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musica & terapia numero 6 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Roberta Gatti Direttore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Marco Iacoviello Consulente Teatro Carlo Felice , Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

6direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriAlfredo Raglio

Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Roberta GattiDirettore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Marco IacovielloConsulente Teatro Carlo Felice , Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria,

Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

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pag 1Editoriale

pag 2Relazione, disagio, musicaMaurizio Spaccazocchi

pag 7Musicoterapia a scuola Massimo Borghesi, Enrico Strobino

pag 15 Musicoterapia e integrazione scolasticaElisabetta Albanesi

pag 20Un intervento Musicoterapico in ambito scolasticoSilvia Melchiorri

pag 26L’animazione musicaleMauro Sarcinella

pag 29L'educazione musicale come momento di integrazioneStella Minella

pag 36L’improvvisazione vocale in musicoterapiaAntonella Grusovin

pag 45L'approccio musicoterapico nel trattamento del ritardo mentale grave: aspetti teorici e presentazione di un’esperienzaKarin Selva

pag 54Musicoterapista e/o Musicoterapeuta?Massimo Borghesi, Alfredo Raglio, Ferdinando Suvini

pag 58Recensioni

pag 59Notiziario

pag 60Articoli pubblicatisui numeri precedenti

pag 62Norme redazionali

sommar

io

6numero

Edizioni CosmopolisCorso Peschiera 320

10139 Torino011 710209

L’abbonamento a Musica & Terapia è di lire 30.000 (2 numeri).L’importo può essere

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di versamento el’anno di riferimento

progetto grafico

Harta Design, Genova

Paola Grassi

Roberto Rossini

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La musicoterapia italiana nasce e si sviluppa a par-tire dagli anni 70 soprattutto in ambito educativo.La riforma scolastica del 1977 infatti, che prevede-va l’abolizione delle scuole speciali e delle classi dif-ferenziate promuovendo l’integrazione, costituì unaimportante occasione per sperimentare interventi acarattere musicoterapico che furono orientati so-pratutto in senso preventivo.Fin da subito l’accostamento della dimensione tera-peutica a quella educativa sollevò lecite perplessità;esisteva peraltro una terza dimensione, l’animazione,che complicava ulteriormente l’esigenza di definirespecificità e pertinenze d’intervento. Tutta la que-stione era infine condizionata dal clima tendenzial-mente ideologico di quegli anni. La nostra rivistatorna sull’argomento cercando di delineare con unnumero quasi monografico gli aspetti che caratteriz-zano attualmente la prassi musicoterapica in ambitoscolastico e gli apporti che tale disciplina può forni-re ai processi educativi. L’articolo di Spaccazocchi in-troduce il tema sottolineando come gli aspetti sono-ro/musicali, che connotano qualsiasi rapporto, pos-sano condizionare la qualità della relazione interper-sonale (e quindi anche del processo educativo che daessa dipende strettamente); ne consegue la necessitàdi una formazione in tal senso. Massimo Borghesi edEnrico Strobino entrano nel cuore della questionedialogando sui concetti di musicoterapia, educazio-ne musicale, animazione musicale; il loro contributoaccresce la nostra conoscenza sul tema delineandochiaramente la specificità dei diversi approcci maanche i territori dov’è possibile osservare sovrappo-sizioni. Seguono quattro articoli che illustrano al-trettante modalità di impiegare l’elemento sono-ro/musicale in un contesto educativo. ElisabettaAlbanesi descrive un intervento di gruppo con fina-lità integrative, Silvia Melchiorri ci parla di un trat-tamento individuale di musicoterapia, Stella Minellaprospetta un’educazione musicale ricca di implica-zioni musicoterapiche, Mauro Sarcinella definisce eprecisa il concetto di animazione musicale. La rivistaprosegue con altri tre articoli che solo in parte si al-lontanano dal tema.Antonella Grusovin si ricollega alle tematiche tratta-te da Maurizio Spaccazocchi, Karin Selva descriveun’esperienza condotta in un centro riabilitativo chepuò essere utilmente confrontata con quelle con-dotte in ambito educativo; l’ultimo contributo (mu-sicoterapista/musicoterapeuta), che cerca di precisa-re specificità professionali e ambiti d’intervento, siriconette alle riflessioni di Borghesi e Strobino orien-tate in tal senso anche se relativamente al rapportoeducazione musicale/musicoterapia.

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The paper focuses the byological dimension exi-sting in every human relationship; for that, pro-fessionals working “on relationships” shouldaquire more awareness of sensations caused bythe relationship itself, in order to improve it.

Nei bambini, nelle persone con problemi di variotipo, in noi quando raggiungiamo stati di fortedisinibizione, è presente una modalità di entrarein relazione con gli altri che non viene presa inconsiderazione all'interno dei tradizionali rap-porti umani che possiamo istituire nel pubblico enel privato, nel mondo della scuola come inquello del lavoro.Per comprendere meglio questa tattica relazio-nale di stile “infantile" proviamo a pensare divolgere lo sguardo verso un neonato in culla eponiamoci questa domanda: "come può entrarein relazione con noi?" Ecco le risposte più sem-plici:a) con la mano: ci prende un dito, lo stringe per

un po’ e poi lo lascia (Relazione Tattile);b) con i movimenti del corpo: scatti, tensioni e

rilassamenti, espressioni facciali (RelazioneTono-muscolare);

c) con gli occhi: lo sguardo, le “sbirciate”(Relazione Visiva);

d) con “versi”: rumori, le risatine, il pianto, ilgrido (Relazione Sonoro-auditiva);

e) con le prime “annusate”: percependo odori,sentendo il nostro profumo (RelazioneOlfattiva);

f) con la bocca: mangiando, reagendo ai varipasti (Relazione Gustativa).

Tutte queste tattiche di accesso alla relazione hannoin comune almeno questi seguenti elementi:- Ogni tipologia sensoriale-comunicativa è

sempre in collegamento con le altre sensoria-lità e, quindi, potremmo dire che l'entrata inrelazione del bambino è sempre sinestesica,multisensoriale, globale.

L'entrata

in relazione

del bambino

è sempre

sinestesica,

multisensoriale,

globale

Relazione, disagio, musica

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onservatorio di Pesaro

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mo in presenza di unarelazione che potrem-mo definire quasi biolo-gica in opposizione aquella relazione tantomisurata che appare es-sere solamente logica.

Perdendo esperienza, nel corso della nostra vita,di tattiche relazionali senso-emotive, e affidan-doci a modelli di relazione sempre più struttura-ti a livello di forma e di contenuto, senza notar-lo, ci allontaniamo sempre più da questa istintivapercezione (degli altri e del mondo circostante)interamente e intensamente basata sulla simul-taneità e/o sulla successione di minime e minu-ziose frammentarietà multisensoriali.Insomma, formalizzarsi all'interno di praticherelazionali logiche, vuoi dire rischiare di perdereil “senso dei sensi”, rinnegando così la presenza,all'interno delle nostre relazioni, di quell’ “anima-le evoluto” che è in tutti noi, e di tutto ciò che dipositivo potrebbe in certe occasioni offrire a noistessi e agli altri.In contesti dove è inevitabile la costruzione diuna relazione (le famiglie, le scuole, gli ospedali,le fabbriche, ecc.), dove gli adulti incontrano ibambini e i giovani, l’incontro-scontro di questedue modalità relazionali può essere l’occasioneper evocare il disagio, il malcontento, l’insoddi-sfazione, la nascita quindi di azioni e di reazioni(a volte mai mostrate palesemente). L'odio, lanon fiducia, il non rispetto, la sensazione di vive-re rapporti forzati, il sentirsi non considerati, per-dere la stima e l'autostima, ecc.: sono tutti "tarli"che possono, nel più profondo dei silenzi, farsivivi per "rodere" il tronco di tutte quelle relazio-ni solo in apparenza sane.Le nuove generazioni inoltre sono particolarmen-te sollecitate su di un piano percettivo-sensoria-le, un esempio per tutti: trent'anni fa la pubbli-cità televisiva (modello Carosello) offriva eventicon forma e contenuto molto evidenti (una sto-

- Questa globalità per-cettivo-sensoriale ècontenitrice e pro-motrice di stati d'a-nimo, d’affettività,di emotività (azionesensoriale-reazioneemotiva o viceversa).

- Ogni attivazione sensoriale, utile all'entrata inrelazione con gli altri, è di breve durata, maintensa. Potremmo parlare di una concentra-zionc di senso o di sensi che non ha bisogno,proprio per la sua forte consistenza percettiva,di tempi lunghi; infatti potremmo simpatica-mente definire questa tattica come una rela-zione annusata, orecchiata, assaporata, pal-pata, ecc.

- Non c'è uso del linguaggio verbale nei suoi piùcomuni aspetti semantici, siamo solo in pre-senza di un bagaglio fonetico fatto di veri epropri suoni, intonazioni di voci, rumori, ecc. Eanche tutte le altre modalità sensoriali nonpossono definirsi disciplinate come, ad esem-pio, il linguaggio dei gesti, il linguaggio deisuoni, ecc.

- Si tratta di una modalità di relazione che nonsi affida al “che cosa è detto o fatto”, ma piut-tosto al “come è stato detto o fatto”. Nonessendoci il sostegno di un linguaggio organiz-zato, di una grammatica, di una forma sintat-tica precostituita, non possiamo sostenere chetale relazione umana possa, per essere efficacecome di fatto è, fare affidamento alla quantitàdei contenuti di una organizzazione linguisticache non c'è. È la qualità emotiva del mezzosensoriale specifico e/o sinestesico che permet-te di capire e di condividere tale relazione.

- In tutto ciò c'è una specializzata istintualità,una raffinata sensorialità, un’alta concentra-zione espressa in tempi abbastanza brevi, chenon ritroviamo più nelle relazioni umane piùstandardizzate e professionalizzate. Forse sia-

Siamo in presenzadi una relazioneche potremmo

definire biologica

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mette ai giovani di fare scelte in sintonia con iloro piaceri, desideri, bisogni più o meno palesi,ricordi e vissuti più o meno nitidi nella memoria,ma tutti in stretta connessione con le loro emo-zioni euforiche o disforiche. Ciò che noi a voltedefiniamo come un frettoloso e insensato giudi-zio di valore: "questo brano non mi piace”, è inrealtà frutto di una profonda, e non sempre faci-le da chiarire, storia emotiva di relazioni umanevissute sulla base di certi e non altri sounds.Potremmo, a questo punto, anche dire che questoincontro con il suono è in grado di "smuovere"aspetti della personalità ben più profondi di quan-to siano in grado di produrre strutture musicalipiù organizzate (melodia, armonia, forma, ecc.).I tempi ristretti che attualmente i giovani sonocostretti a dedicare alle tante esperienze chevivono, e quindi anche alla musica, impongonoanalisi del suono e della sonorità che non si affi-dano più all'ascolto totale, al completamento diciò che si dice, ma ad un "assaporamento" delcome si dice, perché quest'aspetto smuovedimensioni complesse e profonde che impongonoazioni introspettive non sempre controllabili dallacoscienza. In questa variegata sound-societymolte delle nostre relazioni si attivano, a livelloinconscio e raffinato, promuovendo contatti sen-soriali veloci, quasi come fossimo dei gatti che alprimo rumore scattano per lanciarsi, quasi senzavederla, verso la preda. Una "preda" che, nellaquasi totalità dei casi, viene "compresa" senzaalcun margine di errore.Questa tipologia relazionale biologica e multisen-soriale attivabile tanto fra noi e gli altri, quantofra noi e le pratiche socio-culturali, questa rela-zione veloce e intensa ma altrettanto profondasul piano dei sentimenti e delle sensazioni, è unaimportante guida che influenza i nostri incontri,le nostre esperienze, le nostre vicende umaneanche se sul piano istituzionale e professionale ciaffidiamo a modelli relazionali più istruiti, piùcolti, più disciplinati, che purtroppo creano stati

riella, un percorso temporale, un discorso lineare,ecc.), oggi la pubblicità e la video-music offronoeventi frammentari, flash d'immagini, di suoni erumori, ondate di colori e di gesti che, in pochisecondi o minuti, non possono far altro che affi-darsi alla comprensione multisensoriale, sinestesi-ca, tonomuscolare, di sicuro non adatta allemodalità di comprensione logico-formale (dellastessa categoria percettiva è lo zapping radiotele-visivo).In altri termini sembra che le nuove generazionistiano attivando un recupero della percezionesensoriale “annusata”, “orecchiata”, a differenzadi quel percepire che, nelle relazioni tradizionali,ha bisogno di tempi più lunghi, ovvero del com-pletamento della relazione stessa. Infatti è sem-pre più comune parlare dei giovani come di sog-getti che “vedono solo in superficie”, ma dovrem-mo pure noi ricordarci che il fondo delle cose nonsempre è il più attraente e interessante, o almenoche la superficie ha lo stesso valore del fondoessendo immagini della stessa realtà.Un caso molto evidente di questa velocità percet-tivo-valutativa lo abbiamo in musica: un giovaneche si prepara all'ascolto di un brano che non hamai ascoltato mette in atto, in pochi secondi, uncomportamento percettivo-sinestesico che loporta, appunto ad "annusare-leccare-palpare,ecc." un frammento sonoro di quel brano. Ma inrealtà che cosa può di fatto "annusare" di questoframmento musicale? Non certo la melodia, l'e-voluzione armonico-ritmica o la forma che si rea-lizzano in percorsi temporali ben definiti. È ilsound, la sonorità, il colore sonoro con il qualequel brano entra in relazione con quel determi-nato soggetto. Quindi anche in questo caso, siriconferma l'importanza del come la musica sipresenta a noi (suono-colore-tatto-olfatto-tonomuscolare-compressione-rarefazione, ecc.) primadi considerare tutte le altre dimensioni che hannobisogno di tempi, spazi e forme più consistenti.Questo approccio istintivo è poi quello che per-

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evitare, appunto, già ai primi sapori relazionali,disagi o sensazioni ambigue, negative, a voltepure "tossiche". E questa coscienza, nel nostrocaso, dovrebbe maturarsi anche a livello vocale-sonoro ritenendo la voce un mezzo che già primadella parola, ha delle potenzialità relazionali fortie profonde. Potenzialità che si esprimono almeglio se i professionisti della relazione utilizza-no con umanità e coerenza i seguenti parametrisonori della vocalità:- Energia vocale: parlar piano o forte, prima di

dire parole con un significato ben preciso, vuolindicare agli altri: stare vicino o lontano, inti-morire o far coraggio, incombere o sottomet-tersi, contatto pubblico o privato, sfogarsi ocontenersi, ecc.

- Ambito vocale: parlare in una zona vocaleacuta o grave può voler dire: tensione o rilas-samento, calore o freddezza, adirato o calmo,aspro o dolce, morbido o duro, ecc.

- Percorso vocale: parlare seguendo direzionid'altezza varie (es. rettilinee, ascendenti ediscendenti, contigue o a salti, e possibili com-binazioni) significa trasmettere tutta unavariegata serie di condizioni affettivo-emoti-ve: sorridente, lamentoso, annoiato, comico,stanco, risentito, compiacente, ammiccante,schifato, autoritario, interessato, rimproveran-te, felice, triste, ecc.

- Esaltazione fonetica: parlare mettendo in evi-denza i suoni vocalici invece di quelli conso-nantici. Parlare marcando la tipologia sonoradi una famiglia di consonanti piuttosto cheun'altra (es. le occlusive-esplosive, le sibilanti,le nasali, le liquide, le vibranti, le affricate). Inquesti casi essere soggetti parlanti vocalicisignifica essere più aperti, più sonori, più pale-si, più pubblici, più esteriorizzanti di chi esaltail consonantico che è più chiuso, più ostruito,più complesso, più interiorizzante, ma anchepiù ricco, più emotivo, più espressivo, ecc. (es.le occlusive-esplosive come segno di autorità,

di disagio perché rischiano di essere sordi, muti,ciechi, insapori, e intangibili ai bisogni e ai desi-deri del cuore, al profumo delle emozioni.Per esempio, analizzando la vocalità che esprimia-mo durante le nostre possibili relazioni umane,come fosse pura e semplice espressione sonora-musicale, non sentiamo affatto il bisogno diconoscere esattamente l’intero contenuto di undialogo per sapere che quel modo di parlare,prima delle parole, ci "dice" di essere amico/nemi-co, buono/cattivo, odiabile/amabile, teso/rilassa-to, mite/aggressivo, sereno/ansioso, ecc. Ecco per-ché, già a livello istintivo-sensoriale, molto primadi una organizzazione strutturata del linguaggio,comprendiamo i diversi segnali (visivi, sonori,muscolari, tattili, olfattivi, ecc.) dei vari statiemotivi di chi si mette in contatto con noi: dallacollera alla paura, dalla felicità all'amore, dallasorpresa al disgusto, sino alla tristezza. E tutti noiconosciamo benissimo, per esperienza vissuta, isingoli sounds vocali ai quali queste emozionipossono fare chiaro riferimento. In altre parole ilpiacere o il dispiacere di entrare in relazione congli altri lo trasmettiamo non a livello di contenu-ti o di forma, ma con il suono della nostra voce,con le nostre posture, con i nostri sguardi, con ilnostro tatto, ecc.Ecco perché tanto spesso ci capita inconsapevol-mente di essere contraddittori, ambigui, non sin-ceri, non credibili: perché questa dimensionesenso-relazionale non è in sintonia con l'aspettoformale e contenutistico presente nel nostro met-terci, più o meno precostituito, in rapporto con glialtri. Quante volte ci siamo traditi di fronte aglialtri per un tono di voce, un’espressione del voltoo una postura del corpo in palese divergenza conil significato di ciò che andavamo dicendo? I professionisti della relazione, tutte quelle perso-ne che, all'interno di varie operatività, hanno allabase del loro lavoro il contatto con gli altri,dovrebbero maturare una coscienza di questadimensione sensoriale della relazione umana, per

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comando, imponenza, sfogo fisico, scaricaenergetica e decisa, scatto, ecc.; le nasali comesegno di interiorità, intimità, chiusura, sensua-lità, ecc; le sibilanti come segno di autocon-trollo, senso dell'attesa, indecisione, lascivia,senso dello spazio, viscido, fascino, ecc.; lavibrante come segno di rabbia, aggressività,tattilità consistente, ecc.).

- Articolazione vocale: parlare attaccando ilsuono con decisione o meno, accentuare certesillabe piuttosto che altre, legare o staccare lasillaba: sono tutti aspetti che indicano all'udi-tore il nostro grado di sicurezza o di indecisio-ne, l’esaltazione o meno di certe parole, lanostra condizione respiratoria che tradisceinevitabilmente il nostro stato psicofisico, ecc.

- La velocità del parlato: dire le cose con unamaggiore o minore velocità (densità o rarefa-zione) è segno di: fretta o calma, interesse odisinteresse, animosità o benevolenza, paura difarsi notare o piacere di farsi notare, nascon-dersi o evidenziarsi, ecc.

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bibliogr

afia

Bagnus P.

Cantami di te, Iuculano,

Pavia, 2000.

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Borla, Roma, 1981.

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The authors consider application of musictherapy in schools; their attention is particularlyfocused on analogy and difference existingbetween musical therapy and musical animation.It means an important critical review of conceptslike education, prevention, rehabilitation,integration and animation in their musicalmeaning.

L’inserimento della musicoterapia in ambito sco-lastico ha sempre sollevato posizioni contrastan-ti. La musicoterapia italiana nasce e si sviluppaproprio in ambito educativo, successivamente allachiusura delle scuole speciali, dove ha svolto unimportante ruolo integrativo; d’altra parte l’acco-stamento della dimensione terapeutica a quellaeducativa ha sollecitato ricorrenti perplessità.Massimo Borghesi (B.M.) ed Enrico Strobino (S.B.)si interrogano su questo ed altri temi ponendoulteriori interrogativi.

B.M. Cos’è la musicoterapia? La parola in sé nonci è di grande aiuto, in quanto comunementeaccettata ed utilizzata come termine ombrellosotto il quale riunire diversi significati.In particolare va precisato che in quel “musico” viè qualcosa di più ampio della musica comecomunemente la intendiamo; la definizione piùcomunemente accettata è quella di universosonoro, nella quale rientrano non solo musiche diepoche e culture differenti dalla nostra, maanche suoni corporei, rumori, stereotipie foneti-che, e così via.Anche per il suffisso le cose non sono menoincerte: pare infatti che in musicoterapia “tera-pia” sia da intendere come psicoterapia non ver-bale, ma anche come riabilitazione, nel senso ditecniche per il recupero di abilità che sono statesecondariamente compromesse dall’evento mor-boso, ed anche, in una terza significazione, comeintegrazione scolastica.

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Cos’è

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disfacente con i lorocoetanei e i loro coeta-nei imparare lezioni diciviltà che molti adultinon hanno mai avuto.Ho visto bambini auti-stici coinvolti per gioco

in attività musicali all’interno delle quali ogniloro gesto diventava come il movimento deldirettore per la sua orchestra: tutta la classeripeteva il suono di quel gesto e questo sbalordi-va anche i più ritirati, i più isolati, che aprivanogli occhi ad una realtà amica, simile a loro, ai lorosuoni, e si sentivano rispettati ancor prima checompresi; si sentivano importanti per qualcuno.Li ho visti così iniziare un gioco “musicale” in cuiloro battevano le mani non più come stereotipiabensì intenzionalmente e la classe ripeteva quelsuono; li ho visti sbalordire i loro amichetti chenon avrebbero mai supposto che dietro a quell’i-solamento, dietro a quell’handicap ci fossero abi-lità tanto evolute; li ho visti articolare giochi rit-mici e dinamici (forte e piano) con una compe-tenza palesemente superiore a quella della classedei coetanei. E ho visto insegnanti sbalordire atutto ciò. Integrazione è anche guadagno, pertutti i soggetti che ne sono protagonisti.Ma, con quale musica possiamo favorire il per-corso che va dalle diversità incomunicanti allediversità dialoganti? Innanzi tutto direi con unamusica analogica, ovvero una musica che abbiala forma, il suono e l’affettività dei ragazzi aiquali si rivolge, che li somigli.

