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L I B R I Q U A D E R N I P E R I L C O O R D I N A T O R E LAVORI IN QUOTA Manuale tecnico per la progettazione e l’installazione dei dispositivi di ancoraggio dei sistemi anticaduta di PIERGIORGIO VENTURELLA DANIEL PRZYBYLKA

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L I B R I

Q U A D E R N I P E R I L C O O R D I N A T O R E

LAVORI IN QUOTA

Manuale tecnico per la progettazione e l’installazione dei dispositivi di ancoraggio dei sistemi anticaduta

di

PIERGIORGIO VENTURELLADANIEL PRZYBYLKA

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INDICE GENERALE

Premessa ......................................................................................... 9

PARTE 1

PRINCIPI E OBIETTIVI DI SICUREZZA

CAPITOLO 1

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

....................................................... 13

1.1 La legislazione italiana e i rischi di caduta dall’alto ................................................. 13

1.1.1 Definizione di lavoro in quota e valutazione del rischio

...... 16

1.1.2 Il concetto di temporaneità del lavoro in quota

.................. 17

1.1.3 Gli adeguamenti necessari

............................................. 18

1.1.4 Luoghi di lavoro e attrezzature per il lavoro

...................... 19

1.1.5 La priorità dei Dispositivi di Protezione Collettivi

................ 19

1.1.6 Il sistema di accesso

....................................................... 20

1.1.7 L’informazione, la formazione e l’addestramento degli operatori

.................................... 21

1.1.8 La gestione dell’emergenza

............................................. 23

1.1.9 L’ergonomia del posto di lavoro

....................................... 23

1.1.10 Lavori all’esterno

............................................................ 23

1.1.11 Le competenze e responsabilità

........................................ 24

1.1.12 L’idoneità del lavoratore

.................................................. 24

1.2 Le regolamentazioni locali ................................................... 26

1.2.1 Lavori svolti da lavoratori autonomi

.................................. 26

1.2.2 Il Fascicolo con le caratteristiche dell’opera

....................... 27

1.2.3 Un esempio di norma tecnica europea: il recepimento della ‘direttiva cantieri’ in Francia

............... 28

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LAVORI IN QUOTA

1.2.4 Il rischio di caduta dall’alto nella Provincia di Bergamo

.......29

1.2.5 L’intervento della Regione Lombardia

................................31

1.2.6 L’attuazione nella Provincia di Brescia e nelle altre Province lombarde

........................................33

1.2.7 La legge regionale della Toscana

.....................................33

1.2.8 Ulteriori esempi di interventi locali

....................................36

1.2.9 Le linee guida della Regione Friuli Venezia Giulia

..............37

CAPITOLO 2

RIFERIMENTI NORMATIVI

.........................................................39

2.1 Premesse ...........................................................................39

2.2 Sintesi del contenuto delle Norme Europee ............................44

2.2.1 Norme relative ad accessori e dispositivi di ancoraggio

......44

2.2.2 Norme relative a dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto

..................................................54

2.2.2.1 Norme tecniche relative ai DPI contenenti riferimenti di carattere generale

.......................54

2.2.2.2 Norme tecniche relative ai DPI contenenti riferimenti specifici per i singoli prodotti

..........59

2.2.2.2.1 Ancoraggi portatili e corde

.......................................59

2.2.2.2.2 Trattenuta o posizionamento

.....................................65

2.2.2.2.3 Anticaduta

..............................................................66

2.2.2.2.4 Salvataggio e risalita

...............................................73

CAPITOLO 3

GLI EFFETTI DELLA CADUTA DALL’ALTO

.....................................................77

3.1 Forza di impatto nella caduta di un corpo .............................77

3.2 Distanza di arresto, spazio libero di caduta e fattore di caduta .............................................................84

3.3 Priorità dei livelli di protezione delle cadute dall’alto ...............87

3.4 Calcolo della caduta libera ..................................................89

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CAPITOLO 4

LE STRATEGIE DI PREVENZIONE

............................................ 97

PARTE 2

SISTEMI COLLETTIVI DI PROTEZIONE

CAPITOLO 5

RINGHIERE E PARAPETTI

........................................................ 105

5.1 Richiami normativi specifici ................................................ 105

5.2 La protezione periferica dei soppalchi secondo il D.Lgs. 235/03 ............................. 111

5.3 I parapetti periferici di protezione di cantieri temporanei ....................................................... 115

