l’antica corte - cfcverona.it silvia.pdf · stropicciati con la cenere impastata con...
TRANSCRIPT
L’antica Corte
Quest’anno il progetto “Maggioscuola”prevede lo sviluppo dell’argomento “La Corte” .
La scelta di tale argomento è maturata in seguito all’analisi delle diverse affinità riscontrate rispetto
all’esperienza della Scuola in Ospedale, che ha suggerito ai nostri alunni: pensieri, parole, immagini, laboratori
manuali, ricerche ed approfondimenti tecnici e linguistici (in italiano, inglese, tecnologia) che vogliamo presentarvi.Infatti fin dall’antichità la corte ha costituito un motivo di unione e di scambio tra le persone che ne fanno parte, per questo motivo, l’esperienza della nostra scuola vuole
rappresentare un ambiente simile, in particolare riproponendo l’atmosfera di condivisione e scambio
reciproco dell’antica corte, così come è evidente tra i ragazzi ed il personale docente e medico.
Noi docenti della Scuola in Ospedale abbiamo voluto dedicare e chiamare l’allestimento “Corte Silvia” in ricordo di una nostra cara alunna.
STRUTTURA E FUNZIONE DELLA CORTE RURALELa forma di architettura rurale a “corte”, che a giudizio di alcuni studiosi deriva il proprio impianto dalla “villa rustica” romana e dalla “curtis” medioevale, si è affermata nella pianura padana fra i secoli XVI° e XX°, la sua evoluzione è
certamente connessa con le vicende degli ordinamenti fondiari e sociali di quel periodo.L’elemento più significativo e caratterizzante della casa a corte consiste in uno spazio coperto, attorno al quale sono disposte abitazioni e rustici.
La realtà della corte
La corte grande è presente nelle zone delle vaste bonifiche nel medio e basso Polesine, è a forma quadrangolare, con edifici posti attorno all’aia. L’organizzazione della grande corte era di tipo feudale, fondata sulla completa autosufficienza.
LA CORTE GRANDE
LA CORTE MEDIO-PICCOLA
La corte medio-piccola era sparsa nei campi. Molto spesso il quadrilatero attorno all’aia è
completato, anziché da edifici, da un orto o da una siepe.
LA NEVE DI GENNAIO RIEMPIE IL GRANAIO
L’elemento che contrassegna l’abitazione contadina nella pianura veneta è senza dubbio il “focolare”.L’ambiente abitativo si formava attorno al focolare secondo una derivazione primitiva che vedeva il fuoco al centro della dimora dell’uomo.
PARTICOLARI DELLA CORTE RURALE IL CAMINO
VICINO AL FOCOLAREAppesa ad un” ganzzo” (gancio) sostenuta dalla “cadena da fogo”
(catena) stava la“stagnà”, pentola di rame stagnato. A lato del camino faceva bella mostra “el
scaranòn”, il seggiolone su cui tronoggiava el paron de casa.Fra i soprammobili c’era qualche candeliere, la moscaiola ( vaso di vetro contenente acqua e aceto, usato per acchiappare le mosche), el masenin da cafè, la sveglia, appesi alle pareti un crocifisso, un ex-voto, una stampa sacra.
L’AIA ERA INTESA COME PORZIONE DI TERRENO SOLIDAMENTE PAVIMENTATO, DESTINATA ALLA
LAVORAZIONE DEI CEREALI.
A marzo si zappa il frumentoPane per i cristiani.
LA STALLAE’
un nucleo importante e
pregiato dell’insediamento, dove si è manifestato il maggior sapere costruttivo.Un accessorio della stalla molto importante è il letamaio o concimaia, per il quale si poneva una grande attenzione sia riguardo alla localizzazione, sia riguardo all’orientamento, al fine di evitare la contaminazione dell’aria e delle acque potabili.
LA CANTINANella cantina dove si conservano, disposti sui vecchi sedili o “sden”, botti di rovere di varie misure. Spesso l’uva veniva pigiata con i piedi, operazione considerata quasi un rito.
In genere si vendemmia prima l’uva biancaPoi segue quella nera.
raccontato dalle nonne e ricercato dai ragazziin internet Un'usanza antica
del mondo contadino...Siamo nel mondo contadino, nelle sere d’autunno e d’inverno complici le case umide e la legna che non basta mai , le stalle diventano luoghi di ritrovo familiare e sociale.
