modellazione numerica ai volumi finiti di moti a

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XXX° Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche - IDRA 2006 Master Class: Modelli numerici di correnti fluviali su fondo fisso e fondo mobile 77 MODELLAZIONE NUMERICA AI VOLUMI FINITI DI MOTI A SUPERFICIE LIBERA LA SIMULAZIONE DI EVENTI NATURALI Lorenzo Begnudelli 1 (1) Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Ferrara – Ferrara (IT) e-mail: [email protected] Parole chiave: idrodinamica delle acque basse, meccanica dei fluidi, simulazione numerica. SOMMARIO In questa memoria vengono presentati due modelli numerici ai volumi finiti per la soluzione delle equa- zioni alle acque basse (su mesh costituite da celle triangolari o quadrangolari) e la loro applicazione alla simulazione di inondazioni dovuti ad eventi di crollo diga. I modelli numerici, di tipo-Godunov, sono ba- sati sullo stesso schema, sono accurati al secondo ordine nel tempo e nello spazio, ed utilizzano una nuo- va tecnica di trattamento delle celle parzialmente sommerse. Ciò conferisce al modello robustezza, accu- ratezza e perfetta conservazione della massa anche in simulazioni di fenomeni in cui ampie parti del do- minio sono soggette a fenomeni di wetting/drying. Delle applicazioni che verranno mostrate, due sono relative ad eventi realmente accaduti e dei quali sono disponibili testimonianze, dati e ricostruzioni. L’ultima simulazione, invece, riguarda un evento non ac- caduto ma del quale si sono volute studiare le possibili conseguenze elaborando diversi scenari a scopo di protezione civile. Oltre che i risultati delle simulazioni, verrà illustrato il particolare approccio seguito nell’esecuzione delle simulazioni stesse. 1 INTRODUZIONE Le equazioni alle acque basse sono largamente utilizzate nella simulazione e modellazione dell’idrodinamica di fiumi, canali, laghi, lagune, zone costiere e estuari, ed eventi quali inondazioni suc- cessive al crollo di dighe o argini fluviali. E’ stato sviluppato un modello numerico sviluppato risolve le equazioni alle acque basse attraverso uno schema di integrazione numerica ai volumi finiti. In particolare, sono state create due versioni del model- lo, una basata su una mesh non strutturata di celle triangolari ed una su un mesh strutturata di celle qua- drangolari, per studiare pro e contro di ciascuna soluzione. Gran parte delle importanti applicazioni che verranno descritte nel seguito riguarda domini dalla geome- tria e topografia molto complesse, ed è estremamente importante disporre di modelli robusti ed accurati in grado di affrontare la più ampia varietà possibile di applicazioni pratiche, con ogni regime di moto (eventi di crollo-diga, moto di fiumi, laghi, estuari, lagune) in cui ampie parti del dominio sono soggette a wet- ting/drying. Sono stati affrontati in particolare i seguenti problemi Trattamento dei termini sorgente dovuti alla pendenza del fondo nelle SWEs Questo tema è stato sviluppato elaborando una nuova tecnica di trattamento dei termini sorgente (Valiani e Begnudelli 2006). Questo argomento non verrà trattato qui in quanto già presentato in un altro articolo presentato al XXX Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche (Begnu- delli e Valiani 2006). Trattamento delle celle parzialmente sommerse (frontiera wet/dry)

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XXX° Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche - IDRA 2006 Master Class: Modelli numerici di correnti fluviali su fondo fisso e fondo mobile

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MODELLAZIONE NUMERICA AI VOLUMI FINITI DI MOTI A SUPERFICIE LIBERA

LA SIMULAZIONE DI EVENTI NATURALI Lorenzo Begnudelli1

(1) Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Ferrara – Ferrara (IT) e-mail: [email protected]

Parole chiave: idrodinamica delle acque basse, meccanica dei fluidi, simulazione numerica.

SOMMARIO

In questa memoria vengono presentati due modelli numerici ai volumi finiti per la soluzione delle equa-zioni alle acque basse (su mesh costituite da celle triangolari o quadrangolari) e la loro applicazione alla simulazione di inondazioni dovuti ad eventi di crollo diga. I modelli numerici, di tipo-Godunov, sono ba-sati sullo stesso schema, sono accurati al secondo ordine nel tempo e nello spazio, ed utilizzano una nuo-va tecnica di trattamento delle celle parzialmente sommerse. Ciò conferisce al modello robustezza, accu-ratezza e perfetta conservazione della massa anche in simulazioni di fenomeni in cui ampie parti del do-minio sono soggette a fenomeni di wetting/drying. Delle applicazioni che verranno mostrate, due sono relative ad eventi realmente accaduti e dei quali sono disponibili testimonianze, dati e ricostruzioni. L’ultima simulazione, invece, riguarda un evento non ac-caduto ma del quale si sono volute studiare le possibili conseguenze elaborando diversi scenari a scopo di protezione civile. Oltre che i risultati delle simulazioni, verrà illustrato il particolare approccio seguito nell’esecuzione delle simulazioni stesse.

