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La natura della tecnologia e i processi di innovazione tecnologica Giovanni Dosi Richard Nelson (Pubblicato in Parolechiave, n.51, 2014) Questo contributo tenta di sistematizzare ciò che è stato appreso riguardo i processi dell'evoluzione tecnologica, le loro principali caratteristiche, ed i loro effetti sull'evoluzione dei settori industriali. 1 Introduzione Un ampio insieme di studiosi, sia in economia che in molte altre discipline, ha studiato l'avanzamento tecnologico, visto come un processo evolutivo. Tale prospettiva sul cambiamento tecnologico è intimamente collegata alla recente ricerca sulla dinamica industriale e sulla crescita economica considerati come processi interrelati e guidati dall'innovazione tecnologica ed organizzativa. In questo contributo forniamo le premesse fondamentali di questa linea di ricerca, rivediamo ed integriamo gran parte di ciò che è stato appreso riguardo i processi dell'evoluzione tecnologica, le loro principali caratteristiche, ed i loro effetti sull'evoluzione dei settori industriali 1 . La proposizione che la tecnologia procede attraverso un processo evolutivo non è una nuova idea. Quasi trecento anni fa, Bernard de Mandeville, evidenziando (puntualizzando) ciò che lui considerava una dei più sofisticati e complessi artefatti della sua epoca, l'allora moderno Man of War (nave da guerra), spiegava come la sua progettazione fosse avvenuta in maniera incrementale e largamente “emergente” rispetto agli skills delle centinaia o migliaia di disegnatori coinvolti: Che… meravigliosa macchina è un First-Rate Man of War…[oggi diremmo una nave corazzata]. Noi spesso ascriviamo all'eccellenza del genio umano e alla profondità della sua penetrazione, ciò che in realtà è dovuto alla lunghezza del tempo, e all'esperienza di molte generazioni [simili] in sagacia... (Mandeville, 1714, vol. II, pp. 141–142). Occorre anche notare come Adam Smith cominci “La Ricchezza delle Nazioni” sottolineando l'importanza del progresso tecnologico per la crescita economica, e discute i processi coinvolti con una modalità che anticipa la moderna analisi evolutiva. Nella sua interpretazione dei fattori antistanti agli enormi incrementi della produttività del lavoro – in generale, e nel suo esempio della manifattura di spilli, in particolare – Smith propone come una forza chiave trainante sia stata: «l'invenzione di un gran numero di macchinari che facilitano e riducono il lavoro, e permettono ad un uomo di fare il lavoro di molti» (Smith, 1776, p. 17). 1Precedenti discussioni alle quali riferiamo sono Dosi (1988, 1991, 1997), Cimoli e Dosi (1995), Dosi e Nelson (1994), Dosi et al. (2005b), Nelson (1981, 1996, 1998, 2005), Freeman (1982, 1994), Nelson e Winter (1977, 2002).

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La natura della tecnologia e i processi di innovazione tecnologica

Giovanni Dosi

Richard Nelson

(Pubblicato in Parolechiave, n.51, 2014)

Questo contributo tenta di sistematizzare ciò che è stato appreso riguardo i processi dell'evoluzionetecnologica, le loro principali caratteristiche, ed i loro effetti sull'evoluzione dei settori industriali.

1 Introduzione

Un ampio insieme di studiosi, sia in economia che in molte altre discipline, ha studiatol'avanzamento tecnologico, visto come un processo evolutivo. Tale prospettiva sul cambiamentotecnologico è intimamente collegata alla recente ricerca sulla dinamica industriale e sulla crescitaeconomica considerati come processi interrelati e guidati dall'innovazione tecnologica edorganizzativa. In questo contributo forniamo le premesse fondamentali di questa linea di ricerca,rivediamo ed integriamo gran parte di ciò che è stato appreso riguardo i processi dell'evoluzionetecnologica, le loro principali caratteristiche, ed i loro effetti sull'evoluzione dei settori industriali1.

La proposizione che la tecnologia procede attraverso un processo evolutivo non è una nuova idea.Quasi trecento anni fa, Bernard de Mandeville, evidenziando (puntualizzando) ciò che luiconsiderava una dei più sofisticati e complessi artefatti della sua epoca, l'allora moderno Man ofWar (nave da guerra), spiegava come la sua progettazione fosse avvenuta in maniera incrementale elargamente “emergente” rispetto agli skills delle centinaia o migliaia di disegnatori coinvolti:

Che… meravigliosa macchina è un First-Rate Man of War…[oggi diremmo una nave corazzata]. Noi spessoascriviamo all'eccellenza del genio umano e alla profondità della sua penetrazione, ciò che in realtà è dovutoalla lunghezza del tempo, e all'esperienza di molte generazioni [simili] in sagacia... (Mandeville, 1714, vol.II, pp. 141–142).

Occorre anche notare come Adam Smith cominci “La Ricchezza delle Nazioni” sottolineandol'importanza del progresso tecnologico per la crescita economica, e discute i processi coinvolti conuna modalità che anticipa la moderna analisi evolutiva. Nella sua interpretazione dei fattoriantistanti agli enormi incrementi della produttività del lavoro – in generale, e nel suo esempio dellamanifattura di spilli, in particolare – Smith propone come una forza chiave trainante sia stata:«l'invenzione di un gran numero di macchinari che facilitano e riducono il lavoro, e permettono adun uomo di fare il lavoro di molti» (Smith, 1776, p. 17).

1Precedenti discussioni alle quali riferiamo sono Dosi (1988, 1991, 1997), Cimoli e Dosi (1995), Dosi e Nelson (1994), Dosi et al. (2005b), Nelson (1981, 1996, 1998, 2005), Freeman (1982, 1994), Nelson e Winter (1977, 2002).

I processi attraverso i quali è scaturito il design della “moderna” nave da guerra e la produttività èmigliorata, sia tramite “l'apprendimento con l'esperienza” (learning by doing)- diremmo oggi-, siatramite lo sviluppo di nuove macchine, che Mendeville e Smith già suggerivano essere “evolutivi”,nel senso ampio del termine.

Prima di tutto, per spianare il terreno abbiamo bisogno di discutere brevemente cosa significa“tecnologia”.

2 Sulla natura della ''tecnologia''

Nei termini più generali, una tecnologia può essere considerata come un mezzo progettatodall'uomo per ottenere un fine particolare, che sia esso un modo per produrre l'acciaio come ilprocesso da riduzione diretta da ossigeno, un dispositivo per processare le informazioni com ilcomputer, o l'insieme di azioni messe in atto in una operazione cardiaca. Questi mezzi molto spesso(implicano particolari elementi di conoscenza, procedure ed artefatti. Questi diversi aspetti offronomodi diversi ma complementari di descrivere la tecnologia.

2.1 Tecnologia ed informazione

Quali sono le caratteristiche della conoscenza tecnologica?

E' utile considerare come punti di partenza alcune caratteristiche fondamentali generalmentecondivise dalla conoscenza tecnologica e dall'informazione.

Primo, la conoscenza tecnologica (anche quando è considerata essere uguale all'informazione) ènon rivale nell'uso. L'utilizzo da parte di un agente economico in nessun modo per se stesso riducela possibilità di altri agenti economici di utilizzare la stessa conoscenza.

Secondo, vi è un'intrinseca indivisibilità nell'uso dell'informazione (metà di una proposizioneriguardo qualunque proprietà del mondo o di una tecnologia non vale la metà dell'interaproposizione stessa: molto probabilmente essa non vale nulla).

Terzo, sia la conoscenza tecnologica sia la pura informazione implicano alti costi iniziali digenerazione quando comparati con i più bassi costi derivanti dalla loro ripetuta utilizzazione,quando una tecnologia è “in azione” (con “essere in azione” intendendo approssimativamente “conprofessionisti ed organizzazioni effettivamente in grado di padroneggiarla ed utilizzarla”). Per dipiù, l'informazione strictu sensu tipicamente manifesta un costo di riproduzione trascurabile, il cheè strettamente correlato (ma non identico) alla proposizione che l'informazione può essere utilizzataad ogni scala (maggiore o uguale ad uno). In effetti, vi è qualcosa di genuinamente specialedell'informazione in generale, ma anche della conoscenza tecnologica in quanto esse condividonouna certa proprietà di indipendenza teorica dalla dimensione (scala-scale free). Quindi, in primaapprossimazione (da non prendere letteralmente in parola, vedi dopo), un' “idea” quando è

pienamente sviluppata non implica alcuna intrinseca restrizione sulla scala della suaimplementazione.

Quarto, come conseguenza, vi è una fondamentale proprietà di ritorni crescenti nell'utilizzodell'informazione e della conoscenza tecnologica. L'impiego dei beni economici usuali, variandodalle scarpe ai macchinari, implica che l'uso li deteriori. Ciò non è valido ne per l'informazione neper la conoscenza tecnologica. Al contrario, l'uso persistente di entrambe implica quantomeno illoro (its nel testo) non-deprezzamento, almeno in termini tecnici (il loro valore economico è unaquestione differente).

