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oltre l’alfabetiere

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progetto di tesi iauv_2008_ comunicazioni visive e multimediali

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oltre l’alfabetiere

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Università IUAV di VeneziafDA/CLASVEMTesi di Laurealaureanda Giada Fogliatorelatore prof. Gianluigi Pescolderung AA 2007/08Ottobre 2008

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Dedico questa tesi alla mia famiglia.

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Il carattere utilizzato per la composizione di questo testo è il News Gothic.

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Oltre l’alfabetiere

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Indice

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0 introduzione

1 l’alfabetiere: cenni storici1.1 uno strumento per insegnare l’alfabeto1.2 didattica di un mondo dipinto: all’origine dell’alfabetiere1.3 l’alfabetiere nel XVIII secolo1.4 il caso Munari1.5 tecniche di apprendimento ed editoria per l’infanzia un’evoluzione comune2 educazione alla visione ed apprendimento del codice alfabetico2.1 dallo scarabocchio alla scrittura2.2 sintesi sull’evoluzione della grafia del bambino2.3 primi passi verso la scrittura2.4 appredimento del codice alfabetico2.5 educazione visiva nella scuola dell’infanzia2.6 dal gioco al linguaggio2.7 intervista a Roberto Pittarello3 letterandia la città delle lettere3.1 l’idea progettuale3.2 il progetto3.3 merceologia e produzione3.4 i giochi4 bibliografia

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Due parole sulle lettereLettere che danzano tra mille puntinie ti accolgono facendo inchini.Lettere da imburrare e mangiare a colazione con tre punti di sospensione.Lettere che dietro l’apostrofo si celanoe punto a capo si ritrovano.Lettere da sbucciare e metter nei vasiper crear parole oppure frasi,a seconda dei casi.Lettere da condire con olio e acetoper fare l’insalata dell’alfabeto.Lettere con la testa tra le nuvolee i piedini tra due virgole.Lettere che si posano sui fogli, salde e robuste come scogli.Lettere che escono da una penna neraAccarezzando la carta leggera.Lettere che non dicono niente e dicono tuttoma io le amo nonostante tutto,dolcemente mi ci butto.Lettere che prima di andarsene via,offrono a tutti un po’ di magia. Fabio Cerantola

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Introduzione

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Il tema dell’alfabetiere e quello dell’abbecedario sono un argomento che ha trovato molto spazio soprattutto nel campo dell’educazione e della pedagogia di tutto il mondo. Nei secoli precenti sono stati realizzati numerosissimi alfabetieri con caratteristiche sempre piu innovative e al passo con gli studi e le ricerche del settore pedagogico. Questo libro è caratterizzato da tre parti fondamentali, quella dedicata alla ricerca, in cui viene fatto un modesto excursus sulla storia dell’alfabetiere e dell’abbecedario, dalle origini ai giorni d’oggi, suddividendo in categorie le diverse tipologie che sono state riscontrate nel corso della ricerca. Infine una volta ottenuto un considerevole bagaglio storico si passa alla seconda parte dove si considera l’aspetto pedagogico di questo affascinante tema e quindi analizzando metodologie e studi specifici che sono stati fatti dai primi anni del ‘900 fino ad oggi sul processo di apprendimento del codice alfabetico nei bambini che si apprestano ad imparare a leggere e scrivere. Successivamente si affronta la terza parte, che riguarda proprio il progetto. Alla luce di tutte le ricerche e le attente analisi eseguite sono arrivata a progettare una serie di giochi che hanno la funzione di far imparare l’alfabeto in un modo insolito, indirizzato al divertimento, alla scoperta del gioco più bello che ci sia; quello del linguaggio. Ma come tutti i giochi che si rispettino questo è un gioco estremamente serio, ciò che è sottointeso al gioco è un discorso rigoroso da un punto di vista dell’apprendimento che si rifà alla teoria dei colori, alla percezione delle forme, allo studio dei materiali. Questo progetto va alla scoperta della fisicità delle lettere che attraverso la percezione visiva che ci permette di comunicare. Dei giochi insomma, che vogliono porsi come strumento concreto che aiuti il bambino a mettere in moto quell’immaginazione che crea tutto ciò che c’è di magico nella fantasia di ogni bambino e non solo.

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L’alfabetiere: breve storia di uno strumento didattico

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L’alfabetiere è un supporto didattico-pedagogico che viene utilizzato prevalentemente nelle prime classi delle elementari e che aiuta a imparare a leggere e a scrivere.A differenza dell’abbecedario, l’alfabetiere contiene quasi esclusivamente la sequenza del codice alfabetico, in cui ogni singola lettera viene presentata nelle sue forme stampato, stampatello e corsivo. Nell’abbecedario, invece, troviamo due diverse metodologie di apprendimento: quello sillabico, fondato sull’analisi delle sillabe, e quello alfabetico, simile all’alfabetiere.L’introduzione di questo sussidio nell’insegnamento dell’alfabeto è relativamente recente (risale agli ultimi due-tre secoli). Fin dall’antichità, infatti, l’apprendimento dell’alfabeto si è articolato in diverse fasi ben distinte: prima bisognava imparare i nomi delle lettere, per poi unirle a formare le sillabe e comporre le prime parole e infine iniziare la lettura, prima sillabata, poi sempre più scorrevole.È nel 500 che inizia a diffondersi una rinnovata attenzione verso queste tematiche. Già agli inizi del secolo Teofilo Folengo, uno dei principali esponenti della poesia maccheronica, nell’ottavo libro del poema Baldus propone una classificazione delle lettere in tre tipologie1: quella del ‘significato’ (in cui, per esempio, F sta per foca), quella del ‘fonosignificante’ (B chiamata BE richiama il verso della pecora) e quella ‘grafosignificante’ (dove viene considerata la sua forma: quindi la A è una squadra, ecc). Uno dei più precoci esempi di quest’ultima tipologia è costituito dalla Grammatica Hebraica, realizzata nel 1529 da Abraham de Balens.

1.1 uno strumento per insegnare l’alfabeto

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Abraham de Balens.Grammatica Hebraica, Venezia, 1523.

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Ma chi è riuscito a ideare un metodo del tutto nuovo è il grammatico e maestro (tedesco Valentin Ickelsamer, che nel 1527 pubblicò un manualetto che insegnava a leggere e a scrivere e nel quale venivano eliminati i nomi delle lettere a favore di un loro uso fonico. Nacque così il metodo fonico- sillabico.Purtroppo, però, questo innovativo approccio passò inosservato. Soltanto un secolo più tardi si presero realmente in considerazione le teorie di Ickelsamer, quando si iniziò a mettere in discussione la necessità di doverimparare il codice alfabetico partendo dal nome della lettera: questo procedimento, infatti, costringeva il bambino a disimparare ciò che aveva imparato. La constatazione di questa difficoltà fu la base teorica dell’opera di Comenio, Orbis sensualium pictus (1658), nel quale il celebre pedagogista moldavo prende spunto dal metodo fonico-sillabico. Nell’ Orbis Pictus, inoltre, compaiono delle immagini che affiancano il testo e che hanno lo scopo di stimolare il piccolo lettore: per questo esso viene generalmente considerato il primo libro illustrato per l’infanzia.Per l’introduzione di questa metodologia all’interno delle scuole dell’obbligo in Italia, bisognerà aspettare altri due secoli: infatti, solo a partire dal 1860 iniziarono a circolare dei manuali che permettevano un discreto apprendimento del codice alfabetico, mentre nel corso degli anni nuove proposte sempre più efficaci avanzavano di pari passo con le nuove teorie educativo-pedagogiche.I vari metodi di apprendimento, alfabetico, sillabico e fonetico, fondamentalmente si sono avvalsi da sempre degli stessi sussidi didattici.Tra questi, uno dei più diffusi, soprattutto nelle prime classi delle elementari, era il cartellone illustrato, dove venivano raffigurati oggetti, animali o persone e di fianco l’iniziale delle parole in più versioni (corsivo, stampatello, ecc.).Molto utilizzato nelle scuole era anche il ‘compositoio’, una serie di piccoli tasselli quadrati con le lettere stampate, utilizzati principalmente per cominciare a comporre le parole semplicemente affiancando le lettere una all’altra.A questo proposito è interessante leggere come W. Benjamin descrive il suo ricordo di questo strumento, in un passo tratto da Infanzia Berlinese, del 1932:“Nulla di ciò che mi fu intorno nell’infanzia mi suscita più coerente nostalgia dell’alfabetiere. Era uno stiletto che conteneva impresse su singoli tasselli, le lettere dell’alfabeto, che erano più delicate, anzi più civettuole di quelle stampate. Esse si coricavano agilmente sull’obliquo giaciglio, ciascuna in se conchiusa e tutte sottomesse, nella loro ordinata sequenza, al genio della loro specie: la parola cui venivano ad appartenere come tasselli di un mosaico […] la nostalgia che l’alfabetiere mi risveglia mostra quanto questo sia stato tutt’uno con la mia infanzia. E’ questa che vi cerco in realtà: tutta la mia infanzia condensata nel gesto col quale la mia mano inseriva le lettere nella scanalatura in cui esse si allineavano. La mano può ancora sognarlo, ma mai ritrovarlo, mai ripeterlo con uguale verità. Allo stesso modo uno può sognare come ha imparato a camminare. Ma invano, adesso sa camminare, imparare a camminare non può più farlo.”2

Un altro esempio di sussidio didattico degno di nota, che ancora oggi viene

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Bibliografia1.2. G. Dossena, Enciclopedia dei giochi, UTET, Torino, 1999, (p.52, p.47);3. Designi in 1000 oggetti, Phaidon Design Classic, gruppo editoriale l’Espresso, Roma, 2008; 4. Massin, La lettera e l’immagine: la rappresentazione dell’al-fabeto latino dal secolo VIII ai nostri giorni, A. Vallardi, Milano, 1995, (p.17).

Blocchi Educativi di Wensley

utilizzato, sono i blocchi educativi di Wesley3, i celebri cubi di legno dove ogni faccia proponeva una lettera o un oggetto che richiamasse la lettera in questione. Nel corso degli anni sono state realizzate numerosissime varianti, modificando alcuni aspetti come il materiale, i colori, le figure rappresentate, e in alcuni casi sono stati inseriti anche numeri e segni per le operazioni matematiche.Infine troviamo i libri che, innumerevoli interpretazioni e declinazioni, e aldilà della distinzione tra libri per uso didattico nelle scuole e i libri utilizzati in ambito domestico, si possono raggruppare in quattro grandi categorie:abbecedari, alfabetieri, sillabari, libri illustrati.Nella modernità, con l’avvento della digitalizzazione, il mondo dell’apprendimento alfabetico si diffonde anche sullo schermo, grazie alle infinite possibilità di primo approccio alla lingua scritta, tra animazioni e giochi tridimensionali.“Incise, dipinte, cesellate, poi fuse nel piombo, fotografate e infine digitalizza-te, insensibili agli oltraggi dell’uso e dell’erosione dei secoli – benché vulne-rabili alla moda- le lettere sono state in ogni epoca oggetto di culto. Con le lettere inizia il sapere, grazie a queste il potere si impone, in esse l’uomo si riconosce, per mezzo delle lettere comunica.”4

Ma le lettere non sono solo illustrate o stampate, dipinte o disegnate. Esse sono forme a noi così familiari che tendiamo a riconoscerle nel mondo ani-male e in quello vegetale, nel contesto urbano e in quello domestico. Entrano a far parte del nostro universo di conoscenze fin da subito, fin dai primissimi anni di vita, e per questo forse ci viene naturale quel gioco di associazioni visive che ci spinge a ritrovare una lettera in una foglia, in una nuvola, in una conchiglia.È un gioco basato sulle analogie che affascina molto, soprattutto i bambini, ma non solo: anche gli adulti, infatti, si sorprendono ad osservare il mondo e a scrutare i particolari della realtà, diventando così cercatori di lettere.

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Nelle pagine precedenti sono stati riportati esempi alfabeto di diversa natura. E’ possibile ritrovare le lettere del codice alfabetico camminando per strada, nella segnaletica stradale e urbana, ma le lettere si possono rintracciare anche nella natura, negli oggetti, negli animali attraverso l’associazione visiva che permette ci permette appunto di rivedere nella realtà che ci circonda, alcuni dei tratti caratteristici delle lettere.

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Thritemius Mnemotechnic alphabets, Paris, 1623

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Nel paragrafo precedente abbiamo citato l’opera di Comenio, ma prima di parlarne in modo più specifico è opportuno ricordare che già nel 1527 il grammatico Valentin Ickelsamer rifiutò il metodo alfabetico che aveva dominato per secoli l’insegnamento, si propose di divulgare il sistema fonico, da lui ideato.Il punto di partenza di Ickelsamer è il tentativo di porre rimedio ai problemi presenti nel metodo tradizionale: secondo lui, infatti, l’apprendimento del codice alfabetico non poteva partire dal singolo nome della lettera, poiché in questo modo nel passo successivo, ovvero nella lettura scorrevole, il bambino si trovava a dover disimparare ciò che aveva appreso in precedenza.Tale difficoltà metodologica fu alla base delle sue teorie, e da qui prese spunto per sviluppare il cosiddetto metodo fonico-sillabico.Secondo Ickelsamer per imparare a leggere era necessario affidarsi ai suoni delle lettere e non al loro nome, in quanto leggendo non facciamo altro che dare un suono alle lettere.“Le lettere null’altro sono che parti della parola dette ed espresse con gli strumenti naturali della lingua e della bocca.”5

Grazie ai suoi studi e alle prime analisi sull’apprendimento infantile intuì che per facilitare questo macchinoso processo era possibile realizzare delle illustrazioni che richiamassero animali o situazioni vicine alla realtà del bambino. Nacque così il Reichte weiz, un manuale attraverso il quale il bambino, senza doversi sforzare troppo, intuiva il suono della lettera dal

1.2 didattica di un mondo dipinto:

alle origini dell’alfabetiere

Valentine Ickelsamer Reichte Weiz 1527

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Due pagine dell’abbece dario illustrato manoscritto di B. Hirschvelder (metà del sec. XV), questo è uno degli esempi di illustrazioni che si potevano ritrovare nelle pubblicazioni dell’epoca, ma erano rivolte soprattutto ad intellettuali e classi nobili.

disegno abbinato.Analizzando l’abbecedario notiamo una prima divisione composta dalle semi-consonanti o semi-vocali (halblautende), che assomigliano alle vocali perché si possono sentire in qualche modo da sole; e le mute (mutae) che non possono essere sentite da sole ma devono per forza essere accompagnate da una vocale.A fianco della spiegazione fonetico-genetica troviamo poi l’illustrazione che si rifà ad analogie prese dall’esperienza del bambino: purtroppo però le immagini del suo abbecedario non sono arrivate fino a noi perché furono stampate separatamente come carte da gioco, per cui sono andate perdute.Questo innovativo sistema di apprendimento conobbe maggiore successo soltanto nei secoli successi, come vedremo in seguito. Infatti inizialmente si trattava di un tentativo ancora in via di perfezionamento, ma che si basava su un’importante osservazione, e cioè che i bambini tendono a riprodurre i suoni che ascoltano nella quotidianità. Il metodo fonico, quindi, presentava indiscutibilmente molti vantaggi, primo fra tutti quello di semplificare il processo di apprendimento.