1 INTRODUZIONE

Le equazioni alle acque basse sono largamente utilizzate nella simulazione e modellazione dell’idrodinamica di fiumi, canali, laghi, lagune, zone costiere e estuari, ed eventi quali inondazioni suc-cessive al crollo di dighe o argini fluviali. E’ stato sviluppato un modello numerico sviluppato risolve le equazioni alle acque basse attraverso uno schema di integrazione numerica ai volumi finiti. In particolare, sono state create due versioni del model-lo, una basata su una mesh non strutturata di celle triangolari ed una su un mesh strutturata di celle qua-drangolari, per studiare pro e contro di ciascuna soluzione. Gran parte delle importanti applicazioni che verranno descritte nel seguito riguarda domini dalla geome-tria e topografia molto complesse, ed è estremamente importante disporre di modelli robusti ed accurati in grado di affrontare la più ampia varietà possibile di applicazioni pratiche, con ogni regime di moto (eventi di crollo-diga, moto di fiumi, laghi, estuari, lagune) in cui ampie parti del dominio sono soggette a wet-ting/drying. Sono stati affrontati in particolare i seguenti problemi

• Trattamento dei termini sorgente dovuti alla pendenza del fondo nelle SWEs Questo tema è stato sviluppato elaborando una nuova tecnica di trattamento dei termini sorgente

(Valiani e Begnudelli 2006). Questo argomento non verrà trattato qui in quanto già presentato in un altro articolo presentato al XXX Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche (Begnu-delli e Valiani 2006).

• Trattamento delle celle parzialmente sommerse (frontiera wet/dry)

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E stata sviluppata una nuova tecnica di trattamento delle celle parzialmente sommerse che verrà descritta nel seguito. In particolare, importanti requisiti che un modello idraulico dovrebbe ve-rificare e che molto spesso sono violati in caso di presenza di frontiera mobile tra zona asciutta e zona sommersa sono: 1) Il modello deve conservare la massa e non deve generare oscillazio-ni spurie (frontiera wet/dry); 2) Nel caso di simulazione del trasporto di scalari, il modello de-ve conservare la massa disciolta e non deve introdurre concentrazioni / diluizioni spurie.

2 MODELLO MATEMATICO

Come già accennato, il modello numerico utilizzato è basato sulle equazioni alle acque basse (SWE). Esse sono costituite da un’equazione di bilancio di massa e due equazioni di bilancio di quantità di moto (in direzioni x ed y) mediate lungo la verticale, derivate sotto alcune ipotesi standard. Le SWE possono essere scritte in forma conservativa come (Liggett 1994)

t x y

∂ ∂ ∂+ + = +∂ ∂ ∂ 0 fU F G S S (1)

dove U è il vettore delle variabili conservative, F e G sono vettori di flusso in direzione x, y e S0 e Sf sono termini sorgente. Tali vettori sono così definiti

2

20

202

0 0; ; ; ;

2

2

x fx

y fy

Uhh Vh

hUh U h g UVh ghS ghSVh ghS ghShUVh V h g

⎡ ⎤⎡ ⎤ ⎢ ⎥ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤⎢ ⎥⎡ ⎤ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥= = + = = = −⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ −⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥⎣ ⎦ ⎢ ⎥ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦+⎢ ⎥⎣ ⎦ ⎢ ⎥⎣ ⎦

0 fU F G S S (2)

dove: h = profondità; U, V = componenti lungo x, y della velocità (valori mediate sulla veriticale); 0xS ,

0 yS e fxS , fyS = componenti cartesiane dei termini rispettivamente della pendenza del fondo e della pendenza d’attrito. 0xS , 0 yS e fxS , fyS costituiscono i termini sorgente rispettivamente corrispondenti alla pendenza del fondo ed alla resistenza al moto, e sono

2 20

2 20

bx

fx D

bfy Dy

zS S c U U Vx

z S c V U VSy

⎧ ∂⎪⎪ =− ⎧⎪⎪ = +⎪⎪ ∂ ⎪⎪⎨ ⎨⎪ ⎪∂⎪ ⎪ = +=−⎪ ⎪⎩⎪ ∂⎪⎩

(3)

dove zb è la quota del fondo e cD è un coefficiente di drag che può essere trattato come una costante, cal-colato a partire dal coefficiente di Manning come 2 1 3

D Mc gn h−= o calcolato localmente in base alla sca-brezza del fondo ed al numero di Reynolds (Haaland 1983). In forma integrale, considerando come dominio di integrazione una generica cella Ω di contorno ∂Ω, le equazioni alle acque basse possono essere espresse come

( ) ( )d dx dy dt tΩ ∂Ω Ω

∂ ∂Ω+ − = + Ω∂ ∂∫ ∫ ∫ 0 fU F G S S (4)

Analogamente, le equazioni di trasporto delle sostanze disciolte, trattate come scalari passivi, sono e-spresse in forma integrale come

( )d dx dy dt tΩ ∂Ω Ω

∂ ∂Ω+ − = Ω∂ ∂∫ ∫ ∫Q Q QQ F G S (5)

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Modellazione ai volumi finiti… di eventi naturali

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dove Q è il vettore delle concentrazioni integrate sulla verticale degli N scalari modellati, FQ e GQ i vetto-ri di flusso in direzione x, y ed SQ il vettore dei termini sorgente (che può rappresentare sorgenti puntuali, diffuse o reazioni):

1 1 1 1

2 2 2 2; ; ;

N N N N

h hU hV sh hU hV s

h hU hV s

ϕ ϕ ϕϕ ϕ ϕ

ϕ ϕ ϕ

⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥= = = =⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦

Q Q QQ F G S (6)

dove φi è la concentrazione mediata sulla verticale dello scalare i-esimo. Queste equazioni ignorano i fe-nomeni di diffusione e dispersione che non sono stati presi in considerazione in questo studio.

