la virgola n.3 - la strada · quella facile. la strada da lavori in corso, la strada che sei finito...

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La strada PILLOLE DI FOLLIA: Signore e signori è tutto vero: in Cina un uomo se ne è rimasto 87 ore attaccato al vetro di una BMW Serie 1. Per rubarla? Magari. Per evitare di cadere? Magari. L’ha fatto per vincerne il comodato!! Misteri della Cina. In Germania un uomo è stato salvato dalla polizia dopo essere fuggito dal balcone di casa… Non stava scappando dai ladri, se ve lo state chiedendo, ma dall’amante che minacciava di non l a s c i a r e l’appartamento se non avesse ricevuto altre prestazioni sessuali!! SOMMARIO: La strada della vita 2 Chicago Calabria sola andata 3 Tutte le strade del mondo 4 L’illogica allegria… 6 Quando accadde che Jane perse la strada 8 La domenica...di strada 10 Il navigatore 12 Tutte le strade portano a Koenigsberg 12 Giocovirgolando 13 Il Crucivirgola 13 Poesia per uscire dal copione 13 Q U E S T A V O L T A A F F R O N T I A M O L A S T R A D A Giocando con le parole... Giugno 2012 - Agosto 2012 La Virgola La Virgola La Virgola “In discesa tutti i santi aiuta- no” recita un celebre pro- verbio. Ed è proprio vero. Soprattutto se per raggiun- gere il portone di casa si deve affrontare una salita con una pendenza del 35%. Questa sventurata sorte è toccata ai poveri abitanti di Baldwin Street, una strada residenziale nei sobborghi di Dunedin, Nuova Zelanda. La strada, dritta o tortuosa, è sempre stata un argomen- to molto di-battuto (scusate il virtuosismo del gioco di parole) in letteratura; Il mo- tivo non è certo difficile da comprendersi. La strada ricorda il cammino, il viaggio verso una meta fisica o spirituale, metaforica o allegorica che sia. Però bisogna stare attenti a non confondere la strada con il viaggio. Il viaggio è un percorso che qualcuno intraprende, la strada è solo il sentiero, da altri tracciato, sul quale quel qualcuno si incammina. La Strada insomma è la via, sono gli strumenti che abbia- Eppure non tutto ciò che brilla è oro e non tutti i mali vengono per nuocere. Sì perché nessuno può sape- re con certezza dove porterà la strada intrapresa, ma que- sto non significa che un do- mani, dopo che il viaggio sarà finito, la strada non ci possa portare, più maturi e consapevoli, di nuovo verso casa. Per dirla con Thomas Elliot “noi non cesseremo la nostra esplorazione e la fine di tut- to il nostro esplorare sarà giungere là dove siamo par- titi, e conoscere quel posto per la prima volta”. Luigi Pratesi mo, il contesto nel quale ci muoviamo. Il viaggio è il modo in cui quella via viene percorsa. È il nostro peculia- re contributo alla traversata. La strada quindi non ci aiuta, non ci minaccia, non ci guar- da in faccia. La strada, anche quella più disconnessa, può dare l’impressione di essere age- vole se chi la imbocca è con- vinto di arrivare dove porta. Se, invece, ci troviamo a percorrere sentieri sconosciu- ti, sospinti dal fato o da de- cisioni affrettate, ogni sasso dello sterrato, ogni piega dell’asfalto, ogni curva del percorso sarà un ostacolo duro da superare. Dopo accanite controversie sull’esatta misurazione dell’inclinazione del suolo stradale, Baldwin Street è finalmente entrata nel Guin- ness dei primati. All’erta via neozelandese spetta infatti il “sudato” primato – in tutti i sensi – di strada più ripida del mondo. Inutile dire che i residenti di Baldwin Street ringraziano sentitamente per Rubrica (de) Rubricata l’invenzione del freno a mano! Eleonora Spinosa

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Page 1: La virgola n.3 - La strada · quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce

L a s t r a d a P I L L O L E D I F O L L I A :

• Signore e signori è tutto vero: in Cina un uomo se ne è rimasto 87 ore attaccato al vetro di una BMW Serie 1. Per rubarla? Magari. Per evitare di cadere? Magari. L’ha fatto per vincerne il comodato!! Misteri della Cina.

• In Germania un uomo è stato salvato dalla polizia dopo essere fuggito dal balcone di casa… Non stava scappando dai ladri, se ve lo state chiedendo, ma dall’amante che minacciava di non l a s c i a r e l’appartamento se non avesse ricevuto altre prestazioni sessuali!!

S O M M A R I O :

La strada della vita 2

Chicago Calabria sola andata 3

Tutte le strade del mondo 4

L’illogica allegria… 6

Quando accadde che Jane perse la strada

8

La domenica...di strada 10

Il navigatore 12

Tutte le strade portano a Koenigsberg

12

Giocovirgolando 13

Il Crucivirgola 13

Poesia per uscire dal copione 13

Q U E S T A V O L T A A F F R O N T I A M O L A S T R A D A

Giocando con le parole... Giugno 2012 - Agosto 2012

La VirgolaLa VirgolaLa Virgola

“In discesa tutti i santi aiuta-no” recita un celebre pro-

verbio. Ed è proprio vero.

Soprattutto se per raggiun-

gere il portone di casa si deve affrontare una salita

con una pendenza del 35%.

Questa sventurata sorte è

toccata ai poveri abitanti di Baldwin Street, una strada

residenziale nei sobborghi di

Dunedin, Nuova Zelanda.

La strada, dritta o tortuosa, è sempre stata un argomen-

to molto di-battuto (scusate

il virtuosismo del gioco di

parole) in letteratura; Il mo-tivo non è certo difficile da

comprendersi.

La strada ricorda il cammino,

il viaggio verso una meta

fisica o spirituale, metaforica o allegorica che sia.

Però bisogna stare attenti a non confondere la strada

con il viaggio.

Il viaggio è un percorso che

qualcuno intraprende, la

strada è solo il sentiero, da altri tracciato, sul quale quel

qualcuno si incammina.

La Strada insomma è la via,

sono gli strumenti che abbia-

Eppure non tutto ciò che brilla è oro e non tutti i mali

vengono per nuocere.

Sì perché nessuno può sape-

re con certezza dove porterà

la strada intrapresa, ma que-sto non significa che un do-

mani, dopo che il viaggio

sarà finito, la strada non ci

possa portare, più maturi e consapevoli, di nuovo verso

casa.

Per dirla con Thomas Elliot

“noi non cesseremo la nostra

esplorazione e la fine di tut-

to il nostro esplorare sarà giungere là dove siamo par-

titi, e conoscere quel posto

per la prima volta”.

Luigi Pratesi

mo, il contesto nel quale ci muoviamo. Il viaggio è il

modo in cui quella via viene

percorsa. È il nostro peculia-

re contributo alla traversata.

La strada quindi non ci aiuta, non ci minaccia, non ci guar-

da in faccia.

La strada, anche quella più

disconnessa, può dare

l’impressione di essere age-

vole se chi la imbocca è con-vinto di arrivare dove porta.

Se, invece, ci troviamo a

percorrere sentieri sconosciu-

ti, sospinti dal fato o da de-

cisioni affrettate, ogni sasso dello sterrato, ogni piega

dell’asfalto, ogni curva del

percorso sarà un ostacolo

duro da superare.