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Qualche anno più tardi, nel 1533, lo scrittore ed editore Peter Jordan, mettendo in pratica le proposte di Ickelsamer, stampò il primo abbecedario illustrato mai prodotto fino a quel momento. Leyenshul6 (Scuola per laici, per profani e per incolti) è il titolo di questo piccolo volume, considerato il precursore degli attuali abbecedari e alfabetieri per bambini.Si tratta di un libro che per la prima volta utilizza le immagini per identificare le lettere, anche se non è basato sul metodo fonico-sillabico: infatti di fianco ad ogni lettera rappresentata si trova una figura il cui nome inizia con quella determinata lettera (es. B con una balestra). In questo modo il bambino era comunque facilitato nella comprensione della lettera che doveva riconoscere.È interessante notare la cura dell’impianto grafico che si mantiene costante per tutto l’alfabeto, con una notevole coerenza stilistica: prima vi è la lettera in minuscolo seguita dall’immagine, e successivamente il nome in maiuscolo. Inoltre nella prima parte vengono rappresentate le vocali, mentre nella seconda le mute e semiconsonanti. Da sottolineare che le consonanti vengono scritte solo in minuscolo.Nelle intenzioni di Jordan, il Leyenshul non doveva esser nulla di così innovativo, bensì solamente qualcosa di simile al Reichte weiz, introducendo le illustrazioni che nell’opera di Ickelsamer erano andate perdute.

Peter Jordan Leyenshul 1533

Una pagina del Leyenschuldi Peter Jordan (1533) con la spiegazione delle consonan-ti “mute“.

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Due pagine del Leyenschuldi Peter Jordan (1533) con la spiegazione delle vocali.

Altre due pagine del Leyenschul di Peter Jordan (1533) con la spiegazione delle “semiconsonanti” e delle lettere W e Y.

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L’anno successivo alla pubblicazione di Leyenschul Jacob Grussbeutel, un allievo del maestro Ickelsamer, progetta un altro tipo di abbecedario cui dà il nome di Ein besondern fast nutzlich stimmen buchlein mit figuren7 (Un particolare libretto di voci con figure eccezionalmente utile), che presenta alcune modifiche rispetto al volumetto di Jordan e alle teorie di Ickelsamer.Nella prima parte si trova un elenco di tutte le lettere, proposte nei due stampatelli, senza suddivisioni tra vocali e consonanti e in ordine alfabeti-co. Dopodiché si passa ad analizzare il suono delle vocali con l’ausilio delle figure, e in seguito tutte le altre lettere dell’alfabeto. Infine con l’utilizzo di una sola figura si ritrovava la combinazione delle lettere singole con le sillabe e le sillabe composte, gruppi di vocali e di consonanti: da notare che la figura richiamava il suono e non il nome delle lettere.Nel manuale di Grussbeutel, però, si riscontra ancora l’utilizzo del metodo alfabetico tanto criticato dal suo maestro. Anche in questo caso dunque, tale metodo non venne superato del tutto, e le potenzialità del sistema fonico-silla-bico non vennero ancora del tutto sfruttate.Forse c’era la paura di tentare nuove strade e si preferiva rimanere ancorati alle impostazioni metodologiche in uso fino a quel momento, o forse la gran-de scoperta di Ickelsamer non era ancora stata compresa realmente.Fatto sta che questi tre alfabetieri non conobbero grande fortuna e, alla mor-te dei tre autori, i testi sparirono dalla circolazione, anche e soprattutto per cause belliche; per questo né il metodo fonico né l’alfabetiere illustrato non ebbero la meritata diffusione.Almeno fino a quando non apparve l’Orbis pictus di Comenio.

Jacob Grussebeutel Stimmen Buchlein 1534

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Dall’abbecedario illustrato di Jakob Grussbeutel: a sinistra un lanzichenecco che gorgoglia bevendo una bottiglia dal collo lungo (per far sentire la GH); a destra non considerando il metodo fonico, una scimmia per presentare la F e il gruppo PH dal suono simile.

Le prime pagine dell’abbecedario illustrato di Jakob Grussbeutel.

Altre due pagine dell’abecedario illustrato di Jakob Grussbeutel dove riprende le vocali.

Dall’abbecedario illustrato di Jakob Grussbeutel, con la pre sentazione delle lettere H e PF.

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La prima edizione completa dell’Orbis Sensualium Pictus fu pubblicata a Norim-berga nel 1658 dall’editore Michael Endter, con il testo in latino e in tedesco. L’Orbis conobbe ben cinquantatré edizioni nel XVII secolo e fu tradotto in mol-tissime lingue; e diventò lo strumento didattico per eccellenza, insuperato nel-la sua efficacia per oltre due secoli, adottato inoltre come libro di testo nelle scuole dell’Europa centrale ed orientale fino alla prima metà dell’Ottocento.Tre sono gli scopi fondamentali di questo libro: rafforzare le impressioni delle cose, invogliare i bambini a sfogliare altri libri e imparare a leggere con facili-tà. Tutte le immagini presenti hanno il loro rispettivo nome riportato e da qui si imposta l’insegnamento della lettura. In tale contesto pedagogico è importante la centralità che assume l’immagine come copia fedele dell’oggetto da identificare. Tutte le lettere dell’alfabeto hanno un disegno che corrisponde non all’iniziale dell’oggetto rappresentato bensì al suono o al rumore che que-sto produce. E in questo non c’è nulla di nuovo, se pensiamo a Ickelsamer.Ma Comenio si spinge oltre perché l’Orbis Pictus rappresenta un vero e pro-prio libro di lettura dove si insegnano le più svariate cose: possiamo quindi definirlo come una piccola enciclopedia per piccoli lettori che ha l’intento di mostrare il sapere elementare, organizzandolo in base al criterio didattico della sequenza di immagini e parole. In sostanza è il primo libro illustrato che mette in primo piano la necessità della concretezza nell’insegnamento, ma soprattutto, cosa non secondaria, il primo libro che si preoccupa di suscitare interesse nel bambino oltre che di istruirlo.Comenio presenta il suo abbecedario con queste parole:“Prima di tutto bisogna imparare i semplici suoni con i quali è formato il discorso umano, suoni che gli animali sanno fermare,[…] la tua lingua (o fanciullo) sa imitare e la tua mano sa disegnare. Dopo andremo per il mondo e osserveremo tutte le cose. Ecco qui un alfabeto vivo, e sonoro.” 8

Dunque, l’idea di base sulla quale si fonda tale libro è la consapevolezza che l’apprendimento deve essere un’esperienza interessante e coinvolgente per i bambini, i quali sono portati ad una spontanea attenzione verso le immagini che riprendono la loro realtà e quindi a quei processi mentali che conducono alla conoscenza.L’Orbis Pictus presenta inoltre un’innovativa struttura grafica della pagina, che organizza in modo efficace gli spazi e distribuisce immagini e parole in un ordine sequenziale ben preciso. Le immagini seguono il modello del raggruppamento per categorie e per ambienti definiti, i singoli termini sono identificabili grazie la corrispondenza tra la parola e il numero che accompagna.

Comenio Orbis SensualimPictus 1658

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Bibliografia5,6,7 D. Gasparini, Da Ickelsamer a comenio: il metodo fonico e il primo abbecedario illustrato, Armando, Roma, 1984 (p.43, p.67, p.76);8 J.A. Komensky Il mondo sensibile, cioe Raffigurazione ed elenco dei nomi di tutte le cose ed azioni fondamentali del mondo e della vita, trad A. Biggio, Tecnodid, Napoli, 1994 (intro).

Prima pagina dell’Orbis Sensualium Pictus, 1658.

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Nella pagina precedente: Orbis Sensualium Pictus, 1658. Viene proposta una sequenza di lettere con l’im-magine affiancata che riprende il metodo fonetico.

In questa pagina:L’Orbis Sensualium Pictus nella seconda parte diventa Sussidiario prevedendo nozioni di scienze naturali, ottica e astronomia.

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1.3 l’alfabetiere del XVIII secolo

Dobbiamo ricordare che fino al ‘700 non esisteva un mercato di libri per l’infanzia e un bambino, per poter leggere, era costretto a intraprendere letture per adulti, che erano prevalentemente senza immagini e avevano corpi di testo molto piccoli, quindi non adatti ad un primo approccio alla lettura. Oltretutto, a parte generi come la letteratura mitologica e, più tardi, il poe-ma cavalleresco, generalmente i contenuti dei libri non erano adeguati ad un pubblico infantile.Ma lentamente, grazie anche allo sviluppo della stampa specializzata e ai pro-gressivi miglioramenti delle tecniche e dei metodi di apprendimento, la produ-zione di abbecedari ed alfabetieri dalla fine del XVIII secolo cominciò ad avere un mercato vero e proprio all’interno dell’editoria per l’infanzia. L’ obiettivo che da secoli si cercava di perseguire era quello di rendere l’apprendimento del codice alfabetico meno faticoso e meno monotono, cercando soluzioni che prevedessero approcci didattici e pedagogici mirati.Questo sussidio didattico entrò definitivamente nelle scuole elementari come primo contatto con la scrittura e la lettura, mantenendo un’impostazione molto semplice e alcune volte forse troppo ripetitiva, ma che per molto tempo ha costituito un punto cardine per l’alfabetizzazione nelle scuole.Verso la fine del ‘800 iniziano a delinearsi due tipi di alfabetieri: quelli che venivano utilizzati principalmente in contesti scolastici e quelli utilizzati nelle case, riservati questi ultimi soprattutto alle classi socialmente più elevate. Naturalmente, le differenze tra queste due tipologie erano molto evidenti e sostanziali.

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1 Frontespizio del Sillabario a metodo fonico del 1893.2 Introduzione del Sillabario, l’autore, spiega agli insegnanti e ai genitori la metodologia utilizzata. 3-8 Pagine del Sillabario a metodo fonico.

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In questo periodo storico vengono realizzati in grandissima quantità (una miria-de) di abbecedari, alfabetieri e sillabari scolastici, ma il più delle volte è però impossibile risalire all’autore.Oltre alla distinzione tra uso domestico e uso scolastico, come abbiamo visto si possono suddividere gli alfabetieri tra quelli basati sul metodo fonico-sillabi-co e quelli che utilizzavano il tradizionale metodo alfabetico.In questa categoria si cita:Il Sillabario a metodo fonico visivo del 1893 che presenta, nelle prime pagine, un’introduzione rivolta a insegnanti e genitori in cui viene dettagliatamente illu-strato il metodo fonico e vengono distinte le sillabe naturali da quelle artificia-li, e inoltre viene spiegato come usare concretamente questo manualetto.Inizialmente ogni pagina riporta una consonante con a fianco una figura che la rappresenta, una sequenza di sillabe e un testo che contiene tale lettera ripetuta più volte. Nella seconda si trova l’elenco delle lettere secondo l’ordine comune, prima in corsivo e poi nei due stampatelli.Per quanto riguarda il metodo alfabetico, che rimane ancora il più diffuso, è da ricordare un altro sillabario illustrato, Il primo compagno di scuola, anch’es-so del 1893, nel quale si trovano solo sequenze di lettere, mentre mancano del tutto immagini illustrative. La prima pagina di questo sillabario presenta le cinque vocali in stampatello minuscolo a carattere molto grande, che occupa-no tutto lo spazio; poi si passa a scomporre l’ordine delle vocali e a presen-tarle anche in corsivo, seguono le sillabe, l’elenco di tutte le lettere maiuscole e minuscole in corsivo, e in conclusione una sequenza di sentenze sacre e morali.9

Anche per i libri d’infanzia che venivano utilizzati al di fuori dall’ambiente scolastico troviamo, sempre in questi anni, una produzione che cresce mol-to velocemente. I libri potevano essere di vario tipo: alfabeti figurati, brevi filastrocche, giochi con l’alfabeto. Le lettere creavano delle sequenze narrative con personaggi fantastici che stimolavano l’interesse e il piacere nel bambino, ritrovando figure piene di colori in movimento, molto diverse dalle noiosissime successioni di lettere proposte dagli abbecedari scolastici.Un esempio di questa produzione, risalente al 1908, è Lyrics Pathetic and Humorous from A to Z di Edmund Dulac, un simpatico libro illustrato dove ogni lettera è accompagnata da una filastrocca. Qui non si riscontrano grandi metodi educativo-pedagogici di base, ma è di certo un primo esempio di libro narrativo illustrato per l’infanzia dove le lettere sono il filo conduttore della narrazione.Arriviamo così agli inizi del ’900, in cui uno degli obiettivi dell’editoria per l’infanzia in Italia era quello di rinnovare l’illustrazione e l’impostazione grafica: quindi meno racconti moraleggianti ottocenteschi e più fiabe e immagini, di-datticamente più efficaci. Anche il corredo decorativo si aggiorna, conseguen-temente a continue contaminazioni artistiche, mentre l’illustrazione si fa più attenta ai colori, soprattutto nei motivi floreali allora di grande tendenza.A dimostrazione di ciò, all’interno della collana Mondatori Bibliotechina di giro-tondo per i più piccini del 1923, possiamo trovare il volumetto Le meraviglie della casa di Belt nel quale l’illustratore, Bruno Agnoletta, con una straordina-ria versatilità opera una lettura di interpretazione che non si ferma ad una