5.4 I parapetti periferici permanenti per edifici .......................... 123

CAPITOLO 6

SISTEMI DI ACCESSO

............................................................. 125

6.1 Richiami normativi specifici ................................................ 125

6.2 Uso di scale ..................................................................... 129

6.3 Esempi applicativi ........................................................... 140

CAPITOLO 7

RISCHIO DI SFONDAMENTO E SCIVOLAMENTO

.................. 145

7.1 Il caso delle coperture di fabbricati ..................................... 145

7.2 Le superfici vetrate ............................................................ 148

7.3 Le reti anticaduta .............................................................. 152

6

LAVORI IN QUOTA

CAPITOLO 8

UN CASO PARTICOLARE: IL RISCHIO DI CADUTA NEL MONTAGGIO DI PONTEGGI

.............................................159

8.1 Precisazioni .....................................................................159

8.2 Richiami normativi specifici ................................................161

8.3 Problemi applicativi ed esempi di sistemi anticaduta .............164

PARTE 3

ANCORAGGI STRUTTURALI E SISTEMI ANTICADUTA

CAPITOLO 9

ANCORAGGI STRUTTURALI IN CLASSE A

..............................173

9.1 Ancoraggi da parete .........................................................174

9.2 Paletti ..............................................................................176

9.3 Ganci ..............................................................................178

CAPITOLO 10

DISPOSITIVI ANTICADUTA IN CLASSE C E IN CLASSE D

..................................................183

10.1 Dispositivi anticaduta in classe C .......................................184

10.2 Dispositivi anticaduta in classe D .......................................195

CAPITOLO 11

CRITERI DI PROGETTAZIONE

..................................................199

11.1 Criteri di scelta del sistema di prevenzione e protezione ........199

11.2 Check - list per la progettazione .........................................202

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11.3 Esame di casi concreti ...................................................... 208

11.4 Quesiti ricorrenti .............................................................. 214

CAPITOLO 12

USO E MANUTENZIONE

......................................................... 221

12.1 Considerazioni generali ................................................... 221

12.2 Imbracatura ..................................................................... 226

12.3 Dispositivi di collegamento ................................................ 227

12.4 Indicazioni per l’uso e la manutenzione .............................. 232

Appendice

................................................................................. 237

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

..................................................... 239

REGOLAMENTI LOCALI

........................................................... 269

RIFERIMENTI DEI DISPOSITIVI LEGISLATIVI CITATI

................................................................. 329

BIBLIOGRAFIA TECNICA DI RIFERIMENTO

..................................................................... 333

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Premessa

Il rischio connesso alla caduta dall’alto è certamente tra le preoccupazionidel legislatore fin dalla stesura dei primi Decreti anni ’50. Non altrettanto sipuò dire per la realtà lavorativa o anche di vita quotidiana se si dà uno sguar-do alle statistiche degli infortuni, considerando inoltre che queste contemplanosolo gli infortuni sul lavoro e non gli incidenti domestici.

La legislazione comunitaria e la normativa tecnica europea hanno, anchedi recente, introdotto novità rilevanti. A questo si aggiunge una particolare at-tenzione degli Enti locali non solo per quanto attiene alla vigilanza, con parti-colare attenzione alla cantieristica, ma anche con una autonoma attivitàlegislativa.

In questo contesto, è parso utile concretizzare in un manuale l’esperienzaconsolidata in anni di attività nel settore, raccogliendo in modo sistematico ma-teriale e informazioni tecniche e normative con particolare riferimento ai di-spositivi di protezione collettiva e ai sistemi per gli interventi di manutenzioneordinaria degli immobili sia civili sia industriali.

Come noto infatti, il rischio di caduta dall’alto si può manifestare in contestidiversissimi, non tanto per gli effetti della caduta, quanto piuttosto per le tecni-che da mettere in atto per ridurre tale rischio o almeno limitarne le conseguen-ze. Si pensi ad esempio al cosiddetto

lavoro aereo

, cioè al caso in cuil’operatore è sospeso con funi, o alla potature di alberi o alla elevazione di tra-licci. La stessa attività di cantiere prevede situazioni non ordinarie e che devo-no essere affrontate

ad hoc

(non a caso la legislazione prevede un interventoprogettuale specifico attraverso la figura del Coordinatore per la sicurezza).

Rimandando ad altri testi le problematiche più specificatamente connessealle attività temporanee di cantiere e la trattazione sistematica relativa ai Di-spositivi di protezione individuale (per cui si rimanda alla bibliografia), questomanuale si presenta come sussidio pratico per il progettista di dispositivi di an-coraggio e di sistemi anticaduta destinati a restare in opera per future manu-tenzioni.

Il manuale è diviso in tre parti. Nella prima parte, per praticità di consulta-zione, si è riportata un’ampia sintesi dei riferimenti legislativi, nazionali e lo-

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LAVORI IN QUOTA

cali, e delle norme tecniche che il progettista deve conoscere. Si è voluto inoltremettere in evidenza gli obiettivi e le priorità che il legislatore ha indicato e dareuna chiave di lettura per così dire

integrata e sistematica

delle diverse fonti.

La seconda parte, seguendo appositamente il dettato legislativo, è dedicataai sistemi collettivi di protezione che, come noto, devono essere privilegiati ri-spetto ai DPI. L’attenzione è stata posta soprattutto alla presentazione di quellenuove soluzioni che affrontano il problema in modo semplice e pratico.

Infine la terza parte è dedicata a quei sistemi strutturali, cioè da lasciarefissi in opera, per attività di manutenzione e controllo, il cui utilizzo presupponela disponibilità di DPI. Per

dispositivo di ancoraggio

si intende infatti, secondola definizione contenuta nella norma EN 795, “un elemento, o una serie di ele-menti o componenti, contenente uno o più punti di ancoraggio, cioè un elemen-to a cui può essere applicato un DPI contro il rischio di caduta dall’alto”.

