la banconota - numero 59 - ottobre 2009

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N. 59 - Ottobre 2009 la Banco nota ISSN 1972 - 8379 Il Sole 24 ORE Business Media Srl - via G.Patecchio 2 - 20141 Milano - POSTE ITALIANE SPA In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi Storia Le trasformazioni del dopoguerra: l’Italia cresce, il Banco si sviluppa Anniversari 100 anni or sono… Management Quando il cliente è all’estero Nuove filiali Imperia tra Genova e i Savoia I Greppi a Rubiera Origine e sviluppo di Guidonia Da re Pipino al Regno d’Italia Fuoritema Vive la France! 100 anni Tutta Desio in festa

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La rivista periodica del Gruppo Banco Desio

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Page 1: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

N. 59 - Ottobre 2009

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agam

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Storia Le trasformazioni del dopoguerra:l’Italia cresce, il Banco si sviluppa

Anniversari100 anni or sono…

ManagementQuando il cliente è all’estero

Nuove fi lialiImperia tra Genova e i Savoia

I Greppi a Rubiera

Origine e sviluppodi Guidonia

Da re Pipino al Regno d’Italia

FuoritemaVive la France!

100 anni

Tutta Desioin festa

Page 2: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009
Page 3: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Sommario

3La Banco nota

la Banco nota

Nuova Serie N. 59 - Ottobre 2009

Direttore Responsabile:Luigi Gavazzi

Comitato di Direzione:Riccardo Battistel, Luigi Gavazzi,Alberto Mocchi, Marco Sala, Umberto Vaghi

In Redazione:Alessandra Monguzzi

Collaboratori:Enrico Casale, Giovanni Cec ca tel li, Alessandra Monguzzi, Francesco Ronchi

Impaginazione:Diego Poletti

StampaFaenza Industrie Grafi che S.r.l.Costo copia: € 2,00

Iscrizione al Re gi stro degli Operatori di Comunicazione (ROC) N° 6357

Associato USPI Unione Stampa

Periodica Italiana

REGISTRAZIONETribunale di Milano n. 292 del 15/04/2005

Presidente: Eraldo Minella

Amministratore Delegato: Antonio Greco

Direttore Editoriale: Mattia Losi

Uffi cio Commerciale e Traffi co: Anna Boccaletti([email protected])

Il Sole 24 ORE Business Media S.r.l.Via Patecchio, 2 - 20141 MilanoTel. 02.3964.60.11 - Fax 02.3964.62.91

Testi, fotografi e e disegniRiproduzione vietata copyright©. Tutti i diritti di riproduzione in qualsiasi forma, compresa la messa in rete, che non siano espressamente per fi ni personali o di studio, sono riservati.Per qualsiasi utilizzo che non sia individuale è necessaria l’autorizzazione scritta da parte di Il Sole 24 ORE Business Media. Qualsiasi genere di materiale inviato in Redazione, anche se non pubblicato non verrà in nessun caso restituito.

Dichiarazione PrivacyAnnuncio ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”.La società Il Sole 24 ORE Business Media S.r.l., editore della rivista La Banconota, rende noto al pubblico che esistono banche-dati di uso redazionale nelle quali sono raccolti dati personali. Il luogo dove è possibile esercitare i diritti previsti dal D.LGS. n. 196/03 è l’uffi cio del Responsabile del Trattamento dei dati personali, in persona del Direttore Responsabile della sopra citata rivista, presso la sede del Banco di Desio e della Brianza S.p.A., Via Rovagnati n.1, Desio (MI), (fax: 0362.613.206).

Editore incaricato:

4 Una storia centenaria

6 Tutta Desio in festa

8 Gran fi nale... con i botti

10 Le trasformazioni del dopoguerra: l’Italia cresce, il Banco si sviluppa

18 100 anni or sono…

22 Quando il cliente è all’estero

26 Imperia tra Genova e i Savoia

28 I Greppi a Rubiera

30 Origine e sviluppo di Guidonia

32 Da re Pipino al Regno d’Italia

34 Vive la France!

p. 10

p. 34

p. 7

Page 4: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Una storia Una storia centenariacentenaria100 anni

4 La Banco nota

Il 2009 è stato un anno denso di avvenimenti per tutto il

Gruppo Banco Desio, che ha voluto celebrare degnamente il

primo secolo di vita della capogruppo con tutta una serie di

appuntamenti che hanno coinvolto inizialmente il personale,

quindi la clientela, ed infine - ed è ciò che documentiamo in

queste pagine - la stessa Desio e tutti i suoi cittadini.

Alla città desiana, infatti, sono state dedicate due giornate

di festa, sabato 17 e domenica 18 ottobre, con un programma

che ha visto svolgersi un insieme di iniziative tese da un lato

a raccontare la vita del Banco, da un altro lato a celebrare

degnamente il centenario insieme alla cittadinanza.

Per quanto riguarda il primo punto - la vita del Banco nel

contesto degli avvenimenti mondiali -, presso la sede di via

Rovagnati nel pomeriggio di sabato è stato aperto a tutta la

cittadinanza un percorso storico, “100 anni insieme”, che ha

guidato i visitatori attraverso gli anni del Novecento, raccon-

tando loro, tramite scenografi e, immagini, fi lmati, documenti

originali, auto e moto d’epoca, la nascita e la crescita della

banca, e illustrando lo sviluppo del Banco da piccola Cassa

Rurale a Gruppo presente in Italia e all’estero.

Ulteriori opportunità per approfondire la conoscenza della

banca sono state off erte tramite la possibilità di visitare gli

uffi ci della Direzione generale, e partecipare alla presentazio-

ne del libro “Banco Desio 1909-2009 - Il valore di una storia

centenaria” che raccoglie e racconta appunto il primo secolo

di vita dell’Istituto.

Page 5: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Una storia centenaria100 anni

5La Banco nota

Il presidente

del Banco

Desio

Agostino

Gavazzi, a

destra, con gli

autori del libro

sulla storia

della banca,

Riccardo

Battistel e

Francesco

Ronchi

Page 6: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

100 anni

6 La Banco nota

Tutta Desio Tutta Desio in festain festaN

ella mattinata di domenica 18 ottobre, i festeggia-

menti dedicati alla cittadinanza desiana sono iniziati

inaugurando per i visitatori più piccoli l’ampia area,

nelle vicinanze della sede del Banco, dove è stata allestito

“FantaDesio”, un insieme di momenti ludici espressamente

dedicati ai bambini.

Contemporaneamente sono stati riaperti al pubblico sia

il percorso storico “100 anni insieme”, sia gli uffi ci della sede

dell’istituto per la visita guidata.

Il clou della giornata è stato riservato al pomeriggio: mentre

nella sala congressi del Banco aveva luogo un’ulteriore presen-

tazione del libro sulla storia del Banco e “FantaDesio” riapriva

le porte ai bambini, a partire dalle ore 16 una mongolfi era ha

consentito a decine e decine di cittadini di provare il brivido

di un volo, favorito peraltro dalla bella giornata di sole.

Intanto… intanto il PalaDesio si preparava ad aprire le

sue porte allo show di un personaggio di grande richiamo

che ritornava a Desio dopo una lunga assenza e gli Alpini

cominciavano ad accendere i fuochi delle loro cucine per

garantire un dopo spettacolo di sicura soddisfazione…

gastronomica.

Page 7: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

100 anni

7La Banco nota

Da sinistra

a destra: il

presidente del

Banco Desio

Agostino

Gavazzi, il vice

presidente

Guido Pozzoli

e il sindaco

di Desio

Giampiero

Mariani

Page 8: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

100 anni

8 La Banco nota

Gran fi nale... Gran fi nale... con i botticon i botti

Page 9: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

100 anni

9La Banco nota

Dopo il ringraziamento agli oltre 5000 convenuti del

presidente del Banco Desio Agostino Gavazzi e il

saluto del sindaco della città Giampiero Mariani, ha

preso il via lo show di Giorgio Panariello, un artista che non

ha bisogno di ridondanti presentazioni.

Il suo spettacolo è stato una performance capace di cala-

mitare l’attenzione del pubblico del PalaDesio grazie ad un

insieme di battute, di impareggiabili imitazioni e di provo-

cazioni dalla carica comica irresistibile: un’autentica ovazio-

ne lo ha accolto al suo apparire, uragani di applausi hanno

sottolineato di continuo i momenti salienti dello spettacolo

sino ad una interpretazione conclusiva, toccante e di grande

maestria.

E mentre si chiudevano le porte dello show, si aprivano

quelle ideali che consentivano l’accesso all’ultimo avvenimen-

to in calendario: il grandioso spettacolo pirotecnico atteso da

grandi e piccini . E così, ai primi botti, al primo balenare di luci,

tutti con il naso all’insù, stretti gli uni con gli altri per il gran

freddo a salutare il Banco, nella città dove una storia lunga

cento anni ha avuto inizio e continua a svolgersi.

Page 10: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

10 La Banco nota

Le trasformazioniLe trasformazionidel dopoguerra:del dopoguerra:l’Italia cresce, l’Italia cresce, il Banco si sviluppa il Banco si sviluppa

Il ventennio che segue la fi ne

della seconda guerra mondiale

si caratterizza per il nostro Paese

come un periodo di profonde

trasformazioni: l’Italia rompe con il

passato su di un fronte amplissimo

e si trasforma radicalmente

di Riccardo Battistel

Un ciclo espansivo di assoluta ed irripe-

tibile rilevanza facilitò cambiamenti

economici, finanziari, sociali e culturali

di vasta portata che culminarono tra la seconda

meta degli anni Cinquanta ed i primi anni Ses-

santa in quello che sarà comunemente ricono-

sciuto come il cosiddetto “miracolo italiano”.