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dimensione banalmente decorativa, giocando con un piccolo formato e legan-do le illustrazioni al contenuto e all’impianto grafico delle pagine.Tutti i testi e le illustrazioni di questa collana mescolano la felicità dei colori all’eleganza di alcuni personaggi come il Sign. Sillabario. Si tratta di una sto-riella che ruota attorno alle figure di due vecchi vagabondi, Secchi e Sberlec-chi, che si ritrovano di colpo in un palazzo ricchissimo, il palazzo dell’alfabeto. Il linguaggio un po’ sgrammaticato dei protagonisti, affiancato a quello sofisti-cato delle lettere, creano un effetto paradossale e divertente il tutto accompa-gnato da un’illustrazione semplice in cui i visi tondi e i corpi triangolari danno la giusta combinazione di uomini e oggetti, creando così una dimensione ironica e fiabesca. Negli stessi anni troviamo anche la Bibliotechina presco-lastica illustrata da Antonio Rubino, una serie di piccoli volumi dall’insolito formato quadrato, che contengono storielle dove le lettere sono le indiscusse protagoniste (Belle lettere, Il re Bifè, La scuola di scarabocchio, O di Giotto). Le vicende, divertenti e fantasiose, sono ambientate in mondi inventatiabitati da personaggi bizzarri con sembianze di vocali e consonanti, e corredate da illustrazioni coloratissime e appariscenti che dominano le pagine, lasciando al bambino la curiosità e la voglia di sfogliare questi libri fatti apposta per lui.Nel corso del ‘900 si sviluppa una sensibilità più attenta e profonda verso la letteratura per l’infanzia e, attraverso nuove ricerche, studi e congressi, le metodologie didattiche si fanno sempre più efficaci.Lentamente ci si rende conto dell’enorme importanza che ha questo settore non solo per l’educazione, ma anche per la formazione morale delle nuove generazioni. Per cui editori, maestri, psicologi, grafici ma anche scrittori, si avvicinano e si specializzano in questo settore.Per esempio nell’Abbecedario dei mestieri del 1950 le illustrazioni rappresen-tano in modo molto dettagliato la società di quel periodo storico; dato che ad ogni lettera viene associato un mestiere (molti dei mestieri riportati oggi non esistono più), l’impostazione grafica e metodologica di questo volumetto rimane tradizionale e addirittura viene dato un peso minore alle lettere per far emergere le illustrazioni.Un libro invece che si discosta completamente dalla tradizione con un’impronta davvero innovativa e originale è Scintille e piroette di Paul e Ann Rand, pubbli-cato per la prima volta nel 1957. In questo libro ‘essenziale’, i due autori si divertono con le parole, giocando col loro suono e il loro ritmo. la loro utilità. Paul Rand, con grande passione, colora le parole evidenziandone la forma, ma anche la musicalità e il significato: in questo senso, immagini e testo si rafforzano e si completano a vicenda. Scintille e piroette riesce ad unire il massimo della complessità con il massimo della semplicità, in quanto essen-do un libro rivolto ai bambini utilizza un linguaggio semplice, ma nello stesso tempo richiede un approccio pedagogico accurato ed efficace.

Bibliografia9 D. Gasparini, Da Ickelsamer a comenio: il metodo fonico e il primo abbecedario illustrato, Armando, Roma, 1984, (p.70).

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9 Il primo compagno di scuo-la, ovvero sillabario e letture spedite con il metodo fonico, Autori il maestro M. Longo e figlio, Napoli, 1893.10 Lyrics Pathetic and Humo-rous from A to Z di Edmund Dulac del 1908.11 Frontespizio di Le meravi-glie della casa bianca di Belt illustrazioni di B. Agnoletta, 1923.12 Alcune pagine interne di Le meraviglie della casa bianca di Belt illustrazioni di B. Agnoletta.

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Frontespizio e una pagina interna di O di Giotto, Collana Bibliotechina prescolastica, Illustrazioni A. Rubino, 1925.

Frontespizio e una pagina interna di Belle lettere, Collana Bibliotechina prescolastica, Illustrazioni A. Rubino, 1925.

Frontespizio e una pagina interna di La scuola di scara-bocchio, Collana Bibliotechina prescolastica, Illustrazioni A. Rubino, 1926.

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13 Alcune pagine tratte da L’abbecedario dei mestieri del 1950.In questa pagina alcune pa-gine di Scintille e piroette di Ann e Paul Rand, 1957.

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1.4 il caso Munari

Bruno Munari ha sempre dedicato la propria attività creativa alla sperimenta-zione, declinandola in ogni sua forma e affiancandole un’attenzione particolare per il mondo dei bambini e dei loro giochi. Le sue creazioni nei campi della pittura, scultura, design, fotografia e didattica ne attraversano le diverse poe-tiche seguendo il filo della sua personalissima originalità.Le sue proposte, sia nel campo dei libri illustrati sia in quello dei cosiddetti giochi educativi, riman-gono un punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che si avvicinano a questo mondo.Di sicuro la letteratura per l’infanzia deve molto a Munari, tuttora ritenuto uno dei più grandi esponenti di questo settore.Il mondo infantile entra a far parte della vita di Munari fin da subito. Ciò che lo contraddistingue è la sua concezione del ‘fare un libro’, in quanto non si limita al ruolo di autore ma si spinge anche a consigliare e a controllare ogni fase della produzione e della distribuzione. I suoi libri superano il ruolo tradi-zionale e diventano oggetto-gioco, contenitore di sorprese, inesauribile fonte di stimoli.In questo senso l’attrazione per il gioco si sovrappone all’interesse per la didattica e per l’educazione, dove comunque il gioco rimane fondamentale. Gioco ed educazione per Munari sono alla base di tutti i suoi progetti.Tra i quali citiamo i seguenti:L’abecedario di Munari, del 1942, è il suo primo libro sull’alfabeto dedicato all’infanzia. Il volume, che si basa sul metodo alfabetico, è studiato su un formato quadrato e tutte le forme presenti all’interno sono in misura armonica

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con questa forma. Ogni lettera viene rappresentata su doppia pagina: nella prima troviamo la lettera nelle tre versioni maiuscolo, minuscolo e corsivo su fondo colorato viene evidenziata quella maiuscola; nella seconda pagina la lettera in questione viene posizionata con un corpo molto grande al centro della pagina, e di fianco troviamo le figure che riprendono l’iniziale della lettera stessa. Le illustrazioni sono tutte monocromatiche e si distinguono così dalle lettere che invece sono colorate. Un elemento interessante di questo libro è l’invito che Munari fa ai lettori, proponendo di realizzare dei cliché di legno ricalcandoli dalle grandi lettere.

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Pagina precedentr frontespizio dell’Abbecedario;In questa pagina alcune pagi-ne dell’Abbecedario di Bruno Munari, 1942.

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Frontespizio e alcune pagine dell’Alfabetiere di Bruno Muna-ri, 1960.

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L’alfabetiere, edito da Einaudi, riprende e re-inventa l’abbecedario. Si tratta di un libro pre-scolastico dove le lettere non sono disposte secondo il metodo alfabetico, ma secondo le difficoltà che incontra il bambino. Questo tipo di struttura fa parte di quel metodo attivo che invita il lettore a intervenire con la sua personalità in azioni destinate ad insegnargli qualcosa di utile. In questo caso il bambino può intervenire sul libro stesso continuando ad incollare nelle pagine le lettere dell’alfabeto che avrà ritagliato da vecchie riviste. Per lui sarà un gioco molto stimolante perché dovrà andare alla ricerca di lettere con molte somiglianze e molte differenze e scegliere quelle che più ritiene oppor-tune per completare il suo libro. Per ogni lettera Munari ha composto una breve filastrocca che contiene molte parole che si legano appunto alla lettera: non c’è un senso logico perché ai bambini non interessa, ma c’è ritmo sonoro e qualche vaga immagine. Ogni bambino alla fine avrà il suo libro personale.Munari però non si limita solo a proporre degli alfabetieri-libro, e crea dei giochi sulle lettere che hanno lo scopo di stimolare appieno la fantasia e la creatività del bambino.In genere la progettazione di un giocattolo per bambini può essere impostata in diversi modi: uno di questi, il più usato, è quello di ideare una produzione di giochi basandosi solo sulle possibilità di assorbimento del mercato, senza preoccuparsi se questi giochi o giocattoli siano realmente utili alla crescita e allo sviluppo della personalità del bambino.Munari invece mirava a dei progetti che potessero contribuire alla crescita individuale, ma che fosse anche economicamente accessibile. Ecco perché nella progettazione creava dei giochi che non fossero ripetitivi, e che dessero libertà di creare.E’ un esempio che contiene e riassume questo tipo di considerazioni. È una semplice scatola con una serie di figure rettangolari e semicircolari di diver-se dimensioni, in un primo tempo realizzate in cartone e successivamente in materiale plastico, con le quali si può comporre ogni lettera dell’alfabeto maiuscolo arrivando così a conoscerne la vera forma. Il bambino, attraverso questa sperimentazione, saprà per esempio che la R e formata da una linea verticale, una curva e una inclinata; che la D e formata da una verticale e una grande curva e cosi via. Quando avrà appreso la forma di ogni lettera, si divertirà a comporre delle varianti, usando più elementi assieme. Questo è sicuramente un modo creativo per avvicinarsi alla lettura e alla scrittura, ma permette anche di divertirsi poi a scombinare regole e forme, per inventa-re e re-inventare il proprio alfabeto.

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ABC componibile di Bruno Munari, gioco edito nel 1960 da Danese.

ABC con fantasia di Bruno Munari, riproposta edita da Corraini, 2008

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1.5 tecniche di apprendimento ed editoria per

l’infanzia: un’evoluzione comune

Una considerazione a parte merita il rapporto tra la storia dell’editoria e le tecniche di apprendimento.L’invenzione della stampa a caratteri mobili, avvenuta intorno al 1450, favorì enormemente la produzione di libri, opuscoli, calendari, fogli di notizie, che si sviluppò sempre di più nel corso dei secoli specializzandosi nei vari campi.Parallelamente a questi continui progressi e miglioramenti della tecnica di stampa, si assiste anche all’evoluzione della pedagogia che comincia a con-siderare fondamentale l’apprendimento della lettura e della scrittura nel bam-bino, cercando di andare incontro a quelle che sono le reali esigenze che si riscontrano in questa fase particolare dell’età dell’uomo.Per secoli i vari metodi d’istruzione per l’insegnamento della scrittura si fon-darono prima di tutto sull’apprendimento del nome di ogni singola lettera per poi passare alla forma, al valore delle lettere, al loro suono, poi alle sillabe e infine alle parole con le loro proprietà. Questi metodi alfabetici per quanto improduttivi continuarono comunque ad essere utilizzati per moltissimi anni per due motivi, innanzitutto perché era ancora diffusa una certa incompetenza sulla psicologia del bambino, e in secondo luogo in quanto il bambino aveva un ruolo marginale nella società, ed era posto allo stesso livello degli incolti.Questo fu un grosso freno per un’adeguata educazione, che non si curava di avere dei corretti orientamenti didattici, anzi, il più delle volte si verificavano metodi incoerenti che creavano solamente gravi lacune difficilmente recupera-bili.E’ importante notare però come gli orientamenti pedagogici e la nascita di

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un mercato nell’editoria dell’infanzia progredirono in modo simultaneo e paral-lelo. Le innovazioni tecniche della stampa permisero a molti autori di iniziare a collaborare con psicologi e pedagoghi per riuscire a trovare delle soluzioni sempre più efficaci, sfruttando le innumerevoli opportunità che la stampa metteva a disposizione: basti pensare per esempio ai libri realizzati con carte particolari, con immagini a colori o dai formati inusuali, per arrivare ai giorni nostri con il libri pop-up.pratiche pedagogiche oggiL’insegnamento, dal momento in cui si propone di trasmettere al bambino gli strumenti per eseguire la lettura e la scrittura, deve tener conto delle conoscenze passate e delle singole strategie di apprendimento da lui attivate spontaneamente.La scuola dell’infanzia dovrebbe permettere a tutti i bambini una sperimenta-zione libera sui segni della scrittura, in un ambiente ricco di scritture diverse, nonché un ascolto della lettura ad alta voce,..di vedere gli adulti scrivere, di cercare di leggere, di giocare con il linguaggio

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per scoprire somiglianze e differenze sonore.In sintesi, le prime abilità che il bambino deve poter acquisire nella scuola dell’infanzia sono:1. esercizi di controllo motorio 2. discriminazione percettiva 3. riconoscimento e copia di lettere4. distinzione di sillabe o parole5. nessun uso funzionale della lingua scritta10

