la serendipità in chimica

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A SERENDIPITA’ IN CHIMICA

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Page 1: LA SERENDIPITà IN CHIMICA

LA SERENDIPITA’ IN CHIMICA

Page 2: LA SERENDIPITà IN CHIMICA

ALFRED NOBEL E LA DINAMITE

Andrea
Tutto iniziò osservando i lavoratori impiegati nella produzione della nitroglicerina, i quali iniziarono a manifestare insoliti cambiamenti psicologici correlati al proprio lavoro. Alcuni di loro (compreso Alfred Nobel) si lamentavano sempre più spesso di mal di testa lancinanti, al punto da far considerare la nitroglicerina al pari di un rimedio omeopatico, tra i tanti, proprio per la cura della cefalea. Grazie all’aspetto riprovevole stigmatizzato nell’omeopatia, molti medici affermati storsero il naso all’idea di utilizzare questo rimedio come trattamento medico. Naturalmente, molti dottori rispettabili di quei tempi prescrivevano ancora il salasso come trattamento medico razionale.Nel 1879, il Dr. William Murrell scrisse un documento che difendeva l’impiego della nitroglicerina per il trattamento dell’angina pectoris e altri dolori al torace. Egli provò la nitroglicerina su se stesso toccando un tappo di sughero con la lingua, ottenendone un martellante dolore alla testa, nonché un aumento della forza del battito cardiaco e una singolare tachicardia. Dopo aver convinto altre 34 persone a sottoporsi allo stesso trattamento, osservando gli stessi effetti:“No! It doesn’t hurt at all! Look, 34 other people have done it! Do you mind closing the blinds and turning down the lights!”Basandosi sulle ricerche del dottor T. Lauder Brunton, egli pensò che la nitroglicerina potesse fornire un trattamento efficace per i casi di angina pectoris, un’ipotesi rivelatasi corretta e adesso sappiamo anche perché.L’angina pectoris è provocata dalla carenza di ossigeno che diventa insufficiente per l’attività dei muscoli cardiaci che quindi è obbligato a lavorare in modalità anaerobica, quasi come nel caso degli altri muscoli quando sottoposti ad uno sforzo intenso. Così proprio come dopo un affaticamento muscolare, quando ciò accade ai muscoli cardiaci proviamo un forte dolore al torace. Una delle molteplici cause dell’emicrania inoltre è la dilatazione dei vasi sanguigni. Oggi noi sappiamo che la nitroglicerina ha spiccate proprietà vasodilatatorie, espande il calibro dei vasi sanguigni provocando cefalee ad alti dosaggi e agevola l’afflusso di una maggiore quantità di ossigeno verso i muscoli cardiaci a dosaggi più modesti, liberando i pazienti dai loro dolori toracici.Probabilmente uno dei colmi più ironici della storia della medicina fu proprio la prescrizione di nitroglicerina raccomandata ad Alfred Nobel per risolvere quel doloroso spasmo pettorale che lo colpì durante gli ultimi anni della sua vita. Rimembrando gli intensi mal di testa subiti in passato, egli però rifiutò fermamente qualsiasi trattamento basato sul nitroderivato, eludendo così la combinazione circolare che lo colse, quasi come una pena da scontare per il suo deflagrante operato.L’intera vicenda di come la nitroglicerina provochi la vasodilatazione tuttavia non venne rivelata che negli anni ’80 dello scorso secolo (qui trovate una lunga, benché davvero affascinante, lettura storica inerente le modalità con cui questa scoperta è stata sviluppata, dal 1700 fino al 1998). In un processo lungo e controverso, gli scienziati scoprirono che la nitroglicerina viene convertita in monossido di azoto (anch’esso una sostanza tossica a elevati dosaggi), il quale è una molecola messaggera che provoca la dilatazione dei vasi sanguigni. Quello che emerse fu che l’effetto del monossido agisce aumentando la concentrazione del Guanosin-monofosfato ciclico (cGMP). Per ricondurre la nostra storia in un’altra serie di eventi circolare, nel 1998 Robert Furchgott, Louis Ignarro e Ferid Murad vennero insigniti con il Premio Nobel per la Medicina per le loro scoperte relative al monossido di azoto come molecola trasmettitore di segnali nel sistema cardiovascolare.Così la nitroglicerina è in grado sia di provocare dolore e accelerare la morte, che di ritardarla sollevando i pazienti dalle loro sofferenze. Come sempre, è la dose che fa il veleno (o probabilmente, è la proteina che rende tale il veleno).