Garantite le precedenti proprietà della tecnologia/informazione, la conoscenza tecnologica haimportanti caratteristiche in se stessa, sottolineate da un corpo di interpretazione guidato nel 1960'se nel 1070's da Christopher Freeman nel Regno Unito e da alcuni accademici negli Stati Uniti, chepotrebbero essere chiamati la `'' Stanford–Yale–Sussex (SYS) sintesi'' (cfr. Dosi et al., 2006b), sullabase dei luoghi dove in quegli anni i più rilevanti contributori avevano sede. In breve, taleinterpretazione prende spunto dalle intuizioni fondamentali sull'economia dell'informazione giàpresenti in Arrow (1962a) e Nelson (159), e successivi raffinamenti (cfr. David, 1993, 2004 traalcuni altri), insieme con lavori che si focalizzavano sulle caratteristiche specifiche dellaconoscenza tecnologica (includendo Dosi, 1982, 1988; Freeman, 1982, 1994; Freeman e Soete,1997; Mowery e Rosenberg, 1989; Nelson, 1962, 1981; Nelson e Winter, 1977, 1982; Pavitt, 1987,1999, 2005; Rosenberg, 1976, 1982; Winter, 1982, 1987, 2005, 2006a). In tale sintesi è possibileprendere pienamente atto delle comuni caratteristiche dell'informazione e della conoscenza —ingenerale, e con riferimento alla conoscenza tecnologica in particolare. Insieme, comunque, è anchepossibile distinguere le caratteristiche specifiche della conoscenza tecnologica e dei modi in cuiessa è generata ed impiegata nelle moderne economie.

Nel caso della tecnologia, potrebbe probabilmente essere che persino se un corpo della conoscenzasia teoricamente utilizzabile ad ogni scala (diciamo, un processo produttivo che possa essereimpiegato dieci o un milione di volte), ciò non implica che la replicazione o l'imitazione sianecessariamente facile ed economica (vedi Winter, 2005, 2006a; Winter e Szulanski, 2001, 2002).Come vedremo con maggiore dettaglio in seguito, nel caso della conoscenza tecnologica la“proprietà di riproduzione indipendente dalla scala” (scale-free) è soggetta a tre principaliqualificazioni.

Certamente, primo, la non rivalità nell'uso implica il non-deterioramento per mezzo dellariproduzione o del trasferimento sia della conoscenza scientifica che di quella tecnologica:certamente il teorema di Pitagora non è deteriorato né dell'uso ripetuto da parte di Pitagora stessoné dall'essere appreso dai suoi discepoli. Questa proprietà, comunque, è abbastanza distinta dallafacilità e dai costi di replicazione: essa è relativa ai costi dell'insegnare il teorema stesso e, inoltre,

alla conoscenza tecnologica, riguardante, per esempio, il dettagliato funzionamento di un impiantoanche dentro la stessa impresa.

Secondo, la conoscenza scientifica, e ancor più quella tecnologica condividono, in diversa misura,determinati gradi di natura tacita (tacitness). Essa si applica alla pre-esistente conoscenza checonduce verso ogni scoperta e anche alla conoscenza richiesta per interpretare ed applicare anchel'informazione codificata, dopo l'essere stata generata. Come Pavitt (1987) suggerisce, conriferimento alla conoscenza tecnologica:

“gran parte della tecnologia è specifica, complessa... [e] cumulativa nel suo sviluppo. Essa è specifica alleimprese dove è condotta gran parte dell'attività tecnologica, ed è specifica ai prodotti e ai processi, per cuigran parte della spesa non è in ricerca, ma nello sviluppo e nella produzione ingegneristica, dopo le quali laconoscenza è anche accumulata attraverso l'esperienza nella produzione e nell'uso, cosa che è venuta adessere conosciuta come “learning by doing” e “learning by using”. (p.9).

Inoltre,

“la combinazione delle attività riflette l'essenziale e pragmatica natura di gran parte della conoscenzatecnologica. Sebbene un utile input, la teoria è raramente sufficientemente robusta a predire laperformance(prestazione) di un artefatto tecnologico in condizioni operative e con un grado abbastanza altodi certezza, per eliminare la costruzione e il collaudo, entrambi costosi e che richiedono tempo, di prototipi eimpianti pilota. (p.9)

E' da notare che date queste caratteristiche della conoscenza tecnologica, equipararla ad un puro“bene pubblico” puo’ essere abbastanza fuorviante. Mentre la caratteristica di essere non-rivalenell'uso significa che ci sarebbero significativi benefici per la società tutta se le tecnologiesviluppate fossero accessibili per tutti per cercare di padroneggiarla ed utilizzarla, anche quandonon ci sono esplicite barriere nell'uso, usualmente ci sono costi non trascurabili per acquisire lerilevanti capacità (vedi sotto sull'eterogeneità tecnologica tra le imprese).

La facilità e il costo di replicazione attraverso diversi attori economici è generalmente significativoe spesso abbastanza alto. Come vedremo, le condizioni e i costi per la replicabilità e l'imitazionesono importanti impronte che distiguono le diverse tecnologie. Quindi, nel dominio tecnologico l’“a-dimensionalita’” (scale-freeness) non dovrebbe essere presa troppo letteralmente: “ingrandirsi” èper sè stessa un'attività impegnativa d'apprendimento, spesso associata con la ricerca di economie discala (vedi la Sezione 3 sulle traiettorie tecnologiche, e Winter, 2008).

Per ripetere ,la conoscenza si differenzia dalla pura informazione nei suoi modi e nei suoi costi direplicazione (vedi Winter e Szulanski, 2001, 200i). Mentre la metafora della “riproduzione delleidee” è soltanto premere un bottone sul computer con le istruzioni “copia” e possibilmente “invia”,la replicazione della conoscenza tecnologica riguardante i processi, gli accordi organizzativi, e iprodotti è un affare accurato e spesso molto costoso (vedi Mansfield et al., 1981 tra gli altri). La

morale della favola è che persino quando sussiste uno schema codificabile sotto un profiloinformativo, l'effettivo processo di riproduzione implica sforzi, costi e gradi di incertezzasignificativi riguardo il successo finale — tutti collegati anche con i taciti elementi coinvolti nelknow-how tecnologico.

Come suggerisce Winter (1987), tassonomie basate su differenti gradi di “natura tacita” insieme adaltre dimensioni forniscono un'utile griglia interpretativa per mezzo della quale classificaredifferenti tipi di conoscenza. La natura tacita si riferisce all'incapacità dell'attore(i), o anche da partedi sofisticati osservatori, di esplicitamente articolare le sequenze delle procedure per mezzo dellequali “le cose sono fatte”, i problemi sono risolti, gli schemi di comportamento sono formati, etc.(vedi Dosi et al., 2005a; Nelson e Winter, 1982, specialmente il Capitolo 4; Polanyi, 1967, e gli altririferimenti ivi contenuti). In sintesi, la natura tacita è una misura del grado in cui “conosciamo piùdi ciò che possiamo dire”. Una conseguenza importante e’ che i differenti gradi di “tacicita’” diparticolari corpi di conoscenza supportano diverse implicazioni in termini di modelli diinnovazione, divisione del lavoro e presenza/assenza dei “mercati per la tecnologia”. Per esempio ladivisione del lavoro interorganizzativa spesso richiede un buon meccanismo di sipulazione su “chifa cosa”, e ancor più codificazione è necessaria per l'esistenza di un mercato per le tecnologie, secon questo intendiamo un mercato per elementi di conoscenza che possono essere impiegati daqualcun altro rispetto all'ideatore della tecnologia stessa, e che possono essere oggetto dinegoziazione e di scambio (Arora e Gambardella, 1994; Arora et al., 2002; Granstrand, 1999).

Più generalmente, le attività tecnologiche si basano su elementi specifici della conoscenza,parzialmente sulla varietà del know-how e parzialmente su di un tipo più teoretico. Infatti, comevedremo successivamente, importanti miglioramenti sono stati fatti nell'ultimo quarto di secolonell'identificazione tra differenti tecnologie di (a) le caratteristiche di tale conoscenza—peresempio, in quale misura essa è codificata e apertamente accessibile nelle rilevanti comunitàprofessionali come distinta dalle tacite competenze degli attori stessi—e (b) le sue origini—proviene da istituzioni esterne come le università ed i laboratori pubblici, da altri attori industrialicosì come i fornitori e i clienti, o è endogenamente accumulata dalle persone e dalle organizzazioniin cui è effettivamente utilizzata2.

Riguardo le origini della conoscenza tecnologica, la ricostruzione delle diverse origini istituzionalidelle nuove opportunità d'apprendimento aiuta anche ad andare oltre ogni, prima, molto grezzarappresentazione del progresso tecnologico come “endogeno” versus “esogeno”. Per adesso,manteniamo ferma l'idea essenziale che in nessuna attività tecnologica “la conoscenza cade dalcielo”. Anche nei settori più basati sulla scienza (science-based), buona parte dei miglioramentitecnologici sono endogenamente generati dalle organizzazioni più “applicate”, orientate allosvolgimento di incarichi (task-focused). Allo stesso tempo la maggior parte se non tutte le attività

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che hanno avuto esperienza dei più alti tassi di progresso tecnologico, almeno nell'ultima metà delsecolo, sono state anche quelle anche (due also vedi testo) alimentate da miglioramenti scientifici“esogeni”.

Per capire sia la natura che le dinamiche della conoscenza tecnologica, un passaggio crucialeriguarda la comprensione del dove risieda la conoscenza tecnologica e del come essa è espressa,conservata, migliorata. In ciò, il racconto della tecnologia in termini di elementi di conoscenza, leloro combinazioni ed i loro cambiamenti deve essere accompagnato da una rappresentazione piùoperativa della tecnologia in azione.