Dopo accanite controversie

sull’esatta misurazione

dell’inclinazione del suolo stradale, Baldwin Street è

finalmente entrata nel Guin-

ness dei primati. All’erta via

neozelandese spetta infatti il “sudato” primato – in tutti i

sensi – di strada più ripida

del mondo. Inutile dire che i

residenti di Baldwin Street ringraziano sentitamente per

R u b r i c a ( d e ) R u b r i c a t a

l’invenzione del freno a mano!

Eleonora Spinosa

Page 2: La virgola n.3 - La strada · quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce

quando vai così, al massimo. La stra-da che basta che vai, ora non hai tempo di pensare, non hai modo di pensare, hai paura di pensare alla tua strada. A dove porta la tua stra-da. La strada. Condivisa, quella dei suc-cessi. La strada solitaria, quella delle sconfitte. La strada del pianto, l’adrenalina, l’incanto. La strada che ti senti vivo, la strada che se non rallenti non lo sarai più, vivo. La strada condivisa. La strada trafficata, quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce. La strada che non vuoi che finisca. La strada che rallenti, che non ne hai più. La stra-da che ti sbatti, ma non ti muovi di un metro. E non è la fila, è che sono passati avanti tutti. La strada che non ricordi più, eppure non c’era altra strada, o così ti sembrava, allo-ra. La strada di chi ti resta dietro, che ha davanti ancora tanta strada. Adesso hai i fari alti, come la guar-dia, ma non hai più benzina. La car-rozzeria è ammaccata. La strada. Adesso sei arrivato. Da un viaggio unico. Solo tuo, sulla strada. Che valeva il prezzo del biglietto.

Riccardo Pratesi

P a g i n a 2

L a s t r a d a d e l l a v i t a

La strada del successo è da fare a cavallo, quello bianco… l’altro fa solo puzzette!!

La strada. Lunga, corta. Anzi, sempre e comunque troppo corta. Tortuosa, quando va bene rettilinea, mai abba-stanza. Da passeggiata. Però salti su, in macchina. Statale, superstrada, autostrada. La sogni da corsa, la per-corri di corsa. Con affanno, coi nervi tesi. Perché non si trova lo spazio per parcheggiare, quasi mai. Per tirare il fiato. La strada. Conosciuta come le tue ta s che , que l la che d iventa un’incognita, quella che fa paura. Quella degli altri. Che ci attraversa. Il bivio. C’è da prendere la direzione giusta, ma non c’è navigatore. Sareb-be troppo facile. Scontato, imperso-nale. La strada maestra, quella dei maestri, troppe volte dei cattivi mae-stri, o di chi è dalla tua parte, vuole rimetterti in carreggiata, ma che ti sta così addosso che rischi il tampona-mento. La strada. Che fai a occhi chiusi, e sarebbe il caso di tenerli aperti, di non abbassare mai i fari alti. La stra-da di casa, quella che ti apre il cuore, che ti fa pensare che ne hai fatta, di strada. Le strade del mondo: tante corsie, ancora troppi sentieri. Strade diverse che si intersecano, sulle strade di ognuno. Che non si capiscono. Che talvolta neanche ci provano. Che più spesso non ci riescono. La strada. Che a volte è sempre ugua-le. Troppo uguale. Odiosamente uguale. Ma poi che basta niente, anzi qualcuno, ed è la stessa, ma la risco-pri improvvisamente bella, meravi-gliosa. La strada. In salita, che il lavoro pa-ga, c’è una pendenza da raddrizzare. Che i sentimenti non bastano, conta-no i fatti. E la salita resta salita, se non sai far inclinare il piano, tornare in piano, iniziare la discesa. Che in quella a senso unico non vuole por-tarsi avanti nessuno, è la strada del tramonto. Dell’esperienza, della no-stalgia. Dei rimpianti, dei sensi di colpa. La strada. La TUA strada. Percorsa prima piano, che mica è facile impa-rare a mettersi in cammino, immagi-nare un traguardo. Poi a passi più s p e d i t i , q u e l l i d e l l ’ e t à dell’entusiasmo. Quelli che c’è una

sola strada. Quelli che “non insegnar-mi la strada, va per la tua strada”. Quelli della strada percorsa a tavolet-ta, della macchina guidata a tavolet-ta, della vita bruciata a tavoletta, e che Dio, o chi per lui, ti regali un altro bivio, perché il primo, e pure il secondo, e anche il terzo, anche se non lo confesserai mai, neanche a te stesso, mi sa che l’hai mancato. La strada. Che improvvisamente ha una sola direzione. LEI. La strada sbarrata. La strada sbagliata. Senza sbocco. L’unica strada, se sei fortuna-to, se il traffico del cuore circola sulle due direzioni. Se c’è una rotonda. E una seconda occasione di svolta. Poi la strada del successo. Quella chiavi in mano, accessoriata: con i compromessi. Oppure da fare a ca-vallo, quello bianco, lancia in resta (indietro). La strada del peccato, la strada che è un peccato lasciarla

L a s t r a d a n o n p o r t a s e m p r e l o n t a n o , m a a n c h e a c a s a . . .

L’unica strada, se sei fortunato, se il traffico del cuore circola sulle due

direzioni. Se c’è una rotonda. E una seconda occasione di svolta.

Page 3: La virgola n.3 - La strada · quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce

P a g i n a 3 S t r a d a a s t e r r o , c a m p a g n a , f i o r i r o s a f i o r i d i p e s c o . . .

Manco a farlo apposta… ecco un foto della Route 66… troppo avanti!!

C h i c a g o C a l a b r i a s o l o a n d a t a

mettono a dura prova i deboli di stomaco e magnifici costoni a picco sul mare, mi troverò improvvisa-mente di fronte gioielli come Sorren-to, Ravello, Amalfi e la glamour Positano. Come sarebbe bello poi scendere più giù e decidere di lascia-re il continente, approdando nell’accogliente Trinacria, ma trop-po presto la strada finisce, inizia il mare e quel ponte fantasticato non lo vedo, non c’è, forse non ci sarà mai. No, non mi va di montare su una nave. Torno indietro e pazienza se invece di un succulento arancino mi toccherà una tiepida rustichella dell’Autogrill, almeno l’espresso sarà buono e ben zuccherato. Adesso devo fermarmi, spegnere il motore e ragionare. Siamo partiti da Chicago e siamo finiti in Calabria, come è stato possibile? Ovviamente percor-rendo la strada immaginaria della mente umana e della fantasia, quella che ti porta dovunque se solo la solleciti.

