la produzione di interferon -...

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VIRUS 10 5 3 RNA REPLICATIVO 1... .") O Si pensa che il virus induca la produzione di interferon in due fasi successive. Il vi. rus contenente RNA a filamento singolo si attacca alla parete cellulare (/) ed entra nella cellula (2). La capsula esterna del virus si distrugge liberando il filamento singolo di RNA (3) che si duplica e forma un filamento doppio (4). La presenza di un RNA esterno a doppio filamento fa si che la cel- lula sintetizzi l'interferon (5) ma l'RNA continua a duplicarsi. L'interferon si trasferisce in una nuova cellula (6). Non può impedire a un virus di entrare in altre cellule (7, 8, 9), ma impe- disce la duplicazione dell'RNA virale a filamento singolo (10). to Nazionale per le Ricerche Mediche in Inghilterra, Alick Isaacs e Jean Lin- denmann hanno fatto l'importante sco- perta che l'azione di interferenza dei virus era espletata da una sostanza, che chiamarono interferon, che veniva pro- dotta dalle cellule infettate dal virus e che proteggeva le cellule non ancora infettate. L'interferon poteva essere di- strutto con enzimi proteolitici, aveva un peso molecolare relativamente basso, 2 p otenzialmente vi sono tre metodi per controllare nell'uomo le ma- lattie virali. Finora l'unico adot- tato è stato la somministrazione di un vaccino: una preparazione di virus uc- cisi o attenuati che stimola l'organismo a formare anticorpi contro quel deter- minato virus. La specificità dei vaccini, cioè il loro spettro ristretto, è una limi- tazione; ciò significa che è necessario un vaccino diverso per ciascun virus o ceppo di virus. Un altro metodo pos- sibile, teoricamente dotato di azio- ne a largo spettro, è la chemioterapia. Però non è stato scoperto nessun agen- te chimico non dannoso ed efficace che agisca contro i virus come i sulfamidici o gli antibiotici agiscono contro vasti gruppi di batteri. La terza possibilità è di affidarci a quella che apparentemen- te è la prima linea di difesa della cel- lula stessa contro l'attacco dei virus: l'interferon. Fin dal 1957 è noto che una cellula infettata da un virus pro- duce una sostanza, l'interferon, che pro- tegge altre cellule contro l'infezione vi- rale. Ora è stato trovato un metodo effi- cace per mobilitare il sistema interfe- ron dell'organismo ed è giunto il mo- mento di valutarne con prove cliniche la pericolosità e l'efficacia. Nel 1935 Meredith Hoskins della Rockefeller Foundation osservò che l'infezione di una scimmia con un virus della febbre gialla attenuato preveniva la morte dovuta a un virus della feb- bre gialla virulento somministrato con- temporaneamente. Due anni dopo Geor- ge M. Findlay e F.O. MacCallum del- la Wellcome Research Institution in In- ghilterra hanno trovato che scimmie in- fettate con il virus della febbre della Rift Valley erano protette contro il vi- rus della febbre gialla. Poiché questo effetto protettivo opera contro un se- condo virus somministrato contempo- raneamente a quello attenuato, e anche contro un virus differente, chiaramente non aveva nulla a che vedere con le note reazioni immunitarie che implicano la reazione antigene-anticorpo. Findlay e MacCallum l'hanno chiamata « inter- ferenza virale », e negli anni seguenti sono stati riportati molti esempi di in- terferenza tra coppie di virus. Però nes- suno trovò una via pratica per adat- tare il fenomeno alla prevenzione delle malattie virali. Successivamente nel 1957, all'Istitu- ed era più resistente agli acidi e alle