2.2 Tecnologia come ricette

L'ideazione, la progettazione, e la produzione di qualunque artefatto o il compimento diqualunque servizio generalmente coinvolge sequenze (spesso molto lunghe) di atti cognitivi e fisici.Da cui, è utile pensare a una tecnologia anche come una “ricetta” implicando un progetto (un‘disegno’) per un prodotto finale, laddove ci sia un fisico artefatto finale— come nel caso di una“ricetta” pr una torta o per la costruzione di una automobile — insieme a un insieme di procedureper raggiungerlo. La ricetta specifica un insieme di azioni che devono essere eseguite per ottenere ilrisultato desiderato, e identifica gli input sui quali agire, ed ogni necessario strumento (anche setalvolta implicitamente).

La ricetta specifica le sequenze delle procedure che sono “legali”, quantomeno nel senso che essesono tecnicamente praticabili e atte ad ottenere il risultato desiderato. Rispetto a ciò, atti come“rompi le uova, sbattile con la pentola sul lavello” non sono “legali” nelle procedure del fare la tortain quanto non produrranno eventualmente mai una torta. Cosi’ (ben costruite) ricette obbediscono adelle sorte di grammatiche che prescrivono ciò che possa o che non possa essere fatto partendo daparticolari basi di conoscenza. Le ricette sono programmi codificati che istruiscono sullecombinazioni sequenziali di atti fisici e cognitivi, lungo le sequenze che implicano vari inputmateriali e servizi messi in atto dalle macchine.3

La prospettiva delle tecnologie come ricette offre enorme progresso nel comprendere in cosaconsiste la conoscenza tecnologica quando comparata alla scatola nera implicata da ognirappresentazione della tipo torta=f(lista di ingredienti) come gli economisti spesso fanno.Comunque, richiamando la nostra precedente discussione delle tecnologie come conoscenza èimportante riconoscere che le ricette possiedono aspetti taciti cosi come articolati, e che la ricettascritta, ciò che noi chiamiamo la ricetta codificata, è lontana dall' (essere) intera storia. Conoscenzatacita è precisamente ciò ciò che non può (o, talvolta non può nemmeno in principio) essere

3Sulla rappresentazione della “tecnologia come codici”, vedi Baldwin e Carwill (2000).

trasmesso e illustrat nella stessa ricetta codificata, ma— nell'esempio della ricetta della torta—rimane nella testa (o meglio nella pratica) di nonne e cuochi francesi, ed è trasmessa più attraversol'esempio che attraverso il darne istruzione. Qui vi è un principio generale: nessun buon artefatto oservizio risulta dalle sole ricette codificate (per una discussione dettagliata, vedi Winter 2006a).Oppure, messa in un altro modo, vi è molta più conoscenza nelle procedure tecnologiche che ogniricetta codificata possa rivelare.

In taluni casi, come l'esempio letterale delle ricette di cucina, una singola persona incorporal'intero insieme di abilità necessarie a guidare dagli input crudi agli output finali, coinvolgendo,diciamo, come rompere le uova, mischiarle con la farina, mettere il burro nella pentola, etc., tutta laprocedura per la produzione finale di una torta. Comunque, nel dominio delle tecnologie industrialequesto non è generalmente il caso: i vari elementi di conoscenza e le competenze sono distribuite tramolti individui e un aspetto cruciale riguarda quando e come essi sono richiesti. Tale interpretazioneprocedurale della conoscenza, al cruciale intreccio tra tecnologia, divisione del lavoro, e naturadelle organizzazioni. Se si considera la “ricetta” per costruire un “Man of War” , o per navigarla, oper progettarla, generalmente più di una persona è coinvolta, e ciò senza considerare se complessiartefatti siano impiegati come inputs nella produzione: non importa quanto sia meccanizzata (comeè in tempi contemporanei), la costruzione di una nave è un'operazione di squadra. Differentipersone, e gruppi, sono assegnati a differenti parti del processo. Infatti le tecnologie moltoraramente sono soltanto attività individuali di pura manipolazione di oggetti fisici. Piuttosto, esseimplicano elementi intrinsecamente sociali ed istituzionali.

2.3 Tecnologie come routines

Il termine “routines” è stato proposto per denotare la natura collettiva del modo in cui leorganizzazioni “fanno le cose”: vedi Nelson e Winter (1982), Cohen et al. (1996), Teece et al.(1997), Dosi et al. (2000), lo special issue di Industrial and Corporate Change edito da Augier eMarch (2000) e da Becker et al. (2005), Montgomery (1995), Becker e Lazaric (2009), e Foss eMahnke (2000). Una routine che è ordinata da un organizzazione è “una capacita eseguibile perperformance (attività) ripetute in un contesto che è stata imparata (appresa) da un'organizzazione”(Cohen et al., p. 683).

Routines, come argomentato in Nelson e Winter (1982), (i) incorporano buona parte della memoriadei repertori di problem-solving (del risolvere i problemi) di ogni organizzazione; (ii) implicanomeccanismi complementari di governo per potenziali interessi in conflitto (per discussioni piùdettagliate, vedi Cohen et al., 1996; Coriat e Dosi, 1998); e (iii) potrebbero bene comprendere anchedelle “meta-routines”, atte a valutare e possibilmente modificare le pratiche organizzative di“basso-livello” (la parte più incrementale dell'attività di R&D, e esercizi ricorrenti di“aggiustamento strategico”, sono buoni casi a proposito .

Routines implicano multipli membri organizzativi che “sanno” come recepire appropriatamente uno

schema d'azione o un segnale in risposta a specifiche circostanze ambientali:

“ Ogni individuo è costantemente impegnato a ricevere segnali da altri membri dell'organizzazione odall'ambiente, rispondendo al segnale con delle operazioni dal suo repertorio, e creando in tal modo unsegnale per altri membri dell'organizzazione, o un effetto nell'ambiente. Qui, il segnale in entrata potrebbeessere l'arrivo di un'automobile parzialmente finita su una linea di produzione, l'operazione potrebbe esserestringere delle viti (particolari) e il “segnale” in uscita è la leggermente-più-finita automobile che va giù nellalinea. O, il segnale in entrata potrebbe essere un report che riassume l'ultimo mese di presentazioni di spesecontabilizzate dalla forza di vendita, l'operazione potrebbe essere un confronto con standards ed esperienzepassate, e il segnale in uscita una lettera di protesta “ (Winter, 2006a, p.134)

“Conoscere il proprio lavoro nell'organizzazione è in parte una questione di possedere il necessario

repertorio di azioni, e in parte conoscere quali azioni vanno con quali segnali in entrata[.. anche se

normalmente ..] … ogni individuo ha dell'abilità di portare a termine un insieme di azioni considerevolmente

più ampio di quelle a cui e’ chiamato a svolgere.. (Winter, 2006))

Insiemi di routines organizzative sono i mattoni di distinte competenze e capacità organizzative. In

letteratura, i due termini sono stati spesso usati abbastanza liberamente e intercambiabilmente.

Nell'introduzione a Dosi et al. (2000,2008a), proponiamo che la nozione di capacità dovrebbe

essere confinata relativamente a determinati compiti di “alto livello” come per esempio, “costruire

un'automobile” con certe caratteristiche, mentre “competenze”, per chiarezza, dovrebbero essere

confinate all'abilità di padroneggiare specifiche basi di conoscenza (per esempio, competenze

“meccaniche” o di “chimica organica”). Chiaramente, tale nozione di competenze/capacità si

sovrappone largamente con ciò che è¨ stato conosciuto come la visione dell' “impresa come insieme

di competenze”. (cf. Helfat et al., 2007).

2.4 Tecnologie come artefatti

La rappresentazione della tecnologia centrata sulle procedure è altamente complementare a ciò chepotremmo chiamare un racconto di cosa siano le tecnologie e della loro dinamica nel tempo centratosulla nozione di artefatto (vedi Arthur, 2007; Baldwin e Clark, 2000; Basalla, 1988; Frenken eNuvolari, 2004 tra gli altri). Effettivamente, le ricette spesso implicano progetti (disegni) di ciò che

debba essere raggiunto come output finale. (Sebbene non sempre: basti pensare ai servizi come isistemi di prenotazione di voli aerei e alle operazioni chirurgiche). Anche quando la proceduraimplica una nozione di disegno, quest'ultimo è in generale soltanto una delle tante possibiliconfigurazioni che possono essere raggiunte costruendo sulle basi di conoscenza. Infatti, quando glioutputs sono artefatti fisici, è utile studiare le loro dinamiche nello spazio dellaprogettazione/disegno (Bradshaw, 1992; Frenken e Nuvolari, 2004), definito dalle proprietà dellecomponenti che mettono insieme l'output finale e delle loro combinazioni. Quindi, nel caso dellanave da guerra, la tecnologia − vista come un sistema di prodotto complesso (Helfat, 2003; Prencipeet al., 2003) – è fatta di componenti − lo scafo, l'apparato di navigazione, i cannoni etc.., tenutiinsieme da condizioni di coerenza tecnica vincolanti.

Inoltre, dinamicamente, l'innovazione può essere fruttuosamente studiata in termini dimodificazioni e miglioramenti delle caratteristiche delle performance di ogni componente e delsistema tutto.

Dopo tutto, le numerose discontinuità nella storia navale dai tempi della “Man of War” diMandeville alla contemporanea porterei statunitense “Ronald Reagan” catturano dinamiche sia dicambiamenti “incrementali” che di più radicali rotture nelle strutture e funzionalità degli artefatti.