3 GRIGLIA DI CALCOLO

Sono state create due versioni del modello numerico, una basata su una mesh non strutturata di celle triangolari ed una su un mesh strutturata di celle quadrangolari. Ciò è stato fatto per valutare pro e contro di ciascun tipo di griglia di calcolo, in termini di facilità di generazione, versatilità, e tempi di calcolo. Le celle triangolari presentano diversi vantaggi per qualunque applicazioni pratica che riguardi sistemi idrici dalla geometria complessa:

• Facile generazione attraverso algoritmi di triangolazione (Delaunay) • Facile raffittimento locale della griglia • Trattamento più semplice delle celle parzialmente sommerse

Il principale svantaggio che è stato riscontrato nell’uso di griglie a maglia triangolare è che, in problemi con geometria semplice, come casi test in canali rettangolari ed idrodinamica fondamentalmente 1D, per avere la stessa accuratezza ottenuta con griglie a maglia quadrangolare, occorre utilizzare almeno il dop-pio delle celle. In questo tipo di casi test, infatti, il modello beneficia dell’allineamento tra moto e dire-zione delle maglie della griglia. Tuttavia, nei problemi reali raramente si ritrovano geometrie così sem-plici.

4 MODELLO NUMERICO

Sono stati utilizzati, come già anticipato, due schemi ai volumi finiti: uno basato su una mesh non strutturata di celle triangolari ed uno su una mesh strutturata di celle quadrangolari. Per entrambi i casi, la struttura del modello numerico è la stessa, ed è presentata in Fig. (1). Viene di seguito riportata una breve descrizione delle singole parti dell’algoritmo. Maggiori dettagli su ogni singolo punto possono essere trovati in Begnudelli and Sanders (2006). Pre-Processing: Caricamento della griglia di calcolo e delle condizioni iniziali ed al contorno; elabora-zione della metrica (Begnudelli and Sanders 2006). Definizione celle wet/dry: Ogni cella viene definita wet o dry: se tutti i nodi della cella sono sommersi con una profondità maggiore di una certa tolleranza δw , questa la cella è classificata wet, altrimenti dry. Slopes limiting: I gradienti delle variabili di stato vengono calcolati in ogni cella in base ai valori (cell-centered) nelle celle vicine oppure in base ai valori ai nodi della cella (ottenuti per interpolazione). L’operazione di limiting impone che non si generino nuovi massimi ai punti medi delle interfacce tra celle (oppure ai nodi, ma in questo caso il limiter risulta più diffusivo). La tecnica utilizzata è la LCD, Limiting Central Differencing (Hubbard 1999). Predictor: Risolve le equazioni alle acque basse espresse in forma differenziale, e solo nelle celle defini-te come wet (Bradford e Sanders 2005)

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Valutazione dei flussi all’interfaccia: Il flusso numerico all’interfaccia è calcolato attraverso il solutore di Roe, utilizzando i valori delle variabili di stato ottenute attraverso una ricostruzione MUSCL (Monoto-ne Upwind Scheme for Conservation Laws) delle variabili. Corrector: Il passo corrector risolve le SWE in conservativa (Bradford e Sanders 2005), nelle celle dry viene risolta la sola equazione di continuità. Trasporto Scalari: Le equazioni di trasporto degli scalari sono risolte usando la stessa mesh, gli stesso passi temporali, ed applicando la stessa tecnica predictor-corrector usata per il fluido.

Figura 1. Scherma a diagramma di flusso del codice numerico.

4.1 Celle Parzialmente Sommerse

Le celle parzialmente sommerse NON sono correttamente rappresentate dall’altezza d’acqua nel baricen-tro. Per esempio, se una cella parzialmente bagnata contiene fluido, ma non a sufficienza per sommergere il baricentro, la profondità media (h) è un numero positivo, mentre la profondità misurata rispetto al bari-centro è un numero negativo:

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Le equazioni Volume/Free-surface Relationships (VFRs) legano il volume di fluido contenuto nella cella alla quota del pelo libero:

• Rendono più facile e precisa la ricostruzione delle variabili all’interfaccia e la valutazione dei flussi

• Permettono una esatta conservazione delle massa di fluido e scalari, e trascurabili concentrazio-ni/diluizioni spurie dei soluti

• Possono essere incorporate in qualsiasi modello ai volumi finiti, vbasati su celle triangolari o quadrangolari

4.2 VFRs per celle triangolari

Le equazioni che legano le quota del pelo libero ed il contenuto di fluido in una cella dipendono dal numero di nodi della cella che sono sommersi dal fluido. Le possibili equazioni, ricavate da semplici con-siderazioni di geometria solida, sono riportate qui di seguito. Nelle seguenti equazioni, 1z , 2z e 3z sono le quote dei 3 nodi della generica cella, tali che: 1 2 3z z z≤ ≤ . La quota del pelo libero è indicata con η , il volume di fluido contenuto nella cella con V e l’area della cella con A.