Declinò il Paese povero e contadino e la-

sciò spazio ad una progressiva e massiccia

industrializzazione: nel 1953 una imponente

ristrutturazione della Finsider la pose nelle

condizioni di off rire acciaio a prezzi competitivi

per un’industria meccanica italiana in pieno

fermento, nacque l’Eni (Ente Nazionale Idro-

carburi) di Enrico Mattei per lo sfruttamento

dei giacimenti di metano nella Valle Padana

e la più importante industria automobilistica

del Paese si impegnò in un investimento da

Page 11: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

11La Banco nota

Fra gli anni Cinquanta

e Sessanta del secolo

scorso, la Brianza si

aff ermò come distretto

produttivo d’eccellenza

nei settori della

lavorazione del legno,

dell’arredamento, della

meccanica e del tessile

veniva dal direttore Danesin inquadrato con

lungimiranza: “Questo fenomeno già in fase di

avanzata realizzazione, nel giro forse di pochi

anni determinerà un radicale cambiamento

della fi sionomia economica della zona crean-

do nuove necessità anche creditizie alle quali

il Banco deve fi n da ora prepararsi”.

300 miliardi di lire per la costruzione di un

nuovo stabilimento a Mirafori. Dalle sue cate-

ne di montaggio sarebbero uscite nel 1955 la

“Seicento” e due anni dopo la “Cinquecento”,

due utilitarie che sarebbero divenute l’icona

automobilistica di quel periodo.

Gli Italiani ebbero accesso a beni, servizi ed

in generale ad un tenore di vita impensabili solo

pochi anni prima e così si esprimeva il Gover-

natore della Banca d’Italia Guido Carli nelle sue

considerazioni fi nali sul 1960: “Se il reddito reale

per abitante si è complessivamente triplicato

dal 1861 al 1960, più della metà dell’incremen-

to è stata ottenuta nel periodo relativamente

breve compreso tra il 1951 ed il 1960”.

Il Nord-ovest del Paese giocò un ruolo rile-

vante in questa fase di crescita esplosiva e la

Lombardia nella fattispecie con lo sviluppo di

attività produttive in diversi comparti. Sempre

in Lombardia si assistette anche alla progres-

siva trasformazione del capoluogo di regione

da città manifatturiera a capitale del terziario

con il decentramento delle unità produttive

in provincia, fuori dal contesto cittadino. La

Brianza infi ne consolidò tra il Cinquanta ed

il Sessanta il suo primato di distretto produt-

tivo nei settori della lavorazione del legno e

dell’arredamento (ma anche della meccanica

e del tessile), promuovendo un modello di svi-

luppo sostanzialmente caratterizzato da unità

produttive di piccole e medie dimensioni, abili

nel produrre, innovare e diversifi care rispetto

sia ai mercati tradizionali di sbocco sia ai nuovi

- quelli esteri in particolare - che in quegli anni

progressivamente si aprono all’imprenditoria

locale.

Il Banco di Desio accompagnò ovviamente

in questa fase di sviluppo la propria clientela, e

sulla copertina del bilancio del 1958 si riportava

orgogliosamente che “la sede di Desio e le fi liali

di Bovisio, Cesano, Lissone e Nova sono in sedi

di proprietà”. L’economia della zona prosperava,

grazie all’apporto dell’attività artigianale che

continuava a costituire la principale fonte di

reddito per le “laboriose popolazioni locali”. An-

che il fenomeno del decentramento produttivo

L’anno successivo il Banco festeggiò i primi

cinquant’anni di vita e prese avvio per l’azienda

una fase di profondi cambiamenti. Il primo ri-

guardò l’amministrazione, con la morte di Luigi

Lado Manca, per trentacinque anni consigliere

e per vent’anni presidente del Banco. Si proce-

dette quindi alla nomina del nuovo presidente:

Pietro Gavazzi, consigliere dal marzo del 1943.

Nato a Desio nel 1913, nipote di Egidio e fi glio

di Luigi, Pietro Gavazzi aveva sposato nel ’38 la

cugina Maria Luisa Lado. Dopo la laurea in in-

gegneria elettrotecnica era entrato nella Egidio

e Pio Gavazzi spa, affi ancando inizialmente lo

GLI ANNI DEL “BOOM“

IL BANCO COMPIE I PRIMI 50 ANNI

DI VITA

Page 12: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

12 La Banco nota

zio Simone e ricoprendo negli anni successivi

incarichi di responsabilità crescente: dirigen-

te nel 1945, consigliere nel 1950 e, nel 1953,

amministratore delegato.

Il secondo cambiamento riguardò la dire-

zione. Danesin aveva più volte manifestato il

desiderio di un suo collocamento

a riposo.

Due anni dopo - nel 1961 - Danesin lasciò

pur confermandosi a disposizione per eventuali

altri incarichi. Che gli vennero puntualmente

affi dati, con la costituzione di un “Comitato Fidi”

che “collabori con la Direzione per disciplinare

l’erogazione del credito e studiare

problematiche che di volta in vol-

ta il Consiglio riterrà di affi dargli”.

Uffi cialmente analizzerà tutti gli

affi damenti in facoltà del Consi-

glio, ma sarà anche autorizzato

a spaziare su tutti i rischi del

Banco indipendentemente

dall’importo.

Alla proclamazione uffi -

ciale della propria nomina

a direttore, le parole di

ringraziamento di Mario

Veneziani al Consiglio

furono di completa as-

sicurazione sulla conti-

nuità di gestione, nella

consapevolezza che

trent’anni di storia del

Banco portavano il

Da trent’anni alla guida del Banco, era stato

il principale artefi ce del suo sviluppo: da cinque

dipendenti ed una sola fi liale (Nova) aperta un

giorno alla settimana ad una realtà di quasi

cento dipendenti.

Il successore designato fu Mario Veneziani

- allora condirettore -, ma Danesin volle comun-

que garantirsi una continuità e nella seduta del

consiglio del luglio ’59 propose l’affi ancamento

al direttore di due vicedirettori di cui uno da

scegliere tra i funzionari attualmente in servizio,

proponendo il desiano Luigi Como. L’”esterno”

- un uomo di Veneziani - fu il milanese Ambro-

gio Calenzani, funzionario del Mediocredito

Regionale Lombardo, già funzionario della sede

di Milano della Banca d’Italia. Al Como venne affi -

data la clientela della sede e lo sviluppo di nuove

relazioni, al Calenzani la sorveglianza delle fi liali

ed attività di coordinamento organizzativo.

Gli amministratori, la

dirigenza e il personale

del Banco festeggiano

i 25 anni di lavoro del

direttore Mario Danesin

Page 13: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

13La Banco nota

marchio indelebile del comasco, con il quale

Veneziani avrebbe dovuto fare i conti ancora

per lungo tempo. La banca che prendeva in

mano il nuovo direttore era una realtà da 11,7

miliardi di massa fi duciaria, che imponeva un

nuovo (l’ennesimo) aumento di capitale (pas-

serà da 175 a 300 milioni)

Tra i primi interventi del nuovo direttore vi

fu quello relativo alla necessità di meccanizzare

l’uffi cio portafoglio, letteralmente sommerso

dagli eff etti che quotidianamente affl uivano al

Banco per lo sconto. Un esperimento eff ettua-

to con una macchina “Burroughs” aveva dato

lusinghieri risultati. Fu il primo passo di quel

processo di automatizzazione, prima meccani-

co poi elettronico ed informatico, che sarebbe

diventato per il Banco - come per l’intero si-

stema bancario fra la metà degli anni ’70 e ’80

- fattore imprescindibile di sviluppo e crescita

e che avrebbe innovato profondamente modi

di lavorare, gestire e proporre prodotti e servizi

al mercato.

Sempre nel 1961, la Banca d’Italia concedette

l’apertura delle fi liali di Cusano e di Cinisello,

piazze importanti per il Banco sia perché for-

temente interessate dal fenomeno di deloca-

lizzazione delle strutture produttive da Milano

verso la provincia, sia per i settori produttivi e

merceologici nei quali operavano le imprese

locali (infatti le attività del legname e del mo-

bilio erano scarsamente rappresentate).

Il cambio di marcia innescato dal cambio di

direzione fu da subito evidente: se da un lato

si tranquillizzava la proprietà sulla continuità

gestionale in tema di affi damenti, sul taglio di

banca locale legata al territorio, con una forte

tensione alla crescita ed allo sviluppo, dall’altro

Veneziani avvertiva la necessità per il Banco di

compiere alcune scelte innovative. Complice gli

studi, le frequentazioni e le esperienze svolte

in passato, fu il primo direttore del Banco ad

attivare stabilmente una fi tta rete di rapporti e

relazioni con l’esterno (concorrenza, mercato,

istituzioni), promuovendo incontri e contatti

direttamente o tramite le associazioni di ca-

tegoria.

Sempre lui avrebbe inaugurato - selezionan-

do ed assumendo risorse con professionalità

e competenze maturate all’esterno del Banco

- una modalità di crescita che non sarebbe

stata più abbandonata. Ma non dimenticò an-

che gli “interni”, designando come suo stretto

collaboratore il funzionario capo contabile

Paolo Gelosa, coordinatore della contabilità

e del bilancio.

Nel 1963 lo scenario internazionale vide

l’uscita di scena di due protagonisti: nel giugno

morì papa Giovanni XXIII - era stato eletto nel

’58 alla morte del suo predecessore Pio XII - e

nel novembre a Dallas venne assassinato il pre-

sidente degli USA John Kennedy. Ad Est l’anno

dopo il russo Kruschov veniva destituito dalla

direzione collettiva di Breznev e Kossighin, ed

in Italia moriva Palmiro Togliatti, segretario del

più importante Partito Comunista fuori dalla

Cortina di ferro.

Il 1963 rappresentò per il nostro Paese un

anno importante anche per altre ragioni: con la

fi ne del “boom”, gli italiani scoprirono un nuovo

termine: “congiuntura”. Per alcuni settori la crisi

fu strutturale e non legata al momento (basti

pensare al comparto tessile). Le aziende che

avevano assorbito per anni manodopera, ora

riducevano gli orari e dovevano incominciare

a far fronte a ad un progressivo aumento del

costo del lavoro e di una confl ittualità crescente.