basi della maggior parte delle proteine. Si è trovato che l'azione antivirale del- Pinterferon è molto vasta; questa pro- teina era attiva praticamente contro tutti i virus. D'altra parte aveva uno spettro ristretto in un altro senso: era attiva solo sulla stessa specie animale in cui era stata prodotta. L'interferon di topo era attivo solo in cellule di topo, l'interferon di pollo in cellule di pollo e cosí via. La reazione immediata alla scoperta dell'interferon fu la speranza che la proteina potesse essere prodotta in cel- lule, purificata e somministrata per pre- venire e curare le malattie virali. C'era anche la possibilità che la molecola di interferon contenesse un gruppo chimi- co, facilmente sintetizzabile, responsa- bile dell'attività antivirale di questa proteina. Il primo passo necessario era la purificazione, compito che fu intra- preso dal nostro gruppo al Merck Insti- tute for Therapeutic Research. Nel 1963 potemmo annunciare un grado di purificazione significativo dell'interfe- ron prodotto in embrioni di pollo che erano stati infettati col virus dell'in- fluenza. L'interferon purificato era e- stremamente attivo contro i virus in esperimenti in vitro; esso era effica- ce come agente antivirale, per esempio, in quantità più piccole di quelle neces- sarie ai comuni antibiotici contro bat- teri molto sensibili. Risultò che l'attività antivirale dell'interferon era dovuta al- la complessa molecola nel suo insieme piuttosto che a una semplice porzione di essa. Le nostre osservazioni furono confermate e ampliate da Thomas C. Merigan jr. della Stanford University School of Medicine e da Karl H. Fan- tes dei Glaxo Laboratories Ltd., in In- ghilterra. P, dubbio che sia stato finora isolato interferon assolutamente puro. Inoltre, non si è ancora trovato un metodo pra- tico per produrre interferon in cellule umane. Infatti, il rapporto tra dose richiesta e la possibile resa di inter- feron da parte di cellule è per ora cosí sfavorevole da potere escludere la possibilità di produrre interferon uma- no, purificandolo e somministrandolo agli uomini. Considerando i limiti dell'uso di in- terferon esogeno in medicina, l'alterna- tiva ovvia era di trovare un opportuno induttore di interferon: una sostanza che potesse essere data a un paziente per indurre il suo organismo a fabbrica- re il proprio interferon endogeno. La ricerca di induttori in molti laboratori portò alla scoperta di varie sostanze capaci di stimolare la produzione di in- terferon in animali. Queste includevano batteri, parassiti, virus, polisaccaridi, agenti come la fitoemoagglutinina che promuove la divisione cellulare, endo- tossine batteriche, plastiche sintetiche e altre sostanze. Per varie ragioni nes- suno di questi agenti era adatto per uso clinico. I l nostro gruppo al Merck Institute, costituito dagli autori e da A. Kirk Field, George P. Lampson e Marjorie M. Nemes, si è concentrato sul tenta- tivo di trovare e poi imitare i mecca- nismi con cui i virus inducono natural- mente l'interferon. Decidemmo di se- guire due vie. La prima era di frazio- nare un certo numero di virioni, o par- ticelle virali, e provare a trovare uno o più componenti responsabili dell'indu- zione dell'interferon. Il secondo era di La produzione di interferon Un RNA sintetico chiamato poli I:C può fornire una protezione a largo spettro contro le malattie virali. Esso stimola le cellule a produrre interferon, la proteina che difende altre cellule dall'infezione da virus di Maurice R. Hilleman e Alfred A. Tytell 24 25