S.E. Sento a questo proposito la necessità di pre-cisare che non ritengo le valenze comunicativedirettamente riconducibili ad un genere musicalepiuttosto che ad un altro, quanto invece al tipo di“esperienza musicale” veicolata, proposta, vissuta.Tutte le esperienze musicali che danno importan-za al corpo, alla fisicità, alla ritualità, al piacere eal desiderio, che muovono curiosità e provocano

A ciò si aggiunge l'am-biguità riguardante ledefinizioni ed i confinidelle pratiche riabilita-tive orientate allecompetenze socialidell'individuo e quellaserie di attività che vanno sotto il nome di ani-mazione musicale.

Una delle versioni che lo Zingarelli dà della paro-la “integrare” è “inserire in un contesto da cui unindividuo o un gruppo era escluso”; quindi sipensa ad un percorso d'inserimento del diversonella comunità egemone. Si tratta di una defini-zione alquanto diffusa, che tuttavia consideroinsufficiente, come d'altronde fa anche l’autoredel più celebre dizionario della lingua italiana,dato che Zingarelli stesso la fornisce comeseconda; la prima definizione di integrare è “ren-dere qualcosa completo, più valido aggiungen-dovi elementi”. La novità straordinaria di questa,rispetto la precedente definizione, è il passaggiodall’unilateralità allo scambio; dall’incontro c’èun arricchimento, una reciprocità, un completa-mento. In questo caso integrazione significaessere consapevoli che la diversità non è un osta-colo da abbattere o normalizzare, bensì unarisorsa da incontrare. Allora non è solo il bimboche ha un deficit che guadagna dalle attivitàintegrative, tutti ne hanno un vantaggio e laparola educare diventa piena di significato.Questo mi pare un punto chiave: ho visto bam-bini autistici riaprirsi ad una comunicazione sod-

Terapia(Cura Malattia)

RiabilitazioneMusicoterapia (Riduzione Danno

Secondario)

Educazione(Integrazione Scolastica)

Integrare è “renderequalcosa completo,

più validoaggiungendovielementi”

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di privilegio dovrebbe trattarsi, a mio avviso, del-l’intenzione: ciò che più di ogni altra cosa facili-ta l’incontro e lo scambio è il desiderio, lavolontà, il piacere, il bisogno dell’incontro.Occorre tuttavia prendere atto anche della possi-bilità che ciò avvenga in quanto l’incontro èinfluenzato anche da elementi concreti, banali sesi vuole rispetto al livello sovraordinato delleintenzioni, ma pur sempre di primaria importan-za se intesi come elementi che contribuiscono adun processo di facilitazione di progetti integrati-vi. È un po’ come dire che se due persone deside-rano comunicare certamente troveranno unmodo per farlo, ma se partono da una base tec-nica comune, costituita dal parlare idiomi di deri-vazione latina, indubbiamente risulterà facilitatala loro intenzione.Musica analogica, ludica, ma anche ecologica;una musica che si consuma, si suda, vera e nonvirtuale; una musica dove si sbaglia e dopo che siè sbagliato si sente il suono arrivare nel momen-to in cui la mano non l’avrebbe voluto; così sicorreggono dei coordinamenti psicomotori, siavvertono le ripercussioni della propria azionemusicale sugli altri; come dire, l’errore è unarisorsa riciclabile.Un’altra caratteristica della musica per l’integra-zione scolastica è la curiosità. Si tratta di unaricerca di suoni, di scoperte, di composizioni; ibambini girano un tamburo, ci mettono la testadentro, ne graffiano le pelli; suonano i termo-sifoni, i vetri, le lavagne; e poi assemblano, arric-chiscono il loro repertorio di questa ricerca, diquesta curiosità. È una musica che cerca i suoni,li monta, li smonta e poi magari li scarta, ma nonper l’imposizione di qualcuno, bensì per scelta,per invenzione, per fantasia: una musica che è ingrado di rappresentare il mondo immaginario deibambini. Ci sono infatti suoni che fanno paura,altri che sbalordiscono, altri ancora che diverto-no. Questi suoni sono in grado di attivare fun-zionamenti sensoriali e simbolici pertinenti con

stupore e meraviglia, quindi attirano, acchiappa-no, catturano. Tutto ciò non è ascrivibile a ungenere musicale ma dipende dall’incontro dinumerosissimi fattori. Potrei fare molti esempi,ma sono esempi che non sono definibili come“veri”: sono, o sono stai veri in alcuni contesti e inaltri no. Se però per esempio prendiamo comechiave di lettura l’aspetto “giocoso” si può direche c’è più gioco in “Stripsody” di C. Berberianche in una qualsiasi canzone da Hit parade; ciònon significa che “Stripsody” di per sé abbia unvalore “integrativo” più alto: insomma, mi riescemolto difficile stabilire delle regole. Sono peròconvinto che non è un fatto di generi. Ultima-mente a scuola tutti i miei studenti hanno trova-to affascinante “Flautofonie” di D. Stratos: nonme lo sarei mai aspettato. Un mio alunno conhandicap grave si è innamorato di una canzonepiemontese, “La cansun busiarda”, che abbiamocantato un paio di volte per andarla a fare duran-te la sfilata del carnevale del quartiere.

B.M. Non parliamo di un sapere che arriva dal-l’alto, ma che avvicina i dati sensoriali, affettivi,cognitivi e motori dei destinatari. Sarà quindiuna musica che parte dall’idea di gioco, ludica-mente organizzata. Questo significa mettere alcentro dell’attività musicale la motivazione deiragazzi, partire da qualcosa che ne valorizzi l’o-rientamento naturale.

S.E. Non sono sicuro che la similarità, la vicinan-za, la familiarità musicale favoriscano di per sé ildialogo più di quanto non accada alla differenza,alla meraviglia, allo spaesamento. ”Nello stuporesono più facili gli incontri” (Perticari, 1996).

B.M. Son solito evitare facili riduzionismi; anchequi non intendo affermare che l’analogia favori-sca di per sé il dialogo; molti sono i fattori ingioco in un progetto integrativo. Se proprio aduno di questi si volesse attribuire una posizione

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le nostre personalissime identità profonde. La musica per l’integrazione è dialogo autentico,quello in cui innanzi tutto si litiga, ed in cui lapace è frutto di una conquista dinamica e non diistanze repressive; timbri, ritmi, intervalli edintensità possono certamente costituirsi cometerreno di scontro e mediazione, di dissonanza epacificazione, di squilibrio ed armonizzazione. Certamente è una musica che necessita del con-tributo di qualcuno che possieda anche un sape-re, qualcuno in grado di favorire esperienze assi-stite, calibrate esattamente per questo incontroche è l’integrazione, qualcuno che suggeriscaadeguati percorsi di lavoro; già, ma qualcuno chi? L’insegnante è colui che insegna, cioè facilita iprocessi di apprendimento. Gli insegnanti sonosempre stati coloro che si sono occupati di “in-signare”, imprimere nella mente altrui cognizioniteoriche o pratiche, servendosi magari di un par-ticolare metodo, che si è andato man mano per-fezionando nei secoli. La definizione di insegnan-te chiarisce quindi sia le attitudini professionalied umane che egli ha nell’addestrare altri sogget-ti, sia il trasferimento di conoscenze implicito intale operazione. Nulla del livello cognitivo, o del-l’integrità psicomotoria del destinatario dell’agiredell’insegnante, è previsto nella sua definizioneprofessionale; egli mantiene la propria identità, lapropria qualifica, sia che si rivolga ad un atleticolaureando, sia che si rivolga alla più sfortunataantitesi di questo che possa venire alla mente.Dico questo perché intendo sostenere che uninsegnante che insegni, a chiunque insegni, fal’insegnante.

S.E. Non so quanti insegnanti (almeno nella scuo-la di base) si riconoscerebbero oggi in questo iden-tikit: io personalmente non mi riconosco per nien-te. L’utilizzo stesso di alcuni termini (addestrare,trasferire) rimanda ad un concetto storico di“istruttore” completamente fuori da qualsiasi re-cente visione pedagogica fondata sulla relazione.

B.M. Sono felice di scoprire l’obsolescenza di que-sta definizione; ti invito tuttavia a confrontarequesta tua obiezione con la questione dei pro-grammi, dei registri, dei voti, etc. Dopodiché mipareva che per l’appunto anche una visione illu-minata dell’insegnare non potesse esimersi daquesto confronto.

S.E. Anche il fatto che l’identità di chi insegnanon venga messa in discussione e qualificata daldestinatario non mi trova assolutamente d’accor-do. Cito dal nostro documento sull’educazionemusicale di base:“Concepiamo l’educazione (musicale) primaria-mente come incontro-confronto-trasformazione dirisorse, desideri e identità, più che come apprendi-mento (con metodi più o meno aggiornati) di con-tenuti disciplinari e di abilità (musicali). Ci interes-sa incontrare progetti, motivazioni, comportamen-ti, valori, musicali e non, creando campi energeticiin cui, attraverso la musica, le persone (insegnanti,ragazzi e ragazze, bambini e bambine) entrino inrelazione e si confrontino; campi energetici in cuile diversità - tra ruoli, età, sessi, musiche, culture- non vengano celate ma, al contrario, mettano inmoto processi di dialogo, di contaminazione, ditrasformazione reciproca, creativa e non violenta. Assumiamo questo valore dialogico come domi-nante su altri valori più contingenti, come trattoche caratterizza uno scenario educativo polifoni-co, in cui i sensi e i significati siano continuamen-te contrattati, interpretati, non semplicementeaccettati o dati per scontati. Tale prospettiva vacontro una tendenza che ci sembra essere ancoraoggi forte e, forse, dominante, che vede l’educa-zione come un itinerario disciplinare unidireziona-le, un percorso in cui conoscenze e abilità sono giàprogrammate in partenza e che tutti devonoacquisire secondo ritmi e forme prestabiliti”.

B.M. È esattamente quello che dicevo: se devonoesistere documenti atti a comunicare intenzioni

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ne che il vocabolo musicoterapia venga talvoltacaricato di un potere taumaturgico per cui usan-dolo quando si descrivono le proprie attività sirende più importante, più socialmente utile, piùscientificamente valido ciò che si fa con gli han-dicappati, anche se alla fin fine non si fa altro chefarli cantare, suonare, ballare e ascoltare musica.Nel programma ministeriale per la scuola elemen-tare si afferma che: “Nell’ambito di attività di edu-cazione al suono e alla musica è da tener presenteil valore che possono assumere eventuali interven-ti specialistici di musicoterapia rivolti a soggetti insituazione di handicap”. Per dirla con Zucchini(1989) “il vocabolo musicoterapia è da intendere inquesta accezione come intervento pedagogico enon terapeutico, perché parliamo di interventimusicali a scuola effettuati da insegnanti di edu-cazione musicale che verrebbero svolti anche conportatori di handicap”. È tuttavia da ricordare chequesti ultimi si recano a scuola per le stesse ragio-ni degli altri ragazzi: per fini educativi, non percurarsi, cosa altrettanto decorosa e spesso necessa-ria, ma da svolgersi in contesti appropriati. Qualisono le finalità della scuola? Certamente favorirelo sviluppo cognitivo, affettivo, emotivo, sociale emorale dei bambini e dei ragazzi; un insegnante dimusica che si occupasse di questo, non farebbeallora il musicoterapista, bensì l’insegnante.Cosa significa allora fare musicoterapia nella scuo-la? Probabilmente nel caso più frequente ci si rife-risce all’opportunità che si presenta agli insegnan-ti di musica con competenze musicoterapiche difare il proprio mestiere d’insegnanti in maniera piùilluminata, creativa e completa di quella di altricolleghi, intervenendo non solo direttamente sul-l’apprendimento di una materia, la musica perl’appunto, ma anche e soprattutto creando le pre-messe per una positiva esperienza scolastica, siadal punto di vista dei vissuti che da quello deirisultati. Potremmo in altre parole dire che questiprofessionisti possono optare per una educazionecon la musica piuttosto che alla musica.

differenti da una “ tendenza che ci sembra essereancora oggi forte e, forse, dominante, che vedel’educazione come un itinerario disciplinare uni-direzionale, un percorso in cui conoscenze e abi-lità sono già programmate in partenza e che tuttidevono acquisire secondo ritmi e forme prestabi-liti”, significa forse che esiste una quotidianità incui la definizione d’insegnante prescinde daldestinatario (eccezion fatta forse per gli inse-gnanti di sostegno).

S.E. O.K., diciamo che esistono tante quotidianitàdiverse: per esempio nella scuola elementaremediamente gli insegnanti “prescindono meno” daldestinatario che nella scuola media, e nella scuolamedia gli insegnanti prescindono meno che nellascuola superiore. All’interno di ognuno di questicontesti esistono poi altri vari tipi di “quotidianità”.Penso però che oggi la cultura diffusa dell’essereinsegnante non coincida più con la tua definizione.Certo noi ci riferiamo ad un pensiero “progressivo”e non ai pensieri che riteniamo da abbandonare(che sicuramente ancora circolano e sono forti,anche tra molti insegnanti di sostegno!!).

B.M. C’è poi un’altra questione che desidero sot-toporre alla tua attenzione: è comprensibile che ildesiderio di fare qualcosa di utile per chi soffre,per chi è portatore di minorazioni psicofisiche,per chi è disturbato, porti a cercare di allestireinterventi finalizzati a questo scopo in qualsiasiambito, anche quello scolastico. A ciò si aggiun-ge un fraintendimento alquanto frequente, chefa probabilmente parte di quel fenomeno cheMelucci (1991) definisce la “terapeutizzazione delquotidiano”, per cui qualsiasi attività coinvolgacoloro che si trovano in situazioni di handicap,sembra debba assumere di per sé valore terapeu-tico, costituendo così un’associazione inevitabile:gioco + handicap = ludoterapia, equitazione +handicap = ippoterapia, musica + handicap =musicoterapia, e così via. Si ha quasi la sensazio-

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S.E. Questa alternativa non mi entusiasma: la scel-ta della seconda ipotesi non esclude la prima mala ingloba al suo interno. E quindi non è, o puònon essere, alternativa. Messa così invece rimandaalla vecchia idea della musica come “mezzo per…”che non condivido. All’interno di una visionepedagogica che dà valore alle esperienze estetichee artistiche non c’è più alternativa tra “con” e “a”.

B.M. Concordo pienamente; si potrebbe alloraprecisare che la succitata contrapposizione hasenso solo nella misura in cui si intende la primaequivalenza come esclusiva, ossia se si intendel’educazione alla musica come esclusiva promo-zione della competenza musicale. La stessa pun-tualizzazione ha forse senso anche nel caso di undemagogico fraintendimento della seconda equi-valenza: la musica come materia non materia.

Esiste una seconda significazione dell’interventomusicoterapico a scuola, che si riferisce a collabo-razioni felici in cui operatori che chiamiamo musi-coterapisti, in possesso di competenze tecnico-culturali specifiche dell’intervento di cura e per-tanto assai distanti dall’insegnamento, affiancanogli insegnanti articolando interventi integrativi epreventivi. Infatti, l’handicap sociale che gravaquasi su ogni portatore di deficit, se non opportu-namente considerato, può, anziché ridursi, espan-dersi; l’isolamento affettivo si ripercuote pesante-mente sulla stabilità emotiva, sul rendimentocognitivo, e così via, in un circolo vizioso di han-dicap - esperienze negative - aggravamento del-l’handicap, che può diventare il dato saliente ditutta l’età evolutiva. Come si può ben vedere, l’o-

biettivo dell’intervento non è più, in questo caso,l’educazione, bensì la cura, la prevenzione, la ria-bilitazione, ed è pertanto indispensabile che a far-sene carico siano figure competenti in materia.

S.E. Mi rimane difficile capire come è possibi-le curare a scuola: OK, tu prevedi la compre-senza di due figure (l’insegnante e il musicote-rapista) in classe. È sufficiente questo? E ilcontesto? Basta aggiungere una figura permutare gli obiettivi di un contesto? Potrestispiegarmi questo nella pratica come avviene?

B.M. Questo risulta difficile anche a me da com-prendere; anzi, per anni ho sostenuto con unacerta convinzione che fosse praticamente impos-sibile fare terapia nella scuola, non ultimo sultesto “Lineamenti di Musicoterapia” scritto conRicciotti e Postacchini. Ma ogni qual volta siprende una posizione chiara ci si deve preparare aquel fatale momento, che prima o poi arriva, incui è necessario riformularla. Ora, se la semplifi-cazione è necessaria ad un minimo di chiarezza,man mano che si vuol procedere nella conoscen-za le cose inevitabilmente si complicano.In termini elementari penso che la scuola abbia unmandato ed un’organizzazione funzionali all’edu-cazione e non alla terapia; ma l’introduzione difigure specialistiche nell’ambito della musicotera-pia all’interno della scuola corrisponde soventeall’introduzione di domande differenti, riformula-zioni di problemi, ridistribuzione degli assettiinterni, riproblematizzazione delle certezze.Ed allora si assiste alla trasformazione di ore dicompresenza in altro; si assiste alla trasformazione12

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Educazione alla musica = Promozione della competenza musicale

CognitivoCulturale

Educazione con la musica = Promozione dello sviluppo AffettivoMoraleSociale

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di stanze caotiche in altro; si assiste alla trasfor-mazione di pseudo progetti integrativi in altro; e sequell’ “altro” risente del pensiero di chi ha specifi-che competenze terapeutico-riabilitative può ac-cadere che somigli ad un setting, ad uno spazio edad un pensiero prossimi alle attività riabilitative.

S.E. Va bene, accade anche questo. Ma è deside-rabile? Fa parte del nostro progetto culturale? Faparte dell’idea di scuola che vogliamo? Personal-mente penso di no: io vorrei lavorare per unascuola sempre meno centrata sui “problemi” esempre di più sulle “risorse” (di chiunque, inse-gnanti, alunni e alunne, con handicap o no).

B.M. L’idea di scuola che ho in questo periodosomiglia al tassello di un mosaico sociale; centra-ta sulle risorse presenti (da utilizzare al meglio) eassenti (nella consapevolezza del limite).La composizione del mosaico diviene quantome-no possibile quando chi parla d’integrazione pro-muove nei fatti una cultura dell’integrazione;allora sarà possibile vedere agire in maniera inte-grata i soggetti promotori dell’integrazione, saràpossibile vedere interconnessioni tra soggettisociali che, nel rispetto delle proprie specificità, siarricchiscono reciprocamente nello scambio, nellarelazione istituzionale. Penso che la musica possacostituirsi come occasione di incontro per tutte lerisorse; non credo si possa chiedere alla scuola,così come è organizzata oggi, di far tutto da sola.La scuola è una polarità importante di un proget-to educativo che necessita, per una completaarticolazione, di altre risorse sociali.

In questo modo la scuola potrà diventare sogget-to attivo nella promozione e sviluppo di una cul-tura dell’integrazione più alta e più forte delledifficoltà e dei meriti della singola attività musi-coterapica.Da molto tempo mi chiedo (forse non dovrei con-fessartelo) se esista davvero qualche differenzatra l'animazione musicale e la riabilitazione con lamusica (non la terapia) e se esistano in particola-re differenze di alcun tipo tra l'animazione e leapplicazioni di riabilitazione delle funzioni socia-li. Leggendo i tuoi scritti (Strobino, 2001) questadomanda mi si è riproposta con insistenza e l'uni-ca e poco meditata risposta al quesito è che atti-vità analoghe nella filosofia che le ha generate enei comportamenti in cui si concretizzano, sidistinguano unicamente grazie ad una definizio-ne razzista dei destinatari: a te i sani e a me glihandicappati.

S.E. Sia l'Educazione Musicale che la Musicotera-pia sono delle "discipline", ovvero dei campi disapere che si propongono con contesti, obiettivi,contenuti, tecniche e pratiche formalizzate teori-camente. In questo senso sono abbastanza, credo,separabili, riconoscibili, mantengono quindi iden-tità specifiche. Mi rendo conto che l'idea di Edu-cazione Musicale a cui io mi rifaccio non è peròquella disciplinare: non si fonda cioé su un corpusdi contenuti da "imparare", su obiettivi standardda raggiungere. È per questo che mi ritrovo piùnelle pratiche dell'Animazione: l'animazione nonè una disciplina: non si riferisce a un sapere costi-tuito ma attraversa gli altri saperi, li contamina, lifunzionalizza.L'animazione è molto legata al "come" e moltomeno al "che cosa".

B.M. Ed anche per la Riabilitazione Musicalepotremmo dire lo stesso: non è più la performan-ce in senso assoluto ad essere al centro del pro-getto, bensì il “processo”.

scuole di musica

scuole di base laboratori di musicoterapia

bandecentri sociali

coriass. (trans)culturali

ass. socioriabilitativemedia

musica

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bibliogr

afia

Ho come l'impressione che le nostre attivitàsiano più avanti dei concetti ai quali le riferiamo.Parlare di educazione come ne parli tu superacertamente quel senso di ammaestramentoimplicito in tante prassi educative, dal quale dif-ferenziavo un fare musica con finalità riabilitati-ve; parimenti, parlare di riabilitazione come neparlo io supera quel senso di normalizzazionestratificatosi in terribili metodologie ed istitutidal quale probabilmente ti discostavi quandosiamo partiti. Consideriamo entrambi la diversitàcome risorsa; consideriamo entrambi fondamen-tale l'esperienza estetica, quell'apprendimentodel corpo che ha forse dentro ad ognuno di noirisonanze educative e riabilitative. Perciò la con-fusione è massima: se le definizioni di educazio-ne musicale e musicoterapia riabilitativa sonomutate in senso convergente, ha ancora un sensoaffannarsi a definirne le pratiche come avesseroancora funzioni divergenti?

S.E. Cosa intendi con questa domanda? Se larisposta fosse no la musicoterapia scomparirebbe!!

B.M. Se la risposta fosse no, la parola musicotera-pia scomparirebbe dalla scuola; non verrebbecerto con essa cancellato quel fare convergentedelle nostre discipline di appartenenza che miraallo sviluppo armonico delle risorse dell’individuo. E allora propongo un finale aperto, se vuoi enig-matico, poco rassicurante, ma forse per alcuni sti-molante (come lo è stato fin qui per noi): perchénon concludiamo la nostra riflessione non conuna affermazione, bensì con una domanda? Ossia,in un percorso inverso che la dice lunga sulla stra-nezza delle nostre interazioni neurali, potremmopartire da un titolo che è un’affermazione, musi-coterapia a scuola, e giungere inconclusivamentead una domanda: musicoterapia a scuola?