Il punto di vista dell'artefatto riguardo le tecnologie è in effetti utile per uno scopo piuttostogenerale, cioè l'identificazione di caratteristiche tecno-economiche di specifici prodotti finali da unaparte, e di macchine, di componenti, di inputs intermedi, dall'altra. Da cui, come vedremo, la storiadelle tecnologie può essere utilmente tracciata attraverso le dinamiche degli outputs nel loroappropriato spazio di caratteristiche. Questa è anche la dimensione “edonica” delle innovazioni diprodotto.

Simmetricamente gli avanzamenti tecnologici sono riflessi dalle specifiche prestazioni diparticolari beni capitali (per esempio, quanto velocemente può tagliare questa tagliatrice? Qual è latolleranza di quel trapano? Quanti bit di informazione può processare al secondo questo computer?etc.).

3. Come evolve la tecnologia

Come abbiamo suggerito sopra, studiosi da un'ampia varietà di discipline che hanno studiatoanalizzato l'avanzamento tecnologico in dettaglio convergono sulla proposizione che l'avanzamentotecnologico necessita di essere interpretato come successione di eventi lungo un processo evolutivo.(Tra gli economisti e gli storici economici, l'elenco include molti contributori alla sintesi SYS, inprecedenza citati e anche Chandler, 1992; Chandler e Galambos, 1970; Metcalfe, 1994, 1998,

2005b; Mokyr, 1990, 2002; Ziman, 2000)4. In senso lato, il processo è evolutivo in quanto almenoin ogni momento generalmente sussiste un'ampia varietà di sforzi che tendono verso l'avanzamentodella tecnologia, che in certa misura sono in competizione l'uno con l'altro, cosi come con lepratiche prevalenti. I vincitori e i perdenti di questa competizione sono determinati in buona parteattraverso dei meccanismi di selezione ex-post. In nessun modo l'interpretazione del processoguadagna molto dal cercare di razionalizzarlo sia in termini di “scommesse” coerenti da parte digiocatori che guardano avanti o da parte di un'efficiente “meccanismo di selettivo di mercato” suagenti interamente ciechi ex-ante. Come tali, i processi attraverso i quali le tecnologie evolvonosono anche differenti sotto rilevanti aspetti dai processi evolutivi in biologia.

In particolare, la proposizione che la tecnologia evolve nel senso sopra esposto in nessun modonega, o minimizza, il ruolo dello scopo umano nel processo, o, il qualche volta estremamentepotente corpo delle idee e delle tecniche usate per guidare gli sforzi di coloro che cercano dimigliorare la tecnologia. Perciò sforzi nell'invenzione e nell'innovazione non sono per nullatotalmente ciechi, o strettamente casuali, come spesso è assunto essere il caso riguardo la“mutazione” biologica. Allo stesso tempo, come discuteremo sotto, la determinazione(purposefulness) della ricerca non implica in alcun modo una accurata corrispondenza tra i risultatiattesi e quelli realizzati. Da cui anche il fondamentale ruolo delle prove, degli errori, e dellaselezione ex-post tra varianti di artefatti e di processi di produzione in competizione.

Vincenti (1990) ha descritto i tipi di conoscenza che i moderni ingegneri aeronauticipossiedono.Questo corpo di conoscenza e tecniche consente loro di analizzare ad occhi e croce iprobabili più e meno delle varie alternative di progettazione attraverso metodi analitici o simulativi,e pertanto focalizzare i loro sforzi su particolari progetti e varianti. Una porzione del corpo diconoscenze che guida l'attività di risoluzione di problemi (problem-solving) e la progettazione inun campo tecnologico viene spesso dall'esperienza operativa. Allo stesso tempo, nel mondocontemporaneo, molte tecnologie sono associate a campi specifici delle scienze applicate odell'ingegneria.In questi campi , parte della conoscenza è codificata (anche se non tutta) . Nellemoderne industrie “high-tech”, la ricerca nelle sottostanti discipline è un'importante fonte di nuoveconoscenze e di tecniche che diventano parte del kit usato dai proggettisti (Cohen et al., 2002;Rosenberg e Nelson, 1994).

Comunque, anche nei campi in cui la base di scienza (science-based) è forte e la parte più grossadegli sforzi per l'avanzamento tecnologico procede off-line, l'apprendimento nel fare e

4Numerosi altri, senza chiamarsi esplicitamente ''evolutivi'' hanno espresso prospettive largamentecoincidenti, in primis Landes (1969, 1998) e David (1985, 1989, 2005) tra gli altri.

l'apprendimento nell'utilizzare (learning by doing e learning by using), gioca ancora un ruoloimportante (cfr. Freeman, 1994; Rosenberg, 1982) : la conoscenza codificata ex-ante, non importaquanto importante, non è sufficiente per stabilire le proprietà dettagliate di ogni processo produttivoo artefatto. Ci sono tre ragioni.

Primo, anche laddove le scienze sottostanti sono forti, buona parte del know-how che iprofessionisti portano per sostenere i loro sforzi nell'avanzamento di una tecnologia è acquisitoattraverso l'esperienza operativa, piuttosto che attraverso l'educazione formale nelle scienze.

Secondo, in ogni caso, come sostiene Vincenti, gli sforzi nell' inventare e nel risolvere problemitecnologici inevitabilmente si estendono oltre lo spettro di opzioni che sono perfettamentecomprese. In definitiva ciò che va e ciò che non va, e cosa va meglio di altro, deve essere appresoattraverso l'effettiva esperienza.

Terzo, le imprese in un'industria tendono a differire una dall'altra nei dettagli dei prodotti e deiprocessi che producono ed impiegano, nell'insieme dei clienti e dei fornitori che conoscono bene, enella loro storia passata di successi e di fallimenti, con effetti sulle loro modalita’ di ricerca. Talidifferenze nella conoscenza e nella pratica raramente sono il frutto di principi scientifici oingegneristici, ma piuttosto di esperienza idiosincratica.

Fino ad ora abbiamo fornito uno schizzo di alcune caratteristiche abbastanza generali delprogresso tecnologico che si estendono tra settori e paesi diversi). Spingiamoci oltre e chiediamocise sussistono alcune invarianti nella struttura della conoscenza e nei modi in cui la conoscenzatecnologica è accumulata e, insieme, che cosa distingue i diversi campi e diversi periodidell'avanzamento tecnologico.

3.1 Paradigmi tecnologici e traiettorie tecnologiche

Dalla discussione precedente dovrebbe essere chiaro che ogni tecnologia necessita di essereinterpretata come comprendente (a) uno specifico corpo di pratiche—nella forma di processi atti aottenere fini particolari—insieme naturalmente con un complesso di necessari artefatti dal lato degliinputs; (b) molto spesso qualche distinta nozione di un design “archetipo”di un desiderato artefattodi output ; e, (c) uno specifico corpo di conoscenze, alcune relativamente private, ma gran parte diquesta è condivisa tra i professionisti in un settore. Questi elementi, insieme, possono essereutilmente considerati come parte costituente di un paradigma tecnologico (Dosi 1982, 1988), inqualche modo in analogia con la nozione di paradigma scientifico di Kuhn.

Un paradigma incorpora una prospettiva, una definizione dei problemi rilevanti che devono essereaffrontati e degli schemi di indagine necessari per affrontarli. . Esso comprende i principi scientificie tecnici rilevanti ad affrontare tali problemi . Un paradigma implica specifici schemi di soluzione aproblemi selezionati di natura tecno-economica— cioè, specifiche famiglie di ricette e di routines—basate su principi altamente selezionati derivanti dalle scienze naturali, congiuntamente con regole

specifiche indirizzate ad acquisire ulteriore conoscenza. Insieme, il paradigma include una(generalmente imperfetta) conoscenza riguardo soltanto come e (in certa misura) perché la praticaprevalente funziona.

Una parte importante della conoscenza paradigmatica prende la forma di concetti di progettazione(design concepts) che caratterizzano in generale le configurazioni di tutti gli specifici artefatti oprocessi che sono operativi in un dato momento. Concezioni generali di design condivisi sonoun'importante ragione del perché vi è spesso una grande similarità nella gamma di particolariprodotti fabbricati in qualunque momento — si vedano i grandi aerei civili, le automobili, itelevisori, etc. Infatti, lo stabilirsi di un dato paradigma tecnologico è molto spesso collegato conl'emergenza di un disegno dominante (vedi Abernathy e Utterback, 1978; Henderson e Clark, 1990;Rosenbloom e Cusumano, 1987; Suarez e Utterback, 1995; Utterback e Suarez, 1993; e larevisione critica della letteratura in Murmann e Frenken, 2006). Un design dominante è definitonello spazio degli artefatti ed è caratterizzato sia da un insieme di concetti fondanti del design (coredesign concept) incorporati in componenti che corrispondono alle principali funzioni messe in attodal prodotto e dall'architettura del prodotto che definisce i modi in cui queste componenti sonointegrate (Murmann e Frenken, 2006; Henderson e Clark, 1990). Comunque, talvolta lo stabilirsi diuna paradigma dominante non è associato con un design dominante. Un caso rivelatore a questoproposito sono le tecnologie farmaceutiche che implicano una specifica base di conoscenza,specifiche euristiche di ricerca, etc.— cioè l'impronta dei paradigmi—senza comunque alcunrichiamo ad ogni design dominante. Le molecole, anche quando destinate alla stessa patologia,potrebbero avere strutture alquanto differenti: in quello spazio, è improbabile trovare similaritàaffini a quelle che collegano persino una Volkswagen Beetle 1937 e una Ferrari 2000. Tuttavia, lanozione di “paradigma” continua ad applicarsi rispetto alle caratteristiche sottostanti delle basi dellaconoscenza e dei processi di ricerca.