Al centro, come

la stampa illustrò

l’inizio del processo di

automatizzazione del

lavoro al Banco Desio

Page 14: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

14 La Banco nota

Altri nodi irrisolti dello sviluppo di quegli anni

riemersero in tutta evidenza: il divario tra Nord

e Sud del paese, gli investimenti in infrastruttu-

re che, pur rilevanti, non avevano risolto il gap

con gli altri Paesi europei, per esempio in tema

comunicazioni e trasporti. E nel 1965 si registrò

una prima rilevante accelerazione dell’infl azio-

ne dopo anni di grande stabilità. Sul fronte dei

rapporti di lavoro, le organizzazioni sindacali

indissero scioperi nazionali per rivendicazioni

economiche e normative.

Si era, infatti, aperta per il Paese una fase

importante di tornate di rinnovo dei contratti

in ogni settore, compreso quello bancario. Fase

caratterizzata anche da forti tensioni e confl it-

tualità crescenti ma che avrebbero consentito

- tramite provvedimenti legislativi specifi ci in

quegli anni - un accesso e una permanenza sul

posto di lavoro maggiormente remunerata e

garantita rispetto al passato.

fi coltà. Il Banco si preoccupò di mantenere gli

affi damenti concessi senza acquisire in generale

nuova clientela ed evitando dunque i drastici

ed impopolari provvedimenti di rientro dai fi di”.

Venne ribadita comunque la politica di controllo

e sorveglianza delle posizioni debitorie, come

già in passato.

Il 25 marzo 1966 furono riconfermati per il

biennio 1966/68 i componenti del Consiglio:

Pietro Gavazzi presidente, Ignazio Lado, Franco

Gavazzi e Mario Danesin consiglieri e Veneziani

segretario. Questo il gruppo di governo e direzio-

ne del Banco che si accingeva a varare un’ope-

razione storica per il futuro dell’azienda.

I parcheggi dello stadio

Meazza, a Milano, pieni

di auto a dimostrazione

dell’aumentato tenore di

vita degli italiani

Al Banco l’analisi del momento venne svol-

ta da Veneziani in modo puntuale: “L’incerta

situazione politica, la stretta creditizia attua-

ta dal governo e la conseguente confusione

del mercato fi nanziario caratterizzato dalla

depressione della Borsa valori e dalla fuga di

capitali all’estero, convinsero le grandi banche

in particolare ad attuare una rapida politica di

rientro degli affi damenti concessi alle aziende,

che vennero a trovarsi pertanto in grande dif-

L’INCORPORAZIONE DELLA BANCA

DELLA BRIANZA

Page 15: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

15La Banco nota

Il 15 aprile 1966 il presidente comunicò ai

consiglieri di aver ricevuto l’off erta di acquistare

6.555 azioni (l’11% del capitale sociale) della

Banca della Brianza, di Carate Brianza, precisando

che la Banca d’Italia aveva accordato la prescritta

autorizzazione. E nella seduta del settembre suc-

cessivo il presidente riferì che c’era la possibilità

di acquisire un’ulteriore partecipazione fi no a

raggiungere l’80% del capitale.

Fino agli inizi degli anni ’50 l’evoluzione com-

piuta dalle due banche brianzole presenta molte

analogie: gruppi familiari - imprenditori e profes-

sionisti - come azionisti di maggioranza, stesso

capitale sociale (36 milioni la Brianza e 40 milioni

il Banco) depositi fi duciari per poco più di un mi-

liardo di lire ciascuna, quasi lo stesso numero di

fi liali (6 la Banca della Brianza e 4 il Banco Desio),

tutte collocate sul territorio compreso nel

triangolo Milano, Como e Lecco.

Gli sportelli gravitavano più a nord

lungo la direttrice per Lecco per la

banca caratese, più a sud per il Banco,

con la diff erenza non marginale - a

favore della Banca della Brianza - di

poter contare su una piazza importan-

te come Monza. La banca caratese po-

teva anche contare già da un ventennio

sull’importante gestione dell’Esattoria

di Carate e fungeva da tesoreria per i

comuni di Besana, Biassono, Giussano, Sovico,

Vedano al Lambro oltre che per svariate opere

pie, enti assistenziali comunali ed asili infantili.

Nel decennio successivo si realizzò il distacco

tra le due banche, ed è a favore del Banco: tra il

1950 ed il 1960 la banca desiana raddoppiò gli

sportelli mentre la Banca della Brianza aprì una

sola fi liale, il capitale sociale del Banco salì a 175

milioni, quello dell’altra banca restò fermo a 60

(e non subirà variazioni sino alla fusione).

Negli anni successivi la Banca della Brianza

reagì - approfi ttando anche della favorevole

congiuntura - aprendo altre fi liali ma privile-

giando piccoli centri (da 2.000 a 3.500 abitanti) -

Veduggio, Carugo, Briosco -, mentre nello stesso

periodo il Banco aprì su piazze

ben più importanti (Cinisello, Palazzolo, Meda

e Cusano, dove si impose proprio sulla banca

di Carate, che aveva fatto analoga richiesta nel

gennaio del 1957).

Ma è sul fronte organizzativo, gestionale

e di governo complessivo che il Banco dimo-

strò negli anni precedenti la fusione di aver

elaborato un modello effi ciente e funzionale

al proprio sviluppo: Il rapporto tra proprietà

e management era chiaro, defi niti gli ambiti e

le possibilità di intervento, chiarite deleghe e

responsabilità.

Questo equilibrio complessivo ebbe eff etti

benefi ci sugli assetti organizzativi, sull’ope-

ratività, sulla motivazione del personale e, in

Al centro, un certifi cato

azionario della Banca

della Brianza

Page 16: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

16 La Banco nota

generale, sulla capacità del Banco di adeguarsi

ai tempi, rendendo possibile una nuova fase

di sviluppo.

Nella seduta del consiglio del Banco del 16

gennaio 1967 Veneziani dichiarava: “L’esercizio

può defi nirsi eccezionale per un avvenimento

che negli anni futuri imprimerà alla storia del

nostro istituto una svolta decisiva verso mag-

giori aff ermazioni, si vuole alludere all’acquisto

del 93,66% suscettibile di incremento del

pacchetto azionario della Banca della

Brianza avvenuto nel novembre 1966

dopo lunghe e laboriose trattative e

con il determinante appoggio della

Banca d’Italia e sono in corso di studio

le possibilità per addivenire nel corso

del corrente esercizio alla fusione per

incorporazione. Si darà quindi vita ad

un organismo che estenderà la sua

infl uenza su tutta la Brianza con 23

fi liali e con una massa di manovra

iniziale di circa 43 miliardi.

Tenuto presente che le piazze

attualmente servite dalla Banca

della Brianza sono complemen-

tari a quelle servite dal Banco”

- salvo per Giussano dove il

Banco operava in una sua fra-

zione, Paina - “e considerato

che con tale acquisto abbiamo

L’incorporazione della

Banca della Brianza

consentì al Banco Desio

di disporre di una rete di

23 fi liali disposte su un

territorio compreso fra

Milano, Lecco e Como

sottratto la banca dalle mire di qualche istitu-

to a carattere nazionale, si tratta di una svolta

decisiva nella storia del nostro istituto”.

Non va altresì dimenticato che ben sette

degli sportelli acquisiti agivano in regime di

monopolio su piazza (Albiate, Briosco, Carugo,

Renate, Sovico, Veduggio e Verano).

Il 1966 rappresentò anche una data im-

portante per l’ autorizzazione ottenuta di

aprire a Seregno. La cittadina era già servita

da cinque banche e pertanto l’autorizzazione

assunse un carattere di assoluta eccezionalità

e rappresentò per il Banco la conferma della

fi ducia che l’ Organo di vigilanza nutriva nei

suoi confronti.

Nella primavera del 1967 fu deliberata la

variazione di ragione sociale, il nome scelto fu

quello di “Banco di Desio e della Brianza”, anche

per soddisfare un esplicita richiesta formalizza-

ta dai vecchi azionisti che desideravano fosse

conservata parte della ragione sociale della

banca incorporata.

Nel dicembre successivo venne presentata

la struttura di vertice della nuova banca: Ma-

rio Veneziani direttore generale; Ambrogio

Calenzani vicedirettore generale; Paolo Ge-

losa vicedirettore capocontabile; Luigi Como,

Giuseppe Morganti , Libero Fugazza e Augusto

Masperi (questi ultimi provenienti dalla banca

incorporata) vicedirettori.

La banca incorporata constava di 91 dipen-

denti: oltre a Fugazza ed a Masperi, 11 funzio-

nari e 78 elementi tra impiegati, commessi ed

operai. Tutti vennero confermati nei gradi, nelle

categorie e nelle retribuzioni.

La fi ne degli anni Sessanta sancì per il Paese

l’inizio di una fase di forti tensioni politiche e

sociali che coinvolse dapprima il mondo uni-

versitario, con occupazioni a Milano, Torino e

Trento, sino agli scontri alla facoltà di architet-

tura a Roma del marzo 1968.

Successivamente la protesta si allargò anche

al mondo del lavoro. Il rinnovo d’importanti

contratti collettivi costituì il contesto entro il

quale alle rivendicazioni salariali si affi ancarono

LA CONTESTAZIONE GIOVANILE E GLI ANNI

DI PIOMBO

Page 17: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Storia

17La Banco nota

richieste di un miglioramento complessivo del-

la condizione operaia e del lavoro in fabbrica.

Nel dicembre 1969 una bomba collocata

all’interno della Banca Nazionale dell’Agricol-

tura di Milano provocò una strage, ponendo il

primo sanguinoso tassello di quella che venne

defi nita la “strategia della tensione”. Per tutto

il decennio successivo - in un clima politico e

sociale connotato da forti contrapposizioni

ideologiche e da critiche nei confronti dello

Stato e delle istituzioni cui si disconoscevano

autorità e legittimazione - il Paese conobbe

una lunga e tragica serie di attentati, seque-

stri, omicidi e rapimenti: quel periodo sarebbe

passato alla storia con la fosca defi nizione di

“anni di piombo”.