Andrea
Dinamite, un’invenzione con il botto143 anni fa Alfred Nobel la brevetta: l'idea più esplosiva dopo polvere da sparo e nitroglicerina25 novembre 2010 di Caterina Visco“ L’idea è indubbiamente una bomba”, deve aver pensato l’impiegato dell’ufficio brevetti di Alexandria in Virginia, “ l’invenzione più esplosiva dopo quella della polvere da sparo e della nitroglicerina”. Compiaciuto dal suo gioco di parole, l’impiegato pianta con forza il timbro sul brevetto 78,317, e lo consegna al distinto signore con barba e baffi in attesa dall’altra parte dello sportello. È il 25 novembre 1867, l’uomo è Alfred Nobel, e quello che ha in mano è il brevetto statunitense per la sua più terribile invenzione: la dinamite. A quella data Nobel ha già registrato da qualche mese il suo esplosivo in Inghilterra e in Svezia, il suo paese d’origine. Pronipote di uno scienziato del XVII secolo (Olof Rudbeck), appartenente a una famiglia di ingegneri, chimico e proprietario insieme al padre della prima fabbrica svedese di nitroglicerina (inventata nel 1846 dall’italiano Ascanio Sobrero) e di un’altra in Germania, esperto in materia di esplosivi: Alfred Bernhard Nobel sembra predestinato a questa invenzione. A spingere il chimico svedese a studiare un nuovo tipo di esplosivo sono alcuni piccoli difetti della nitroglicerina: liquido instabile e difficile da trasportare, e che dunque veniva accuratamente riposta in bottiglie, a loro volta immerse in cassette di legno piene di farina fossile (Kieselgur o terra diatomacea) per evitare gli urti. Non sempre, però, queste accortezze erano sufficienti a prevenire incidenti. Nobel, nelle pause tra gli affari e la gestione della fabbrica, cerca quindi un modo per rendere più stabile l’esplosivo miscelandolo con sostanze assorbenti. La migliore soluzione possibile ce l’ha sotto gli occhi da tempo. Ma, come spesso accade, serve l’intervento del caso per potersene accorgere. Durante un trasporto, il chimico osserva che una bottiglia perde un poco del suo pericoloso contenuto, che viene quasi completamente assorbito dalla farina fossile presente nella cassetta. Nobel torna di corsa nel laboratorio della fabbrica, provando a miscelare la nitroglicerina con la Kieselgur e con della segatura, ottenendo una pasta malleabile e abbastanza stabile: la dinamite.
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LA PENICILLINA DI ALEXANDER FLEMING

Andrea
Si dice che la fortuna aiuti gli audaci, così come le più importanti scoperte vengano fatte per caso. É la storia di Alexander Fleming, scienziato inglese, accompagnato, indirizzato dalla fortuna che durante la sua vita la portato a fare una delle scoperte più importanti dell’ultimo secolo: la penicillina.Già, “accompagnato dalla fortuna”. Perchè? La scienza non è fortuita, è frutto di ragionamenti, tests, calcoli. Ma a volte, anche l’episodio più insignificante della vita di una persona, può portare a scoperte incredibili. Come un banale raffreddore per esempio. Era il 1922 quando un Fleming influenzato stava osservando le culture batteriche presenti nel suo laboratorio; d’improvviso il naso gocciolò e lo scienziato inglese potette osservare come l’area colpita dal naso gocciolante fosse immune alla crescita batterica, ignaro di tutto, Alexander Fleming aveva appena scoperto lisozima.Sei anni più tardi la fortuna, il caso tornarono a far visita ad un perseverante scienziato inglese; sempre lui, sempre Alexander Fleming. Gli anni erano passati, ma non la sua sete di verità e di ricerca. Il batteriologo della Saint Mary’s Hospital Medical School stava studiando delle culture batteriche. Il lavoro nobilita sì l’uomo, ma anche un periodo di vacanza non guasta mai. Tornato al lavoro tre giorni dopo, notò che la Piastra di petri con gli stafilococchi lasciata incustodita sul balcone era stata invasa da batteri, funghi per la precisione, ma degli stafilococchi neanche l’ombra, erano… scomparsi. Come spesso accade Fleming non badò molto a quella scoperta, l’unica cosa che fece fu identificare il Penicillium notatum come un fungo dalle proprietà straordinarie.Qualche anno più tardi, con l’inizio della seconda guerra mondiale, due ricercatori dell’università di Oxford, Ernst Boris Chain e Howard Walter Florey erano alla ricerca di sostanze con proprietà antibatteriche. La scelta cadde sulla penicillina dopo il ritrovamento di un articolo di Fleming sul British Journal of Experimental Pathology . Il primo antibiotico della storia fu testato su un poliziotto, Albert Alexander, colpito da una grave infezione, ma la quantità di penicillina a disposizione non fu sufficiente per guarire l’uomo, che morì di lì a poco.