1 2z zη< ≤ 2 3z zη< ≤ 3z η<

• Range 1 2z zη< ≤

( )( )( )

31

2 1 3 13zVh

A z z z zη−

= =− −

(7)

( )( )31 2 1 3 13z h z z z zη = + − − (8)

• Range 2 3z zη< ≤

( )

2 22 1 3 2 1 2 1

3 1

33

z z z z z z zVhA z z

η η η+ − − + += =

− (9)

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21 1 2

1 3 12

2 1 3 3 2 1 2 1

4

con:

3 3

z z

hz hz z z z z z

η γ γ γ

γγ

=− + −

⎧ = −⎪⎪⎨⎪ = − − + +⎪⎩

(10)

• 3z η<

1 2 3con:

3

c

c

h z

z z zz

η = +

+ +=

(11)

Maggiori dettagli sono riportati su Begnudelli and Sanders (2006).

4.3 VFRs per celle quadrangolari

Nel caso di celle quadrangolari, poiché i quattro nodi di una cella non giacciono in generale su un pia-no, si considera la cella quadrangolare come composta da 2 triangoli. Viene definito un criterio univoco di suddivisione della cella in base alle quote dei nodi della cella: a seconda della tipologia della cella, va-riano i coefficienti che compaiono nelle equazioni VFRs. Come per celle triangolari, n1 , n2 , n3 e n4 sono i 4 nodi della generica cella, e 1z , 2z , 3z e 4z sono le corrispondenti quote dei nodi tali che:

1 2 3 4z z z z≤ ≤ ≤ . Le figure seguenti illustrano le diverse tipologie di cella con diversi gradi di riempi-mento.

• Tipo 1: n1 e n4 (i nodi con quota maggiore e minore) non sono adiacenti (sono gli estremi di una

delle due diagonali). La cella è divisa in due triangoli dalla diagonale che connette i nodi n1 e n4:

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• Tipo 2: n1 e n4 (i nodi con quota maggiore e minore) sono adiacenti ed n2 è adiacente ad n1 . La cella è divisa in due triangoli dalla diagonale che connette i due nodi n2 e n4

• Tipo 3: n1 e n4 sono adiacenti ed n2 è adiacente ad n4 (è il caso meno frequente). La cella è divisa in due triangoli dalla diagonale che connette i due nodi n3 e n4:

A seconda del numero di nodi sommersi dal fluido, le equazioni VFRs nel caso di celle quadrangolari (per qualsiasi tipologia di cella) sono:

• 1 2z zη< ≤

( )31,3 1h zα η= − (12)

• 2 3z zη< ≤

3 22,3 2,2 2,1 2,0h α η α η α η α= + + + (13)

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• 3 4z zη< ≤

23,2 3,1 3,0h α η α η α= + + (14)

• 4z η<

4,0h η α= + (15)

I coefficienti che compaiono nelle equazioni (12) - (15) dipendono dalla tipologia di cella e non sono qui riportati per motivi di spazio (si rimanda a Begnudelli e Sanders 2007). Nel caso 2 3z zη< ≤ l’equazione cubica è risolta con il metodo di Newton – Raphson, con valore di tentativo iniziale 2 3( ) / 2z zη = + . Nel caso 3 4z zη< ≤ l’equazione da risolvere è di secondo grado, e la sola soluzione accettabile è quella che appartiene all’intervallo 3 4[ , ]z z .

4.4 Incorporazione delle equazioni VFRs nella struttura dell’algoritmo

Le equazioni VFRs sono risolte nel modello sia nella loro forma diretta (calcolare h dato η ) sia nella forma inversa (calcolare η dato h). In particolare, nella fase di pre-processing, data la quota del pelo li-bero η in ogni cella (che costituisce le condizioni iniziali) viene calcolato il volume di fluido presente in ogni cella, e quindi h. Durante la simulazione, ad ogni passo temporale di integrazione numerica, dopo il corrector, a partire dal valore di h aggiornato in funzione dei flussi fra le celle, si applicano invece le VFRs in senso opposto per calcolare in nuovo valore aggiornato di η che viene utilizzato poi al passo di calcolo successivo per valutare lo status wet/dry della cella e per la ricostruzione della quota del pelo libe-ro all’interfaccia fra le celle.

5 VERIFICA DEL MODELLO NUMERICO

Il modello numerico è stato verificato eseguendo una serie di casi test classici: crollo diga su fondo asciutto e bagnato, e moto permanente su bump parabolico nei tre casi di moto subcritico, moto con tran-sizione per lo stato critico senza shock, e moto transcritico con shock. Le performances del modello in questi casi test sono state anche utilizzate per ottimizzare le procedure di calcolo dei gradienti, limiting e calcolo del flusso numerico, scegliendo le procedure che hanno mostrato le migliori prestazioni in termini di accuratezza, stabilità, e tempo di calcolo. Maggiori dettagli a riguardo possono essere reperiti su Be-gnudelli e Sanders (2006).

