le avventure di armanduk

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Una cosa che scoprirete subito è quanto poco gli adulti conoscano della natura e degli animali: è un problema soprattutto italiano, nei paesi del Nord Europa la natura è molto più conosciuta e rispettata che da noi e anche gli adulti sono molto più attenti. Addirittura ci sono libri che insegnano a soccorrere e aiutare quei ricci che noi stritoliamo con le nostre auto, questo qui accanto s’intitola “Ricci in casa e in giardino”.

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Faremo di tutto per far diventare Riccio Filiberto un nostro nuovo amico: con lui esploreremo non solo il mondo della storia, ma anche quello della natura. Il Casentino è infatti ricco di storia e di natura, e per vivere con soddisfazione in questa bella terra occorre conoscere l’una e l’altra. Purtroppo in Italia non siamo molto attenti né all’una né all’altra, e facciamo spesso dei pasticci: è una buona ragione perché voi “aquilotti” vi impegniate là dove gli adulti sono stati finora distratti.Faremo così conoscenza con la famiglia Ricciotti (qui accanto vedete la mamma Vladimira e i sei fratellini Teodolinda, Liutprando, Genoveffa, Leandro, Ughetto e Ughetta, cugini di Riccio Filiberto), faremo conoscenza con le mille piccole vite che riempiono il cielo di colori, il bosco di richiami e di fruscii.

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Molte cose le scopriremo insieme, molte le dovrete immaginare con la vostra fantasia, ad esempio: cosa si diranno rondini e passerotti in primavera? Le prime ritornano da quelle che possono sembrare delle lunghe vacanze al sole, i secondi hanno passato l’inverno da noi a cercare cibo e riparo dal freddo, le prime sono “turiste” per vocazione, i secondi non si sono mai mossi dai tetti e dai campi in cui sono nati. Potreste immaginare e scrivere tante storie di fantasia … perché vedete, aquilotti, la fantasia è qualcosa di bellissimo, e vi appartiene: quando sarete adulti non avrete tanto tempo per sognare e allora … fatelo ora!

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Una cosa che scoprirete subito è quanto poco gli adulti conoscano della natura e degli animali: è un problema soprattutto italiano, nei paesi del Nord Europa la natura è molto più conosciuta e rispettata che da noi e anche gli adulti sono molto più attenti. Addirittura ci sono libri che insegnano a soccorrere e aiutare quei ricci che noi stritoliamo con le nostre auto, questo qui accanto s’intitola “Ricci in casa e in giardino”.

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Questi sono aironi, nei due tipi più frequenti da noi, il bianco e il cinerino (cioè “color cenere”): sono grandi uccelli dalle zampe lunghe che puoi vedere ritti lungo i fiumi o nei campi vicini: sembrano sentinelle, sempre vigili e attente per catturare qualche pesciolino o qualche ranocchia.Quando volano seguono dall’alto i corsi d’acqua: li puoi riconoscere per l’aspetto imponente, le grandi ali (quasi 2 metri!) che battono lentamente, il lungo collo e le lunghe zampe che tengono stese indietro.

Dopo aver “ripassato” alcuni elementi fondamentali per riconoscere le tracce degli animali, Riccio Filiberto ci presenta alcuni tra gli animali più diffusi in Casentino.

Riconoscere gli animali

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Indovinello facile (non ti do neppure la risposta!): quanti passerotti si devono riunire per fare il peso di un airone?

Sono veramente grandi: pensa che un passerotto pesa appena 25 grammi, mentre un airone cinerino arriva a 2,3 chili, cioè a 2300 grammi.Probabilmente vostro nonno non ricorderà di aver visto aironi lungo l’Arno nella sua infanzia: infatti non c’erano! Sono arrivati da noi probabilmente richiamati dal grande specchio d’acqua della diga di Montedoglio, in Valtiberina, che ai tempi di tuo nonno non c’era: è un esempio di come l’uomo possa cambiare l’ambiente naturale che lo circonda, influenzando anche le specie di animali che lo abitano. Parlane in classe con i tuoi insegnanti!

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Mi dirai tu: “ma la diga di cui parli è molto lontana!”. Lo è per noi, ma non per un grande uccello in grado di volare sopra le montagne. Se osservi questa carta stradale del Touring Club Italiano puoi vedere che, per andare in automobile da Bibbiena al Lago di Montedoglio, percorriamo circa 50 km (puoi fare la somma dei numerini rossi accanto alla strada, che segnano la distanza da pallino rosso a pallino rosso).Ma gli uccelli volano “in linea d’aria”, cioè dritti verso il luogo dove vogliono andare, anche sopra le montagne: se allora utilizzi la scala, vedi che per loro il viaggio è poco più di 20 km, e non hanno incroci né semafori da rispettare, né camion da sorpassare (con prudenza).Quando hai una cartina sotto mano, e vorrai fare il calcolo delle distanze “in linea d’aria”, ti potrai servire del righello-goniometro che abbiamo donato agli “aquilotti” che seguono il progetto Armanduk!

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Un po’ più piccoli degli aironi - ma sempre molto più grandi dei passerotti e dei merli – sono altri due uccelli che compaiono di tanto in tanto lungo l’Arno e gli affluenti maggiori: il gabbiano e il cormorano.

Hanno grandi ali sottili, ma il primo lo riconosci perché è chiaro (bianco e grigio), mentre il se-condo è tutto nero e ha il collo lungo, anche se un po’ meno dell’airone. Il gabbiano mangia di tutto, mentre il cormo-rano è un abilissimo pescatore, tanto che in Oriente viene addestrato per pescare e … riportare il pesce al padrone!

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Esistono vari tipi di gabbiani, qui ti mostro i due più diffusi, con la testa bianca oppure con il cappuccio nero. Il gabbiano – come il cormorano - è un uccello di mare, ma giunge in Casentino risalendo l’Arno: ha poi purtroppo imparato che nei nostri rifiuti ci sono ancora tante cose da mangiare, così li vedi spesso volteggiare sulle discariche, e questo non è davvero bello per un uccello che è simbolo di libertà ed era abituato a mangiare sempre ottimo pesce fresco! Come vedi, se sporchiamo il mondo in cui viviamo, finiamo per trasformare in peggio anche gli animali selvatici.

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Ed ecco il cormorano: la grande gola gli serve a mandar giù interi i pesci di cui si ciba.

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Nell’immagine a destra puoi vedere come si pesca in Oriente con i cormorani: l’uccello è legato con un cordino a una zampa, e un collare gli impedisce di trangugiare il pesce appena pescato, che deve così riportare al padrone.

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Dopo essersi tuffati sott’acqua, i cormorani amano “asciugarsi” aprendo le ali al sole: se sei attento e fortunato puoi vedere questa scena anche sull’Arno.

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Ancora un amico alato che possiamo vedere sui fiumi a galleggiare in cerca di cibo: il germano. Come abbiamo visto per il passero oltremontano e per il fagiano, anche qui è evidente il “dimorfismo sessuale”, cioè la notevole differenze della livrea del maschio, molto colorata e appariscente, e della femmina, dalla livrea “mimetica” come quella della fagiana.Sono uccelli che compiono lunghe migrazioni in gruppi che volano disegnando nel cielo una V. Sai perché? … Se ti interessi di sport sai che, in un gruppo di ciclisti, quello che fa più fatica è il primo, perché fende l’aria agli altri che gli stanno dietro, così anche nelle corse automobilistiche o motociclistiche ci sono piloti che “sfruttano la scia” di chi li precede: i germani, volando, si mettono sulla scia del primo, che fende l’aria per tutti; quando lui è stanco cambia posizione, lasciando il posto ad un compagno più riposato. In questa maniera i germani compiono migrazioni anche di migliaia di chilometri.