In sostanza, si deve dare modo di sperimentare con le lettere, perché il bam-bino apprende di più inventando forme e combinazioni che copiando, oltretutto è più stimolato se cerca di produrre insieme ad altri bambini le rappresenta-zioni delle parole.Il bambino non deve essere considerato come soggetto passivo nel processo di apprendimento, ma protagonista del suo percorso. L’insegnante, o l’adulto che lo educa, deve facilitargli questo compito cercando di creare le condizioni più favorevoli perché arrivi nel modo più adeguato a diventare competente, rispettando ciò che sa fare e rendendolo consapevole di questo. Così facendo si condurrà il bambino a costruirsi una visione positiva di sé e si cercherà di rendere il più possibile piacevole e gratificante lo stare a scuola. E’ fon-damentale che i bambini abbiano la possibilità di familiarizzare con le lettere nel modo più naturale e spontaneo, cercando di non dare limiti alla creatività ma continuando a dare nuovi stimoli e utilizzando strumenti diversi. In questo modo, nel momento in cui dovranno affrontare la vera essenza del codice alfabetico non si troveranno davanti ad un ambiente ostile e misterioso.Molto spesso i problemi che vengono rilevati non sono riconducibili all’appren-dimento del bambino, ma proprio verso i tempi brevi di attenzione e all’emo-zione di affrontare nuovi argomenti. E’ per questo che bisogna concedere ai bambini il tempo loro necessario per coltivare le loro scoperte, dare risposte alle loro domande, senza anticipare i tempi che potrebbero generare in futuro dei disturbi di apprendimento. E’ importante che sappiano che tutti quegli strani segni servono per una funzione specifica che è la lettura che arrivano da un’altra attività specifica che è la scrittura. I bambini lavorano in modo cognitivo, cercando di comprendere le informazioni di diversa provenienza, quindi quelle che ricevano dai testi, dai cartelli stradali, dai contenitori di giochi ecc. Questo tipo di informazione che non è trasmes-so all’inizio dell’istruzione scolastica ma la possiedono già intorno ai sei anni: ciò costituisce una sorta di bagaglio molto prezioso, acquisito nei primi anni di vita. I tradizionali esercizi preparatori proposti nella scuola dell’infanzia non vanno oltre l’esercizio motorio e percettivo, quando invece dovrebbe essere contenuto anche quello cognitivo.Invece bisogna preoccuparsi di offrire ai bambini occasioni per apprendere, perché la lingua scritta è molto più di un insieme di forme grafiche; infatti:“è una modalità di esistenza della lingua, è un oggetto sociale, è parte del nostro patrimonio culturale.” 11

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Bibliografia10 C. Pascoletti, a scrivere, le componenti dell’abilità di scrittu-ra e prove di valutazione dei prerequisiti, vol. 1, Vannini, (p. 32) 11 Brescia, 2005; E. Ferrerio, Alfabetizzazione: teoria e pratica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003, (p. 17).

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Educazione alla visione ed apprendimento dell’alfabeto

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2.1 dallo scarabocchio alla scrittura

Lo scarabocchio nasce come un’attività intrecciata di casualità ed intenzio-nalità. Questi segni vengono fatti con stupore, divertimento e curiosità per esplorare lo spazio e le proprie capacità. Nello scarabocchio sono presenti componenti di tipo:1. gestuale: i movimenti del braccio e della mano, più o meno ampi2. sonoro: i rumori con i quali il bambino accompagna il gesto3. verbale: le parole che pronuncia mentre disegna4. grafico: i segni che appaiono sul foglio5. cinetico: l’energia utilizzata nel tratto gestuale.12

Diverse discipline contribuiscono allo studio delle fasi di crescita del bambino. Centrale è la grafologia, in quanto attraverso l’analisi del segno grafico con-sente una giusta lettura del tipo di sviluppo che caratterizza ogni bambino.Nello scarabocchio sono dunque compresi la scrittura, il disegno, il gesto e l’emozione del fare. Il bambino, circondato dalla nascita da un mondo ricoper-to di scritte, adotta dei comportamenti di ricerca del significato, ritrovando immagini e parole conosciute.“In questo gioco dello scarabocchio io traccio di primo acchito qualche sorta di disegno con una linea ed invito il bambino che sto intervistando a farlo diventare qualcosa e poi egli fa per me uno scarabocchio che a mia volta faccio diventare qualcosa.” 13

Attraverso l’attività grafica, che inizia dallo scarabocchio per passare poi al disegno ed quindi alla scrittura, il bambino oltre che raccontare cose, storie e avvenimenti, esprime il proprio mondo istintivo ed emozionale. Egli trasferisce

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Prime approcci con il codice alfabetico.

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Bibliografia12 F. Guindani, G. Romano, Lo scarabocchio, Era Nuova, Peru-gia, 1996, (p.93);13 D. W. Winnicott, Gioco e Realtà, Armando Editore, Roma 1996, (p.126); 14 15 16 M. Bernson, Dallo scarabocchio al disegno: evoluzio-ne grafica del bambino dai 3 ai 6 anni, Armando, Roma, 1968, (p. 43, p. 51, p.56).

In questa pagina: “Insetto”, Anna due anni e mezzo.Nella pagina sucessiva “Papà, papavero ed io”, Mattia tre anni.

sul foglio i suoi impulsi più profondi, le emozioni e gli eventuali disagi che non è in grado di esprimere verbalmente.Tramite l’espressione pittorico-grafica14, il bambino svela la sua ricchezza im-maginativa e tutto quanto deriva dal suo temperamento e dalla sua intelligen-za razionale, sensoriale ed emozionale. Egli infatti proietta inconsapevolmente sul foglio l’armonia ma anche i conflitti e le ansie che vengono sdrammatizzati attraverso la rappresentazione grafica.Il passaggio dallo scarabocchio al disegno e infine alla scrittura avviene pro-gressivamente e parallelamente allo sviluppo cognitivo-sensoriale.Intorno ai due anni e mezzo il bambino entra nella fase dello scarabocchio controllato15 e si impegna nell’effettuare movimenti che producono determinati segni. Crea così forme casuali come linee verticali, orizzontali, circolari. Verso il terzo anno arriva la fase del pensiero simbolico-rappresentativo16, e l’inizio del linguaggio parlato. In questo periodo emerge il desiderio di comunicare qualcosa dando un nome alle proprie rappresentazioni grafiche, ma senza la diretta spiegazione da parte del bambino, il suo scarabocchio risulta ancora irriconoscibile per l’adulto.Intorno ai quattro anni, poi, il bambino tende ad abbandonare lo scarabocchio per impegnarsi nei primi tentativi di abbozzo della figura umana, di simboli e di lettere.

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2.2 sintesi sull’evoluzione della grafia del bambino

L’atto dello scrivere non è un’attività spontanea come il disegno e viene solita-mente appresa tramite l’intervento continuativo dell’adulto a partire dalla prima classe della scuola elementare. L’apprendimento della scrittura richiede una maturazione intellettiva e fisiologica che avviene gradualmente.Fin dall’inizio della sua esperienza con il mondo dei segni il bambino è portato a ripetere comportamenti grafo-motori17 soprattutto se favorito dall’ambiente.In realtà, non esiste un parallelismo tra progressiva acquisizione del linguaggio e aumento della produzione grafica. Questo è dovuto fondamentalmente a due. In primo luogo, i genitori sono più portati ad aspettarsi che il bambino esprima interessi maggiori per attività manipolativo-ludiche. E secondariamente c’è da dire che il comportamento grafico è poco rinforzato quando si presen-ta.Il bambino, dopo aver avuto modo di prendere confidenza con lo spazio e le superfici, inizia progressivamente ad assumere una posizione più comoda di fronte al piano di scrittura e gli diventa naturale appoggiare il gomito sul foglio: in questo modo il gomito facilita i movimenti dell’avambraccio, consen-te di staccare più facilmente la matita e migliora la possibilità di diversificare le linee tracciate. Contemporaneamente il bambino, per la volontà di imitare l’adulto, comincia a sostenere la matita con un’impugnatura adeguata: la con-seguenza di questa nuova presa, che coinvolge i movimenti delle dita e del polso, è l’esecuzione di segni grafici molto più piccoli e più controllati rispetto ai precedenti.Inoltre attraverso l’esercizio il movimento da spontaneo diventa organizzato.

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Quindi se prima l’occhio osservava quello che faceva la mano, ora è l’occhio che guida i movimenti della mano verso le direzioni che il bambino vuole seguire (la coordinazione occhio-mano consente al bambino di far partire il tracciato in un punto e concluderlo nelle vicinanze di questo formando una specie di cerchio), imparando in questo modo a riflettere e a prevedere le conseguenze dei suoi gesti. Cosi la traccia casuale diviene tracciato che presenta una certa volontà rappresentativa, e si può constatare altresì una buona capacità di organizzazione dello spazio, a mano a mano che il bambino si rende conto dei limiti del foglio, fino a riuscire a non andare oltre i limite dei bordi.Prendendo sempre più confidenza con l’ambiente grafico a sua disposizione, il bambino migliora il controllo occhio-mano18 arrivando a scoprire e a speri-mentare le potenzialità di questo nuovo mezzo comunicativo, che gli offre non solo una soddisfazione immediata di tipo sensoriale, ma anche il piacere di af-fermare se stesso, le sue emozioni, la sua vitalità nonché la sua aggressività e ansia. Sin da questa fase è importante educare il bambino ad una impu-gnatura corretta e rilassata: infatti, in base a come sviluppa la capacità di maneggiare la penna, parallelamente si sviluppa anche il grafismo. I benefici di questo intervento si rifletteranno sulle future espressioni grafiche del bambino: il disegno e la scrittura.

Bibliografia17 E. Ferreiro, A. Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti Barbera, Firenze, 1985 (p. 152); 18 E. Catarsi, M. Lobardi, R.Villani, Educazione visiva: dal dise-gno all’immagine, Junior, Bergamo, 2002 (p. 89).

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2.3 primi passi verso la scrittura

La scrittura compare molto presto nei disegni spontanei, ciascun bambino nel-l’avvicinarsi alla scrittura cerca di scoprire le regole necessarie per impadronir-si di questo codice facendo prove ed errori. Sono errori indispensabili perché l’elaborazione mentale si svolga seguendo i tempi e le capacità personali e perché la scrittura diventi un piacere e non un compito. La scrittura è un simbolo, insieme significante e significato, che può essere interpretato facendo riferimento alle diverse categorie di segno (angolo, curva, linea, punto ecc.). Si può notare facilmente che il bambino mostra subito una certa predisposizione al disegno, ed un particolare piacere nel lasciare traccia di sé nello spazio, in questo caso il foglio. Il segno grafico è per lui un modo di entrare nel mondo, e di comunicare. Ecco perché lo scarabocchio il disegno e la scrittura vengono definiti strumenti proiettivi18,perché il bambino ha la possibilità di scegliere la modalità di realizzazione più consona alla sua personalità sia nel caso in cui si esprima liberamente e senza indicazioni.

Bibliografia18 A. Oliviero Ferrarsi, Il significato del disegno infantile, Boringhieri, Torino,1985, (p.42)

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2.4 apprendimento del codice alfabetico

Capita con una certa frequenza di incontrare bambini che sanno già leggere e scrivere alla scuola dell’infanzia. Le attività di pre-scrittura riguardano principal-mente la copiatura di lettere a parole, tracciandole correttamente e adottando sul foglio l’orientamento da sinistra verso destra. La scuola elementare infatti si aspetta dalla scuola dell’infanzia l’impegno di sviluppare nei bambini quelle capacità motorie, sensoriali e percettive più direttamente coinvolte nell’atto del-lo scrivere, insieme allo sviluppo del linguaggio verbale, considerando queste abilità come dei pre-requisiti necessari all’insegnamento successivo della lingua scritta.Gli studi di Emilia Ferreiro e Ana Teberoscky19 hanno evidenziato come le capacità di leggere e scrivere sono il punto di arrivo di un lungo processo cognitivo attraverso il quale il bambino arriva progressivamente a capire come funziona il sistema di scrittura.Sintetizzando il processo, le fasi dell’evoluzione linguistica del bambino posso-no essere cosi suddivise:- differenziazione disegno/scrittura: il bambino vivendo in ambienti scritti, comincia a classificare i segni del mondo che lo circonda e distingue i segni che si usano per scrivere da quelli che si usano per disegnare.- fase pre-convenzionale: rappresenta un periodo lungo in cui il bambino è fuo-ri dalla convenzionalità della lettura e della scrittura. Quando si chiede ad un bambino in questa fase di scrivere spesso imita il gesto che fanno i grandi. Molto interessante è esaminare la scrittura spontanea ed osservare in essa due fattori: il fattore esecutivo, e cioè come il bambino scrive, e il

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fattore costruttivo, come il bambino pensa che si faccia a scrivere. Questi due momenti non vanno di pari passo, e uno non include l’altro. Un bambi-no può ad esempio dimostrare buona esecuzione nella scrittura senza però rispettare il parametro costruttivo.Nella fase pre-convenzionale il bambino non attribuisce valore al suono, ma scrive con variazione di qualità, quantità (ad esempio una parola lunga per oggetti lunghi come il treno o per parole che ritengono importanti), ordine. In questa fase i bambini difficilmente scrivono parole con meno di 4/5 lettere. Questo accade perché le parole presenti nell’ambiente spesso sono più lunghe e ai bambini pare che le parole corte non possano essere lette.- fase convenzionale: si verifica quando i bambini cominciano ad attribuire valore ai suoni. Essi capiscono cioè che per scrivere bisogna utilizzare deter-minati segni e far corrispondere questi segni ad un suono. La fase convenzio-nale comprende 3 diversi passaggi: 1. ipotesi sillabica: i bambini sentono le sillabe, la rima o il pezzo lungo di parola e pensano di dover utilizzare un segno per ogni sillaba.2. fase convenzionale, ipotesi sillabico-alfabetica: i bambini capiscono che nelle sillabe ci sono più suoni.3. fase convenzionale, ipotesi alfabetica: i bambini sentono che ad ogni suono corrisponde un determinato segno.Questo lungo processo viene in genere affrontato autonomamente dai bambini. Nella società attuale sono innumerevoli le occasioni in cui il bambino incontra la lingua scritta: libri per bambini, insegne di negozi, scritte sulle confezioni, operazioni di lettura e scrittura compiute dagli adulti, per non parlare dello vastissimo panorama dei nuovi mezzi informatici e di comunicazione (cellulari, computer, ecc).I bambini quindi si interrogano su questo strano fenomeno che è la scrittura e intraprendono così un vero percorso di ricerca che li porterà alla scoperta di come funziona il nostro sistema di scrittura. E’ importante in questo momento affiancare il bambino chiedendoci che cosa ha in mente, dialogando con lui, fornendogli materiali e stimoli sempre nuovi che di volta in volta gli possano servire. Bisogna dare ai bambini il tempo per lasciare sedimentare le sco-perte, i dubbi, le domande, senza fretta, per rendere questo processo il più naturale possibile.