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VIRUS

10

53

RNA REPLICATIVO

1....")O

Si pensa che il virus induca la produzione di interferon in due fasi successive. Il vi.rus contenente RNA a filamento singolo si attacca alla parete cellulare (/) ed entranella cellula (2). La capsula esterna del virus si distrugge liberando il filamento singolo

di RNA (3) che si duplica e forma un filamento doppio (4). Lapresenza di un RNA esterno a doppio filamento fa si che la cel-lula sintetizzi l'interferon (5) ma l'RNA continua a duplicarsi.

L'interferon si trasferisce in una nuova cellula (6). Non puòimpedire a un virus di entrare in altre cellule (7, 8, 9), ma impe-disce la duplicazione dell'RNA virale a filamento singolo (10).

to Nazionale per le Ricerche Medichein Inghilterra, Alick Isaacs e Jean Lin-denmann hanno fatto l'importante sco-perta che l'azione di interferenza deivirus era espletata da una sostanza, chechiamarono interferon, che veniva pro-dotta dalle cellule infettate dal virus eche proteggeva le cellule non ancorainfettate. L'interferon poteva essere di-strutto con enzimi proteolitici, aveva unpeso molecolare relativamente basso,

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p

otenzialmente vi sono tre metodiper controllare nell'uomo le ma-lattie virali. Finora l'unico adot-

tato è stato la somministrazione di unvaccino: una preparazione di virus uc-cisi o attenuati che stimola l'organismoa formare anticorpi contro quel deter-minato virus. La specificità dei vaccini,cioè il loro spettro ristretto, è una limi-tazione; ciò significa che è necessarioun vaccino diverso per ciascun virus oceppo di virus. Un altro metodo pos-sibile, teoricamente dotato di azio-ne a largo spettro, è la chemioterapia.Però non è stato scoperto nessun agen-te chimico non dannoso ed efficace cheagisca contro i virus come i sulfamidicio gli antibiotici agiscono contro vastigruppi di batteri. La terza possibilità èdi affidarci a quella che apparentemen-te è la prima linea di difesa della cel-lula stessa contro l'attacco dei virus:l'interferon. Fin dal 1957 è noto cheuna cellula infettata da un virus pro-duce una sostanza, l'interferon, che pro-tegge altre cellule contro l'infezione vi-rale. Ora è stato trovato un metodo effi-cace per mobilitare il sistema interfe-ron dell'organismo ed è giunto il mo-mento di valutarne con prove clinichela pericolosità e l'efficacia.

Nel 1935 Meredith Hoskins dellaRockefeller Foundation osservò che

l'infezione di una scimmia con un virusdella febbre gialla attenuato prevenivala morte dovuta a un virus della feb-bre gialla virulento somministrato con-temporaneamente. Due anni dopo Geor-ge M. Findlay e F.O. MacCallum del-la Wellcome Research Institution in In-ghilterra hanno trovato che scimmie in-fettate con il virus della febbre dellaRift Valley erano protette contro il vi-rus della febbre gialla. Poiché questoeffetto protettivo opera contro un se-condo virus somministrato contempo-raneamente a quello attenuato, e anchecontro un virus differente, chiaramente

non aveva nulla a che vedere con lenote reazioni immunitarie che implicanola reazione antigene-anticorpo. Findlaye MacCallum l'hanno chiamata « inter-ferenza virale », e negli anni seguentisono stati riportati molti esempi di in-terferenza tra coppie di virus. Però nes-suno trovò una via pratica per adat-tare il fenomeno alla prevenzione dellemalattie virali.

Successivamente nel 1957, all'Istitu-

ed era più resistente agli acidi e allebasi della maggior parte delle proteine.Si è trovato che l'azione antivirale del-Pinterferon è molto vasta; questa pro-teina era attiva praticamente controtutti i virus. D'altra parte aveva unospettro ristretto in un altro senso: eraattiva solo sulla stessa specie animale incui era stata prodotta. L'interferon ditopo era attivo solo in cellule di topo,l'interferon di pollo in cellule di polloe cosí via.

La reazione immediata alla scopertadell'interferon fu la speranza che laproteina potesse essere prodotta in cel-lule, purificata e somministrata per pre-venire e curare le malattie virali. C'eraanche la possibilità che la molecola diinterferon contenesse un gruppo chimi-co, facilmente sintetizzabile, responsa-bile dell'attività antivirale di questaproteina. Il primo passo necessario erala purificazione, compito che fu intra-preso dal nostro gruppo al Merck Insti-tute for Therapeutic Research. Nel1963 potemmo annunciare un grado dipurificazione significativo dell'interfe-ron prodotto in embrioni di pollo cheerano stati infettati col virus dell'in-

fluenza. L'interferon purificato era e-stremamente attivo contro i virus inesperimenti in vitro; esso era effica-ce come agente antivirale, per esempio,in quantità più piccole di quelle neces-sarie ai comuni antibiotici contro bat-teri molto sensibili. Risultò che l'attivitàantivirale dell'interferon era dovuta al-la complessa molecola nel suo insiemepiuttosto che a una semplice porzionedi essa. Le nostre osservazioni furonoconfermate e ampliate da Thomas C.Merigan jr. della Stanford UniversitySchool of Medicine e da Karl H. Fan-tes dei Glaxo Laboratories Ltd., in In-ghilterra.

P, dubbio che sia stato finora isolatointerferon assolutamente puro. Inoltre,non si è ancora trovato un metodo pra-tico per produrre interferon in celluleumane. Infatti, il rapporto tra doserichiesta e la possibile resa di inter-feron da parte di cellule è per oracosí sfavorevole da potere escludere lapossibilità di produrre interferon uma-no, purificandolo e somministrandoloagli uomini.