Il fare Filò
Il fare Filò
Ci si riunisce per stare insieme nella propria stalla o in quella di un vicino, ove il calore è maggiore sotto la luce della lampada a petrolio o di un lume a olio . Insieme si parla del più e del meno, raccontandosi le gioie e i problemi della vita di ogni giorno.
Il fare Filò
Nelle interminabili serate al filò, gli
uomini si dedicavano alla
riparazione degli arnesi di lavoro,
intrecciavano vimini e giunchi,
intagliavano supporti per falci e
gioghi per buoi. Qualcuno
apprestava le attrezzature per l’allevamento dei
piccoli animali, colombaie e arnie .
Il fare Filò
Le ragazze tra una chiacchiera, una risata e sguardi intriganti si facevano la dote, talune sotto gli occhi attenti dei fidanzati. Le vecchie alternavano la preghiera con lo scambio di pettegolezzi. Le donne filavano (da ciò il nome filò), rammendavano, ricamavano e facevano calze e scarpette di lana.
Si narravano racconti fantastici, leggende o fole che si tramandavano di generazione in generazione narrate dai contafole, personaggi quasi sempre analfabeti che trascorrono le serate d’inverno ospiti nelle varie stalle ove, in cambio di qualche storia, potevano mangiare e raggranellare qualche soldo.
Il fare Filò
Non mancavano i racconti di vita vissuta narrati dai vecchi che ripetevano schemi e argomenti universalmente noti, intrisi di quel particolare profondo significato che talvolta solo l’uso del dialetto sa trasmettere. Erano racconti di vita attraverso i quali i ragazzi apprendevano dagli anziani il modo di pensare e di comportarsi secondo l’esperienza.
Gabriella – Luana - Alessandro
Il fare Filò
Dai nostri piccoli scrittori
Le forme e le concezioni di divertimento erano diverse:
bastava un pallone, una bella giornata soleggiata, una collina ed ecco che prendeva vita un gioco
appassionante.
Al tempo dei nostri nonni, i giovani si divertivano con
poco. Infatti si ritrovavano nella corte o nei cortili sotto casa a parlare, giocare e passare i
pomeriggi in compagnia.
Filastrocche da studio e ricercheSotto la cappa del camino
c' era un vecchio contadino che suonava la chitarra
uno, due, tre: sbarra!
Cavra, cavreta che bruca l' erbeta
che sale sul monte sul monte dela veta cavra, cavreta!
Un racconto molto toccante che ci deve far riflettere
“Ricordo ancora gli occhi di mia madre quel giorno”…
Tornava dal lavoro dei campi. Mio padre e gli altri erano partiti per la guerra; tutte le donne dovevano occuparsi del lavoro, della casa e soprattutto dei bambini.
Dai nostri piccoli scrittori
Noi eravamo in nove, il mangiare scarseggiava e quel giorno in
particolare nella madia mia madre si accorse che
la polenta era finita.Così ne chiese un po’ alla vicina di
cortile, che a sua volta si accorse di non averne abbastanza per tutti. Senza esitare divise subito la poca polenta che aveva. In questo modo
tutti noi bambini abbiamo mangiato.
Racconto di Maria Rosa nonna di Antonio11 anni
Dai nostri piccoli scrittori
Oggi tutto è cambiato. Le persone hanno perso il gusto di comunicare, di condividere e i giovani non sono mai contenti di ciò che hanno. Non si incontrano nei cortili, ma al cinema, nei bar, nelle gelaterie e in luoghi aperti, chattano e comunicano via sms.
Sara 12 anni
Dai nostri piccoli scrittori
CommentoLo scenario è
la campagna autunnale con i suoi tristi colori e con gli echi della fatica umana:su tale scenario il poeta proietta il suo stato d'animo,smarrito e malinconico. Gli oggetti quotidiani si caricano di significati particolari:l'immagine dell'aratro in mezzo al campo,immagine con cui si apre e si chiude la lirica,diviene simbolo di abbandono e di tristezza. C'è
nella poesia un senso di desolazione con cui il poeta esprime la pena del proprio cuore.
dott.essa Raffaella Palma
La stalla di G.Verga
Presso l’aula scolastico abbiamo letto il racconto “La stalla”di Giovanni Verga
“Le mucche, lungo le rastrelliere, si voltavano indietro, a fiutare quel tramestìo che si era fatto attorno alla lettiera della Bigia…”
Presso i lavatoi le donne si incontravano e condividevano la faticosa opera del bucato a mano.L’acqua era solitamente fredda e non esistevano nè guanti, nè creme per la pelle!Il bucato era anche l’occasione per aggiornarsi di tutti gli avvenimenti della comunità (nascite, morti, malattie, filarini, matrimoni, ecc.