L’approccio normativo e regolamentare di questo manuale ha come desti-natari privilegiati il Coordinatore per la sicurezza e il Progettista. Probabilmen-te anche i tecnici degli Organi di vigilanza potranno trovare elementi utili perconiugare obiettivi normativi ed esperienza vissuta.

Un’ultima considerazione: oggi il tema della caduta dall’alto nell’ambitodella sicurezza sul lavoro può sembrare

di moda

e si presta anche a specula-zioni di natura commerciale. Esperti di anticaduta nascono come funghi. Limi-tiamoci a cogliere gli aspetti positivi, vale a dire la presa di coscienza dellagravità del rischio di caduta dall’alto e dell’elevatissimo numero di vittime, e laconseguente necessità di adottare efficaci misure di sicurezza.

Gli autori sono convinti che l’atteggiamento, e quindi il metodo di lavoropiù fruttuoso, sia quello dell’umiltà: lo studio, la paziente sperimentazione e so-prattutto il dialogo tra i diversi operatori, progettisti, esperti di sicurezza, co-struttori, manutentori e organi di vigilanza, possono dare i frutti sperati egarantire il vero obiettivo, che è quello di salvaguardare la vita dei lavoratori.

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CAPITOLO 1

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

1.1 La legislazione italiana e i rischi di caduta dall’alto

Non mancano i riferimenti legislativi al rischio di caduta. Già il D.P.R. 547/55 e il D.P.R. 164/56 affrontavano tale problematica con un approccio che so-stanzialmente è ancora attuale. Non a caso il D.Lgs. 235/03 ha modificatol’art. 1 del D.P.R. 164/56, facendo assumere al decreto stesso un carattere di“norma speciale”, non solo nei confronti del D.P.R. 547/55, ma anche delD.Lgs. 626/94.

In appendice si riporta un estratto degli articoli dei principali dispositivi dilegge che si riferiscono alla problematica della caduta.

In sintesi gli aspetti ricorrentemente trattati nella legislazione vigente sono iseguenti:

a) pavimenti, luoghi di passaggio e transito, piani inclinati;

b) le scale comprese quelle fisse;

c) le aperture su pareti e i parapetti;

d) lavori in cavità, vasche, canalizzazioni, ecc.;

e) lavori di manutenzione in punti pericolosi;

f) ponteggi e opere provvisionali.

In particolare, si richiamano tre articoli del D.P.R. 547/55, poiché si riferi-scono specificatamente alle attività di manutenzione:

Art. 375

LAVORI DI RIPARAZIONE E MANUTENZIONE

Per l’esecuzione dei lavori di riparazione e di manutenzione devono essere adottate misure,usate attrezzature e disposte opere provvisionali, tali da consentire l’effettuazione dei lavoriin condizioni il più possibile di sicurezza.

14

LAVORI IN QUOTA - PARTE 1

Il comma 9 dell’art. 7 del D.P.R. 303/56, modificato dal D.Lgs. 626/94, peri tetti con pericolo di sfondamento, precisa quanto segue:

Il D.P.R. 164/56 introduce un principio generale di tutela che, come megliovedremo in seguito, sarà modificato ed integrato dal D.Lgs. 235/03:

Lo stesso Decreto, all’art. 10, precisa ancor meglio l’attività di manutenzioneeffettuata su tetti, gronde o cornicioni:

Art. 375

segue

Qualora detti lavori non possano essere eseguiti a macchine e ad impianti fermi a causa delleesigenze tecniche delle lavorazioni o sussistano necessità di esecuzione per evitare pericolio maggiori danni, devono essere adottate misure e cautele supplementari atte a garantirel’incolumità sia dei lavoratori addetti che delle altre persone.

Art. 376

ACCESSO PER I LAVORI DI RIPARAZIONE E MANUTENZIONE A PUNTI PERICOLOSI

L’accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, partidi impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediantel’impiego di mezzi appropriati quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapalio altri idonei dispositivi.

Art. 386

CINTURE DI SICUREZZA

I lavoratori che sono esposti a pericolo di caduta dall’alto o entro vani o che devono prestarela loro opera entro pozzi, cisterne e simili in condizioni di pericolo, devono essere provvistidi adatta cintura di sicurezza.

Art. 7

PAVIMENTI, MURI, SOFFITTI, FINESTRE E LUCERNARI DEI LOCALI SCALE E MARCIAPIEDI MOBILI, BANCHINA E RAMPE DI CARICO…….9. L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autoriz-zato soltanto se sono fornite attrezzature che permettano di eseguire il lavoro in tutta sicu-rezza.

Art. 16

PONTEGGI ED OPERE PROVVISIONALINei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai m. 2, devono essere adottate,seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcatura o ponteggi o idonee opere prov-visionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose.

(segue)

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La Circolare del Ministro del lavoro e Previdenza Sociale 20/1/82, n. 13,Prevenzione degli infortuni sul lavoro - Lavoro nelle costruzioni, all’art. 23 Pro-tezione contro la caduta delle persone, così prescrive:

Tutte queste prescrizioni trovano adeguato complemento e attualizzazionenel recente aggiornamento del D.Lgs. 626/94 introdotto dal D.Lgs. 235/03“Requisiti minimi di sicurezza e salute per l’uso delle attrezzature di lavoro perl’esecuzione di lavori temporanei in quota”.