Ma il 1969 fu anche l’anno dello sbarco del

primo uomo sulla Luna. L’avvenimento assun-

se valenze simboliche di grande impatto e

rilevanza: la spedizione lunare divenne - tra l’

altro - metafora celebrativa di una tecnologia al

servizio del progresso e di uno sviluppo senza

apparenti limiti e confi ni.

Solo quattro anni dopo un altro avvenimento

evidenziò - a livello internazionale - i limiti di

tale sviluppo e pose una pesante ipoteca sugli

anni a venire: per la prima volta nella storia

un improvviso e vertiginoso aumento della

quotazione del petrolio. Nei primi giorni di ot-

tobre del 1973, l’esercito egiziano con un blitz

ai danni degli israeliani attraversò il canale di

Suez. La controff ensiva israeliana e le decisioni

successive del Consiglio di sicurezza dell’ONU

scatenarono reazioni nel mondo arabo, segna-

tamente nei Paesi produttori di greggio, con

l’embargo sulle forniture ai Paesi occidentali.

Fu il primo “shock petrolifero” che in Italia, più

che in altri Paesi europei, ebbe un impatto

rilevante ed impose al nostro governo il varo

di provvedimenti eccezionali per ottenere un

consistente risparmio energetico.

Un altro importante aspetto che caratteriz-

zò l’economia e lo sviluppo del nostro Paese

in quegli anni fu l’infl azione. Attestata dalla

seconda metà degli anni Sessanta su valori

medi annuali intorno al 3%, dal 1970 riprese

a crescere, raggiungendo prima valori a due

cifre e superando poi il 20%. Per tutti gli anni

Settanta e per parte del decennio successivo,

l’infl azione costituì un aspetto strutturale del-

l’economia italiana.

Al Banco - nel 1969 a sessant’anni dalla fon-

dazione - si procedette con un aumento del

capitale sociale da 500 a 750 milioni. Si trattava

di un aumento insuffi ciente per la Banca d’Italia

(che infatti aveva richiesto almeno il raddoppio

del capitale) ma Veneziani riuscì tramite i suoi

“contatti informali” a far accettare il criterio di

un aumento del capitale limitato a 250 milioni,

con l’impegno a varare in fasi successive ulte-

riori congrui raff orzamenti. Nel gennaio di due

anni dopo infatti si procedette ad un ulteriore

aumento a 1.250 milioni, cui seguirono negli

anni successivi continui e congrui aumenti,

Si susseguirono nel frattempo le aperture

degli sportelli già autorizzati in nuove sedi

più funzionali. Ma era Milano la piazza alla

quale il “milanese” Veneziani mirava in modo

particolare, ritenendo maturi i tempi per le

raggiunte dimensioni del Banco e le sue pro-

spettive di sviluppo. E nel gennaio del 1971

Banca d’Italia autorizzò l’apertura a Milano di

un uffi cio di rappresentanza “nello stabile di via

Bocchetto angolo via del Bollo” dietro Piazza

Aff ari, in affi tto. 1969: il primo sbarco

dell’uomo sulla Luna

Page 18: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Anniversari

18 La Banco nota

di Enrico Casale

IL 5 FEBBRAIO……per la prima volta viene pubblicato sulla

Gazzetta dell’Emilia il «Manifesto di fondazione

del movimento futurista». Il 9 febbraio il docu-

mento viene pubblicato ancora su L’Arena di

Verona e il 20 sul quotidiano parigino Le Figaro.

Prende così il via il futurismo, una corrente ar-

tistica italiana che ebbe una grande risonanza

sia a livello nazionale sia a livello internazionale

(dove infl uenzò movimenti artistici simili).

Il Futurismo si colloca sull’onda della rivolu-

zione tecnologica che ha interessato l’Europa a

cavallo tra il XIX e il XX secolo. I seguaci di questa

corrente esaltano il progresso. Filippo Tommaso

Marinetti (1876-1944), che ne fu il promotore

e uno dei massimi esponenti, esaltava il dina-

mismo, la velocità, l’industria e la guerra vista

come l’unica «igiene del mondo».

Si narra che Marinetti scrisse ìil «Manifesto»

dopo essere uscito indenne da un incidente

automobilistico. Per evitare due ciclisti ave-

va sbandato fi nendo con la sua automobile

in un fossato. L’episodio viene trasfi gurato

nel «Manifesto»: Marinetti estratto dalla sua

auto incidentata è un uomo nuovo che vuole

liberarsi dagli orpelli decadentisti e che vuole

chiudere con il passato, distruggere «i musei,

le biblioteche, le accademie di ogni specie»

e cantare le lodi alle «grandi folle agitate dal

lavoro, dal piacere o dalla sommossa; glorifi -

100 anni or sono...100 anni or sono...Il Futurismo, la

corrente artistica

italiana infl uenzata

dall’avanzante

rivoluzione tecnologica

Page 19: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Anniversari

19La Banco nota

care la guerra, il militarismo, il patriottismo, il

gesto distruttore, le belle idee per cui si muore».

Inizialmente quindi il futurismo si accostò alle

ideologie guerrafondaie e anarchiche per poi

in seguito avvicinarsi al fascismo.

IL 25 LUGLIO……Louis Bleriot compie per la prima volta la

traversata aerea del Canale della Manica. Qual-

che tempo prima il quotidiano britannico Daily

Mail aveva messo in palio un premio di mille

sterline per chi avesse attraversato la Manica in

aereo. Bleriot, laureato in ingegneria, esperto

in volo planato (una tecnica che è oggi alla

base del volo degli alianti) e primo francese a

ottenere il brevetto di pilota d’aereo, decide di

raccogliere la sfi da.

Inizialmente cerca di modifi care il biplano

costruito dai fratelli Wright. Poi opta per la solu-

zione del monoplano dotandolo di un motore di

motocicletta costruito dall’italiano Alessandro

Anzani. Il piano di volo messo a punto da Ble-

riot prevede di attraversare il tratto che separa

Calais da Dover a un’altezza di 100 metri di quo-

ta. La traversata dura 32 minuti. La leggenda

vuole che i doganieri britannici al suo arrivo

fossero sprovvisti di moduli attinenti l’arrivo

di velivoli. Così usarono quello per i piroscafi

e registrarono l’arrivo a Dover di un piroscafo

con un solo passeggero a bordo.

Dopo l’impresa, Bleriot fondò una fabbrica

di aeroplani in Inghilterra e una in Francia.

Sopra, Louis Bleriot, che

attraversò per primo la

Manica in aeroplano.

A fi anco, l’attore Errold

Flynn

Una curiosità: nel 1929, a vent’anni

dalla trasvolata, Bleriot attraversò di

nuovo la Manica con lo stesso apparec-

chio che, nel frattempo, era diventato

un esemplare da museo.

IL 20 GIUGNO……a Hobart, nasce Errold Flynn, at-

tore e regista statunitense di origine

australiana. Negli anni Trenta e Quaranta fu

uno dei divi più popolari non solo negli Stati

Uniti, ma anche in Europa. Alto, agile, scat-

tante ed elegante nel portamento piaceva al

pubblico per la sua immagine allegra e per il

suo fascino di seduttore. Girò alcuni dei fi lm

di maggior successo dell’epoca tra i quali «La

leggenda di Robin Hood» (diretto nel 1938 da

Muchael Curtiz), «Il principe e il povero» (1937),

«La storia del generale Custer» (1941), «La

bandiera sventola ancora» (1943), «La saga dei

Forsythe» (1949), «Kim» (1950), «Il sole sorgerà

ancora» (1957).

Errold Flynn studiò a Londra e a Parigi e,

prima di esordire nel cinema, fece i mestieri e

le professioni più disparate: impiegato, cuoco

sulle navi, poliziotto, sorvegliante in una pian-

tagione, contadino, manovale, giornalista, com-

merciante, pescatore di perle, cercatore d’oro,

pugile. Al cinema arrivò dopo aver recitato a

teatro. La sua ultima apparizione fu nel fi lm

«Furia d’amare», nel quale impersonò l’attore

e star del cinema muto John Barrymore. Errold

Flyn morì a soli 50 anni nel 1959. Un infarto lo

stroncò dopo una vita segnata dagli eccessi e

soprattutto dall’alcolismo.

Page 20: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Anniversari

20 La Banco nota

L’ 8 APRILE……nasce a Denver (Usa), John Thomas Fante

scrittore americano di origini italiane. Figlio di

immigrati italiani vive un’infanzia turbolenta

caratterizzata dalla povertà e dai continui liti-

gi con il padre Nick. Nonostante le diffi coltà,

riesce a frequentare le scuole cattoliche e a

diplomarsi. Nel 1932, lascia Boulder, dove vive-

va con la famiglia, per tentare la fortuna a Los

Angeles dove svolge lavori di ogni genere. Nel

1932 viene pubblicato un suo racconto su «The

American Mercury». Cinque anni dopo sposa

Joyce Smart, da cui avrà quattro fi gli, e inizia a

lavorare per Hollywood come sceneggiatore,

un lavoro che non amerà mai, ma che gli per-

metterà di guadagnare molto (lavorerà anche

per il produttore italiano Dino De Laurentiis).

Nel frattempo, scrive il suo primo romanzo: «La

strada per Los Angeles». Lo inizia nel 1935 e lo

conclude nel 1936, ma vedrà la sua pubblica-

zione solo postumo nel 1985.

Maggiore fortuna avrà invece «Aspetta

primavera»: dato alle stampe nel 1937 avrà un

grandissimo successo di pubblico. Negli anni

successivi pubblica «Ask the Dust» (1939) e

«Dago Red» (1940). Durante la guerra, John

Fante vive un periodo di crisi narrativa e per

mantenersi collabora con i servizi di informa-

zione statunitensi. Nel 1952 pubblica il romanzo

«Full of Life» che avrà un grande successo in

tutto il mondo con traduzioni in portoghese,

tedesco, svedese, francese, ebraico, giappo-

nese e italiano.