Nei luoghi dove l’acqua aveva una portata perenne ed abbondante, si costruivano più vasche allineate una dopo l’altra.La scaletta del bucato aveva delle regole: nell’ultima vasca si lavavano gli indumenti più sporchi, dei bambini, dei vecchi e degli ammalati. Il risciacquo si faceva nelle altre vasche lasciando la prima sempre quasi pulita.
Per rendere più interessanti e dinamiche le lezioni presso la scuola in ospedale si è
pensato di realizzare un lavatoio molto simile ad uno vero.Quello rappresentato nella foto a fianco è stato scelto come modello per il nostro progetto.
Lavatoio del comune di Negrar Verona
Il nostro plastico
Dopo esserci procurati dei cartoni ed altro materiale di semplice utilizzo abbiamo iniziato la costruzione di un lavatoio.Dapprima ne abbiamo realizzato uno in forma ridotta per saggiare le difficoltà.Poi dal plastico in scala 1:20 alla realizzazione in dimensioni reali il passo è stato breve. Non sono mancate le difficoltà
ma, alla fine il risultato è stato ottimo.
Creare l’ambiente scenico che ripropone “LA CORTE” ha coinvolto insegnanti, alunni e persone esperte nel disegno.Bozze, schizzi, fotografie e riviste erano dovunque.Sulla carta da scena si sono abbozzati i primi disegni.Poi dopo non pochi ritocchi, è
iniziata l’avventura delle pennellate.Qui ognuno ha dato il meglio si sé, si sono adoperati circa sei chilogrammi di colore a tempera per affrescare un pannello di 15 mq
La parte che più ha divertito e coinvolto gli alunni è
stata quella relativa alla finitura dove si sono visti dei veri e propri artisti …
Tanti e tanti anni fa, l'uomo notò che i panni logori, sporchi e bisunti di grasso riprendevano un aspetto e un odore gradevoli se venivano stropicciati con la cenere impastata con l'acqua...
La cenere quindi era in grado di eliminare lo sporco, l'untuosità in particolare!
Anche nelle nostre campagne e in montagna la pratica di fare il bucato con la cenere è
rimasta in uso fino a 45/50 anni fa.Questo procedimento prese il nome di “lissia”.
La “lissia” era il lavaggio della biancheria effettuato con la “broda”. Si metteva la biancheria in un recipiente in legno “brenta”, si faceva bollire l’acqua con la cenere, questa “broda”
bollente si versava sulla biancheria, filtrandola con un lenzuolo. Dopo il tempo necessario, si toglieva la biancheria e si andava alla fontana.
Il risciacquo doveva avvenire con acqua pulita, per questo, prima di cominciare la ”liscia” si pulivano le vasche della fontana. Si toglieva nella parte bassa della vasca “el cocon”
per fa uscire tutta l’acqua, si pulivano le pareti, togliendo muschio ed altro e poi si tappava la vasca rimettendo il tappo.
Ricetta del sapone fatto in casa
Da una vecchia ricetta riprodotta sul numero 19 della rivista “Savena Setta Sambro” del dicembre 2000.
“ Quattro chilogrammi di
“ rancidume (ossia le “ cotiche di maiale tritate),
“ otto etti di soda caustica, “ un chilogrammo di talco,
“ otto etti di pece greca, “ dieci litri di acqua netta.
“ Per fare questo sapone si “ devono scegliere molto
“ bene i rancidumi dal magro “ e dalle ossa, poi si
“ mettono in bagno, dopo “ lavati con acqua tiepida,
“ per almeno due o tre giorni. “ Si fa bollire il tutto e poi
“ schiumarla come fosse la “ pentola (del brodo) “
La ricetta non lo dice ma il sapone si può usare solo dopo almeno quattro settimane perché la soda perda la sua efficacia.
In passato 40–50 anni fa
Ieri circa 20 30 anni fa
Oggi…
Ora, “i panni sporchi” si lavano in casa Ma, si è perso il dialogo e la condivisione delle esperienze
Pregi e difetti della vita moderna!
PIN PIN CAVALLIN Pin pin cavallin
acqua calda, acqua freggia tent ti' quel
damm a mi' quest.
L’UCCELLIN Uccellin che vien dal mare
quante penne puo' portare? Puo' portarne Trentatre',
uno due tre. Fuori sotto.