Recependo la Direttiva 2001/45/CE, il D.Lgs. 235/03 introduce integrazio-ni al D.Lgs. 626/94 e al D.P.R. 164/56, e precisamente:

a) Integrazione del titolo III del D.Lgs. 626/94, con riferimento ad aspetti dicarattere generale, ed in particolare:

- definizione di lavoro in quota (integrazione dell’art. 34);

Art. 10

CINTURE DI SICUREZZANei lavori presso gronde e cornicioni, sui tetti, sui ponti sviluppabili a forbice e simili, su muriin demolizione nei lavori analoghi che comunque espongano a rischi di caduta dall’alto oentro cavità, quando non sia possibile disporre impalcati di protezione o parapetti, gli operaiaddetti devono far uso di idonea cintura di sicurezza con bretelle collegate a fune di tratte-nuta.La fune di trattenuta deve essere assicurata, direttamente o mediante anello scorrevole lungouna fune appositamente tesa, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.La fune e tutti gli elementi costituenti la cintura devono avere sezioni tali da resistere alle sol-lecitazioni derivanti da un’eventuale caduta del lavoratore.La lunghezza della fune di trattenuta deve essere tale da limitare la caduta a non oltre m. 1,50.Nei lavori sui pali l’operaio deve essere munito di ramponi e di cinture di sicurezza.

Art. 23

Ai sensi dell’articolo 16 del D.P.R. del 27 gennaio 1956, n. 164, nelle operazioni di montag-gio di strutture prefabbricate, quando esiste pericolo di caduta di persone, deve essere attuataalmeno una delle seguenti misure di sicurezza atte ad eliminare il predetto pericolo:a) impiego di impalcatura, ponteggio o analoga opera provvisionale;b) adozione di cinture di sicurezza con bretelle collegate a fune di trattenuta di lunghezza

tale da limitare l’eventuale caduta a non oltre 1,5 m.;c) adozioni di reti di sicurezza;d) adozione di altre precauzioni discendenti da quanto indicato dall’articolo 28 del D.P.R. 7

gennaio 1956, n. 164 ed espressamente citate nelle procedure di sicurezza e nelle istru-zioni scritte di cui all’articolo 21 e 22 delle presenti istruzioni.

Nella costruzione di edifici, in luogo delle misure di cui al precedente comma, punto a), pos-sono essere adottate difese applicate alle strutture prefabbricate a piè d’opera ovvero imme-diatamente dopo il loro montaggio, costituite da parapetto normale con arresto al piede comeprevisto dall’articolo 26 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dal parapetto normale, arre-trato di 30 cm. rispetto al filo esterno della struttura alla quale è affiancato, e sottostante man-tovana, in corrispondenza dei luoghi di stazionamento e di transito accessibili.

16 LAVORI IN QUOTA - PARTE 1

- individuazione degli obblighi del datore di lavoro, e per le rispettivecompetenze, del dirigente e del preposto, relativamente ai rischi connessial lavoro in quota (nuovo art. 36 bis);

b) Integrazione del titolo III del D.Lgs. 626/94, con riferimento a tre casi spe-cifici di lavoro in quota:

- uso di scale a pioli utilizzate per l’accesso ad un posto di lavoro in quota(nuovo art. 36 ter);

- impiego di ponteggi (nuovo art. 36 quater);

- impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi (nuovoart. 36 quinquies);

c) Integrazione dell’aspetto sanzionatorio relativamente al nuovo contenutodel D.Lgs. 626/94 (integrazione dell’art. 89);

d) Integrazione del primo comma dell’art. 1 del D.P.R. 164/56.

L’art. 7 del D.Lgs. 235/03 fissa il 19 luglio 2005 come data di entrata in vi-gore delle nuove disposizioni.

Senza entrare nel merito dei contenuti tecnici del Decreto che saranno esa-minati nei successivi capitoli, sono necessarie alcune osservazioni e puntualiz-zazioni.

1.1.1 Definizione di lavoro in quota e valutazione del rischio

Anzitutto il Decreto introduce una chiara definizione di lavoro in quota: ri-schio di caduta da una quota > 2 m rispetto al piano stabile. Una precedentedefinizione era indirettamente contenuta all’art. 16 del D.P.R. 164/56 (lavorieseguiti ad una altezza > 2 m): tale definizione è legata al concetto di esecu-zione del lavoro e non a quello di rischio di caduta, e deve essere tenuta inconto come riferimento nelle attività di cantiere per la necessità di opere prov-visionali che in questo caso non sono riferite solo alla caduta delle persone, maanche delle cose. Non sono però mancati i problemi interpretativi: a titoloesemplificativo, basta osservare che sentenze della Corte di Cassazione (tratutte, citiamo la sentenza n. 1016 del 12 agosto 1985) avevano indicato, comealtezza di riferimento nell’applicazione dell’art. 16 citato, quella calcolata dalsuolo al punto in cui vengono eseguiti i lavori e non quella, ovviamente più li-mitata, dal suolo al piano di calpestio sul quale poggia il lavoratore nell’ese-cuzione dell’opera.