5.1 Crollo diga su 3 bumps conici

Un ulteriore caso test è stato utilizzato per verificare i miglioramenti nella prestazione del modello in-trodotti dall’utilizzo delle VFRs. Il caso test consiste in un crollo diga su fondo asciutto con tre ostacoli a forma conica presenti a valle della diga. Il canale utilizzato in questo problema è a sezione rettangolare (eccetto che nelle sezioni ove sono presenti gli ostacoli conici), lungo 75 m e largo 30 m. I tre ostacoli conici hanno i vertici in coordinate (x, y) = (30, 6), (30, 24) e (47.5, 15) m, le altezze dei coni sono 1 m, 1 m e 3 m rispettivamente e le la pendenze sono 1:8, 1:8 e 3:10 rispettivamente. La diga si trova alla posi-zione x = 16m, e la quota del pelo libero a monte è η = 1.875 m: l’acqua è in quiete ed in essa si trova disciolta una sostanza con concentrazione φ = 1. All’istante t = 0 s la diga viene istantaneamente rimossa, e l’acqua si riversa verso valle. L’evento è stato simulato per 8 s con un passo temporale di ∆t = 0.01 s, dapprima non utilizzando le equazioni VFRs (considerando η = h + zc e considerando la cella vuota per

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valori di profondità inferiori ad una piccola tolleranza δw ) e poi introducendo le VFRs ed utilizzando il modello come descritto in precedenza. Qui di seguito sono riportati i risultati delle due simulazioni, ed in particolare: A) plot della superficie libera per t = 8 s, B) plot dei vettori di velocità, C) concentrazione dello scalare trasportato. Alcune considerazioni:

• Senza VFRs, l’errore sulla conservazione della massa è ERR = 0.14%, mentre Con VFRs, l’errore sulla conservazione della massa è ERR < 10-15 (errore di macchina)

• Gli stessi errori si ritrovano nella quantità di scalare disciolto. • La soluzione è in entrambi i casi smooth ed i campi di velocità non differiscono sensibilmente • Senza VFRs, la concentrazione/diluizione artificiale dello scalare tocca il 10%

Con VFRs, la concentrazione/diluizione artificiale dello scalareraggiunge al massimo lo 0.01% (è quindi trascurabile quindi per un gran numero di applicazioni)

Figura 2. Test Crollo diga su 3 ostacoli conici: risultati senza VFRs.

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Figura 3. Test Crollo diga su 3 ostacoli conici: risultati con VFRs.

6 APPLICAZIONI PRATICHE / 1: CROLLO DELLA DIGA DI ST. FRANCIS

La diga di St Francis (Fig. 4) era una diga a gravità in cemento, costruita tra il 1924 ed il 1926 dal Los Angeles Bureau of Water Works and Supply (ora Department of Water and Power), sotto la direzione dell’ingegnere capo William Mulholland. La diga era situata nel San Francisquito Canyon, circa 15 km a nord di quella che ora è la città di Santa Clarita, California (Fig. 5). La diga era alta 57 metri, e la cresta lunga 213 metri; la capacità dell’invaso era 47 milioni di metri cubi. Il crollo avvenne alle 23:57:30 (ora locale) del 12 marzo 1928, poco dopo che la diga era stata completa-mente riempita per la prima volta, fino ad appena sotto la cresta.

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Figura 4. Diga di St Francis (foto concessa da: Santa Clarita Valley Historical Society)

Figura 5. Diga di St. Francis e St. Francis Reservoir in California del Sud a nord di Los Angeles

Dopo il crollo, l’onda di sommersione avanzò dapprima verso Sud lungo il San Francisquito Canyon (SFC) verso quella che è ora Clarita, e poi verso Ovest lungo la Santa Clara Valley (SCV) verso Ventura, raggiungendo l’Oceano Pacifico, a circa 87 km di distanza, in meno di 6 ore. Lungo il loro cammino, le acque travolsero 1000 case, 10 ponti, numerose strade e campi, e le vite di circa 500 persone. L’ammontare dei danni è stato stimato a 10-25 milioni di dollari dell’epoca. Ci sono diverse interpretazioni sul meccanismo di rottura, ma è ormai accertato che una delle principali cause fu la presenza di cattive fondazioni. La storia della diga è ampiamente descritta da Outland (1963).

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Figura 6. Diga di St. Francis riempita fino alla cresta.

Figura 7. Diga di St. Francis dopo il crollo: un concio centrale della diga rimase in piedi

Ciò che verrà descritto in seguito non è solo la descrizione della simulazione dell’evento, ma anche di una metodologia di studio di fenomeni analoghi, e dell’importanza che diversi fattori di incertezza possono avere sulla precisione dei risultati della simulazione.

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6.1 Metodologia di Studio

Si può schematizzare la metodologia adottata nei seguenti passaggi:

1) Acquisizione della topografia (DEM) Per gli USA sono a disposizione i modelli del National Elevation Dataset (NED) con risoluzione 1 o 1/3 arc sec (secondi d’arco), che possono essere scaricati gratuitamente dal sito dell’USGS (http://seamless.usgs.com) 2) Creazione di una mesh computazionale

• Definizione del contorno • Triangolazione (E’ stato usato il software Triangle (Shewchuk 1996), ottenibile on-line

all’indirizzo: http://www-2.cs.cmu.edu/~quake/triangle.html. • Interpolazione delle quote dal DEM ai nodi della mesh

A seconda della risoluzione richiesta, possono essere utilizzati datasets di diversa risoluzione per eseguire l’interpolazione (Fig. 8).

Figura 8. DEMs utilizzati nel presente studio. I diversi riquadri rappresentano le aree effettivamente

scaricate dal sito http://seamless.usgs.com e le corrispondenti risoluzioni. Possono essere imposti raffittimenti localizzati, o comunque essere scelte risoluzioni differenti per le di-verse parti del dominio (Fig. 9)

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Figura 9. Mesh computazionale con raffittimenti localizzati.

