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o Il CYBERmondo o LeSCIENZE 11 marzo 2011 Come reagiamo alla carezza di un robot ? o Essere toccati è un'esperienza che può suscitare emozioni varie, dal piacere al fastidio, arrivando alla paura di un'aggressione. o Ma come reagiscono le persone se vengono “toccate” da un robot? Hanno provano repulsione o sono ben disposte? o La domanda non è oziosa per chi si occupa di robotica nella prospettiva di realizzare cyber-infermieri o personale di assistenza automatica alla persona. In uno studio preliminare, i ricercatori del Georgia Institute of Technology hanno riscontrato come le persone abbiano generalmente una risposta positiva quando vengono toccate da un automa di questo tipo ma con una forte dipendenza dalle “intenzioni” dello stesso robot. I ricercatori auspicano che si conducano ulteriori studi

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o Il CYBERmondo o LeSCIENZE 11 marzo 2011

Come reagiamo alla carezza di un robot ?o Essere toccati è un'esperienza che può suscitare emozioni varie,

dal piacere al fastidio, arrivando alla paura di un'aggressione. o Ma come reagiscono le persone se vengono “toccate” da un

robot? Hanno provano repulsione o sono ben disposte? o La domanda non è oziosa per chi si occupa di robotica nella

prospettiva di realizzare cyber-infermieri o personale di assistenza automatica alla persona.

  In uno studio preliminare, i ricercatori del Georgia Institute of

Technology hanno riscontrato come le persone abbiano generalmente una risposta positiva quando vengono toccate da un automa di questo tipo ma

con una forte dipendenza dalle “intenzioni” dello stesso robot. I ricercatori auspicano che si conducano ulteriori studi per valutare in che

modo rendere il gesto più accettabile, soprattutto nell'ambito dell'assistenza sanitaria.

o ***********************************************************************o A livelli più “casalinghi” li abbiamo già in casa

o

o ROBOT LAVAPAVIMENTI PULITORE PAVIMENTI ASPIRAPOLVERE AUTOMATICO LUCIDA CASA NEW di Klarstein

o Acquista: EUR 72,90 o ********************************************************ooo LA STAMPA MERCOLEDÌ 22 LUGLIO 2009

o Vuole conoscerciArrivano i robot sociali e inaugurano una nuova era

o Sarah è il robot pettegoloo È la prima macchina a debuttare su Facebook:”Parla inglese e sa fare gossip”.o I creatori: segna l'inizio di un'era in cui í confini di ciò che è umano sono

sempre più sfumatio Se Sarah Mobileiro dovesse farvi la richiesta di amicizia su

Facebook, non tentate di ricordare in quale party l'avete conosciuta e accettata: sarete tra í primi amici di una robottina. Nata nell'ambito

del progetto «Facebots» e presentata a San Diego al meeting «Human-Robot Interation 2009», è il primo robot a entrare in un social network per interagire sia con persone conosciute nel laboratorio dove «vive» sia con amici di amici incontrati online.

o «Facebots» - racconta a «TuttoScienze» Níkolaos Mavridis, docente del Mit di Boston e direttore del laboratorio «Interactive Robots and Media» dell'Università degli Emirati Arabi Uniti presso Al Ain - è un progetto di sviluppo di robot sociali finanziato da Microsoft. «La prima fase che porterà alla versione finale del robot si concluderà a settembre. Poi il robot inizierà a interagire con la gente e così raccoglieremo dati per uno studio sulle interazioni uomo-macchina».

o Sarah e gli altri «Facebots» - sottolinea Mavridis - sono cre-ature capaci di esplorare l'ambiente: parlano l'inglese, hanno un sistema visivo per riconoscere í volti e un database che contiene dati e informazioni su chi conoscono. Non solo. Hanno un collegamento Internet per navigare nel social network più famoso.

o «Sarah è divertente - racconta Mavridis -. Speriamo di dimostrare che è capace di stringere rapporti forti, perché í suoi dialoghi si basano su ricordi e amicizie comuni, argomenti essenziali per noi umani». E' stata progettata con la personalità di una ragazza e, quindi, potrebbe «ingannare» chi frequenta Facebook, ma - rassicura - non è questo l'intento».

o Resta il fatto che l'empatia si farà sentire. «E' inevitabile - dice Mavridis -. L'ecologia sociale si arricchirà: il mondo sarà popolato da robot, personaggi virtuali, organismi nati dalla bioingegneria, oltre a ibridi con protesi neurali. E' perciò importante studiare simbiosi vantaggiose. Solo così - conclude -

uomini e robot diventeranno "intimi", avendo cura gli uni degli altri».