Nel 1977 esce «The Brotherhood of Grape», il

suo ultimo romanzo. Nei mesi successivi il dia-

bete, diagnosticato nel 1955 e mai curato con

attenzione, lo porterà progressivamente alla

cecità e all’amputazione di entrambe le gambe.

Nel 1979 detta alla moglie il suo ultimo libro,

«Dreams from Bunker Hill», che uscirà nel gen-

naio 1982. L’8 maggio 1983 John Fante muore

a 74 anni, lasciando numerosi inediti.

IL 19 SETTEMBRE… …a Wiener Neustadt nasce Ferdinand An-

ton Ernst Porsche, meglio conosciuto come

Ferry Porsche. Imprenditore austriaco, è fi glio

di Ferdinand Porsche e la sua vita lavorativa

sarà sempre molto legata a quella del padre,

con cui nel 1931 aprirà uno studio di progetta-

zione meccanica a Stoccarda, in Germania.

Quando Adolf Hitler, negli anni Trenta,

vuole dare ai tede-

schi un’automobile

popolare che per-

metta di motoriz-

zare la Germania,

Lo scrittore John Thomas

Fante

Una colonna di

Volkswagen presso la

Porta di Brandeburgo,

a Berlino.

Nella pagina seguente,

in alto a destra,

il “maiale”, il siluro

a lenta corsa ideato

da Teseo Tesei

Page 21: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Anniversari

21La Banco nota

IL 3 GENNAIO… …nasce a Marina di Campo Teseo Tesei, militare e inventore italiano.

Maggiore del Genio Navale della Regia Marina prestò servizio come incur-

sore durante la seconda guerra mondiale venendo decorato con la medaglia

d’oro al valor militare.

Ferry e il padre elaborano il progetto di una

vettura molto semplice, con motore posteriore

raff reddato ad aria. Nasce così la Volkswagen

Maggiolino, automobile che entrerà nella sto-

ria delle motorizzazione mondiale e che verrà

prodotta in diverse versioni fi no al 2003.

Dopo la seconda guerra mondiale, mentre

Ferdinand Porsche è imprigionato in Francia

per crimini di guerra (sarà poi scarcerato grazie

all’ingente riscatto pagato dall’imprenditore

italiano Piero Dusio), Ferry guida l’impresa di

famiglia. Utilizzando i primi e precari impianti

della ricostruita Volkswagen, crea la prima

auto «fi rmata» Porsche, la 356, così chiamata

dal numero del progetto.

La 356 è stata un’automobile che ha fatto

epoca vantando eccezionali livelli di maneg-

gevolezza, leggerezza, affi dabilità e tenuta di

strada e spianando la strada alla futura Porsche

911. Ancora oggi è una vettura apprezzata

dagli appassionati di auto storiche di tutto il

mondo, e alcuni esemplari (specie le versioni

Speedster destinate al mercato USA) raggiun-

gono quotazioni da capogiro.

Teseo Tesei entra in accademia nel 1925 dove si distingue per la perseve-

ranza e l’inventiva. Con l’aiuto di Elios Toschi, ingegnere navale, ripensa alla

mignatta di Raff aele Rossetti e Raff aele Paolucci; il concetto ispiratore fu que-

sto: partendo dalla mignatta, mirò ad arrivare a costruire un’arma che avesse

su quella importanti vantaggi, che permettesse cioè a due uomini di vivere,

navigare, dirigersi contro un bersaglio e attaccarlo liberamente sott’acqua.

Nacque così il siluro a lenta corsa, meglio conosciuto come «maiale» per la

sua forma tozza. Un’arma quest’ultima che fu protagonista di alcune delle più

brillanti operazioni della Marina militare nella seconda guerra mondiale.

Teseo Tesei però è diventato famoso anche per un’altra invenzione.

Esisteva, all’epoca, un autorespiratore a ossigeno a ciclo chiuso, chiamato

maschera Davis, che veniva utilizzato per le fuoriuscite dell’equipaggio da

sommergibili in avaria. Questo autorespiratore, che aveva causato diversi

incidenti, aveva una scarsa autonomia e un’ancora più scarsa affi dabilità.

A questi problemi lavorava il comandante Angelo Belloni alla direzione dei

corsi e alla Scuola sommozzatori di Livorno. Questi, con l’aiuto di Tesei, portò

l’autonomia dell’autorespiratore da venti minuti a qualche ora e soprattutto

lo rese più affi dabile.

Tesei fu però anche un uomo d’azione. Il 26 luglio 1941 tentò di forzare la

base inglese di La Valletta a Malta. Verifi catosi nel corso dell’azione un ritardo,

dovuto a imprevisti tecnici, che avrebbe potuto compromettere l’esito della

missione, allo scopo di riguadagnare il tempo perduto e di portare a termine

a ogni costo il suo compito decise di «spolettare a zero» rinunciando cioè

ad allontanarsi dall’arma prima che esplodesse contro l’obiettivo, e peren-

do assieme al suo fedele secondo, Alcide Pedretti. Per tale atto fu insignito

della medaglia d’oro.

Page 22: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Management

22 La Banco nota

Quando il cliente Quando il cliente è all’esteroè all’estero

Per l’azienda che esporta, il rischio di mancato pagamento dei prodotti/servizi forniti è un

elemento critico della pianifi cazione commerciale e della gestione fi nanziaria:

ecco come farvi fronte ricorrendo all’assicurazione del credito

Il primo problema che l’esportatore deve

affrontare nel processo decisionale relativo

alla possibilità d’instaurare un rapporto eco-

nomico vantaggioso con un potenziale cliente

estero è sicuramente quello della concessione

di credito alla propria controparte.

Cioè, fi no a quale importo massimo e per

quanto tempo è possibile esporsi senza correre

alcun rischio di mancato pagamento?

Per l’azienda che esporta, il rischio di manca-

to pagamento delle proprie forniture è senz’al-

tro uno degli elementi di maggiore criticità nella

pianifi cazione commerciale e nella gestione

fi nanziaria delle proprie vendite all’estero.

Manca, spesso, nelle aziende una cultura del

rischio capace di gestire e risolvere situazioni

complesse che, se non adeguatamente aff ron-

tate, possono vanifi care gli sforzi aziendali e la

redditività delle singole operazioni con l’estero.

In alcuni casi, un rischio non ponderato può

addirittura compromettere la sopravvivenza di

una azienda di piccole dimensioni. Non sempre

sono suffi cienti un rapporto fi duciario con il

proprio cliente estero e l’inserimento di ap-

posite clausole contrattuali per ridurre, se non

eliminare, il rischio di mancato pagamento.

Page 23: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Management

23La Banco nota

credito documentario o altra forma comun-

que garantita, l’unica soluzione che permette

al venditore di tutelarsi in modo effi cace e di

sterilizzare il rischio di mancato pagamento

è costituita dall’assicurazione dei propri cre-

diti verso l’estero. L’assicurazione del credito

rappresenta infatti un valido strumento non

solo di protezione dal rischio di insolvenza

del debitore ma si rivela anche una utile op-

In questa categoria di rischio rientrano tutti

i casi di concessione al proprio cliente di una

dilazione di pagamento rispetto alla consegna

della merce. Può assumere aspetti diversi a

seconda del Paese in cui risiede la controparte

estera e può confi gurarsi in un rischio commer-

ciale ovvero in un rischio paese.

In una situazione di mercato che denota

ancora una forte crisi di liquidità, una genera-

lizzata diffi coltà di accesso al credito bancario

soprattutto per gli operatori economici che

risiedono nei paesi in via di sviluppo, e per-

durando l’assenza di veri e solidi segnali di

ripresa dell’economia, abbiamo rivolto alcune

domande a Michele Montanaro, responsabile

Area Estero del Banco Desio.

Che cosa suggerire ad un cliente espor-

tatore per evitare di incorrere in un rischio

di mancato pagamento?

“Innanzitutto è opportuno che l’esportatore,

prima ancora di concordare la forma tecnica di

pagamento della fornitura, eff ettui tre fonda-

mentali verifi che:

• sulle condizioni di solvibilità del paese del

compratore

• sulle condizioni di solvibilità del compratore

• sull’effi cienza del sistema giudiziario del

paese del compratore

Soltanto dopo avere eff ettuato queste ve-

rifi che - sottolinea il nostro interlocutore - il

venditore potrà decidere a quali condizioni

stipulare il contratto con la controparte estera

e quale il mezzo di pagamento più adatto a

quella transazione commerciale, tenendo altre-

sì conto che la scelta di una particolare forma

di pagamento rispetto ad altre può infl uire

positivamente o negativamente sia sul livello

del rischio di credito sia sull’esito della tratta-

tiva commerciale stessa. Non bisogna infatti

trascurare il fatto che operiamo in un contesto

dove la competizione non si basa più soltanto

sui prezzi; diventano infatti sempre più deter-

minanti sia le forme sia i tempi di pagamento

proposti all’acquirente estero”.

Che alternative ha l’esportatore se l’im-

portatore estero non è in grado di off rire

forme di pagamento cosiddette garantite?

“Quando nelle vendite internazionali non

è possibile ottenere un pagamento a mezzo

Michele Montanaro,

responsabile Area Estero

del Banco Desio

Page 24: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Management

24 La Banco nota

portunità per migliorare la qualità dei crediti a

breve termine iscritti a bilancio. L’esportatore,

che per necessità di liquidità aziendale ricorre

generalmente allo smobilizzo dei crediti, non

dovrebbe trascurare quest’ultimo aspetto.

Diventa infatti più agevole ottenere dalla pro-

pria banca l’anticipazione di detti crediti com-

merciali in quanto la polizza assicurativa può

rappresentare una ulteriore forma di garanzia

per la banca stessa”.

In che cosa consiste una copertura assi-

curativa?