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Abbiamo visto come il maschio del germano abbia la livrea ben più appariscente di quella della femmina: il suo piumaggio è particolarmente bello, la testa, il collo, le ali hanno specchiature lucenti e iridescenti, cioè riflettono la luce cambiando di colore. Queste zone così brillanti servano di notte per vedere i compagni nella formazione in volo durante le lunghe migrazioni: gli uccelli che seguono vedono chi li precede grazie al piumaggio che riesce a riflettere la scarsa luce della luna, funzionando come i catarifrangenti sui colonnini lungo le strade.

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Come puoi vedere in questa bella foto, il germano si alza in volo, quando è in acqua, con una tecnica particolare ma comune ad altri uccelli acquatici: prende velocità battendo le ali e “correndo”sull’acqua. Sarebbe bello poterlo imitare ma, almeno a me, non è mai riuscito.

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A sinistra vedi mamma germano che vigila sulla numerosa famiglia: ben 12 fratellini che stanno riposando … ma sono attenti anche loro: come puoi vedere, non sono tutti voltati dalla stessa parte, circa metà guarda verso di noi, gli altri ci danno la coda: in questa maniera il gruppo controlla tutto lo spazio intorno … e non può esser preso alle spalle da un eventuale nemico. Per la stessa ragione molti animali – tra questi il germano, ma anche il coniglio o il topolino – hanno gli occhi non disposti frontalmente, come li abbiamo noi, ma laterali: così possono vedere quasi a 360 gradi, mentre noi non vediamo affatto cosa accade alle nostre spalle: se noti, di mamma germano noi vediamo la nuca … ma anche l’occhio sinistro, lei quindi ci tiene sotto controllo anche se siamo alle sue spalle! Anche se sono molto prudenti, questi animali sono comunque destinati a una vita relativamente breve: il mondo è molto pericoloso per un anatroccolo, per un coniglietto, per un topolino … così i genitori fanno tanti figli alla volta: qualcuno riuscirà a sopravvivere e a diventare grande!

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D’autunno rondini, rondoni e balestrucci sono ormai migrati a sud, da noi giungono invece migliaia di storni che hanno passato l’estate nell’Europa centrale e si ricongiungono con i pochi che sono rimasti da noi: formano così degli stormi (con la “m”, mentre il nome dell’uccello è con la “n”) di migliaia di individui: stormi di storni; in cielo sembrano nuvole nere che danzano seguendo una loro musica misteriosa: è probabile che lo facciano anche per difendersi dall’attacco di uccelli rapaci, con una tecnica utilizzata - ovviamente in mare - anche dai pesci, ad esempio dalle acciughe o dalle sardine. Per dormire si concentrano soprattutto negli alberi e nei parchi delle città (forse perché hanno imparato che lì non ci sono cacciatori), e formano dei veri dormitori in cui tutti, fino a una certa ora, chiacchierano rumorosamente, … poi d’improvviso, tutti fanno silenzio, e dormono.

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Sono grandi come i merli, e puoi confonderli con loro d’estate, quando hanno una livrea nera, mentre d’inverno il piumaggio si sparge di macchioline bianche: il becco è più appuntito di quello del merlo, e non è mai arancio.

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Facilmente riconoscibile è la gazza: un grande uccello bianco e nero con la coda particolarmente lunga. Le piace ornare il nido con cose luccicanti e colorate che raccoglie ovunque: può trovare un tappo, ma anche una monetina o un piccolo gioiello caduto o lasciato in bella vista troppo vicino a una finestra aperta … da qui viene il nome di “gazza ladra”.

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Puoi vederne i grandi nidi d’inverno, sugli alti rami degli alberi privi di foglie: in questa stagione sono abbandonati, mentre d’estate, quando ci sono i piccoli, sono resi invisibili dalle foglie che così li proteggono da eventuali predatori.

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Questo simpatico uccelletto è lo scricciolo; come puoi capire dal nome è un uccello particolarmente piccolo: insieme ai meno diffusi regolo e fiorrancino, è il più piccolo che abbiamo, raggiunge appena i 9 centimetri. Per noi è davvero “uno scricciolo”, ma rispetto al più piccolo uccello del mondo, il colibrì, è un gigante: pensa che quegli uccelletti dell’America sono appena la metà di uno scricciolo, si nutrono di nettare come le api e fanno minuscoli nidi (come un cucchiaino da caffè) con petali di fiore tenuti insieme da fili di ragnatela: sembra una favola!

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Il colibrì, che vive nel continente americano, è l’uccello più piccolo del mondo, ed è la metà del nostro pur piccolissimo scricciolo: puoi capirne le dimensioni proporzionandolo al fiore di cui sugge il nettare, come fosse un insetto!

I nostri scriccioli fanno il nido nel folto delle siepi, dove solo loro, essendo molto piccoli, riescono a entrare (alcuni li chiamano infatti “foramacchie”): visto che sanno difendersi infilandosi nel folto delle ramaglie e degli sterpi non amano volare, ma corrono veloci intorno alle loro siepi-fortezza alla ricerca di insetti che scovano anche nei buchi più piccoli, grazie al loro becco sottilissimo. Caratteristica è anche la coda sempre ritta.

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Gli animali che ti presento ora sono comuni nei nostri boschi, e nelle case più vecchie, quelle con le soffitte in cui non va mai nessuno, tranne i fantasmi che però non sembra diano noia a questi uccelli; … anzi, spesso sono proprio i movimenti notturni e i richiami di gufi, barbagianni e civette nelle soffitte abbandonate che hanno fatto nascere la leggenda di presenze misteriose in certe vecchie abitazioni. Infatti questi uccelli sonnecchiano durante il giorno, poi all’imbrunire si mettono alla caccia di tutti quegli animaletti che si muovono al buio proprio per non esser visti dai predatori: topolini, leprotti, coniglietti e simili.Abbiamo visto come gli animali destinati a esser preda facciano molti figli e abbiano gli occhi laterali: questi uccelli invece, essendo dei predatori – cioè animali che si nutrono di altri animali, un po’ come facciamo noi – fanno pochi figli (perché - come i nostri - non corrono il rischio di esser mangiati da altri) e hanno gli occhi frontali (come noi), per puntare meglio ciò che stanno cacciando: sono poi molto grandi per vedere al buio.

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Il barbagianni (c), che puoi riconoscere anche per il piumaggio molto chiaro, è la metà del gufo (30 cm).

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Dei tre predatori la civetta (b) è la più piccola (appena 20 cm), il gufo (a) è tre volte più grande (oltre 60 cm).

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Ed eccoci tornare alle tracce degli animali: visto che non è facile vedere questi predatori, che scrutano nella notte servendosi dei grandi occhi e volano in silenzio per non farsi sentire dalle prede, possiamo accorgerci della loro presenza dalle tracce che lasciano.

Qui a fianco vedi delle penne: il colore e il disegno ti dicono che sono di uno stesso uccello, precisamente: la più lunga è una “remigante”, cioè una penna “che rema” in quanto appartiene all’ala; le due minori sono “copritrici”, coprono cioè il corpo dell’uccello, subito sopra le piume. Sai riconoscere a quale dei tre uccelli precedenti appartengono? Osservane il colore, il disegno interno e soprattutto la grandezza: la scala che vedi in alto a sinistra è di 5 cm.La risposta è qui a fianco, cerca di non sbirciarla.

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Le tre penne appartengono a un gufo: il colore esclude subito il barbagianni, che ha remiganti e copritrici chiare e di disegno più semplice; restano quindi il gufo e la civetta. La penna maggiore, in base alla scala, è lunga quasi 20 cm., e abbiamo visto come la civetta sia proprio di quella misura, ma tutta intera, e questa è la penna di un’ala, quindi di una parte dell’uccello. Non resta che il gufo, le cui dimensioni si accordano con quelle di questa grande penna. Come vedi, anche per riconoscere le tracce degli animali, è importantissimo farsi un’idea delle misure, di qui l’utilità del righello-goniometro che abbiamo donato agli “aquilotti” che, a scuola, seguono il Progetto “Armanduk”.