Pio Carfora

quelli che anni fa partivano con la valigia di cartone e con il colbacco perché a Milano fa freddo, c’è la nebbia, ma non si vede (onore al principe De Curtis, re della risata). La Milano-Napoli ha unito l’Italia, ha reso possibile quello che prima non lo era, ha reso vicino il lontano, ha fatto partire un dialogo concreto nella Nazione. Non mangerò un mega Cheeseburger, non attraverserò il Grand Canyon, ma godrò di pae-saggi toscani, umbri, laziali, fino ad arrivare in Campania, dove, se mi andrà, complice il bel tempo, mi butterò su un’altra strada stupefacen-te, quella che costeggia la costiera amalfitana, dove tra tornanti che

meno che nel 1926 e per molti anni rimase interamente in terra battuta, prima di essere mangiata dall’asfalto. Più di 3700 chilometri collegavano inizialmente Chicago alla spiaggia di Santa Monica, passando per Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, Nuovo Messico, Arizona ed ovvia-mente la California. Da Est ad Ovest fendendo tutto il North America, qualcosa di magnificente, di esaltan-te. Lo so, sto volando troppo di fan-tasia, ma il tema proposto dal genia-le fondatore è troppo allettante. Paesi diversi, mondi diversi: ci trasfe-riamo in Italia. Monto sulla mia Fie-sta, passo il casello e sono sull’A1 Milano- Napoli, l’autostrada del sole, quella che percorro su e giù spesso nell’allegro turbinio degli emigranti,

Il nostro caporedattore, fondatore, gran visir della “Virgola” mi sollecita: “Pio sto attendendo il tuo pezzo… l’argomento è sempre quello: la stra-da”. Parte il cervello, o almeno fa finta di partire. Dunque devo inven-tarmi qualcosa sulla strada… qual è il primo pensiero che zampilla a fatica? l’America. Perché? Ma che domande mi fai lettore poco astuto!!!!???? Gli Stati Uniti vantano, vista l’estensione ed i paesaggi pazzeschi, le strade più famose del mondo, quelle del sogno americano, quelle che tutti vorrem-mo percorrere a cavallo di un’Harley fiammante, ci piacerebbe parcheggia-re rombando in una stazione di servi-zio nel bel mezzo del deserto, magari facendo il pieno senza dover staccare un assegno come in Italia. E dopo aver dissetato il nostro destriero a motore, ci faremmo largo all’interno del fast food, eviteremmo di strav-vaccarci sul classico divanone anni cinquanta intorno ad un tavolo ret-tangolare che affaccia sulla strada, ma ci appoggeremmo ad uno sgabel-lo del bancone che fa molto più “on the road” ed ordineremmo la specia-lità della casa: doppio cheeseburger adagiato su un morbido letto di pa-tatine fritte, il tutto annaffiato da una BUD ghiacciata. Cosa dici lettore? Un po’ simile al menù del McDonald che hai dietro casa? Non scherzare, il manzo da battaglia dell’area di servi-zio americana ne è lontano anni luce. Va bene, ci siamo rifocillati, l’Harley ha il serbatoio pieno e noi abbiamo gran voglia di vivere. Ricominciamo a macinare i chilometri del nostro sogno americano. Ci sarebbero altre strade da percorrere, più veloci di questa obsoleta Route 66, ma noi abbiamo tempo e vogliamo respirare un po’ di storia. Mentre stringiamo il nostro manubrio pensiamo che que-sta highway (strada a carattere nazio-nale) fu aperta al traffico niente di

Ci appoggeremmo ad uno sgabello del bancone che fa molto più “on the road” ed ordineremmo la specialità

della casa: doppio cheeseburger adagiato su un morbido letto di

patatine fritte

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T u t t e l e s t a d e … d e l m o n d o

P a g i n a 4

l ’uomo non ha mai smesso di cammi-nare, in modo più o meno comodo, più o meno convinto, più o meno

veloce.

zato per garantire un passaggio age-vole e duraturo. Il procedimento era il seguente: si scavava un fossato, profondo circa 45-60 cm, che veni-va riempito con strati di pietra, sab-bia e terra, cementati con calcina. Poi la strada veniva lastricata, cioè ricoperta con lastroni di pietra che si incastravano senza lasciare spazio tra di loro. I bordi della strada erano segnati con delle pietre conficcate vertical-mente nel terreno (oggi lo chiamia-mo “cordolo”). Le strade richiedeva-no, inoltre, tombini e canaletti di scolo per la pioggia, opere di soste-gno e di difesa contro frane, cadute di massi e neve. Le strade cittadine erano larghe circa quattro metri e permettevano il traffico dei carri nei due sensi; alla strada venivano affiancati dei mar-ciapiedi per il traffico pedonale lar-ghi tre metri. Agli incroci c'erano degli attraversa-menti pedonali formati da grandi blocchi di pietra lastricati su cui la gente saliva per attraversare la stra-da. Lungo le strade si trovavano anche cippi miliari a forma cilindrica o di colonna, che segnavano le di-stanze in miglia (1 miglio = 1478 metri). I nomi delle strade possono fornire molte informazioni: le vie più anti-che indicano la loro funzione com-merciale (ad esempio: via Salaria = via del sale ); altre prendono il no-me della regione o della città alla quale conducono; altre ancora por-tano il nome di chi le fece costruire (Via Appia, dal console Appio Clau-dio). Le strade venivano costruite dai censori, dagli edili, dai consoli, dai pretori e dai questori urbani. La realizzazione materiale della strada era affidata al lavoro legionario; gli edili, invece, si occupavano della manutenzione delle vie. E da allora (ma anche molto tempo prima, pensiamo alle grandi migra-zioni animali e umane della preisto-ria) l’uomo non ha mai smesso di camminare, in modo più o meno comodo, più o meno convinto, più o meno veloce. Come esiste lo “slow food” di recente si è riscoper-to il “cammino lento”, il trekking,

percorriamo, bisogna saper trarre da quello che siamo abituati a guardare tutti i giorni i segreti, che a causa della routine, non riusciamo a vedere…”. La strada, tuttavia, è anche il mezzo fisico, l’infrastruttura (diremmo oggi) per raggiungere una mèta. Pensiamo ai pellegrinaggi medievali, alla “via Francigena”, una sorta di “arteria” principale che percorreva parte consi-derevole dell’Europa per condurre ai tre luoghi santi per eccellenza: Santia-go di Compostela, Roma, Gerusalem-me. E lungo la strada sorgevano “hospitales” (edifici di ospitalità e cura, materiale e spirituale), locande, chiese, magioni, ecc., gestite da ordini religiosi, cavallereschi, ma anche intra-prendenti e “astuti” privati che aveva-no capito l’affare per trarne profitto. Ma perché usiamo il termine “strada”? Deriva dal latino “stratum”, cioè “strato”, e infatti i romani, i pri-mi e veri costruttori di strade (almeno nella cultura dell’Occidente), poneva-no molta cura nel realizzare quelle vie di collegamento che dovevano garan-tire a Roma la sua stessa esistenza. Dalle strade passavano le legioni per conquistare nuovi territori, ma anche i carri per il trasporto delle merci, quindi il terreno doveva essere rinfor-

tano lo stesso cammino”; “Chi è realmente impegnato con la vita non cessa mai di camminare” (tratte dal romanzo Aleph, Bompiani, 2011). Significativo il fatto che dello stesso autore sia un altro romanzo dedicato al tema della strada: Il cammino di Santiago, del 1987, la cui significanza si racchiude, a mio parere, nelle parole seguenti: “Quando si va verso un obiettivo, è molto importante prestare attenzio-ne al cammino. È il cammino che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, ci arricchisce mentre lo

“Lunga la strada, stretta la via, dite la vostra che io dico la mia” “Tutte le strade portano a Roma” “…strada facendo troverai che non sei più da solo…” (Claudio Baglioni) Proverbi e canzoni, ma anche film. Mi vengono in mente “La strada” di Fellini (del 1954, con Anthony Que-en nel ruolo del rude Zampanò e Giulietta Masina come dolcissima Gelsomina), oppure “Il viaggio” di De Sica (del 1974, tratto da una no-vella di Pirandello, con Richard Bur-ton e la Sophia nazionale), solo per ricordarne un paio. Strada, quindi, come percorso di vita, metafora dell’esistenza: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…” di dan-tesca memoria, cioè il viaggio interio-re, detto alla latina “itinerarium mentis in Deum” (viaggio della men-te verso Dio, dentro Dio); questo, in fondo, è la “Commedia” dantesca. Ma anche autori recenti, ovviamen-te, affrontano la questione del viag-gio, uno fra tutti Paulo Coelho, di cui mi piace citare qualche frase suggesti-va: “La nostra vita è un viaggio inin-terrotto, dalla nascita fino alla morte. Il paesaggio muta, le persone cambia-no, i bisogni si trasformano, ma il treno prosegue. La vita è il treno – non la stazione ferroviaria”; “Non esistono due viaggi uguali che affron-

Non sarà dei Romani… ma antica lo è di sicuro!!