Casadei N.,

De Notariis M.

Nuovi programmi per la

scuola primaria, Simone,

Napoli, 1989.

Perticari P.

Attesi imprevisti. Uno sguar-

do ritrovato su difficoltà di

insegnamento/apprendimen-

to e diversità delle intelli-

genze a scuola, Bollati

Boringhieri,Torino, 1996.

Postacchini P.L., Ricciotti

A., Borghesi M.

Lineamenti di Musicoterapia.

Carocci, Roma, 1997.

Strobino E.

Musiche in cantiere,

FrancoAngeli, Milano, 2001.

Zucchini G. L.

Musica e Handicap, Editrice

La Scuola, Brescia, 1989.

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The author describes a music therapy groupsession oriented to integrate a child with heavymental disease and autistic behaviours amonghis class mates.The experience, performed at the ArchimedeSocial Co-Operative Laboratory in Pesaro andfinanced by the Town Hall, was performed by twomusic therapists over a period of three years,during 53 sessions.The work aims to highlight the expressiveness ofevery child and to try to activate nonverbalcommunication through relationships mediatedby sound music element’s.Teachers have been entrusted to observe everychange of the group produced inside the settingtrying to hold the relation development inclassroom as well.

Sono ormai trascorsi più di 20 anni dall’approva-zione della Legge n. 517* sull’integrazione scola-stica dei bambini e adolescenti portatori di han-dicap; la conseguente abolizione delle scuole spe-ciali e delle classi differenziate ha avviato unlento processo di integrazione che, purtroppo,ancora non possiamo dire abbia raggiunto unamaturazione completa.Per la legislazione ogni bambino in età scolare,comunque egli sia, deve andare a costituire lapopolazione scolastica della sua fascia d’età.Ci si basa cioè sull’idea che una situazione scola-stica è integra solo se ne fanno parte tutti i bam-bini, nessuno escluso. Allora un bambino portato-re di handicap, per es. di 6 anni, è un elementocostitutivo, e non aggiunto, di una classe primadella scuola del suo quartiere di residenza, cioè lasua presenza è necessaria, non è un’opzione. Nonè il bambino disabile quindi che va integrato allaclasse, ma è la classe non integra, non completa,se quel bimbo manca.

Non è il bambino

disabile

che va integrato

alla classe,

ma è la classe

non integra,

non completa,

se quel bimbo

manca

Musicoterapia e integrazionescolastica

Elisab

etta A

lban

esi,Insegnante, M

usicista, M

usicoterapista

* Legge 4 agosto 1977, n. 517: norme sulla valutazione deglialunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonchéaltre norme di modifica dell’ordinamento scolastico, pubbli-cata nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 18 agosto 1977.

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classe (in relazionegruppale) ed altri nel-l’aula di sostegno (rela-zione duale) con unadulto di riferimento.Non sempre il team diinsegnanti, quelli curri-

colari e quello di sostegno, attuano il loro inter-vento in sinergia e all’interno del gruppo-classe.Spesso capita che, di fronte all’inserimento di unallievo con handicap, il resto del gruppo che loaccoglie sia considerato una sorta di “sfondo indi-stinto” sul quale fare “accadere” l’integrazione.Sono convinta, al contrario, che il gruppo stessosia un forte fattore trainante e, anzi, il suo coin-volgimento sia il fulcro portante su cui far ruota-re l’integrazione scolastica. Infatti proprio all’in-terno del gruppo si gioca il conflitto tra diversitàe similarità ed è proprio lì che questo conflittodeve essere affrontato, negoziato e risolto.Questo implica una presa di coscienza delle dina-miche di gruppo sottostanti; il gruppo è capacedi facilitare il lavoro di crescita e apprendimentoo, al contrario, ostacolarne il processo.

Il progettoIl lavoro che presento è rivolto a gruppi-classe dibambini delle scuole materne ed elementari dietà compresa fra i 5 e gli 11 anni ed ha vistocoinvolti nell’anno scolastico 1999/2000 com-plessivamente 467 bambini.L’iniziativa, organizzata dalla cooperativaARCHIMEDE e finanziata dall’AmministrazioneComunale di Pesaro, è nata cinque anni fa ed hasubìto nel tempo numerose modifiche che l’han-no arricchita di caratteristiche sempre più stabi-li, rendendo di conseguenza, l’intervento semprepiù proficuo ed incisivo.Il progetto è indirizzato a quelle classi in cuirisultano inseriti bambini portatori di disagio(anche se non segnalati dai servizi sanitari) didiversa natura ed entità.

Questo è il vero sensodell’integrazione, altri-menti dobbiamo riferirciall’inserimento (etimo-logicamente: aggiuntadi un elemento ad unorganismo già integro).Ideare un intervento musicoterapico può essereun valido contributo all’avvio del processo inte-grativo in atto, purché ci si renda disponibili al-l’introduzione di altre tecniche pedagogiche,adatte a chi è portatore di disagi, come la psico-motricità, la comunicazione non-verbale, il lavo-ro di gruppo, ecc… che oltretutto hanno dimo-strato di essere vantaggiose non solo per i bam-bini in difficoltà ma anche per gli altri.In particolare il linguaggio sonoro, che non defi-nisce la realtà nominandola, che parla in modoanalogico attraverso il simbolo e la metafora, chenon necessita di decodifica o di interpretazione,ma permette di accogliere anche la contraddizio-ne, il frammentato e l’inesprimibile, rende possi-bile la partecipazione ad un progetto comune aqualsiasi persona in quanto ognuno, da protago-nista, può manifestare nella relazione con l’altrotutto il suo mondo interiore fatto di emozioni,sentimenti, sofferenze, memorie, ma anche diimmaginazione, sogno e fantasia.L’accettarsi, l’ascoltarsi reciprocamente nono-stante le diversità, il creare insieme, il comunica-re non necessariamente con il linguaggio verba-le, predispongono all’acquisizione della capacitàdi riconoscere le differenze e le difficoltà propriee altrui. Tutto questo contribuisce alla formazio-ne di persone capaci di condividere ed accoglie-re le diversità individuali.

Il ruolo del gruppo-classe nell’integrazioneSpesso accade che, in presenza di bambini in situa-zione di handicap, vengano escogitati dei compro-messi fra integrazione ed inserimento per cui ibambini in questione passano alcuni momenti in

Il linguaggio sonororende possibilela partecipazionead un progetto

comune

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Il fine è facilitare l’integrazione delle diversitàindividuali tramite la condivisione dell’esperienza.

Fase preliminarePrima di attivare il percorso, vengono invitati gliinsegnanti e i direttori didattici interessati alprogetto ad un incontro preliminare con i musi-coterapisti per raccogliere i dati utili all’organiz-zazione logistica e per stabilire una sorta dialleanza terapeutica basata sulla conoscenza econdivisione del progetto d’intervento.In quell’occasione vengono esplicitati i contenu-ti della musicoterapia, il ruolo che gli insegnantisono invitati a ricoprire all’interno del setting, edil tipo di collaborazione loro richiesta (stesura diun verbale per ogni incontro, collegamento del-l’esperienza con le attività didattiche come peresempio fare scrivere un pensiero/tema e/o dise-gnare il vissuto di ogni incontro, compilazione diun questionario di ingresso per individuare piùvelocemente gli obiettivi data la brevità del ciclo,stesura di una relazione finale scritta, come stru-mento di verifica).

L’interventoGli incontri (10 per ogni classe), della durata di50 minuti ciascuno, si svolgono con cadenza set-timanale presso il Laboratorio di MusicoterapiaAGORÀ situato all’interno di una scuola elemen-tare. Il Laboratorio, isolato acusticamente, dispo-ne di un numero nutrito e vario di strumentimusicali, di un impianto stereofonico e di attrez-zature per le riprese audio-visive delle sedute.I bambini usufruiscono del servizio di trasportocomunale e raggiungono il laboratorio accompa-gnati dai loro insegnanti, che all’interno del set-ting assumono il ruolo di osservatori.Tutti gli incontri sono condotti in compresenzada due musicoterapisti della cooperativa.

La tecnica: l’improvvisazione gruppaleL’improvvisazione musicale è una modalità

espressiva che ogni individuo può adottare perdar voce alla propria interiorità e alle propriepercezioni sensoriali grazie all’utilizzo di unostrumento musicale, della propria voce e del pro-prio corpo che fungono da oggetti intermediaridi comunicazione fra sé e gli altri.Nell’improvvisazione collettiva è necessario inol-tre stabilire un rapporto con gli altri. Quindi laconsegna di improvvisare in gruppo investe inprimo luogo l’individuo ma contiene l’invitoimplicito di prestare attenzione nello stessotempo agli altri e quindi alle differenze.Questa possibilità di sperimentare e stabilire unrapporto privilegiato non-verbale con l’altro, maanche con se stessi attraverso i suoni (che vengo-no dall’interiorità dell’individuo, che approdanoall’interno di uno spazio condiviso dal gruppo pertornare al soggetto stesso arricchiti di significa-ti), coadiuvata dalla professionalità di chi condu-ce l’esperienza e dalla partecipazione degli inse-gnanti, credo sia un prezioso mezzo per raggiun-gere l’integrazione delle diversità (individuali eprofessionali).

Gli obiettiviGli obiettivi generali sono:• sviluppo della personalità e dei suoi potenzia-

li espressivi;• accrescimento dell’autostima;• riconoscimento e valorizzazione delle diversità

individuali attraverso il miglioramento dellacapacità di ascolto reciproco;

• crescita della maturità emotiva e della capa-cità di socializzazione.

Preciso che ogni gruppo-classe beneficia di unintervento individualizzato, con obiettivi specifici.

La verificaConsiderate le numerose difficoltà che ho incon-trato con alcuni insegnanti relative al loro atteg-giamento durante gli incontri, ho ideato un

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Ho approfittato di quell’occasione per ribadirel’importanza che riveste nella relazione la com-prensione empatica, la valorizzazione di ogni attocreativo, anche se bizzarro, e di ogni individualitàche nel contesto musicoterapico (ma anche inquello scolastico) comunque si riveli.Nella seconda parte dell’incontro di verifica holasciato uno spazio per discutere del processoosservato in ogni gruppo-classe. Cercherò ora disintetizzare i contenuti generali emersi durantel’incontro di verifica dell’ultimo anno scolastico.È stato riscontrato che le improvvisazioni collet-tive hanno dato un apporto decisivo al climapositivo dei gruppi, al senso di fiducia reciproco eal senso di appartenenza e cooperazione.Si è assistito al progressivo superamento delsenso di competizione e sopraffazione, della lottae dell’autoaffermazione esasperata che inizial-mente animava la maggior parte dei gruppi. Ciòha permesso, come hanno testimoniato alcuniinsegnanti, la nascita di una comunicazione pro-duttiva facilitando così lo svolgimento di lavori digruppo e cooperativi anche durante le attivitàscolastiche.I bambini portatori di disagio, avendo la possibi-lità di esprimersi nel contesto non-verbale,hanno talvolta stupito gli insegnanti stessi nelmanifestare delle competenze inaspettate.È risultata preziosa la collaborazione di quegliinsegnanti che si sono messi in gioco in primapersona nello scrivere verbali esponendo partiintime di loro stessi.Molti di loro, così facendo, sono potuti entrarenel progetto attivamente, osservando le dinami-che relazionali del gruppo-classe da un’otticacompletamente nuova.

RiflessioniSenza dubbio in questi anni le difficoltà, di ordi-ne burocratico, organizzativo e culturale, nonsono mancate, ma posso dire che molte sonostate anche le conquiste e le soddisfazioni.

modo piuttosto inusuale di tenere la riunione diverifica: li ho convocati all’interno del laborato-rio di Musicoterapia per lavorare con lo strumen-tario musicale.Prima dell’incontro, ho predisposto gli strumential centro della stanza, attorno ai quali ho siste-mato le sedie in circolo.Al loro arrivo li ho invitati ad utilizzare il lin-guaggio non-verbale per esprimere la loro espe-rienza di osservatori, sottolineando che il suonoavrebbe veicolato sensi e non certo significati.Ho sentito la necessità di fare questa propostaperché spesso, dalle osservazioni che mi venivanoconsegnate settimanalmente, appariva una sortadi “fotografia” dell’incontro, una sequenza cioè dieventi descritti oggettivamente secondo la lorosuccessione temporale. Pochissimi insegnantiaccettavano di esprimere, nonostante le mierichieste, i loro stati d’animo, esplicitando cosìuna loro partecipazione emotiva e credo che ciòfosse dovuto alla difficoltà di mettersi in gioco inprima persona.Con mia grande sorpresa il giorno della verifica,invece, gli insegnanti hanno accolto la mia pro-posta senza alcuna reticenza. Probabilmentequesto è da imputare al fatto che molti inse-gnanti si conoscono da anni e che il livello diconfidenza rendeva il gruppo sufficientementetranquillo ed affiatato. Nonostante questo emer-se che quasi tutti pensavano l’esperienza non co-sì difficoltosa come in effetti si era rivelata.Si è quindi riflettuto a lungo su quanto sia signi-ficativa per i bambini una messa in gioco cosìimportante non solo nel contesto musicoterapicoma ogni qualvolta siano sollecitati ad esprimersi(questo aspetto talvolta è sottovalutato dagliadulti).Alcuni insegnanti hanno riconosciuto di aver giu-dicato l’espressione e la creatività dei bambinisecondo i canoni scolastici ed estetici valorizzan-do, o peggio ancora, squalificando la produzionesonora di alcuni.

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Prima fra tutte la fortuna di aver incontrato unaAmministrazione Comunale disponibile e apertaall’avvio del progetto.Nel corso degli anni ho potuto constatare che ilmio lavoro ha concorso a creare una cultura chepare tramandarsi all’interno del corpo docente: èsempre meno frequente infatti il fraintendimentofra educazione musicale e musicoterapia e il coin-volgimento degli insegnanti stessi è, ogni anno,sempre più intenso.Per ultimo, ma non certo in ordine di importanza,questa esperienza è servita a farmi crescere pro-fessionalmente ed umanamente.Ho imparato che, quando si è chiamati a svolgereun intervento da chi non ha ben chiari i contenu-ti della musicoterapia e per questo proponeobiettivi distanti o contrapposti, è importantestabilire comunque un rapporto che tenda pergradi a una crescita reciproca.Anche quando si incontrano ostacoli per il nostrolavoro, anche quando la richiesta di aiuto risultamascherata da bisogni diversi da quelli dichiarati,ho imparato a cercare un’ipotesi di lavoro inter-media capace di andare incontro alle domandedelle persone che ruotano attorno al bambinoproblematico aderendo allo stesso tempo al biso-gno di quest’ultimo.Ho imparato a non schierarmi mai dall’una o dal-l’altra parte.Ho imparato a modellare la mia professionalitàsenza perdere di vista i miei obiettivi. È chiaro chetutto questo richiede molte energie e la disponi-bilità ad affinare la propria capacità di ascolto.In tutto questo cammino personale e professio-nale mi è stato di grande aiuto il costante con-fronto con il mio collega che, nella condivisionedell’esperienza, mi ha molto supportato permet-tendomi di superare i momenti più critici.Reputo perciò la compresenza di due musicotera-pisti indispensabile nella gestione e conduzione diincontri gruppali, in particolar modo con bambini.

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An experiential case study carried out in a schoolenvironment on a person with a serious psycho-physical disability is analysed in this article.The case is described specifying: the operationalcontext, the theoretical and methodologicalguide lines of the treatment, the operative phaseand the experiential context, the verification andthe evaluation of the results. The beginning and development of com-municative processes represent “the focus” ofthe case and seems to be linked to the possibilityof tuning into the world of sound on the side ofthe patient and sharing his mood through thetechnique of “affective tuning” (D. Stern). Thecreation, inside a school environment, of asetting as a spatial-temporal frame of referencebacked up by a general project plan representsan essential background for the definition andachievement of the therapeutic path. In the areaof the music therapist / user relationship, thesounding-musical element has taken on a multi-functional valence (activating, restraining,communicative-relational) thus allowing com-munication windows to be opened andencouraging the development of sharedcommunication.

PremessaIl presente lavoro riguarda un trattamento musi-coterapico rivolto ad una ragazza di 19 anni, F.,affetta da “sindrome di Angelman”, realizzatopresso l’istituto ”G. Marconi” di Terni; si tratta diuna scuola media statale che di recente ha assun-to la qualifica di istituto comprensivo, in quantoriunisce sotto un’unica presidenza anche le scuo-le elementari e materne del quartiere.F., per ragioni d’età, non è più inserita nel gruppoclasse ma frequenta il laboratorio di attivitàmanipolative dell’istituto, dove è impegnata insemplici lavori manuali ed entra in contatto conaltri alunni (disabili e non).

Il presente

lavoro riguarda

un trattamento

musicoterapico

rivolto

ad una ragazza

di 19 anni,

F., affetta

da “sindrome

di Angelman”

Un intervento musicoterapicoin ambitoscolastico

Silvia M

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denza settimanale, ba-sate sull’improvvisazio-ne sonoro-musicale,nel periodo compresotra settembre 1999 egiugno 2000.L’intervento è stato

motivato dall’esigenza di offrire ad F. un contestoatto a valorizzare capacità espressive e comuni-cativo-relazionali (altrimenti ignorate o sottova-lutate) utilizzando canali di comunicazione nonverbali: si trattava di far vivere ad F. un’esperien-za “diversa”, creando all’interno dell’ambientescolastico uno spazio al tempo stesso accoglientee stimolante, che si ponesse come alternativa allaroutine costituita dalla quotidiana permanenzanel laboratorio.Il setting musicoterapico ci è sembrato partico-larmente idoneo allo scopo in quanto l’elementosonoro-musicale facilita il verificarsi dei processidi sintonizzazione affettiva e favorisce il deter-minarsi di uno “spazio vincolare” (Benenzon, 97)in cui si può sviluppare una comunicazione con-divisa.Il progetto, in qualche modo atipico rispetto alleattività normalmente svolte in ambito scolastico,ha potuto essere attuato grazie alla concomitan-za di alcuni fattori:- la disponibilità, all’interno dell’edificio scola-

stico, di un ambiente idoneo e sufficientemen-te isolato;

- la presenza della figura dello psicologo, il cuiaiuto si è rivelato fondamentale sia nella fasedi progettazione che in quella di valutazioneattraverso periodici incontri di verifica e con-fronto;

- la collaborazione delle operatrici della coope-rativa sociale e dell’insegnante di sostegno (checonoscono F. ormai da anni), grazie alla qualeho potuto raccogliere notizie anamnestiche sulcaso e ricostruire, almeno in parte, l’identitàsonoro-musicale della paziente (rapporto con i

Il quadro clinico è ca-ratterizzato da un fun-zionamento cognitivonon elaborativo; la sen-sorialità è ben conser-vata ma il linguaggio ècompletamente assen-te, se si eccettuano alcune produzioni sillabiche;F. esegue la deambulazione con qualche diffi-coltà, vi sono disturbi sia nella coordinazione mo-toria che nell’equilibrio.I primi contatti con F. avvengono nell’ambito di unprogetto laboratoriale (“Musarte”) rivolto a grup-pi di alunni, normodotati e disabili, consistente inattività multidisciplinari di vario tipo (attività gra-fico-pittoriche, motorie, ascolto, produzione edimprovvisazione sonoro-musicale), programmateper finalità riabilitative ed educative da un’èquipecomposta, oltre che dalla sottoscritta in qualitàdi consulente, da insegnanti curricolari di Educa-zione Musicale, Educazione Artistica, Educazionefisica e di sostegno; l’èquipe è coordinata dallopsicologo della cooperativa sociale ”Cultura eLavoro” in servizio presso la scuola.Questa esperienza ha offerto lo spunto per ela-borare, in collaborazione con lo psicologo Dott.Pioli, un intervento individualizzato specifica-mente rivolto ad F.; l’idea, nata dai primi approc-ci con la paziente, si è sviluppata in base ad alcu-ne considerazioni sull’esperienza svolta:- F. ha un buon rapporto con i suoni ed ha

mostrato di gradire l’esperienza;- il suono sembra assolvere una funzione “atti-

vatrice”, stimolandola ad assumere un atteg-giamento più propositivo e contribuendo, siapur parzialmente, ad aprire degli “spiraglicomunicativi”;

- F. manifesta spesso un gran desiderio di comu-nicare; spesso tale desiderio è frustrato dallapovertà dei mezzi espressivi a sua disposizione.

Si è così ideato un progetto di taglio stretta-mente terapeutico, consistente in sedute a ca-

L’intervento è statomotivato dall’esigenzadi offrire ad F. un con-testo atto a valorizzarecapacità espressive ecomunicativo-relazionali

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Il settingGli incontri si sono svolti nel laboratorio di musi-ca dell’istituto, una stanza quadrata di mediedimensioni con il soffitto insonorizzato.Lo strumentario, di proprietà della scuola, eracomposto da idiofoni, membranofoni, due piccolimetallofoni, flauti dolci e un pianoforte verticale.Il setting è stato organizzato tenendo contodegli atteggiamenti abituali dell’utente, gli stru-menti sono stati disposti sui banchi in vari puntidella stanza; tale disposizione è stata scelta infunzione del deficit motorio della paziente (tro-verebbe grandi difficoltà a sedersi per terra) edelle sue condotte motorie, statiche (sedersi suuna sedia) e dinamiche (escursioni nello spaziocircostante).La categoria strumentale più rappresentata èstata quella degli idiofoni, in quanto strumenti difacile uso e in grado di garantire ad F. la libertàdi movimento.