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E ora ti presento delle tracce un po’ particolari: nelle schede che hai ricevuto a scuola, e che puoi comunque trovare in questo sito, abbiamo imparato a riconoscere i “ricordini” degli animali, le loro “fatte”. Abbiamo visto anche, nella scheda dei cormorani, che alcuni uccelli da preda mangiano intere le loro vittime. E’ il caso dei nostri rapaci notturni: inghiottono un topo intero, parte di esso viene digerita nello stomaco, scende nell’intestino e … finisce come puoi immaginare. Le ossa e i peli però non vengono sciolti dagli acidi gastrici, cioè dagli acidi dello stomaco, formano allora una “borra”: un cilindretto che viene vomitato dall’uccello e che è facile notare sotto i loro posatoi, cioè là dove vanno a riposarsi dopo una buona caccia. Se lo scomponiamo, ci presenta tutte le ossa ben spolpate del pranzo del nostro rapace.

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Qui a fianco vedi delle borre di gufo: come si presentano (a sinistra) e con il contenuto distinto: peli (sopra) e scheletro di alcuni topolini (sotto).

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Abbiamo visto come il campo visivo negli animali sia diverso da specie a specie. In generale: gli animali destinati a esser prede (oche, anatre, passeri, conigli, lepri, topolini etc.) hanno gli occhi molto laterali, per tener sotto controllo anche la zona dietro le spalle; gli animali da preda invece (rapaci, cani, gatti, uomini etc.), hanno gli occhi frontali, per “puntare” la propria vittima: noi uomini non possiamo vedere cosa accade dietro le nostre spalle, ma vediamo assai bene cosa abbiamo davanti, e possiamo anche comprendere bene le distanze, perché fissiamo uno stesso oggetto con i due occhi, ognuno con una prospettiva diversa. Cosa voglio dire? E’ un po’ difficile capirlo, e molti adulti non te lo possono spiegare perché … non l’hanno mai notato, non l’hanno mai studiato (e poi dicono a te di studiare!) e non conoscono la trigonometria.

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… allora faremo un piccolo esperimento: fissa un oggetto a una certa distanza di fronte a te: l’interruttore alla parete, una candela, il centro di una porta. Ora tendi un braccio in avanti e fai in modo che l’indice teso della mano “copra” alla tua vista l’oggetto prescelto. Tieni fermo il dito e chiudi un occhio, aprilo e chiudi l’altro: vedrai che per un occhio (di solito il destro) il dito copre l’oggetto, mentre per l’altro occhio il dito risulta molto spostato: l’occhio che aveva il dito esattamente a coprire l’oggetto è quello “prevalente”, cioè quello che dirige il tuo sguardo, l’altro aiuta il primo a capire la distanza dell’oggetto, fissandolo obliquamente: se questo non accadesse vedremmo il mondo come in una fotografia, cioè “bidimensionale”, a due dimensioni (altezza e larghezza), mentre noi lo vediamo “tridimensionale”, cioè a tre dimensioni: altezza, larghezza e profondità (che sarebbe la distanza tra te e l’oggetto, o tra un oggetto in primo piano e uno in secondo piano).

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Di fianco vedi il campo visivo di un occhio umano, espresso in gradi: se teniamo gli occhi fissi di fronte a noi e non muoviamo la testa, vediamo lateralmente, dalla parte della guancia, per ben 90 gradi, assai meno dalla parte opposta: un terzo di meno, cioè 60 gradi; se fai attenzione al tuo sguardo, capisci che ci da noia il naso. Alla fine del medioevo il duca Federico da Montefeltro, che aveva perso l’occhio destro in un torneo, si fece tagliare proprio la base del naso per vedere anche a destra con l’unico occhio rimastogli, il sinistro: voleva continuare a far duelli e muovere la testa desntro le armature non era facilissimo (ma forse era meglio per la sua salute se smetteva di duellare ... ma del resto c’è chi non riesce neppure a smettere di fumare!).

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Questo che vi presento adesso è un uccello che forse non avete mai visto, ma sicuramente avete sentito: è il cuculo, noto per il suo canto monotono e quasi interrogativo (cucù … cucù ... ?). La leggenda popolare dice che è l’uccello che ha insegnato agli altri a fare il nido, per questo lui non fa un nido proprio … ma utilizza quello degli altri!La leggenda, come tutte le leggende, è parzialmente vera: la femmina del cuculo, infatti, è una “parassita del nido”, depone un unico uovo nel nido con uova di un altro uccellino, mentre questo è via per cibarsi.

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L’uccellino, quando torna, continua a covare tutte le uova. Quella del cuculo si schiude per prima e il pulcino appena nato butta fuori dal nido le altre uova, o addirittura gli altri pulcini, così da rimanere solo. I genitori adottivi continuano a nutrire l’unico “figlio” superstite, che diviene in breve molto più grande degli stessi genitori: più avanti vedrete un pulcino di cuculo nutrito da un codirosso, un uccello dalla coda rossa grande come un passero; il codirosso è adulto ma è ben più piccolo del giovane cuculo: il figlio adottivo diverrà più grande di un merlo.E’ un comportamento per noi strano e crudele, ma non possiamo giudicare la natura con i nostri sentimenti: la natura ha le sue regole, occorre conoscerle e rispettarle.

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Anche il cuculo infatti, una volta adulto, è utilissimo al ciclo naturale: è ghiotto delle larve della processionaria, un bruco setoloso che, se troppo numeroso, può recare grossi danni alle foreste. I cuculi contribuiscono quindi così a mantenere l’”equilibrio naturale” nel bosco, in questo caso cioè il giusto equilibrio, il giusto rapporto, tra numero degli alberi e numero delle processionarie.

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Ed ecco il codirosso con il “piccolo” cuculo: sembra di leggere un po’ di perplessità nell’espressione del genitore adottivo; forse pensa “ma non è che mio figlio mangia troppo?”.

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Anche questo che vi presento ora è un uccello che, se forse qualche volta l’avete visto, senz’altro non l’avete notato: appena più grande del passero, ha una livrea poco appariscente, marrone e castana. Ma ha un canto assolutamente eccezionale: lo potete ascoltare nel silenzio delle notti d’estate gorgheggiare con una potenza e una voce incredibile per un uccello così piccolo: è un usignolo.

La natura, cari “aquilotti”, è davvero stupenda: il fagiano è un uccello dalla livrea splendida, … ma ha un canto sgraziato e assolutamente banale; l’usignolo ha una livrea banale, e un canto splendido. Il fagiano, per corteggiare la sua lei, esibisce la bellezza delle sue piume, l’usignolo quella del suo canto. E voi cosa utilizzerete per corteggiare il vostro lui o la vostra lei? Io vi consiglierei di coltivare la vostra sensibilità, la vostra fantasia, la vostra intelligenza: vi serviranno sempre e non potete acquistarli al negozio.

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Come vedete, ogni animale ha qualcosa di bello e di unico da offrire: anche ciascuno di voi ha qualcosa di bello e di unico, che lo distingue dagli altri; sta a ciascuno di voi scoprire che cosa, e soprattutto coltivarlo e offrirlo agli altri per esser giorno per giorno una persona benvoluta e “unica”!

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Se osservi il cielo, talvolta ti capiterà di vedere ben nitido il profilo di un grande uccello che volteggia in grandi giri ad ali spalancate: è la tecnica di caccia dei numerosi uccelli rapaci che popolano le nostre foreste. Dotati di una vista acutissima, vedono da lassù anche il più piccolo topolino che si muove nell’erba.Per riconoscerli ti propongo questa immagine, che ho tratto dal miglior libro per conoscere tutti i nostri amici alati: R. Peterson, G. Mountfort, P. Hollom, Guida degli uccelli d’Europa, Franco Muzzio Editore.

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Visti in volo, questi grandi uccelli possono sembrare delle piccole poiane, in realtà sono corvidi, e mentre è difficile vedere una poiana a terra, questi tre uccelli sono soliti perlustrare campi e strade camminando: ve li mostro insieme perché gli adulti (questi ignoranti) spesso li confondono. Sono, da sinistra a destra: cornacchia, corvo, taccola.