T u t t e l e s t r a d e p o r t a n o a R o m a …

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P a g i n a 5

L’immaginazione è il viaggio da fermi: pensiamo a Salgari, che non ha mai viaggiato e ha scritto la

saga di Sandokan e dei pirati della Malesia, e ci ha regalato “viaggi” memorabili in terre affascinanti e

misteriose.

. . . b e l l o , m a s e i o v o g l i o a n d a r e a T o r i n o ?

A noi questa ci sembrava proprio una strada da vagabondo, rossa, tortuosa, inospita-le, ma anche immancabilmente libera e indipendente.

l’ecologia della camminata all’aria aperta, per ritemprare corpo (visto che, nonostante il continuo viaggia-re, stiamo diventando dei pigroni sedentari) e spirito (magari non pro-prio da anacoreta). Senza accorgercene, stiamo co-struendo una sorta di “famiglia se-mantica” della strada: transito (dal latino transeo, andare oltre), più elegante del termine traffico, asso-ciato immediatamente al caos citta-dino; ma anche sentiero, più o me-no tortuoso, strada ferrata/scalata verso l’alto; partenza, ritorno. Come non soffermarsi a riflettere sul fascino del viaggiatore, del viandan-te, colui/colei (rassegniamoci! la lingua italiana è maschilista!) che va per via, per la strada (attenzione, però! …perché “donna di strada” ha ben altro valore! Eppure, oggi - ma anche ieri, solo che non lo si diceva - per strada ci sono anche i maschietti, che chiedono e offrono servizi di vario genere). Dobbiamo fare i conti anche con la diffidenza verso il “vagabondo”, mentre attrae il “girovago”, per lo più inteso come artista (oggi si è riscoperta la figura dell’artista di strada, vedi “Mercantia” di Certal-do”). Ma abbiamo anche “l’ambulante”, colui/colei che “ambula”, cammina per commercia-

re. Strada come via del commercio: ecco l’immagine del mercante che intraprende un viaggio, magari in terre lontane, esotiche, per portare merci preziose, tanto più preziose quanto più lontane: “la via della seta”, Samarcanda, i viaggi di Marco Polo. Ma la merce più preziosa è lo scam-bio delle idee, delle culture, delle persone, per costruire un percorso di vita che abbia un senso, un valore ben al di là di quello materiale. Ecco allora il viaggio di piacere, il viaggio culturale (vedi Goethe, Viaggio in Italia), il viaggio “di formazione” per completare l’educazione, un tempo in Grecia, poi in Italia, poi in cerca di nuovi mondi e opportunità. E arriva il viaggio come scoperta (Colombo); e, di conseguenza, la colonizzazione. Per andare per strada c’è bisogno di orientamento, quindi si sviluppa l’osservazione delle stelle, e si scopre “la Via lattea”, una galassia nomina-ta con una “via”. E cosa c’è di più affascinante oggi (già dagli anni ’60 in realtà) che un viaggio spaziale e percorrere la via delle stelle? Un pensiero flash: in internet non si viaggia semplicemente, si naviga addirittura attraverso strade virtuali. Esiste una strada più virtuale di quel-la della fantasia? L’immaginazione

(che non è l’esatto sinonimo di fan-tasia, ma lasciamo perdere) è il viag-gio da fermi: pensiamo a Salgari, che non ha mai viaggiato e ha scritto la saga di Sandokan e dei pirati della Malesia, e ci ha regalato “viaggi” memorabili in terre affascinanti e misteriose. Tanti altri scrittori e artisti potrem-mo richiamare alla memoria: Jules Verne e i suoi viaggi al centro della terra o nella profondità dei mari o intorno al mondo; Kubrick e la sua Odissea nello spazio, e così via. L’uomo è un eterno viaggiatore, viandante, pellegrino, turista, pas-seggero, ambulante, scalatore, alpi-nista, pratica footing, jogging, trekking, safari. Quante parole ri-chiamano il tema della strada, più o meno metaforica. Camminare vuol dire anche attraversare un ponte, il collegamento viario fra due sponde divise; quanti “ponte del diavolo” in ogni regione, perché? Perché il pon-te collega due rive che Dio ha creato divise, e l’uomo si permette di cam-biare ciò che Dio ha creato; inoltre, il ponte sembra, nell’immaginario, la schiena del diavolo, appunto. Come dire: per andare da un luogo all’altro devi fare la strada più lunga, non prendere la scorciatoia per sod-disfare i tuoi bisogni/comodi. Infatti, breve, larga e comoda è la strada per l’inferno, lunga, in salita e tor-tuosa la strada per il paradiso. E dove conduce tutto questo cammi-nare? Da dove veniamo? Dove an-diamo? Perché andiamo? Quale la mèta? Come si legge in Coelho, “Non è importante la meta, ma il cammino”.

Luisa Zambon

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A volte, in questo mondo caotico, è difficile rimanere soli con noi stessi,

c’è sempre qualcosa che attira lonta-

no la nostra attenzione: una vetrina

troppo colorata, l’ultima serie TV su cui fare congetture, il lavoro che ci

perseguita anche a casa… insomma

chi più ne ha più ne metta.

Spesso però abbiamo bisogno, per

raccogliere i pensieri e per cercare di far collimare tutti i piccoli pezzi del

nostro personalissimo puzzle, di

stare da soli, lontani persino dai

nostri stessi pensieri.

Non importa dove ci troviamo, non

importa cosa ruota intorno a noi, l’unico elemento imprescindibile

è…. so che state pensando al

“silenzio”, ma non è esatto. Ciò che

davvero serve è la volontà di ascol-tare il mondo, di entrare in contatto

con la natura e con il nostro corpo,

di sentirci parte di un progetto co-

smico che fa perno su di noi… in-

somma di riappropriarci del senso della nostra vita facendo il punto

sulla strada che abbiamo percorso

fino ad allora.

Certo, il silenzio in questi casi aiuta,

come la solitudine del resto, ma a volte va bene anche una colonna

sonora decente.

Fatto sta, comunque, che le nostre giornate sono piene di impegni e più

siamo stanchi e più sentiamo l’ansia

di dover comunque riempire con

impegni improrogabili il nostro tem-po libero (devo necessariamente

contraccambiare entro cinque giorni

l’invito a cena di ieri sera, devo an-

dare a comprare quel vestito che altrimenti lo compra qualcun altro,

devo andare un fine settimana a Ve-

nezia visto che prima o poi la città

sarà sommersa e allora sarà troppo tardi…).