Descrizione della fase operativaFin dalle prime sedute, la paziente manifesta unaspontanea curiosità verso gli strumenti, li esplo-ra attraverso il canale visivo e tattile, in alcunicasi sembra attratta dalla forma e dal coloredegli strumenti stessi; in particolare mostra diprediligere gli idiofoni, soprattutto sonagli esistro, che utilizza secondo la modalità operativadello scuotimento o della percussione su variesuperfici vibranti. L’utilizzo da parte mia del tam-buro con sequenze puntiformi in crescendo edaccelerando determina nella paziente uno statodi eccitazione misto a divertimento, espresso dasegnali mimico-posturali e vocali (sorrisi, voca-lizzi e avvicinamento fisico); progressivamente iltamburo assume il ruolo di oggetto intermedia-rio, quando F. lo utilizza attivamente inserendosinella mia produzione in sovrapposizione sonora.Non è sempre facile stabilire un’intesa con F., lasua produzione, spontanea o indotta, è general-mente di breve durata, quindi le interazioni -

suoni, modalità d’ascolto, suoni preferiti erifiutati); queste informazioni sono poi stateintegrate con i dati emersi nel corso della faseosservativa preliminare e degli incontri riser-vati all’indagine psico-sonora; inoltre le osser-vazioni puntuali dell’operatrice durante i col-loqui hanno permesso di rilevare alcuni aspet-ti importanti ai fini valutativi: in particolarel’operatrice ha riferito che F. spesso si dirigevaverso il laboratorio di musica anche al di fuoridell’orario stabilito.

Linee teoriche e metodologiche dell’interventoL’intervento è stato condotto secondo il modellopsicodinamico; in tale prospettiva la musicotera-pia è intesa come tecnica volta alla costituzionee allo sviluppo della relazione musicoterapista/paziente tramite l’utilizzo mirato del parametrosonoro-musicale.Il percorso metodologico, ispirato al modello opera-tivo proposto da Raglio (1995) anche se adattatoalle esigenze del contesto operativo scolastico, haprevisto una fase iniziale consistente nella raccoltadi notizie anamnestiche sul caso e di informazionisull’identità sonoro-musicale della paziente.Successivamente si è passati alla fase di osserva-zione dell’utente nell’ambiente scolastico diappartenenza (laboratorio di attività manipolati-ve dell’istituto), al fine di rilevare modalità com-portamentali ed atteggiamenti tipici di F.L’osservazione è poi proseguita nella fase succes-siva dell’indagine psico-sonora, durante la qualela paziente, entrando in contatto con la realtàdel setting, ha interagito con gli stimoli sonoro-musicali proposti; la pratica osservativa ha per-messo così di evidenziare non solo i parametrisonori e gli elementi musicali ricorrenti, maanche parametri extra-musicali (motricità,postura, posizione nello spazio).Le sedute sono state documentate da protocollidi osservazione, letti e discussi durante gli incon-tri di verifica con lo psicologo.

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basate per lo più su schemi imitativi – sono piut-tosto brevi.Nonostante il buon rapporto instaurato con lamia figura e con l’ambiente e la buona tolleran-za del setting nel suo complesso, a volte F. tendead assumere atteggiamenti di estraniamento e dichiusura oppure utilizza gli strumenti secondomodalità orali incorporative.Spesso nei momenti di passività la proposta dimelodie in parte conosciute da F., in parte nuove,ha permesso di stabilire un primo contatto con lapaziente, favorendo un coinvolgimento attentivoed emotivo. Progressivamente tali melodie anda-vano a formare una sorta di “repertorio”, dive-nendo per la paziente riconoscibili e prevedibilied assumendo un significato affettivo; a volte lemie proposte melodiche vocali e/o strumentali –mediamente di bassa complessità formale -hanno permesso di creare uno sfondo sonorocontenitivo, determinando la comparsa di unitàmotorie rilassate.Queste esperienze gratificanti vissute da F. hannocostituito in alcuni casi la premessa al successivosviluppo dei processi interattivi, quando lapaziente ha realizzato un accompagnamento rit-mico in sincronia con la pulsazione-base dellamelodia attraverso l’utilizzo di strumenti percus-sivi o dell’analizzatore motorio (battito ritmicodel piede, oscillazione del braccio, molleggia-mento del busto, scuotimento del capo).L’evolversi del trattamento ha determinato,almeno in parte, lo svilupparsi di intese significa-tive basate sulle sintonizzazioni affettive(Postacchini e al. 97), sia pure alternate al reite-rarsi di momenti di chiusura e di isolamento.Queste intese si sono sviluppate spesso grazieall’utilizzo di strumenti ritmici (sonagli, sistro,tamburello); a volte l’impiego spontaneo del pia-noforte da parte di F. ha permesso di realizzareinterazioni basate su un buon “accordo” sia musi-cale che emotivo, attraverso l’alternanza tra pro-duzioni caratterizzate da ribattuti veloci ed

intensità elevate e produzioni connotate da suoni“tenuti” e bassi livelli d’intensità; la diversitànella produzione sonora corrisponde sinestesica-mente a modulazioni del tono muscolare di F.,collegate ai diversi stati affettivi vissuti dallapaziente:- tensione collegata a stati emotivi corrispon-

denti ad euforia, eccitazione;- rilassamento corporeo collegato a bisogno di

contenimento.L’iter terapeutico, in sintesi, ha sicuramente pro-dotto degli esiti positivi permettendo di apriredelle finestre comunicative, grazie alla creazionedi un ambiente “accogliente”, atto a valorizzarele espressioni di F., cercando di far evolvere imomenti di inerzia in momenti di apertura rela-zionale, di “disponibilità comunicativa”.Il suono, nel contesto terapeutico, ha assunto lafunzione di “richiamare” il soggetto all’esternomediante condotte esplorative che portano pro-gressivamente F. a conoscere l’altro da sé, favo-rendo un maggiore investimento sulla realtàesterna: penso alla curiosità della paziente versogli strumenti, alla creatività dimostrata nell’uti-lizzo degli stessi attraverso una ricerca di effettitimbrici diversi, dalla percussione della membra-na del tamburo alternata allo strofinio, al rotola-mento delle claves o delle maracas, all’utilizzo delsistro come battente con cui percuotere superfi-ci vibranti di vario tipo (banco, membrana deltamburello, tastiera).Le esplorazioni sonoro-musicali, da me riprese erafforzate, hanno spesso determinato rispostespeculari di F., incentivandola ad aumentare leproprie produzioni. Tali produzioni, all’iniziocasuali, andavano assumendo progressivamenteuna certa intenzionalità grazie al ricalco imitati-vo da me proposto, che dava loro un senso eduna prevedibilità.Il suono è divenuto così espressione di uno “stareinsieme”, favorendo una progressiva ma flut-tuante ristrutturazione del Sé, oscillante fra le

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due polarità opposte del raggiungimento diun’intesa sul piano sonoro-musicale e relazionaleda una parte, del reiterarsi di stati di chiusura o dicomportamenti stereotipati dall’altra.

Verifica e valutazioneI periodici incontri con lo psicologo hanno per-messo di fare il punto della situazione e di verifi-care il raggiungimento o meno degli obiettivi fis-sati nella programmazione.Il bilancio finale dell’esperienza permette di porrein risalto due macro-aspetti:- la paziente ha sviluppato una positiva accetta-zione del setting, il cui spazio viene progressiva-mente non solo esplorato ma ”abitato”, permet-tendo lo scambio e la condivisione; altamenteindicativo a questo riguardo è il fatto che lapaziente non solo riesce a localizzare da un puntodi vista spaziale la stanza di musicoterapia, ma visi reca anche al di fuori dell’orario stabilito;- il protrarsi dell’intervento ha permesso di acce-dere ad una dimensione temporale dove c’è spa-zio per i cambiamenti e le variazioni di stato siatonico-muscolari che emotive. La variabilitàtende poi ad emergere - sia pure in modo discon-tinuo - anche all’interno delle produzioni sonoro-musicali della paziente, attraverso piccoli e pro-gressivi cambiamenti ritmici, agogici e dinamici.Gli obiettivi programmati sono stati realizzati inmodo soddisfacente: si è verificata una diminu-zione della comunicazione stereotipata e progres-sivamente si è assistito alla comparsa di modalitàcomportamentali più esplicitamente comunicati-ve oltre che ad un’intenzionalità all’interno delleproduzioni sonoro-musicali, espressa - sia pure inmodo non continuativo - attraverso un gestosonoro volto a stabilire un’intesa.Si è verificato un miglioramento sul piano del-l’attenzione soprattutto nei mesi di febbraio-marzo, con un notevole coinvolgimento attenti-vo verso le mie proposte, una diminuzione degliatteggiamenti irrequieti e un aumento del nume-

ro delle interazioni (ma non della loro durata).Si può affermare che la nascita dell’interazionemusicoterapista/paziente abbia favorito la rego-lazione del Sé stimolando in particolare:1) la regolazione dell’attenzione e della curiosità.I tempi di attenzione della paziente si sono pro-gressivamente allungati; lo strumentario hacostituito un centro d’interesse che ha calamita-to l’attenzione di F., grazie anche alla mediazionedella mia figura, poiché i miei interventi sono ser-viti da stimolo e rinforzo alla curiosità e all’atten-zione della paziente.2) La regolazione degli affetti e dell’intensitàdegli stessi.Le emozioni vissute dalla paziente nei reciprociscambi sono state da me regolate attraverso lamediazione dell’elemento sonoro-musicale. Avolte si è verificato un intenso coinvolgimentoemozionale determinato dal semplice ascoltodelle mie proposte, quando riuscivo a cogliere lostato affettivo di F.3) La regolazione dei sentimenti di sicurezza attra-verso la creazione di un contesto ”contenitivo”.Il setting - in quanto spazio sicuro ed affidabile -diviene progressivamente un luogo che la pazien-te non solo riesce ad identificare spazialmente,ma ricerca spontaneamente in quanto spazio pro-tetto di gioco e di comunicazione; l’evolversipositivo del rapporto tra me ed F. contribuisce acreare un clima di fiducia e serenità, anche neimomenti di passività la paziente partecipa emoti-vamente ponendosi in atteggiamento di ascolto,alternato a momenti di estraniamento.

ConclusioniIn sintesi si può affermare che l’elemento sonoro-musicale abbia assunto per la paziente le seguen-ti funzioni:- funzione “attivatrice”, determinando una

risposta globale espressa attraverso il canalesensoriale visivo, tattile, uditivo e, in alcunicasi, espressa a livello motorio;

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- funzione “contenitiva”, attraverso la creazione diun contesto sonoro-musicale regressivante ingrado di favorirne il coinvolgimento affettivo;

- funzione ”comunicativo-relazionale”, nei mo-menti in cui tra paziente e musicoterapista, at-traverso l’impiego dell’elemento sonoro-musi-cale, si determinavano intese significative dalpunto di vista relazionale ed affettivo.

Queste modalità di funzionamento si sono alter-nate durante tutto l’arco del trattamento e ancheall’interno della stessa seduta; il percorso operati-vo, quindi, è proceduto non sempre in base aduna successione consequenziale da una funzioneall’altra, anche se nell’evolversi del trattamento siè assistito ad uno sviluppo più articolato dellamodalità comunicativo-relazionale.Infine mi preme sottolineare come la presenza diuna programmazione iniziale abbia permesso diavere dei punti di riferimento tali da orientare nelmodo più “consapevole” possibile l’azione tera-peutica, direzionandola al raggiungimento degliobiettivi, sia pure rispettando i momenti di passi-vità della paziente senza forzare i tempi; neimomenti di difficoltà e di impasse, l’aiuto dellopsicologo si è rivelato fondamentale, consenten-domi di chiarire e rielaborare i vissuti da me espe-riti grazie alle riflessioni emerse durante gliincontri di verifica.

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Talking about animation means to select theright approach to use in order to help anotherperson to express his/her personality, potentials,and capacities, recognising that he/she, whateverthe age and status, has his/her own culture,personal and historical memory, amount ofknowledge, emotional and physical experiences.So, talking about musical animation, it means toassume that men and women are musical beingsthat have amount of experiences to express, andthat this expression can find its way through theuse of music.

“L’Animazione è una pratica sociale finalizzataalla presa di coscienza ed allo sviluppo del patri-monio represso, rimosso e latente di individui,piccoli gruppi e comunità"… (Guido Contessa suAnimazione Sociale, 1983)

L’animazione è dunque un approccio che tende a“tirare fuori” ciò che esiste già, a far esprimere lepotenzialità di ogni individuo, riconoscendogli,qualsiasi sia la sua età o la sua condizione esi-stenziale, una propria cultura, una memoria sto-rica e personale, un bagaglio di esperienze, unvissuto emotivo e corporeo.Parlare di animazione musicale significa conside-rare l’uomo un essere musicale, che ha nel pro-prio bagaglio esperienze da esprimere.Tale modo di intendere l’animazione musicale sipropone di facilitare un’espressività che interessitutte le potenzialità proprie di ogni persona, uti-lizzando il linguaggio musicale, adattandolo allesituazioni psicofisiche degli individui e alle carat-teristiche degli ambiti socio-culturali in cui ci sitrova ad operare.In un simile contesto dunque la musica non èutilizzata come una tecnica o uno strumentoproprio dell’animazione: l’accento è posto sullarelazione persona-musica, che interessa tantoil piano delle attività che quello della defini-

L’animazione

è l’approccio

che tende

a “tirare fuori”

ciò che esiste già,

a far esprimere

le potenzialità

di ogni individuo

L’animazione musicale

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ro Sarcine

lla, Educatore, M

usicoterapista

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zione degli obiettivi.La musica ha il compitodi aiutare il consegui-mento degli obiettiviprefissati attraverso larealizzazione di un'e-sperienza esteticamentegratificante, nel rispetto della gradualità sogget-tiva (non proponendo né l’ovvio, né il troppo dif-ficile) e delle esigenze di conduzione (noto/igno-to, immediato/mediato, concreto/astratto, parti-colare/universale).In questo contesto non è importante imparare asuonare o ad eseguire un prodotto da rappresen-tare, ma piuttosto prendere spunto dal piacere difare per sviluppare le proprie potenzialità.È il “fare utile” che assume valore, il fare con pia-cere, comprendendone il significato e il “perché”.La realizzazione del sé ed il piacere sono alla basedella motivazione (spinta di ogni azione umana eperciò di ogni sviluppo).L’intervento nasce dalle risorse proprie dei parte-cipanti, sia quelle degli utenti che quelle deglianimatori, e dalle relazioni che, attraverso ilparametro sonoro, si riescono ad attivare.

L’azione dell’animatore diventa dunque varia ecomplessa, ma sempre tesa ad instaurare un rap-porto positivo con le persone con la quale inte-ragisce: persone, non cose, semplici oggetti d’in-tervento, bensì soggetti interagenti, a volteimprevedibili e, in ogni caso, sempre vivi.L’attenzione dell’animatore deve dunque esserededicata al soggetto nella sua totalità, tutto il Sédeve tendenzialmente essere interessato e coin-volto, anche il Sé corporeo.Diventa questo un approccio alla persona chepuò risultare in contrasto con la cultura impe-rante, con alcuni processi educativi e vari conte-nuti didattici, tendenti a valorizzare soltanto lerisposte, i risultati prettamente di tipo intellet-tuale e cognitivo.

L’animatore non hanulla da insegnare, nonvuole ottenere risposte“giuste”, ma ha il com-pito di proporre: pro-porre materiali e spun-ti adeguati.

A lui spetta più che altro “intervenire”, in mododa: permettere e favorire lo scambio, stimolare latensione al nuovo e facilitare l’interazione tra ipartecipanti, lui compreso, mantenendo fede aduno dei principi dell’animazione musicale che èquello della reciprocità.

La dimensione gruppale, meglio se di piccologruppo per la sua minore complessità relaziona-le anche rispetto alla situazione individuale, èquella che può rilevarsi più idonea allo svolgi-mento di attività di animazione musicale. In essasi ha la possibilità di sperimentare (dinamicherelazionali, scambi, partecipazione…), rimanendoprotagonisti nella dimensione più adeguataall’individualità di ciascuno.Inoltre il “piccolo gruppo” di musica ha la speci-ficità di potersi costituire sia come gruppo omo-geneo, circa l’obiettivo specifico, che eterogeneo,per il ruolo/valutazione interpersonale.L’omogeneità rende il gruppo più facile da con-durre verso l’obiettivo prefissato; l’eterogeneitàriduce la sensazione classificatoria o il giudizioglobale di capacità.

La prassi animativa è finalizzata dunque ad agiresull’individuo nella sua interezza, promovendonelo sviluppo degli aspetti che lo caratterizzano(cognitivi, culturali, affettivi, morali, sociali).Perseguiamo questa finalità innanzi tutto attra-verso la comunicazione indiretta, la collaborazio-ne che da questa può derivare, può infonderemaggiore sicurezza e tranquillizzare l’individuonel rapporto con gli altri.In questa maniera spesso si riesce a far superare

La dimensionegruppale è quella

più idoneaallo svolgimento

di attivitàdi animazione musicale

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sana” e non impostare un lavoro basato sulle pro-blematiche.L’esperienza musicale viene proposta come unvero e proprio “organizzatore mentale” finalizza-to alla promozione e al rinforzo dei processi del-l’individuo, procedendo a semplici trasformazionifra i differenti codici (quello sonoro, quellogestuale, quello grafico e quello verbale), attra-verso interazioni che esistono fra essi ed ai conti-nui passaggi fra l’uno e l’altro, dal movimento alsuono, al segno, in una continua alternanza fraesperienza e teoria.Ne risulta, quindi, che non può esistere una frui-zione passiva dell’animazione musicale, ma è ilcoinvolgimento dei partecipanti, ivi compresoquello dell’animatore, che permette l’attivazionedelle potenzialità, permettendo, stimolando eincentivando la capacità relazionale di ciascuno,in contrapposizione all’individualismo, passandoattraverso la valorizzazione delle competenze,delle potenzialità musicali dei partecipanti incontrapposizione alla necessità di insegnare unamusica già codificata ed utilizzando il bagagliotecnico/musicale dei fruitori, come mezzo perraggiungere gli obiettivi posti.

l’isolamento, la “paura degli altri”, il senso dirifiuto “verso gli altri”, la reazione negativa all’es-sere toccati, ecc.Nello specifico, con l’animazione musicale, pos-siamo lavorare per:• Migliorare la socializzazione: intesa non solo

come possibilità di star bene in una determi-nata situazione ed in un tempo particolare,ma come esperienza positiva per fare acquisi-re capacità di adattamento tali da poter vive-re meglio altre situazioni e la vita.In particolare: accrescere il gusto del vivere ingruppo, abituare a creare, verificare e accetta-re le regole, collaborare e partecipare ad unprogetto, con assunzione di responsabilità e diautonomia nel gruppo, accettare cambiamen-ti di ruolo, riconoscere le proprie capacità ed ipropri limiti (esame di realtà).

• Attivare e sviluppare le capacità di base: l’at-tenzione, la concentrazione, la percezione,l’osservazione, l’analisi e la sintesi, la discrimi-nazione (fonetica e non), la seriazione, la clas-sificazione, la comprensione del simbolo edella struttura, gli apprendimenti fondamen-tali logico - matematici.

• Favorire lo sviluppo psicomotorio: accettare ilproprio corpo, migliorare lo schema corporeo,il coordinamento globale, la manualità fine, ladominanza.

• Favorire la creatività: offrire nuovi e moltepli-ci stimoli, abituare alla “combinazione” deglielementi semplici, a costruire collegamenti edipotesi, fornire l’occasione per sviluppare ilrapporto fra impulso – intuito e disciplinacreativa.

Un qualsiasi intervento di animazione musicale,come dicevamo, non può prescindere dall’instau-rarsi di un clima positivo.È per raggiungere questa situazione che risultafondamentale partire da ciò che i partecipantisanno e sanno fare, insomma dalla loro “parte

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This artiche is about the role of m usic indidactical projects which aim at integratedisabled children in school. It talks about:• the general role of m usic at school;• scolastic laws and laws for the rights of

disabled people;• description of e didactical m usical projects;• clinic dignosis of the disabled child who was

involved in the experience;• finalities, m ethodology, instrum ents used for

the project;• place and tim e of the observation;• general, transversal and specific objectives;• description of the phases of the activities;• description of the divelopm ent of the exercises;• final report about the project (reached targets);• personal com m ents about the role of m usic

therapy in schools, about the possibility touse knowledges of m usic teraphy with thestudents.

PremessaDai cinque ai sedici anni, bambini e ragazzi fre-quentano la scuola; ci vanno tutti, poveri, ricchi,stranieri, bambini fortunati e bambini meno for-tunati, per almeno otto mesi l'anno; è evidente ilruolo fondamentale che essa riveste nella loroformazione di persone. Quali devono essere leconoscenze basilari, i valori, i saperi da trasmette-re? Quale tipo di organizzazione può sostenere unprogetto di così grande ricchezza e responsabi-lità? E come si strutturano percorsi utili a tutti?Alla luce di una società in dinamica trasformazio-ne, diversificata, multietnica, è fondamentale chei saperi da acquisire siano strumento per lo svi-luppo di capacità di adattamento e cambiamen-to. Le discipline scolastiche, quindi, non sono piùil fine ma il mezzo, attraverso il quale far matu-rare le personali capacità di comprensione dellarealtà circostante.La legge Bassanini del 15/3/97, introduce dellenorme che permettono alla scuola di migliorare la

Le discipline

scolastiche

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L'educazione musicale comemomento di integrazione

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mento e della relazione,alterazioni della strut-tura muscolo-scheletri-ca, tratti autistici.