Bibliografia19 E. Ferreiro, A. Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti Barbera, Firenze, 1985, (p.58).

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Utilizza segni grafici non convenzionali; non è legato alla differenziazione dei segni all’interno della parola e tra le parole.

Utilizza segni grafici conven-zionali senza riconoscerne il significato; differenzia i segni all’interno delle parole e tra le parole; riconosce alcune lette-re ma non le usa per leggere

Utilizza segni grafici conven-zionali senza riconoscerne il significato; differenzia i segni all’interno delle parole e tra le parole; riconosce alcunelettere ma non le usa per leggere.

In seguito un elengo schema-tizzato di esemplificazioni trat-te da lavori fatti con i bambini da insegnanti delle scuole dell’infanzia di P.zza Guala 140 e C.so Croce 21,Circolo Didattico Municipale 35°, Torino, 1985.

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Scrive parole diverse, lunghe e corte, con uno stesso numero di lettere (differenzia una parola dall’altra cambiando l’ordine delle lettere); ricono-sce le lettere ma non le usa per leggere.

Il bambino pensa che ad ogni lettera corrisponda un suono sillabico; conosce le vocali e le utilizza per scrivere la sillaba corrispondente.

Il bambino pensa che ad ogni lettera corrisponda un suono sillabico quando leggendo incontra più lettere le rag-gruppa, o prolunga il suono o inventa parole nuove.

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Scrivere più lettere di quante sono le sillabe; in molti casi non riesce ancora asuddividere la sillaba nei fone-mi che la compongono.

Incomincia a scrivere più let-tere di quante sono le sillabe, ma in molti casi non riesceancora a suddividere la sillaba nei fonemi che la compon-gono.

Livello alfabetico

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2.5 educazione visiva nella scuola dell’infanzia

L’insieme delle attività espressive inerenti alla comunicazione e all’espressione grafico-pittorica e il loro continuo intreccio hanno un ampio spazio nel proget-to educativo della scuola per l’infanzia. I bambini, in questi anni, sviluppano i cosiddetti processi di simbolizzazione20: con questo termine s’intende una pluralità di significati di tipo personale ed interiore, attraverso i quali i bam-bini esprimono con sentimenti e stati d’animo richiamando e rappresentando oggetti, persone, situazioni attraverso simboli (per esempio la famiglia viene rappresentata da una casa o da due figure che si tengono per mano).Ogni sistema simbolico ha la propria struttura morfologica, il proprio codice che viene individuato come singolare e particolare rispetto agli altri: i bambini dall’età di tre anni utilizzano la pluralità dei diversi significati mostrando di saperli condividere con gli altri.In quest’ottica le attività espressive nella scuola dell’infanzia non sono tanto materie da apprendere ma linguaggi che comunicano i significati delle relazioni tra interiorità/esteriorità e individualità/socialità.Dal punto di vista formativo la simbolizzazione è un processo che accom-pagna la presa di distanza del bambino dalla realtà esterna a sè, e questo processo consiste nel passaggio dal segno, al simbolo al linguaggio: la dimensione senso-percettivo-motoria è il punto di partenza per arrivare all’as-segnazione del simbolo, quindi ad identificare tutto ciò che è la realtà che lo circonda, questo processo coincide con la nascita delle immagini che contri-buiscono allo sviluppo della percezione della realtà.Il primo punto fondamentale di questo processo è quello di voler salvaguar

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Bibliografia20 E. Catarsi, M. Lobardi, R.Villani, Educazione visiva: dal dise-gno all’immagine, Junior, Bergamo, 2002, (p. XVIII)

dare l’autenticità espressiva del bambino, che intorno ai tre anni fino ai sei costruisce l’immagine utilizzando spontaneamente le leggi di composizione del campo, dell’oggetto e del colore. Quindi il primo elemento del percorso for-mativo è proprio quello di dare padronanza delle tecniche di rappresentazione visiva.

Bambini al lavoro, nel labora-torio di educazione visiva.

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2.6 dal gioco al linguaggio

Il bambino ha bisogno di sperimentare toccando tutto ciò che si trova intorno a lui, toccando lascia impronte, macchie, segni, ed è incuriosito dalle tracce lasciate, tanto che diventa un gioco imbrattare pareti e qualsiasi cosa gli ca-piti sotto mano. Sostanzialmente, tutto ciò che gli sta può interagire con lui, perché il suo bisogno fondamentale è conoscere e capire.Il rapporto con il foglio e i mezzi grafici nasce dall’interazione con gli stru-menti e i supporti espressivi attraverso il fare, il distruggere, il rifare. Il bambino non sceglie di tracciare un segno stando davanti al supporto, ma ha bisogno di entrare in relazione con il supporto stesso così come deve entrare in relazione con il pigmento e i segni lasciati.A tre anni è già in grado di disegnare in ogni direzione del foglio, con traccia-ti orizzontali, verticali e circolari: riesce a organizzare, intuitivamente, segni e macchie colorate in equilibrio nel campo, tenendo conto dei pesi dimensionali e cromatici che svilupperà presto, anche verso i quattro, cinque anni in modo più sistematico, fino ad entrare nella fase linguistica.E’ fondamentale quindi che non venga costretto a rappresentare in senso imitativo la realtà, ma la conoscenza del reale deve passare attraverso il comporre. La creatività del bambino si sviluppa creando ed elaborando, ogni elaborato deve essere frutto di una creazione personale per questo è importante dargli la possibilità di esprimere contemporaneamente esperienze tecniche di composizione e di lettura dell’immagine attraverso la realizzazione di un loro materiale grafico, pittorico e plastico. I segni che trova nell’ambiente

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che lo circonda lo stimolano e lo incuriosiscono così toccando e osservando comincia a esplorare le forme.I processi logici e percettivi si evolvono e maturano gradualmente con la crescita del bambino, scoperti gli strumenti e i supporti il bambino è stimolato a sperimentarli.Già intorno all’età di quattro anni, quindi nella scuola dell’infanzia, è possibile dare l’opportunità di avere dei primi contanti con le lettere, creando occasioni di gioco con il codice alfabetico. Questa fase del processo di apprendimento è estremamente delicata, e per questo è fondamentale scegliere con cura i vari supporti pedagogici a disposizione del bambino.

Alcune immagini dei lavori eseguiti dai bambini della scuola elementare di Fiera di Primiero secondo il metodo Bruno Munari, il laboratorio è stato condotto da Beba Restelli. Giocare con le lettere e le parole aiuta a sviluppare la fantasia e l’intelligenza, ad arricchire il lessico e imparare l’italiano in modo divertente e creativo.

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Altre immagini del laboratorio di Beba Restelli.

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2.7 i nuovi alfabetieri

Attraverso le nuove proposte di alfabetieri, non utilizzati a livello scolastico, s’intende superare questo problema, ricorrendo per la prima volta al concetto di somiglianza figurativa. I nuovi alfabetieri sono composti perciò da una serie di disegni dai quali il bambino potrà facilmente ricavare, per deduzione immediata, i relativi segni alfabetici, da memorizzare. Dalla figura della montagna, ad esempio, prende origine la lettera M, da quella del Corno la C ecc. Accostando una lettera dell’alfabeto ad una figura che le somigli sia in senso sonoro che figurativo si favorisce l’apprendimento dell’immagine di conseguenza, anche della lettera, grazie al processo di somiglianza che per-mette di ricordare e ordinare nella mente tutto ciò che è corrispondente nella forma. Ma sono state anche altre le novità, per esempio, l’Alfabetiere di Bruno Munari che utilizza il cosiddetto metodo attivo, invitando il bambino a continua-re la realizzazione del libro facendolo diventare unico e irripetibile. Paul e Ann Rand invece propongono un libro che gioca con le parole con il loro suono, il ritmo e la loro utilità. Alphabet di Kveta Pakovska visita il mondo delle lettere in un modo tutto particolare, con pagine pop up, lettere tagliate nella carta, trasparenze, lettere che riflettono, lettere in rilievo per stimolare non solo la visione ma anche l’aspetto tattile. L’alfabetiere di Greta Schodl propone invece per ogni lettera dell’alfabeto una tecnica di rappresentazione creativo-manuale, creando cosi delle possibilità per realizzare le lettere con materiali e tecniche diverse. L’abbecedario di Panini parte da un’idea di Giorgio Scaramuzzino del Teatro dell’Archivolto di Genova da qui nasce questo alfabe-to fantastico dove ogni semplice lettera è protagonista di una storia scritta

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da alcuni importanti autori italiani e illustrata da Francesca Biasetton. Le lettere diventano protagoniste di divertenti collage che riprendono le storie, troviamo lettere calligrafiche, di legno, di plastica, di carta, ritagliate e strap-pate che si mescolano in storie divertenti ed intriganti. Un libro raffinato ed elegante con una precisa finalità quella di rendere le lettere il soggetto princi-pale di ogni racconto. Ancora, il divertente Zazà i numeri e le lettere di Chiara Carter abbiamo libro sulle lettere che presenta una sequenza di illustra-zioni senza testo che raffigurano Zazà un personaggio, un po’ rotondo e un po’ a punta che disegna, taglia, incolla, incide e colora, per potersi sbalordire di fronte al mondo. Il simpatico protagonista è alle prese con tutte le lettere dell’alfabeto e con tutti i numeri: li fabbrica, li monta, li spinge, li muo-ve e prima di ogni altra cosa li inventa. Infatti il linguaggio non è altro che il montaggio in sequenza di quelle invenzioni primarie che sono le lettere e i numeri. Un racconto da guardare senza leggere, dove le lettere interpre-tano la loro prima caratteristica: quella di essere delle forme. Infine volevo ricordare l’alfabetiere di Harriet Russel intitolato A come rinoceronte dove con molta ironia propone la conoscenza dell’alfabeto in modo particolare cercando di far guardare con attenzione la forma iconica più che il senso delle lettere. Creando un racconto un po disordinato ma ricco di stimoli, con lettere che richiamano forme della realtà, pagine forate dalle quali sbirciare attraverso e scoprire ancora altre lettere.La caratteristica che accomuna tutti questi libri è l’obbiettivo di dare al bambino uno strumento che non sia fine a se stesso, ma che sia semplice-mente quel mezzo creativo di cui si serve per stimolare la sua creatività e la sua fantasia. E’ lasciando la libertà di osservare e di comporre che il bambino acquisterà maggiore consapevolezza del codice alfabetico, giocando e sperimentando senza vincoli e costrizioni avrà modo di rendere questo processo naturale e spontaneo come un gioco.

Alphabet, l’alfabetiere di Kveta Pacovska, copertina.

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Alphabet, di Kveta Pacovska, alcune pagine interne di que-sto strordinario alfabetiere.

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L’alfabetiere di Greta Schodl, propone per ogni lettera dell’intero alfabeto una tecnica di arte visiva, una proposta interessante che può essere un simpatico stimolo.

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In questa pagina l’Abbecedario realizzato da Francesca Bia-setton, un collage di lettere, colori e mondi fantastici il tutto accompagnato da simpatiche filastrocche per ogni lettera.Nella pagina successiva, alcune pagine di A come Rinoceron-te di Harriet Russel che ironizza in modo davvero innovativo questo strumento.

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In questa pagina; Albert récupère: un livre a raconter di A. Herbaust , un’illustrazio-ne molto semplice ma molto carismatica, le vicende di un simpatico ometto sono accompagnate dalle lettere dell’alfabeto.Nella pagina successiva di J.P. Blanpain, L’histoire de monsieur A, in ogni pagina viene raffigurata in grande ogni lettera con tecnica a collage il testo ironico gioca con le parole.

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2.8 intervista a Roberto Pittarello

Roberto Pittarello è nato a S. Angelo di Piove, Padova, dove risiede. Ha frequentato l’istituto magistrale e si è laureato alla Facoltà di Magistero dell’Università di PadovaInsegna lettere, storia, geografia nelle scuole medie. Ha collaborato con Bruno Munari per quasi dieci anni. All’inizio degli anni ’80 ha iniziato a progettare i primi laboratori creativi, centrati sugli elementi forma-tivi del linguaggio visivo e altri sui soggetti del disegno infantile.Con La Scuola del Fare, associazione culturale di Castelfranco Veneto accredi-tata dal Ministero della Pubblica Istruzione,ha diffuso i laboratori di ceramica, tattili, di pittura, di disegno, sulla sperimentazione di materiali, di lettura e scrittura creativa, realizzando mostre su percorsi didattici e convegni (Premio Tutores 1997).Si interessa alla lettura animata, alla letteratura per l’infanzia, alla storia dell’il-lustrazione. Progetta e realizza una mostra itinerante sull’illustrazione, intervie-ne a incontri e convegni su questi temi. Incontra moltissimi genitori nei diversi contesti, battendosi per una cultura dell’ambiente e dell’infanzia, individuando nel consumismo e nel conformismo culturale i problemi umani più seri che tolgono gioco, autonomia e futuro ai bambini e ai ragazzi.Tiene i corsi “Didattica delle arti visive” e “Laboratorio di attività espressive grafiche e plastiche” alla Facoltà di Scienze della Formazione Primaria presso l’Ateneo di Padova.