AMBARABA' CICCI' COCCO' Ambaraba'cicci'cocco'
tre civette sul como' che facevano l'amore con la figlia del dottore
il dottore si ammalo' ambaraba' cicci' cocco'.
IL GRANDE GIOCO DEL VIVERE
Il piacere del gioco non ha età né distinzioni sociali o di sesso. Gioca il neonato nella culla, gioca il vecchietto con le sue memorie; ma il piacere che ne ricavano è uguale. Eppure ogni generazione si riconosce collettivamente nei giochi della sua epoca, perché riflettono la società nei suoi costumi, le sue gerarchie, le sue partizioni.Rievochiamo i vecchi giochi, cari a tutti quelli che hanno conosciuto la società rurale di altri tempi, in cui prevaleva la voglia di stare insieme e di unirsi agli altri… Lasciarsi alle spalle l’uscio di casa, tuffarsi subito nel gioco, era come entrare in un altro mondo!
Nessun gioco cominciava senza la sua rituale conta. Essa rispecchiava integralmente il carattere del ragazzo, il suo stile nell’affrontare poi il gioco: scanzonato, allegro, aggressivo, insofferente di ogni regola. Senz’altro le conte erano molte di più di quante oggi sopravvivono nella memoria. Esse nascevano e morivano di continuo nella creatività giovanile e popolare secondo le mode del momento, secondo gli umori del gruppo.
LE CONTE
IL GIOCO DELLA TROTTOLASe un giocattolo arriva a compiere 6000 anni, certamente racchiude un segreto: il fascino della trottola sta proprio nel suo movimento continuo regolare e sospeso nel tempo.Alcune trottole del passato sono state ritrovate intatte.
IL GIOCO DEL CERCHIO
Il cerchio può essere un cerchione di bicicletta o un cerchio di legno o un tubolare metallico di circa 80 cm di diametro.Lo si fa rotolare imprimendo alla partenza un colpo con la mano e, durante la corsa, i colpi successivi, con un apposito bastone.Si gareggia in velocità, ma si può anche ottenere qualche virtuosismo nelle curve.E’ consentito parlare col cerchio, incitarlo nelle leggere salite, rimproverarlo se prende la fuga nelle discese, insultarlo bonariamente se cade!!!
Marco, 8 anni
IL GIOCO DELLA CORDA
Ci sono giochi che rimangono uguali per più di 3000 anni. Quando giochi con la corda,
fai esattamente quello che facevano giovani e adulti Egizi sulle rive del Nilo.Divertirsi con una fune era un’attività che anche i fanciulli Romani adoravano. Dopo circa 2000 anni da allora, le strade dell’Europa del 1600 si riempiono di ragazzini che saltano la corda: a dircelo sono moltissime stampe e disegni di quel periodo. Questo gioco, dopo la scoperta dell’America, è stato portato dagli Olandesi anche negli Stati Uniti.
IL GIOCO DELLA CAMPANA
La campana è uno dei giochi più antichi e diffusi del mondo.
Dicono che ci giocavano addirittura gli Egizi.Nell’antica Roma le strade di selciato erano il posto ideale per fare questo gioco. Nel foro romano è rimasta traccia di un antico schema di gioco.In Italia si chiama anche MONDO, ma i veronesi preferiscono chiamarlo PETA.
Serve un elastico di circa 3-4 metri. Bisogna essere almeno in tre, perché due dovranno fare i “pali” e tenere l’elastico teso con le caviglie.Se il saltatore è bravo, i “pali” possono tendere l’elastico alle ginocchia per alzare il livello di difficoltà.
IL GIOCO DELL’ELASTICO
Doppio pugnale, spada di sarta: lama di forbice vince la carta. Pugno di marmo, uovo di onice: colpo di pietra vince la forbice. Sole che scaccia la notte più tetra: carta che canta... vince la pietra! Bruno Tognolini
FILASTROCCA DEGLI GNOMI PER GIOCARE A MORRA CINESE
IL GIOCO DELLA PALLA CONTRO IL MURO
Io gioco in corte, cioè nel mio giardino, lanciando la palla contro il muro della mia casa.Prima di giocare, ci si divide in due squadre. Il primo tira la palla con due mani.Il secondo prende al volo la palla, la fa passare sotto una gamba e la tira nuovamente contro il muro.Il terzo riprende la palla al volo, dopo aver fatto una giravolta e battuto le mani avanti e dietro.Il quarto, prima di riprendere la palla, fa un salto e batte le mani in alto e dietro.L’ultimo, prima di afferrare nuovamente la palla, fa due salti e spalanca le braccia.Vince la squadra che finisce prima.