o ***************************************************************John Casti dirige l’ EXCENTER di Vienna:

centro dedicato alla PREVISIONE di EVENTI ESTREMIIl libro: “EVENTI X” Il Saggiatore

Noi e loro: Tra i disastri che possono mandare in tilt o la nostra civiltà c'è anche la

rivolta di macchine e robot sempre più intelligenti

La Stampa “TuttoScíenze” MERCOLEDÌ 3 OTTOBRE 2012 “Ora c’è la retina artificiale”

Creata all'IIT di Genova con polimeri e neuroni: «Servirà anche per í robot »

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Nanotecnologie

Le Scienze gennaio 2012 La nanotecnologia è un ramo della scienza applicata e della

tecnologia che si occupa del controllo della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nanometri) e della progettazione e realizzazione di dispositivi in tale scala.

”Nano” = un miliardesimo di…;

qui 1/1000 000 000 di m. l'atomo di idrogeno ha diametro di circa 10-10 m = 10-1nmIl termine "nanotecnologia" indica genericamente la

manipolazione della materia a livello atomico e molecolare, e in particolare si riferisce a lunghezze dell'ordine di pochi passi reticolari. ( Un passo reticolare è la distanza che separa i nuclei atomici in un solido).

La nanotecnologia coinvolge molteplici indirizzi di ricerca, tra cui: biologia molecolare, chimica, scienza dei materiali, fisica (sia applicata che di base), ingegneria meccanica, ingegneria chimica ed elettronica.

Le nanotecnologie presentano inoltre dei grossi rischi : infatti, potrebbero permettere di costruire armi convenzionali più distruttive ad un costo ridotto e armi di distruzione di massa che si auto-replicano (come fanno i virus e le cellule cancerose quando attaccano il corpo umano).

Visti questi pericoli, il Foresight Institute (fondato da Drexler per preparare l'arrivo delle future tecnologie) ha realizzato una serie di principi per lo sviluppo etico della nanotecnologia. Essi includono la proibizione di pseudo-organismi autoreplicanti (perlomeno sulla superficie della Terra, e forse anche in altri

ambienti). per l'Italia, si veda il documento approvato, nel 2006, dal Comitato nazionale per la bioetica.

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Indubbiamente sono state toccate questioni etiche e morali che influenzano in modo sempre più pervasivo molti aspetti della vita quotidiana.

Opinioni in libertà:Secondo l'opinione di alcuni esperti, chiamati in causa, Carlo

Bottani sostiene che «più che la fede, a reagire è il substrato culturale, che conduce al rifiuto della scienza»;

secondo Edoardo Boncinelli, invece l'Italia è sin troppo prudente e la scienza viene bistrattata e manca una cultura della ricerca e del brevetto;

secondo il teologo Vito Mancuso il pericolo può nascere quando si voglia alterare anche "il nucleo minimo della personalità" a vantaggio di una maggiore efficienza fisica, con la conseguenza di essere più belli ma diversi dall'io originario.

L'astronomo britannico Martin Rees (nel libro Our Final Hour, "La nostra ultima ora") sostiene che il progresso scientifico e tecnologico comporta altrettanti rischi di disastro che opportunità di miglioramento, e propone norme di sicurezza più rigide.

Il movimento ambientalista sostiene il Principio di Precauzione nell'applicazione industriale degli sviluppi tecnologici e addirittura la cessazione della ricerca in aree ritenute potenzialmente pericolose. Alcuni "precauzionisti" credono che l'intelligenza collettiva dell'umanità dovrebbe prima organizzarsi in

modo da essere pronta a superare i pericoli prodotti da intelligenze artificiali.

Altri critici fanno notare la soggettività di concetti come "miglioramento" e "limitazione", e osservano una pericolosa somiglianza con le vecchie ideologie eugenetiche in merito ad una "razza superiore", preoccupandosi di quello che il transumanesimo può significare in futuro, come ad esempio separazioni e discriminazioni di natura sociale fra i "migliorati" e chi non lo è (oppure, al contrario, fra "modificati" e "naturali"), rischiando di sfociare in un contrasto fra "superiori" ed "inferiori".

Hans Jonas : “Il Principio di responsabilità” ( 1979 ) Occorre integrare le norme etiche tradizionali con un'altra visione, quella dell’etica della responsabilità in relazione alla storia futura per salvaguardare l'essere e l'umanità nell'Universo minacciato dalla tecnica, con le sue conseguenze distruttive sul piano planetario. L'imperativo dell'etica della responsabilità viene così formulato: "Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana".