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Lo stato dell’arte nell’educazione alla visione nella scuola dell’infanzia e scuola primaria? Ritengo che l’arte nella scuola dell’infanzia abbia un peso bassissi-mo, poiché il più delle volte questo ambiente non è considerato come scuola, ma come centro che accudisce i bambini. Fortunatamente alcuni centri si distinguono in questo, infatti si possono trovare attività molto interessanti e ri-creative che stimolano il bambino all’arte, a partire già dai tre anni. Lo spazio che viene dato all’educazione visiva nelle istituzioni è a dir poco restrittivo, si parla addirittura di due ore settimanali. C’è inoltre da fare una distinzione tra gli insegnati dotati di grande sensibilità artistica e insegnanti che non hanno questa sensibilità fondamentale. Purtroppo questa seconda categoria adotta un metodo di insegnamento limitante per la creatività del bambino, affidandosi a delle programmazioni didattiche che si ripetono negli anni (i cosiddetti scheda-ri). Gli schedari sono composti da fascicoli di schede didattiche, di argomento diverso, che possono essere stampate e utilizzate, a seconda del contenuto, nelle cinque classi della scuola primaria.Laboratori creativi ed Educazione all’immagine in cosa consistono? Bisogna subito fare una distinzione tra Laboratorio ed Educazione all’immagine o ArteImmagine.L’educazione all’immagine è la materia che insegna l’educazione visiva nella scuola primaria, se viene proposta correttamente ha il compito di dare gli ele-menti formativi alla visione e dare una visione critica al mondo delle immagini che ci circondano quotidianamente. Nell’insegnamento dell’educazione all’im-magine si riscontra un’attenzione al segno che però ha sempre faticato ad arrivare alla base quindi alla considerazione di quello che è il disegno infantile. Purtroppo uno degli esercizi che si ritrova soprattutto nelle scuole primarie è proprio quello del copiare, che si verifica il più delle volte in un clima di totale disinteresse sia da parte del bambino ma anche da parte degli insegnati che non riescono a stimolare la loro curiosità. Mentre i laboratori creativi sono quei momenti extra didattici che offrono stru-menti, tecniche e mezzi ma non suggeriscono soggetti o contenuti, lasciando che ogni bambino trovi la sua strada per esprimersi con quello che ha visto

Il testo che segue è la trascrizione di un’intervista a Roberto Pittarello avventutaa Castelfranco Veneto (Vi) sabato 19 gennaio dalle ore 19.00 alle ore 20.00 su richiesta della studentessa Giada Fogliato si è svolta nella sede della Scuola del Fare un incontro per discutere sullo stato attuale dell’alfa-beto all’interno della scuola dell’infanzia e i metodi di insegnamento riguardanti l’arte e l’educazione visiva.

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fare e subito anche lui ha provato a fare. Si cerca cosi di offrire ai bambini un’opportunità di conoscere le regole del linguaggio visivo e di sperimentar-le per ottenere da loro dei messaggi personali. La pedagogia in merito si è largamente espressa, sostenendo anche che il disegno iniziale del bambino, quindi quello degli scarabocchi e poi quello degli stereotipi visivi è un linguag-gio universale e straordinario.Si cerca di offrire un’opportunità per conoscere le regole del linguaggio visivo e per sperimentarle. E se i laboratori sono veramente creativi, una volta che hanno sperimentato le tecniche le regole e i materiali ne usciranno i loro messaggi personali.Uno degli esercizi che propongo è proprio quello di copiare le opere dei pitto-ri famosi. Anche se tutta la pedagogia si è già ripetutamente espressa contro questo metodo, perché limitante. Invece io credo che grazie a questo esercizio si possa cominciare a capire perché i grandi pittori hanno realizzato le loro opere, in che modo, in quale tempo, con che materiali ,con quali tecniche, ecc…

Copertina di I libri fatti dai bambini, per gli adulti, Roberto Pittarello, 1997.

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Nell’apprendimento della scrittura in che modo la forma e il disegno delle let-tere viene coinvolto e se viene coinvolto? I bambini cominciano il processo di apprendimento molto presto all’incirca attorno ai tre anni e finisce attorno ai 6 anni e mezzo. In un primo momento il bambino, vivendo in ambienti com-pletamente scritti, comincia a classificare i segni del mondo che lo circonda e distingue i segni che si usano per scrivere da quelli che si usano per dise-gnare. E’ un periodo lungo in cui il bambino è fuori dalla convenzionalità della lettura e della scrittura. I tempi vengono sempre più anticipati ed è possibile riscon-trare che i bambini oggi, già dall’età di 5 anni sappiano scrivere almeno il proprio nome. Purtroppo si è arrivati a considerare, un bambino che scrive in poco tempo, un fattore primario tralasciando quelli fondamentali della crescita formativa individuale, primo fra tutti il fattore “tempo”. I bambini hanno la necessita di avere il loro tempo per sedimentare le sco-perte, i dubbi, le domande, invece tutto questo viene sorvolato adeguandosi passivamente a questo andamento perché non è ancora diffuso il metodo di insegnamento che permette di recuperare i tempi. Quando si parla di crea-tività, affinchè questa emerga c’è bisogno di tempo, poiché i risultati non sono mai immediati, è importante che gli allievi realizzino dei loro concetti che portino avanti il loro pensiero. La società moderna nostro malgrado, si rifà ad un’immagine di bambino che diventa esecutore sempre prima rispetto alle generazioni predenti, ed è solo grazie ai “criteri di insegnamento”che la situazione può migliorare, perché la scuola attuale sembra non riesca più a lavorare in maniera pura. Gli insegnanti hanno il compito di far capire ai bam-bini che non c’è fretta di saper scrivere e lo possono fare giocando con le lettere dell’alfabeto, per creare in questo modo, un primo approccio alla fase del “segnare la lettera”.Nel normale panorama scolastico a 5 anni, in molti casi prima, tutti i bambi-ni sanno scrivere i propri nomi in stampato maiuscolo.Con la riforma che voleva entrare in vigore nel 2005, si proponeva di far ini-ziare la scuola dell’infanzia a 5 anni,la cosa sconvolgente è che molti genitori erano più che d’accordo. Purtroppo c’è ancora cosi poco rispetto per “tempo” del bambino. Si usa spesso dire che il bambino perde tempo, ma questo non è assolutamente vero, perché deve avere il tempo per fare le sue scoperte, poi deve avere anche un tempo per sedimentarle, per far emergere i dubbi e le domande, invece tutto questo viene spesso sorvolato. Quando si mette davanti l’aggettivo “creativo” riferito ad un’attività bisogna anche che questa creatività si manifesti e per far si che questo avvenga c’è bisogno di tempo, i risultati non sono immediati, per questo bisogna insistere nel cercare di far vedere le cose da un altro punto di vista. La scrittura deve essere un piacere e perché risulti tale il bambino dovrà avere la voglia e il desiderio di farlo, per esempio molte scritture illeggibili (i primi abbozzi di scrittura del bambino) da subito testimoniano che i bambini hanno assimilato ciò che vedono e non hanno voglia di imparare un codice nuovo (che sarebbe l’alfabeto) perché è molto impegnativo. Come diceva Ro-land Barthes “il livello zero della scrittura è copiare, il livello zero della lettura è decifrare”. E per arrivare a decifrare bisogna impegnarsi molto. Gli adulti dovrebbero far capire al bambino che non c’è fretta di saper scrivere

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e questo lo possono fare “giocando” con le lettere dell’alfabeto, far entrare il bambino in quella fase del “segnare la lettera”. Il primo alfabetiere è quel-lo grafico, perché per disegnare le lettere occorre una penna e un segno, e il segno può essere fatto in mille modi, per esempio proponendo il gioco delle “lettere attive” che consiste nel disegnare una lettera e far completare il disegno, la lettera vista come prima continuazione della comune attività di segnare. Quindi si possono fare queste micro attività che portano in via diretta il bambino al momento in cui dovrà leggere e scrivere e sarà motivato in questo.

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I disegni di bambini e ragazzi che hanno frequentato i laboratori creativi, nelle scuole comunali dell’infanzia a Pado-va, 1996. Sono tratti da;I laboratori creativi con adulti e bambini, Roberto Pittarello.

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L’alfabetiere rientra ancora nei metodi di insegnamento?L’alfabetierie attuale, nella scuola dell’infanzia viene utilizzato come testo che stimola principalmente l’insegnante, che aiuta quindi l’adulto a far scrivere il bambino precocemente. Considerando che raggiungendo tale obiettivo, l’istitu-zione scolastica acquista un grande credito verso i genitori. Esistono tuttavia dei nuovi alfabetieri che non vengono sempre utilizzati all’interno dei metodi didattici, composti da una serie di disegni dai quali il bambino può facilmente ricavare, per deduzione immediata, i relativi segni alfabetici, da memorizza-re. E’possibile proporre già dai 4 anni delle attività che riguardano lo studio dell’alfabeto, con la formulazione dell’alfabetiere come mezzo che serve per giocare con il codice e quindi con le lettere (scriverle in modo diverso, strap-parle, sporcarle…)In cosa consiste il laboratorio di alfabeti personali? E’ un laboratorio creativo proposto a bambini in età prescolare. Uno degli esercizi che viene proposto è proprio quello di scrivere sapendo che non sanno scrivere, i bambini dimo-strano che hanno memorizzato prima di tutto che la scrittura corre lineare, e con i segni e i gesti, ritrovando questa scrittura primitiva che viene prima del codice, anche se ci sono lettere. I bambini che hanno la possibilità di giocare in questo modo, nel momento in cui gli verrà svelato il vero codice alfabetico saranno entusiasti della scoperta, perché avranno sedimentato il loro codice personale. L’idea è proprio quella del gioco, quindi di proporre un’attività non convergente ma libera che usa l’immaginazione del bambino sulle lettere. Giocando con i segni che compongono le lettere dell’alfabeto, i bambini ne in-ventano uno nuovo che non si legge come una scrittura ma come immagine. E già l’immagine è un bel racconto. L’obbiettivo di questo laboratorio è quello di portare il bambino a familiarizzare con le lettere che compongono l’alfabeto nel modo più naturale, come una naturale aggiunta alla comune attività del tracciare, incidere, strappare, manipolare, comporre, colorare. In questo modo all’inizio della prima classe elementare ogni bambino potrà decifrare quei segni che già riconosce e coi quali ha giocato, usando molti strumenti che hanno reso significativa la naturale abilità manuale e ora, senza fretta, quei segni co-minciano ad organizzarsi nel codice. Già con bambini di quattro e cinque anni, le attività proposte in questo laboratorio permettono di conservare il piacere del fare coltivando piccole scoperte, in attesa che il grande gioco del leggere e dello scrivere sia pienamente condiviso e cercato. Il laboratorio degli alfabeti creativi è stato proposto anche ai bambini del primo ciclo della primaria con insegnati dell’infanzia, con le stesse proposte ottenendo anche qui buoni risultati. Le tecniche della pre-scrittura quindi i gio-chi con le lettere prima che sia alfabeto sono anche delle attività di recupero per bambini che presentano difficoltà di apprendimento. Tornando a ricostruire quel clima di gioco verso la scrittura poiché proprio in quei bambini l’ap-prendimento del codice è giunto in maniera troppo traumatica. Bisognerebbe contestualizzare sempre il lavoro che si propone, che non deve essere rivolto solo agli esperti, ma soprattutto ai bambini, perché da questo deriva anche la loro felicità. Bruno Munari diceva “un bambino creativo è un bambino felice” a questo proposito bisogna cercare in tutti i modi possibili di stimolare la creati-vità e la fantasia con attività sempre nuove, mai ripetitive e soprattutto attuali.

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Immagini tratte da alcuni tra i tanti laborotori proposti da Roberto Pittarello e dalla Scuola del Fare.

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Qual’è il contributo del design della comunicazione all’educazione alla visione?E’ stato realizzato un libro rispetto al linguaggio e ad una corretta educazione visiva. “L’occhio e l’arte”(Munari, Pittarello, Manzoni, Sacchi) dove si è cer-cato di mettere le basi a tutta l’esperienza laboratoriale che considera i vari linguaggi della comunicazione. Questo libro elenca i diversi linguaggi formazio-ne del linguaggio visivo (il segno, la forma, la superficie, il colore), su questo apre delle esperienze laboratoriali per dare ai bambini degli strumenti precisi. Il designer grafico in questo campo dovrebbe cercare di avere un tipo di pro-gettazione che sta dalla parte del bambino invece che dalla parte dell’adulto che fa sempre da mediatore. I grafico può progettare dei libri esteticamente belli offrendo delle vesti grafiche corrette che tengano conto del valore esteti-co oltre a quello merceologico, non deve mancare la sensibilità nell’utilizzo dei caratteri alfabetici, nelle linee le grandezze che sono collegate al messaggio essenziale. Senza avere l’impulso di coprire tutta la carta e cercare di dare spazio alla carta bianca, far respirare la comunicazione che troppo spesso in questi tempi risulta essere satura. Molti sono stati gli autori che sono riusciti in questo come Leo Linoni, Enzo Mari, Gabriella Mari, Bruno Munari.I libri realizzati da me personalmente invece sono più didattici perché com-pletamente destrutturati, con poche immagini perché prevedono che sia il bambino a farle. Richiedono inoltre che il bambino abbia già delle conoscenze sulle tecniche del segno e sulla forma.

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In questa pagina e nella successiva alcune immagini sulla mostra del laboratorio proposto da Beba Restelli secondo il metodo Bruno Munari, un percorso attivo, di conoscenza e creatività, tra segni e materie, per crease messaggi tattili da leggere con le dita, per raccontare nuove storie e lettere illegibili. Fiera di Primiero, 2008.