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LA PORPORA DI ANILINA DI PERKING

Andrea
Andrea
Il primo colorante sintetico: il malva di PerkinFino al 1856 i coloranti venivano ottenuti esclusivamente da fonti naturali (vegetali, animali e minerali) e gli esperti nell’applicazione dei coloranti erano i tintori tessili.L’indaco, il più importante tra i coloranti naturali dell’epoca, era estratto da diverse specie di piante del genere Indigofera coltivate in India e in Cina e del genere Isatis coltivate in Turingia. Con questo colorante (in inglese indigo) venivano colorati anche i jeans (blue jeans).La radice della garanza o robbia (Rubia tinctorum) contiene coloranti che producono un rosso che tende al viola. Nell’Ottocento la coltivazione della garanza prosperava in Alsazia. I pantaloni dei fanti francesi venivano tinti con la garanza dal 1835 fino all’inizio della prima guerra mondiale.La reseda (Reseda luteola) è una pianta erbacea che produce un colorante giallo usato a partire dal primo millennio a.C.Indaco, robbia e reseda sono coloranti vegetali. Tra i coloranti animali i più noti sono la cocciniglia (Dactilopius coccus) e la porpora.La porpora, il colorante più noto nell’antichità, veniva ottenuto da un mollusco Murex brandaris, con un procedimento complesso e costoso. Nell’antichità era un marchio di aristocrazia e prestigio, simbolo di papi e imperatori, ma era stata abbandonata fin dal XII secolo così come lo scarlatto veneziano che non fu più utilizzato dal XV secolo. Infine alcuni coloranti minerali sono: cinabro, piombo, cobalto, blu di Prussia, giallo cromo.I coloranti naturali sono ancora oggi usati per l’abbigliamento intimo, abbigliamento per bambino, arredamento. Hanno alcuni vantaggi: ecologicità, rischi ridotti per i lavoratori e per i fruitori, lavorazione quasi artigianale; ma anche degli svantaggi: scarsa riproducibilità, scarsa solidità, non standardizzabili, limitato numero di tinte. Inoltre i coloranti naturali sono costosi dato che il materiale di partenza è scarso. Nell’Ottocento si iniziarono a cercare metodi per produrre coloranti sintetici. Il londinese William Henry Perkin (1838-1907) aveva 15 anni quando entrò nel Royal College of Chemistry, allora diretto da August Wilhelm von Hofmann (1818-1892), tedesco ma decano riconosciuto della chimica britannica, di cui Perkin diventò presto assistente. Perkin lavorava nel laboratorio del College, ma installò anche un piccolo laboratorio a casa propria.William PerkinPerkin a 14 anni (1852) in una foto scattata da se stessoDurante le vacanze di Pasqua del 1856 (che quell’anno cadeva il 23 marzo) Perkin stava cercando di sintetizzare il chinino (farmaco antimalaria), quando ottenne una sostanza di colore rosso-brunastro, delle quale decise di studiare le proprietà. Risultò che era possibile estrarre dalla sostanza un eccellente colorante per la seta, il cui colore viola chiaro era molto stabile.Il malvaPerkin, che allora aveva solo 18 anni, aveva scoperto il primo colorante sintetico della storia. Intuisce subito con chiarezza gli sviluppi della sua scoperta, e decide di produrre