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La cornacchia è un grande uccello che arriva a 46 cm di lunghezza: la riconosci per la schiena e il petto grigi, mentre il resto è nero. Completamente neri sono il corvo e la taccola, ma il corvo è grande come la cornacchia, mentre la taccola è più piccola (33 cm) e ha la nuca grigia.Tutti hanno un becco molto forte, che li mette in grado di mangiare di tutto, anche di frantumare le ossa di piccoli animali catturati, o di squarciare la pelle di animali più grandi travolti dai soliti automobilisti pericolosi: è per questo che li puoi vedere spesso ai bordi delle strade. Forse ti può fare un po’ ribrezzo pensare cosa mangiano questi uccelli, ma anche noi mangiamo cose morte, e poi loro, in questo modo, funzionano da spazzini: pensa quanti cadaveri ci sarebbero al giro senza di loro; come vedi, la natura pensa a tutto!Vivono in clan, cioè in gruppi sociali organizzati, e sono molto intelligenti, soprattutto le taccole, che accettano spesso i vantaggi offerti da avere un uomo per amico: sono state così a lungo studiate da un grande etologo, cioè uno studioso del comportamento animale: Konrad Lorenz.

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E infine i due uccelli più diffusi nei centri abitati.Qui vedete il piccione selvatico, cioè il capostipite di tutti i piccioni che abitano le nostre città: si riconosce per il groppone (cioè la parte subito sopra la coda) bianco e per le due barre nere sulle ali. Magnifico è il collo: le piccole penne che lo ricoprono sono iridescenti, e cambiano di colore a seconda della posizione.

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Tutti gli uccelli mettono al mondo i piccoli in relazione al cibo che trovano: tanto più cibo c’è, tanti più piccoli generano. La grande quantità di cibo presente nelle nostre città e l’assenza in esse di nemici naturali hanno fatto sì che le colonie di piccioni divenissero sempre più numerose, e l’eccessiva popolazione di questi uccelli crea problemi in molti centri abitati.Problemi di affollamento si hanno anche nei nostri boschi con altri generi di animali: ad esempio i cinghiali. Il cinghiale originario delle nostre foreste era relativamente piccolo e metteva al mondo un numero limitato di cuccioli, questi erano poi minacciati da un predatore oggi quasi scomparso: il lupo.

Page 65: Le avventure di Armanduk

Per aver molti cinghiali da cacciare, l’uomo ha lanciato nei boschi molti animali catturati in altre zone, o addirittura riprodotti in “allevamenti” e molto prolifici, il venir meno del lupo ha fatto il resto: la popolazione di cinghiali nei nostri boschi è cresciuta enormemente così che oggi è necessario abbatterne molti per ristabilire “l’equilibrio naturale”, cioè la giusta proporzione tra cinghiali e risorse alimentari: essendoci oggi troppi cinghiali, questi sconfinano spesso negli orti, nelle vigne, incuranti dell’odore dell’uomo che prima avrebbero fuggito, e provocano danni.Come vedi, “aquilotto”, la natura ha creato un equilibrio che spesso l’uomo spezza subendone le conseguenze!

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E questa è la tortora dal collare. E’ un po’ più piccola del piccione, la riconosci per la livrea caffelatte e per il caratteristico collarino nero. E’ facile incontrarla in campagna o ai margini dei nostri abitati, comunque dove ci sono parchi o giardini: mentre il piccione non ha più paura dell’uomo e nidifica ovunque, la tortora è timida e ha bisogno del verde, per questo è assai meno diffusa di lui.

Page 67: Le avventure di Armanduk

Abbandoniamo il mondo degli uccelli per esplorare quello dei mammiferi. Lo facciamo presentando un animale che i nostri nonni dicevano essere “mezzo topo e mezzo uccello”: il pipistrello. Come saprai, lui non è un uccello, ma un mammifero: sul corpo non ha piume, ma peli, e le ali non sono formate di penne, ma da una membrana (detta patagio) tesa tra le lunghissime dita della mano e tra queste e le zampe. Infine i pipistrelli non fanno le uova, ma i piccoli nascono come noi, dalla pancia della mamma, e come noi la mamma li allatta. Mangiano, anzi, divorano insetti Si svegliano quindi dal letargo in primavera (in inverno gli insetti sono rari) e si mettono a cacciare alla sera e durante la notte, muovendosi con un radar personale. Le loro abitudini notturne li hanno fatti credere creature infernali, e l’ignoranza della gente si è accanita contro di loro, tanto da far credere che, se un pipistrello finisce sui capelli lunghi di una ragazza, non se ne districa più: è assolutamente falso! Ancora oggi, se un pipistrello entra per sua sfortuna in una stanza trovando la finestra spalancata nelle notti d’estate, si possono vedere scene d’isterismo e di paura con scope brandite per uccidere l’innocua bestiolina, mentre basterebbe spengere la luce e aspettare che il poveretto se ne vada come è entrato.

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Ed ecco il “patagio” del pipistrello, teso tra le dita e le zampe.Se apri la tua mano sinistra e la osservi, noterai che il pollice è isolato verso l’alto, e il mignolo (il “quinto dito” negli animali) ne segue la linea verso il basso … esattamente come nella “mano” del pipistrello, che ha però le dita ben più lunghe e sottili delle nostre … ma come le nostre divise in tre segmenti (due il pollice): falange, falangina e falangetta.

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Forse ti sembrerà strano che tra un’ala di pipistrello e la tua mano ci siano così forti somiglianze: questo è dovuto al fatto che sia i pipistrelli che noi siamo mammiferi, apparteniamo cioè a un gruppo di animali omogeneo, con molte caratteristiche comuni, evoluti in centinaia di migliaia di anni da progenitori comuni.Anche il delfino, come sai, è un mammifero … e la pinna del delfino è straordinariamente vicina al nostro braccio e alla nostra mano, come a quella del pipistrello e dello scimpanzé: è composta dalle stesse ossa, anche se queste, con l’evoluzione, hanno assunto forme e dimensioni diverse: lo puoi vedere qui accanto.

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dori

Libri

Illus

trati.

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Gli uccelli sono invece molto diversi da noi mammiferi: loro si sono evoluti per esser adatti al volo; per questo lo scheletro degli uccelli si è sempre più semplificato per esser sempre più leggero: la loro ala è identica al nostro braccio fin dove servono ossa lunghe e potenti … ma la punta non può esser come la nostra mano, così le ossa del polso e delle dita si sono fuse insieme per aumentare la lunghezza dell’ala e renderla robusta fino in cima. E’ per questo che gli uccelli non fanno “ciao”, come invece può fare il delfino che vedi nei grandi acquari.

Come vedete, “aquilotti”, il mondo della natura è meraviglioso e ricco di sorprese: quando sarete più grandi deciderete se vorrete studiare la storia, la geografia o le scienze naturali: per ora è importante che conosciate tutte le materie, per poter scegliere poi quella più adatta a voi. Altrimenti deciderete di andare a lavorare, per esempio come “pettinatori di sardine”: non occorre studiare, ce ne sono pochissimi, quindi dovreste trovare subito lavoro! (ma non so bene dove).

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Ed ecco un primo piano di un pipistrello: è un po’ spaesato perché lui non è abituato a stare così: quando non vola sta a testa in giù, e quando c’è luce dorme avvolto nel mantello delle sue ali.Noterai che non ha piume, ma peli, proprio come un topolino. Gli occhi sono piccoli, perché per volare e cacciare la notte non usa gli occhi, ma gli orecchi, che vedi molto grandi: sono il suo radar; il pipistrello emette dei suoni che noi non udiamo, ma che lui sente quando rimbalzano su un ostacolo o su una preda, e tornano indietro nei suoi orecchioni.Durante il giorno c’è troppa luce, e il pipistrello dorme in luoghi bui e tranquilli, come le vecchie soffitte: sta appeso a testa in giù, avvolto nelle sue ali.

