredo elegante per una bambinagracile, timida e denutrita che prima diquel giorno non aveva mai visto nellacasa di Boulevard des Capucines.

Dopo la sarta, Céline mandò a chiamareun vecchio dottore che esaminò Sophieda capo a piedi, le poggiò l'orecchiopeloso sulla schiena nuda, la fecetossire, parlare, respirare, la picchiettòa martello con la punta dura delle dita,le palpò il ventre e il collo, le rovesciòle palpebre…

— È anemica, naturalmente — decretò.

— Ma gli organi sono a posto. Anche ipolmoni. C'è solo una leggera bronchiteche passerà con degli impacchi d'olio dilino caldo.

Non è necessario che rimanga a letto.Basta che non sudi e non prenda freddo.E che mangi, naturalmente. Carne, tutti igiorni. Pane bianco. E uova battute conlo zucchero e un po'

di marsala. Latte, burro e miele avolontà. Voglio vedere un po' di cicciasu queste ossa sottili quando torno,intesi, signorina?

Sophie era contenta di potersene restarein casa al cal-duccio in compagnia di

Céline e di Adèle, che Solange nonpoteva accompagnare al parco per laabituale passeggiata igienica. Infattiaveva ripreso a nevicare e Toussainttutte le mattine usciva ben avvolto nellasua pelliccia e imbottito da strati digiubbetti, sciarpe e scialli di lana.Quando rincasava, mentre facevanoinsieme merenda, Sophie lo supplicavaperché le descrivesse la scuola, lelezioni, e soprattutto il CittadinoMarchese. Ma Toussaint, che suqualsiasi altro argomento era tantoloquace, su quello non voleva aprirebocca.

— Non essere impaziente — le diceva.— Presto la vedrai con i tuoi occhi, la

nostra scuola. D'altra parte non ci sonoparole per descriverla. Bisogna viverlagiorno per giorno. È talmente diversadalle altre!

Questa reticenza non faceva cheaccrescere la curiosità di Sophie, cheinterrogava Céline con lo sguardo.

— Sì, è davvero straordinaria. Tipiacerà moltissimo, vedrai —rispondeva la sua benefattrice. Maneppure lei voleva spiegarle di più. —Aspetta. Mancano pochi giorni.

Abbi pazienza.

La vita, nella grande casa circondata dal

silenzio ovatta-to del giardino copertodi neve, scorreva tranquilla. Sophie, conuno scialle di lana che le copriva lespalle e si incrociava sul petto a renderepiù caldo l'abito ereditato dalla nipotedella guantaia, passava gran parte deltempo nella stanza del se-minterratodove la bambinaia e le altre domestichestiravano e tenevano in ordine labiancheria. Solange approfittava dellasua presenza per farle tenere in bracciola bambina e dedicarsi anche lei aqualche lavoro di cucito o di rammendo.Adèle in quel periodo cominciava abalbettare le prime parole, ancoraconfuse e incomprensibili. Voleva essereportata in giro per la stanza e puntava il

dito sui diversi oggetti, cercando diripeterne il nome, che Sophie le dicevacon pazienza anche cinque o sei volte diseguito. Fra le due, giorno dopo giorno,si era stabilita una grande intesa. Sophieprovava una strana emozione, allo stessotempo tenera e profonda, quando Dédé,stanca di tanto esplorare il mondocircostante, le pog-giava la testolinasulla spalla e in pochi istanti siaddormentava. Era stupita di quanto,abbandonandosi al sonno, la piccoladiventasse all'improvviso più pesante.Adèle sembrava ricambiare il suoaffetto cercandola con lo sguardo,sorriden-dole, tendendole le braccia.

Ma la vera passione della bambina era

Toussaint. Appena il ragazzo neroentrava nella stanza Adèle perdevainteresse a qualsiasi altra persona, aqualsiasi cosa stesse facendo e sigettava verso di lui strillando di gioia.Sembrava affascinata dai suoi colori, gliaffondava la manina tra i capelli,cercava di toccargli i denti, gliacchiappava un orecchio e cercava dimetterlo in bocca, gli sfregava il nasinocontro il naso o sulle guance… —Anche lei, come sua madre, è convintache si tratti di un bonbon al cioccolato evorrebbe assaggiarlo

— osservava Solange ridendo. —Meglio che monsieur non se ne accorga.

Ancora Adèle non aveva imparato a dire"mamma", con un certo disappunto diCéline. Ma un giorno, passando dallebraccia di Sophie a quelle tese delgiovane schiavo, gli puntò il dito sulpetto e disse con tono di trionfo: —Tússi!

Toussaint la lanciò per aria e,riprendendola al volo, la baciò sotto ilmento fingendo di volerla divorare,mentre la piccola gorgogliava, rideva eripeteva contenta: — Tússi, Tússi,Tússi.

— Madame sarà gelosa, quando lo verràa sapere — osservò la vecchia Gotton.

— E monsieur si arrabbierà — aggiunsepreoccupata Solange.

— Quante storie per una sciocchezza! —intervenne Lisette. — Il bebé della casadove lavoravo da ragazza, come primaparola ha detto il nome del cane.

— Per non parlare di tutti quelli cheinaugurano il linguaggio dicendo"cacca" — osservò Charlotte, che nonaveva peli sulla lingua. E l'incidente finìin una risata generale.

Ma Sophie capiva e condivideval'apprensione di Solange. Bisognavaessere ciechi per non accorgersi che ilpadrone di casa, tanto innamorato e

sollecito con la madre, altrettanto simostrava freddo e indifferente neiconfronti della bambina. Non laprendeva mai in braccio, non lavezzeggiava, si mostrava infastidito alminimo strillo. Sembrava quasi gelosodella passione materna che Célinenutriva per Adèle. Non la chiamava maiper nome, e neppure "Dédé", non dicevamai "mia figlia" o "nostra figlia", masolo "quella bambina"

o "la vostra creatura".

Céline cercava di non darlo a vedere,ma sia Solange che Sophie si rendevanoconto che ne soffriva e che cercava intutti i modi di attirare sulla figlioletta

l'attenzione e l'amore del marito.

— Forse se Adèle come prima parolaavesse detto

"papà"… — aveva commentatodispiaciuta la bambinaia —

monsieur si sarebbe intenerito. Mapronunciare per primo il

nome di quello scimmiotto nero che ilpadrone disprezza con tanta evidenza!…

Comunque da quel giorno "Tússi" fu il

diminutivo con cui tutti, nella casa diBoulevard des Capucines, cominciaronoa chiamare il ragazzino nero, perlomenoquando non erano arrabbiati con lui. Persgridarlo continuavano a gridare

"Toussaint!", che proprio perché piùlungo, sembrava molto più adatto al tonosevero del rimprovero.

8

ei primi giorni la prospettivad'incontrare monsieur Edouard e di farloarrabbiare con qualche azione o frasemaldestra, o con la semplice presenza,aveva riempito d'ansia Sophie. Ma comele aveva detto Céline, il padrone di casanon scendeva mai nelle stanze deidomestici e, a meno che non dovessedire qualcosa di urgente alla moglie,neppure entrava nella camera di Adèle.

Al mattino Céline era costretta asvegliarsi presto per al-lattare lafiglioletta, il marito invece si alzavaverso le undici e subito ordinava a Jean-

Baptiste di attaccare i cavalli allacarrozza e se ne usciva sotto la neve perandare alla Borsa o dal suo banchieretedesco, Herr von Nucingen, a seguire isuoi affari.

Pranzava fuori, al suo club inglese, etornava nel pomeriggio a cambiarsi perandare a passeggio in compagnia dellagiovane moglie ai Giardini delLussemburgo oppure nella galleriacoperta del Palais Royal, che a quell'oraera frequentata dal bel mondo.Toussaint, ch'era appena tornato dallascuola, doveva indossare in gran frettala sua esotica livrea e scortarli,reggendo se necessario l'ombrello. Adifferenza di Céline, monsieur Edouard

non gli permetteva di indossare lapelliccia quando esercitava la suafunzione di paggio, e nonostante lapadrona lo avesse rifornito di pesantebiancheria di lana, il ragazzo rientravaogni volta da quelle passeggiate tuttointirizzito dal freddo.

Riaccompagnati a casa Céline eToussaint, l'inglese tornava a uscire dasolo, questa volta in abito da sera, percenare in qualche palazzo aristocraticodel Faubourg Saint Germain.

Céline passava la serata nel salottinoverde in compagnia di Toussaint e diSophie. Suonava il pianoforte, leggevaloro a voce alta qualche pagina dei suoi

libri preferiti, o chiedeva che fosseSophie a leggere, per tenerla inesercizio in vista del suo prossimoingresso nella scuola del CittadinoMarchese.

C'era un racconto fantastico che Célineamava in modo particolare. Eraintitolato Trilby, o il folletto d'Argail, el'autore dichiarava di averlo scrittoispirandosi a una antica leggendascozzese. Raccontava della giovanesposa di un pescatore della Contead'Argail, Jeannie, che lasciata troppospesso sola dal marito, si consolavaimmaginando di conversare e scherzarecol folletto domestico che secondo laleggenda viveva nel suo focolare.

"Come facevo anch'io da piccola,quando giocavo con Pipolet" pensavaSophie.

E trepidava quando il folletto sidichiarava innamorato di Jeannie, e ladonna non sapeva cosa fare, divisa tra lafedeltà al marito e al mondo prosaicodella realtà e la strana at-trazioneesercitata su di lei dall'essereimmaginario.

La storia non poteva che finiretragicamente, con la morte della mogliedel pescatore. A Céline tremava la vocequando ne leggeva le ultime parole: —Mille anni sono un tempo così breveper possedere coloro che amiamo! Un

tempo così breve per piangerli quandoli abbiamo perduti.

L'autore del racconto, spiegava poi lagiovane donna ai due ragazzi, era unanziano scrittore di nome CharlesNodier, direttore della Bibliotecadell'Arsenale, che amava scrivere storiefantastiche e un poco inquietanti. Sophiepensava che quei racconti sarebberopiaciuti moltissimo a madame Annaud, ericordava con uno stringimento di cuorequelle altre

"sedute di lettura" nella guardiola di rueMarcadet.

Céline era un'ascoltatrice molto più

esigente della portinaia: le correggevagli errori, le insegnava a pronunciare lefrasi in modo espressivo, a seconda delloro contenuto. Spesso gliele facevaripetere anche quattro o cinque volte,muovendo la mano per darle il ritmo,per indicarle il momento esatto in cuidoveva fare una pausa, o alzare il tonodella voce.

Toussaint ascoltava senza farecommenti. A lui non veniva mai chiestodi leggere, perché aveva gli occhi e lemani impegnati altrove. Infatti, surichiesta di Céline, le stava facendo unritratto a olio.

Prima dell'arrivo di Sophie aveva già

eseguito a carboncino una dozzina dischizzi preparatori, e adesso eraarrivato al lavoro sulla tela con spatolee pennelli. Non seguiva i con-torniprecisi del disegno, ma stendeva ilcolore a pennellate larghe e sfumate. —Lo stile che preferisco è quello di Dela-croix — spiegò a Sophie.

La ragazzina confessò umilmente di nonconoscere il nome né le opere diquell'artista.

— Ma come?! — s'indignò Toussaint. —Se è il pittore che ha dipinto un quadrobellissimo raffigurante i combattentidelle Tre Gloriose, i nuovi eroi dellaFrancia morti sulle barricate. Forse c'è

anche tuo padre, in quel quadro.

— Davvero? — chiese incredulaSophie.

— Chi lo sa? Quando ci saràl'esposizione ti porterò a vederlo —promise Céline.

La precedente esperienza di Sophie nelcampo delle arti visive non andava oltrele incisioni che venivano pubblicate suigiornali e le ingenue stampe d'Epinalche gli ambulanti vendevano alla fiera diMontmartre. Sulle pareti della casa diBoulevard des Capucines la ragazzinaaveva scoperto molti quadri "veri",appesi ai muri nelle loro cornici dorate

piene di riccioli e curve. Erano dipintidai colori vivaci: paesaggi o scene disoggetto mitologico, ritratti di fanciullecon abiti dalla cintura alta, di moda aitempi dell'Impero di Napoleone. Sophiepassava delle mezz'ore a guardarliaffascinata.

— Così dipingono Ingres e David. Maio preferisco De-lacroix — insistevaToussaint.

C'erano nelle camere da letto al secondopiano alcuni ritratti di Céline in abito dasera e persino uno di Adèle, con unacuffietta a gale che le incorniciava ilvisetto rotondo. Ma non c'era in tutta lacasa nessun quadro, e neppure uno

schizzo a seppia o a carboncino, cheraffigurasse monsieur Edouard.

— Come mai? — chiese Sophiemeravigliata.

— Evidentemente, quando al mattino siguarda allo specchio per radersi, il suoviso non gli piace — disse ironicoToussaint. — Da quando lo conosco, si èsempre rifiutato di farsi ritrarre. Amadame piacerebbe avere almeno unasua miniatura da tenere nel medaglione.Lo ha pregato tante e tante volte diposare per me o per qualche artistaaffermato.

Ma lui non ne vuole sapere. Dice che

non ha la pazienza di restarseneimmobile ore e ore davanti a unimbrattatele. Ma non si tratta dipazienza. Un giorno che mi ha scopertomentre, di nascosto, senza disturbarlo,cercavo di schizzare in fretta il suoprofilo, si è infuriato come se gli avessirubato qualcosa di molto prezioso, oavessi infangato il suo onore.

Mi ha strappato di mano il foglio, l'hafatto in mille pezzi e l'ha gettato nelfuoco.

Qualche volta anche Céline si stancavadi restare immobile. Cominciava amuovere il collo, oppure a grattarsi ilnaso, segno che la seduta di posa per

quel giorno era terminata.

— Lascia perdere i pennelli, Tússi, epulisciti le mani.

Facciamo ascoltare a Sophie un duettodal Flauto magico di Mozart.

Allora scendevano nel salone, Célinesedeva al grande pianoforte a coda, ilragazzo le si metteva alle spalle in mododa poter leggere lo stesso foglio dimusica, e cominciavano a cantare.Sophie ascoltava, stupita dello stranoeffetto che le faceva la musica: un misto

di piacere e di tristezza, un'emozionesconosciuta che le stringeva la gola e leriempiva gli occhi di lacrime. Eppurenon desiderava che il canto cessas-se,anzi era come l'assetato della favola,che più beveva, meno riusciva asaziarsi.

9

l quinto giorno dall'arrivo di Sophie inBoulevard des Capucines, una donnaanziana bussò alla porta dei fornitori,quella sul retro della casa, e chiese diparlare a madame a nome di monsieurFélicien. Sophie, che si trovava nellevicinanze, a quelle parole sentì che ilsangue le si gelava nelle vene. Però sifece forza e si costrinse a restaredov'era, nascosta dal fianco di un grandearmadio della biancheria, per ascoltareciò che la donna avrebbe detto. Célinescese avvolta nella più elegante dellesue vesti da casa imbottite e con voce

severa si lamentò di non aver ricevuto ladozzina di camicie promesse.

— Non è colpa di mio fratello! — siscusò la messagge-ra. — Al giornod'oggi non ci si può più fidare dinessuno!

Félicien aveva affidato la stoffa a unacucitrice esperta, di cui si era servitoaltre volte. Ma quando sono andata aritirare il lavoro, ho scoperto che lasciagurata il giorno prima avevacambiato domicilio portandosi via il beltessuto che le era stato affidato.Maledetta ladra! E nessuno nelcasamento è stato in grado di darmi ilsuo nuovo indirizzo. Sono venuta a

chiedervi scusa a nome di Félicien e…

— Come mai vostro fratello ha mandatovoi e non è venuto di persona come suosolito? — la interruppe Céline.

— Il poveretto si è rotto una gambascivolando sul ghiaccio venti giorni fa.Per questo ieri ha mandato me a ritirarequella dozzina di camicie. Vi chiede sele volete ancora.

Ha un'altra lavorante bravissima che vele può cucire in cinque giorni.

— No, grazie. Ho già provvedutoaltrimenti. Date questi cinque franchi amonsieur Félicien per il costo del

tessuto…

— Ma… non capisco, quale tessuto?

— Quello che, come voi sostenete, gli èstato rubato. E

ditegli che d'ora in poi farò a meno deisuoi servigi. Ho cambiato fornitore.Buongiorno.

La donna se ne andò delusa e perplessa.Sophie uscì dal suo nascondiglio edesclamò indignata: — Che bugiarda! Disicuro la portinaia le ha detto che miamadre è morta. Semmai madame Annaudpotrebbe aver accusato me d'essere unaladra… Anche se poi i soldi che mi

avete dato per le camicie se li è presilei!

— Non pensarci più — disse Céline. —Dimentica quella megera. È tutto finito.

Ma Sophie non riusciva ad accettarequella accusa ingiusta fatta alla madre.— Gli sta bene, a monsieur Félicien,d'essersi rotto una gamba! — esclamòpiena di risentimento.

Poi rifletté: — Ecco come mai non èvenuto a ritirare le camicie il giornostabilito. Poteva mandare sua sorella,però.

Non ieri! Il giorno in cui l'aspettavamo.

Poteva avvertirci. Se avesse pagato intempo il lavoro di mia madre, forse…Se mamma quel giovedì non fosse statacosì angosciata per l'affitto, se avessepotuto bere del buon brodo di carne…

Scoppiò a piangere. Céline la abbracciòstretta stretta.

— Non avrebbe fatto molta differenza— le mormorò dolcemente tra i capelli.— Era già troppo grave per esseresalvata. Non farti prendere dai rimorsi,sassolino d'oro. Nessuno a quel puntoavrebbe potuto farcì niente. Su, vienicon me. Ti insegno come cambiare ipanni a Adèle, così se per caso Solangedovesse assentarsi…

Il fatto di occuparsi della bambinariusciva sempre a di-strarre Sophie daipensieri tristi. Più tardi, ripensando amente fredda alla visita della donna, laragazzina si rese conto che, perlomeno,da quel giorno in poi avrebbe potutovivere tranquilla, con la certezza chemonsieur Félicien non sarebbe venuto acercarla proprio in quella casa peraccusarla di furto e chiedere indietro lasua mussola.

Col passare dei giorni la terribiletensione nervosa che aveva sorrettoSophie, ma che anche l'aveva fatta tantosoffrire, si andava acquietando. Semprepiù di frequente la piccola orfana sisorprendeva a ridere a uno scherzo di

Toussaint, a una smorfietta di Adèle.Oppure a godere della lettura di unracconto, ad ascoltare ammirata la bellavoce di Cé-

line che cantava una canzone seduta alpianoforte della grande sala.

Quei brevi istanti di immemore felicità,così come la consapevolezza di viverenell'abbondanza, al riparo dal freddo,dalla fame e da ogni altro disagio, lafacevano sentire colpevole nei confrontidella madre. Così tutte le notti, prima diaddormentarsi, parlava a lungo conFantine, augurandosi che, là dov'era,potesse sentirla. Si affannava a spiegarleche voler bene a madame Varens non

significava tradirla, che non l'avrebbedimenticata mai, mai, mai. Nel suodesiderio di essere convincente, e forsesuggestionata dal racconto di Nodier, siera scoperta di nuovo capace di evocarePipolet. Con meraviglia aveva scopertoche l'amico immaginario, che una voltadimostrava la sua stessa età, col passaredel tempo non era cresciuto. Dimostravasempre cinque anni e aveva sempre glistessi ricci castani, gli stessi occhimaliziosi, le stesse fossette sulle guance.Nel dormiveglia lo vedeva in piediaccanto al suo letto, con la piccola manopoggiata con gesto protettivo sul risvoltodel lenzuolo. Si rendeva conto confu-samente che il bambino-folletto, non

appartenendo al mondo della realtà,poteva fare da tramite col paese deimorti.

— Diglielo tu, Pipolet — lo supplicava.— Dille che le voglio bene. Dille che lapenso ogni momento, che la vedo sedutavicino a papà, e che prego perchéalmeno lassù non gli manchi nulla,perché finalmente siano felici.

"Sta' tranquilla" le rispondeva Pipolet."Ci penso io. Fi-dati. Dormi tranquilla,amica mia."

VII. PARIGI, GIUGNO 1837

1

Parigi, rue Saint Augustin 12 giugno1837

Cara madame,

quando l'altro ieri Tússi ha consegnatole quattro lettere al vostro carceriere,eravamo pieni di entusiasmo e disperanza. Credevamo di aver trovatofinalmente una reale possibilità dicomunicare con voi.

Ma il rifiuto di quell'uomo rozzo ecrudele di permettere che voi ci ri-spondiate non solo rende questa

comunicazione a senso unico, ma ci faragionevolmente dubitare che voipossiate davvero leggere le nostreparole. Le nostre lettere, dice Toussaint,sono come frecce scagliate nel buio.Non abbiamo modo di sapere se hannocolpito il bersaglio, né quale è stata lavostra reazione alle notizie che viscriviamo. Abbiamo discusso a lungo aquesto proposito, dobbiamo accettare difidarci della parola del carceriere, vistoche non abbiamo alcuna possibilità dicontrollare il suo operato? Ma se cidimostriamo così arrendevoli, c'è ilcaso che presto o tardi quel loscoindividuo ne approfitti, se già non l'hafatto, e i miei risparmi non sono

inesauribili.

Bisogna assolutamente trovare il mododi ottenere, se non una lettera,perlomeno un segno da parte vostra,anche solo due parole.

Altrimenti è tutto inutile. Se penso aquanto ero felice e piena di speranzesolo pochi giorni fa!

Ora vi confesso che sono preoccupataanche per un altro motivo.

Col passare dei giorni, la notizia delvostro arresto si è sparsa per ilquartiere, e i Frédéric non sono più tantogentili con noi. Ogni volta che ci

sediamo a tavola, madame non fa chelamentarsi che le patate e le aringhecostano sempre più care. E questalettera sono costretta a scriverla digiorno, vicino alla finestra di cucina,perché la nostra ospite mi ha detto chenon ha soldi da spendere in candele e lasera dobbiamo coricarci al buio piùcompleto.

Naturalmente per scrivere devoaspettare che madame e suo marito suinousciti: preferisco che non sappiano chevi informo di quello che ci succede.Penso che non abbiano alcun sospetto alproposito, anche perché sono convintiche io sia analfabeta come loro.

Quando ci hanno scacciato dalla nostracasa, indossavo il mio vestito piùvecchio e malandato, una cuffia e ungrembiule, perché, come ricorderete, miavevate chiesto di aiutare Charlotte amettere in ordine la biblioteca e ilsalotto del Cittadino Marchese, dovenessuno era più entrato nei mesi dellasua malattia, e dove ci aspettavamo didover ricevere le visite di condoglianza.Quindi madame Frédéric mi hascambiato per una delle vostredomestiche. Oltretutto, non so perché, econvinta che io abbia diciotto anni.Capirete che mi sono guardata bene dalcorreggere questi due errori. E neppurelo ha fatto Adè-

le. Non c'è stato bisogno di istruirla inproposito. È talmente sensibile, quellabambina, ha un intuito che le fa capire lecose al volo senza bisogno di tantespiegazioni.

Ieri poi ho scoperto che la nostrabenefattrice ha forzato la serratura delbaule verde, che avevo sistemato sotto ilnostro letto. Me ne sono accorta perchéquando l'ho aperto per prendere unnuovo cambio di biancheria per Adèle,ho visto che la bambola Poupette erascomparsa. (Per fortuna Dagoberta nonha un aspetto altrettanto costoso edesiderabile, perché se fosse stata lei ascomparire, Adèle ne avrebbe fatto unavera tragedia.) Ho protestato con

madame Frédéric, e sapete cosa mi harisposto?

«Non fare tante storie! L'ho dovutavendere per comprarvi il pranzo e lacena. Cosa credi, che abbia la pianta deimarenghi in camera da letto?»

«Dédé si dispiacerà, quando non troveràla sua bambola» le ho detto.

E quella donna crudele: «Se madameVarens ritorna, gliene comprerà unanuova. E se non torna, il tuo tesorucciodovrà andare all'Ospizio di Mendicità afare filacce, altro che giocare con lebambole!»

Ma io vi giuro, vi giuro, vi giuro,madame; ve lo giuro su quanto ho di piùsacro, sulla memoria dei miei genitori,che Adèle non finirà all'Ospizio. Hoancora la mia calza piena di moneted'oro: la tengo sempre addosso, anchequando dormo, e nessuno, a parteToussaint, ne sospetta l'esistenza, finorane abbiamo cambiato e speso soltantodue per corrompere il vostro carceriere.Quindi se anche madame Fré-

déric dovesse metterci alla porta, Adèlee io potremo sopravvivere in qualchemodo fino al vostro ritorno.

Perché voi tornerete presto. Ne sonosicura.

In attesa di quel momento vi saluta lavostra affezionata, riconoscente efedelissima

Sophie

2

Parigi, Faubourg Saint Germain

15 giugno 1837

Cara madame Céline,

è tremendo scrivervi senza avere lacertezza che leggerete le mie parole! Ecol sospetto che il carceriere consegnile nostre lettere non a voi, ma ai vostrinemici.

Ma vi giuro, se dovessi scoprire che ciha tradito, lo ucciderei con queste miemani. Ho deciso di minacciarlo

esplicitamente, e mi auguro di fargliabbastanza paura, perché sono molto piùalto e robusto di lui, e poi ho capito cheappartiene a quel novero di personeignoranti convinte che i negri sianoselvaggi sanguinari dotati di una forzaso-vrumana. Credo che se non fosse perl'avidità che gli fa brillare quegliocchietti porcini alla vista delle moneteche gli allungo ogni volta insieme allelettere per voi, mi avrebbe giàdenunciato e fatto rinchiudere a LaForce.

La volta scorsa gli ho domandato quantovoleva per procurarvi una coperta caldae per ricordarsi di riempire ogni giornola vostra brocca con dell'acqua pulita e

abbondante, in modo che oltre a bere,possiate anche lavarvi, almeno il viso ele mani. Mi ha chiesto cinque franchi.Oggi glieli darò, perciò sappiate ched'ora in poi potrete pretendere questinuovi "lussi".

Non li ho presi dalla calza di Sophie.Anzi, Sophie non sa neppure che vi stoscrivendo questa lettera. Non vogliodarle un'altra preoccupazione: è giàabbastanza turbata per il nuovoatteggiamento di madame Frédéric.

E non voglio che sappia come ho fatto aprocurarmi quel denaro.

Ma a voi non posso fare a meno di

confessarlo.

Madame, è inutile che ci giri attorno.Dovete sapere che il vostro

"figlio maggiore" è diventato un ladro!Ve lo sareste mai aspettata?

Mi dispiace e me ne vergogno, perchéso di aver deluso la fiducia che voi e ilCittadino Marchese avete sempre avutoin me, e di aver tradito gli insegnamentidel mio caro maestro. E tanto più midispiace, perché se venissi scopertodanneggerei i miei fratelli di colore,conferman-do il pregiudizio che ci vuoletutti ladri e bugiardi. Ma credetemi, caramadame Céline, non avevo scelta.

Il vostro carceriere come avrete capitoha fiutato l'affare e temo che continuarea corromperlo ci costerà sempre piùcaro. D'altra parte il nuovoatteggiamento dei coniugi Frédéric cisconsiglia di continuare ad attingeredalla calza di Sophie.

Dunque, abbiamo bisogno di poterdisporre di un'altra fonte di denaro.Purtroppo viviamo in un mondo dovetutto si paga. Anche quando avrò trovatoqualcuno disposto a testimoniare invostro favore, ci saranno da affrontare lespese del processo.

Non è stato per scelta, dunque, che sonodiventato un ladro, ma per necessità.

Cosa ho rubato e a chi?, vi chiederete.State tranquilla: non sono andato in giroper le strade a borseggiare passantisconosciuti. Non ho privato una vecchialavandaia del suo pane sfilandole dallatasca il borsellino. Ne' ho fatto sparire ilsalario di un padre di famiglia, o ilgruzzolo di uno studente povero.

Non dimenticate che vivo nella casa diuna persona che, pur essendo moltoricca, non si è fatta scrupolo dispogliarvi di tutti i vostri beni e persinodella libertà. Il visconte de Lagardière,come tutti i ricchi, è anche molto avaro.L'altro giorno mi è capitato per caso diascoltare una sua conversazione colcapitano di un battello che proveniva da

Le Havre e, grazie alla mia conoscenzadell'inglese, ho scoperto che il viscontesi era fatto arrivare da Londra unacassaforte rinforzata. All 'insaputa ditutti i suoi domestici e dei familiari,persino della moglie, quell'avaro degnodella commedia di Molière l'ha fattamurare dietro il capezzale del suo letto el'ha nascosta con un arazzo d'Aubusson.Per aprirla bisogna salire in piedi sulcuscino, o sulla testa del visconte, se sie già coricato, bisogna spostare l'arazzosenza farlo cadere, e infine bisognaconoscere la combinazione delle tre ser-rature, ed essere in possesso delle trechiavi, che £Lagardière porta sempreaddosso, sul petto, appese a una

catenella d'oro.

Io, come sapete, non ho bisogno di tuttoquesto, grazie agli esercizi di acrobaziae prestidigitazione a cui mi ha costretto,quando vivevo a Cuba, mademoiselleAthénaïs, sono riuscito a entrare durantela notte in camera del visconte, asfilargli dal collo le chiavi senzasvegliarlo e a raggiungere di lato lacassaforte arrampicandomi alla colonnadel letto. Sapevo che il mio padrone hail sonno pesante, e per prudenza hoaggiunto un po' del sonnifero che usavail vostro padrino nel bicchiere di cognacche il visconte beve come digestivodopo aver cenato.

Ho scoperto subito la combinazione. Achi è capace di farvi cogliere dall'alberoun limone assolutamente intatto e difarvi trovare all'interno un bigliettinoamoroso indirizzato alla più graziosadama presente, basta il tocco deipolpastrelli per "assaggiare" unaserratura a combinazione e indovinaredove la chiave incontra la resistenzagiusta. Ho aperto la cassaforte con unasola mano, perché con l'altra dovevoreggermi alla colonna, e ho prelevato ildanaro di cui avevo bisogno.

Ho riempito il sacchetto che avevoportato con me di monete da cinque,dieci e venti franchi, perché noninsospettiscano la gente quando poi

dovrò spenderle. Nella cassaforte cisono anche luigi d'oro, sterline inglesi,orologi, tabacchiere e i gioielli dellaviscontessa. Ma si tratta di beni troppocompromettenti o facilmentericonoscibili, che potrebbero tradirmi.

È impossibile che qualcuno sospetti dime. Durante il giorno nella camera delvisconte c'è sempre il suo valletto, e unvia vai di cameriere, perché monsieur èfanatico della pulizia. E durante la notteLagardière è convinto di custodire iltesoro col proprio corpo, come il dragodella leggenda tedesca che ci ha lettouna volta il padrino. Se mai si accorgeràche dalla cassaforte manca qualcosa,dovrà pensare ai fantasmi.

Adesso devo proprio lasciarvi, madame.Il cocchiere mi sta chiamando da cinqueminuti per accompagnare la viscontessaalla funzione. Mi chiedo se madameViolaine pregherà anche per il perdonodei peccatori sconosciuti, in modo cheanch'io ne possa approfittare.

Voi, madame… voi, carissima madameCéline, sono sicuro che mi perdonerete eche pregherete per me, perché se sonodiventato un ladro, è stato per amorvostro.

Vi bacia le mani con umiltà questopovero peccatore ancora non abbastanzapentito, anzi deciso a peccare e peccareancora ogni volta che gliene si

presenterà l'occasione.

Toussaint

VIII. PARIGI, GENNAIO-FEBBRAIO1832

1

a quando Céline aveva smesso difrequentare la sala prove del teatro,monsieur Jolivet, il suo maestro didanza, veniva due volte alla settimana,sulla tarda mattinata, per farle lezione.L'allieva lo aspettava su nell'attico, in unvasto locale col pavimento di legno cheall'insaputa del marito aveva fattoattrezzare con un grande specchio allaparete e con un pianoforte verticale.Sophie aveva il permesso di assisterealle lezioni, purché se ne stesse zitta ebuona in un angolo.

Fin dalla prima volta era rimasta

incantata dall'eleganza dei movimentidella ballerina, dalla grazia e dallaleggerezza con le quali Céline sollevavale braccia o slanciava una gamba versol'alto, come se il suo corpo non avessepeso.

Il maestro invece non era maisoddisfatto. Batteva a terra il suobastone richiamando l'allieva a unmaggiore sforzo, si avvicinava acorreggerne la posizione, la invitava condisgusto a osservare nello specchio ipropri errori… Era un ometto di mezzaetà, magro e quasi completamente calvo,con un gran naso e piccoli occhi scuriche alla minima con-trarietàscintillavano di rabbia sotto alle

sopracciglia folte e irsute.

— Sei rigida come un manico di scopa.Céline! Stai diventando pigra comeun'oca all'ingrasso! — strillava furioso.

Le dava del tu e la trattava con granconfidenza perché la conosceva fin daquando era bambina. Era lui che avevasuggerito ai genitori di farne unaballerina invece che un'attrice, lui che leaveva insegnato i primi passi, e Célinereagiva senza scomporsi ai suoi scoppid'ira come se fossero la cosa piùnaturale del mondo.

Una volta terminata la lezione ilmaestro, dal canto suo, diventava tutto

miele. — Vieni a darmi un bacio,bambina.

Oggi ti ho fatto lavorare duro, lo so. Mastai recuperando bene il tempo perduto.Tra poco sarai pronta a tornare sulpalcoscenico.

A Sophie invece monsieur Jolivet davadel voi, e la trattava con una cortesiaformale, all'antica, inchinandosi per sa-lutarla e cedendole il passo alle porte.— Per il ballo non siete adatta — avevadecretato la prima volta che l'avevavista, dopo averla fatta muovere e giraresu se stessa. — Troppo rigida. Madovrete imparare almeno ad avere unportamento più elegante.

Dopo la lezione scendevano nelsalottino verde a prendere una tazza dicioccolata e qui il maestro di ballo sitra-sformava ancora una volta,sfoggiando una conversazione brillante espiritosa, raccontando aneddotidivertenti sull'ambiente del balletto,riferendo pettegolezzi o facendocommenti talmente acuti e maligni suipersonaggi più famosi da far ridere lasua allieva fino alle lacrime.

Un giorno riferì che tutta l'Opera era ingran fermento perché il grande FilippoTaglioni si era messo in testa di farinterpretare alla figlia un ballettoispirato non alla mitologia classica,secondo la tradizione, ma alla moderna

letteratura dei romantici.

Sophie, dal tempo delle sue letture dirue Marcadet, sapeva che FilippoTaglioni, il padre di Marie, era ungrande coreografo di origine italiana,che a Stoccolma aveva sposato la primaattrice del teatro svedese, SophiaKarsten, e con lei aveva creato una verae propria dinastia nel mondo delladanza.

— Taglioni sostiene che il pubblico nonsa più cosa farsene di eroi ed eroinedell'antica Grecia o di Roma —continuava a raccontare monsieurJolivet. — La gente è scontenta,insoddisfatta della realtà moderna, di

come è cambiato il mondo del lavoro,con queste nuove macchine meccanicheche minacciano di renderci tutti uguali,una folla di esseri grigi e anonimi.

— Vuol fare un balletto sullarivoluzione industriale? —

chiese incuriosita Céline.

— No. Vuol mettere in scena un eroe deinostri giorni, un personaggio romanticoche si ribella a questo appiatti-mento, aquesto grigiore, che non rinuncia allaricerca della felicità, a costo dirifugiarsi nel sogno. Ha già pronti sia lamusica, composta da JeanSchneitzhoeffer, che il libretto.

Anzi, è stato proprio il suo librettista,Adolphe Nourrit, che gli ha suggeritol'idea di ispirarsi a un racconto diNodier, Trilby, o il folletto d'Argail.

A queste parole l'attenzione di Sophie sifece più viva.

Céline chiese: — Davvero? E MarieTaglioni sarà la moglie del pescatore?

— No. Sarà la creatura fatata checostringe il protagonista a scegliere trala cruda realtà e il fascino del sogno.Nourrit ha preso da Nodier solo il temaprincipale. Per il resto la storia è moltodiversa. Ma perché non vieni adassistere alle prove, uno di questi

giorni? Le tue antiche compagne dilavoro saranno felici di salutarti.

Approfittando di una mattina in cui nonnevicava Céline andò, e tornò così pienadi entusiasmo che a malapena riuscì anasconderlo al marito durante lapasseggiata pomeridiana al PalaisRoyal.

— So che a Edouard non fa piaceresentir parlare del mio lavoro di untempo — confidò dopo cena a Sophie ea Toussaint, con una sfumatura diamarezza nella voce.

— Temo che per lui il balletto sia soloun'occasione per ammirare dei corpi

femminili privi di corsetti e crinoline.

Non capirebbe che questa Silfidepromette di rivoluzionarecompletamente la tradizione della nostraarte. E non solo per la modernità dellastoria.

— Cosa è cambiato, rispetto al raccontodi Charles Nodier? — chiese Toussaint.

— Tutto. Qui non c'è un pescatore, c'è uncontadino scozzese di nome James, chesta per sposarsi. Ma la vigilia dellenozze gli appare una silfide…

— Cos'è una silfide? — chiese Sophie,che prima di quel giorno non aveva mai

sentito quella strana parola.

— Uno spirito dei boschi, una fanciullaalata, bellissima. La silfide dichiara ilsuo amore al giovane e poi fuggevolando su per il camino. Questaapparizione turba il povero James, che èperò deciso a mantenere fede alla suapromessa e a sposare la fidanzata. Madurante la celebrazione delle nozze,mentre tutto il villaggio è in festa, eccoapparire di nuovo la creatura alata deiboschi che invita lo sposo ad andare conlei. James questa volta non resiste,abbandona la sposa sull'altare, i parenti,gli invitati, e scappa insieme al-l'esserefatato con grande scandalo di tutto ilvillaggio.

— E la sposa? — chiese Toussaint, ilcui spirito cavalleresco non accettava untradimento così vile.

— La sposa, Effie, per fortuna scopre diessere innamorata di un altro, un amicodi James, che la ricambia. Così sposaGurn, e i due vivranno felici e contenti.James invece è infelice, perché ilmatrimonio tra un mortale e un esserefatato non è semplice. Il giovane ègeloso: teme che in qualsiasi momentola silfide possa stancarsi di lui evolarsene via.

Chiede dunque consiglio a una strega,che gli dà un fazzoletto, promettendo chebasterà legarlo alla vita della sposa

fatata per farle cadere le ali. E cosìavviene, ma ciò che la strega non hadetto è che, priva di ali, una silfide nonpuò vivere.

Pentito, disperato e impotente Jamesassiste all'agonia della amatissimasposa. Ed ecco apparire uno stuolo dicreature alate che circondano l'amicamorente, la sollevano in aria e neportano via il corpo ormai senza vita.

— Che storia triste! — esclamò Sophie.— Più triste ancora di quella di Trilby.

— Sì. Ma vedessi com'è leggera MarieTaglioni quando balla la sua parte,sembra che voli davvero, che si sollevi

dal suolo senza peso! Il costumistaEugène Lamy ha disegnato per lei uncostume di tulle e raso bianco che la faapparire eterea, quasi trasparente, unavera ninfa dell'aria. Le ha fatto cuciresulle spalle due piccole ali di velo chetremano a ogni movimento. Anche ilcorpo di ballo, che nel finale appare alcompleto per interpretare lo stuolo dellesilfidi amiche, è vestito allo stessomodo. E poi, la Taglioni ha introdottoun'altra novità. Fino a ieri noi ballerineci sollevavamo sulle punte dei piedisolo per un attimo, o facevamo a stentodue o tre passi, con i muscoli irrigiditiin modo innaturale. Ne La Silfide, persuggerire l'idea del volo, della

leggerezza, della facilità di sollevarsidalla realtà prosaica e materiale, laprotagonista balla a lungo sulle punte, inperfetto equilibrio, senza mostrarealcuno sforzo. Credo che d'ora in avantinessuna ballerina classica potrà piùtornare a danzare come una volta.

2

1 mattino seguente la sarta portò gli abitinuovi di Sophie e Céline disse alla suaprotetta che era arrivato anche per lei ilmomento di andare a scuola. Oltretuttoda qualche giorno la ragazzina nontossiva più. Aveva smesso di nevicare eil tempo era abbastanza asciutto da nonfarle temere un riacutizzarsi dellavecchia bronchite.

Nel pomeriggio spuntò anche un pallidosole invernale, tanto che monsieurEdouard decise che, invece che allagalleria coperta del Palais Royal,sarebbero andati a passeggiare nei

Giardini del Lussemburgo. A loroinsaputa il conte e la contessa de Merlinavevano avuto la stessa idea, e fu cosìche le due coppie s'incontrarono nelviale protetto dalla statua delGladiatore. Fu Toussaint a riferire aSophie dell'incontro.

Come abbiamo visto, la ragazzinasapeva già chi era la contessa grazie allecronache mondane che leggeva allamadre in rue Marcadet. Poi, inBoulevard des Capucines avevascoperto che Céline conosceva i deMerlin da quando era ragazza, perchéerano amici del suo padrino, e verso iquattordici anni aveva lei stessaaccompagnato tre o quattro volte il

Cittadino Marchese nel famoso salottodella contessa. Allora era troppogiovane, le aveva raccontato la suabenefattrice, per rendersi conto delprivilegio di conversare con i frequen-tatori abituali di quel salone: grandiscrittori come Balzac o De Musset,famosi musicisti come Rossini, poetiraffinati come Lamartine, potenti uominipolitici come il ministro inglese lordPalmerston o addirittura il vecchiogenerale Lafayette. L'unico che l'avevacolpita e davanti al quale era ammutolitaper l'emozione era stato un giovanissimopoeta biondo dal viso malinconico, cheLamartine chiamava "il fanciullosublime". Solo qualche anno più tardi

Céline aveva scoperto che quel"fanciullo" dai modi timidi e riservati sichiamava Victor Hugo e aveva rimpiantodi non averne ap-profondito laconoscenza.

La contessa de Merlin, dal canto suo,aveva sempre mostrato una sincera eaffettuosa simpatia per la figlioccia delmarchese de la Pommelière, e avevaseguito con interesse la sua carriera e isuoi successi teatrali. Non era come lamaggior parte delle dame aristocratichefrancesi, che disprezza-vano e tenevanoa distanza le artiste. Forse perché eranata nelle Indie Occidentali e avevaricevuto un'educazione molto libera.Forse perché, dotata di una bellissima

voce, si considerava lei stessa un'artista.

Céline le era sinceramente affezionata.Dopo il matrimonio aveva proposto alsuo Edouard di accompagnarla a farvisita alla contessa. Ma il marito si erarifiutato. — Non mi piace che tufrequenti una creola — avevadichiarato. — Ho le mie ragioni per nonfidarmi di queste signore nate ecresciute nelle colonie del NuovoMondo. Anche se hanno la pellebianchissima e discendono da unafamiglia europea ricca e nobile, prima opoi salta fuori che sono delle donne dis-solute. Sarà il clima, sarà il tipo dieducazione che ricevono in quelle casepiene di negri… Guarda Josephine

Beauharnais!

— Veramente è stato Napoleone a volerdivorziare per sposare la figliadell'imperatore d'Austria — avevaprotestato Céline.

— Cosa c'entra? Doveva obbedire allaragion di Stato.

Questo non toglie che prima e durante ilmatrimonio con Bonaparte Josephine sisia sempre comportata come unacortigiana!

Céline non replicava, come avrebbepotuto fare, che al-l'inizio della lororelazione Edouard avrebbe voluto che

anche lei accettasse un ruolo dicortigiana. Invece di arrabbiarsi, siinteneriva al pensiero che certamente dagiovane, laggiù in Giamaica, il maritoaveva sofferto per colpa di qualcheragazza creola seducente e crudele.

Con tutto il suo disprezzo però l'ingleseera un gentiluomo e non poteva sottrarsiai doveri mondani e alle regole dellabuona educazione.

Perciò quel giorno, raccontò Toussaint,monsieur Edouard si tolse il cilindro perrendere omaggio alla contessa e si fermòa conversare amabilmente con i deMerlin.

— Chi vi ha fatto questa cuffietta, miacara? È deliziosa.

La fodera di seta azzurra mettestraordinariamente in risalto il coloredei vostri occhi — disse la contessa aCéline.

— Grazie. Per i cappellini mi servo daFlautier. Madame Florence si lamentache purtroppo è sempre più difficiletrovare della seta abbastanza robusta dapoter essere model-lata senza faregrinze.

— La colpa è di quei fannulloni deglioperai tessili di Lione, i canuts, che nonhanno più voglia di lavorare come si

deve — intervenne Edouard. — Sonocapaci soltanto di scendere a protestareper la strada, da un po' di tempo a questaparte. Per fortuna il maresciallo Soult liha rimessi al proprio posto.

— Dite pure che le sue truppe li hannomassacrati. Ven-timila soldati armati dicannoni e baionette contro una mani-festazione di poveracci affamati e amani nude. Vergogna!

La protesta dei canuts era sacrosanta.Gli industriali gli avevano ridottoancora il salario. Da sei o quattrofranchi al giorno, lo avevano portato aventi soldi, e quest'anno l'inverno è statofreddissimo — osservò con impeto la

contessa. —

Il colera poi ha colpito duramente iquartieri più poveri dove abitano itessitori…

— Anche chi ha investito i suoi capitalinel settore delle stoffe quest'anno hasubito delle perdite — obiettò il maritodi Céline. — Le mie piantagioni dicotone nelle colonie, per esempio, hannoreso la metà rispetto agli anni passati.Dovrei forse scendere in piazza aprotestare insieme agli altri piantatori?E magari innalzare delle barricate comequei fa-natici della Rivoluzione diLuglio?

Toussaint si rese conto che a quelleparole la contessa aveva squadrato condeliberata attenzione l'elegante marsinadell'inglese, il bavero di pelliccia, lacatena d'oro dell'orologio che gliattraversava il petto, il cilindro di seta,le scarpe di vernice e aveva scosso latesta. Non aveva detto una parola, maaveva lanciato a Céline uno sguardoironico, come a dirle: "Pover'uomo! Èdavvero caduto in miseria."

— Siete stati al ballo mascherato delvisconte de Maupi-lat? — intervenne ilconte per alleggerire il tono dellaconversazione.

— Io no, ero raffreddata — mentì

Céline. — Ma Edouard mi ha raccontatoche la padrona di casa era splendi-danel suo domino verde smeraldo.

— C'era anche Marie Taglioni, che haaccettato finalmente di sposare il conteGilbert de Voisin. Non si parla d'altronei palazzi del Faubourg Saint Germain— disse il conte.

— E voi, mia cara, quando tornerete aballare? — chiese a Céline la contessa.— Pensavo che vi avrebbero dato unaparte nel nuovo balletto che stannoallestendo all'Opera. Sapete, quellaSilfide di cui parla tutta Parigi.

— Mia moglie ha chiuso col

palcoscenico — tagliò corto l'inglese intono deciso.

— Avrete tempo per leggere, allora,Céline — osservò la dama creola intono conciliante. — Forse non vi hoancora regalato il libricino di memorieche ho fatto stampare l'anno scorso. Percaso ne ho con me una copia. Ve nefaccio volentieri omaggio.

— Un libro così sottile per una vitainteressante come la vostra! — esclamòCéline accettando dalle mani dellacontessa il volumetto azzurro.

— È corto — spiegò il conte — perchéMercedes vi racconta solo dei suoi

primi dodici anni. Dalla nascita aquando ha lasciato Cuba per venire inEuropa a raggiungere i genitori.

— Anch'io sono nato a Cuba, madame— non poté trat-tenersi dall'esclamareToussaint, che fino a quel momento sen'era restato immobile come una diquelle statue veneziane di legno chereggono i tavolini dorati.

Monsieur Edouard lo fulminò con unosguardo. — Vogliate scusarel'impudenza di un piccolo selvaggio alquale mia moglie non fa assaggiareabbastanza la frusta — si affrettò a direin tono contrito il gentiluomo rivolto allacontessa. La quale però aveva liberato

una mano dal manicotto di pelliccia el'aveva allungata a sfiorare la guanciadel ragazzino nero.

— In quale parte dell'isola? — glichiese in spagnolo.

— A Oriente. Provincia di Santiago,señora — rispose Toussaint nella stessalingua.

— E com'è che sei finito a Parigi,poverino?

— È lo schiavetto di mia moglie.Gliel'ho fatto spedire due anni fa dalmio intendente — intervenne monsieurEdouard, che conosceva anche lui un po'

di spagnolo.

— Uno splendido regalo. Vero che èbello il mio bonbon al cioccolato? —commentò Céline, fingendo un'allegriache non sentiva e stringendosi conaffetto ostentato al braccio del marito.

— Mia cara, in quel libretto di memorieho scritto qualcosa su ciò che penso aproposito degli schiavi. La mia famigliane aveva moltissimi, laggiù in colonia.Abbiate la bontà di leggerlo e dirifletterci un poco. Sono certa che, seavete dei dubbi, il vostro padrino sapràdarvi tutte le spiegazioni di cui sentireteil bisogno — disse la contessa. —Adesso scu-sateci, dobbiamo tornare a

casa. Non vorrei che il conte prendesseun'infreddatura.

— Che donna insopportabile! Saccente,presuntuosa, maleducata come tutte lecreole! — esclamò Edouard quando lacoppia più anziana si fu allontanata. —Ha scritto un libro di memorie,figuriamoci! Come se a noialtriimportasse qualcosa dei suoi primidodici anni tra i selvaggi. E poi: «Ilvostro padrino saprà darvi tutte lespiegazioni»… E io? Mi ha ignoratodeliberatamente. Come se non aveste unmarito.

Come se non fossi perfettamente ingrado di spiegarvele io, assai meglio di

quel fanatico del vostro padrino, leribalderie cui si abbandonano glischiavi laggiù nelle Antille, dopo ilcattivo esempio che hanno ricevuto daquelle belve sangui-narie dei ribellihaitiani.

— Monsieur era così arrabbiato che ciha accompagnato a casa senza dire piùuna parola — riferì Toussaint a Sophie.

— Madame lungo la strada ha cercato difargli una carezza, ma lui le ha spostatola mano con malgarbo. E una voltaarrivati, ci ha fatto scendere dallacarrozza e ha ordinato a Jean-Baptiste diaccompagnarlo immediatamente al club.

Quella sera Céline cenò in fretta con unatazza di brodo e disse che sarebbeandata a letto presto, perché aveva unafortissima emicrania.

— Mi spiace di non passare la seratacon voi — si scusò con i due ragazzi. —Specialmente per te, Sophie, che domaniandrai finalmente a scuola. Avrei volutoprepararti a questa nuova esperienza conuna bella chiacchierata, ma proprio nonce la faccio. Perdonami. Forse domanimattina mi sentirò meglio. Buona notte.

Sophie non l'aveva ancora mai vista cosìtriste. Avrebbe voluto gettarle le bracciaal collo, stringerla, dirle frasi tenere diconsolazione. Ma non osava prendersi

tanta confidenza.

così si limitò a baciare con calore lamano della sua benefattrice e amormorare: — Buona notte a voi,madame.

Appena Céline si fu ritirata, Toussaintcon gli occhi scintillanti dalla rabbiaesclamò: — Quel bruto non la merita.

Ah, se fossi già un uomo! Se fossilibero! Monsieur Edouard avrebbe a chefare con me. Lo scaccerei a pedate daquesta casa.

— Ma lei lo ama… — obiettò Sophiespaventata da tanta furia — e anche

lui… Madame dice sempre che se ilmarito è tanto geloso, se la vuole tuttaper sé, questo significa che è pazzamenteinnamorato di lei.

— E allora? Anche James, il contadinoscozzese, diceva di essere innamoratodella silfide. E per dimostrarle il suoamore le ha tagliato le ali e l'ha fattamorire. Sai cosa ti dico?

Anche madame morirà, se non potràtornare a ballare.

Detto questo, Toussaint s'impadronì dellibretto azzurro che la padrona avevalasciato sul tavolo del salottino verde, sigettò sul divano e s'immerse avidamente

nella lettura. Sophie, per non lasciarsiprendere dalla malinconia, indossò ilvestito nuovo e scese in cucina a farsiammirare dalle domestiche.

— Non è vero che l'abito non fa ilmonaco — commentò Lisette. — Adessosembri proprio una signorina. Penso chedovremmo cominciare a darti del voi.

La nuova "signorina" dopo un poco se neandò a letto, pensando con emozione chel'indomani avrebbe conosciutofinalmente il Cittadino Marchese.

Dormiva profondamente quando furisvegliata dai passi di monsieurEdouard che rincasava, urtando contro i

mobili e imprecando. Evidentemente, nededusse Sophie, al club aveva eccedutonel bere. Proprio come faceva suo padreall'osteria quando aveva un problemadifficile da risolvere. Dopo un pocosentì le voci alterate di Céline edell'inglese che litiga-vano. Mise latesta sotto il cuscino, come faceva in rueMarcadet, quando le grida di Jean-Jacques facevano piangere Fantine.

— Per favore Pipolet, falli smettere. Perfavore — supplicava in quelleoccasioni. Ma Pipolet non aveva questopotere.

3

indomani Sophie si svegliò moltopresto. Guardò verso la camera accanto,ma non c'era traccia né di Adèle né dellasua bambinaia. Era una bella giornata eCharlotte cantava con insolitobuonumore scuotendo coperte e lenzuolafuori della finestra.

— Solange è in cucina e la bambina è incamera di madame — disse lacameriera, rispondendo alla domanda diSophie. — Se la terrà nel letto fino almomento della passeggiata. Oggi puòfarlo perché monsieur Edouard è partitoall'alba per l'Inghilterra. Se vuoi, puoi

andare a dar loro il buon giorno. Madevi sbrigarti. Toussaint ti aspetta perfare colazione dabbasso, nello studioloaccanto all'atrio. Ho sentito che oggidovete uscire insieme.

Nel grande letto dalle cortine dibroccato verde-azzurro, tra le lenzuolaricamate, con la camicia leggeraguarnita di trine che le era scivolata suuna spalla, Céline Varens sembrava labellissima eroina di uno di quei quadrimitologici che Sophie aveva vistoriprodotti nelle stampe d'Epinal: Ve-nereche sorge dalla spuma del mare, Ledache aspetta l'arrivo del cigno… E Adèleche le giocava accanto parevainterpretare con grazia il ruolo

dell'immancabile amorino alato.

La giovane donna però aveva gli occhiarrossati e un'espressione malinconicache cercava a stento di nascondere.

— Lo sai, vero, che Edouard è partito— disse tristemente.

— Quanto tempo starà via? — chieseSophie.

— Non lo so. Una settimana, un mese…Dice che non è in grado di prevederlo.Succede sempre così. Un giorno, al-l'improvviso, annuncia che deve partiresubito, immediatamente. E un altrogiorno, senza nessun preavviso, ritorna.

«Ti ho fatto una bella sorpresa» mi diceabbracciandomi.

«Non sei contenta di vedermi?» Iopreferirei poter contare i giorni dellasua assenza, però non ho più il coraggiodi chiedergli quando tornerà. Abbiamolitigato tante volte per questo motivo!D'altra parte, Edouard me l'ha detto findai primi giorni della nostra relazioneche lui è uno spirito libero, in-sofferentedi ogni controllo. Questo Natale, ilprimo Natale di Adèle, ci tenevo tantoche lo festeggiasse insieme a noi, infamiglia. Ma lui se ne è andato inInghilterra perché la zia reclamava lasua presenza. Mi manca tanto, il mioEdouard, sassolino. Se almeno mi

avesse lasciato un suo ritratto, anchesolo una miniatura da contemplare ebaciare durante la sua assenza! E sequesti viaggi improvvisi servissero afargli venire il buonumore! Invece tornasempre cupo e aggrondato, come seavesse un tormento che non vuoleconfessarmi.

Céline sospirò, asciugandosi unalacrima con l'angolo del lenzuolo.Sophie era terrorizzata all'idea divederla scoppiare in pianto. Cosaavrebbe dovuto fare per consolarla?

Fortunatamente Adèle, che cercava dialzarsi in piedi sul cuscino di fiancotenendosi alle colonne del letto,

barcollò, crollò addosso alla madre efece un verso di disappunto così buffoche Céline scoppiò a ridere.

— Oggi non la mando al parco delleTuileries con Solange — dissestringendosela al petto e coprendola dibaci.

— Alle undici faccio preparare da Jean-Baptiste la carrozza scoperta e ce neandiamo insieme, Adèle e io, al Bois deBoulogne. Voglio che tutti gli elegantonidi Parigi vedano quanto è bella la miabambina! Quando vado al Bois conEdouard non posso prenderla con noi,ma devo farmi accompagnare daToussaint, vestito della sua livrea più

appariscente. È per questo che me l'haregalato: per esibirlo come un giocattolodi lusso davanti alle altre dame. Poveroil mio bonbon al cioccolato! Anche ieriai Giardini del Lussemburgo batteva identi dal freddo in quella livrea di seta evelluto.

D'inverno, anche se c'è il sole, deveuscire ben avvolto nella pelliccia,altrimenti si ammala. E comunque,preferisco che al mattino vada a lezionedal Cittadino Marchese. A proposito!Corri a prepararti, che è tardi. Non te loricordavi che oggi è il tuo primo giornodi scuola?

Un'ombra di tristezza passò sul viso di

Sophie. Il suo

"vero" primo giorno di scuola lesembrava così lontano!

Quella volta era uscita dalla casa di rueMarcadet allegra e sicura, col cuorepieno di fiducia e di speranza, tenuta permano dal padre e dalla madre.

Céline si rese conto di aver risvegliatonella sua protetta un ricordo doloroso.La attirò a sé e la baciò con tenerezza.

Poi le disse: — Guarda sul ripiano dellatoeletta. Troverai un

foglio che ho scritto ieri notte al miopadrino per spiegargli chi sei e perchiedergli di trattarti con moltaindulgenza, almeno nei primi tempi.Glielo darai appena lo vedi. Su, svelta!Devi ancora far colazione e Toussaintsarà impaziente.

Detesta arrivare in ritardo.

4

oussaint aspettava l'amica nello studioloaccanto all'atrio, già pronto per uscire.Le fece trangugiare in piedi la tazza dicioccolata, le infilò un pan dolce nellatasca del vestito e la trascinò per strada.Con l'abito nuovo e il pesante cappottocon la mantella, la testa riparata da unacuffia di lana bordata di velluto, Sophiesi sentiva elegante come unaprincipessa, talmente diversadall'orfanella del cimitero diMontmartre che se madame Annaudl'avesse incontrata, non l'avrebbericonosciuta.

I due ragazzi corsero giù per le stradeche cominciavano ad animarsi per leattività mattutine. Qualcuno dei bottegaiche toglievano le imposte di legno allevetrine salutava Toussaint confamiliarità, ma la maggior parte deipassanti lo guardava e se lo additavacon meraviglia. Per quanto Parigi fosseuna città cosmopolita, un ragazzino dallapelle color cioccolato avvolto inun'elegante pelliccia costituiva ancorauno spettacolo insolito. I due amicicosteggiarono a passo svelto il Palazzodel Louvre, arrivarono alla Senna, le cuiacque non erano più ghiacciate come ingennaio, attraversaro-no il Pont Neuf esi trovarono sulla Rive Gauche, nel

Quartiere Latino.

— Il Cittadino Marchese abita in rueJacob — disse Toussaint col fiato corto,fermandosi ad ascoltare l'orologio diuna chiesa che batteva le ore. — Ma hopaura che non lo troveremo più in casa.Dev'essere già uscito.

— Come? — chiese Sophie. — Non ciaspettava per farcì lezione?

— Quando non piove, le lezioni ce le faall'aperto. Oggi, se c'era il sole,dovevamo andare al Jardin des Plantes.

— Be', potremmo raggiungerlo là… —cominciò a dire Sophie, ma Toussaint la

interruppe con un grido: — Guarda!

Stanno arrivando.

In fondo alla strada era comparsa la piùstrana processione che la ragazzinaavesse mai visto in vita sua.

Apriva il corteo un vecchio alto emagro, vestito con una redingote dipanno verde che probabilmente era dimoda cinquant'anni prima. I suoipantaloni si fermavano appena sotto ilginocchio, e i polpacci erano coperti dacalze di seta rosa acceso. Le scarpe coltacco erano decorate da una fibbiadorata. Sulla testa portava un tricornonero, come quelli che Sophie aveva

visto nei ritratti di Voltaire o di altripersonaggi dei tempi precedenti laGrande Rivoluzione. Non avevaparrucca, ma i suoi capelli grigi eranolunghi e raccolti sulla nuca in un codinolegato da un nastro. Non c'era alcundubbio, pensò la ragazzina, che quelpersonaggio originale fosse il CittadinoMarchese in persona.

Il vecchio conduceva tenendolo permano un bambinetto di circa sei anni,affogato in una enorme giacca grigia dauomo, piena di toppe, che gli arrivavafino ai piedi, infilati in due stivalispaiati e troppo grandi per lui. Sullatesta, calzato fino al naso, il bambinoportava un berretto di lana scura.

Seguivano due ragazzi della stessastatura di Toussaint, maschio e femmina,vestiti all'ultima moda e con grande ri-cercatezza, che reggevanorispettivamente un grande album dadisegno e un cavalletto da pittore. Poiveniva un ragazzet-to di circa otto anni,che indossava un elegante cappotto difoggia militare, forse la divisa di uncollegio per figli di nobili, pensòSophie. Era a testa nuda e aveva icapelli incredi-bilmente biondi ericciuti. Dietro a lui camminavano unabambina sui dieci anni, vestitapoveramente da popolana, e avvolta inuno scialle di lana a maglia simile aquello che portava Sophie in rue

Marcadet, ma più pesante e privo distrappi. Chiudeva la processione unragazzo alto e snello, di almeno sedicianni, che indossava una antiquataredingote uguale a quella del vecchio,che si muoveva con una incredibileeleganza, e stava attento come un caneda pastore a che i compagni più giovaninon uscissero dalla fila.

Sophie era sbalordita, sia per la grandedifferenza d'età fra i diversi allievi delCittadino Marchese, sia per il fatto chedel gruppo facessero parte dueragazzine. Quando Céline le avevaparlato delle lezioni, aveva pensato chelei e Toussaint sarebbero stati gli uniciallievi del padrino. Poi, nell'attesa,

quando sentiva l'amico parlare alplurale, aveva creduto che ci fosse unaclasse tutta maschile alla quale lei erastata ammessa come unica ragazza perintercessione di Céline.

Non aveva mai sentito che maschi efemmine potessero studiare insieme.Persino nella Scuola del MutuoSoccorso Operaio, dove le bambineerano pochissime, venivano fattestudiare in aule separate.

Il terzo dettaglio che la lasciavastupefatta era la evidente differenza dicenso e di condizione sociale degliallievi, anche se i giovani aristocratici, iragazzi borghesi e i piccoli straccioni

sembravano andare perfettamented'accordo.

A differenza di Sophie, la gente per lastrada guardava senza alcuna meravigliaquel gruppetto pittoresco. Evidentementeera abituata a vederlo passare. Dalleporte delle botte-ghe i negoziantisalutavano con un piccolo inchino ilCittadino Marchese, che in rispostasollevava leggermente il tricorno.

Una robusta massaia che camminava sulmarciapiede opposto con al braccio uncanestro pieno di ortaggi attraversò lastrada per venire a baciare la ragazzinacon lo scialle, e a sistemarglielo piùstretto attorno al collo. — Non

lasciatele prendere freddo, CittadinoMarchese — raccomandò al vecchio. —Stanotte Pauline non ha fatto che tossire.

Anche Toussaint, tirandosi dietroSophie, aveva raggiunto il gruppo. —Buongiorno, padrino. La mia amica haun messaggio per voi da parte dimadame Varens.

Sophie tese timidamente al vecchio ilfoglio ripiegato, ma quello invece dileggerlo se lo infilò in tasca. — Loguarderò a casa, quando torneremo peril pranzo. Suppongo che nel frattempo lagiovane cittadina voglia restare con noi.

Come ti chiami?

— Sophie Gravillon — rispose la nuovascolara.

Gli altri ragazzi intanto l'avevanocircondata pieni di curiosità.

— Sei un'amica del cittadino Toussaint?

— Vieni anche tu dalle colonie?

— Sei capace di usare il cannocchiale?

— Per favore, hai un fazzoletto,cittadina? Altrimenti devo soffiarmi ilnaso con la manica della giacca, estasera mio padre me le darà, se la trovasporca.

Questo era il bambino più piccolo, cheaveva lasciato la mano del CittadinoMarchese per esaminare più da vicinoSophie. La quale gli porse divertita ilfazzoletto di bucato che Lisette le avevainfilato nella tasca poco prima di uscire.

Fu ringraziata molto cerimoniosamente,e quando la piccola comitiva riprese lastrada verso il Jardin des Plantes, ilbambino non tornò a stringere la manodel vecchio, ma si aggrappò con forzaalla sua.

— Tienimi stretto, cittadina, altrimenticon queste scarpe troppo grandi potreiscivolare sul ghiaccio — le ordinò, eaggiunse preoccupato: — Sarebbe un

guaio se cadessi in avanti e mi ferissialla bocca. Tocca a me, oggi, farelezione

— concluse con orgoglio.

Sophie lo scrutò poco convinta. Eraproprio un mocciosetto, un monellodalla testa rapata che si sarebbe trovatoa

suo agio nei vicoli di Montmartre. Disicuro sotto quella lunga giacca, sotto ipantaloni di telaccia rappezzata, le sueginocchia erano piene di graffì, croste e

cicatrici.

5

a appena ebbero varcato il cancellodell'orto botanico, il vecchio sollevò ilbambino, se lo mise a sedere su unaspalla e disse agli altri con grandeserietà: — Ascoltate con attenzionequello che vi dirà il cittadino Antoine aproposito dei lombrichi che con le lorogallerie rendono più fer-tile il terreno.

E Antoine, con voce sicura, non solospiegò la preziosa opera dei lombrichiche mangiando, digerendo e defecandola terra, la restituiscono più grassa enutriente per gli alberi e le piante.Indicò anche le specie che più si

avvantaggiavano di questo concimenaturale, e quelle che stentavano adaccli-matarsi perché provenivano dapaesi più caldi.

Il giovane aristocratico, chiamato daicompagni cittadino Maximilien, avevaaperto il cavalletto e ci aveva sistematol'album da disegno. Sua sorella, lacittadina Angélique, stava lì accanto,pronta a porgere le matite colorate aicompagni che, su invito del vecchiomaestro, si avvicinavano a disegnare laforma delle foglie dei vari alberi, manmano che venivano nominati e illustratida Antoine. Il Cittadino Marcheseinterveniva raramente, non percorreggere, ma per in-tegrare le

informazioni fornite dal bambinetto.Raccontò della prima spedizionescientifica francese nell'OceanoPacifico, il viaggio intorno al mondo delsignor de Bougainville, cominciato nel1766 e durato quasi tre anni; delle suescoperte, e delle piante che avevaportato in Europa. Raccontò del suoamico personale, il barone tedescoAlexander von Humboldt che, incompagnia di un botanico francese,trent'anni dopo il viaggio diBougainville, aveva esplorato l'Americadel Sud, l'arcipelago delle Antille, e glistati meridionali della nuova grandenazione chiamata Stati Uniti d'America,studiandone non solo gli animali, i

vegetali e i minerali, ma anche lestrutture economiche e sociali.

— Mia nonna mi ha detto che le nobilifamiglie e i proprietari terrieri dellecolonie lo odiano, perché dopo esserestato ricevuto nelle loro case con tutti glionori, il barone von Humboldt hacriticato il loro modo di vivere e hascritto che la schiavitù, sulla quale sibasa la loro ricchezza, è una istitu-zionebarbara — intervenne il più anzianodegli allievi, quello chenell'abbigliamento imitava il vecchiomaestro.

Sophie fu colpita dal timbro femminiledella sua voce. E

il suo stupore fu ancora più grandequando il Cittadino Marchese esclamò:— Ottimo, cittadina Olympe! Non dirmiche hai letto tutti i trentasei volumi delViaggio nelle regioni equinoziali delNuovo Continente che ha scritto il mioamico von Humboldt quando è tornato aParigi!

— No. Ho letto soltanto il saggiointitolato I problemi dell'AmericaLatina — rispose arrossendo la stranaadolescente che indossava pannimaschili. A guardarla bene in viso, eraevidente che le sue guance erano lisce erosee, senza traccia di barba nascente, ei suoi lineamenti erano troppo delicatiper essere quelli di un ragazzo.

— Qui da noi la schiavitù non è stataancora abolita —

osservò il Cittadino Marchese. — Neabbiamo un esempio vivente nelcittadino Toussaint. Anzi, non dovremmoneppure chiamarlo "cittadino". Secondol'articolo numero 45 del Codice Nero,l'insieme di leggi elaborate dal baroneColbert e promulgate nel 1685 dal ReSole, il nostro amico deve essereconsiderato un "bene mobile", unoggetto, non un essere umano.

— Come mai la sua padrona non lo haliberato? — chiese Pauline. —Toussaint dice che è una donna gentile, eche gli vuole bene.

— E ha ragione. Céline Varens è unadonna intelligente, ed è contraria allaschiavitù — intervenne Olympe. — Masai bene che da noi in Francia la leggenon permette alle donne sposate dicompiere alcun atto legale senza ilpermesso del marito. E il marito diCéline…

—… è uno schifoso schiavista! — dissecon disprezzo Toussaint.

— È stata abolita la tratta, però — saltòsu a dire Angé-

lique. — In tutto il mondo civile oramaiè proibito andare in Africa, catturare gliafricani, caricarli sulle navi e

trasportarli nelle colonie per venderlicome schiavi.

— Sì, però chi nasce schiavo, restaschiavo. Invece dovrebbero essere tuttiliberati. I Diritti dell'Uomo e delCittadino devono valere anche per loro— osservò Maurice.

— Sull'isola dei miei padri, ad Haiti, glischiavi si sono liberati da soli —affermò con orgoglio Toussaint. — Ilvecchio generale Ledere, mandato daNapoleone a sottometterli, e quelli chesono venuti dopo di lui, non sono riuscitia impedirglielo.

— E Napoleone si è spaventato, tanto da

ripristinare in Francia e nelle suecolonie la schiavitù che era stata abolitadalla Grande Rivoluzione — disseancora Maurice.

— Anche perché Josephine Beauharnais,la sua prima moglie, era una creola dellaMartinica, e la sua famiglia si eraarricchita col lavoro degli schiavi —disse Toussaint.

— Non è che siano tanto furbi, però, ituoi haitiani —

intervenne Maximilien. — Dieci annidopo avere proclamato la repubblica,hanno rinunciato ancora alla libertàaccettando di farsi comandare da un

nuovo re.

— Be', se non altro il re HenryChristophe era nero come loro! —rispose Toussaint. — E poi ti informoche gli haitiani non lo hanno accettato:appena hanno potuto, lo hannodetronizzato. Oggi Haiti è di nuovo unarepubblica indipendente. Lo hariconosciuto ufficialmente persino quelbor-bone di Carlo X!

Il Cittadino Marchese se la rideva adascoltare questo battibecco. Sophieinvece lo seguiva con grandeperplessità.

Non capiva perché il maestro lasciasse

che gli scolari inter-rompessero a loropiacimento la lezione di botanica. AllaScuola del Mutuo Soccorso Operaio nonsarebbe stato permesso. Gli alunnidovevano ascoltare in silenzio le paroledel maestro senza fare né domande nécommenti. Fu dunque con grandesollievo che la ragazzina accolse leparole di Olympe, che aveva alzato unamano per chiedere di intervenire, ed eratornata – almeno così pareva –sull'argomento.

— Von Humboldt ha esaminato lecoltivazioni di zucchero, di tabacco, dicaffè e di cotone — esordì infatti laragazza vestita da uomo, ma fu subitointerrotta da Antoine che continuava a

dominare la piccola assemblea dall'altodella spalla del Cittadino Marchese: —Queste piante possiamo andare avederle e a disegnarle nella serra.All'aperto da noi non crescono: fatroppo freddo.

— Von Humboldt non è affatto d'accordocon quello che sostengono i nostri coloni— riprese Olympe tranquilla

— che cioè la coltivazione di questepiante è talmente fatico-sa che possonoaffrontarla e sopportarla solo glischiavi, perché sono più robusti eresistenti al clima dei bianchi, e perché– dico io – vi sono costretti a suon difrustate. Sostengono, i nostri coloni, che

anche nelle miniere del Brasile gliuomini bianchi non resisterebbero, e chedunque la schiavitù sarebbe… scusate,vorrei citare il termine esatto con cuihanno il coraggio di difenderla. Ecco,per loro la schiavitù sarebbe "uncrimine politico inevitabile". VonHumboldt dice che non è affatto vero.Che anche i bianchi, anche gli uominiliberi, ai tropici possono fare i contadinie i minatori. Certo,

sarebbe faticoso, bisognerebberallentare il ritmo del lavoro, nutrire

meglio i braccianti, dar loro un salario.Si guadagne-rebbe di meno, forse, manon sarebbe impossibile. Ha calcolatoche nelle colonie gli schiavi sono moltopiù numerosi di quanti ne servirebberoalla agricoltura. E dice che richiamar-sial Medioevo per sostenere, come fannoalcuni, che nelle Antille i neri sonotrattati bene e che i bianchi li proteggonocome i feudatari proteggevano i vassalli,è… vediamo se mi ricordo le paroleprecise… "è un imbroglio del linguaggioche profana la nobile arte dello spirito edell'immaginazione".

6

ttimo, cittadina Olympe! C'è qualcunoche vuole fare domande o aggiungerequalcosa? — chiese il maestro.

— Io — dichiarò Toussaint. — Vorreileggervi un'interessante riflessione sullalibertà e sulla schiavitù che ho trovatoieri sera su questo libretto di memorieche la contessa de Merlin ha regalatoalla mia padrona.

— Sentiamo — disse il vecchiomaestro.

E Toussaint incominciò: — Per prima

cosa bisogna che vi spieghi che nel suolibro la contessa de Merlin raccontad'essere la discendente delle due grandifamiglie spagnole di Santa Cruz e diMontalvo, stabilitesi a Cuba da più di unsecolo. Quando aveva solo pochi mesi, isuoi genitori dovette-ro andare inEuropa e la lasciarono affidata per ottoanni alle cure della bisnonna, che levoleva un gran bene e la educò con lamassima indulgenza, senza maicostringerla a fare ciò che non voleva.La bellezza della natura, la dolcezza delclima, rendono la nostra isola simile aun paradiso di colori e di profumi chevoi neppure riuscite a immaginare, e laniña Mersè, come la chiamavano,

sarebbe vissuta felice se… se la suafamiglia non avesse posseduto, cometutti i ricchi latifon-disti di Cuba, unagrande quantità di schiavi.

— Grazie ai quali certamente i padronivivevano comodamente, evitando ognisforzo e ogni fatica — osservò ilCittadino Marchese. — La bambina nesarebbe dovuta essere contenta.

— Se fosse stata una persona egoista.Oppure una scioc-china senza cervello— disse Toussaint. — Invece ascoltatecosa ne pensava: Uno schiavo non puòmai servire il suo padrone di buongrado, neppure quando è trattato conumanità. La sola schiavitù, di per se

stessa, è un fatto che lo avvili-sceprofondamente, gli f a trascinare contristezza la sua catena e misurare conlo sguardo la distanza che lo separadall'orizzonte, dove immagina si trovila sua libertà. Questi sventurati hannoun'unica idea fissa: quella di tornare alproprio paese, e spesso li si trovaimpiccati nella loro ca-panna, perchésono persuasi che quel mondo miglioreche ci viene promesso dopo la mortedebba essere per loro la Patria da cuisono stati strappati e dove vivonoancora i loro familiari. Ricordo moltobene l'orrore che mi ispirava laschiavitù e, cosa che sembrerebbeincredibile, già a otto anni mi rendevo

conto di quanto fosse innaturale ladistanza immensa che separa ilpadrone dal suo schiavo; e che questotipo di dominio era violento, basatosulla forza e mo-struoso. Talisentimenti si sviluppavano in me tantopiù facilmente poiché, in conseguenzadella mia educazione, avevo sempreconsiderato la mancanza di libertàcome la maggiore delle disgrazie.

Toussaint s'interruppe per riprenderefiato, e il Cittadino Marchese disse: —È vero: la cittadina Mercedes era cosìin-sofferente d'ogni disciplina che anove anni, dopo essere stata per qualchetempo come educanda nel convento diSanta Clara, scappò attraverso una

finestrella e tornò a casa della bisnonna.Penso che nel suo libro di memorieabbia raccontato anche di questaevasione. Ma continua a leggere le sueriflessioni sulla schiavitù, cittadino!

E Toussaint, dopo essersi schiarito lavoce, riprese: —

La vista di quegli esseri sfortunati, lacui intera esistenza non era che unacatena di atti di sottomissione, ha fattonascere in me, per tutto il resto dellamia vita, una opposizione invincibile aforzare la volontà di chicchessia,neppure nelle cose di minimaimportanza.

— Quindi appena è cresciuta, lacontessa ha liberato tutti i suoi schiavi?— domandò Pauline.

— No, è andata via da Cuba ch'eraancora una ragazzina. Prima di partire haottenuto soltanto che il padre liberassela sua balia e tutti i figli della donna, eche regalasse loro una casa e un terrenoin modo che potessero vivereindipendenti.

— E poi? — chiese Angélique, come seavessero interrotto il racconto di unafiaba.

— E poi raggiunse la madre e i fratelliche vivevano alla corte di Spagna —

disse Toussaint. — Dovette imparare ladisciplina. Era abituata a camminarescalza, e fu costretta a mettersi non solole scarpe, ma il busto che a quei tempi siusava molto stretto. Ricevette un'ottimaistruzione. Pensate che insieme allasorella Pepita prendeva lezioni dipittura dal grande Goya. Poi sposò ungenerale di Napoleone, il conte deMerlin, e quando i Borbone tornarono inSpagna, se ne venne a vivere col maritoe i figli a Parigi.

— Allora, se vive a Parigi, possiamoinvitarla a pranzo, questa signora, e farcìraccontare tutto sulle piante e suglianimali di quella sua isola, CittadinoMarchese? — domandò Antoine.

— Credo che il cittadino Toussaint lopossa fare anche meglio della contessa— disse il vecchio maestro. — Ad ognimodo, prova a scrivergliela tu, unalettera d'invito, cittadino, e vediamo sela mia vecchia amica Mercedes havoglia di passare un po' di tempo connoi.

Antoine sospirò, perché a scrivere nonera bravo come a raccontare deilombrichi. Ma sapeva che quello era ilmetodo usato dal vecchio maestro perstimolare gli allievi a impe-gnarsi e amigliorare nelle materie in cui erano piùdeboli.

7

er quanto appassionati all'argomentotutti gli allievi, a restare fermi nel vialedell'orto botanico, stavano cominciandoa gelare. I più piccoli battevano i piedi aterra per ri-scaldarsi, Pauline tossiva,Angélique si strofinava il naso che eradiventato rosso e insensibile.

— Scusatemi giovani cittadini, forse èl'ora di tornare a casa — disse a quelpunto il vecchio maestro.

In un attimo si riformò il corteo. Olympechiese a Sophie di aiutarla a controllareche i più piccoli non scendesse-ro dal

marciapiede rischiando di esseretravolti dalle carrozze e dai furgonitrainati da muli e cavalli.

Lungo la strada si fermarono un attimodavanti a una modesta osteria che risultòappartenere alla vedova Goriot, madredi Pauline, dove li aspettavano duecanestri pieni di cibo già cotto cheMaximilien e Maurice si caricarono inspalla.

Arrivarono in rue Jacob. Il CittadinoMarchese abitava in un palazzo che untempo doveva essere stato moltoelegante, ma che ora denunciava con imuri scrostati e le finestre sconnesse unlungo periodo di trascuratezza e

abbandono.