L'attività musicale nel-l'orario scolastico

S. frequenta la scuola tre giorni alla settimana.Durante la permanenza a scuola S. lavora inun’aula appositamente allestita per lui, dove èintegrato in alcune attività della classe, effettuaescursioni nel quartiere e sui mezzi pubblici, pre-vio permesso accordato dei genitori.La classe in cui S. è inserito è strutturata su trelivelli di abilità (basso, medio, alto); alcuni ragaz-zi presentano problemi di carattere relazionale esono considerati ragazzi a rischio, per l'ambientedal quale provengono (figli di disoccupati conprecedenti penali, venditori ambulanti che spes-so non restano nella stessa città…)La cosa più difficoltosa non è interagire con que-sti ragazzi, bensì interagire con loro e contempo-raneamente con altri alunni, che hanno alle spal-le situazioni più favorevoli. È fondamentale uti-lizzare contemporaneamente registri di comuni-cazione differenti.L'attività musicale s'inserisce nel Piano EducativoIndividualizzato dell'alunno; segue obiettivigenerali, trasversali a tutte le discipline, e obiet-tivi specifici. Il percorso ha come finalità prima-ria l'integrazione sociale; è individualizzato algruppo classe per facilitare la socializzazione, estrutturato secondo differenti livelli di capacità. La metodologia scelta s'ispira alla didattica diDalcroze poiché ritengo si presti in modo parti-colare ad integrare differenti livelli di abilità,considerando anche il fatto che gli alunni conuna certificazione di handicap non sono gli unicia presentare delle difficoltà nell'apprendimento.In questo metodo, l'educazione del ritmo si pre-senta come educazione al movimento, alla perce-zione, alla coordinazione di gesto e suono.

propria qualità; vieneintrodotta l'autonomiache garantisce maggio-re flessibilità nei tempi,negli spazi e nelladidattica. Tenendo inconsiderazione il conte-sto sociale in cui si opera, diventa possibile strut-turare percorsi formativi sempre più mirati alleesigenze dell'utenza.Già con la legge 517 del '77 si parlava di una pro-grammazione educativa che, "Al fine di agevola-re l'attuazione del diritto allo studio e la pienaformazione della personalità degli alunni" preve-desse attività di integrazione a carattere interdi-sciplinare, organizzate per gruppi di alunni anchedi classi diverse. Successivamente, la LeggeQuadro del 1992, nell'art. 14 descrive le modalitàd'attuazione dell'integrazione di alunni portatoridi handicap; parla di un'organizzazione dell'atti-vità "secondo il criterio della flessibilità nell'arti-colazione delle sezioni e delle classi, in relazionealla programmazione scolastica individualizzata".Dal documento dei saggi, steso nella prospettivadell'attuale riforma scolastica, emerge la neces-sità di organizzare l'insegnamento per tematiche,in cui concorrano le diverse discipline; si tratta diun approccio "multidisciplinare", metafora di unacollaborazione diversificata e integrata, più com-pleta e ricca.

Un percorso di integrazioneIn quest’articolo intendo illustrare il percorsointegrativo di un alunno; il lavoro è si svolto inuna Scuola Media di Milano, ove la sottoscritta èstata insegnante di sostegno (da novembre amaggio per 6 ore settimanali). Le persone coinvol-te nella conduzione dell'esperienza sono stati gliinsegnanti della classe in cui era inserito un alun-no portatore di handicap. S., inserito in una TerzaMedia, presenta un grave deficit cognitivo, secon-dario a cause prenatali, disturbi dell'apprendi-

L'attività musicales'inserisce nel piano

educativoindividualizzatodell'alunno

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Dalcroze parte dal presupposto che attraverso ilmovimento sia possibile percepire il sonoro; sonomessi in relazione i movimenti naturali del corpocon il ritmo della musica. Gli esercizi propostiforniscono all'allievo "immagini motorie" di ciòche sta vivendo nell'ascolto ed evidenziano ilgrado di percezione raggiunto. Nella pratica,sono introdotti stimoli improvvisi (segnali sonori,verbali, tattili) che aiutano a mantenere viva l'at-tenzione e a non cadere nell'automatismo. Taleeducazione sviluppa la percezione all'ascolto; ilsuono non è più vissuto come qualche cosa diesterno, sconosciuto, ma come una voce "inter-na", in grado di animare i propri movimenti.Il periodo di osservazione dell'alunno si è svoltonell'aula appositamente allestita per il ragazzo enegli spazi scolastici quali la classe, la palestra eil campo sportivo. Il Consiglio di classe ha parte-cipato all'elaborazione della programmazionedidattica individualizzata. L'attività di integrazio-ne e sostegno, dove la musica costituiva il para-metro fondamentale, è stata valutata e approva-ta dal Consiglio. Il coordinatore della classe e ilpreside hanno avuto funzione di controllo suidati e sulle procedure dell'osservazione e dellaformulazione di tutto il percorso.

ObiettiviL'attività è volta al raggiungimento di obiettivieducativi, legati alla maturazione della propriapersonalità, obiettivi trasversali, comuni ad altrematerie e obiettivi didattici, legati alla disciplinaspecifica.• Obiettivi educativi: favorire la socializzazione,

l’utilizzo delle capacità comunicative, maturarela propria autonomia in rapporto agli altri, rico-noscere e rispettare le regole di un gruppo, coo-perare con gli altri nella realizzazione di un pro-getto comune, migliorare la capacità di intera-gire nel contesto sociale, interagire con compa-gni e adulti, saper condividere spazi e materiali.

• Obiettivi trasversali: potenziare le capacità di

comprensione, stimolare le capacità mnemo-niche, di attenzione e concentrazione; poten-ziare le capacità linguistiche e di rappresenta-zione, organizzare in modo più autonomo ilcomportamento motorio, sviluppare le abilitàgrosso motorie e fini motorie, comprendere erispondere a messaggi verbali e non verbali,maturare la conoscenza delle parti del propriocorpo, migliorare il controllo motorio, miglio-rare la coordinazione delle mani, comprendereordini che richiedono l’esecuzione di sempliciazioni, saper rispettare semplici consegne,comprendere il significato dei termini “prima”e “dopo”, saper riconoscere, negli altri e su disé, le diverse parti del corpo.

• Obiettivi didattici: sviluppare le abilità uditive,(sentire la musica attraverso il corpo, mettere inrelazione i propri movimenti con lo spazio cir-costante), potenziare la capacità di seguire unordine temporale, imparare a reagire a solleci-tazioni sonore, stimolare la prontezza di riflessie di concentrazione, sviluppare la conoscenzadel ritmo come fondamento del linguaggiomusicale, trasmettere il concetto di ritmo libe-ro, il concetto di pulsazione, le tre velocità diuna pulsazione; potenziare la capacità di reagi-re in modo differenziato ai diversi stimoli,(camminare rispettando un ritmo preciso, mi-gliorare la coordinazione delle mani, compren-dere ordini che richiedono il riconoscimento disuoni, sapere ripetere sequenze di ritmi, saper-si orientare nell’ascolto di suoni e melodie).

(Strumenti utilizzati: flauto diritto, tamburelli,legnetti, strumenti a percussione di facile approc-cio). La verifica richiede la costante osservazione deiragazzi. Il percorso si articola in quattro incontri.

ContenutiUtilizzando i dati raccolti nella fase osservativa,viene elaborata e realizzata un’esperienza diintegrazione, sostegno, riabilitazione di cui lamusica è parametro fondamentale.

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Illustro ora un tema sviluppato durante gli incon-tri: il RITMO.Il percorso si è articolato attraverso una serie di"esercizi sonori" e di spiegazioni verbali, atti al rag-giungimento dei concetti di: ritmo libero, pulsazio-ne, ritmo nel linguaggio parlato. È necessario chetutti i ragazzi abbiano consapevolezza che la musi-ca è un linguaggio comunicativo ed espressivo.In un lavoro con alunni che presentano difficoltàdi apprendimento, è fondamentale custodire lecapacità che essi già possiedono e partire proprioda queste, al fine di infondere loro sicurezza epresa di coscienza delle proprie potenzialità.Vygotskij parla della "Zona di sviluppo potenzia-le", che consiste nella distanza tra dove il bambi-no riesce a risolvere problemi e dove è necessariala guida dell'adulto; è da lì che il conduttore devecominciare."Al di là dello sviluppo cognitivo, vi è uno svilup-po potenziale che può essere avviato attraversoopportuni interventi; va promossa un'organizza-zione globale delle funzioni, piuttosto che unacompensazione di quelle mancanti." Ciò promuo-ve uno sviluppo il più possibile armonico di tuttele facoltà dell'individuo.

L’attivitàL'insegnante di educazione musicale della classe el'insegnante di sostegno conducono il laboratorio.Si parte con un riscaldamento, composto di eserci-zi ginnici di respirazione, di scioglimento delle arti-colazioni, esercizi sullo spostamento del peso, attiad accrescere la percezione corporea. Anche nelriscaldamento è possibile fare giochi su dinamichedi gruppo, atti a favorire la socializzazione. Glialunni del gruppo che meglio riescono nella prati-ca sono invitati a guidare, anche afferrando permano, i compagni che hanno più difficoltà. Si passaad esercizi di movimento, obiettivo è la conoscenzadella PULSAZIONE (base dell'organizzazione ritmi-ca). Primo esercizio: camminare liberamente e fer-marsi a un suono prodotto dall'insegnante (in que-

sto caso, con un tamburello). Al segnale successivo,i ragazzi riprendono a camminare; l'esercizio è ripe-tuto più volte. Si aggiungono delle varianti: trasfe-rire la propria velocità in un'altra parte del corpo;ad esempio, camminiamo a ritmo di un tambu-rello e fermiamo il movimento delle gambe alsegnale: il braccio continuerà a muoversi con lostesso ritmo, battendo contro una gamba o ilbattito delle mani seguirà il ritmo iniziale.Esercizio successivo: assumere una velocitàcomune, osservando i movimenti degli altri;viene eseguito senza la guida ritmica dell'inse-gnante. Questi esercizi permettono di prenderecoscienza di avere un proprio RITMO INTERNO,riconoscere quello delle altre persone, confron-tarlo e sapere che è possibile uniformarsi. Levarianti vengono introdotte al fine di mantenerealto il grado di attenzione di chi già riesce al"primo colpo", e poter ripetere sotto un'altraforma per chi ha bisogno di capire meglio ilsignificato dell'esperienza.Si passa ad esercizi sulla CONDUZIONE MELODI-CA; ascoltando melodie scelte appositamentedall'insegnante, si segue la musica con movimen-ti del corpo; prima camminando a tempo, poimuovendo tutto il corpo, infine l'esercizio vieneripetuto muovendo un foulard nello spazio circo-stante; l'interpretazione è libera.Esercizi sulla METRICA ACCENTUATIVA: la cammi-nata libera è interrotta da un accento, cui corri-sponde un movimento diverso del corpo (alzatadi mani o altro). Tutti i ragazzi si dispongonoliberamente nello spazio.Esercizi di movimento su TEMPI MISURATI: sicammina al ritmo di un tamburo (suonato dal-l'insegnante) per otto pulsazioni; alla nona, sicambia direzione di 90°. Varianti: battere le manisulla prima pulsazione, camminare a coppie, divi-dersi, riprendere insieme... In quest'esercizio S. èin coppia con Luca, il quale lo guida, tenendoloper mano. Al momento della separazione (a metàesercizio) Luca si muove nello spazio al ritmo

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delle quattro pulsazioni che completano lasequenza; S. rimane fermo sul posto e batte lemani al ritmo della pulsazione.Esercizi sulle TRE VELOCITÀ; obiettivo primario èquello di apprendere a contare i quarti, le metà,gli ottavi. Questi esercizi sviluppano il concetto diproporzionalità. Il primo è l'"HIP, HOP": i ragazzicamminano al ritmo dei quarti, all'HOP cammi-nano a tempo raddoppiato, all'HIP camminano atempo dimezzato. Il ritmo è dato da un tambu-rello, suonato dal conduttore. Nella pratica diquest'esercizio, i ragazzi che presentano più dif-ficoltà mantengono per tutto il tempo lo stessoritmo (es. i quarti), nonostante le variazioni; ilgruppo può apprendere che un tempo può siacontenere, sia essere contenuto in un altro.L'esercizio conclusivo di questo percorso ha l'o-biettivo primario di potenziare il linguaggio nellesue caratteristiche di forma e di suono. La somi-glianza tra linguaggio parlato e linguaggio musi-cale è più evidente nella lettura di versi di fila-strocche, poesie in rima, ninne nanne; le pulsa-zioni del parlato sono SILLABE, pronunciate conregolari emissioni dì voce. L'insegnante proponeuna semplice filastrocca, gli alunni ripetono iversi imitando gli accenti. Durante la ripetizione,i ragazzi si accompagnano con passi in avanti eindietro, secondo uno schema di movimento pre-ciso, che l'insegnante fa, al ritmo delle sillabe.Varianti: i movimenti sono ripetuti senza le paro-le; si esegue l'esercizio a canone secondo trevelocità (quarti, metà, ottavi). I ragazzi con piùdifficoltà ripetono i versi sempre al tempo dellemetà; questo permette loro di sentire che unritmo lento può contenerne altri più veloci.Sempre sulla stessa filastrocca, si fa un lavoro sullaproporzionalità: l'insegnante lavora su tre livelli dispazio, muove le braccia (in alto, alla vita, in basso)e sulle tre durate conosciute (quarti, metà, ottavi).I ragazzi rispondono con la voce ai movimenti del-l'insegnante. S. ripete a ritmo ostinato la filastroc-ca; in questo modo è più facile memorizzare il

testo. Varianti: la classe è divisa in gruppi che ese-guono i tre ritmi diversi; sono utilizzati semplicistrumenti a percussione al posto della voce. Altriesercizi sulla proporzionalità sono creati su sem-plici canzoni, accompagnate da movimenti, e uti-lizzando strumenti di facile approccio.Si può quindi passare alla produzione sonora: iragazzi sono divisi in tre gruppi; ogni grupporipete secondo le tre velocità apprese i versi diuna filastrocca, accompagnandosi con semplicistrumenti a percussione.STRATEGIE: Nello svolgimento del percorso l'inse-gnante deve costantemente coinvolgere i ragaz-zi; la lezione è interattiva, l'insegnante fadomande alla classe, guida gli allievi a cercare lerisposte. Nella presentazione dei contenuti, simettono in relazione i concetti. I ragazzi vengo-no coinvolti nella gestione della lezione e talemodalità è fondamentale per l'autonomia.Bisogna valorizzare il buon risultato, esercitare iragazzi a trovare gli aspetti positivi nei compa-gni; attraverso domande guidate. Fondare il pro-gramma sul concreto, cercando argomenti che siaggancino il più possibile al vissuto del ragazzo. Il percorso ha avuto come finalità primaria l'inte-grazione dell'alunno portatore di handicap nelgruppo classe. È stato fondamentale utilizzare laparticolare caratteristica della musica di poteressere applicata a differenti gradi di complessità.È stato fondamentale anche l'approccio concre-to, poiché le capacità di astrazione di ragazzi conquesto tipo di difficoltà sono spesso limitate. Il lavoro è stato individualizzato al gruppo classeper facilitare la socializzazione, e strutturatosecondo differenti livelli di capacità; tale dimen-sione è stata un forte stimolo allo sviluppo per-sonale dell'alunno: spesso le difficoltà cognitivesono legate a difficoltà di relazione, il ragazzotende a sentirsi poco capace o adeguato, in qual-che modo "escluso". Lavorare all'interno di ungruppo gli ha permesso di sentirsi parte inte-grante e unica di una realtà. Per i compagni più

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"abili" la partecipazione ad un percorso di questotipo, è stata occasione di crescita e maturazionepersonale: hanno lavorato a un livello piùapprofondito e nel frattempo si sono resi dispo-nibili in favore di chi aveva più bisogno. S. hapartecipato all'esperienza in modo particolar-mente attivo. Tutti i ragazzi hanno mostrato col-laborazione e attenzione, verso gli altri e versol'esperienza musicale. Il compagno di esercizi diS., Luca, lo ha guidato con attenzione e simpatia.

Obiettivi raggiuntiArea educativa:- interagire con compagni e adulti;- orientarsi in uno spazio delimitato;- orientarsi in uno spazio non delimitato;- conoscere le parti del proprio corpo;- comprendere il significato dei termini “prima”

e “dopo”;- sapersi orientare nell’ascolto di suoni e melodie;- riconoscere e ripetere canzoni semplici.

Area motoria:- organizzare in modo più autonomo il compor-

tamento motorio;- finalizzare i movimenti ad azioni semplici;- sviluppare le abilità grosse motorie;- saper camminare rispettando un ritmo preciso;- saper coordinare le due mani.

Area cognitiva:- comprendere e rispondere a messaggi verbali e

non verbali;- produrre messaggi non verbali;- associare un suono ad una consegna;- saper comprendere espressioni del corpo altrui;- comprendere ordini che richiedono l’esecuzio-

ne di azioni;- capacità di ripetere sequenze di ritmi.

ConsiderazioniEsistono importanti analogie tra la musicoterapia

preventiva e l'animazione musicale: entrambeconsiderano la diversità una risorsa e utilizzanouna musica che parte dall'idea di gioco, metten-do al centro la curiosità e i desideri dei ragazzi.Attraverso la ricerca di suoni e composizioni, iragazzi rappresentano il proprio mondo immagi-nario e apprendono, con i sensi e con il corpo,suscitando risonanze sia educative, sia riabilitati-ve. Qual è dunque il confine tra le pratiche riabi-litative orientate alle competenze sociali dell'in-dividuo che vanno sotto il nome di musicoterapiapreventiva e le attività di animazione musicale? Eancora, si può fare musicoterapia a scuola?Sebbene il programma ministeriale per la scuolaelementare faccia riferimento al valore che posso-no assumere "interventi specialistici di musicote-rapia rivolti a soggetti in situazione di handicap”,tutti i ragazzi si recano a scuola per fini educativie non per curarsi. Quindi, fare musicoterapia nellascuola si potrebbe riferire all’opportunità che sipresenta agli insegnanti di musica, con competen-ze in materia, di praticare il proprio mestiere inmodo più completo; o anche a collaborazioni incui operatori musicoterapisti affiancano gli inse-gnanti articolando interventi integrativi e preven-tivi. Obiettivo dell’intervento, in questo caso, è lacura, la prevenzione, la riabilitazione.Anche attraverso interventi di questo tipo lascuola può essere soggetto attivo nella promo-zione e sviluppo di una cultura dell'integrazione.Tuttavia essa ha un mandato ed un’organizzazio-ne funzionali all’educazione e non alla terapia;inoltre è importante che sia l'EducazioneMusicale, sia la Musicoterapia, essendo "discipli-ne" separabili e riconoscibili, mantengano unapropria identità specifica.Personalmente sono contraria alla musicoterapianella scuola perché ritengo che non sia il luogoadatto. Credo che un progetto di musicoterapiapreventiva o riabilitativa, tenuto in un luogo extra-scolastico, possa svilupparsi in modo analogo ad unpercorso di animazione musicale che si svolge du-

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rante le ore di ed. Musicale a scuola e che si avvaledi tecniche di animazione. Le finalità primarie ditali percorsi spesso coincidono; per l'insegnante l’o-biettivo primario nella programmazione individua-lizzata rivolta ad alunni con difficoltà psicofisiche èquello di facilitare il raggiungimento del massimogrado di autonomia possibile. Ciò può coinciderecon il favorire un'integrazione, un’armonizzazionedegli analizzatori sensoriali; è anche possibile checiò avvenga durante un percorso ludico nel qualel'alunno apprende consegne che gli permetteran-no di partecipare allo spettacolo di Natale, quindidi integrarsi socialmente… Ed è vero che l'inse-gnante, utilizzando nozioni di musicoterapia, puòsvolgere il proprio lavoro in modo più completo.Sono comunque propensa e scindere i due campi(e quindi i due luoghi di intervento) perché credoche portare la musicoterapia nella scuola potrebbecreare confusione: negli insegnanti, il cui compitoè quello di insegnare (seppur utilizzando qualsivo-glia metodo, tecnica, sussidio, conoscenza…) e nel-l'utenza, cioè nei bambini, nei ragazzi, che vi si re-cano per fini educativi e non terapeutici.Penso che anche lo svolgersi di interventi specia-listici di musicoterapia possa essere motivo diconfusione; la scuola è un'istituzione che deveavere chiare finalità. È comunque luogo d'incon-tro e conoscenza per tutti: al di fuori delle lezio-ni, vi sono commissioni, formate da insegnanti,genitori, operatori sociali che valutano proposte,organizzano incontri, seminari informativi sulleopportunità che offre la realtà territoriale. Leopportunità proposte sono diverse e ben accette:si va dall'illustrare i servizi offerti dalle ASL, a ser-vizi di volontariato, quindi mostre, concerti, ras-segne, seminari… Credo che in questo tipo disituazione potrebbero essere illustrati percorsiextra-scolastici di attività musicoterapiche.Inoltre gli insegnanti possono collaborare nel for-mulare programmazioni individualizzate che ten-gano conto delle attività extra-scolastiche (quin-di anche musicoterapiche) che svolgono i ragazzi.

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The paper is about an experience of vocalimprovvisation. If voice is a direct body’semanation, it can allow the emotion’stransmission and stuck them too. So, inmusictherapy improvisation can let come upserious problems which need to be seriouslytreated.

Come si può definire la voce e cosa rappresenta?Una risposta l’ha fornita un gruppo di personeimpegnate in un corso di formazione in musicote-rapia con le seguenti parole:

energiaem ozioneliberazionevibrazionesensazionesensualità

coloreevocazione

com unicazionetrascendenza

giocostoriaanim a

espressionevita

respirocalore

passionecuoreritm ofisico

m ovim entoflussodolore

m elodiarisata

sintoniafantasiam em oria

silenzioinizio/fine

rappresentazionedella m orte

crescitaevoluzionecreatività

proporzionericordoam ore

equilibriounicitàfiducia

sicurezzaidentità

protezionecondivisione

intensitàsenso

accettazioneintegrazione

ascoltocontinuitàem patia

m ovim entorappresentazione

sim boloecc. ecc.