Insomma ogni scusa è buona per essere sempre più impegnati, e io

non faccio eccezione. Fra cene con

amici, calcetto, teatro, gruppi vari…

è un gran caos.

A volte per riuscire a strappare qual-che minuto solo per me, devo chiu-

dermi in casa, rifiutare i mille

(magari!!) inviti ad eventi mondani

ed impormi la quiete assoluta.

P a g i n a 6

C’è sempre qualcosa che attira lontano la nostra attenzione: una vetrina troppo colorata, l ’ultima serie tv su cui fare congetture…

L ’ i l l o g i c a a l l e g r i a …

C h i l a s c i a l a s t r a d a v e c c h i a p e r l a n u o v a . . .

Ecco l’effetto che fa fermarsi a riflettere, rifletteteci!!

Ritorno al Presente

Scorrono i chilometri

fendendo la nebbia mattutina

e pigri, i miei pensieri

si convertono in ricordi

che si inseguono danzanti

come rapide istantanee

lasciandomi assaporare

solo schizzi di passato.

La musica solletica l’aria

confondendone i contorni

e sbiadito, il suo sorriso

gioca con il mio.

La realtà perde consistenza

mentre il prima si confonde

con l’attimo presente

e io mi sento vivo

in quel limbo ormai palpabile.

Senza accorgermene mi immergo

in sensazioni quasi smarrite,

mi immedesimo in quell’ombra

che non si cuce più al mio corpo

ed eccomi di nuovo

pronto a sentirmi

un uomo più completo.

La serenità spaventa

la mia mente impreparata

e mi spinge a riappropriarmi

di tutte le mie scelte.

Un brivido accompagna

il ritorno alla coscienza,

perché abbandonandomi

al desiderio del passato

io non faccio che rendere più aspro

l’incedere verso il futuro.

Di Luigi Pratesi

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I miei pensieri avrebbero seguito lo stesso filo logico con Bruce Spingsteen al

posto di Renato Zero?

P a g i n a 7

Al di là della decisa superiorità arti-

stica del Signor G rispetto al sotto-

scritto, devo ammettere che la sua canzone on the road (o canzone da

strada per dirla in termini italianofi-

li) mi ha fatto riflettere.

Nel mio piccolo, ho trovato che le

sue parole siano illuminanti come lo sono tutte quelle che riescono a

dare un nome ad emozioni che ha i

sempre provato senza mai riuscire a

scorgerle bene. Come ogni sillaba che ti aiuta a rendere determinate

emozioni che prima ti sfuggivano

perché fumose.

Ecco, l’illogica allegria, per me è

stata una rivelazione. Se ci guardia-

mo intorno, in effetti, non c‘è nes-sun motivo per stare allegri eppure

al di là di ogni logica reazione,

spesso ci troviamo a gioire. Non

per una promozione, un premio o una bella vittoria (quelle al massi-

mo ci danno soddisfazione) ma per

le cose semplici della vita. Un sorri-

so non richiesto, un ricordo, una

canzone, un sms di una persona speciale... O semplicemente un’alba

magica su una strada di periferia.

Luigi Pratesi

Altre volte, invece, trovare un mo-

mento di raccoglimento non è poi

così difficile. Sono le volte in cui, alla mattina, sono costretto ad an-

dare a lavoro in macchina da solo.

È in quel momento che accendo la

radio, metto un CD in sottofondo e faccio ordine finalmente fra le idee.

Mi capita, in alcune occasioni, di

credere che sia la musica a condizio-

nare i miei pensieri (avrebbero se-

guito lo stesso filo logico con Bruce Spingsteen al posto di Renato Ze-

ro?) più spesso però è la strada stes-

sa a dettare la direzione delle idee.

La strada, che guida i miei passi, che

mi lascia attraversare paesi, boschi,

autostrade affollate, piccole viuzze deserte… insomma mi mette a con-

tatto con il mondo e con le vite

degli altri, arricchendo la mia.

… s a c o s a l a s c i a , m a n o n s a c o s a t r o v a ! !

Quando si dice “strada deserta”…

L’illogica allegria

Da solo lungo l'autostrada

alle prime luci del mattino. A volte spengo anche la radio

e lascio il mio cuore incollato al finestrino.

Lo so del mondo e anche del resto

lo so che tutto va in rovina

ma di mattina quando la gente dorme

col suo normale malumore mi può bastare un niente forse un piccolo bagliore

un'aria già vissuta un paesaggio o che ne so.

E sto bene Io sto bene come uno quando so-

gna non lo so se mi conviene

ma sto bene, che vergogna. Io sto bene

proprio ora, proprio qui non è mica colpa mia

se mi capita così. È come un'illogica allegria

di cui non so il motivo non so che cosa sia.

È come se improvvisamente mi fossi preso il diritto di vivere il presente

Io sto bene... Questa illogica allegria

proprio ora, proprio qui. Da solo

lungo l'autostrada alle prime luci del mattino.

Di Giorgio Gaber

Nella solitudine del mio abitacolo,

con la mente ben concentrata a

scacciare ogni possibile distrazione, mi trovo a riflettere sul senso della

vita, sui miei sentimenti, sulle mie

reazioni… e sì, so che qui volevate

arrivare… anche sull’amore.

Un giorno, mentre solleticavo la mia voglia di scavare fra le mie

emozioni, per farne forse una poe-

sia o semplicemente per dare un

nome ad una malinconia appena accennata, mi sono imbattuto in

una canzone di Gaber che, come

me, una mattina senza tempo, men-

tre guidava la sua macchina in meri-

tata solitudine, deve aver sentito la necessità di allargare il proprio oriz-

zonte e di confrontarsi con il mon-

do fuori da quell’abitacolo guar-

dando se stesso in terza persona.

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Q u a n d o a c c a d d e c h e J a n e p e r s e l a s t r a d a

P a g i n a 8

La vita, la propria casa, tutto a volte può sembrare una prigione.

Le parole erano il mio mondo; solo scrivendo riuscivo a essere completa-

mente me stessa, senza falsità o co-

strizioni.

Ero convinta che quello fosse l’unica

via che avrei dovuto percorrere, l’unico viaggio che avrei mai potuto

intraprendere.

Ma mi stavo sbagliando.

Adesso non scrivo più da molto tem-

po.

Ho provato a ricominciare, ma non

riesco neppure a gestire un blog; non

potrei affrontare una pagina bianca.

E’ come se non avessi più quella voce

che dava vita ai miei pensieri, come se non avessi più… pensieri.

Al secondo anno, già potevo vantare qualche piccola, ma illustre, pubblica-

zione; il mio nome cominciava a

circolare fra ‘quelli che contano’.

Un talento, una futura speranza.

Io mi nutrivo di tutta questa energia

che ruotava intorno a me, ma l’unica

mia vera consapevolezza era la pas-sione che riponevo nella scrittura.

Ho trentacinque anni e sono una mamma.

Una perfetta mamma.

Una di quelle efficienti, che corre

dalla mattina alla sera e che non si

ferma mai; quotidianamente divisa

fra i ricevimenti scolastici e le feste di

compleanno.

Mi vedrete sempre impeccabile, sorri-dente e disponibile, come se fossi

nata esclusivamente per tutto questo.

In realtà, nel corso degli anni ho

imparato a indossare la maschera

giusta per ogni occasione; è stato

l’unico espediente che sono stata in grado di trovare per salvare me stes-

sa e non soccombere alla situazione.