Non basta essere a posto con la propria coscienza, ma bisogna anche prevedere quali influssi le nostre azioni attuali potranno avere nel futuro (dell'umanità e del pianeta), ad esempio, ponendoci la domanda: «se continuiamo a consumare energia e a inquinare il pianeta con gli attuali

ritmi, che destino riserveremo ai nostri figli e nipoti?».

Il problema deriva La caratteristica più rilevante sta forse nell'enorme crescita della scienza e della tecnica, con ricadute ormai difficilmente prevedibili (in quantità e qualità).

A motivo di questo quasi autonomo dispiegarsi della tecnica scientifica si è venuto a delineare un nuovo rapporto dell'uomo con la natura in quanto essa non rappresenta più la base inesauribile delle risorse economiche né lo spazio indistruttibile di habitat e di vita per l'uomo .

…altri "bioconservatori" come Bill McKibben, Francesco D'Agostino, Pietro Barcellona o Giuliano Ferrara e alcuni clericalisti ( ! ) sostengono infine che ogni tentativo dell'individuo di alterare la propria natura (attraverso la clonazione e/o l'ingegneria genetica) è di per sé stesso immorale

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Transumanismo movimento per il miglioramento della condizione umana attraverso

tecnologia di miglioramento della vita, come l’eliminazione

dell’invecchiamento e il potenziamento delle capacità intellettuali, fisiche o fisiologiche dell’uomo.

Per lo studio dei benefici, pericoli e degli aspetti etici e politici dell’implementazione di queste tecnologie.

I transumanisti di norma sono a favore dell’utilizzo delle tecnologie emergenti, incluse molte attualmente ritenute controverse, come l’ingegneria genetica sull’uomo, la crionica, e gli usi avanzati dei computer e delle comunicazioni.

Spesso ritengono che l’intelligenza artificiale un giorno supererà quella umana.

Secondo alcuni la rapidità in crescita dello sviluppo tecnologico suggerisce progressi tecnologici radicali ed importanti per i prossimi 50 anni.

Secondo i transumanisti questo sviluppo è desiderabile gli esseri umani possono e dovrebbero diventare “ più che

umani” attraverso l’applicazione di innovazioni tecnologiche come l’ingegneria genetica, la nanotecnologia, la neurofarmacologia, le protesi artificiali, e le interfacce tra la mente e le macchine.

o LaStampa MERCOLEDÌ 3 0TTÓBRΕ 2012 TuttoScíenze

o Le meraviglie dell’elettronica stanno per sbarcare in laboratorio e in ospedale

Molecole intelligenti scovano le cellule malate e le curano: è la nuova rivoluzione della diagnosi e della terapia in medicina. Tutto merito delle nanotecnologie, che stanno mettendo a punto nuovi strumenti ultrapiccoli

e ultrasensibili. A spiegare le nuove frontiere è

stato Fabio Beltram, direttore della Scuola normale superiore di Pisa, alla recente conferenza internazionale di Venezia «The future of science»: «Questi composti di molecole, possono essere iniettati, malati o introdotti nel corpo anche attraverso un collirio». Un esempio? La lotta ai tumori con molecole che si comportano come gli anticorpi contro virus e batteri.

Computer del futuro: la luce invece degli elettroni

La realtà virtuale in un paio di lenti a contatto

Nanotecnologie: il primo nanomotore fatto di DNA 

Novità nel campo delle nanotecnologie: è stato costruito il primo 17uto assemb fatto di tessere di Dna ripiegate come degli origami. Il nanomotore, frutto di una ricerca condotta in collaborazione dalle Università di Kyoto e di Oxford, è la dimostrazione che è possibile costruire dispositivi minuscoli completamente controllabili, e rappresenta l’evoluzione di quelli ottenuti fino ad oggi, che erano basati su frammenti lineari di Dna.

“Abbiamo dimostrato che non solo è possibile costruire 17uto assemblarsi che funzionano in modo autonomo,

ma possiamo fare in modo che si comportino in modo prevedibile e controllabile a seconda delle condizioni di partenza”, ha spiegato il responsabile della ricerca, Masayuki Endo, dell’Istituto per la Scienza dei materiali cellulari integrati (iCeMS) dell’università di Kyoto.

Shelley Wickham dell’Università di Oxford, uno degli autori della ricerca, ha dichiarato che il nuovo 18uto assemb potrebbe essere il primo passo verso lo sviluppo di sistemi sempre più complessi, come linee molecolari programmabili in grado di 18uto assemblarsi e sensori di nuova generazione, mentre per il ricercatore dell’iCeMS Hiroshi Sugiyama “le promesse sono grandi, ma ci sono ancora numerosi problemi tecnici da affrontare e risolvere: siamo solo all’inizio di un campo completamente nuovo ed affascinante”.