3) Definizione condizioni iniziali ed al contorno Il programma accetta come possibili condizioni iniziali la quota del pelo libero o la profondità (se costan-te) in una parte del dominio di calcolo (Fig. 10). Inoltre, può essere specificata una certa velocità iniziale e le concentrazioni iniziale di eventuali scalari trasportati. Come condizioni al contorno, il questo caso viene imposto il livello nell’oceano (all’estremità sud-ovest del dominio di calcolo), mentre altrove il contorno si comporta come un muro impermeabile.

Figura 10. St Francis Reservoir: veduta prospettica delle condizioni iniziali.

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4) Esecuzione della simulazione 5) Raffittimenti localizzati selettivi Successivi raffittimenti localizzati della mesh di calcolo possono essere eseguiti in seguito alle prime si-mulazioni per aumentare la risoluzione della griglia nelle zone interessate dall’evento. Differenti criteri possono essere scelti per definire i successivi raffittimenti, in questo caso si è scelto di affittire in corrispondenza delle celle che sono state sommerse nella simulazione precedente, dimezzando ogni volta l’area massima (locale) delle celle.

Mesh 1: 34770 celle

Mesh 2: 47545 celle

Mesh 3: 73630 celle

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92

Mesh 4: 129987 celle

6.2 Comparazione tra simulazione e testimonianze storiche

Le seguenti figure mostrano una comparazione tra l’evento riprodotto dal modello e le testimonianze dell’epoca, in particolare foto scattate subito dopo l’evento stesso. La prima coppia di immagini (Figure 11 e 12) raffigura una vista da monte verso valle di un tratto del San Francisquito Canyon. Si può riconoscere in particolare in figura (11) una collina posta al centro della val-lata, la cui sommità non fu sommersa dalle acque. Il corso principale rimane alla sinistra della collina, mentre sulla destra è presente una forcella che fu sommersa dall’onda. In figura (12) si vede una raffigurazione della simulazione dell’evento da parte del modello relativo alla stessa area, ed in particolare un inviluppo delle massime profondità raggiunte durante la simulazione.

Figura 11. Vista da monte verso valle di un tratto del San Francisquito Canyon subito dopo l’evento

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Figura 12. Vista da monte verso valle di un tratto del San Francisquito Canyon, evento ricostruito dal modello.

(Inviluppo delle massime profondità raggiunte durante la simulazione)

Nella seconda coppia di immagini (Figure 13 e 14), la figura (13) raffigura due ricostruzioni dell’area i-nondata nella Santa Clara Valley tra Saugus e Castaic Junction, una basata su foto aeree ortorettificate (Rogers and James 2003, in blu) ed una su testimonianze raccolte poco dopo l’evento (Charles Lee, ca. 1928, in rosa).

Figura 13. Ricostruzioni dell’area inondata nella Santa Clara Valley tra Saugus e Castaic Junction,

basate su foto aeree ortorettificate (Rogers and James 2003, in blu) e su testimonianze raccolte poco dopo l’evento (Charles Lee, ca. 1928, in rosa)

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La figura 14 invece rappresenta una simulazione dell’evento ottenuta dal modello, corrispondente ad n = 0.025 e crollo diga parziale. E’ evidenziata in fig. (13) la posizione della odierna Intestate 5, la principale arteria di comunicazione della California, che collega Los Angeles con San Francisco e Sacramento.

Figura 14. ricostruzioni dell’area inondata nella Santa Clara Valley tra Saugus e Castaic Junction,

basate su una simulazione corrispondente a n = 0.025 e crollo diga parziale

6.3 Validazione del Modello: Analisi di Sensitività

Data la ricchezza di informazioni e dati sull’evento, questo si presta in modo eccellente ad una validazio-ne del modello. Sono infatti disponibili foto aeree scattate subito dopo l’evento (che recenti studi hanno raccolto, ordinato ed ortorettificato), oltre a testimonianze dell’epoca ed informazioni precise sul tempo di transito dell’onda legati all’istante di sommersione di tralicci e cabine di trasformazione. Occorre considerare che il modello deve ricevere come input due datasets sui quali si hanno incertezze:

• Topografia (DEM) • Parametri di resistenza al moto (es: Manning, Chezy)

Altri fattori a cui il modello è sensibile sono: • Risoluzione della griglia • Configurazione della breccia / rottura della diga

Per valutare la sensitività del modello a tali elementi sono stati comparati i risultati di simulazioni corri-spondenti a differenti:

• Risoluzioni della griglia (da Mesh 1 a Mesh 4) • Valori del parametro di resistenza di Manning (n = 0.020 , n = 0.025 , n = 0.030 ) • Configurazioni della breccia (Crollo totale e crollo parziale, corrispondente al concio centrale di

diga rimasto in piedi) in termini di:

• Area interessata dall’inondazione • Tempi di transito del fronte di sommersione

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Figura 15. Localizzazione del St Francis Reservoir e delle sezioni considerate

nella misura dei tempi di transito

6.4 Influenza della risoluzione della griglia sul tempo di transito

La tabella (1) mostra i tempi di transito dell’onda di sommersione alle sezioni A-A’ … G-G’ (vedi Fig. 15) al variare della risoluzione della griglia computazionale, da Mesh 1 a Mesh 4.