quel colorante. Trova un mordente per il cotone e per altre applicazioni compresa la colorazione dei francobolli.2 penny 1882 New ZealandIl 26 agosto 1856 Perkin deposita il brevetto per “la produzione di un nuovo colorante per colorare con colore lilla o viola la seta, il cotone, la lana e altri materiali”. Il brevetto gli verrà concesso il 20 febbraio 1857.BrevettoPerkin lascia il Royal College of Chemistry e, assieme al padre e al fratello, crea una piccola fabbrica sperimentale per la produzione del colorante a Greenford, a nordovest di Londra, 5 km da Wembley.La ditta si chiama “Perkin & Sons” ma l’estensione dell’esperimento dalla scala di laboratorio alla scala industriale presenta notevoli difficoltà. Le materie prime non sono facilmente disponibili e si devono risolvere anche numerosi problemi relativi al modo di usare il colorante. Però la produzione ha inizio e il colorante è subito un successo.Perkin & SonsInizialmente Perkin usa il nome commerciale Tyrian purple (porpora di Tiro) e aniline purple (viola anilina), ma all’inizio del 1859 gli osservatori della moda del Regno Unito gli danno un nome nuovo, più duraturo e più alla moda cioè il francese mauve (malva) un termine che assicurava una connessione francese al suo prodotto e quindi un collegamento al mondo della moda.Quando Perkin pubblicherà la formula chimica e le proprietà del colorante nel 1863, gli darà un nome più consono con la terminologia chimica, mauveine.La storia della scoperta del primo colorante sintetico si trova nel libro Il malva di Perkin. Storia del colore che ha cambiato il mondo di Simon Garfield.
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LSD DI ALBERT HOFMANN

Andrea
Hofmann stava effettuando ricerche sugli alcaloidi presenti nella scilla marina e nella segale cornuta nel tentativo di ricavare sostanze utilizzabili come farmaci. Le sue proprietà psichedeliche non vennero però riconosciute fino al 1943, quando a Hofmann cadde una goccia della sostanza sulla mano che, una volta traspirata, gli provocò forti giramenti di testa e allucinazioni. Questa esperienza lo condusse a testare personalmente gli effetti psicoattivi dell'LSD (da lui chiamato LSD-25 perché proveniente dal campione numero 25).
Andrea
Sintetizzato per la prima volta nel 1938 nei Laboratori Sandoz di Basilea da Albert Hofmann, è basato sull'acido lisergico, che si trova nell'ergot, un fungo parassita della segale. Le caratteristiche escrescenze che si formano in seguito alla crescita di questo particolare fungo hanno portato a definire le piante di segale, che da esso vengono colpite, segale cornuta. L'ingestione dell'ergot, della segale cornuta o di prodotti che da essa derivano causa la cosiddetta "febbre del pellegrino", o ergotismo, i cui sintomi sono deliri allucinatori e forti dolori alle gambe. Introdotto dalla Sandoz (ora Novartis) come coadiuvante per la psicanalisi[2] con il nome commerciale Delysid, venne successivamente reso illegale dal governo USA, e poi su pressione dello stesso nel resto del mondo[3], a causa della diffusione del suo uso extra-clinico in ambito controculturale.