Se lo stabilirsi di un paradigma dominante implichi anche lo stabilirsi di un design dominante o noassume molta importanza anche in termini delle dinamiche della struttura industriale lungo il ciclodi vita delle industrie alle quali è associato un particolare paradigma.

Paradigmi tecnologici identificano i limiti operativi sulle migliori pratiche prevalenti e leeuristiche di problem-solving si ritengono promettenti per allentare tali vincoli. Più generalmente,essi sono cornici cognitive condivise dai tecnici in un dato settore che influiscono su ciò che essipensano di poter fare per l'avanzamento di una tecnologia (Constant, 1980). Ogni paradigmacomporta una specifica “tecnologia del cambiamento tecnico”, cioè specifiche euristiche di ricerca.Quindi, per esempio, in alcuni settori, come la chimica organica queste euristiche sono interrelateall'abilità di accoppiamento della conoscenza scientifica di base con lo sviluppo di molecole chepresentano le caratteristiche richieste, mentre nel settore farmaceutico il requisito addizionale èl'abilità di accoppiare la conoscenza molecolare con recettori e patologie. La ricerca inmicroelettronica riguarda i metodi per ottenere sempre maggiori livelli di miniaturizzazione dei

circuiti elettrici, lo sviluppo di hardware appropriati capaci di “scrivere” circuiti a tale livello diminiaturizzazione e avanzamenti nella logica di programmazione da inserire nei chip stessi. Gliesempi sono molti: alcuni sono discussi in Dosi (1988). Qui è da notare in particolare che distinteprocedure di ricerca e di apprendimento specifiche di ciascun paradigma, primo, implicano modimolto diversi di creare ed avere accesso alle nuove opportunità tecnologiche, e, secondo, implicanoanche diverse forme organizzative adatte a tali procedure di ricerca.

Insieme, le caratteristiche dei paradigmi tecnologici ricordate sopra forniscono un focus suglisforzi atti al miglioramento di una tecnologia e li indirizzano lungo distinte traiettorie tecnologiche,con miglioramenti (fatti da molti agenti diversi) che procedono per periodi significativi di tempo incerte direzioni relativamente invarianti, sia nello spazio delle caratteristiche tecno-economiche degliartefatti che in quello delle tecniche di produzione. Come i paradigmi incorporano l'identificazionedei bisogni e dei requisiti tecnici (da parte) degli utilizzatori, le traiettorie possono essere concepitein termini di progressive rifiniture e miglioramenti nelle risposte dell'offerta a tali potenzialiesigenze della domanda. Un crescente numero di esempi di traiettorie tecnologiche include gliaeromobili, gli elicotteri, varie tipologie di attrezzature agricole, automobili, semiconduttori, epoche altre tecnologie ( Dosi, 1984; Gordon e Munson, 1981; Grupp, 1992; Sahal, 1981, 1985;Saviotti, 1996; Saviotti e Trickett, 1992). Quindi, per esempio, miglioramenti tecnologici nelletecnologie degli aeromobili hanno seguito due traiettorie abbastanza distinte (una civile e unamilitare) caratterizzate da incrementi log-lineari nei tradeoff tra potenza, peso lordo al decollo,velocità di crociera, carico alare, e raggio di crociera (Frenken e Leydesdorff, 2000; Frenken et al.,1999; Giuri et al., 2007; Sahal, 1985; e più specificamente sui motori degli aeromobili Bonaccorsiet al., 2005). Analogamente, in microelettronica, gli incrementi tecnici sono accuratamenterappresentati da una traiettoria esponenziale di miglioramento nelle relazioni tra la densità dei chipselettronici, la velocità di computazione, e il costo per un bit di informazione (vedi Dosi, 1984, ma letraiettorie sono rimaste persistenti da allora).

In effetti, è giusto dire che pattern di avanzamento tecnologico tipo traiettorie sono statigeneralmente riscontrati fino ad ora ogni qualvolta l'analista si preoccupi di tracciare nel tempo leprincipali caratteristiche tecno-economiche di artefatti discreti o di processi, diciamo dal DC3 all'Airbus 380, tra gli aeromobili, o dal processo Bessemer al processo a riduzione di ossigeno nellaproduzione dell'acciaio.

Cosideriamo alcune importanti proprietà delle traiettorie.

Primo, le traiettorie ordinano e confinano ma non eliminano per nulla la persistente generazione divarietà, nello spazio dei prodotti e dei processi, che la ricerca innovativa sempre produce. Ilparadigma definisce confini approssimativi di fattibilità ed insieme modella le euristiche dellaricerca. Comunque, permangono un alto numero di possibili tradeoffs tra le caratteristichedell'output che differenti produttori esplorano (Saviotti, 1996) e che saranno possibilmente oggetto

di una selezione di mercato (imperfetta e spesso lenta nel tempo).

Secondo, le traiettorie per così dire “proiettate in avanti ”—nella misura in cui la loro conoscenzaè condivisa dalla comunità delle imprese, dei professionisti, degli ingegneri—sono una potenterappresentazione che riduce l'incertezza su cosa il futuro sia probabilmente in grado di offrire intermini di avanzamenti tecnologici.

E' da notare che non c'è a priori una ragione economica per la quale si dovrebbero osservare gruppilimitati di caratteristiche tecnologiche in ogni momento e traiettorie ordinate nel tempo. Alcontrario, come già sostenuto in Dosi (1988) − dati consumatori con diverse preferenze eutilizzatori di macchinari con differenti esigenze tecniche, e dati prezzi relativi differenti in paesidifferenti, se le tecnologie fossero perfettamente “plastiche” e malleabili − come implicitamentesuggerito dalla standard rappresentazione economica − si tenderebbe ad osservare delle sorte di“isoquanti” con la familiare forma nello spazio delle tecniche e delle caratteristiche tecno-economiche dei prodotti. E, nel tempo, se le ricette tecnologiche − sia negli aspetti procedurali sianei contenuti degli inputs− potessero essere liberamente sommate, divise, ricombinate, sostituiteetc.. si tenderebbe ad osservare una crescente varietà dispersa delle combinazioni tecniche e diperformance nei prodotti, degli inputs produttivi, e delle tecniche disponibili (anche se nonnecessariamente nel loro uso, dati i prezzi relativi). L'onnipresente evidenza sulle traiettorie, alcontrario, suggerisce che i miglioramenti tecnologici sono circoscritti entro un abbastanza limitatosottoinsieme dello spazio delle caratteristiche tecno-economiche. Potremmo dire che la naturaparadigmatica, cumulativa della conoscenza tecnologica fornisce “strade innovative” (Sahal, 1985)che incanalano l'evoluzione tecnologica, mentre le maggiori discontinuità tendono ad essereassociate con cambiamenti nei paradigmi .Certamente, qui e per il resto chiameremo progressotecnico “normale” quei miglioramenti che avvengono lungo una data traiettoria − noncuranti diquanto “grandi” essi siano (i miglioramenti) e quanto velocemente occorrano− mentre riserviamo ilnome di “innovazioni radicali” a quelle innovazioni collegate a cambiamenti del paradigma.

Un cambiamento nel paradigma generalmente implica un cambio nelle traiettorie. Insieme adiverse basi di conoscenza e diversi prototipi di artefatti, anche le dimensioni tecno-economichedell'innovazione variano. Alcune caratteristiche potrebbero diventare più facili da raggiungere,nuove desiderabili caratteristiche potrebbero emergere, altre potrebbero perdere d'importanza.Relativamente a ciò, muta la visione degli ingegneri sui futuri miglioramenti tecnologici, insieme alcambiamento dell'enfasi sui vari compromessi che caratterizzano i nuovi artefatti.

Quindi, per esempio, la traiettoria tecnologica nei componenti elettrici attivi basata su valvoletermoioniche ha avuto come dimensioni fondamentali parametri la capacita’ di ottenere il vuotonelle valvole stesse ,la dissipazione di calore , miniaturizzazione e affidabilità nel tempo. Conl'avvento dei componenti di stato solido (il fondamentale mattone della rivoluzionemicroelettronica) (ref i transistors) la perdita di calore è diventata relativamente meno importante,

mentre la miniaturizzazione ha enormemente incrementato d' importanza. Esempi simili dicambiamento nelle dimensioni dello spazio del design possono essere trovati nella maggior partedelle transizioni da un paradigma all'altro. Certamente, non si osservano sempre “rivoluzioni”lampanti. E' talvolta il caso che “normali” progressi su basi di conoscenza stabiliti siano intrecciaticon nuove fonti di conoscenza. Questo sembra essere il caso dell'automazione industriale basatasull'elettronica e potrebbe anche applicarsi al farmaceutico ed al biotech: cfr. Hopkins et al. (2007).