Gli scolari seguirono il maestro su perle scale buie e arrivarono al primopiano, detto anche "piano nobile", ch'eratutto occupato da un grandeappartamento dove abitava il CittadinoMarchese, accudito da un'unicadomestica ancora più vecchia di lui. Unavolta, disse Toussaint a Sophie, nellacasa viveva anche un cocchiere, al pianoterreno, dove c'era la scuderia con duebellissimi cavalli e una carrozza. Poi siai cavalli che il cocchiere erano morti divecchiaia e non erano stati sostituiti. Lacarrozza era diventata un nido di topi eil Cittadino Marchese, quando usciva,andava a piedi, oppure saliva su quei

grossi carrozzoni da venti posti, gliomnibus, di recente invenzione, dovepagando due soldi si poteva viaggiareda un capo all'altro della città pigiaticome acciu-ghe in un barile, gomito agomito con popolani, piccoli borghesi etagliaborse. Nel caminetto del saloneardeva un bel fuoco, e al centro dellocale c'era un lungo tavolo circondatoda una ventina di sedie. I mobili eranoantichi e di stile molto elegante, madappertutto regnava un gran disordine.Pile di libri, giornali, riviste ealmanacchi, lavagne, un granmappamondo, animali impagliati, mazzid'erbe appesi a seccare, compassi,specchi deformanti, rotoli di pergamena,

strumenti musicali, marionetteaccasciate sulle spalliere dellepoltrone… Molti di questi oggettiSophie non li aveva mai visti se nonnelle illustrazioni dei libri e nonriusciva a capire lo scopo per il quale ilCittadino Marchese li aveva riuniti nellostesso locale.

Altrettanto strana le parve ladisinvoltura con la quale i giovani"cittadini", compreso Toussaint, avevanopreso possesso del salone, spogliandosiin un attimo di cappotti, scialli eredingote, e cominciando di propriainiziativa a mettere ordine, mentre ilvecchio maestro era andato a sedersiaccanto al caminetto, aveva estratto

dalla tasca il messaggio di Céline e siera messo a leggerlo tranquillamente,senza curarsi del movimento e delrumore che lo circondavano.

Quando ebbe finito di leggere, ripiegò ilfoglio, cercò con gli occhi Sophie che sene restava intimidita accanto alla porta,e con un dito le fece segno diavvicinarsi.

— Dunque hai frequentato per due annila Scuola del Mutuo Soccorso Operaio,cittadina — le disse invitandola asedere nella poltrona di fronte.

— Quasi tre — puntualizzò Sophie.

— E sei abituata a una disciplinasevera. Avrai trovato molto singolare lalezione di stamattina.

— Scusate, monsieur, ma di che lezionesi trattava? Per un momento ho credutoche la materia fosse la botanica. Ma poivi siete messi tutti quanti a parlared'altro…

— Hai imparato delle cose che primanon sapevi, oppure no?

Sophie si morse le labbra com'era suaabitudine quando cercava diconcentrarsi. Sì, accennò col capo.Aveva imparato molte cose nuove.

— Visto? Il nome della materia non haimportanza. E

neppure chi insegna a chi. Il sapere èuno scambio reciproco.

Tra i miei allievi ci sono moltispecialisti, come avrai potuto notare.

— Ma non siete voi l'insegnante?

— Io sono il direttore d'orchestra. Seimai stata a teatro, ad ascoltare unasinfonia?

— No — rispose Sophie avvilita. Primadi arrivare in Boulevard des Capucinesl'unica musica che conosceva era quella

dell'organetto del vecchio Vitali, chearrivava a Montmartre ogni primaveracon la sua scimmia e i suoi caniammaestrati. E le canzoni che cantavaFantine quand'era felice, prima dellaRivoluzione di Luglio.

— Rimedieremo a questa lacuna —disse tranquillo il Cittadino Marchese.— La cittadina Angélique è unamusicista raffinata. Da domaniincomincerà a insegnarti il pianoforte.Tu, in cambio, cosa pensi di poterleinsegnare?

— Cosa sono gli Orsi e le Scimmie…?— propose esi-tante Sophie.

— Temo che lo sappia già. E poil'esperto di zoologia qui da noi è ilcittadino Antoine.

— Volevo dire come si stampa un libro,oppure un giornale. Come funziona unatipografia…

— Ottimo! Ci mancava proprio, unospecialista in questa materia. Potremodedicare un'intera settimana a questoargomento.

— So anche come è stata decisa lamisura universale.

Posso raccontare come è nato il metro— aggiunse Sophie prendendo coraggio.

Intanto un gruppo di ragazzi avevasgombrato il tavolo e lo aveva pulitocon uno straccio umido. Senza mettercitova-glia, Olympe e Maurice lo avevanoapparecchiato con bei

piatti antichi e posate d'argento eavevano disposto tutto attorno il pane,gli sformati e le torte preparati dallamadre di Pauline. Per bere c'eranocaraffe d'acqua fresca.

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uoi sapere chi sono i tuoi compagni? —chiedeva intanto il Cittadino Marchese aSophie. — Cominciamo dal cittadinoAntoine: è figlio di un povero vetraio, eprima di Natale non era mai andato ascuola. Aiutava il padre nella bottega.La prossima estate, quando scenderà ingiardino a gambe nude, potrai ammirarele cicatrici delle terribili bruciature chesi è fatto con la pasta di vetroincandescente. Ha sette anni, ma fin daquando era piccolissimo, ha sempreavuto la passione delle scienze naturali.Appena poteva, scappava al Jardin des

Plantes a osservare gli alberi, gl'insetti,gli uccelli… Stando accovacciato ore eore in silenzio tra l'erba ha imparatomolto più di quanto non avrebbe potutostudiare sui libri. Ho dovuto discutere alungo col padre per ottenere il permessodi lasciarlo venire a lezione. Alla fine cisiamo accordati che, per ogni ora che ilcittadino Antoine passa con noi, io paghial vetraio il salario di un apprendista insostitu-zione del figlio.

Ma non devi preoccuparti per le miefinanze, giovane cittadina! Vedo che staicalcolando mentalmente quanto puòcostarmi l'istruzione del nostro piccoloBougainville. Sta'

pure tranquilla: quasi tutte le spese dellascuola vengono so-stenute dai genitoridei cittadini Angélique e Maximilien edalla nonna della cittadina Olympe, iquali sono così ricchi che nemmeno sene accorgono.

I cittadini Angélique e Maximilien,come avrai osservato, sono gemelli. Maper le leggi assurde della nostra società,se volevano studiare sul serio, dovevanosepararsi. Maximilien era iscritto alliceo Louis Le Grand e Angéliquefrequentava il pensionato per signorinedelle Dame Inglesi. Soffriva-no tantoper questa separazione che il padre miha chiesto di aprire solo per loro unascuola che ammettesse femmine e

maschi insieme. È un buon repubblicano,il visconte d'Angers, ma è talmente riccoche non mi sono vergognato dichiedergli una retta altissima, grazie allaquale ho potuto accettare in classe lacittadina Pauline – la cui madre, comehai già visto, gestisce una taverna e ciaiuta con un forte sconto sul nostropranzo quotidiano – Antoine, di cui ti hogià detto, e Toussaint, perché la miafiglioccia fa studiare il suo giovaneschiavo di nascosto del marito, e dunquenon può spendere per questo il denarodell'inglese.

Quanto a te, credo che userò il danaroche mi dà generosamente ogni semestrela nonna della cittadina Olympe,

madame Geneviève Soulignac, checonosco e apprezzo da ormai più diquarant'anni. È una vecchia signora cheha sempre difeso strenuamente i dirittidelle donne. Ha fatto dare quel nomealla nipote in onore di Olympe deGouges, l'autrice de I Diritti dellaDonna e della Cittadina al tempo dellaGrande Rivoluzione. Riunisce nella suacasa di rue Notre Dame des Champsdame aristocratiche, signore borghesi edonne del popolo per leggere insieme illibro dell'inglese Mary Wollstonecraft,Rivendicazione dei diritti della donna.Anch'io sono d'accordo sul fatto che ledonne hanno il diritto di lavorare fuoridi casa venendo adeguatamente

ricompensate, di votare i lororappresentanti politici e, requisitoindispensabile per esercitare i primidue, hanno il diritto di studiare.

— Per questo avete aperto la vostrascuola anche a noi bambine? — chieseSophie.

— Perché sono convinto che avete lestesse identiche facoltà intellettuali deivostri coetanei. E voglio dimostrarlo achi vi ritiene buone soltanto a pulire lacasa e a ricamare. È

una sfida, cittadina Sophie, e insiemealle tue compagne devi aiutarmi avincerla. Mi prometti che farai del tuo

meglio?

— Ve lo prometto — disse la ragazzinacon serietà.

— Ma torniamo alla nonna dellacittadina Olympe. La vecchia signora èconsiderata da tutti una donna pazza estravagante. In sua assenza gli stupidi lacriticano e la deridono, come d'altrondesaprai che fanno con me, solo perchénon siamo pecore che si accodano algregge. Ma quando le stanno davanti,non fanno che ossequiarla e adularla edarle ragione su qualsiasi argomento,per il semplice fatto che è ric-chissima.La sua famiglia ha accumulato un'enormefortuna col commercio dei tessuti. La

cittadina Olympe è orfana di entrambi igenitori ed è la sua unica erede.Moltissimi gentiluomini la vorrebberosposare attirati non dalle sue dotipersonali, ma dalla sua dote. MadameGeneviève però vuole che la nipotegoda di tutti i privilegi maschili e perquesto la fa vestire come un ragazzo e lamanda a scuola da me. Ti sarai accortache la cittadina Olympe ha accettato conentusiasmo la decisione della nonna.Prima che io aprissi la scuola, stu-diavain casa con un ottimo precettore.Conosce alla perfezione il greco, illatino, l'italiano, il tedesco e l'inglese.Sa andare a cavallo, tirare di scherma, econosce l'anatomia umana come a

nessuna fanciulla sarebbe consentito inun pensionato femminile. Perciò hamolte cose da insegnare ai compagni. È

la mia aiutante più valida, anche perchéha già sedici anni.

D'altra parte, ognuno dei miei allievi hail suo bagaglio di cultura da scambiarecon gli altri. Il cittadino Maurice, conquella testa da cherubino, conosce nonsoltanto tutte le opere teatrali del nostropaese, ma anche quelle inglesi, e nellalingua originale. Sa abbastanza digeometria e di prospettiva da costruireun piccolo teatro per marionette con lesue quinte e i suoi fondali, e abbastanzadi anatomia da mettere insieme dei

pupazzi di cartapesta perfettamentearticolati. Sua madre d'altronde èun'artista, pittrice e scultrice, che si èseparata dal marito per potersi dedicarealla sua arte. E il cittadino Maurice sitrova meglio con noi che nel collegiodove l'aveva rinchiuso il padre finoall'anno scorso.

Del cittadino Toussaint sai già moltecose. Posso aggiungere soltanto che è ilpiù intelligente e il più pronto dei mieiallievi. Anche il fatto di ammettere allamia scuola un piccolo schiavo nerocostituisce una bella sfida per tutticoloro che ritengono gli africani unarazza inferiore, incapace di raggiungerei risultati intellettuali dei bianchi. Sai

cosa ha scritto a suo tempo ThomasJefferson, il presidente degli Stati Unitid'America che pure è stato il primo avietare la tratta nel suo paese? E che,dicono, ha avuto una mezza dozzina difigli mulatti da una sua schiava dicolore. Ha scritto che i neri noncapiscono la logica, non hanno fantasia,non sanno apprezzare l'arte, non sono ingrado di dipingere o scolpire né diapprezzare la musica.

— Avrebbe dovuto vedere il ritratto cheToussaint sta facendo a madame Céline!— esclamò Sophie indignata.

— E dovrebbe sentirlo cantare la partedi Papaceno nel Flauto magico di

Mozart — aggiunse il vecchio. — Ipregiudizi, mia piccola cittadina, sonoduri a morire. Ma Toussaint e io siamodecisi a sferrargli un bel colpo, se nonletale, che almeno li tramortisca.

Chi manca ancora? La cittadina Pauline,così timida e modesta, è un vero geniomatematico. Per lei l'algebra e latrigonometria non hanno segreti, e stamuovendo i primi passi nell'astronomia.Potrete avere delle conversazioniinteressanti, voi due, a proposito dimeridiani e di paralleli. Né devi credereche i cittadini Angélique e Maximiliensiano qui solo grazie al denaro del lorosignor padre. La gemella, come avrainotato, è un'ottima pittrice, capace di

insegnare a disegnare anche a quelli chesi credono negati. Ha visitato con lafamiglia tutti i musei d'Europa; conosce igrandi pittori di tutti i tempi ed è capacedi eseguire copie perfette dei lorocapolavori. Inoltre è appassionata difisica e di meccanica, sa tutto sullenuove macchine a vapore. E come senon bastasse è un'ottima cantante e unabuona pianista. Il cittadino Maximilien,il suo gemello, ha una grande passioneper la chimica, per il magnetismoterrestre, per la medicina… Vedrai,insomma, che se ci trasportasseroall'improvviso tutti insieme su un'isoladeserta, saremmo in grado di cavarcelada soli in ogni occasione.

— Come Robinson Crusoe — non potéfare a meno di osservare Sophie.

— Brava. Suppongo però che tu lo abbialetto in una traduzione francese. Inquesta scuola i libri si leggono nellalingua in cui sono stati scritti. Perciò dadomani, oltre alle lezioni di musica chevi darà la cittadina Angélique,comincerai a imparare le prime nozionidella lingua inglese dai cittadini Olympee Maurice…

— Posso farvi una domanda? — osòchiedere a quel punto Sophie. — Voisiete ricco e potreste passare i vostrigiorni a viaggiare, a giocare a carte, aconversare… a goder-vi la vita,

insomma. Cosa vi spinge a stancarvi connoi, a sopportare tutta questaconfusione?

E accennò a un gruppetto di quattroragazzi che, ridendo e incitandosi avicenda, trasportavano verso la tavolauna grande pentola fumante che eranoandati a prendere in cucina.

Li seguiva Olympe che offriva il bracciocon gesto cerimonioso a una anzianadomestica vestita modestamente concuffia e grembiule.

— Buongiorno, cittadina Corinne. Siedipure a tavola.

Adesso arriviamo anche noi — la salutòil Cittadino Marchese, poi si rivolse aSophie: — Ti risponderò citando unbrano di Rousseau, che di certo conoscialmeno di fama: "La patria non puòsussistere senza la libertà, né la libertàsenza la virtù, ne la virtù senza icittadini: avrete tutto se formerete icittadini. Ora, formare i cittadini non èaffare d'un giorno; e per avere deicittadini adulti, bisogna istruirli dabambini."

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ndarono a tavola. La pentola anneritache conteneva la minestra troneggiava alcentro delle porcellane di Sè-

vres, dell'argenteria e dei bicchieri dicristallo. La vecchia domestica eraseduta al posto d'onore e i ragazzifacevano a gara per servirla. Eraevidente che nella casa del CittadinoMarchese alle divisioni sociali e alleregole imposte dagli aristocratici eaccettate da tutti i buoni borghesi nonveniva attribuito alcun valore. I ragazziperò dovevano mangiare educatamente ei più grandi sorvegliavano i più giovani,

cor-reggendo l'impugnatura di unaforchetta, evitando che la broccaspargesse l'acqua fuori dal bicchiere,bloccando con un semplice aggrottare disopracciglia sbrodolamenti, spargi-mento di briciole, gomiti poggiati sultavolo e altre scorret-tezze del genere.Sophie stava zitta, guardava e cercava dicomportarsi come gli altri.

Ebbe un lampo di tristezza al pensieroche si stava abi-tuando in fretta amangiare a sazietà e a non badare troppoal cibo che aveva nel piatto. Solo duesettimane prima avrebbe annusato convera e propria estasi e contemplato alungo come un tesoro, prima di portarloalla bocca, il cucchiaio di minestra di

verdura, per non parlare del pasticcio diconiglio preparato dalla madre diPauline. Solo due settimane prima lacrosta di pane secco e il ritaglio di lardoda mezzo soldo, che nel suo egoismoinfantile aveva accettato di non dividerecon la madre, le erano sembrati una cenada re.

Per fortuna l'allegria dei compagni ditavola, le continue gentilezze diToussaint per non farla sentire a disagioin quel nuovo ambiente, richiedevanotutta la sua attenzione e non le permiserodi abbandonarsi alla malinconia.

Finito il pasto, in pochi minuti i ragazzisparecchiarono e andarono in cucina a

rigovernare. Sophie non avrebbe maiimmaginato che ragazze eleganti comeOlympe e Angélique, che giovanigentiluomini come Maximilien eMaurice, si prestassero a un'operazionecosì umile e servile. Ma i suoi compagnisembravano divertirsi. — La primaregola di questa scuola è che ciascunodeve imparare a badare a se stesso

— le disse Angélique intercettando ilsuo sguardo meravi-gliato. — IlCittadino Marchese vuole cheimpariamo a non aver bisogno didomestici per le nostre esigenzepersonali.

Nel pomeriggio le lezioni proseguirono

all'interno dell'appartamento. Stranelezioni, molto diverse da quelle cui eraabituata Sophie. Maurice collocò sultavolo il teatrino delle marionette cheaveva costruito e decorato nei mesiprecedenti con l'aiuto di Pauline. Glialtri ragazzi si riunirono attorno allapoltrona del Cittadino Marchese, cheteneva spalancato sulle ginocchia ungrande libro, scritto – per quanto riuscìa leggere Sophie – in una lingua che nonera francese.

— Metteremo in scena un brano tratto dauna tragedia di Shakespeare — lesussurrò Toussaint all'orecchio. —Reciteremo in inglese.

Maurice schierò sul palcoscenico lemarionette che rappresentavano i diversipersonaggi e ricordò a ciascuno deicompagni a quale pupazzo dovevaprestare la voce. Qualcuno, comeAngélique, Toussaint e Olympe, sapevala sua parte a memoria, mentre Antoine,Pauline e Maximilien l'avrebbero lettanel librone che il maestro teneva ingrembo.

Con grande sollievo di Sophie, a lei nonvenne assegnato alcun ruolo. Dellarecita non capì quasi niente, tranne chec'era un vecchio re, interpretato daToussaint, molto affettuoso e gentile condue signore e molto arrabbiato con unaragazza di nome Cordelia. Però era

divertente vedere i suoi nuovi compagnirecitare, impappinarsi, venire corretti daOlympe o dal Cittadino Marchese tramille risate.

— Se domani non potremo uscire, cieserciteremo tutti nella pronunciadell'inglese — annunciò il maestroquando lo spettacolo fu terminato. — Eadesso, cittadina Angélique, cittadinoToussaint, ci piacerebbe ascoltare un po'di musica.

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oussaint andò a mettersi accanto alpianoforte, Angélique sedette sullosgabello girevole, poi scrollò sullespalle i bei riccioli neri, distese le ditasui tasti e guardò il maestro con ariainterrogativa.

— Figaro — disse il CittadinoMarchese.

— Mozart o Rossini? — chieseToussaint.

— Rossini, Rossini! — gridaronoMaurice e Maximilien. Lo conoscevano

personalmente, il grande musicistaitaliano, che ormai viveva a Parigi datanti anni e frequentava i salotti dei lorogenitori. Lo avevano visto mangiare consfacciata golosità i pâté e gli arrostiserviti alle loro tavole, e suggerirenuove ricette, decantare i pregi deiformaggi italiani che si faceva spediredal paese lombardo chiamato Gorgon-zola. Erano stati al Teatro des Italiens adascoltare la sua Italiana in Algeri e Lagazza ladra. Adoravano la sua musicacosì allegra e così scherzosa eadoravano i suoi aneddoti.

— Vada per Rossini — concesse ilCittadino Marchese, attirandosi Antoinesulle ginocchia.

Angélique annunciò seria, come se sitrovasse davanti a un pubblico disconosciuti: — Eseguiremo la cavatinadi Figaro, dal primo atto de II barbieredi Siviglia. La musica naturalmente èadattata per pianoforte. Se ci fossel'orchestra con tutti gli strumenti, il cantosarebbe accompagnato dall'ot-tavino,dal flauto, dal fagotto, dagli archi, e poidai clarinetti, dai corni e dalla tromba indo.

Respirò a fondo, poggiò le dita sullatastiera e le fece correre sempre piùveloci. Dal pianoforte scaturì un'ariaallegra e vivace, sempre più accelerata,che suggerì a Sophie l'immagine dellacucina di un'osteria in cui i Gravillon

erano stati invitati da Pierre Donadieu,un locale pieno di cuoche e sguattereaffaccendate e contente che correvanotra i fornelli e la ghiacciaia tenendo inequilibrio pentole piene di crema ecoppe di sorbetti.

Dopo poche battute Toussaint cominciòa cantare con la sua voce acerba, maperfettamente intonata:

Largo al factotum

della città.

Largo!

Presto, a bottega,

che l'alba è già!

Presto!

Ah, che bel vivere,

che bel piacere,

per un barbiere

di qualità!

Ah bravo Figaro!

Bravo, bravissimo!

Bravo!

Sophie ascoltava deliziata, anche se,

come prima con l'inglese diShakespeare, adesso non capiva unasola parola dei versi in italiano chesgorgavano dalla bocca di Toussaint e silevavano verso il soffitto.

Quando finalmente, alle quattro e mezzo,il maestro congedò gli scolari, l'amicodovette aiutarla a vestirsi e poi dovettetrascinarsela dietro tenendola per mano,tanto era confusa e trasognata.

Il primo pensiero che attraversò lamente di Sophie, appena uscita dallacasa del Cittadino Marchese, fu: "Chissàquando lo racconterò a mamma!", eimmediatamente si rese conto che nonavrebbe mai più potuto raccontarle

niente, che mai più avrebbe riso con lei,seduta sul panchetto basso, con i gomitiappoggiati alle sue ginocchia. Eppure ilproposito di raccontare a Fantine le suenuove esperienze si sarebbe presentato,istintivo e involontario, alla sua menteper molti e molti mesi ancora.

IX. PARIGI, GIUGNO 1837

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Parigi, rue Saint Augustin

23 giugno 1837

Carissima madame Céline,

oggi finalmente posso darvi una buonanotizia. Immagino che foste moltopreoccupata per il comportamento dellastiratrice, e forse avrei fatto meglio anon raccontarvi niente in proposito. Ache scopo darvi un nuovo motivod'angoscia, quando non era in vostropotere cambiare le cose? Sono statasciocca ed egoista, ora me ne rendo

conto.

Ma ero così abituata a confidarvi ognimio pensiero, che l'ho fattoistintivamente, senza riflettere che oggile nostre rispettive posizioni sonocambiate e che non posso più ricorrere avoi per sostegno e conforto, ma che oratocca a me evitarvi ogni nuovo motivodi dispiacere.

Vi giuro tuttavia che ciò che sto perraccontare è la pura verità, non unastoria inventata allo scopo ditranquillizzarvi, dovete sapere che daqualche giorno, con nostra grandemeraviglia, madame Frédéric ha fattoscomparire dalla nostra tavola le

aringhe e le patate e al loro posto hacominciato a servirci dei pastiabbondanti e saporiti. A colazione mettein tavola pane fresco, burro e confetturadi fragole e ogni sera, prima che Adèlevada a letto, le offre un bicchiere di lattecaldo.

Sulla sedia che uso come scrittoio èricomparsa la candela, e infatti questalettera la sto scrivendo in santa pace nelnostro stanzino.

«La stiratrice o suo marito devono averericevuto un'eredità» ha commentatoToussaint. Io credo invece che madameFrédéric sia una persona dal caratterelunatico, perché improvvisamente ha

anche cominciato a comportarsi in modoassai più gentile che nei giorni scorsi.

Con Adèle poi è diventata affettuosa epaziente come non lo era mai stataprima. Potrei quasi dire che la tratta conrispetto e con deferenza, come se vostrafiglia fosse un'adulta facoltosa emadame una sua domestica. Certe voltee davvero ridicola. Prima la chiamavaper nome, oppure le diceva: «Tu,marmocchio.» Adesso si é messa achiamarla "mademoiselle", e ancora piùspesso "miss". Dédé non sa comereagire a tante smancerie. Ieriprobabilmente si è ricordata delCittadino Marchese e le ha ordinato intono perentorio: «Per favore, chia-

matemi cittadina Adèle e basta.»

Naturalmente la stiratrice non haobbedito, però ha smesso divezzeggiarla in tono così zuccheroso.

Ma non è finita qui. Ieri ci siamo alzatedi malumore, perché era il compleannodi Adèle e festeggiarlo senza di voi ciriempiva di tristezza. Di ritorno dallapasseggiata ai giardini delle Tuileries,abbiamo trovato sul nostro letto ungrande pacco avvolto in carta di seta edecorato da un nastro dorato. «È permiss Adèle» ha detto la nostra ospite,senza altri commenti.

Potete immaginare l'impazienza con cui

Dédé ha svolto il pacco, dentro c'era unabambola grande come Poupette, mamolto più bella.

Di quelle tedesche che aprono echiudono gli occhi, e che hanno gambe ebraccia snodate. Adèle era quasiintimorita davanti a tanta perfezione.L'ha messa a sedere sul letto, le haesaminato i capelli e il vestito, un po'delusa alla scoperta che non erapossibile né spogliarla né pettinarla.L'ha inclinata avanti e indietro per farleaprire e chiudere gli occhi, l'ha presa inbraccio. E sapete cosa ha detto alla finedi questo esame? «È molto bella,davvero. Però preferisco Dagoberta.»

«Hai ragione» le ho risposto. «Ma nondirlo a madame Frédéric.

Anzi, corri subito in cucina aringraziarla. È stata gentile a ricordarsidel tuo compleanno.»

Ma la stiratrice, senza nemmenosmettere di sbattere le uova perl'omelette, le ha detto bruscamente:«Ringrazia piuttosto il tuo angelocustode. È lui che te l'ha portata.»

Per Adèle questa può sembrare unaspiegazione valida. Io però non so cosapensare. Se madame ha voluto risarcireDédé per averle venduto, in un momentodi bisogno, la sua bambola migliore,

perché non accettare adesso la suariconoscenza?

Comunque, visto che non abbiamo unaltro posto dove andare, meglio chemadame Frédéric si comporti congenerosità piuttosto che con avarizia.

Toussaint ha saputo dai domestici dimadame Soulignac che la salute dellavecchia signora sta migliorando e sperache presto riuscirà a farsi ricevere.

Io continuo a dare lezioni a Dédé, chenonostante le distrazioni degli ultimigiorni, continua a fare progressi, comevoi stessa potete constatare qua sotto.

Ora mi congedo, perché voglio lasciareun po' di spazio sul foglio per le paroleche vi scriverà la mia allieva.

Che peccato che il carceriere non vipermetta di risponderle! Adè-

le impazzirebbe dalla gioia a ricevereun vostro biglietto e a decifrare la vostrascrittura. E anche noi… Sapeste come cifa soffrire il vostro silenzio! Quantidubbi, quante paure… Doverciaccontentare di quello che ci racconta divoi il vostro custode. Dovergli credere

sulla parola.

Gli abbiamo offerto il doppio e il triplodel denaro già pattuito, per convincerloa lasciarvi scrivere almeno una frase dirisposta. Ma su quel punto e inflessibile.Tússi dice che è un atteggiamento moltostrano, perché quando una personaaccetta per una prima volta di lasciarsicorrompere, in seguito è solo unaquestione di prezzo.

Forse quell'uomo spregevole staaspettando come il ragno nella tela cheaumentiamo ancora la nostra offerta. Elo faremo, ve lo prometto, a costo diesaurire completamente le risorse dellamia "cassaforte di maglia".

Vi abbraccia con tutta la sua tenerezza lavostra riconoscente Sophie

Cara mamma, lo sai que ho unabambola nuova che, si ciamaCatherine? La portata langelo custode.per il mio compleanno. È bella, piegale bracia e le gambe e ha il vestito dadama, pero atacato. Non si puòspoliare come Dagoberta. Io voglio piùbene, a Dagoberta que ha Catherine,.Lo sai che Dagoberta sta crescendo? Èdiventata più alta, piu grassa e piùpesante. Perché obedische, quando iole dico mangia!

Tu quando torni da quella Viena?Come, si ciama il balletto que balli?

Un baccione. forte forte dala tua Dédé

2

Parigi, Faubourg Saint Germain

25 giugno I837

Cara madame Céline,

vi scrivo per informarvi di un fattoinquietante che Sophie ignora, e chepreferisco tenerle nascosto per evitareche si preoccupi inutil-mente. Si stacomportando con grande equilibrio e sioccupa di Adèle con dedizione e sensodi responsabilità. Ma ha solo quattordicianni, e sarebbe ingiusto caricarla delpeso di un sospetto che forse si rivelerà

solo frutto della mia immaginazione.

Non ho chiuso occhio tutta la notte,chiedendomi se non era il caso dirisparmiarlo anche a voi, visto checomunque non potete intervenire in alcunmodo. Ma so che siete forte, e chedesiderate sapere tutto quello cheriguarda Adèle. Siete stata voi ainsegnarci che non bisogna nasconderela testa sotto la sabbia, che è meglioguardare il pericolo negli occhi. L'unicacosa che posso dire per rassicurarvi èche vi terrò informata di ogni nuovosviluppo della situazione, a costo discalare un'altra volta il muro di fianco alletto del visconte per poter pagare ilcarceriere.

Dunque, mi sembrava che negli ultimigiorni madame Frédéric nascondessequalcosa. Anche senza considerare lacomparsa inaspettata della bambola, e lanuova ricchezza del menu, la stiratriceaveva un modo di fare tra il colpevole,l'euforico e il segreto. Sophie loattribuiva al carattere lunatico dimadame e io ho finto di crederle. Ma,offrendole del denaro, sono riuscito afar cantare la vecchia. È incredibilequanto possa illuminarsi il suo sguardoalla vista di mezzo franco! Mi haconfessato che cinque giorni fa, mentreAdèle e Sophie erano al parco, si èpresentato in rue Saint Augustin unsignore dall'accento straniero, che le ha

fatto mille domande sulle sue ospiti.Non le ha detto il proprio nome né ilmotivo di tale inchiesta. Ma le halasciato del denaro da usare per lenecessità più urgenti di Adèle, e glieneha promesso dell'altro in cambio del suosilenzio. Due giorni dopo è arrivato unfattorino dei Magazzini Printemps, conun pacco indirizzato a Dédé, checonteneva la bambola di cui vi ha scrittoSophie, senza nessun bigliettod'accompagnamento.

Non mi piace il fatto che questo "angelocustode", come lo definiscepoeticamente la vecchia, non vogliamostrarsi alla sua beneficata né farconoscere il proprio nome. Se vuole

aiutare Adèle perché è un vostro amico,che motivo c'è di tanto mistero? Hochiesto a madame Frédéric didescrivermelo. Mi ha detto che sembraun gentiluomo, che non è vecchio, che èalto più, o meno come il macellaio diPlace de la Madeleine e che parla conun leggero accento straniero, come seavesse vissuto a lungo in Italia. Oppurein Germania. Direte che le due pro-nunce non si prestano ad essere confuse.Ma per la stiratrice l'una vale l'altra.Purtroppo non sono riuscito a ottenerealtri dettagli. Madame Frédéric non èuna gran fisionomista e non ricorda ilcolore degli occhi e dei capelli dellosconosciuto, né la sua carnagione, per

non parlare di qualche caratteristica deisuoi lineamenti. Temo che tutta la suaattenzione fosse concentrata sullemonete che il "gentiluomo" le contavasul palmo della mano.

La stiratrice e suo marito sono convintiche il generoso sconosciuto sia unbenefattore che preferisce restareanonimo, e anche a me piacerebbecrederlo. Ma non posso scartarel'ipotesi che si tratti invece di un lupotravestito da agnello. Purtroppo nelquartiere tutti sanno che Adèle e Sophiesono rimaste senza mezzi e senzaprotezione, e che madame Frédéric è unadonna così avida che per danaro farebbequalsiasi cosa. Siete stata voi stessa a

raccontarmi con orrore che la madredell'attrice Coralie – la madre! – l'havenduta per sessantamila franchi amonsieur de Marsay, quando la figliaaveva solo tredici anni!

Ma basta! Non voglio allarmarvi più delnecessario. Le mie probabilmente sonosolo fantasie. Se dovessi accorgermi chec'è davvero un pericolo, vi assicuro chefarò trasferire altrove Adèle e Sophie.

Dove, ancora non saprei dirlo. Forse inun convento? Lì starebbero al sicuro.Ma io non potrei più visitarle tatti igiorni, e Sophie non potrebbe scrivervi.Allora in una locanda? Pensate che,pagando, il patrigno di Pauline sarebbe

disposto a prenderle a pensione? O èmeglio che cerchiamo di rintracciarequella parente di Solange che viveva alMarais?

Appena avrò un po' di tempo adisposizione, cercherò d'informarmi.Intanto abbiate fiducia in me. Veglierò suAdèle come un drago dai cento occhi.

Vi bacia devotamente le mani il vostro

Toussaint

X. PARIGI, 1832-1837

1

el biglietto col quale presentava Sophieal Cittadino Marchese, Céline avevaanche informato il padrino dellapartenza di monsieur Edouard e gliaveva scritto che aveva bisogno divederlo quella sera stessa.

Puntualissimo, dieci minuti primadell'ora di cena, il vecchio signore sipresentò in Boulevard des Capucines.Indossava la solita antiquata redingote,che però era stata accu-ratamentespazzolata, e in testa portava unaparrucca bianca cosparsa di cipria.

Céline, in suo onore, si era fattaarricciare i capelli e aveva sostituito laveste da camera bianca a volant, cheportava sempre in casa, con un abito dasera di seta marezzata rossa che lelasciava scoperte le spalle. Sophie, cheaveva assistito alla toeletta dellagiovane donna, era rimasta sbalorditadalla metamorfosi. Nei giorni precedentila sua benefattrice le era sempre apparsacome una ragazza molto bella, dal corpoflessuoso, la carnagione fresca, gli occhiluminosi e i capelli folti e lucenti. Bella,fresca e vivace come una sor-gente dimontagna, come un ramo di rosellineselvatiche co-sparse di rugiada.

Il nuovo vestito, l'acconciatura

elaborata, il trucco, i gioielli, avevanogradatamente trasformato sotto i suoiocchi la giovane madre dai modispontanei e dallo sguardo diretto, in unadonna affascinante e misteriosa, piùadulta, più imponente, dal portamentoquasi regale. Più che a una delicata rosadi macchia adesso Céline somigliava auna camelia rosso cupo o a una peoniagiapponese.

— Ecco, vedi? — le aveva sussurratoToussaint quando Céline aveva scesolentamente le scale per andare incontroall'ospite. — così era "La divinaVarens", per la quale gli adoratori eranopronti a fare qualsiasi pazzia.

Il Cittadino Marchese s'inchinò, baciò lamano alla figlioccia, salutò i due ragazzie subito andarono a tavola. La tavolaquesta volta non era stata apparecchiatanello studiolo, accanto al caminettoacceso, ma nella grande sala illuminatadai candelieri d'argento, e per aiutareCharlotte a servire i commensali Jean-Baptiste aveva indossato la livrea e iguanti bianchi.

— Se ci fosse monsieur Edouard —sussurrò ancora Toussaint a Sophie, cheprendeva posto intimidita alla destra delCittadino Marchese — se ci fossemonsieur Edouard, noi due nonpotremmo sedere a tavola con i padroni.Anzi, io dovrei mettermi quella ridicola

livrea variopinta e stare in piedi dietrola sedia di madame, attento a cambiarleil piatto e a versarle il vino.

Durante la cena, la conversazione ebbecome oggetto i progressi del cittadinoToussaint nello studio e le lacune che lacittadina Sophie avrebbe dovutosuperare per raggiungere il livello dipreparazione dei compagni. Anche aCéline il padrino dava del tu, però nonla chiamava "cittadina", ma "mia cara".

Quando ebbero finito di cenare, Solangeportò giù Adè-

le, assonnata e tiepida, morbida edeliziosa come un panino appena

sfornato, che subito tese le braccia versoToussaint e disse: — Tússi.

Il Cittadino Marchese la baciò sullafronte e osservò:

— Come ti somiglia, mia cara! È ilritratto preciso di com'eri tu alla sua età.Per fortuna non ha preso nientedall'inglese.

Anche Céline baciò la figlioletta, e inquel momento Sophie le vide brillarenegli occhi una lacrima, sulla quale ilpadrino non fece alcun commento e chevenne subito furtiva-mente asciugata.

— Sii gentile, Sophie, accompagna

Solange di sopra e aiutala a mettere aletto Dédé — disse Céline. — Tússi sevuole può restare nel salone edesercitarsi al pianoforte. Il padrino e ioci ritiriamo nel salottino verde.Dobbiamo parlare, e vi prego di nondisturbarci per nessun motivo.

Il colloquio durò fino a tardi, e ilCittadino Marchese se ne andò,accompagnato in carrozza da Jean-Baptiste, poco prima della poppata cheAdèle reclamava ancora a mezzanotte.

L'indomani Céline era molto più serena,e, approfittando del tempo asciutto, sene andò a piedi fino a rue Le Peletier,dove si trovava il Teatro dell'Opera, per

assistere alle prove de La Silfide.

Quella sera il Cittadino Marchese vennein visita dopo cena, e ai due ragazzi fupermesso di restare fino a tardi incompagnia degli adulti. Sophie eraintimidita dal vecchio signore. Quandoviveva a Montmartre era abituata adessere trattata dai maestri della scuolacon grande severità, e la sola idea dipoter sedere accanto a loro su undivano, di prendere con loro lacioccolata e di ridere ai loro scherzi, lesarebbe parso un vero e propriosacrilegio.

Il Cittadino Marchese era un ottimoconversatore e aveva una riserva

inesauribile di aneddoti. Come quellirelativi a Rossini, che aveva conosciutofin dal lontano arrivo del musicistaitaliano a Parigi. Adesso Rossini noncomponeva più, era ammalato dimalinconia, trovava conforto soltantonella buona tavola (e infatti,commentava Céline, aveva messo supancia). Ma un tempo era capace dicreare della musica stupenda inpochissimo tempo, e in situazioni a dirpoco disage-voli.

— Anzi, il maestro ha una teoriapersonale — raccontava il CittadinoMarchese. — Secondo Rossini, solo sestretti dalla necessità si possonoscrivere dei capolavori. Lui stesso, per

creare le sue opere, avrebbe sempreaspettato la vigilia del giorno in cui lasua musica doveva essere eseguita inpubblico in pompa magna. Dovrestesentirlo! «Niente stimola la creativitàpiù della presenza del copista che fremeaspettando il vostro lavoro, piùdell'agitazione dell'impresario chedisperato e impaziente si mette le manitra i capelli. Ai miei tempi ho scrittol'ouverture dell' Otello in una stanzettadi Palazzo Barbaja, dove il più rude e ilpiù feroce dei direttori mi aveva fattochiudere a chiave con l'unica compagniadi un piatto di maccheroni,minacciandomi che non avrei potutolasciare la stanza prima di aver scritto

l'ultimissima nota. E

l'ouverture de La gazza ladra? Quellal'ho scritta il giorno prima del debutto,nella soffitta del teatro milanese allaScala, dove ero stato imprigionato daldirettore. Aveva dato ordine che i mieicarcerieri, tre robusti macchinisti discena, gettassero dalla finestra il miolavoro, foglio dopo foglio, al copistache aspettava da basso per trascriverlo.Se non avessi consegnato velocementequei fogli, il direttore aveva ordinato aimacchinisti di gettare me fuori dallafinestra.»

Questa serie di aneddoti il padrinol'aveva raccontata per elogiare la

rapidità di Toussaint nel disegno. Ilragazzo era velocissimo nello schizzareritratti a carboncino, anche a memoria.Ne aveva appena eseguito uno delpadrone di casa, somigliantissimo, el'aveva regalato a Céline: — Così nonvi lamenterete più di non avereun'immagine di vostro marito dacontemplare durante la sua assenza.

E a Sophie aveva sussurrato, cercandodi non farsi sentire dalla padrona: —Quanto a me, preferisco di gran lungavedermelo davanti di cartone, l'inglese,piuttosto che in carne

e ossa. Speriamo che questa volta i suoiaffari lo trattengano in Inghilterra molto,molto, molto a lungo!

A Céline il ritratto era piaciutomoltissimo. Lo aveva fatto incorniciaree lo aveva fatto appendere sul caminetto.

2

pprofittando dell'assenza di monsieurEdouard, il Cittadino Marchese adessoveniva a trovare la sua figlioccia tutte lesere. Qualche volta si facevaaccompagnare da un amico, da unapersona la cui conversazione ritenevainteressante per la ballerina e per i dueragazzi. Céline e Toussaint eranoabituati alla varietà delle sueconoscenze, ma Sophie ogni volta simeravigliava di quanto fossero diversetra loro, per età, per carattere e percondizione sociale. Tra gli amici delmarchese de la Pommelière c'erano

capitani di vascello e architetti, cadettidell'Accademia Militare e albergatori diperiferia, astronomi e produttori di cartada parati. L'unica cosa che questepersone avevano in comune erano isentimenti liberali, il rimpianto dellaGrande Rivoluzione, e la facilità diparola. La dote che il CittadinoMarchese riteneva fonda-mentale eraquella di saper discutere, di saperesporre con chiarezza i propriragionamenti, di saper difendere leproprie convinzioni.

Una sera il padrino portò a cena ungiovane dal volto abbronzato, di nomeVictor Schoelcher, che sembrava esserevenuto di malavoglia e subito confessò

d'essere stato, anni addietro, tra gliadoratori "della Varens". — Prima delmio viaggio, naturalmente. Adesso, contutto il rispetto che ho per voi, madame,non ho più tempo per queste frivolezzeda zerbinotto. Adesso mi occupo di cosepiù serie.

Sophie lo guardò con un cipiglio ostileche fece ridere Céline.

Il Cittadino Marchese esclamò: — Oh,là, là, cittadino Victor! Non esserescortese. La mia figlioccia non èsoltanto una bellezza: è la persona piùseria del mondo. Tu che sei partitolancia in resta a combattere i pregiudizicontro le persone di colore, non dovresti

accettare passivamente il pregiudizioche vuole tutte le ballerine frivole eignoranti.

L'ospite accettò il rimprovero di buongrado e si scusò con la padrona di casa.— Sapete, sono appena tornato da unlungo viaggio nelle colonie, e ho persol'abitudine alla vita mondana.

— Dove siete stato? — chiese Toussaintpieno d'interesse.

— E tu, da dove vieni? — chiesel'uomo, accorgendosi che nel salonec'era un ragazzo nero e meravigliandosiche non assistesse in silenzio allaconversazione dei padroni come si

addice a un domestico.

— Dalla provincia di Santiago di Cuba— rispose Toussaint.

— Ci sono stato, a Cuba — disseSchoelcher — e anche in Messico, inFlorida, in Louisiana…

— Siete un naturalista come vonHumboldt? — chiese timidamenteSophie.

— No. Mi ci ha mandato mio padre avendere le sue porcellane. Ha unafabbrica, sapete, e voleva trovare nuovicliente nelle colonie. Ma quello che hovisto laggiù mi ha talmente sconvolto

che ho lasciato perdere i piatti e lezuppiere…

—… e si è dedicato anima e corpo allalotta per l'abolizione della schiavitù —concluse il Cittadino Marchesecompiaciuto, come se la "conversione"del giovane Schoelcher fosse meritosuo. — Appena tornato ha scritto unarticolo intitolato Sui Neri e l'hapubblicato sulla "Rivista di Parigi". E

dall'anno scorso, quando è morto suopadre e il cittadino Victor ha ereditatol'impresa di famiglia, spende tutto il suodenaro per aiutare i liberali, irepubblicani, i nemici della ti-rannide…E non si limita a offrire sostegno, ma si

impegna personalmente nella lotta per lecause più nobili.

— In cosa consiste la vostra lotta? —chiese interessata Céline.

— Scrivo articoli sui giornali, mi tengoin contatto con gli abolizionistiamericani, faccio conferenze. Bisognaaprire gli occhi alla gente! Bisogna farcapire che la schiavitù non può esseretollerata nel mondo civile…

— Il cittadino Victor sta scrivendoanche un libro che dovrebbe esserepubblicato l'anno venturo — aggiunse ilCittadino Marchese.

— Un libro? Dovete essere una personadi grande talento — osservò ammirataCéline.

— Oh, no, madame. Non sono quelloche si definisce un uomo geniale.Possiedo soltanto una modestaintelligenza di quinto ordine. Ma sareifelice se la mia vita servisse a provareche un uomo può fare qualcosa di buonosenza possedere un'intelligenza al disopra della media, grazie soltanto allain-tegrità del suo carattere e delle sueazioni, e alla dignità della sua vita chegli procurano il rispetto dei suoiconcittadini.

— Siete troppo modesto. Io per esempio

non solo vi rispetto: vi ammiro — disseCéline. — Parlatemi ancora dei vostriprogetti.

— Ho intenzione di fondare una SocietàFrancese per l'Abolizione dellaSchiavitù. E poi voglio lanciare unacampagna contro la pena di morte. È unprovvedimento inumano, che rende loStato più abietto del criminale chepretende di punire. Conoscete il libro diVictor Hugo, L'ultimo giorno di uncondannato a morte?

— Io l'ho letto, quando stavo in rueMarcadet — disse Sophie. — L'ho lettoa mio padre, e alla fine piangevamo tuttie due.

Schoelcher la guardò stupito. A quell'etàle bambine di sua conoscenza sifacevano leggere dai genitori I raccontidì Mamma Oca di Perrault e i Raccontidi fate di Madame d'Aulnoy. Si chieseche tipo di relazione legasse quellaragazzina pallida e magra alla padronadi casa. Era troppo grande per esseresua figlia. Forse si trattava di unasorellina minore, di una parente povera,anche se tra le due non c'era alcunasomiglianza.

Ma il personaggio che più losconcertava era il ragazzo nero. Troppoben vestito, troppo disinvolto, troppoistruito per essere un domestico. L'ideache potesse trattarsi di uno schiavo,

dopo quei discorsi infiammati in cuipareva che tutti i presenti fosserod'accordo nell'esecrare la schiavitù, nonlo sfiorava neppure. Nel suo idealismonon riusciva a immaginare che Céline,non potendo liberare il ragazzo senza ilconsenso del marito, se lo tenesse incasa trattandolo non come un servitore,ma come un amico più giovane.

— Avete una famiglia singolare,madame — disse pre-parandosi adaccomiatarsi.

— E voi avete un animo nobile,monsieur Schoelcher.

Tornate quando volete. Ormai conoscete

la strada. Se troverete un po' di tempoda perdere in galanterie e frivoli giochida zerbinotto, ci farete sempre moltopiacere — gli disse Cé-

line con il più smagliante dei suoisorrisi. — Voi e i vostri amici saretesempre i benvenuti in questa casa.

— Almeno fino a quando nonricomparirà all'improvviso monsieurEdouard con la sua gelosia e i suoimalumori —

sussurrò Toussaint a Sophie.

L'indomani Schoelcher tornò. Si fermòpoco più di un'o-ra, conversò

amabilmente e affascinò Sophieritagliando in un attimo, da un foglio dicarta nera, una silhouette che leassomigliava moltissimo.

Al momento di accomiatarsi disse aCéline: — Madame, voi ieri avetegenerosamente esteso il vostro invitoanche ai miei amici. Non ho intenzioned'invadere la vostra casa, ma c'è ungentiluomo, che ho incontrato nel corsodel mio viaggio di ritorno dalleAmeriche e che avrebbe piacere diconoscervi. È la prima volta che misterMason viene a Parigi. Sulla nave miaveva sentito parlare con tantoentusiasmo dell'Opera e del suo corpodi ballo, che appena arrivato è andato

subito in rue Le Peletier a prenotare unposto per il primo spettacolo, ma èrimasto deluso perché la stagione deiballetti non è ancora iniziata, ed eglideve lasciare la Francia prima del 12marzo. così quando gli ho detto che viconoscevo personalmente e che forsepotevo indurvi a riceverlo nella vostracasa, poco c'è mancato che dallariconoscenza si chi-nasse a baciarmi illembo della redingote.

— La mia fama è arrivata dunque fino alNuovo Mondo come quella di FannyElssler? — chiese incredula Céline.

— Sinceramente no, madame. Sono statoio, sulla nave che ci portava in Francia,

a vantare talmente la vostra bellezza e lavostra bravura, da creare nel miocompagno di viaggio il mito della vostrapersona.

— Povero mister Mason! Portatelo pure,ma avvertitelo che ormai sono diventatauna grassa madre di famiglia e cheresterà deluso — esclamò divertitaCéline.

— Non credo. Voi siete superiore aqualsiasi lode — rispose Schoelcher —perché alla grazia del corpo unite lanobiltà e la profondità di una mentecoltivata e generosa.

— Smettila con queste sciocchegalanterie, cittadino Victor! —intervenne tra il burbero e il divertito ilCittadino Marchese. — Te l'ho detto chela mia figlioccia non solo è sposata, maè innamorata come una sartina romanticadel suo Edouard. Innamorata efedelissima. Quindi lasciala perdere.

3

ichard Mason era un gentiluomo alto emagro, vestito con l'eleganza un po'troppo ricercata dei ricchi piantatoridelle colonie, e come quelli soffriva ilfreddo dell'inverno europeo. Entrando,aveva lasciato nelle mani di Jean-Baptiste un pesante soprabito foderatodi pelliccia e lungo fino ai piedi, e persedersi aveva scelto la poltrona piùvicina al fuoco del caminetto. Non eraabbronzato come il suo accompagnatore,anzi aveva un colorito giallognolo emalsano, e gli occhi segnati da occhiaieprofonde.

Anche il suo comportamento avevaqualcosa di troppo ricercato, le suemanifestazioni di ammirazione neiconfronti di Céline erano eccessive, lasua cortesia talmente esagerata darasentare il ridicolo.

Quando Lisette entrò a servire lacioccolata, i due ragazzi comed'abitudine la aiutarono a distribuiretazze e piattini, e Toussaint ne approfittòper dire a Sophie: — Ne ho conosciuto,di tipi così viscidi e falsi, quando stavoa Cuba con mademoiselle Athénaïs. Tuttimiele, complimenti e rispetto esageratocon le signore e le signorine di buonafamiglia, ma completamente privi diriguardo verso le donne che considerano

socialmente inferiori. Credi che se nonci fosse il Cittadino Marchese a fare glionori di casa, se non gli avesse fatto bencapire, sia pure implicitamente, che lasua figlioccia non è una cortigiana, non èla sua mantenuta, ma una donna per-bene, sposata a un gentiluomo e fedele asuo marito, credi che mister Masonsarebbe così cerimonioso e delicatonelle sue attenzioni verso madame? Nonlo vedi che, sotto sotto, è deluso?Probabilmente è arrivato in Franciaconvinto che tutte le ballerine sianodonne di facili costumi e si aspettava ditrovare una ragazza povera e senzaprotezione con la quale potersi prenderedelle libertà. Mi stupisco che monsieur

Schoelcher, che è una persona così acutae intelligente, non abbia capito con chiaveva a che fare.

— Ha chiesto una tazza di tè invecedella cioccolata. E

se al posto dello zucchero ci mettessi uncucchiaio di sale?

— propose feroce Sophie, ben decisa avendicare l'onore della sua protettrice.

Toussaint si mise a ridere. — Lasciastare. Sono certo che anche il CittadinoMarchese si è accorto di che tipo èmister Mason, e che dirà al cittadinoVictor di non portarcelo più in casa.

L'ospite intanto si guardava in giro,ammirando l'eleganza del salone, lefinestre con i vetri piombati di stilegotico, gli stucchi bianchi del soffittoche raffiguravano tralci di vite confoglie e grappoli e che contrastavano colvelluto rosso dei tendaggi e dei divani; ifolti tappeti bianchi decorati daghirlande di fiori variopinti, isoprammobili di porcellana e dicristallo tutti sul tono del rosso.Osservava a lungo, fissa-mente, ogniparticolare, come se ne fosse stupito evolesse imprimerselo bene nella mente.

"Forse qualche signora delle colonie loha incaricato di riferirle nei dettaglil'eleganza parigina perché le piacerebbe

imitarla" pensò Sophie, leggermente adisagio per quel comportamentoindiscreto che rasentava lasfacciataggine.

Anche il Cittadino Marchese nella suapoltrona dava segni d'inquietudine, eVictor Schoelcher era imbarazzato.

— Uno stile d'arredamento moltoinglese, direi — osservò alla fine delsuo esame mister Mason.

— Infatti. È stato mio marito a sceglierei mobili, le specchiere, le tende, itappeti e le tappezzerie — dissegentilmente Céline, sforzandosi dialleggerire l'atmosfera.

— Avete dei bei quadri. Mi stupisceperò che non ci sia un vostro ritratto incostume di scena — osservò ancora lostraniero.

La giovane donna arrossì. Come potevaspiegare a un estraneo che il suoEdouard non avrebbe sopportato diavere ogni giorno sotto gli occhi unaimmagine di sua moglie che mostrava lecaviglie? Per togliersi d'imbarazzo dissela prima cosa che le venne in mente: —In compenso c'è un ritratto di miomarito, molto somigliante.

E additò all'ospite lo schizzo cheToussaint aveva fatto a memoria dopo lapartenza del padrone di casa.

Mister Mason guardò. Aggrottò la fronteperplesso, e a Toussaint parve divederlo impallidire. Ma forse era laluce del candeliere più vicino, cheimprovvisamente aveva vacil-lato.

— Dunque quello è vostro marito? —chiese Victor Schoelcher, che nellevisite precedenti non aveva fatto moltaattenzione al ritratto. — Sembra un tipomolto severo. Ma forse il disegno nongli rende giustizia.

— No, no. È somigliantissimo! — disseil Cittadino Marchese. — Edouard, ilmarito della mia figlioccia, è unapersona molto seria, e il pittore l'hacolto nella sua espressione più abituale.

Mister Mason intanto si era alzato e siera avvicinato al caminetto. Avevainforcato un paio di occhiali e si eramesso a osservare con molta attenzionelo schizzo di Toussaint. Lisette, chestava aggiungendo un po' di legna alfuoco, lo sentì borbottare tra i denti: —Edouard?!…

Poi l'ospite picchiettò con l'unghia ilvetro che ricopriva il ritratto edesclamò: — Un lavoro davveropregevole. È recente, o risale a moltianni fa?

— Tússi, vieni avanti! Diglielo, a questisignori, che sei tu l'autore del ritratto —chiamò allora Céline. — E che l'hai

fatto soltanto la settimana scorsa.

— Quindi magari più tardi avrò l'onoredi incontrare l'originale — dissel'ospite.

— No, purtroppo. Mio marito è dovutoandare in Inghilterra per seguire i suoiaffari. Possiede anche delle piantagioniin Giamaica. Magari lo conoscete. Sichiama Edouard R…

— Non conosco nessuno che si chiamiEdouard! — la interruppe Mason quasicon violenza. Poi aggiunse: —

Quando vi siete sposati? E dove? Qui aParigi?

— Questo veramente non vi riguarda,Mason — intervenne Schoelcher,rendendosi conto d'essersi fatto garanted'una persona quantomeno troppocuriosa e invadente.

— Scusate. Lo chiedevo perché madamemi sembra così giovane in confronto almarito… Una vera bambina, mentrelui… — cominciò a spiegare l'ospite.

— Mason! — ripetè Schoelcherseveramente. Poi, guar-dandolo fissonegli occhi: — Vi ricordo che alle noveavete un appuntamento col vostrobanchiere all'altro capo della città.Rischiate di arrivare in ritardo.Andiamo!

L'altro drizzò la testa come perribellarsi. Era evidente che non avevaalcun appuntamento, e che non gradivaessere portato via nel bel mezzo dellaserata.

— Andiamo! — ripetè Schoelcherstringendogli un braccio. Toussaint nelfrattempo si era precipitato inanticamera e ne era tornato col soprabitofoderato di pelliccia di mister Mason.

L'ospite lo indossò in silenzio. Poi siavvicinò a Céline per accomiatarsi. —Vogliate perdonare uno straniero pocoavvezzo alle consuetudini parigine,madame — disse in tono di scusa. — Viassicuro che le mie domande poco

discrete non erano dettate da intenzionimalevole, ma da un sincero interesse neivostri confronti.

— Poveretto! Monsieur Schoelcher èstato troppo severo — esclamò Célinequando i due furono usciti.

— Il cittadino Victor ha fatto soltanto ilsuo dovere, ri-sparmiandomi di metterealla porta quel ficcanaso che lui stesso tiaveva portato in casa — rispose ilCittadino Marchese.

L'indomani il giovane fattorinodell'albergo più elegante di SaintGermain si presentò in Boulevard desCapucines con un grande mazzo di fiori

accompagnato da un biglietto. — È

per la vostra padrona — disse aCharlotte, che stava spazzan-do dalvialetto le ultime tracce di neve mezzosciolta. — Una signora davverofortunata, madame Varens! Vorrei averedieci soldi per ogni omaggio florealeche le mandano i suoi ammiratori.

— Non fareste un buon affare — risposela cameriera.

— Ormai da più di due anni, da quandomadame si è sposata, qua di fiori nearrivano molto pochi.

— Ne saranno arrivati moltissimi il

giorno del matrimonio — insistette ilfattorino, ch'era un giovane dibell'aspetto e di modi garbati, per cuiera un piacere scambiarci duechiacchiere. — Mi basterebbero diecisoldi per ogni mazzo di fiori che èarrivato in questa casa il giorno dellenozze della vostra padrona.

— Andate a cercarli altrove, i vostridieci soldi! — rise Charlotte. — I mieipadroni si sono sposati senza alcunapompa. Il notaio, noi due testimoni –perché hanno chiamato me e Jean-Baptiste a fare da testimoni, visto chesiamo gli unici tra i domestici e saperescrivere – le firme sul contratto, unbicchiere di vin dolce per brindare, e

tutto è finito lì. Capisco che madame èun'artista celebre e che non voleva darepubblicità alla cosa, ma insomma… Cisiamo tutti rimasti un po' male.

— Niente fiori, niente invitati, nienteannunci sul giornale, niente mance per laservitù… Un vero peccato! — sidichiarò d'accordo il fattorino.

— Avete ragione. Jean-Baptiste e ioabbiamo ricevuto un regalo,naturalmente, ma gli altri… — eCharlotte fece con le dita il gesto di chiresta a mani vuote. Poi si mise a ridere,cacciò la mano in fondo alla tasca delgrembiule e ne tirò fuori una moneta chemise in mano al fattorino.

— I dieci soldi saranno per un'altravolta. Accontentate-vi di questi.

Nel biglietto che accompagnava i fiori,mister Mason ringraziava ancora Célineper la bella serata, e ancora si scu-savase la sua ignoranza dell'etichettaparigina lo aveva fatto sembrare pocodiscreto. Pregava madame di porgere almarito, quando fosse rientratodall'Inghilterra, gli umili omaggi di unvisitatore originario della Giamaica chesi augurava di fare la sua conoscenza inuna futura occasione.

— Pover'uomo! Non era il caso ditrattarlo in modo così severo — disseCéline disponendo i fiori in un vaso di

cristallo.

Ma decise che non avrebbe parlato almarito né di quello né degli altrivisitatori che continuava a riceveredurante la sua assenza.

4

giorni passavano, e con grande sollievodi Toussaint, di Sophie, di tutti idomestici e del Cittadino Marchese, ilpadrone di casa se ne restava tra lenebbie dell'Inghilterra e, comed'abitudine, non dava alcun segno divita.

L'unica a soffrire per la sua assenza inBoulevard des Capucines era Céline,che Sophie spesso sorprendeva acontemplare il ritratto del marito con gliocchi arrossati o con un'espressionemalinconica sul bel viso.

— Lo so che devo farmi forza perAdèle, e anche per voi ragazzi, per ilpadrino che è tanto buono con me. Ma èdura accettare un silenzio così lungo,così impenetrabile. Lo sai, bambina, chenon solo Edouard mi ha avvertita di nonaspettare che lui mi scriva. Neppure ioposso scrivergli. Me lo ha proibito.Teme che una mia lettera possa essereinter-cettata dalla terribile zia e perciònon mi ha lasciato neppure il suoindirizzo completo di lassù. Se dovessiavere bisogno di qualcosa, se Adèle,Dio non voglia… Non saprei comerintracciarlo.

"Come potete amare un uomo cosìfreddo ed egoista?"

avrebbe voluto chiederle Sophie, manon ne aveva il coraggio.

Fortunatamente le giornate di Célineerano piene di im-pegni che ladistraevano dalle sue tristezze. Almattino, ora che l'aria si faceva ognigiorno più tiepida e che le gemme siaprivano sui rami degli alberi e deicespugli, se ne andava in carrozza alBois de Boulogne con Solange e conAdèle, che diventava sempre più grandee robusta, e ogni giorno impa-rava a direnuove parole.

Al pomeriggio c'erano le lezioni dimonsieur Jolivet, quelle di scherma, direcitazione, di musica, di italiano. A

malapena Céline riusciva a ritagliarsi,di tanto in tanto, qualche ora libera perandare in rue Le Peletier ad assisterealle prove de La Silfide.

Anche Sophie era assorbita quasitotalmente dallo studio. Il CittadinoMarchese le aveva preparato unprogramma personale molto intenso chele avrebbe permesso di mettersi allapari con i compagni entro pochi mesi. Lamateria che per Sophie risultava piùostica era l'inglese. Il maestro alloraaveva incaricato Toussaint, che invececonosceva già abbastanza bene quellalingua, di leggere ogni giorno insiemeal-l'amica qualche pagina di un romanzoscritto in inglese e intitolato Northanger

Abbey.

— Anche a me lo ha fatto leggere,quando avevo più o meno la vostra età— aveva osservato Céline. — Alloraera uscito da pochi anni, subito dopo lamorte dell'autrice, e se ne faceva un granparlare. Il padrino è un grandeammiratore di miss Jane Austen, e miaveva già fatto leggere Orgoglio ePregiudizio ed Emma. Dice cheraramente si trova un umori-smo cosìsottile nei libri scritti dalle donne. Diceanche che, grazie all'ironia, L'abbazia diNorthanger insegna alle lettrici a nonessere eccessivamente romantiche comecapita spesso alle ragazze, e a nonvedere fantasmi, scheletri o misteri

dietro ogni porta chiusa, o in fondo aogni corridoio male illuminato.

Sophie procedeva lentamente nellalettura, e ogni tanto Toussaint,impaziente di vedere come andavaavanti la storia, traduceva in meno dimezz'ora un intero capitolo e glienefaceva il riassunto. Così seguivanodivertiti le avventure di CatherineMorland, che, suggestionata dalla letturadi un romanzo di fantasmi intitolatoUdolfo, voleva trovare ad ogni costo unmistero tenebroso nella antica dimora diun'amica che l'aveva invitata per levacanze, e riusciva soltanto a offendere isuoi ospiti e a coprirsi di ridicolo.

I giorni passavano, e non arrivavanessuna lettera da parte del padrone dicasa. In compenso arrivavano moltelettere indirizzate a lui: probabilmenteinviti, fatture da pagare, saluti eresoconti di viaggio da parte di amicilontani… Nessuno aveva il permesso diaprirle, neppure quelle sulla cui bustac'era l'intestazione del sarto, delcalzolaio o del fornitore di vino.Charlotte aveva l'ordine di disporle inordine di arrivo sulla scrivania delpadrone, nella stanza che gli serviva dastudio.

Un mattino arrivò una busta grande, dipesante carta color crema, chiusa con unsigillo di ceralacca rosso fuoco.

Non c'era il nome del mittente, mal'indirizzo era scritto con una grafialarga e ariosa che alla cameriera parevadi avere già visto, anche se nonricordava dove né quando. Però la bustaaveva un aspetto così imponente, cosìdiverso dalle altre, in un certo sensocosì perentorio, che invece di sistemarlanella pila secondo la data in cui era stataconsegnata, Charlotte la collocò da sola,in bella evidenza, sulla mensola delcamino, perché al suo ritorno il padronela vedesse subito e la aprisse per prima.

Anche Sophie, ogni volta che entrava inquella stanza per prendere qualche libro,non poteva fare a meno di fermarsi unattimo a guardarla e a chiedersi chi

poteva averla spedita. Non una donna,pensava, non la terribile e aristocraticazia, anche se la scrittura era elegante ericercata. Ma il tratto era decisamentemaschile, le erre maiuscole erano scrittein un modo strano, con una panciaaguzza e un lungo svolazzo che scendevasotto la riga come se fosse la gambadella gi o della effe. Le a eranoarricciolate all'interno come unachiocciola, le esse erano più alte estrette del normale.

Sophie ne era rimasta così colpita cheuna volta aveva cercato addirittura diricopiarla, subito rimproverandosi perquella stupida perdita di tempo. Ancheperché si era accorta che Toussaint,

quando entrava a sua volta nello studio,non degnava la lettera della minimaattenzione.

Un pomeriggio, uscendo da scuola,Sophie e Toussaint trovarono ledomestiche in grande agitazione perchéAdèle piangeva stizzosa reclamando ilpasto delle quattro, e Céline non eraancora tornata.

— Speriamo che arrivi presto la caprache il marchese de la Pommelière hapromesso di farcì portare dalla suatenuta di campagna — sospirò Solange.— Questo demonietto non vuole sapernedi bere dalla bottiglia.

— Perché non proviamo a darle un po'di miele? — propose Toussainttogliendosi la pelliccia. Ricordava chelaggiù a Cuba, nel baraccone deglischiavi, le madri dovevano tornareprestissimo a lavorare nei campi,quando i loro neonati avevano appenapochi giorni di vita, e rientravano a nottefonda. Quegli sfortunati bambini perciòvenivano allattati due sole volte inventiquattr'ore: subito dopo il ritornodella madre, e quattro ore dopo, appenaprima della sua partenza per i campi. Ilresto della giornata lo passavano apiangere, tormentati dai morsi dellafame. Le vecchie schiave che, nonessendo più in grado di lavorare,

venivano addette a custodire i lattanti,cercavano di calmarli dandogli da beredel gua-rapo, il succo denso edolcissimo spremuto dalla canna dazucchero.

Solange era contraria a prendere quellainiziativa senza il consenso dellapadrona. Chissà cosa c'era scritto inproposito sui sacri testi del signor contePietro Verri e del filosofo Rousseau…

Ma Adèle gridava così forte che ognitanto pareva le si bloccasse il respiro. Eil miele in fondo non era un alimentopericoloso, se da qualche tempo venivaspalmato dalla stessa madre sullegengive della bambina per alleviarle il

dolore dei denti che stavano perspuntare.

— Però la responsabilità ve la prendetevoi due — ce-dette alla fine labambinaia.

Così dopo circa un quarto d'ora, quandoCéline Varens rincasò, trovò la figliaseduta in grembo a Sophie davanti a unvasetto di miele, mentre Toussaint congrande cautela la imboccava colcucchiaino d'argento.

— Perdonatemi se ho fatto così tardi! —esclamò con vivacità la giovane donna.— Ma è successo qualcosa… Ho dovutoaspettare che monsieur Taglioni… Sì,

tesoro, lo so che sei affamata. Ecco,vieni.

Céline si sbottonò in fretta il corsetto, siattaccò la figlia al seno e continuò araccontare con gli occhi che le brillava-no d'entusiasmo. Quel giorno all'Operasi provava il finale del balletto, la scenain cui la schiera delle silfidi circonda lacompagna morente e la porta via. Masollevando il corpo abbandonato diMarie Taglioni, una delle ballerine difila era scivolata e si era slogatamalamente una caviglia.

— E già così gonfia che bisogneràimmobilizzarla con una stecca — avevadetto monsieur Jolivet, che assisteva le

sue allieve durante le prove. — Temoche la povera Delphine non potràpoggiare il piede a terra per almeno duemesi, se non vorrà comprometteredefinitivamente la sua carriera.

L'infortunata era scoppiata in un piantodirotto: quel verdetto significava larinuncia definitiva non solo alla prima,ma a tutte le repliche parigine de LaSilfide. Filippo Taglioni misurava agrandi passi il palcoscenico, nervoso econtrariato. Certo, il ruolo di Delphinenon era quello di un personaggioimportante, una ballerina di fila puòsempre essere sostituita. Ma da chi?Tutto il corpo di ballo era statoimpiegato nella scena finale, lo stuolo

delle silfidi doveva essere folto ecompatto. Un vuoto nel gruppo avrebberichiesto una diversa impostazione dellacoreografia, e il giorno del debutto eravicino.

— Maledizione! Che dannato imbroglio!— imprecava l'italiano contrariato.

— Perdonate, Taglioni — disse allorasottovoce monsieur Jolivet, che gli eraandato accanto. — C'è qui CélineVarens. È vero che manca dalpalcoscenico da più d'un anno.

Ma in questo tempo si è tenuta inallenamento, le ho sempre datolezioni… Garantisco io per lei.

Taglioni lanciò uno sguardo a Céline chese ne stava in un angolo avvolta nel suoscialle di cachemire, cercando di nondare fastidio.

— Dannazione! — ripetè in italiano. —Non ha mai ballato sulle punte.

— Provatela — insistette con garbomonsieur Jolivet.

Tremando dall'emozione Céline si eraspogliata e aveva indossato la tunica chele era stata porta immediatamente dallasarta di scena. Fortunatamente tra lescarpette di riserva ce n'era un paio delsuo numero. Le antiche compagnel'avevano circondata con frasi di

incoraggiamento. Non che man-casserole gelosie e le rivalità, nel corpo diballo. Ma in quel momento era interessegenerale che monsieur Taglioni si cal-

masse, che le prove andassero avanti. Ein fondo, quella di Delphine, era solouna piccola parte…

5

a prova è andata bene — continuò araccontare Céline, mentre Sophie eToussaint pendevano dalle sue labbra.

— Monsieur Jolivet mi ha fatto icomplimenti. Taglioni mi ha chiesto se,per cominciare, volevo continuare leprove.

Dice che ha bisogno di studiarmi perdue o tre giorni prima di assegnarmi laparte. Pensate! Se mi accettasse, traquindici giorni tornerei a ballare inpubblico. E non in uno spettacolo deisoliti. Ricomincerei dal basso, è vero,

come ballerina di fila, ma ne La Silfide,il balletto di cui parla tutta l'Europa!

— Cosa ne dirà monsieur Edouard? —domandò Solange, che aveva ascoltatotutto il racconto in silenzio, seria, senzacondividere l'entusiasmo dei dueragazzi.

A quella domanda Céline chinò la testa enon rispose.

— Non potete accettare. Sapete beneche monsieur non ve lo permetterà mai— la incalzò la bambinaia.

— Monsieur è partito — intervenneToussaint. — Non sappiamo dov'è. Non

sappiamo quando torna. Come puòpretendere…?

— È suo marito — disse Solange.

— Gli ho sempre detto che avrei ripresoa ballare! —

protestò Céline sollevando la testa. —Non può impedirmelo.

Non sono la sua schiava.

Questa volta fu Solange a non replicare.In silenzio prese in braccio Adèle, cheaveva finito il suo pasto, e la portò disopra.

La sera, quando venne il CittadinoMarchese e fu informato della novità,prese immediatamente le parti dellafiglioccia.

— Edouard non può pensare solo a sestesso. Se ti avesse lasciato un recapito,potrebbe protestare per non essere statoconsultato; al limite perché non gli haichiesto il permesso. Ma così… Ad ognimodo, mi sembra presto perpreoccuparsi tanto, mia cara. MonsieurTaglioni, a quanto mi dici, non ha ancoradeciso di darti la parte. Aspettiamo ilsuo verdetto. Se te la darà, vuol dire chela sorte ha deciso… —

A questo punto il padrino assunse

un'espressione severa. —

Bada bene, non che devi continuare aballare. Questo sei stata tu a deciderlo.Lo hai sempre ripetuto, fin dal primogiorno del tuo matrimonio. Se Edouardfinge di non saperlo, è un ipocrita.L'unica incertezza semmai era "quando"avresti ricominciato. Bene, se la sorte emonsieur Taglioni lo vorranno,ricomincerai tra due settimane.

— Forse a marzo monsieur non saràancora tornato —

azzardò Sophie. — Forse non lo verrà asapere…

— Forse — convenne il CittadinoMarchese. — Ma in quel caso saràCéline a informarlo. I matrimoni,bambina, come qualsiasi rapporto tra lepersone oneste, non si tengono in piedicon le bugie e con i sotterfugi.

Dopo due giorni monsieur Taglionisciolse la riserva e chiese a Jolivet diinformare la sua allieva che era stata ac-cettata nella compagnia, e che avrebbefatto parte della schiera delle silfidi.

Céline era raggiante di gioia. L'ultimoostacolo, la preoccupazione per losvezzamento di Adèle, anche quello eramiracolosamente caduto. Il fittavolo delpadrino aveva infatti portato finalmente

la capra, una bella capretta bianca dallemammelle gonfie di latte, che Sophieaveva immediatamente battezzato"Djali", come la bestiola ammaestrata diEsmeralda nel romanzo che le erapiaciuto tanto.

La tenevano legata nel giardino, doveDjali brucava con grande sfacciatagginenon solo l'erba del prato, ma anche ifiori delle aiuole, e quando arrivava ilmomento in cui Adèle era solitaprendere il latte dalla madre, laportavano dentro casa. Il vecchiodottore aveva dato istruzioni preciseperché, ogni volta che la caprettaentrava in contatto con la bambina, siagli zoccoli che le mammelle le venissero

lavati con acqua e sapone. La primavolta Adèle, tenuta in braccio daSolange, aveva guardato con grandeinteresse l'animale, tendendo le maniverso le corna e ridendo al suo belato.Poi si era guardata in giro cercando lamadre, ma a Céline era stato consigliatoda Gotton di restare nella stanza piùlontana della casa.

— Sarà più facile per voi e per labambina — aveva spiegato la vecchiadomestica.

Allora Adèle si era rivolta al suo amicoprediletto.

— Tússi? — aveva detto in tono

interrogativo. Toussaint aveva fattosegno a Solange di poggiare la piccola aterra, tra le zampe dell'animale, si eramesso in ginocchio accanto a lei e conpazienza le aveva mostrato comeattaccarsi al capezzolo di Djali, che sene restava ferma e tranquilla come seavesse capito qual era il suo compito.

Forse perché aveva più fame del solito,forse divertita dalla novità, e dal fatto divedersi attorno tante persone che laincoraggiavano, fatto sta che Adèleaveva subito poppato di gusto. Avevadigerito benissimo il nuovo alimento e,sebbene quando stava in braccio allamadre cercasse ancora di slacciarle ilcorpetto, si era presto adattata al

cambiamento.

Un giorno anzi, dopo essersi saziata, siera improvvisamente aggrappata al pelodella capra e si era drizzata in piedi.Solange e Sophie ch'erano presentiavevano battuto le mani: — Brava! —per invitarla a camminare. Adèle avevaabbracciato il collo di Djali e avevacercato di muovere un passo, ma eraricaduta a sedere per terra con unaespressione di gran disappunto.

— Hai ragione tu, tesoro: nove mesisono davvero pochi per andarsene ingiro da sola — le aveva detto Sophie,ridendo e chinandosi a prenderla inbraccio.

Qualche volta, di notte, Adèle piangevae chiamava la madre.

Anche se Céline era già rientrata e sitrovava nella camera accanto, seguendoil consiglio di Gotton era Sophie aprendersi la piccina nel letto e aconfortarla: a lei Dédé non

avrebbe cercato il seno. Siaddormentavano abbracciate. Sophierifletteva che, a parte Fantine, non avevae non avrebbe mai voluto tanto bene aun'altra creatura, quanto stavaimparando a volerne ad Adèle.

6

a prima de La Silfide era stataannunciata per il 12 marzo. Le ballerineavevano ricevuto il costume dallasartoria del teatro, e facevano le ultimeprove indossando il corsetto di rasoaderente al busto da cui sbocciava lagonna leggera e vaporosa che qualcuno– non si era scoperto chi avesse usatoper primo la parola – aveva battezzatocon lo strano nome di "tutù".

A Parigi non si parlava d'altro e igiornalisti teatrali fre-mevanod'impazienza. Toussaint aveva ottenuto ilpermesso di assistere a una prova

restando tra le quinte, ed era riuscito aschizzare velocemente il ritratto diCéline vestita da silfide.

Quando lo portò a scuola, il CittadinoMarchese osservò con grande attenzioneil disegno, lo mostrò agli scolari, poidisse: — Probabilmente non sapete chein origine, in Francia, i ballerini classicierano tutti di sesso maschile, perché siriteneva sconveniente che una donnamuovesse le braccia e soprattutto legambe con tanta libertà. Invece non eraritenu-to sconveniente che le partifemminili fossero interpretate daimaschi, e neppure che le personalità piùimportanti del regno sgambettassero incalzamaglia sul palcoscenico. Luigi XIV

nel 1635 interpretò la parte del dio Solein un balletto dal titolo Balet de la Nuit.Non fu lo splendore del suo regno, comemolti credono, a procurargli il nome diRe Sole, ma l'aver danzato nel ruolo diquesto personaggio.

— Doveva piacergli davvero il balletto— osservò An-gélique. — Io ho letto inun libro che fu il Re Sole a istituire, nel1661, l'Accademia Reale di Musica eDanza.

— È vero — approvò il maestro. — Ein quello stesso anno per la prima volta iballerini smisero di ballare in mezzo alpubblico e salirono sul palcoscenico.Sempre nel 1661, nel balletto Il Trionfo

dell'Amore, si esibì per la prima voltauna ballerina, mademoiselle LaFontaine. La quale danzava, come i suoicolleghi maschi, col viso coperto da unamaschera. Dovette passare più di unsecolo perché il grande MaximilienGardel osasse comparire in scena colviso scoperto.

Era il 1772.

Le ballerine in origine eranosvantaggiate rispetto ai colleghi perchénon potevano muoversi con altrettantaleggerezza ed eleganza: eranoimpacciate dagli abiti di scena,portavano busti, colletti rigidi, gonne esottogonne lunghe e appe-santite da

pieghe e decorazioni, lo stessoabbigliamento che avrebbero usato perrecitare una tragedia. Solo nel 1733Maria Salle osò interpretare il ballettoPigmalione indossando una tunicasciolta e, per non mostrare le gambe, deipantaloni di velo alla turca. Oggi lasituazione è molto cambiata: spessosono le ballerine a danzare en travesti,cioè a interpretare parti maschili. Macredo che questo… – come hai detto chesi chiama, cittadino Toussaint? – credoche questo "tutù" rivoluzionerà ancorauna volta l'arte del Balletto.

Il Cittadino Marchese scrutò conattenzione la scolaresca per controllareche i ragazzi avessero capito tutto e non

si fossero annoiati. Come li vide attentie pieni d'interesse, si schiarì la voce edomandò: — Vi piacerebbe assisterealla prima de La Silfide!

— Antoine e io non avremo mai ildenaro sufficiente a pagare il biglietto— obiettò tristemente Pauline.

— E se anche avessimo il biglietto, nonci lascerebbero entrare — disse Antoineaccennando ai propri vestiti pieni ditoppe e di rammendi.

— Una soluzione ci sarebbe —intervenne Angélique.

— I nostri genitori hanno un palco

all'Opera.

— E anche mia nonna — disse Olympe.— Vi potrem-mo ospitare. Chi ha ilposto in un palco non paga il biglietto.

Se ci dividiamo in due gruppi, ci saràposto per tutti.

— Si, ma… e i vestiti? — domandòPauline.

— Vi prestiamo i nostri — disseAngélique che stava cominciando adivertirsi. — Sarà come mettersi incostume per una commedia. Io ne ho unobellissimo, di seta lilla ornato dimazzolini di rose gialle, che ormai non

mi sta più. Mi pare che mia madre me loavesse fatto fare quando ho compiutootto anni. L'ho messo pochissimo, ècome nuovo. A te dovrebbe stare apennello, Pauline.

— E Antoine non avrà che l'imbarazzodella scelta —

intervenne Olympe. — Lo sapete chemia nonna mi ha fatto vestire da maschiofin da quando ho cominciato acamminare, e ha conservato tutti i mieiabiti, quelli eleganti e quelli per tutti igiorni. Di sicuro nei suoi armaditroveremo qualcosa che vada bene alnostro Bougainville… Altrimenti, siaMaurice che Maximilien potranno

offrirti qualcosa dal loro guardaroba…

Decidere chi doveva indossare checosa, e di chi, diventò per gli allievi delCittadino Marchese un frenetico gioco ditravestimento. Alla fine ci fu unoscambio generale e nessuno sapeva piùa chi appartenevano i panni che avevaaddosso.

Non solo Pauline ebbe in prestito ilvestito lilla di Angé-

lique, ma Sophie ne scelse uno di rasoceleste, anche questo dal guardarobadella gemella. A sua volta Angéliquedecise di indossare un abito maschileancien regime, completo di parrucca

incipriata e di un gran jabot di pizzobianco, che era appartenuto a unaOlympe dodicenne.