Andrea
L'LSD è un derivato dell'ergina. È un derivato dietilammidico semisintetico, ottenuto casualmente nell'ambito delle numerose modifiche strutturali effettuate sull'acido lisergico, a sua volta ottenuto dal sale tartrato dell'ergotamina. L'ergotamina è un alcaloide dell'ergot ed è una sostanza derivata dal fungo Claviceps purpurea, parassita della segale e del frumento. Una piccola quantità di ergotamina è sufficiente a produrre LSD in grandi quantità: in condizioni ideali, infatti, da 25 chilogrammi di tartrato di ergotamina si possono ricavare 5-6 chilogrammi di LSD puro, che può essere trasformato in circa 100 milioni di dosi (una dose equivale a circa 50 microgrammi), sufficiente a coprire la domanda stimata di LSD di tutti gli Stati Uniti per un anno.La sintesi dell'LSD è un processo lungo e pericoloso che richiede un laboratorio relativamente sofisticato e costoso. Ci vogliono da 2 a 3 giorni per produrre 30-100 grammi di composto puro, ed alcune reazioni necessarie alla sintesi possono causare esplosioni se non sono condotte con attenzione da un chimico esperto. Per questo motivo normalmente l'LSD non è prodotto in grandi quantità, ma poco per volta; questa procedura ha anche il vantaggio di minimizzare la perdita dei precursori nel caso di un errore durante la sintesi.Dosi[modifica | modifica wikitesto]L'LSD viene generalmente assunto ingerendo i blotter.L'LSD è prodotto sotto forma di cristalli e mischiato con eccipienti o diluito. Spesso è venduto in piccole tavolette, su cubetti di zucchero, in cubetti di gelatina o, più comunemente, in pezzi di cartoncino (di solito coperti da disegni colorati e spesso perforati in quadratini per indicare le singole dosi e chiamati blotter) sui quali è stato versato un quantitativo minimo della sostanza in forma liquida. Si stima che più di 200 tipi di tavolette di LSD di diverso tipo siano state commercializzate dagli anni '60 in poi. È noto in gergo come acido, trip, cartone.L'LSD è, in rapporto al peso, uno degli stupefacenti più potenti tra quelli conosciuti. Test farmacologici (come il receptor binding assay) hanno determinato che una mole di LSD è 100 volte più potente di una mole di psilocibina o di psilocina e circa 4000 volte più potente di una mole di mescalina. Le dosi sono quindi misurate in microgrammi (milionesimi di grammo), mentre la maggior parte delle altre droghe è normalmente misurata in milligrammi. La dose minima capace di produrre un effetto psichedelico negli esseri umani è stimata in circa 20 microgrammi. Negli anni '90 le dosi sequestrate dalle forze di polizia si aggiravano tra i 20 e gli 80 microgrammi; negli anni '60 le dosi erano molto più alte (500 microgrammi o più).Meccanismo d'azione[modifica | modifica wikitesto]Il meccanismo d'azione dell'LSD è correlato, principalmente, alla sua azione da agonista parziale sui recettori serotoninergici 5-HT2A, tuttavia come la stimolazione di questi recettori possa causare gli effetti psichedelici non è ancora completamente chiarito. Una causa probabile potrebbe essere l'eccitazione di alcuni neuroni nella corteccia prefrontale stimolati dall'aumento dell'attività glutamatergica in quelle zone; altre ipotesi coinvolgerebbero anche il sistema limbico. A questa stimolazione corrisponderebbe anche l'isolamento sensoriale.L'LSD inibisce il rilascio della serotonina, e proprio grazie alla diminuzione dei livelli di serotonina intrasinaptica, riduce la competizione della serotonina sui recettori, riservandosi tutto lo spazio di legame recettoriale.
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IL CELLOPHANE DI BRADENBERGER

Andrea
Il Cellophane™ fu inventato nel 1908 da Jacques E. Brandenberger, un ingegnere tessile svizzero, che per primo ebbe l'idea di un imballaggio trasparente e protettivo.Brandenberger era seduto al ristorante quando un avventore rovesciò del vino sulla tovaglia.Quando il cameriere cambiò la tovaglia, Brandenberger decise che avrebbe inventato un materiale trasparente e flessibile che, sovrapposto al tessuto, lo avrebbe reso impermeabile. Sperimentò diversi materiali e provò ad applicare la viscosa liquida (un prodotto della cellulosa conosciuto come rayon) al tessuto, ma la viscosa lo rese troppo rigido. La sua idea fallì, ma egli notò che il rivestimento si era trasformato in una pellicola trasparente.Come in molte invenzioni, l'uso originario venne abbandonato e fu trovato un uso nuovo e migliore. Dal 1908 egli sviluppò la prima macchina per la manifattura di fogli trasparenti di cellulosa rigenerata.Nel 1912 Brandenberger stava progettando un film sottile, flessibile e saldabile da usare per le maschere antigas. Egli ottenne quindi il brevetto per il macchinario ed il processo produttivo.Nel 1917 Brandenberger assegnò il brevetto alla società La Cellophane e ne divenne socio.Il 26 Dicembre del 1926 fu firmato un accordo tra La Cellophane e la Du Pont per la produzione su licenza del cellophane negli Stati Uniti e per la commercializzazione del prodotto nel Nord e Centro America. La Du Pont garantì a La Cellophane diritti esclusivi per la commercializzazione nel resto del mondo e per ogni brevetto o processo che Du Pont avesse sviluppato.