Una caratteristica comune che caratterizza le traiettorie nelle tecnologie di processo e nei relativicambiamenti incorporati negli strumenti è una potente tendenza verso la meccanizzazione e/ol'automazione nelle attività di produzione. Recenti evidenze sono in Klevorick et al. (1995), ma ilfenomeno è stato notato a partire dai classici e gioca un ruolo importante nell'analisi delledinamiche delle economie capitaliste da Adam Smith a Karl Marx. E' da notare come tale tendenzasi estenda tra settori e tra paesi caratterizzati da differenti intensità capitalistiche e si verificaampiamente noncurante delle variazioni dei prezzi relativi. A seguito della sua generalità, in un altrolavoro (Nelson e Winter, 1977) l'abbiamo denominata “traiettoria naturale”: certamente non vi ènulla di “naturale”, strettamente parlando, ma essa è sicuramente il riflesso generale di una tendenzadi lungo periodo verso la sostituzione di sforzi umani ed animali con energia inanimata, e piùrecentemente anche della cognizione e del controllo umano con elaborazioni inanimate diinformazioni.

Insieme a differenze tra paradigmi nei tassi di sviluppo tecnologico, si osservano rilevantidifferenze nei processi attraverso i quali tali cambiamenti si verificano. Infatti, sono stati fattiprogressi significativi nella concettualizzazione di che cosa abbiano in comune differenti paradigmitecnologici e come essi differiscano in termini delle fonti di conoscenza da cui attingono, deimeccanismi attraversi i quali tali opportunità sono colte, e le possibilità che esse implicano per gliinnovatori di ricavare benefici economici dai loro progressi tecnologici− cioè, le condizioni diappropriabilità.

Consideriamo tali proprietà.

3.2 Le opportunità tecnologiche, i processi di accumulazione di conoscenza, e le caratteristichecumulative

I prevalenti paradigmi tecnologici differiscono nel tempo e tra i vari settori riguardo la natura dellaconoscenza sottostante alle opportunità per il cambiamento tecnologico. Relativamente a ciò, essidifferiscono nella misura in cui tale conoscenza è stata largamente ottenuta attraverso l'esperienzaoperativa, in opposizione alla ricerca scientifica.

Mentre in molti settori vi è un mix, nei campi considerati come “high-tech” un più significativocontributo è oggi giorno basato su campi specializzati della scienza e dell'ingegneria.

Laddove l'esperienza operativa e l'apprendimento con il fare e con l'utilizzare sono le basi primarie

per la conoscenza professionale, come è stato il caso con l'esempio del disegno della naveottocentesca di Mandeville, la traiettoria di apprendimento avanzerà, ritmata dall'esperienza connuovi concreti disegni , prove ed errori. D'altra parte, la conoscenza può avanzare rapidamentequando trova sottostanti settori delle scienza a supporto. Molti studi recenti ( vedi Klevorick et al.,1995; Nelson e Wolff, 1997) hanno mostrato che i campi della tecnologia che, sotto una varietà dimisure, hanno progredito più velocemente sono associati con settori forti di scienza applicata o diingegneria. Inoltre, le imprese che operano in questi settori tendono ad avere livelli di intensità diR&D più alti della media. Infatti, in una prospettiva secolare, l'evidenza è affine alla generalecongettura di Mokyr che gli elementi “epistemici” della conoscenza tecnologica—cioè queglielementi associati con una conoscenza esplicitamente casuale dei fenomeni naturali—ha avuto unaimportanza cruciale (e crescente) nei miglioramenti tecnologici moderni (Mokyr, 2002, 2010;Nelson, 2003; Nelson e Nelson, 2002; Nelson e Wolff, 1997).

Dalla rivoluzione industriale, il contributo relativo delle scienze alla tecnologia è stato crescente, ea sua volta tale base scientifica è stata largamente il prodotto di ricerca finanziata pubblicamente,mentre la conoscenza prodotta da tale ricerca è stata largamente accessibile e disponibile perpotenziali applicazioni tecnologiche (si vedano David, 2001a,b, 2004; Nelson, 2004; Pavitt, 2001) .

Ciò, comunque, non è sufficiente a corroborare nessun semplice “modello lineare” dalla scienzapura alla scienza applicata, alle applicazioni tecnologiche.

Primo, il punto sollevato altrove da Rosenberg 1982), Kline e Rosenberg (1986), Pavitt (1999), eNelson (1981) continua a valere: i principi scientifici aiutano molto ma raramente sono abbastanza.Un caso illuminante a tal proposito, certamente in un'area “basata sulla scienza” − l'innovazionemedica − è discussa in Rosenberg (2009). La tecnologia dei semiconduttori è un altro buonesempio. Per molti decenni, tentativi di migliorare la tecnologia di prodotto e di processo −implicando in modo decisivo l'abilità di costruire circuiti via via più piccoli − hanno trattovantaggio della conoscenza nelle scienze materiali e nella fisica dello stato-solido sottostante.Comunque, altri elementi molto più pragmatici e taciti del know-how tecnologico sono statipersistentemente di importanza cruciale.

Secondo, è ritenuto abbastanza comunemente che i progressi scientifici sono stati resi possibili daquelli tecnologici, specialmente nel campo delle apparecchiature: basti pensare all'esempio delmicroscopio elettronico rispetto ai progressi scientifici nelle scienze della vita (biologiche) (cfr.Rosenberg, 1982, 1994).

Terzo, succede a volte che le tecnologie siano fatte per funzionare prima che si capisca perchè esselo fanno: il concreto (funzionante) motore a vapore è stato sviluppato alcuni anni prima che lascienza modellasse il teorico motore di Carnot; anche più notevolmente, che l'aeroplano funzionassefu empiricamente provato alcune decadi prima le scienze applicate “provassero” che fosseteoreticamente possibile!

Generalmente parlando, mentre è usualmente verificato che l'avanzamento tecnologico tenda aprocedere rapidamente laddove la conoscenza scientifica sia forte e lentamente laddove sia debole,la chiave è spesso stata l'abilità di progettare pratiche controllabili e replicabili che sonoampiamente operative attorno a ciò che e’ scientificamente compreso (per una discussione piùdettagliata, vedi Nelson, 2008a). ù

Date qualunque potenziale opportunità di innovazione, quali sono le proprietà dei processiattraverso i quali esse sono sfruttate? Un importante caratteristica che distingue tra diversiparadigmi ha a che fare con la natura cumulativa (cumulativeness) di successi innovativi.Intuitivamente, la proprietà cattura il grado in cui “successo genera successo”, o messa in un altraespressione di moda, la misura in cui i progressi innovativi sono realizzati da nani che stanno sullespalle di giganti passati (come tale, possibilmente l'integrale di molti nani ???). La capacità dicumulare cattura la natura incrementale della ricerca tecnologica, e, di cruciale importanza, variamolto tra diverse attività innovative (Breschi et al., 2000; Malerba e Orsenigo, 1996b).

A questo riguardo, paradigmi tecnologici che incorporano conoscenza in larga parteendogenamente generata tendono a mostrare dinamiche di accumulazione di conoscenza che sonopiù cumulative rispetto a quelli nei quali le traiettorie di sviluppo che sono, per così dire, alimentate“da fuori” (per esempio via l'acquisizione di nuovi componenti dell'attrazzatura generati in altrisettori industriali). Un' ulteriore distinzione riguarda il dominio al quale tende a verificarsil'apprendimento cumulativo.

3.3 La domanda e gli altri fattori socio-economici che modellano la direzione del cambiamentotecnologico

La tendenza del progresso di una tecnologia di seguire una particolare traiettoria non è un segnaleche i bisogni dell'utilizzatore e le preferenze e le condizioni economiche così come i prezzi relativinon hanno effetti sul sentiero dello sviluppo tecnologico. Mentre la natura delle opportunitàtecnologiche limita lo spettro delle direzioni lungo cui una tecnologia può avanzare, vi è comunquegeneralmente ampia possibilità di variazione..

Consideriamo più dettagliatamente l'interazione tra le direzioni di ricerca guidate dallaconoscenza e i meccanismi di induzione economica.

Un fattore importante che plasma la dinamica sono ovviamente le caratteristiche degliutilizzatori i quali differiscono largamente sia nella natura delle loro esigenze che nel loro grado disofisticazione.

Date tali ampie e diffuse interazioni tra le domande degli utilizzatori e i miglioramenti tecnologici,e’ vero comunque che ogni corpo di conoscenza specifica a particolari tecnologie, cioè, ogniparadigma modella e limita le opportunità teoriche del futuro avanzamento tecnico e anche i confinidell'insieme dei coefficienti di input che sono accessibili partendo da una specifica base di

conoscenza (cosicché, per esempio, indipendentemente dai prezzi relativi dell'energia, è difficileimmaginare, data la nostra attuale base di conoscenza, una tecnologia per la produzione del silicioiperpuro che non sia ad altissima intensita’ energetica ..) .

Entro tali confini, cambiamenti nelle direzioni di sviluppo di nuove tecniche e nuovi prodottipossono essere indotti da fattori sul lato della domanda sotto tre aspetti analiticamente differenti.

Primo, entro un particolare paradigma cambiamenti nei prezzi relativi e nelle condizioni delladomanda o dell'offerta possono bene avere effetti sull'orientamento delle euristiche della ricerca.Questo è ciò che Rosenberg (1976) ha chiamato dispositivi di focalizzazione (focussig devices), esono storicamente documentati in parecchi casi sia di shock da offerta e che di “colli di bottiglia”tecnologici, dal blocco continentale durante le guerre Napoleoniche a vari esempi di colli dibottiglia nelle tecnologie meccaniche.