“Riguarda la copertura del rischio di perdita

defi nitiva, originato da insolvenza e/o manca-

to pagamento di crediti commerciali a breve

termine (entro i 12 mesi), sorti nei confronti

di operatori economici esteri, a seguito di un

contratto di fornitura o di una prestazione di

servizi.

A diff erenza delle polizze assicurative di altri

rami, la stipula di un contratto di ‘assicurazione

del credito’ non rende automatica la copertura

- ci spiega Michele Montanaro -. È infatti neces-

sario che l’esportatore avanzi alla Compagnia

una formale e preventiva richiesta di limite di

credito per ciascun debitore estero. Per limite

di credito (oppure fi do o massimale) si inten-

de l’importo massimo entro cui una società di

assicurazione accorda, dopo avere eff ettuato

tutte le valutazioni del caso, la propria garanzia

per ciascun debitore dell’assicurato”.

Quali sono i rischi assicurati?

“La copertura assicurativa può riguardare il

‘rischio commerciale’ (insolvenza del cliente)

oppure il ‘rischio politico’ (eventi politici ca-

tastrofi ci che impediscono il pagamento del

credito) in conseguenza dei seguenti eventi:

esportazione di merci e servizi, prestazione

di servizi/studi/progettazione, esecuzione di

opere e lavori”.

E quali le altre principali caratteristiche

dell’assicurazione?

“Quella principale si riferisce senza dubbio

al principio di globalità su cui si basa l’assicura-

zione dei crediti. È il principio secondo il quale

Page 25: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Management

25La Banco nota

l’assicurato dovrà dichiarare all’assicuratore

l’intero volume del fatturato export. Da questo

principio è, in linea di massima, possibile de-

rogare defi nendo con l’assicuratore un tipo di

polizza che consenta, ad esempio, di escludere

i crediti garantiti, quelli cioè assistiti da una

garanzia bancaria a ‘prima domanda’ o quelli il

cui pagamento concordato con il cliente estero

è a mezzo credito documentario.

È possibile inoltre stipulare una polizza ‘sin-

gola’ che riguarda solo i crediti vantati verso

determinati Paesi o quelli riguardanti soltanto

una linea di prodotti. Un’altra importante carat-

teristica riguarda il valore assicurabile che non

rappresenta mai il 100% del credito. General-

mente l’importo assicurabile varia a seconda del

tipo di polizza e, soprattutto, della rischiosità

del Paese estero, e si aggira indicativamente

intorno all’80-85% se il compratore risiede in

un Paese di 1° categoria e al 70-75% nel caso

di Paesi di 2° categoria”.

L’esportatore che ricorre all’assicurazione

dei crediti ottiene altri vantaggi?

“Oltre ad una analisi preventiva degli ac-

quirenti esteri che eff ettua la Compagnia, i

vantaggi per l’esportatore sono molteplici e si

possono riassumere come segue:

• ampliare il proprio mercato vendendo ad

acquirenti anche sconosciuti sapendo che

il rischio di mancato pagamento è coperto

• accrescere la spinta commerciale conce-

dendo alla controparte estera dilazioni di

pagamento diversamente non proponibili

• benefi ciare di un monitoraggio costante

sulla solvibilità della clientela affi data dalla

Compagnia di assicurazione

• attuare una effi cace programmazione com-

merciale che consenta importanti vantaggi

gestionali

• ridurre l’onere amministrativo dovuto alla

gestione dei crediti non pagati

• assicurarsi il recupero dei crediti, nella mi-

sura pattuita contrattualmente, in caso di

insolvenza del debitore estero”.

In questo settore, quali sono i principali

operatori?

“Nel mercato italiano operano ormai da molti

anni alcune Compagnie appartenenti a gruppi

assicurativi di standing internazionale che of-

frono la più completa gamma di prodotti. Nel

ramo crediti a breve termine (fi no a 12 mesi) i

principali operatori sono Euler Hermes - Siac,

Coface Assicurazioni, Atradius e, da pochi anni,

anche Sace B/T.

Come si colloca il Gruppo Banco Desio in

questo contesto operativo?

“Consapevoli di una domanda in forte

crescita, stiamo perfezionando un importan-

te accordo di collaborazione con una delle

Compagnie sopra citate i cui termini verranno

a breve resi noti alla nostra rete con apposita

comunicazione.

Possiamo solo anticipare - conclude Michele

Montanaro - che si tratta di una collaborazione

che ha come scopo quello di sfruttare sia le

sinergie operative tra la nostra banca e la com-

pagnia di assicurazione sia la forte contiguità

territoriale delle rispettive reti distributive. Il

tutto con l’obbiettivo primario di potere off ri-

re alla nostra clientela che opera con i mercati

esteri un supporto consulenziale e operativo

di qualità sempre più elevata”.

l.b.n.

Page 26: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Nuove Filiali

26 La Banco nota

Imperia tra Imperia tra Genova e i SavoiaGenova e i Savoia

Un Palio ricorda oggi la rivalità esistente un tempo fra Oneglia e Porto Maurizio, le due cittadine

che solo nel 1923 si sono fuse in un unico comune

Nella rada di Imperia, capoluogo del Po-

nente Ligure, s’è svolto a Ferragosto il

Palio del Mare. I duelli, a eliminazione

diretta, si svolgono su due gozzi a remi, sulla cui

poppa prende posto, armato di lancia e scudo,

il campione d’uno degli otto rioni cittadini. La

singolar tenzone è stata introdotta da un corteo

in costume, accompagnato da sbandieratori

giunti dalla vicina Ventimiglia. Il Palio, giunto

alla seconda edizione dopo un’interruzione di

oltre mezzo secolo, trae motivazione dall’antica

e mai sopita rivalità tra Oneglia e Porto Maurizio,

le due cittadine poste, rispettivamente, a est e

ad ovest della foce del fiume Impero, che dal

1923 ha dato nome alla città.

Porto Maurizio, sorta in un punto dominan-

te della costa, alla fi ne del 1200 s’era legata

alla Repubblica marinara di Genova, che la

considerava il capoluogo amministrativo e

giudiziario dei propri domini nel Ponente. La

cittadina anticamente traffi cava legname, fi chi

e il sale indispensabile per la conservazione

delle acciughe destinate alle valli dell’entroter-

ra; signifi cativa anche la produzione di cuoio,

vino e d’olio.

Oneglia, sviluppatasi nella piana dell’Impe-

ro, aveva esteso alle colline dell’entroterra la

tecnica del terrazzamento; commerciava vino

ed olio, ma anche mandorle, canapa e lino.

Ai primi del ‘400 i nobili Doria, che dal 1298

avevano acquistato dai vescovi di Albenga

questo territorio, diedero un ulteriore impulso

alla macinazione del grano, tanto che la pro-

duzione locale dovette presto essere integrata

dal frumento importato dalla Toscana. La costa

era inadatta all’approdo delle navi, perciò i

di Francesco Ronchi

Page 27: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Nuove Filiali

27La Banco nota

Ad Imperia la fi liale del

Banco Desio è in via

Giuseppe Berio 20

mercanti/armatori dovevano lasciarle in rada

e far ricorso ai piccoli gozzi dei pescatori. Tale

circostanza favoriva la circolazione monetaria e

la nascita d’iniziative imprenditoriali “dal basso”:

i pescatori nei periodi favorevoli tendevano ad

investire nell’agricoltura e nei commerci; se su-

bentrava una crisi economica, però, diventava

quasi obbligato il ricorso all’emigrazione.

Nella seconda metà del ‘500 il duca Ema-

nuele Filiberto, grazie alle vittorie ottenute al

comando delle truppe spagnole nelle Fiandre,

riuscì a farsi restituire dai francesi le piazzeforti

piemontesi, e fece di Torino la propria capitale.

I Savoia possedevano dal 1388 il porto di Nizza,

ma era importante disporre d’un approdo al

di qua delle Alpi; nel 1575 i Doria cedettero al

duca, per 1.200 zecchini d’oro, tutti i diritti e le

signorie su Oneglia e le valli di Maro, Pietralata,

Pornassio e Carpasio.

Gli Onegliesi furono ben contenti di legar-

si ad una potenza emergente; Genova fece

ricorso, tuttavia i forti legami economici con

la Spagna l’indussero ad accettare, nel 1585,

l’acquisizione savoiarda. A stendere l’atto fu il

notaio Pompeo Belgrano Peri, esponente d’una

famiglia ch’ebbe per secoli un ruolo rilevante

ad Oneglia, analogamente ad altre dinastie lo-

cali, come i Berio e gli Amoretti. I Belgrano Peri

erano per tradizione giuristi, tuttavia la fedeltà

ai Savoia indusse i discendenti di Pompeo ad

assumere anche incarichi militari; Saverio, capo

del Genio Militare realizzò nel 1761-69 a Cagliari

numerosi edifi ci pubblici e religiosi.

Le divisioni tra Porto Maurizio e Oneglia

erano ormai giustifi cate anche a livello politi-

co, tuttavia nel corso del ‘600 non mancarono

i tentativi d’integrazione tra due centri dagli

interessi economici fatalmente convergenti.

Giovanni Domenico Belgrano, laureato in me-

dicina a Pisa, aveva sposato la fi glia del nobile

portese Tommaso d’Acquarone, e quando la

crisi dinastica dei Savoia portò alla nascita del

Principato di Oneglia si fece suddito genove-

se. Il fi glio Paolo sposò nel 1691 la sorella del

banchiere portese Pantaleone Ricci, e solo nel

‘700 i suoi discendenti riportarono gl’interessi

familiari a Oneglia, a seguito di matrimoni con

i Berio (armatori), i Musso (notai), e i Delbecchi,

proprietari terrieri.