Per il lavoro in quota, l’art. 3 del D.Lgs. 235/03 fa ora esplicito riferimento tec-

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nico ad una indicazione geometrica, a prescindere dalla valutazione del rischiodi caduta dall’alto, anche se, come vedremo, la valutazione del rischio sarà an-che in questo caso, il ‘metodo’ da applicare per l’individuazione delle misure disicurezza. In altri termini, la sussistenza del rischio è determinata da un criteriodi tipo geometrico e misurabile, mentre le misure di sicurezza sono da individua-re attraverso un processo di valutazione del rischio che il progettista deve attuareconformemente ai principi generali di sicurezza di cui all’art. 3 del D.Lgs. 626/94, e che si possono sintetizzare con le note tre parole chiave:

elimino - riduco - informo

che guidano nell’ordine gerarchico ogni attività di ricerca di misure di preven-zione e protezione per qualunque tipologia di rischio.

Il legislatore non riporta però la definizione di piano stabile: si ritiene chequest’ultimo possa essere definito come la superficie di appoggio dove, in nes-sun caso, la forza di gravità possa avere una sia pur minima incidenza, anchein caso di evento anomalo ma ragionevolmente prevedibile (ad esempio, unpiano di un ponteggio o una terrazza anche di grandi dimensioni, non posso-no essere considerati di per sé come piani stabili).

Per completezza di esposizione, occorre precisare che il D.Lgs. 235/03 nonprevede un formale aggiornamento del documento di valutazione dei rischi dicui all’art. 4 del D.Lgs. 626/94 (d’altra parte trattasi di condizioni di lavorotemporanee), anche se vi è un continuo rimando al concetto di valutazione. Sitenga però conto che nel caso di lavoro con funi è obbligatorio redigere il ‘pro-gramma dei lavori’ (cfr art. 36 quinquies).

1.1.2 Il concetto di temporaneità del lavoro in quota

Lo stesso titolo del D.Lgs. 235/03 sottolinea un concetto fondamentale e cioèche il lavoro in quota deve essere inteso, per definizione, di tipo ‘temporaneo’.Se quindi l’attività lavorativa o di manutenzione assume caratteristiche di fre-quenza non riconducibili al saltuario o eccezionale, è necessario prevedere so-luzioni di tipo permanente.

Spesso il lavoro in quota si svolge in un contesto lavorativo che già di per séè temporaneo, vale a dire in cantieri così come definiti dal D.Lgs. 494/96. Intale contesto, la valutazione di tale rischio e l’individuazione delle necessariemisure di sicurezza è realizzata attraverso specifiche risorse e strumenti qualiil Piano di sicurezza e coordinamento e i relativi Piani operativi di sicurezza,nonché gli interventi del Coordinatore per la sicurezza, ecc. A tal riguardo si

18 LAVORI IN QUOTA - PARTE 1

rimanda alle indicazioni del D.P.R. 222/03.

Per contro, le statistiche sugli infortuni sul lavoro mettono in evidenza una re-altà diversa: la temporaneità del lavoro in quota è tradotta erroneamente nellapossibilità di affrontare il pericolo con mezzi inidonei. La logica perversa, cau-sa della maggior parte degli infortuni, nasce dal concetto errato che si possaridurre il rischio sfruttando la temporaneità come fattore di minor frequenza.Ora, come noto, essendo il rischio definito come un prodotto di due fattori:

rischio = frequenza X gravità

e poiché nel caso di lavoro in quota già ad una altezza di 2 metri la gravità èestremamente elevata, la riduzione efficace di tale rischio è possibile o portan-do la frequenza a zero (è la cosiddetta caduta impedita) oppure adottando mi-sure atte a ridurre sensibilmente la gravità.

La sfida alla forza di gravità, quasi scaramantica se non fosse data dalla to-tale ignoranza o sottovalutazione del problema, che spesso porta ad opera-zioni errate col ragionamento tanto durano poco, è certamente una delle causepiù tragiche di infortunio.

Il concetto di temporaneità deve inoltre spingere il progettista a prevederemisure di sicurezza efficaci anche in situazioni anomale ma ragionevolmenteprevedibili, quali ad esempio la possibilità di perdita di equilibrio per fattoridel tutto accidentali, la maggiore stanchezza e stress che il lavoro in quotacomporta, la difficoltà di movimentare carichi, ecc.

1.1.3 Gli adeguamenti necessari

La direttiva 2001/45/CE è stata pubblicata sulla GUCE del 19 luglio 2001n. L. 195: la data di entrata in vigore, fissata il 19 luglio 2005, è da intendersipertanto come attuazione del normale periodo transitorio nel recepimento diDirettive comunitarie. Il periodo transitorio, come di prassi per le Direttive co-munitarie, avrebbe avuto lo scopo di rendere possibili gli adeguamenti neces-sari, tra i quali, ad esempio, si menziona:

- l’aggiornamento della valutazione dei rischi e la definizione delle misurenecessarie applicando le nuove disposizioni;

- la scelta e l’acquisizione di attrezzature più idonee a garantire e mantenerecondizioni sicure di lavoro in quota;

- la scelta e la predisposizione di sistemi di accesso ai posti di lavoro tempo-ranei in quota, e che rendano possibili anche le misure di evacuazione;