Rachele, 8 anni
IL GIOCO CON LE BAMBOLE
Alcune bambole sono giocattoli per bambini, ma altre hanno uno scopo decorativo o da collezione.Gli scavi archeologici ci dicono che le bambole sono il gioco più antico, risalente circa al 2 000 a.C.In Italia sono famose quelle con panno lenci, prodotte a Torino.Le pigotte sono le bambole di pezza, un tempo fatte con gli stracci, che oggi vengono costruite dai volontari dell’Unicef per la campagna: “Adotta una pigotta”. Giulia, 8 anni
IL GIOCO DEI CARRETTI
Nei tempi antichi costruivano carretti piccoli e grandi, per far giocare i bambini su dei veri e propri bolidi simili ad un calesse. Ma chi lo tirava? Nell’antica Roma veniva legato addirittura ad un pavone, che correva come un pazzo.
Questo divertente gioco non è mai passato di moda: dai tempi
dei Greci ad oggi i bambini si sono divertiti a creare, disegnare, costruire e giocare con i carrettini.
Si gioca all’aperto, in uno spazio molto ampio, con parecchi ostacoli, dietro cui potersi nascondere.Un giocatore a turno, rivolto contro il muro o il tronco di un albero, conta fino ad un numero prestabilito; poi va a cercare i compagni nascosti. Quando ne trova uno, corre alla “tana”(il luogo usato prima per contare), urlando il nome del giocatore trovato; questi cerca di arrivare prima di lui e, se ci riesce, grida:”Un, due, tre, libero per me!”oppure “per tutti”, nel caso sia stato trovato per ultimo:Il gioco termina quando tutti sono stati trovati o liberati.
IL GIOCO DEL NASCONDINO
Anzitutto, facendo tesoro di una fervida fantasia, sapevano trasformare materiali semplici e anche di scarto (come turaccioli, corde, barattoli, sassolini) in giochi, con i quali divertirsi per ore e ore.
IL GIOCO DEI NONNI
Un tempo i bambini non possedevano i giocattoli tecnologici e sofisticati che ci sono adesso, ma probabilmente si divertivano di più.
Oggi un bambino possiede spesso una cameretta zeppa di giocattoli, ma quasi sempre è solo, iperprotetto e passivo.
Una volta, invece, le famiglie erano numerose, i bambini possedevano magari un solo vero giocattolo (di quelli che si comprano nei negozi), ma sapevano come divertirsi insieme e, attraverso il gioco, maturavano come persone, sviluppando le attitudini fondamentali indispensabili ad una vita adulta: l’accettazione di sé e degli altri con limiti e pregi, la capacità di stabilire relazioni positive, l’assunzione di compiti e responsabilità.
IL GIOCO DEI NONNI
L’uomo è pienamente tale solo quando gioca. Schiller
Il gioco è la più spontanea abitudine del pensiero infantile. J. Piaget
Cos’ è il gioco? Un residuo evolutivo che ci garantisce, come negli animali, l’affinamento delle abilità necessarie a sopravvivere nel proprio ambiente, un modo per esprimere il surplus di energia.
Spencer
Attraverso il gioco da un lato il bambino riduce il timore o l’ansia nei confronti di determinate cose, dall’altro soddisfa impulsi o desideri che
non potrebbero trovare soddisfacimento sul piano concreto.
Freud
Il gioco è funzionale all’apprendimento perché, al riparo dall’assillo dei bisogni reali, consente al bambino la libera sperimentazione di comportamenti e soluzioni a problemi, facilitando l’inventiva e le soluzioni in discontinuità con l’esperienza quotidiana.
Bruner
Il gioco permette al bambino di affrontare la tensione tra i suoi desideri e l'impossibilità di soddisfarli immediatamente: il bambino piccolo tende a non dilazionare le sue esigenze, mentre con la crescita si rende conto che non sempre i desideri possono avere nell'immediato la risposta attesa.
Vygotskij
La maestra in ospedale é una maestra un po' speciale.
Non dà voti, non fa interrogazioni ci regala solo emozioni.
Nel suo zainetto c'é l'occorrente per il gioco e per la mente.
Imparare diventa divertente e il tempo passa velocemente.
Con impazienza l'aspettiamo e se non viene ci arrabbiamo!
FILASTROCCA IN OSPEDALE