L’economista politico conservatore Francis Fukuyama, autore di La Fine della Storia, sostiene nel suo libro L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica che l’obiettivo transumanista di alterare la natura umana e l’uguaglianza tra gli esseri umani rischia di minare nei fatti gli ideali della democrazia liberale.

Quale futuro per la clonazione?Passo avanti nella donazione di embrioni umani a

scopo terapeuticoLe Scienze dicembre 2011La clonazione consiste nel rimuovere il DNA di una cellula

uovo (ovocita) e sostituirlo con quello di una cellula somatica adulta appartenente all’organismo che si vuole replicare.

Da questa procedura, nota come SCNT (acronimo di somatic cell nuclear transfer), si crea un embrione che, per svilupparsi completamente, ha bisogno di essere impiantato nell’utero di una madre surrogata. In questo caso si parla di donazione riprodut-tiva, una tecnica che ha dato risultati importanti già nel 1996 con la nascita della famosa pecora Dolly.

oDolly (1997) dagli studi di Sh. Yamanaka

Nobel 2012-10-09

Ma c’è anche un altro tipo di donazione: la donazione terapeutica, che si distingue da quella riproduttiva perché ha come obiettivo la produzione di un embrione geneticamente identico al donatore di DNA da cui ricavare le cellule staminale che possono essere usate per finalità terapeutiche.

Fino a oggi í tentativi di clonazione di esser umani non hanno però avuto un grande successo. Mentre nella pecora (e in altri animali) l’ovocita modificato si duplica fino a generare un em-brione e successivamente un animale identico al donatore di DNA, nell’essere umano il processo di duplicazione si interrompe presto

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Recentemente un gruppo di ricerca coordinato da Scott Noggle del New York Stem Cell Foundation Laboratory ha descritto su «Nature» una nuova procedura di donazione che permette di generare cellule staminali pluripotenti umane.

I ricercatori hanno trasferito il DNA di una cellula somatica umana all’interno di un ovocita che però non è stato privato del nucleo. I risultati sono stati sorprendenti: la nuova cellula è stata in grado di duplicarsi fino a dare origine a cellule staminali embrionali umane triploidí (cioè con tre serie complete di

cromosomi, due derivanti dalla cellula somatica e uno dall’ovocita). Ma c’è di più: le cellule staminali ottenute in questo modo sono pluripotenti, ovvero capaci di originare diversi tipi cellulari.

Gli autori ritengono che la presenza del genoma dell’ovocita sia fondamentale per ríprogrammare la cellula somatica umana e farla «tornare indietro» fino a uno stadio di pluripotenza. La linea cellulare così creata non potrebbe comunque essere usata per scopi terapeutici dal momento che non si conosce il comportamento di una cellula triploide nei tessuti. Enrico Properzi

************************************Nobel2012 per la medicina a JB GORDON e Sh.

YAMANAKAIps = STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE cioè

ottenute dalla riprogrammazione di cellule già differenziate e in grado di svilupparsi in diversi tipi di tessuto.

Insomma: cellule che TORNANO INDIETRO allo stato embrionale.

Avvenimento paragonabile alla scoperta della teoria della RELATIVITA’ nelle scienze fisiche

************************************Cellula staminale Cellula non specializzata capace di dividersi indefinitamente;

a ogni suddivisione produce due cellule figlie, delle quali una è staminale e l’altra è capostipite di una popolazione di cellule che, a loro volta, danno luogo a cellule mature e differenziate, ovvero a tessuti distinti.

Le cellule staminali assicurano la formazione e il rinnovamento dei tessuti, ovvero la sostituzione delle cellule che hanno terminato il proprio ciclo vitale e di quelle lesionate.

cellule di embrione umano al terzo giorno dalla

fecondazione.Fin dalle prime fasi dello sviluppo embrionale lo zigote, derivante dalla

fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo, si divide ripetutamente per mitosi; in tal modo si formano cellule geneticamente identiche e non ancora differenziate, cioè non ancora caratterizzate da una specifica morfologia e funzione.