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Un tempo volavano nelle nostre sere d’estate tanti pipistrelli. Oggi purtroppo sono molti meno, tanto da esser diventati una “specie protetta”, cioè una specie che rischia l’estinzione se non la proteggiamo.

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La diminuzione dei pipistrelli è dovuta anche ai tanti veleni con cui ci proteggiamo dagli insetti … veleni che però avvelenano anche i pipistrelli e … anche noi (nelle confezioni d’insetticidi troverai spesso scritto: “aereare bene il locale prima dell’uso” e credo che tu possa comprendere il perché di questo avvertimento). Altro motivo della diminuzione dei pipistrelli è il fatto che non ci sono più case con soffitte: gli ambienti cioè ove i pipistrelli preferivano vivere. Visto che questi simpatici mammiferi volanti sono ottimi insetticidi naturali, ci sono città – ma anche privati cittadini – che stanno pensando di creare dei “nidi” per loro, da appendere in luoghi tranquilli: in alto sugli alberi o sotto le gronde della case. Vi presento una “Bat Box”, cioè una “scatola per pipistrelli” progettata dal Museo di Storia Naturale di Firenze: seguendo lo schema qui a fianco potete realizzarla anche voi e, se avete il luogo adatto dove appenderla, dare una bat-ospitalità a una bat-famiglia!

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Se già non lo sapevate, avrete capito dalla scheda precedente che la parola “Bat” significa pipistrello in quella che è diventata la lingua internazionale: l’inglese. Capite così il perché del nome, e del costume, di un celebre eroe dei fumetti e dei film di fantasia: Batman. Il suo nome è una parola composta da due parole semplici: Bat (pipistrello) e Man (uomo) … Batman è dunque “l’uomo pipistrello”, e il suo costume è quello appunto di un pipistrello di cui il mantello sono le ali.Forse non sapevate però che si riferisce al mondo degli animali alati anche il nome del fedele compagno di Batman: “Robin”, in inglese, è il nome del pettirosso … e Robin ha infatti un costume che ne richiama i colori: il petto è rosso, e il verde delle spalle e dei pantaloncini è quello che consente all’uccellino di mimetizzarsi nelle siepi dove fa il nido.

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RotkehlchenPetirrojoRougegorge“…. Ma cosa mi stai scrivendo?” dirai tu.E’ un gioco: è il nome del pettirosso in spagnolo, francese e tedesco … ti sfido a trovare per ogni lingua la sua parola: basta sapere come di dice “rosso” nelle diverse lingue!Se non trovi la soluzione … cerca di leggere qui sotto!

Rotkehlchen: tedescoPetirrojo: spagnoloRougegorge: francese

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Una parentesi: giocare con le parole.

A proposito … sapete come si chiama la femmina del pipistrello? “Strella”, perché non ha il p_ _ _!E sapete come si chiama il fratello tonto del pipistrello?Anche questa è facile: “pipistrullo”.

Naturalmente queste sono solo battute di spirito, ma si basano sulle mille possibilità della nostra lingua: molte parole significano cose diverse, a seconda di come vengono usate, molte parole somigliano ad altre, molte parole possono esser create mettendo insieme parole diverse: si può giocare con le parole, ma per farlo occorre conoscere bene il nostro vocabolario e utilizzare fantasia e intelligenza.

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Ci sono dei giochi che potete fare con i vostri amici, anche per imparare l’italiano (quello vero), divertendovi. Avete mai provato a trasformare in verbi i nomi o i cognomi dei vostri amici? Pensate: “Mario” può diventare la prima persona singolare del presente indicativo del verbo “mariare” (ovviamante della Prima Coniugazione) …. Quindi: “io mario, tu mari, egli mària” (e qui capisci l’importanza degli accenti: il nome femminile è Marìa), poi, “noi mariamo, voi mariate, essi màriano” … che cosa vuol dire questo verbo? Beh, questo lo puoi decidere tu e i tuoi amici in base anche alle abitudini del Mario che conosci tu! Se poi volete prendere un cognome, ad esempio “Rossi”: gerundio presente: “rossando”; condizionale presente: “io rosserei, tu rosseresti, egli rosserebbe, noi rosseremmo, voi rossereste, essi rosserebbero” … e così via.

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Ma potete anche creare un vostro vocabolario parallelo: possiamo trasformare le parole aggiungendo un “tassello” a vostro piacimento. Ad es. ancora un nome: Ugo. Così nell’antico Egitto avremo le “ugheramidi” dei “farugoni”. Nel “castellugo” ci saranno i “fastasmughi” e tu scriverai con la “pennuga” sul “quadernugo” o sul “fogliugo”, studierai “storiuga” sul “librugo” alla “paginuga quarantugo”.

Ci sono poi dei gustosi giochi di parole che ci permettono anche di lavorare di meno: se vi viene chiesto di scrivere “un articolo”, voi potete cavarvela scrivendo sulla pagina in bella calligrafia (mi raccomando) un bel “il” … infatti “articolo” è sia quello del giornale che quello che precede i nomi! (Ovviamente continuiamo a scherzare: un giornalista che lo facesse sul serio rischierebbe il licenziamento!).

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Ci sono poi giochi con parti di parola, ad esempio indovinelli. Tipo questo:“Se gridi piano risponde no”, che cosa è?Risposta: l’eco, che se gridi la parola “piano”, ripete l’ultima sillaba, appunto “no”. Anche qui scopri quanto è importante conoscere le parole e … scrivere bene, usando correttamente anche i segni d’interpunzione etc. In questo caso ti potevo aiutare scrivendo bene la domanda:Se gridi “piano!”, risponde “…no!”.

Come vedete, se avessi scritto in questo modo la mia domanda, forse sareste arrivati meglio alla risposta … quindi aquilotti: quando scrivete qualcosa, cercate di scriverlo chiaramente e in maniera corretta, così tutti capiranno quello che volete dire … e lo capirete anche voi che spesso non leggete il giorno dopo quello che avete scritto il girono prima! (e ditemi che non è vero!).

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Scrivere bene è davvero importante: c’è un detto popolare che dice “L’ozio è il padre dei vizi”: l’ozio, cioè il non far niente, è un vizio da cui nascono altri vizi … e fin qui credo che siamo tutti d’accordo. Ma provate a sbagliare l’apostrofo e la divisione delle parole: “lo zio è il padre dei vizi” … sicuramente vostro zio si offenderebbe, così come si offenderebbero i vostri cugini!

Sapete cosa pensa una duna nel deserto?: “Uffa, che noia! Speriamo che passi qualche duno”. Anche qui abbiamo un gioco di parole (duna/duno) e una parola “qualcheduno” scritta (e pronunciata) non proprio correttamente.Sapete cosa dice una mela all’altra mela?: “Che puzzo che c’è nel corridoio!” (gioco di parole sul significato di “mela”: spero di non dovervelo spiegare).

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Ma i giochi con le parole sono infiniti: tanti si possono fare con il suono stesso delle parole. Sicuramente conoscete queste freddure: Il nome del campione cinese di salto?: C’inciampai! La cuoca russa?: Tocottottova (che sta per “t’ho cotto otto uova”). Il campione di motococlismo giapponese? Tofuso Lamoto (t’ho fuso la moto). Il direttore dello zoo di Londra?: Ser Pent. Le freddure si basano sul suono dei nomi in lingue diverse dalla nostra, a voi sta di dar loro un senso scrivendo “correttamente” questi improbabili nomi.

Con le parole e con le frasi si può anche far musica: Pare apparire per i più, per i pì, perepè, zum zum!

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Giochi di parole particolari sono i rebus: ci sono molte riviste di enigmistica che li pubblicano, perché ci sono molti “grandi” che amano tentare di risolverli, un po’ per passare il tempo, un po’ per tener “allenato” il cervello (visto che l’ozio è il padre dei vizi, e che far addormentare il cervello significa poi usarlo sempre meno!).Qui accanto ne hai uno non impossibile: devi risolverlo dando un nome alle cose segnate dalla stella e dalle lettere, e aggiungendo queste ultime ai nomi stessi, così da avere una “frase” risultante di 4 parole, rispettivamente di 4, 7, 3 e 6 lettere. Ovviamente devi procedere nel senso della nostra scrittura, cioè da sinistra a destra.