Maximilien offrì ad Antoine un completodi velluto verde alla russa con l'altacintura ricamata; Maurice chiese aToussaint la sua esotica livrea chepareva uscita da un'opera liricad'ambientazione medievale, e gli offrì incambio l'uni-forme da parata che avevadovuto procurarsi l'anno prima per ilcollegio militare. L'unica che non potevaricevere niente dai compagni eraOlympe, che aveva già il fisico diun'adulta. così, non volendo sottrarsi algioco degli scambi, accettò il consigliodi Céline e decise di spingerlo

all'estremo vestendosi da donna. L'abitoglielo prestò la danzatrice, che

aveva seguito con gran divertimentoquella mascherata generale. Le offrìl'abito di raso rosso cupo che piacevatanto a Sophie, e Olympe, per la primavolta in vita sua, strinse la vita nel bustoe fece ondeggiare attorno ai fianchi lagabbia di nastri e stecche di balena chesosteneva la crinolina.

— Sei bellissima, cittadina. Avrai labontà di sposarmi, quando compiròquindici anni? — le disse con gran

serietà il piccolo Antoine.

7

l mattino del 12 marzo Toussaint sisvegliò con una fortissima emicrania.Aveva dormito male, tormentato dallatosse e dal catarro che non lo lasciavanorespirare regolarmente. Sentiva di averela gola gonfia e congestionata e nonriusciva a deglutire senza provare undolore lancinante. Tentò di alzarsi, mabarcollò, e dovette tenersi alla colonnadel letto per non cadere. Si portò unamano alle guance e sentì che bruciavano.Ma allo stesso tempo era percorso dabrividi di freddo.

"Devo essermi preso una bella

infreddatura" pensò. Non era nuovo aquesti malanni di stagione. Il vecchiodottore gli aveva spiegato che tutte lepersone nate e cresciute in un clima piùcaldo sopportavano male l'umidoinverno parigino, e dovevano fare moltaattenzione a non prendere freddo, perchécorrevano il rischio di ammalarsi aipolmoni.

Così tornò a infilarsi sotto le coperte. Aldi là della parete che divideva la suacameretta dal corridoio poteva sentire ilfruscio della scopa di Charlotte chefaceva le pulizie mattutine. Bussò colpugno contro il muro.

— Com'è che non sei ancora in piedi,

pigrone? — domandò burbera lacameriera entrando senza riguardo espa-lancando la finestra.

— Chiudi, per favore, e chiama Sophie— le rispose Toussaint con la sua vocebassa e rauca da ammalato.

Allarmata Charlotte gli tastò la fronte.— Hai un bel febbrone da cavallo! —esclamò. — Altro che Sophie! Quibisogna avvertire madame.

— No, per carità. Oggi è un giornoimportante per lei.

Deve restare tranquilla. Se ti chiedequalcosa, dille che sono andato a scuola.

— Hai ragione. Però diremo a Jean-Baptiste che, dopo aver accompagnatomadame a teatro, passi a prendere ildottore.

Le ballerine dovevano trovarsi in rue LePeletier alle dieci del mattino. Alledieci e mezzo Jean-Baptiste ritornò inBoulevard des Capucines accompagnatodal vecchio medico.

Neppure Sophie era andata a scuola. Ildottore la trovò in piedi accanto al lettodell'amico, intenta a sistemargli sullafronte una pezza di cotone imbevutad'acqua fredda.

— Niente di grave! — decretò il medico

dopo aver visitato con cura l'ammalato.— Dategli questa polverina scioltanell'acqua, una dose immediatamente,una seconda nel pomeriggio e una terzaprima di dormire. E del miele ogni voltache riesce a inghiottirlo. Probabilmentesuderà come una fontana. Se dovessebagnare le lenzuola, cambiateglielesubito. È importante che resti asciutto eal caldo.

— Per le cinque sarò in grado di uscire?— chiese Toussaint.

— Per le cinque di giovedì, forse,briccone — rise il dottore. — Se nonvuoi che la tua infreddatura si trasformiin mal sottile, devi restare a letto almeno

per tre giorni interi.

Quando il vecchio fu uscito, Sophieesclamò sconsolata:

— Così non potremo andare a vederballare madame!

— Perché dici «non potremo»? Tu nonsei ammalata e puoi usciretranquillamente.

— Ma non voglio lasciarti solo.

— Senti, non sono moribondo, fino aprova contraria. E

in casa ci saranno i domestici. Madame

resterebbe delusa se tu non andassi ateatro con gli altri — disse Toussaint.

Dovette insistere per riuscire aconvincere l'amica. Le ricordò che perlei assistere alla rappresentazione de LaSilfide costituiva un'assoluta novità,mentre lui era già stato a vedere unaprova in costume. E poi, a teatro c'eraandato molte altre volte, peraccompagnare i padroni, mentre perSophie sarebbe stata la prima volta.Inoltre c'erano i compagni, che nonsarebbe stato gentile deludere, dopotutta la pena che si erano dati perprocurarle un vestito elegante.

— E infine, bisogna pure che domani

qualcuno mi racconti con tutti iparticolari come avrà reagito il pubblicoal ritorno di Céline Varens sulle scene!

Insomma, nonostante la febbre, Toussaintfu così elo-quente che Sophie accettò diandare anche senza di lui. Bisogna direche la ragazzina lo desiderava con tantoardore, che fu riconoscente all'amico diaverla praticamente costretta.

A metà pomeriggio Jean-Baptiste attaccòi cavalli alla carrozza grande, e insiemea Sophie andò al Quartiere Latino aprendere il Cittadino Marchese e glialtri ragazzi che si erano già riuniti inrue Jacob. Quando la comitiva arrivò inrue Le Peletier, i parigini che entravano

a teatro assistettero, meravigliati edivertiti, al singolare spettacolo delvecchio marchese vestito alla moda delsecolo scorso, che scendeva dallacarrozza circondato dallo stuolovariopinto dei suoi scolari.

La vocazione pedagogica del CittadinoMarchese non si smentì neppure inquell'occasione, perché invece didirigersi subito verso l'entrata, ilvecchio si fermò sul marciapiede ecominciò a spiegare alla piccolacomitiva: — L'edificio che vi stadavanti, ovvero l'Opera di Parigi, è ilquinto, in ordine di tempo, a ospitarel'Accademia Reale di Musica e Danza,che come ricorderete è stata fondata dal

Re Sole nel 1661. Le sedi precedentifurono il Teatro de la Porte Saint Martin,il Teatro Montansier, la Prima SalaFavart, il Teatro Louvois…

Questo edificio fu costruito nel 1821, insoli dodici mesi, sotto la guidadell'architetto Debert, che si ispirò allostile de La Scala di Milano. Vi prego diosservare le belle proporzioni dellafacciata, la simmetria fra il porticato alpiano terreno e le finestre ad arco delprimo piano, le otto statue che stanno incima alle colonne erette a scandire lospazio tra le finestre…

Olympe e i gemelli, che erano statimolte altre volte al-l'Opera prima

d'allora, non avevano mai badato aquesti dettagli e li osservarono con lostesso interesse degli altri. SoloMaurice aveva ricevuto in dono dallamadre, anni prima, una stampa a coloriche raffigurava il teatro, e l'avevaricopiata molte volte per esercitarsinella prospettiva.

Mentre Sophie se ne stava col naso peraria a guardare le statue e la balaustradel terrazzo che correva tutto attorno altetto, sentì il Cittadino Marchese chesalutava con grande cordialità: — I mieirispetti, cittadina Dupin!

Abbassò lo sguardo, e vide che ilpadrino non si inchi-nava davanti a una

dama, ma a un giovane gentiluomo dailunghi capelli neri che indossava unaredingote squadrata e un lucido cilindrodi seta. Meravigliata, interrogò con gliocchi Angélique, che la tirò indietro e ledisse all'orecchio: —

È la baronessa Aurore Dudevant, lascrittrice che si firma Jules Sand.

— Ma perché si veste da uomo? —sussurrò Sophie, ricordandol'indignazione della madre quando leaveva letto quella notizia scandalosa. —Forse ha una nonna come quella diOlympe?

— No. Sostiene che è più economico.

Infatti ai maschi basta un unico abito dasera, che dura per tutta la stagione.

Le signore devono cambiare toilette aogni nuova serata, e un abito come quelliche indossiamo tu e io costa almenodieci volte più della più elegantemarsina.

Entrarono. L'atrio del teatro scintillavadi luce. Un enorme lampadario a ruotacon centinaia di fiammelle pendeva dalcentro del soffitto, e altri torcieri abraccio sporgevano dalle pareti. Sophie,Pauline, Antoine, intimiditi da tantosplendore, si stringevano ai compagni.

Olympe divise la comitiva in due

gruppi. — Anche mia nonna stasera è unpo' raffreddata e ha preferito non uscire.

Perciò abbiamo il nostro palcocompletamente libero. Prendo con me ipiù piccoli, Cittadino Marchese.

Così Sophie dovette separarsi dalpadrino, che accompagnò i gemelli nelpalco dei genitori.

I palchi, disposti su tre file, erano giàquasi tutti pieni di spettatori eleganti,che guardavano col binocolo giù inplatea e facevano cenni di saluto agliultimi arrivati. Sophie era sbalorditadall'illuminazione diffusa delle lampadea gas, protette da globi di opaline,

dall'eleganza delle signore, dallosfavillio dei gioielli, dal candore dellespalle scoperte, dal movimentoincessante dei ventagli. Quando, in rueMarcadet, leggeva alla madre lecronache mondane della gazzetta, nonarrivava a immaginare tanta ricchezza,tanta eleganza, tanta bellezza, riunite inun'unica sala. Chi avrebbe maiimmaginato, allora, che nello spazio dipochi mesi avrebbe partecipato leistessa a una cerimonia cosìstraordinaria? E ancora una volta, alpensiero che non avrebbe potutoraccontare niente a Fantine di questanuova esperienza, le si riempirono gliocchi di lacrime.

Olympe intanto si era presa sulleginocchia Antoine, che altrimenti nonsarebbe riuscito a guardare giù dalpalco, e gli sussurrava all'orecchio: —Lo sai che in questo teatro è stata usataper la prima volta l'illuminazione a gasper creare degli effetti speciali nellospettacolo "Aladino e la lampadameravigliosa" ispirato a un raccontodelle Mille e una notte? È

successo esattamente vent'anni fa.

— Mi sarebbe piaciuto vederlo. Peccatoche non ero ancora nato. E se fossi nato,avrei preferito andare nelle Indie colcittadino von Humboldt — disse serio ilfiglio del vetraio.

— Non avresti potuto. A quell'epocavon Humboldt era già tornato e viveva aParigi.

— Allora ci sarei andato col cittadinoSchoelcher.

— Non era ancora partito.

— Ma insomma, mi ci vuoi mandare dasolo, nel Nuovo Mondo, cittadina, primaancora di nascere!? Eppure lo sai che,ora che sono nato da quasi otto anni, nonho ancora imparato a nuotare.

Sophie non riuscì a trattenere unarisatina.

— Silenzio! Si sta alzando il sipario! Lospettacolo comincia — sussurròOlympe.

8

n quello stesso momento, in Boulevarddes Capucines, Toussaint, che lamedicina aveva fatto cadere in un belsonno ristoratore, fu risvegliato dalsuono di una carrozza di piazza che sifermava davanti al cancello delgiardino. Incuriosito si alzò e siavvicinò alla finestra. Era già quasibuio, ma riuscì a distinguere la sagomamassiccia di un uomo che pagava ilvetturino e s'incamminava lungo ilvialetto, verso la porta d'ingresso. Loriconobbe immediatamente. Eramonsieur Edouard. "Ha scelto il giorno

meno adatto per tornare"

pensò il ragazzo preoccupato. "Dicesempre che gli piace arrivare inaspettatoper fare una sorpresa a madame. Maoggi la troverà lui, la sorpresa."

Col cuore che gli batteva forte, sentì ilpadrone che apriva la porta d'ingressocon la sua chiave e chiamava a granvoce: — Jean-Baptiste! C'è il bagaglioda portar dentro!

Toussaint, movendosi con circospezione,uscì sul balla-toio e si sporse perguardare giù dalla tromba delle scale.

Vide arrivare Charlotte, tutta affannata.

— Bentornato monsieur. Non viaspettavamo. Mi occuperò io dei vostribagagli. Sarete molto stanco. Se voletesalire, vi farò portare dell'acqua caldada Lisette.

— Jean-Baptiste non c'è?

—No. È uscito con la carrozza grandeper accompagnare…

Charlotte esitò un attimo. Sapeva anchelei che la situazione era delicata. Che,tanto per cominciare, il padrone nonavrebbe approvato l'uscita dellacarrozza per risparmiare una camminataa un'orfana accolta per carità. E poi,quando avesse saputo che madame…

La cameriera temeva gli scoppi dicollera dell'inglese, e decise dirimandare al più tardi possibile ilmomento in cui monsieur avrebbescoperto la verità. Nel frattempo forselei sarebbe riuscita a svignarsela incucina.

—… per accompagnare madameall'Opera — concluse a precipizio.

"E brava Charlotte! C'è un fondo diverità in quello che hai detto. È successostamattina, ma è successo davvero"approvò tra sé e sé Toussaint.

— Che spettacolo è andata a vedere? —chiese monsieur Edouard, ancora

tranquillo.

— Non lo so — mentì la cameriera, e dinuovo aggiunse subito alla bugia unafalsa verità che poteva essere interpre-tata dal padrone in modo rassicurante.— Jean-Baptiste doveva passare aprendere anche il Cittadino Marchese.Ora, se permettete, signore, esco aoccuparmi del vostro bagaglio.

— Un attimo ancora, Charlotte. Èsuccesso qualcosa di nuovo durante lamia assenza?

— No, monsieur. Anzi, sì. La piccolaAdèle ora prende il latte da una capra, eha detto le prime parole.

— Non intendevo questo genere dinovità — disse an-noiato l'inglese,liquidando quelle inezie con un gestodella mano. — Per caso è venutoqualcuno a cercarmi?

— No, che io sappia. Però sono arrivatemolte lettere.

Le ho messe nel vostro studio comeavete ordinato.

— Bene. Fatemi portare di sopraquell'acqua calda.

Toussaint si ritirò precipitosamente pernon essere visto dal padrone che salivaal primo piano. Lo sentì entrare nel suo

gabinetto da toeletta, armeggiare con labrocca e il lavamano.

Charlotte gli aveva portato la borsa daviaggio ed era scesa in fretta a rifugiarsinelle profondità della cucina. A parteAdèle, che dormiva il sonno incoscientedell'infanzia, tutte le persone presentinella casa aspettavano con angoscia ilmomento in cui il padrone avrebbescoperto che all'Opera la moglie non eraandata come spettatrice, a occupare unpalco o una poltrona di platea, ma cheviolando il suo divieto, ci era andatacome ballerina, a calcare le assi delpalcoscenico e, come diceva monsieurcon disprezzo, a mostrare le caviglie achiunque avesse pagato il biglietto.

Forse, se la stanchezza del viaggio loavesse spinto a coricarsi presto,monsieur Edouard lo avrebbe scopertosolo l'indomani. Ma comunque,tremavano Charlotte e Solange, presto otardi la tempesta sarebbe scoppiata. Eche tempesta!

Bisognava che Céline non venisse presaalla sprovvista, pensò Toussaint.Bisognava avvertirla che il marito eratornato.

Decise che, nonostante gli ordini delmedico, sarebbe andato ad aspettarlafuori del teatro, all'uscita degli artisti.

D'altronde si sentiva meglio, e poi si

sarebbe coperto bene.

Indossò gli abiti e la pelliccia esgattaiolò al piano terreno. Aveva già lamano sul pomolo della porta, quandosentì che anche l'inglese scendeva lescale. Pensò che volesse uscire, chevolesse raggiungere la moglie a teatro, efu colto dal panico. Oltretutto, l'atrio erailluminato a giorno. Per non farsiscoprire Toussaint s'infilò svelto nellostudio del padrone, ma sentì che i passidell'inglese si dirigevano proprio versoquella stanza. Per fortuna le tende eranotirate. Rapido, il ragazzo ci si nascosedietro e trattenne il respiro. Avevaricominciato a sudare, vuoi per lafebbre, vuoi per gli abiti pesanti e il

caminetto acceso, vuoi per il timore diessere scoperto. Si auguravadisperatamente che la tosse non locostringesse a tradirsi, e intantosbirciava attraverso una sottilissimafessura che gli offrivano le tende maleaccostate.

Monsieur Edouard, come aveva previstoCharlotte, dopo uno sguardo veloce allascrivania, si diresse alla mensola delcamino, incuriosito dalla grande bustacolor crema. Prese il tagliacarted'avorio, l'aprì, ne estrasse un foglio, lospiegò…

e si fermò col braccio teso, comefolgorato.

"Non è possibile che abbia già lettoanche solo una parola" pensò Toussaint."Probabilmente ha riconosciuto lascrittura."

— Dick! — esclamò l'inglese conrabbia. — Come diavolo ha fatto arintracciarmi? Avevo preso tutte leprecauzio-ni…

Poi si scosse e cominciò a leggere.Camminava su e giù per la stanza comeun leone in gabbia, e leggendoimprecava: — Che sia dannato! Maperché continua a intromettersi nella miavita? Come osa darmi degli ordini?

Si gettò a sedere su una poltrona,

appallottolò rabbiosa-mente la lettera, siguardò attorno con uno sguardo allucina-to.

— Obbedire a un verme, io! Subire unricatto così infa-me da parte di unvigliacco che ha paura della sua ombra!—

disse rivolto al lampadario. Poi scoppiòa ridere, d'una risata amara, cattiva.

— Ebbene, si, dovrò rinunciare a tuttoquesto. Non c'è rimedio — esclamò. —Bah, non che m'importi! La recita èdurata abbastanza. Anzi, la situazionestava diventando stuc-chevole…

Toussaint, nel suo nascondiglio,ascoltava sbalordito, cercava di dare unsenso a quelle frasi sconnesse, ma nonvi trovava alcun filo logico. Guardava ilfoglio spiegazzato che era rotolato sultappeto, con la speranza di poterseneimpa-dronire. Solo leggendo ciò che viera scritto avrebbe potuto scoprire ilmistero.

Ma, come indovinando i suoi pensieri,monsieur Edouard recuperò la lettera, lagettò nel fuoco del caminetto e stette aguardarla con rabbia fino a che non fucompletamente bruciata. — Va' aldiavolo, Dick! — le augurò con ferocia.

Poi uscì nell'atrio, spalancò la porta, e a

testa nuda, senza cappotto, si gettò agran passi nel buio della notte.

Toussaint lo seguì, scivolando tra leombre, contento d'avere addossopelliccia e berretto. Sentiva che ilpadrone continuava a parlare concitato.— Farla finita al più presto!

Che m'importa se piange? Ne hoabbastanza dei suoi capricci. Basta! Civuole coraggio. Ebbene, non è ilcoraggio che mi manca.

Arrivarono in rue Le Peletier, il ragazzodieci passi dietro l'adulto. La facciatadel teatro era illuminata. Lungo ilmarciapiede una fila di carrozze

aspettava l'uscita dei padroni. C'eraanche Jean-Baptiste, tra i cocchieri cheingannavano il tempo scambiandosibattute spiritose, ma il padrone non lovide, o forse non lo riconobbe.

L'inglese stava per infilarsi nel portonespalancato, quando lo sguardo gli caddesu un manifesto attaccato al muro. C'erail ritratto di Marie Taglioni nel costumeda silfide, c'erano il titolo del balletto, inomi del musicista, del coreografo,degli altri collaboratori. E in basso c'erauna striscia di carta giallinaevidentemente incollata, un po' ditraverso, in un momento successivo.

RITORNA SULLE SCENE LA

GRANDE CÉLINE VARENS

dicevano le parole stampate in neretto.

L'inglese le fissò per qualche secondo,poi scoppiò in una grande risata.Strappò il manifesto dal muro e se necacciò in tasca i brandelli. Fece qualchepasso allontanandosi dal teatro, si trovòdavanti un lampione, lo abbracciò,poggiò la fronte contro il ferroverniciato di verde, e cominciò a tre-mare convulsamente. Toussaint, che gliera stato sempre alle calcagna, nonriusciva a capire se a scuoterlo fosserosinghiozzi o risate. Gli si avvicinò e glipoggiò con cautela una mano sulbraccio. — Vi sentite male, monsieur?

— Cosa fai qui, muso nero? — gli gridòl'inglese con voce alterata. — Perchénon sei dentro, seduto in prima fila, asbirciare sotto le gonne di quellasgualdrina della tua padrona?

Poi afferrò il polso del ragazzo. —Torniamo a casa!

Toussaint cercò di svincolarsi, ma ledita del padrone lo stringevano comeuna morsa di ferro.

Quando arrivarono in Boulevard desCapucines, l'inglese lo spinse conmalgarbo nel salottino del pianterreno.

— Volevi guastarmi la sorpresa, brutta

scimmia? Volevi avvisarla perchéavesse il tempo di inventare chissà qualibugie? — gli disse furibondo. — Lo so,che siete tutti dalla sua parte. È brava aingannare gl'imbecilli quella fintaingenua, quella santarellina da trivio.Ma questa volta non riuscirete arisparmiargliela, la sorpresa chel'aspetta.

E chiuse a chiave la porta.

9

1 primo istinto di Toussaint fu quello diandare verso la finestra, anche se sapevache era protetta da una grata di ferro chegli avrebbe impedito di uscire. Maalmeno poteva guardare fuori. Sedettenel vano della finestra abbracciandosi leginocchia e aspettò. Dopo circa un'orasentì cigolare il cancello, poi il rumoredella carrozza sulla ghiaia del viale.

Tremò al pensiero che certamente anchemonsieur Edouard aveva sentito, espalancò con cautela i vetri in modo dapoter sporgere fuori una mano.

Vide arrivare la carrozza, la videfermarsi, vide Sophie che scendevaaiutata da Jean-Baptiste. Sentì che,dentro casa, monsieur scendeva la scalacon passo pesante. Qualche secondo eavrebbe raggiunto la porta d'ingresso,l'avrebbe spalancata. Intanto ancheCéline era scesa dalla carrozza.

— Pss! Pss! — chiamò Toussaintagitando un fazzoletto per attirarnel'attenzione.

Céline guardò dalla sua parte. Stupita, lointerrogò con lo sguardo.

"Monsieur. È tornato" sillabò il ragazzocon le labbra, senza emettere suono.

Velocissima Céline sospinse Sophiedentro la carrozza e ordinò con un soffioal cocchiere: —

Via! Nella rimessa.

La rimessa delle carrozze, così comel'alloggio del cocchiere, era sul retrodella casa. Jean-Baptiste obbedì.Conosceva abbastanza il padrone dacapire che la presenza di Sophie, nel suobel vestito elegante, non avrebbe fattoche com-plicare le cose. "Che sono giàdannatamente mal messe per conto loro"pensò allarmato.

Toussaint aveva già avuto modo diapprezzare l'autocontrollo e il sangue

freddo della padrona, che contrastavanostranamente con il suo carattereaffettuoso e sentimentale e con il suoaspetto fragile e delicato. Perciò non sistupì di vederla salire tranquilla eintrepida i gradini, e allungare la manoverso la porta, e non sussultare quandoquesta si spalancò all'improvviso emonsieur Edouard le sbarrò la strada.

— Angelo mio! Siete tornato! —esclamò Céline, con un tono di dolcesorpresa.

— Non mi aspettavate, madame —rispose freddo il marito.

— Come potevo? Non avvertite mai. —

E aggiunse, sfiorandogli la guancia conuna carezza: — Sono felice di ri-vedervi. State bene? Mi sembrate un po'stanco.

L'inglese – che si aspettava sorpresa,sgomento, proteste di innocenza,giustificazioni fantasiose, richieste diperdono

– preso alla sprovvista da tanta calma,si fece da parte e la lasciò entrare. Masubito tirò fuori dalla tasca i brandellidel manifesto e glieli tese.

— Mi avete disubbidito — disse, intono cupo e grave, ma ancora trattenuto.

— Non vi avevo mai promesso cheavrei rinunciato alla danza — risposelei dolcemente, come parlando a unbambino testardo.

— Avete trasgredito ai miei ordini.

— Sono vostra moglie, non la vostraschiava.

Di solito a questa frase, che attribuiva aicattivi consigli del padrino, l'ingleses'infuriava e ricordava a Céline che lalegge dava al marito ogni diritto sullapersona della moglie.

«Quegli idioti dei rivoluzionarivolevano allentarvi il freno, belle dame,

ma Napoleone ha ristabilito l'ordine.Dovete obbedire, non avete scelta.»

Quella notte però fissò la giovane donnacon freddezza e rispose: — Aveteragione: non lo siete.

— E dunque posso… — cominciò confervore Céline, ma venne interrotta.

— Non siete mia moglie, intendo.

Un ascoltatore meno turbato di Célineavrebbe colto nella voce di lui unasfumatura sottilissima di soddisfazione,o meglio, di sollievo per aver trovatofinalmente l'occasione giusta perpronunciare quelle parole.

La giovane donna invece impallidì: —Cosa dite?

— State calma, dolcezza. Venite di là.Toglietevi la cuffia.

Le circondò le spalle con il braccio, laguidò nello studio. Era diventatoimprovvisamente affettuoso e comemalinconico.

— Sedete. Vi devo parlare.

Céline obbedì smarrita. Alle scenate, airimproveri, alle urla era abituata. Avevaimparato a non farcì troppo caso.

Sapeva che l'ira del suo Edouard

sbolliva in fretta. Anche se gli altri logiudicavano violento e iracondo, lei neconosceva la generosità, l'onestà, latenerezza, nascoste come un frutto dolcee succoso sotto la dura scorza di uncarattere difficile.

Non lo credeva capace di scherzicrudeli. Cosa significava quel «non sietemia moglie»?

— Spiegatevi — disse con un filo divoce.

L'inglese le prese le mani, gliele strinse,la guardò negli occhi sorridendo. —Sciocchina! Come è possibile che visiate bevuta quella storia assurda della

zia che non doveva sapere del nostromatrimonio? Voi, una donna cosìintelligente, una donna istruita… Comeavete potuto credere che quel notaiofosse un vero notaio…

— Non lo era? — chiese Céline, checon uno sforzo enorme stavarecuperando il sangue freddo.

— Era un attore de la Porte SaintMartin. L'ho pagato bene, e ha recitatobene la sua parte.

— E dunque, il contratto di nozze?

— Un pezzo di carta straccia.

— Voi non siete mio marito, allora.

— No.

— Chi siete dunque?

— Il vostro amante, il vostro ganzo, ilvostro protettore, mettetela comepreferite.

Céline tacque pensierosa. Guardaval'inglese, e le sembrava di avere davantiuno sconosciuto.

— Perché? — chiese dopo una pausa disilenzio.

— Perché vi amavo. Perché vi volevo a

ogni costo. E

voi invece…

— Io non volevo una relazione che nonfosse per sempre — disse Céline convoce senza colore.

— Ma benedetta ragazza! Pensavatedavvero che un gentiluomo potessesposare una ballerina?

— E Adèle?

— Non cominciate a seccarmi con lavostra Adèle, adesso! Non sononemmeno sicuro che sia mia figlia.

Céline si appoggiò allo schienale dellapoltrona e ne strinse convulsamente ibraccioli. Le mancava il fiato, come seavesse ricevuto un colpo in mezzo alpetto. Respirò profondamente. Sentìsorgere dal cuore e colmarle il corpo etutta l'anima un'acqua gelida, una furiacalma, un fuoco di ghiaccio. Sollevò latesta, sorrise e disse in tono di sfida aquello che, in un tempo che sembravatanto lontano, era stato

"il suo dolce Edouard": — Aveteragione: non lo è.

L'inglese questa risposta non sel'aspettava.

— Come, non lo è? — gridò facendosipaonazzo.

— Come io non sono vostra moglie,Adèle non è vostra figlia.

— Giuratemelo!

— Che vi importa di chi sia figlia unapiccola bastarda?

— M'importa sì, bugiarda che siete!M'importa, visto che sono io quello chepaga la sua casa, il suo cibo, i suoivestiti, la bambinaia, la carrozza…persino una capra mi tocca pagare… perla figlia di chissà chi! E volevateconvincermi che mi somigliava…

— Da questo momento in poi nonpagherete più niente, state tranquillo. Viprego di fare le valige e di lasciareimmediatamente questa casa.

— Non prendo ordini da voi, madame!

— Ho detto «vi prego». Comportatevida quel gentiluomo che vi preme tantoessere. Siate degno della lady vostra zia,anche se non esiste.

— Vado allora. Ma ricordate che sietestata voi a cac-ciarmi. Domani mimanderete le mie cose con Jean-Baptisteall'Albergo dell'Aquila.

— Sarà fatto. E adesso permettetemi di

ritirarmi, monsieur. Sono molto stanca.

Due ore più tardi, nella cameradell'albergo, l'inglese, dopo avercercato di calmarsi bevendo mezzabottiglia di acquavite, sedette al tavolinoe scrisse una lettera. Se qualcuno degliabitanti di Boulevard des Capucinesavesse potuto sbir-ciargli sopra laspalla, avrebbe letto queste parole, cheperò non l'avrebbero aiutato a chiarire ilmistero dell'improvvisa decisione dimonsieur Edouard:

L'ho lasciata come mi avete chiesto,Dick. L'ho lasciata, e Dio sa quanto miè costato. Una creatura così dolce, così

bella, così fiera! Dritta e taglientecome una spada. Bianca e profumatacome un giglio. D'altronde, l'aveteconosciuta e sapete a cosa mi aveteordinato di rinunciare. Quando vi de-ciderete a lasciarmi vivere in pace!

10

ean-Baptiste era ritornato dall'Albergodell'Aquila con un biglietto che diceva:

La casa e i domestici sono pagati pertutto il mese di marzo. Alle fatture e aidebiti che avete contratto durante lamia assenza dovrete provvederepersonalmente, perché da me nonavrete più un soldo. Addio, madame.Dimenticatemi.

— Cosa farete adesso? — chieseToussaint, che Céline, appena alzata,aveva mandato a chiamare nel salottinoverde insieme a Sophie.

— Accetterò il posto che mi ha offerto ildirettore del teatro. Ieri sera ho avuto ungrande successo. Il contratto è giàpronto.

Céline aveva pianto tutta la notte.All'alba si era addormentata e avevadormito fino alle undici del mattino.Quando si era svegliata, sembravaun'altra donna: calma, serena,determinata. Lisette le aveva fatto degliimpacchi di camo-milla sugli occhi,l'aveva aiutata a indossare l'abito colormalva ornato di passamaneria chemetteva in risalto l'azzurro scuro deisuoi occhi, l'aveva pettinataannodandole in alto i capelli invece dilasciarglieli sciolti giù per le spalle.

Sophie, che la notte prima non avevaobbedito al cocchiere, ma era corsa aliberare Toussaint e insieme a lui avevaascoltato dall'atrio il dialogo fra i dueadulti, la fissava sgomenta, impietositaper la sua sofferenza così benmascherata, e insieme piena d'angosciaall'idea della miseria che si spalancava,come la bocca zannuta di un mostro,davanti a tutti loro. E tuttavia non potevaimpedirsi di ammirare quel collo lungoe slanciato, quella nuca elegante che lanuova pettinatura lasciava scoperta.

— Quattromila franchi all'anno non sonomolti — osservò Toussaint.

— Ci vivevo agiatamente, prima di

incontrare quel mostro.

— Eravate voi sola, e abitavate in unamansarda.

— Hai ragione, Tússi. Sarò obbligata alicenziare i domestici.

— Mi occuperò io, di Adèle — siaffrettò a dire Sophie.

Ma poi fu colta da un pensiero orribile.Se cadeva in miseria, Céline avrebbedovuto mandare via anche lei. E dove?Non osava pensarci.

— Venderò i miei gioielli — disse lagiovane donna —

e lo scialle di cachemire. Vale unafortuna. Poi ci sono i cavalli e lacarrozza…

— Se vendeste me, ne ricavereste unbuon prezzo — intervenne Toussaint.

A Sophie dalla sorpresa mancò il fiato.Ansimante riuscì a balbettare: — No!

Céline invece fissò a lungo, in silenzio,il giovane schiavo.

— Già, se ti vendessi… — disse infinecon voce incolore. — Legalmente miappartieni. A meno che anche idocumenti che ti riguardano non sianocarta straccia.

— No. Quando mi avete ricevuto indono, il trasferi-mento di proprietà èavvenuto con tutte le formalità di legge

— disse il giovane schiavo. — Me lo haspiegato il Cittadino Marchese. I mieidocumenti sono a posto. Potete vendermianche domani, ora che non avete più unmarito a cui chiedere il permesso. Soche molti aristocratici che mi hannovisto scortarvi al Bois de Boulognevorrebbero comprarmi.

— Bisognerà trovare un notaio, uno vero— disse Céli-ne, con quella nuova vocegrigia, come da sonnambula.

Sophie piangeva. Vendere Tússi, come

se si fosse trattato di un cavallo! Cosane avrebbe detto il padrino? E monsieurVictor Schoelcher?

In quella entrò Charlotte a dire che ilCittadino Marchese era giù da basso echiedeva di essere ricevuto.

— È stato Jean-Baptiste che è andato achiamarlo —

spiegò. — Di sua iniziativa, appenatornato dall'Albergo dell'Aquila, ha fattogirare la carrozza ed è andato in rueJacob, a raccontare al marchese che…Insomma, a informarlo di cosa èsuccesso ieri notte. E il vostro padrino èvoluto venire subito a vedervi.

Il Cittadino Marchese entrò e baciò lamano a Céline.

Con stupore Sophie vide chedall'espressione del viso del vecchiosignore non trasparivano né tristezza, nédisappunto, come avrebbero richiesto lecircostanze, o almeno la buonaeducazione.

— Mi congratulo con te, bambina cara— disse anzi il Cittadino Marchese intono soddisfatto. — Ti sei liberata di unimpostore.

— Infatti — rispose Céline con gli occhiasciutti. — E

mi auguro di non rivederlo mai più. Maho un problema urgente, per il quale miserve il vostro aiuto.

— Sono ai tuoi ordini.

— Tússi dice che avete visto le suecarte, che siete certo che il ragazzoappartiene veramente a me, non aEdouard, e che posso disporne comevoglio.

— Esatto.

— Allora vi prego di prendere con voiquei documenti, di cercare un notaio divostra fiducia e di fargli preparare alpiù presto l'atto di emancipazione. Non

vorrei che uno dei molti creditori che trapoco mi cingeranno d'assedio potessevantare su di lui qualche diritto.

— Brava figliola! È molto bello che iltuo primo gesto, dopo avere recuperatola libertà, sia quello di dare a tua voltala libertà a questo giovane cittadino.

— Tússi, da domani sarai padrone di testesso — disse Céline, abbracciando ilragazzo. — Potrai fare ciò che vorrai,andare dove ti piacerà. Naturalmentese…

Toussaint la interruppe: — Naturalmenteresterò con voi, madame. Lavorerò peraiutarvi. Posso cercarmi un impiego da

valletto presso quei signori del Bois.Anche se sarò libero, non per questo lamia pelle diventerà bianca, e il mioaspetto meno esotico. Però non avrannogratis i miei servigi: dovranno darmi unsalario.

— Bisognerà cercare un appartamento abuon mercato

— disse Céline più tranquilla — che siavicino al teatro, e dove ci sia posto perte e per Sophie.

— Dunque, mi tenete con voi, madame!— esclamò sollevata e felice laragazzina.

— Chi si occuperebbe di Adèle,altrimenti? — cominciò la giovanedonna in tono scherzoso. Poi si feceseria: — Mi dispiace per Solange, perLisette e per tutti gli altri…

— Non dispiacerti. Tienili — disse ilCittadino Marchese.

— Ma non me li posso più permettere!Con quattromila franchi all'anno…

—… sarà un miracolo se non morirai difame, tu, la bambina e i tuoi due protetti— rise il vecchio.

"Cosa c'è da ridere?" si chiese Sophiepreoccupata. Che il padrino cominciasse

a dare segni di demenza senile?

— Sapete cosa avrebbe detto Balzac aAurore Dupin secondo quei pettegolidella "Rivista dei due Mondi"? —continuava tranquillo il vecchio in tonodi conversazione salot-tiera. — Che nonsi può essere donna a Parigi a meno diavere venticinquemila franchi di rendita.E la povera Aurore, che non può contaresu tale fortuna, si sarebbe talmentespaventata da cambiare sesso.L'abbiamo vista ieri sera entrare a teatrovestita da uomo, ricordate, cittadinaSophie?

— Non credo che risolverei molto aquel modo. Neppure se Olympe mi

regalasse tutto il suo guardaroba —osservò Céline. — E poi, dove lialloggerei i domestici? Alla fine delmese questa casa la dobbiamo lasciare.

— Non è detto.

— Ma l'affitto è di duemila franchiall'anno!

— Stammi a sentire, mia cara. Adesso tipare che il mondo ti sia crollatoaddosso, e senti come una smania di al-lontanarti in gran fretta dalle macerie.Ma se avrai la bontà di ospitare questovecchio cittadino e di permettergli discaldare i suoi ultimi anni al fuoco deltuo affetto, tutto quello che ti circonda

potrà restare come prima. Naturalmentenon posso cancellare le ferite d'amoreda quel tuo stupido cuore ingenuo egeneroso. Non posso riparare l'ingannoné l'offesa che hai ricevuto. Non possofar tornare il tuo Edouard e, ad esseredel tutto sincero, neppure lo vorrei…

— Io nemmeno — si affrettò a direCéline.

— Però posso sostituirlo per quantoriguarda le spese e, mi auguro, essereper voi tutti una migliore compagnia. Lacittadina Corinne è vecchia e stanca esono anni che mi chiede di lasciarlatornare al suo paese. La casa di rueJacob è in pessime condizioni, e non ho

alcuna voglia, alla mia età, di vivereneppure una settimana in mezzo aldisordine e alla polvere di gesso cheportano con sé i muratori e i decoratori.

Se mi permetterai di venire a vivere quicon voi, avrò risolto tutti i mieiproblemi. E voi i vostri, perché sosterròtutte le spese necessarie all'andamentodella casa.

— Cosa ne diranno i vostri nipoti?

— Ah, quelli! Non sanno neppure doveabito. Sono più di vent'anni che non mi

degnano di una loro visita.

— Però mi permetterete di contribuirealle spese con i miei quattromila franchi.

— E tu mi permetterai di continuare adare lezioni ai miei scolari in questacasa, anche se faranno un po' diconfusione.

— Quante cose potrà impararecrescendo la mia Adèle!

— esclamò Céline piena di entusiasmo.— Un precettore come voi, e adomicilio, non ce l'hanno neppure leprincipes-se.

11

ille ricordi degli anni vissuti sotto lostesso tetto col Cittadino Marchese siaffollavano nella mente di Sophie,mentre vegliava il sonno di Adèle,facendole vento con un foglio di carta dalettere ripiegato, nella piccola stanzacieca e soffocante di rue Saint Augustin.

Ricordava con struggimento il profondoe muto dolore di Céline nei primi mesidopo la partenza dell'inglese, dolore chela giovane donna si sforzavacoraggiosamente di nascondere.Nonostante tutto, quella creaturaorgogliosa amava ancora il suo

Edouard, rimpiangeva le sue carezze. Ildolore per l'abbandono, l'amarezza peril tradimento, le facevano dire:

— Non voglio vederlo mai più. — Maagli occhi di chi le voleva bene, eraevidente che il suo cuore continuava astruggersi per lui.

A Sophie, ora che nello stanzinosoffocante si scioglieva le trecce perandare a letto, pareva di sentire ancoraLisette, quando al mattino spazzolava icapelli della giovane padrona e lediceva: — Ne troverete presto unomigliore. Siete così bella!

Céline scuoteva la testa. — D'ora in poi

vivrò soltanto per la mia bambina.

— E per te stessa, mia cara. La vita haancora tante cose belle da offrirti — lacorreggeva con affetto il padrino.

Più di una volta Sophie, passandoaccanto alla porta socchiusa del salone,aveva intravisto la sua benefattrice che,contemplando il ritratto dell'inglese,ripeteva a mezza voce l'ultima frase delracconto di Nodier:—Mille anni sonomi tempo così breve per possedere coluiche amiamo. Un tempo così breve perpiangere la sua perdita…

Oppure l'aveva sentita intonaretristemente qualche stro-fa della canzone

che l'inglese le aveva insegnato nellasua lingua, e che nelle serate in cui eradi buonumore cantava per lei, che loaccompagnava al pianoforte, con la suabella voce maschile bassa e profonda.

But wide as pathless was the space

That lay, our lives, between,

And dangerous as the foamy race

Of ocean – surges green.

And Haunted as a robber path

Through wilderness or wood;

For Might and Right, and Woe and

Wrath,

Between our spirits stood.1

Incoraggiata dal padrino, Céline eratornata immediatamente a danzare.Quando Taglioni aveva portato LaSilfide in Russia, il direttore del teatrole aveva dato una parte migliore in unballetto di repertorio, permettendole direstare a Parigi e di tornare tutte le serea casa in Boulevard des Capucines.Sophie, che l'affetto e la devozione perla sua benefattrice rendevanosensibilissima a ogni sfumatura del suoumore, si era resa conto con sollievoche l'impegno del lavoro, le prove, isuccessi, gli applausi degli ammiratori

pian piano al-lontanavano dalla mentedell'innamorata tradita il pensiero fissodell'abbandono. Anche se la notizia chefinalmente il conte Gilbert de Voisinaveva sposato Marie Taglioni, alla 1 Mavasto e privo di sentieri era lospazio/Che si stendeva tra le nostrevite,/Pieno di pericoli come lospumeggiante tumulto/Delle verdi ondedell'oceano.//Infestato come da brigantidi strada/Che tendono agguati nel foltodel bosco./Perché il Potere, il Diritto, ilDolore e l'I-ra/si ergevano a dividere lenostre anime.

luce del sole, e con tutti i crismi dellalegalità l'aveva certo spinta a undoloroso paragone col comportamento

dell'inglese nei suoi confronti.

Céline continuava a soffrire, ma non inogni minuto della giornata, non quandoAdèle la faceva ridere col suolinguaggio fantasioso, o quando Sophie eToussaint le parlavano con entusiasmodei loro studi. Non quando Maurice conla complicità degli altri scolari lefaceva la sorpresa di alle-stire unospettacolo di marionette nel salone, unospettacolo di cui lei stessa, trasformatanell'imperatrice delle Indie, eraprotagonista. Oppure quando Olympe lasfidava a un incontro di scherma ingiardino, o a una corsa a cavallo neiviali delle Tuileries.

Col passare dei mesi Sophie si era resaconto che il dolore di Céline si facevameno cocente: non spariva, masembrava annidarsi in un angolo segretodell'anima, come la cicatrice di unvecchio soldato che torna a farsi sentire,sorda e leggera, solo ai cambi distagione.

Le stagioni! In rue Marcadet eranoscandite unicamente dal freddo chespaccava i polmoni o dal caldo chetoglieva le forze. Sophie non avrebbemai dimenticato l'emozione della primaestate passata in campagna, nella tenutade la Pommelière di proprietà delCittadino Marchese. La scoperta deisentieri ombrosi, dei ruscelli, dei campi

di grano color del sole punteggiati dalrosso dei papaveri, col volo nero deicorvi che tagliava in due il cielo. Lascoperta delle lucciole, che Toussaintraccoglieva tra l'erba e imprigionavasotto un bicchiere per la meraviglia diquella piccola cittadina ignorante.

Quante volte Sophie aveva pensato aFantine, che dalla campagna dove eranata si era dovuta trasferire tra le pietregrigie e sporche della periferiacittadina! Che aveva dovuto scambiare iruscelli di acqua limpida con i rigagnolisporchi dove invece delle anatregalleggiavano polvere di gesso, im-mondizia ed escrementi.

Sul grande piazzale lastricato davantialla casa padronale, Adèle aveva mossoi primi passi, e un giorno, in un momentodi distrazione di Solange, si eraarrampicata sul bordo della vasca deipesci ed era caduta in acqua, venendoimmediatamente ripescata dal CittadinoMarchese che l'aveva ag-ganciata allacintura con l'estremità del suo bastoneda passeggio.

Céline a la Pommelière era di casa. Finda bambina vi era stata molte volte incompagnia dei genitori, e ne conoscevaogni angolo, ogni pianta, ogni roccia,ogni finestra e ogni comignolo dellacasa.

Sophie ricordava la notte in cui, altermine di una cena sulla terrazza, sottola volta del cielo stellato, il CittadinoMarchese aveva detto: — Ho chiamatoil notaio. Voglio aggiungere una clausolaal testamento. Sai già che alla mia mortela Pommelière sarà tua, insieme a unpiccolo capitale che ti permetterà divivere tranquilla. Ma ho deciso dilasciarti anche la casa di rue Jacob.Potrai andarci a vivere, o affittarla eutilizzare quel danaro per gli studi diToussaint e di Sophie.

Mentre loro erano in campagna, a Parigic'era stato il funerale di un vecchiogenerale di Napoleone, e gli studentirepubblicani che lo accompagnavano,

infiammati da un discorso del vecchiomarchese de Lafayette, avevanoscatenato una sommossa; ancora unavolta il popolo aveva drizzato per lestrade le sue barricate. Al fianco degliadulti, venne a sapere più tardi Sophie,difendevano le barricate anche alcunibambini e ragazzini: quegli stessimonelli allegri e maleducati con cuiFantine non le permetteva di giocare perla strada. Il più sfrontato, il più maligno,il più sporco, il più spiritoso deimonelli, quel Gavroche di cui si dicevache la notte dormisse, avvolto in unarete per difendersi dai topi, dentro lapancia della statua dell'elefante checadeva a pezzi in piazza della Bastiglia,

si era comportato da eroe ed era statoucciso da un colpo di fucile, propriocome Jean-Jacques Gravillon due estatiprima. Ma questa volta il CittadinoMarchese non aveva fatto in tempo adapplaudire da lontano al coraggio deglistudenti e dei monelli, che il governoaveva rapidamente decretato lo statod'assedio e sconfitto gli insorti. Il poetaVictor Hugo, sorpreso per strada con intasca un libro considerato "sovversivo",aveva rischiato di essere fucilato sulposto.

Luigi Filippo, che aveva dimostrato diessere, sotto la scorza degli Orléans,anche lui un Borbone, continuava asedere tranquillo sul trono di Francia. E

più o meno negli stessi giorni, alla cortedi Vienna era morto un giovanissimoprincipe, l'unico figlio di Napoleone, ilbambino che alla sua nascita era statosalutato col titolo di Re di Roma.

12

n autunno Céline e il CittadinoMarchese, ritornati in città, avevanoaperto il salone agli amici. Ogni giovedìrice-vevano artisti, intellettuali,scienziati, uomini politici e giovaniidealisti come Victor Schoelcher,innamorati delle più luminose utopie.Che in novembre si erano infuriatiquando, ancora una volta, la censuraaveva proibito la rappresentazionedell'ultimo lavoro teatrale di VictorHugo, Il re si diverte.

E che si erano congratulati conSchoelcher che aveva pubblicato il

saggio frutto della sua esperienza e dellesue riflessioni: Sulla schiavitù dei nerie sulla legislazione coloniale.

L'anno precedente un altro libro avevaacceso gli entusiasmi e le discussioni, ilromanzo Indiana, che Aurore Dupin –che fino allora aveva usato lopseudonimo maschile Jules Sand –

aveva per la prima volta firmato GeorgeSand e che raccontava di un'altra formadi prevaricazione, quella dell'uomosulla donna. Il critico della rivista "IlGabinetto di Lettura", entusiasta delromanzo, lo aveva definito: "La nostradichiarazione di guerra al codicenapoleonico."

Quando, il 29 agosto del 1833, ilParlamento inglese abrogò l'istitutogiuridico della schiavitù, tutti gli ospitidi Céline esultarono, anche se in molti silamentavano: —

Quanti anni dovremo ancora aspettarenoi francesi?

Grazie a quella legge anche tutti glischiavi delle colonie che dipendevanodall'Inghilterra furono liberati, eToussaint rifletté con soddisfazione cheadesso il marito della sua anticapadroncina, laggiù in Giamaica, avrebbedovuto pagare un salario ai contadiniche coltivavano le sue piantagioni, e chealtrettanto avrebbe dovuto fare

l'amministratore di monsieur Edouard.

L'anno dopo un avvenimento molto piùfrivolo, ma di grande interesse perCéline, fu oggetto di conversazione nelsuo come in tutti i salotti della capitalefrancese. Fanny Elssler aveva finalmenteaccettato la sfida della Taglioni e si eraesibita sul palcoscenico dell'Opera diParigi, ottenendo un enorme successocome interprete del balletto LaTempesta.

Il Cittadino Marchese avevaaccompagnato la figlioccia e i dueragazzi alla prima dello spettacolo, eToussaint era quasi impazzitodall'entusiasmo, con gran divertimento

del vecchio padrino. Il quale, tornato acasa, aveva commentato con Céline ilgiudizio di Théophile Gautier sullaballerina viennese: «La sua è una danzapiena di fuoco e di passione, una danzasfrenata, una danza pagana», mentrequella più misurata e classica di MarieTaglioni gli sembrava fredda come una«danza cristiana».

— E tu, mia cara Céline, fra qualcheanno le supererai entrambe — avevaconcluso il padrino.

Nessuno, all'infuori dei familiari,sapeva del tradimento di monsieurEdouard e dell'inganno subito da Céline.La versione ufficiale era che l'inglese e

la ballerina avevano divorziato. Questanotizia aveva fatto tornare alla caricaogni sorta di adoratori e di corteggiatori.In Boulevard des Capucines arrivavanobigliettini, dolci, fiori e anche regali piùimportanti, che la padrona di casa avevadato ordine di rimandare indietro. Algiovedì, nel salotto bianco e rosso,ospiti giovani e meno giovaniassediavano la bella padrona di casacon le loro profferte amorose. Giù incucina le domestiche si divertivano ascommettere quale sarebbe stato ilfavorito.

Céline ascoltava tutti, e a tuttirispondeva con un sorriso allusivo emisterioso: «Mi dispiace, monsieur, ma

non posso ricambiare il vostro amore.Siete arrivato tardi. C'è già qualcun altronella mia vita.»

I maligni dicevano che avesse unarelazione con il padrino. — E se anchefosse! — esclamava sprezzanteToussaint. — Sono liberi entrambi, e ladifferenza d'età non riguarda altri cheloro.

Ma sapeva, come lo sapeva Sophie, chel'affetto tra Cé-

line e il Cittadino Marchese non eracambiato, che il loro rapportocontinuava ad essere quello tra un padree una figlia.

— Chi sarebbe dunque questo "qualcunaltro"? — aveva chiesto una voltaLisette, indispettita che tutte le suesupposizioni si fossero rivelate vane.

— Io… — aveva cominciato arispondere il ragazzo nero con grandeserietà.

— Tu!? Vorresti farmi credere chemadame?… — l'aveva interrotto lacameriera indignata e scandalizzata.

— Io, Adèle, Sophie. I suoi figli, la suafamiglia. La nostra benefattrice non èancora pronta per pensare a un altroaffetto. Forse, col tempo… — avevaconcluso Toussaint sor-nione.

— Va' al diavolo, muso nero! Mi haifatto prendere uno spavento! — avevaprotestato la cameriera. — E nonmetterti in testa delle idee strane, soloperché madame ti ha ridato la libertà. Ilcolore della pelle non te lo cambianessuno, quello.

Alle serate in Boulevard des Capucinesqualche volta partecipava anche lacontessa de Merlin che diceva scherzosaalla ballerina: — Mia cara, volete farmiconcorrenza?

Il Cittadino Marchese attirava accanto asé sul divano la sua cara amicaMercedes e s'informava del libro dimemorie che la contessa aveva appena

incominciato a scrivere, e del suodesiderio di tornare a Cuba, almeno peruna breve visita, dopo tanti anni chel'aveva lasciata.

Una sera qualcuno portò la notizia cheera morto il vecchio marchese de LaFayette, testimone, come il padrone dicasa, degli ultimi settanta anni di storia.Gli ospiti di Céline ricordarono la suapartecipazione, poco più che ventenne,alla Guerra d'Indipendenza americana, ilsuo ritorno in Francia, l'appoggio allamonarchia di Luigi XVI, la sua fuga inInghilterra durante il Terrore, la suaattiva partecipazione politica negli annidella Restaurazione, fino al suo elogio,dopo la Rivoluzione di Luglio, della

scelta di Luigi Filippo d'Or-léans, un recostituzionale che a suo dire sarebbestato per i francesi «la migliore delleRepubbliche».

Toussaint e Sophie, benché fosseromolto interessati ai problemi di cui gliadulti discutevano, subito dopo cenasalutavano e andavano a letto, perché almattino dovevano presentarsi con lamente lucida alle lezioni del padrino,che adesso si tenevano al piano terrenodella casa di Boulevard des Capucines.

Ci fu un'ennesima epidemia di colera,che fece strage nei quartieri poveri e neiBoulevards, ma per miracolo la terribilemalattia risparmiò tutti coloro che

vivevano sotto la protezione delCittadino Marchese.

Adèle cresceva e ogni giorno stupiva gliadulti con le stravaganti invenzioni dellasua fantasia. Era una bambina sveglia,capace di osservazioni e di ragionamentiacuti e profondi. Il padrino la chiamava"la mia piccola filosofa". Ma lacaratteristica principale del suocarattere era la tendenza a fantasticare,ad attribuire vita, anima e sentimenti aglioggetti più banali e quotidiani. Nonparlava soltanto con le sue bambole, colmedaglione che portava appeso al colloe che conteneva il ritratto in miniaturadella madre, con la capretta Djali, congli uccelli e con le formiche del

giardino, ma anche con le pentole dellacucina e con gli stivali di Toussaint, coni gradini della scala, con i lampioni agas e con l'acqua della Senna.

Circondata com'era dall'affetto edall'attenzione generali, Adèle avrebberischiato di diventare una piccolatiranna, se il Cittadino Marchese nonavesse richiamato la madre, i dueragazzi e i domestici al loro dovere diadulti, e non avesse convinto Céline aimporre alla figlia quel rispetto deglialtri al quale lei stessa era stata allevata.

La bambina considerava Toussaint eSophie come due fratelli maggiori, eanche Céline li chiamava "i miei grandi

figli adottivi".

Toussaint cresceva, e cambiava voce.Era diventato un adolescente alto esottile, ma a differenza di Maurice eMaximilien, che si erano trasformati indue spilungoni goffi e fo-runcolosi,aveva conservato la sua pelle di seta el'armonia dei movimenti che facevanodire ad Angélique: — Sembri unapantera di velluto nero. Vorrei dipingertitra le fronde di una giungla, mentre tichini su una zingara addormentata.

Con quanto dispiacere Sophie avevavisto disgregarsi anno dopo anno lascolaresca del Cittadino Marchese!

Olympe era stata la prima a lasciare lascuola. Per il suo diciottesimocompleanno la nonna aveva decisoch'era arrivato per la nipote il momentodel Grand Tour, il viaggio che ognigiovane gentiluomo deve fare incompagnia di un precettore, visitandotutti i paesi dell'Europa e qualcunodell'Asia Minore e dell'Africasettentrionale. Se lo facevano i ram-polli maschi delle famiglie più ricche,aveva osservato madame GenevièveSoulignac, perché non dovevano poterlofare anche le ragazze? E quasi a darleragione Théophile Gautier, lo scrittoredalla lunga chioma merovingia che aitempi della battaglia dell'Emani aveva

indossato il fiammeggiante gilè rosso,quello stesso anno aveva pubblicato ilsuo primo romanzo intitolatoMademoiselle de Maupin, doveraccontava, con grande scandalo deibenpensanti e dei bigotti, le avventure diuna cantante realmente vissuta ai tempidel Re Sole, Madeleine d'Aubigny, cheamava vestirsi da uomo, cavalca-re,duellare, far innamorare di sé sia gliuomini che le donne.

Il "precettore" che la nonna aveva sceltoper scortare Olympe era una vedovainglese di circa trent'anni, famosa peraver accompagnato anni prima il maritoin una avventurosa spedizione nel Tibet.Anche lei naturalmente per viaggiare

indossava abiti maschili.

Antoine aveva pianto, nel salutare la suagrande amica.

— Mi dimenticherai, cittadina.Promettimi che non ti spose-rai con unaltro prima che io abbia compiuto sedicianni.

Ma Olympe, ricordava Sophie contristezza, non aveva potuto mantenere lapromessa, e non per sua colpa. Antoinenon era arrivato a compiere sedici anni.Ne aveva nove quando suo padre loaveva costretto a lavorare così vicinoalla fornace, che il bambino vi eracaduto dentro, e si era ustiona-to

gravemente, tanto che non era statopossibile salvargli la vita. Neppure congli unguenti più costosi che il CittadinoMarchese aveva fatto arrivare per lui daCostantinopoli e che andava tutti i giornia spalmargli personalmente sulle piagheinfette.

Poi se n'era andata Pauline, anche leivittima, sebbene in modo meno cruento,dell'egoismo dei familiari. La madre,credendo di procurarle benessere eprotezione, si era risposa-ta colproprietario di un'osteria frequentatadagli studenti della Sorbona. Ma ilpatrigno, appena investito della nuovaautorità, aveva decretato ch'era assurdoche a dodici anni, quando poteva già

servire in tavola i clienti, una ragazzaper-desse del tempo per andare ascuola.

A nulla erano valse le proteste delCittadino Marchese, e gli ottimi risultatiraggiunti nello studio da Pauline. —Quella smorfiosa si è già montata latesta. Bisogna rimetterlaimmediatamente al suo posto prima chefaccia qualche stupidaggine — avevaordinato il patrigno. E per metterla alposto giusto, invece di mandare lafigliastra a servire in sala, l'avevaspedita all'acquaio del cortile, a lavare ipiatti e le pentole.

Sophie aveva pianto di rabbia, e

promesso a Pauline che sarebbe andata atrovarla ogni domenica, ma fin dallaprima volta aveva trovato sulla portadell'osteria il patrigno dell'amica che lesbarrava la strada.

— Non fatele perdere tempo. Voi sieteuna signorina di buona famiglia che puòpermettersi il lusso di soddisfare ognicapriccio, mentre la mia figliastra deveguadagnarsi il pane. Non avete niente incomune. Andate per la vostra strada.

Qualche mese dopo era stata la volta diAngélique e Maximilien, che pieni dientusiasmo erano partiti con i genitoriper il Nuovo Mondo. Il marchese loropadre, che era entrato a far parte della

società fondata da Victor Schoelcher,era stato invitato dagli abolizionistiamericani a tenere una serie diconferenze in Louisiana e in Florida, epoiché il viaggio sarebbe stato lungo,aveva deciso di farsi accompagnaredalla famiglia.

— Prendete nota di ogni cosa nuova chevedrete. Dise-gnatela — avevaraccomandato ai gemelli il CittadinoMarchese — perché al vostro ritornodovrete spiegarci com'è fatto, questoMondo Nuovo.

Per ultimo aveva preso il volo Maurice,che aveva seguito la madre a SanPietroburgo, dove l'artista era statainvitata per fare il ritratto alla zarina ealle sue dame di compagnia.

Gli allievi del Cittadino Marcheseadesso erano rimasti solo loro due:Toussaint e Sophie. Adèle era ancoratroppo piccola per ricevere delle lezionivere e proprie, anche se Cé-

line si divertiva a insegnarle qualchefavola di La Fontaine, che la figliolettaaveva imparato a memoria e cherecitava sottolineando le parole conmossette incantevoli.

13

turbare la tranquillità generale, ungiorno era arrivato un biglietto da partedi monsieur Edouard, il primo segno divita da quando l'inglese se ne eraandato. Era indirizzato a Céline. Sophieavrebbe potuto, dopo tanto tempo,recitarlo ancora a memoria.

Madame – diceva il biglietto, senzapreamboli e senza accennare in alcunmodo al passato – sono di passaggio aParigi e voglio incontrare Adèle. Hosaputo che vivete ancora in Boulevarddes Capucines, ma non intendo farvivisita nella vostra casa, né ho alcun

desiderio di vedervi altrove. Domani,alle tre del pomeriggio, mandate labambina, accompagnata da unapersona a me del tutto sconosciuta,all'Hotel della Corona di Spagna. Nonla tratterrò a lungo.

— Io non la manderei — aveva dettosubito Sophie.

— Io neppure — aveva ribaditoToussaint.

— E io nemmeno — aveva concluso ilpadrino. — Questo signore oltretuttodovrebbe imparare a chiedere le coseper favore, e non a dare ordini come untiranno.

Ma Céline aveva detto: — È suo padre.Non ho il diritto di impedirle diconoscerlo.

Nel corso di due anni Adèle era stataconvocata altre tre volte dall'inglese,con le stesse modalità, ogni volta in unalbergo diverso. E ogni volta era stataesaminata e congedata in pochi minuti,ma aveva ricevuto in dono vestitieleganti, dolci e giocattoli costosi.

Poi monsieur Edouard era sparito dinuovo, e nessuno in Boulevard desCapucines pareva sentire la suamancanza.

Adèle, col passare dei mesi, aveva rotto

i giocattoli che il padre le avevaregalato, ed era cresciuta tanto che gliabitini di seta e velluto tutti pizzi e galenon le stavano più.

Monsieur Jolivet continuava afrequentare la casa.

Adesso che Céline non aveva piùbisogno di lezioni private e clandestineperché andava a esercitarsi a teatro conle colle-ghe, il vecchio maestroinsegnava la danza a Sophie e aToussaint. Non perché i due volesserodiventare ballerini professionisti, maperché non sfigurassero in società, epotessero partecipare con disinvolturasia alle grandi serate eleganti delle case

aristocratiche, sia alle feste in mascherache si davano a Carnevale all'Opera, siainfine ai balli popolari nei localipubblici frequentati da studenti e sartinecome il Mabille o la Chaumière. Pocodopo il quarto compleanno di Adèlevenne a Parigi, preceduto da una grandenotorietà e da molti pettegolezzi, ilcompositore viennese Johann Strauss, lacui musica faceva ballare da qualcheanno tutta la gioventù austriaca etedesca. Il valzer conquistòimmediatamente anche i francesi eBerlioz decretò che la musica vienneseera superiore a tutte le altre. AncheAdèle volle imparare il valzer e, dopoqualche lezione di monsieur Jolivet,

diventò la ballerina più leggera,elegante e infaticabile di Boulevard desCapucines. Era una delizia vederlavolteggiare nel salone guidata dalvecchio maestro, mentre Sophie eToussaint suo-navano il piano a quattromani.

Da una vacanza a Grasse monsieurJolivet aveva portato in dono a Célineun grande sacchetto pieno di fiori dilavanda per profumare la biancheria.Uno strano sacchetto di robusta stoffaprovenzale, tagliato e cucito in modo dasomi-gliare, anche nelle dimensioni, aun bambino di circa sei mesi. Adèle sen'era subito impadronita e poiché eranudo –

con la pelle azzurro scuro a piccolidisegni gialli – aveva chiesto i suoi abitidi quando era piccola per vestirlo. Epoiché i suoi erano vestiti da bambina,aveva deciso che il pupazzo era unafemmina, nonostante avesse il craniocompletamente sguarnito, privo di trecceo boccoli. Per nascondere questavergogna, come prima cosa Adèle avevamesso alla sua nuova "figlia" la cuffiettaguarnita di pizzo con la quale lei stessaera stata ritratta nel quadro a olio delsalotto. Poi con dita maldestre avevacominciato a infilarle la biancheria.

— Sta' attenta! Le stai mettendo lemutande al rovescio!

— l'aveva sgridata Solange, alla qualedava fastidio ogni forma di disordine.

A quella frase Adèle era scoppiata aridere: — Le mutande al rovescio!Come il buon re Dagoberto.

Tutti i bambini francesi, da quelli disangue reale ai marmocchi chegiocavano per le scale di rue Marcadet,conoscevano e cantavano l'irriverentecanzoncina del diciottesimo secolo:

Le bon roi Dagobert

A mis sa calotte à l'envers;

Le grand saint Eloi

Lui dit: Ò mon roi!

Votre Majesté

Est mal culottée.

C'est vrai, lui dit le roi,

Je vais la remettre à l'endroit.

Comme il la remettait

Un peu il se découvrait;

Le grand saint Eloi

Lui dit: ó mon roi!

Vous avez la peau

Plus noire que un corbeau.

Bah, bah, lui dit le mi,

La reìne l'a bien plus noire que moi.2

Adèle era deliziata dalla somiglianzadella situazione, anche perché la pelledel sedere della bambola era, se nonnera, blu, e decise subito che la nuovafiglia si sarebbe chiamata Dagoberta.

Per uno di quegli strani capricci dellafantasia infantile difficili da spiegare,nonostante la bambina possedesse moltebambole eleganti e costose, quelsacchetto azzurro e profumato che le siafflosciava tra le braccia, profumava di

lavanda e produceva uno strano fruscio,diventò il suo giocattolo preferito, la sua"figlia" prediletta dalla quale non siseparava neppure di notte.

Naturalmente col passare del tempo ifiori di lavanda secchi e troppomaneggiati si riducevano in polvere,filtrava-no via dalla trama della stoffa, eDagoberta cominciava a di-magrire,suscitando nella padroncina una grandepreoccupazione per la sua salute. cosìCéline aveva adottato l'espediente di"rimpolpare" di tanto in tanto labambola, scucendone un tratto dellaschiena e introducendovi unsupplemento di 2 II buon reDagoberto/Si è messo le mutande al

rovescio./Il buon sant'Eloi/gli disse: «Omio re,/La Vostra Maestà/Ha le mutandemal messe.»/«Bah, bah» disse ilre./«Adesso me le rimetto a posto.»/Mentre se le aggiustava/Si scoprì unpoco./ Il buon sant'Eloi/Gli disse: «O

mio re/Avete la pelle/Più nera di uncorvo.»/«Bah, bah!» gli disse il re./«Laregina l'ha molto più nera di me.»

imbottitura. Non osava mettercidell'ovatta, e neppure cambiare il tipo difiori, perché Adèle aveva un olfattoestrema-mente sensibile e se ne sarebbeaccorta.

L'attaccamento della bambina a quello

strano personaggio ricordava a Sophiela sua antica amicizia con Pipolet, chedopo la partenza dell'inglese e la finedei litigi era tornato a sparire dalla suavita.

Ormai Sophie era troppo cresciuta peravere un amico immaginario. Quando siguardava allo specchio pensava che nondoveva più temere di incontrare per lastrada monsieur Félicien. E che neppuremadame Annaud avrebbe potutoriconoscere in quella ragazza alta edritta, dallo sguardo serio e penetrante,il topolino impaurito che strisciavalungo i muri della casa di rue Marcadetcercando di non farsi notare. Gli antichimaestri della Scuola del Mutuo

Soccorso Operaio sarebbero rimastisbalorditi davanti ai suoi progressi nellostudio. Grazie al Cittadino Marchese eagli amici che il vecchio invitava a darelezione ai suoi scolari, Sophie aquattordici anni era una vera bas-bleu,una calza blu, come i francesichiamavano, con una sfumatura diderisione, le donne che aspiravano allastessa istruzione dei maschi. Sapeva nonsolo leggere, ma anche parlarecorrentemente in inglese e in tedesco,cantare in italiano, suonare il pianoforte,andare a cavallo, dipingereall'acquarello… Delle materienecessarie alla educazione di unaragazza, le uniche che detestava erano il

ricamo, il rammendo e il cucito. Forseperché le ricordavano gli ultimi tristimesi passati con Fantine. In compensoconosceva l'algebra, il magnetismo,l'astronomia, la chimica e l'anatomiaumana.

Tra i suoi sogni per il futuro c'era quellodi studiare medicina. In Francia le donnemedico erano ancora molto rare, maSophie aveva letto che alla corted'Inghilterra la duchessa di Kent siaffidava alle cure di una dottoressatedesca, frau Siebold, che l'aveva ancheaiutata a mettere al mondo, diciassetteanni prima, la principessa AlexandrinaVictoria, che probabilmente sarebbesucceduta allo zio sul trono. Questa

notizia incoraggiava Sophie a bensperare. Ma era comunque interessata atutte le nuove scoperte scientifiche.Sapeva descrivere il funzionamento diuna caldaia a vapore e il proce-dimentochimico grazie al quale si produceva ilgas dei lampioni che da vent'anniavevano strappato al buio della notte lestrade di Parigi. Sapeva anche perchéall'Opera i becchi a gas erano protetti daglobi di vetro opalino. Erano state lespettatrici, abituate alla fiammaindulgente delle candele, a pretendereche quella luce troppo cruda cheattentava al fascino misterioso della lorobellezza venisse attenuata e in-gentilita.

Ogni mattina Sophie si svegliava

contenta pensando a cosa avrebbeimparato di nuovo quel giorno. —Eppure le tue calze sono bianche, nonblu — le diceva per scherzo Toussaint,che da parte sua era ancora più avantinegli studi, tanto che il padrino parlavadi mandarlo alla Sorbona a studiarediritto.

Nel '35 in tutti i salotti parigini,compreso quello di Boulevard desCapucines, si era sparsa la notizia che ilconte de Voisin aveva chiesto il divorzioda Marie Taglioni, accu-sandola davantiai giudici di non voler abbandonare lacarriera. L'anno successivo era morta adappena ventotto anni, in seguito a unatragica caduta da cavallo, la grande

cantante Maria Malibran. Tutta laFrancia era rimasta sconvolta dallanotizia. Una voce così stupenda,dicevano, adesso avrebbe commosso colsuo canto gli angeli del Paradiso. Lacontessa de Merlin, che aveva ospitatola bellissima spagnola nella sua casa,aveva annunciato che ne avrebbe scrittola biografia.

In primavera il Cittadino Marchese siera ammalato. Cé-

line e i due ragazzi l'avevano assistitocon grandissima dedizione, fino a che ilvecchio aveva superato la crisi.L'avevano portato in convalescenza a laPommelière, ma il padrino non aveva

più recuperato le forze di un tempo.Adesso preferiva starsene a lungo nellasua stanza, da solo con Toussaint che glileggeva i giornali, o con pochi ospitiscelti. La confusione lo stancava. Ma glipiaceva ancora andare a teatro e non siperdeva una nuova rappresentazione diAlexandre Dumas o di Victor Hugo. Pernon parlare delle prime di ogni ballettoa cui prendeva parte Céline.

L'anno successivo tornò ad ammalarsi, equesta volta il medico disse che glirestava poco da vivere.

Céline e i due ragazzi avevano piantoalla prospettiva di perdere il loroamico. Lo avevano circondato di cure

fino al-l'ultimo, facendogli sentire tuttoil loro affetto. Adèle restava seduta perore accanto al letto stringendo con la suamanina calda e soffice quella fredda eossuta dell'ammalato. Erano tristi alpensiero che tra poche settimane non loavrebbero più avuto con loro, nonavrebbero più potuto chiedergliconsiglio, offrirgli le sue ghiottoneriepreferite, ridere delle sue battutefulminanti, chiedergli di raccontare perl'ennesima volta cosa aveva rispostoDanton ai rappresentanti dei coloni delleIndie Occidentali che davantiall'Assemblea si oppone-vanoall'estensione dei diritti dell'uomo aineri e all'abolizione della schiavitù.

Naturalmente quell'estate non eranoandati a la Pommelière, e pensavano contristezza che negli anni a venire ilvecchio amico non li avrebbe più fattiuscire di notte sulla terrazza della casadi campagna per insegnar loro aidentificare le costellazioni con l'aiutodel cannocchiale.

Erano tristi, ma non preoccupati perl'avvenire. Sapevano che il buonpadrino aveva già da tempo provvedutogenerosamente a che Céline e i suoi trefigli potessero continuare a vivereagiatamente, senza sacrifici o rinunce.

Mai avrebbero immaginato che mentre ilvecchio spirava tra le braccia di

Toussaint, dicendo con l'ultimo soffio divoce: — Viva la Rivoluzione! Viva laRepubblica! — i suoi avidi nipotistessero già facendo attaccare i cavallialle loro carrozze blasonate per venirein Boulevard des Capucines asaccheggiare la loro casa e gettarli perstrada.

Sopraffatta dal ricordo di quei terribilimomenti, Sophie soffiò sulla candelagenerosamente offerta da madame Fré-

déric e si gettò sul letto. Adèle cercavaun po' di fresco ran-nicchiata contro ilmuro. Aveva già spinto a terra illenzuolo ed ora, per fare posto a Sophie,fece cadere a terra la povera Dagoberta,

la cui imbottitura di fiori secchiscricchiolò e crepitò per un attimo nelsilenzio dello stanzino come un falò difoglie morte in autunno.

XI. PARIGI, GIUGNO-LUGLIO 1837

1

Parigi, Faubourg Saint Germain

28 giugno 1837

Madame,

come saprete il carceriere ha rifiutato lanostra nuova offerta.

Era il massimo che potevamo offrirgliperché vi desse il permesso dirispondere almeno una volta alle nostrelettere. Eppure abbiamo un estremobisogno non solo di sapere come state,ma della vostra opinione, dei vostri

consigli, è difficile decidere da solicosa fare in questa nuova e difficilesituazione.

Ho supplicato, quel bruto, ho cercato difargli paura, mi sono umiliato alusingarlo… senza nessun risultato.«Nelle segrete penna e inchiostro nonpossono entrare» ripete da un mese conostinazione. «E

non può uscirne alcuna parola, né scritta,né riferita a voce da un altro.»

So che non è vero. So che alcuniprigionieri riescono a comunicare con iloro amici. Ho chiesto come. Tutti mirispondono: «Pagando.»

E mi riferiscono cifre uguali e persinoinferiori a quelle che noi abbiamoofferto. Davvero, non so cosa pensare.

Che ci sia capitato, proprio a noi, ilsorvegliante pili avido di tutto SaintLazare! Ma tornerò alla carica. Sapeteche sono testardo.

Come mai, vi chiederete, abbiamo tantobisogno del vostro consiglio? Perchél'angelo custode… Insomma, ilbenefattore sconosciuto è tornato in rueSaint Augustin, e monsieur Frédéric, alquale avevo promesso del denaroperché lo osservasse con attenzione, adifferenza della moglie me lo hadescritto con grande abbondanza di

particolari.

Tanto che adesso non ho più dubbi sullasua identità: si tratta certamente del mioantico padrone, del vostro falso marito,il gentiluomo inglese che noichiamavamo monsieur Edouard, ma ilcui vero nome è sir Edward Rochester.Sono passati cinque anni da quando l'hovisto per l'ultima volta, eppure sonosicuro che il signore robusto, dallafronte quadrata, dalle mascelle volitive,dagli occhi neri sotto le foltesopracciglia e dall'accento inglese, nonpuò essere che lui.

Perché, se il padre di Adèle ha saputodella nostra disgrazia e desidera

aiutarci, non lo fa alla luce del sole?

È vero che, da quando se ne è andato,non ha voluto più riveder-vi, e le pochevolte che è passato da Parigi ha chiestodi incontrare Dédé nel suo albergo, ingran segretezza, come per un incontroclan-destino.

Adesso è ricomparso, e non sappiamoquali siano le sue intenzioni. Cosadobbiamo aspettarci da lui? E se chiededi incontrare sua figlia? È più di un annoche Adèle non lo vede. Lo riconoscerà?E se l'inglese le rivela che voi siete inprigione, dopo tutta la pena che ci siamodati per farle credere che siete intournée all'estero? Con Sophie ci siamo

chiesti ancora una volta se non sarebbemeglio portar via la bambina dalla casadei Frédéric e nasconderla da qualchealtra parte.

Perdonatemi, madame, la viscontessa mimanda a chiamare per accompagnarlaalla funzione: devo chiudere questalettera e nasconderla da qualche parte.Purtroppo non riuscirò a consegnarla alvostro carceriere prima di dopodomani,insieme a quella che vi sta scrivendoSophie e che andrò a ritirare più tardi.

Abbiate fiducia in noi. Di qualunquegenere siano le intenzioni di monsieurEdouard, io e Sophie resteremo alfianco di Adéle e non permetteremo chele accada niente di male.

Vi bacia le mani il vostro fedelissimoamico

Toussaint

Parigi, rue Saint Augustin

3 luglio 1837

Cara madame Céline,

Toussaint vi avrà spiegato del nostro

sospetto che lo sconosciuto benefattorefosse monsieur Edouard.

Ho scritto fosse e non sia, perché ilsospetto dopo due giorni si è trasformatoin certezza. L'ho visto: è proprio lui! Èvenuto anche stasera, ed è entrato nellacucina di madame Frédéric mentre iostavo lavando nell'acquaio i piatti dellacena. Per fortuna Dédé era già a letto.Madame si è offerta di svegliarla, ma luinon ha voluto. Si preoccupa delbenessere materiale di vostra figlia, manon dimostra alcuna tenerezza nei suoiconfronti. Proprio come allora.Ricordate quanto vi addolorava la suafreddezza? Quanto a me, monsieurEdouard non mi ha riconosciuto. Sono

cresciuta molto negli ultimi cinque anni,tutti dicono che ne dimostro almenodiciassette, e da molto tempo non vi hopiù sentita chiamarmi "sassolino".Anche i miei lineamenti sono cambiati.Ricordate che buffo naso all'insú avevoquando sono arrivata a casa vostra?Adesso ce l'ho dritto, quasi un profilogreco, come diceva il padrino, che erasempre molto galante e benevolo neimiei confronti. Povero CittadinoMarchese! Se sapesse tutto quello chestiamo passando per colpa dei suoinipoti, si rivolterebbe nella tomba. Luisì, che conosceva a memoria lafisionomia di tutti i suoi domestici,anche di quelli che avevano lasciato il

servizio molti anni prima! MonsieurEdouard credo invece che non ci abbiamai guardato con attenzione né, a parte ilsesso, che ci distinguesse l'unodall'altro.

Il suo disprezzo per la servitù questavolta è stato la nostra fortuna. Non solonon mi ha riconosciuto: non ha neppurechiesto a madame Frédéric chi fossi.Probabilmente mi avrà creduto unapovera sguattera ignorante venuta dallacampagna, e ha parlato liberamentesenza preoccuparsi della mia presenza.Aveva portato un nuovo regalo perAdèle, come al solito una cosa inutile:una vestina di organza con le maniche asbuffo, poco adatta al freddo di questo

inverno.

Probabilmente è stata la sua amante diturno a consigliarlo, qualche donnafrivola che non sa che le bambine hannobisogno, oltre che di abitini eleganti, diguanti e calze di lana, sciarpe esottovesti di flanella.

Madame Frédéric gli ha chiesto se eraproprio deciso a non aiutarvi a uscire diprigione. Evidentemente nelle visiteprecedenti gli aveva già raccontato dellamorte del padrino e del vostro arresto.Ma lui ha risposto con tono sprezzanteche il problema non lo riguardava.

Che voi meritavate di essere punita

severamente per tutti i vostri intrighi.Che gli artisti di teatro vivono tutti allespalle dei cittadini onesti e ai marginidella legge. E che l'unica cosa che eradisposto a fare, nella remotissimaeventualità che potesse essere sua figlia– così ha detto – era occuparsi di Adèle.

«In che modo?» gli ha chiesto lastiratrice. Secondo me a madameFrédéric piacerebbe continuare a"ospitarci per i prossimi dieci anni inquesto stanzino senza aria e senza luce,nutrendoci come i primi giorni conaringhe e patate, in cambio di unasomma mensile uguale alla retta delmiglior Pensionato per Fanciulle diParigi.

«Ancora non ho deciso. Tornerò fraqualche giorno» ha risposto monsieur, eprima di andarsene ha deposto tremonete d oro sulla credenza.

Per quanto io lo giudichi un uomoegoista e presuntuoso, non credo cheintenda lasciare Adèle in rue SaintAugustin per molto tempo ancora. Ci hopensato tutta la notte e sono arrivata allaconclusione che probabilmente vorràmandarla in collegio. Non in unpensionato di suore, perché monsieurEdouard non e cattolico. Cercheràprobabilmente uno di quei collegi tenutida anziane signorine aristocratichedecadute, dove si insegnano le buonemaniere e l'ipocrisia. Povera Dédé, lei

che è stata abituata a comportarsispontaneamente e a godere dellamassima libertà!

Vi ricordate di quando leggevamoinsieme I miei primi dodici anni dellacontessa de Merlin? Come eravate daccordo con la sua ma-mita, la bisnonnache non aveva voluto imporre alcunaregola alla vostra amica, quando erabambina, ma educarla soltanto conl'esempio dell'affetto!

Ad ogni modo non preoccupatevi,

perché io farò di tutto per restare alfianco di Adèle, dovunque la vostrabambina venga portata.

Mi farò assumere nello stessopensionato come cameriera, come aiutocuoca, come sguattera: non m'importa sedovrò fare il lavoro più umile e piùfaticoso, purché riesca a non perdered'occhio il nostro tesoro neppure unminuto. E poi si tratterà solo di pocotempo. Sono certa che prestissimo voiuscirete di prigione, verrete a prendercie torneremo tutti nella nostra casa.

Scusate, adesso devo cedere la penna aDédé, che quasi me la strappa di mano,tanto vivo è il suo desiderio di

scrivervi.