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3.1 L’idea progettuale

Nel corso degli ultimi anni numerosi studi condotti sul concetto di “gioco”, e sui svariati significati, hanno affermato con forza il ruolo centrale che esso svolge nel processo di sviluppo infantile. L’attività ludica è infatti la forma di espressione preferita dal bambino, lo strumento attraverso il quale si rapporta a se stesso ed esplora il mondo circostante; è attraverso il gioco in quanto esperienza che il bambino ha la possibilità di elaborare in maniera personale e creativa le informazioni e i segnali che gli vengono dall’ambiente.Il gioco è quindi un’azione che i bambini compiono intenzionalmente per inse-rirsi nella realtà che li circonda per poi manipolarla, e questa azione, questo gesto ha come caratteristica principale quella di essere orientato verso la creatività e dunque verso il cambiamento. E’ infatti possibile che nell’atto di giocare il bambino sperimenti con successo la possibilità di intervenire atti-vamente sugli elementi che lo circondano e di trasformarli per renderli più coerenti alle proprie idee e ai propri impulsi. Attraverso questo processo il bambino costruisce nuove esperienze e nuove situazioni che sono il punto di partenza per ulteriori scoperte e ulteriori cambiamenti.Si può quindi dire che il gioco è un modo per imparare le cose, e per accrescere il bagaglio delle esperienze, ma ha il valore aggiunto di essere un’attività gratificante perché non condizionata da pressioni interne o esterne e mossa essenzialmente dal piacere personale. Inoltre ha una funzione insostitui-bile sul piano affettivo-relazionale, in quanto permette di sperimentare regole e stili di comportamento sociale. La relazione tra fantasia e realtà che si manife-sta nel gioco aiuta il bambino a comprendere norme, valori e ruoli sociali

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al fine di elaborare una propria identità personale. Questi in sintesi sono i presupposti principali dai quali ho iniziato elaborazione vera e propria del mio progetto: il concetto era di creare qualcosa che andasse oltre le normali esperienze di alfabeto esistenti e allontanarmi dall’idea di alfabetiere tradiziona-le, visto come semplice libro da sfogliare.La fascia d’età alla quale mi sono orientata va dai quattro ai sei anni, età in cui è possibile acquisire le prime conoscenze linguistiche purché si rimanga all’interno di una dimensione ludica. Il bambino deve sentirsi libero di agire e di approfondire ciò che desidera perché la scrittura, quando verrà assimilata, dovrà essere un piacere e non venire recepita come un obbligo imposto.Ecco perché ho pensato ad un gioco che permettesse di imparare l’alfabeto divertendosi, senza che le lettere fossero viste come parte di un codice.Il bambino, nel suo primo approccio, utilizza in maniera inadeguata l’oggetto ludico perché è nella fase della scoperta, dell’esplorazione; in un secondo mo-mento, però, acquista maggiore confidenza e utilizza correttamente il gioco, e in questo modo cresce in lui la capacità di riconoscere la funzione specifica

Il set dei giochi gift di Froe-bel, ancora oggi in commer-cio, furono i primi giochi con impronta educativo pedago-gica, progettati per andare incontro alle esigenze del bambino, sfuttando le forme primarie e la semplicità.

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degli oggetti utilizzati.Ho deciso così di creare una serie di piccoli giochi, ognuno dei quali ruota attorno ad una qualità fondamentale delle lettere, che riguarda il sistema di percezione. Il destinatario avrà così la possibilità di toccare, percepire, inventa-re, ricordare, costruire e stupirsi, per poi comprendere il codice alfabetico.Infine, per quanto riguarda l’immagine comunicativa del mio progetto, l’idea di base era quella di dare all’insieme un aspetto semplice e immediato, senza eccessi e soprattutto vicino al gusto di un bambino, adatto al suo orizzonte estetico. Questo è stato il principio che ha guidato, tra le altre cose, la scelta dei materiali e dei colori, indirizzata evidentemente verso la semplicità e, di conseguenza, verso un’ottimizzazione dei costi. Nella società attuale, molto spesso, il fattore economico è rilevante anche nel settore dei prodotti per l’infanzia, e ciò va a discapito del valore autentico del gioco; inoltre la croni-ca mancanza di tempo che affligge la modernità, sembra aver fatto perdere stupore e curiosità. Da qui nasce il desiderio di tornare ad avere un gioco semplice ma ben studiato, che permetta di andare oltre la rigidità delle rego-le, e che sia davvero un elemento ludico.

Storico gioco dell’alfabeto con i cubi di legno, in questo caso è presentata una versio-ne meno tradizionale, ma pur essendo passati moltissimi anni conserva le caratteristi-che originali.

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3.2 il progetto

Letterandia è un set di 5 giochi per imparare l’alfabeto, indicato per una fascia d’età dai quattro ai sei anni. E’ composto da una grande scatola di cartone che contiene al suo interno quattro giochi diversi l’uno dall’altro e un libro pop-up.Ogni scatola è caratterizzata da semplici campiture piatte, così il bambino, che non sa ancora leggere, assocerà intuitivamente tale colore al gioco corrispondente. Questa associazione sarà agevolata anche dall’etichetta che riprende la A di tutti e cinque gli alfabeti.Le scelte cromatiche sono state fatte adottando i colori primari, rosso, blu, giallo, più il bianco il nero, i quali vengono utilizzati per tutti e cinque i giochi allo scopo di dare uniformità generale e maggiore riconoscibilità. Inoltre alcuni studi pedagogici hanno osservato che in questa particolare fascia d’età è importante usare pochi colori per dare al bambino il tempo di memorizzare e familiarizzare con il grande mondo cromatico. La scoperta delle lettere diventa così fonte di interesse e divertimento, senza vincoli e senza costrizioni.Per la realizzazione concreta del progetto l’impiego del materiale naturale e semplice come la carta e l’utilizzo di tecniche tradizionali rendono questo gio-co un modo per rafforzare tutti quei valori che nel corso degli anni si stanno perdendo, a causa anche dell’evoluzione di tecnologie sempre più avanzate. Il desiderio, dunque, è di tornare al “gioco semplice”, sostenuto però da attente analisi formali mirate alla comprensione delle lettere, nonché da precisi studi pedagogici, che tengono conto delle esigenze e difficoltà che incontra il bam-bino in una circostanza di apprendimento.

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Questo progetto è stato pensato in modo che il bambino, la prima volta che si avvicina a questi giochi, avrà bisogno di essere istruito verso un corretto uso, ma in un secondo momento sarà in grado di utilizzarli in modo autono-mo, così potrà vivere un’esperienza del tutto personale e non influenzata dal giudizio o dalla critica dell’adulto, che molto spesso tende ad interferire nel processo creativo.Per la progettazione del brand ho cercato di creare un logo che fosse prin-cipalmente semplice e che mantenesse una coerenza con tutta la linea dei giochi. Proprio per questo motivo per la realizzazione dell’etichetta ho tenuto conto del fatto che questi giochi sono indirizzati a bambini che non sanno leggere, mettendo cosi in evidenza l’immagine che richiama il gioco e non il testo. Ho dato piu importanza alla raffigurazione grafica del gioco, in questo modo il bambino può facilmente memorizzare l’etichetta e capire all’istante che gioco si trova all’interno.Per il logo invece, ho utilizzato un font ricavato dal gioco Letterbruco, utiliz-zando le forme realizzate eliminando le decorazioni e colorando i singoli ele-menti con i tre colori primari. In questo modo la soluzione risulta sintetica, facile da riprodurre in quanto si tratta di lettere costituite da quattro moduli che si ripetono. Nel complesso l’immagine coordinata di Letterandia è caratte-rizzata da una pulizia formale che richiama il criterio con cui sono stati realiz-zati tutti i giochi; un’unita formale legata all’utilizzo dei materiali, quali la carta riciclata e all’impiego dei colori primari, presenti in tutto il gioco completo.

Questi sono i 4 elementi che costituiscono il logo del gioco Letterandia, ripresi dal gioco letterbruco. Gli elementi sono stati semplificati utilizzando delle campiture piatte.

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Nella pagina a sinistra vediamo il primo è il logo con i suoi co-lori, nel secondo e il terzo caso sono presentale i due esempi in positivo e negativo.Infine l’ultimo è il logo completo, per la scritta “La citta delle lettere“ è stato utilizzato un Helvetica Rounded, in quanto que-sto font si avvicinava molto a quello di letterandia, per le rotondità, inoltre è un font ampiamente utilizzato per i packa-ging dei giochi per l’infanzia.

In questa pagina sono presentati i loghi di tutti i giochi di letterandia, intenzionalmente si è deciso di tenere la prima parte della parola “Letter“ uguale in tutti i casi questa scelta è stata presa per dare una continuità all’aspetto formale complessivo, mantenend anche la stessa struttura degli elementi che vanno a comporre i singoli loghi. Importante ricordare che queti giochi sono indirizzati a bambini che ancora non sanno leggere e scrivere, per cui più impor-tante l’effetto cromatico d’insieme per dare anche maggiore identificazione.

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In queste pagine vengono preentate le etichette di tutti i giochi.L’etichetta piu grande è quella che si trova nella parte superiore della scatola. Viene data più importanza all’immagine perchè i bambini non sanno leggere, in questo modo visualizzando l’im-magine riusciranno facilmente a capire di che gioco si tratta.Per le immagini ho deviso di utilizzare la prima lettera di ogni gioco, posizionata su un fondo colorato uniforme.

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Il libro pop up Questo libro presenta le 26 lettere realizzate con la tecnica del pop up: in questo modo il piccolo lettore, nell’accostarsi per la prima volta all’alfabeto, verrà incuriosito e affascinato dalle tante sorprese che troverà pagina dopo pagina, e questo grazie anche ad un uso sapiente dei colori.Questo piccolo volume è nel contempo libro tridimensionale poiché si incontra-no lettere-sculture a tre dimensioni che prendono forma semplicemente aprendo la pagina, e libro animato quando la lettera viene rappresentata attraverso tecniche particolari, vale a dire con l’utilizzo di meccanismi che per-mettono di scoprire la forma. Ma non solo, in alcune pagine le lettere sono nascoste tra i segni presenti, data la conformazione delle lettere che, come si sa, possono essere ridotte, forme primarie come segmenti e curve. Si tratta insomma un libro interattivo, quasi magico: non c’è una storia da raccontare, ne una narrazione con un inizio e una fine, e non ci sono personaggi, ma semplice sequenza di lettere in ordine alfabetico, che si susseguono alimen-tando stupore, curiosità e suggestione. Fondamentale per la buona riuscita di questo particolare libro è stato evitare di riprodurre più volte il medesimo processo per limitare, per quanto possibile una diminuzione dell’attenzione.Il Memory Questa parte del progetto è una divertente interpretazione di un classico, che mette alla prova memoria visiva, cosa che ha sempre rappresentato una sfida irrinunciabile per i bambini, tanto più se, come in questo caso, le immagini da memorizzare sono lettere formate da buffi personaggi: naturalmente accanto all’illustrazione si trova la lettera che richiama il personaggio per facilitarne la comprensione.Da notare che realizzazione di questo “memory” si è fondata su una grande caratteristica che le lettere possiedono, e cioè la variabilità della forma, che “si basa su modelli mentali le cui strutture sanno adeguarsi alle differenze del corpo, delle dimensioni e proporzioni:e non constano solo degli elementi più importanti, come i tratti dritti, curvi e diagonali; riconosciamo una lettera an-che da dettagli quali la sporgenza in alto a destra della G o la bandiera della R…anche attraverso le differenze di spessore dei tratti, delle forme e delle grazie, perfino dai dettagli più minuti”21.Il PuzzleI bambini sono dotati di una straordinaria capacità di riconoscere, integrare in un istante frammenti con dati provenienti dalla memoria: in sostanza, per loro sono sufficienti delle piccole parti per percepire l’oggetto nella sua interezza e stimolare così l’immaginazione. Rispetto ad oggetti più complessi il riconoscimento delle lettere costituisce per la vista e per la mente un compito abbastanza semplice, anche per il bambino che ancora non ha una grande familiarità con il codice alfabetico.Basato su queste premesse, il puzzle propone 5 vocali (A,E,I,O,U), ognuna delle quali è scomposta in 4 parti: si da la possibilità di stimolare l’abilità visiva e manuale, dato che si deve riconoscere la lettera a partire da una sola delle quattro sezioni. In questo senso, sarà necessario attivare il processo di memorizzazione e di composizione-scomposizione mentale, in quanto il bambino dovrà cercare

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Alcuni tra i giochi più caratte-ristici presenti in commercio per bambini dai tre ai sei anni.Questa viene considerata l’età dei giochi, quindi si cerca di stimolare la fantasia, il movi-mento, la scoperta, la logica, l’abilità manuale e pratica.