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Prova un po’ a trovare la soluzione (che è alla scheda seguente): ti posso aiutare dicendoti che si tratta di una cosa che anche te sogni, e che d’estate sicuramente frequenti.Non ti scoraggiare se non riesci subito: pensa che quando mandiamo sms con il cellulare utilizziamo la stessa tecnica del rebus: per risparmiare lettere scriviamo “6”, cifra, al posto di “sei”, seconda persona singolare del presente indicativo del verbo essere; e per scrivere “per” inviamo “x”: è lo stesso modo di pensare, soltanto che lì lo facciamo senza pensarci e allora ci sembra facile!

da

La

gran

de

enig

mis

tica

italia

na.

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La soluzione è “gran chiosco per gelati”: quattro parole rispettivamente di 4, 7, 3 e 6 lettere.Come ci sono arrivato? Non è difficile: nel caso del nostro rebus (ogni rebus è diverso) la prima cosa cui devi dare un nome è segnata da una stella: sembrerebbe trattarsi di un granchio; sapendo che la prima parola della soluzione è di quattro lettere, isolo mentalmente le prime quattro lettere di granchio: “gran”. Questo insieme di quattro lettere forma una parola che ha un senso, quindi dovrei essere sulla strada giusta … mi resta “chio”, che dovrebbe essere la prima parte della seconda parola, quella di sette lettere. Il secondo disegno cui devo dare il nome è segnato da una lettera, la R, che devo inserire prima o dopo il nuovo nome: la R segna due “scope”, e di “scope”, se la soluzione è giusta, dovrei prender le prime due o tre lettere per arrivare a fare la seconda parola della soluzione, che come abbiamo visto è di 7 lettere, e di queste sembra che io abbia già trovato le 4 iniziali: “chio”.

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Allora provo “gran chio+R+sc” … non ha senso. Allora provo a mettere la R dopo “scope”, di cui prendo quindi le prime tre lettere: “gran chio+sco”: ci siamo! Ho ottenuto una parola di sette lettere che ha un senso e ben si accoppia a “gran”.Continuiamo allora, devo utilizzare le ultime due lettere di “scope” e devo aggiungere la R: “gran chiosco pe+R” … ha un senso, decisamente la soluzione è vicina!A questo punto ho una G e una E che segnano due parti del triangolo che non ho difficoltà a chiamare con il loro nome: “lati”. Provo a metter subito le due lettere, e poi il nuovo nome: “gran chiosco per G+E+lati”. Ci siamo: “gran chiosco per gelati”: una soluzione di quattro parole, rispettivamente di 4, 7, 3, 6 lettere.Riassumendo, scrivo in minuscolo le parole che ho ricavato dai disegni, in maiuscolo le lettere inserite nel rebus: “gran chio/sco pe/R G/E/lati.

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Piaciuto il rebus? Conoscendo il metodo, non era difficile risolverlo: certo, occorre conoscere molto bene le diverse parole del nostro vocabolario per poter risolvere questo genere di giochi.Te ne faccio un esempio:

da

La

gran

de

enig

mis

tica

italia

na.

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Hai imparato che la soluzione viene indicata sul rebus stesso: stavolta è una frase di 5 parole, rispettivamente di 2, 4, 4, 1 e 2 lettere.Per trovare le parole chiave occorre, come hai imparato, dare un nome a quelle figure che sono segnate da una stella (se non si devono aggiungere altre lettere), o da lettere dell’alfabeto, da aggiungere alle parole ricavate dai disegni. In questo caso abbiamo una “L” e una “T” poste tra due figure di un uomo e di una donna dipinti in due quadri che un babbo mostra al proprio bambino: potrebbero essere i “nonni”, ma tale parola non dà, insieme alla L e alla T, altre parole con un senso.Nei rebus si usano spesso parole che non utilizziamo tutti i giorni, ma sono proprie dell’italiano corretto: i nonni, i bisnonni, i trisnonni sono detti anche “avi”.Proviamo: L+”avi”, sono 4 lettere, di esse prendo le prime due che, come mi dice la soluzione del rebus, dovrebbero dare una prima parola sensata.

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E infatti “la” ha un senso. Mi rimane “vi”, che dovrebbe esser la prima sillaba di una parola di 4 lettere. La “T” segna altri due “avi”. Proviamo: L+avi+T+avi; scomponiamo nei gruppi di lettere della soluzione: La viTa vi. OK, ci siamo, le prime due parole hanno un senso, mi rimane la sillaba “vi” che deve esser la prima della parola successiva. Il gruppo EN è sopra la figura di Eva (non ci sono dubbi sull’identificazione). E allora ecco la soluzione: La viTa viEN e va, che è una frase di 5 parole, rispettivamente di 2, 4, 4, 1 e 2 lettere!

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Spiegato questo vi do subito la soluzione, analizzandola capirete la procedura che ho seguito per ottenerla!“Gradevole prestazione”, che ho ottenuto così:G rade V O lepre stazione.

Ma torniamo adesso ai nostri amici animali!

E per finire un ultimo esempio, per dirvi che talvolta dobbiamo non solo dare un nome alle cose indicate dalle lettere o dalla stella, ma dobbiamo anche descrivere l’azione che compiono le figure segnate dalle lettere.In questo caso abbiamo la figura identificata con “G” che fa la barba alla figura indicata con “V”.

da La grande enigmistica italiana

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Con i pipistrelli siamo entrati nel regno dei mammiferi: animali cioè in cui la femmina è dotata di mammelle (mammiferi significa “portatori di mammelle”: ce l’hanno anche i maschi, ma non sono sviluppate).A cosa servono le mammelle? Ad allattare i cuccioli: anche voi siete stati allattati al seno della vostra mamma, finché non siete stati in grado di mangiare cose via via sempre diverse. Il latte è quindi il primo nutrimento per tutti i mammiferi … e a dare sapore al latte è il lattosio, che è uno zucchero: per questo, nel mondo animale, tutti i mammiferi sia grandi che piccoli amano il dolce: perché è il primo sapore che hanno sentito quando hanno iniziato a vivere: agli uccelli e ai rettili il dolce non dice niente, perché non sono mai stati allattati; il dolce piace invece a molti insetti, perché dolce è il nettare che è il loro principale nutrimento. Torniamo ai mammiferi: le femmine generano i cuccioli portandoli per un certo periodo nella propria pancia (il “pancione” delle nostre mamme). Perché gli uccelli non sono mammiferi? Perché devono volare, e per volare occorre esser leggeri: ve la immaginate una passerotta con il pancione? Difficile volare e anche difficile atterrare: i piccoli avrebbero un sacco di bernoccoli!

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Tenete conto poi che, come abbiamo visto, gli uccelli devono mettere al mondo tanti pulcini insieme … ed ecco allora che la natura ha pensato all’uovo, che la passerotta depone nel nido uno alla volta: così può volare leggera, e covare tante uova insieme, deposte una dietro l’altra in giorni diversi. Come vedete il mondo della natura è un mondo perfetto, che ha pensato a tutto: peccato che l’uomo talvolta lo sconvolga sporcandolo, uccidendo e creando disastri. Ma avremo tempo di tornare su questo argomento, magari quando siete un po’ cresciuti (sono argomenti difficili, che non tutti i “grandi” capiscono, altrimenti non si comporterebbero così, non inquinerebbero fiumi, non lascerebbero rifiuti ovunque, non…, non… imparerai da te cosa non bisogna fare per esser adulti corretti, rispettosi di sé e degli altri: per ora parlane in classe con gli insegnanti e i tuoi compagni).

Torniamo allora al mondo dei mammiferi e vediamo quelli che possiamo osservare, con un po’ di fortuna, nel nostro Casentino.Evitiamo naturalmente cani e gatti, cavalli e asini che ormai vivono con noi (alcuni di questi ultimi anche nella tua classe!).