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- la scelta e la disponibilità o l’adeguamento di nuove attrezzature qualora,per l’esecuzione del lavoro, siano necessari sistemi di accesso o posiziona-mento mediante funi;

- l’installazione di nuovi idonei dispositivi di sicurezza equivalenti, qualoramomentaneamente si debbano rimuovere sistemi di protezione collettivi (sipensi ad esempio come attrezzare un soppalco per il carico o scarico dellemerci con l’uso di carrello elevatore, casi in cui la prassi corrente è quelladi rimuovere il parapetto);

- l’attuazione di specifici corsi di formazione ed addestramento di lavoratorie di preposti adibiti al montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteg-gi;

- l’attuazione di specifici corsi di formazione a carattere teorico – pratico perlavoratori che utilizzano attrezzature di accesso mediante funi, con parti-colare riferimento alle procedure di salvataggio.

1.1.4 Luoghi di lavoro e attrezzature per il lavoro

Anche se il D.Lgs. 295/03 integra il titolo III del D.Lgs. 626/94 relativo alleattrezzature di lavoro, in realtà, in molti casi, si tratta di adeguamenti relativiai luoghi di lavoro, tenuto conto che l’art. 30 dello stesso D.Lgs. 626/94 defi-nisce quale luogo di lavoro anche ‘ogni altro luogo … comunque accessibileper il lavoro’. Basti pensare ad esempio a tutte le attività di manutenzione osemplicemente di verifica ed ispezione, che devono essere attuate all’internodegli insediamenti lavorativi e nelle quali gli addetti sono obbligati a spostarsio operare in quota.

1.1.5 La priorità dei Dispositivi di Protezione Collettivi

L’articolo 36 bis del D.Lgs. 626/94, introdotto dal D.Lgs. 235/03, nei casiin cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni disicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adattoallo scopo, stabilisce che il datore di lavoro scelga le attrezzature di lavoro piùidonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, dando priorità allemisure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale.

Inoltre lo stesso comma stabilisce che il dimensionamento delle attrezzaturenecessarie deve essere confacente alla natura dei lavori, alle sollecitazioni pre-vedibili e ad una circolazione priva di rischi.

20 LAVORI IN QUOTA - PARTE 1

Non a caso, si usano dei termini che sostanzialmente presuppongono unaattività di vera e propria progettazione, rimandando alle competenze e re-sponsabilità previste dal comma 1 dell’art 6 del D.Lgs. 626/94, relativamentea chi ha l’onere di progettare i luoghi o i posti di lavoro.

Coniando il nuovo acronimo DPC (Dispositivi di protezione collettiva) in rife-rimento al già noto DPI (Dispositivi di protezione individuale), possiamo con-cludere affermando che il DPC deve sempre prevalere sul DPI, e che il DPI puòessere utilizzato o in caso di non convenienza tecnica dimostrata del DPC, ocome strumento complementare a rendere il DPC rispondente allo scopo.

Ciò non costituisce una novità: già l’art. 3 del D.Lgs. 626/94, con riferimentoalle misure generali di tutela, aveva stabilito la priorità dei DPC rispetto ai DPI,in tal modo sottolineando la portata preventiva degli stessi. I DPC richiedonoinfatti per la messa in opera di:

● analisi dei fabbisogni d’esercizio;

● analisi dei vincoli strutturali e funzionali;

● analisi dei vincoli manutentivi;

● definizioni delle soluzioni realizzative circa materiali, dimensioni, ecc.;

● progettazione esecutiva;

● verifiche della realizzazione e collaudi.

Per quanto concerne le modalità tecniche di progettazione di alcuni DPC re-lativi al rischio di caduta dall’alto, sono stati definiti nuovi criteri che sarannoillustrati nei capitoli successivi, dopo aver richiamato il contenuto della legisla-zione e della normativa tecnica vigente.

1.1.6 Il sistema di accesso

Una ulteriore novità consiste nell’aver distinto il sistema di accesso rispetto alposto di lavoro in quota. Questo chiarimento concettuale è opportuno anchedal punto di vista metodologico per la valutazione del rischio, e sarà seguitonei prossimi capitoli distinguendo soluzioni idonee per i sistemi di accesso daaltre necessarie per il posto di lavoro.

Già precedentemente si è fatto riferimento al concetto di piano stabile in re-lazione alla definizione di rischio di lavoro in quota. Si presuppone quindi chetra il piano stabile e la postazione in quota, ci sia un sistema di accesso. Op-portunamente l’art. 36 bis stabilisce norme specifiche per il sistema di accesso,spesso trascurato nella attività progettuale e causa di non pochi infortuni.