La voce che

ci accompagna

giornalmente,

attraverso l’uso

di parole

ed espressioni,

spesso fa sentire

solo parte

di tutte

le sue sfumature

L’improvvisazione vocalein musicoterapia

Ant

onella G

ruso

vin, M

usic

ista

, Mus

icot

erap

ista

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quel momento tenute adistanza. La voce diven-ta un contenitore diinformazioni affettivedel gruppo stesso e nelcontempo "è contenuto"nel senso che esprime

fisicità. A differenza dello strumentario, la voce ècorpo e il suono prodotto è emanazione direttadel corpo, quindi non mediata da altro strumento.Tengo a sottolineare questo punto riportando unafrase di Benenzon: "di tutti i fenomeni sonori delcorpo umano, la voce e il canto sono i più profon-di. Voce e canto sono gli elementi più regressivi ecapaci di risonanza...". Possiamo comprendereperché il gruppo non risponda immediatamentecon l’uso della voce sin dai primi incontri: ciascuncomponente ha bisogno di una mediazione attra-verso lo strumentario prima di "mettere in gioco"la propria voce e quindi il proprio corpo. Ilcanto/voce si esprime nel gruppo quando trovauna modalità di comunicazione tra il mondo inte-riore ed esteriore - guarda caso l’apparato fona-torio non è visibile se non in parte e coinvolge inprimo luogo la respirazione che nel suo costantemovimento mette in relazione interno con ester-no e viceversa. Per tali ragioni la voce/canto è unmezzo di comunicazione che se da un lato puòfacilitare la trasmissione di emozioni e sensazioniall’interno del gruppo, proprio per il suo "esserecorpo" non sempre è un elemento facilitante oper lo meno richiede delle attenzioni particolari.Dopo questa breve valutazione sui gruppi d’im-provvisazione strumentale, consideriamo il dialo-go vocale con esclusione dello strumentario.Abbiamo valutato quanto sia delicato lo stru-mento "voce" in un contesto strumentale: checosa può accadere in un gruppo d’improvvisazio-ne prettamente vocale?La seguente esposizione fa riferimento in partealle modalità d’improvvisazione strumentale di E.Lecourt, ai fondamenti teorici di Benenzon - per

Che cosa sia la voce eche cosa rappresenti lodicono queste parole:la voce che ci accom-pagna giornalmenteattraverso l’uso di pa-role ed espressioni,spesso fa sentire solo parte di tutte le sue sfu-mature, spesso non dice ciò che vorrebbe dire,spesso racconta senza saperlo; nel corso dellanostra esistenza adoperiamo dei "codici verbali"(parole) che potremmo paragonare alla consuetapunta di un iceberg: siamo sempre pronti a car-pire il concetto della parola, mentre i contenutisonoro/musicali vengono posti in secondo piano.Che cosa accade allorché si pone l’accento su que-sti ultimi contenuti accantonando il linguaggio? Nel presente articolo non mi soffermerò sul valo-re della voce nel corso dell’evoluzione umana.Dirò soltanto che tutte le religioni della Terra nehanno parlato: “miti” hanno dato voce alle loroimprese e ancor oggi, nonostante si comunichi inmodi alternativi, la voce è pur sempre un mezzoespressivo d’importanza "vitale"!Una delle prime motivazioni che mi ha portata adoccuparmi di voce nel contesto musicoterapico èstata proprio la manifestazione vocale nell’im-provvisazione strumentale (in gruppi di personenevrotiche). In tale ambito la voce assume unruolo molto importante e si manifesta con moda-lità, sonorità e dinamiche particolari. General-mente la voce/canto (escludendo l’uso della paro-la e la drammatizzazione e/o storpiamento dellavoce) trova spazio soltanto dopo diversi incontri eil gruppo, fino a quel momento concentrato sulsuono dello strumentario, al manifestarsi dellavoce reagisce con un calo d’intensità lasciandospazio, accompagnando e assecondando la vocestessa (nella maggior parte dei casi femminile).In quell’istante la voce assume un potere incan-tatore/evocativo molto significativo per il grup-po, permettendogli di accedere a porte fino a

Voce e cantosono gli elementipiù regressivie capaci

di risonanza

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quanto riguarda l’ISO, l’Oggetto Intermediario el’Oggetto Integratore - e a Bion per ciò che con-cerne le dinamiche di gruppo. Adopererò i termi-ni improvvisazione e dialogo per descrivere nelprimo caso il momento in cui il gruppo, nel corsodella seduta, viene invitato ad improvvisare con lavoce, mentre con il termine "dialogo" farò riferi-mento a tutti i segnali di comunicazione sonora enon sonora, verbale e non verbale, al prima e aldopo l’improvvisazione e all’improvvisazione stes-sa. Con questo termine, quindi, includerò l’insie-me di eventi accaduti all’interno di ciascunincontro in relazione all’improvvisazione.Gli incontri si svolgono una volta alla settimana e igruppi sono formati in media da 4/5 persone chevengono sottoposte ad un colloquio preliminareonde poter valutare i disturbi e il possibile inseri-mento nel gruppo. I partecipanti soffrono di "comu-ni" disturbi nevrotici. Nel corso dei primi incontrinon si procede immediatamente all’improvvisazio-ne, bensì vengono proposte gradualmente delleesperienze di ascolto della propria voce e di quelladegli altri partecipanti attraverso dei giochi.Successivamente si giunge all’improvvisazionedove si chiede ai partecipanti di "provare a dialo-gare con la voce" (solo negli incontri successivi siinvita il gruppo a chiudere gli occhi per evitareche nell’immediato si creino situazioni ansiogenemolto intense). La durata dell’improvvisazione inun primo periodo è di 10 minuti dopo la qualesegue una prima verbalizzazione del vissuto. Inseguito si procede ad un ascolto dell’improvvisa-zione stessa - che nel frattempo è stata registra-ta - e quindi ad una seconda verbalizzazione.Nell’ultima parte dell’incontro i partecipanti ven-gono invitati a "portare un oggetto con la voce"ossia a rappresentare vocalmente un oggetto.Questa alternanza tra improvvisazione e verbaliz-zazioni fa sì che si verifichi un passaggio costan-te tra inconscio e conscio, dove la voce è emozio-ne, movimento, energia, ecc. (quindi ElementoBeta, riferendomi alla teoria di Bion) e la parola

rappresenta la parte del pensiero che coglie,accoglie, comprende e porta ad una progressivaconsapevolezza (Elemento Alfa).Di seguito, lo schema offre in modo sintetico ilpassaggio tra elementi Beta e Alfa nel corso del-l’incontro:

Nel corso delle prime improvvisazioni vocali, si èpotuta riscontrare una fase espressiva/imitativadove sono presenti parole, suoni molto regressiviquali versi di animali, ninnananne, canti infantili -quindi voci timbricamente modificate. Il gruppo,in questa prima sperimentazione è caratterizzatoda forti inibizioni e tensioni emotive dato che laparola non media più pur manifestandosi ancorasporadicamente, mentre l’imitazione svolge unruolo trainante fra i componenti.Successivamente i partecipanti incominciano apercepire la propria voce e a fare delle considera-zioni del tipo: "la mia voce non mi piace; nonsopporto ascoltare la mia voce; ho sentito la miavoce diversa, strana" ecc. - fase autovalutativa.La propria emissione vocale viene sentita sullosfondo della voce di gruppo (quest’ultimo nonancora costituito in termini relazionali).

Voce

Ascolto

Oggetto

Verbalizzazione

Verbalizzazione

β

α

α+β

β/α

α/β

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gruppo riescono a sperimentare la propria voce enel contempo - come già detto - a maturaresituazioni emotive ed affettive molto forti: le vociritrovano il proprio timbro, le durate dei suoni siallungano sempre più sino ad ottenere delle veree proprie melodie; le intensità, come le altezze, siamplificano anche in modo molto accentuato.Benenzon definisce Oggetto Integratore lo "stru-mento di comunicazione in grado di agire tera-peuticamente sul paziente in seno alla relazione,senza dar vita di per sé a reazioni di allarme". Inun primo momento potremmo dire che la vocenon è un oggetto; la si potrebbe definire cometale considerandola un prodotto di una funzioneorganica, eliminando in prima istanza la strettaconnessione psico-affettiva del soggetto.Procedendo in questa "operazione chirurgica", lavoce assume in sé tutte le caratteristichedell’Oggetto Intermediario di esistenza concreta ereale, innocuità, malleabilità, trasmissibilità,adattabilità, strumentalità, identificabilità, assi-milabilità. In modo quasi incredibile e con moda-lità soggettive e di gruppo, la voce nel corso delleimprovvisazioni assume due ruoli: se da un latodiviene un vero e proprio "oggetto-strumento"per mezzo del quale si esprime un’identità sono-ra, parallelamente la voce nel suo percorso trovala strada per raggiungere il proprio canto e quin-di una dimensione emotiva ed affettiva che con-ducono il soggetto a maturare un’esperienza dicambiamento interiore in uno scambio continuocon il gruppo, quindi verso l’esterno.Riporto riassuntivamente le verbalizzazioni diuno dei gruppi trattati:

Un po’ alla volta la voce del singolo entra a farparte dell’insieme quindi - in termini bioniani -incomincia a "stare NEL gruppo" piuttosto che a"stare IN gruppo" e diviene a sua volta mezzo diespressione della prima manifestazione comunedi creatività gruppale.Da questa situazione dove il gruppo manifesta ildesiderio di rimanere unito e si percepisce comeun’unica entità, gradualmente si sviluppano delledifferenze e si evidenzia il desiderio di distaccodei singoli componenti. A tale livello, durante leverbalizzazioni, vengono riportate le primeimmagini.Nel corso di quest’ultima fase, i membri, divenu-ti soggetti a sé stanti NEL gruppo, sono liberi digiocare, ossia raggiungono un polo creativo escoprono il Sé. In termini bioniani, il gruppomuta per "assunti di base" ossia per l’insieme diemozioni intense e primitive, di impulsi emotivifondamentali del gruppo.Confrontando le improvvisazioni vocali con quel-le strumentali, i risultati non sono dissimili: com’èpossibile che ciò accada avendo - nei gruppid’improvvisazione vocale - un unico strumentoossia la voce? Ciò è possibile in quanto la voce eil canto, nel corso delle improvvisazioni, utilizza-no i parametri sonori con modalità che mutanonel tempo. Come si è potuto constatare, inizial-mente i suoni vengono modificati timbricamen-te, le durate dei suoni non sono lunghe (ciò puòdenotare la difficoltà ad entrare in relazione conil gruppo), le intensità e le altezze si mantengo-no su livelli medi (quindi il gruppo non si sbilan-cia). Nel corso dei dialoghi i componenti del

SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPO SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPOL’IMPROVVISAZIONE L’ASCOLTO DELLE REGISTRAZIONI

1a improvvisazione- sensazione del tempo trascorso- visual. di colori giallo scolorito arancione

rosso più punto nero al centro- divertimento- falsa comunicazione

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SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPO SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPOL’IMPROVVISAZIONE L’ASCOLTO DELLE REGISTRAZIONI

2a improvvisazione- sensazione migliore rispetto la volta precedente- maggior ascolto- confronti con la volta precedente- più isolamento e mancanza di spontaneità

(senso di costrizione)- sensazione più piacevole- divertimento

3a improvvisazione- comunicazione nulla- non dialogo perché non c’erano risposte precise- non dialogo per isolamento di ciascuno

4a improvvisazione- divertimento- è mancato il silenzio- sensazione di sentirsi in una fattoria- sensazione di sentirsi in una fiaba

4a bis improvvisazione- soddisfazione generale - senso di disgusto per scarsa comunicazione- non armonia - aspettative deluse - senso di fastidio- difficoltà di espressione[Hanno chiesto di ascoltare la registrazione]

6a improvvisazione- situazione a tre più controllabile - differenza tra improvvisazione e ascolto- persone indefinite nel gruppo della registrazione non specificata- divertimento - problema di tempo trascorso

(pausa natalizia)- piacevole

7a improvvisazione- dialogo tra due persone incontratesi - senso di fastidio nell’ascoltarsi

sul treno che discorrono[Non hanno voluto ascoltare tutta la registrazione]

8a improvvisazione- buona energia - conformazione al gruppo- necessità di cambiamento ma ci si deve

conformare al gruppo - potenzialità di adeguamento del gruppo

- isolamento- divertimento e difficoltà di emissione

9a improvvisazione- difficoltà iniziale - nulla da dire- poi lasciarsi andare del gruppo verso un dialogo

10a improvvisazione- insieme - consonanza con il vissuto- sensazione di benessere- più armonia, più partecipazione,

maggior affiatamento- insieme

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SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPO SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPOL’IMPROVVISAZIONE L’ASCOLTO DELLE REGISTRAZIONI

11a improvvisazione- soddisfazione sul piano vocale/canoro - aerei- isolamento - stupore per il risultato di gruppo- coesione - meglio la registrazione del vissuto- percezione dei singoli e non del gruppo

12a improvvisazione- risposta positiva sia prima che dopo

la registrazione

13a improvvisazione- nulla di interessante - caotico - compulsivo - ossessivo- bambino che vorrebbe andare alla finestra - sensazione di sentirsi sott’acqua e di vedere- bosco con fate una luce in alto- bosco - sottobosco- luce

14a improvvisazione- nuovi suoni più stimoli- libertà di emissione- piacevole

15a improvvisazione- colori verde acqua - immagine di S. Antonio e belve che tentano- molto liberatorio di aggredirlo- dialogo a due - caos confusione aggressività- sensazione di esclusione - parere positivo sull’ascolto come nell’improvv.- bosco

16a improvvisazione- varietà di colori e timbri - rilassamento - quasi addormentamento- sentirsi dall’esterno - durata superiore del previsto- improvvisazione piacevole - senso di avvolgimento - montagne- emissione di suoni acuti e conseguente senso - massa sonora compatta

di libertà - più esplorazione - sensazione di precipitare piacevolmente- gruppo trascinante- la voce femminile esprime il canto mentre

quella maschile il ritmo- potersi permettere di allontanarsi dal gruppo

e scoprire, così, di poter dare di più- proposte accettate e variate dal gruppo- gioco

17a improvvisazione- piacevole - apporto di modifiche - sorpresa per la voce (in positivo) - maggior controllo per ascoltare e ascoltarsi - esperienza non vissuta, quindi quel che c’è, c’è- sensazione infantile: visualizzazione di un punto - voce = vita

piccolo e/o grande e sensazione di potertoccare quel punto

18a improvvisazione- improvvisazione liberatoria- non proprio liberatoria

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SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPO SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPOL’IMPROVVISAZIONE L’ASCOLTO DELLE REGISTRAZIONI

19a improvvisazione- dialogo fra due cinesini che fanno un progetto per il

futuro; si accalorano e poi ritornano sui propri passi- scontentezza

20a improvvisazione- sensazione nuova: dimensione particolare avvita-

mento su se stessa e capovolgimento a testa in giù- sensazione molto piacevole - vissuto intenso esbalorditivo dove c’è stata la possibilità di espri-mersi diversamente - visualizzazione e esplorazionivarie caverne - invidia per i suoni bassi di un altropartecipante

- senso di benessere e liberazione

21a improvvisazione- (complicità di gruppo - si vuole mantenere il silenzio)- (rottura del silenzio) - coralità- libertà di espressione- possibilità di spingersi oltre i suoni ottenuti- sensazione di sentirsi voce- massa sonora- libertà di sbagliare e divertimento- nessuna differenza tra V.M. e V. F.

22a improvvisazione- (emerge una componente dialettale)- toni entusiastici- paragone dell’esperienza alla danza dove si deve

fare attenzione al vicino (la vista è sentita comeostacolo) mentre nella voce c’è compenetrazione

- viaggio verso luoghi sconosciuti- paese di Papalla- mondo di fate - situazione infantile tra i fiori- realtà che si può raggiungere, ma che forse non è

realtà- paesaggio lunare - praterie - orsi - aquile- senso di libertà- sogno- emissione di suoni gravi mai raggiunti prima e altri

suoni nuovi- forte energia- cammino verso una realtà diversa- importanza della descrizione di un suono

23a improvvisazione [incontro posticipato]- dialogo fluido, bello, sensazione di benessere- non potersi lasciare andare, mente sempre presente- difficoltà di emissione vocale- sintonia intermittente- mentre presente, ma constatazione di dimensione

diversa aprendo gli occhi- suoni lontani

- più partecipazione all’ascolto in termini entusiastici- scontentezza

- sensazione di distacco - dialogo vivo quando lo sifa; perde di significato ascoltandolo

[verbalizzazione molto lunga]- coralità divertimento- immagine di film muto con suono- leitmotiv sentito come àncora di salvezza in un

mare in tempesta dove si può continuare a giocare- cartone animato

- amalgama di voci/colori (nella danza ciò nonavviene)

- sensazione di vuoto e angoscia - respiro breve -solitudine - persone distanti - con il movimento econ il suono circolare e cullante ritorna una sensa-zione di piacere-collegamento con un vissuto ado-lescenziale

- ascolto fastidioso - maggior sensazione fisicarispetto l’improvvisazione

- suoni sentiti come razzi, soprattutto quelli ascen-denti

- fluidità, benessere- senso di stanchezza, belve che assalgono- meraviglia per l’insieme che tutto sommato c’era- discussione sull’incontro posticipato - dialogo sen-

tito come fosse stata la 1° improvvisazione e sensodi scarsa continuità degli incontri

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SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPO SINTESI DELLE VERBALIZZAZIONI DOPOL’IMPROVVISAZIONE L’ASCOLTO DELLE REGISTRAZIONI

24a improvvisazione- percorso obbligato e opprimente- ricerca di su stessi - visualizzazione del suono in

senso “tecnico” - sensazione di trovarsi in unacaverna con un suono-palla che vaga di qua e di là

- difficoltà iniziale, poi emissione di suono e situa-zione nuova

- Giappone - carta (di riso) che si ispessisce ed è dicolor grigio lilla, bordeaux

- quadri di un pittore che riproducono sempre lostesso soggetto: richiedono un costante approfon-dimento

25a improvvisazione- macchie di colore - contrasti- difficoltà d’entrata- voce non propria- suoni lunghi soddisfacenti- entrata/uscita- esperienza nuova: bambino cieco, conchiglia -

sogno (racconto onirico) - tulipano nero contenen-te dell’acqua...

- possibilità di potersi portare appresso l’esperienza- sogno (racconto onirico)- colori in comune: nero e giallo (gli altri: marrone -

rosso - blu)

26a improvvisazione- coralità - pensiero lontano - tamburo - tromba -

triangolo- paesaggi - costruzione- sapore di tempi passati- immagine sabbiosa e di totem al centro del gruppo- entrata vocale posticipata e conseguente paura di

perdere una occasione- spinta di pancia - gruppo sentito come se avesse

un‘unica voce, un unico cervello

27a improvvisazione- libertà di espressione- sperimentazione di “invio di sentimento” all’altro- immagine di “Topolino sul monte Calvo”- gatto tra l’erba- dragoncello tra l’erba- sensazione di erba umida verso sera

- vibrazione, sensazione di pelle, dialogo intenso- fungo atomico- mistero, paesaggio lunare (simile al disegno di una

maglia di un partecipante), praterie, orsi, aquile- spiriti che sembrano un puntino, ma poi “dilagano”

e che in seguito vengono ascoltati- spirito che non viene lasciato andare perché si dis-

socia

- (tutto il gruppo - chi prima chi dopo - si è addor-mentato)

- belve- giardino - voci femminili- colori giallo- brusco risveglio - fastidio - tre voci distanti

- richiesta di produzione di un CD- l’ascolto diventa sempre più partecipativo- insieme sempre più perfetto - intesa- “a quanto lo vendi il nastro ai coristi?”- sensazione diversa dalla “spinta di pancia”- immagine di cucciolo di pastore tedesco che si fa

accarezzare

- scoperta di avere l’udito- tante immagini - la mente macina tante immagini -

forte emozione

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Lascio ogni commento al lettore (anche perchégli schemi vengono saltati a piè pari a meno chenon ci sia un notevole interesse). Dirò soltantoche, a colpo d’occhio, si può percepire una diffe-renza tra le prime verbalizzazioni - molto scarnee sintetiche - e le ultime, ricche di particolari.Risulta interessante una tra le ultime affermazio-ni dove un partecipante dice di “scoprire di averel’udito” quindi di scoprire una nuova modalitàd’ascolto!Ciò che purtroppo manca in quest’articolo è il“suonovocecanto” dei partecipanti; d’altra parteciò che è stato vissuto non può che essere tradot-to a parole e in minima parte.

bibliogr

afia

Benenzon R.

La nuova musicoterapia,

Phoenix, 1997, Roma.

Benenzon R.

Manuale di musicoterapia,

Borla, 1984, Roma.

Bion W.R.

Esperienze nei gruppi,

Armando, 1961, Roma.

Lecourt E.

Analisi di gruppo e

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Cittadella, 1996, Assisi.

Winnicott D. W.

Gioco e realtà, Armando,

1974, Roma.

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In this article the Author describes the MentalDisease from a historical and clinical viewpointand the development of musical abilities of onechild. According to H. Gardner the musical intel-ligence seems to be an important theory in theexamined clinical cases where music builds aspecific and complex knowledge against the ina-dequate previous clinical situation. The same forthe non-verbal communication which in thiscase represents the only way to stay in contactwith the external world.

PremessaIl presente articolo nasce da un’esperienza prati-ca condotta durante il tirocinio di musicoterapiasvolto presso il Centro extraospedaliero di riabili-tazione Neuropsichica di Casalnoceto (Al). Il per-corso formativo svolto ha previsto il trattamentomusicoterapico diretto di un ragazzo gravementecompromesso sul piano comunicativo-relaziona-le. Le riflessioni teorico-applicative che seguiran-no costituiscono una sintesi del materiale raccol-to in occasione della stesura della tesi di diplomain Musicoterapia.

Il ritardo mentalePersone con handicap mentale sono esistite intutti i tempi. La storia dell'handicap da semprerispecchia la posizione che la società attribuiva aqueste persone, che venivano viste come strane evulnerabili oppure inutili e non degne di vivere. Itermini specifici, con i quali una scienza relativa-mente perplessa cercava di dare una classifica-zione, erano tra l'altro "Idiozia", "Imbecillità","Cretinismo". La storia di queste persone è stataper secoli la storia della loro persecuzione edisprezzo. Solo a partire del XIX secolo si inizia aparlare di istruzione ed educazione.Binet e Simon infine, all'inizio del XX secolo,introducono la psicometria, che ben prestodiverrà il criterio di suddivisione dei vari ritardi.