Nel corso dello sviluppo, i diversi gruppi di cellule si organizzano in tessuti e organi distinti e perdono in parte o del tutto la capacità di suddividersi; al contrario, alcune cellule dette staminali, mantengono per tutta la vita carattere embrionale ed elevata attività proliferativa. Nella foto,

Nell’adulto, la quantità e la capacità proliferativa delle cellule indifferenziate è diversa nei tessuti che, per tale motivo, presentano differente capacità di rinnovamento e, nell’istologia classica, vengono distinti in labili, stabili e perenni. In realtà, molte proprietà delle cellule staminali e i meccanismi che ne guidano il differenziamento sono ancora allo studio. Numerose ricerche, a partire dagli anni Novanta del Novecento, hanno rivelato caratteristiche prima inaspettate, come la capacità di alcune cellule staminali adulte di trasformarsi in cellule di tessuti diversi da quello cui appartengono (transdifferenziamento). Inoltre, cellule di tipo staminale sono state trovate anche in tessuti tradizionalmente considerati incapaci di rinnovarsi (perenni), come il nervoso e il pancreatico.

Aspetti bioetici di alcune tecniche riproduttiveLo sviluppo tecnologico nella ricerca genetica, nella

biologia molecolare e nella biotecnologia ha avuto importanti

ripercussioni anche in medicina, rendendo possibili applicazioni sull'uomo impensabili solo venti anni fa.

Possibili, ma anche lecite? Molti interrogativi di natura bioetica sembrano scontrarsi

con la necessità della scienza di sperimentare; il superamento di barriere ritenute prima invalicabili, la legittimità di ciò che è tecnicamente fattibile suscita posizioni spesso contradditorie in ambito sia scientifico sia politico e sociale.

Importanti quesiti si pongono soprattutto nell'ambito della riproduzione umana.

In questo caso, infatti, sono in gioco molteplici fattori, che riguardano non solo gli aspetti fisiologici e psicologici della madre, del padre e della coppia, ma anche quelli dell'individuo che da essa dovrà svilupparsi.

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TIPI DI CELLULE STAMINALI In base alla capacità di generare qualsiasi tipo di tessuto, oppure alcuni o uno soltanto, le cellule staminali si dicono, rispettivamente, totipotenti, multi o pluripotenti e unipotenti. In base alla provenienza si distinguono cellule staminali embrionali, fetali, da cordone ombelicale e adulte.

Cellule staminali embrionali eterologheo

Tecnologie per la riproduzione assistitaDei quattro metodi generalmente utilizzati per risolvere i casi di sterilità, tre (FIV, o

fecondazione in vitro; ZIFT, o trasferimento endotubarico di zigoti e ICSI, o iniezione intracitoplasmatica di sperma) consistono nell'indurre artificialmente l'incontro tra lo spermatozoo e l'ovulo in laboratorio e nell'impiantare l'ovulo già fecondato (zigote) all'interno dell'apparato riproduttivo della donna. Il quarto metodo (GIFT, o trasferimento endotubarico di gameti) consiste invece nel produrre in laboratorio una miscela di ovuli e sperma (gameti), che viene quindi immessa all'interno delle tube di Falloppio della donna, in modo che la fecondazione avvenga naturalmente.

Nell’embrione allo stadio di blastocisti, prima del suo annidamento nella parete uterina, si trovano cellule staminali totipotenti e altamente proliferative, cioè capaci di produrre un numero assai elevato di progenitori di qualsiasi tipo di tessuto (cellule staminali embrionali o ES); mediante tecniche particolari, queste possono essere coltivate in vitro e mantenute inalterate per anni. Dimostrano interessanti applicazioni: sono in grado di integrarsi in un embrione senza alterarne lo sviluppo e differenziandosi nei diversi tessuti del nuovo organismo; possono essere “guidate” in modo da differenziarsi in un determinato tipo cellulare, come neuroni, cellule muscolari cardiache e progenitori degli elementi sanguigni.

Cellule staminali ottenute in grande quantità da embrioni congelati derivanti da procedure di fecondazione in vitro (FIV), eccedenti per tali finalità (si parla di embrioni sovrannumerari) e donati previo consenso informato, potrebbero teoricamente essere utilizzate per ricerche sui meccanismi di differenziamento dei tessuti oppure a scopo terapeutico per trattamenti immunologici sul feto all’interno dell’utero o al momento della nascita. Non è stato chiarito quali conseguenze abbia il congelamento a lungo termine sulla vitalità delle cellule.

Sviluppo embrionale: sesto giornoNel corso dello sviluppo embrionale umano, quando l'embrione ha cinque giorni di vita si

trova già nell'utero e passa dallo stadio di morula a quello di blastula, ovvero assume l'aspetto di una sfera cava detta blastula; la cavità prende il nome di blastocisti. Dopo uno o due giorni, la blastula si insedia nello strato più interno della parete uterina, l'endometrio (annidamento). La mucosa uterina risulta in questa fase ispessita e riccamente vascolarizzata, in modo da nutrire l'embrione prima che si formi la placenta. Tale trasformazione dell'utero avviene grazie all'azione dell'ormone progesterone, la cui produzione aumenta quando avviene il concepimento.