Considerando i limiti dell'uso di in-terferon esogeno in medicina, l'alterna-

tiva ovvia era di trovare un opportunoinduttore di interferon: una sostanzache potesse essere data a un pazienteper indurre il suo organismo a fabbrica-re il proprio interferon endogeno. Laricerca di induttori in molti laboratoriportò alla scoperta di varie sostanzecapaci di stimolare la produzione di in-terferon in animali. Queste includevanobatteri, parassiti, virus, polisaccaridi,agenti come la fitoemoagglutinina chepromuove la divisione cellulare, endo-tossine batteriche, plastiche sintetichee altre sostanze. Per varie ragioni nes-suno di questi agenti era adatto peruso clinico.

Il nostro gruppo al Merck Institute,costituito dagli autori e da A. Kirk

Field, George P. Lampson e MarjorieM. Nemes, si è concentrato sul tenta-tivo di trovare e poi imitare i mecca-nismi con cui i virus inducono natural-mente l'interferon. Decidemmo di se-guire due vie. La prima era di frazio-nare un certo numero di virioni, o par-ticelle virali, e provare a trovare uno opiù componenti responsabili dell'indu-zione dell'interferon. Il secondo era di

La produzione di interferonUn RNA sintetico chiamato poli I:C può fornire una protezione a largospettro contro le malattie virali. Esso stimola le cellule a produrreinterferon, la proteina che difende altre cellule dall'infezione da virus

di Maurice R. Hilleman e Alfred A. Tytell

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Una prova per dimostrare la presenza di interferon si fa iniet-tando nei conigli poli I:C (o qualsiasi altra sostanza potenzial-mente induttrice) per via endovenosa. Dopo due ore si prelevail sangue dai conigli e si lascia coagulare. Il siero viene quindiesaminato a varie diluizioni su cellule in coltura (a); la coltu-

ra viene incubata per 18 ore, lavata e poi infettata con il virusdella stomatite vescicolare. Se il livello dell'interferon è quelloottimale, le cellule non sono danneggiate. Contemporaneamen-te una coltura di controllo non trattata viene esposta al virusallo stesso modo (b). Le sue cellule vengono uccise dal virus.

POLI I:C DUE ORE\O-

SIERO

GOAUGULAZIONE

18 ORE

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a INTERFERON

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18 ORE

N

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Il poli I:C è un polinucleotide sintetico,analogo dell'RNA, realizzato in laborato-rio unendo due omopolimeri: l'acido po-liriboinisico (a sinistra) e l'acido poliribo-citidilico (a destra). Ciascun filamento, co-me in un RNA naturale, è formato dauno scheletro (in grigio) di gruppi alter-nati di fosfato (P) e da ribosio a cui sonoattaccate basi azotate come gruppi laterali.In questi omopolimeri sintetici le basi so-no tutte uguali: la purina ipoxantina (incolore) e la pirimidina citosina (in nero). Idue filamenti sono uniti attraverso le basida legami di idrogeno (linee tratteggiate).

isolare il principio attivo della elenina,un estratto del fungo Penicillum funi-culosum il quale, come Richard E. Sho-pe e i suoi collaboratori al RockefellerInstitute for Medical Research avevanodimostrato, induce la produzione di in-terferon in colture di cellule e favoriscela resistenza all'infezione virale neglianimali. Quello che ci mise sulla giustastrada fu la scoperta di Werber Braune Masayasu Nakano della Rutgers Uni-versity che la risposta anticorporale erainnalzata da certi polinucleotidi sinteti-ci. Questi sono analoghi degli acidi nu-cleici DNA e RNA che vengono pro-dotti in laboratorio combinando i nu-cleotidi (le subunità degli acidi nucleici)in maniera arbitraria anziché nella com-binazione con cui si trovano in naturae che permette la codificazione del-l'informazione genetica nelle cellule vi-venti.

Ci domandammo se questi polinu-cleotidi potessero indurre anche la for-mazione di interferon, e provammo variRNA sintetici. Uno di questi risultòestremamente attivo: in piccole quan-tità (microgrammi) dava luogo alla pro-duzione di interferon nei conigli e ren-deva le colture di cellule e gli animaliresistenti all'infezione virale. La sostan-za attiva era il poli I:C, che consiste difilamenti omopolimerici accoppiati diacido ipoliriboinosinico (poli I) e aci-do poliribocitidilico (poli C) (si veda lafigura a sinistra). Anche il poli A:U,in complesso basato sugli acidi adenili-co e uridilico, era attivo sulle colture dicellule ma era molto meno attivo neglianimali. Gli omopolimeri a filamentosingolo non erano attivi.