La storia

dell'handicap

rispecchia

da sempre

la posizione

della società

nei confronti

di queste persone

L'approccio musicoterapiconel trattamento del ritardomentalegrave

Karin

Selva

, Musicista, M

usicoterapista

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La caratteristica fonda-mentale secondo ilDSM IV del RitardoMentale è un funzio-namento intellettivogenerale significativa-mente al di sotto dellamedia che è accompagnato da significative limi-tazioni nel funzionamento adattivo. L'esordiodeve avvenire prima dei 18 anni.Binet e Simon hanno creato delle scale di svilup-po intellettivo, che in un dato quadro sociale sco-lastico permettono, grazie ad un test complesso,di identificare i ragazzi ritardati e di misurare inanni il ritardo del bambino, in rapporto alla mediadei ragazzi della stessa età. La nozione di età men-tale fu sostituita in seguito da W. Stern con quel-la di Quoziente di Intelligenza (QI) che si ottienedal rapporto età mentale / età reale. Scale impor-tanti come quelle di Wechsler, di Stanford-Binet ela Batteria di Valutazione di Kaufmann valutano asecondo dell'età (infantile-prescolare, scolare,adulta) le diverse aree di abilità senso-motorie,comunicative, relazionali, psico-socio-culturali.In base a queste valutazioni un funzionamentointellettivo significativamente al di sotto dellamedia è definito da un QI di circa 70 o inferiore(circa due deviazioni standard al di sotto dellamedia).I soggetti con Ritardo Mentale giungono allaosservazione più per le compromissioni del fun-zionamento adattivo che per il QI basso. Il fun-zionamento adattivo fa riferimento all'efficaciacon cui i soggetti fanno fronte alle esigenzecomuni della vita e al grado di adeguamento aglistandard di autonomia personale previsti per laloro particolare fascia d'età, retroterra sociocul-turale e contesto ambientale. I problemi di adat-tamento sono più suscettibili di miglioramentocon tentativi di riabilitazione di quanto non sia ilQI cognitivo, che tende a rimanere un attributopiù stabile.

I fattori eziologici pos-sono essere primaria-mente biologici o pri-mariamente psicosocia-li, o una combinazionedi entrambi. In circa il30-40% dei soggetti

giunti all'osservazione clinica non può esseredeterminata un'eziologia. La molteplicità delleforme e delle cause da prendere in considerazio-ne rende una classificazione delle rispettive con-dizioni eziologiche difficili.I principali fattori biologici predisponenti inclu-dono ereditarietà (circa il 5%), alterazioni preco-ci dello sviluppo embrionale (circa il 30%), pro-blemi durante la gravidanza e nel periodo perina-tale (circa il 10%), e condizioni mediche generaliacquisite durante l'infanzia o la fanciullezza(circa il 15-20%). Inoltre il ritardo mentale vieneassociato spesso a disturbi psicopatologici comele epilessie o a forme psichiatriche come autismo,psicosi, ipercinesie, stereotipie (autostimolazione,autolesionismo), enuresi ed encopresi, disturbialimentari, ecc.Contrariamente ai fattori organici, i fattori psi-cosociali sono tanto più importanti quanto più cisi colloca nell'ambito del ritardo lieve. La povertàculturale, la povertà degli scambi interindividua-li, la mediocre stimolazione da parte dei genito-ri, la loro indifferenza e passività di fronte aglisuccessi dei loro bambini aggravano in mododecisivo l'incidenza della diagnosi. Oltre ai fatto-ri socioeconomici, anche il clima affettivo rivesteun ruolo fondamentale (si rimanda alle osserva-zioni di Spitz sull'ospedalizzazione).Il tasso di prevalenza del Ritardo Mentale è statostimato intorno all'1% ed è più comune tra imaschi, con un rapporto maschi-femmine di1,5:1. Possono essere specificati 4 gradi di gra-vità, che riflettono il livello della compromissio-ne intellettiva:- Ritardo Mentale Lieve (livello del QI da 50-55 a

I fattori eziologicipossono essere prima-riamente biologicio primariamente

psicosociali, o una com-binazione di entrambi

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circa 70; corrisponde alle acquisizioni di un bam-bino di 11 anni circa)- Ritardo Mentale Moderato (livello del QI da 35-40 a 50-55; corrisponde alle acquisizioni di unbambino di 6-7 anni)- Ritardo Mentale Grave (livello del QI da 20-25a 35-40; corrisponde alle acquisizioni di un bam-bino di 5 anni)- Ritardo Mentale Gravissimo (livello del QI sotto20-25; corrisponde alle acquisizioni di un bambi-no di 2-3 anni)- Ritardo Mentale di Gravità Non Specificata,quando vi è forte motivo di presupporre un Ritar-do Mentale, ma l'intelligenza del soggetto nonpuò essere verificata con i test standardizzati.

Lo sviluppo delle abilità musicali del bambinoLe competenze musicali si trasformano e si svi-luppano durante tutto il percorso della vita diuna persona. Ma la vita può essere compresa,almeno in gran parte, solo se si tiene in conside-razione anche e soprattutto l'inizio dello svilup-po globale dell’essere umano. Così anche perquanto riguarda lo sviluppo musicale, la primainfanzia rimane di importanza fondamentale.Lo sviluppo è più di un solo dispiegarsi di predi-sposizioni date, è più di un solo prodotto di fat-tori ambientali ed è più anche di un interscam-bio di questi fattori. Lo sviluppo è "un rendimen-to, una potenza attiva del bambino che punta aldivenire del Sé" (Bittner, 1981). L'immagine pas-siva del neonato ha lasciato il posto ad un'imma-gine di un "neonato competente". "Il neonato sipresenta come un essere attivo, differenziato ecapace di rapportarsi con competenze ed emo-zioni: sin dalla nascita ricerca in modo attivo epropenso stimoli ed impulsi. Il Sé del neonato èsin dall'inizio un Sé sensibile e percettivo.Naturalmente il neonato non riesce ancora arapportare queste sensazioni ad una coscienzadel proprio Io, solo più tardi diviene in grado diautopercezione e autoriflessione." (Dornes,1993).

La nascita non è l'inizio delle percezioni e delleesperienze musicali e verbali. L'esperienza sono-ro-musicale accompagna l'essere umano dalmomento del concepimento per tutta la duratadel periodo gestazionale.Subito dopo la nascita il neonato dimostra unaparticolare preferenza per la voce ed il battitocardiaco materno, sonorità che si rivelano fami-liari e appartengono all’ambiente acusticointrauterino. Il lattante è sempre attratto da unambiente sonoro, proviene da esso, musica esuoni attirano sempre la sua attenzione. È ingrado di localizzare rumori e di girare la testa olo sguardo in direzione della fonte sonora(Chamberlain, 1994). Può ascoltare con una "par-tecipazione interna straordinaria", per es. quan-do gli si legge una storia in modo giusto cioè dal-l'inizio alla fine. Se la storia viene letta dalla fineall'inizio si volta altrove, dimostrando una parti-colare competenza nell’individuazione dei profiliintonativi del parlato e nelle inflessioni emotivedella prosodia (Chamberlain, 1994).La pedagogista danese Henny Hammershøj(1989) considera la musica in riferimento allateoria di Erikson sul primo conflitto psicosocialerelativo al rapporto fiducia-sfiducia di base:"Fiducia e sicurezza sono esigenze e presuppostidel bambino per entrare in dialogo con la madre.Il contatto emozionale tra madre e figlio si sta-bilisce tra altro con l'aiuto di suoni. Un buoncontatto stimola lo sviluppo dei suoni, attraversoil quale il bambino ne acquisisce sempre dinuovi".Questa fiducia quindi è la base indispensabile perlo sviluppo della capacità musicale. Hammershøjdescrive un parlare e cantare molto vario dellamadre che si presenta come un accompagnamen-to "musicale" (canti e discorsi) delle cure quoti-diane con il peso sull'attenzione e la benevolen-za. Non è importante una bella voce bensì l'inte-razione che si instaura tra madre e bambino.Il suono della voce ben presto assume un valore

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comunicativo per l'ambiente circostante e in par-ticolare per la figura materna. I parametri into-nativi e di intensità si rilevano essere quelli mag-giormente significativi per un'iniziale attribuzio-ne di senso (Manarolo/Demaestri, 2001)che indu-cono la madre ad agire per nutrire, soddisfare,confortare il suo piccolo.

La percezione musicalePer Lucchetti/Bertolino (1992): "…la percezionemusicale si fonda sulla capacità di mettere inrelazione tra loro eventi temporalmente successi-vi ed è quindi strettamente connessa all'analisidei processi di memoria di breve e lungo termineadottati dall'ascoltatore. L'atto percettivo sicaratterizza essenzialmente come un processo distrutturazione dell'input sensoriale che poggiasulla capacità di segmentare il flusso di informa-zioni veicolate dall'evento musicale in quantitàdiscrete."I criteri addottati dall'ascoltatore per la forma-zione dei suddetti raggruppamenti elementarisembrano essere interpretabili attraverso alcuneleggi percettive della Gestalttheorie in riferimen-to alla percezione visiva, che sono state applica-te anche alla percezione uditiva (Deutsch 1982):• legge di prossimità (elementi tra loro viciniraggruppati insieme);

• legge di pregnanza (o della buona forma: ten-denza a completare figure incomplete in confi-gurazioni simmetriche o regolari);

• legge della buona continuità (assimilazione alivello percettivo di elementi che si susseguononella stessa direzione);

• legge di somiglianza (mettere in relazione ele-menti con le stesse affinità).

La percezione del ritmoQuesto parametro è immediatamente esperibileda ogni individuo a livello primordiale. Infattipossiamo considerare i ritmi biologici (battitocardiaco, suzione, respirazione, masticazione,

camminata) come archetipi costitutivi dellemodalità di percezione del ritmo.Il ritmo non è fattore musicale specifico, ma è unprincipio fondamentale di "organizzazione umanadi contenuti ed azioni percettive" (Poppensieker,1985). Il presupposto per la capacità della perce-zione ritmica è la valutazione differenziata direlazioni temporali di valori musicali.Helga de la Motte (1987) spiega che nei cantiinfantili fino al terzo anno di vita praticamentenon si riscontra un'organizzazione ritmica e dai 3ai 6 anni i bambini si orientano soprattutto alritmo del linguaggio: sillabe corte diventano notecorte, sillabe lunghe note lunghe. Le pause comemomento musicale non vengono usate, sono irre-golari e nascono per esigenza di prendere fiato.Come nella riproduzione della melodia anche inquella del ritmo si riscontrano le tendenze allivellamento: figure ritmiche complesse vengonosemplificate o abbreviate. La capacità della ripro-duzione corretta della forma ritmica viene acqui-sita relativamente tardi e solo dopo la capacità diriprodurre l'altezza esatta del suono, benché lapratica e lo stato dello sviluppo senso-motorioinfluenzino questa capacità di riproduzione inmisura notevole (Poppensieker, 1985).Fraisse (1974) nelle sue ricerche ha rilevato comel'uomo – anche in presenza di sequenze melodi-che isocrone, composte da note di uguale altezzae intensità – mostri la tendenza a formare deiraggruppamenti ritmici soggettivi a base binariao ternaria inserendo qualche variabile come unaumento di intensità. Ricerche (Demany, McKenzie, Vurpillot, Chang, Trehub) confermano laprecocità di tali meccanismi di strutturazionepercettiva, e cioè la capacità dimostrata dai lat-tanti nel discriminare tra sequenze ritmiche sem-plici caratterizzate da diversi raggruppamentitemporali che sembra essere interpretabile inbase alla legge di prossimità.Le capacità ritmiche del bambino, ovvero la capa-cità di percezione, discriminazione ed esecuzione

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di ritmi si sviluppano nelle caratteristiche fonda-mentali, fino al settimo anno di vita (Bruhn inSeubert, 1997).

La percezione del profilo melodicoIl riconoscimento di melodie (Bartlett/Dowling,1980) si basa sulla conservazione di aspetti direlazione tra i suoni, come la direzione del profi-lo melodico e degli intervalli. La capacità didistinguere però deve essere appresa. Il bambinoscopre solo progressivamente, ascoltando lamusica, i principi di organizzazione. Riconoscedapprima in modo grossolano, poi sempre piùdifferenziato le variazioni nell'altezza, intensitàe timbro dei suoni, e non è necessario compren-dere in modo intellettivo questi principi di orga-nizzazione. L'esperienza concreta e paragonisempre più dettagliati di acuto-basso, chiaro-scuro, forte-piano, dolce-duro, permettono losviluppo, grazie ad un processo di associazionesinestesica, di categorie musicali, della capacitàdi differenziazione sensoriale. Per quanto riguar-da la percezione dell'organizzazione melodicasembra che il bambino dapprima riesca a ricono-scere solo i contorni, il profilo, dell'organizzazio-ne melodica dell'altezza dei suoni riferito alcolore delle linee sonore. Solo successivamentedistinguerà in maniera più dettagliata le caratte-ristiche particolari di una melodia, il rapporto trai suoni che poi interpreterà riferito ad una toni-ca. (Poppensieker, 1985).Un tratto caratteristico della percezione musica-le è rappresentato – come accennato già prima –dalla tendenza di omogeneizzare e semplificare iprofili melodici percepiti, instaurando simmetrielà dove non sono presenti (in conformità allalegge della pregnanza).

Le espressioni sonoro/vocaliTutti i bambini hanno una voce acuta, spiegabileanatomicamente dalle corde vocali piccole chevibrano velocemente. Ogni bambino ha una pro-

pria ed individuale voce parlata e cantata che siaggira 4-5 toni sopra la voce femminile.R. Jakobson (1944) mette in evidenza come nellafase prelinguistica il bambino sia in grado di pro-durre vocalmente una quantità enorme di artico-lazioni che sembrano appartenere a tutte lediverse lingue. Nel passaggio dallo stadio prelin-guistico all'acquisizione delle prime parole, cioèal primo stadio propriamente linguistico attornoai 12 mesi di vita, il bambino perde quasi intera-mente la capacità di discriminare i suoni che dif-feriscono da quelli della madrelingua. Questo,secondo Jakobson, per l'avvento e la crescita diun desiderio di comunicare.Attorno ai 5-6 mesi di vita si osservano dueforme diverse di "canti" infantili. Moog (1968)chiama i primi lallazioni "musicali" e spiega chevengono prodotte "esclusivamente come reazio-ne ad un'esperienza di ascolto musicale; non evi-denziano alcun rapporto con il profilo delle altez-ze e il ritmo della melodia ascoltata, ma sembra-no un riflesso della sensazione di piacere indottodall'ascolto". Consistono prevalentemente in glis-sati discendenti su una sola vocale e possonoestendersi per più di una ottava.Le lallazioni "parlate", comunemente denominatesolo lallazioni, preludono all'acquisizione del lin-guaggio attraverso la ripetizione reiterata divocali e consonati in una sorta di gioco con isuoni, dove sembra che il bambino esperisca levarie possibilità e l'estensione della voce.L'impulso per lo sviluppo delle capacità musicali(compreso l'acquisizione del linguaggio) derivaanche da un certo tipo di comportamento daparte della figura materna e del nucleo familiare,che si presenta sotto forma di un linguaggio par-ticolare, calibrato sulle espressioni, i timbri, ledinamiche d'intensità e di intonazione propriedei bambini. Tale linguaggio, in un modo sor-prendente universale, cioè riscontrabile nelle cul-ture più diverse, che porta a un sistema di intera-zione unica, individuale e inconfondibile nel rap-

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porto madre-figlio, è definito con i termini ingle-si di "baby talk" o "motherese" (traducibili con laperifrasi "linguaggio che si parla ai bambini").Questo linguaggio appare finalizzato a facilitarela comunicazione e a favorire l'accesso all'acqui-sizione del linguaggio vero e proprio.

La percezione armonicaGli schemi di strutturazione propri del nostro lin-guaggio musicale tonale (scale, gerarchie dellefunzioni armoniche, conclusioni cadenzali) assi-milate attraverso le abitudini d’ascolto indottedall’ambiente evidenziano, come già detto, unapropensione ad omogeneizzare e semplificare iprofili melodici percepiti creando simmetrie làdove non sono presenti. Tale propensione risultapresente sia negli adulti che nei bambini. Diversericerche hanno evidenziato che la percezionearmonica – che si sviluppa attraverso il processodi "acculturazione tonale" – si completa attorno idodici anni.

L'intelligenza musicale secondo H. GardnerH. Gardner nel 1983 è stato tra i primi studiosi adallontanarsi dal concetto di QI presentando la suateoria delle intelligenze multiple. Secondol'Autore è nella natura stessa delle intelligenze –lui ne individua sette diverse – che ciascuna diesse operi a seconda procedimenti suoi propri eche abbia basi biologiche sue proprie. Ogni intel-ligenza dovrebbe essere concepita come un siste-ma a sé, con regole sue proprie, ognuna autono-ma ed equi-importante. Un'intelligenza specificadiventa più plausibile quando è possibile localiz-zarne gli antecedenti evolutivi, fra cui capacitàche sono condivise da varie specie.Fra tutte le capacità che gli individui possonopossedere nessuna appare prima del talentomusicale.Per ribadire l'autonomia dell'intelligenza musica-le Gardner spiega: "I tipi di perdita della sola abi-lità musicale forniscono prove convincenti a

favore dell'autonomia dell'intelligenza musicale.La conservazione selettiva o la comparsa precocedell'abilità musicale in individui che non presen-tano altrimenti nessuna dote degna di nota è unaltro argomento persuasivo."

La comunicazione non-verbaleQuando si parla di interazione fra gli individui, direlazione, di emozioni vi è direttamente collega-ta la comunicazione non-verbale (CNV). Si trattadi tutti quegli aspetti comunicativi di comporta-menti non verbali che fanno parte dell'interazio-ne umana, quali "la direzione dello sguardo, ilcontatto oculare, la postura, la distanza interper-sonale, il toccarsi, le espressioni facciali, i movi-menti delle mani e del corpo, le intonazioni dellavoce," ecc. Tutta la nostra produzione linguisticaè accompagnata e sottolineata da questi gesti,espressioni e posture legati fra loro e con il lin-guaggio in un rapporto molto stretto.La CNV sembra essere più diretta e quindi piùefficace del linguaggio verbale (nonostante que-sti sia molto più elaborato e complesso) al fine dicreare un coinvolgimento reciproco, tant'è cheessa rappresenta il canale privilegiato dell'espres-sione delle emozioni.Nello studio della relazione madre-figlio Stern(1977) ci dice che il bambino acquisisce giàdurante i primi 6 mesi la competenza alla "lettu-ra" dei segnali e delle espressioni del comporta-mento degli altri. Alla fine di questo breve perio-do saprà discriminare la maggior parte delleespressioni umane e avrà inoltre conosciuto i piùimportanti segni e le più significative convenzio-ni che regolano lo svolgersi di un'interazionevocale. Il bambino sin dalla nascita è in grado dipartecipare alla formazione delle sue prime e piùsignificative relazioni partendo dallo sguardo. Findalla nascita il bambino è capace di controllare ilflusso degli "input" visivi, il modo di entrare incontatto e trattare con il mondo dipenderà dallescelte che il bambino stesso farà. Egli è diventa-

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to un vero partner in un sistema diadico in cuimadre e bambino hanno quasi un uguale con-trollo (Stern, 1977).Per quanto riguarda le espressioni facciali già ilneonato ne dispone di un'ampia varietà ed esseappaiono identiche a quelle riscontrabili negliadulti. Il sorriso, una manifestazione importantedelle espressioni facciali, "trae origine da unaattività riflessa (provocata da fattori interni),diventa una risposta sociale (indotta dalla stimo-lazione umana e non), si trasforma in comporta-mento strumentale (espresso in modo da stimo-lare negli altri delle risposte sociali) e si comple-ta infine sotto forma di comportamento suffi-cientemente coordinato ad altre espressioni fac-ciali." (Stern, 1977). Un percorso evolutivo similecompie il pianto, la più drammatica espressionedi dolore. Mentre il riso si manifesta per la primavolta solo attorno i 4-5 mesi di vita in risposta astimoli esterni.Come abbiamo visto sopra la CNV è il canale pri-vilegiato dell'espressione delle emozioni. Lecaratteristiche acustiche delle vocalizzazioniemotive sono indicative degli stati emotivi sotto-stanti in chi le emette e sono influenzati dalleespressioni facciali.Un ascoltatore solitamente è in grado di riferirein modo corretto lo stato emotivo del parlantebasandosi su questi due aspetti (voce ed espres-sioni facciali).

Un'esperienzaLuca è nato nel 1971. La diagnosi evidenzia unquadro di ritardo mentale grave su base cerebro-patica con disturbo relazionale di tipo autistico epregressa epilessia. Presenta un'insufficienza del-l'autonomia delle funzioni di base. Il linguaggioverbale è assente però si dimostra in grado di ese-guire consegne facili. La sua deambulazione èimpacciata con poco equilibrio. I movimenti sonogrossolani e poco fini, tende a dondolarsi.Ha un modo tipicamente infantile primitivo di

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esprimersi e di agire. Piega la testa su un lato, ride,reagisce molto alla mimica facciale della personache ha davanti, si avvicina molto alla faccia del-l’altra persona, atteggiamenti appunto tipici di unbambino molto piccolo ed appartenenti alla CNV.Quando è contento facilmente ride fino ad arri-vare ad un riso soffocato fuori controllo.La parte "sana" del suo mondo interno sembraconsistere di una specifica e, per alcuni elementi,complessa competenza musicale – rispetto ad unquadro generale decisamente deficitario – laquale si esterna in produzioni sonoro/musicalispontanee su strumenti ritmici. Attraverso questeproduzioni e la CNV Luca è riuscito ad entrare incontatto e a creare una comunicazione con laMusicoterapista.La stesura di uno spartito informale basato su unestratto di una seduta di musicoterapia, risultan-te dall' interazione sonoro/musicale in corso traLuca e la Musicoterapista dopo un mese e mezzodi trattamento, ha consentito di individuare iseguenti elementi:Il soggetto produce tre tipi di note:• quelle battute al centro del tamburo sulla pelle;• quelle battute al bordo del tamburo sul metallo;• esiste inoltre una differenza timbrica nell’uti-lizzo del manico ( ^ ) o della testa ( T ) a secon-da di quale parte del percussore produca ilcolpo, esiste anche la differenza timbrica trapelle e metallo.

Nel leggere questa partitura si evidenzia una cel-lula ritmica principale che si sussegue e si alter-na fra i due interlocutori subendo piccole varia-zioni da parte di entrambi.Durante gran parte del tempo relativo alle inte-razioni, Luca mantiene lo sguardo sull'azione chesta svolgendo: sul tamburo, sulle bacchette, sullemani e sembra essere concentrato, elemento chededuco dallo sguardo diretto e fermo e dallabocca aperta, senza sorriso. Sorride solo quandomi guarda, mentre nei momenti di apparente"sosta" tende a distogliere lo sguardo.