Sebbene ancora, talvolta, mi manchi

l’aria.

Vi chiedo, però, di non fraintendere

le mie parole; sono solo lo sfogo di

una donna qualunque.

Io amo le mie figlie e sarei disposta a fare qualsiasi cosa per loro: sono la

mia unica ragione di vita.

Solo che più ci penso e più non rie-

sco a comprendere come io sia potu-

ta arrivare a questo punto.

C’è stato un tempo in cui ero piena

di interessi; estremamente curiosa e affascinata da tutto ciò che mi circon-

dava.

Ero la prima nel mio corso di laurea

e il mio professore nutriva grandi

aspettative nei miei confronti.

‘La futura Jane Austen’, mi diceva

scherzosamente.

Ma si vedeva quanto fosse intima-

mente orgoglioso di quello che face-vo e di chi mi apprestavo a diventa-

re.

C’è stato un tempo in cui ero piena di interessi; estremamente curiosa e

affascinata da tutto ciò che mi circondava.

C h i s m a r r i s c e l a v i a . . .

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Quando è accaduto che la vera Jane perdesse la sua strada?

Quando l’ombra di me stessa ha

catturato la mia anima e ha preso il

mio posto in questa vita incolore?

C’è stato un tempo in cui sono stata

anche una perfetta moglie.

Adesso sono a malapena una mo-

glie.

Tom è stato il grande amore, quello che ti rapisce il cuore e lo tiene stret-

to accanto al suo; quello che pensi

‘sarà per sempre’ anche se ‘sempre’

è un tempo molto lungo.

Quello che non tradirà mai la tua

fiducia perché sarà il tuo più impor-tante alleato; un complice, un ami-

co, un amante.

Ci siamo sposati mentre eravamo

ancora al college.

All’epoca, l’idea di stare separati

anche per un solo istante era insoste-

nibile per entrambi.

Eravamo fatti l’uno per l’altro, an-

che se lui non aveva mai veramente capito quanto significasse per me.

Ero convinta che il nostro amore ci

rendesse ogni giorno più forti agli

attacchi del mondo; non mi accorsi

che il tempo aveva iniziato la sua opera di distruzione del mio fanta-

stico castello di sabbia.

Mi stavo sbagliando di nuovo.

Non volli vedere da vicino, però, gli

occhi mio marito; avevo paura di

ciò che non avrei visto nel suo

sguardo.

E finsi di non accorgermi di quella

maschera che anche lui, in un giorno qualunque, iniziò a indossare.

La distanza divenne abissale e sem-

pre più insopportabile.

Nonostante tutto, sarei potuta anda-

re avanti in questo modo, per amo-

Vedo il volto spaventato delle mie figlie quando quei due uomini sono

entrati in casa e mi hanno portato

via.

Ho capito subito che le bambine

non erano in pericolo, perché era me che volevano.

Questo ha alleviato la paura, ma non ha arrestato il senso di nausea

quando ho realizzato cosa stava

accadendo.

Tom questa volta ha fatto sul serio.

C’è un piccolo foro nel bagagliaio,

la luce dei lampioni riesce a filtrare

un po’.

Credo proprio che non riuscirò a cavarmela questa volta.

Vedo il volto sorridente del mio

professore e il libro che non sono

mai riuscita a scrivere.

E non posso fare a meno di doman-

darmi, di nuovo, quando è accadu-

to che perdessi la mia strada.

Jenny Malentacchi

P a g i n a 9

re delle mie bambine; ma il destino aveva in mente per me ben altra

partita.

L’arrivo di Susan fu come un fulmi-

ne in un cielo che stava perdendo la

sua limpidezza; compresi immedia-tamente che quella donna sarebbe

stata la fine di tutto.

Avrei dovuto ascoltare il mio istinto

ed essere più cauta nell’esternare le

mie emozioni.

Se non avessi minacciato Tom di

raccontare al marito di Susan della loro squallida relazione probabil-

mente non mi troverei qui adesso,

ma piuttosto a casa, a preparare la

festa di compleanno per la mia bambina.

Invece sono chiusa qua dentro e fa un caldo infernale; sono legata e

imbavagliata e non posso muover-

mi, né chiedere aiuto.

Sento il rumore delle ruote

sull’asfalto, un ritmo ipnotico che

mi fa venire voglia di chiudere gli occhi e lasciarmi andare.

Gioco Quiz: trova la macchina giusta… il primo che indovina vince il premio Sherlock 2012

. . . l a r i t r o v i i n f r e t t a , o c h i e d a i n d i c a z i o n i ! !

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(quelli vicini ai quaranta, quelli di-versamente giovani insomma…), è stata l’infanzia, il primo contatto con quel mondo che stava al di fuori delle ovattate quattro mura familia-ri, il mezzo per mettere ogni giorno un’esperienza nuova nello zainetto della propria crescita e, perché no, anche un’opportunità di scelta fra ciò che di buono e di cattivo la so-cietà proponeva ai tuoi occhi. Chia-risco subito il concetto, non “sono un ragazzo di strada” (“Ragazzo di strada”, appunto, suonata e cantata da I Corvi) perché sono nato in una tranquilla città di provincia, per di più in pieno centro, né posso dire che “la mia vera casa è stata la stra-da da sempre” (“La notte dei pensie-ri e degli amori”, Michele Zarrillo),

P a g i n a 1 0

L a d o m e n i c a … d i s t r a d a

Secondo voi questa non è una macchina da songwriters? Secondo noi è perfetta

Cercando una qualche ispirazione di matrice non puramente kerouachiana (…esisterà questo aggettivo?) per rendere almeno vagamente interes-santi le mie righe della “Virgola” estiva, mi sono affidato a quello che, negli ultimi anni, è diventato l’unico vero elemento imprescindibile, salute psicofisica esclusa, del nostro sapere quotidiano: il motore di ricerca. Scri-vendo “strada”, sono venuti a galla in 0,15 secondi la bellezza di 195 milioni di risultati, un groviglio ine-stricabile per un’intera esistenza uma-na, figurarsi per una domenica pome-riggio trascorsa in giardino davanti al pc, col neanche troppo secondario intento di prendere un po’ di sole e presentarsi al lunedì con un filo di abbronzatura in faccia. Scorrendo la lista dei risultati, almeno delle prime pagine, mi sono reso conto che “strada” è, probabilmente dopo “amore”, il termine più ricor-rente nell’ispirazione artistica di scrit-tori e musicisti. Sapete in quanti tito-li, per non parlare di testi, di canzone è presente la parola strada? E avete idea di quanti romanzi o trattati let-terari portino nel loro nome la paro-la strada o ne facciano uso centrale fra le loro pagine? Beh, se vi aspetta-te una risposta cambiate canale, anzi leggete un altro articolo di questa “Virgola”, primo perché per fare un conto del genere servirebbe un master di statistica, secondo perché i tempi di uscita della “Virgola” sono ormai ristretti e non vorrei subire conseguenze fisiche, oltre alle invetti-ve (già subite, queste ultime) da par-te dell’ottimo direttore che ha deci-so, stavolta, di farci parlare di strade. Sappiate comunque che non solo Dante Alighieri si era incamminato su di una strada un po’ impervia nel partorire la sua Commedia e che, al di fuori di un Claudio Baglioni (“Strada facendo”, ovviamente) o di un Jackson Browne (ricordate “The road”? Fu coverizzata, oggi mi sono svegliato con l’aggettivo facile in testa, in italiano da Ron, col titolo affatto pertinente “Una città per can-

tare”), tantissimi altri interpreti/songwriters si sono richiamati al no-stro tema per vendere i loro dischi. Visto che sono arrivato a quasi due-mila caratteri senza aver scritto prati-camente nulla di concreto, vi dico ciò che realmente sono solito accostare al concetto di strada. La strada, per me come per molti altri della mia età

L a s t r a d a p u ò e s s e r e i n f i n i t a . . .