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IL TEFLON DI PLUNKETT

Andrea
74 anni fa, Roy Plunkett scopre casualmente un composto scivoloso, resistente e impermeabile: lo chiamerà tetrafluoroetilene. Verrà usato per le pentole, ma era pensato per le armi nucleari
Andrea
Gli inizi di carriera per il Teflon non furono dei più gloriosi, anzi. Prima di invadere le cucine come rivestimento antiaderente di pentole e padelle l’ultimo prodotto di casa DuPont era arrivato nei laboratori dove, durante la Seconda guerra mondiale, si stavano fabbricando le bombe atomiche. C’era finito proprio grazie alle sorprendenti proprietà che lo avevano contraddistinto da subito: era un buon isolante elettrico, chimicamente inerte, impermeabile, resistente alle alte e basse temperature, e soprattutto particolarmente scivoloso. Tutte caratteristiche che lo rendevano il materiale ideale da impiegare negli oggetti con cui maneggiare l' esafluoruro di uranio, corrosivo, usato per la costruzione delle bombe atomiche. Perché invece diventasse un prodotto di uso comune ci sarebbe voluto ancora qualche anno.Il boom sarebbe arrivato solo nel dopoguerra, consolidandosi poi intorno agli anni Sessanta. Quando ormai erano passati più di vent’anni da quella mattina del 6 aprile 1938, quando il giovane chimico della DuPont, Roy J. Plunkett prendeva nota che le cose, con quell’esperimento, non erano andate esattamente nel modo in cui avrebbero dovuto. E per fortuna. La scoperta del teflon fu infatti come spesso accade del tutto casuale. Plunkett nei laboratori del New Jersey della DuPont si occupava di sviluppare analoghi di un altro prodotto di punta dell’azienda statunitense: il Freon, cercando di produrre un altro fluido refrigerante. Era convinto che ci sarebbe riuscito servendosi di tetrafluoroetilene (TFE) come prodotto di partenza, fatto reagire con acido cloridrico. Il punto di partenza era innanzi tutto procurarsi il gas, tanto gas, così da averne abbastanza a disposizione per i suoi esperimenti. Una volta ottenuto il TFE lo immagazzinò in un contenitore pressurizzato e lo mise per una notte nel ghiaccio secco. Ma la mattina successiva aprendo la valvola nessun gas uscì dal contenitore, quasi come fosse vuoto. Eppure quel contenitore pesava. Incuriosito Plunkett sbirciò all’interno, trovandoci dentro della polvere bianca, piuttosto cerosa. I test di laboratorio rivelarono che quella sostanza era estremamente resistente al calore e chimicamente inerte, era il prodotto della polimerizzazione del TFE, ovvero il politetrafluoroetilene (PTFE). Fu così che quell’ incidente di percorso si trasformò in un vero colpo di fortuna, che la DuPont, la casa del freon ma anche del nylon, seppe trasformare in una miniera d’oro. Plunkett così si mise al lavoro, cercando di riprodurre e ottimizzare le condizioni in cui era avvenuta la polimerizzazione, e ottenne il brevetto della sua fortuita invenzione nel 1941. Lasciando da parte gli impieghi per la costruzione di armi nucleari, il trampolino di lancio per il teflon furono in parte, così come per il velcro, le missioni spaziali. Il politetrafluoroetilene fu infatti impiegato come sistema di rivestimento delle taniche di carburante dei razzi e perfino nelle divise degli astronauti del programma Apollo. Il successo spaziale avrebbe aperto le porte a quello casalingo. Ma, intorno agli anni Duemila, il teflon cominciò a essere guardato con sospetto, dopo che negli Usa una sostanza utilizzata per la sua fabbricazione era stata classificata come potenziale cancerogena. Un rischio che avrebbe spinto a rimarcare il corretto uso delle pentole rivestite di teflon: buttandole via e non utilizzandole più nel momento in cui il materiale, da molti definito come il più scivoloso al mondo, si graffi e cominci a staccarsi .