Nel frattempo il lavoro sulla eleninaprocedeva bene; poco dopo aver stabi-lito la proprietà di indurre la produzio-ne di interferon del poli I: C, potemmoaffermare che anche il principio attivodell'elenina era un RNA a doppia eli-ca. Suggerimmo che la muffa da cuil'elenina veniva ottenuta doveva esserestata infettata da un virus, che avevapresumibilmente fornito l'RNA a dop-pia elica. L nostri sospetti furono con-fermati quando Walter J. Kleinschmidte i suoi collaboratori dimostrarono lapresenza di un virus dei funghi nellostatalone, un estratto di un'altra speciedi penicillo avente le stesse proprie-tà dell'elenina. Successivamente G.T.Banks e i suoi collaboratori dell'Impe-rial College of Science and Technologya Londra isolarono un virus dei funghidal P. funiculosum.

Noi intraprendemmo successivamen-te un vasto programma di selezioneprovando vari tipi di polinucleotidi. Fa-cemmo questo iniettando i polinucleo-

tidi endovena in conigli, prelevandoloro successivamente il sangue e sag-giando la capacità del siero di proteg-gere una coltura di cellule contro l'in-fezione virale (si veda la figura nellapagina a fronte). Un gran numero diRNA a doppia elica, di origine natu-rale o sintetica, si dimostrarono attiviinduttori. Gli RNA a filamento singoloerano inattivi, come anche il DNA adoppio filamento (Si veda la figura apagina 28).

Qual è l'origine dell'RNA a doppiofilamento nel caso di una normale

infezione virale? Mentre in alcuni virus,nei batteri, nelle piante e negli animaliil materiale genetico è DNA, in moltivirus è invece costituito da RNA. Nellamaggior parte dei virus a RNA è laforma a elica singola di RNA a esserepresente nel virione e non la forma adoppio filamento. Pensammo che talivirus quindi non potevano inizialmentedare luogo alla formazione di interfe-ron; l'attività induttiva poteva insorgeresolo quando nella cellula infetta il fi-lamento di RNA veniva duplicato. Èstato poi dimostrato mediante immuno-fluorescenza e altre tecniche che la for-ma a doppio filamento appare infattinel normale corso della duplicazionevirale. La stessa cosa vale per i polinu-cleotidi sintetici: gli omopolimeri di-ventano attivi solo quando sono ap-paiati a formare un doppio filamento.(In certe condizioni poli I o poli C dasoli possono mostrare una debole capa-cità induttiva ma questa attività è tra-scurabile paragonata a quella del poliI:C e non ha quindi alcuna importan-za pratica).

L'esatto meccanismo di induzione eutilizzazione dell'interferon deve anco-ra essere completamente chiarito, manella nostra ipotesi di lavoro riteniamoche il sistema di interferon operi in duefasi distinte (Si vedano le figure nelleprecedenti due pagine). Nella prima fa-se un virus contenente RNA a filamen-to singolo penetra nella cellula. Il suorivestimento proteico esterno viene eli-minato e si libera l'RNA che cominciaa produrre il filamento complementaredi RNA che è essenziale alla sua dupli-cazione. L'RNA a doppio filamento chesi forma non è normale per le cellule,e cosí in qualche modo sconosciuto sol-lecita la cellula a sintetizzare inter-feron.

L'interferon di per sé non è attivocontro i virus. Lascia la cellula in cuiè stato prodotto e, nella seconda fase,entra nelle cellule non infettate, doveesercita un'attività antivirale. Probabil-mente funziona da « depressore » fa-

cendo produrre alla cellula una nuovaproteina che impedisce la formazionedi un acido nucleico virale nel caso chela cellula venga attaccata da un virus.Alternativamente, è possibile che l'in-terferon stesso sia alterato dalla nuovaproteina, forse enzimaticamente, performare una molecola antivirale attiva.Esiste soltanto una prova indiretta del-la presenza di questa nuova proteina enon è noto il suo preciso meccanismod'azione nel prevenire la duplicazionevirale. I pochi virus (come i reovirus)che contengono RNA a doppio filamen-to inducono l'interferon immediatamen-te al momento della penetrazione dellacellula senza bisogno di duplicazione.