Tabella 1. Tempi di transito dell’onda di sommersione al variare della Mesh.

E’ evidente come il progressivo raffittimento della griglia di calcolo produca una riduzione molto impor-tante dei tempi di arrivo dell’onda di sommersione. L’utilizzo di una griglia computazionale troppo rada può comportare una sovrastima molto importante del tempo di transito, per cui la simulazione va ripetuta con mesh sempre più raffittite fino a quando i risultati delle successive simulazioni non convergono.

6.5 Influenza del parametro di resistenza sul tempo di transito

Le tabelle (2) e (3) mostrano i tempi di transito dell’onda di sommersione alle sezioni A-A’ … G-G’ (vedi Fig. 15) e l’estensione dell’area inondata al variare del valore del parametro di resistenza della con-

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figurazione della breccia. Riguardo a quest’ultima, per “Crollo Parziale” si intende che invece di rimuo-vere completamente la diga all’istante t = 0 s, si lascia il concio centrale come mostrato in fig. (7)

Tabella 2. Tempi di transito dell’onda di sommersione al variare del valore del parametro

di resistenza e della configurazione della breccia.

Tipologia Crollo

Manning Coeff. [ m-1/3 s ]

Area Inondata [106 m2]

Parziale n = 0.020 122.24 Parziale n = 0.025 122.00 Parziale n = 0.030 121.56 Totale n = 0.020 124.50 Totale n = 0.025 123.78 Totale n = 0.030 123.00

Ricostruzione di Rogers and James (2003) 126.16 Ricostruzione di Charles Lee (ca. 1928) 146.84

Tabella 3. Area inondata al variare del valore del parametro di resistenza e della configurazione della breccia.

Il confronto fra ”Crollo Parziale” e ”Crollo Totale” mostra che comunque le differenze sono limitate sia in termini di tempo di transito sia in termini di area inondata prevista. Il valore del parametro di resistenza invece si mostra molto decisivo del determinare il tempo di transito (cioè: la velocità di avanzamento) mentre ha effetti estremamente limitati sull’area inondata prevista.

6.6 Conclusioni

Dall’analisi dei risultati qui presentati, si può evidenziare come la risoluzione influenzi in modo deci-sivo i risultati, sia in termini di area inondata complessiva sia in termini di tempi di transito (e quindi ve-locità di propagazione). Il valore del parametro di resistenza, invece, ha influenza molto limitata sull’area complessiva inondata, mentre ha maggiore peso sui tempo di transito del fronte. Questi risultati hanno importanza poiché informano su quali errori ci si può aspettare di commettere nel caso in cui, a differenza del presente caso di studio, si simulino ipotetici scenari futuri e non eventi passati di cui si hanno tutti i dati a disposizione.

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7 APPLICAZIONI PRATICHE / 2: SIMULAZIONI CROLLO DIGHE DI KALOKO E WAITA

Il 14 febbraio 2006, a seguito di eccezionali piogge abbattutesi sull’arcipelago delle Hawaii, il rilevato in terra che conteneva il Ka Loko Reservoir (isola di Kauai, Hawaii, USA) cedette, causando una inonda-zione che provocò la morte di 7 persone e la distruzione di diverse case ed un tratto di strada costiera (HWY 56) nei pressi di Kilauea (Fig. 16). Dato l’ampio risalto dato all’evento dai media locali, e quindi la ampia mole di dati a disposizione, è stato possibile utilizzare il modello per ricostruire l’inondazione, utilizzando la stessa metodologia di lavoro descritta in precedenza. La Fig. (17) mostra l’evento come ricostruito dal modello, e come confermato dai dati a disposizione.

Figura 16. Ka Loko Reservoir, isola di Kauai, Hawaii, USA.

Figura 17. Inondazione seguita al crollo della diga del Ka Loko Reservoir, come ricostruita dal modello.

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Nei giorni successivi a tale evento, in seguito alla caduta di nuove piogge, la protezione civile dello Stato delle Hawaii manifestò crescente preoccupazione per una seconda diga, posta nella parte sud della stessa isola: la diga del Waita Reservoir, vicino all’abitato di Kaloa. Quello che segue è un estratto dello studio eseguito per conto di, ed in collaborazione con, la protezione civile dello Stato delle Hawaii, per delineare mappe di rischio idraulico corrispondenti a diversi possibili scenari di rottura della diga. Il Waita Reservoir, mostrato in figura (18), ha un invaso massimo di circa 12.1 x 106 m3 , ed una profon-dità abbastanza costante, che in condizioni di quota idrica massima (definita dalla presenza di uno sfiora-tore di superficie), raggiunge gli 8m.

Fig. 18: Waita Reservoir, vicino a Kaloa, Isola si Kauai, Hawaii, USA.