Sabbiate fiducia in noi. Con due veri"angeli custodi" come me e Tússi, allavostra bambina non potrà capitare alcunmale.

Vi saluta con amore e devozione ilvostro fedele sassolino Sophie

Mamma carisima, quand'è che torni?Sono stanca di stare da madamFdredríc. Voglio tornare a casa nostra.Sohpie non mi lasia metere il vestitorosa col coleto di pizo ce mi a portattolangelo custode.

Iho avevo pregato tanto che mi portava

una scattola di matite colorate perdisenare come Tússi. Ma lui no haobeditto. Opure una carozina di viminiper Dagoberta.

Lo sai mamma che da quando tu seipartita è diventata così pesante che mistanco a portarla in bracio? Mammatorna subito per piacere. Tússi dicceche non devo piangere, ma di nascostopiange anche Sopihe, e alora io chesono picola?

Un baccio forte fortisimo dala tua

Dédé

2

Parigi, rue Saint Sìugustin 9 luglio I837

Cara madame Céline,

purtroppo devo darvi una brutta notizia.Quell'uomo crudele e bugiardo è tornatoe ha chiesto di vedere Adèle. È rimastomolto lusingato quando Dédé l'ha subitoriconosciuto e gli ha gettato le braccia alcollo chiamandolo "caro monsieurEdouard" e chiedendogli se le avesseportato un regalo.

«Non ti bastano la bambola e il vestitocol colletto di pizzo?» le ha risposto in

tono severo.

«Ah, siete voi che li avete portati? Sonodei regali molto belli e ve ne ringraziodi cuore. Il fatto è che madame Frédéricvi aveva scambiato col mio angelocustode. Non so proprio come ha fatto aconfondersi. Non avete le ali, e neppurei riccioli biondi» gli ha detto condeliziosa ingenuità la vostra bambina.

Invece di intenerirsi, a quel puntomonsieur Edouard… Non riesco ancoraa credere che sia stato capace di unaazione tanto crudele nei confronti di unacreatura innocente. Sono certa chequella menzogna non gli sarà maiperdonata, nemmeno il giorno del

giudizio.

Cosa ha fatto? Ha preso Adèle sulleginocchia, l'ha baciata e, dopo averlanciato uno sguardo d'intesa allastiratrice, ha detto con una vocefalsamente addolorata: «Cara bambina,devo darti una triste notizia. Lasettimana scorsa la tua mamma è volatain cielo dalla Santa Vergine.»

Per fortuna Dédé si era accorta di quellosguardo, e ha risposto tranquilla: «Mache scherzo stupido! La mia mamma è aVienna. È

andata a trovare la sua amica FannyElssler. Tutte le sere ballano insieme nei

teatri di quella città. Vienna è in unpaese che si chiama Austria, sapete?»

Io fremevo dall'indignazione. Provavoun desiderio fortissimo di sbugiardarequell'impostore, ma temevo che, seavessi parlato, mi avrebbe potutoriconoscere. Madame Frédéric di certoera d'accordo con lui, infatti mi halanciato un'occhiata ammonitrice, comeper invi-tarmi a non contraddirla, poi sie rivolta a Dédé con voce dolce e do-lente: «Non te lo avevo detto prima pernon darti un dispiacere, piccina. È tristerestare sole al mondo…»

A quel punto Adèle ha guardatoallarmata verso di me, che asciugavo i

piatti con la testa china sull'acquaio, eho capito che stava per protestare, chestava per tradire la mia identitàchiamandomi a testimone del fatto chevoi non siete morta. Avrei volutorassicurarla, risponderle: "Non sei solaal mondo, tesoro. Ci sono Sophie eTússi, e la tua mamma tornerà presto."

Ma ho dovuto limitarmi a farle cenno ditacere mettendomi un dito sulle labbra.Adèle ha annuito. Ha capito che le avreispiegato tutto più tardi: è incredibilequant'è intelligente, e non ha ancoracompiuto sei anni.

«È triste restare sole al mondo»continuava intanto la stiratrice

«ma per fortuna adesso è arrivato questobuon signore che si prenderà cura di te.Devi ringraziare la sorte ed essere moltoriconoscente al tuo benefattore.»

Adèle taceva, sconcertata da quella checapiva essere una commedia, ma di cuinon comprendeva il motivo.

«Bambina cara, visto che non hai piùuna casa, vuoi venire con me inInghilterra?» le ha chiesto alloramonsieur Edouard.

Questo non ve lo sareste mai aspettato,vero madame? In Inghilterra! Haintenzione di allevarla nel suo castello,oppure di metterla in uno di quei

terribili collegi umidi in mezzo allabrughiera, dove le bambine nonmangiano abbastanza, si ammalano emuoiono di polmonite?

Adèle mi guardava con ariainterrogativa, e continuava a taceremordendosi le labbra.

«Lo sai, vero, carina, dov'è l'Inghilterra?È un'isola: dobbiamo prendere unbattello per arrivarci. Ti piacerà molto,ne sono certo. E

comunque, non puoi restare da sola qui aParigi.»

A quel punto "Dédé non e più riuscita a

trattenere le lacrime e si e messa asinghiozzare: «Voglio la mia mamma!Non è vero che è morta! Voglio andare aVienna dalla mia mamma!»

L'inglese si e alzato e ha detto confreddezza a madame Frédé-

ric: «Lasciamo che si calmi. Ripasseròdomani sera. Intanto preparate i suoibagagli. Partiremo tra qualche giorno.»

Deve averle dato un bel po' di danaro,perché la stiratrice non si è lamentataper la perdita della sua pensionante, anzilo ha salutato con grande deferenza.Appena monsieur Edouard è uscito, si èrivolta a me. «Portala a letto!» mi ha

ordinato con impazienza. «Ne hoabbastanza di queste lagne. E sta attentaa quello che le racconti.»

C'era un tono di minaccia nella sua voceche mi ha fatto capire benissimo cosadovevo aspettarmi se avessi smentito leloro bugie.

Ho preso in braccio Adèle, le hoasciugato le lacrime e la stavo portandonel nostro stanzino, quando madame haaggiunto: «Quanto a te, ragazza, ti ho giàtrovato una sistemazione. Lapescivendola di rue de la Paix cerca unasguattera che la aiuti a sventrare e apulire i pesci. È disposta a lasciartidormire nel retrobottega, a lasciarti

mangiare le interiora dei pesci e a dartidieci soldi alla settimana. Ci puoiandare appena la piccola miss saràpartita.»

Ma figuratevi, cara madame Céline, selascio partire Adèle per l'

Inghilterra senza di me! Ho già un piano,mi farò assumere come bambinaia.L'inglese non mi sembra il tipo capacedi occuparsi personalmente di unabambina piccola. Dédé e già moltosveglia e indipendente per la sua età, mafingeremo che sia una marmocchiaviziata, incapace di soffiarsi il nasosenza l'aiuto di una tata.

Aspetto con ansia Toussaint perchiedergli il suo parere. E mi servirebbetanto anche il vostro consiglio. Ma comesapete il carceriere continua a negarciuna vostra risposta.

Comunque state tranquilla. Adèle dasola con quell'impostore non ce lamando, no e poi no. Vi ho promesso chele sarei stata sempre vicina e che misarei occupata di lei. Bene, è arrivato ilmomento di mantenere quella promessa!

Abbiate fiducia in me, madame. Ce lacaveremo. Anche se dovessimo andarein capo al mondo, ci manterremo incontatto con Toussaint e vi faremo averenostre notizie. Per fortuna esiste la

posta.

Quante volte ringrazio il cielo, ol'Essere Supremo come diceva il vostropadrino, per essere andata a scuola eavere imparato a leggere e a scrivere!

Non perdete la speranza.

Vi bacia devotamente le mani la vostrafedele e riconoscente Sophie

3

a so andarci da sola, al gabinetto! Nonho bisogno che qualcuno mi accompagniper aiutarmi a sbottonare le mutande dalbustino.

Adèle era indignata. Prima quei duebugiardi che volevano farle credere chesua madre era morta, e adesso questarichiesta assurda da parte di Sophie! Perfortuna, una volta rimaste sole nellostanzino, la sua "sorella maggiore" erariuscita a rassicurarla raccontandolefinalmente tutta la verità, e cioè che lamadre non era a Vienna ma in prigione,che lei e Toussaint erano in contatto con

Céline, che si trovava a Parigi, e sapevatutto di loro perché il carceriere leconsegnava le lettere che le scrivevano.

— Ma perché quei due vogliono farmicredere che è morta?

— Forse per convincerti a lasciare laFrancia senza fare storie — risposeSophie, anche se sospettava che l'inglesevolesse in quel modo vendicarsi dellasua antica innamorata, cancellandolacompletamente dalla vita della figlia efacen-dogliela dimenticare.

La sera precedente, appena Adèle si eraaddormentata, madame Frédéric avevachiamato la ragazza in cucina e le aveva

ordinato severamente di sostenere anchelei con la bambina la versione dellamorte improvvisa della madre.

— E non cominciare con i tuoi"perché?" e i tuoi "non è giusto".Monsieur ha deciso così, e noidobbiamo obbedire.

Sta' attenta che se ti scappa una solaparola, ti caccio all'istante da questacasa e non rivedrai più il tuo tesoruccio— le aveva detto in tono minaccioso. —Ma prima te ne darò tante e tante che tipentirai d'essere venuta al mondo.

— Le ho promesso che avrei obbedito,Dédé. Non dobbiamo permetterle di

separarci. Perciò anche tu devi far fintadi credere a quella bugia. Mi dispiace diinsegnarti a mentire, tesoro. Ricordi cheil Cittadino Marchese, tua madre,Solange, e anche Tússi e io, fin daquando eri una bambinetta che appenasapeva parlare, abbiamo cercato diinsegnarti ad essere sincera, a diresempre la verità, anche a costo di esseresgridata o punita? Adesso però citroviamo in una situazione speciale.Monsieur Edouard ha cercato diingannarti e tu devi ingannare lui: devilasciargli pensare che hai creduto allasua bugia. Lo hai capito, vero, che luinon vuole bene alla tua mamma?

— È vero. Non ha mai voluto vederla, in

tutti questi anni, e quando andavo atrovarlo nel suo albergo non ne volevasentire parlare. Né di lei, né delCittadino Marchese, né di Toussaint, nédi tutti voi — osservò Adèle.

Sophie pensò con sollievo che grazie aquesto atteggiamento di rifiuto verso tuttigli abitanti della casa di Boulevard desCapucines, l'inglese non aveva sentitomai parlare neppure di lei, e certamenteaveva dimenticato l'esistenza dellagiovanissima aiutante di Charlotte cheaveva visto da vicino solo il giorno incui era stata assunta.

— Sai, Adèle — continuò — ancheadesso monsieur non vuol sentir parlare

di tua madre e si rifiuta di aiutarla auscire dalla prigione. È meglio che nonsospetti che noi invece sappiamo dov'è eche stiamo cercando di farla liberare.

Per questo devi fingere di credere aquello che ti ha detto.

— Va bene. Vuol dire che ogni volta chequalcuno parla della mamma, mi metteròa piangere forte forte.

— Non basta, Adèle. Dovrai fingereanche di essere una bambina moltostupida e molto pigra, unamarmocchietta viziata che non è capacedi badare a se stessa.

— Ma non è vero! So vestirmi da sola esuonare il pianoforte. So ricamare apunto croce e so andare a cavallo, seJean-Baptiste mi tiene le briglie, e stoimparando a leggere e scrivere — siribellò la bambina.

— Per un po' te ne devi dimenticare, senon vuoi andartene tutta sola inInghilterra.

— Tu non vieni? — domandò Adèleallarmata.

— No, se monsieur Edouard pensa chesei già abbastanza grande da non averepiù bisogno di una bambinaia.

— Cosa vuoi dire? Devo chiedergli difar tornare Solange?

— No, devi raccontargli che sono io, latua bambinaia.

Che, dopo il vostro ultimo incontro,Solange è andata via e che io ho preso ilsuo posto.

— Madame Frédéric gli dirà che non èvero.

— Alla stiratrice non importa che io tiaccompagni oppure no. Più tardi,quando passerà Tússi, gli chiederò dipro-metterle cinque franchi in cambiodel suo silenzio. Madame non deve

sospettare che io ho ancora delle moneted'oro nascoste nella calza, altrimenti nonmi lascerebbe andar via senzaprendermele tutte. E invece preferiscoavere un po' di danaro con me, quandosaremo in Inghilterra. Non si sa mai.

— Va bene: dirò a monsieur Edouardche non sono capace di vestirmi da solae neppure di andare al gabinetto —

sospirò Adèle avvilita.

— Dai, non fare così! Anch'io dovròrecitare la parte della stupida, per nonfarlo insospettire. Dovrò fingere diessere una ragazza di campagna rozza eignorante. E nessuno dovrà sapere che

conosco bene l'inglese, mi raccomando.Se penseranno che non capisco quelloche dicono, parleranno liberamentedavanti a me, e così potremo saperequali sono le loro intenzioni.

Sophie sospirò. Quante volte ilCittadino Marchese aveva ripetuto aisuoi allievi che spiare gli altri,ascoltarne di nascosto i discorsi,leggerne le lettere o i diari, era una cosavile e spregevole! E adesso lei stavainsegnando ad Adèle che questo era uncomportamento astuto, necessario edegno dì ammirazione. Ma cos'altropoteva fare?

4

Parigi, rue Saint Augustin

17 luglio 1837

Addio, carissima madame Céline!

Chissà quando ci potremoriabbracciare? Domattina partiamo perl'Inghilterra. Monsieur Edouard hanoleggiato una bella carrozza daviaggio, un tiro a quattro, che ci porteràfino a Calais, dove prenderemo ilbattello. Adèle è preoccupatissimaall'idea di salire su un'imbarcazione, eanch'io, vi confesso, non mi sento molto

tranquilla.

Speriamo che il mare resti calmo pertutta la traversata.

Monsieur Edouard, come speravo, haaccettato di buon grado la richiesta diAdèle. Anzi, sembra sollevato all'ideadi poter disporre di una bambinaia chesi occupi della sua pupilla. Mi hachiesto persino quanto volevo comesalario, e io ho risposto con modestia:«Quanto vi sembrerà opportuno,signore.»

Poi mi ha detto: «Ricorda che se labambina chiederà della madre, dovrairisponderle che e morta.»

«Sì, signore» ho risposto con ariastolida, senza chiedere spiegazioni.

Ma lui evidentemente si e sentito indovere di giustificare un ordine tantocrudele. «Quella donna e in carcere. Hacommesso un orrendo delitto eprobabilmente sarà giustiziata, deportatao rinchiusa per sempre in un bagnopenale. Non ricomparirà mai più nellavita di Adèle, ed e meglio che labambina ignori questa vergogna e siabitui da subito alla triste condizione diorfana» mi ha detto.

Potete immaginare quanto ribollissid'indignazione a sentire queste parole.Ma ho chinato la testa e ho risposto:

«Mi sembra una decisione saggia.»

E lui: «'Vedo che sei una ragazzaragionevole. Ma ricorda che se tiscapperà di bocca una parola di troppo,sarai immediatamente licenziata.»

Poi mi ha dato dieci franchi di anticipo.«Comprati quello che pensi ti potràservire in Inghilterra. Lassù vivrete inuna tenuta di campagna molto isolata»mi ha spiegato. Cosa intende dire conquel

"vivrete"? Lui non resterà con noi? Ecosa significa "isolata"? Spero propriodi poter continuare a scrivervi. Ci saràpure un villaggio nelle vicinanze, ci sarà

un servizio postale…

Come mi dispiace, madame, che quandoviveva in boulevard des Capucinesmonsieur Edouard non vi abbia maivoluto parlare della sua residenzainglese, non vi abbia descritto la casa e isuoi dintorni, né abbia detto chi ci abita,chi se ne occupa durante la sua assenza.

Se lo avesse fatto, adesso potresteraffigurarvi con la mente il luogo doveAdèle e io andremo a vivere, e seguiredovunque i nostri passi. Ma visto che diquello che ci aspetta lassù ne sapetequanto noi, vi prometto che, una voltaarrivata, vi scriverò il più spessopossibile.

Con Tússi siamo rimasti d'accordo chegli spedirò le sue e le vostre lettereall'Ufficio Postale di Saint Germain.Preferiamo che nel palazzo deLagardière non si insospettiscanovedendolo ricevere postadall'Inghilterra.

Vi descriverò tutto quello che vedo, viracconterò tutto quello che sento, tuttoquello che penso, tutto quello che fa edice Adèle, e come sono le persone chevivono con noi, come ci trattano, quelloche mangiamo, dove dormiamo, tutto,insomma, in modo che conosciate ogniminuto delle nostre giornate, della nostravita.

Che dolore non poter sapere altrettantodi voi! Che tristezza pensarvi seduta suun mucchio di paglia, al freddo e albuio. Spero che seguiate l'esempio delvostro padrino, quando era dovutorestare un mese a letto con gli occhibendati dopo quella brutta caduta dacavallo. Passava il tempo a richiamarealla mente tutte le poesie che sapeva amemoria. Sinché voi ne conoscete tante,poesie, commedie in versi, canzoni, esono certa che vi aiuteranno a passare iltempo.

Toussaint mi ha detto di aver ottenutofinalmente di farsi ricevere da madameSoulignac. Appena noi due saremopartite, andrà a trovarla in rue Notre

Dame des Champs e gli chiederà ditestimoniare in vostro favore. La nonnadi Olympe era una buona amica delpadrino e mi auguro che voglia aiutarvi.

Con questa nuova speranza mi congedoda voi, carissima madame, e spero chela nostra separazione non debba durareancora a lungo.

Che potete contare su di me per quantoriguarda Adèle, già lo sapete.Dimenticavo di dirvi che da qualchegiorno a Dédé ballava un dente, unodegli incisivi superiori. Stamattina,mentre faceva colazione, le è caduto. Ecosì arriverà in Inghilterra con unapiccola finestra nel sorriso. Ah, se

prima di partire potessi portarvela anchesolo per qualche minuto nella vostracella! Vi asciugherebbe le lacrime con isuoi baci.

Vi saluta e vi benedice con tutto il cuore,madame, la vostra fedele e riconoscente

Sophie

Cara mama, ti saluto peché vado inIngiltera con monsier Edouard e conSopie. La bambola Catterina vieneconnoi. Pecato che non puo' venire

anche Tússi, ma Sopihe ma a detp chenon lo devo mai nomminare davanti amonsieur. Per non farli sentire tropo lanostra mancanza, lo sai cosa vogliofare? Volio lasiarli Dagoberta per farlicompania. Sicuro domani mi viene dapiangere forte forte quando la saluto,la mia bambina e di notte sula navenon riesco a dormire, ma io ho Sphie eCateri-ne mentre Tússi non ha nesuno.Adeso averà Dagoberta.

Quelo che mi dispiace più di tuto , però, e che tu riman-ghi a Parigi in quelbruto posto dove non ti lasiano uscirene scriver a me. Sophie mi ah promesoche tornerremo presto, e alora tu sei dinuovo libero e usiamo in caroza al bois

de boulogne con Tússi e Dagoberta. Losai che mi è caduto un dente davanti?

Sopie ma promesso que ricresce. E unafatina di note se lo è venuto a renderee mi ha lasiato un soldo.

Un baccio forte forte dalla tua

Dédé

5

Parigi, Faubourg Saint Germain

18 luglio 1837

Cara madame,

Adèle e Sophie sono partite! Ho seguitola carrozza fino alla barriera di SaintDenis e l'ho vista prendere la grandestrada del Nord. Poi sono dovuto tornarea casa del visconte, anche perché nonvolevo creare guai allo stalliere che miaveva concesso di prendere in prestitouno dei cavalli da sella del padrone.

Inutile dirvi quanto ero triste ecommosso. Anche perché ieri sera erasuccessa una cosa incredibile. Quandosono passato a salutare per l'ultima voltale mie sorelline e a ritirare l'ultimalettera di Sophie, sapete cosa ha fattoAdèle? Mi ha messo tra le braccia la suabambola di stoffa provenzale, quelfantoccio imbottito di lavanda da cui nonsi separa mai. Anzi, da cui non si eramai separata fino a quel momento. Mel'ha messa tra le braccia e ha detto seriaseria: «Tienila tu, Tús-si. Te la regalo.Ti farà compagnia.»

Madame, è una bambina davverostraordinaria vostra figlia!

Fino a ieri si era sempre rifiutata didormire se non aveva accanto la suaDagoberta, e oggi se ne è partita senzadi lei verso un paese straniero, un postosconosciuto, un avvenire incerto. Harinunciato per me al giocattolo da cuiattingeva tutto il suo conforto, hasacrificato la propria tranquillità allamia. Il Cittadino Marchese sarebbe fierodi lei.

Stamattina Dédé, al momento di lasciarela casa della stiratrice, piangeva emonsieur Edouard ha dovuto prenderlain braccio per portarla sulla carrozza.L'ha fatto con una certa gentilezza, nonlo scrivo per consolarvi. Ma era anchelui d'umore cupo, come se non avesse

affatto voglia di lasciare la Francia.

Quanto a Sophie, difficilmente l'avrestericonosciuta nei panni della ingenuaragazza di campagna bretone cheindossa con tanta disinvoltura. Sembradavvero una sprovveduta bambinaiaappena arrivata dalla provincia. Perfortuna monsieur si è bevuto la storiache era a servizio da voi soltanto dacinque mesi, e non ha fatto alcun col-legamento con la piccola orfana che viaveva autorizzato ad assumere comeaiuto per Charlotte quando Adèle eraancora una lattante. Ora l'importante èche Dédé non si tradisca, che non lescappi di bocca che Sophie non e quellaanalfabeta primitiva che sembra, ma una

signorina civile e istruita che conoscel'inglese.

Non dobbiamo preoccuparci per loro,madame. Monsieur Edouard si ecomportato malissimo con voi, ma allabambina sembra affezionato. E Sophieveglierà su Adèle e ci terra informati ditutto quello che accade lassù.

Ora il problema che dobbiamoaffrontare e quello del vostro processo.Dai discorsi che sento in casa delvisconte, so che i parenti del CittadinoMarchese preferirebbero lasciarvi atempo indefinito sepolta in quel bucofetido e gelato. Nel frattempo fingonoche voi non esi-stiate e stanno cercando

di vendere la Pommelière e e le altreproprietà dello zio. Ma ho sentito il loronotaio che si lamentava per la mancanzadi alcune carte. Io spero che sianoquelle che voi avete nascosto insieme aivostri gioielli e al mio certificato diemancipazione. Se solo potesteindicarmi dove!

Per fortuna, come vi ha già scrittoSophie, sono riuscito finalmente a fararrivare un mio biglietto a madameSoulignac, e domani andrò a trovarla.Sono certa che non si rifiuterà diaiutarvi, non fosse altro che persolidarietà femminile. Oltretutto mihanno detto che ha molte conoscenze intribunale.

Non piangete troppo per la partenzadella vostra bambina, vi scongiuro,madame. C'è Sophie con lei. Cercate distare serena.

Abbiate fiducia in me. Sareteprestissimo rimessa in libertà e potreteriabbracciare la vostra Adèle. Ve lopromette sul suo onore il vostro devotoe fedelissimo

Toussaint

IN INGHILTERRA: La bambinaia e

l'istitutrice

I. LONDRA, POI THORNFIELD,LUGLIO-NOVEMBRE

1837

1

Londra, Hotel Victoria

20 luglio 1837

Tússi, siamo in Inghilterra!

Siamo sbarcate stamattina, primadell'alba. La traversata è stata orribile:abbiamo vomitato tutta la notte, Adèle eio, e non perché fossimo delle novellinecome ci dicevano ridendo i marinai e lecameriere di bordo. Anche monsieurEdouard, che ha passato la Manica tantevolte, è stato male. Noi avevamo unacabina e siamo andate subito a stenderci

nelle cuccette. Lui invece ha fatto lospavaldo ed è rimasto nel salone afumare il sigaro con gli altri signori. Maappena la nave ha cominciato a ballare,anche quei gentiluomini che si davanotante arie di lupi di mare hannocominciato a diventare pallidi e sonocorsi a buttarsi sui divani. Ce lo ha dettola cameriera che andava avanti eindietro tra il salone e le cabine asvuotare i catini.

Lo sapevo, Tússi, ce l'avevanoraccontato tante volte, che le acque delcanale della Manica spesso sono agitatecome il gorgo tra Scilla e Cariddi. Maun fatto è sentirlo raccontare, un altro etrovarsi a bordo di un battello dal quale

non si può scendere, come si farebbe daun omnibus o da una carrozza se ilcocchiere comincia a guidare i cavalli inmodo da farti venire il mal di stomaco.Be', tu lo sai meglio di me, perché dapiccolo hai fatto una traversata moltopiù lunga per venire in Francia, e credoche le tempeste sull'oceano fosseroanche peggiori, e che il marinaio a cuieri affidato non ti abbia trattato conmolta gentilezza quando stavi male,come ha fatto adesso monsieur Edouardcon Adèle. Perché devo riconoscere cheera pieno di attenzioni per Dédé, cimandava continuamente la cameriera, equando siamo sbarcati, visto che Adèleera troppo debole per poter scendere da

sola lungo la passerella, l'ha presa inbraccio e l'ha portata così fino allacarrozza.

Siamo venuti subito in albergo. Noi dueci siamo lavate, abbiamo dormito unpoco e adesso stiamo molto meglio.Monsieur mi ha fatto vedere dallafinestra che proprio qui di fianco c'è unparco, e mi ha detto che ci possoaccompagnare Adèle, se chiede diuscire. Lui se n'è andato subito asbrigare i suoi affari nella City. Credoche ci fermeremo qui a Londra almenouna settimana.

Abbiamo fatto un giretto per le stradeattorno all'albergo. La città è ancora

tutta in fermento perché esattamente daun mese, dal 20 di giugno, l'Inghilterraha una nuova regina. Il re William IV èmorto ed è salita sul trono sua nipoteVictoria, una ragazza di appena diciottoanni, dappertutto si vedono esposti iritratti della Queen Victoria, con lacorona che è stata fatta apposta per leiperché quella usata in passato dai suoipredecessori era troppo pesante per ilcollo di una regina così giovane. Ancheil nostro albergo ha cambiato nome insuo onore. Prima si chiamava La Spadae la Rosa. Lo sai che non approvo lamonarchia, e che preferirei che in tuttele nazioni ci fosse la repubblica. Peròquesta nuova regina degli inglesi non mi

dispiace:

prima di tutto perché è femmina, e poiperché, sebbene abbia solo diciottoanni, tutti dicono che è una ragazzamolto decisa. Speriamo che non si lascicomandare e manovrare dai ministri odai parenti più an-ziani.

Adesso ti lascio. Voglio scrivere unbiglietto a madame, che certamente saràin pena per Adèle. Prima di sigillarloleggilo pure e cerca di farglieloconsegnare al più, presto.

Un abbraccio,

Sophie

Londra, Hotel Victoria

20 luglio 1837

Cara madame Céline,

Dédé sta bene. Abbiamo fatto una buonatraversata. Stanotte il mare era agitato,ma siamo riuscite a dormire tranquille.Ora siamo a Londra, in un bellissimoalbergo vicino a Kensington Gardens. Iofaccio un po' di fatica, quando la gentemi rivolge la parola in inglese, a fingeredi non capire. Per il resto tutto va a

meraviglia. Il tempo è bello; ho sentito ilcameriere dire a monsieur Edouard chenon piove da ben tre giorni. Cifermeremo a Londra per una settimana epoi partiremo per Thornfield. così hoscoperto che si chiama la tenuta dimonsieur Edouard. Ma non saprei dirviin quale zona dell'Inghilterra si trova, néa quale distanza.

Oggi non posso scrivervi più a lungo,madame, ma prometto che vi terròinformata di ogni nostro movimento.Unisco alla lettera un biglietto di Dédé.

Spero che siate in buona salute, e diumore sereno. Tússi a quest'ora avrà giàparlato con madame Soulignac, e sonocerta che la vecchia signora muoveràmari e monti per aiutarvi. Coraggio! Levostre sofferenze stanno per finire.

Vi abbraccia con devozione e tenerezzala vostra Sophie

Mamma io da grande voglio fare laregina. Lo sai che nella corona nuovadi queen Victoria ci hanno mesomillisimi diamanti? Lo sai che sulanave c'era un comignolo che fumava unfumaccio nero e io piangevo, ma nonper il fumo, perchè volevo Dagoberta.Anche i muri di questa cità sono

sporchi di fumo nero. Pero nel parchoce tuto verde e ce un fiume per giocareque si ciama ser-pentino. No temereque no morsica perche e fato daqua.

Un kiss grande dala tua

Dédé

2

Thornfield, 29 luglio I837

Caro Tússi,

due righe veloci per informarti delnostro nuovo e definitivo indirizzo.Prendine nota e scrivimi subito. Sonoimpaziente di ricevere notizie tue e dimadame, e di sapere come è andatol'incontro con la nonna di Olympe.

L'indirizzo è: S. G. – Ufficio postale di

Hay, Millcote, Contea di S. La tenutadove viviamo si chiama Thornfield, e ilportalettere ci passa ogni due giorni. Mapreferisco che monsieur Edouard e lasua gente non vedano che ricevo posta.Potrei dire che a scrivermi sono i mieiparenti. Ma loro credono che, oltre anon capire una parola d'inglese, io siaanche una contadina analfabeta. E comepotrei leggerle, quelle lettere? A chipotrei chiedere aiuto in una casa dovesolo monsieur Edouard capisce ilfrancese? No, meglio che tu mi scrivafermo posta, come faccio io con te. Miarrangerò a trovare delle scuse pervenire ad Hay il più spesso possibile.Spero che i fornitori non abbiano

l'abitudine di portare loro alla villa lacarne, il pane e tutto il resto. E

se anche fosse così, madame Fairfaxavrà pur bisogno di comprare lane per ilsuo eterno lavoro a maglia, e GracePoole aghi per il suo lavoro di cucito…

Chi sono queste signore, ti chiederai. Eche tipo di tenuta è Thornfield, com'è lacasa dove stiamo…

Tutto questo puoi leggerlo sull'altrofoglio destinato a madame che troverainella busta, perché sai che preferiscoscrivere una lettera lunga ed esaurienteinvece che due corte dove ripeto lestesse cose. Hai il permesso di leggerlo,

e anche di ricopiarlo, prima di portarloa Saint Lazare.

Ti abbraccio e ti scongiuro dirispondermi immediatamente, Sophie

Thornfield (Millcote), 29 luglio 1837

Dalla tenuta di monsieur EdouardRochester

Carissima madame Céline,

finalmente siamo arrivate, dopo unviaggio di due giorni molto faticoso.Monsieur aveva noleggiato a Londra unbel tiro a quattro, grande e comodo. Laprima notte abbiamo cenato e dormito in

una locanda e al mattino abbiamocambiato i cavalli. Ma quando siamoarrivate a Millcote, la città più vicinaalla tenuta dei Rochester, avevamo leossa a pezzi. Man mano che ci siallontana da Londra qui le strade sonomolto brutte, anche perché in questopaese piove continuamente, anched'estate, e tra buche e pozzanghere leruote sobbal-zano ch'è una bellezza.

Adèle non voleva andarsene da Londra.Le piaceva stare in albergo, pranzare nelsalone comune insieme a tantisconosciuti che la riempivano dicomplimenti. Con quelle tre paroled'inglese che conosce, pretendeva difare conversazione suscitando l'ilarità

generale. Un altro gioco che la divertivaera quello di fare da interprete per me,quando fingevo di non capire ciò che midicevano. Questo dovrà continuare afarlo anche qui a Thornfield, non più pergioco, ma per necessità, e speriamo cheper distrazione un giorno o l'altro non sitradisca.

A Londra le piaceva moltissimo ancheandare al parco vicino al-l'albergo, chesi chiama Kensington Gardens, ed èsempre pieno di bambini di tutte le etàaccompagnati dalle loro nurses, che è ilnome inglese per bambinaia. Ricordatequando Dédé si divertiva a far navigarela sua barchetta nella grande vasca deigiardini del Lussemburgo? A Kensington

i bambini le fanno navigare sulle acquedi un piccolo fiume che scorre sinuosoin mezzo ai cespugli fioriti e che perquesto si chiama Serpentine. Adèle cipassava le ore a soffiare sulla suabarchetta di carta o a guidarla con unfuscello. Ha una tale fantasia, la vostrabambina! Un pomeriggio mi haraccontato tutta eccitata che aveva vistopassare sull'acqua un nido chegalleggiava come una barca, e che abordo c'era un bambino piccolo piccolo,nudo, perché con la camicina si era fattouna vela, e remava servendosi di unapenna d'uccello. Si è mai sentita unafantasia così graziosa? Io, quando dapiccola avevo il mio amico immaginario

Pipolet, gli facevo compiere soltanto leazioni più banali e quotidiane, le stesseche facevo io. Ho chiesto a Dédé sesapeva come si chiamasse questobambino-uccello, e lei mi ha rispostosicura: «Peter.»

Ogni tanto di notte piange ancora pernostalgia di Dagoberta.

Ma quando ne parla di giorno, èorgogliosa di averla regalata aToussaint. Sta cominciando adaffezionarsi a Catherine, ma il tempo,anche qui a Thornfield, è così bello chefinora le ho lasciato passare la maggiorparte della giornata all'aperto comefaceva a Londra, a correre dietro al

cerchio o a inseguire le farfalle. Temoche se resteremo qui anche in inverno,farà molto freddo, e avremo tutto iltempo per giocare alle bambole vicinoal caminetto.

Ma ancora non vi ho detto niente dellacasa e dei suoi abitanti.

Siamo dunque arrivati a Millcote esiamo scesi alla locanda, dove tuttisembravano conoscere monsieurEdouard e lo trattavano con moltorispetto. Abbiamo mangiato qualcosa,ma non ci siamo fer-mati a riposare,perché un domestico di Thornfield cistava aspettando per portarci a casa conil suo calesse. Monsieur Edouard ha

pagato la carrozza di Londra e l'harimandata indietro. Il domestico gliaveva portato il suo cavallo, unbellissimo purosangue arabo di nomeMansour, quindi sul calesse siamo salitesoltanto Adèle e io con i nostri bagagli.

Thornfield dista da Millcote soltanto seimiglia, ma ci abbiamo messo due ore adarrivare. Abbiamo attraversatocampagne coltivate, prati, tre o quattrovillaggi, gruppi di alberi che solo Adèlecol suo entusiasmo può chiamare"boschetti". Siamo passate di fianco alvillaggio di Hay e dopo due migliasiamo arrivate a un grande cancello.

«Eccoci a Thornfield» ha detto il

domestico scendendo ad aprirlo.

È una grandissima tenuta, in apertacampagna. Molto più grande de laPommelière. Dal cancello, per arrivarealla casa, bisogna percorrere un lungoviale. Tutto attorno c'è un parco. La casaè una grande villa a tre piani, conrimesse e scuderie. Adèle è rimastamolto colpita dal fatto che in alto ilmuro della facciata termina con una filadi merli, come un castello medioevale.«Ci sarà il fantasma di un cavalieresenza testa nel sotterraneo?» mi hachiesto in un tono tra il serio e loscherzoso.

Se al mio posto ci fosse stata Catherine

Morland – ricordate, la protagonista deL'abhazia di Northanger? – questadomanda le avrebbe provocato undelizioso brivido di paura. Forse anchela portinaia di via Marcadet,quell'ingrata che voleva portarmiall'Ospizio nonostante le avessi lettodecine di storie da Grand Guignol pienedi assassini, scheletri nei sotterranei,fantasmi di mogli tradite e assassi-nate,ricordate?, forse anche madame Annaudtroverebbe che Thornfield è il teatroideale per un mistero tenebroso o peruna macabra vendetta. Ma io non sonouna ammiratrice né dei feuilleton nédelle storie gotiche di madameRadcliffe. Non sono una romantica

sogna-trice piena di fantasie. Il CittadinoMarchese mi ha insegnato a preferireSwift e Voltaire. Quindi le due notti cheho già passato a Thornfield, ho dormitotranquilla senza sentire alcun gemito néalcun rumore di catene trascinate sulpavimento del corridoio.

Quando siamo arrivate monsieurEdouard era già lì da quasi un'ora, eaveva fatto preparare uno spuntino perAdèle. (Devo ammettere che la statrattando con molta gentilezza, anche seho colto una frase che non mi è piaciutaaffatto, «è un'orfana che ho tolto dalfango di Parigi» ha detto presentandolaalla signora Fairfax, una anziana vedovamolto distinta e molto complimentosa,

sua lontana parente che, a quantosembra, si occupa di dirigere la casa. Lamerenda di Adèle è stata apparecchiatanel suo salottino. Io invece sono statamandata in cucina a mangiare con idomestici. Mi ci devo abituare.

Istintivamente stavo andando a sedermiinsieme a Dédé, al tavolo dei padroni.

Per una casa tanto grande la servitù èdavvero scarsa. C'è una coppia didomestici tuttofare: John, che è venuto aprenderci col calesse, e sua moglieMary. Poi una cameriera giovane che sichiama Leah, e una guardarobiera dinome Grace, che non ho ancora vistoperché se ne sta sempre a cucire in una

stanza del terzo piano. Tutto qui. Némaggiordomo, né valletto, né cuoca, nésguattera, né giardiniere, né garzone distalla… Che delusione per chi avessesentito monsieur Edouard vantarsi deisuoi possedimenti inglesi, ai tempi in cuiviveva in boulevard des Capucines! Ah,dimenticavo! Da avantieri c'è anche unabambinaia francese di nome Sophie.

Per fortuna non mi hanno mandato adormire nell'appartamento dei domesticisul retro della casa. Il mio letto è nellastanza di Adèle, al primo piano, accantoa quella della signora Fairfax. Tutte lecamere di questo piano si affacciano suuna lunga galleria; sono moltissime equella di mister Rochester è molto più in

fondo, verso le scale che portano alterzo piano.

La nostra è una grande camera luminosa,tappezzata di carta da parati dai coloriallegri, con un bel tappeto a fiorami e ilcaminetto che al mattino viene accesoanche in questi giorni d'estate. I murisono spessi e la porta è una pesanteporta di quercia col chiavistello. Hocontrollato e ho visto che anche quelladella signora Fairfax e le altre vicinehanno lo stesso tipo di chiusura. Noncapisco da quali pericoli ci si debbadifendere una volta che le porte chedanno sull'esterno sono ben chiuse.Vorrei chiederlo a Leah, che tra idomestici e la più cordiale e sembra

contenta di avere una compagna dellasua età (non dimenticate cheufficialmente ho diciotto anni), vorreifare tante domande anche a madameFairfax. Ma poiché "non so parlare ininglese", e non posso certo chiedere amonsieur Edouard – l'unica persona incasa che conosca le due lingue – difarmi da interprete, devo limitarmi asorridere come un'ebete e a scuotere latesta con espressione dispiaciuta quandomi rivolgono la parola.

Prima, raccontandovi dell'accoglienzache è stata fatta a Dédé, ho dimenticatoun particolare che probabilmente vi faràarrabbiare quasi come quella allusioneal "fango" di Parigi. Mentre

sparecchiavo la tavola del salottinocome mi era stato ordinato, ho sentitomonsieur Edouard raccontare allasignora Fairfax che Adèle è moltoignorante, e che come tutte le bambinefrancesi è stata educata finora controppa indulgenza e abituata a una vita difrivolezze e di vanità. «Purtroppo nonmi sembra molto intelligente e nonconosce né l'impegno né la disciplina,ha bisogno di una solida e rigidaeducazione inglese che le insegnil'autocontrollo e le rinunce» ha conclusomonsieur Edouard.

Questi inglesi sono ben strani! Da adultisi concedono tutti i piaceri, i vizi, lesregolatezze che passano loro per la

testa, e monsieur ne è l'esempio vivente,con i suoi viaggi, il suo lusso, i suoiimbrogli a danno delle giovani donneche gli concedono la loro fiducia.(Credete che potrò mai perdonargliquello che vi ha fatto?) Ma dai bambinipretendono la disciplina e la rinuncia,come se si trattasse di addestra-re deisoldatini capaci soltanto di tacere eobbedire. Sarà la religione protestante?Eppure non mi era mai sembrato chemonsieur Edouard fosse un quacchero.

Sapete quale e stata la conclusione diquesti ragionamenti? Madame Fairfax haricevuto l'ordine di assumere unistitutrice che venga a vivere aThornfield per occuparsi

dell'educazione di Adèle. E perrendermi complicata la vita, perchénaturalmente mi controllerà e mi vorràinsegnare come devo comportarmi conDédé. Comunque non sarà una ricercafacile, perché a quanto pare la vecchiasignora non ha molte conoscenze, e nonlascia mai la tenuta. «Mettete unannuncio sul giornale» le ha dettomonsieur Edouard. «Sono disposto apagare trenta sterline all'anno. Vedreteche di zitelle istruite e bisognose neaccorreranno a dozzine. Spero cheabbiate l'acume di scegliere quella più,adatta alle nostre esigenze.»

E così, madame, se non avremo lafortuna di tornare in Francia prima che

questa ricerca dia i suoi frutti, la nostraDédé dovrà rassegnarsi a imparare dauna vecchia zitella inglese la rinuncia ela disciplina. Sulla qualitàdell'istruzione che monsieur intendedarle, ho qualche dubbio. Nella casa c'èuna biblioteca abbastanza fornita, ma ilibri sono chiusi a chiave. Vi sembranormale? Non so se i domesticisappiano leggere e non credo che neavrebbero il tempo, dovendosi occuparedi una casa tanto grande. L'innocenza el'ignoranza di chi intende salvaguardaremonsieur Edouard tenendo i libri sottochiave?

Della signora Fairfax, che avrà almenocinquantanni e, come vedova, dovrebbe

conoscere almeno un poco i fatti dellavita?

Non ho fatto ancora in tempo a esploraretutta la casa. Ci sono moltissime portechiuse e non vorrei che monsieurEdouard mi sor-prendesse a curiosare emi licenziasse per la mia indiscrezione.

Posso raccontarvi soltanto di unascoperta che mi ha lasciato senza parole.Al piano terreno c'è una grande sala dapranzo, collega-ta con un arco a unsalotto e a un salottino. Non cicredereste: l'arredamento di queste tresale e identico a quello dei nostri salonidi ricevimento di Boulevard desCapucines. Gli stessi stucchi bianchi sul

soffitto, le stesse pareti rivestite diquercia, le stesse tende e poltrone divelluto rosso, gli stessi tappeti cinesibianchi a ghirlande di fiori, persino glistessi vasi di porcellana rossa sullamensola del caminetto e gli stessisoprammobili di cristallo di Boemia. Mipiacerebbe sapere se e stato monsieurEdouard a scegliere gli arredi per lavostra casa di Parigi quando l'aveteaffittata, e come mai ha voluto fare deivostri saloni la copia esatta di quelli diThornfield. Ma naturalmente una poverae stupida bambinaia non può rivolgere alsuo padrone una domanda cosìpersonale.

Monsieur Edouard ci ha detto che si

fermerà solo per pochi giorni e poilascerà Thornfield. Dove andrà? Torneràa Londra, oppure sul continente?Mistero. Ho sentito la signora Fairfaxlamentarsi con Leah che, da quando haereditato questa casa, il padrone non cisi è mai fermato più di quindici giorni diseguito.

Speriamo che anche per noi il soggiornonon debba essere molto più lungo, chevoi possiate recuperare presto la libertàe richiamarci in Francia. Nel frattempostate serena e abbiate fiducia in me.Veglierò su Adèle e cercherò di tenerladi buonumore. Non penso che, finchérestiamo qui, ci sia bisogno diproteggerla. Il pericolo maggiore che si

profila all'orizzonte è l'arrivodell'istitutrice, per affrontare il quale ciservirà solo un po' di pazienza. Perquanto bizzarro ed egoista sia monsieurEdouard, per quanto si sia comportatocon voi in modo indegno, mi sembra chequesta volta ci abbia portate in unrifugio sicuro dove potremo aspettaretranquillamente la vostra liberazione.

Vi bacia le mani con tenerezza la vostraaffezionata e riconoscente

Sophie

PS: Fino ad oggi ho lasciato che Dédé viscrivesse a suo modo, senza correggere isuoi strafalcioni. So che le letterine

sgrammaticate dei bambini di solitosuscitano la tenerezza dei genitori. Ma ilgiudizio sprezzante di monsieur Edouardsull'educazione ricevuta da Adè-

le, e la prospettiva che anche l'istitutricepossa dire di lei che e una bambina pocointelligente tirata su come una piccolaselvaggia, mi hanno persuasa che devoinsegnarle a scrivere correttamentealmeno in francese. Perciò a cominciareda oggi quando vi scriverà le segnerò inrosso tutti gli errori che commette, e lefarò copiare e ricopiare i suoi bigliettifino a quando la sua prosa non risultiaccettabile. Non voglio intervenire suiconcetti che Dédé cerca di esprimere, eneppure sulla

sua spontaneità. Ma almeno le regoledell'ortografia dovrà impararle erispettarle.

Cara mamma,

lo sai che quando ero a London hovisto passare Queen Victoria sul suococchio e tutta la gente batteva lemani? E lei mi ha guardato e mi hadetto: «Ciao Adèle, quando vieni agiocare con me nella mia reggia?» Manon sono potuta andare perché siamovenute in campagna.

La casa di monsieur Edouard è uncastello molto antico. Di sicuro c'è undrago da qualche parte e monsieur locombatte in groppa al suo cavalloMansour.

La signora Fairfax ha un gatto chegraffia e Monsieur ha un cane; perònon si azzuffano. Il cane si chiamaPilota, è grande e peloso, ma nonmorde e si lascia accarezzare. Io giococon lui perché qui non ci sono bambiniche danno il pane agli uccelli come nelPark di Londra. Nel bosco dietro ilcastello ci sono tante cornacchie, comequelle che volavano sui campi di granoa la Pommelière.

Tu come stai? Tússi ti viene a trovare?Oggi cosa hai mangiato? Io una cosacattiva che si chiama porridge e chapaice agli inglesi. Tússi ti ha dettocome sta Dagoberta?

Ti bacia forte forte la tua bambina

Dédé

3

Parigi, Faubourg Saint Germain

7 agosto 1837

Carissima Sophie,

devi essere forte. Se per caso sei inpiedi mentre stai leggendo onesta lettera,siediti. E se c'è qualcuno presente, cercadi controllarti.

Soprattutto se quel "qualcuno" è Adèle,che non deve assolutamente conoscerequello che ti scrivo.

Tutto è perduto, Sophie! Sabbiamolottato tanto in questi due ultimi mesi,abbiamo creduto di poter aiutare lanostra benefattrice, di poterle almeno farsentire il nostro affetto, trasmetterle unpo' di speranza… Ma era tutto inutile.Madame Céline non ha mai ricevuto lenostre lettere, né la zuppa calda, eneppure l'acqua pulita, la paglia asciuttao la coperta. Per il semplice motivo chementre noi ci illu-devamo di corrompereil suo carceriere, lei non si trovava nellacella sotterranea di Saint Lazare come ciera stato riferito. Non era nella segretabuia e fetida dove noi la immaginavamo,dove con gli occhi della fantasia lavedevamo leggere e poi bruciare le

nostre lettere sulla fiamma dellacandela. Siamo stati vittime di un atroceinganno, Sophie. Il carceriere si èarricchito alle nostre spalle inventandodi volta in volta delle notizie che ciilludessero e, creando in noi qualchesperanza, ci rendessero totalmentesuccubi della sua prepotenza e della suaavidità.

Col senno di poi, avremmo dovutoinsospettirci maggiormente davanti alsuo rifiuto di lasciare che madame ciscrivesse anche solo una parola dirisposta. Un individuo così avido eabbietto, se avesse potuto venderciquello che gli chiedevamo, avrebbefinito per accettare le somme sempre più

alte che gli venivano offerte, avrebbemagari au-mentato ancora il prezzo, maavrebbe finito per cedere. Se non lo hafatto è perché non poteva, perché laprigioniera che avrebbe dovutorispondere alle nostre lettere e dellaquale avremmo potuto riconoscere lascrittura non era tra quelle affidate attasua custodia.

Povera Sophie! Avrei volutorisparmiarti questo colpo. Darei un annodi vita per non trascinarti nelladisperazione che mi tormenta e mi faimpazzire da quando madame Soulignacha ricevuto la lettera del Direttore diSaint Lazare.

Ma basta con queste frasi sconnesse eincoerenti! Le ho rilette e mi rendo contodi averti causato un dolore e unaconfusione tanto più grandi in quantoprivi di ogni spiegazione logica.

Comincerò dunque a raccontarti perordine come sono arrivato a questadrammatica scoperta.

Ricordi che aspettavo d'essere ricevutoda madame Soulignac, che si era appenaripresa da una grave malattia? La buonasignora mi ha accolto con affetto esollecitudine. Non sapeva niente dellenostre disgrazie: per ordine del medico idomestici le avevano fatto trascorre-reil periodo della malattia completamente

isolata dal mondo. Quando le ho dettoche madame Céline era stata arrestata eper quali accuse, è saltata su tutte lefurie. Come sai madame Soulignac eraamica del Cittadino Marchese fin dallagiovinezza, e ne aveva sempreconosciuto l'intenzione di lasciare partedei suoi beni alla figlioccia.

«Può darsi che abbia conservato qualchelettera di molti anni fa in cui Philareteme ne accenna» ha detto sforzandosi diricordare.

Questo dimostrerebbe ai giudici cheCéline non ha estorto quel lascito a unpovero vecchio ormai fuori di senno.

Il cofanetto delle lettere purtroppo sitrova nella casa di campagna, nascostoin un luogo che lei sola conosce.Madame Soulignac non è ancora ingrado di viaggiare e non vuole rivelareil suo segreto ai domestici. «Se ci fosseOlympe!» ha sospirato. «Ma è aVenezia. Non ho voluto che lescrivessero della mia malattia.Dovrebbe tornare fra una o duesettimane. Intanto potresti andarci tu,ragazzo, a recuperare quel cofanetto.»

L'ho ringraziata per la fiducia, mapurtroppo non sono padrone di viaggiaresenza il permesso della viscontessa deLagardière. E abbiamo convenuto, conla mia nuova alleata, che era meglio

tenere al-l'oscuro i nostri nemici dellasua discesa in campo.

«Mi dici che in due mesi non aveteavuto il permesso di visitare Céline? Eun'indecenza!» ha esclamato madameGeneviève dopo avere ascoltato il mioracconto. «Scrivo immediatamente algiudice che si occupa della sua causa.Anzi, scrivo al Prefetto di Parigi e alDirettore di Saint Lazare. Hannoentrambi dei debiti di riconoscenzaverso la mia famiglia. Stasera stessa,ragazzo, avrai una lettera del Direttorecon l'autorizzazione a incontrare laprigioniera, nel parlatorio o nella suastessa cella.»

Puoi immaginare, Sophie, con quantaallegria e con quanta speranza hosalutato madame Soulignac e sono corsoall'uscita della chiesa a riprendere ilmio posto sul predellino della carrozzadella viscontessa.

Ma quando alla sera sono tornato achiedere notizie dell'agogna-topermesso, madame Geneviève mi haaccolto con un'espressione perplessa eaddolorata. «Sei sicaro che Céline sitrovi a Saint Lazare?» mi ha chiesto.

«Certo» ho risposto. «Me l'ha detto inconfidenza il valletto del visconte deLagardière, che le guardie l'avevanoportata in quella prigione. E me l'ha

confermato il carceriere che lacustodisce e che dietro compenso leconsegna le nostre lettere. Ma perché melo chiedete?»

Non avevo ancora capito che il mondostava per crollarmi addosso. Anzi, percrollarci, povera Sophie, povera Adèle!Dovrete restare per sempre inInghilterra, voi, e io per sempre schiavodel visconte?

Il Direttore di Saint Lazare avevarisposto immediatamente a madameSoulignac. Aveva fatto aspettare ildomestico della signora nell'anticamera,aveva fatto consultare i registri con glielenchi delle prigioniere… e aveva

scritto, dopo i soliti preamboli: Sareionorato di esaudire il vostro desiderio,madame. Ma purtroppo tra le prigioniererinchiuse in questa fortezza, non ce n'èalcuna che risponda al nome di CélineVarens.

Se mi avesse colpito un fulmine, sareirimasto meno atterrato e sconvolto.Tanto che la vecchia signora, nonostantela debolezza dovuta all'età e allaconvalescenza, ha fatto subito attaccare icavalli ed e salita con me sulla carrozza,ordinando al cocchiere: — A SaintLazare!

Il Direttore ci ha ricevuto con granderispetto, ma non ha potuto che

confermare quanto aveva già scritto:Céline Varens non si trovava nellaprigione femminile.

«Forse l'hanno registrata sotto falsonome» ha insistito madame Soulignac.

«Lo escludo. Ma se anche fosse… LaVarens è un'artista molto nota. Le custodie i carcerieri l'avrebbero riconosciuta eme lo avrebbero riferito.»

A quel punto ho deciso di tradire il"nostro" carceriere. Che m'importava sel'avessero accusato di corruzione ecacciato via? Ho raccontato al direttoredelle lettere che venivano consegnate amadame Céline, del denaro che ci

veniva estorto…

«Ma lei non vi ha mai risposto, vero?»ha osservato con tristezza il funzionario.«Povero giovane, non siete il primo acadere vittima di un inganno del genere.Come potrete capire, la sorveglianza delcarcere non è affidata a suore di carità. Inostri dipendenti sono fatti della stessapasta dei prigionieri. Vengono spessodagli ambienti più malfamati, sonovolgari, bugiardi, avidi e spessoviolenti… Se qualcuno di loro siaccorge di poter approfittaredell'ingenuità di un parente preoccupato,state certi che non si tira indietro. Adogni modo datemi il nome di questoindividuo. Provvederò a interrogarlo e a

pu-nirlo come merita.»

Poiché non sapevo il nome delcarceriere, ho descritto il suo aspetto, lasua pronuncia della Turenna, i suoi turni,le ore e i giorni in cui sapevo di poterlotrovare all'ingresso del carcere…

Nei prossimi giorni tornerò io stesso acercarlo. Voglio sapere che fine hannofatto le nostre lettere. Se le haconsegnate ai nipoti del CittadinoMarchese, mettendoli al corrente deinostri segreti e delle nostre intimità,giuro che lo strozzo con queste miemani.

Madame Geneviève mi esorta a stare

calmo, a non disperarmi, mi prometteche continuerà le ricerche, dice che eimpossibile che una giovane donnascompaia nel nulla. Specialmente se èfamosa come Cé-

line Varens. Io cerco di non pensare atutti quei cadaveri irriconosci-bili chevengono ripescati dalla Senna. E se lanostra buona e dolce benefattrice fossemorta?

Perdonami Sophie, se ti parlo dei mieiincubi, delle mie terribili supposizioni.Ci siamo giurati, ricordi?, di dircisempre tutto, e sempre la verità.

So che stanotte piangerai tutte le tue

lacrime. Ma non farti sentire da Adèle.E non raccontare niente neppure amonsieur Edouard.

Ti confesso che stamattina non hoaspettato la viscontessa sul predellinodella carrozza, ma anch'io sono entratoin chiesa a pregare.

Ho rivolto le mie suppliche a Gesù, allaSanta Vergine e a tutti i santi cattolici,ma anche all'Essere Supremo e alla deaRagione, come ci insegnava il padrino.E mi sono tornati in mente da un passatolonta-nissimo gli dei della mia terra, gliorisha che i bianchi volevano farcìrinnegare. Così ho affidato madameCéline anche alla protezione di Obatala,

di Changò, di Yemanjà e di Babalù Ayé(che, guarda caso, si identifica col sanLazzaro dei cattolici e protegge gliammalati), come aveva fatto per me miamadre quando mademoiselle Athénaïsmi ha portato via dal baraccone deglischiavi. Pensi che abbia commesso unsacrilegio? Che mi sia comportato comeun selvaggio ignorante e su-perstizioso?Come mi giudicherebbe Voltaire? Nonsto scherzando, sorellina. Ti sembra ilmomento di scherzare? Lo dico sulserio.

Ti prometto che ti scriverò ancoraprestissimo e che ti terrò informata diogni novità. Tu mandami vostre notizie.

Un abbraccio bagnato di lacrime dal tuo

Tússi

PS: Ti raccomando ancora una volta dinon dire niente a Adèle.

Povera bambina. È meglio che continui apensare che la madre è in prigione.

4

Thornfield, 16 agosto 1837

Caro Tússi,

io non ci credo. Alle cose terribili che tupensi nei momenti più neri, io non cicredo. Io so che madame Céline è viva.Non so spiegarti come faccio ad essernecosì sicura. C'è qualcosa, dentro di me,come un prezioso e sottilissimo calice dicristallo, che si sarebbe spezzato se lamia adorata benefattrice fosse morta.L'affetto che mi lega a lei è più forte diuna catena d'acciaio, di quelle chetrattengono le navi al porto, e ne avrei

sentito lo strappo, anche a tante migliadi distanza. E

non solo io, ma la nostra Adèle… è cosìsensibile quella bambina!

Vede cose che gli altri non vedono; parlain sogno con gli angeli. Lo avrebbesaputo da loro se madame Céline fossedavvero volata in cielo come vorrebbefarle credere monsieur Edouard. Inveceè serena. Gioca e dorme tranquilla.Quando e sola con me parla della madrecome se fosse nella stanza accanto,naturalmente non le dirò niente di quelloche tu e madame Geneviève avetescoperto, e la lascerò continuare ascrivere le sue letterine. Sono certa che

un giorno madame le leggerà tutteinsieme, e che le strapperanno un sorrisodi tenerezza.

Abbi fiducia, Tússi: il fatto che ilcarceriere ci abbia mentito non significache tutto e perduto. Madame Céline èviva e presto la ritroverai. Una personaoggi, a Parigi, non può sparire nel nulla.Non siamo più ai tempi dell'AncienRegime, quando bastava che unaristocratico prevaricatore, che avesseottenuto dai suoi amici potenti un ordinedi cattura in bianco, firmasse la sualettre de cachet3 per cancellare unapersona dalla faccia della terra. Oggiabbiamo una costituzione, unParlamento, ci sono leggi che

proteggono i cittadini, ci sonotribunali… Madame Soulignac conoscetante persone influenti. Ha semprelottato in difesa delle donne. Vuoi chelasci una sua amica personale, un'amicadi Olympe, alla mercé di due uominipotenti quanto crudeli?

No, Tússi, non perdere la speranza.Sono certa che la tua prossima lettera midarà qualche buona notizia. La aspettocon serenità e con fiducia.

Per fortuna monsieur Edouard è partito.Si sarebbe insospettito a vedermifrequentare con tanta assiduità l'ufficiopostale di Hay.

Anche se oggi ci andrò ufficialmente perincarico di madame Fairfax, che mi hachiesto il favore di imbucare la sualettera di risposta all'annunciodell'istitutrice.

Non sai niente di questo annuncio, vero,Tússi? Perdonami se ti racconto ipiccoli dettagli della nostra vitaquotidiana, invece di ab-bandonarmi alamenti e grida di disperazione. Nonfarebbe bene né a 3 Le Lettres de cacheterano ordini di cattura in bianco, con iquali senza processo né altre formalitàsi poteva chiudere in carcere a tempoindefinito praticamente chiunque. Inorigine servivano a evitare larivelazione di importanti segreti di Stato

o a eliminare le occasioni di pubblicoscandalo. In realtà era pratica comunedella nobiltà francese procurarsi, tramiteappoggi potenti, una di queste lettres pervendicarsi di un nemico o per liberarsidi una persona scomoda. La RivoluzioneFrancese considerò le lettres de cachetcome il simbolo del potere assoluto delre di Francia e del sistema dispotico. Lapratica fu abolita dall'AssembleaNazionale il 1° dicembre del 1789.

te né a me. E sapere di noi invece tiaiuterà a recuperare la calma.

Inoltre quando, prestissimo, ritroveraimadame Céline, lei vorrà sapere diAdèle, e tu potrai mostrarti informato.

Allora, ieri madame Fairfax stavaleggendo "L'Araldo della Contea di S."come fa di solito mentre aspetta che levenga servito il tè, quando l'ho sentitaesclamare: «Ma guardai! Chissà sequesta signorina fa al caso nostro?»

Io, che aiutavo Adèle a mettersi ilgrembialino da casa, ho fatto finta di noncapire. Credo che ci voglia piùattenzione e autocontrollo per sembrarestupida e ignorante di quanto non neserva per fingersi più intelligente diquanto si è. Adèle nel suo inglesestentato ha chiesto: «Quale signorina?»,ma invece di rispondere madame Fairfaxl'ha guardata pensierosa, comesforzandosi di mettere a fuoco i suoi

lineamenti. Per fortuna in quel momentoè entrata la cameriera col vassoio del tèe la vecchia signora, con l'evidentesoddisfazione di avere un'interlocutricein grado di capirla, ha detto puntando ildito sul foglio:

«Ascolta, Leah, che coincidenza! Qui sulgiornale c'è scritto che una signorina conpratica di insegnamento desideraimpiegarsi presso una famiglia i cui figliabbiano meno di quattordici anni. Lasignorina è abilitata a impartire tutte lenozioni inerenti a una buona educazioneinglese, oltre alla lingua francese, aldisegno e alla musica. Io cercavo giustouna istitutrice per miss Adèle. Credi chequesta J. E. abbia i re-quisiti

necessari?»

«Non saprei, signora» ha risposto Leahspostando alcuni oggetti dal tavolo perfare posto al vassoio.

Io avrei voluto chiedere: "Cosa significauna buona educazione inglese?Comprende anche l'algebra,l'astronomia, la chimica, la geolo-gia, lafisica, il magnetismo e l'anatomiaumana? Saper descrivere ilfunzionamento di un telaio meccanico odi una caldaia a vapore? Io sarei capacedi insegnargliele tutte, queste cose, aDédé, man mano che cresce. E non lefarei leggere solo Mary aveva unagnellino e brani espurgati della Bibbia,

ma Chaucer, Shakespeare, Defoe, Swift,Fielding, Byron, Shelley, Walter Scott. Ela Rivendicazione dei diritti della donnadi madame Mary Wollstonecraft, e iromanzi di miss Jane Austen, la miaadorata Abbazia di Northanger. E lastoria dell'orfano Oliver Twistpubblicata solo l'anno scorso…"

Avrei voluto chiedere queste e moltealtre cose. [Ma avevo la lingua legatadalla mia presunta ignoranzadell'inglese. E poi, Tússi, credo che sequalcun altro avesse nominato quegliscrittori a madame Fairfax, la poverasignora avrebbe sgranato gli occhistupita. Sono certa che la buona vedova,non che leggerli, non li ha mai sentiti

nominare. Tranne Shakespeare, forse.

Comunque, per non lasciare la stanza, misono inginocchiata e mi sono messa aspazzare la cenere, a radunare le braci ea disporre nuova legna nel caminetto.Madame Fairfax ha preso il tè conAdèle, poi ha chiesto a Leah di portarlecarta, penna e calamaio, e con moltiripensamenti e correzioni, ha scritto unbiglietto di risposta all'annuncio. Neconosco il contenuto perché scrivendo lasignora sillabava a mezza voce le frasicome per controllarne il tono, cheevidentemente voleva fosse cortese, manon troppo confidenziale.

Questa è più o meno la sua risposta:

Se J. E. che martedì scorso ha messol'annuncio sull'"Araldo della Contea diS." è in possesso del diploma che laabilita a insegnare le materie che hamenzionato, e se è in grado di fornirebuone referenze sul suo carattere e lasua preparazione, possiamo offrirle unposto di istitutrice qui a Thornfield.Avrà per unica allieva una bambina dietà inferiore ai dieci anni. Offriamo unsalario annuale di trenta sterline. Siprega di inviare il nome, le referenze,l'indirizzo e quant'altro richiesto a MrsFairfax, Thornfield, presso Millcote.

L'indirizzo sulla busta è: Fermo Posta,Lowton, Contea di K.

Evidentemente J. E. ha come mequalcosa da nascondere, se non desiderache le persone sotto il cui tetto vivesappiano che riceve delle lettere. Chissàa che nome corrispondono quelleiniziali? Jemima Eller-ston? JennyEwit? Pensa che coincidenza, Tússi, sela istitutrice di Adèle dovesse chiamarsiJudith come quella di mademoiselleAthé-

naïs.'Ma forse sto correndo troppoavanti. Forse le referenze di J. E.

non saranno sufficienti a tranquillizzarela signora Fairfax. Forse tu rintracceraimadame Céline e la farai liberare primache J. E. risponda, e noi cene torneremo

in Francia e non avremo più sue notizie.

Oh, Tússi. Ti supplico, non esseredisperato. Non abbatterti.

Spero che Olympe torni presto dall'Italiae che ti sproni ad avere più fiducia in testesso come faceva con tutti noi"piccoli" ai tempi della scuola.

Ti abbraccia stretto stretto la tuasorellina

Sophie

PS: Prenderò Adèle con me per andaread Hay. È una bella passeggiata. Comeabbiamo deciso, lei crede che tu sia

ancora in contatto con madame Céline, equindi le ha scritto il solito biglietto.

Cara mamma,

monsieur Edouard mi ha rimproveratoperché lo chiamo così. Dice che siamoin Inghilterra e che lo devo chiamaremister Rochester e se mi chiedono chi èdevo dire: il mio tutore, perché sonosola al mondo. Che stupido! Non lovede che c'è Sophie? Adesso non loposso chiamare in nessun modo, perchénon ha mantenuto la promessa direstare con noi e se n'è partito. Ha

portato via anche Mansour e Pilota eio non so più con chi giocare.

Pilota era un cane bravissimo, che silasciava pettinare con il pettine diCatherine e non ringhiava. Il gatto dimadame Fairfax se lo pettino migraffia Sophie mi ha detto che Pilota èun cane di razza Terranova. Mi ha fattovedere sul mappamondo l'isola che halo stesso nome, e sta vicino al Canadadove ci sono gli orsi e gli huroni e famolto freddo. Per questo Pilota ha ilpelo così folto.

Mamma, lo sai che sono offesa conmister Rochester perché ha detto amadame Fairfax che io non sono una

bambina intelligente e che a Parigigiocavo col fango.

Ma non lo sa che Solange non mi hamai permesso di scavare per terranemmeno con la paletta? Non lo sa cheil padrino mi chiamava la sua piccolafilosofa e diceva che da grande sareidiventata anche più brava di Sophie?Perché mister Edouard dice di mequeste brutte cose? Non è gentile. Iovoglio tornare in Francia. Voglio starecon te, mamma. Voglio dormire dinuovo con Dagoberta. Quando mi vienia prendere? Ti abbraccia con tantoamore la tua

Dédé

5

Parigi, Faubourg Saint Germain

25 agosto 1837

Carissima Sophie,

avevi ragione. C'è ancora una piccolasperanza, come quel lumi-cino in fondoal bosco di cui leggevamo a Dédé neiRacconti di fate di Madame d'Aulnoy. Ilcarceriere ci ha mentito, ma solo inparte.

Quando è stata arrestata, madame Célineè stata portata davvero a Saint Lazare.

L'abbiamo scoperto insistendo colDirettore del carcere perché esaminassepersonalmente i suoi registri, e andasseindietro fino agli ultimi giorni dimaggio. La nonna di Olympe ha un mododi fare così deciso e autorevole che èimpossibile dirle di no. Dai registririsulta che "la danzatrice Céline Varens"è entrata nella fortezza il 28

di maggio e ne è uscita il 14 di giugno,perché "gravemente ammalata".

Di che malattia si trattasse, ce l'haspiegato il carceriere, che in quei giornil'ha avuta effettivamente sotto la suacustodia. Preparati, Sophie, perché sonocostretto a raccontarti una storia

terribile. L'unica consolazione che tiposso offrire e la ostinata certezza dellanonna di Olympe che, nonostante tuttociò che leggerai, madame Céline siaancora viva.

Il Direttore ha fatto chiamare ilcarceriere nel suo ufficio. Dovevivedere lo sguardo insieme terrorizzato efurioso di quell'essere spregevolequando mi ha riconosciuto! Adesso chestavo seduto accanto alla massimaautorità di Saint Lazare, che michiamava "signore" e mi trattava conrispetto, quell'abietto individuo nonpoteva più aggredir-mi col suo "bruttascimmia nera", né divertirsi atormentarmi alzando il prezzo del suo

ricatto.

Ha dovuto ascoltare a testa bassa irimproveri del Direttore e le promessedi una severa punizione – verrà frustatoe gli tratterranno un mese di salario – esotto la minaccia di essere a sua voltaincarcerato, ci ha dovuto confessare laverità.

Dunque, madame Céline non era statarinchiusa in una segreta, ma in una cellacomune. Lei, così dolce e gentile,doveva stare giorno e notte incompagnia di donne violente e volgari,di ladre, prostitute, truffatrici eassassine. Le sue compagne l'avevanoriconosciuta, e pensando che un'artista

famosa dovesse avere addosso moltodanaro, le avevano intimato di vuotarele tasche, e quando avevano constatatoche erano vuote, avevano cominciato amaltrattarla e a minacciarla perché se nefacesse mandare dai suoi amantidanarosi, come dicevano quelle megere.

Le sorveglianti non si preoccupavano didifenderla, e neppure di suggerire chevenisse trasferita in un'altra cella,perché trovavano molto divertente lospettacolo di una "signora abituata acomandare e a farsi servire" derisa,insultata e malmenata.

Mi si stringe il cuore, Sophie, se pensoalla nostra cara benefattrice totalmente

indifesa tra le mani di quelle arpie. E ilpeggio doveva ancora venire, preparati.Noi soffrivamo per lei pensandola albuio, al freddo, tormentata dalla fame,dalle cimici, dai topi, dall'umidità…Non sospettavamo che la maggioresofferenza invece gliela dovevanoinfliggere altri esseri umani, creature delsuo stesso sesso che lei, potendo,avrebbe soccorso volentieri.

Dopo circa due settimane dal suoingresso a Saint Lazare noi abbiamoscoperto dove era stata rinchiusa e io hopagato il carceriere perché leconsegnasse le nostre prime lettere. Eraun plico voluminoso, ti ricordi? Trelettere tue e una mia, più un foglio

bianco per l'eventualità che laprigioniera ci potesse rispondere.Quando il carceriere gliel'haconsegnato, le altre donne hanno pensatoche contenesse del denaro, e l'hannoaggredita per toglierglielo. Lei nonvoleva cedere le sue carte che sapevavenire da noi, le ha difese, hacombattuto. Ma era sola contro sei osette energumene, che l'hanno colpita,graffiata, le hanno strappato i capelli, efinalmente sono riuscite a gettarla aterra. Poiché madame continuava aresistere e a stringere le lettere al petto,la più robusta delle assalitrici le haafferrato la testa e ha cominciato apicchiargliela con violenza contro il

pavimento lastricato di pietra.

Solo a quel punto le sorveglianti hannodato l'allarme, ma quando il carceriere,il "nostro" carceriere, ha messo in fuga acalci e a pugni quelle megere, la nostrapovera amica aveva perso i sensi.L'hanno trasportata nell'infermeria e astento sono riusciti a rianimarla. Maquando ha aperto gli occhi, madame nonha riconosciuto i presenti, ha balbettatodelle frasi prive di senso, e intantosmaniava per strapparsi di dosso ilvestito che nella zuffa si era ridotto abrandelli, perché nel frattempo eracaduta in preda a una febbre altissima.

La febbre accompagnata da delirio, non

ha più lasciato la nostra povera amica.Dopo qualche giorno, convinto che laprigioniera aveva smarrito per semprela ragione, il sorvegliante in capo delsettore femminile ha deciso che nonpoteva tenerla più a lungo a Saint Lazaree ha ottenuto che fosse portata altrove.

Sui registri non c'è scritto dove.Secondo madame Soulignac e anchesecondo il Direttore, moltoprobabilmente madame è stata trasferitaalla Salpêtrière, perché è là che vengonorinchiuse le pazze, Geneviève ha giàscritto al Prefetto di Parigi, che è ilsuocero di una sua nipote, perché ci diail permesso di visitare il manicomiofemminile.

Speriamo di ottenerlo entro domanimattina.

Ho molta paura di quello che troveremo,Sophie. Sono passati più di due mesidall'aggressione; madame quando halasciato Saint Lazare era in condizionidisperate; potrebbe essere morta subitodopo aver raggiunto la Salpêtrière. Sepoi è veramente lì che l'hanno portata.

Madame Soulignac mi dice che non c'èmotivo di disperarsi. La grande CélineVarens, continua a ripetermi, era unacelebrità, una stella dell'Operaconosciuta in tutta Parigi. Se fosse mortala notizia sarebbe certamente trapelata,anche dalle mura più spesse e impene-

trabili. E i giornali, sempre assetati dipettegolezzi, l'avrebbero diffusa congrande evidenza.

«No, Toussaint, abbi fiducia» mi dice.«La nostra Céline è viva e prestissimopotremo stringerla tra le braccia.»

Io ti confesso, Sophie, che ho pauraanche di trovarla viva, se davvero haperduto per sempre la ragione.

«La cureremo e la faremo guarire»insiste fiduciosa quell'ottimista dimadame Geneviève. «Non bisogna maiperdere la speranza.»

Sforziamoci di seguirla su questa strada,

sorellina. Ti prometto che ti informeròimmediatamente di ogni novità. Tu cercadi essere forte e soprattutto non lasciareche Adèle indovini niente della nostrapreoccupazione.

Dimenticavo un particolare importante:le nostre lettere. Quelle che sonoarrivate nelle mani di madame Céline equelle che il carceriere ci haincoraggiato a scriverle anche dopo lasua scomparsa per non perdere l'affare.Le ho recuperate tutte quante. Perqualche motivo, forse pensando che ungiorno gli sarebbero potute servire perricattar-ci, anche se non era in grado disapere cosa c'era scritto, quell'uomospregevole le ha conservate, e per

ordine del Direttore del carcere me le harestituite. Comprese le prime quattro,che aveva recuperato dopo la zuffa dalpavimento della cella. Se le vedessi,Sophie! Strappate, sporche, macchiate disangue… La testimonianza più straziantedel martirio della nostra carabenefattrice. Le ho affidate a madameSoulignac, nella speranza (che per lei ècertezza) che un giorno la destinataria lepossa leggere. Ma prima le ho baciate ele ho bagnate con le mie lacr

Sophie! Sophie! Sophie!

L'abbiamo trovata! Madame Céline èviva! Prima ho smesso di scrivere senzacompletare nemmeno la parola perché il

valletto del visconte è venuto a dirmiche fuori c'era una carrozza signorileche mi aspettava con urgenza. MadameViolaine si era già ritirata per la notte equindi il maggiordomo mi ha dato ilpermesso di uscire. Ad aspettarmi incarrozza c'era madame Soulignac, con lalettera del pre-fetto che le era arrivataprima del previsto. Il cocchiere hafrustato i cavalli e ci siamo diretti algaloppo verso la Salpêtrière. La letteraera così perentoria che ci hanno aperto,anche se era già buio, e con un lume cihanno accompagnato lungo le corsiedove si trovavano le ricoverate. Non stoa descriverti, sorellina, quello cheabbiamo visto, la puzza insopportabile

che mozzava il respiro, l'orrore cheabbiamo attraversato percorrendo quellecorsie. Ti auguro di non dover maientrare in un ricovero per alienatimentali, e preferisco che non immaginil'inferno dove la nostra cara benefattricevive da oltre due mesi. Ti basti aparziale consolazione che non l'abbiamotrovata nel reparto delle

"furiose" e nemmeno in quello delle"agitate". Madame Céline fin dall'inizioera stata assegnata al reparto delle"tranquille". Così vengono chiamate lepovere creature che non gridano, nonaggrediscono le sorveglianti e lecompagne, non fracassano qualsiasioggetto che venga loro tra le mani, ma se

ne stanno accucciate in un angolo, mute,inebe-tite, senza reagire agli stimoli,senza distinguere il giorno dalla notte,senza rendersi conto della presenzadelle altre, come prigioniere di unabolla invisibile di vetro che le isola dalresto del mondo. A differenza dellealtre, le "tranquille" non sono legate aglianelli di ferro infissi nei muri o allesbarre delle finestre.

La nostra povera amica, quandol'abbiamo trovata, era stesa sulpagliericcio sporco e privo di lenzuola,abbandonata come una marionetta senzafili, ma non dormiva. Agitavadebolmente la testa a destra e a sinistracome ad accompagnare il ritmo di una

nenia incom-prensibile che andavamugolando a bocca chiusa. Teneva gliocchi aperti rivolti verso il soffitto, eaveva le tempie e le orecchie bagnate dauno scorrere ininterrotto di lacrime.

«Da quando è arrivata non ha maismesso di piangere» ha spiegato lasorvegliante che ci accompagnava.

L'ha chiamata, scuotendola rudementeper una spalla: «Varens!

Ci sono visite per te!» Madame Célinenon ha dato alcun segno, non dico diriconoscerci, ma neppure di accorgersidella nostra presenza.

«Mangia?» ha chiesto madameGeneviève, che era ancora più turbata dime, ma non voleva darlo a vedere.

«Da sola no. bisogna che qualcuno laimbocchi. Noi non abbiamo tempo,figurarsi!, e allora ci pensano le altrericoverate. Le vogliono bene, la trattanocome una bambina, qualche volta lastrapazzano come una bambola, manaturalmente non hanno costanza, espesso la dimenticano per interegiornate.»

Dovresti vedere, Sophie, quanto èdimagrita la nostra povera amica, e chestracci ha addosso, lei ch'era semprecosì elegante!

Ti ricordi com'era bella con la veste dacasa bianca, dritta come una spadad'argento, pura come un giglio, come lediceva quel traditore di monsieurEdouard? E quando appariva sulpalcoscenico col tutù della silfide,luminosa e leggera come una nuvolad'estate sul mare…

E il suo sguardo amoroso, il suo sorriso,il suo profumo delicato.

Vedessi come sono ridotti ora i suoi beicapelli: sporchi, opachi, aggrovigliati. Eche odore disgustoso sale dalpagliericcio intriso di ogni genere disozzura.

Ma è viva! È viva! Mi sono buttato inginocchio accanto a lei, le ho preso unamano e gliel'ho baciata piangendoinsieme di dolore e di sollievo.

Madame Geneviève invece è rimastacalma. Ha dato del denaro allasorvegliante perché la facesse lavare ela nutrisse personalmente, e prima diandarsene ha parlato alla nostra poveraamica come se potesse capire. «Viporteremo presto fuori di qua, Céline»le ha detto. «Ri-vedrete la vostrabambina, guarirete. Buona notte, miacara. A domani.»

La vecchia signora e sicura che, graziealle sue conoscenze, otterrà dai giudice

il permesso di far trasferire madame acasa sua in attesa del processo. Dopoaverla vista in azione, comincio acredere anch'io che ci riuscirà.

La fiammella della speranza è ancoraaccesa, Sophie. Le mie preghiere, anchese poco ortodosse, non sono state inutili.

Ora ti lascio, perché è molto tardi e lacandela è quasi finita.

Buona notte, sassolino. Buona notteanche a Dédé. Aspetto vostre notizie espero di potervene dare presto dimigliori riguardo alla nostra amatissimabenefattrice.

Il vostro fratello maggiore

Toussaint

6

Thornfield, 3 settembre 1837

Caro Tússi,

che sollievo sapere che madame è viva.Anche se il pensiero di quello che hapassato, e delle sue attuali condizioni,mi riempie di angoscia. E noi che fino apoco tempo fa la immaginavamo sana etranquilla, al sicuro pur tra i disagi diuna cella di isolamento, intenta a leggerele nostre lettere al lume di candela,informata di tutto quello che ci capitava,preoccupata per i nostri piccoliproblemi, riscaldata dal nostro affetto!

Mi chiedo se i nipoti del CittadinoMarchese siano al corrente dellatragedia che hanno provocato con le lorofalse accuse.

E che conseguenze può avere la malattiadi madame Céline sul processo.

Spero con tutto il mio cuore che leautorità permettano alla nonna diOlympe di toglierla dalla Salpêtrière edi ospitarla nella sua casa. E sono certa,Tússi, me lo dice il cuore, sono certache trovandosi circondata da personeamiche, curata da un buon medico,trattata con amore, la nostra benefattriceguarirà, tornerà ad essere quella ch'erauna volta. Se potesse avere Adèle

accanto, se potesse ascoltarne la voce,ricevere i suoi baci, sono certa chereagirebbe, che uscirebbe dal suoisolamento. L'amore materno è la piùforte di tutte le medicine.

Ma sono certa anche che monsieurEdouard, se glielo chiedessi spie-gandogliene il motivo, non ci lascerebbetornare.