La storia della metà del diciannovesimo secolo delle macchine utensili fornisce certamente unesempio affascinante. Gli utilizzatori hanno voluto sempre strumenti che operassero piùvelocemente e gli inventori ed i progettisti hanno risposto. Quando una velocità di taglio più alta furaggiunta, i metalli utilizzati nelle lame delle macchine divennero il “collo di bottiglia”. Nuovimateriali per i mandrini dovettero essere introdotti. E più alte velocità hanno anche aumentato letemperature alle quali i mandrini dovevano operare: metodi migliori di raffreddamento furonoinventati e sviluppati. E cosi’ via …

Altri potenti fattori d'induzione abbastanza generali hanno a che vedere con le relazioni industriali eil conflitto industriale. Come analizzato da Rosenberg (1976), le resistenze da parte del lavoroinglese nel diciannovesimo secolo, specialmente del lavoro specializzato, alla disciplina dellafabbrica e alle condizioni di occupazione, ha agito da potente stimolo al cambiamento tecnologico.Karl Marx aveva vividamente suggerito:

In Inghilterra, gli scioperi hanno regolarmente dato vita all'invenzione e all'applicazione di nuovemacchine. La macchine erano, per così dire, le armi impiegate dai capitalisti per eguagliare il risultato dellavoro specializzato. Il mulo automatico, la più grande invenzione dell'industria moderna ha messo fuorigioco i tessitori che erano in rivolta. Se combinazioni e scioperi non avessero avuto altro effetto che di farreagire gli sforzi del genio meccanico contro di loro, essi eserciterebbero ancora un'immensa influenza sullosviluppo dell'industria. (Marx, 1847, p. 161; anche citato da Rosenberg, 1976)

Similmente, il conflitto industriale è stato un potente motore delle traiettorie di meccanizzazionedella produzione basata sui principi tayloristi (Coriat e Dosi, 1998).

Simmetricamente, dal lato della domanda, insieme ad ovvie condizioni di fattibilità, le esigenzedegli utilizzatori hanno una preponderante influenza sulle conseguenti traiettorie nello spazio delle

caratteristiche dei prodotti. Come esempi, si pensi al ruolo delle esigenze dell'industria spaziale emilitare relativo alle prime traiettorie nei semiconduttori , o l'influenza delle caratteristiche delmercato statunitense sulle traiettorie dell'innovazione di prodotto nell'industria dell'automobile (intal caso, largamente specifiche al Nord America). E certamente il caso estremo in cui le esigenzedegli utilizzatori influenzano gli schemi dell'innovazione è quando gli utilizzatori sono innovatoriessi stessi (von Hippel, 2005).

In tutti questi esempi, l' “induzione” sta per le influenze che le condizioni ambientali effettive opercepite esercitano sulle attività del risolvere i problemi che gli agenti decidono di compiere.

La precedente precisazione che i fondamenti della conoscenza limitano le direzioni della ricerca ècruciale, così come, e questo si applica sia alle singole tecnologie e sia a sistemi tecnologici piùampi (o “paradigmi tecno-economici” nel senso di Perez 1985; Freeman e Perez ,1988) chedominano nell'economia lungo particolari fasi dello sviluppo (per esempio, l'energia a vapore,l'elettricità e le tecnologie elettromeccaniche, microelettronica e tecnologie dell'informazione, etc.).Si consideri per esempio, la proposizione di Moses Abromovitz che:

Nel diciannovesimo secolo, il progresso tecnologico è stato pesantemente deviato nella direzionedell'utilizzo del capitale fisico [e] poteva essere incorporato nella produzione soltanto tramite l'impiego(agency) di una larga espansione nel capitale fisico per lavoratore...[mentre]... nel ventesimo secolo... taledistorsione si è ridotta [e] dovrebbe essere scomparsa del tutto. (Abromovitz, 1993, p.224),

Per come la leggiamo noi, questa è una proposizione sulla natura della conoscenza disponibile inun certo tempo nella società e sui modi in cui essa plasma il suo impiego economico,indipendentemente dai prezzi relativi. Cioè, la proposizione riguarda i confini dell'insieme delleopportunità ottenibili sulla base dei paradigmi disponibili ed i limiti ai possibili “effettid'induzione”.

I meccanismi di “induzione” fino ad ora discussi si basano in definitiva sui modi in cui lecondizioni di produzione e di mercato ed il loro cambiamento influenzano “il focus cognitivo” egli incentivi, ed , in ultima istanza le euristiche di ricerca . Piu’ in generale, occorre separare, tredifferenti origini dell'“induzione” relative ad (a) cambiamenti nelle regole microeconomiche diricerca, che influenzano la direzione dell'esplorazione nello spazio virtuale delle opportunità ; (b)cambiamenti nell'allocazione delle risorse ai diversi campi di ricerca (indipendentemente dalle lorodirezioni) tra paradigmi e linee di business; e (c) cambiamenti indotti dal mercato nei criteri diselezione tramite i quali alcune tecniche o prodotti sono comparati con varietà alternative.

Certamente, nel lungo periodo i cambiamenti maggiori nei pattern di innovazione sono associaticon l'emergere di nuovi paradigmi tecnologici. Così, il passaggio dalle carrozze tirate dai cavallialle automobili e ai trattori a motore e’ il risultato di un insieme di nuovi paradigmi tecnologiciassociati con lo sviluppo, per esempio, del motori a gasolio, di nuove tecniche di produzionedell’acciaio,delle tecnologie elettromeccaniche, etc. piuttosto che di semplici meccanismi di“induzione economica”

3.4 Mezzi di appropriazione

Molti ricercatori presso le università ed i laboratori pubblici fanno il loro lavoro, cheoccasionalmente potrebbe risultare in un significativo avanzamento tecnologico, senza l'aspettativadi trarne diretto beneficio finanziario. Alcuni inventori inventano per la pura sfida di farlo , e per ilsenso di soddisfazione che risulta dall'aver risolto un problema difficile. E, più importante, come giàmenzionato, nelle società contemporanee gran parte della conoscenza scientifica— sia di natura“pura” che “applicata”— è stata generata in un regime di scienza aperta (open science).

La fondamentale visione sottostante e che supporta tale prospettiva di una scienza apertapubblicamente sostenuta lungo buona parte del ventesimo secolo che implicava (i) una sociologiadella comunità scientifica largamente basata sull'autogoverno e sulla valutazione tra pari, (ii) unacultura condivisa tra gli scienziati che enfatizzava l'importanza dei fattori motivazionali diversi daquelli economici, e (iii) un ethos di divulgazione dei risultati di ricerca guidato dalle regole diprecedenza secondo cui “il vincitore prende tutto”. In Nelson (2006), David e Hall (2006), e Dosi etal. (2006b), si discutono i pericoli provenienti dall'erosione delle istituzioni di “Scienza Aperta”.Non possiamo approfondire qui i dettagli. Abbiamo già menzionato sopra l'importanza dei progressiliberamente accessibili nelle scienza pure e applicate come fondamentale carburante per imiglioramenti tecnologici— sebbene con variazione significativa tra le tecnologie, i settori, e glistadi dello sviluppo di ogni paradigma tecnologico. Comunque, una buona fetta di attivitàinnovative finalizzate a tecnologie economicamente sfruttabili che hanno luogo nelle societàcapitaliste contemporanee è condotta in organizzazioni orientate al profitto con la speranza diottenerne un beneficio economico. A sua volta, la stessa esistenza di una relazione tra tentativi diricerca economicamente costosi condotti da agenti privati, ed (incerte) ricompense economiche dainnovazioni di successo, implica la fondamentale incompatibilità, — originariamente indicata daMarx e Schumpeter— tra ogni sorta di equilibrio generale con zero profitti ed ogni incentivoall'innovazione endogena ( cioè endogena al settore privato, “capitalista” dell'economia).

Dato tutto questo, comunque, sorgono due principali insiemi di domande.

Primo, quanto è profondo tale tradeoff tra l’allontanamento monopolistico dalle condizionicompetitive di zero profitti e gli incentivi ad innovare? Più precisamente, qual è l'evidenza, laddoveci sia, su una qualche relazione monotona tra ritorni (effettivi ed attesi) dall'innovazione, da unaparte, e tentativi innovativi, dall'altra?

Tale relazione monotona è infatti incorporata come una delle assunzioni fondanti dentro lamaggior parte dei modelli di crescita “neo-Schumpeteriani”, mentre la limitata capacità diappropriarsi dei ritorni dall'invenzione e dall'innovazione è spesso proposta come la ragione per laquale il tasso di progresso tecnologico è molto lento in talune industrie. Gli studi sopramenzionatisulla natura e sulle origini delle opportunità tecnologiche suggeriscono che questa spiegazione èimprobabile. Piuttosto, è molto più probabile che la causa di tassi di progresso altamentedifferenziati tra le industrie risieda nelle differenze in termini di forza e di ricchezza delleopportunità tecnologiche. Più generalmente, lasciateci suggerire che l'idea diffusa che la chiave perun progresso tecnologico crescente è nel rafforzamento delle condizioni di appropriabilità,soprattutto attraverso il rendere i brevetti più forti e più diffusi, è profondamente sbagliata.Ovviamente, gli inventori e gli innovatori devono avere una ragionevole aspettativa di essere ingrado di trarre profitti dal loro lavoro, laddove sia apprezzato sotto il profilo tecnologico e accadeche incontri le domande di mercato. Comunque, in molte industrie questo è già il caso. E non c'èevidenza che brevetti più forti aumenterebbero significativamente il tasso di progresso tecnologico(di più in Granstrand, 1999, 2005; Jaffe, 2000; Mazzoleni e Nelson, 1998; Dosi et al., 2006c,Cimoli et al, 21014 e la crescente letteratura ivi citata). In effetti, in molti casi l'opposto appare beneessere il caso. Come abbiamo gia’ notato, in molti settori della tecnologia, il progresso ècumulativo, con gli sforzi di ieri, sia i fallimenti che i successi, che preparano per gli sforzi ed irisultati di domani. Se quelli che fanno R&D oggi sono tagliati fuori dall'essere in grado di estrarreda e costruire su ciò che è stato raggiunto ieri, il progresso potrebbe essere significativamenteminacciato.