Per valutare l'attività protettiva sucolture di cellule, l'induttore in esameviene aggiunto alla coltura e circa treore dopo viene somministrata una dosestabilita e infettiva di virus. L'attivitàè dimostrata dalla capacità che la so-stanza ha di prevenire il danno da vi-rus nello strato di cellule in cultura.Tutti gli RNA a doppio filamento tro-vati attivi, nell'indurre la produzione di

interferon nei conigli erano anche atti-vi, in quantità di microgrammi, nel pre-venire la morte cellulare dovuta al virusdella stomatite vescicolare in un'ampiavarietà di cellule di uccelli e mammife-ri, compreso l'uomo. Quando gli stessiinduttori venivano provati sui topi pre-venivano la malattia e la morte in ani-mali infettati con il virus della polmo-nite del topo.

Per la facile disponibilità di poliI:C e per i suoi promettenti risultatiin questi primi esami, gli studi successi-vi nei nostri laboratori furono rivoltisoltanto a questa sostanza. Seguendouna comune pratica per dosare l'effica-cia di un medicamento, abbiamo sceltocome « sistema modello » i topi, infet-tandoli con una dose letale standarddi virus diversi in modo da poter misu-rare l'effetto profilattico e terapeuticodi poli I:C. In un esperimento tipicoquesta sostanza veniva instillata nellenarici del topo prima o dopo l'inocula-zione nasale di una quantità letale stan-dardizzata di virus della polmonite (siveda la figura a pagina 29). Quasi tutti

i topi di controllo non trattati moriva-no, mentre tutti quelli trattati con poliI:C prima del virus sopravvivevano.Lo stesso avveniva per quasi tutti i topia cui fu dato poli I:C due giorni dopoil virus. In altre parole, il poli I:C ave-va un effetto sia terapeutico che profi-lattico. Evidentemente il poli I: C, datoabbastanza presto dopo l'infezione, faprodurre interferon sufficiente a pro-teggere una grande percentuale dellecellule; in effetti l'interferon ha la me-glio sul virus e l'animale sopravvive. Seil trattamento viene iniziato quattrogiorni dopo l'inoculazione del virus sirivela inefficace. Esperimenti di questogenere hanno rivelato un forte effettoprotettivo del poli I:C nei topi controil virus dell'encefalomiocardite, il virusvaccinico e i virus parainfluenzali. Ef-fetti protettivi minori sono stati ottenu-ti negli animali contro il virus onco-geno (che produce cancro) SV-40, l'ade-novirus e il virus della leucemia diFriend. Questa capacità di proteggerecontro virus contenenti sia DNA cheRNA, contro virus oncogeni e contro

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MATERIALE DOSE(MICROGRAMMO

TITOLODELL'INTERFERON

RNA A DOPPIO FILAMENTO

POLI I:C 2 640

POLI A:U 25 20

PEN1CILLIUM FUNICULOSUM 8 640

REOVIRUS 3 8 640

COLIFAGO MS 2 (FORMA REPLICATIVA) 8 160

COLIFAGO MUTANTE MU 9 2 40(FORMA REPLICATIVA)

VIRUS DEL RISO NANO 20 640

VIRUS DELLA POLIEDROSI CITOPLASMICA 22 160

RNA A FILAMENTO SINGOLO

POLI I 25 0

POLIO 20 0

COLIFAGO MS2 8 0

ESCHERICHIA COLI 100 0

VIRUS DELLA MALATTIA DI NEWCASTLE 10, 0

VIRUS DELL'INFLUENZA 10 0

VIRUS DEL MOSAICO DEL TABACCO 40 0

RIBOSOMI DI LIEVITO 1000 0

RNA SOLUBILE DI LIEVITO 200 0

DNA A DOPPIA ELICA

TESSUTO DI TIMO DI VITELLO 200 0

La tabella indica la capacità di vari acidi nucleici nell'indurre la produzione di inter-feron. Gli RNA a doppio filamento sono efficaci a dosi di microgrammi. A destra so-no indicate le diluizioni di siero di coniglio attive nel proteggere il 50 per cento dellecolture di cellule. RNA a filamento singolo e DNA a doppio filamento sono inattivi.