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IL VIAGRA

Andrea
16 anni fa viene approvata la prima pillola contro l’impotenza. L’erezione era solo un effetto collaterale del farmaco inizialmente pensato per le malattie cardiovascolari
Andrea
Come effetto collaterale era fin troppo importante per essere sottovalutato. Anzi, era ancora maggiore dei benefici che il farmaco avrebbe dovuto avere secondo le indicazioni terapeutiche originarie: il trattamento di problemi cardiovascolari come l’ angina pectoris e l’ ipertensione. Tanto che ben presto il composto UK-92480, oggi universalmente noto come Viagra, uscito dai laboratori della Pfizernel Kent, in Inghilterra, cambiò decisamente strada.La molecola era stata sviluppata nel 1989 dai ricercatori guidati da Peter Dunn e Albert Wood e, chimicamente parlando, UK-92480 era un vasodilatatore, in grado di agire bloccando l’attività di un enzima, la fosfodiesterasi 5 (PDE5). Teoricamente perciò poteva essere utile per distendere, allargare, i vasi sanguigni, come appunto nel caso di angina pectoris e ipertensione. Brevettato nel 1991 per questo scopo, il naturale percorso del composto, noto anche come citrato di sildenafil, fu quindi quello di finire nei trial clinici allestiti per testarne i reali benefici e il profilo di sicurezza nelle malattie cardiovascolari.I risultati degli studi però non furono così entusiasmanti e non diedero gli effetti sperati, visto che il citrato del sildenafil era poco efficace nel trattamento dell’angina.La delusione per la mancata efficacia terapeutica fu però ben presto spazzata via da una scoperta del tutto casuale, che suggerì un altro possibile impiego del composto. Alcuni dei partecipanti alle sperimentazioni, infatti, riportavano un effetto collaterale singolare: un aumento nel numero di erezioni. Tuttavia – come avrebbe ricordato poi Ian Osterloh, a capo di uno dei trial clinici per valutare gli effetti del composto nelle malattie cardiovascolari – inizialmente quella caratteristica venne sottovalutata, messa in secondo piano. Soprattutto per le modalità con le quali si manifestava: l’erezione, infatti, avveniva alcuni giorni dopo l’assunzione del composto, un lasso di tempo troppo lontano per immaginare di usare UK-92480 come farmaco contro le disfunzioni erettili.A candidarlo come tale sarebbe stata la combinazione di più fattori: ulteriori risultati scoraggianti per il trattamento delle malattie cardiovascolari e la comparsa, sempre più frequente, del particolare effetto secondario, in grado di ripristinare la corretta erezione anche nei soggetti colpiti da impotenza. A fare la fortuna del sildenafil fu poi anche lo studio, sempre più approfondito, della fisiologia dell’erezione, che avviene in seguito al rilassamento della muscolatura liscia delle arterie nel pene, con conseguente aumento del flusso sanguigno, un meccanismo mediato dall’ ossido nitrico e sostenuto proprio grazie al Viagra. Nel 1993 l’idea del farmaco per il trattamento dell’angina pectoris venne accantonata, e cominciarono gli studi per curare invece la disfunzione erettile.Nel giro di 4 anni, coinvolgendo più di 4mila partecipanti in 21 trial clinici, e dopo aver aggiustato i dosaggi – in modo che l’erezione avvenisse solo se il soggetto fosse stimolato sessualmente – il Viagra confermò la propria efficacia. Così che il 27 marzo 1998 la Food and Drug Administrationautorizzò la sua immissione in commercio. La pillola blu, la prima per il trattamento della disfunzione erettile, vanta oggi numerosi tentativi di imitazione, dai vari viagra alle erbe all’idea di un viagra rosaper le donne.