Ad ogni modo ho molta fiducianell'influenza che potrà avere su di lei lacompagnia di Olympe. Quand'è chetorna?

Inutile dirti, Tússi, che aspetto la tuarisposta con ansia. Scrivimi presto.

Dimmi che madame è al sicuro in casadelle Soulignac. Naturalmente nonracconterò niente a Adèle di questanovità. Si chiede-rebbe come mai lamadre non ci scrive, e non voglio chesappia che madame ha perduto laragione.

Di noi cosa posso raccontarti? Stiamobene e ci annoiamo un po'.

Il che, a guardarla dal lato positivo,significa che non abbiamo, perlomenoqui a Thornfield, né dolori népreoccupazioni.

In questa casa, adesso che monsieurEdouard è partito, nessuno capisce una

parola di francese, quindi Adèle e iosiamo libere di chiacchierare, di fare inostri commenti, di scherzare sulleabitudini inglesi, sul cibo per esempio,sui mobili antiquati che abbiamoscoperto esplo-rando le camere delterzo piano che non sono chiuse achiave. Madame Fairfax è convinta che,quando piove, passiamo il tempo nellanostra camera, io a rammendare labiancheria, Adèle a giocare conCatherine.

Ma noi ce ne andiamo in giro per la casaoppure in biblioteca, dove monsieurEdouard ha lasciato aperto solo unoscaffale con pochi libri, cheevidentemente ritiene potranno servire

all'istitutrice per insegnare a Dédéquelle prime nozioni di una buonaeducazione inglese di cui si parlavanell'annuncio. Io li utilizzo perinsegnarle intanto un po'

d'inglese, e Adèle ha già fatto moltiprogressi. Madame Fairfax è talmenteingenua che crede di essere stata lei,semplicemente parlandole, ad averleinsegnato i vocaboli e le frasi che oraAdèle pronuncia correttamente e capiscequando sente parlare gli altri. Per me èuna sofferenza continuare a fingere diignorare l'inglese, perché mi costringead avere rapporti solo con Adèle, che èsveglia e affettuosa, ma è solo unabambina.

Qualche volta penso che il mio è unsotterfugio inutile, che in fondo siamocircondate da persone amichevoli chevogliono solo il nostro bene, e che nonc'è alcun motivo di spiarle per scoprirele loro vere intenzioni. Poi ricordo lacrudele bugia di monsieur Edouard sullamorte di madame… Anzi, sai una cosa,Tússi? In questo momento mi è venuto ilsospetto che, quando è venuto in rueSaint Augustin a cercare Dédé,quell'uomo crudele fosse venuto asapere in qualche modo che madameCéline era finita alla Salpêtrière.Sepolta viva. "In-pace", come dicevanogli spietati giudici medioevali. E non haavvertito i suoi amici, non l'ha voluta

aiutare! La signora Fairfax e i domesticiprobabilmente sono delle buonissimepersone, ma il proprietario di Thornfieldè, come diceva di Ulisse il padrino, un"tessitore d'inganni", e di sicuro netramerà degli altri. Quindi non devoabbassare la guardia.

Vuoi sentire l'ultima fantasia di Adèle?

Da qualche giorno ha un'amicaimmaginaria che sì chiama Bertha, cheparla in inglese e combina ogni sorta dimonellerie. Suppongo che Adèle leabbia dato questo nome perché hanostalgia di Dagoberta. D'altra parte ènormale che un bambino che vive senzaavere rapporti con i coetanei s'inventi un

amico con cui giocare. Io, ti ricordi?,avevo Pipolet. Bertha, racconta Adèle,non può uscire all'aperto. Perciò quandoil tempo è bello e noi due andiamo apasseggiare nel parco, oppure all'ufficiopostale di Hay, dobbiamo raccoglieregli ultimi fiori autunnali, le nocciole, lefoglie dai colori più accesi, le primebacche, i sassi di forma strana, le piumecadute agli uccelli, perché Adèle lipossa portare in dono alla sua amica.Conserva per lei anche frutta e pezzettidi dolce, perché a quanto pare Bertha èuna bambina molto golo-

sa. Prima o poi dovrò scoprire dove linasconde, perché non attirino i topi o,marcendo, non mandino cattivi odori. Lasignora Fairfax è convinta che noifrancesi siamo tutti gente poco amantedella pulizia.

Gliel'ho sentito dire a Leah. Non vorreiche Dédé incrementasse questopregiudizio e venisse giudicata unasudiciona.

Ti saluto e ti abbraccio, Tússi.

Unisco come al solito un biglietto diAdèle. Spero che un giorno madame lipossa leggere tutti, insieme alle nostrelettere, e possa sorridere del passato.

Pensa a quanto è duro per me doverrestare così lontana e non poterabbracciare e aiutare madame Céline.

Pensa a quanto sono affamata di notizie,e rispondimi immediatamente.

La tua

Sophie

Cara mamma,

lo sai che ho un dente nuovo al posto diquello che mi era caduto a Parigi? Quipiove sempre, Sophie legge i libriinglesi che ci sono in biblioteca e io miannoio. Per fortuna gioco con Berta,

che mi fa rodere perché dice leparolacce e getta per terra la tazza deltè che si rompe e sporca il tappeto.Bertha ha sempre freddo, però io ledico che è un po' scema perché qualchevolta si toglie i vestiti, ne fa una pallae li butta nel fuoco del caminetto edopo le viene il catarro. Questo è unsegreto che posso raccontare solo a tee a Sophie. Anche Bertha crede cheSophie non sappia parlare inglese.Gliel'ho detto io e mi crede.

Non sa che è una bugia buona. InveceSophie lo sa bene, ascolta tutto quelloche dicono e mi ha insegnato tanteparole. Adesso quando andiamo ad Hayper impostare le lettere, se incontriamo

qualcuno che mi dice «What a prettylittle giri!» io gli rispondo: «Thankyou.» E se mi chiedono: «Where do youcome from?» io gli rispondo:

«We now live in Thornfield, but wecome from Paris.»

Hai visto come sono brava? MisterRochester quando torna sarà moltocontento di me e non dirà più che sonouna bambina poco intelligente.

Un bacione forte forte from yourfaithful

Adèle

7

Parigi, Faubourg Saint Germain

13 settembre 1837

Cara Sophie,

questa volta ho tante notizie da darti.Alcune buone, altre meno, ma nessuna diloro è tragica e tale da distruggere ogninostra speranza. La prima e la piùimportante è che la nostra carabenefattrice è stata dichiarata daltribunale "incapace di nuocere e ditentare la fuga" e quindi affidata amadame Geneviève, che l'ha fatta subito

trasportare a casa sua, dove io passo atrovarla tutti i giorni.

La seconda e che Olympe e tornatadall'Italia e che domani an-drà nellacasa di campagna dei Soulignac acercare quelle antiche lettere delpadrino che potrebbero sbugiardare isuoi eredi.

La terza è che purtroppo madameCéline, nonostante i nostri sforzi, non ciha riconosciuto e continua a rimanerenel suo stato di totale incoscienza, diinerzia e di abbandono. Era così sporcache Olympe ha dovuto lasciarla a lungoimmersa nell'acqua calda della vascaprima di poterle staccare dalla pelle

tutte le croste e il sudiciume dellaSalpêtrière. I capelli è stata costretta atagliarglieli a zero: non solo eranosporchi e aggrovigliati, ma pieni dipidocchi. Se la vedessi, Sophie! Lanostra bella madame Varens adessosembra un ragazzino denutrito, èpallidissima, ha due profonde occhiaiescure e su tutto il corpo una irritazionedella pelle causata dai morsi dellecimici, che sul dorso e sulle braccia leha prodotto delle brutte piaghe.

Però non sembra accorgersi delladifferenza tra il lurido pagliericciodell'ospedale e il bel letto morbidodalla biancheria immacolata dovel'hanno distesa le sue soccorritrici.

Continua a piangere, con gli occhi senzasguardo rivolti al soffitto, e ad agitare latesta al ritmo della stessa nenia chemugolava quando l'abbiamo trovata.Olympe, che l'ha vegliata e nel silenziodella notte l'ha ascoltata con attenzione,dice di aver riconosciuto il motivo dellacanzone che madame cantava tanti annifa insieme a monsieur Edouard, tiricordi? "But wide as pathless was thespace/That lay, our lives, between…

Olympe dice che è un buon segno, semadame ricorda qualcosa del suopassato. È un'infermiera straordinaria,paziente, energica, in-stancabile.Madame Geneviève le ha affidatocompletamente la responsabilità

dell'ammalata e la nipote ha subitochiamato a visitare madame Céline ilmedico alienista più famoso di Parigi, ilvecchio dottor Manette che al tempodella Grande Rivoluzione ha partecipatoagli esperimenti di magnetismo animaledel dottor Mesmer.

E qui arriva la quarta notizia, che nonpuò definirsi bella, però ci consente dinutrire qualche speranza.

Ascolta bene, Sophie, il dottore dice chenon ha trovato lesioni irreversibili, chesecondo lui lo stato "catatonico" dimadame, così lo ha definito, dipende daun profondo trauma nervoso, e chel'ammalata potrebbe un giorno

recuperare interamente la ragione.

Quando? Difficile dirlo. Ci voglionocure e attenzioni costanti, medicine,massaggi, bagni, sollecitazioni d'ognitipo. Il dottore dice che dobbiamoparlare a madame come se ci sentisse eci capisse, il più spesso possibile; chedobbiamo carezzarla, metterla a sedere,nutrirla con i suoi cibi preferiti, farlesentire le canzoni e la musica che eraabituata ad ascoltare prima dell'arresto.Che bisogna organizzare dei turni pernon lasciarla mai sola. Olympe ha giàassunto una infermiera specializzata peri massaggi e le medicazioni, e un'altraper la notte.

Di giorno se ne occupano lei e madameGeneviève. Anch'io vorrei contribuire inqualche modo alle cure della nostrapovera amica; mi si spezza il cuore ognivolta che devo andarmene da rue NotreDame des Champs per tornare in casadel visconte.

Ma non posso abusare della generositàdel cocchiere e della moglie. Sedovessero avere dei guai per causa miae, Dio non voglia, essere licenziati,allora sì che non potrei più allontanarmineppure un minuto dal Faubourg SaintGermain.

Bene, questo e tutto per ora, mio carosassolino. So che ti ho dato con la mia

lettera una grande delusione e unapiccola speranza.

Ma so anche che sei forte, e che lo saraiancora di più per Adèle.

Rispondimi subito. Anche Olympe e lanonna sono ansiose di avere notiziedall'Inghilterra. Raccontaci tutto quelloche succede a Thornfield, perché sonosicuro che la prima parola che diràmadame quando si sveglierà dal suoletargo sarà: "E Adèle?"

Ti abbraccio cara Sophie e invoco su dite la protezione di Obatalà, il nostroorisha maggiore, che è vestito di biancoe ha per simbolo una colomba. Che ti

illumini le stanze buie e fredde di quellacasa lontana e ti sveli tutte le trappoledel tessitore d'inganni EdouardRochester.

Il tuo fratello maggiore

Toussaint

PS: Sai chi ho incontrato l'altro giorno?Con tante novità importanti quasidimenticavo di dirtelo. Sul lungosennaho incontrato Solange, che spingeva unacarrozzina con dentro due gemelli dicirca tre anni e si trascinava dietro unterzo mocciosetto dall'espressionepetulante e capricciosa. Solange mi hagettato le braccia al collo, mi ha chiesto

di tutti voi, si è commossa al pensiero diAdèle così lontana…

È una brava donna, affezionata; dice dirimpiangere gli anni di boulevard desCapucines, e credo sia sincera. Le hochiesto se è disposta a venire atestimoniare in tribunale a favore dimadame, e mi ha subito dato l'indirizzodei nuovi padroni dove posso trovarla.Le ho detto che adesso sei tu labambinaia di Adèle e il suo commento èstato:

«Meno male!»

Le ho chiesto di procurarsi il recapitodegli altri domestici. Con l'aiuto di

madame Soulignac penso che potremmofarli accettare tutti come testimoni. Tibacio con tenerezza.

8

Thornfield, 20 settembre 1837

Caro Tússi,

qui va tutto bene. Te lo scrivo subito, inmodo che tu possa leggere il seguito diquesta lettera con tranquillità. Ringraziatanto da parte mia Olympe e sua nonnaper tutto quello che sfanno facendo pernoi. Come vorrei essere lì in rue Notredame des Champs per aiutarle aprendersi cura della mia amatabenefattrice! Come vorrei essere io laprima a indovinare i primi segni dellasua guarigione! Perché sono certa che

madame Céline guarirà. Ti ricordiquando ti scrivevo che non potevaessere morta, perché altrimenti il miocuore me lo avrebbe detto? Allo stessomodo oggi "sento" che madame guarirà.Sono pronta a scommettere tutte lemonete che mi sono rimaste nella calza,e anche il salario che madame Fairfaxmi pagherà dopo il primo semestre (secome spero non ce ne andiamo prima).

Però mi dispiace che debbano esseremadame Geneviève e Olympe asostenere tutte le spese e la fatica. Nonstancarti di assicurarle che glienesaremo eternamente riconoscenti.

Anche Adèle, se sapesse in che

condizioni si trova madame, leringrazierebbe. Ma naturalmente nongliel'ho detto. Povera Dédé, anche lei inun certo senso sta vivendo come unaprigioniera, da qualche giorno il tempo ecosì brutto che non possiamo uscire dicasa e madame Fairfax non è unacompagna molto divertente. Le sueosservazioni sono piene di buon senso,ma sempre così banali! Oltretutto èconvinta che non bisogna dareconfidenza ai domestici, per cui Adèlenon può varcare la soglia della cucina,dove magari Leah, Mary o Johnpotrebbero raccontarle qualche storiainteressante.

Siamo così annoiate, lei e io, che quasi

aspettiamo con impazienza l'arrivodell'istitutrice. La signora Fairfax diceche ha mandato delle ottime referenze.Si chiama Jane Eyre e si e diplomata aLowood, un istituto religioso per figliedi sacerdoti poveri. Lo sai, vero, Tússi,che gli inglesi sono protestanti e i loropreti si possono sposare?

Chissà come sono le figlie dei preti? Echissà quanti anni ha questa Jane Eyre.Speriamo che non sia troppo anziana eche abbia un carattere socievole.

A proposito di domestici e di istitutrici,ho trovato in biblioteca un libro moltodivertente dello stesso autore de I viaggidi Gulliver.

Dev'essere un libro proibito, perchéstava in una delle librerie chiuse achiave. Ma non ci vuole niente adaprirle con una forcina, e adesso possoleggere degli autori molto piùinteressanti di quelli che monsieurEdouard aveva lasciato a nostradisposizione. Questo libro si intitolaIstruzioni alla servitù. Però non devicredere che sia un manuale perinsegnare ai domestici comecomportarsi. Al contrario, dovrestileggere, Tússi, che tipo d'istruzioniimpartisce mister Jonathan Swift! Tuttele malefatte che i domestici combinanodi nascosto, e che poi cercano di negareo di nascondere, mister Swift sostiene

che fanno parte dei loro compiti, e chenon devono perdere occasione dimetterle in pratica: tipo poggiare semprei bicchieri più preziosi vicino all'orlodel tavolo in modo che cadano e sirompano; non vuotare i vasi da nottefinché non sono pieni fino all'orlo, evuotarli sempre dalla finestra, per nonperdere tempo a scendere dalle camerepadronali fino alle la-trine del cortile.Sembra di ascoltare Adèle quandoracconta le monellerie della sua amicaBertha.

Questo modo di scrivere con grandeserietà quando invece si vuole faredell'ironia, il padrino ci ha insegnatoche si chiama "paradosso", ma non

avevo mai trovato prima dei paradossicosì divertenti. Mister Swift avrebbedovuto scrivere qualcosa anche per lebambinaie come me che non parlano ininglese, così avrei saputo come e cosarispondere a madame Fairfax quandoieri mi ha fatto una scenata perché avevolasciato che Adèle se ne andasse da solaa gironzolare nel corridoio del terzopiano.

Non è la prima volta che lo fa, e nonvedo cosa ci sia di male.

Non ha mai rotto niente, e neppure hasporcato o messo le cose in disordine.Anche in Boulevard des Capucines, tiricordi, potevamo lasciarla da sola nel

salone senza che combinasse alcundanno. E poi, salendo e scendendo lescale, almeno fa un po' di movimento,una bambina di sei anni non può restaretutto il giorno ferma e composta comepiacerebbe a madame Fairfax. Anch'ioche ne ho quasi quindici sento unterribile formicolio nelle gambe, e anchenella testa, a stare sempre seduta aleggere o a rammendare.

E se anche Adèle al terzo piano fa un po'di chiasso, chi può disturbare? Non c'ènessuno in quelle stanze, a parte lacucitrice, che in genere preferiscestarsene da sola lassù invece discendere a fare due chiacchiere con glialtri domestici in cucina. Forse è Grace

Poole che si è lamentata"pensavo,mentre la signora Fairfax strillava, rossain faccia come un aragosta, che nondovevo assolutamente perdere di vistaAdèle neppure per un istante. Ionaturalmente facevo finta di non capire ela guardavo con aria stolida. Allora lasignora ha chiesto a Dèdè di farcì dainterprete. Era piuttosto buffo sentire unabambina che rimprovera la bambinaiaperché l'ha lasciata libera di giocare. Ioho risposto che se Adèle aveva fattochiasso, l'avrei accompagnata di sopra achiedere scusa alla cucitrice. Ma aquesta proposta la signora Fairfax si eagitata ancora di più e si è messa astrillare: «No! No! È

pericoloso. Ve lo proibiscoassolutamente. Assolutamente.»

Non ci voleva altro, Tússi, per suscitarela mia curiosità. Perché mai chiederescusa a una cucitrice dovrebbe esserepericoloso? Grace Poole l'avevo vistadiverse volte scendere in cucina erisalire con il vassoio della cena, e miera sembrata una persona moltotaciturna, ma del tutto normale.

Così dopo avere servito il tè allasignora e a Dédé nel salottino, sicurache non ne sarebbero uscite almeno permezz'ora, ho preso una candela e misono avviata su per le scale. Non eromai stata al terzo piano dopo

l'imbrunire. Lì i caminetti non vengonoaccesi da anni e c'era un'aria umida efredda che a Catherine Morland avrebbesuggerito l'idea di un cupo e desertosotterraneo. In realtà anch'io mi sentivoun po' a disagio. Il corridoio è basso,stretto, con una piccola finestra in fondo,e due file di porte scure ai lati. Porte, asentire madame Fairfax, proibite epericolose come quelle del castello diBarbablu. Ma la tua amica Sophie è unaragazza coraggiosa, così ho respiratoprofondamente e mi sono diretta verso laporta dove una volta avevo visto entrarela cucitrice.

Non c'era pericolo di sbagliare, perchéaccanto alla porta, poggiato per terra,

c'era il vassoio con i resti della cena.

E adesso viene il bello. Quanto rideraidi me, Tússi, e guanto ri-derannoOlympe e madame Céline quando glieloracconterò.

Dunque, stavo per bussare, quando hosentito risuonare dentro la stanza quelloche Catherine Morland avrebbe definito"un suono agghiacciante". Bello non era:una via di mezzo tra una risata e unsinghiozzo, e finiva in un lungo sospiro.Ti confesso che mi è venuta la pelled'oca e il mio primo istinto è statoquello di darmela a gambe.

Ma ho fatto appello a tutta la mia

razionalità, ho aspettato che il cuoresmettesse di battere così in fretta e hobussato. Dentro c'è stato un po' ditrambusto, e ho contato fino a trentasetteprima che Grace Poole socchiudessecon cautela la porta. «Cosa vuoi?» mi hachiesto con una strana voce impastata.Aiuto! E adesso cosa avrei fatto?

Molto stupidamente non avevo previstoche mi avrebbe parlato. Sono labambinaia straniera che non parla ininglese e quindi non avrei dovuto capirela sua domanda. così, con la solitaespressione idiota, ho fatto unariverenza e ho detto a precipizio infrancese: «Sono venuta a chiederlescusa se la bambina affidata alle mie

cure l'ha disturbata.»

«Fuori dai piedi!» mi ha rispostosgarbatamente la cucitrice, e insiemealle parole dalla sua bocca è uscita unazaffata d'alcol. Tússi, non ci crederesti!Era così ubriaca che non riusciva a staredritta e doveva appoggiarsi allo stipitedella porta. Ecco spiegato il mistero.

Ecco il perché di quei versi strani e deisinghiozzi, e del trambusto prima diaprire. Non sapeva che ero io e stavanascondendo la bottiglia.

Devo confessarti che quella poveracciami ha fatto pena. Gli ubriachi non misono mai piaciuti, ma un fatto è

prendersi una bella sbronza in allegracompagnia come faceva Jean-Baptistenelle sue serate di libertà, un altroscolarsi in solitudine una bottiglia diacquavite sca-dente. Ti ricordi cosa cidiceva sempre il padrino? «Se propriodovete bere, che sia un Borgogna o unSaint Emilion d'annata, o uno Cha-blis.E se è champagne, che sia della zona diAngouleme.»

Evidentemente madame Fairfax è unapuritana che considera l'alcol unostrumento del diavolo, e teme perl'innocenza di Adèle, se dovessescoprire che la cucitrice ogni tanto siscola un cicchetto. Mister Swift nellesue Istruzioni alla servitù dedica molte

pagine al "dovere" dei domestici diubriacarsi senza che il padrone se neaccorga.

Ma c'è anche un passo, in quel libro, chesi riferisce alle bambinaie, e che sembrafatto apposta per noi. Se un bambino staper mettersi a piangere, dice, turaccontagli subito una storia di spiriti.

Per fortuna Adèle non è una piagnona,altrimenti potrei raccontarle che al terzopiano si aggira il fantasma di una pazzasanguinaria murata viva secoli fa dagliantenati di monsieur Edouard. così letoglierei la voglia di andarci e fareicontenta la signora Fairfax.

Tússi, scusami se ti ho fatto perderetempo raccontandoti simili stupidaggini.Ma questa e la nostra vita a Thornfield,così monotona che dobbiamo inventarcile storie più assurde per non morire dinoia.

Sapessi come rimpiango Parigi! Persinole settimane che abbiamo passato in rueSaint Augustin oggi, in confronto aquesto grigiore, mi sembrano vivaci einteressanti.

Rispondimi subito. Pensa a quanto sto inansia per madame.

Dimmi qualcosa anche a proposito delprocesso. Madame Geneviève le ha

procurato un bravo avvocato? Hannotrovato altri amici disposti atestimoniare a suo favore?

Dédé mi incarica di chiederti come staDagoberta. Spero che tu la stia trattandocon cura, perché quando torniamo sonocerta che te

la chiederà indietro. Ti consiglio, se laconservi in un cassetto o in fondo a unarmadio, di avvolgerla prima in unpezzo di tessuto pulito.

Per oggi ti saluto e ti abbraccio, Tússi, e

sono sempre il tuo affezionato sassolino

Sophie

Dear mamma,

lo sai che sta per arrivare unaistitutrice tutta per me? MadameFairfax mi ha detto che mi insegnaeràa diventare una vera lady. A Bertha leledies non piacciono: dice che sonotutte bugiarde piscalletto. Le ho fattovedere la mia doll Catherine, che èvestita come una dama. E lei mi hadetto che non le piace, e che se gilelaporto un'altra volta, la getta per terrae la rompe come ha fatto con la teiera.Bertha dice che ce ne dobbiamo

scappare insieme per andare in unisola dove i fiori sono grandissimi, gliuccelli parlano, c'è sempre il sole, e lebambine possono camminare scalzesulla sabbia. A me piacerebbe, peròvoglio che venga anche Sophie, e chenon ci stiamo tanto tempo. Appena tuesci dalla prigione dobbiamo tornaresubito a Parigi.

Quand'è che ti liberano, mamma? Iovoglio came back to casa and stay conte.

Ti abbraccio forte forte your good littledaughter Adèle

9

Parigi, Faubourg Saint Germain

7 ottobre 1837

Carissima Sophie,

due righe in fretta, perché tra mezz'oradevo uscire per accompagnare laviscontessa alla funzione dei Vespri.

Ho lasciato da poco madame Céline, lacui salute, grazie alle cure incessanti diOlympe, sta facendo grandi progressi,anche se purtroppo solo dal punto divista del fisico. Mangia regolarmente,

non è più pelle e ossa, le piaghe che hasul dorso e sulle braccia si stanno pianpiano rimarginando. Di questo passo inpochi mesi dovrebbe tornare comeprima. Quello che non migliora è il suostato mentale. Anche se qualchecambiamento c'è stato: adesso madamenon giace più inerte come nei primigiorni, ma cerca di buttarsi giù dal letto,grida, chiama il padrino e i genitori chesono morti ormai da tanto tempo.

Col ritorno delle forze fisiche il suodelirio è agitato, pieno di angoscia. Nonci riconosce, ma l'altro giorno, mentre ildottor Manette la visitava, si e messa aparlare con Adèle, come se fossepresente. Le ha detto di cambiarsi, di

togliersi le scarpe infangate e di andarea sedersi sulle sue ginocchia. Poi le hacantato la canzone del buon reDagoberto. La ricorda perfettamente, neha cantato tutte le strofe con una vo-cinosottile che ci spezzava il cuore. E si èarrabbiata perché Adèle non cantava conlei. Il medico le ha detto con calma chela figlia non era nella camera, che era inviaggio e non poteva sentirla. Ma chec'erano degli altri cari amici chepotevano esaudire il suo desiderio. E hainvitato con lo sguardo me e Olympe aintonare la canzoncina. Madame però siè tirata la coperta sul viso e non havoluto sentire.

La settimana scorsa Olympe è andata

nella casa di campagna dei Soulignac eha portato a Parigi il cofanetto di letteredella nonna.

Ce n'erano tre che potrebbero esserciutili. Nella prima il padrino racconta amadame Geneviève della sua intenzionedi lasciare la Pommelière, la casa di rueJacob e una rendita di diecimila franchialla sua figlioccia Céline Varens, cheall'epoca aveva nove anni. Nellaseconda, datata I823, il CittadinoMarchese torna sull'argomento,lamentandosi dell'atteggiamento ostiledei due nipoti e dicendo di voler mettereal riparo la figlioccia dalle loro preteseformalizzando presso un notaio le suevolontà. Nella terza, datata I83I, si dice

preoccupato per il matrimonio dimadame Céline, e racconta di averpredisposto il testamento in modo chemonsieur Rochester non possa venderela tenuta o la casa di rue Jacob, néalienare il capitale di proprietà dellamoglie.

Madame Soulignac è corsa a portarequeste lettere al magistrato che stapreparando il processo, e dice che ilgiudice è rimasto molto colpito e hacominciato a dubitare della versione deidue nipoti, ai quali fino ad allora avevacreduto ciecamente.

«Ma purtroppo, madame» le ha detto«da quando il vostro amico vi ha scritto

queste parole sono passati molti anni enel frattempo il marchese Philarete puòavere cambiato opinione. Per scagionaredall'accusa la vostra protetta ho bisognodel testamento vero e proprio, o almenodi rintracciare il notaio che lo haregistrato.»

Come ricorderai, Sophie, il padrino suquesti argomenti era molto riservato.L'unica che può conoscere il nome delnotaio è madame Céli-ne, così come èl'unica a sapere dove si trovano iltestamento e anche l'atto della mialiberazione. Per non parlare dei suoigioielli e del danaro scomparsi insiemealle carte.

Ho scritto "conoscere" e "sapere". Maforse nella mente della nostra poveraamica non c'è più niente che somigli aqueste parole. E

dunque non possiamo fare altro cheaspettare.

Ti prometto che se ci sarà qualchecambiamento degno di nota, te loscriverò immediatamente.

Ora finisco perché il valletto mi stachiamando. Un grande abbraccio a te,sassolino, a Dédé, e visto che ci sonoanche a quella discola di Bertha, dalvostro

Toussaint

10

Thornfield, 19 ottobre 1837

Caro Tússi,

lasciami dire che sei troppo pessimista.Cosa ti succede? Temi di illuderti che lanostra ammalata stia migliorando per iltimore di restare deluso? A me sembraun grande progresso il fatto che madamesi ricordi le parole di una interacanzone, che la canti in modo compren-sibile, e che la colleghi a Dédé. Cosa nedice il dottor Manette? Scom-metto chenella prossima lettera mi scriverai diqualche altro miglioramento.

Bisogna avere fiducia, Tússi, altrimenticome faremo ad andare avanti?

Hai indovinato che, nonostante le belleparole, questa volta sono io ad essere unpo' giù di morale, vero?

Qui le cose sono molto cambiate.Thornfield non mi sembra più il rifugiotranquillo dei primi tempi, ma un luogopieno di insidie e di trappole. Adessopenserai che la mia recente "avventura"nel corridoio del terzo piano mi abbiasuggestionata, facendomi temere che lapovera Grace Poole sia una donnapericolosa. Ma non e lei che mipreoccupa. Davvero, amico mio, inquesti giorni avrei proprio bisogno della

protezione del tuo Obatalà.

"Ma insomma, cosa è successo?" tistarai chiedendo. È successo che hoperduto Adèle, Tússi. È arrivata laistitutrice e si è presa la mia bambina.No, non l'ha portata via da Thornfield.Semplicemente ha preso il controllodella sua vita, con grande entusiasmo esollievo della signora Fairfax, e a me halasciato solo le briciole. La poveraAdèle è confusa e disorientata. Sa chedeve obbedire a "quella", ma eraabituata ad avermi tutto il giorno al suofianco. Adesso invece ci possiamovedere solo di sfuggita nei ritagli ditempo tra una lezione e l'altra, edobbiamo stare attente a quello che

diciamo, perché miss Jane capiscebenissimo il francese. Temevo chemadame Fairfax avrebbe fatto dormirel'istitutrice al mio posto nella camera diAdèle. Invece per fortuna le ha dato unastanza accanto alla sua, una stanzaelegante, dove Dédé non ha il permessodi entrare. Così noi due conti-nuiamoalmeno a dormire insieme.

Appena arrivata miss Jane hacominciato a interrogare Adèle, achiederle dei genitori, del posto doveviveva prima di venire in Inghilterra, deisuoi rapporti con monsieur Edouard…Dédé è stata bravissima. Ha risposto atutto, ma senza darle nessunainformazione com-promettente. Con

grande autocontrollo ha recitato la partedell'orfana, raccontando che la madre"era andata dalla Santa Vergine". Hasempre parlato di me come della suabonne, e ha insistito sul fatto che noncapisco una sola parola d'inglese. MissJane allora ha avuto la benevolenza diparlarmi in francese. Mi ha chiesto comemi chiamavo e quanti anni avevo, e sonostata pronta a rispondere: «Diciotto.» Ciha creduto, anche perché sono più alta dilei.

È una donnina piccola e magra, dallacarnagione pallida e dai lineamentimolto marcati. Non si riesce a capire lasua età, anche perché si veste sempre dinero o di grigio, e si pettina come una

zitella, coi capelli tirati, senza unricciolo sulle tempie o sulla nuca. Peròè piena di energia. Ha preso possessodella biblioteca e ci ha sistemato le suecose, i libri e gli oggetti che le servonoper fare lezione. Io naturalmente non cipotrò più entrare, se non per spolveraree mettere in ordine in compagnia diLeah. Devo stare attenta a non farmivedere in giro con un libro, neppure unlibro in francese, perché anche missJane è convinta che, oltre a non saperel'inglese, io non sappia né leggere néscrivere.

Adesso le nostre giornate si svolgonocosì: faccio alzare Adèle che è ancorabuio, la aiuto a lavarsi e a vestirsi e la

accompagno nel salottino di madameFairfax, dove miss Jane la prende inconsegna.

Fanno colazione insieme, poi salgono inbiblioteca. Io torno in camera nostra,metto in ordine, pulisco, e mi siedoaccanto al caminetto a rammendare. Losai, Tússi, che i lavori di cucito non misono mai piaciuti. Eppure, a meno cheLeah non mi chiami per darle una manonelle pulizie della casa o in cucina, devorestarmene con l'ago in mano finoall'imbrunire. Sempre pronta adaccorrere, nel caso miss Jane si stanchidi Adèle e me la restituisca prima deltempo. Ma non succede quasi mai. Nonsolo le fa lezione, insegnandole Dio sa

cosa, ma la porta con sé quando va apasseggio nel parco, e ci vanno tutti igiorni, anche se pioviggina. E nelpomeriggio la fa giocare con la bambolaaccanto a lei e a madame Fairfax nelsalottino di quest'ultima. Ormai Adèleparla l'inglese meglio di me, e anche sesbaglia ancora qualche verbo, è in gradodi comunicare perfettamente con le duesignore e con i domestici. Ti giuro,Tússi, che sto morendo di malinconia.Non ti dico con quanta impazienzaaspetti il momento in cui miss Jane michiama per ordinarmi di mettere Adèle aletto. Ma neppure allora me la possogodere per molto, perché è così stanca,povero uccellino, che si addormenta

quasi subito.

Adesso frequento molto di più gli altridomestici. Madame Fairfax mi ha fattochiedere se voglio mangiare in cameracome fa Grace Poole, ma le ho rispostoche preferisco scendere in cucina. Misembrerebbe di essere prigioniera serestassi in quella stanza per tutto ilgiorno.

Leah e Mary devono considerarmiproprio un'idiota, perché dopo quasi tremesi che vivo a Thornfield non hoimparato una sola parola d'inglese. Sonogentili e cercano di comunicare con me agesti, ma presto si stancano ecominciano a parlare tra di loro. Io

ascolto quello che dicono, i lorocommenti sulla nuova venuta. AncheLeah pensa che è troppo severa, tropposeria, che si veste come una quacchera,come se volesse mortificarsi, è qui dauna settimana e non l'abbiamo maisentita ridere. Povera Dédé, lei che eraabituata a stare con una mamma cosìallegra, così affettuosa, dover passaretutto il giorno con una mu-sona delgenere.

E oltretutto il tempo e sempre più grigioe piovoso. Venire ad Hay perconsegnare o ritirare le lettere alla postacomincia ad essere

complicato, con tutto quel fango. Perfortuna nessuno controlla i mieimovimenti, e quando capisco che missJane e Adèle non avranno bisogno di meper un paio d'ore, con la scusa di faredue passi nel parco, mi allontano a miopiacimento. Non so se potrò continuare afarlo quando comincerà a nevicare.

Ecco, Tússi, ti ho raccontato tutto. Sonotriste e mi chiedo quanto durerà questasituazione. Come tu hai ritrovato nelmomento del pericolo gli antichi deidella tua terra, io sono tornata a quello

che mi insegnava mia madre, quandostavamo in rue Marcadet. L'EssereSupremo e la dea Ragione sono unabellissima cosa, ma quando hai voglia dipiangere non c'è nessuno che ti consolicome il buon Gesù e la Vergine Maria.Li prego tutte le notti perché faccianoguarire madame il più presto possibile,e ci facciano tornare a casa. Li pregoanche perché proteggano te, caro Tassi,e madame Geneviève e la carissimaOlympe.

Scrivimi presto. Ti abbraccia con moltatristezza la tua Sophie

Dear mamma,

è arrivata l'istitutrice. Dobbiamo stareinsieme in the biblioteca tutto il day, ese sbaglio gli esercizi lei si arrabbia emi dice: «Mi ti hanno insegnato solo acantare canzoni indecenti?»

La colpa è di quel pezzo d'opera che tucantavi al piano insieme a monsieurJolivet, quello della donnaabbandonata che will vendicarsi.Credevo che le sarebbe piaciuto, inveceha detto in inglese a madame Fairfax,credendo che io dont understand:«Insegnare una cosa simile a unabambina! Che pessimo gusto!» E invecenon me lo ha insegnato nessuno, Ilearned it da sola ascol-tandovisinging. Mi ha chiesto se conoscevo

una little song per bambini, allora leho cantato quella del king Dagoberto.Quando ha sentito delle mutande alrovescio, miss Jane è diventata rossacome se lo avesse visto davvero, ilsedere nudo del re, e mi ha ordinato dismettere im-me-dia-tely. Lo dice così,con le sillabe separate, perché capiscache devo obbedire e basta.

Mamma, Sophie è triste. Non puòparlare con nessuno and is bored. Leho detto che può andare a giocare conBertha, io non sono gelosa. Ma lei diceche il suo amico si chiamava Pipolet eche se ne è andato da tanti anni.

«Bertha invece deve rimanere qui. Non

la lasciano andare via» le ho detto.«Per questo combina tanti malanni, perfargli dispetto. Ma con me è gentile, esarà gentile anche con te se ci vai.»Però Sophie non ci vuole andare.

Mamma, esci presto da quella prigione,così torniamo a Parigi e Sophie doesn'tcry.

Ti abbraccia stretta stretta your

Dédé

11

Parigi, Faubourg Saint Germain

29 ottobre 1837

Sassolino caro,

mi dispiace tanto per quello che miscrivi. Adesso tocca a me in-vitarti adavere pazienza. Vedrai che l'istitutrice sistancherà presto di passare tutto ilgiorno con Adèle, e si limiterà a tenerlacon sé solo durante le ore di lezione.

Forse anche lei, nei primi giorni inquella casa buia e isolata, si sente un po'

sola.

Per consolarti e darti un po' di speranza,ti informo che le cure prescritte daldottor Manette sembrano funzionare eche madame Cé-

line fa ogni giorno qualche piccoloprogresso. Adesso si accorge dellanostra presenza, anche se ancora non ciriconosce. Qualche volta ci parla comese fossimo le sue compagne di cella aSaint Lazare, e spesso si affanna aconvincerci che non ha denaro con sé eci supplica di non picchiarla. Sapessiche tristezza vederla così umile etimorosa!

Però risponde a tono alle domande,quando le chiediamo se ha fame, sevuole mettersi seduta, se gradirebbesentire della musica. Olympe ha fattovenire un violinista e gli ha chiesto disuonare un'aria de La Silfide. Madameseguiva il ritmo con la mano e muovevai piedi sotto le coperte. Il dottore diceche non ha subito nessun dannopermanente alle braccia e alle gambe eche, se recupera la ragione, dovrà faremolto esercizio fisico, ma potràriprendere a ballare. Continua a dire"se", ma pare anche lui sempre piùfiducioso nella guarigione.

Però ci sono ancora dei giorni in cui lanostra povera amica è molto agitata,

chiama la madre, il padrino, persinomonsieur Edouard. Parla con Solange esi dispera perché ha perduto il latte eAdèle non vuole prendere quello dellacapra.

Olympe è andata a parlare con i nipotidel Cittadino Marchese per chiedergli diritirare le loro accuse. Gli ha mostratouna delle lettere dello zio chetestimoniano la sua volontà di favorirela figlioccia. E

sai cosa ha fatto il più giovane deglieredi, il marchese d'Arconville?

Gliel'ha strappata di mano e ha cercatodi distruggerla. Per fortuna le altre due

sono già tra gli incartamenti del giudice.

Olympe si e talmente indignata che haaccusato il marchese d'essere un uomosenza onore e l'ha sfidato a duello.Quello si è rifiutato dicendo condisprezzo: «Non mi batto con unafemmina.»

«Allora state attento, perché alla primaoccasione che vi incontro senza scorta,vi infilzo senza prima mettervi inguardia!» gli ha risposto Olympe.

È tornata a casa fuori di sé dalla rabbia.Madame Geneviève le ha detto:«Neppure se tu fossi un maschio,avrebbe accettato di bat-tersi. I

Soulignac non appartengono alla nobiltà,e quelli come d'Arconville con iborghesi non incrociano la spada. Lifanno gettar fuori a bastonate dai servi.»

«Qui bisogna fare un'altra rivoluzione!»ha gridato allora Olympe furibonda.«Ma grande, come quella dell'89. Quibisogna impiccare gli aristocratici ailampioni, riunire l'AssembleaCostituente e instau-rare di nuovo laRepubblica.» Mi sembrava di sentirparlare il Cittadino Marchese, Sophie.Che nostalgia del suo modo di fareragionevole e allo stesso tempoappassionato! Certe volte immagino lasua indignazione, se potesse saperecome è stata trattata e in che condizioni

si trova la sua figlioccia, fortunatamenteOlympe e madame Geneviève sono fattedella stessa pasta del padrino e non siarrendono davanti a nessun ostacolo.

Spero che queste notizie ti abbiano unpo' rincuorato, povera Sophie. L'unicoconsiglio che posso darti è quello diandare in biblioteca mentre l'istitutrice eAdèle sono a passeggio, e di procurartiuna bella scorta di libri. Maprobabilmente lo avrai già fatto. Tiprometto che se in rue Notre 'Dame desChamps ci sarà qualche novità, tiscriverò subito, senza aspettare la tuarisposta.

Da' un bacio a Adèle da parte mia, e

anche da parte di Dagoberta. Dille chesta bene e, anche se non è vero, chedormo abbracciato a lei tutte le notti.

Ti abbraccio con tutto il mio affetto. Siiforte!

Toussaint

12

Thornfield, 10 novembre 1837

Caro Tússi,

non sai quale conforto siano per me lenotizie che mi scrivi sui progressi dimadame. Ho sempre creduto fermamenteche sarebbe guarita, e questi segnali miincoraggiano a ben sperare.

Quando ti avvicini al suo letto e le faiuna carezza o le baci le mani, pensa ame che desidero tanto abbracciarla enon lo posso fare.

Pensa a Dédé che ha tanta nostalgia disua madre.

Parlale all'orecchio e dille chepensiamo a lei ogni minuto e che levogliamo tanto bene. Non importa se lasua mente non ti capisce, ti capirà il suocuore.

Saluta da parte nostra e ringrazia ancorae ancora madame Geneviève e suanipote. Di' a Olympe che se infilza comeun tordo quell'uomo crudele delmarchese d'Arconville, tutta Parigi lefarà un grande applauso. Dille che èstato lui a prendere Adèle sotto leascelle e a depositarla sul marciapiedechiudendole alle spalle la porta della

casa dove era nata e cresciuta.

Oh, Tússi, che nostalgia ho della nostracasa! Come vorrei essere a Parigi convoi!

Per quanto riguarda l'istitutrice, aveviragione. Si e già stancata di Adèle. L'hosentita lamentarsi con madame Fairfaxdi quanto sia faticoso insegnare a unabambina viziata e capricciosa, vivacema su-perficiale, e incapace disentimenti profondi come tutte lefrancesi, e ringraziare il cielo di nonaver trovato a Thornfield una madretroppo indulgente che possa interferirenei suoi sistemi educativi. Credo cheuna donna così prevenuta e priva di

tenerezza piacerà moltissimo a monsieurEdouard, quando tornerà. Senzaconoscersi, la pensano allo stesso modo.

Quando Dédé mi descrive questi"sistemi" mi arrabbio e penso:

"Ma non ha mai letto Rousseau, questazitella? Cosa pretende dalla nostrabambina? L'inglese e una lingua difficilee Adèle ha cominciato a sentirla parlaresolo da pochi mesi."

Miss Jane invece si aspetta che sappiaanche leggerla e scriverla speditamente,e capire gli esercizi di matematica eimparare a memoria gli elenchi dei red'Inghilterra… così, dopo solo un paio

d'ore di lezione si spazientisce econgeda la sua allieva dicendole: «Va'da Sophie!»

Io ho il sospetto che non sempre Adèlele obbedisca e venga direttamente acercarmi nella nostra camera. Credo chequalche volta, specie quando ha legambe particolarmente intorpidite, se nevada al terzo piano "a giocare conBertha". Probabilmente si sfoga acorrere e a fare scivoloni nel corridoiochiacchierando con l'amichettaimmaginaria. Grace Poole per fortunanon si e più lamentata. Anzi, se per casoincontra Adèle nell'atrio o per le scale,le sorride e le strizza un occhio in segnodi complicità. È una donna veramente

strana.

Anche miss Jane, dopo il fervore deiprimi giorni, sta cominciando adannoiarsi. Me ne accorgo da comecammina nervosa su e giù per l'atrio, dacome passa il tempo a guardare fuoridella finestra.

Ogni tanto sale in soffitta, dove c'è unabotola che porta al terrazzo, quello cheha il parapetto merlato come le mura diun castello.

Un giorno, mentre tornavamo da unapasseggiata verso lo stagno, l'abbiamovista da lontano, che guardaval'orizzonte oltre il boschetto delle

cornacchie.

Adèle mi ha detto: «Non ti sembra lasorella della moglie di bar-bablù, quellache dalla torre aspettava l'arrivo deifratelli che dovevano salvarle? Ma qui aThornfield a salvare le ragazzeprigioniere non ci viene nessuno.»

«Come fai ad esserne tanto sicura?» leho chiesto. E Dédé: «Me l'ha dettoBertha.»

Sai che certe volte parla della sua amicaimmaginaria con tanta sicurezza cheriesce a suggestionarmi e a farmipensare che ci sia davvero una bambinache vive nella nostra stessa casa,

invisibile a tutti tranne che a Dédé.Probabilmente se lo sapesse l'istitutrice,direbbe che noi francesi siamo creatureignoranti, irrazionali e superstiziose.

Però, nonostante mi faccia arrabbiarealmeno sette volte al giorno, miss JaneEyre spesso mi fa anche pena. Penso cheforse prima di venire a Thornfield eraabituata a vivere in un ambiente diverso,magari in una casa di città piena di gentecon cui uscire, conversare, fare vita disocietà.

Qui non ha altra scelta che scambiare lesolite frasi banali con madame Fairfax,anche perché è evidente che considera idomestici indegni della sua confidenza e

compagnia. Con me ha cercato di fare unpo' di conversazione in francese. Ma piùche conversazione, le sue domandesomigliavano a un interrogatorio, perciòmi sono guardata benedall'incoraggiarla. Sarebbe un gransollievo per entrambe se lei conoscessela verità sul mio conto e potessimodiventare amiche. Ma non credo che sescoprisse chi sono veramente, e chemadame Céline è viva, si schiererebbedalla nostra parie contro misterRochester e non voglio correre rischi.

Tússi, temo che questa probabilmentesarà l'ultima lettera che riuscirò aspedirti nell'anno di grazia 1837. Fafreddo e ha cominciato a nevicare quasi

tutti i giorni. È difficile far credere aidomestici che dopo pranzo me ne vado apasseggiare nel parco per quasi due ore(tanto ci vuole a raggiungere l'ufficiopostale di Hay e tornare). Quando nonera ancora arrivata l'istitutrice, nessunostava a controllare con l'orologio i mieimovimenti. Se il tempo era bello,portavo Adèle con me; se pioveva, leraccomandavo di restarsene zitta zitta incamera a leggere o a disegnare fino almio ritorno. Adesso invece miss Jane mimanda a chiamare nei momenti piùimprevisti, da per scontato che io nonesca mai di casa, e si aspetta che mipresenti in biblioteca nel giro di pochiminuti.

Praticamente sono prigioniera. Hopensato che potrei consegnare le mielettere al postino, che passa ogni due otre giorni. Ma temo che, anche senzaalcuna malizia, quell'uomo un giorno nepotrebbe parlare a Mary o a Leah. Lequali ne parlerebbero a miss Jane e amadame Fairfax. E queste nel peggioredei casi mi ordinerebbero di farglieleleggere, e nel migliore mi accuserebberocomunque di averle ingannate con larecita della bambinaia ignorante eanalfabeta.

Perciò devo aspettare che arrivi laprimavera, o almeno che smet-ta dinevicare e venga qualche giorno di sole.

Questo significa, Tússi, che non potròneppure ritirare le tue ri-sposte primadel disgelo. Quindi prenditela calma,scrivimi solo se ne hai voglia. A menonaturalmente che in rue Notre Dame desChamps non succeda qualcosa di nuovoe di importante.

In questo caso lascia perdere ogniprecauzione e spediscimi la lettera conla buona notizia qui a Thornfield. Sequalcuno si accorgerà che il portalettereha posta per me, racconterò che mihanno scritto i miei parenti e che mi faròleggere la lettera da Adèle. E se non cicre-deranno, a quel punto non avrà moltaimportanza, perché noi due torneremosubito a Parigi.

E dunque con la speranza che il nostroprossimo appuntamento non debbaaspettare il disgelo, ma che la tuaprossima lettera arrivi presto e nellaborsa del postino, ti abbraccia con tantoaffetto la tua Sophie

Dear mamma,

miss Jane mi ha fatto scrivere all theafternoon, sempre a ricopiare la stessafrase: "Sono stata disordinata edisattenta". Adesso mi fanno male thefingers e quindi non ti posso scrivereuna lettera molto lunga. Sophie says tht

anche se miss Jane è severa, io devoavere pazienza ed essere obbediente.

Qui fa molto freddo, c'è la neve; ierivolevo uscire con Sophie e fare unpupazzo nel viale, ma miss Jane did notpermit it. madame Fairfax ha detto chenon possiamo allontanarci daThornfield fino alla primavera perchéthe streets are bloccate. Siamo come inun castello as-sediato. Ma al drago chec'è in cantina io dico: «Come out» e disoffiare il suo fuoco sulla neve così siscioglie.

Bertha è raffreddata e tossisce e sputasulle braci del camino. Io le dico: «Youare not educata» e lei mi risponde:

«Non me ne importa niente. Io wontscappare in quell'isola where c'èsempre caldo.»

And I say: «Anche nell'isola di Tússic'è sempre caldo. Ma lui se ne è dovutoandare perchè era uno schiavo e lohanno venduto.» E Bertha mi harisposto: «Cosa cred? Anch'io sono unaschiava.» Ma qui non c'è nessunpadreone e poi lei non ha la pelle neracome Tússi. Bertha qualche volta èproprio bugiarda. Dear mamma, adessonon posso proprio scrivere più, e tisaluto.

Un kiss grande and hot dalla yourdaughter Dédé

II. THORNFIELD, INVERNO 1837-1838

1

idea di dover restare prigioniera inquesta casa per tutto l'inverno senzapoter comunicare con i miei unici amici,senza sapere cosa succede a Parigi, mifa impazzire. Cerco di controllarmiperché Adèle non si accorga della miamalinconia. È una bambina coraggiosa epiena di dignità, checché ne pensi missJane. Ma dopo quello che le è successonegli ultimi mesi ha bisogno di un adultoche le dia la sensazione di potersicompletamente fidare, verso il quale nonnutrire alcun sospetto.

Prima non avevo mai pensato a me

stessa come a un'adulta.

Adesso mi guardo allo specchio e midico: "Sophie, non sei più la bas-bleu diquattordici anni e mezzo che sognava distudiare medicina e che è entrata in casadei Frédéric tenendo Adèle per mano.Adesso sei una bambinaia di diciottoanni, una domestica al servizio dei tuoipadroni."

Odio essere una domestica, odio doverobbedire a tutti con un inchino, odiodover lavare e stirare la biancheria miae di Adèle, e anche quella della casa cheLeah, poveretta, mi passa quando hatroppo da fare. Odio pulire le lampade,spazzare la cenere dai caminetti,

trasportare al primo piano la legna o ilcarbone. Odio svuotare e lavare i vasida notte.

Odio cucire e rammendare, eavvicinarmi al pianoforte solo perspolverarlo, senza poter sollevare ilcoperchio e mettermi a suonare. Odionon avere il diritto d'intervenire in undiscorso se sento che gli altri stannodicendo qualcosa che non mi convince, edover nascondere sotto il materasso illibro che sto leggendo quando sento unpasso che si avvicina. Odio servire lacolazione, il pranzo, la cena e il tè,quando Leah deve aiutare Mary incucina. Ma almeno in quelle occasioniposso fermarmi nel salottino della

signora Fairfax e ascoltare quello chedicono le signore.

«Non bisogna mai ascoltare di nascostoi discorsi degli altri, Sophie! Solo lespie dei Borbone si comportano inquesto modo» mi diceva sempre miopadre, quando gli riferivo qualchepettegolezzo colto lungo le scale o nellaguardiola di madame Annaud.

Qui a Thornfield mi capita molto spessodi pensare ai miei genitori. Cosa stareifacendo adesso se mio padre non fossemorto quel 28 luglio? L'assistente dellamaestra in una scuola popolare?L'apprendista tipografa? La venditriceam-bulante di libri, la colporteuse con

la gerla di vimini sulle spalle? E se,quando è morta mia madre, madameCéline non mi avesse accolto nella suacasa? Quanto avrei resistito, prima diammalarmi, all'Ospizio di Mendicità? Ese ne fossi scappata, che lavoro avreipotuto fare per vivere? La sguattera delpescivendolo, come voleva madameFrédéric? La mendicante, la prostituta?Sarei ancora viva, o sarei già da unpezzo morta di fame, di tisi oaccoltellata in un vicolo buio?

Certo se fossi rimasta sola non sarei mairiuscita a farmi assumere comebambinaia in una casa signorile, edunque non devo lamentarmi della miasorte.

Ho scoperto che anche miss Jane haavuto un'infanzia molto difficile.Peggiore della mia, perché a dieci anni,quando i suoi ricchi parenti l'hannocacciata di casa, non ha incontrato unangelo come madame Céline, un amicocome Tússi e un insegnante straordinariocome il padrino, ma è finita in un Istitutodi Beneficenza dove in cambio di undiploma di maestra le hanno fatto patireil freddo e la fame, l'hanno picchiata,umiliata, mortificata. Dove la suamigliore amica le è morta tra le bracciadi mal sottile, provocato dal freddo edalla alimentazione insufficiente.

Non è stata miss Jane a raccontarmelo.Lei desidera parlare con me solo per

esercitarsi nella lingua francese. Mi famille domande sulla mia vita, e sispazientisce perché non le rispondocome vorrebbe. Ma non è previsto che amia volta io possa farle delle domandepersonali. Le bambinaie non possonoprendersi tanta confidenza.

Però spesso, quando Adèle è a lezione,Leah mi chiede di aiutarla nelle pulizie,e un giorno, spolverando il tavolo incamera dell'istitutrice, ho trovato il suodiario, e ne ho letto qualche pagina. Nonper indiscrezione o curiosità. Per legitti-ma difesa.

So che mio padre, Pierre Donadieu e ilCittadino Marchese la giudicherebbero

un'azione spregevole. Ma ho bisogno disapere quali sono le intenzioni e iprogetti di questi inglesi sulla miaAdèle. Purtroppo ho potuto leggernesolo le tre o quattro pagine iniziali,perché è entrata Leah col secchio delcarbone. In seguito non ho più trovato ildiario. Evidentemente miss Jane lo tienesotto chiave e quel giorno l'avevaeccezionalmente dimenticato sullascrivania.

In questa casa sembra che il tempo nonpassi mai. Ora che non guardo più conansia il calendario in attesa delle letteredi Tússi, ogni giorno mi sembra uguale aquello appena trascorso e a quello cheverrà. È arrivato il Natale ed è passato

senza nessun avvenimento notevole,senza altro festeggia-mento che una tazzadi cioccolata calda a colazione per Adè-

le e, sempre per lei, il regalo di un librodi preghiere della setta protestante a cuiappartiene miss Jane.

Chissà come avranno festeggiato in casaSoulignac?

Chissà se madame Céline ha fatto nuoviprogressi? Chissà se ricorda almenovagamente i nostri Natali di un tempo?La Messa di Mezzanotte a Notre Dame,dove andavamo in carrozza, con Adèlepiccolina avvolta in una coperta. El'indomani il via vai degli amici che

passavano a fare gli auguri, e alla serala grande festa nel salone, la musica, lochampagne, i tavoli carichi dei cibi piùsquisiti. E madame Céline bella,elegante, amabile, spiritosa, che insiemeal padrino faceva gli onori di casa…

Anche a Thornfield sembra che unavolta ci sia stato un gran ballo inoccasione del Natale. La signora Fairfaxlo ha raccontato all'istitutrice comequalcosa di eccezionale, distraordinario, considerate le abitudini daeremita del padrone. Il signor Rochesteraveva invitato una cinquantina di ospitiappartenenti alle migliori famiglie dellaContea di S. E

tra questi una certa miss Blanche Ingramdi diciotto anni alla quale faceva lacorte, anche se poi non l'aveva sposatacome tutti si aspettavano. Questo eraaccaduto nel dicembre del 1831. Unadata che non posso dimenticare, perchéè stato l'ultimo Natale che ho passatocon mia madre nella soffitta di rueMarcadet.

E subito mi è venuto da pensare che erastato anche il primo Natale di Adèle,l'ultimo che madame Céline avevatrascorso nell'illusione di essere sposatacon monsieur Edouard. Il quale, adessoricordo che madame se n'era lamentata,non aveva passato le feste in famiglia,ma se n'era andato in Inghilterra col

pretesto che la vecchia zia – quella chenon è mai esistita – reclamava la suapresenza. Invece era venuto a Thornfielda divertirsi e a corteggiare un'altradonna. Che doppiezza! Che uomospregevole! Adèle non deve restarenella sua casa un minuto più delnecessario.

Cosa importa se è suo padre? Non levuole bene, la giudica una bambinastupida, vanitosa e senza carattere, mettein dubbio che sia davvero sua figlia, l'haportata via «dal fan-

go di Parigi» solo per dovere, perespiare le sue colpe piccole e grandi,come ha raccontato lui stesso a missJane.

E quella povera ingenua dell'istitutricegli ha creduto e sta cadendo nella suatrappola, come hanno fatto prima di leimadame Céline, Blanche Ingram e chissàquante altre donne.

2

onsieur Edouard è tornato in gennaio,con un piede slogato perché il suocavallo era scivolato sul ghiaccio.

Adèle, povera animuccia affettuosa, gliha fatto grandi feste, ma senza riceverein cambio che una carezza distratta e unafrase sarcastica. Per il padrone diThornfield un bacio di Dédé non ha piùvalore di una zampata affettuosa diPilota.

Appena arrivato ha invitato l'istitutrice aprendere il tè con lui e l'ha sottoposta aun vero e proprio interrogatorio al

quale, devo riconoscerlo, miss Jane harisposto con dignità e anche con unacerta ironia. Ma intanto non ha potutofare a meno di informarlo che èun'orfana sola al mondo, priva diqualsiasi risorsa finanziaria e diqualsiasi esperienza all'infuori di quelladell'istituto religioso dove ha studiato, eche non può contare sull'aiuto di alcunparente, amico o protettore.

Oltretutto miss Jane è molto più giovanedi quanto sembri: ha solo diciotto anni!Praticamente una mia coetanea, seavessi davvero l'età che ho dichiarato amister Rochester.

Povera, inesperta, giovane e sola al

mondo, la vittima ideale per una nuovatrappola, ho pensato, mentre servivoloro il tè. Anche se miss Jane è cosìpoco attraente che bisogna essereproprio annoiati a morte, oppure viziosie privi di scrupoli, per immaginare dicoinvolgerla in un'avventura galante.

Qualche giorno dopo sono arrivati daMillcote i bagagli del padrone di casa.Monsieur Edouard aveva portato deiregali per Adèle e l'ha chiamata insalotto in compagnia dell'istitutrice perdivertirsi a vedere la sua reazionequando avesse aperto le scatole e ipacchetti. Come sua abitudine, insieme aqualche ninnolo luccicante, di quelli chegli esploratori offrono ai selvaggi e gli

adulti ignoranti regalano ai bambini, leaveva comprato una mise, uno di quegliabitini eleganti completi di accessoriche a Parigi erano la disperazione diSolange. Troppo leggeri e scollati per igiorni freddi, troppo rigidi e pesanti percorrere in giardino d'estate; fatti distoffe che non si possono lavare, pienidi lacci e nastri che impedi-scono imovimenti vivaci di una bambina inbuona salute.

Adèle, che è stata educata a dimostrarela sua gratitudine anche per i regali chenon sono di suo gusto, mi ha chiesto diaiutarla a indossare la vestina rosa, lecalze di seta, i san-dali di raso bianco,la ghirlanda di boccioli di rose, ed è

tornata in salotto per farsi ammirare eper ringraziare monsieur Edouard. Ilquale l'ha osservata freddamente, quasicon disprezzo, e poi ha detto a missJane: «Questa creatura è uguale a suamadre: ha la civetteria nel sangue, nelcervello e persino nelle ossa.»

Se fossi stata al posto di miss Jane gliavrei fatto osservare: "Non è stata Adèlea scegliere questo vestito. Gliel'aveteregalato voi, e chissà in quale negozio dilusso siete andato a scovarlo, insieme atutti quegli accessori ridicoli, così pocoadatti a una bambina della sua età. Nonavevate di meglio da fare, durante ilvostro viaggio? Non c'era un modomigliore per spendere il vostro denaro?

Sono certa che Adèle avrebbe graditomolto di più un pony."

Ma l'istitutrice è stata zitta. E anch'ionon ho aperto bocca, naturalmente. Maavevo una gran voglia di sbattere ilvassoio del tè sulla testa di quelseduttore da strapazzo.

Perché tutte queste sue arie da personaaustera e poco amante della mondanità,da peccatore pentito che aspira a unavita onesta e virtuosa, fanno parte delruolo che sta reci-tando per conquistaremiss Jane. Lei, poveretta, cerca di darsiun contegno, di rispondere con ironia ocon severità quando monsieur Edouardla provoca con i suoi paradossi; gli fa la

morale quando lui parla della suagiovinezza dissipata, e lo sprona amigliorarsi quando esprime propositi diravvedi-mento. Non per niente è figlia diun sacerdote ed è stata educata in unistituto religioso!

Ma bisogna essere ciechi per nonaccorgersi che lo ammira, che lo trovaaffascinante, che pende dalle sue labbra.

Tanto che mi sono posta il problema senon sia mio dovere avvertirla di comemister Rochester si è comportato aParigi, di come ha ingannato madameoffrendole un matrimonio che non avevavalore, e di come più tardi si siarifiutato di aiutarla a difendersi da una

accusa ingiusta. Ma sono certa chel'istitutrice non mi crederebbe. Ancheperché, dovendo giustificare la presenzadi Adèle a Thornfield, monsieurEdouard ha pensato bene di raccontarlesubito la sua personale versione deifatti.

Non so come ho fatto a trattenermisentendo descrivere madame Célinecome una cortigiana interessata solo allesterline che poteva cavar fuori dalletasche del suo ingenuo adoratore. Unamaliarda frivola, avida di danaro, senzacuore e senza spirito, bugiarda einfedele – sono queste le parole che hausato monsieur Edouard per descriverela mia dolce e buona protettrice – una

mantenuta di gran lusso per la quale,accecato dalla passione, aveva rischiatodi rovinarsi. Un'astu-ta creatura che,approfittando della sua fiducia, gliaveva fatto credere sua figlia la bambinanata nel corso della loro relazione. «Unabambina» ha ammesso monsieurEdouard, mentre miss Jane lo ascoltavaseria e zitta, evidentemente turbata daquesto spaccato di vita libertina eviziosa «una bambina che forse puòessere mia figlia sebbene io non ritrovinel suo volto nessuna prova di talemalaugurata paternità.»

Poi ha aggiunto sospirando in tonoromantico: «La mia primavera se n'èandata, lasciandomi tra le mani questo

fio-rellino francese del quale a voltevorrei essere liberato.»

Ma alla fine ha concluso con durezza:«Non riconosco a Adèle alcun dirittonaturale ad essere mantenuta da me,poiché non sono suo padre.»

"Allora lasciateci tornare in Francia,dove madame Soulignac sarà felice diospitarci e di farcì vivere accanto allamadre di Dédé, che non l'ha mairinnegata come voi state facendo inquesto momento" avrei voluto esclamareindignata.

Che fatica ascoltare in silenzio le bugiedi quel tessitore d'inganni!

Era arrivato il momento di spiegarecome e perché quel grande amore erafinito. Sotto lo sguardo severo di missJane quel bellimbusto non si è fattonessuno scrupolo nel gettare fango sullapovera madame Céline per mettere sestesso in buona luce.

Quando Adèle ancora non camminava,ha raccontato monsieur Edouard, ilpresunto padre aveva scoperto per casodi venire tradito e coperto di ridicolodalla amante, che mentre sperperava lesue sterline, se la faceva con un giovanevisconte francese scapestrato e vizioso.

A quel punto, aperti finalmente gli occhie recuperata la propria dignità, da quel

gentiluomo che era aveva sfidato aduello il visconte e l'aveva ferito a unbraccio; aveva scacciato la ballerina, el'avrebbe dimenticata per sempre, secostei qualche anno dopo, aggiungendoalle altre infamie e perver-sioni quellad'essere una madre snaturata, non se nefosse scappata in Italia con un cantante,abbandonando Adèle nel

fango di Parigi. Dal quale il generosomister Rochester l'aveva salvata giustoun attimo prima che ne venisseinghiottita.

«Le ho detto che sua madre è morta perevitarle di do-versene vergognare» èstata la conclusione del racconto.

Io che so come sono andate veramente lecose, che ne sono stata in partetestimone, mi sentivo bruciare dallarabbia e dall'indignazione. Mi chiedo segli uomini mentono tutti così, quandovogliono conquistare una donna virtuosae non possono nasconderle le avventuregalanti del proprio passato.

Odio mister Rochester ancora più diquanto detesti rammendare le calze esvuotare i vasi da notte. E sono contentadi avere resistito alla benevolenza dimadame Fairfax, di non essermi

abbandonata alla apparente sicurezza diThornfield, di non aver rivelato la miavera identità. Ho capito che non possoabbassare la guardia. Devo mantenere lapromessa fatta tanti anni fa a madameCéline. È triste doverlo riconoscere, maAdèle deve essere difesa dal male chepotrebbe farle il suo stesso padre.

3

uei due amoreggiano come due colombi.Anzi, come uno sparviero e unacolomba. Monsieur Edouard è aThornfield da quasi due mesi, e non c'ègiorno che non inviti l'istitutrice apassare il pomeriggio o la serata nel suosalotto. Lui parla, racconta dei suoiviaggi, della sua giovinezza infelice, silancia in ragionamenti teorici sullamorale, il rimorso, l'e-spiazione.Rivendica il proprio diritto alla felicitàe si atteggia a eroe malinconico come unpersonaggio di Byron. Lei ascolta insilenzio, annuisce, arrossisce, sorride,

abbassa gli occhi. Risponde solo quandonon può farne a meno. Anch'io ascolto,attardandomi a sistemare la legna nelcaminetto, oppure a spolverare i ninnolinell'attigua stanza da pranzo, e penso amadame Céline, che aveva solodiciassette anni quando mister Rochesterha cominciato a corteggiarlaraccontandole probabilmente le stessebugie. L'istitutrice adesso si veste conpiù cura. Sull'abito scuro da quaccherala sera mette un collettino di pizzobianco, o un medaglione con un cammeo.Raccoglie i capelli in un nodo piùmorbido. Ci sono dei momenti in cui lesi formano due fossette sulle guance eallora sembra quasi graziosa. Lui,

quando vuole farle un complimento, lachiama "la mia silfide". Mi chiedo sequella parola non gli richiami alla mentemadame Céline nel suo tutù bianco conle piccole ali di velo sulle spalle.

Durante le lezioni, mi riferisce Adèle,miss Jane è trasognata, tende l'orecchioai rumori fuori della biblioteca,dimentica dove ha poggiato il libro. Èdiventata anche più affettuosa con la miabambina. All'ora del tè se la fa sederesulle ginocchia e un paio di volte èpersino venuta nella nostra camera perdarle il bacio della buona notte.

Anche con me è più gentile: quandoentro in biblioteca col secchio del

carbone mi trattiene a parlare, mi chiededi Parigi, dei suoi teatri, della vitadell'alta società. A ogni domanda potreirispondere con una conferenza dimezz'ora, invece mi limito a scuotere latesta e a dire: — Non so.

E intanto vorrei gridarle: "Scappate,miss Jane, prima che sia troppo tardi!Questo è il castello di Barbablù e, comedice Bertha, non arriverà nessuncavaliere a salvarvi."

Mister Rochester, come se potesseleggermi nel cervello, un giorno mi hafermato nell'atrio, dove ero entrata perspolverare la pendola e mi ha detto: —Ti ho vista parlare in francese con

l'istitutrice. Bada a quello che dici,ragazza, se non vuoi essere licenziata sudue piedi.

— Oui, monsieur — ho risposto con uninchino. Adèle è irrequieta. Le suelezioni non sono più così lunghe eimpegnative e spesso non ha niente dafare per l'intero pomeriggio. Io cerco dicolmare le lacune della sua educazionechiu-dendomi in camera con lei eraccontandole quello che mi ricordodelle materie che ci insegnava ilpadrino. Ma Dédé ha bisogno dimuoversi, di giocare. E per quanto iocerchi di sostituire in tutto madameCéline, ha bisogno di sua madre.

Guarda triste fuori della finestra il pratoancora coperto di neve e mi chiedesconsolata: — Quando torna laprimavera?

Quando potremo andare al villaggio aritirare le lettere di Tússi? A quest'oramamma è certo uscita dalla prigione.Perché non ci viene a prendere?

Poi tira fuori dalla scollatura ilmedaglione, lo apre e bacia ilmicroscopico ritratto di madame Céline.Mi fa così pena, povero uccellino, chele dico: — Va' a farti una bella corsa nelcorridoio del terzo piano. Va' a giocarecon Bertha.

Ma sembra che anche Bertha sia dimalumore. — È

molto arrabbiata con miss Jane — miinforma Adèle. — È

gelosa. Qui nessuno le vuole bene e leivuole scapparsene.

Vuole tornare a casa sua.

— Non sapevo che la tua amica avesseun'altra casa.

Credevo che vivesse qua da sempre —ho osservato. Il mio Pipolet non avevauna biografia così complessa. Doveappariva, là era il suo mondo.

— Prima stava sull'isola — mi haspiegato Adèle. —

Quella dove le bambine possonocamminare scalze, sai, come la contessaMercedes. Anche Bertha aveva tantischiavi, però lei li ha liberati.

— Ma se l'altro giorno ti ha detto che leistessa era una schiava!

— Qui. Ma lì era la padroncina.

Evidentemente Dédé ricorda di averesentito leggere a voce alta dalla madre Imiei primi dodici anni della contessa deMerlin. E anche l'insofferenza e lagelosia per l'istitutrice credo che Adèle

le attribuisca all'amica immaginaria pernon riconoscere che le prova lei stessa.

Da almeno una settimana ha smesso dinevicare, ma la strada per Hay è ancorabloccata. Se potessi servirmi di uncavallo o di una carrozza, potreiraggiungere il villaggio facendo ilpercorso usato dal macellaio e dalportalettere. Ma si tratta di girareattorno alla collina e di allungare lastrada di almeno quindici miglia.Impossibile percorrerla a piedi. E

se anche avessi le gambe così robuste,come potrei assentar-mi dalla villa pertutto il tempo necessario ad andare e atornare?

Così mi rassegno a spiare anch'io ildisgelo dalla finestra e a contare i giorniche ci separano dalla fine dell'inverno.Cerco di immaginare quello che succedenel frattempo a Parigi, come sta madameCéline. So che non devo illudermipensando che ci sia stata nel frattempouna guarigione rapida e improvvisa.Tússi me lo avrebbe fatto sapere. Maspero con tutte le mie forze che ilmiglioramento sia costante, e che ognigiorno porti nuovi progressi.

Adèle in questi mesi è cresciuta di bentre centimetri.

Avevo fatto un segno sullo stipite dellaporta il giorno che siamo arrivate, e ieri

ho controllato la differenza. Anch'iodevo essere cresciuta, perché l'istitutricemi ha fatto osservare che ho le sottanetroppo corte e che il tratto eccessivo dicaviglie che lasciano scoperto non ècompatibile col pudore richiesto allabambinaia di una casa signorile.

— Allunga l'orlo — mi ha detto — o senon c'è abbastanza stoffa, aggiungici unastriscia dello stesso colore.

Mi chiedo se, credendomi sua coetanea,non cominci ad essere gelosa di me.Sarebbe davvero un'idea ridicola,considerato il mio ruolo in questa casa eancor più i sentimenti che provo per ilnostro comune padrone.

4

altra notte c'è stato un incidente che haportato un po' di movimento e discompiglio. Monsieur Rochester hal'abitudine di leggere a letto, e si èaddormentato dimenticando di spegnerela candela che aveva sul comodino.Muovendosi nel sonno probabilmente haspinto verso la fiamma le cortine delletto, che hanno preso fuoco. Nondoveva essere un grande incendio,perché monsieur non si è neppuresvegliato. Ma l'istitutrice che soffred'insonnia dice di aver sentito deirumori nel corridoio, è uscita, ha visto il

fumo filtrare da sotto la porta, e si èprecipitata con la brocca dell'acqua incamera di monsieur Edouard, inondandoil letto e il suo occupante.

Adesso recita la parte dell'eroina che hasalvato il padrone sfidando un gravepericolo. Non lo dice esplicitamente, mafa capire che nel corridoio si aggiravaqualcuno, o qualcosa, pronto adaggredirla. Un mostro? Un fantasma?

— Di sicuro era Bertha — dice Adèle.

Ci sono dei momenti in cui parla dellasua amica con tanta convinzione chequasi dimentico tutta la mia razionalità epenso che forse Dédé vede davvero

qualcosa, parla davvero con qualcuno,col fantasma di una bambina morta, peresempio. Una piccola antenata di misterRochester, figlia magari della dama ilcui ritratto è appeso nell'atrio di fronte aquello del cavaliere con la corazza e laspada. Poi mi vergogno di me stessa. Hosempre giudicato ridicole e ignoranti lepersone che credono negli spettri, e nonimmaginavo che una persona così freddae controllata come miss Janeappartenesse a questa categoria.

Mi piacerebbe chiederle se anche lei haletto Udolfo come la protagonista deL'abbazia di Northanger. Perché è statapunita per le sue macabre fantasieesattamente come Catherine Morland: ha

perduto l'innamorato. La mattina subitodopo l'incendio mister Rochester èpartito senza salutare nessuno, tranne lasignora Fairfax, alla quale però non hadetto dove andava né quando esoprattutto se tornerà.

— Può darsi che vada all'estero e nontorni prima di un anno — dice seraficala vecchia signora. — Non sarebbe laprima volta che sparisce per tantotempo.

L'istitutrice, quando la sente parlarecosì, diventa pallida e sembra sul puntodi piangere, anche se non si è mailasciata andare. Evidentemente si eraillusa che tra lei e il padrone potesse

nascere, o magari fosse già nato deltenero.

È diventata nervosa, rimprovera Adèleper il minimo errore, non sopporta cheentri nel salone e suoni al pianoforte lesemplici arie che lei stessa le hainsegnato.

L'ho sorpresa che leggeva le offerte dilavoro sul foglio degli annuncidell"'Araldo della Contea di S". Chevoglia andarsene da Thornfield?Sinceramente, non so più se la suapartenza mi farebbe piacere. Nonostantetutte le sue stranez-ze Adèle le si èaffezionata e anche per me la presenzadi una persona giovane in casa serve

come antidoto alla malinconia.

Sono passati cinque giorni da quandomister Rochester è partito, e le stradesono ormai sgombre. Miss Jane è giàuscita più volte a passeggio con Adèle,ma non si è mai spinta fino ad Hay. Lasignora Fairfax ha deciso di fare leGrandi Pulizie di primavera, quindiLeah e Mary sono impegnate dall'alba altramonto a spostare mobili, arrotolaretappeti, lavare vetri e pavimenti, dare lacaccia alle ragnatele, insomma arivoltare la casa da cima a fondo. Hocapito che la vecchia signora siaspettava che anch'io mi offrissi dipartecipare al-l'impresa, consideratoche ogni tanto sostituisco di buon grado

Leah nelle sue mansioni. Ma questavolta ho fatto orecchie da mercante. Lepulizie generali non rientrano nellemansioni di una bambinaia, neppuremister Jonathan Swift nelle sueIstruzioni alla servitù oserebbeaffermarlo. E ho tutte le intenzioni diapprofittare della confusione per uscirefinalmente di casa e andare all'ufficiopostale di Hay.

Penso che, anche se piove, tenterò diandarci domani.

Ho già scritto una lunga lettera a Tússiper informarlo di tutto quanto è successoin questi ultimi mesi. Anche se – Dionon voglia! – l'impiegata non avesse in

giacenza alcuna lettera per me, almenoavrò la mia da spedire e la passeggiatanon sarà stata inutile. Sono certa cheanche Toussaint, anche Olympe emadame Geneviève hanno sofferto comeme a restare senza notizie per tuttoquesto lungo inverno.

III. PARIGI-THORNFIELD, MARZO-GIUGNO 1838

1

Parigi, Faubourg Saint Germain

1 marzo 1838

Cara Sophie, sassolino mio carissimo,

sapessi quanto mi sono mancate le tuelettere! Quanto ci sono mancate, perchéanche le nostre buone amiche ogni tantosi chiedevano: «Cosa starannocombinando quelle due?» Per fortuna siaOlympe che la nonna sono due personedotate di un incrollabile ottimismo,perciò non si abbandonavano aimmaginare disgrazie e catastrofi. Ero

talmente preoccupato per conto mio, chenon lo avrei potuto sopportare. E lo saròancora, fino a quando non riceverò unatua risposta.

Spedisco questa lettera il primo giornodi marzo, ma so che probabilmenteresterà ad aspettarti qualche tempopresso l'ufficio postale di Hay Nonriesco a immaginare quando le strade dicampagna attorno alla vostra casatorneranno ad essere praticabili. Miarmerò di pazienza, ma ti supplicoamica mia, appena ti sarà possibileuscire di casa, scrivimiimmediatamente!

So che anche tu stai bruciando

dall'impazienza. Sono più di tre mesiche non sai niente di madame Céline. Ilfatto di non aver ricevuto alcuna letteraindirizzata non all'ufficio postale madirettamente a Thornfield dovrebbeaverti fatto indovinare che le suecondizioni non sono molto cambiate. Aileggeri progressi che ci riempiono disperanza, si alternano momenti diconfusione e di delirio. Il dottor Manetteci dice di non disperare, che questo è ilnormale decorso della malattia, e chemadame Céline sta dimostrando di avereuna fibra robusta e grandi capacita direcupero. Ci esorta a continuare le cure,i massaggi, gli esercizi. Appena legiornate si sono fatte più tiepide, ha

consigliato a Olympe di portarla fuori incarrozza.

Madame Genevieve, che ufficialmente ela sua custode, ha dovuto chiedere ilpermesso del giudice, che per riguardo alei è venuto personalmente a vederemadame e, con le lacrime agli occhi,gliel'ha subito concesso.

La nostra povera amica sembra gradirel'aria aperta, il sole, il movimentoritmico della vettura, è straziantevederla sorridere e cantare sottovocecon quel suo sguardo perso nel vuoto.C'è stato un momento in cui madameSoulignac ha sospettato che l'infelice,per le per-cosse ricevute a Saint Lazare

sul viso e sul capo, potesse aver perdutol'uso della vista. Ma il dottore ciassicura che gli occhi funzionanoperfettamente. È il cervello che si rifiutadi mettere a fuoco la realtà.

Olympe non vuole che qualcheconoscente veda madame in questecondizioni, perciò evita tutte lepasseggiate alla moda, il Bois deBoulogne, gli Champs-Elysées, igiardini del Lussemburgo. Guidapersonalmente la carrozza e le fapercorrere i viali di periferia, dove glialberi cominciano a coprirsi di gemme edai giardini delle case si affaccianocespugli pieni di boccioli pronti aschiudersi.

È davvero un'amica straordinaria,Olympe! Continua a vestirsi da uomo e apraticare sport e attività maschili. Credoche ormai i suoi muscoli siano piùsviluppati dei miei. Vedessi con quantaabilità guida la carrozza, tirata da duepurosangue veloci, ma nervosi e pronti aimpennarsi al primo ostacolo.

A parte questo, quando la notte si mettein vestaglia e si scioglie i capelli primadi iniziare il suo turno da infermiera, sitrasforma in una bellissima donna brunadai lineamenti classici e dagli occhiscuri e luminosi.

Sai, Sophie, l'altro giorno, mentrecercavo di schizzarne il ritratto,

riflettevo che da quando sono arrivato aParigi non ho mai visto una donna dicolore, né una ragazzina né un'adulta.Perlomeno, non in carne e ossa. E ilbello è che non riesco neppure aimmaginarmela. I miei ricordi d"infanziasono molto confusi. Di mia madre, dimia sorella, ricordo vagamente gliocchi, il sorriso. Non il viso intero, pernon parlare della figura, del portamento.È strano, vero? Se dovessi incontrarneuna, la guarderei con la stessameraviglia e curiosità con cui lo farebbeun bianco. Questi sono pensieri oziosi,però so che tu mi capisci, sassolino.

Non ti scrivo più a lungo. Penso cheavrai tante cose da fare, e voglio che

dedichi il tuo tempo a scrivermipiuttosto che a leggermi.

Bacia Dédé da parte mia. Dille cheDagoberta sta bene e che non ha presouna sola infreddatura in tutto l'invernoperché la tengo sempre avvolta nellamia sciarpa di lana come mi hairaccomandato.