1 POLI I:C

PLACEBO

TRE ORE

14 GIORNI

3

V

V

Per analizzarne l'effetto protettivo, poli I:C venne instillato nelle narici di 17 topi (asinistra) e a 32 controlli (a destra) fu dato un placebo. Dopo tre ore ambedue i gruppivennero infettati con una dose letale di virus della polmonite. Gli animali vennero poiosservati per 14 girrni. Tutti i topi trattati sopravvissero, mentre sopravvisse soltantoun controllo. La sostanza era efficace anche quando veniva somministrata due giornidopo il virus; la sopravvivenza era di 15 su 15 tra gli animali trattati e 1 su 25tra i controlli. Poli I:C non aveva effetto se dato quattro giorni dopo il virus.

quelli che uccidono le cellule, sottoli-neava l'attività antivirale a largo spet-tro del poli I: C.

Altri ricercatori hanno esteso ampia-,mente gli studi su poli I:C. Essi han-no dimostrato l'efficienza del poli I:Ccontro gravi infezioni di Herpes sim-plex nell'occhio del coniglio, contro in-fezioni del virus Semliki Forest nel to-po (un virus portato dagli insetti), con-tro la rabbia nei conigli e contro certeinfezioni di virus respiratori.

Inoltre sono stati osservati per il poliI:C notevoli effetti antitumorali controparecchi tumori trapiantati nel topo, inparticolare il tumore dell'ascite L 1210.E stata anche riscontrata la sua attivitàcontro la malaria sperimentale e altremalattie parassitarie.

Come si è notato sopra si sa che poliI:C stimola i comuni meccanismi im-munitari, compresa l'immunità cellulare,e si pensa che questo sia importante nel-la difesa contro i tumori.

prima che una medicina possa essereutilizzata in esperimenti clinici sul-

l'uomo, bisogna assicurarsi che non siadannosa mediante esperimenti su ani-mali; abbiamo cosí fatto prove su topi,ratti, cani, scimmie con differenti dosi e

diverse vie di somministrazione. Quan-do questa medicina veniva iniettata en-dovena, si notavano effetti collateralia livello dei capillari sanguigni, delfegato e degli organi ematopoietici deicani; questi effetti erano minori o as-senti con somministrazione per via sot-tocutanea o respiratoria. Gli effetti tos-sici erano molto minori nei topi e neiratti che nei cani, ed erano essenzial-mente assenti nelle scimmie. Questi esa-mi indicavano che ci sarebbe un sod-disfacente margine di sicurezza per sog-getti umani trattati con dosi di poliI:C abbastanza elevate da stimolarel'interferon.

Altri controlli sulla sicurezza hannodimostrato che il poli I:C non provocanella cavia reazioni anafilattiche. Que-sta sostanza non era cancerogena seiniettata in animali neonati che furonoosservati fino a 18 mesi dopo l'iniezio-ne. Non provocava l'apparire di nessunfenomeno di tipo canceroso in colturedi cellule umane normali anche se ve-nivano impiantate nella borsa guancia-le del criceto. E infine non provocavaalcune alterazioni nei cromosomi dicellule umane normali coltivate in vitro.

Quando venne il momento di fareprove sull'uomo, considerando il note-

volle effetto del poli I:C contro certi vi-rus che provocano il cancro negli ani-mali e l'azione sorprendentemente bene-fica di questa sostanza contro certi tu-mori trapiantati, decidemmo di provar-la su malati di cancro. Per questo fa-cemmo uno studio in collaborazione conCharles W. Young e Irwing H. Krokoffdel Memorial Hospital e lo Sloan Ket-tering Institute for Cancer Research aNew York. Venti pazienti affetti da can-cro avanzato di tipi diversi vennero trat-tati col poli I:C per via endovena, dadue microgramtni a quattro milligram-mi per chilogrammo di peso corporeo.Vennero presi campioni di siero perdosare l'interferon da prima dell'inie-zione fino a 72 ore dopo. Quattordicipazienti su venti reagiscono producendointerferon.

L'induzione della produzione di in-terferon e il grado e la durata della ri-sposta non sembravano essere molto inrelazione con la dose del poli I:C. L'in-terferon compariva nel sangue due oredopo l'iniezione di poli I:C e persistevain alcuni pazienti fino a 72 ore. La mas-sima produzione di interferon venivageneralmente raggiunta tra 12 e 48 oredopo la somministrazione della sostan-za. Sfortunatamente in questi pazientinon c'era nessun effetto benefico signi-ficativo contro i tumori.