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Abbiamo conosciuto i ricci con Filiberto. Molto più grandi dei ricci e ugualmente “spinosi” sono gli istrici: possono pesare fino a 15 kg, infatti sono i più grossi tra i roditori italiani. Del loro passaggio è facile trovare traccia nelle “penne d’istrice” cioè negli aculei che di tanto in tanto cadono dal loro vello: un tempo i ragazzini ne facevano degli ottimi galleggianti per la lenza, andando a pesca nei fiumi che allora erano puliti e pieni di pesci.

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Anche gi istrici vengono spesso investiti da automobilisti poco attenti: quando la sera o la notte attraversano le strade di campagna e vengono inquadrati dalla luce dei fari alzano aculei e peli per sembrar più grossi (è una tecnica di difesa) e sembrano fantasmi: oggi abbiamo fari potenti per capire che queste ombre argentate sono in realtà istrici: nelle notti buie di un tempo, ai viandanti suggestionabili, saranno senz’altro sembrati spiriti e folletti, all’origine di tante leggende del bosco.

La leggenda dice che l’istrice si difende scagliando gli aculei addosso all’aggressore: non è così, ma in caso di necessità l’animale corre all’indietro contro il nemico, per conficcargli addosso gli aculei che ha particolarmente robusti sulla coda, mentre sulla schiena e sul capo sono più sottili.Non è originario delle nostre terre: lo hanno importato i romani, oltre 2000 anni fa, dall’Africa, per allevarlo e mangiarlo. Poi alcuni esemplari sono scappati e hanno dato origine agli istrici che possiamo incontrare la sera ai margini del bosco, alla ricerca di radici, frutti … e di qualche orto incustodito da saccheggiare.

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Il simpatico animaletto che vi presento ora è invece, chiaramente, un predatore: lo capite dai due occhietti frontali che vi puntano con aria decisa.Facciamo infatti conoscenza con la faina: una spietata cacciatrice di topi, uccelli, polli, piccoli animali in genere che caccia soprattutto la notte. Vederla sgusciare fuori dal bosco o dalle siepi in cui si nasconde è uno spettacolo, tanto il suo corpo è flessuoso e agile, con un pelo morbidissimo marrone e il pancino bianco.

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Come ben si vede nella foto precedente, l’istrice ha gli occhi ai lati della testa, quindi ha la vista fatta per difendersi più che per attaccare.

Simile per forma, per atteggiamento e per istinto cacciatore è la donnola, che però è molto più piccola: la faina raggiunge i 2 kg di peso ed è lunga anche mezzo metro, la donnola pesa solo 130 gr. e raggiunge appena i 20 cm.: è davvero minuscola, e molto più socievole, spesso fa la tana vicino alle nostre abitazioni.

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Osservando il muso di questo animale potete capire subito che ci troviamo di fronte a un altro predatore: forse il più astuto di quelli che abitano le nostre foreste: si tratta della volpe. Ve la descrivo perché l’avrete senz’altro sentita nominare tante volte: a scuola nelle favole, a casa di contadini perché lei (o la faina) ha svuotato il pollaio.Sembra un piccolo cane dalle zampe corte e dalle orecchie ben ritte e a punta: inconfondibile è il colore fulvo del suo pelo e la bella coda lunga e paffuta con la punta bianca. Mangia di tutto, come noi, e questo le assicura grandi possibilità di sopravvivenza perché trova sempre qualcosa da mettere sotto i denti.

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Alcuni hanno provato ad addomesticarne qualche cucciolo, trovato orfano della madre: non rifiutano il cibo datogli dall’uomo, ma alla prima occasione scappano nel bosco, perché il loro istinto selvatico prevale sulla comodità di aver chi ti procura da mangiare.E’ considerata dalla tradizione popolare l’animale più astuto: molte favole hanno la volpe come protagonista e “furbo come una volpe”, diciamo ancora oggi. Un famoso eroe reca il suo nome. Si tratta di Zorro: come sai, le sue avventure si svolgono in America Latina, dove si parla spagnolo … ed “el zorro” è, in spagnolo, “la volpe”.

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Questi che vedi sono un moscardino, a sinistra, e qui sotto un ghiro, impegnato nella sua attività preferita: dormire.I grandi occhi globosi del moscardino ci dicono come sia un animale prevalentemente notturno: abita nei boschi, costruisce dei simpatici nidi sferici in cui si rintana di giorno e passa l’inverno al calduccio, essendo fatti di paglia, erba e foglie secche intrecciate insieme. Si nutre di nocciole (che sono la base della Nutella!), germogli, piccoli insetti. E’ piccolissimo: pesa una ventina di grammi, poco più di un passero.

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Ed ecco un tenerissimo moscardino che osserva preoccupato ciò che accade fuori della sua tana: una soffice e calda palla di cose morbide.

Da noi non sono invece molto frequenti i ghiri, che sono grossi il doppio dei moscardini e hanno il manto grigio: hanno abitutidini e diete analoghe, ma si costruiscono la tana dentro vecchi alberi cavi, che nei nostri boschi sono sempre più rari, così sono sempre più rari i ghiri, perché non trovano casa!

Per conoscere il mondo della natura nel corso delle quattro stagioni ti consiglio il libro di G.G. Bellani, 365 giorni nella natura, Mondadori, da cui ho tratto l’immagine del moscardino nella sua casetta.

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Nei prati e nei campi è possibile incontrare la velocissima lepre ( a sinistra) o il timido coniglio selvatico (in alto): li puoi distinguere soprattutto in base agli orecchi, molto più lunghi nella lepre.I grandi occhi laterali ti dicono che l’animale non è un predatore, ma una preda: per questo il suo sguardo copre quasi l’intero giro attorno all’animale … e anche gli orecchi sono vere e proprie antenne in grado di captare il minimo rumorino sospetto!

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Questo animale così maestoso è il cervo: vive nella foresta e non ama incontrare l’uomo: è più facile sentirne il bramire (così si chiama il suo modo di parlare) che vederlo. Può raggiungere i due quintali di peso, e questo lo ha reso una preda ambita nella caccia, che lo ha sterminato.Alla metà dell’800 Carlo Siemoni, il direttore delle foreste granducali (allora il Casentino era nel Granducato di Toscana) lo reintrodusse, portò cioè in Casentino maschi e femmine dall’Europa centrale, dove erano sopravvissuti molti esemplari.Il divieto di cacciare i nuovi arrivati fece sì che di lì a poco comparvero i primi cerbiatti nati in Casentino: gli avi dei bei cervi che popolano oggi le nostre foreste!Solo il maschio ha le corna, che perde d’inverno: gli ricrescono sempre più ampie in primavera.

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Molto più piccoli del cervo sono il capriolo (a sin), che arriva a pesare 25 kg, e il daino (a dx), che pesa fino a 80 kg. Li puoi vedere all’imbrunire o di mattina sui campi e negli spazi erbosi prossimi ai boschi, in cui sono pronti a rifugiarsi al primo cenno di pericolo. Li riconosci per le dimensioni, per il mantello (quello del daino è pomellato di bianco), e per la forma delle corna (che hanno solo i maschi): piccole e dritte nel capriolo, volte all’indietro ampie e palmate nel daino. Questi due piccoli cervidi abitavano un tempo in tutta la penisola, poi la caccia fatta con le armi da fuoco li ha praticamente sterminati: quelli che abitano il Casentino vi sono stati riportati dall’uomo a partire dalla metà dell’800.

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Tra i cervidi è il maschio più robusto che si riproduce, accoppiandosi con molte femmine che formano il suo harem: qui vedi un daino dominante scambiare tenere effusioni con una delle sue mogli, un’altra, tranquilla, è accovacciata in primo piano.

Lo sterminio di daini e caprioli e la loro reintroduzione hanno spesso sconvolto l’equilibrio naturale, così che in molte zone dell’Italia la nuova popolazione è a periodi troppo numerosa e provoca danni alla vegetazione e all’agricoltura: l’uomo, quando interviene troppo pesantemente sulla natura, provoca sempre dei danni, anche quando crede di ripararli!