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Anche se ovviamente molte prescrizioni già contenute nei D.P.R. 547/55 e164/56 erano applicabili ai sistemi di accesso, era indubbiamente auspicabileuna maggiore sistematicità anche di tipo metodologico. Il concetto della necessitàdi trattare i rischi connessi al ‘sistema di accesso’ separatamente da quelli connes-si al posto di lavoro, era già contenuto non a caso, all’art. 8 comma 1, lettera b)del D.Lgs. 494/96, con riferimento alle misure di tutela per i cantieri temporanei:

1.1.7 L’informazione, la formazione e l’addestramento degli operatori

Si richiama l’attenzione sul fatto che la normativa sulla sicurezza sul lavoroprevede tre gradi distinti e progressivi:

- L’informazione Prevista all’art. 21 del D.Lgs. 626/94 essa è relativa ai rischi connessiall’attività dell’impresa e alle misure e attività di prevenzione e protezioneadottate, compresa l’organizzazione aziendale per la sicurezza. Poiché ilD.Lgs. 235/03 ha modificato il titolo III del D.Lgs. 626/94, si applica nelcaso di rischio di caduta dall’alto anche l’art. 37 che vale la pena di richia-mare nella sua completezza per i risvolti che più approfonditamente vedre-mo nei capitoli successivi e relativamente alla documentazione che deveaccompagnare ogni sistema anticaduta:

Art. 8

MISURE GENERALI DI TUTELA 1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l’esecuzione dell’opera osservano lemisure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626 del 1994, e curano,ciascuno per la parte di competenza, in particolare:……………………. b) la scelta dell’ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a taliposti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;

Art. 37

INFORMAZIONE1.Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavo-ratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rap-porto alla sicurezza e relativa: a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventual-mente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro; b) alle situazioni anormali prevedibili. 1bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono espostidurante l’uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambienteimmediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambia-menti di tali attrezzature.2. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

22 LAVORI IN QUOTA - PARTE 1

- La formazione: L’art. 22 del D.Lgs. 626/94, parlando di formazione in modo distintodall’informazione, fa riferimento ‘al proprio posto di lavoro ed alle propriemansioni’. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazioneall’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.Anche in questo caso, parlando di rischio di caduta dall’alto, trova appli-cazione anche l’art. 38:

Per l’informazione e la formazione, il D.Lgs. 626/94 usa una terminologiache non lascia spazio a dubbi interpretativi: il datore di lavoro provvede affin-ché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione (cfr art. 21), e il da-tore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficienteed adeguata (cfr art. 22).

- L’addestramento: Qualunque apprestamento relativo a lavoro in quota che comporti l’uso diun dispositivo di protezione individuale prevede necessariamente e obbli-gatoriamente anche l’addestramento. L’art. 42 del D.Lgs. 626/94 si espri-me infatti in termini di indispensabilità dell’addestramento per l’utilizzo diDPI che appartengono alla terza categoria, come tutti i DPI anticaduta,secondo la definizione introdotta dal D.Lgs. 475/92.

Se volessimo tradurre con uno slogan la gradualità e complementarietà delletre azioni previste dal legislatore, e cioè l’informazione, la formazione e l’ad-destramento, potremmo far riferimento al seguente grafico:

Art. 38

FORMAZIONE ED ADDESTRAMENTO1. Il datore di lavoro si assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguatasull’uso delle attrezzature di lavoro; b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabi-lità particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specificoche li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione airischi causati ad altre persone.

informazione → SAPERE → conoscenzaformazione → SAPER FARE → abilità / competenzaaddestramento → SAPER ESSERE → comportamenti.

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In conclusione, non è possibile affrontare seriamente la problematica dellacaduta dall’alto se, da un lato, non si presuppone la disponibilità di lavoratoriaddestrati, e se dall’altro il datore di lavoro e il lavoratore autonomo non ri-spettano gli obblighi previsti dalla legge a tal riguardo.

1.1.8 La gestione dell’emergenza

Tra le novità del D.Lgs. 235/03, per altro in linea con i principi generali giàcontenuti con il comma 5 lettera a dell’art. 4 del D.Lgs. 626/94, vi è il concettodi evacuazione in caso di pericolo immediato e più in generale di soccorso.

Pertanto tra i criteri di progettazione di un sistema di lavoro in caso di rischiodi caduta, anche l’aspetto della gestione dell’emergenza deve essere tenuto indebito conto, considerando in questo caso l’infortunato sempre e comunquecome un paziente grave e a rischio anche se apparentemente non lo sembra,o se non ha perduto conoscenza.

Si ricorda che il D.M. 388/03, oltre ad individuare il contenuto minimo dellacassetta di pronto soccorso e del pacchetto di medicazione, prevede la dispo-nibilità di un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il siste-ma di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

1.1.9 L’ergonomia del posto di lavoro

Ai sensi dell’articolo 36 bis del D.Lgs. 626/94, introdotto dal D.Lgs. 235/03, la scelta delle attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenerecondizioni di lavoro sicure, deve essere subordinata al rispetto del requisito ri-tenuto prioritario di garantire condizioni di sicurezza e condizioni ergonomi-che adeguate. L’ergonomia delle condizioni di lavoro è un aspettofondamentale anche nella scelta dei DPI. Non a caso infatti tra i requisiti chel’art. 42 del D.Lgs. 626/94 prevede vi è proprio la necessità di tener conto del-le esigenze ergonomiche del lavoratore.