Esempi storici, come quelli presentati in Merges e Nelson (1994) sul brevetto Seldon sull'uso dibenzina in un motore a combustione interna per alimentare un'automobile o il brevetto dei fratelliWright su un efficiente e stabilizzante sistema di sterzo per gli aerei, sono buoni esempi aproposito.

Questi esempi mostrano come il regime di IPR (Intellectual Property Rights) probabilmente abbiarallentato considerevolmente il successivo sviluppo di automobili e di aeroplani, a causa del tempoe delle risorse consumate dalle cause legali contro i brevetti stessi. Il dibattito corrente sui diritti diproprietà in biotecnologia suggerisce problemi similari, per cui garantire diritti molto ampi suibrevetti potrebbe avere un effetto dannoso sul tasso di sviluppo tecnologico, in quanto essiprecludono l'esplorazione di applicazioni alternative delle invenzioni brevettate.

Questo è particolarmente il caso quando sono rilevanti le invenzioni che riguardano tecniche oconoscenze fondamentali, per esempio, i geni o il brevetto di Leder e Stewart su un topogeneticamente progettato in grado di sviluppare il cancro . Questo è chiaramente uno strumento diricerca. Nella misura in cui tali tecniche e conoscenza sono cruciali per la ricerca successiva cheprocede cumulativamente sulla base dell'invenzione originale, l'attribuzione di ampi diritti diproprietà puo’ severamente ostacolare successivi sviluppi. Ancor di più quindi, se il brevetto

protegge non soltanto il prodotto che gli inventori hanno ottenuto (l'“oncotopo”) ma anche tutta laclasse di prodotti che potrebbero essere prodotte attraverso quel principio, cioè “tutti i mammiferitransgenici non umani”, o tutti i possibili usi di una invenzione brevettata (diciamo, la sequenza diun gene), sebbene essi non sono nominati nell'applicazione. Sotto tale rispetto, Murray et al. (2009)offrono un'impressionante illustrazione di come “l'apertura a monte” (di nuovo, nel caso del topo)— in tale caso, un cambiamento signifcativo nel regime di IPR negli Stati Uniti— abbia prodottopiù ricerca/ più diversi tassi di esplorazione dei percorsi di ricerca “a valle”.

In generale, gli sforzi di oggi per migliorare una tecnologia spesso necessitano di estrarre danumerose scoperte precedenti e dai miglioramenti che incrementano l'uno sull'altro . Sotto questecircostanza, gli IPRs sono più probabili essere un impedimento piuttosto che un incentivo adinnovare (di più in Heller e Eisenberg, 1998 e Merges e Nelson, 1994). Se le componenti presentie passate dei sistemi tecnologici sono brevettati da parti differenti, potrebbe esserci un problema di“anticommons” (il termine è stato coniato da Heller e Eisemberg).

Mentre nel problema standard dei “commons” ( beni comuni) (così come il “pascolo libero”) lamancanza di diritti di proprietà è suppostamente considerata conduttrice alla sovrautilizzazione esfruttamento dei beni comuni, in casi come la biotecnologia assieme a tanti prodotti complessi, ilrischio incombente concerne l'eccessiva frammentazione degli IPRs tra troppi proprietari puo’ benrallentare le attività di ricerca perché ogni proprietario può bloccare l'altro. Ulteriore evidenzaempirica sugli effetti negativi di una forte protezione dei brevetti sul progresso tecnologico è inMazzoleni e Nelson (1998); e ad un livello più teorico, vedi l'arguta discussione in Winter (1993)che mostra come stringenti regimi di appropriabilità in ambienti evolutivi potrebbero scoraggiare ilprogresso tecnico. Al contrario, ben prima del contemporaneo movimento del software “open-source”, si è in grado di documentare casi in cui gruppi di imprese in competizione o di attoriprivati, possibilmente a causa di qualche consapevolezza del problema degli anticommons, hannopreferito evitare il rivendicare brevetti e, di proposito, di operare in un debole regime di IPR inqualche modo simile a quello della “scienza aperta”, coinvolgendo la libera divulgazione delleinvenzioni l'una con l'altra: vedi Allen (1983) a Nuvolari (2004) sugli altiforni e sul motore a vaporein Cornovaglia, rispettivamente. E’ importante notare che questi casi di “invenzione collettive”sono stati in grado di produrre rapidi tassi di progresso tecnico. Fenomeni simili alla liberarivelazione dell'innovazione appaiono anche nelle comunità degli utilizzatori innovatori (vedi vonHippel, 2005).

Il secondo insieme di domande riguarda le caratteristiche dei regimi rispetto a come gli inventorisi appropriano dei ritorni. La saggezza convenzionale è stata a lungo che la protezione del brevettola chiave per essere in grado di appropriarsi di essi, Ma questo è il caso soltanto in pochi campidella tecnologia. La farmaceutica è un esempio importante. Comunque, una serie di studi (Cohen etal., 2002; Levin et al., 1985; Mansfield et al., 1981 tra gli altri) ha mostrato che in molte industrie(settori) i brevetti non sono il più importante meccanismo che permette agli inventori di appropriarsi

dei ritorni. Così Levin et al. (1985) trovano che per molti settori: “il tempo di esecuzione e ivantaggi delle curve di apprendimento, combinati con sforzi complementari di marketing, appaionoessere i principali meccanismi di appropriazione dei ritorni per le innovazioni di prodotto.”(p.33)

Brevettare spesso sembra essere un meccanismo complementare per l'appropriazione dei ritorniper l' innovazione di prodotto, ma nella maggior parte dei settori non il principale. Per leinnovazioni di processo (usate dall'innovatore stesso), la segretezza spesso è importante, i brevettiraramente cosi (importanti). Queste scoperte sono state largamente confermate da uno studiosuccessivo condotto una decade dopo da Cohen et al. (2002). Teece (1986) e una ricca seguenteletteratura (cfr. lo Special Issue di Research Policy, 2006 ) hanno analizzato in certo dettaglio ledifferenze tra le invenzioni per le quali brevetti forti possono essere ottenuti ed implementati , edinvenzioni in cui i brevetti non possono ottenuti o sono deboli, e nelle strategie delle impresenecessarie per raccogliere i ritorni dall'innovazione.

Una scoperta di base e piuttosto generale è che in molti casi costruire le capacità organizzative perimplementare la nuova tecnologia, anche per mezzo di assets complementari così come capacitàmanifatturiere, permette ai ritorni provenienti dall'R&D di essere alti, anche quando i brevetti sonodeboli. Così, nonostante il fatto che i brevetti sono stati efficaci soltanto in una piccola fetta disettori considerati nello studio di Levin et al. (1985), circa tre quarti dei settori (industrie)intervistati ha riportato l'esistenza di almeno un mezzo effettivo per proteggere l'innovazione diprocesso, e più del 90% delle industrie ha riportato lo stesso per l'innovazione di prodotto (Levin etal., 1985). Questi risultati sono stati confermati da una serie di altri studi successivi condotti peraltri paesi (vedi, per esempio, lo studio PACE per l'Unione Europea; cfr: Arundel et al., 1985).

Se ci sono delle conclusioni fino ad ora per questa ampia area di investigazione , esse sono che,primo, non c'è evidenza su nessuna relazione monotona tra i gradi di appropriabilità e lapropensione a perseguire ricerca innovativa, oltre certe soglie (minime) di appropriabilità; secondo,i meccanismi di appropriabilità correntemente in atto sono ben sufficienti (di fatto, probabilmentesovrabbondanti); terzo, i differenti tassi di innovazione tra settori e paradigmi tecnologici possonoessere difficilmente spiegati dalle variazioni nell'effettività dei meccanismi di appropriabilità, e,quarto, anche meno dalle differenze nell'effettività della protezione (garantita) dell' IPR.

Innovazione, evoluzione industriale, e crescita economica: alcune conclusioni

In questo contributo, abbiamo cercato di condurre il lettore attraverso la comprensione dellastruttura della conoscenza tecnologica e della sua diversità tra differenti paradigmi tecnologici,insieme con la comprensione dei modi in cui tale conoscenza è generata, aumentata, e diffusa.

Differenti abilità ad innovare ed imitare sono gli aspetti centrali ed i motori dell'evoluzioneindustriale, combinati coi pattern di crescita, declino e 'uscita di popolazioni di imprese incompetizione, così come le opportunità di entrata di nuove imprese. In questo contributo, noiabbiamo discusso tali dinamiche come processi evolutivi guidati dalle forze gemelle diapprendimento idiosincratico da parte di imprese persistentemente eterogenee, da una parte, e diselezione (imperfetta) di mercato dalla quale scaturiscono premi e penalità – in termini di profitti,possibilità di crescita e probabilità di sopravvivenza – tra tali eterogenee popolazioni aziendali,dall'altra. In ciò, abbiamo sostenuto, che i processi di apprendimento specifici all'impresa appaionoessere relativamente più potenti che le dinamiche di selezione tra le imprese.