Il 27 giugno 1798 circa settemila armati

“genovesi” partiti da Porto Maurizio e da Dia-

no attaccarono Oneglia; ma il coraggioso go-

vernatore sabaudo, Giorgio De Geneys, riuscì

con soli 800 uomini, in gran parte volontari, a

riportare una clamorosa vittoria. Pochi mesi

dopo Napoleone avrebbe chiuso la partita,

sconfi ggendo a Marengo gli austro-piemontesi,

tuttavia quell’episodio segnò profondamente i

rapporti tra le due sponde dell’Impero e anche

la fi ne delle ambizioni politiche dell’ambizioso

orafo Giovanni G. Belgrano, capo del partito

fi lo-francese ad Oneglia.

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Nuove Filiali

28 La Banco nota

I Greppi I Greppi a Rubieraa Rubiera

Come le antiche opere pie presenti nel paese passarono

di mano attraverso i secoli, fi no ad entrare in possesso di

una delle famiglie più ricche di Milano

Rubiera, caposaldo dei Reggiani là dove

la Via Emilia incrocia il Secchia, ai piedi

dell’Appennino, nel 1423 venne “scip-

pata” ai Boiardo dal duca Niccolò III d’Este, in

cambio della contea di Scandiano.

Pochi anni dopo il duca diede campo libero

a Rubiera ai Sacrati: dopo il clamoroso caso

della moglie Parisina Malatesta, che aveva

fatto decapitare nel 1425 insieme all’amante

(Ugo, uno dei suoi fi gli), per il geloso Niccolò

era indispensabile conservare l’appoggio delle

maggiori casate ferraresi. Il controllo dei Sacrati,

un ramo dei quali s’era inserito con successo

anche a Firenze, venne sancito a Rubiera dalla

costruzione del Palazzo oggi sede municipale.

Tuttavia il borgo - come ribadì nel 1442 Leonello

d’Este - rimase soggetto ai duchi, che preferi-

vano lasciare sia ai reggiani che ai modenesi

la speranza d’assicurarsi il controllo delle rive

d’un fi ume soggetto a piene rovinose, ma che

consentiva acqua e foraggio al bestiame.

I rapporti con il governo divennero pro-

blematici dopo il 1523: i duchi, coinvolti nella

complessa lotta tra gli Asburgo e i Valois per la

supremazia in Italia, decisero di trasformare le

mura del Forte in bastioni resistenti alle artiglie-

rie e fecero abbattere gli edifi ci circostanti nel

raggio di 500 metri. Venne distrutto anche l’an-

tico “hospitale” di S. Maria, situato al’imbocco

del ponte sul Secchia, che da secoli garantiva ai

viandanti cibo, alloggio per una notte e anche

qualche cura medica. Aldobrandino Sacrati, i

cui avi sin dal 1433 ne amministravano il patri-

monio fondiario, decise allora di far costruire

un nuovo grandioso edifi co su terreni propri

posti a nord dell’abitato, in corrispondenza d’un

antico guado, i cui diritti di passaggio furono

concessi all’hospitale. La costruzione di questo

grande complesso rinascimentale, restaurato

e riaperto al pubblico in anni recenti, non fu

suffi ciente a segnare un’inversione di tenden-

za nella realtà economica locale, fortemente

condizionata dalle servitù militari.

Nel 1569 il Podestà Battista Cefalo segnalava

al Duca la continua emorragia di abitanti, che

abbandonavano le case. Lui si preoccupava

più per la conseguente diffi coltà di difendere

il borgo che per i rifl essi sull’economia. Non

era infrequente tra i giovani la scelta d’andare

a prestare il servizio militare in altre zone, no-

nostante la minaccia di sanzioni pecuniarie e

corporali.

Nel XVIII secolo, durante la lunga perma-

nenza al potere di Francesco III, andò ulterior-

mente consolidandosi il ruolo di Modena quale

eff ettiva capitale del ducato; lo era diventata

legalmente dal 1598, dopo che il papa Cle-

mente VIII era riuscito a sottrargli la signoria su

Ferrara, grazie al decisivo sostegno della nuova

dinastia francese, i Borbone. Francesco III, molto

legato alla corte austriaca, introdusse nei suoi

stati alcune riforme di matrice illuministica.

Tra queste, l’accentramento a Modena delle

funzioni assistenziali, sia per i malati che per

gl’indigenti, con conseguente soppressione

di Francesco Ronchi

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Nuove Filiali

29La Banco nota

delle antiche opere pie diff use sul territorio, il

cui patrimonio fondiario venne utilizzato per

portare a termine la costruzione dell’Ospedale

di S. Agostino e dell’Albergo delle Arti (oggi

Palazzo dei Musei).

Così scriveva confi denzialmente nel 1767 il

segretario del duca: “Fra i Luoghi pii soppressi...

[gli] Ospedali di Pellegrini, divenuti ricettaco-

lo di vagabondi e birbanti, infesti moltissimo

alla pubblica quiete; e tra questi è stato un

luminoso colpo ... la soppressione [di quello di

Rubiera], di cui oltre ai ragguardevoli fondi... si

sono ritirate anche tutte le suppelletili mobili

e utensili...” . Nell’atto pubblico d’acquisizione

(maggio 1765) il duca aveva promesso che i

poveri di Rubiera non sarebbero stati dimenti-

cati, ma da Modena non giunsero che briciole,

se paragonate al gettito assicurato dalle mille

biolche di terreno sino ad allora gestite dai Sa-

crati. Le proteste servirono solo ad aggravare

la situazione: nel 1768 il governo requisì anche

l’antico convento dei francescani, cui erano sta-

ti legati dai nobili personaggi ivi sepolti varie

forme d’elemosina ed assistenza.

A togliere il duca dall’imbarazzo di cercare tra

i suoi sudditi un compratore disposto a sfi dare

il risentimento della popolazione pensò uno

degli uomini più ricchi di Milano, strettamente

legato a Vienna: Antonio Greppi (1722-99), un

mercante originario della Val Gandino che solo

dal 1778 poté fregiarsi del titolo di conte. Egli

investì subito forti somme nella trasformazio-

ne dell’Ospedale in un’azienda agricola e del

convento in un palazzo nobiliare, affi dato al

fi glio Marco, sposo dal 1785 della nobile pavese

Teresa Opizzoni.

La fi liale del Banco Desio

a Rubiera si trova in Via

Emilia Ovest 7

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Nuove Filiali

30 La Banco nota

Origini e sviluppi Origini e sviluppi di Guidoniadi GuidoniaLa zona, che nel 1916 aveva accolto un campo di volo

militare, col fascismo divenne prima la sede dell’Istituto

Sperimentale Aeronautico, e poi del Centro Studi ed

Esperienze dell’Aeronautica

Nel 1887 entrò in funzione la ferrovia Roma-Sulmona. Poiché le gallerie

incidevano sui costi, la stazione “Montecelio – S. Angelo” sorse a 5

km dai due antichi paesi, posti sulla sommità dei colli. Montecelio,

noto per le cave di travertino, nei secoli era appartenuto ad alcune grandi

famiglie romane, tra cui i Crescenzi . La grande Rocca, rinnovata agli inizi

del ‘500 dal cardinal Giovanni Battista Orsini, a fine ‘700 era mezza diruta;

i Borghese, che l’acquistarono dai Cesi poco dopo quella di S. Angelo, vi

ricavarono due cisterne per l’acqua potabile.

Nell’estate del 1916, in pieno confl itto mondiale, i campi di grano intorno

al Casale dei Prati, prossimi alla linea ferroviaria, vennero trasformati in un

campo di volo militare; esso venne intitolato ad Alfredo Barbieri, un aviatore

romano caduto pochi mesi prima durante un duello aereo sopra Lubiana.

Nel Casale ebbe sede il comando, mentre per gli uffi ciali istruttori della

scuola di volo si trovò posto a Montecelio. Alla fi ne della guerra gli allievi

erano circa 500, tuttavia la rapida smobilitazione rese la struttura presso-

ché inutilizzata sino al 1923, quando il generale Alberto Bonzani, legato a

Mussolini ma anche alle aziende costruttrici

(un settore ad alto tasso di malversazione)

decise di collocarvi l’Istituto Sperimentale

Aeronautico, dotato l’anno seguente d’una

galleria aerodinamica.

Il 27 aprile 1935, sette anni dopo la tragica

scomparsa d’uno dei primi referenti militari

dell’I.S.A, l’ ing. Alessandro Guidoni, precipitato

durante la sperimentazione d’un paracadute, il

Duce pose la prima pietra d’una città giardino,

La fi liale del Banco Desio Lazio

a Villanova di Guidonia è in

Viale Maremmana Inferiore 218di Francesco Ronchi

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Nuove Filiali

31La Banco nota

destinata al personale del nuovo Centro Studi

ed Esperienze dell’Aeronautica. Si trattava d’un

intervento sponsorizzato da Italo Balbo, dive-

nuto il dominus dell’aviazione fascista dopo

il passaggio di Bonzani ai vertici dell’Esercito;

la scelta di dedicare il nuovo centro ad un an-

ziano tecnico noto ormai quasi soltanto agli

addetti ai lavori era funzionale all’annosa lotta

del “tecnocrate” Balbo contro i vecchi uffi ciali

dell’aeronautica ancora legati ad una visione

eroico-dannunziana. Altro protagonista della nascita di Guidonia, e della

sua inclusione tra le cosiddette Città di Fondazione (più tipicamente “fasci-

ste”, per l’ostentata monumentalità, rispetto alle città giardino) fu Alberto

Calza Bini, presidente dell’ Istituto Case Popolari della capitale, cui venne

affi dato l’onere della costruzione; egli scelse quale progettista principale il

fi glio Giorgio, un architetto razionalista ancor fresco di studi. La costruzione

fu realizzata in tempi rapidi; nell’ottobre 1937 venne costituito il comune

di Guidonia, ma uno degli edifi ci più signifi cativi, la chiesa di N.S. di Loreto,

venne completata solo nel 1938.

In quegli anni si stabilirono a Guidonia diversi scienziati e furono messe

a loro disposizione strutture d’avanguardia nel campo dell’avionica e della

meteorologia.