Rispondimi immediatamente. Un caldo efortissimo abbraccio dal tuo amico efratello maggiore

Toussaint

2

Thornfield, 16 marzo I838

Caro Tússi,

grazie per avermi scritto, anche se avreidesiderato notizie migliori della miacarissima madame Céline. Ma. saperlacircondata da tanti amici così affettuosie solleciti mi consola dal dispiacere dinon potermene occupare io stessa.

Di come abbiamo passato l'inverno, tiho già raccontato nella lettera che hoimpostato il giorno in cui ho ritirato latua. da allora non è cambiato molto.

Monsieur Rochester ha scritto a madameFairfax che si trova a Leas ospite dimister Eshton, il magistrato del distretto,e che ci si fermerà a lungo. Sembra chenella dimora degli Eshton ci siano altriospiti appartenenti all'alta società, e traquesti alcune belle e giovani ereditierein cerca di marito. L'istitutrice daquando ha saputo questa notizia èsempre più triste e irritabile. Non ha piùalcuna pazienza con Adèle che, da partesua, risente della lunga clau-surainvernale e ogni giorno ne inventa unanuova. Ieri per esempio si è presentatanel salottino di madame Fairfax pettinatain un modo stranissimo, di solito sono ioa sistemarle i capelli. Fino a ieri non

pensavo che fosse capace di farlo dasola. Ricordi quanto li ha folti eondulati? glieli fermo in alto con unnastro e glieli lascio sciolti sulle spalle,dove formano dei boccoli naturali comequelli di madame Céli-ne. E così glieliavevo pettinati ieri mattina. Ma all'oradel tè, dopo aver giocato da sola perqualche ora perché miss Jane era a lettocon l'emicrania e io dovevo aiutareMary a pulire le graticole in cucina,Adèle ha fatto il suo ingresso nelsalottino con una acconciatura moltodiversa. Mischiate ai boccoli avevaalmeno due dozzine di treccesottilissime, ciascuna legata infondo conun pezzo di filo da cucire.

Ho trattenuto a stento un sorriso, perchéquella pettinatura le dava un aspettodisordinato, ribelle, stravagante e quasiun po' selvaggio che sapevo avrebbesconvolto le signore.

Madame Fairfax l'ha guardatasbalordita, e ha poggiato la tazza sultavolo portandosi una mano alla bocca,devo confessare che, passato il primoattimo di divertimento, anch'io eroalquanto stupita.

Adèle non aveva mai espresso ildesiderio di cambiare pettinatura. E

pensavo che le sue dita non fosserocapaci di un lavoro così preciso e

minuzioso. Ho sospettato che avessechiesto aiuto a Leah, e stavo perchiedergliene conferma, quando èapparsa sulla soglia miss Jane, che si èbloccata come se avesse visto il voltodella Medusa. Serpentelli guiz-zanti evelenosi invece che sottili trecceinoffensive.

«Chi ti ha conciata a quel modo!?» haesclamato con una furia a mio avvisosproporzionata alla marachella diAdèle, che in fondo si poteva rimediarecon due colpi di spazzola.

«Nessuno» ha risposto la mia bambina,spaventata, ma evidentemente decisa anon tradire la sua complice.

«Bugiarda!» le ha quasi gridato in tonoaggressivo l'istitutrice, mentre madameFairfax girava imbarazzata il cucchiainonella tazza, dove aveva scordato dimettere lo zucchero.

«Su, Adèle, diglielo a miss Jane, che èstata Sophie» sono intervenuta allora infrancese, non volendo coinvolgere Leahnelle conseguenze della sua imprudenteindulgenza.

Dédé è scoppiata a piangere e miss Janeha rovesciato sul mio capo torrenti diindignazione, rimproveri e minacce. Noncredevo che conoscesse tanti vocabolifrancesi dal significato così offensivo.

«Pardonnez-moi, mademoiselle, volevoprovare un metodo che si usa al miopaese per arricciare i capelli» hoinventato quando è arrivato il momentodi giustificarmi. «Bagnandoli elasciandoli asciugare in-trecciati,quando si sciolgono dovrebberomantenere l'ondulazione.»

«Ah, queste francesi! Cosa non siinventerebbero per soddisfare la propriavanità!» ha sospirato l'istitutrice, e haaggiunto severa:

«Fateli di notte, questi esperimenti! Nonvoglio vedere in giro né trec-cioline nédiavolini.»

Evidentemente, nonostante l'educazioneaustera ricevuta a Lowood, è aconoscenza anche lei dei trucchi cheaiutano molte donne a seguire la moda.

Più tardi, in camera nostra, ho lodatoDédé per non aver denunciato lacomplicità di Leah, ma l'ho rimproverataper la stupidaggine e l'imprudenzadell'iniziativa.

«È sfata Bertha, non Leah» hapiagnucolato Adèle. «Io non volevo, malei ha detto che sarei stata molto piùbella.»

Ti confesso che comincio ad averneabbastanza di questa amica immaginaria,

e vorrei che sparisse presto come hafatto al momento giusto Pipolet. Il qualeoltretutto era una creatura beneducata enon mi ha mai spinta a disobbedienze omonellerie. Ma temo che Bertha nonsparirà, fino a quando Adèle non potràgiocare con dei bambini in carne e ossa.

Finalmente Dédé si è addormentata e iomi sono fermata per qualche minutoaccanto al suo letto a contemplare conmeraviglia

quelle piccole dita che erano state

capaci di eseguire alla perfezione unlavoro così difficile.

Cosa devo fare, Tússi? Devo punirla? Infondo e una bambina di neppure setteanni e non credeva di fare male. Comefaccio a spiegarle il motivo per cui lasua istitutrice in questi giorni è cosìirritabile?

Ti abbraccio, mio dolcissimo bonbon alcioccolato (ti ricordi che era uno deivezzeggiativi preferiti di madameCéline?) e aspetto che tu mi rispondapresto.

La tua amica fedele

Sophie

Dear mamma,

oggi we siamo state very bad eabbiamo fatto arrabbiare miss Jane.Sophie ha detto una bugia, perchè lacolpa era di Bertha. Sophie mi ha dettodi non speak con nessuno about Bertha,specialmente with miss Jane. Mi haspiegato che di solito gli adulti noncapiscono che una bambina can avereun'amica così strana. Lei capisceperché aveva un amico come Berthache si chiamava Pipolet. Miss Janeinvece direbbe che è una stravaganzadelle francesi, e che tu non mi haieducato bene. Invece chi è maleducata

è Bertha, che non è francese. Nonubbidisce mai alla sua governante e ungiorno le ha dato un calcio. Io le hodetto: «Guarda che se dai un calcio ame, non vengo più a giocare» e leipromitted me che non lo farà.

Cara mamma, I love you very verymuch, e lanotte quando Sophie non misente, I cry because vorrei dormire nellettone verde insieme a te. Quando tifaranno uscire dalla prigione? L'horaccontato a Bertha dove sei, e lei saidche è molto brutto essere prigioniera,ma che almeno tu ricevi le nostrelettere e hai una little daughter che tivuole bene waiting for you, e unafriend as Olympe che ti aiuterà a

scappare. Gli amici servono per questo,she said, per aiutarti a scappare.

Lo vedi che non c'è più posto nelfoglio? Devo salutarti. Un kiss grandefrom your

Dédé

3

Parigi, Faubourg Saint Germain

31 marzo 1838

Cara Sophie,

finalmente posso darti una buona notizia,anche se non riguarda la salute dimadame Céline. Angélique e Maximiliensono tornati dall'America con i genitori.Vedessi come sono cresciuti! Angéliqueè diventata bellissima, somiglia allacontessa de Merlin da giovane, eMaximilien ha la pelle così bruciata dalsole che sembra un mulatto, cosa di cui,

invece di vergognarsi, è moltoorgoglioso. Tutta la famiglia delvisconte d'Angers, appena ha saputo chemadame era stata in carcere e adesso eraammalata, invece di sparire come hannofatto molti altri conoscenti, è venutaimmediatamente in rue Notre Dame desChamps per farle visita. Sono rimasticosternati nel trovarla ridotta a unapovera demente. Angélique si è subitoofferta di aiutare e sostituire Olympenell'assistenza dell'ammalata quando cene fosse bisogno. Il conte si è infuriatocontro gli eredi del Cittadino Marchesee ha promesso che andrà subito dalgiudice che sta preparando il processoper offrirsi come testimone a favore di

madame. Fa bene al cuore scoprire chela nostra benefattrice nel tempo dellasua fortuna ha suscitato sentimentid'affetto così profondi e costanti.

Adesso devo dirti una cosa molto strana,Sophie. Ho guardato bene la data dellatua ultima lettera e ho scoperto… Nonpensare che stia scherzando. È unacoincidenza che mi ha colpitoprofondamente.

Sai come sono i miei capelli.Mademoiselle Athénaïs me li facevasempre rasare a zero e anche inboulevard des Capucines li tenevopiuttosto corti - «l'agnellino nero delmio gregge» diceva madame - perché se

li lascio crescere si gonfiano e sembrache la mia testa sia enorme. Era un po'che non li tagliavo e lo scorso 15 marzola viscontessa de Lagardière, mentrel'aiutavo a scendere dalla carrozza, miha guardato con disappunto e mi hadetto: «'Va' dal barbiere, ragazzo, e fattidare una bella tosata!» Ma stranamentequesta volta non avevo voglia di farmitosare, mi sentivo come un Sansone cheinsieme ai capelli avrebbe perduto lesue forze. E allora mi sono ricordato diaver visto, nel mio breve soggiorno inGiamaica, molti neri che, per tenere inordine i capelli lunghi, li dividevano inciocche sottili e regolari che poi intrec-ciavano e legavano in fondo una per una.

I miei capelli non sono ancora moltolunghi, ma con l'aiuto di Olympe e diAngélique sono riuscito a dividerli e adomarli, e adesso ho la testa fitta ditreccine come quelle che avevacominciato a farsi Dédé. Nello stessoidentico giorno in cui l'ho fatto io. Ilpadrino con la sua mentalità razionalenon sarebbe stato contento di sapere cheho pensato a un caso di telepatia.

Però, Sophie, e un'operazione moltodifficile! Non so come Adèle sia riuscitaa farcela da sola, anche se mi pare dicapire che aveva lasciato il lavoro ametà. Si ha bisogno dell'aiuto di almenoun'altra persona, e un'amica immaginarianon è la parrucchiera più indicata per

questo tipo di acconciatura. Una delleprossime sere chiudi la porta colchiavistello in modo che miss Jane nonpossa farvi un'improvvisa-ta, e invitaAdèle a rifarsi davanti a te quelletreccine. Sono curioso di sapere se lerighe che dividono le ciocche sonoregolari, e quanto tempo ci mette, ecome fa a legarsele in fondo, a meno chenon siano così lunghe da poternestringere l'estremità tra le labbra.

Vedi, oggi sono io che mi metto aparlare di cose futili, giusto percontinuare a conversare con te anche sesei così lontana. Un maschio con letrecce, parbleu!, esclamerebbe missJane, e mi accuserebbe di avere

assorbito la colpevole vanità efrivolezza dei damerini francesi. Comese non fosse stato il loro Beau Brummela inventare la figura del dandy e adettare la moda maschile in tuttal'Europa!

Ora basta. Devo uscire con laviscontessa Violaine. La quale, detto tranoi, sembra aver gradito la mia nuovapettinatura. Poter contare sulla completaobbedienza di un gigante dalla pellescura (an-ch'io sono cresciuto moltodurante l'inverno) e dall'aspetto… comehai scritto di Adèle? un po' stravagante,ribelle e selvaggio, evidentemente leprocura brividi di piacere che nonconfesserebbe nemmeno a se stessa.

Abbi fiducia sassolino. Vedrai che nellaprossima lettera ti racconterò altri nuoviprogressi della nostra amatissimaprotettrice.

Vi abbraccia strette, te e Adèle, il vostrofratello maggiore Toussaint

4

Thornfield, 14 aprile 1838

Caro Tússi,

se mai avessi nutrito qualche dubbio inproposito, da qualche giorno ho la provache monsieur Edouard è sempre lostesso individuo incostante, egoista ecrudele che sei anni fa ha ingannato espezzato il cuore alla nostra poveramadame Céline. Sembra che dopo averilluso miss Jane con i suoi discorsiausteri, con le assicurazioni di avererinnegato gli errori del passato, adessosi diverta a farla soffrire.

Da qualche giorno l'istitutrice di Adèlenon ha bisogno di crearsi delle rivaliimmaginarie per nutrire la sua gelosia.Perché mister Rochester, contro ogniprevisione, è stato via meno di tresettimane. E

non è tornato da solo, ma in compagniadi tutta la comitiva che era con lui aLeas: sei gentiluomini, quattro dame ealtrettante damigelle in età da marito. Lapiù bella, la più disinvolta e la piùdeterminata a conquistare misterRochester è quella stessa BlancheIngram che sette anni fa ci aveva giàprovato con scarso successo. È ancorauna bellissima donna, molto diversa damadame Céline. Se non fosse così alta,

potrebbe sembrare una spagnola: ha icapelli corvini, gli occhi neri pieni difuoco e la carnagione scura, un profiloclassico e severo da meda-glia romana eun modo di fare superbo e imperioso.Mi chiedo se in tutta la sua vita abbiamai parlato a qualcuno con dolcezza, seabbia avuto un solo momento diabbandono. Tratta tutti dall'alto in basso,a cominciare da sua madre. Con noidomestici, con l'istitutrice e persino conmadame Fairfax è di una villaniainsopportabile.

Adèle è affascinata dal gruppo dellesignore, dalla loro eleganza, dalla loroconversazione brillante. Probabilmentele ricordano le amiche di madame, le

serate di ricevimento in boulevard desCapucines.

Cerca ogni pretesto per entrare nelsalotto, e qualcuna delle ospiti piùanziane la tratta con affettuosagentilezza. Invece miss Blanche ladetesta e le si rivolge solo per parlarlecon sarcasmo o per allontanarla,chiamandola "scimmietta". Forse temeche Dédé occupi un posto così grandenel cuore di mister Rochester da nonlasciarvi spazio per un nuovo affetto.Forse quell'ipocrita a Leas ha recitato laparte del tutore, o chissà, magari quelladel padre, che stravede per la suapiccolina.

L'unico che miss Blanche ritiene degnodella sua gentilezza e delle sueattenzioni è proprio lui, monsieurEdouard, che a sua volta la corteggiasenza alcun ritegno. La scorta nellelunghe cavalcate che la spericolataamazzone pretende di fare ogni mattina,come per ispe-zionare la tenuta econtrollarne le dimensioni e il valorefinanziario.

(Ma questa forse è una mia malignità.)La accompagna al piano e canta con leiballate a due voci molto appassionate.Puoi immaginare la mia tristezza, Tússi,quando l'ho sentito intonare le stessestrofe che cantava con madame inboulevard des Capucines! Lui che con

l'istitutrice di Adèle fingeva d'essereormai stanco della vita di società e deisuoi frivoli passatempi, si traveste dibuon grado per il gioco delle sciarade eaccontenta ogni desiderio di missIngram, per quanto strano e capricciosopossa sembrare.

Tutti gli altri ospiti, a cominciare dallamadre e dai due fratelli di miss Blanche,li considerano fidanzati, e anche lasignora Fairfax li guarda con un misto dicompiacimento e di inquietudine. Forseteme che, dopo il matrimonio, gli sposisi stabiliranno a Thornfield e misterRochester non avrà più bisogno di unagovernante che amministri la casa.

La povera miss Jane soffre e si consumacome una candela. Spolverando il suoscrittoio ho scoperto che si è fatta unautoritratto a carboncino, ritraendosi nelsuo aspetto peggiore, una specie dicrudele caricatura di se stessa, e sotto ciha scritto: Ritratto d'una istitutrice,brutta, povera e senza parentela.Davvero non la capisco. Non le bastache siano gli altri a farla soffrire? Deveproprio girare da se stessa il coltellonella piaga? Forse è la sua religionecosì austera che la obbliga a mortificarsie umiliarsi come punizione per averenutrito speranze troppo alte.

Gli ospiti hanno portato con sé unostuolo di domestici, ogni signora e

signorina ha la sua cameriera personale,poi ci sono quattro valletti, duecocchieri, tre garzoni di stalla. La casa èpiena dalle rimesse alle soffitte, Bertha,mi ha confidato Adèle, è molto nervosaper tutta questa confusione e ha detto chedetesta Blanche Ingram, che vorrebbedarle un pugno sul naso e tirarle icapelli. In effetti anche noi due la nottestentiamo a prendere sonno, perché insalotto si conversa, si gioca a carte e albiliardo e si fa musica fino a moltotardi.

Giù in cucina Mary ha tre aiutanticuoche e una sguattera fatte venire dallalocanda di Millcote.

L'unica che non si e lasciata coinvolgeredall'agitazione generale è Grace Poole,che continua a restarsene tranquilla acucire nella sua stanzetta del terzopiano. Non è una donna molto simpatica,ma devo ammettere che il suocomportamento imperturbabile suscita lamia ammirazione. Anche perché,nonostante continui a bere – la vedospesso salire per le scale con un boccaledi birra, e a passarle vicino si sentel'odore del gin o dell'acquavite –nonostante sia evidente che le piacel'alcol, nessuno l'ha mai vista usciredalla sua stanza meno che sobria.

Monsieur Edouard, con la sua abitualeinsensibilità, o forse con l'intenzione

maligna di divertirsi alle sue spalle, haordinato all'istitutrice di partecipare alleriunioni serali come se fosse unapersona di famiglia e non unadipendente. Miss Jane ha dovutomettersi l'unico vestito elegante chepossiede – un abito rigido, austero eaccollato come gli altri, ma di setagrigio perla – e scendere in salotto,dove e costretta ad ascoltare i discorsisprezzanti e sarcastici che alcunesignore fanno sulle istitutrici dei lorofigli, senza nessun riguardo per la suapresenza. E, quel che è peggio, deveassistere al flirt tra monsieur Edouard emiss Blanche. Probabilmente non sirende conto che il suo

"buon padrone", come lo chiamava soloin febbraio, è un uomo senza cuore,incapace di amare altri che se stesso, eche se ha deciso di sposare la sorella dilord Ingram è solo per convenienza.Sono convinta che questa volta sisposerà sul serio, alla luce del sole, conla benedizione della chiesa e dellalegge, perché miss Blanche appartiene alsuo stesso rango, perché è ricca eimparentata con le prime famiglied'Inghilterra.

Gli aristocratici sono tutti uguali, Tússi,qui come in Francia. Credono diappartenere a una razza superiore. Nonpossono mescolare il loro sangue blucon quello di noi miseri mortali. Eppure

noi francesi abbiamo fatto la rivoluzioneper affermare l'uguaglianza di tutti gliuomini!

Sapessi quanto rimpiango il padrino! Luisi, che era una persona veramentenobile, perché aveva una mente aperta eun cuore generoso,

e giudicava al suo stesso livello anchela gente più, umile, ti ricordi quanto hasofferto per la morte di Antoine? Pensospesso anche all'amico di mio padre, aPierre Donadieu, la buona Scimmia

della mia infanzia. Mi chiedo che fineabbia fatto, se sia rientrato in Francia, sesia andato in rue Marcadet a cercarci.

Per tornare a miss Jane, stare in salottocon gli ospiti è così doloroso eumiliante per lei che non ce da stupirsise la poverina si tiene stretta a Dédécome un naufrago a un salvagente.

Per me invece in tutta questa confusionec'è un aspetto positivo.

Sono tutti talmente impegnati nelleproprie mansioni oppure assorbiti daipropri intrighi o problemi, che quandoesco per andare all'ufficio postale diHay, nessuno si accorge della mia

assenza.

Ti abbraccio e mi vesto per uscire.Scrivimi presto.

Sophie

Dear mamma,

Tússi crede che io dica le bugie, manon è vero. È stata proprio Bertha quelgiorno a farmi le treccine. I am notable to do it. Sophie mi ha fatto try, manon ci sono riuscita. Do you know,mamma, che qui a Thornfield ci sonotante belle signore, but miss Blanchenon è gentile con me. Mi chiamasempre scimmietta, e Bertha mi ha

detto: «Then tu morsicala come fannole scimmie.» Ma io non lo faccioperché monsieur Edouard siarrabbierebbe.

Per scendere in salotto mi sono messail vestito elegante, come facevo inParis quando venivo a salutare i tuoifriends, e monsieur Edouard said tomiss Jane che sono troppo vanitosa epenso troppo alle toilette. Ma se mel'ha regalato lio per fare bella figuracon i suoi ospiti! Se andassi airicevimenti col mio vestito scuro dacasa, non sarebbe satisfied neppureallora. Miss Jane too si mette il suovestito bello, però non è così bello. Nonè scollato, non ha la sciarpa di raso

alla vita e soprattutto non ha un belcolore allegro come quelli delle altresignore. Mamma, i vestiti più belli delmondo sono quelli che avevi tu.

Te li hanno let bring in prigione?Bertha mi ha detto che chi sta inprigione ha sempre freddo. Miraccomando, tu non stare scollata emettiti lo scialle.

Un abbraccio forte forte from your

Adèle

5

Parigi, Faubourg Saint Germain

19 aprile 1938

Cara Sophie,

ti confesso che non m'importa un belniente delle pene d'amore della vostraistitutrice e neppure dell'eleganza dellesignore. Ho altro a cui pensare. Oggi inrue Notre dame des Champs siamo tutticontenti perché madame Céline ha dettoil proprio nome. Ogni due o tre giorni,quando viene a visitarla, il dottorManette la interroga sulle cose più

semplici per controllare la sua capacitadi ragionamento, fino a oggi alladomanda: «Come vi chiamate?» madameaveva sempre risposto: «Non lo so»,oppure aveva taciuto smarrita, quandonon era scoppiata a piangere. Stessareazione alle domande sulla sua età, sulsuo lavoro, sul luogo dove si trova, sulmese e sull'anno in corso. Tanto cheoggi, quando l'ha sentita rispondere convoce ferma e tranquilla:

«Mi chiamo Céline Varens», Olympedall'emozione ha stretto così forte ipugni che si è ferita con le unghie ilpalmo delle mani. Quando però ildottore le ha chiesto l'età, madame harisposto: «Dodici anni» e poi ha detto

che si trovava a la Pommelière incompagnia dei genitori, e che dovevaaffrettarsi perché il padrino la aspettavaper preparare il falò di San Giovanni,falò che, come ricorderai, si accende nelmese di giugno. Il dottore le ha chiestoancora se avesse figli, e madame harisposto: «Una bambina.» Olympe haricominciato a sperare, ma alladomanda: «Come si chiama vostrafiglia?», la risposta è stata: «Dagoberta.Portatemela che devo aggiustarle ilvestito. Solange glielo mette sempre alrovescio.»

Il dottor Manette tuttavia era moltosoddisfatto e ha spiegato a Olympe chese ancora madame non riesce a

orientarsi nel tempo e nello spazio, peròsa chi è ed è capace di fare connessionimentali corrette, come quella tra il nomedella bambola, la canzone del buon remal culotté e la bambinaia incaricata divestire la figlia.

Ci ha raccomandato di continuare aparlarle in modo sensato, come sepotesse capire ogni cosa, di raccontarlequalche episodio di quando vivevamo inBoulevard des Capucines, ma senzainsistere. Di leggerle a voce alta. E puoistar certa che, adesso che con Angéliquesiamo in cinque ad assisterla,obbediamo alla lettera agli ordini deldottore.

Da quando la mia padrona ha scopertoche non sono analfabeta, ogni tanto devoleggere ad alta voce anche allaviscontessa de Lagardière. Sai quandome lo chiede? Quando è immersa nellavasca da bagno. Ci sta un tempolunghissimo, con addosso soltanto unacamicia di leggero battista chenell'acqua diventa trasparente e leaderisce al corpo come una secondapelle. Le cameriere devono aggiungerecontinuamente acqua calda perchémadame Violaine non si prenda unainfreddatura. Pensavo che sivergognasse di mostrarsi mezzo nuda aun domestico di sesso maschile, lei cheè così devota e che si confessa due volte

alla settimana. Ma l'ho sentita spiegare aun'amica in visita che tutte le folli teoriedegli illuministi e della grandeRivoluzione le considera prive di alcunsenso, che per lei valgono solo le leggidi prima, quando il mondo non eraancora impazzito. E che secondo il ReSole e il suo Codice Nero io non sonouna persona, ma un oggetto di suaproprietà, anche se mi ritiene dotato diuna certa intelligenza. Almeno come uncavallo o come un cane di razza.

«Voi lasciate girare per la stanza ilvostro Fifi, quando siete nel bagno?» hachiesto all'amica. «Eppure e uncagnolino che capisce tutto, gli mancasolo la parola. Perché io dovrei farmi

scrupoli di lasciar entrare Toussaint seho bisogno dei suoi servigi?»

Credi che mi senta offeso o umiliato daquesto atteggiamento, Sophie? Affatto.Per fortuna fin da quando sono arrivatoin Francia madame Céline mi hadimostrato col suo affetto e con la suaattenzione di considerarmi una persona,e il padrino mi ha confermato e rin-forzato questa idea con i suoi libri, isuoi ragionamenti e la sua fiducia in me.Non saranno le parole sciocche di unadonnetta ignorante, anche se viscontessa,a farmi dubitare di me stesso. Anzi,vorrei metterla in guardia che ricevereuna persona dell'altro sesso quando si ènella vasca da bagno può essere molto

pericoloso, guarda cosa e successo aMarat con Charlotte Corday!

A parte gli scherzi, sai cosa mipreoccupa, Sophie? Che il visconte deLagardière non gradisca l'eccessivaconfidenza che mi accorda la moglie edecida di disfarsi di me. Se dovessevendermi a qualcuno che vive inprovincia, dovrei lasciare Parigi, equesto sì, sarebbe un bel problema. Neho parlato con madame Geneviève, laquale, generosa come suo solito, si eimmediatamente offerta di comprarmilei, per to-gliermi da ogni impaccio. MaOlympe le ha detto che non sarebbeprudente. Che i nipoti del CittadinoMarchese sanno che madame Céline

vive in casa loro, e che potrebberoinsospettirsi. Perciò mi devo armare dipazienza e resistere a ogni provocazionedella mia padrona.

Cara Sophie, comincio ad essere stancodi avere pazienza. Vorrei essere un uomolibero davanti alla legge, vorrei potertestimoniare a favore di madame Céline,vorrei che la nostra cara amica guarisse,vorrei che la nostra vita tornasse quelladi un tempo.

Ho cominciato a scriverti dicendo cheero contento, e adesso ti rattristo con lemie lamentazioni. Perdonami, sassolinocaro. E scrivimi qualche cosa di allegro.L'arrivo della primavera nella campagna

inglese dev'essere uno spettacolomeraviglioso. Qui le rose del giardinodi madame Geneviève sono tutte fiorite.Madame Céline ama il loro profumo eOlympe non gliene fa mai mancare unmazzo sul tavolo della sua stanza. Ipetali che troverai dentro il foglioappartengono a una rosa che la nostrapovera amica ha portato alle labbra persentir-ne la consistenza vellutata.Anch'io le ho baciate prima di infilarlenella busta.

Che i nostri baci ti possano scaldare ilcuore e farti coraggio.

Ti abbraccia forte il tuo fratellomaggiore

Toussaint

6

Thornfield, 27 aprile 1838

Caro Tússi,

grazie dei petali di rosa. Sono arrivatiquasi in polvere, ma con-servavano ilprofumo di Parigi, di madame Céline,dei nostri giardini francesi. Mi hannofatto pensare ai miei primi tempi diBoulevard des Capucines, quando lacapretta Djali invece di brucare l'erbaentrava nelle aiuole e mangiava i fioripreferiti di madame, ti ricordi? Ilpadrino diceva sempre per scherzo chequel latte profumato di fiori era il

segreto del carattere dolce e sognatoredella nostra Adèle.

Sono molto contenta dei progressi dimadame Céline. Anch'io, come il dottorManette, sono ottimista. Lo sono semprestata. Spero solo che la nostra caraamica faccia presto a guarire. Non vedol'ora di riportare Adèle a casa, diriabbracciarvi tutti quanti.

Voglio andarmene da Thornfield. Non mipiace. Non mi piace il suo padrone enon mi piacciono i suoi ospiti.

Tússi, se ti dico chi è arrivato stasera adaggiungersi alla comitiva di Leas, non cicrederai. L'ultima persona al mondo che

avrei pensato d'incontrare in Inghilterra!

Ti ricordi di mister Mason? Quelgentiluomo creolo che aveva viaggiatodalla Giamaica all'Europa in compagniadi monsieur Schoelcher e che inboulevard des Capucines si eracomportato in modo così indiscreto dafarsi mettere alla porta? Sono passatitanti anni, eppure l'ho riconosciutoimmediatamente. Lui invece non hariconosciuto me. Avevo solo dieci anni,quando mi ha visto a Parigi – ti ricordiche volevo mettergli il sale nel tè? – enon ero vestita da bambinaia.

È arrivato in carrozza, sotto la pioggia, eha chiesto di vedere monsieur Edouard.

Che evidentemente non lo aspettava,perché stamattina se ne era andato aMillcote per sbrigare certi affari. MisterMason allora si è presentato agli altriospiti, dicendo d'essere un amico digioventù del padrone di casa, e che eraappena arrivato da un lungo viaggio.

«Ho bisogno di parlargli e credo dipoter contare sulla nostra anticaamicizia per aspettarlo qui sino al suoritorno» ha spiegato.

Che imbroglio c'è dietro a queste parole,Tússi? Un amico di gioventù? Se quandoè venuto a casa nostra non hariconosciuto il suo ritratto e ha detto, melo ricordo benissimo: «Non conosco

nessuno che si chiami Edouard!»

Mente adesso o mentiva allora? Lasorella di miss Bianche e le altreragazze lo trovano molto attraente, maall'istitutrice non piace.

Miss Jane è rimasta colpita anche da unafrase del nuovo arrivato, che ha detto diaver conosciuto mister Rochester aSpanish Town. Mi ha preso da parte emi ha chiesto sottovoce in francese: «Tulo sapevi che monsieur ha viaggiatoanche nel Nuovo Mondo?»

Evidentemente al tempo del loro idillio,due mesi fa, il padrone le aveva parlatodei suoi viaggi a Parigi, Roma, Vienna,

Pietroburgo, ma non le aveva mai dettodi aver varcato l'Atlantico.

Cosa dovevo rispondere? "Lo sapevo,eccome! Da dove credete che venga lamaggior parte delle sue ricchezze? Dallepiantagioni che monsieur possiede nellecolonie. Valgono quindicimila sterline,compresi gli schiavi che ci lavorano. Lavostra religione è contraria allaschiavitù? Per questo nell'elencarvi iregali di cui aveva coperto la suamantenuta parigina, monsieur non vi haparlato del dono più costoso estravagante: un ragazzino nero marchiatocome un animale e strappato alla suafamiglia e alla sua terra a soli noveanni."

Ma sarebbe stato prudente da parte miadimostrarmi così informata? Come alsolito ho cercato di assumerel'espressione più stolida possibile e horisposto: «No. Non lo sapevo.»

C'è un'altra cosa che non riesco aspiegarmi e che mi rende inquieta. MissLouisa Eshton, che sembra trovare ilnuovo arrivato molto affascinante, gli hasubito proposto di far coppia con lei inun gioco di società che richiede tral'altro di scrivere e scambiarsi deibigliettini.

Quando più tardi ho aiutato Leah a fareordine nel salotto, mi sono capitati tra lemani due biglietti scritti e firmati da

mister Mason.

E anche questo ti sembrerà incredibile,Tússi: la sua scrittura io l'avevo giàvista, dove? In boulevard desCapucines. L'ho riconosciutaimmediatamente, senza ombra di dubbio.Ti ricordi la grande busta color cremache, prima che madame ritornasse adanzare, ha aspettato per settimane sulcaminetto dello studio il ritorno dimonsieur Edouard? E che, quando ildestinatario è arrivato e l'ha letta, hascatenato le sue furie? Peccato cheallora monsieur l'abbia subito bruciata eche tu non abbia potuto vederne la firma,perché l'indirizzo l'aveva scritto di certomister Mason. La sua grafia è

inconfondibile.

Com'è possibile che la ricordi ancoradopo tanti anni?, mi chiederai. Perchémi aveva talmente colpito che avevocercato di imitarla.

Quelle erre maiuscole dalla panciaaguzza e dal lungo svolazzo che

scendeva sotto la riga, e quelle aarricciolate all'interno come unachiocciola, quelle esse alte e strette nonle potrò mai dimenticare.

Cosa aveva scritto di così terribilemister Mason in quella lettera al suoamico di gioventù? Ed è davvero unamico, o piuttosto un nemico?Riusciremo mai a scoprire questomistero?

Adesso non dirmi che sto esagerandocome Catherine Morland e che mitormento per delle paure immaginarie.

Quei biglietti scherzosi scritti a missLouisa dal suo compagno di gioco limetto nella busta e teli mando insiemealla lettera: sono certa che anche turiconoscerai la scrittura.

Verso sera monsieur Edouard è tornato

da Millcote. Non è sembratoparticolarmente contento di vederel'amico arrivato da così lontano. Loguardava con diffidenza, come un pugileche sta in guardia perché conosce lascorrettezza dell'avversario e teme diprendersi un colpo basso. Io ormai loconosco bene e capisco quando la suacortesia non è spontanea. Mister Masoninvece lo ha abbracciato con un affettoche mi è parso sincero. Era molto stancoe ha chiesto di andare subito a dormire.Monsieur gli ha assegnato la stanzaaccanto alla sua, e dopo un poco anchegli altri ospiti si sono ritirati per lanotte.

È molto tardi, Adèle dorme già da un

pezzo, fortunatamente madame Fairfaxnon è avara nel rifornirci di candele,quindi potrei scriverti ancora a lungo,ma sono anch'io molto stanca, e quin

28 aprile, ore cinque del mattino

Oh, Tússi, che paura! Ho lascialo a metala frase che stavo scrivendo e horovesciato il calamaio perché è successauna cosa terribile.

Temo che mister Rochester abbia tentatodi uccidere mister Mason. Si sonoaffrontati, hanno lottato e…

"Ma dove, e quando, e perché? Spiegatimeglio, Sophie. Respira profondamente.'

Mi sembra di sentire la tua voce checerca di calmar-mi. Sono calma, Tússi.Ho avuto tutta la notte per riflettere. Oraè l'alba e fuori della finestra gli uccellicantano tra i rami del frutteto.

Tra due ore tutta la casa si sveglierà, enessuno sospetterà il dramma che si èsvolto nel cuore della notte. Perchéistintivamente, stupidamente, io hopulito il sangue che era sgocciolato suigradini della scala mentre il dottorCarter e monsieur Edouard portavanovia di peso il ferito e lo caricavano sullacarrozza.

Tutto è cominciato con un urlo. Un urlotremendo, che mi ha fatto cadere di

mano la penna. Veniva dal terzo piano,ed era così forte e agghiacciante che hasvegliato tutta la casa.

Gli ospiti sono usciti dalle loro stanze investaglia o in camicia da notte e hannoaffollato la galleria chiedendo cosafosse successo.

Anch'io mi sono affacciata alla porta.Oltre all'urlo mi era parso di sentireattraverso il pavimento, proprio nellastanza sopra la mia, la voce di misterMason che gridava: «No, Rochester, perl'amor di Dio!», insieme a dei colpisordi e a dei gemiti soffocati.

Probabilmente alle orecchie di tutti gli

altri che hanno le camere più in fondoera arrivato solo il grido e gli ospiti nonavevano alcun sospetto sul padrone dicasa. Che, come supponevo, non eranella sua stanza, ma dopo pochi minuti èsceso come se niente fosse dal terzopiano e ha tranquillizzato tuttigiustificando l'urlo con la storia di unadomestica che aveva avuto un incubo eche lui era salito a calmare. Non capiscocome quei signori abbiano potutocredergli, come non si sianomeravigliati che mister Manson nonfosse con loro nella galleria, e come nonsi siano accorti che sul polso dellavestaglia di mister Rochester c'eranodelle macchie scure. Io le ho viste e se

non sapessi che il padrone di Thornfieldè un signore così schizzinoso e ordinato,avrei potuto credere che si trattava divino. Ma poiché ho imparato fin daitempi di Parigi che non indosserebbemai un indumento mac-chiato, devodedurne che erano recenti, e nonpotevano essere altro che di sangue.

Monsieur Edouard è stato cosìconvincente che gli ospiti sono tornatitutti in camera e suppongo che dopo unpoco si siano riaddor-mentati. Io non ciriuscivo. Ero preoccupata per lasicurezza di Adèle e insieme tormentatadalla curiosità di capire cosa stavasuccedendo.

Perché mister Rochester non era tornatonella sua camera come gli altri: colpretesto di confortare la domestica erasalito ancora al terzo piano, forse perportare a termine quello che avevaappena iniziato.

Sento Adèle che si sta svegliando. Leinon si è accorta di niente, poveroangioletto, e non voglio spaventarla. Tilascio, Tússi. Continuerò a scriverti più.tardi, appena avrò un po' di tempo.

28 aprile, ore dieci di notte

Non ho avuto un momento libero in tuttala giornata, perché ho dovuto aiutaremiss Jane a fare i bagagli e, appena

l'istitutrice è partita, madame Fairfax mina chiamata per aiutarla a servire il tèagli ospiti. Ora finalmente ho messo aletto Adèle, mi sono tolta la gonna e ilcorsetto per poter respirare meglio, hosciolto i capelli, e posso continuare ascriverti con un po' di calma.

Dov'ero rimasta? Mister Rochester eratornato al terzo piano e io non riuscivo adormire. Aspettavo che si ripetesse quelgrido da bestia ferita, ma attraverso ilpavimento arrivavano solo dei rumorisoffocati, dei passi, dei gemiti. Poi hosentito qualcuno che scendeva le scalein punta di piedi. Non ho avuto ilcoraggio di aprire la porta e di guardarechi fosse, anzi, ho tirato il chiavistello.

Ho sentito aprire la porta d'ingresso, eallora mi sono precipitata alla finestraper guardare chi usciva. Era misterRochester, che è scivolato furtivo versole stalle e ne è uscito subito in groppa aMansour. L'ho visto chiaramen-te,perché c'era la luna piena. Ha percorsoil viale, è arrivato ai cancelli, li haaperti e se ne è andato al galoppo versoHay. Sulla mia testa continuavo a sentirei gemiti e i sospiri, così fiochi che avreipotuto crederli il soffio del vento e inormali scricchiolii di una casa costruitaper la maggior parte in legno. Masapevo che non era così. Il tempo nonpassava mai, mi era venuto freddo, manon osavo infilarmi nel letto,

benedicevo in cuor mio madame Fairfaxche invece di darci una candela pervolta, ce ne aveva lasciato una bellascorta in un cassetto, per cui noncorrevo il rischio di restare al buio.Pensavo a cosa avrei fatto se monsieuravesse deciso di fare del male a Adèle,e fosse riuscito a forzare il chiavistello.Potevo rompergli sulla testa la brocca diporcellana del lavamano. Potevo tirargliaddosso il vaso da notte. Ma certo nonsarei riuscita a fermarlo.

Finché ho visto che sulla mensola delcaminetto c'era un pesante candelabro dibronzo. L'ho preso e l'ho messo sulcomodino per essere pronta a ognievenienza. Puoi immaginare, Tússi,

come ho passato la notte!

Circa un'ora e mezzo dopo esserepartito, monsieur Edouard è tornatoseguito da una carrozza. Ne è sceso ildottor Carter, il medico condotto di Hay,e insieme sono entrati in casa. Ho sentitodel trambusto nella stanza di sopra, unapoltrona spostata, il tintinnio di unoggetto di metallo poggiato sul marmodella toeletta. E di nuovo qualcuno chescendeva le scale. Meno leggero dellaprima volta, come strascicando qualcosasui gradini, fuori della finestra il cielo sifaceva più chiaro, e ho visto uscire sulpiazzale mister Mason, pallidissimo,avvolto nella sua pelliccia e sorretto daldottor Carter e da monsieur Edouard. Lo

hanno caricato di peso sulla carrozza, ildottore è salito al suo fianco e sonopartiti. Mister Rochester è rientrato incasa, e io ho pensato: "Adesso tocca anoi." Ma a quel punto non avevo piùpaura, ero come sostenuta da una forzanervosa simile a quella che gli orientaliottengono con le loro droghe. Pensa cheho tolto il chiavistello e sono uscitanella galleria con il candelabro in manoper affrontar-lo.

Non l'ho visto. Invece ho visto che sulpavimento, vicino alla nostra porta,c'era qualche goccia di sangue, e dellealtre più avanti verso la scala. Hopensato che se Adèle le avesse viste sisarebbe spaventata, perciò sono tornata

in camera, ho preso uno straccio umidoe le ho pulite. Ho fatto male, perchéerano la prova che non avevo sognato, el'indomani avrei potuto mostrarle amister Eshton, che è il magistrato deldistretto.

Poi, dal momento che in casa era tuttotranquillo, sono tornata a guardare fuoridella finestra. E ho visto misterRochester che si dirigeva verso ilfrutteto in compagnia… indovina di chi?Di miss Jane.

Si sono messi a passeggiare sotto glialberi, poi si sono seduti su unapanchina. Parlavano tranquillamente esembravano in grande intimità, proprio

come nei mesi scorsi. Davvero Tússi,non so cosa pensare.

Se li avesse sorpresi miss Blanche, chereazione avrebbe avuto?

Quando sono rientrati in casa, mi sonoseduta e ho ripreso a scriverti, ma pocodopo Adèle si e svegliata; ci siamovestite e siamo uscite nella galleriagiusto in tempo per sentire monsieurEdouard che diceva tranquillo ai suoiospiti: «Mason mi ha incaricato diporgervi i suoi omaggi. È partito presto,stamattina. Affari urgenti richiedono lasua presenza a Londra. Mi sono alzatoalle quattro per salutarlo.»

Si può essere più spudorati di così? Emiss Jane per tutta la mattina ha fattolezione a Dédé come se niente fosseaccaduto. Io bruciavo dalla voglia dichiederle cosa fosse successo durante lanotte, e cosa le avesse detto misterRochester nel frutteto. Ma se lo avessifatto, avrei dovuto confessare quello cheavevo visto e sentito. "Prudenza,Sophie! Prudenza!" mi dicevo, "fateviinvisibili come due perni-ci bianchesulla neve, tu e Adèle, e sperate chenessuno si accorga di voi."

Ma non è finita. Dovrai pagare almenotrenta soldi per ritirare questa letteraalla posta, perché sta diventando lunga epesante come un romanzo. Cosa è

successo ancora? Ricorderai che missJane è arrivata qui a Thornfield inottobre e da allora, per nove mesi, nonha ricevuto una visita, né una lettera, néun biglietto, né saluti tramite qualcheviaggiatore, come se non ci fosse unasola persona al mondo che pensava alei. Bene, oggi pomeriggio è arrivata unacarrozza signorile, con uno stemmanobiliare sulla portiera, guidata da uncocchiere vestito a lutto, che haannunciato d'essere venuto a prenderel'istitutrice per portarsela via. Dove? Acasa della zia, lady Reed di Ga-teshead.

Miss Jane dunque non è la figlia di unsacerdote poverissimo e di umilicondizioni, come ci ha dato a intendere,

ma a quanto sembra può vantareparentele ricche e influenti. Perché nonne ha mai parlato prima d'oggi? Perchéha recitato la parte dell'orfana sola almondo?

Mister Rochester ne è rimasto moltocolpito. Forse la notizia che miss Janepuò contare su dei protettori potentimanda a monte i suoi piani.

Quello che non riesco a spiegarmi ècome una nipote dei Reed sia finita in unIstituto di beneficenza come Lowood epoi a fare l'istitutrice in casa di estranei.

Ma le sorprese non erano finite.Nessuno ci ha detto per quanto tempo

starà via miss Jane, e se tornerà. Maprima di partire l'istitutrice mi ha presoda parte e mi ha detto: «Presto Adèleandrà in collegio. Sarà bene che ticerchi un altro posto, Sophie, o meglioancora, visto che hai tanta difficoltà conla lingua, fa' in modo di tornare sulcontinente.»

Adèle in collegio? Ci voleva questanotizia per mettermi l'animo in pace allafine di una giornata così spaventosa.

Spero che sia una fantasia di miss Jane,che si ritiene insostitui-bile. Non vedoperché, se lei non dovesse tornare,madame Fairfax non possa cercareun'altra istitutrice.

Oh, Tússi, se madame Céline potesseguarire presto, vincere il processo efarcì tornare subito in Francia! Se nondovessimo aspettare e temere ledecisioni di un individuo pericolosocome mister Rochester.

Prego continuamente la Santa Vergine eanche il tuo Obatalà perché la tuaprossima lettera mi porti la notizia chemadame ha recu-

perato la ragione. Scrivimi presto,Tússi, qualsiasi cosa abbia da

raccontarmi.

La tua inquieta e preoccupata

Sophie

Dear mamma,

lo sai che miss Jane se n'è andata?Adesso potrò stare tutto il giorno withSophie. Potrò andare con lei all'ufficiopostale and help her a spedire questalettera. La mia doll Catherine è moltocoraggiosa. L'ho messa a cavallo diPilota e quando è caduta she did notcry, anche se si è sbucciata il naso erotta due dita. Perché lei è diporcellana. Dagoberta non si sarebbe

rotta neanche un po'.

Bertha invece is very bed: mi ha dettoche ha litigato con suo fratello, che gliha dato una spinta e lo ha morsicato.Io l'ho sgridata perché queste cose lefanno the little children, e lei ha detto:«Grande o piccola, quando ti fannoarrabbiare devi difenderti. Dick èmolto cattivo.

Non mi ubbidisce mai.» E io did say:«Invece my brother mi ubbidiscesempre, anche se è più grnade di me.His name is Toussaint e ha la pellenera.»

«Non ci credo» mi ha detto Bertha.

«Non è possibile.»

«E io non credo al tuo, di frat4ello.Dov'è, che non l'ho mai visto?» I asked.

Bertha answered: «Se n'è andato.» Maio le ho detto che è una bugiarda e chesi è inventata tutto. Allora lei si èmessa a piangere perché nessuno lecrede. Oggi Bertha è molto cattiva e lagovernante l'ha punita. Le ha dato lamedicina, poi l'ha mandata a lettopresto e non abbiamo potuto giocare.

Sophie dice che devo sbrigarmi perchèdobbiamo andare ad Hay a imbucare.Sophie too oggi is very nervosa.

Ti abbraccio stretta stretta, mamma.Anche Catherine e Bertha ti mandanotanti saluti.

Your

Dédé

7

Parigi, Faubourg Saint Germain

14 maggio 1838

Cara Sophie,

quello che mi hai scritto non mi piaceaffatto. La calligrafia dei bigliettini chemi hai mandato è proprio la stessa diquella famosa lettera. Anch'io l'horiconosciuta al primo sguardo. E misono ricordato della meraviglia con cuimister Mason si guardava attorno nelnostro salone. Evidentemente conoscevagià quello di Thornfield ed era rimasto

colpito dalla somiglianza. Ho ricordatola sua incredulità quando ha vistoappeso sopra il caminetto il ritratto cheavevo fatto a monsieur Edouard. Non siaspettava di trovarlo in boulevard desCapucines, e di scoprire che l'originaleera sposato con madame Céline Varens.Ricordi quante domande ha fatto suquando e dove era stato celebrato ilmatrimonio? Oggi, mettendo insieme ledue cose, penso che la famosa lettera siriferisse a quella scoperta. Ma perchémai monsieur avrebbe dovuto informarlodelle sue nozze? Non sono parenti, cheio sappia, né Mason è il suo tutore.

A meno che Mason non sapesse che ilmatrimonio era falso e che non esisteva

nessuna vecchia zia. Forse nella letteraricattava monsieur Edouard e glichiedeva del danaro per non rivelarel'imbroglio. E

monsieur, piuttosto che pagare, hapreferito abbandonare "il suo angelo"col pretesto che gli aveva disubbiditotornando sul palcoscenico.

Tanto grande era il suo amore per lei,brutto ipocrita traditore!

Ma anche così, non c'è molta logica inquesti fatti perché, visto che la zia nonesisteva, cosa o chi doveva temeremonsieur Edouard?

Magari la vendetta del CittadinoMarchese che, pensava, non avrebbegradito l'inganno teso alla suafiglioccia… Nella sua presunzione forsenon sospettava che il padrino sarebbestato felicissimo della sua scomparsa.

Mi viene il mal di testa a seguire tuttequeste ipotesi, Sophie, perché c'èsempre qualcosa che non quadra.

Sono passati sei anni e non mi pare chemister Rochester si sia pentito di averlasciato madame, o rimpianga la sua vitaparigina. Mi hai raccontato che,parlandone con l'istitutrice, le diceva diricordarla con disgusto e vergogna erimorso. E allora perché invece di

essere gra-to a mister Mason che l'hariportato sulla retta via, dopo tantotempo nutre ancora per lui un odio cosìferoce? Mason lo sa? Come mai allora èvenuto a stuzzicare il nemico nella suatana? Che nuove minacce o ricatti gli hafatto perché mister Rochester l'attirasseal terzo piano e lo accoltellasse?

Non credo, come pensi tu, che volesseucciderlo. Altrimenti non sarebbe andatoa chiamare il dottore. O anche il medicoè un suo complice, pagato per finireMason e per farne sparire il cadavere?E l'istitutrice in che modo e coinvoltanella faccenda? Perché subito dopo halasciato Thornfield? La storia della ziache la manda a chiamare proprio quel

giorno, dopo anni di silenzio, mi sembrauna scusa poco ve-rosimile. Esisteràdavvero questa lady Reed, o saràinventata come quella vecchia lady cosìaristocratica che non avrebbe sopportatole nozze tra il suo erede e una ballerina?

Non mi piace, Sophie, non mi piaceaffatto questa storia, e ti supplico distare attenta, e di non perdere d'occhioAdèle neppure per un minuto. Perfortuna l'istitutrice se ne è andata, cosìpotrai tenerte-la accanto anche nelle orein cui prima andava a lezione. Cerca didistrarla: adesso che il tempo è bello,portala a fare delle lunghe passeggiate.Informati se ad Hay c'è qualche famigliacon bambini della sua età e

accompagnala a giocare con loro.

Da quello che Adèle scrive mi sembrache questa fantasia su Bertha stiadiventando quasi morbosa. Posso capireche Dédé attribuisca alla sua amicaimmaginaria le proprie antipatie, lapropria insofferenza e aggressività, leparole e le azioni che lei non osa dire omettere in atto. Ma da dove salta fuoriquesto fratello? L'unico "fratello" cheAdèle può vantare sono io, il suo amicogrande, il suo beniamino. E

infatti Adèle-la-saggia si è vantata di mee della mia compiacenza con Bertha-la-discola. Dobbiamo pensare cheinconsapevolmente la nostra bambina

sia arrabbiata con me perché non mivede da quasi un anno e me neattribuisce la colpa? Tanto arrabbiata daavere voglia di morsi-carmi, lei che nonha mai morsicato nessuno, neppurequando era molto piccola? Ho anch'io undoppio, adesso? Un doppio che sichiama Dick. La scelta di questo nomeda parte di Adèle mi sembra inquietante.Dick è il diminutivo con cui misterRochester chiama il suo amico-nemicoRichard Mason.

«Va' al diavolo, Dick! Va' all'inferno!»gridava infuriato quella sera dopo averletto la lettera, spingendo il foglioappallottolato nelle fiamme del camino.Non potrò mai dimenticare la sua

espressione feroce.

Probabilmente Adèle ha captatoqualcosa della tensione tra mister Masone il suo tutore, forse non e rimasta deltutto all'oscuro del loro scontro come tucredi, forse, oltre a te, anche una delledomestiche ha visto qualcosa e ne haparlato in cucina, forse miss Jane alezione si è lasciata sfuggire una paroladi troppo.

Povera Sophie! Mi accorgo adesso diavere riempito il foglio di domande allequali né tu né io siamo in grado dirispondere. Invece di tranquillizzarti, tiho spaventata ancora di più.

Ma non me ne pento, se questo tispingerà ad essere ancora più prudente.

Quanto alla notizia che Adèle andrà incollegio, penso anch'io che siaun'invenzione dell'istitutrice. Quindi nonstare a tormentarti per questo. E seanche il prossimo autunno misterRochester dovesse convincersi a farlo,sarà per poco, e inventeremo qualcosaperché tu possa accompagnarla erestarle vicino.

Se non ti ho raccontato ancora niente dimadame, è perché non c'è stato alcunmiglioramento decisivo. Solo piccoliprogressi, che Olympe annota conincrollabile entusiasmo nel suo

quaderno d'infermiera. La nostra buonaprotettrice continua a non riconoscerenessuno di quelli che le stanno attorno.Chiama Olympe "infermiera" e a me ungiorno ha detto: «Signor spazzacamino,vi siete sporcato il viso di carbone.Dovreste andare a lavarvi.»

Ieri Angélique, sapendo quanto madameamava Rossini, si è messa al piano e haintonato l'aria di Rosina da Il barbieredi Siviglia, dopo un po' la nostra poveraamica ha cominciato a cantare anche lei,con una vocina sottile ma pronunciandocorrettamente tutte le parole.

Ti ricordi, vero? Ma se mi stuzzicanodov'è il mio debole sarò una vi-pera,

sarò!

Quando e tornato il silenzio, Olympe,per controllare la memoriadell'ammalata, ha provato a chiederle:«In che lingua avete cantato?»

E madame con nostra grandeconsolazione non solo ha risposto: «Initaliano», ma le ha anche spiegato che"stuzzicare" significa taquiner.

A proposito di italiano, non sai quantevolte mi è tornato alla memoria negliultimi tempi quel poema cavallerescoche piaceva tanto al padrino, l'Orlandofurioso di messer Ludovico Ariosto.Ricordi che ce ne recitava spesso dei

brani a memoria, e quanto era musicalela lingua italiana con le sue rime? Ecome ci piacevano i suoi personaggi: reCarlo, i suoi paladini, la bella Angelica,Bradamante? Ecco, Olympe sarebbe unaBradamante perfetta. Ma non è a quelloche penso. Ti ricordi che il paladinoOrlando era impazzito per una delusioned'amore e che il suo compagno d'armiAstolfo era volato fin sulla luna acavallo di un animale favoloso chiamatoippogrifo per recuperare il sennoperduto dall'amico? Io sto sveglio perore e ore la notte a chiedermi dove puòessere andata a finire la ragione dellanostra cara madame Céline. Magarifosse finita sulla luna, rinchiusa in

un'ampolla di vetro e io potessi volaresull'ippogrifo per andarla a recuperare!

Il dottor Manette mi dice che sonotroppo pessimista; che il senno dimadame non è perduto, è solo comeavvolto da ragnatele, o come un bacoaddormentato dentro il suo bozzolo diseta, e che pian piano si libererà da ciòche lo trattiene e ne verrà fuori unabellissima farfal-la.

Speriamo che questo succeda presto.Nel frattempo voi due state attente. Anzi,tu, Sophie, stai attenta per due, perchéAdèle è meglio non spaventarla controppe raccomandazioni.

Un abbraccio fortissimo, un abbracciostritolante dal tuo affezionato Astolfospazzacamino

Tússi

8

Thornfield, 25 maggio 1838

Caro Tússi,

come prima cosa voglio rassicurarti.Devi stare tranquillo per noi: dopoquella notte terribile non è più successoniente di allarman-te.

Poi voglio dirti che anch'io verrei con tesulla luna, se potesse servire a qualcosa.È molto triste poter solo aspettare, epregare come faccio tutte le notti. Pregoil buon Gesù e la Santa Vergine chemadame guarisca prima del matrimonio

di monsieur Edouard con miss Blanche,perché vivere sotto lo stesso tetto diquella donna superba e prepotente, eprendere ordini da lei, sarebbe moltoduro sia per me che per Adèle.

Madame Fairfax è sicura che il padronee miss Ingram abbiano già fissato la datadel matrimonio, anche se preferiscononon annun-ciarlo ancora ufficialmente.Quando gli ospiti sono partiti, circa unadecina di giorni fa, si sono salutati allapresenza di tutti gli altri come duefidanzati, e lady Ingram tratta giàmonsieur come una suocera.

Subito dopo gli ospiti è partito anchemonsieur Edouard. È andato a Londra a

ordinare una nuova carrozza. Quella cheabbiamo adesso è vecchia e un po'rovinata, anche se ci si viaggiacomodamente. Miss Blanche però nonfaceva che criticarla, diceva che era unrudere anti-diluviano, che oggi la modaesige nuovi modelli, e che il cavallo eraun ronzino peggio di quello di donChisciotte, dovevi vedere con che facciaavvilita la ascoltava il vecchio John, luiche alla carrozza e al cavallo èaffezionato come se fossero suoi figli.

'Thornfield adesso, dopo tantaanimazione, dopo tante emozioni e tantisospetti, sembra anche troppo silenziosae tranquilla. Tanto che se non potessimouscire di casa e fare delle lunghe

passeggiate, ri-schieremmo di annoiarcicome l'inverno scorso. Per fortuna iltempo è bellissimo. Madame Fairfaxdice che non ricorda di avere mai visto,in maggio, delle giornate così calde,asciutte e luminose. Passano anche tregiorni di seguito senza che cada unagoccia d'acqua.

Noi due ci portiamo dietro il pranzo inun cestino e passiamo tutto il giorno nelboschetto delle cornacchie, disegniamole forme degli alberi e le sagome dellefoglie come ci aveva insegnato ilpadrino, osserviamo gl'insetti,cerchiamo le uova delle cornacchie neinidi, Adè-

le si diverte un mondo a gettare sassi nelruscello. Sul suo viso sono tornati i beicolori che erano scomparsi durantel'inverno: era diventata pallida quasicome miss Jane. Adesso inveceassomiglia tanto a madame Céline che incerti momenti, a guardarla, mi si stringeil cuore.

Madame Fairfax è contenta che stiamotanto tempo fuori di casa, e anche idomestici che senza di noi possonotornare al tran tran di una volta. John èsfato così gentile da farcì un'altalenarudimenta-le con una corda eun'assicella di legno e non devi credereche la usi soltanto Adèle. Anche a mepiace arrivare sempre più in alto,

sfiorare con i piedi i rami degli alberi.Peccato che Dédé non riesca aspingermi con la forza di un adulto. Seci fossi tu, allora si che mi farestivolare!

Quando siamo stanche ci sediamo su untronco d'albero caduto e leg-giamo avoce alta le fiabe della baronessad'Aulnoy. Dédé è innamorata de La gattabianca e non è mai stanca di sentirla.Ogni giorno coglie grandi mazzi di fioriselvatici "per portarli a Bertha".Probabilmente li nasconde da gualcheparte su in soffitta e li lascia appassire.

Vorrei dire a Grace Poole, che se trovain un angolo delle foglie secche, della

frutta avvizzita o altra sporcizia delgenere, me lo dica e andrò io a pulire.Ma come faccio? Non posso azzardarmia parlarle in inglese, e lei di francesenon capisce una sola parola.

Sai, ho scoperto dalle chiacchiere delledomestiche giù in cucina, che GracePoole prende uno stipendio cinque voltepiù alto di quello di Leah, e che ha deirisparmi depositati alla banca diMillcote. Probabilmente lassù nellastanza del terzo piano non si limita arammendare le lenzuola e la biancheriadi casa. Probabilmente cuce labiancheria personale del padrone,confeziona le sue camicie, compresequelle da sera, forse e una sarta

provetta, capace anche di fare marsine eredingote, di ricamargli panciotti ecravatte.

Quando la vedo passare col cuscinettodegli aghi appuntato sul petto, non possofare a meno di pensare a mia madre.Sapessi quanta nostalgia sento dei mieigenitori, dopo tanti anni che li hoperduti! E

che rancore provo ancora per monsieurFélicien. Se avesse pagato mia madreper il suo lavoro un quarto di quello chedicono prenda Grace Poole, avremmopotuto vivere senza tante privazioni; leinon si sarebbe ammalata e non sarebbemorta.

Dev'essere una sensazione strana e tristequella di non ricordare il viso di tuamadre e di tua sorella, mio poveroTússi. dev'essere terribile non saperenemmeno se sono vive o morte. Ioalmeno ho due tombe da visitare alcimitero di Montmartre. Quando torno,voglio pian-tarci due alberelli di alloro.Per ricordare il loro coraggio, la lorosperanza in un mondo migliore, le virtùdell'umile cittadino, come sarebbepiaciuto al nostro vecchio maestro.Prima ero troppo piccola e non avevomai riflettuto sulla poesia che VictorHugo ha scritto nel I83O

in onore di mio padre, dei suoicompagni di lotta e di tutti i parigini

insorti, comprese le donne che gettavanodalla finestra le vecchie pentole sulletruppe di Carlo X. Te la ricordi?

Frères! Et vous aussi, vous avez vosjournées!

Vos victoires, de chêne et de fleurscouronnées, Vos civiques lauriers, vosmorts ensevelis,

Vos triomphes, si beaux à l'aube de lavie.

Vos jeunes étendards, troués à faireenvie

A de vieux drapeaux d'Austerlitz!4

4 Fratelli! E anche voi avete le vostregiornate!/Le vostre vittorie, di quercia edi fiori incoronate,/I vostri allori civili,i vostri morti sotto terra,/I vostri trionfi,così belli all'alba della vita./I vostrigiovani sten-dardi, laceri da fareinvidia/Alle vecchie bandiere diAusterlitz.

La voglio far imparare a memoria aDédé. Ormai, tranne che con me, parlasempre in inglese, ed e bene che nondimentichi la nostra bella lingua.

Ti abbraccio, Tússi, e ti raccomando dinon stare in pena per noi.

Saluta Olympe, sua nonna, Angélique ela sua famiglia. Come si stacomportando la viscontessa? Visto che tiparagona a un cane, Bertha ticonsiglierebbe: "E fu morsicala!"

Bertha, ho scoperto, parlava solo ininglese, ma Adèle sta cercando diinsegnarle il francese. Forse è perquesto che da un po' di tempo nelle suelettere mescola le parole delle duelingue in un modo così buffo.

Ma per tornare alla viscontessa, la tuaamica Sophie ti raccomanda di

comportarti con astuzia. Il Codice Nero,se ricordo bene, raccomanda ai padronidi far battezzare gli schiavi (che stranacontraddizione far battezzare deglioggetti!) e di istruirli nella fede cat-tolica, perciò mostrati ancora più devotodi lei. Appena ti sembra che si stiaprendendo troppa confidenza, tu mettiti acantare un inno quaresimale, tipo il DiesIrae. Vedrai che la smette subito.

Caro, caro Tússi, ti abbraccio con tuttoil mio affetto.

Scrivimi presto. La tua amica

Sophie

Dear mamma,

l'altro giorno Mrs Fairfax ha scrittouna lettera to miss Jane, e mi hachiesto se volevo aggiungere i mieisaluti. Glieli ho scritti in english, soshe will be happy. Sophie dice che forsemiss Jane non torna più, invece lasignora Fairfax dice di sì, when muorequella sua zia che è very very hill. Iosono contenta se torna, invece Berthadice che stiamo meglio adesso che nonc'è.

Sai, mamma, Sophie mi ha fatto leggerela fiaba della gatta bianca, che vivevain un acstello e aveva many invisibleservants. Tu vedevi solo le loro mani

che si muovevano nell'aria. Nei disegnidel libro la gatta è vestita as a lady,con la crinolina e il colletto a pieghe.Allora ho staccato l'abito di Catherinee ho cercato di infi-lare la gonna algatto di madame Fairfax, but quellonon ha voluto e mi ha graffiato. Migraffia sempre.

Cara mamma, I love you very much andI pray la holy Vergine, come mi haiinsegnato tu, che ti faccia liberarepresto. Prego perchè liberino anchBertha. L'hanno messa in castigoperchè si è comportata male e non lalasciano uscire. Ma lei said that ungiorno scappa. An-ch'io scappo semosieur marries miss Blanche e la

porta a vivere qui con noi. Scappo evengo da te.

Guarda che I put dentro la lettera twostrane leaves che ho raccolto nel wooddelle cornacchie. Ti abbraccio forteforte, your

Dédé

9

Parigi, rue Notre Dame des Champs

1 giugno 1838

Cara Sophie,

come vedi, ti sto scrivendo dalla casa dimadame Soulignac. Questo pomeriggiomi sono offerto di sostituire Olympe nelsuo turno di assistenza alla nostrapovera amica, che da circa mezz'oradorme dopo aver passato una mattinapiuttosto agitata. Speravamo che ilmomento della guarigione fosse ormaivicino, perché ogni giorno madame Cé-

line fa nuovi progressi e si comporta inmodo sempre più ragionevole.

Ormai mangia, si veste e si lava senzanessun aiuto, passeggia in giardino,legge la musica e suona il pianoforte perore e ore. Qualche giorno fa hariconosciuto madame Geneviève e le hachiesto stupita come mai si trovasse inaccappatoio nella sua casa. La nonna diOlympe ha cominciato a spiegarlequello che era successo, sorvolando suiparticolari più dolorosi. Ma dopo leprime frasi madame Céline ha smesso diascoltarla, il suo sguardo si è fattoassente. Si stringeva le tempie con lemani lamentandosi di avere un forte maldi testa e alla fine si è messa a piangere

e ha chiesto di andare a letto e di restareal buio. Il dottore però dice che il fattodi riconoscere il luogo dove si trova e lasua ospite è un ottimo segnale. Cosìcome attribuisce grande importanza alfatto che l'ammalata da qualche giornochieda con insistenza di Adèle, di te, dime, del padrino e dei domestici diboulevard des Capucines. Anche se poi,quando io le prendo la mano, la guardonegli occhi e le dico: «Sono qui. SonoTússi, il vostro figlio maggiore, ilvostro bonbon al cioccolato» lei miguarda smarrita e risponde: «Noncapisco quello che dite. Chi siete, digrazia, signore? Non ho l'onore diconoscervi» e continua a ringraziare

Olympe delle sue cure chiamandolainfermiera.

Oscilliamo in continuazione dallosgomento alla felicità, come stamattina,quando è arrivata Angélique e madamenon solo l'ha salutata chiamandola pernome, ma le ha chiesto, come se lavedesse per la prima volta: «Quandosiete tornati dall'America? Su qualebastimento avete viaggiato?» E poi haascoltato con attenzione il suo raccontoe le ha fatto le domande più sensate delmondo. Ha guardato con attenzionel'album dei disegni che Angélique haportato dal Nuovo Mondo: piante,animali, paesaggi… Che nostalgia,sassolino, di quei colori, di quella luce!

Angélique ci ha mostrato anche deiritratti e ci ha riferito che nonostante inquelle regioni faccia sempre moltocaldo, i coloni bianchi si vestono comein Europa: gli uomini con giacca e gilè,spesso di panno scuro e pesante. Ledonne con mille sottogonne, crinoline,scialli, guanti… Sudano come fontane,ma non rinunciano a seguire la modafrancese o spagnola. Madame rideva eosservava: «Che mancanza di sensocomune! E oltretutto, che mancanza diigiene.»

Sembrava perfettamente in sé. Peròsubito dopo pranzo, quando sonorimasto solo con lei, ha cominciato adare in smanie. Si torceva le mani e mi

supplicava che le portassi Dagoberta.Diceva che era molto importante, che labambola di Adèle stava perdendol'imbottitura e che bisognava mettercidentro dei nuovi fiori di lavanda. «Masubito, subito, prima che sia troppotardi!» Era così angosciata che avreivoluto accontentarla, ma sarei dovutoandare a casa del visconte, a prendere labambola, e lasciarla sola, senza lacertezza di poter tornare perché ilmaggiordomo avrebbe potuto vedermi etrattenermi per qualche lavoro.

Così le ho promesso che gliela porteròdomani. Lei mi ha chiesto:

«Adesso dov'è?» e quando le ho detto,

senza pensare che potevo turbarla: «Incasa del visconte de Lagardière» èscoppiata a piangere singhiozzando:«Tutto è perduto. Quell'uomo vuole lamia rovina!» Non si è lasciataconsolare, ha rifiutato di guardare fuoridella finestra il passaggio dellecarrozze, uno spettacolo che di solito ladistrae. Non ha voluto mangiare lefragole che le piacciono tanto, hasinghiozzato così a lungo sbattendo latesta contro lo schienale della poltrona,che alla fine mi sono deciso a farle bereil calmante che il dottor Manette ci halasciato, con la raccomandazione diusarlo solo se si agita tanto da farsimale. Dopo qualche minuto madame si è

addormentata e l'ho trasportata inbraccio sul letto.

Come è strana, la vita, Sophie! Quandosono arrivato dalla Giamaica e ho messopiede per la prima volta in casa dimadame, in tutti i miei nove anni di vitanon avevo mai dormito in un letto, masempre per terra, su una stuoia o sulnudo pavimento, davanti alla porta deimiei differenti padroni. [Anche sullanave il marinaio che mi aveva incustodia mi faceva dormire per terra.Invece in boulevard des Capucines laprima notte madame mi ha chiesto se erotriste, se avevo paura di dormire da solonella stanzetta dell'attico che mi avevadestinato e se non preferivo dividere il

letto con qualcuno. Io ho pensato che in-tendesse con qualcuno dei domestici, epoiché avevo visto che erano tuttibianchi, temevo che si sarebberorifiutati, o che avrebbero aspettato chemi addormentassi per spingermi e farmicadere fuori dal letto, quindi ho rispostodi no.

«Ma dovevo avere un'espressione cosìpreoccupata e spaurita, che madame si emessa a ridere e mi ha detto: «Non farel'eroe.! Qui non ce ne bisogno. Stanottedormirai con me. domani vedremo.»Non credevo alle mie orecchie e nonosavo fare un movimento. Temevo chefosse un tranello per controllare se fossistato addestrato a dovere. E

poi il suo letto era così alto, che mi cisarebbe voluto un panchetto per salirci.A quel tempo ero molto piccolo per lamia età. Ho cominciato a crescere solopiù tardi, quando ho potuto mangiare asazietà, e non gli avanzi e gli scarti deipadroni e dei domestici adulti, ma buoncibo appena uscito dai fornelli di cui mipotevo servire fino a placare la fame.

Così me ne stavo in piedi nella mianuova camicia da notte, quando madamecon una mossa rapida mi ha infilato unbraccio sotto le ginocchia, mi ha presoin braccio e mi ha deposto sul letto. Poisi è coricata al mio fianco e mi ha detto:«Se hai voglia di piangere, sfoga-ti pure.Ma ricorda che io sono qua e che se me

lo chiedi, ti tengo stretto finché non tiaddormenti.»

Non me lo dimenticherò mai, Sophie. Epoco fa mentre portavo in bracciomadame e la mettevo a letto, pensavo acome le parti si fossero invertite. Soloche lei non si lascia abbracciare strettastretta, nemmeno da Olympe. Forse,sebbene non fosse in un reparto diagitate o furiose, qualche volta allaSalpêtrière l'hanno legata con la camiciadi forza.

Ora dorme tranquilla come una bambina,e con gli occhi chiusi e le membrarilassate sembra una persona sana eragionevole. Ne ho ap-profittato per

ritrarla, un semplice schizzo a matita suun foglio di carta da lettere. Te lo mandoperché tu possa vedere com'è adesso.

Vero che assomiglia a un ragazzinoconvalescente dal tifo, con quelleguance smunte e i capelli che le stannoricrescendo folti e ricciuti come i mieiprima che li intrecciassi? Chissà se alrisveglio si ricorderà del motivo chel'ha fatta piangere così disperatamente?Ad ogni buon conto io domani porto quiDagoberta. Se madame non la vuole, lalascio a Olympe, nel caso la chieda piùavanti. È una vera fortuna che Adèle nonl'abbia portata con sé in Inghilterra.

Ti chiederai come riesco a fermarmi

tanto a lungo in casa di madameSoulignac. da qualche giorno possodisporre più liberamente del mio tempoperché la viscontessa è partita per lacampagna, dove starà per tre settimaneospite di una sua anziana cugina, lamarchesa de Vinteuil. Ci va tutti gli anni,a godere l'aria dolce di giugno, e questavolta aveva intenzione di portarmi consé, come valletto personale.

Me l'ha detto alla vigilia della partenza.Puoi immaginare quanto fossipreoccupato all'idea di dovermiallontanare da Parigi per un periodocosì lungo! 6 proprio quando madameCéline ha bisogno di tutta la nostraassistenza per fare gli ultimi passi verso

la guarigione.

Sai chi mi ha aiutato a scampare aquesto che per me era un vero pericolo,anche se è morto da trentacinque anni?L'eroe dell'indipendenza di Haiti, ilprincipe ribelle di cui porlo il nome.Devi sapere che la cugina di madameViolaine è piuttosto anziana. Era unaragazza da marito nel 1798, quando suopadre partì col generale Leclerc percombattere contro i miei fratelli schiavidi Saint Dominique che, seguendol'esempio della grande Rivoluzionefrancese, si erano ribellati ai loropadroni bianchi. Come abbiamo letto suilibri del Cittadino Marchese, Leclercmorì sull'isola di febbre gialla, i

francesi furono sconfitti e i miei fratelliconquistarono la loro indipendenza. Lagiovane e bella vedova di Leclerc,Paolina Bonaparte, tornò in Franciascortata da un gruppo di ufficialifedelissimi, tra i quali era il padre dimadame de Vinteuil. E con loroarrivarono racconti terribili sullaferocia di noi neri, sui massacri, sullecrudeltà e sulle vendette com-piute aidanni dei coloni bianchi. Ne abbiamoparlato tante volte a scuola, ricordi?Conquistare la libertà non è comeballare un minuetto, diceva il cittadinoMarchese, e quando il padrone te lanega usando le armi, tu non puoi farealtro che rispondergli con le armi. Ma

Napoleone e considerato un eroe, mentretutti parlano dei liberatori di Haiti comedi selvaggi sanguinari.

Bene, da quei racconti madame deVinteuil ha concepito un vero terrore perchiunque abbia la pelle nera. Sonopassati più di trentanni, e lei temeancora che tutti gli uomini di colore nonpensino altro che a violentarla e asgozzarla. Quindi fin dall'inizio, quandoha saputo della mia presenza in casaLagardière, ha detto a madame Violaine:

«Tu sei pazza, cugina, a tenere al tuoservizio una belva sanguinaria.» Poi,con l'avvicinarsi di giugno l'ha avvertitache non voleva selvaggi dal muso nero

sotto il suo tetto. La viscontessainsisteva decantando la mia docilità e ilmio buon carattere, ma quando la cuginaha saputo il mio nome, è caduta indeliquio. «Un altro ToussaintLouverture! Ci scatenerà contro idomestici, verremo uccisi a tradimentonei nostri letti!»

Era folle di terrore, e madame Violarneha dovuto rassegnarsi a lasciarmi aParigi. così, non dovendola più scortarea tutte le funzioni, posso disporre a miopiacimento dell'intera giornata. Ilcocchiere e sua moglie continuano aproteggermi. Devo solo averel'accortezza di girare alla larga dalvisconte e dal maggiordomo, perché non

gli salti in mente, vedendomi, diassegnarmi qualche lavoro chetoccherebbe a un altro domestico.

Ecco, ti ho detto tutto di noi. Ti confessoche la tua penultima lettera mi avevamesso in grande apprensione. Se fossistato un uomo libero, sarei partitoimmediatamente per raggiungervi inInghilterra, visto che ora posso lasciarecon fiducia madame affidata a Olympe ea sua nonna. Ma sono uno schiavo, e sefuggissi il visconte de Lagardiè-

re mi sguinzaglierebbe dietro la poliziae mi farebbe arrestare prima che riescaa passare la Manica. Per fortuna l'ultimatua lettera mi ha rassicurato. Che

sollievo sapervi sole e tranquille!Speriamo che mister Rochester resti aLondra il più a lungo possibile e che, sedavvero si sposa, miss Blanchepreferisca andare a vivere in un postomeno isola-to, magari in Italia o inProvenza come è di moda adesso. E chel'istitutrice se ne resti a casa degli ziiaristocratici e vi lasci vivere in pace.

Speriamo… in queste ultime settimanestiamo vivendo solo di speranze. Per voidue, per madame… Quanto è duro,Sophie, non poter agire, non potercombattere attivamente per la salvezzadi quelli che amiamo!

Bacia Adèle da parte mia. Ho dato a sua

madre le due foglie che ha messo nellabusta, e madame Céline se le è portatealle labbra più volte, come se capissechi gliele aveva mandate. Ma questo nonpossiamo dirlo a Dédé. Così come tiraccomando di non mostrarle il ritrattodi madame.

Ti abbraccio Sophie. E spero… speroche anche la tua prossima lettera miparli di tranquillità, di sicurezza, di voliin altalena e di belle passeggiate nelbosco delle cornacchie.

Il tuo fratello maggiore

Toussaint Louverture Déchâtre Lacroix

10

Thornfield, 15 giugno 1838

Caro Toussaint Louverture,

grazie infinite per il ritratto di madame.Sapessi quanto mi manca il suo sorriso!Adèle ha la sua miniatura col ritrattodella madre appesa al collo, e neimomenti di disperazione le chiedevo dimostrar-mela per darmi coraggio.Adesso ho questa sua nuova immagine,che naturalmente terrò solo per me,perché nonostante la serenità del sonno,il dolore vi ha lasciato tracce profonde.È difficile continuare a recitare con

Dédé la commedia che madame è inprigione, ma che è sana di mente e chepuò leggere le nostre lettere e ricevere inostri regali.

Però non voglio che sappia quanto hasofferto e quanto ancora soffre,nonostante le vostre cure.

Sai, Tússi, credo che le smanie di cui miscrivi, il desiderio di avere Dagobertaper sistemarle l'imbottitura, non siano unsegno di re-gressione nella follia, maanzi facciano ben sperare in un ritornodella memoria.

Forse tu non sai che, poco prima che ilCittadino Marchese morisse, madame

Céline mi aveva detto che volevaaggiungere un po' di fiori di lavandaall'imbottitura della bambola, e che loavrebbe fatto mentre vegliava il sonnodel padrino. Charlotte era andata allabottega Provenzale e gliene avevaprocurato un sacchetto. Maevidentemente quando le guardie l'hannoportata via, madame non aveva neppureincominciato il lavoro, perché Solange eio abbiamo trovato Dagoberta gettata suuna sedia accanto al letto del morto, e ilmucchiet-to dei fiori di lavandacalpestato e sparso per terra.

Il desiderio di terminare il lavoro che hadovuto interrompere mi pare un ottimosegno e magari procurerà alla nostra

cara ammalata un'emozione benefica. Ecomunque per lei Dagoberta è cosìstrettamente legata a Dédé, che le faràcerto bene abbracciarla e respirarne ilprofumo.

Qui a Thornfield è tuffo tranquillo,anche se non siamo più sole conmadame Fairfax e con i domestici.Prima è tornato mister Rochester,guidando personalmente una bellissimacarrozza nuova, all'ultima moda, un tiroa due con i cuscini di pelle rossa, chepiacerà molto a miss Blanche. Quellavecchia l'ha venduta al fattore diFerndean insieme al cavallo, con grandispiacere di John, e anche di Adèle,che si era affezionata al povero Devil e

andava tutti i giorni a trovarlo nellastalla per portargli le zollette dizucchero.

Per consolarla John le ha proposto difare un giro sulla nuova vettura e io l'hoaccompagnala. Ma non è stata unapasseggiata pia-cevole, perché i duenuovi cavalli gli hanno preso la mano eabbiamo rischiato di rovesciarci in unfossato. Sono due bestie giovani enervo-se, e probabilmente si rendonoconto che John non è abituato a guidareun tiro a due.

Qualche giorno dopo il ritorno dimonsieur Edouard è tornata anchel'istitutrice. Evidentemente la ricca e

nobile parentela non ha apprezzato lasua compagnia e l'ha rimandata indietroa guadagnarsi il pane col suo lavoro.Adèle le è saltata al collo. È contenta dirive-derla, anche se i primi tempi era unpo' preoccupata perché si aspettava diriprendere le lezioni al ritmo delloscorso autunno. Miss Jane però lededica solo due o tre ore al mattino. Ilresto del tempo lo passa in compagniadel padrone di casa.