Lo studio ha seguito la metodologia descritta per la simulazione del crollo della diga di St Francis: è stato scaricato il modello digitale del terreno (DEM) con risoluzione 1/3 arc sec dal sito dell’USGS, quin-di è stato delineato un contorno approssimativo del dominio di calcolo ed è stata costruita una prima mesh computazionale basata su semplici considerazioni dettate dalla conformazione del terreno. Sono poi stati eseguiti alcuni run preliminari e ricavate due mesh di calcolo per lo studio vero e proprio: una costi-tuita da 97994 celle ed una da 148672 celle. Sono poi stati definiti quattro possibili di scenari di inondazione, corrispondenti a 2 possibili valori del parametro di resistenza di Manning (n = 0.025 e n = 0.050) ed a 2 possibili configurazioni della breccia (crollo parziale di un tratto lungo 100m e crollo totale istantaneo di tutta la diga, lunga più di 1 km). In

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entrambi i casi si sono scelti 2 condizioni corrispondenti una ad una probabile sottostima dell’evento ed una ad una probabile sovrastima. Le combinazioni hanno fornito 4 scenari di studio. In un caso dei 4, la simulazione è stata eseguita 2 volte, utilizzando entrambe le mesh (97994 celle e 148672 celle). Una volta verificato che non emergevano differenze significative tra i run corrispondenti alle 2 mesh, si è utilizzata solo la griglia con 97.994 celle per le restanti simulazioni. Sono di seguito riportate le mappe, corrispondenti ai 4 scenari simulati, che mostrano le massime profon-dità e velocità raggiunte in ogni cella durante la simulazione. Il tempo di simulazione considerato è stato 5 ore.

Figura 19. Simulazione crollo diga del Waita Reservoir: Massima profondità

raggiunta durante la simulazione nei 4 diversi scenari

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I risultati del modello indicano che l’inondazione interessa l’area compresa fra il Waita Reservoir e l’oceano per una larghezza di circa 2km, sommergendo l’abitato di Koloa e la frazione di Koloa Mill, fino al tratto di costa compreso fra Kaloa Landing e Poipu (Figura 18). Le Figure 19 e 20 mostrano la massima profondità e la massima velocità raggiunte durante l’evento (3h). Comparando i 4 scenari, si nota come la profondità massima (Fig. 19) varia maggiormente al variare del tipo di rottura della diga (parziale vs totale), mentre la velocità massima raggiunta è più sensibile al coef-ficiente di scabrezza. Tutte le simulazioni mostrano che l’inondazione più violenta si riscontra lungo una serie di percorsi intrecciati che si estendono dalla diga fino all’Oceano tra Kaloa Landing e Poipu. Lungo questo percorso si hanno le massime profondità e velocità, e pertanto si possono attendere i danni mag-giori.

Figura 20. Simulazione crollo diga del Waita Reservoir: Massima veocità

raggiunta durante la simulazione nei 4 diversi scenari

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Nel caso più sfavorevole (n = 0.025, crollo totale della diga) si raggiungono 3-4 m di profondità e circa 7 m/s di velocità, sufficienti a produrre localmente danni estremamente gravi a qualunque tipo di struttura. Oltre al corso principale delle acque, in direzione sud-ovest, un “ramo secondario” dell’inondazione si propaga, secondo il modello, verso sud-est. Tuttavia in questo ramo le profondità sono inferiori al mezzo metro e le velocità generalmente prossime a 0.1 m/s, per cui i danni previsti sono comunque generalmen-te limitati. Le figure 21 e 22 mostrano l’avanzamento del fronte a 9 diversi istanti per i due scenari corrispondenti al crollo parziale e totale della diga (rispettivamente) con n = 0.025. Si nota come le acque raggiungano l’abitato di Koloa in circa 5 minuti e la costa tra Kaloa Landing e Poipu in circa 15-20 minuti, a seconda dello scenario considerato. Secondo la ricostruzione fornita dal modello, inoltre, l’evento raggiunge il suo picco dopo circa 20-30 minuti dal crollo, anche se ancora dopo 5 ore le acque non hanno smesso di fluire.

Figura 21. Simulazione crollo diga del Waita Reservoir: Avanzamento del fronte

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a 9 diversi istanti nel caso di crollo parziale e n=0.025.

Figura 22. Simulazione crollo diga del Waita Reservoir: Avanzamento del fronte a 9 diversi istanti nel caso di crollo totale e n=0.025.

La grande utilità di queste simulazioni sta nel poter fornire in tempi estremamente brevi (ovviamente di-pendenti dalla potenza di calcolo a disposizione) dettagliate mappe di rischio e previsioni su possibili scenari di inondazione legati a diversi eventi naturali (esondazione, crollo diga, tsunami) che possono es-sere usati per la gestione delle situazioni di emergenza o pianificare interventi a lungo termine.

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8 CONCLUSIONI

L’impatto crescente dell’urbanizzazione e dell’inquinamento sull’ambiente ha alterato innumerevoli ambienti ed ecosistemi che è importante ricostruire, e sta producendo gravi conseguenze sul clima, ren-dendo gli eventi naturali estremi più frequenti ed i loro effetti più devastanti. L’applicazione di tali algoritmi di modellazione numerica potrà quindi avere sempre maggiore importan-za e sempre più largo utilizzo nella simulazione di eventi catastrofici (elaborazione di simulazioni e previ-sioni durante l’evento, gestione e pianificazione delle emergenze, definizione delle mappe di rischio i-draulico) sia nel campo della ristorazione di sistemi idrici (fluviali, lacustri…), sia nella progettazione di infastrutture idrauliche od interventi a sistemi naturali od artificiali. Modelli idraulici 2D basati sulle equazioni alle acque basse trovano largo impiego in tutte queste applica-zioni di estrema importanza, e la ricerca in questo campo potrà consentire in futuro un loro sempre mag-giore utilizzo.

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