È tecnicamente possibile anche prelevare alcune cellule staminali dall’embrione, senza sopprimerlo, in fasi molto precoci dello sviluppo (morula, blastula); in tal caso, sussiste il problema di espandere le cellule ES, cioè indurre in modo artificiale la loro moltiplicazione, così da potere disporre di quantità sufficienti per le applicazioni cui si intendono destinare.

Infine, una fonte di cellule staminali embrionali sono le cellule germinali primordiali, presenti all’interno delle gonadi del feto e capostipiti delle cellule riproduttive (gameti). Prelevate da feti abortivi, possono teoricamente essere coltivate in vitro e “dirette” in modo da trasformarsi in cellule EG.

Le cellule staminali embrionali ottenute con le tecniche appena descritte, se impiegate nel trattamento di pazienti, sono dette eterologhe; cioè provengono da un individuo diverso da quello in cui sono utilizzate. Il metodo del trasferimento nucleare (o TNSA) permette invece di produrre cellule staminali embrionali autologhe, derivanti dallo stesso individuo, di cui si tratta nel paragrafo seguente.

o

Cellule staminali embrionali autologhe La possibilità di ottenere cellule staminali embrionali di tipo autologo apre nuove prospettive terapeutiche, rendendo disponibili cellule adatte a essere trapiantate nello stesso donatore (autotrapianto) e compatibili dal punto di vista immunitario.

Mediante la tecnica detta TNSA, o trasferimento nucleare, il nucleo di una cellula somatica viene iniettato in una cellula uovo precedentemente enucleata (privata del proprio nucleo); tale procedimento è analogo a quello di clonazione che portò alla nascita della famosa pecora Dolly, con la differenza che non si intende ottenere un organismo adulto clonato e la cellula con il nuovo nucleo non viene impiantata in un utero per farla crescere. In questo caso, invece, la cellula con il nuovo nucleo può essere indotta mediante fattori di crescita a svilupparsi in vitro in un embrione da cui verranno prelevate le cellule staminali; oppure, può essere moltiplicata in masserelle di cellule che vengono poi “guidate” a differenziarsi verso un certo tipo di tessuto. Alcuni autori e la maggior parte dei media rivolti al grande pubblico, si riferiscono a questo metodo definendolo “clonazione terapeutica”.

Cellule staminali fetali Sono cellule staminali finalizzate all’accrescimento di alcuni tessuti nel neonato, con caratteri intermedi tra quelle dell’embrione e quelle dell’adulto. Tecnicamente, è possibile prelevarle da feti abortivi; occorre però chiarire quali capacità di proliferazione e di differenziamento possono mantenere se coltivate in vitro.

Cellule staminali da cordone ombelicale Dal prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale, al momento della nascita, è possibile isolare cellule staminali dotate di grande capacità proliferativa e, allo stato attuale, considerate precursori degli elementi sanguigni. Su queste cellule si basa la cosiddetta terapia del sangue ombelicale, sperimentata come alternativa al trapianto di midollo osseo (TMO) eterologo (cioè da un individuo a un altro). La possibilità di ottenere altri tessuti è ancora allo studio. Alcuni ricercatori propongono l’istituzione di banche di cellule staminali autologhe, nelle quali ciascun individuo potrebbe conservare le proprie cellule staminali del cordone prelevate al momento della nascita, in modo da poterle utilizzare per autotrapianto in caso di necessità.

Cellule staminali adulte Nell’adulto le cellule staminali permettono la ricostituzione di tessuti danneggiati. Verso la fine degli anni Novanta è stato dimostrato che, contrariamente a quanto ritenuto in precedenza, non si differenziano esclusivamente in modo da produrre le cellule mature del tessuto cui appartengono, ma possiedono capacità inaspettate, molte delle quali probabilmente devono ancora essere scoperte: ad esempio, cellule staminali nervose possono dare luogo a cellule ematopoietiche, oppure cellule del midollo osseo possono originare cellule epatiche, fenomeno detto transdifferenziamento. Questa proprietà potrebbe essere sfruttata coltivando in vitro cellule di un tessuto e guidandone il differenziamento in modo da potere intervenire nella ricostruzione di tessuti lesionati in modo autologo, cioè trapiantando cellule dello stesso paziente e scongiurando in tal modo il fenomeno del rigetto.