La strada, per me come per molti altri della mia età, è stata

l ’infanzia, il primo contatto con quel mondo che stava al di fuori

delle ovattate quattro mura familiari

Page 11: La virgola n.3 - La strada · quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce

anche ad occhi chiusi, o ancora i timidissimi, goffi approcci verso l’altro sesso con “la prima che incon-tri per strada, che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato” (La canzone dell’amore perduto”, Fabrizio De Andrè), dai quali scaturivano situa-zioni grottesche, e prese in giro ge-nerali, su “strade piene, la folla in-torno a me, mi parla e ride e nulla

P a g i n a 1 1

perché ho avuto alle spalle una fami-glia che, anzi, ha sempre saputo co-me proteggere il sottoscritto da even-tuali situazioni, o compagnie, spiace-voli. Semplicemente, però, ho avuto la fortuna di cogliere l’essenza di quella particolarissima micro-comunità che, ancora negli anni Ot-tanta, era rappresentata dall’ appar-tenenza al tuo quartiere: sì, perché frequentando quelli della tua strada stringevi le prime amicizie e da lì nascevano, a cascata, tutta una serie di esperienze comuni che permette-vano di formarti, fossero queste i calci dati ai palloni che immancabil-mente finivano “incastrati sotto le marmitte, a ricordare quando fuori si giocava fra le 127” (“Che vita”, Sa-muele Bersani) oppure i primi tenta-tivi di manovre spericolate sopra vecchi motorini su “strade che si la-sciano guidare forte” (“Strade”, Sub-sonica) proprio perché riconoscibili

Chissà, forse era davvero il caso di tuffarsi in una dotta dissertazione su

Kerouac anziché buttarsi nel magma di esperienze, e canzoni,

retrò??

… s e n o n s i c o n o s c e l a p r o p r i a m e t a

Tanto per non essere sessisti. Chi ha detto che solo i maschietti, da piccoli, giocano a pallone?!?

sa di te” (“Città vuota”, Mina). Non nego che la quotidiana fre-quentazione della “stessa strada, stesso posto, stesso bar” (“Gli anni”, 883) potesse alla fine chiuderti certi orizzonti ma nella fidata cerchia delle tue amicizie c’era sempre chi ti aiutava a guardare oltre ed è capita-to spesso che “sono sceso in strada per trovare un socio, forse una gui-da, qualcuno che mi aiuti a vincere la sfida di realizzare qualcosa che ti faccia ricordare” (“L’impresa ecce-zionale”, Articolo 31) e, in definiti-va, non è escluso che proprio par-tendo dalla strada qualcuno di quei sogni si sia pure realizzato. Perché poi, la differenza fra chi della strada ha solo sentito parlare e fra chi in strada ha avuto la fortuna di andarci, è un po’ la differenza fra la teoria e la pratica. O se preferite fra il reale ed il virtuale, incastonando in quest’ultimo concetto buona par-te delle esperienze, virtuali appunto, che caratterizzano la crescita delle nuove generazioni, a differenza di quello che è capitato di fare, proba-bilmente per ultimi, a quella del sottoscritto. Accidenti, accipicchia, perbacco…ero partito con l’intento di racconta-re la “mia” strada e sono scivolato sulla classica buccia di banana che manda gambe all’aria chi non ha più venti anni… adesso mi manca solo di scrivere che “si stava meglio quan-do si stava peggio, non trovo lavo-ro, non trovo parcheggio” (“La solu-zione”, Fabri Fibra) e poi la frittata è fatta!! Chissà, forse era davvero il caso di tuffarsi in una dotta dissertazione su Kerouac anziché buttarsi nel magma di esperienze, e canzoni, retrò?? Fatemi sapere, la “Virgola” val bene un’altra domenica pomeriggio a riflettere in solitudine, lontano dal caos di chi fa i conti con la “macchina stracarica, con questo sole spacca cervello, benzina allarme rosso in questa coda che non muove un passo” (“Riccione è casa nostra”, B-Nario). Mettiamola così, “nessun rimpianto per quello che è stato, che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano” (“La Strada”, Mo-dena City Ramblers)… passo e chiu-do!

Matteo Tasso

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P a g i n a 1 2 G i o c a n d o c o n l e p a r o l e . . .

Il navigatore avrebbe subito ricalco-lato il percorso e mi avrebbe riporta-to sulla giusta strada. Continuo senza riconoscere nessuna delle strade indicate sulla cartina “fai da te”. Non mi preoccupo più di tanto, deci-do di tornare indietro e mi fermo ad un distributore per chiedere indica-zioni. Il benzinaio è molto gentile e mi indica la strada più semplice per tornare sul mio percorso: forse è la strada che mi avrebbe fatto percorre-re il navigatore. Il benzinaio è un perfetto sconosciuto ma mi fido di lui e il cammino ri-prende sulla giusta strada con un po’ di tempo perso ma tanta fiducia in me stessa guadagnata perché quasi subito trovo i miei punti di riferimen-to: via Mecenate, via 25 Aprile, via Poppi, via Fonte Veneziana e via dei Cappuccini. Il più è fatto e chiedo ad una passante dov’è il numero civico 1: ci sono davanti. Forse toglierò il navigatore dalla lista

dei regali per babbo Natale e toglie-rò anche qualche altro attrezzo che potrebbe limitare le mie azioni e i miei pensieri. Perché ricorrere di più a noi stessi nelle varie situazioni che la vita ci offre, ci aiuta a conoscerci meglio e a mettere in campo tutto ciò di cui siamo capaci.

Roberta Mariotti

I l n a v i g a t o r e

Non ho un navigatore ma tutte le volte che mi capita l’occasione, sono sul punto di comprarlo. È uno dei primi regali della lista che ogni anno preparo simbolicamente per babbo Natale. Non viaggio molto ma poi succede di allontanarsi un po’ da casa e… Parto da Siena, Via Ricasoli, nel po-meriggio di qualche tempo fa, per andare a trovare un’amica che non vedo da tempo. L’obiettivo è chiaro: via dei Cappuccini n.1, Arezzo. Conosco la strada fino all’inizio della città, provenendo da Lucignano. Ho un “collage” dell’ultima parte del tragitto, stampato da Google. Alla prima rotonda… sbaglio strada! Il camion che ho davanti mi impedi-sce di vedere al meglio le indicazioni stradali ma… l’ultima volta che sono stata ad Arezzo (diverso tempo pri-ma) forse non c’era neppure la ro-tonda!!! Comunque sbaglio strada e me ne accorgo dopo un po’.

In questi casi, nonostante tutto, il naviga-tore non torna scomodo...