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LA COLLA DEI POST IT

Andrea
Un’altra invenzione milionaria fatta per caso, anzi per errore. Si tratta dei famosi foglietti gialli “Post-It” con adesivo removibile. Facili da usare come “pro memoria” per appunti, che si possono appiccicare, staccare e quindi riappiccicare su qualsiasi oggetto o superficie. Tutto il segreto sta nel “dosaggio” e nella formulazione della loro banda adesiva. All’inizio si trattò di un errore di formulazione: nel 1968 un ricercatore della 3M, Spencer Silver, stava infatti studiando un nuovo adesivo assolutamente potente. Sbagliò però le dosi, e ne venne fuori un blando collante. Spencer pensò che non sarebbe servito a niente, e perciò accantonò l’esperimento. Diversi anni dopo, nel 1974, un suo collega, anch’egli impiegato alla 3M, Arthur Fry, pensò di usare l’adesivo “sbagliato” dell’amico Silver per creare suoi segnalibri personali, per i propri spartiti di musica.E fu proprio guardando uno spartito contenenete diversi brani del coro della sua chiesa (era necessario evidenziare in qualche modo le pagine con i singoli brani) che Fry ebbe l’intuizione dell’eccezionale utilità che avrebbero avuto dei piccoli segnalibri appiccicabili e staccabili a varie pagine di libri, spartiti, agende, blocchi di appunti, raccolte di disegni, eccetera. L’idea fu colta al volo dalla società di Silver e Fry, la 3M, che inventò e registrò il marchio Post-It per lanciare in grande stile i celebri foglietti (poco) adesivi, per i quali scelse il colore giallo ed il formato standard di 7,5 cm per lato, fattori che li hanno resi estremamente pratici e famosi.Foglietti gialli che si sono trasformati in milioni di banconote per l’azienda che li ha prodotti e diffusi in tutto il mondo.Negli ultimi anni il marchio Post-It Notes è diventato una vera e propria linea di prodotti per ufficio e cancelleria. Ed anche in internet sono stati realizzati programmi applicativi che imitano in tutto e per tutto, con la stessa versatilità, dei “memo” cartacei di Post-It.
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IL RUOLO DEL PANCREAS DI VON MERING

Andrea
Il destino dei malati di diabete è cambiato radicalmente grazie all'amore delle mosche per le cose dolci.Fin quasi al termine del secolo scorso la causa del diabete era sconosciuta, e di conseguenza non esisteva una terapia efficace contro la frequente malattia. Si sapeva che le urine e il sangue dei diabetici sono ricchi di zucchero, ma non si sapeva che cosa facesse aumentare lo zucchero a tal punto da danneggiare l'organismo. Fu un episodio di vera serendipità a risolvere il mistero che si trascinava da secoli. Correva il 1889 e a Strasburgo due ricercatori, Joseph von Mering e Oscar Minkowsky stavano studiando il ruolo svolto dal pancreas nella digestione. L'organo, in effetti, produce alcune proteine (gli enzimi pancreatici) capaci di demolire i cibi ingeriti, siano essi di natura proteica o lipidica. Nel tentativo di stabilire l'importanza del pancreas nella digestione, i due pensarono di togliere l'organo a un cane, per studiarne poi il comportamento. Il giorno seguente all'intervento, un assistente attirò l'attenzione di von Mering e Minkowsy sulle urine del cane, attorno alle quali si era concentrato un nugolo di mosche. Il particolare incuriosì i due ricercatori, che rimasero colpiti dallo strano comportamento degli insetti. Analizzarono le urine, e scoprirono che erano piene di zucchero come lo sono quelle di un malato di diabete. Collegarono allora l'osservazione fatta con le conoscenze sul diabete, e ipotizzarono che la sottrazione del pancreas rendesse l'animale diabetico. Il pancreas, in altre parole, doveva produrre qualche secrezione indispensabile per controllare l'utilizzo dello zucchero da parte dell'organismo. Il diabete, anche nell'uomo, era quindi dovuto a un difetto nel funzionamento del pancreas e in particolar modo della sua secrezione endocrina. (Non bisogna dimenticare che il pancreas è una ghiandola con una duplice attività secretoria: una esocrina, che viene cioè buttata all'esterno, in questo caso nel tubo digerente, ed è quella utile per i processi digestivi; e una endocrina, od ormonale, che non arriva all'esterno, ma entra nel circolo sanguigno e regola il metabolismo degli zuccheri). In molti cercarono di isolare la fantomatica secrezione, ma altrettanti fallirono. Passeranno, infatti, oltre trent'anni prima che un medico, Frederick Banting, e uno studente in medicina, Charles Best, riescano nell'intento.