Adesso vanno di nuovo d'accordo eamoreggiano come in febbraio; lui hasmesso quel suo modo di fare sarcasticoe pungente e, se la stuzzica, lo fa conun'ironia quasi affettuosa. Lei lo guardacome se fosse un dio, pende dalle sue

labbra e gli da sempre ragione. Le donneadulte sono strane, Tússi. L'istitutricesembrava una ragazza orgogliosa,suscettibile, gelosa della propriaindipendenza. Non pensavo che avrebbedimenticato così facilmente leumiliazioni che ha dovuto subire solo ilmese scorso e le sofferenze dellagelosia. È proprio vero che l'amorerende ciechi, d'altra parte come si puòspiegare in altro modo che una donnaintelligente come la nostra madameCéline quando aveva l'età di miss Janesi sia lasciata ingannare dallo stessoimpostore che adesso sta circuendol'istitutrice? Cos'ha mister Rochester ditalmente straordinario che nessuna

donna riesce a resistergli? A me sembrabrutto, vecchio e antipatico. Non glidarei retta neppure se mettesse il mondointero ai miei piedi. E non sono poi tantopiù giovane di miss Jane. Ho giàquindici anni. Molte ragazze alla mia etàhanno già l'innamorato. Ma io lo vorreigiovane e soprattutto sincero.

Ci sono stati, nei primi giorni dopo ilritorno di miss Jane, dei momenti in cuila vedevo entrare nel salotto conun'espressione così sognante, così beata,che avrei voluto scuoterla, metterla inguardia raccontandole come il suo idolosi è comportato in realtà con la madre diAdèle. Come ha tradito la sua fiducia,come l'ha abbandonata, come le ha

negato il suo aiuto nel momento in cui neaveva più bisogno. Mi pareva che fossemio dovere impedirle di cadere anchelei nella stessa trappola.

Non l'ho fatto perché mi sono accortache nell'atteggiamento dell'istitutrice c'èqualcosa di strano. Come se godesse afare la parte della martire. Perchémonsieur Edouard, mentre le fa gli occhidolci, continua a parlare del suoprossimo matrimonio con BlancheIngram, e di quando un nuova signoraRochester prenderà le redini della casa.

Non perde occasione di vantare labellezza della nobile fidanzata, laparagona addirittura alle superbe regine

di Cartagine. E miss Jane si diced'accordo, non mostra più alcun segno digelosia, come se avesse accettato dibuon grado l'idea che questi sono i suoiultimi giorni di felicità, come se fossepronta, al momento opportuno, a cedereall'altra il suo innamorato e a togliere ildisturbo lasciando immediatamenteThornfield. Li ho sentiti addiritturaparlare di una nuova sistemazione chemonsieur le avrebbe già trovato, comeistitutrice presso una famiglia che vivein Irlanda.

Se miss Jane lascerà il suo posto, cosane sarà di Adèle? Mister Rochesterpensa che la sua nuova moglie sarà ingrado e avrà la pazienza di occuparsi

della sua educazione? Oppure hadavvero in mente il progetto di mandarlain collegio? Per il momento cerco di nonpreoccuparmi, e non farlo neppure tu,Tússi, perché anche questo fi-danzamento di cui si parla tanto èpiuttosto strano, da quando gli Ingramsono partiti, monsieur Edouard non èmai andato a trovarli, neppure permostrare la nuova carrozza a missBlanche. E sì che non vivono moltolontano da Thornfield. E neppurearrivano lettere da parte della fidanzata.Sto sempre attenta quando viene ilportalettere, perché aspetto la tua, quellache mi scriverai quando non sarà piùnecessario agire con prudenza. A un

certo punto ho pensato che ilmatrimonio, per qualche motivo cheignoro, fosse andato a monte. Ma

non è così. Monsieur Edouard e lasignora Fairfax ne parlanotranquillamente e fanno progetti perquando la nuova signora Rochesterarriverà a Thornfield. Però nonaccennano mai a una data, e neppure aun mese o a una stagione.

Mi auguro che tutto questo accada

quando noi due saremo già tornate inFrancia. Ti abbraccio e aspetto vostrenotizie, la tua amica e sorella

Sophie

Dear mamma,

sono contenta perchè monsieurEdouard came back con Pilota equando Sophie e io andiamo apasseggio we can portare anche thedog. Però ho pianto quando è partitoDevil horse, e anche John era triste.Adesso abbiamo due cavalli nuovi perla carrozza, che non vogliono ub-bidirea nessuno, solo a monsieur Edouard. EJohn mi ha detto che è pericoloso se mi

avvicino per dargli una zol-letta ofsugar, perché possono darmi un calcio.

Ion questa casa sono tuttidisobbedienti. Bertha non vuoleprendere la medicina e di nascosto lasputa per terra, Catherine non vuoletenere la gonna che le avevo staccatoper metterla al gatto di madameFairfax, e il gatto di madame Fairfaxnon vuole farsi accarezzare e migraffia. Solo Pilota è buono. Anche iosono buona, e Sophie mi ha detto chenon permetterà che mi mettano incollegio, neppure se miss Jane se neparte per fare l'istitutrice of fiveirlandesi children.

Cara mamma, adesso ti saluto perchémonsieur Edouard ha detto che miporta in carrozza a Millcote insieme amiss Jane.

Un abbraccio stretto stretto from your

Dédé

IV. PARIGI-THORNFIELD,GIUGNO-LUGLIO 1838

1

Parigi, rue Notre Dame des Champs

18 giugno 1838

Cara Sophie,

finalmente! I nostri problemi sono finiti,sassolino. Madame Cé-

line è guarita, ha ritrovato la memoria eragiona perfettamente. Lo avrai capitoprima ancora di aprire la busta,vedendola arrivare a Thornfield nellaborsa del portalettere. Non importa semonsieur Edouard se ne accorge perché

insieme alla tua c'è anche una lettera perlui.

Ti scrivo prima che sia arrivata la tuarisposta, perché volevo che sapessi alpiù, presto possibile la bella notizia.Probabilmente i due battelli chetrasportano le nostre due lettere siincroceranno nel canale della Manica.

Ma c'è anche un'altra novità: chi tiscrive è un uomo libero. Sai dov'eranascosto il mio atto di emancipazione?Dentro la pancia di Dagoberta. Insiemeal testamento del Cittadino Marchese, aigioielli e al denaro che madame avevain casa al momento della morte delpadrino.

Per questo Adèle si lamentava che labambola era diventata più grassa epesante e che le si stancavano le bracciaa portarla a passeggio. Noi, che primanon avevamo mai sollevato Dagoberta,pensava-mo che fosse una delle suesolite fantasie. Se le avessimo dato rettae avessimo esaminato con attenzione labambola, avremmo potuto evitare lamaggior parte delle nostre disgrazie.

Adesso ti racconto dall'inizio come èandata. Se madame Céline insistevatanto perché le portassi Dagoberta,aveva le sue buone ragioni. Col ritornodefinitivo della memoria, di cui ancoranoi non ci eravamo resi conto, si eraricordata dell'ultimo gesto compiuto

prima che le guardie la portassero via.

Ci ha raccontato che quella notte, poichéil padrino sembrava dormire tranquillo,aveva deciso di aggiustare la bamboladi Adèle.

Aveva scucito il solito lembo di stoffa ene aveva tolto i pochi fiori di lavandarimasti, ridotti ormai in polvere. Stavacominciando a metterci dentro quellinuovi, quando il padrino si erasvegliato, aveva cominciato a lamentarsie madame aveva lasciato da parte illavoro di imbottitura per cercare didargli sollievo. Poche ore dopo inveceil povero Cittadino Marchese era morto.La notizia si era sparsa con la velocità

di un fulmine e in boulevard desCapucines erano arrivati gli eredi.Sentendo giù nel viale il rumore dellecarrozze madame aveva intuito che nonsi trattava di una visita di condoglianze.Conosceva la prepotenza dei due nipotie la loro mancanza di scrupoli. Temevache avrebbero fatto sparire e distruttoogni documento, ogni prova che fossecontraria ai loro interessi. Quelle carte,insieme al denaro liquido e ai gioiellipiù preziosi, erano nel secrétaire delsalottino attiguo.

Madame però non poteva metterli insalvo fuori di casa, perché aveva vistodalla finestra che entrambe le porteerano bloccate dai servi del visconte de

Lagardière e dai gendarmi che ilmarchese d'Arconville aveva giàchiamato col pretesto di avere scopertoun furto in casa dello zio.

Le restava poco tempo prima che glieredi salissero al primo piano. Ci haraccontato che mentre pensavafreneticamente a cosa fare, le era cadutolo sguardo su Dagoberta, riempita ametà e col lembo di stoffa ancora aperto,abbandonata sulla sedia. Gli aghi colfilo erano già pronti, puntati sulcoperchio imbottito del cestino dalavoro.

Allora madame ha preso la bambola e,con la maggior velocità di cui era

capace, le ha tolto un po' della nuovaimbottitura per fare spazio, ha avvolto igioielli uno per uno con le pezze di telapronte per bagnare la fronte del malato,e ne ha fatto un fagotto legandoli dentroun fazzoletto perché urtando tra di loronon facessero rumore. Poi li ha sistematidentro il corpo della bambola. Lo stessoha fatto con le carte e il denaro,mettendoci attorno una flanella delpadrino per at-tutirne gli spigoli. Quindi,col batticuore, perché sentiva le guardieordinare a Jean-Baptiste che si togliessedi mezzo e le lasciasse salire al primopiano, ha ricucito l'apertura e ha gettatoDagoberta sulla pol-troncina.

Non ha fatto in tempo ad avvertire

nessuno di noi, perché dopo un attimosono entrate le guardie e l'hannotrascinata via dalla porta sul retro.

Come madame aveva previsto, quandogli eredi hanno fatto il giro della casaimpadronendosi di ogni oggetto o cartache pensavano di valore, non hannodegnato della minima attenzione quellabambola di stracci vecchia e malridotta.Per fortuna tu e Solange sapevate quantoAdèle ci tenesse, e siete venute acercarla per metterla nel baule.

Così, fin dal primo giorno, voi due avetesempre avuto in mano gli strumenti dellanostra salvezza. Pensa Sophie, quantodolore e sofferenza avremmo potuto

evitare a madame Céline, se ce nefossimo accorti!

Per consolarmi penso che in fondo,nonostante tutto, ci è andata bene, chemagari, prima che Solange larecuperasse, Dagoberta sarebbe potutafinire nella spazzatura. O anche cheAdèle avrebbe potuto portarla con sé inInghilterra e che, quando madame l'harichiesta, non fosse in nostro potereaccontentarla.

Perché secondo il dottor Manette è statal'emozione di tenere fra le mani labambola ancora intatta, di palparne ilcontenuto, di scucir-la e di constatareche le carte e il resto erano ancora al

loro posto, che ha provocato nella mentedi madame Céline quella scossa che leha fatto recuperare per intero la ragione.

Sul testamento c'era anche il nome delnotaio: lo stesso che ha preparato l'attodella mia emancipazione. MadameGeeneviève l'ha mandato a chiamare, emaître Boisseau ha confermato lalegalità dei documenti. Mi haaccompagnato lui stesso in casa delvisconte in compagnia di un usciere deltribunale e gli ha notificato che tenevaingiustamente in schiavitù un uomolibero, intimandogli di lasciarmi andareimmediatamente. Adesso vivo anch'ionella casa di madame Soulignac, ospitedella buona signora alla quale non

potremo mai dimostrare pienamente lanostra gratitudine.

Il testamento è stato consegnato aigiudici, ma ormai il processo era statoavviato, e bisognerà aspettare l'udienzain tribunale perché madame Célinevenga ufficialmente prosciolta da ogniaccusa e possa entrare in possessodell'eredità. Madame Geneviève hadetto che met-

terà in moto tutte le sue conoscenzeinfluenti affinché il processo si celebri

al più presto.

Nel frattempo voi due tornerete a casadall'Inghilterra. Céline vuoleriabbracciarvi al più presto. Ma non tianticipo quello che ti scriverà lei stessa.

Ti mando un grande abbraccio, mio carosassolino. Sono impaziente diabbracciarti in carne e ossa e di fareinsieme a te dei grandi salti di gioia, deisalti da acrobata, come durante lelezioni di ballo di monsieur Jolivet.Sono impaziente di vedere quanto seicresciuta, e di mostrarti la mia nuovapettinatura giamaicana. Anche se adessonon porto più la livrea esotica dimadame Violaine, e sotto il cilindro le

treccine si notano poco.

La viscontessa non è ancora tornatadalla campagna. Le verrà un colpoquando scoprirà che il suo giovaneselvaggio tanto pittoresco e pericolosoha preso il volo. Pensa se dovesseincontrarmi seduto in carrozza al fiancodi Olympe nel viale del bois deboulogne dove vanno a pavoneggiarsi iricchi e i potenti!

A presto Sophie. Abbraccia Adèle eraccontale le novità in modo da nonturbarla. Nella busta c'è un bigliettoanche per lei. Vi aspetta con impazienzail vostro fratello maggiore

Tússi

Cara Sophie,

so che Tússi ti ha già raccontato tutto.Non posso scriverti a lungo perché sonoancora molto debole. Sto cominciando aleggere tutte le lettere che non ti sei maistancata di scrivermi in quest'anno ter-

ribile, con tanta ostinata fiducia nellamia guarigione. A ogni pagina tremo alpensiero dei rischi che avete corso, tu eAdèle, ma poi vedo che hai preso

sempre la decisione giusta, quella che harisolto nel migliore dei modi lasituazione. Ti ringrazio per il tuo affettoe per quello che hai fatto e stai facendoper Dédé. La mia bambina non potevacapitare in mani migliori delle tue.

Anch'io sono stata fortunata a potercontare sulla testardaggine di Tússi nelvolermi ritrovare e poi sull'aiuto dimadame Soulignac e della carissimaOlympe. Non so quante altre amicheavrebbero affrontato tanti disagi e tantespese per soccorrere una povera pazzaabbandonata da tutti. Credo che non mibasterà la vita intera per dimostrare lorola mia gratitudine. Su di te, Sophie,sapevo di poter contare fin dal giorno in

cui sei venuta a stare nella mia casa e mihai promesso che avresti difeso Adèleda ogni pericolo. Chi potevaimmaginare, allora, che la vita avrebbemesso alla prova così duramente la tuafedeltà alle promesse?

Nell'attesa di riabbracciarti prestissimoti saluta e ti benedice la tua amicariconoscente

Céline

Cara Dédé,

non so se riconosci la mia scrittura.Sono la tua mamma. Ho visto che adessosai scrivere e ti ringrazio di tutte le belle

letterine che mi hai mandato, anche sepreferirei che ti sforzassi di usare soloparole francesi. Ti faccio tanti auguriper il tuo settimo compleanno. Poverouccellino, per la seconda volta haidovuto festeggiarlo lontano dalla tuamamma. Ti giuro che sarà l'ultima. Soche Sophie ti ha raccontato il motivo percui non potevo risponderti. Adesso sonolibera, sto in casa di Olympe e sonoguarita. Ma sono ancora molto debole enon posso venire a prenderti comevorrei. Tu obbedisci a Sophie e vedraiche potremo riabbracciarci prestissimo.Che il buon Dio ti benedica!

La tua mamma che ti vuole tanto bene

2

For Sir Edward FairfaxRochester

Thornfield

Parigi, rue Notre dame des Champs

18 giugno 1838

Monsieur,

ho saputo che mia figlia Adèle si trovapresso di voi. Vi ringrazio per averlaaiutata e soccorsa in un momento di

difficoltà, quando per cause di forzamaggiore non potevo occuparmi di lei.Ora gli osta-coli che mi impedivano ditenere Adèle con me sono caduti. Hodelle buone amiche disposte a ospitarci,e non dispero di recuperare in brevetempo il mio patrimonio. Pertanto viprego, monsieur, di volermi rimandareAdèle con la prima diligenza che passada Thornfield diretta alla costa. La suabambinaia è una ragazza svelta eresponsabile ed è perfettamente in gradodi accompagnarla nel viaggio e disbrigarsela in ogni circostanza.Troverete nel plico il denaro necessarioper tutte le spese che dovrete affrontare.

Con i sentimenti della più doverosa

riconoscenza vi saluta Céline Varens

3

Thornfield, 29 giugno 1838

Madame,

vi informo che non ho intenzione diesaudire la vostra richiesta.

Non voglie che Adèle torni a vivere convoi, a contatto del corrotto ambientedello spettacolo, esposta al cattivoesempio e alla pessima influenza di unamadre indegna. Anche se non lericonosco alcun diritto legale ad esseremantenuta da me, costretto dallecircostanze l'ho raccolta e ho cominciato

a farle impartire una solida educazioneinglese che la trasformerà, tra qualcheanno, in una donna onesta e timora-ta diDio quale voi non siete mai stata né maisarete.

So che siete stata accusata di gravicrimini e sono certo che verretecondannata. Non vogliate coinvolgereAdèle nel vostro disonore.

La bambina vi crede morta.Consideratela morta anche voi. Dimenti-catela, cancellatela per sempre dallavostra vita.

Vi sconsiglio di tornare a infastidirmicon le vostre lettere e di cercare di

mettervi in contatto con Adèle. Ho giàavvertito il magistrato della Contea di S.perché, in tale evenienza, adotti iprovvedi-menti opportuni.

Nel plico troverete il denaro che miavete spedito e che vi riman-do indietro.

Con l'auspicio che questo sia l'ultimo edefinitivo contatto fra di noi mi firmo

Sir Edward Fairfax Rochester

di Thornfield Hall

4

Thornfield 29 giugno 1838

Cara e amatissima madame Céline,

sapeste come sono felice! Quanto viamo! Quanto sono riconoscente al buonDio che ha ascoltato le nostre preghiere!Subito dopo aver letto la vostra letterasono corsa alla piccola chiesa che staappena fuori dal cancello del parco peringinocchiarmi e rendere grazie allaSanta Vergine, anche se là dentro non c'ènessuna sua immagine o statua, perché èuna chiesa protestante. Ero così

emozionata che piangevo a dirotto, tantoche il pastore, mister Wood, è uscitodalla sagre-stia a guardarmi allarmato.Era la prima volta che mi vedeva suquei banchi. Miss Jane porta con séAdèle alle funzioni domenicali, ma io inquella chiesa era la prima volta che cimettevo piede. Certo il signor Woodavrà pensato quello che miss Jane dicesempre ad alta voce:

«Queste papiste sono tutte delleisteriche.»

Anche Adèle era fuori di sé dalla gioia.La "sua" lettera personale l'ha lettaalmeno trenta volte e poi, all'ora diandare a letto, l'ha voluta portare con sé

e l'ha messa sotto il cuscino. Possoimmaginare anche la gioia di Tússi, diOlympe, di tutti gli amici. Bentornata tracoloro che vi amano, madame!

E non preoccupatevi per quello che viscrive mister Rochester.

Non è un padrone di schiavi che puòtenerci prigioniere, non può im-pedircidi tornare a casa. Può rendercelo solopiù difficile, ma la vostra Sophie ha giàsuperato tante difficoltà e troverà ilmodo di riportare al più presto Adèletra le braccia di sua madre. Abbiatefiducia, e pensate a rimettervicompletamente.

Vi bacio le mani commossa ericonoscente e sono la vostra Sophie

PS: Non meravigliatevi di quello cheracconta Adèle in tutte le sue letterine,quelle che avete già in mano e quellache si accinge a scrivervi adesso. Nonvede un bambino della sua età da quasiun anno e in questa grande casa solitariala sua fantasia tende a sbrigliarsi e ainventare le cose più strampalate.D'altronde conoscete vostra figlia e ilsuo potere di dar vita alle briciole dipane e alle ombre delle nuvole.

Caro Tússi,

non far leggere questa lettera a madame.Inventa qualche scusa, ma non farglielaleggere. Sono fuori di me dalla rabbia!E pensare che ieri ero così felice…Perdonami, fratellino, non ti ho neppureringra-ziato per aver pensato a noi due eper averci scritto subito la bella notizia.Ma devi scusarmi perché sonofuribonda, e quando leggerai la rispostadi mister Rochester a madame capiraiperché. Quel mostro non vuole lasciarcitornare a casa. Lo so perché prima disigillarla ha lasciato la lettera apertasulla scrivania della biblioteca in attesache l'inchiostro asciugasse. Per fortunanon ha ancora scoperto che so leggere, e

quando sono entrata a spolverare nonl'ha neppure coperta.

Per fortuna quando ieri è arrivato ilportalettere monsieur era a Millcote conla fidanzata e non si è accorto che c'eraposta per me. Si sarebbe insospettito,visto che, a quanto ne sa, io sonoanalfabeta.

Magari miss Jane si sarebbe offerta dileggermela e avrei dovuto inventaremille scuse per rifiutare la suagentilezza. E per fortuna io sono stataprudente e non ho raccontato a nessuno,tranne a Adèle naturalmente, le notizieche avevo ricevuto. Quando ho vistoche, oltre alla mia, il portalettere aveva

anche una busta indirizzata a misterRochester e ho riconosciuto la scrittura,ho preferito aspettare la sua reazione, enel frattempo ho continuato a recitare lasolita commedia della bambinaiaignorante. Comincio a detestarlo, questopersonaggio. Prima di leggere larisposta di monsieur, avevo sperato dipotermene spogliare, magari dilasciarmelo dietro qui a Thornfieldcome un fantasma, a fare compagnia aBertha. Ma visto come vanno le cose,temo che dovrò interpretarlo ancora unbel po'. La mia prima e sconosciutasalvatrice, la madre di madame Céline,che passò tutta la vita a recitare, sarebbeorgogliosa di me.

Mister Rochester stamattina è andato adHay con l'istitutrice per impostarepersonalmente quella lettera crudele eoffensiva, che procurerà a madame unnuovo dolore, come se non bastasseroquelli che ha già passatoi

Ah, ma non creda che obbediremo aisuoi ordini, quel prepotente!

Pensa forse, perché lui e una granderoccia e io solo un sassolino, che milascerò schiacciare? Non lo sa che lepiccole schegge di ghiaia riescono ainfilarsi in qualsiasi fessura? Se non cilascia partire col suo permesso,fuggiremo.

Ieri a Londra, nell'Abbazia diWestminster, a un anno dalla sua ascesaal trono, è stata solennemente incoronatala regina Victoria.

Gl'inglesi stanno festeggiandol'avvenimento già da una settimana.

Mangiano, bevono e ballano nelle case eper le strade. E sai qual e il ballo per ilquale adesso tutti impazziscono? Ilvalzer, di cui due anni fa, ti ricordi, nonvolevano sentir parlare e accusavanonoi francesi di abbandonarci a una danzascomposta e impudica. Ci sarà tantaconfusione per le strade, ancora per unbel pezzo, che non sarà difficile per mee per Adèle passare inosservate.

Ho da parte un po' di danaro: quellofrancese che mi era rimasto dai mieirisparmi della calza, e il salario chemadame Fairfax mi ha pagato per ilprimo semestre. L'ho tenuto da parte: quia Thornfield non c'è nessuna occasioneper spendere. Ma con tutto ciò, temo chenon sia abbastanza, devo informarmi diquanto costa la diligenza fino a Londra,e poi da Londra a Dover. E quanto costail passaggio sul battello. Lungo ilviaggio inoltre dovremmo fermarci adormire almeno tre, se non quattro notti,bisogna che scendiamo in una locandadecente. Non voglio far subire disagi ocorrere rischi a Dédé. Anche se credoche dovremmo andare a piedi fino a

Strenghler, per confondere le idee ainostri inseguitori. Se prendessimo ladiligenza ad Hay o a Millcote cifaremmo scoprire subito.

Come vedi, sto già facendo i miei piani,anche se non posso metterli subito inesecuzione come vorrei. Se misterRochester non avesse rimandato indietroil denaro di madame, prenderei quello, enon avrei neppure il rimorso di averlorubato. Ma dovrò provvedere in qualchealtro modo. Se ci fossi qui tu, con le tuedoti di prestigiatore ed equilibrista,sapresti dove e come prenderlo senzadestare sospetti. Ma io non sono cosìabile. L'unica che può aiutarmi èOlympe. Chiedile se può informarsi del

costo e spedirmi la somma necessariaper il viaggio, gliela restituiremo appenamadame vincerà il processo.

Rileggendo quello che ho scritto, mirendo conto di aver nominato lafidanzata di mister Rochester. Noncrederai, Tússi, che miss Ingram siavenuta di nuovo in visita con tutta lafamiglia! C'è stata una grande novità quia Thornfield la settimana scorsa,esattamente il giorno di San Giovanni. Ilpadrone si è fidanzato con l'istitutrice.

È sicuro, perché ne ha dato la notiziaufficiale a madame Fairfax, e hanno giàfissato la data del matrimonio. Sisposano nella chiesa di mister Wood il

prossimo 25 di luglio.

Madame Fairfax ancora non riesce acrederci. Quando li ha visti che sibaciavano nell'atrio, la notte in cui ilfulmine ha distrutto l'ip-pocastanodell'orto, ha pensato che tra i due cifosse una relazione peccaminosa.Continua a dire che i Rochester sono unafamiglia antica e orgogliosa e che mai epoi mai un loro discendente si abbasseràa sposare la propria istitutrice.Monsieur Edouard però ha già scritto aLondra al suo banchiere perché gli portii gioielli di famiglia che tiene incassaforte. E ha ordinato alla sarta duevestiti eleganti per miss Jane. Volevaregalargliene sei, ma la fidanzata ha

rifiutato, e in quella occasione ha dettouna cosa molto antipatica.

«Non crediate di comprarmi con i vostridoni. Ho la mia dignità.

Non voglio essere la vostra CélineVarens inglese» gli ha detto. Non socome sono riuscita a trattenermi daldirle che non è degna di ba-ciarle ipiedi, a Céline Varens.

Temevo che, una volta data ufficialmentela notizia delle prossime nozze con missJane, ci sarebbe stata da parte diBlanche Ingram qualche reazioneviolenta. Una nobildonna così superbanon può accettare l'umiliazione d'essere

abbandonata all'ultimo momento, e perchi? Per una povera istitutrice che develavorare per guadagnarsi il pane. Mapare che monsieur, prima di dichiararsia miss Jane, abbia fatto spargere la voceche il suo patrimonio ammonta a menodi un quarto rispetto a quanto credonogl'Ingram, e che miss Blanche per questogli abbia dato immediatamente ilbenservito.

Adèle e tutta eccitata alla prospettiva direggere lo strascico alla suamademoiselle Jeannette il giorno del

matrimonio.

Monsieur ha detto che offrirà allafidanzata un prezioso velo di pizzoantichissimo che è sempre statoindossato da tutte le spose deiRochester.

Io invece ero preoccupata perché avevosentito dire dal padrone, e questa voltaseriamente, che intendeva mettere Adèlein collegio, per poter viaggiareliberamente con miss Jane, e perrisparmiarle comunque ogni tipo dilavoro e di fatica. Ma non ho fatto intempo a pensare come si potevarisolvere questo problema, perché sonoarrivate le vostre lettere a liberarmi da

ogni preoccupazione per il futuro.

Spero che Olympe ci mandi il denaroper il viaggio a giro di posta, così ilgiorno del matrimonio noi due saremogià lontane.

Ti abbraccio, Tússi, questa volta nonpiù con la speranza, ma con la certezzache ci rivedremo prestissimo.

La tua

Sophie

Mammina cara,

per fortuna ho imparato a leggere bene

anche in francese così non c'è statobisogno che Sophie mi leggesse la tualettera ma ho potuto farlo da sola. Eposso leggerla di nuovo tutte le volteche ne ho voglia. La tengo in tasca enon la faccio vedere a nessuno. Sonomolto contenta perché Sophie mi hadetto che adesso non sei più inprigione, m in casa di Olympe ove titrattano molto bene.

E che presto anche noi verremo a starecon te, ma non devo parlarne amonsieur Edouard.

Mamma, lo sai che alla fine di lugliomonsieur Edouard si sposa con missJane? Io sono molto contenta perché

miss Blanche non la potevo sopportare.

Bertha invece è arrabbiata. Forse ègelosa perché io dovevo reggere lostrascico il giorno del matrimonio. Hadetto che lei quel velo di pizzo lostraccia e lo calpesta sotto i piedi. Io leho detto che può fare quello che vuoleperché tanto io e Sophie ce nescappiamo prima. E lei si è messa apiangere e ha detto: «Ti prego, nonandartene.

Come farò senza di te? Chi verràadesso a farmi compagnia?» Io le hodetto: «Allora perché non scappi connoi?

A Parigi non fa tanto freddo come aThornfield», e lei ha detto che forseviene, se riesce a imbrogliare lagovernante. A te non dispiace, vero,mamma, se portiamo anche Bertha?Poverina, mi dispiace lasciarla qui dasola.

L'ho chiesto a Sophie e lei mi ha dettoche non ci sono problemi, che il suoPipiolet andava con lei dappertutto enon dava fastidio a nessuno. Berthaqualche volta fa i dispetti, ma se ledico di smetterla obbedisce.

Cara mamma, Sophie dice chedobbiamo aspettare una lettera diOlympe e poi partiamo. Sono

impaziente di vederti. E di farti vederequanto sono cresiuta. Lo sai che ho duedenti nuovi? Hai visto che non ho usatoneppure una parola in inglese?

Ti abbraccio stretta stretta e a prestoprestissimo Dédé

5

Parigi, rue Notre Dame des Champs

11 luglio 1838

Carissima Sophie,

ieri mattina c'è stata l'udienza altribunale, e il giudice mi ha as-solto datutte le accuse che mi avevano fatto i dueeredi del Cittadino Marchese. Li hacondannati a cedermi la proprietà de laPommelière, della casa di rue Jacob, ititoli e le obbligazioni che mi ha lasciatoil padrino, e inoltre a pagare tutte lespese del processo e a darmi diecimila

franchi come indennizzo per avermi fattarinchiudere per quasi un anno inprigione e alla Salpêtrière. Il giudizio estato veloce. Il magistrato aveva giàpotuto studiare a fondo i documenti: iltestamento autentico, la copia depositatapresso il notaio, le lettere che il padrinoaveva scritto molti anni fa a madameGeneviève e quelle che aveva mandatoin America, poco prima di morire, alpadre dei tuoi amici Angélique eMaximilien. Queste ultime hannodimostrato quanto il nostro caro padrinofosse rimasto lucido, brillante e nelpieno possesso delle sue facoltà mentalifino ai suoi ultimi giorni. E quantofossero assurde e prive di fondamento le

accuse che mi avevano fatto gli eredi diaver manovrato e plagiato un vecchioormai completamente rimbecillito eaffetto da demenza senile. In aula hannodeposto i testimoni. Il visconte d'Angersè stato magnifico nel descriverel'indifferenza e il disprezzo dei nipotiverso lo zio in contrasto con l'affetto e ilrispetto di cui era circondato inboulevard des Capucines; nelsottolineare il fatto che i due non loavessero più incontrato personalmenteda diversi anni e non potessero quindiessere a conoscenza delle sue condizionimentali. D'Angers ha ottenuto persinoche il giudice chiamasse a testimoniareToussaint. Ha dimostrato come, essendo

stato affrancato da una cittadina francesee sul suolo francese, Tússi è daconsiderarsi anche lui cittadino francesea tutti gli effetti.

Con mia grande consolazione,dimostrandosi amici fedeli nelladisgrazia, sono venuti a testimoniare amio favore monsieur Jolivet, il maestroGioacchino Rossini, il caro ThéophileGautier, Saint Beuve e persino lacontessa de Merlin, nonostante abbiaperduto il marito da poche settimane.Più, naturalmente, i nostri domestici,alcuni dei quali sono tornati appostadalla provincia dove avevano trovato unnuovo impiego.

Fa bene al cuore vedere che gli amici diun tempo non ti hanno dimenticata, e chenon hanno paura del risentimento e dellavendetta di due aristocratici potenticome i nipoti del mio padrino.

Ora non dovrò più dipendere dallacarità degli altri, cara Sophie, anzi potròricompensare degnamente chi mi haaiutata.

Non stupirti però di non trovare nelplico il denaro che avevi chiesto aOlympe e che adesso sarei in grado iostessa di spedirti. Non sono affattod'accordo sui tuoi progetti di fuga. Tu eAdèle sole per le strade d'Inghilterra,costrette a nascondervi dai vostri

inseguitori! Sei decisamente una ragazzatroppo temeraria. È vero che avevochiesto a mister Rochester di farvipartire da sole. Ma avrebbe dovutoorganiz-zarvi il viaggio, affidandovi alpostiglione, incaricandolo di sistemar-vi, nelle varie tappe, presso locandieridi fiducia, indicandovi per la traversataun battello già sperimentato. Così comelo immagini tu, alla ventura, il vostroviaggio potrebbe rivelarsi moltopericoloso. Ti proibisco di muoverti daThornfield prima che arrivino Tússi eOlympe, che partiranno domenica pervenirvi a prendere. Non vengo io stessaper diversi motivi: sono ancora troppodebole per viaggiare, non mi

rilasceranno il passaporto prima di duemesi e, cosa ancor più importante, temodi venire riconosciuta dal padre diAdèle. Il rancore che ha dimostrato diavere nei miei confronti lo spingerebbea nascondere la bambina, forse adallontanarla da Thornfield, ad affidarla agente estranea, pur di non restituirmela.Non credo che riconoscerà Toussaint,nel caso dovesse incontrarlo. Il mioschiavetto d'un tempo in questi ultimianni ha subito una vera metamorfosi.Comunque Tús-si non si avvicinerà allavilla, ma resterà nelle vicinanze adaspettarvi e a scortarvi nel viaggio diritorno. Chi verrà a cercarvi saràOlympe, che mister Rochester non può

riconoscere perché non l'ha mai vista invita sua.

Forse ti chiederai, Sophie, perché hodeciso di organizzare questa specie di"rapimento" invece di rivendicare i mieidiritti su SAdèle davanti alla legge. Cisono due motivi. Il primo è che misterRochester nella sua Contea di S. è unuomo potente, e come tu stessa mi scrivi,amico personale del magistrato deldistretto. Il secondo è che ne hoabbastanza di tribunali, di avvocati, ditestimoni. Anche se dovessi vincere, laprocedura sarebbe comunque moltolunga, mentre io sono impaziente diriabbracciarvi.

Quindi tieniti pronta. Prepara unbagaglio leggero che vi serva nelviaggio. Tutto il resto lascialo perdere.Quando sarete a Parigi compreremo tuttonuovo. Voglio portarti dalla mia sarta efarti fare un intero corredo all'ultimamoda per risarcirti del tuo grigiotravestimento da bambinaia durato ormaipiù di un anno.

Io nel frattempo andrò ad aspettarvi a laPommelière. Ora che posso allontanarmida Parigi sento proprio il bisogno direspirare l'aria della casa della miainfanzia. Verranno con me madameGeneviève con la sua camerierapersonale e… indovina chi? Lisette,Solange e Jean-Baptiste, che hanno

scelto di lasciare i nuovi padroni pertornare al mio servizio.

È tutto, mio caro sassolino. Anzi, no. Mipreoccupo per quella ragazza,l'istitutrice. Sono certa che Rochester lasta ingannando. Capisco che tu nonpossa spiegarle che uomo ignobile èEdouard prima di esserti messa al sicurocon Adèle. Ma tienila d'occhio, fa' inmodo che resti il meno possibile solacon lui, e prima di partire lasciale unbiglietto e spiegale come si ècomportato con me a Parigi.Raccomandale soprattutto di controllareche il matrimonio sia valido, non unacommedia come il mio. Miss Jane segueuna religione molto severa, inoltre non e

un'artista, non vive in un ambiente cheperdona gli errori fatti per amore, e nonha un padrino come il CittadinoMarchese. Cosa farebbe se scoprissetroppo tardi di essere stata ingannata?Magari già incinta di un bambino cheverrebbe disprezzato da tutte le sueconoscenze in quanto bastardo? Ha ilsuo lavoro, ma in questo caso qualefamiglia la accoglierebbe nella sua casae le affiderebbe l'educazione dei proprifigli?

Le scriverei io stessa, visto chel'istitutrice capisce il francese.

Ma sono molto stanca, e ritornare colpensiero a quegli anni mi fa troppo

male.

Quanto alle fantasie di Adèle, non mimeravigliano affatto. An-ch'io dapiccola vedevo cose e persone invisibilia tutti gli altri. È una fortuna che Dédéabbia ereditato da me, oltre allafantasia, anche il carattere ottimista e sisia limitata a immaginare, in quelladimora che tu descrivi così tetra elugubre, solo una bambina capricciosadella sua età con cui giocare e litigare.Pensa se avesse passato questi mesi ainventare e a temere situazioni paurose,fantasmi, mostri, assassini, tra-bocchetti,come la protagonista de L'abbazia diNorthanger. È vero che Adèle è troppopiccola per avere letto un romanzo

gotico. Ma il Babau lo conosce e forseci ha sentito leggere a voce alta qualchebrano di quello straordinario romanzoscritto dalla figlia di MaryWollstonecraft intitolato Frankenstein.Avresti passato anche tu un periodoinfernale, povera Sophie, cercando dirassicurarla e di consolarla.

Ben venga dunque questa pestiferaBertha che, sono d'accordo con te,probabilmente è battezzata con questonome in onore dell'assente Dagoberta, lanostra salvatrice.

Credo che questa sarà l'ultima letterache ti scriverò in Inghilterra. Turispondimi, soprattutto per avvertirmi

dell'arrivo di Tússi e di Olympe. Maspero che prestissimo non ci sarà piùbisogno di usare carta e penna percomunicare, e che potremo abbracciarcie parlarci guardandoci negli occhi.

Ti voglio bene Sophie. Il giorno in cuisei arrivata in boulevard des Capucinesè stato un giorno fortunato per me e perAdèle.

Ti raccomando di essere prudente, tibacia sugli occhi e su tutto il viso easpetta di poterti stringere al più prestosul cuore la tua amica riconoscente

Céline

Tesoro mio,

anch'io sono impaziente di vedere i tuoidue denti nuovi. Però non voglio che tu eSophie scappiate da sole. Per questo vimando a prendere da Tússi e daOlympe. Devi solo avere un po' dipazienza e fare tutto quello che ti diceSophie. E soprattutto non raccontareniente a nessuno. So che in tutti questimesi sei stata bravissima a fingere che

lei fosse la tua bambinaia, che noncapisse l'inglese e tutto il resto. Devicontinuare a farlo ancora, ma solo perpochi giorni. Certo, se ti fa piacere puoiportare con te in Francia tu tuaamichetta. Io vi aspetto a la Pommelière,dove potrai mostrarle l'altalena e lavasca dei pesci rossi. Mi raccomando,Dédé. È molto importante che tuobbedisca a Sophie, immediatamente esenza fiatare. Qualsiasi cosa ti dica. Leisa cosa dovete fare per tornare a casa ilpiù presto possibile.

Ti abbraccia con tanto amore

la tua mamma

Parigi, rue Notre Dame des Champs

11 luglio 1838

Cara Sophie,

fra tre giorni Olympe e io partiamo perDover. Può darsi però che ci mettiamouna decina di giorni o forse più perraggiungervi a Thornfield. Una volta inInghilterra infatti, dobbiamo trovare ilmodo di viaggiare senza dare tropponell'occhio. È importante che, quandotorneremo indietro con te e con Adèle,la gente non si ricordi di noi e non cipossa riconoscere e segnalare il nostropassaggio, se per caso monsieurEdouard ci farà inseguire. Quindi non

essere troppo impaziente. Appenasaremo a Millcote te lo faremo sapere.

Ho un gran desiderio di rivederti,sorellina, e di controllare se davvero seicresciuta tanto da dover allungare di unpalmo le sottane per non mostrare lecaviglie.

Prima di salutarti però ti voglioraccontare una cosa che ti farà sorridere.Olympe si è presa la sua rivincita sulmarchese d'Arconville.

Devi sapere che nella spartizione deibeni del padrino, la Pommelière eratoccata al marchese, che in giugno ci siera trasferito per passarci l'estate.

Secondo le informazioni di Olympe, perpigrizia d'Arconville non avevacambiato la servitù, ma avevaconservato i vecchi domestici dello zio,quelli che ogni estate si sono presi curadi noi e che conoscono madame fin daquando era bambina. D'Arconvilleaveva portato con sé da Parigi soltantoil suo valletto personale.

La sentenza del tribunale ordinaval'immediata restituzione della tenuta; ingenere però si accorda a chi ha perdutola causa almeno una settimana per iltrasloco, e madame Céline avrebbeseguito questa consuetudine. Ma Olympel'ha pregata, come di un favorepersonale, di lasciarla andare a la

Pommelière già stamattina. Mi hachiesto di accompagnarla, insieme alnostro Jean-Baptiste, al cocchiere dimadame Geneviève e ad altri duedomestici di casa Soulignacparticolarmente robusti. Quando siamoarrivati, d'Arconville non ci aspettava.

Si era alzato da poco, e ancora investaglia stava prendendo il caffè sullaterrazza. Puoi immaginare la suameraviglia, e poi la sua rabbia quandoOlympe gli ha letto ad alta voce l'ordinedel tribunale, quindi ha incrociato lebraccia e ha ordinato ai suoi uomini:«Cacciatelo fuori!»

Quelli lo hanno sollevato di peso e lo

hanno trasportato verso il cancello. Ilmarchese urlava, bestemmiava,chiamava in aiuto la servitù de laPommelière, ma come Olympe avevaprevisto, gli antichi domestici delCittadino Marchese, che avevanoascoltato con gran soddisfazione lalettura della sentenza, non hanno mossoun dito. Conoscevano da sempre lavolontà del padrone di lasciare la tenutaa madame e consideravano d'Arconvilleun usurpatore.

Arrivati al cancello i nostri uominihanno scaraventato il marchese sullastrada, in mezzo alla polvere, e poichéquello, furibondo, cercava di tornareindietro, lo hanno allontanato a suon di

legnate.

Anch'io, pensando a tutto quello che luie il cugino ci hanno fatto passare, gliavrei dato volentieri un gran calcio suldidietro per aiutarlo a raggiungere ilcrocicchio. Ma Olympe mi ha trattenuto.«Tu non sei un domestico» mi ha detto.«Il marchese l'autunno scorso harifiutato d'incrociare la spada con lamia, perché non sono all'altezza del suorango, non ho il sangue blu e a suo diresono degna unicamente d'essere cacciataa bastonate dai suoi servi. Oggi comevedi sono io che non voglio sporcare lalama della mia spada. E neppure voglioche si sporchino le mani i miei amici,toccando un essere così immondo.»

Già ti sento osservare, con la tua solitapignoleria: "Ma con un calcio ti sarestisporcato soltanto i piedi. Anzi, la suoladelle scarpe!

"Be', Olympe voleva che persino i calcivenissero dati unicamente dai servi.

Quanto al valletto personale delmarchese, anche lui deve amare poco ilsuo padrone, perché ha seguito la scenasenza intervenire, con un sorrisetto sullelabbra. Olympe gli ha ordinato di fare ibagagli al più. presto e di lasciare liberala casa. Poi ce ne siamo tornati a Parigi.

Io ero un po' preoccupato, perché ero esono convinto che il marchese non

inghiottirà senza reagire l'umiliazioneche ha subito, oltretutto da parte di unadonna, e cercherà di vendicarsi.Madame Geneviève però ha riso finoalle lacrime e si è dichiarata orgogliosadella nipote.

«Se ogni volta dovessimo temere lerappresaglie dei potenti» ha dichiarato«non combatteremmo mai per farcìgiustizia.»

Decisamente, caro il mio sassolino, laprudenza non è una virtù praticata dalledonne di casa Soulignac. Ma bisognaammettere che i fatti sinora gli hannodato sempre ragione.

Tu invece sii prudente più che puoi.Aspettaci e tieniti pronta alla fuga. Manon lasciar trapelare niente delle tuesperanze.

In attesa di abbracciarti prestissimo, timando tutto il mio affetto. Bacia Dédéda parte mia.

Il vostro fratello maggiore

Tússi

6

Canterbury, locanda Alle Ali di Pegaso

15 luglio 1838

Cara madame Céline,

vi scrivo due righe in fretta perinformarvi che siamo arrivati inInghilterra e che ieri siamo riusciti afarcì scritturare da un circo che viaggiain direzione di Millcote. Olympe pensache sia il modo più sicuro perraggiungere Thornfield senza daretroppo nell'occhio. Già durante latraversata della Manica ci siamo accorti

che il colore della mia pelle, unito almio abbigliamento da gentiluomo,attirava in modo particolare l'attenzionedella gente. C'era un viaggiatore, sulbattello, che assomigliava in modostraordinario a mister Mason, il qualecontinuava a fissarmi con una insistenzadavvero imbarazzante. Perciò quando,appena sbarcati, ci siamo imbattuti nelCirco Equestre del signor Sleary, cheannovera tra i suoi artisti pellerossad'America, indiani di Bombay, africanidel regno Ashanti e persino cinesi diNan-chino, abbiamo pensato che era ilgruppo ideale con cui viaggiare sevolevamo passare inosservati.

Non è stato difficile ottenere una

scrittura. Il signor Sleary e rimastomolto ammirato dalle mie abilita diacrobata e di prestigiatore.

Olympe, che si presenta come "Gennaroil milanese", è arrivata al momentogiusto per sostituire un Antico Romanoche per qualche settimana non potraguidare in modo spericolato la suaquadriga di vimini e cartapesta a causadi un braccio slogato.

Se alle nostre doti aggiungete il fatto cheabbiamo chiesto un compenso moltobasso, capirete perché mister Sleary ciabbia assunto senza fare troppedomande.

Domani mattina partiremo verso il Nord,faremo tappa a Londra e poi cidirigeremo verso la Contea di S., dovecontiamo di arrivare tra circa unasettimana. Lungo il percorso infatti cifermeremo in tre piccole città a darespettacolo.

Se una volta a Millcote non potremometterci in contatto immediatamente conSophie, o se troveremo qualche ostacoloche ritardi la fuga sua e di Adèle, ve loscriveremo. Altrimenti torneremo subitoindietro tutti e quattro e ci vedretearrivare quanto prima a la Pommelière.

Vi bacia le mani e vi chiede diaspettarci tranquilla e fiduciosa,cercando di recuperare completamentela salute, il vostro figlio maggiore

Tússi

Cara Céline,

aggiungo in fretta due righe alla letteradi Tússi, per raccoman-darti di avercura di te stessa, di seguire la dieta cheti ha prescritto il dottor Manette, e distare il più a lungo possibile all'aria

aperta. Abbraccia mia nonna da partedel suo scapestrato "Gennaro".

Dille che ho chiesto a Tússi di schizzareun mio ritratto nelle vesti dell'AnticoRomano e che al nostro ritorno mi potràammirare anche lei come fanno ogni seragli spettatori di Canterbury.

Tu, che hai familiarità col palcoscenico,puoi capirmi quando ti dico che guidarela biga sulla pista del circo, tra gliapplausi del pubblico, mi diverte e miriempie di soddisfazione.

Se penso che vita noiosa conducono legiovani donne della mia età, chiuse incasa come uccelli in gabbia! Dovremmo

fare una seconda Grande Rivoluzionesolo per loro, per aiutarle a spezzare leloro catene. Te l'ho già detto più di millevolte? Scusami, Céline, e ricevi untenero abbraccio dalla tua affezionatainfermiera Olympe

8

Thornfield, 22 luglio 1838

Carissima madame Céline,

finalmente Tússi e Olympe sonoarrivati! Ero così impaziente, cosìpreoccupata vedendo passare i giorni eavvicinarsi la data del matrimonio dimister Rochester e miss Jane. Sisposeranno il 25, e l'indomani il vecchioJohn, secondo i programmi, dovrebbeaccompagnare Adèle a K. dove si trovail collegio in cui le è già stato riservatoun posto. Non so come avrei potutoimpedirlo, se Olympe e Tússi non

fossero arrivati. Ogni notte immaginavoche fossero rimasti vittime entrambi diun terribile incidente, e che era inutileaspettarli. Ero andata per tre volteall'ufficio postale di Hay, ma non avevotrovato alcun messaggio… Mi chiedevose non fosse il caso di tornare al mioprogetto originario, se non dovessiprendere Adèle per mano e scappareverso il Sud, noi due da sole, con ipochi soldi che possiedo, perché ancoramadame Fairfax non mi ha pagato ilsecondo semestre.

Potete immaginare quindi il mio sollievodi ieri sera quando mister Rochester e lesue compagne sono tornati da Millcotecol nuovo aiuto cocchiere appena

assunto, e Adèle mi ha detto all'orecchioche l'italiano Gennaro in realtà eraOlympe!

Forse però è meglio che vi racconti tuttocon ordine. Come ho scritto sopra, ilgiorno del matrimonio si avvicina eanche se non sono previsti grandifesteggiamenti, negli ultimi giorni noidomestici siamo stati molto impegnatinei preparativi del rinfresco e deibagagli degli sposi. Io ho dovuto nonsolo preparare il corredo di Adèle per ilcollegio, ma anche aiutare Leah asistemare nei bauli il corredo da viaggiodi "Mrs Rochester", cioè di miss Jane,che ancora si stupisce quando leggesulle etichette quello che sarà il suo

nuovo nome. Mancavano ancora dueabiti leggeri per l'Italia e un mantelloche monsieur Edouard aveva ordinatoalla prima sartoria di Millcote. Ierimattina i due fidanzati sono andati incittà a ritirarli e hanno portato con séanche Adèle e madame Fairfax chevoleva provare la nuova carrozza.

Quando sono arrivati in città, Adèle si èsubito accorta che un circo avevadrizzato la sua tenda nella piazzaprincipale, e naturalmente ha espresso ildesiderio di assistere allo spettacolo.Sapete quanto le piacciono i pagliacci,gli acrobati e gli animali ammaestrati!Ha insistito tanto che alla fine madameFairfax si è offerta di accompa-gnarcela,

mentre i fidanzati andavano nellasartoria e poi nelle botte-ghe di HighStreet per gli ultimi acquisti.

Sembra che l'anziana signora abbiaapprezzato in modo particolare ivolteggi spericolati del CavaliereSelvaggio delle Praterie Norda-mericane. Adèle invece ha subitoriconosciuto l'acrobata dalla pelle scurache camminava in equilibrio sul filo epoi spiccava il volo appeso a una funeverso la sommità del tendone. Si trattavadi Tússi, naturalmente, che a sua voltaha riconosciuto Adèle e le ha fatto avereun bigliettino per me senza che madameFairfax se ne accorgesse. Sapete comeci è riuscito? glielo ha fatto poggiare in

grembo, strettamente ar-rotolato attornoal gambo di un mazzolino di fiori, da uncane ammaestrato che eseguiva unnumero comico in compagnia del suopadrone. Tutto il pubblico, compresa lasignora Fairfax, ha pensato che il caneavesse scelto a caso una bambina traquelle sedute in prima fila perconcludere la sua esibizione con unomaggio floreale. Ma Tús-si avevarivolto una smorfia speciale diavvertimento a Dédé, che sapeva didover cercare il messaggio enasconderlo alla sua anzianaaccompagnatrice.

Nel biglietto Tússi mi diceva che eranoappena arrivati e mi dava appuntamento

per domani pomeriggio dietro ilmunicipio di Hay. (Ma adesso cheOlympe è stata assunta come aiutococchiere ed è venuta a stare aThornfield, all'appuntamento potreianche non andare, se non fossi cosìimpaziente di riabbracciare il mioTússi.

L'assunzione di Olympe e stata un colpodi fortuna che nessuno di noi tre avrebbepotuto prevedere. Di solito monsieurEdouard sot-topone i suoi domestici a unesame lungo e minuzioso prima diaccor-dare loro la sua fiducia. Masentite un po' quello che è successo,finite le compere i due fidanzati sonopassati dal circo a prendere Adèle e la

sua accompagnatrice e, visto chepiovigginava e che lo spettacolo stavaterminando, gli inservienti li hannolasciati entrare ad aspettarle sotto latenda. così hanno potuto assistere alnumero di chiusura, che era appunto ilgiro trionfale della pista fatto dallaquadriga romana guidata da "Gennaro ilmilanese". Miss Jane dice che monsieurEdouard è rimasto molto colpito dallaabilita e dalla disinvoltura di Olympenel farsi obbedire dai quattro puledriscalpitanti in mezzo alla confusione e alfracasso del pubblico che si alzava peruscire dal tendone. La cosa sarebbefinita lì, se poco dopo, quando lesignore e Adèle erano già salite in

carrozza e mister Rochester era ancora aterra, i nostri due cavalli non si fosseroimbizzarriti prendendo la mano alcocchiere e minacciando di travolgere lafolla che usciva dal circo, di rovesciarela vettura, di combinare chissà qualialtri disastri. John cercava invano ditrattenerli, ma è anziano e irrigidito daireumati-smi. Miss Jane, Adèle e laFairfax strillavano di paura. MonsieurEdouard aveva afferrato uno dei duecavalli per il morso, ma quelloscalciava e sgroppava con la schiumaalle narici. Per fortuna "Gennaro", chenel frattempo si era cambiato e stavauscendo dal tendone, si è reso conto delpericolo: con un salto è riuscito a salire

in serpa, ha strappato le redini dallemani di John e in pochi secondi haridotto i due animali all'obbedienza.

Questa prodezza, insieme all'esibizioneche aveva ammirato sotto la tenda, haspinto monsieur Edouard a chiedereall'italiano se volesse entrare al suoservizio come assistente del vecchioJohn. Figuratevi se Olympe se lo è fattoripetere! Ha detto d'essere stanca – anzistanco, perché naturalmente non sipresenta come una donna in abitimaschili, ma come un giovane uomo – diaverne abbastanza della vita nomade, eha acconsentito ad accompagnareimmediatamente i nuovi padroni aThornfield. John lo ha accettato di buon

grado, perché guidare la nuova carrozzaper lui era diventato un vero tormento.Non gli dispiace neppure l'idea di avereun aiuto giovane e vigoroso per tutti ilavori della scuderia e ha sistemato ilnuovo garzone nella stanzetta di fiancoalle stalle. Appena Adèle mi hainformata della novità, col pretesto direcuperare la sua cuffietta dimenticata incarrozza, sono corsa nella rimessa adabbracciare Olympe. Potete immaginare,madame, quanto fossimo entrambecommosse nel rivederci dopo tanti anni!Quanti baci, quante lacrime, quantedomande! E

quante lodi mi ha fatto Olympe di Adèle,dell'autocontrollo della nostra bambina,

che in tutto il pomeriggio non ha traditonemmeno per un attimo l'emozione diavere finalmente incontrato i due amici esoccorritori. Penso che, dopo tuttoquesto fingere, da grande Dédé potràdiventare un'attrice consumata.

Con Olympe abbiamo fatto un piano, dicui informeremo Tússi, quando domaniverrà ad aspettarci dietro il municipio diHay.

Infatti, visto che alle nozze mancanosolo tre giorni, pensiamo che non ciconvenga scappare prima, mentre misterRochester e ancora a Thornfield epotrebbe farcì inseguire e arrestare dallapolizia. Invece quando gli sposi saranno

partiti per il viaggio di nozze, nessunocontrollerà, almeno nei primi giorni, seDédé arrivata davvero al collegio di K.oppure è sfata riportata in Francia daisuoi amici. L'unica difficoltà sarà quelladi convincere John a restare a casa e adaffidare la carrozza e la bambina aGennaro. Per tranquillizzarlo, mi offriròdi andare anch'io per accompagnareAdèle e per sorvegliare l'italianodurante il viaggio di ritorno, di me, dopoun anno che mi conosce, John si fida,come si fidano sua moglie, Leah emadame Fairfax. Mi dispiace ingannarli,ma se mister Rochester avesse accettatodi rimandarci indietro come avevatechiesto, non ci sarebbe bisogno di tutti

questi imbrogli.

Se riusciamo a partire da Thornfield il26, dovremmo poterci im-barcare il 29o il 30. Quindi saremo a la Pommelièreentro la prima settimana di agosto.Forse, se abbiamo fortuna, arriveremoprima di questa lettera. So che ciaspettate con grande impazienza. AncheAdè-

le la notte non riesce ad addormentarsiper l'eccitazione. Ma presto,prestissimo, saremo riunite e potremodimenticare tutti i nostri dispiaceri.

Vi bacia con devozione e con tenerezzala vostra Sophie

PS: Solo dopo che avevamoperfezionato il nostro piano mi sonoricordata della vostra preoccupazioneper miss Jane, e del vostro invi-

to a metterla in guardia contro monsieurEdouard, perché controlli che ilmatrimonio non sia una farsa come ilvostro. Ma Olympe dice che a questopunto scriverle un biglietto sarebbetroppo rischioso. Che avremmo potatofarlo se avessimo deciso di fuggireprima delle nozze, ma che adessodobbiamo essere prudenti e pensare

soprattutto alla nostra sicurezza. E chenon c'è alcun motivo di preoccuparsi perl'istitutrice. Monsieur Edouard non le hafatto la corte da lontano, ma hannovissuto quasi un anno nella stessa casa,quindi miss Jane si e potuta rendereconto del suo pessimo carattere e di tuttii suoi difetti. Se nonostante tutto hadeciso di sposarlo, sostiene Olympe,sono fatti suoi e non tocca a noipreoccuparci. Sapete come è fatta lanostra mademoiselle Soulignac: difendele donne a spada tratta, ma quando levede rinunciare alla libertà perché sonoinnamorate, le disprezza e dice cheavranno quello che si meritano.Comunque, dice Olympe, non dovete

temere per lei: questa volta monsieurEdouard non può organizzare unacommedia come ha fatto a Parigi. Quitutti lo conoscono, e il pastore che lisposerà è un vero sacerdote, anche seprotestante.

Quindi il matrimonio sarà certamentevalido. Perciò state tranquilla, cara egenerosa madame Céline: non succederàche un'altra donna debba subire le stesseumiliazioni e gli stessi dolori che voiavete sofferto.

Cara mamma,

lo sai che sono stata la prima a vederTússi che è venuto a prenderci insieme

alla nipote di madame Geneviève ?Quella che si veste da uomo e che eraandata a fare un viaggio lunghissimo inEuropa. Se invece di Tússi avessi vistoOlympe, non l'avrei potuta riconoscereperché ero troppo piccola quando èpartita.

Monsieur Edouard non volevalasciarmi andare a vedere il circo, perfortuna anche la signora Fairfax neaveva voglia, e così li ha convinti. Erauno spettacolo bellissimo. Più dellemarionette di Bobino e dei teatrini suiBoulevards. C'era un pagliaccio che sichiamava mister Juppe e aveva un caneammaestrato bravissimo, che poi mi haportato i fiori col biglietto di Tússi

nascosto dentro. Quel cane si chiamaMerrylegs e sa contare meglio ancoradi missa Jane.

E c'era un signore grasso che primaballava su una grossa botte e poi sulcollo di una bottiglia. C'era un ragazzoche faceva girare un piatto in cima auna bac-chetta, e una famiglia chefaceva una piramide umana.

C'erano tantissimi cavalli, con lesignorine che gli stavano in piedi sullagroppa, senza neppure la sella. Una sichiamava miss Josephine Sleary,proprio come il nome del circo. E c'eraTússi che camminava su una croda tesain alto e faceva finta di cadere, ma non

è caduto, e mi ha strizzato l'occhio perdirmi di stare attenta. Olympe inveceera vestita da Antico Romano con lacorazza e la gonnellina a pieghe, edopo ha fermato i nostri cavalli che sierano imbizzarriti, e monsieur Edouardl'ha portata a Thornfield, però non sache è una femmina e io non devo dirloa nessuno.

Mamma, lo sai che Sophie ha giàpreparato il mio baule perché missJane ha detto che andrò in collegio?

Ma è solo per finta. Adesso che èarrivato Tússi ce ne torniamo inFrancia, di nascosto da tutti quelli diThornfield.

Olympe puzza di cavallo e mi ha dettoche tu mi stai aspettando, e che trapochi giorni vengo da te. Sono moltocontenta. Bertha invece è arrabbiata.Ha gettato per terra tutte le tazze del tècon la zuccheriera e le ha rotte.

Credevo che fosse triste perché io mene andavo con Tússi e le ho detto:«Puoi venire anche tu. Mamma ha dettoche puoi stare con noi a laPommelière.» Ma lei ha detto che èarrabbiata per il matrimonio. Che ègelosa, e che miss Jane non si devesposare.

Invece si sposa e va a fare un viaggiocon monsieur Edouard: va in Italia, in

Francia e anche a Vienna dove l'annoscorso credevo che tu fossi andata aballare con Fanny Elssler.

Adesso ti ho raccontato tutto e timando un bacio grande grande.

La tua

Dédé

V. THORNFIELD, LUGLIO 1838

1

uanto è bello il mio Tússi! Quanto ècresciuto! Ormai non sembra più unragazzo, ma un giovane gentiluomo,anche se per venire all'appuntamento siè messo un abito vecchio e sformato diquelli che usano gl'inservienti del circoSleary. E

che emozione rivederlo, dopo unaseparazione così lunga!

Per abbracciarlo mi sono dovuta alzaresulla punta dei piedi, ma non bastava.Gli sono dovuta salire sulle scarpe.Adèle era fuori di sé dalla gioia. Tússi

l'ha presa in braccio e lei non volevapiù scendere, continuava a baciarlo, astrofinargli il naso sul collo e apassargli le mani tra i capelli, incantatadalle treccine così simili a quelle sueche avevano fatto arrabbiare tanto missJane.

Non ci siamo potute fermare a lungo.L'appuntamento era dietro il municipiodi Hay, in un vicolo stretto e privo difinestre dove in genere non passa mainessuno. Ma se qualche abitante delvillaggio ci avesse visto e lo avesseriferito a Thornfield, non avrei saputocome spiegare tanta familiarità econfidenza con uno sconosciuto e pergiunta di colore.

Tússi si è detto d'accordo con ladecisione di rimandare la nostra fuga edi approfittare della carrozza chedovrebbe

portare Adèle in collegio a K. Luiaspetterà a Millcote fino al giorno delmatrimonio e alla partenza per Londradegli sposi.

Continuerà a lavorare col circo e se nelfrattempo ci fosse qualche novità,Olympe prenderà in prestito un cavallodi Thornfield e andrà in città ad

avvertirlo. Ma è difficile che possasorgere qualche contrattempo. Ormaimancano solo due giorni. Spero chepassino in fretta. Conto le ore con piùimpazienza di quanto facciano i futurisposi.

2

l'antivigilia delle nozze. Adèle èirrequieta. Posso capirla, poverabambina. Dover conservare tanti segreti,dover nascondere la gioia di avererivisto Tússi, dover ingannare la suacara "mademoiselle Jeannette", allaquale vuole più bene di quantol'istitutrice riesca a credere. In tutta lasua vita Adèle non ha mai assistito a unmatrimonio, ed è rimasta molto delusaquando ha saputo che non potrà reggerelo strascico della sposa e neppureandare in chiesa ad assistere allacerimonia. Ma così ha deciso mister

Rochester. Nessun invitato. Solo glisposi, il pastore e il chierico John Greencome testimone.

Per consolarla le ho promesso che saràla prima a vedere l'abito da sposa. Èarrivato da Londra all'ufficio postale diHay, dentro una scatola così grande cheOlympe-Gennaro deve andare a ritirarlocon la carrozza. Madame Fairfax mi hapregato di farlo provare subito a missJane e di apportarvi tutte le piccolemodifiche eventualmente necessarie.Queste inglesi disprezzano la nostrapassione tutta francese per le toilette, maquando si tratta della "loro" eleganza,non si fanno scrupolo di consultarcicome esperte e di chiedere il nostro

aiuto. Sapessero quanto detesto i lavorid'ago! Dovrebbero rivolgersi piuttosto aGrace Poole. Ma la sposa nutre unaprofonda antipatia per la cucitrice, mene sono accorta da tanti piccoliparticolari. È come se la disprezzasse einsieme ne avesse paura. Forse si èaccorta che le piace un po'

troppo l'alcol e la giudica severamente,secondo i rigidi principi della suareligione.

Mister Rochester è partito a cavallo diMansour per andare in una sua fattoriapiuttosto lontana a sistemare gli ultimiaffari in previsione della partenza per ilcontinente. Starà via fino a domani. Miss

Jane è nervosa. Ha ultimato tutti ipreparativi, non ha più niente da fare peroccupare il suo tempo, non riesce a staredentro casa e se ne è andata acamminare nel viale degli allori, su egiù, a passo spedito, come se avessefretta di arrivare chissà dove. Una partedi me vorrebbe gridarle: "Andatevene,miss, finché siete in tempo!

Usate quelle gambe irrequiete perscappare dal castello di Barbablù."

Ma l'altra parte mi consiglia il silenzio ela prudenza. Il mio dovere è restituireAdèle a sua madre, non risparmiareall'istitutrice i dispiaceri che suo padrele darà nel futuro.

3

lympe è tornata con la grande scatoladella sartoria londi-nese e mi ha aiutataa portarla nella camera dell'istitutrice.

La sua nuova parte di aiuto cocchiere edi valletto la diverte, e la livrea che leha dato il padrone sembra fatta sumisura e le sta benissimo. Mi haraccontato ridendo che Leah la crede ungiovanotto e le fa gli occhi dolci; che hainventato una scusa per passare qualcheora da sola con "Gennaro". Gli hachiesto un passaggio in carrozza dicendoche anche lei doveva ritirare una bustaall'ufficio postale di Hay.

Lì hanno trovato un forestiero chechiedeva all'impiegata se un certo misterRochester abitasse nelle vicinanze. — È

il nostro padrone — è intervenuta Leah.— Se volete fargli avere un messaggio,o anche solo il vostro biglietto da visita,datelo a noi e glielo porteremo.

— Grazie, ma preferisco venirlo atrovare personalmente — ha rispostoquel gentiluomo, che secondo Olympeaveva un aspetto molto distinto e unmodo di fare autorevole, come chi èabituato a comandare. Leah però eraeuforica per la scarrozzata e non si èlasciata intimidire.

— Allora sbrigatevi — gli ha detto —perché dopodomani il padrone si sposae parte per Londra.

— Vi ringrazio per la preziosainformazione — ha risposto losconosciuto, sollevando il cilindro persalutare.

Olympe suppone che sia un uomod'affari o un avvocato, perché aveva consé una borsa di cuoio piena di carte. Manon ha capito se ha intenzione di venirea Thornfield domani, oppure serimanderà la sua visita a un altromomento.

Olympe era curiosa quanto me di vedere

l'abito da sposa, ma tale curiosità non siaddice a Gennaro, che non si è potutofermare per assistere all'apertura dellascatola, ed è andato subito in giardino achiamare l'istitutrice, mentre ioscendevo nel salottino di madameFairfax ad avvertire Adè-

le.

L'abito è di seta color perla, di lineamolto semplice, senza strascico. Sefosse bianco miss Jane, così piccola esottile, sembrerebbe una comunicandapiù che una sposa. Si è provata davantiallo specchio anche il velo di pizzoantico, che ha strappato a Adèle un gridodi ammirazione. — È più prezioso di un

gioiello — ha osservato miss Jane senzatroppo entusiasmo. — Avrei preferitoqualcosa di più semplice.

Ma visto che lo hanno indossato tutte lespose dei Rochester nel giorno delleloro nozze, dovrò farlo anch'io.

Se non temessi di farla soffrire, mipiacerebbe chiedere a madame Céline,quando saremo di nuovo in Francia, sequel velo otto anni fa ha passato laManica per prendere parte anche allacommedia del suo falso matrimonio.

L'abito sta a pennello a miss Jane, nonc'è stato bisogno di sistemare l'orlo nédi spostare un solo bottone. Quando se

lo è tolto, l'ho appeso con cura nellospogliatoio, sistemando-gli accanto ilvelo ben disteso.

4

dèle era stanca, perché aveva passato lagiornata nel boschetto delle cornacchie araccogliere fragole in compagnia diMary, che domani vuole fare una tortaper gli sposi.

così l'ho messa a letto presto e quando siè addormentata sono andata nella stallaa cercare Olympe. Abbiamo ancora tantecose da raccontarci, tante domande dafare l'una all'altra, e per quanto miriguarda, tante emozioni da sfogareinfine liberamente con una persona che ticonosce e ti stima per quello che seidavvero, non per quello che fingi di

essere.

Mi sarebbe piaciuto uscire con lei e faredue passi nel giardino sul retro dellavilla, ma il tempo dopo il tramonto eracambiato, il cielo si era coperto dinuvole e tirava un po'

di vento. Così siamo rimaste nellastanzetta dove dorme Olympe, eabbiamo chiacchierato fino a tardisedute sulla sua branda. Ogni tanto civeniva un attacco di fou-rire al pensieroche Leah potesse scoprirci insieme,accusarmi di amoreggiare con lostalliere italiano e magari farmi unascena di gelosia.

Quando mi sono decisa a rincasare erapassata la mezzanotte. Tutte le finestredella casa erano buie, ma la luna pienailluminava la facciata di Thornfield e imerli al sommo del tetto.

— Che strana architettura! — haosservato Olympe che era uscita peraccompagnarmi. — Sembra un castellomedioevale.

— Vorrai dire un'abbazia piena discheletri nascosti, come quella diNorthanger — le ho risposto ridendo.

— Ascolta! — mi ha interrotto però lamia amica in tono serio. — C'è qualcunoche piange.

Olympe non è una persona che si lasciasuggestionare facilmente come l'eroinadel romanzo di miss Austen. Perciò hoteso l'orecchio e ho sentito anch'io unostrano rumore, una specie di lamentocontinuo, basso e prolungato.

— Forse è il vento che fischia tra icomignoli — ho detto subito, più pertranquillizzare me stessa che la miacompagna.

— Forse è un cane rimasto fuori delcancello — ha osservato Olympe.

— E se fosse Adèle che si è svegliata enon mi ha trovato nel mio letto? — hoesclamato, più preoccupata per la mia

Dédé che per i fantasmi della notte.

— Hai ragione. Corri in camera aconsolarla prima che svegli tutta la casa— mi ha incoraggiato Olympe.

Avevo con me la chiave della cucina esono entrata da quella parte. La casa erabuia e silenziosa. Il suono che avevamosentito dal cortile delle stalle – vento,cane, bambino o anima dannata – si eraquietato, oppure proveniva dall'esterno.Mi sono tolta le scarpe, ho attraversatol'atrio a tentoni, ho salito le scaleguidata dalla ringhiera, e in fondo allagalleria su cui si affacciano le camereda letto, ho visto la luce di una candelache si muoveva e mi veniva incontro. Il

cuore mi è saltato nel petto quando horiconosciuto la camicia da notte biancadi Adèle. L'ho raggiunta in un attimo. —Cosa fai, alzata a quest'ora? Dove staviandando? — le ho chiesto sottovoce, main tono brusco, arrabbiata con me stessapiù che con lei per quell'attimo di pauraacutissima che mi aveva trafitto.

— Tu non c'eri — mi ha risposto Adèlein tono di accusa — e Bertha nonriusciva a trovare la strada di casa sua,così l'ho dovuta accompagnare.

— Oh, finiscila una buona volta conqueste storie di Bertha! — le ho dettoesasperata. — Di notte gli amiciimmaginari dormono, come quelli in

carne e ossa. Torna a lettoimmediatamente.

— Bertha non è come dici tu — mi harisposto Adèle in tono risentito.

— Lo so. Bertha è come dici tu. Io ilmio Pipolet lo facevo dormire tutta lanotte e tu mi farai il piacere di dare lastessa abitudine alla tua amica.

— Bertha non è una immagine in ariacome dici sempre.

E non fa quello che voglio io. Lei nonobbedisce neppure alla sua governante.

— Adèle, basta! Sono stanca delle tue

fantasie. E non ho mai detto che Berthagalleggi a mezz'aria, io. Andiamo a letto.

Le ho preso di mano la candela e cisiamo dirette verso la nostra camera.Passando davanti alla portadell'istitutrice, mi sono accorta che erasocchiusa.

— Dédé, non sarai entrata a disturbaremiss Jane!?

— Io no.

"E chi allora?" avrei voluto chiedere.Ma ero stufa di quella petulantepolemica infantile. Quindi mi sonoavvicinata in silenzio per chiudere la

porta, e dallo spiraglio ho intravistoqualcosa biancheggiare sul pavimento.Allarmata ho messo la testa dentro:l'istitutrice dormiva, anche se di unsonno un po' agitato che la facevasospirare, cambiare posizione eabbracciare il cuscino. Cosa più chenormale per una sposa all'antivigiliadelle nozze. Il biancore sul pavimentoera il velo da sposa che io stessa avevolasciato disteso con cura sul baule dellospogliatoio.

"Adèle sta esagerando" ho pensato.Potevo capire il suo disappunto per nonessere stata invitata in chiesa, e ilfascino che una acconciatura nuziale puòesercitare su una bambina della sua età.

Ma quello che aveva fatto, entrare dinotte nella stanza di una estraneaaddormentata per misurarsi davanti allospecchio un suo capo di abbigliamento,oltrepassava i limiti della buonaeducazione.

Ho deciso che, anche se era il penultimogiorno che passava a Thornfield,l'indomani l'avrei messa in castigo e hochiuso la porta di miss Jane cercando difare il minor rumore possibile. Il velonuziale ho preferito lasciarlo dov'era,per non rischiare di svegliare l'istitutricee di spaventarla. Il ven-

to fuori aveva cominciato a soffiare conviolenza e scuoteva i vetri delle finestre.Miss Jane al risveglio avrebbe pensatoche era stato un colpo di vento astrappare il velo dallo spogliatoio e aportarlo vicino al suo letto. così nonavrebbe avuto motivo di arrabbiarsi conAdèle, della cui punizione preferivoincaricarmi io stessa.

5

ggi il vento soffia ancora più forte. Tuttele finestre della casa vibrano, qualcunasbatte. Fuori gli alberi del parco sipiegano sotto le raffiche. Ha cominciatoanche a piovere e il prato attorno allacasa si sta trasformando in un pantano. Èla seconda estate che passo inInghilterra, ma non pensavo che in lugliopotesse fare tanto freddo. Leah mi hachiesto di aiutarla ad accendere ilcaminetto nel salotto di madame Fairfax,e ho visto Grace Poole salire le scaledel terzo piano portando due secchi dicarbone. È l'unica tra i domestici a

godere questo privilegio e a quanto parene approfitta. Mary mi ha detto che nelcaminetto della stanza del cucito il fuocoresta acceso tutto l'anno.

Appena sveglia mi sono chiesta qualepunizione potevo dare a Dédé, uncastigo che non fosse crudele, ma che leim-primesse per bene nella mente che anessuno è concesso prendersi certelibertà con le cose degli altri. Ho decisoche le avrei proibito per tutto il giornodi uscire dalla nostra stanza. Sapevo cheMary le aveva concesso di scendere incucina per aiutarla a fare una torta con lefragole che avevano raccolto insieme, eche madame Fairfax si era impegnata adarle la rivincita di una partita a tric trac

nella quale il giorno prima Adèle erastata sconfitta. C'erano poi le zollette dizucchero da offrire ai cavalli,conservate gelosamente nel cassetto delcomodino. A differenza di John, Olympesa come calmare i due focosi animali, inmodo che Dédé gli si possa avvicinaresenza pericolo.

A queste attività che le piacciono tanto,l'ho informata appena l'ho vista sveglia,avrebbe dovuto rinunciare. E permaggior precauzione, non l'avreilasciata vestire. Avrei chiuso tutti i suoiabiti a chiave nell'armadio.

— Credi che mi vergogni a uscire incamicia da notte?

— mi ha chiesto Adèle con aria di sfida.

— Chiuderò a chiave anche la porta.Devi imparare a comportarti bene. Ierinotte hai fatto una cosa molto brutta.

— Non sono stata io, è stata Bertha!

— D'accordo. Vuol dire che tu e Bertharesterete in castigo tutto il giorno.

— Ma non è giusto! Lei è già in castigoda tanto tempo, e io non ho fatto niente.Sei cattiva, Sophie! Non ti voglio piùbene.

Mi si stringeva il cuore a vederlapiangere. Ma il pensiero della sua

indiscrezione, e più ancora della paurache avevo provato al vedere lafiammella tremolante di quella candelain fondo al corridoio buio, rinforzavanola mia decisione.

— Lo dirò a Tússi, quando verrà aprenderci.

— Benissimo. Anzi, sai cosa ti dico?Puoi scrivergli una lettera di protesta.Così fai un po' di esercizio e passi iltempo senza annoiarti.

Mi sono chiusa la porta alle spalle, homesso la chiave nella tasca delgrembiule e sono andata a cercare missJane, per indagare se si fosse accorta

dell'intrusione, e come avesse reagito.L'ho trovata che si accingeva a usciredalla villa, avvolta in uno sciallepesante, con la cuffia legata stretta sottoil mento. — Vi prenderete un malanno— le ho detto. — Se avete unacommissione urgente, mandate Leah, omeglio ancora Gennaro.

— No, Sophie. Non devo fare nessunacommissione.

Sono molto nervosa e ho bisogno dicamminare per calmar-mi.

— Ma sotto quest'acqua, miss Jane! Econ questo vento!

— Sono ben coperta. E mi piace ilvento.

Poi mi ha guardato negli occhi, comechiedendosi se poteva fidarsi di me, edeve avere deciso di si, perché alla finemi ha detto: — Stanotte ho fatto unbrutto sogno e ho bisogno di stancarmifisicamente per cancellare quellasensazione angosciosa.

Stavo per risponderle: "Non dovetepreoccuparvi. Non era un sogno. EraAdèle, ma l'ho punita a dovere" quandomiss Jane ha continuato: — Ho sognatoche Thornfield era distrutta. Tutti i murierano crollati, restava solo la facciatacon le finestre vuote. E uno stormo di

corvi volava attorno alle rovinegracchiando lugubremente.

— Sognare una disgrazia porta bene,miss — le ho detto, sollevata che non sifosse accorta dell'intrusione della suaallieva. — Le rovine significanoprosperità. In questa casa vivrete ricca efelice.

— Che Dio ti ascolti, ragazza! — haesclamato. Era pallida e aveva dueocchiaie profonde. Ho ricordato quelsonno inquieto che avevo spiato perpochi secondi. Forse avrei fatto bene a

svegliarla e a liberarla dal suo incubo.

— Volete che vada a stirarvi il vestitoda sposa? Che dia una rinfrescata alvelo? — le ho chiesto ancora, perscoprire che spiegazione si era datatrovandolo per terra.

Ma la mia curiosità non ha avutosoddisfazione. L'istitutrice ha tagliatocorto: — No, no. L'ho già fatto io. Bastache domattina presto tu venga nella miacamera per aiutarmi a vestirmi.

E ha aperto la porta gettandosi nel vento,che le ha gon-fiato le gonne e lo sciallee l'ha spinta verso i cancelli.

6

erso le undici del mattino Olympe èvenuta alla villa a prendere i bagagli dimonsieur Edouard per caricarli sullacarrozza. Col pretesto di aiutarla l'hoseguita nelle scuderie.

John non c'era: era andato nel giardino arinforzare i sostegni delle roserampicanti che il vento minacciava distrappare.

così mi sono potuta sfogare raccontandoalla mia amica della sortita notturna diAdèle.

— Non so cosa le abbia preso da un po'di tempo a questa parte. Evidentemente èpiù affezionata all'istitutrice di quantocredessi, e non sopporta l'idea che sisposi con monsieur Edouard — ho dettoesasperata.

— Sei sicura che invece non sia gelosaproprio di monsieur? — mi ha chiestoOlympe. — Che lo voglia tutto per sé?Lo sa, Adèle, che il suo protettore inrealtà è suo padre?

— Sa che lui dice di non esserlo. Conmiss Jane, mister Rochester parla di leicome della "bastarda di una ballerinafrancese", e ha ripetuto più volte che sene occupa non perché è sua figlia, ma

per filantropia e per espiare i proprierrori di gioventù. Agli ospiti di Leasl'ha presentata come un'orfana che gli èstata affidata, senza spiegare da chi. Ibambini ascoltano, e traggono le lorodeduzioni. Anche perché Adèle sa che ilsuo cognome è Varens, non Rochester, eil padre si è sempre fatto dare del voi echiamare "monsieur".

— Brutto ipocrita! Agli uomini èpermesso dalle leggi e dalleconsuetudini di sottrarsi a ogni lororesponsabilità! —

ha esclamato indignata Olympe. —Anche i migliori appro-fittano deiprivilegi che la società gli concede.

Guarda Rousseau! Tutti ammiriamo lesue nobili teorie sull'allevamento el'educazione dei bambini, ma se igenitori dovessero seguire il suoesempio concreto, i figli liabbandonerebbero appena nati suigradini di una chiesa.

Non sapevo se ridere o se arrabbiarmi.Olympe non è cambiata dai tempi dellascuola. Ogni occasione per lei è buonaper scaldarsi e denunciare le ingiustiziedella società nei confronti del nostrosesso.

— Senti, in questo caso è una fortunache mister Rochester non abbia alcundiritto legale su Adèle. così quando

saremo in Francia, non potrà piùtoglierla alla madre.

— Hai ragione, Sophie. Pensa a quelloche ha fatto la nonna paterna alla poveraAurore Dupin!