1.1.10 Lavori all’esterno

Parlando di lavoro in quota, il D.Lgs. 235/03 fa esplicito riferimento a con-dizioni di lavoro facilmente riscontrabili in moltissime occasioni e cioè ad atti-vità svolte all’esterno. Tale situazione potrebbe introdurre dei fattori diaggravamento del rischio. Pertanto la valutazione delle condizioni meteorolo-giche è prevista espressamente dal comma 7 dell’art. 36 bis.

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A tal proposito si rammenta che l’art. 33 del D.Lgs. 626/94 ha introdottodelle modifiche all’art. 11 del D.P.R. 547/55 Posti di lavoro e di passaggio eluoghi di lavoro esterni, da intendere come misure di carattere generale. Traqueste, alla lettera d) del comma 7 è previsto che i posti di lavoro all’esternosiano strutturati in modo che il lavoratore non possa scivolare o cadere.

1.1.11 Le competenze e responsabilità

Pur prevedendo specifiche funzioni anche del preposto, le sanzioni introdottedal D.Lgs. 235/03 sono previste solo per il datore di lavoro ed il dirigente (mo-difica dell’art. 89 del D.Lgs. 626/94), trattandosi sostanzialmente di disposi-zioni che riguardano la messa a disposizione di attrezzature, l’adeguamentodi posti di lavoro e l’accertamento della idoneità dei lavoratori.

Già precedentemente abbiamo citato le responsabilità del progettista ai sen-si dell’art. 6 del D.Lgs. 626/94. A queste devono essere aggiunte quelle delfabbricante, del fornitore e dell’installatore.

Non vanno dimenticati anche gli obblighi dei lavoratori, previsti dal D.Lgs.626/94 sia all’art. 5 sia, in termini più puntuali, all’art. 39.

Si ritiene necessario anche un minimo accenno alle competenze e alle con-nesse responsabilità del Coordinatore per la sicurezza, non solo per l’attivitàdi cantiere, ma soprattutto per tutti gli interventi di manutenzione e controllosuccessivi e per i quali sarà necessario operare in quota. Non a caso, il D.Lgs.494/96 prescrive l’obbligo (tra i controsensi della legislazione occorre anno-verare anche il fatto che tale obbligo è stato di fatto connesso alle condizionidi nomina del Coordinatore, e non esteso a tutte le opere di genio civile) di re-digere un fascicolo in cui sono descritte tutte le misure di sicurezza per un in-tervento successivo di manutenzione.

1.1.12 L’idoneità del lavoratore

L’art. 4 del D.Lgs 626/94 prevede specifici obblighi in capo al datore di la-voro, tra cui:

Art. 4

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO, DEL DIRIGENTE E DEL PREPOSTO5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, edin particolare: …….c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessiin rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

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Già si è accennato alla problematica della informazione, formazione e ad-destramento e si ribadisce che lo stesso art. 4, alla lettera e) del comma 5 pre-cisa l’obbligo di prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratoriche hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongonoad un rischio grave e specifico.

Al momento attuale, nel caso di esposizione al rischio di caduta dall’alto,non sussistono obblighi che impongano l’attivazione della sorveglianza sani-taria di cui all’art. 16 del D.Lgs. 626/94, a meno che la mansione non com-porti altre tipologie di rischio come ad esempio la movimentazione manuale dicarichi. Ovviamente resta la possibilità di cui alla lettera i) del comma 1dell’art. 17, per cui sia il lavoratore a richiedere la sorveglianza sanitaria.

Pare quindi che la legislazione non offra al datore di lavoro altri elementi perla valutazione psico - fisica - attitudinale se non la stessa formazione ed adde-stramento e l’osservazione diretta delle modalità comportamentali del lavoratorestesso. Tenuto conto che queste ultime sono per lo più attinenti alle competenzedel dirigente e del preposto, è opportuno menzionare che l’art. 1 dello stessoD.Lgs. 626/94, al comma 4 bis, precisa che ‘nell’ambito delle rispettive attribu-zioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesseattività, sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto’.

Si richiamano tre riferimenti legislativi relativi a particolari situazioni lavora-tive che hanno attinenza col rischio di caduta dall’alto:

a) L’art. 15 della legge 125/01 stabilisce, in determinate attività lavorative, ildivieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superal-coliche e stabilisce che i controlli alcolimetrici connessi a tale situazione sia-no effettuati dal medico competente. Il successivo Provvedimento 16/3/2006 della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni ripor-ta al punto 10 dell’elenco delle attività lavorative che comportano un rischioelevato di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, incolumità o la salutedei terzi: ‘lavoratori addetti ai comparti dell’edilizia e delle costruzioni e tut-te le mansioni che prevedono attività in quota oltre i due metri di altezza’.

b) Per i minori, la legge 977/67 e smi (D.Lgs. 345/99, D.Lgs. 262/2000 eCircolare ministeriale 1/2000), la quale ha introdotto particolari limitazio-ni relativamente alle attività lavorative, non riporta nell’allegato 1, tra leattività non ammesse, situazioni direttamente riconducibili alla cadutadall’alto. In ogni caso, è obbligatoria la verifica della idoneità fisica tramiteil Medico Competente o il Servizio pubblico. Inoltre sussiste l’obbligo diinformare anche chi esercita la potestà genitoriale circa i rischi specifici, lemisure adottate e l’esito della sorveglianza sanitaria.