T u t t e l e s t r a d e p o r t a n o a K o e n i g s b e r g

Con molta probabilità, chi legge que-ste righe avrà provato almeno una volta a disegnare un quadrato con le sue diagonali senza staccare la matita dal foglio e si sarà accorto, dopo vari tentativi, che non è possibile! Il problema non è nuovo, ma ha un antefatto storico molto interessante (ved. wikipedia, Ponti di Koni-gsberg). Supponendo che i pallini siano quar-tieri di una città e le linee i ponti che li collegano, provate a toccare tutti i quartieri attraversando tutti i ponti

una ed una sola volta. Provate…

Adesso mettiamo un triangolo sopra al quadrato con le diagonali… ora si può fare!

Chiaramente i matematici non si so-no accontentati di mettere “un tetto alla casina”, ma hanno cercato di

capire in quali casi un grafo è percor-ribile. La sfida è questa: provate a disegnare un po’ di grafi e a percorrerli, sempre con le stesse regole, ovviamente: ogni linea deve essere percorsa una ed una sola volta! Chissà se riuscirete a capire la regola che sta sotto al problema della per-corribilità? Nel prossimo numero avrete la solu-zione, sempre che non siate andati a vederla prima… L’unico indizio che posso dare è: pari e dispari…

Paolo Ciacci

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P a g i n a 1 3 G i o c a n d o c o n l e p a r o l e . . .

G i o c o v i r g o l a n d o

VERTICALI: 1- Manifestazione in cui si scontrano i rioni cittadi-ni… il più famoso è quello di Siena 2- Tipologia di imbarcazio-ne 3- articolo determinativo femminile 4- … e quale 5- Se non è mia né degli altri 6- Cavità del cuore 7- Uomo di chiesa… con il saio 8- Unione Europea 11- Il fiume Rio.. se lo risaltie all'incon-trario 13- Pensiero costruttivo 16- Città sarda 18- Igienista... dei denti 21- Coloro che non sono femmine 22- Atto punibile se-condo il codice penale 23- Sigla della città di Napoli (vabbè troppo facile) 24- Bucolico, sereno, piacevole... detto di un luogo 26- Nome delle antiche città greche 27- Tessuto invernale

T a n t o p e r t e n e r e l a m e n t e a l l e n a t a . . .

I l C r u c i v i r g o l a

ORIZZONTALI: 1- Va a braccetto con il secchiello 7- Il... Mattia Pascal di Pirandello 9- Di pollo si mangia… di pipistrello no 10- Colui che ha scritto il testo 12- Luogo in cui si trova un oggetto che non è vicino 13- Nome di donna… 14- Dea egizia della fertilità 15- Ruvido 17- Serie televisiva americana del 2003 18- La prima nota 19- Altra serie Tv americana ma del 1994 (almeno si permette a tutte le fascie di età di dare la risposta esatta...) 20- Lo sono alcune pietanze 24- Caldo torrido che rende faticoso il respiro 25- Ente previdenziale degli sportivi e degli artisti 28- Vitigno che origina vini gialli paglierini 30- Sim-bolo chimico dell'astato (qui vi ci voglio) 31- Tipologia di crema tipica della Catalogna 33- Tifoso irrequieto... per usare un eufe-mismo 34- Genere della famiglia dei Caprini che comprende anche le pecore 35- Acronimo di Edizioni Scientifiche Italiane

I l R e b u s

O s e p r e f e r i t e , i l r e d e l b u s

1 2 3 4 5 6 7 8

9 10 11

12 13

14 15 16

17 18 19

20 21 22 23

24 25 26 27

28 29 30

31 32

33

34 35

I miei occhi sono aperti. So dove sono. È colpa mia. Ne esco immediatamente. IV Cammino per la strada. C’è una profonda buca nel marcia-piede. La aggiro. V Cammino per un’altra strada

Di Portia Nelson

P o e s i a p e r U s c i r e d a l C o p i o n e A u t o b i o g r a f i a i n c i n q u e b r e v i c a p i t o l i

Fingo di non vederla. Ci ricado. Non riesco a credere di essere in quello stesso posto. Ma non è colpa mia. Ci vuole ancora molto tempo per uscirne. III Cammino per la strada. C’è una profonda buca nel marcia-piede. Vedo che c’è. Ci cado ancora….è un’abitudine.

I Cammino per la strada. C’è una profonda buca nel marcia-piede. Ci cado. Sono perso… Sono impotente. Non è colpa mia. Ci vorrà un’ eternità per trovare co-me uscirne. II Cammino per la stessa strada. C’è una profonda buca nel marcia-piede.

Page 14: La virgola n.3 - La strada · quella facile. La strada da lavori in corso, la strada che sei finito sotto una camion, maledetti i luoghi co-muni della strada. La strada. Che finisce

tutti, per noi che collaboriamo alla realizzazione della rivista e, speria-

mo, anche per voi che ci leggete e

che potete quindi confrontarvi con

persone e pensieri sempre nuovi.

Un grazie quindi a tutti coloro che hanno scritto, a coloro che hanno

collaborato in altro modo (la poesia

di Portia Nelson, ad esempio, ci è

stata indicata da Patrizia, le foto invece sono in gran parte il frutto

del genio artistico di Ottavio che ha

smesso i panni di scrittore - si spera

solo per questa volta - per indossare

quelli ben più complicati di diretto-re artistico) e a coloro che ci fanno

E anche questa volta siamo arrivati alla fine di questa nostra “fatica”

trimestrale e abbiamo dato alla luce

il terzo numero de La Virgola.

Non è stato facile, ma il desiderio di

continuare a “dialogare” con tutti voi è stato più forte delle difficoltà

che abbiamo incontrato.

Come avrete notato, infatti, alcuni

dei consueti “redattori” non hanno

potuto scrivere, ma il bello, in fon-

do, è anche questo, il fatto che que-sta nostra rivista riesca a coinvolgere

persone sempre nuove e diverse e

che così facendo divenga davvero

uno strumento di arricchimento per

sentire il loro supporto scrivendoci, leggendoci e, soprattutto, apprez-

zando i nostri sforzi.

Beh, come si dice, non c’è due senza

tre… e il quattro vien da sé!

Se il proverbio è vero il prossimo

numero, in uscita a Settembre, si

scriverà da solo. Noi ce lo auguria-mo, ma siamo pronti anche a fare la

nostra parte in caso di bisogno.

La strada da percorrere, tanto per

rimanere in tema fino in fondo, è

ancora lunga ma tre mesi, a volte, volano… a presto dunque!!

Redazione La Virgola

Il Direttore (si fa per dire): Luigi Pratesi Hanno collaborato a questo numero (in rigoroso, doveroso e non oneroso ordine alfabetico per nome): Eleonora Spinosa Jenny Malentacchi Luisa Zambon Matteo Tasso Ottavio Pistella Paolo Ciacci Patrizia Mariotti Pio Carfora Riccardo Pratesi Roberta Mariotti Se volete contattarci per informazioni, spiegazioni, critiche o per collaborare con noi, potete farlo scrivendo all’indirizzo e-mail: [email protected]

R E D A Z I O N E L A V I R G O L A

E p e r f i n i r e . . .

“SEMBRA DUNQUE CHE PER QUESTO PARTICOLARE IO SIA PIU’ SAGGIO DI QUEST’UOMO, PERCHE’ NON

MI ILLUDO DI SAPERE CIO’ CHE NON SO”

PLATONE, APOLOGIA DI SOCRATE

LLLAAA VVVIRGOLAIRGOLAIRGOLA