Ciò implicò un notevole impegno fi nanziario, cui Balbo dovette far fronte

limitando l’acquisto di nuovi apparecchi. Alle nuove gallerie del vento e alle

imponenti installazioni del Centro Studi s’accedeva dal Largo Duca d’Aosta;

data la vastità del complesso e l’abbondanza di alberi, che servivano anche

a scopo mimetico, era questa la vera città giardino. Essa venne gravemente

danneggiata dai bombardamenti angloamericani, ed alcuni edifi ci venne-

ro poi minati dai tedeschi in fuga. Nei primi anni del Dopoguerra i ruderi

rimasero una sorta di terra di nessuno, utilizzati come cava e/o discarica,

mentre il quartiere di Calza Bini potè presto accrescere il numero dei resi-

denti grazie al rapido ripristino funzionale del campo di volo, uno dei primi

cui pervennero a Roma gli aiuti alimentari degli Alleati.

Dagli anni ‘60 la prossimità alla Capitale ha favorito un notevole incre-

mento dell’edilizia - anche sotto forma di quartieri-satellite sostanzialmente

autosuffi cienti - del vasto territorio comunale di Guidonia, suddivisa in nove

circoscrizioni per complessivi 75 mila abitanti. La conformazione collinosa,

ma soprattutto la presenza d’infrastrutture che intersecano il territorio (non

ultima la “bretella” autostradale) ha reso e rende diffi cile l’integrazione tra

le varie frazioni; uno dei campi su cui si punta è la valorizzazione del patri-

monio archeologico, testimoniato soprattutto dai resti di numerose ville

d’epoca romana del Parco regionale Archeologico dell’Inviolata.

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Nuove Filiali

32 La Banco nota

Da re Pipino Da re Pipino al Regno al Regno d’Italiad’Italia

Decisamente ricca la storia di Bussolengo, paese dalle origini antiche ma dalla metà del 1900

proiettato senza preoccupazioni verso il futuro

La ricchezza d’acque e il clima dei territori

attorno alla sponda orientale del lago di

Garda hanno favorito lo stanziamento di

diverse popolazioni fin dall’età del bronzo, circa

1500 anni prima di Cristo.

Di questi insediamenti primitivi se ne sono rile-

vate tracce nella zona di Bussolengo, parte di un

più ampio territorio che sarebbe stato interessato

prima dagli stanziamenti dei Reti, dei Veneti e dei

Celti, e poi - ormai in epoca storica - dei Romani,

dei quali sempre la zona di Bussolengo mantiene

qualche testimonianza, come quelle che sono

conservate all’interno della chiesa di San Salvor,

un’enorme pietra trasformata in battistero e un

cippo con un’iscrizione in latino.

Di certo interessata da tutti gli accadimenti che

si successero a partire dal periodo romano su su

nel tempo fi no al Medio Evo, della zona di Bus-

solengo si hanno le prime notizie nell’anno 807,

quando re Pipino, il fi glio di Carlo Magno, dona

all’abate del monastero di san Zeno di Verona un

terreno in San Vito al Mantico. Il territorio non ha

ancora il nome di Bussolengo, ma di Gussilingus,

da cui dovrebbe derivare, e di cui si ha traccia in

un documento dell’epoca.

Da quel periodo in poi, non si riscontrano

eventi importanti per il territorio fi no al XII seco-

lo, quando sembra essere entrato a far parte dei

possedimenti di una signoria locale, quella degli

Olderico, dedita allo sfruttamento dei terreni

ma anche al mestiere delle armi visto che il suo

esponente più famoso è Garzapane, un soldato e

un uomo di un certo peso visto che faceva parte

della cerchia degli amici dell’imperatore Federico

Barbarossa. Proprio sotto gli Olderico - riporta

il sito internet del municipio di Bussolengo - la

di Alessandra Monguzzi

Page 33: La Banconota - Numero 59 - Ottobre 2009

Nuove Filiali

33La Banco nota

La fi liale di Bussolengo

del Banco Desio Veneto

si trova in Via Gardesana

70, Ang. Via San

Crispino 16

zona si sarebbe organizzata sotto la forma di un

primitivo comune, il cui primo podestà fu Garzeto

fi glio di Olderico di Garzapane.

Certo, sotto il dominio delle grandi famiglie

che si susseguirono nel controllo di quel territorio,

gli Scaligeri, i Visconti, i Carraresi, le prerogative

del comune non poterono superare certi limiti,

e ciò fi no agli inizi del XV secolo. Poi, fra il 1404

e il 1405, tutta la zona passa sotto il dominio di

Venezia la quale, per tenere sotto controllo le

vie di comunicazione e i guadi dell’Adige, fece

edifi care nel territorio di Bussolengo un accam-

pamento fortifi cato, nei luoghi dove ora sorge

il convento di San Francesco.

L’impronta veneziana da quel momento in poi

si fa decisamente sentire: viene avviata la riforma

del sistema amministrativo locale e viene stilato

l’elenco (il “Catastico”) delle proprietà terriere.

Inoltre, visto che la zona è una delle più fl oride

di tutto il Veronese, diventa sede di un mercato

settimanale (dal 1409) ed è luogo di passaggio

delle merci provenienti da nord.

Bussolengo dunque segue le sorti della Se-

renissima attraverso i secoli successivi fi no alla

fi ne del 1700 quando il vento napoleonico im-

pose nuove situazioni in Italia come in Europa.

Con il trattato di Campoformio (ottobre 1797),

Napoleone strappa all’Austria il Belgio e Milano

in cambio di Venezia. Una manciata d’anni e Na-

poleone è ancora in Italia, sbaraglia gli austriaci

a Marengo, e impone la pace di Luneville, che

prevede per il Veneto la sottomissione alla Re-

pubblica cisalpina e quindi alla Francia.

Scomparso Napoleone, il congresso di Vien-

na ristabilisce e ridisegna le linee politiche in

Europa, cosa che per l’Italia settentrionale si-

gnifi ca il passaggio defi nitivo sotto l’infl uenza

e il dominio austriaco. Vi si riscatterà solo con

le guerre d’indipendenza, da cui scaturirà quel

Regno d’Italia cui nel 1866 tutto il Veneto ade-

rirà dopo un referendum.

Per quanto riguarda l’economia di Busso-

lengo, occorre ricordare che le attività princi-

pali cui è dedita la popolazione sono ancora

quelle legate all’agricoltura, specialmente da

quando, verso la metà del secolo scorso, la

costruzione del canale Biffi s ha reso possibile

la coltivazione intensiva del pesco, grazie alle

migliori possibilità d’irrigazione. Dal versante

dell’industria, con l’inizio del 1900 anche questa

zona ha benefi ciato di un certo sviluppo, ma

sarà l’artigianato, ed in particolar modo quello

legato al settore delle calzature, a far decollare

il paese negli anni Cinquanta e a farlo guardare

al futuro senza troppe preoccupazioni.

Nel 2000, ricorda sempre il sito del Comu-

ne, erano presenti sul territorio 1131 imprese

presso le quali trovano lavoro 5808 addetti

e particolare rilevanza stavano assumendo il

commercio e i servizi.

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Fuoritema

34 La Banco nota

Vive la France!Vive la France!È

indubitabile che ogni lingua accolga, più o

meno favorevolmente, al suo interno paro-

le ed espressioni di altre lingue. La lingua

italiana è sempre stata molto ospitale da questo

punto di vista e se ai giorni nostri è l’inglese a farla

da padrone, nei tempi passati era il francese.

Negli anni ’30 del secolo scorso - con intenti

non solo linguistici - si tentò di arginare l’invasione

e, per la lingua francese, la Valle d’Aosta divenne la

palestra per una “italianizzazione” dagli esiti dubbi

ed anche risibili. La regione montana di confi ne

fu oggetto infatti di una revisione sistematica dei

nomi delle sue valli e delle sue località. Come nel

caso della bella Courmayeur che diventò l’orribile

Cormaiore. A Ollomont e Brusson andò relativa-

mente meglio con Ollomonte e Brussone, mentre

le ridenti valli di Valtournanche e Valsavaranche si

ritrovarono tradotte in Valtornenza e Valsavara. E

non andò di certo meglio alla povera La Thuile, cui

toccò in sorte il celebrativo Porta Littoria….

Fu comunque inutile, molti vocaboli ed espres-

sioni della lingua transalpina si erano insediati già

da tempo e resistettero così tenacemente anche

alle veline del MinCulPop (nda: abbreviazione di

Ministero della Cultura Popolare, organo di go-

verno preposto nel ventennio fascista anche al

presidio della “purezza” della lingua) da arrivare

sino ai nostri giorni vivi e vegeti. Qualche esem-

pio? Menu era già entrato stabilmente nella risto-

razione (liquidando l’italianissima lista) e non ci

avrebbe più abbandonato. Anzi avrebbe goduto

del privilegio di occuparsi - molti anni dopo - an-

che di elettronica e di telefonia cellulare. Hanno

resistito e godono tutt’ora di buona salute anche

toilette, gaff e, reclame, charme per fare qualche

esempio. Ma anche molti termini, celando più o

meno subdolamente la loro origine transalpina,

hanno soppiantato nel tempo l’omologo italico:

fl acone (per boccetta), debutto (per esordio), gilet

(per panciotto), pistone (per stantuff o), pantaloni

(per calzoni).

La lingua francese ci è sempre piaciuta al punto

che se non abbiamo disponibili termini francesi

arriviamo ad inventarceli. Qualche esempio? La

claire (intesa come saracinesca) che i francesi

chiamano rideau, il vin brulé che i francesi chia-

mano semplicemente vin chaud, e, per restare sul

gastronomico, la paillard che in Francia diventa

un escaloppe grillé. Per non citare la più straordi-

naria invenzione sempre di natura gastronomica:

il famoso vitel tonné. Se tentate di ordinarlo in

Francia, dando per scontato che sul menu non

appare, se vi va bene vi guarderanno con bonaria

commiserazione. “Ah les Italiens...”

Datini

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