Due problemi fondamentali che ri-guardano l'applicazione clinica delle so-stanze che stimolano la produzionedi interferon sono la durata relativa-mente corta della resistenza dopo som-ministrazione dell'induttore (in generecirca sei giorni negli animali) e la man-canza di risposta a una seconda inie-zione dell'induttore in un periodo im-mediatamente successivo. Per fortunaquesto stato di iporeattività sembrascomparire quasi contemporaneamentealla perdita di resistenza all'infezionevirale, proprio quando c'è bisogno didare una nuova dose di induttore. Ne-gli studi fatti su pazienti si sono otte-nute riinduzioni positive di interferon indue casi quando iniezioni di poli I:Cvenivano somministrate alla distanza disei o sette giorni e in un paziente per-sino di tre giorni. Un altro paziente co-minciò a non reagire solo dopo laquarta iniezione di una serie di dosigiornaliere di poli I: C, e questo pazien-te diventò di nuovo completamentesensibile dopo un periodo di 10 giorni.Sembra quindi che, sebbene la resisten-za alle sostanze che inducono la pro-duzione di interferon si verifichi nel-l'uomo, la sua durata sia relativamentebreve. Può essere che la somministra-zione di piccole, ma terapeuticamenteadeguate dosi di poli I:C a intervalli

frequenti permettano una produzionecontinua di interferon mantenendo cosíuna continua resistenza alla infezionevirale.

Nell'uomo le reazioni cliniche al poliI:C erano scarse. La reazione più no-tevole a iniezioni endovenose di poliI:C era la febbre. L'innalzamento ditemperatura poteva arrivare a circatre gradi raggiungendo il massimo dasei a quindici ore dopo l'iniezione. Lafebbre era in genere accompagnata dal-la produzione di interferon, sebbene inalcuni pazienti le due reazioni si veri-ficavano indipendentemente l'una dal-l'altra. L'aumento della temperaturanon era correlato con la dose di poliI:C. Ampie analisi di laboratorio nonhanno rivelato disturbi alle funzioni delfegato, del rene o del midollo osseo.Non fu osservato alcun effetto sul mec-canismo della coagulazione del san-gue. Insomma, non apparivano sinto-mi clinici che ponessero un limite alladose somministrata.

Ci interessava anche la possibilità diuna risposta immunitaria al poli I:C,ma le analisi hanno dimostrato che ipazienti non formavano anticorpi nécontro il poli I:C, né contro il DNA.C'è ancora un'ulteriore possibilità di in-vestigare. Si è notato che lo sviluppar-si di una malattia autoimmunitaria chericorda un diffuso eritema nell'uomo,e che appare spontaneamente in unaparticolare razza di topi, può essereaccelerato mediante iniezioni multipledi poli I:C. L'entità della dose e lavia di somministrazione di poli I:C inquesti topi vengono attualmente studia-te per stabilire un altro limite di sicu-rezza per l'uso di questa sostanza neisoggetti umani suscettibili a malattieimmunitarie.

La maggior parte delle infezioni viralinell'uomo sono auto-limitate sug-

gerendo che i meccanismi naturali didifesa sono attivi durante la guarigio-ne da queste malattie. Gli anticorpi el'immunità cellulare, i comuni mecca-nismi immunitari specifici, sembranoentrare in azione in una fase piuttostotarda del processo infettivo e possonoavere maggiore importanza nel pre-venire una successiva reinfezione daparte dello stesso virus o nell'elimi-nare cellule infettate dal virus piuttostoche nell'affrettare la guarigione del-l'ospite da una particolare infezione vi-rale. L'interferon viene prodotto nelleprime fasi del processo infettivo e cisono buoni motivi per credere che es-so sia per lo meno uno degli importantifattori implicati nella guarigione dauna malattia virale. La somministrazio-ne di interferon esogeno ha dato fino

a ora risultati poco promettenti a cau-sa delle difficoltà di procurarlo, dellasicurezza e del costo. La via più prati-ca sembra essere la somministrazione disostanze capaci di indurre la produzio-ne di interferon. Il fatto che possanoverificarsi effetti secondari benefici, co-me la stimolazione degli ordinari mec-canismi immunitari, è una ragione inpiù per utilizzare i polinucleotidi sin-

tetici. La bassa tossicità per l'uomo ela pronta disponibilità di questo pro-dotto schiude la possibilità di ricerchesu vasta scala. Dopo alcune prove defi-nitive per eliminare il pericolo di di-sturbi autoimmunitari, questo prodottosarà pronto per caute prove su soggettiumani per prevenire parecchie infezio-ni, come il comune raffreddore, chesono causate da diversi virus.

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