Tessuto adiposoLe cellule del tessuto adiposo, o adipociti, rappresentano la sede in cui i lipidi in eccesso si

depositano, e dalla quale possono essere mobilizzati, come risposta ad aumentate esigenze energetiche dell'organismo. Il grasso corporeo forma spessi pannicoli sottocutanei in mammiferi adattati ai climi freddi; nell'uomo, se esso supera una certa percentuale rispetto alla massa totale, può indurre sovrappeso e obesità. Nella foto, alcuni adipociti osservati al microscopio elettronico a scansione, ingranditi 530 volte.

PRIME RICERCHE Se l’esistenza di cellule e tessuti capaci di rigenerarsi è un fenomeno noto da tempo nell’istologia e nell’embriologia, derivante dall’osservazione dei meccanismi di sviluppo e di riparazione delle lesioni, l’identificazione delle cellule staminali è relativamente recente. La prima coltura di cellule embrionali di topo si ebbe nel 1981; per l’isolamento e la coltivazione di cellule embrionali umani si dovette attendere il 1998. L’annuncio fu dato da due team della Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland, e dell’Università del Wisconsin a Madison, che avevano lavorato in modo indipendente, rispettivamente su embrioni ai primissimi stadi di sviluppo (stadio di blastocisti) e su feti abortiti.

Nel 1999 l’équipe del ricercatore italiano Angelo Vescovi dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l’Istituto San Raffaele di Milano ha identificato in individui adulti cellule staminali progenitrici delle cellule nervose, nella regione del cervello posteriore al bulbo olfattivo. Nell’aprile 2001, presso l’Università della California a Los Angeles, cellule staminali derivanti da tessuto adiposo sono state indotte in vitro a differenziarsi in cellule del tessuto cartilagineo, osseo e muscolare.

È del maggio 2001 l’identificazione, nel midollo osseo di topo, di una “supercellula” staminale capace di dare origine a elementi sanguigni, a midollo osseo e a cellule del polmone, dell’intestino e della pelle; la scoperta è opera della New York University School of Medicine. Nel giugno 2001 ricercatori del Laboratorio di Ematologia dell’Istituto Superiore della Sanità hanno isolato dal sangue di cordone ombelicale l’emoangioblasto, cellula staminale da cui sembrano derivare i vasi sanguigni.

APPLICAZIONI E RECENTI SVILUPPI Al di là dell’interesse prettamente biologico delle scoperte sulle cellule staminali, vi è la speranza di potere definire nuove terapie mediche che ne sfruttino le potenzialità.

L’impiego di cellule staminali adulte, anche se disponibili in minore quantità e di più lenta proliferazione di quelle embrionali, ha fornito risultati incoraggianti. La principale applicazione è la ricostituzione del midollo osseo danneggiato da trattamenti di radio- o chemioterapia; in tal caso, le cellule provengono dal sangue, dal midollo osseo o dal sangue del cordone ombelicale. Un autotrapianto di cellule staminali da midollo osseo è stato effettuato con successo nel cuore di un paziente colpito da infarto del miocardio.

Cellule staminali epidermiche possono essere applicate per la ricostruzione cutanea in caso di gravi ustioni e tumori. Una sfida è rappresentata dall’applicazione della terapia genica alle cellule staminali che, dimostrandosi più ricettive nell’acquisizione di DNA estraneo (inoculato ad esempio tramite virus-vettori), potrebbero essere impiantate in tessuti in cui vi è un difetto genetico.

La ricerca medica si sta attualmente focalizzando sul trattamento di malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, còrea di Huntington, sclerosi laterale amiotrofica), di malattie della retina e dell’orecchio, e di alcune malattie metaboliche. Nel febbraio 2000 l’Università della Florida ha utilizzato cellule staminali del pancreas di topo trapiantandole nel pancreas di esemplari affetti da diabete giovanile; le cellule trapiantate hanno prodotto insulina permettendo la regressione della malattia. Il team statunitense del biologo Ron McKay, presso i National Institutes of Health di Bethesda, Maryland, è riuscito a combattere i sintomi del morbo di Parkinson nei ratti impiegando cellule staminali embrionali di topo.

Nell’aprile 2003 due ricercatori dell’Istituto San Raffaele, il già citato Angelo Vescovi e Gianvito Martino, hanno pubblicato uno studio in cui per la prima volta cellule staminali di tipo neurale, prelevate da topi adulti, sono state inoculate in topi affetti da sclerosi multipla e hanno determinato il recupero della capacità di camminare e muovere la coda e, in alcuni esemplari, la guarigione completa. Questo risultato appare di interesse particolare perché per la prima volta è stata curata una malattia che colpisce in modo diffuso il midollo spinale e il cervello (mentre ad esempio nel Parkinson i danni sono più focalizzati).