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Nella nostra rassegna non poteva mancare il cinghiale. Qui vedi una signora con i suoi 7 figli: hanno la livrea striata propria dei cuccioli.E’ un animale forte e pesante (può arrivare a 150 kg e a 90 cm di altezza), fortunatamente è difficile che attacchi l’uomo … tranne che nelle occasioni come quella della nostra foto; le cinghialesse con i loro piccoli sono pericolose: se incontrano l’uomo, esse temono perl’incolumità dei cuccioli, e attaccano con determinazione seguendo il detto che “la miglior difesa è l’attacco”! Forse non ricordate com’era attenta e guardinga vostra mamma quando voi eravate cuccioli: anche lei avrebbe sfidato anche un leone pur di difendervi.

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A proposito di cinghialesse, sapete come attirare un cinghiale?E’ semplice: in una radura del bosco fate scaldare una pentola d’acqua, poi infilateci a bollire la cintura dei pantaloni: il cinghiale sente l’odore di cinghia-lessa e arriva subito!(Naturalmente scherzo, vi ricordate cosa vi dicevo più sopra sui giochi di parole? Soprattutto ricordatevi: mai, dico mai, accender fuochi nei boschi!)

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E ora torniamo lungo i fiumi: un tempo nell’Arno viveva la lontra (che vedi qui sopra), fino al medioevo anche i castori: sono stati sterminati per prendere le loro pellicce.Sempre per fare pellicce gli uomini hanno allora importato dal Sudamerica la nutria (a dx), non per niente chiamata commercialmente “castorino”. Nel 1966 l’Arno ebbe la famosa piena che sommerse Firenze, ma non solo: invase molti allevamenti in cui, in recinti, vivevano le nutrie sudamericane che, vivendo intorno all’acqua ed essendo ottime nuotatrici, riuscirono a fuggire, e si sono trovate benissimo in libertà: oggi, lungo i nostri corsi d’acqua, non abbiamo più lontre e castori, ma “castorini” sudamericani!

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Credo che i nuovi arrivati non parlino più spagnolo o portoghese, nel senso che ormai sono da considerarsi “nativi”, visto che dal ‘66 a oggi sono nate in Casentino generazioni e generazioni di nutrie, certo è che la storia che ti ho raccontato è ancora un segno evidente di come l’uomo talvolta sconvolga la natura: mai castori e lontre avrebbero voluto scomparire, e mai una famiglia di nutrie avrebbe preso l’aereo a Buenos Aires per venire a stabilirsi in Casentino! La nutria è un simpatico, pulitissimo, gigantesco topone di ben 9 kg di peso, ed è la disperazione dei gatti, che mai hanno visto una preda così grossa … ma troppo grossa: impossibile da attaccare!

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Nelle schede precedenti avrai trovato tante cose che, nel mondo animale, sono simili a quelle del mondo umano; anche noi uomini infatti siamo degli “animali”: i più evoluti e i più intelligenti, ma sempre “animali”.In alcuni gesti, in alcuni modi di agire, manteniamo un ricordo di un passato lontanissimo, quando il nostro modo di vivere era molto più primitivo di oggi, ed era molto più vicino a quello degli altri animali.Se hai un fratellino o un cuginetto appena nato, potrai notare che, se gli avvicini un dito al palmo della mano, subito con i suoi ditini lo prende e lo stringe forte.

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E’ il ricordo, dicono gli studiosi, di quando i cuccioli dei nostri progenitori, prima ancora dell’età della pietra, si aggrappavano alla pelliccia della madre, come fanno i cuccioli delle scimmie attuali!Non ci credi? Leggi, insieme con un adulto che ti possa spiegare i passaggi più difficili: Mario Manusia, Istinto e apprendimento negli animali, Sansoni editore.

Gli studiosi hanno scoperto addirittura che i neonati settimini, quelli cioè minuscoli, nati dopo sette mesi anziché dopo nove come tutti noi, hanno una tale forza nel chiudere e afferrare da potersi sostenere da soli aggrappati a una corda con le mani e anche con i piedi.

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Non tutti i serpenti sono vipere, quindi non tutti i serpenti sono pericolosi: possono piacere o non piacere, ma il mondo appartiene anche a loro ed è giusto rispettarli. A sin. vedi un biacco: assai comune nei nostri prati e presso i corsi d’acqua, è assolutamente innocuo, come l’ orbettino che vedi a dx: non è neppure un serpente, ma un sauro privo di zampe, come dire una grossa lucertola senza zampe.

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Sia il biacco che l’orbettino vengono spesso schiacciati solo perché serpenti. Non è molto bello uccidere solo perché un animale è ritenuto brutto o viscido: non sembrano così sgradevoli quelli che la bambina qui a fianco maneggia come fossero animali domestici; la nostra piccola amica non abita lontanissimo da noi, infatti sta a Cocullo, presso l’Aquila. Nel suo paese i serpenti sono ben conosciuti e rispettati, tanto che c’è una festa tutta per loro!Anche i serpenti hanno un loro posto nella natura, e per questo vanno rispettati: visto che possiamo imbatterci in una vipera, poi, è semplicemente meglio evitarli.

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Ed ecco infatt la vipera (a dx), l’unico serpente velenoso (e quindi pericoloso) che abbiamo in Italia: è facilmente riconoscibile per il corpo tozzo e per la forma triangolare della testa, ma chi non conosce il mondo della natura è bene che, quando vede un serpente, se ne allontani lasciando che lui vada per la sua strada: nessun animale attacca se non si sente minacciato … e voi non minacciatelo! Quando sarete più grandi imparerete a conoscere il mondo dei rettili, che è affascinante e ricco di colori (le livree di alcuni serpenti sono assolutamente straordinarie per disegno e lucentezza), per ora - se non vivete in un paese come Cocullo - evitate di esplorarlo: il più delle volte, quando sentite qualcosa strisciare tra l’erba, si tratta di un serpente innocuo o addirittura di una lucertola … ma è inutile correre rischi e indispettire una vipera, meglio quindi fare un passo indietro, e aspettare che il fruscio si allontani.

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Di solito comunque i serpenti avvertono la nostra presenza, soprattutto se siamo in gruppo, attraverso le vibrazioni e il rumore dei nostri passi: se siamo soli o transitiamo per una zona in cui l’erba può nascondere qualche sorpresa, camminate pesantemente o battete di tanto in tanto con un bastone di fronte a voi, così avvertirete per tempo eventuali serpenti del vostro passaggio, e gli darete modo di fuggire senza che neppure li vediate.E ancora: non uccidete inutilmente i serpenti solo perché sono tali, perché sono “brutti” … anche tra noi ci sono persone belle e meno belle, ma non per questo le prendiamo a bastonate!

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Finiamo con questa immagine la nostra passeggiata nella natura, magari la riprenderemo esplorando gli alberi, i fiori e gli insetti.

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Vorrei che in voi “aquilotti” restasse un messaggio importante: rispettare l’ambiente e i suoi animali significa rispettare noi stessi, i nostri cari, i nostri amici. La natura ha fatto in modo che nel mondo ci sia un posto e un ruolo per tutti, e tutti possono vivervi felici nel rispetto degli altri: sul fiore qui a fianco ci sono ben tre farfalle diverse, non si danno fastidio, anzi, ognuna sugge il suo nettare e il fiore ne è contento, perché le farfalle gli portano il polline di altri fiori. Pensate a questa immagine quando volerete da soli, aquilotti!

Armanduk

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La cartografia dell'Istituto Geografico Militare viene riprodotta in base all'Autorizzazione 6394 dell'8/V/2008.Ove non diversamente specificato, la restante cartografia è realizzata dalla Regione Toscana ed è tratta dal sito http://www.rete.toscana.it/sett/territorio/carto/

Per le foto dal satellite: http://earth.google.it/

Ringraziamenti: Simone Borchi, Alessandro Ferrini.

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