La conosco bene anch'io quella storia,perché Aurore Dupin, che ormai firma isuoi romanzi con lo pseudonimo diGeorge Sand, è venuta più volte nelsalotto di madame, quando era vivo ilCittadino Marchese. Suo padre era unaristocratico, e sua madre una donna delpopolo. Quando il padre è morto,nonostante Aurore fosse attaccatissimaalla madre, la nonna ricca e nobile, chenon aveva altri eredi legitti-mi, gliel'ha

portata via per sempre.

Ma non avevo più voglia di ascoltare leinvettive di Olympe. Mi era venuta unagran nostalgia della mia bambina, mi sistringeva il cuore a pensarla chiusa achiave nella nostra camera, mi pareva disentire la sua voce indignata che diceva:"Non è giusto! Sei cattiva!"

Ho deciso che il castigo era duratoabbastanza, ho salutato Olympe e sonotornata alla villa per liberare laprigioniera.

Quando ho aperto la porta, Adèle erasdraiata sul tappeto, immersaprofondamente nella lettura di un libro.

Dall'illu-strazione a colori horiconosciuto I racconti di Mamma Ocadi Charles Perrault, sul quale l'estateprecedente, in casa dei Frédéric, leavevo insegnato a leggere.

— Se vuoi, adesso ti puoi lavare evestire, così scendi a pranzare insieme amadame Fairfax — le ho detto. Temevoche mi avrebbe trattato con freddezza, oripetuto: "Sei cattiva, non ti voglio piùbene."

Invece si è alzata e mostrandomi il libroalla pagina di Barbablù mi ha detto congrande serietà: — Non riesco a capireuna cosa, Sophie. Perché un uomo, persposare una nuova moglie, deve

uccidere tutte quelle che aveva prima?

— Non è così, tesoro mio — le horisposto sollevata di non sentire alcunrisentimento nella sua voce. —Barbablù era un uomo molto cattivo, e lasua non è una storia vera, ma una fiaba.Nella vita reale, i vedovi e le vedove sirisposano dopo che i mariti o le mogliche avevano prima sono morti dimalattia, di vecchiaia o per un incidente.

— Però devono essere morti — hainsistito Adèle. — Se la prima moglie èviva, un uomo non può sposare un'altraragazza.

— Ti sbagli. Nei paesi dove è ammesso

il divorzio può farlo. Sai chi eraNapoleone, vero?

— Sì, era un amico del CittadinoMarchese che ha combattuto per lalibertà della Francia, e poi si sonolitigati perché al padrino non piacevanoi re e gl'imperatori.

— Più o meno. Napoleone era sposatocon una signora che si chiamavaJosephine. Dopo tredici anni si èstancato di lei, ha divorziato e hasposato la principessa Maria Luigia,figlia dell'Imperatore d'Austria. Non c'èstato nessun bisogno che Josephinemorisse, perché la Grande Rivoluzioneaveva introdotto in Francia il divorzio.

— Miss Jane dice che chi si sposa, lo faper tutta la vita e dopo non può cambiareidea.

— Oggi è così anche in Francia. Con laRestaurazione il divorzio è stato abolito.Ma perché ti interessa tanto questoproblema?

— Perché non mi piace che Barbablùchiuda a chiave tutte quelle donne in unastanza piena di sangue e poi le am-mazzi.

I bambini sono davvero strani. Lamaggior parte delle fiabe si concludecon un matrimonio che dura per tutta lavita. "E da allora vissero sempre felici e

contenti." Perché mai Adèle, alla vigiliadelle nozze di miss Jane, si è fissataproprio sulla storia di Barbablù?

Nel pomeriggio Dédé è rimasta nelsalottino a giocare a tric trac conmadame Fairfax. L'avrei portatavolentieri a fare una passeggiata, mapioveva ancora e soffiava mi vento cosìforte che solo un'anima in pena comemiss Jane poteva restarsene acamminare su e giù per il viale che portaal cancello. Mister Rochester è tornatoche noi eravamo già andate a letto, el'istitutrice è rientrata in casa con lui.

Adèle dormiva, forse sognando diBarbablù, ma io mi rigiravo inquieta tra

le lenzuola. Pensavo a Tússi. Michiedevo se il vento avesse strappato iltendone del circo. O se mister Sleary,per prudenza, avesse sospeso lospettacolo. Do-

v'era adesso il mio amico? Dormiva congli altri artisti in un carrozzone, o in unastanza della locanda? Pensavo che era lapenultima notte che avrei passato aThornfield, cercavo di immaginare ilmomento della fuga, il viaggio verso lacosta e le scene di felicità al nostroarrivo a la Pommelière.

Era passata da un bel pezzo lamezzanotte e ancora non ero riuscita adaddormentarmi, quando ho sentito girarela maniglia della porta e ho visto unastriscia di luce disegnarsi sul pavimento.

— Miss Jane! Cosa è successo? Viserve qualcosa? —

ho chiesto, riconoscendo la figura sottileche scivolava dentro la stanza.

— Sei ancora sveglia, Sophie? Scusami.Stanotte ho deciso di dormire insieme aAdèle — ha bisbigliato l'istitutrice, cheera già in vestaglia. — Ricordati dialzarti presto, domani. Devi aiutarmi aindossare il vestito da sposa.

Poi, mentre mi chiedevo da dove levenisse questo improvviso affetto per lamia bambina, ha fatto una cosa strana.

Si è avvicinata alla porta, ha tirato ilchiavistello e ha controllato per ben trevolte che fosse chiuso. Infine si è infilatanel letto di Adèle e ha soffiato sullacandela.

7

tamattina mi sono svegliata alle sei, mal'istitutrice se n'e-ra già andata. Mi sonolavata e vestita in gran fretta e l'horaggiunta nella sua stanza. — Come èpallida, miss Jane! —

non ho potuto fare a meno di esclamare.— Non ha dormito bene? Adèle le hadato dei calci?

— No, povera bambina. Non sai quantomi dispiace lasciarla, Sophie.

"Ce l'hai un cuore, dunque, nonostantequel modo di fare così freddo e severo"

ho pensato stupita, e stavo perconsolarla dicendo: "Ma tornerete."

Mi sono trattenuta in tempo, perché missJane sa bene che al ritorno dal viaggiodi nozze non troverà più Adèle aThornfield. Come ha potuto accettare, sele vuole un po' di bene come dice, chemister Rochester la mandi in collegio,lei che ha sofferto tanto a Lowood?

L'istitutrice si era già lavata e pettinata easpettava, in sottoveste e crinolina, chela aiutassi a infilarsi dalla testa l'abitoda sposa. Per la seconda volta ho dovutoconstatare che quel semplice vestitochiaro la faceva sembrare ancora piùgiovane. Le ho sistemato i capelli. — E

adesso il velo. Do-v'è? — ho chiesto,curiosa di verificare se le manine diAdèle lo avessero sgualcito o viavessero lasciato qualche segno.

— Eccolo — mi ha risposto miss Jane,indicandomi un semplicissimo edisadorno rettangolo di tulle bianco,privo di qualsiasi ricamo, che eradisteso sul letto.

— E l'altro? Quello di pizzo? Quellodella famiglia Rochester? — ho chiestostupita. — Dov'è?

— Preferisco questo — mi ha dettol'istitutrice, in un tono secco che nonammetteva repliche. — Sbrigati, Sophie.

Sai che al padrone non piace aspettare.

Era così ansiosa di raggiungere misterRochester, che appena ho finito disistemarla è scappata dalla stanza senzaneppure guardarsi allo specchio. Io l'hoseguita e mi sono fermata sulle scale pervedere che reazione avrebbe avutomonsieur Edouard nel vederla senza ilbel pizzo che le aveva regalato.

Monsieur però non ha battuto ciglio. Hafatto girare la sposa su se stessa perammirarla e le ha detto in tonoappassionato: — Siete bella come ungiglio! Jane Rochester, voi, la miasposa, l'onore della mia vita e ildesiderio dei miei occhi.

Poi ha ripreso i suoi modi bruschi e leha intimato di fare colazione. — Non viconcedo più di dieci minuti — le hadetto, ma l'istitutrice era cosìemozionata che si è rifiutata dimangiare.

Allora monsieur l'ha presa per mano el'ha trascinata in gran fretta verso laporta d'ingresso.

Per fortuna stanotte il tempo è cambiato,e fuori l'aria era tiepida e il cielosereno.

Madame Fairfax e i domestici eranoschierati nell'atrio con i loro vestitimigliori, ma il padrone non ha lasciato

loro il tempo per fare gli auguri allasposa, ha varcato la porta semprestringendole un polso per tirarsela dietroe si è avviato con lei a passo sveltolungo il viale. La chiesa è appena fuoridei cancelli. Li abbiamo visti usciredalla proprietà e svoltare nella stradacomunale.

— Uff! — ha sospirato Mary. — Chefuria! Neanche andasse a fuoco la casa!

Leah è uscita nel piazzale a parlare conGennaro, che stava dando gli ultimitocchi ai bagagli legati sul retro dellacarrozza. Io ho strizzato un occhioall'aiuto cocchiere in segno di saluto, esono tornata di sopra per fare alzare

Adèle.

— Non me lo sarei mai aspettato da te— le ho detto in tono di rimproveromentre la pettinavo. — L'altra notte hairovinato il velo di pizzo di miss Jane, lohai ridotto così male che oggi non se loè potuto mettere.

— Te l'ho detto che non sono stata io —mi ha risposto Dédé col pianto nellavoce. — È stata Bertha. Perché non mivuoi credere, Sophie?

— Perché le bambine immaginarie nonrovinano le cose, Adèle. Adesso staiesagerando. Devi smetterla di dare lacolpa a una bambina che non esiste

quando ti comporti male.

— Bertha non è una bambina — hasinghiozzato Adèle, allontanandobruscamente la testa dal pettine. — Nonti ho mai detto che è una bambina. È unasignora. E non è una immagine nell'ariacome dici tu. Esiste. Te lo faccio vedereio se esiste.

Mi ha preso per mano con la stessa furiacon cui poco prima mister Rochesteraveva afferrato il polso della fidanzata,e mi ha tirata fuori dalla nostra camera,lungo la galleria, su per la scala stretta eripida che porta al terzo piano.

Dédé, camminando, piangeva di rabbia e

tirava su le lacrime per il naso. Io laseguivo sconcertata. Non riuscivo aimmaginare quali fossero le sueintenzioni. Siamo arrivate davanti allaporta della stanza dove passa il suotempo a cucire Grace Poole. Adèle habussato. Dall'interno la cucitrice hachiesto: — Chi è? — con voce lucida enon impastata dall'alcol.

— Sono Adèle — ha risposto la miabambina. Abbiamo sentito scorrere unchiavistello e la porta si è socchiusa.Nel vedermi Grace Poole ha esclamatocon rabbiosa meraviglia:

— Lei no! Ti avevo detto… — e hacercato di sbarrarci la strada.

Ma Adèle si era slanciata dentro lastanza, scansando il corpo robusto dellacucitrice e chiamando: — Bertha!

Una voce sconosciuta, rauca, una voceadulta dall'accento straniero, ha rispostocon lo stesso entusiasmo: —

Sono qui, tesoro. Sono sempre qui.

Grace Poole ha allargato le braccia: —Non lo direte a nessuno?! — mi ha dettoin tono supplichevole e insiememinaccioso. — Manterrete il segreto diquesta povera infelice, e le darete anchevoi un po' di conforto come ha fatto perun anno questa generosa creatura?

Poi si è fatta da parte per lasciarmientrare.

8

isognerebbe ascoltare con più attenzionei bambini quando ci parlano, e noninterpretare i loro discorsi secondo inostri pregiudizi, così come abbiamofatto quando Adèle diceva cheDagoberta era diventata più pesante.

Bertha esiste e vive prigioniera inquesta stanza senza finestre da più didieci anni. Ve l'hanno rinchiusa nel1827.

Era già prigioniera di questi muri solidie spessi e tremava di freddo e dinostalgia quando monsieur Edouard

corteggiava madame Céline all'uscitadell'Opera, quando ha inscenato lacommedia del matrimonio ed è andato avivere con lei. Ecco perché tornava cosìdi frequente in Inghilterra a "curare isuoi affari".

A quel punto non avevo più ragione difingere di non capire l'inglese, ed erosicura che Grace Poole aveva tuttol'interesse a non svelare il mio segreto.

Bertha viene tenuta nascosta, mi haspiegato Grace, perché è la vergogna deiRochester. La cucitrice in realtà è la suaguardiana e la sua infermiera (la parola"governante"

usata da Adèle aveva contribuito afarmela credere una bambina) e dice dinon sapere esattamente che grado diparentela abbia la reclusa col padronedi casa. Forse è una lontana cugina,forse una sorella bastarda. In effetti unpo' gli somiglia.

È alta, con la carnagione olivastra, icapelli neri folti e ondulati con qualchefilo bianco. Solo gli occhi ha diversi.Sono neri, come quelli di misterEdouard, ma così tristi che ti fannovenire voglia di piangere. Bertha è natanelle colonie. Per questo ha semprefreddo e Grace Poole tiene il caminettoacceso tutto l'anno. Adesso è tranquilla esembra rassegnata alla sua prigionia, mi

spiega la guardiana, ma ha un'idea fissa,vuole scappare e tornare al suo paese.Dove non c'è più nessuno che si possaoccupare di lei. Mister Rochester èmolto generoso a tenerla qui, con unapersona dedicata interamente al suoservizio e tutte le comodità. Mal'infelice non si rassegna. Ogni tanto dàin smanie, rompe tutto quello che leviene a tiro, cerca di abbattere la porta,lotta con chi cerca di impedirglielo, siferisce picchiando i pugni e la testacontro il muro, bisogna legarla.

Mi sono ricordata di quello che hascritto Tússi dopo aver visitato laSalpêtrière, del reparto delle "agitate", edel fatto che legassero anche madame

Céline, che invece era tranquilla einoffensiva.

— Anche tu diventeresti furiosa —protesta Dédé — se ti tenessero semprequa dentro e non ti lasciassero uscire.

La mia bambina sta sedutatranquillamente in grembo alla reclusa ele cinge il collo con le braccia. Berthala stringe come se non volesse lasciarlapiù andare via.

— Hai detto che l'hanno messa incastigo perché si è comportata male?Cosa ha fatto? — chiedo a Adèle, che sistringe nelle spalle. Allora mi rivolgo aGrace Poole: —

Cosa significa «la vergogna deiRochester»? Chi l'ha condannata a stareper sempre qua dentro? Ci sono itribunali, per i delitti.

E mi sono tornate in mente le terribililettres de cachet dell'Ancien Regime,grazie alle quali un nobile poteva farsparire per sempre un suo nemico dallafaccia della terra.

— È pazza — mi risponde la guardiana.

— La pazzia non è una vergogna! —rispondo indignata. — Il nostro piùgrande poeta, Victor Hugo, un genio, haun fratello infelice ricoverato allaMaison Royale di Charen-ton, l'Asilo

dei Pazzi di Parigi, e non lo ha maitenuto nascosto.

— Ma una donna può… Voi siete troppogiovane. Non potete capire…

I nostri discorsi sono interrotti da unrumore di voci concitate.

Voci maschili di uomini che stannoentrando nella villa.

— Gli sposi! Sono tornati. Presto! Nondevono trovarvi qui dentro! — esclamaGrace Poole, e ci spinge fuori dallastanza.

Scendiamo di corsa le scale, in tempo

per sentire mister Rochester che dicebruscamente a madame Fairfax: —Niente auguri! Per me arrivano conquindici anni di ritardo.

E mister Wood che spiega imbarazzatoalla vecchia signora: — Non è statopossibile celebrare il matrimonio.

Miss Jane è pallida come una morta.Con loro ci sono il pastore e due uominisconosciuti. Si avviano tutti su per lescale. Ci facciamo da parte per lasciarlipassare, e sentiamo mister Rochesterche dice con disprezzo: — Non temere,Dick. Oggi non ha il coltello.

Dick? Guardo meglio e riconosco mister

Mason in uno dei due uomini cheseguono il padrone. Ricordo quellemacchie di sangue sul pavimento dellagalleria e stringo Adèle contro di mecon un brivido di paura. Adèle misussurra: —

Te l'avevo detto che Bertha ha morsicatoil fratello. Gli aveva scritto una lettera:Vieni a liberarmi.

Lui è venuto, ma non l'ha aiutata ascappare. Anzi, si è messo davanti allaporta, e lei… Che bugiardi! Non l'haferito col coltello. Non ce l'ha ilcoltello. Grace Poole fruga sempredappertutto per vedere se ce l'ha e glieloavrebbe preso.

Lo ha solo morsicato.

Saliamo le scale in punta di piedi,tendiamo l'orecchio.

Mister Rochester dice in tono amaro esarcastico: — Mason ha ragione, signorpastore. E anche l'avvocato Briggs. Ilmatrimonio che lei stava per celebraremi avrebbe reso colpevole di bigamia.La donna che per mia disgrazia hosposato in gioventù è ancora viva ed èqui. Ve la presento.

Quando sento queste parole è come seun velo di nebbia mi si squarciassedavanti agli occhi e devo tenermi fortealla ringhiera per non cadere.

Anche perché alla frase del padronerisponde quel grido selvaggio che nonho dimenticato – come potrei? – lostesso urlo che ci aveva svegliato inquella terribile notte d'aprile.

Adèle commenta tranquilla: — Ecco,hanno fatto arrabbiare Bertha. Adessoromperà qualche cosa.

Poi mi guarda in faccia e chiede stupita:— Perché pian-gi, Sophie?

9

li stranieri e mister Wood se ne sonoandati. Miss Jane si è chiusa nella suastanza e non vuole parlare con nessuno.

Monsieur Edouard sta seduto davantialla sua porta e aspetta con pazienza chel'istitutrice gli apra. Sembra nonaccorgersi di quello che succede nelresto della casa.

Adèle mi ha detto che voleva salire aconsolare Bertha, ma non mi sono fidataa lasciarla andare da sola. Mi vengono ibrividi al pensiero che in tutti questimesi la mia bambina ha passato interi

pomeriggi nella cella di una pazzafuriosa, mentre io la pensavo immersanelle sue innocue fantastiche-rie diun'amichetta immaginaria. Povera Dédé,mi diceva la verità e io non le credevo.Ora non posso più dubitare che sia statadavvero Bertha a intrecciarle i capellialla moda giamaicana, a dare fuoco alletto del suo carceriere, prima chepartisse per Leas. E a ferire misterMason, anche se Adèle si rifiuta dicredere che la prigioniera, in una dellesue evasioni notturne, sia riuscita aimpadronirsi di un coltello. L'urlo cheavevo sentito: «Rochester, per l'amor diDio!» non era un'accusa, ma unarichiesta di aiuto. È stata Bertha a

entrare nella camera di miss Jane e arovinare il velo di pizzo cheevidentemente aveva indossato anche leiper il suo matrimonio,

"come tutte le spose dei Rochester". Loha strappato per impedire che lo usassela sua rivale. Come è possibile che siariuscita a evadere dalla sua cella perben tre volte in questi ultimi mesi, michiedo? Non è difficile rispondere, se sipensa alla simpatia di Grace Poole peril gin e per l'acquavite e alla suaabitudine di prendersi di tanto in tantouna bella sbronza che la fa cadere in unsonno profondo.

È un miracolo che non sia successo

niente di male a Adèle, anche se Gracesostiene che i pazzi non sono maiaggressivi con i bambini, e che anzi ipiccoli sono gli unici in grado dicalmare le furie della sua paziente.Tanto che prima del nostro arrivo, sepassava da Thornfield una mendicantecon i suoi figli, l'infermiera le davaqualche moneta perché lasciasse salire ibambini a fare merenda con la reclusa ea distrarla un poco. Sostiene che lofaceva con l'approvazione del dottorCarter, l'unica persona di tutta la Conteadi S. che è stata informata dal padronedella presenza e della identità dellaprigioniera.

Adèle ha insistito tanto che l'ho

accompagnata di sopra, ma Berthadorme. Grace Poole, per calmarla, le hasommini-strato una dose abbondante dilaudano. Ho scoperto che fa grande usodi questa medicina, prescritta daldottore, anche se la sua paziente non lagradisce, la sputa, e spesso l'infermieraè costretta a mettergliela di nascosto nelcibo o nel tè.

Dédé è stremata dall'emozione, così l'homessa a letto e prima di andare nellescuderie a cercare Olympe, ho chiuso achiave la porta della nostra camera.

Olympe invece è alla villa, in cucina, incompagnia degli altri domestici. Ilchierico John Creen, che è parente di

Leah, è venuto a raccontare quello che èsuccesso in chiesa e tutti lo ascoltanoavidamente. Dice che quando il pastoreha pronunciato la formula di ritochiedendo se c'era qualche im-pedimento al matrimonio, con grandesorpresa dei presenti dal fondo dellachiesa si è fatto avanti uno sconosciuto.Ha dichiarato di essere l'avvocatoBriggs di Londra e di agire per contodello zio di miss Eyre che vive aMadera, e che intende impedire che lanipote venga ingannata e spinta acommettere il reato di bigamia. MisterRochester infatti è già sposato: Briggsha letto l'atto del matrimonio, avvenutoquindici anni fa a Spanish Town, in

Giamaica, e ha esibito un testimone,mister Mason, fratello della sposa, cheha dichiarato d'averla vista viva, aThornfield, solo pochi mesi fa.

Ecco per quale motivo, quando è venutoa casa nostra, a Parigi, mister Masonnon poteva credere al matrimonio dimadame Céline con suo cognato! Eccoperché dopo avere letto la sua letteramonsieur Edouard si è infuriato, e poi haconfessato a madame che le loro nozzeerano state una commedia e l'haabbandonata. Il ritorno sul palcoscenicoe la gelosia erano una scusa. Nella sualettera evidentemente Mason ordinava alcognato di interrompere quella farsa e lominacciava di denunciarlo per bigamia.

Ed ecco perché in aprile, quando si èsparsa la notizia che il padrone avrebbesposato miss Blanche Ingram, è venutoancora una volta a Thornfield adissuadere il cognato da quelle nozze.

Dice, John Green, che mister Masonconosce lo zio dell'istitutrice che vive aMadera, e che si trovava su quell'isola,convalescente dalla coltellata, quando èarrivata la lettera di miss Jane cheannunciava il suo prossimo matrimonio.È stato d'accordo con il vecchio misterEyre che mister Mason è tornato in granfretta in Inghilterra per impedirlo.

Adesso parla Mary, che è stata assuntainsieme al marito undici anni fa, quando

tutti i vecchi domestici di Thornfieldsono stati licenziati e mister Rochesterne ha cercato dei nuovi. Racconta chesapeva della prigioniera, ma che nonl'aveva mai vista né sospettato che fossela moglie del padrone.

Aveva sentito dire da Grace Poole che iparenti erano stati costretti arinchiuderla perché non era una donnavirtuosa, perché le piacevano troppo gliuomini, tutti gli uomini, e in gioventù siera abbandonata a orge e ad avventurevergogno-se laggiù nelle IndieOccidentali, persino con gli schiavi dicolore delle sue piantagioni.

Durante questo racconto vedo Olympe

fremere e tratte-nersi a stento. Indovino isuoi pensieri. Qualsiasi gentiluomo,celibe o ammogliato, può avererelazioni o avventure con tutte le donneche desidera, può frequentare ipostriboli, senza per questo venir messoal bando dalla società. Mister Rochesterè stato l'amante di madame Céline, e inseguito ha avuto molte altre avventure,che non si è vergognato di raccontareall'istitutrice. Ma nessuno l'ha rinchiusoin una stan-

zetta senza finestre, nessuno l'ha legatoalla sedia né intontito per dieci lunghi

anni col laudano. Il padrino diceva chein realtà quella medicina a base di oppioè una droga e che a lungo andareindebolisce, peggio di quanto non faccial'alcol, la mente di chi ne abusa.

Indovino cosa significaquell'espressione determinata che haassunto il viso della mia amica, illampeggiare minaccioso dei suoi occhi."Quella povera vittima della prepotenzamaschile non deve restare prigionieranella sua cella. Dobbiamo liberarla. Acosto di portarla in Francia con noi."

Non sa, Olympe, che Adèle, senza averletto il libro di Mary Wollstonecraft, hagià fatto a Bertha questa promessa.

10

ono le undici del mattino. Olympe stasistemando il baule di Adèle e il miofagotto sul retro della carrozza. Prima hadovuto scaricare i bagagli di Mr e MrsRochester, che non li seguiranno più sulcontinente per il viaggio di nozze. Adèlee io siamo pronte, vestite da viaggio easpettiamo in piedi nell'atrio. Abbiamogià salutato madame Fairfax e ledomestiche. Da entrambe le parti è stataversata qualche lacrima, anche se leemozioni e le sorprese di ieri e quella distamattina presto hanno talmente scossole abitanti di Thornfield che adesso la

loro capacità di commuoversi sembraatrofizzata.

Mary si è meravigliata che all'appellomancasse Grace Poole.

Madame Fairfax ha osservato: — È unadonna talmente stravagante… E poi,forse in questo momento non puòallontanarsi dalla sua ammalata.

Neppure io mi sono stupita. So cheGrace sta dormendo profondamente nelletto di Bertha, grazie alla doseabbondante di laudano che le ho versatodi nascosto nella bottiglia di gin quandoieri notte sono salita con Adèle per gliultimi addii, in realtà per gli ultimi

accordi segreti con la prigioniera. Èstata Olympe a suggerirmi di prenderneuna bottiglia dall'armadio a muro delcorridoio, quello nascosto dall'arazzo,dove ho scoperto che l'infermiera leconserva.

Appena Olympe avrà finito di assicurareil baule, salire-mo in carrozza epartiremo in direzione del collegio diAdè-

le. Solo noi tre, a quanto credono tuttiquanti. John non può accompagnarci. Èammalato. Oppure ubriaco fradicio,come ha insinuato poco rispettosamenteGennaro. Fatto sta che gli gira la testa enon riesce a sollevarsi dal letto. Mary

non sarebbe così preoccupata per la suasalute se sapesse che anche il marito ierinotte ha bevuto senza rendersene conto,insieme alla birra offertagli dal suoaiutante, dieci cucchiai della medicinache Grace Poole è solita dare alla suapaziente per tenerla tranquilla.

Tússi è già arrivato da Millcote e ciaspetta dietro un ce-spuglio lungo lastrada per Hay.

Temevamo che, dopo gli avvenimenti diieri, la partenza di Adèle per il collegiosarebbe stata annullata o rimandata e cheavremmo dovuto cambiare i nostri piani.Ma stamattina all'alba, prima di partireall'inseguimento di miss Jane in sella a

Mansour, il padrone è entrato di furianella nostra camera, ha svegliato Adèle,l'ha salutata con poche brusche paroleraccomandandole di essere obbediente edi non fargli fare brutte figure, e a me hadetto in francese: — Addio, Sophie.

Non ci rivedremo più. Buona fortuna.

— Anche a voi, signore — gli horisposto, e in quel momento ero sincera.Mi ha fatto pietà vederlo così sconvoltoe disperato, e purché resti fuori dallenostre vite, non gli auguro alcun male.

Miss Jane è partita nel cuore della notte.Ieri, verso sera, aveva accettato diuscire dalla sua stanza e di ascoltare le

spiegazioni che mister Rochester volevadarle. Mi sono nascosta dietro le tendedel salotto perché volevo sentire qualinuove bugie avrebbe raccontatoquell'impostore. La sua versione dei fattiriguardo al matrimonio con BerthaMason somiglia alle calunnie che ingennaio mi è toccato ascoltare aproposito di madame Céline. Amonsieur Edouard piace presentarsicome una vittima innocente degliimbrogli e degl'intrighi altrui. Ilmatrimonio sarebbe stato combinato dasuo padre e dal signor Mason, riccoproprietario creolo di Spanish Town inGiamaica. Il primo attirato dalla dotedella ragazza, che ammontava a

trentamila sterline, il secondo desidero-so di imparentarsi con una famigliaaristocratica della madre-patria eansioso di sistemare una figlia cheaveva già dato prova di un caratterevizioso e dissoluto. Lo sposo, appenauscito di collegio e innocente come unagnello, sarebbe caduto nella trappolaper accorgersi, ahimè troppo tardi, chenon solo la moglie gli era infedele, mache era una deprava-ta, una insaziabilemessalina, e che aveva ereditato questetendenze dalla madre, pazza furiosa ericoverata in un manicomio dell'isola,così come un fratello minore. Sembrache l'unico sano di mente in quellafamiglia sia il figlio maggiore, Richard,

quello che ieri è arrivato a impedire ilmatrimonio, ma a detta di monsieurEdouard anche lui è destinato a perderetra breve la ragione.

Dopo quattro anni d'inferno lo sposooltraggiato, infelice ai limiti delsuicidio, si sarebbe deciso a portare inInghilterra la moglie, che nel frattempoera diventata completamente pazza. Ilvecchio mister Rochester e il suo figliomaggiore intanto erano morti senzarivelare a nessuno il segreto delvergognoso matrimonio delsecondogenito. così monsieur Edouard,diventato signore e padrone diThornfield, aveva potuto nascondereBertha nella stanzetta del terzo piano,

l'aveva affidata alle cure e alla custodiadi Grace Poole e si era messo aviaggiare per il continente alla ricercadel vero amore, cioè di una donnainnocente, pura e virtuosa come missJane.

La quale ha ascoltato tutto in silenziosenza controbatte-re, senza chiedere,come avrei fatto io, che fine avesserofatto le trentamila sterline della dote, seper caso il marito non se ne fosseimpossessato senza doverne rendereconto a nessuno. E se Bertha non potevaessere ricoverata in Giamaica, nellostesso manicomio dov'era la madre,senza dover soffrire per i rigori delclima inglese. E come mai mister

Rochester aveva portato Adèle a viveresotto lo stesso tetto della pazza. Non haprotestato, miss Jane, nemmeno quandoil suo innamorato ha espresso, aproposito delle schiave e delle amanti,un'opinione che mi ha indignatoprofondamente, e che se l'avesse sentitaOlympe, l'avrebbe spinta a schiaffeg-giarlo e a sfidarlo a duello. Ha detto: —Un'amante o una schiava, spesso perindole, e sempre per posizione, sonoinferiori a noi, e vivere in intimità conun essere inferiore è de-gradante. Oggiodio anche solo il ricordo del tempopassato con Céline, Giacinta e Clara.

Io invece in quel momento ho odiato contutte le mie forze Edward Fairfax

Rochester di Thornfield Hall, ma allostesso tempo sono avvampata d'orgoglioal pensiero di essere francese, di esserenipote di quei rivoluzionari per i qualinon esistevano "esseri inferiori" e chesulle loro bandiere hanno scrittoLIBERTÀ, UGUAGLIANZA,FRATERNITÀ. E ho pensato che viverein intimità col mio Tússi, negli anni incui era uno schiavo, non mi hadegradato, ma anzi mi ha aiutato acrescere e a diventare migliore.

Sembrava che dopo tutte quellechiacchiere, miss Jane lo avesseperdonato, e monsieur Edouard di certone era convinto, perché l'ha lasciataandare a dormire nella sua camera senza

pensare a rinchiuderla o a sorvegliarla elui stesso si è ritirato e si èaddormentato profondamente.

Ma stamattina Leah ha trovato la portadella cucina aperta, una forma di pane inmeno nella credenza e la stanzadell'istitutrice vuota.

Ha un bell'inseguirla mister Rochester.Probabilmente miss Jane ha già fattomolta strada. Difficile scoprire in qualedirezione. Nel raggio di un chilometroattorno a Thornfield, al mattino prestopassano ben cinque diligenze, concinque diverse destinazioni. Come fare asapere se ne ha preso una, e quale,oppure se ha tagliato a piedi per i

campi?

L'unica cosa certa è che la fuggitiva nonvuole farsi trovare.

Olympe naturalmente ha approvato ladecisione di miss Jane. — Se avessisaputo che voleva andarsene, le avreidetto di nascondersi dentro la carrozza estamattina l'avremmo portata via connoi.

Le ho ricordato che avevamo già un'altrapasseggera clandestina, e che dovevamoringraziare il cielo che il padrone fosseuscito a cavallo a inseguire la sua ultimafiamma perché, se fosse rimasto allavilla, far evadere Bertha Mason non

sarebbe stato così semplice.

Siamo consapevoli che portare con noiun'alienata mentale ci creerà moltiproblemi, e che ci stiamo assumendo unagrave responsabilità. Ma contiamomolto sull'azione tran-quillizzante diAdèle. Inoltre sia Tússi che Olympe, neimesi in cui hanno assistito madameCéline, hanno imparato molte cose daldottor Manette a proposito di comevanno trattati coloro che soffrono didisturbi mentali. E infine Olympedichiara di essere sicura che Bertha nonè affatto pazza, e che le sue crisi diviolenza e di aggressività sono lereazioni più logiche e ragionevoli a unaprolungata e ingiusta prigionia.

11

l cuore mi batte nel petto come untamburo. Sono seduta in carrozza e trapochi istanti Olympe darà ai cavalliL'ordine di partire. Aspettiamo Adèle,che con la scusa di avere dimenticato labambola Catherine, che stamane halasciato apposta sulla panca delcorridoio del terzo piano, è rientrata incasa ed è andata a prendere Bertha, chesalirà sulla carrozza all'ultimissimomomento e si nasconderà sotto lacoperta da viaggio fino a che nonsaremo lontani da Thornfield.

Le domestiche sono tornate ai loro

lavori. Sul piazzale resta solo madameFairfax che si asciuga gli occhi colfazzoletto in attesa di sventolarcelodietro quando usciremo dal cancello.Cosa farà, quando vedrà Bertha Masonuscire di casa per mano a Adèle e saliresulla carrozza? È troppo anziana etroppo fragile per cercare di bloccarle,ma potrebbe mettersi a strillare echiamare le altre donne. E se anche nonriuscirà a fermarci, lo riferirà a misterRochester, che capirà che la nostra metanon è il collegio di K. e ci faràinseguire.

Olympe e io ci scambiamo un'occhiatad'intesa. Bisogna fare qualcosa. Bisognache la vecchia signora vada via, che non

assista alla nostra partenza.

Mi spremo il cervello e, pensandoall'orgoglio di madame Fairfax per ilsuo orto, mi viene un'ispirazione. Manon posso parlare in inglese, cosìsussurro due parole in francese aOlympe, che col fare galante del suopersonaggio italiano si rivolgeall'anziana signora.

— Sophie mi dice che Adèle ha unavera passione per il vostro ribes.

La signora sorride compiaciuta.

— Certamente in collegio non glienedaranno — prose-gue Olympe con finto

rammarico. — Sarebbe una bellasorpresa per lei se insieme ai bagagli,potessimo scaricare dalla carrozza uncestello di quella frutta deliziosa che lefarebbe ricordare Thornfield e la suabuona governante per molti giorniancora.

— Sophie ha sempre dei pensieridelicati — esclama madame Fairfax. —Mi sembra un'ottima idea quella delcestino nascosto tra le valige! Gennaro,dite alla bambinaia che la autorizzo adandare nell'orto e a cogliere in frettatutto il ribes che crede possa bastare.

Ahi! Non sono io quella che deveallontanarsi. Parlo in fretta con Olympe

che riferisce: — Sophie ha paura dirovinare la vostra spalliera, madam.Non è in grado di riconoscere i frutti giàmaturi da quelli acerbi.

— Uno scrupolo molto lodevole — dicela signora. —

Andrò io. A tra poco.

E si avvia col passo lento della sua età.Ma non facciamo in tempo a esultare,perché madame Fairfax non ha ancoragirato l'angolo della villa che sentiamoil galoppo inconfondibile di Mansour, evediamo arrivare lungo il viale ilcavallo del padrone, con in sella il suocavaliere esausto, suda-to, deluso e di

pessimo umore. Evidentemente missJane ha nascosto bene le sue tracce.

— Non siete ancora partiti? — ci chiedeil cavaliere in tono aggressivo. —Arriverete a K. col buio. Adèle dov'è?

— Ha dimenticato in camera la bambolache le avete regalato ed è andata aprenderla — rispondo nel tono piùumile di cui sono capace.

— Gennaro, visto che sei qui, occupatidel cavallo! —

ordina mister Rochester smontando disella, ed entra in casa.

Prego Iddio che vada in uno del localidel pianterreno. Se sale in camera perlavarsi, lungo la scala incrocerà le duefuggitive, che in questo momentodovrebbero essere quasi arrivate inbasso.

— Non ti muovere — mi ordina Olympea mezza voce.

E col cuore stretto dall'angosciarestiamo sulla carrozza e lasciamo cheMansour, con le briglie sul collo, se nevada a pascolare nel prato.

Dio non mi ha dato ascolto. Dal punto incui siamo non riusciamo a vederel'interno della casa, ma sentiamo

distinta-mente la voce furiosa delpadrone che urla: — Per tutti i diavolidell'Inferno! Dove andate? Indietro!

E in risposta lo strillo di Adèle: —Lasciateci passare!

Un grido di dolore di mister Rochester,un guaito, come di un cagnolino colpitoda un calcio. Cosa ha fatto quel brutoalla mia bambina? Bertha Mason tace.Le avevamo detto che non doveva farsisentire a nessun costo, e sta obbedendoalla lettera, anche se adesso ci arrivanoi rumori pesanti di una colluttazione incui certo non sono coinvolti solo idiciotto chili di Adèle. Mister Rochesteransima e impreca: — De-monio! Sta'

ferma, maledetta!

Non sono passati che pochi secondi, masembra un'eter-nità. Inaspettatamente siapre una finestra del terzo piano e siaffaccia Grace Poole tutta scarmigliatache grida: — È riuscita a scappare!Fermatela!

Ma come? Il laudano ha un effetto cosìbreve? Ci manca che adesso arrivianche John a dare man forte al padrone.

Metto un piede sul predellino perscendere dalla carrozza.

Olympe mi ripete imperiosa: — Non timuovere.

Dalla finestra a cui è affacciata GracePoole adesso viene fuori uno sbuffo difumo nero. — Aiuto! La casa va a fuoco!— grida l'infermiera.

Sentiamo nell'atrio come uno scoppio,seguito da una cascata di cocci.Catherine. Lo conosco il rumore di unabambola di porcellana che va in millepezzi. E subito dopo Bertha Mason escedi corsa seguita da Adèle; vengonoverso la carrozza, Olympe frusta icavalli, le tiriamo su che la vettura è giàin movimento. Via! Via! Adèle piangeper la tensione nervosa, Bertha Mason,ligia alle nostre istruzioni, si tira lacoperta sulla testa anche se ormai ètroppo tardi perché il suo peggior

nemico l'ha vista scappare con noi. Ciallonta-niamo al galoppo dalla casa, eprima di varcare il cancello vediamomadame Fairfax arrivare pian pianodall'orto, guardare stupita verso di noi,tendere il braccio mostrandoci il ce-stinetto di ribes, e poi guardare spauritaverso le fiamme che

adesso si alzano ruggendo da tutte lefinestre dell'ultimo piano. Grace Poole èsalita sul tetto in cerca di scampo. Sitiene stretta a uno dei merli. Dallagalleria arriva la voce di misterRochester: — Resistete, Grace! Sto

arrivando!

I vetri delle finestre del primo pianoscoppiano. Possiamo vedere l'internodella casa divorato dalle fiamme. Unrumore fortissimo, un polverone. Ècrollata la scala. Le domestiche non sivedono. Evidentemente stanno cercandodi svegliare John per farlo allontanaredalla villa. Magari verso il laghettodelle oche. Grace Poole urlaterrorizzata. Mansour dal prato rispondecon un nitrito.

— Torniamo a vedere cosa succede? —chiedo titubante.

— Pensi di poterli aiutare? Andiamo

verso Hay. Tússi ci sta aspettando — mirisponde Olympe, e fa schioccare lafrusta.

12

ai, Tússi, noi scendevamo le scale eBertha mi dava la mano. Bertha con meè molto obbediente, lo vedi come silascia pettinare e sbrogliare i nodi deicapelli. Io piangevo sempre quandoSolange me li tirava così forte. Eravamoquasi arrivate all'atrio, dove c'è lapendola e la porta a vetri per uscire sulprato, quando è entrato monsieurEdouard, e non voleva lasciarci uscire.Si è messo davanti, ha preso Bertha perle spalle. Lui è molto più forte, ma io gliho dato un morso sul braccio e gli hofatto così male che l'ha mollata. Però

non ci lasciava passare. C'era fumodappertutto. Bertha lo ha stretto al colloe hanno fatto la lotta. Monsieur stavavincen-do, ma io sono salita su ungradino più in alto, ho preso Catherineper le gambe e gliel'ho sbattuta forteforte sulla testa.

Peccato che si è rotta, ma gli ha fatto untaglio nei capelli e il sangue gli è scesonegli occhi. Così noi siamo scappate esiamo salite sulla carrozza.

— Ma il fuoco, Dédé? È stata Bertha aincendiare la casa?

— No. È stata la sua governante. Nonl'ha fatto apposta.

C'era un candeliere acceso vicino alletto, lei dormiva, ma quando io eBertha siamo uscite, ha sentito il rumoree si è svegliata. Ci ha detto: «Ferme là!»Noi però non abbiamo obbedito. Allorasi è alzata e con la manica della camiciaha rovesciato il candeliere che ha datofuoco alla tenda. Era un fuoco piccolo eio credevo che prima di inseguirciGrace lo spegneva, te lo giuro Tússi. EBertha neanche se ne è accorta.

— Forse gli ha buttato sopra dell'acqua,e ha pensato di averlo spento — diceOlympe. — Si stava occupando dellatenda, ecco perché non ha dato l'allarmeimmediatamente.

Quando si è affacciata gridando difermarvi, voi eravate già arrivate inbasso. Forse è stata proprio l'aria che èentrata dalla finestra aperta a fare datiraggio e a ridare vita e forza allefiamme che la povera Grace credeva diavere spento.

Siamo a Portsmouth, nella taverna AlPuledro Impenna-to, e aspettiamo ilbattello che ci porterà in Francia. Latraversata sarà più lunga di quella cheavremmo fatto partendo da Dover, maTússi ha pensato che se misterRochester, nonostante l'incendio, ci stafacendo inseguire, è a Dover che leguardie andranno ad aspettarci. Dalcirco Sleary Tússi ha portato tutto il

necessario per travestirci e ingannare inostri inseguitori. Se uno non li guardacon molta attenzione, può crederli abitinormali e non costumi da scena. Olympeha un vestito giallo di mussola indiana euna cuffia di paglia ornata di fiori. Èbellissima, vestita da donna, ma simuove a disagio e anche a noi che laconosciamo bene sembra proprioun'altra. Io ho gettato via il grembiule dabambinaia e ho indossato un abitoelegante, scollato, con le maniche cortee ar-ricciate che qui chiamano en beiet eun'alta fascia azzurra in vita. Dédél'abbiamo travestita col costume dacavallerizzo del figlio minoredell'equilibrista, ornato di passamaneria

viola. Tússi le ha accorciato i capelli,per completare la metamorfosi. Lo hafatto cantando l'aria di Figaro da IIbarbiere di Siviglia:

Rasori e pettini,

lancette e forbici,

al mio comando

tutto qui sta.

E quando ha finito, ha esclamato: —Adesso si, che somigli a tua madre!

Sembrava di essere tornati ai tempidella scuola, quando noi ragazzi ci

siamo scambiati i vestiti per andare colCittadino Marchese alla prima de LaSilfide. Forse per questo Olympe èdiventata così triste guardando Adèlevestita da bambino. Forse le ricordavaAntoine, il piccolo vetraio, il suofidanzato di sette anni che non ha potutomantenere la promessa di aspettarla.

A Portsmouth siamo arrivati indiligenza. La carrozza l'avevamolasciata a Londra, insieme ai cavalli, nelcortile di una locanda, con un bigliettopuntato sui cuscini: Appartiene a misterRochester di Thornfield Hall, Contea diS.

Durante tutto il viaggio sono stata

sempre io a parlare con i postiglioni, igestori delle locande, i camerieri e tuttele persone alle quali bisognava chiederequalcosa. In inglese.

Finalmente ho potuto parlare in inglese:domandare, non fingere che non capivoquello che mi veniva detto,rispondere… Che sollievo, dopo unanno intero di silenzio!

Ma non l'ho fatto per sfogarmi. Abbiamopensato che se qualcuno avessesegnalato il nostro passaggio aThornfield, sarebbe stato ancora piùdifficile riconoscermi, visto che tutti micredevano così ignorante.

A dispetto dei nostri timori, BerthaMason è stata tranquilla durante tutto ilviaggio. Di notte dorme abbracciata aDédé, e parla solo con lei che ciriferisce i suoi disagi e i suoi bisogni.Tússi non sapeva che l'avremmo portatacon noi, non sapeva neppure della suaesistenza, perché non avevamo fatto intempo ad avvertirlo, e quando l'ha vistae ha sentito Adèle dire: — Questa èBertha — è rimasto senza parole.

Naturalmente non aveva comprato dalsignor Sleary un costume che andassebene a una donna alta e robusta diquarant'anni. Ma ha convenuto che nonpotevamo lasciarle addosso la lungacamicia informe che, insieme ai capelli

sciolti e scarmigliati, la farebbericonoscere da chiunque come l'ospite diqualche ricovero o ospedale per pazzi.Fortunatamente Olympe ha ancora con sédel denaro, e appena arrivati a Londraabbiamo comprato in una rivendita divestiti usati due abiti decenti della suamisura, una cuffia di paglia e unoscialle, che Bertha Mason ha indossatosenza protestare. I capelli però nonvuole farseli toccare da nessuno, tranneche da Adèle. così è stata Dédé asbrogliarle con grande pazienza leciocche ingarbugliate, a spazzolarglielee ad annodarle in una pettinaturaraccolta, adatta alla sua età. Adesso lanostra compagna di viaggio è davvero

irriconoscibile. Persino il suo sguardonon è più così triste e smarrito, ma ditanto in tanto si accende di interesse epersino, quando ci sente ridere escherzare, cosa che avviene sempre piùdi frequente man mano che ciavviciniamo alla costa, di unapiccolissima e fu-gace scintilla diallegria.

Adèle è stupita del suo silenzio e dellasua docilità. La Bertha che giocava conlei nella stanzetta del terzo piano era piùloquace, ma anche più ribelle,dispettosa, irritabile, insofferente d'ogniregola e soggetta a crisi di aggressività,anche se mai contro di lei.

Abbiamo dovuto spiegarle che quellonon era il vero carattere della sua amica,ma una reazione al fatto di essere tenutaprigioniera e trattata come una pazza.

Olympe si dichiara convinta che, con lecure del dottor Manette e con le nostreattenzioni, in pochi mesi Bertharecupererà completamente la sualucidità mentale.

Non dovrei continuare a parlare di leicome di Bertha Mason, ma come diAgnes Priscilla Drummond, il nuovonome che le abbiamo datoprovvisoriamente, in attesa che re-cuperi il senno e se ne scelga uno dausare per il resto della sua vita. Bertha

Mason è morta e giace nel piccolocimitero di Thornfield, sotto una lapidedi marmo accanto alla statua dell'angeloinginocchiato che da duecento anniprotegge le spoglie mortali di DamerRochester, ucciso nel corso delle guerrecivili, e di sua moglie Elizabeth.Almeno, così credono gli abitanti diThornfield, di Hay, di Millcote e tuttiquelli che hanno letto l'ultimo numerodell"'Araldo della Contea di S.".

Ne abbiamo trovato una copia sul tavolodi una taverna di Guildford dove ladiligenza si era fermata per il cambiodei cavalli. Il titolo dell'articolo inprima pagina ha subito at-trattol'attenzione di Olympe.

Tragedia a Thornfield Hall.

Completamente distrutta daun incendio

l'antica dimora dei Rochester.

Abbiamo letto avidamente quello cheraccontava il cro-nista:

Nella mattina dello scorso 26 luglio unincendio, svi-luppatosi per causeignote, ha distrutto la residenza dimister Edward Fairfax Rochester, ilquale nel tentativo di con-trastarel'opera devastatrice delle fiamme èrimasto ferito al capo e a una mano. Imedici chiamati da Londra tuttavia

sono fiduciosi che possa recuperarepresto la salute. Sfortunatamente nelcrollo del tetto ha perso la vita laconsorte di mister Rochester, nataBertha Mason, che si trovava indi-sposta nella sua stanza dell'ultimopiano. Il povero corpo è stato raccoltodai tardivi soccorritori completamentesfigu-rato dalle fiamme, ed è statopietosamente composto nella bara eaccompagnato alla sepoltura dagliaffezionati domestici e dal pastoredella cappella di famiglia, l'ottimosignor Wood. Era assente la giovanepupilla di mister Rochester, che daqualche tempo si trova in collegio inIrlanda. Nessuno di tutti gli altri

abitanti di Thornfield Hall mancaall'appello. Dell'imponente dimoraresta in piedi soltanto la facciata,anch'essa pericolante, tanto che ilsindaco di Millcote teme di doverlafare abbattere.

"E così l'incubo di miss Jane alla fine siè avverato" è stato il mio primopensiero.

Tússi, più pratico, ha domandato: —Chissà se qualcun altro, oltre monsieurEdouard, sa che quel corpoirriconoscibile apparteneva alla poveraGrace Poole?

— I tre domestici probabilmente si

erano rifugiati nelle scuderie, e nonhanno visto niente — gli ha spiegatoOlympe. — Oltretutto, nessuno, trannemister Rochester, ha assistito alla fugadella prigioniera, ed era logico pensareche fosse stata lei a salire sul tetto.

— E madame Fairfax? — ho chiesto,ricordando la figu-retta dell'anzianasignora che ci guardava sbalorditatendendo verso di noi il cestino di ribes.

— Può darsi che sia l'unica persona aconoscere il segreto del padrone diThornfield. Ma dipende in tutto dalla suabenevolenza e non le converrebbetradirlo — ha detto Olympe, e haaggiunto dubbiosa: — Può anche darsi

che, prima del crollo, la vecchia signorasi sia allontanata in direzione del parcocercando la sicurezza del ruscello edella cascata ornamentale, e non sappiacos'è veramente accaduto.

— Qualcuno però avrà cercatol'infermiera, dopo l'incendio — haosservato Tússi. — Non aveva figli, oqualche parente?

— No — gli ho risposto. — Quandomister Rochester l'ha assunta, undicianni fa, Grace viveva al Rifugio diGrim-sby ed era sola al mondo. Me l'hadetto Mary. Gli altri domestici nonavevano un buon rapporto con lei: lainvidiavano, per lo stipendio più alto

del loro, e si sentivano offesi dal suocarattere scorbutico. Avranno trovatologico che, non avendo la prigionierapiù bisogno della sua assistenza,monsieur l'abbia licenziata. Ci deveessere stata una grande confusione nelleore e nei giorni successivi al crollodella casa.

— Così adesso agli occhi del mondo edella legge mister Rochester è vedovo elibero di sposare miss Jane — ha dettoTússi. — Non sarà certo la nostra AgnesPriscilla Drummond a tornare indietroper impedirglielo.

— Sempre che riesca a rintracciarel'istitutrice, e che lei non gli serbi

rancore — ha soggiunto Olympe.

— In tal caso non gli mancheranno altreingenue ragazze da raggirare — ha dettoTússi.

— Ma io sono qui con voi, non in uncollegio irlandese!

— ha protestato Adèle, dopo essersifatta rileggere il para-grafo cheriguardava la "giovane pupilla" delpadrone di Thornfield.

— Mister Rochester è astuto. Quando aK., dove ti hanno aspettato invano,leggeranno il giornale, non penserannoche sei scappata, ma che il tuo tutore ha

cambiato idea e ha scelto un altrocollegio — conclude Olympe.

VI. BRISTOL, 16 APRILE 1840

1

on sono ancora passati due anni, e siamodi nuovo in Inghilterra. Anzi, siamo inacque inglesi, nel porto di Bristol, manon ci resteremo a lungo perché lanostra nave parte tra pochi minuti indirezione del Nuovo Mondo. Il visconted'Angers guarda compiaciuto il fumo chesi alza dalle ciminiere e discutegarbatamente con la contessa de Merlin,che rimpiange lo spiegarsi delle velegonfie di vento, e le tra-versate poetichee avventurose che fino a ieri erano iltormento e la delizia dei viaggiatori permare. Adesso, protesta indignata, con le

navi a vapore è possibile persinoprevedere il giorno esatto dell'arrivo, eaddirittura imporre una multa al capitanose non entra in porto all'ora fissata.

Siamo a bordo della Fanny Elssler, laprima nave che attraverserà l'Atlanticospinta non più dal vento, ma dalla forzadel vapore. Si chiamava Great Western,ma le hanno cambiato il nome in onoredella collega di madame Céline, che stadiventando sempre più famosa nelleAmeriche. L'arrivo a New York èprevisto per il 3 di maggio.

Angélique, che ha già affrontato piùvolte la traversata dell'oceano su grandivelieri, e che segue con interesse i

progressi della scienza perché intendededicarsi allo studio dell'ingegneriameccanica, mi ha spiegato che solo dadue anni, con l'invenzione dellapropulsione a elica, le navi a vaporesono diventate più veloci dei bastimentia vela e dunque più convenienti ancheper i lunghi percorsi.

Quando suo padre ha saputo chevolevamo accompagnare Tússi e AgnesPriscilla nel loro ritorno in patria ci hasuggerito di fare la traversata, incompagnia sua e della sua famiglia chetorna in America, sulla Fanny Elssler,dove già aveva prenotato un posto anchela contessa de Merlin che torna per laprima volta nella sua Cuba trentotto anni

dopo averla lasciata.

Da New York infatti proseguiremo insua compagnia, sulla fregata CristóbalColon verso l'isola natale di Tússi, chespera di ritrovare se non la madre,almeno la sorella, e di comprarla perridarle la libertà. A Cuba infatti, come inFrancia e come negli Stati Unitid'America, la schiavitù è ancora invigore.

Tússi è rimasto di stucco quando hasentito la contessa de Merlin dichiararsicontraria all'abolizione immediata dellaschiavitù col pretesto che sarebbe undisastro economico per le colonie. Perla contessa l'unica strada praticabile è

quella di osservare rigorosamente ildivieto della tratta, grazie al quale, a suodire, la schiavitù si estinguerà da solagradatamente.

— Ma se i figli degli schiavi chenascono nelle colonie continuano adessere schiavi, non si estinguerà mai! —ha esclamato Tússi fremendo diindignazione. — E i miei fratelli chesono schiavi oggi, cosa hanno fatto permeritare di non venire liberati da unalegge rispettosa della dignità umana?

Cosa hanno fatto per non poter disporredi se stessi neppure nella vecchiaia eper dover morire in catene?

Anch'io non riesco a credere che unapersona così colta e sensibile come lacontessa, un'amica del CittadinoMarchese, una scrittrice che meno didieci anni fa, ne I miei primi dodicianni ha scritto parole così umane eprofonde sulla sofferenza degli schiavi esul suo amore per la libertà, possaessere diventata così insensibile ecrudele.

— Perché la ricchezza dei suoi parenticreoli si basa sullo sfruttamento dellaschiavitù, e ora che è rimasta vedova eha perso i suoi beni, si aspetta di essereaiutata da loro — mi ha sussurratoall'orecchio Maximilien. — Le ideeumanitarie sono molto belle da discutere

nei salotti, ma quando si tratta dirinunciare ai privilegi che ti dà ildenaro…

— Tuo padre non solo sta spendendo lasua vita e il suo patrimonio per la causaabolizionista al fianco di VictorSchoelcher — ho ribattuto — ma tremesi fa ha emancipato tutti gli schiaviche aveva ereditato dallo zio sull'isolaMaurice. E la povera Agnes Priscilla hapagato con la sua libertà personale e conmille sofferenze la libertà che ingioventù ha voluto concedere ai suoi.

2

a prigioniera di Thornfield, una voltaguarita, ha scelto di conservare il nomeche le avevamo dato durante la fuga.

Quando siamo arrivati a la Pommelière,madame Céline e madame Genevièvesono rimaste sbalordite, proprio comeTússi, nello scoprire che l'amichettaimmaginaria di Adèle era in realtà lamoglie creola di monsieur Edouard, unapovera creatura confusa e spaventata,che si aggrappava alla sua piccolasalvatrice come un naufrago alla cordadella scialup-pa di salvataggio. MadameCéline, commossa fino alle lacrime,

ricordando la recente esperienza allaSalpêtrière e con-frontandola con i tantianni di reclusione della nostra compagnadi viaggio, le ha subito gettato le bracciaal collo e le ha dato il benvenuto nellasua casa. Dal momento della fuga laammalata non ha più avuto crisi diaggressività e di ribellione; sembravapiuttosto immersa in uno stato di stuporee di inerzia ancora più preoccupanti.Olympe ha scritto al dottor Manette, cheè arrivato dopo due giorniaccompagnato da un giovane assistente.Entrambi, dopo aver visitato la nostraospite, hanno dichiarato che il casosomigliava per certi versi a quello dimadame Céline, ma che era stato

aggravato dai lunghi anni di prigionia,dall'uso eccessivo del laudano, dalclima inglese e dalla nostalgia per lapatria lontana. Non di-speravano peròche, con le cure opportune, madameAgnes Priscilla Drummond si sarebbecompletamente ripresa.

Nei mesi seguenti sono stata io aoccuparmi dell'ammalata seguendo leindicazioni del dottor Manette, il qualesi è congratulato con me e mi ha dettoche ho la stoffa per diventare un'ottimainfermiera. — Perché non un ottimodottore come voi? — gli ho domandato.— In Inghilterra ci sono già diversedonne che esercitano la professione dimedico. Ho sentito dire, per esempio,

che la regina Victoria è venuta al mondocon l'aiuto di una dottoressa.

— Non è un lavoro adatto allasensibilità e al pudore di una giovanedonna — ha risposto il dottore. — Si èobbligati a vedere tante brutte cose,signorina!

— Non più di quante ne debba vedereun'infermiera —

ha obiettato Olympe. Lei sostiene eincoraggia il mio desiderio di studiaremedicina, e mi ha promesso che se ildenaro di madame Céline non saràsufficiente, mi farà prestare da sua nonnala somma necessaria perché possa

frequentare l'Università.

Grazie anche alle mie cure, a primaverala nostra ospite è stata dichiarataguarita, anche se ancora molto fragiledal punto di vista nervoso. Le è ritornatala memoria, e ci ha raccontato la verastoria del suo matrimonio con misterRochester. Una storia che nella primaparte coincide con quella che ho sentitol'estate scorsa nascosta dietro le tendedel salotto di Thornfield. Il matrimonioera stato davvero combinato dallerispettive famiglie, e i due fidanzati sierano incontrati soltanto alla vigilia delmatrimonio, ignorando tutto l'unodell'altro.

A questo punto le due storie divergonoperché – racconta la nostra amica –mentre il giovane Rochester sembravaavere accettato di buon grado ladecisione del padre e del fratello,probabilmente attirato anche luidall'entità della dote, Bertha Mason finoall'ultimo aveva cercato di ribellarsialla volontà paterna, sostenuta dallamadre, il cui matrimonio era stato moltoinfelice. Bertha aveva un segreto chenon osava confessare al padre: erainnamorata di un giovane poeta mulatto,Thomas Woodruf, nato da un artigianobianco e da una schiava, quindi, secondoil Codice Nero, schiavo lui stesso.

Madre e figlio appartenevano a una

anziana vedova, sorella di misterMason, e Bertha da piccola avevaincontrato spesso quel ragazzino dallosguardo intelligente nella piantagionedella zia.

L'artigiano, che non aveva i mezzi perriscattare la libertà del figlio, avevaottenuto almeno di farlo studiare a suespese. Fin da piccolo Thomas avevadimostrato le sue doti di finissimo poetae la sua padrona amava esibirlo come unfe-nomeno da baraccone nei salotti diSpanish Town. Con tanto successo che,quando il ragazzo era cresciuto, alcuniricchi intellettuali creoli, estimatori delsuo talento, avevano fatto una collettaper comprargli a carissimo prezzo la

libertà.

Mister Mason però non avrebbe maipermesso alla figlia di sposare unliberto dalla pelle scura, e Bertha nonaveva alcuna speranza di coronare il suosogno d'amore, anche se Thomas laricambiava con passione. Entrambiavevano abbracciato le ideeabolizioniste arrivate dall'Europa, e seper il mulatto poteva sembrare unascelta scontata, che le profes-sasse lafiglia di un ricco proprietario di schiaviaveva agli occhi dei giamaicani bianchiqualcosa di scandaloso.

La relazione segreta fra i due giovaniandava avanti da tre anni, quando la

sorella di mister Mason era morta,lasciando per ironia della sorte tutti isuoi beni in eredità alla nipote, che eradiventata non solo la più ricca ragazzada marito dell'isola ma, con suo grandesgomento, anche la pro-prietaria dellamadre e dei fratelli e sorelle del suoinnamorato. Bertha rifiutava tutti ipretendenti che chiedevano la sua manoe il padre cominciava a insospettirsi,quando era arrivata la proposta delvecchio Rochester.

Dopo qualche mese di pianti, digiuni eminacce di fuga, Bertha si era dovutapiegare. Ma prima delle nozze avevavoluto seguire le sue convinzioniabolizioniste e fare un ultimo dono al

poeta innamorato. La sua dote, che nonproveniva dal patrimonio paterno, ma leera stata lasciata dalla zia comeproprietà personale, consisteva in fertilipiantagioni di canna da zucchero,cotone, tabacco e caffè. Il suo valore ditrentamila sterline era stato calcolatocomprendendo anche il prezzo deicentoventi schiavi che le coltivavano.Col matrimonio terra e schiavisarebbero diventati di proprietà delmarito, ma nel frattempo appartenevanopersonalmente alla giovane donna, cheavendo compiuto venticinque anni,poteva disporne a suo piacimento. Così,di nascosto del padre e con lacomplicità della madre, poco prima

dell'arrivo in Giamaica del promessosposo, Bertha aveva liberato tutti i suoischiavi.

A questo punto del racconto Céline l'haabbracciata con le lacrime agli occhi. —E io che credevo di avere compiutoun'azione molto generosa liberandoTússi! — ha esclamato.

Il matrimonio era stato celebrato e solodopo qualche giorno monsieur Edouardaveva scoperto il colpo di testa dellamoglie e che, prive delle braccia che lelavoravano, le sue nuove terre avevanoperduto gran parte del loro valore.

Aveva dovuto venderne la metà per

comprare altri schiavi e aveva accusatoBertha e il suocero di averlo ingannato eattirato in una trappola. I litigi tra i duesposi erano continui, anche perchéRochester era un padrone severo espesso crudele e non si faceva scrupolodi usare personalmente il gatto a novecode, la terribile frusta munita di uncinid'acciaio, per tenere a bada e punire lasua "negraglia", come la chiamava.

Bertha non poteva sopportare questaabitudine e in tali occasioni lo insultavae lo chiudeva per giorni fuori della suacamera da letto. Non aveva più rivistol'antico innamorato, ma leggendo i suoipoemi sui giornali locali, si struggeva dinostalgia. Il marito non sospettava niente

e pensava che la vendita sconsideratadei vecchi schiavi e l'eccessivaindulgenza per quelli nuovidipendessero unicamente dal "velenodelle idee abolizioniste" che eranoarrivate anche nelle colonie.

Erano passati tre anni e i due sposi nonerano riusciti a trovare il minimoaccordo e neppure un po' di affetto, distima, di complicità, o almeno direciproca sopportazione. Il giovanemarito non stava mai in casa, e quandonon era in giro nelle piantagioni,passava il suo tempo nei caffè cittadini abere, a fumare e a perdere alle carte,pezzo dopo pezzo, quella dote chel'aveva fatto sentire defraudato. Finché

un giorno un giovane creolo, cheRochester con la sua superbiaaristocratica trattava con disprezzo e cheaveva accusato di barare, per vendicarsigli aveva gettato sul viso la precedenterelazione della moglie con un mulatto.Sì, proprio con quel giovane dai capellicrespi e dalla pelle scura che, al centrodel locale, stava declamando unadelicata lirica d'amore.

Ferito nell'onore e pazzo di rabbia, ilgiovane Rochester aveva alzato ilfrustino e aveva colpito sul viso non ilmale-volo delatore, ma l'ignaro poeta,spaccandogli le labbra e fe-rendologravemente a un occhio. Poi si eraprecipitato a casa e aveva aggredito la

moglie, le aveva rinfacciato iltradimento e la vergogna nella quale loaveva fatto precipitare. Che una donnabianca potesse nutrire sentimentiamorosi per un uomo di colore eraqualcosa di inaudito, di turpe, un insultoalla decenza, alla morale e allaragionevolezza. Solo una mente malatapoteva abbassarsi a una taledegradazione.

Bertha lo ascoltava con calma sdegnosa.Ma quando aveva sentito il maritovantarsi di come aveva punito l'indegnorivale, era stata presa a sua volta da unagrande furia, gli aveva strappato ilfrustino di mano e glielo aveva abbattutosul viso.

Quel gesto l'aveva definitivamenteperduta. Tre giorni dopo Rochester siera imbarcato con lei su un vascello che

faceva vela verso l'Inghilterra, l'avevatenuta chiusa a chiave in cabina per tuttala traversata, l'aveva portata aThornfield e murata viva nella stanzettadel terzo piano. Aveva informato dellasua presenza, ma non della sua veraidentità, solo il dottor Carter el'infermiera e li pagava, oltre che per leloro prestazioni professionali, perchénon rivelassero a nessuno il suo segreto.Il padre e il fratello maggiore infatti nel

frattempo erano morti senza rivelare anessuno del suo matrimonio, e il giovaneEdward aveva ereditato il titolo, leproprietà e il diritto di comportarsi dapadrone assoluto nelle sue terre Inutilierano stati i pianti, le suppliche, lepromesse della moglie di ritirarsi inconvento se l'avesse lasciata tornare inGiamaica. Della sua famiglia, solo ilfratello Richard aveva cercato diintercedere per lei, ma senza nessunrisultato.

3

adame Céline tremava ascoltando ilracconto di tanta violenza. Diceva diritenersi fortunata, perché su di leimonsieur Edouard non aveva mai osatoalzare le mani, forse per timore delpadrino. Fortunata che il suo matrimoniocon l'inglese fosse stato privo di valoree così semplice da scio-gliere. Fortunatadi avere degli amici come me, Tússi eOlympe che avevamo strappato Adèledalle mani di quell'uo-mo senza cuore egliela avevano riportata.

Nonostante a la Pommelière lacircondassimo di tutto l'affetto e le cure

di cui eravamo capaci, la creola, adessoche aveva recuperato la memoria, sistruggeva di nostalgia per la sua terra.Le avevamo spiegato che, in quantocolonia inglese, da sette anni laGiamaica aveva abolito la schiavitù.Madame Geneviève, usando le sue molteconoscenze, si era informata e avevascoperto che negli undici anni dellaprigionia di Bertha, i suoi genitori eranomorti e della sua famiglia non restavache il fratello Richard, il quale però siera trasferito più vicino all'Europa,sull'isola di Madera. Thomas Woodrufscriveva su un giornale localenonostante avesse perso l'uso di unocchio a causa della scudisciata, si era

sposato con una ragazza nera, dallaquale aveva avuto cinque bambini, eattualmente era vedovo.

— Se avessi abbastanza denaro dapagare un viaggio così lungo e da potervivere indipendente, tornerei a cercarlo

— diceva Agnes Priscilla con tristezza.Era molto cambiata in quegli anni, esotto il nuovo nome nessuno degliabitanti di Spanish Town l'avrebbe piùriconosciuta.

Con nostra grande meraviglia Tússi, chefino a quel momento non avevadimostrato di avere alcuna nostalgiadella sua terra, era stato contagiato dai

discorsi e dai sospiri dell'exprigioniera. Gli erano tornati in mentetanti ricordi della sua infanzia nellapiantagione, di mademoiselle Athénaïs,e soprattutto della sorellina che avevalasciato a Cuba nel baraccone deglischiavi di monsieur Déchâtre Lacroix.

— Avrà circa venturi anni, adesso, se èancora viva —

sospirava. — Se fossi ricco potreitornare e comprare la sua libertà.

Al vedere il mio Tússi così triste,diventavo triste an-ch'io, ma non sapevocome aiutarlo.

Maledetto denaro! Né Toussaint, néAgnes Priscilla, né io stessa potevamogodere di alcuna rendita, e noi duegiovani non eravamo ancora in grado dilavorare per guadagnarci la vita, a menodi voler fare i domestici. Ma ciavevamo già provato, anche se non pernostra scelta, e non era l'occupazione acui aspiravamo per il futuro.

Per il momento dipendevamo,esattamente come la falsa AgnesPriscilla, dalla generosità di madameCéline.

Generosità che non si smentì neppure inquella circostanza.

— Il mio debito di riconoscenza neivostri confronti è enorme — ci ha dettoun giorno la nostra protettrice. — Se nonfosse per voi, sarei ancora a piangerecon lo sguardo nel vuoto su quel luridopagliericcio della Salpêtrière. E Adèlesarebbe in un collegio inglese, picchiatacon le verghe, affamata, gelata eprobabilmente con i polmoni già minatidal mal sottile. Il patrimonio che mi halasciato il padrino ci è sufficiente pervivere con agio qui in Francia, ma incolonia la vita è meno cara e potremoconcederci perfino qualche lusso. FannyElssler sta mietendo grandi successi neiteatri del Nuovo Mondo, e anch'io potròottenere facilmente una scrittura nei

teatri dell'Avana, di Matanzas e diSpanish Town. Monsieur Jolivet diceche sto facendo grandi progressi e chepresto tornerò a danzare bene come untempo.

Mentre noi stavamo a piangere e adisperarci, la nostra buona amica avevagià fatto i suoi progetti. La Pommelière ela casa di rue Jacob sarebbero stateaffittate per cinque anni, nel casocambiassimo idea e volessimo ritornare.Madame Geneviève nel frattempo sisarebbe occupata dell'ammini-strazionedel patrimonio spedendoci ognisemestre le rendite nel Nuovo Mondo.

Olympe sarebbe venuta con noi. — So

che a Cuba molti giovani patriotisognano l'indipendenza dalla Spagna el'abolizione della schiavitù. Mi unirò aloro e cercherò di aggiungere ai loroobiettivi anche quello della liberazionedelle donne — ha dichiarato.

Noi avremmo visitato l'isola di Tússi,avremmo fatto tutte le ricerchenecessarie per rintracciare e liberare lamadre e la sorella, ma poi saremmoandati a stabilirci in Giamaica. — Nonmi piacerebbe vivere in un paese dove èin vigore la schiavitù — ha spiegatomadame Céline.

Avremmo affittato una villa in riva almare e Agnes Priscilla, dopo avere

ritrovato il suo poeta, avrebbe avuto iltempo per scoprire se i sentimenti dientrambi erano sempre gli stessi e perdecidere se restare con noi, o se andarea vivere con Thomas e prendersi curadei suoi cinque orfanelli dalla pellenera.

Mentre Olympe s'informava delle naviin partenza per il Nuovo Mondo, ilvisconte d'Angers ci aveva parlato deivantaggi di viaggiare sulla FannyElssler, ed eccoci qui, in attesa che lanave a vapore si stacchi fischiando dallabanchina del porto.

Tutti i passeggeri sono affacciati asalutare chi resta. Ma c'è un uomo che se

ne sta in disparte, seduto su un rotolo dicorde, e sembra immerso nella lettura diun libro che tiene sulle ginocchia. Loguardo con attenzione perché sonocuriosa di scoprire cosa legge, cosaassorbe così profondamente la suaattenzione. Lo guardo, e quel modo dipiegare la testa mi sembra familiare.Quelle sopracciglia, quelle orecchie. Dipiù non riesco a vedere perché tiene ilcapo chino sulle pagine e ha il berrettodi lana calato sulla fronte. Anche lemani però somigliano… no, sonoidentiche a quelle che hanno guidato lemie dita di bambina nel tracciare i primisegni dell'alfabeto. Che si stringevano apugno e picchiavano sul tavolo di mia

madre in rue Marcadet, quando la miavoce leggeva sul giornale, sillabando afatica e sbagliando gli accenti, diqualche prepotenza o di qualcheingiustizia rimasta impunita.

"Pierre Donadieu!" sto per chiamarlo.Poi ricordo che il nome di una personapuò tradirla, può essere la sua rovina, egrido invece con tutte le mie forze: —Scimmia! Se sei la mia cara Scimmia,alza la testa e fatti guardare negli occhi!

Il lettore solleva lentamente il viso dallepagine. Sotto la barba grigia la suabocca si allarga in un grande incredulosorriso. — Scimmietta! Il mio belsassolino di rue Marcadet!

Si alza, e io corro ad abbracciarlo. Misolleva e mi fa volare, volteggiamocome in un valzer mentre la navefinalmente si stacca dal porto e il ventomi solleva le gonne in un modo che nonpiacerebbe a miss Jane, ma che fasorridere Céline Varens.

— Sassolino caro, dunque la vita non tiha schiacciato, come pretendevamadame Annaud…

Mi posa a terra e mi scruta dalla testa aipiedi. — Somigli tutta a tua madre,piccola Sophie. Ma lei non ha maiposseduto degli abiti così eleganti. Haisvaligiato una banca? Ti ho cercatodappertutto, sono tornato sette volte

all'Ospizio di Mendicità per paura chemi mentissero quando dicevano che nonc'eri.

Intanto si è avvicinata Céline, seria,dignitosa e un pochino preoccupata. —Lei conosce mia figlia, signore? Con chiho l'onore di parlare?

— Con una Scimmia che aveva perdutoil cucciolotto di un suo amico Orso eche finalmente l'ha ritrovato.

VII. STRETTO DELLE BAHAMAS,12 MAGGIO 1840

lmeno per quanto riguarda la differenzatra i velieri e le navi a vapore, sonoperfettamente d'accordo con quanto stascrivendo alla figlia Teresa la contessade Merlin sul suo piccolo scrittoioportatile che non abbandona mai:L'uomo ha trovato il modo diimprigionare il fuoco e di calcolarnegli effetti. Il vento invece è incerto, lasua forza sconosciuta, la sua collera

imprevedibile, e questa stessaincertezza è ciò che costituisce tutta lapoesia dei velieri. È la vita umana conle sue incertezze, i suoi timori, le suesperanze, le sue false allegrie, equando gira la sorte, quando un buonvento soffia contro la poppa, oh, alloracome lo si accoglie, come lo si saluta,come gli si fa festa, come si inebrial'intero equipaggio col suo soffio divita e di speranza!

Ieri ho passato gran parte della nottesul ponte, nella mia amaca, bagnatadai raggi della luna e protetta dallavolta stellata del firmamento. Le veleerano spiegate; una brezza tiepida eleggera sfiorava appena la superficie

del mare. Il bastimento scivolavadolcemente e l'acqua, divisa dallachiglia, mormorava e si disfaceva inbianchissima spuma, lasciando dietrodi noi lunghe scie di luce.

Anch'io e Tússi ieri ci siamo lasciaticullare per tutto il giorno, abbracciatinella stessa amaca, dall'ondeggiare delveliero.

Stiamo per arrivare a Cuba. Unasettimana dopo che la Fanny Elssler ciha lasciato al porto di New York, cisiamo imbarcati su questa bella fregatadalle grandi vele bianche.

Abbiamo lasciato Angélique e

Maximilien con i genitori negli StatiUniti, ma Pierre Donadieu è salito connoi a bordo del Cristóbal Colon.

Quando, ancora in vista delle costeinglesi, Céline – non vuole più che lachiamiamo madame – gli aveva chiestodove fosse diretto, il mio amico si erastretto nelle spalle e aveva risposto: «Ilpiù lontano possibile dall'Europa.»

In questi ultimi sette anni PierreDonadieu ha vagato dalla Francia allaSvizzera, alla Spagna, all'Inghilterra,inseguito da tutte le polizie, sospettato,denunciato, tradito dai suoi stessicompagni di lotta. È stato incarcerato edè evaso, è stato condannato alla

deportazione nell'Isola del Diavolo, e hasegato la catena che aveva alla cavigliariuscendo a tuffar-si in mare un attimoprima di perdere di vista le coste diMarsiglia. Tutto a causa dei suoidiscorsi e dei suoi scritti contro itiranni, a causa degli ideali che eranocosì cari al Cittadino Marchese.

Oggi è una bellissima giornata. Ieriabbiamo doppiato i banchi delleBahamas e ora stiamo navigando lungole coste cubane. Quanto sarebbe piaciutoquesto viaggio al Cittadino Marchese!Ricordo che, per una lezione dispagnolo, ci aveva fatto imparare amemoria la lettera che CristoforoColom-bo scrisse nel 1492 al re

Ferdinando e alla regina Isabella: Lamoltitudine delle palme dalle varieforme, le più alte e più belle nelle qualiio mi sia mai imbattuto, ed una infinitàdi altri alberi grandi e verdi; gliuccelli dalle piume variopinte e lavegetazione delle campagne, rendonoquesto paese, serenissimi Principi, diuna tale meravigliosa bellezza che essosupera tutti gli altri per grazia e perattrattive, così come fa il giorno con lanotte. Sono stato talmente so-praffattoalla vista di così grande bellezza chemi mancano le parole per riferirla.

Il mare è sereno e luccica come unadistesa di diamanti.

Decine di delfini circondano la nave econ le loro allegre evoluzioni ciscortano nel nostro viaggio. Altri pescidalle ali d'argento e dal corpo colormadreperla si alzano in volo dall'acquae cadono a centinaia sul ponte dellanostra nave.

Olympe è giù in cabina che mette inordine le sue cose.

Una volta sbarcati all'Avana, partirà connoi verso Oriente, ma non ci seguirà finoa Santiago. Se ne andrà a Bayamo incompagnia di un giovanissimo patriota,Carlos Manuel de Cespedes, che tornadalla Spagna per una breve visita allasua famiglia e che l'ha invitata nella sua

fattoria della Dema-jagua. Le è statopresentato sul molo di New York daPierre Donadieu, che ha conosciuto aMadrid il giovane cubano e lo ritienedestinato a grandi imprese per la libertàdella sua patria. Olympe è rimastaaffascinata da un discorso che CarlosManuel ripete in ogni occasione: —Compagni, il potere della Spagna èdecrepito e corroso dai vermi e, se cisembra ancora grande e forte, è perchéper tre secoli lo abbiamo guardatostando in ginocchio. Alziamoci in piedi!

Forse anche per le donne è arrivato ilmomento, mi ha detto Olympe conentusiasmo, di non guardare più gliuomini stando in ginocchio.

Tússi e Pierre Donadieu sono affacciatialla murata fianco a fianco, achiacchierare, a godersi il sole e lospettacolo dei delfini. Entrambi sono atorso nudo. Entrambi hanno sullaschiena, marchiate a fuoco, due letteredell'alfabeto. Mi avvicino in punta dipiedi e poggio le labbra sulle inizialidel primo padrone di Tússi: DL,Déchâtre Lacroix. So che Céli-ne ierinotte ha fatto lo stesso col marchio TF,Travail Force, impresso a fuoco sullespalle della mia cara Scimmia.

Temevo che l'inganno di monsieurEdouard le avesse spezzato per sempreil cuore, destinandola a una lunga vita disolitudine. Invece il sorriso di Pierre

Donadieu ha fatto il miracolo. Appenaarrivati in Giamaica si sposeranno eAdèle potrà soddisfare finalmente il suodesiderio di reggere lo strascico di unabito nuziale.

Io e Tússi… Sappiamo di avere ancoramolto tempo davanti, molti incontri,molte esperienze da affrontare. Tússideve ritrovare la sua famiglia, la suagente. Forse le ragazze dalla pelle divelluto nero gli piaceranno più di me. Iodevo superare la sfida dell'Università, ladiffidenza degl'insegnanti e deicompagni di studi, per diventare unadelle prime donne-medico francesi.Comincerò i miei studi in Giamaica, mavorrei continuarli e concluderli alla

Sorbona, come aveva sognato per me ilCittadino Marchese.

Sappiamo che è presto per fare progetti.Ma quello che abbiamo vissuto insieme,il legame di affetto, complicità, fedeltà erisate comuni che ci unisce, quellonessuno lo potrà spezzare.

Anche se io non sarò la loro madre, isuoi figli saranno i miei figli. E semmaiio metterò al mondo dei bambini, nonimporta insieme a chi, so che potrannosempre contare sull'amore e sullaprotezione di Tússi come ha fatto Adèle.

— Adèle! — grida madame de Merlin.— Guarda quella montagna là in fondo!

È il Pan di Matanzas. E quel villaggio èPuerto Escondido. Tra poco vedremo ilCastillo de la Fuerza, e saremo arrivatiall'Avana. Benvenuta a Cuba, bambina.