Un altro passo in avanti nella direzione di una possibile terapia delle malattie neurodegenerative è costituito dalle ricerche del biologo Ping Wu della University of Texas Medical Branch di Galveston, i cui risultati sono stati pubblicati nell’autunno 2002. Un “cocktail” di tre proteine, normalmente coinvolte nel processo di crescita e differenziamento dei neuroni, è stato somministrato a colture in vitro di cellule staminali fetali umane prima di essere impiantate nel cervello o nel midollo spinale di ratti sani, allo scopo di stimolarne il differenziamento in neuroni. La procedura si è rivelata efficace e permetterebbe di limitare il fenomeno per cui cellule staminali neuronali trapiantate nell’ospite tendono a svilupparsi non in neuroni veri e propri, ma in altri tipi cellulari con funzione di sostegno, normalmente presenti nel tessuto nervoso (cellule della nevroglia).

Dibattito sulla clonazione terapeutica Se vi è necessità di disporre di un numero adeguato di cellule staminali umane da destinare alla ricerca, in linea teorica la cosiddetta clonazione terapeutica potrebbe essere una soluzione al problema: produrre embrioni che sono cloni di individui adulti, prendendo nuclei di cellule somatiche e inserendoli in cellule uovo a loro volta denucleate. Ciò eviterebbe l’utilizzo (da alcuni ritenuto eticamente inaccettabile) degli “embrioni sovrannumerari”, cioè degli embrioni ottenuti con fecondazione in vitro e non destinati all’impianto nell’utero materno perché eccedenti, dunque mantenuti a tempo indeterminato in appositi congelatori. Insomma, la scelta parrebbe tra “embrioni costruiti” ed “embrioni naturali”. In realtà, il dibattito è acceso, e le implicazioni etiche, biologiche, legislative, religiose sono numerose.

La decisione del presidente statunitense George W. Bush, dell’agosto 2001, permetteva soltanto l’utilizzo delle 64 linee cellulari embrionali già esistenti e brevettate, ma vietava l’investimento di fondi pubblici in studi con nuove linee di cellule staminali di embrioni, sia sovrannumerari sia clonati. A tale decisione si allineò il ministro della Salute italiano Girolamo Sirchia. La Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, approvata dal Consiglio d’Europa, vieta la clonazione terapeutica ma non vieta l’uso degli embrioni sovrannumerari, rimandando a ciascun governo dell’Unione la scelta. A infiammare la discussione è intervenuta la decisione della Gran Bretagna che, primo paese a emanare un simile provvedimento, nel 2002 ha autorizzato la clonazione terapeutica.

Alcuni ritengono inaccettabile tout court l’uso di embrioni e ritengono che le cellule staminali prelevate da adulto rappresentino una valida alternativa, così come quelle derivanti dal cordone ombelicale e dal midollo osseo. Altri ricercatori ritengono invece che la sperimentazione debba procedere parallelamente su entrambi i tipi di cellule, embrionali e adulte, e che possa addirittura integrarsi con le tecniche di ingegneria genetica per modificarne alcuni geni.

Nel caso del team di Bethesda sopra citato, nelle cellule embrionali è stato modificato un gene in modo da indurle a svilupparsi in neuroni sani; le cellule sono state impiantate nel tessuto cerebrale degli individui malati e hanno permesso la scomparsa dei sintomi più gravi e la sopravvivenza dei ratti. Nei primi tentativi di trattare il Parkinson con trapianto cellulare si erano usate cellule neuronali fetali non geneticamente modificate, ma si era in seguito osservata la scarsa capacità di queste cellule di regolare correttamente la produzione del neurotrasmettitore dopamina, correlato con la malattia.

Malgrado le polemiche, nel luglio 2004 la Gran Bretagna ha inaugurato la prima banca mondiale delle cellule staminali, alla quale i laboratori di tutto il mondo potranno afferire per la custodia, la clonazione e lo scambio di queste preziose risorse. La speranza è quella di coordinare gli sforzi dei team internazionali e di favorire la messa a punto di terapie effettivamente applicabili ai malati di Parkinson, e altre malattie neurodegenerative. Il centro è

chiamato UK Stem Cell Bank ed è situato presso il NIBSC (National Institute for Biological Standards and Control), istituto pubblico di ricerca già noto a livello internazionale come ente specializzato nel controllo degli standard qualitativi di prodotti biologici come vaccini e derivati del sangue.

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