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di focalizzare il completamento della lettera ricercando poi gli elementi che andranno a comporla. Per facilitare il gioco, ogni lettera ha uno sfondo che la contraddistingue dalle altre e in ogni tassello è posizionata una piccola lettera, cosi che il bambino sia agevolato nella composizione.Il BrucoIn questo gioco il bambino-giocatore ha la possibilità di comporre l’intero alfabeto, avendo a disposizione solamente 4 semplici elementi di base: due lineari e due circolari. La “soluzione” di ogni lettera è illustrata e quindi facilmente riproducibile, e per rendere più interessante e spiritoso il gioco, gli elementi di base sono rappresentati da un bruco un pò particolare, caratteriz-zato da colori accesi e decorazioni molto semplici vicine al panorama visivo infantile. Un bambino che non sa ancora leggere e scrivere può memorizza l’aspetto tipografico di ogni singola lettera intera, e non sarà molto difficile quindi ricomporre tutto l’alfabeto utilizzando gli elementi di partenza.Tuttavia, raramente una scrittura viene inventata di sana pianta perché è sem-pre risultato di evoluzioni, errori, rifacimenti in un processo che dura anche millenni. Ma perché non dare la possibilità di creare un proprio alfabeto, senza dover sottostare ad un rigido codice? Per i bambini non c’è niente di più naturale che inventarsi le cose, tant’è vero che i primi segni che il bambino compone sono dei veri e proprio alfabeti, con una loro struttura e una loro semantica e attraverso questi tratti primari essi tentano di imitare le lettere finendo cosi per crearne di nuove. E’ chiaro che la scrittura è un sistema complesso che sottostà ad una rigida organiz-zazione fatta di regole codificate, ma a quattro anni non è necessario essere consapevoli di ciò, è più importante familiarizzare con questi segni, renderli parte del proprio bagaglio di esperienza, sebbene ancora confuso. Attraver-so questo gioco, quindi si offre la possibilità di avvicinarsi alla lettura e alla scrittura, grazie ad un attività divertente che stimola la fantasia per divertirsi poi a scombinare regole e forme, a inventare e reinventare il proprio alfabeto personale.LegoL’aspetto che è stato più studiato è, per l’appunto, la capacità di discrimina-zione dell’orientamento nello spazio visivo dell’alfabeto.Per quanto riguarda la percezione dell’orientamento delle forme molti studi hanno dimostrato che è possibile una confusione tra lettere che si differenzia-no per una rotazione (es. N-Z) o per una riflessione (es. p-q) e questi mecca-nismi sono ritenuti responsabili di buona parte delle difficoltà di apprendimento della lettura. Intorno i cinque- sei anni gli errori sono numerosi e diminuiscono gradualmente con l’età.Molti esperimenti dimostrano che le caratteristiche più semplici da distingue-re sono le rotazioni; mentre invece quelle che creano più problemi sono le riflessioni rispetto all’asse orizzontale (db; pq) dato che implicano la distinzione destra/sinistra.Attraverso questo gioco vuole dare la possibilità di poter vedere le lettere in tutte le posizioni, sia quelle consuete che quelle anomale. Mettere al bambino nelle condizioni di dover riconoscere una lettera anche se specchiata

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Tra le aziende più importanti per la realizzazione di giochi creativi ricordo: Pintoy, Il leccio, Vilac, Brio. Il pensiero comune di tutte queste aziende è prioprio quello portare nel mercato qualcosa di autentico con il compito di contribuire allo sviluppo del bambino, offrendo una scelta di giocattoli che lo stimolano attraverso il gioco.

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o ruotata gli consentirà in futuro avere una totale consapevolezza della forma di ogni singola lettera. La letterà così non verrà più individuata come elemen-to di un codice ma come singola forma, che permette di costruire qualcosa che però non sarà una parola.Altro aspetto fondamentale di questo gioco, è la libertà creativa dato che il divertimento consiste proprio di inventarsi delle sculture tridimensionali senza una struttura prestabilità imposta. Ogni costruzione sarà diversa da quella precedente e diversa da quella successiva. Si crea quindi uno spazio per la creatività formale e compositiva.

Bibliografia21 G. Unger, Il gioco della lettura, stampa alternativa&graffiti, Padova, 2006, (p. 90).

In questo schizzo viene presentato il progetto nella sua idea iniziale, ovvero una grande scatola che contiene i cinque giochi, 4 dei quali han-no la scatola uguale (letterlego,letterbruco,lettermemory, letterpuzzle), mentre letteroplà è un libro.

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In questa pagina a fianco schizzi del gioco Letterpuzzle, realiz-zato con l’utilizzo di cartoncino ecologico riciclato stampato con diversi soggetti mentre per il retro viene utilizzata la cartapa-glia.Il gioco è composto da cinque piccoli puzzle da quattro pezzi l’uno, raffiguranti le vocali, gli angoli dei tasselli sono smussati.Nella scatola è presente anche un piccolo foglio di istruzioni che spiega l’utilità del gioco e l’immagine di tutti i puzzle com-posti per avere un maggiore aiuto nella composizione. i Tasselli sono stati tagliati grazie all’utilizzo di un impiato di fustelle.

Nella pagina successiva, invece, troviamo gli schizzi dei quattro elementi che andranno poi a formare l’alfabeto del bruco.Letterbruco è un gioco che permette di comporre tutto l’alfabeto grazie alle forme molto semplici che si prestano a comporre tutte le lettere. Il risultato è un alfbeto molto colorato e divertente. Anche in questo gioco il mateirale utilizzato è il cartoncino ecologico rivestito di cartapaglia nel retro mente a fronte la stampa. Le forme sono state realizzate tramite una fustella fatte realizzare appositamente.

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In queste pagine sono presentati gli schizzi del gioco Letterle-go, un gioco davvero originale in quanto permette di costruire delle sculture tridimensionali attraverso le lettere. Ogni lettera ha dei tagli che variano dai tre ai cinque, a secon-da della dimensione di questa. Grazie a questi tagli è possibile incastrare le lettere l’una on l’altra, senza vincoli. L’aspetto divertente è che una volta che si comincia a costruire non si sa mai cosa verrà fuori. Anche in questo caso il materiale utilizzato è il cartoncino ecologico ricoperto di cartapaglia.Per realizzare le lettere è stato usato il plotter da taglio.

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Nella pagina precedente sono presentati gli schizzi delle pagine del libro Letteroplà. Ogni pagina presenta una tecnica diversa per non creare monotonia.In questa pagina invece le illustrazioni del Lettermemory.Ogni lettera ha le sembianze di un personaggio o un anima-le un po particolare, ovviam-nete i tasselli sono doppi per avere di ogni lettera la coppia. Utilizato cartoncino riclato rivestito di cartapaglia.

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3.3 merceologia e produzione

Per la realizzazione dei prototipi definitivi, ho affidato il lavoro alla cartiera Arbos di Solagna (Vi). La filosofia di quest’azienda è quella di proporre la produzione artigianale, ric-ca di sapienza tecnica e di conoscenza dei materiali come alternativa a tutto ciò che è preconfezionato, “serializzato”, una filosofia che tral’altro propone la pratica del riciclaggio come argine all’inciviltà e allo spreco. Il design del futuro deve conquistare un nuovo ruolo sociale, contribuendo alla crescita di una sensibilità e di una conoscenza ambientale capace di optare per un utilizzo di oggetti di qualità ad alto contenuto di comunicazione. Inoltre il mondo dell’infanzia è sempre stato al centro della politica aziendale di Arbos, nella consapevolezza che, nel gioco, il bambino sviluppa la propria creatività e conosce il mondo. Per questo sono stati prodotti giochi adatti a stimolare l’immaginazione, capaci di formare una mente elastica e dinamica, utilizzando carta e cartoni, nella maggior parte riciclati: questi materiali, nella loro ampia gamma di superfici, colori e spessori, sono caratteristici per la produzione di questi particolari giochi. Per quanto concerne il progetto del presente lavoro,sono state utilizzate diverse fustelle. Per il memory e il puzzle le fustelle sono uguali, dato che si tratta di una serie di quadrati che verranno poi tagliate in un cartoncino al quale precedentemente in un lato è stata incollata la stampa, mentre nel retro è stata incollata una carta riciclata colorata, lo stesso procedimento è stato scelto per il puzzle.Per il gioco dei bruchi invece è stata prodotta una fustella differente, ma si è

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adottato lo stesso procedimento per incollare la carta al cartoncino.Il gioco lego, avendo un disegno complesso ed articolato non è stato realizza-to tramite la fustella ma grazie un particolare plotter da taglio, con una lama che segue il disegno vettoriale gestiti da un sistema informatico che lavora cartoncino anche di spessore molto grosso. Per realizzare questo taglio mi sono affidata ad un calzaturificio (Kaina di Campese, Vi) che utilizza tale procedimento per tagliare il cuoio e la pelle per la produzione di scarpe. Questa particolare tecnica, infatti, viene utilizzata per la lavorazione di molti tipi di materiali diversi tra loro: non solo carta, dunque, ma anche la pelle, il cuoio, vinile, essendo un sistema che permette di avere un taglio di altissima precisione.

Alcuni esempi di prodotti realizzati dalla Cartiera Arbos (Solagna, Vi.), in particolare ono riconoscibili i prodotti di Nicoletta Costa e Kveta Pacovska.Tutti i prodotti sono realiz-zati con carta e cartonicino riclato.

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3.4 i giochi

LetterandiaLetterandia è un set di 5 giochi, che hanno la scopo di fornire al bambino un primo approccio al mondo delle lettere; attraverso il gioco e la fantasia.All’interno della scatola che contiene il tutto troviamo quattro giochi attivi e un libro pop up. Ogni gioco ha una caratteristica specifica che riguarda la percezione della for-ma delle lettere, per far si che il bambino si diverta con il codice alfabetico, facendo si che in un futuro questo gli risulti familiare. Possiamo dividere i quattro giochi in due catoregorie: i giochi tradizionali e i giochi sperimentali. I primi sono due giochi molto conosciuti in tutto il mondo; il gioco del puzzle in cui vengono prese in considerazione solo le vocali e quello del memory in cui ogni lettere è raffigurata da un personaggio fantasti-co che assume le sembianze di una lettera. Mentre quelli sperimentali sono il gioco dei bruchi dove il bambino grazie a 4 semplici elementi puà ricostruire l’intero alfabeto e perchè no, inventarne uno personale. Inoltre in ogni elemen-to è presente un foro, questo permette di essere utilizzato in modi diversi, per esempio i pezzi possono essere uniti grazi ad un ferma campione per formare figure o essere appesi. Infine troviamo il gioco delle costruzioni dove ogni lettera ha dei tagli che permetto di incastrare le lettere l’una con l’altra formando delle sculture tridimensionali molto interessanti.Sono stati progettati e realizzati cercando di mantenere un’impostazione molto semplice, con pochi colori per non disturbare l’attenzione del bambino, inoltre in ogni scatola è presente un piccolo foglietto con una breve spiegazione del gioco.

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LettermemoryDerivato dal classico gioco di memoria in cartonicino, è formato da 26 coppie di figure 8X8 cm: nelle quali sono raffigurati 26 personaggi fantastici che hanno proprio la forma di una lettera dell’alfabeto. Si tratta,di figure molto semplici che raffigurano personaggi riconoscibili come per esempio il mimo, il cuoco, il giocoliere, o animali come il coccodrillo, l’uccellino o il gatto. In ogni tassello, a fianco del personaggio illustrato, è posizionata una letterina per favorire la comprensione.Inoltre, per semplificare ulteriormente il gioco il retro di ogni coppia di figure rappresenta due colori diversi, il giallo e il rosso. In questo modo il bambino sa che quando sceglierà una carta rossa dovrà scegliere poi una carta gialla per trovare la coppia.Per realizzare i tasselli del gioco è stata usato un impianto di fustella, realiz-zato appositamente, il cartoncino è di carta riciclata rivestito da entrambe le parti di cartapaglia 100g. Il tutto è racchiuso in una semplice scatola rossa, sulla faccia superiore del packaging troviamo l’etichetta con il nome del gioco e l’immagine della A.

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In grande la prima coppia del Lettermemory; la lettera A. Si può notare il retro di due colori diversi per facilitare il gioco.

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LetterpuzzleCinque piccoli puzzle che raffigurano le cinque vocali, composti da 4 tasselli 8X8 cm.Ogni puzzle ha due colori per aiutare il riconoscimento di ogni elemento che andrà poi a creare la lettera. Anche in questo caso i colori utilizzati sono i colori primari, più il bianco ed il nero. Il disegno della lettera è molto elemen-tare dato che è stato scelto un carattere lineare ma arrotondato che fosse familiare nell’universo infantile. Questo gioco permette di visualizzare la lettera completamente scomposta, di conseguenza i pieni e i vuoti hanno cosi la stessa importanza e il loro ricono-scimento consente di comporre la lettera, stimolando l’abilità visiva e manuale.I tasselli sono realizzati in cartoncino riciclato rivestito con cartapaglia colora-ta.

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LetterbrucoQuesto gioco permette di costruire le lettere dell’alfabeto con l’utilizzo di soli 4 elementi di base.Nell’ideare e realizzare questo progetto si è partiti dalla considerazione che le lettere possono essere scomposte in pochi tratti, lineari e curvilinei. Per esempio la linea retta può essere verticale orizzontale ma anche obliqua, cosi come le curve. Questo gioco con una serie di 4 elementi tramite i quali il bambino potrà comporre le lettere in maiuscolo. L’aspetto divertente è che queste componen-ti non sono altro che piccoli bruchi colorati che affiancati creano un alfabeto un po’ irregolare e davvero fantasioso. Quando il bambino avrà terminato la composizione potrà divertirsi a comporre un proprio alfabeto personale, inventando così nuove lettere. Le sagome sono stare realizzate in cartoncino riciclato rivestito con cartapaglia.

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LetterlegoUn divertente gioco ad incastro, la particolarità di queste strane costruzioni è che gli elementi utilizzati sono proprio delle lettere. Trattandosi di una forma non troppo vincolante e con molte possibilità di incastro invita il bambino ad una costruzione del tutto destrutturata e senza limiti di fantasia, si possono creare forme tridimensionali di ogni tipo. Le lettere perdono la loro funzione primaria di scrittura e diventano forme più o meno complesse che possono essere incastrate tra di loro creando divertenti sculture. La lettera inoltre vie-ne vista in posizioni inconsuete; specchiata, ruotata, capovolta. Un gioco particolarmente indicato per questa fascia d’età in quanto la capa-cità progettuale del bambino non è ancora molto sviluppata. Le lettere sono realizzate in cartoncino riciclato rivestito con cartapaglia.

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LetteroplàE’ un libro pop up in cui ogni pagina da vita ad una lettera, incuriosendo e creando stupore nel lettore. Si possono trovare lettere tridimensionali, lettere che si specchiano, lettere che si muovono nello spazio contorcendosi, lettere nascoste da scoprire, lettere in trasparenza che ne nascondono altre. Ogni pagina è un’attesa che stimola la fantasia perché non sai mai che sorpresa ti riserverà la pagina successiva.Le lettere sono di tre colori principali, la scelta si è ristretta ai tre colori primari giallo, blu e rosso in quanto il libro è ricco di stimoli e suggestioni, utilizzando molti colori diversi si rischierebbe di avere un impatto negativo, oppure troppo stimolo che distoglie lo sguardo dal reale protagonista di questo libro incantato che è la lettera.Una sorta di percorso tra le lettere che diventa occasione personale non solo per il bambino ma anche per l’adulto.

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