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Nonostante alcune difficoltà di “esecuzione”,relativa al coordinare i colpi sul tamburo, il suomodo di suonare e di esprimersi sembra tutt'altroche meccanico o incontrollato. Anche se le duemani si muovono in modo indipendente l'unadall'altra, i ritmi prodotti appaiono molto com-plessi: l'attacco della sua risposta è molto preci-so, i colpi sono forti e decisi, e in più Luca sidimostra capace non solo di ripetere ed imitarecellule ritmiche ma anche di variarle rivelandouna minima creatività da parte sua. Nel corso deltrattamento man mano il nostro dialogo sonorosi è avvicinato sempre di più ad una improvvisa-zione sonoro/musicale vera e propria.Alcune riflessioni possono essere fatte anche inmerito ad un'analisi fonosimbolica del materialeraccolto. Le note battute al centro del tamburosulla pelle producono un suono che si potrebbedescrivere come più grave, più scuro, più forte,più lungo, e più pesante rispetto alle note battu-te al lato sul metallo, e altresì veloce (parametrocostante per tutti e due i tipi di suoni). Questequalità acustiche lette in un'ottica di traduzionesinestesica sembrano rimandare ad un concettodi "grande".Tali caratteristiche relative alla presenza di even-tuali aspetti fonosimbolici risultano essere unapotenzialità che rimane probabilmente talerispetto all’ascolto e attribuzione di senso effet-tuata dal musicoterapista.Per Luca il contesto musicoterapico sembra dive-nire un luogo privilegiato e specifico per l’attiva-zione di competenze comunicative ed espressive.Tuttavia rimane l'interrogativo relativo al fatto sequest'attivazione nel contesto musicoterapico siadovuta ad una mera successione di stimoli erisposte oppure se la dimensione “creativa” appe-na accennata nelle competenze di variazionedelle cellule sonoro-ritmiche sia dovuta ad unatto improvvisativo vero e proprio.

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The paper is trying to focus the different profes-sional ways to use m usictherapy.In Italy we have two definitions of M usictherapist:m usicoterapista and m usicoterapeuta.The difference between these two term s is thesubject of the paper.

In ambito psicologico il termine “terapeuta”viene solitamente usato per indicare un profes-sionista particolarmente esperto in qualcheforma di psicoterapia. In genere si tratta di unlaureato in medicina o in psicologia, abilitatoall’esercizio autonomo della professione. Nel suocurriculum è compreso un training formativo cheinclude approfondite conoscenze del funziona-mento mentale del proprio cliente e anche un’e-sperienza che gli ha consentito di “lavare” alme-no in parte la propria emotività e sperimentare inprima persona gli aspetti transferali e contro-transferali della relazione. Questo gli consente diaccedere ai meccanismi inconsci (quindi arcaici)del funzionamento mentale del proprio cliente,lavorando su di essi.La qualifica di “terapista” è destinata invece a chiè competente in senso tecnico per intervenire,dal punto di vista riabilitativo, secondo le indica-zioni di un progetto la cui responsabilità è di unterapeuta (per intenderci in senso esemplificati-vo, si può fare riferimento alla diade fisioterapi-sta-fisiatra). Questa figura professionale simuove nell’ambito del “qui ed ora”, non trascu-rando quindi gli aspetti relazionali, i quali ven-gono tuttavia gestiti contestualizzandoli allasituazione reale e non, come accade al terapeu-ta, attraverso ermeneutiche interpretative diaspetti non consci.Dopo questa breve premessa possiamo porci iprimi interrogativi: in musicoterapia la diadeterapista/terapeuta è riproponibile nello stessomodo in cui la ritroviamo in altri casi?Il terapista in musicoterapia svolge un ruolo vera-

In ambito

psicologico

il termine

“terapeuta”

viene

solitamente usato

per indicare

un professionista

particolarmente

esperto

in qualche forma

di psicoterapia

Musicoterapista e/oMusicoterapeuta?

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qualcuno che opera inconformità alla prece-dente definizione diterapeuta?Si renderebbero imma-nenti una serie di rifles-sioni di carattere pro-

fessionale, deontologico e giuridico che generanoulteriori domande:• Quali attitudini sono necessarie per candidarsi

ad una professione di aiuto?• Quale formazione è indispensabile per una

simile professionalità?• Un musicoterapista non deve forse approfon-

dire e mondare la proprie parti emotive?• Esistono tecniche proprie del musicoterapista

distinguibili da altre proprie del musicotera-peuta?

• Quali pazienti sono idonei per un tipo di trat-tamento di competenza del musicoterapista?

Queste domande trovano una prima rispostaall’interno della Confiam, che ha elaborato e pro-posto un percorso per definire l’iter relativo allafigura professionale del musicoterapista.Tale figura professionale, individuata all’internodella Commissione Formazione in una discussio-ne svolta tra Direttori e Coordinatori delle Scuole,è in accordo con quanto previsto dal Disegno diLegge proposto dal CNEL e dal Ministero di Graziae Giustizia in materia di riconoscimento delleAssociazione Professionali in fase di approvazio-ne (DDL 7452).Tale percorso è stato articolato e definito secon-do i seguenti punti:1. Formazione (Accesso e contenuti)2. Tirocinio con Tutor3. Supervisione4. Esame per accesso al Registro5. Criteri per la permanenza nel registroNon vogliamo qui soffermarci su tutti i punti e gliaspetti collegati a questo percorso.Vogliamo qui soffermarci unicamente su alcuni

mente analogo a quellosvolto da un terapistain altri ambiti?Questo non dipendeforse da quale modellomusicoterapico si uti-lizzerà, dagli obiettividel lavoro e dalle modalità con cui si possonoraggiungere?Gli operatori che si occupano di musicoterapia(dopo aver effettuato una formazione di basecome quella, ad esempio, proposta dalla Confede-razione Italiana Associazioni Musicoterapia, unaadeguata supervisione ed un esame di registronazionale) lavorano spesso con pazienti gravi, ope-rano in strutture sanitarie, assistenziali o educati-ve e collaborano alla formulazione di un progettopreventivo/riabilitativo/terapeutico all’interno diuna équipe multidisciplinare; ebbene questi opera-tori sono a nostro avviso musicoterapisti.Con tutta probabilità sono definibili tali per lecaratteristiche stesse della loro formazione e poi-ché la responsabilità terapeutica dei casi da essitrattati, è affidata a un referente clinico.Da un punto di vista pratico tale referente è però,per sua formazione, quasi sempre estraneo all’am-bito musicoterapico e spesso anche le équipe sonoassenti o non in grado di fornire all'azione delmusicoterapista un adeguato supporto proget-tuale, contenitivo, stimolante o elaborativo.Accade allora che il terapista sia costretto a for-mulare progetti terapeutici, effettuare bilanciperiodici della congruenza del proprio operatorispetto a quello degli altri professionisti attivi sulmedesimo paziente, rivedere le ipotesi iniziali deltrattamento alla luce degli elementi emersi nelcorso del lavoro, fronteggiare le proprie risonan-ze controtrasferali e valutare la validità dei pro-pri interventi.Ciò ci pone indubbiamente di fronte ad un dub-bio: il musicoterapista è un terapista secondol'accezione prima descritta oppure è in realtà

Il terapistain musicoterapia svolgeun ruolo veramente

analogo a quello svoltoda un terapistain altri ambiti?

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Riteniamo pertanto fondamentale un lavoro su disé almeno fino ad un livello di conoscenza delproprio assetto personologico tale da consentireun adeguato riconoscimento e gestione di queimeccanismi transferali e controtransferali che,anche se ridotti dall’assetto riabilitativo, risultanocomunque presenti in ogni relazione di aiuto.Nella formazione musicoterapica si pone forte lanecessità di integrare questi percorsi con quelliformativi di base, cioè conoscenze e competenzetecniche con esperienze corpose di musicoterapiadidattica e di supervisione.Proponiamo a questo punto di cambiare ottica ecollocare “pista” e “peuta” su di un continuum allecui estremità collocare da un lato il lavoro sul pre-sente e dall’altro quello sull’arcaico, dall’una quel-la sul conscio e dall’altra quello sull’inconscio, daun lato la significazione e dall’altro il simbolismo.

Il concetto di continuum porta a considerarecome esista una vastissima gamma di situazioniintermedie tra le due polarità estreme, situazioniintermedie che costituiscono, queste sì, la realtàoperativa quotidiana attuale degli operatori dellamusicoterapia, “pisti” o “peuti” che siano.Noi pensiamo a un operatore in musicoterapianon solo capace di muoversi nel presente delsuono e della relazione, ma di considerare, talora,anche gli aspetti trasferali e simbolici della rela-zione musicoterapica.Ci piace pensare a un professionista della musico-terapia che sia un grande professionista, non ungrande musicista con qualche attitudine relazio-nale, non un clinico con una vaga infarinatura dimusica.Questo comporta il pensare ad una formazione supiù livelli, ad un training di musicoterapia didat-

aspetti relativi alla Formazione del musicoterapi-sta utili al proseguimento del nostro discorso.Da quanto detto si comprende come la distinzio-ne fra “musicoterapista” e “musicoterapeuta” nonsi possa considerare solo un vezzo linguistico, marimandi a qualcosa di ben più serio.D'altro canto occorre ricordare che la desinenza"pista", che per qualche ragione sembrerebbesminuire l'importanza e la competenza della figu-ra professionale, viene attribuita in altri ambitiprofessionali con percorsi formativi di 4000 orecirca, all'interno di corsi di laurea di I° livello.Venendo ai contenuti della formazione vorremmoanche soffermarci sulla questione dell’attitudinealle professioni di aiuto e sulla sua valutazione,problema che appare tanto ovvio quanto di diffi-cile soluzione.Indubbiamente sono indispensabili attitudiniintegrative, intese come capacità di riconciliareparti conflittuali (che spesso si incontrano tantonei gruppi quanto all’interno delle singole perso-ne); consideriamo indispensabili attitudini riabili-tative, nel senso di un assetto personologicocostruttivo, ottimista, capace di scovare le com-petenze più remote anche nei casi in cui ciò chesalta agli occhi sono le disabilità. Altrettanto con-sideriamo importante una attitudine terapeuticao quantomeno, se la parola terapia dovesse costi-tuire tabù, un’attitudine relazionale: la capacitàdi sintonizzarsi con l’altro, di entrare in empatiacon lui; ciò rimanda indubbiamente a qualcosa distrutturale della personalità del riabilitatore.Anche questa ci pare una funzione assai impor-tante, nei confronti della quale debba esistereuna predisposizione naturale dell’operatore, dif-ferenziandoci radicalmente, in questo modo, dacoloro che pensano ad un addestramento all’em-patia: temiamo che se esistono blocchi inconscialla convibrazione con le sofferenze altrui, qual-siasi addestramento, per quanto interessante sudi un piano pedagogico, non potrà produrre altroche “finte empatie”.

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Musicoterapista Musicoterapeuta

presente arcaico

conscio inconscio

significazione simbolismo

continuum musicoterapico

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tica approfondito e alla definizione di supervisio-ne musicoterapica, quindi soprattutto a una for-mazione specifica.Viene a tal proposito alla mente ciò che EdithLecourt chiama musicoanalisi, non riferendosi,però, a una riconversione verbale della musica sot-toposta ad interpretazione secondo modelli psico-dinamici, ma ad un innalzamento del filtro attitu-dinale, all’approfondimento di conoscenze e dicompetenze nella gestione terapeutica del materia-le non verbale e specificamente sonoro-musicale.In più circostanze emerge la questione della valu-tazione attitudinale dell’aspirante terapeuta,onde evitare spiacevoli accadimenti che purtrop-po allo stato attuale non sono rari, e cioè cheaccedano alla possibilità di svolgere una profes-sione terapeuticamente orientata persone checasomai dovrebbero fruire della terapia comepazienti. Si può dire, in termini psicodinamici, cheogni vocazione alla terapia nasca da un’istanzariparativa, e che volere curare gli altri significhianche, in qualche modo, voler apprendere glistrumenti conoscitivi ed emotivi per “curare” sestessi. In questa luce, il quid innato, l’attitudineall’amorevolezza, nascono dunque proprio dallacapacità di condividere in parte alcuni stati d’ani-mo del paziente. Ma è necessario possedere anchela solidità per non restare invasi dalla sua distrut-tività e per non andare in risonanza oltre un certolimite con i suoi stati d’angoscia.La musicoterapia italiana sta crescendo un passoalla volta ed è attualmente impegnata nella defi-nizione delle competenze e nel riconoscimento diqueste riguardo alla figura del musicoterapista,inteso come operatore che utilizza il suono e lamusica in un ambito definibile genericamentecome riabilitativo.Siamo però consapevoli di quanto, dal punto divista pratico, sia arduo stabilire un netto confinetra la “riabilitazione” e la “terapia” e questo impo-ne di considerare, nella formazione dell’operatorein musicoterapia, anche quegli aspetti prima

menzionati che si riferiscono al lavoro su se stes-si per poter affrontare adeguatamente le temati-che intrapersonali e interpersonali insite nell’in-tervento musicoterapico.È altrettanto evidente che queste emergerannosoprattutto là dove la musicoterapia è intesacome terapia relazionale e si attua attraverso set-ting che prevedono l’impiego dell’improvvisazio-ne sonoro-musicale e che evidentemente richia-mano, pur mantenendosi nell’ambito del non ver-bale, le terapie psicologiche.Forse ci sarà spazio in futuro per considerare per-corsi analoghi dedicati alla formazione del musi-coterapeuta. Per ora, realisticamente, pare giàimpervio riunire in un percorso unico, riconosci-bile, professionalizzante, legittimabile, il curricu-lum ideale del musicoterapista.Incassato questo primo risultato, si potrannoaccettare ulteriori sfide.

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Piera Bagnus,Prima che venga notte, Gianni LuculanoEditore, Pavia, 2002.

Il testo si riferisce ad applicazioni musicoterapi-che in ambito oncologico.Con equilibrio vengono presentati modello teori-co, contesto ed intervento, con un approccio altempo scientifico e ricco di coinvolgimentoumano; coesistono, in maniera assolutamenteordinata, questioni tecniche quali, ad esempio, lavalutazione degli interventi, e questioni umane,quali l’affetto, la vicinanza, il contatto conpazienti “terminali”, con tutto il corollario di sen-sazioni di impotenza che da questo derivano.L’idea che fare terapia significhi sempre guardareal futuro, alla guarigione, trova in questo testo unserio ostacolo all’incedere megalomanico che tal-volta ne sostiene la progettualità; così, unapproccio musicoterapico di tipo ricettivo vieneimpiegato per volgere lo sguardo al passato, allememorie, alla rivisitazione di queste sì da consen-tirne una trasformazione da rimpianti a ricordi efavorire lo sviluppo di quel senso di compiutezzache, unico, può pacificare l’incontro dell’uomocon la morte.Un libro, oltre che ben fatto e di utile lettura,anche piacevole nella fruizione.D’altro canto, se così non fosse, difficilmente sisarebbe conquistato la prefazione di UmbertoVeronesi.

Massimo Borghesi

M aurizio Spaccazocchi, Paolo StauderEdizioni Quattroventi, Urbino, 2002

“In questo libro si evidenzia il grande valore delcontatto vitale e musicale tipico dell’esperienza diattaccamento e di devozione presente nel vissutoprenatale e postnatale fra madre e bambino. Inbase alla evidenziazione degli elementi pertinen-ti di questo importante vissuto, si propongono

tattiche utili a far emergere, dalle esperienzemusicali, atteggiamenti positivi nei confrontidella vita in sé e quindi anche della musica in sé.Da questa riflessione vitale e musicale, è auspica-bile che possa aprirsi lo spazio anche all’analisidei comportamenti linguistici e artistici in gene-re. Comportamenti che hanno anch’essi, nel vive-re sociale, perso la loro primaria figura di espres-sioni umane sensibili alla vita, alla promozionedella vita in sé” (dalle note di copertina).

M usiche in cantiereEnrico Strobino, Franco Angeli,M ilano, 2001

“Il Laboratorio non è soltanto un luogo attrezza-to per fare musica ma è un’idea che si identificacon spazi e tempi in cui la musica convive con ledimensioni del piacere, del gioco e del desiderio.È un contesto ecologico, in cui le dinamiche rela-zionali sono valori fondamentali; si fonda su unavisione unitaria di corpo e mente, attivando per-corsi ed esperienze di ricerca, accettando e valo-rizzando la compresenza di progetti e competen-ze. La musica non esiste senza le musiche. Pensarel’animazione e l’educazione come esperienze atti-ve, come campi sperimentali in cui si incrocianopercorsi d’ascolto, esecutivi, analitici e compositi-vi, significa pensare la musica come un universopolicentrico, ancorato a una molteplicità di cul-ture e di itinerari possibili. Il lavoro quotidiano habisogno quindi anche di materiali: non ricette daeseguire acriticamente e impersonalmente maproposte stimolanti, reiventabili, percorsi operati-vi elastici, aperti a molti usi, disponibili a ricon-versioni che tengano conto del proprio contesto edelle proprie finalità.Questo libro si rivolge quindi a coloro che con lamusica inseguono questi progetti: nella scuola dibase e nei laboratori territoriali, nelle scuolepopolari di musica e nel Conservatorio” (dallenote di copertina).

recensioni

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notiziarioAssociazione Italiana professionisti della

M usicoterapiaIl 23/2/2002 si è tenuto ad Assisi il primo esamedi ammissione al costituendo Registro dei profes-sionisti italiani della musicoterapia.A questo hanno preso parte 129 candidati.La commissione esaminatrice era composta da:a) Enrico Pio Ricci Bitti (Direttore Dip. Psicologia

Università Bologna, Presidente AssociazioneItaliana per lo Studio della ComunicazioneNon Verbale);

b) Pier Luigi Postacchini (Psichiatra, Neuropsi-chiatra infantile, Psicoterapeuta, Coordinato-re Comitato Tecnico Scientifico Corso di Musi-coterapia Assisi)

c) Ferdinando Suvini (Musicista, Musicoterapi-sta, Vice Presidente ConfIAM)

d) Diana Facchini (Insegnante, Musicoterapista,Coordinatrice Commissione Modelli MT Con-fIAM)

La prova verteva sulla disamina di un caso per iltrattamento musicoterapico di ambito preventivoo riabilitativo (a scelta) sorteggiato tra i varidisponibili.Sono state valutate idonee 119 persone per l’ac-cesso all’ Associazione Italiana professionistidella Musicoterapia l’A.I.M., che si è costituitaGiovedì 20 Giugno 2002 a Firenze presso loStudio del Notaio S. Bigozzi.All'atto della costituzione erano presenti i membridella Commissione incaricata della Costituzionedell’A.I.M. e i Presidenti delle Associazioni aderen-ti alla ConfIAM in qualità di Fondatori dell’A.I.M. È stato eletto il Consiglio Direttivo (FerdinandoSuvini Presidente, Massimo Borghesi Consigliere,Alberto Pignata Consigliere) e sono state appro-vate le bozze dei Regolamenti e del CodiceDeontologico. È stato definito in sei mesi il temponecessario a terminare la stesura dei RegolamentiInterni che verranno sottoposti all’ Assemblea perl’approvazione.L’ Associazione è stata costituita sia allo scopo di

ottenere uno specifico Riconoscimento, previstoda apposito Disegno di Legge, che verrà concessoalle Associazioni in possesso di specifici requisiti,sia di porsi come valido interlocutore con laEMTC, con la quale sono già stati attivati contat-ti e relazioni.Il percorso previsto affida alla ConfIAM gli aspet-ti formativi e all’A.I.M. gli aspetti professionali(criteri per l’accesso e la permanenza nel Registro,stesura e applicazione del Codice Deontologico,etc.) con l’obiettivo di elevare la qualità professio-nale dei musicoterapisti coinvolti.L’aiemme contiene al proprio interno 3 Registri: a) musicoterapisti: per accedervi occorre essere

in possesso di un titolo di studi in musicote-rapia conseguito c/o una delle scuoleConfIAM; documentare un anno di praticamusicoterapica effettuato sotto strettasupervisione di un professionista accreditatoConfIAM (almeno 60 ore di SV, individuale oin piccoli gruppi); superare l’esame di regi-stro; essere in regola con la quota associativa;provvedere al proprio costante aggiornamen-to professionale; non incorrere in provvedi-menti disciplinari di espulsione dal registro.

b) docenti di area musicoterapica;c) supervisori di musicoterapia.

IX CONVEGNO APIM “Le applicazioni della Musicoterapia e la forma-zione del musicoterapista”.Conservatorio Giuseppe Verdi - Torino venerdi’ 15/11/02 Segreteria: tel. 3393678572

V Congresso Nazionale di M usicoterapiaConfIAM “Quale scientificità per la musicoterapia: i contri-buti della ricerca”.Rimini, 3-5 ottobre 2003Centro Congressi Europeo – Bellaria Igea Marina Segreteria: tel. 3387746947

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coterapico di un caso di “Sindrome del Bambino Ipercinetico”(M. Borghesi) • Strumenti di informazione e di analisi dellaprassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento stri-dente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L’inventivadel terapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La for-mazione in ambito musicoterapico: lineamenti per un proget-to di modello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G.Manarolo, C. Bonanomi) • Il suono e l’anima: la divina analo-gia (M. Jacoviello) • Considerazioni su: dialogo sonoro,espressione corporea ed esecuzione musicale (R. Barbarino, A.Artuso, E. Pegoraro) • Aspetti metodologici, empatia e sinto-nizzazione nell’esperienza musicoterapeutica (A. Raglio) •Esperienze di musicoterapia: nascita e sviluppo di una comu-nicazione sonora con soggetti portatori di handicap (C.Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla perce-zione uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M. Gilardone,I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione musicale(C. Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: riflessioni su dueesperienze di musicoterapia (M. Mancini) • Musicoterapia estati di coma: riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il casodi Luca (L. Gamba) • Disturbi del linguaggio e Musicoterapia(P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo)• La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M.Gilardone, I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazionesonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli,P. Salza, C. De Bacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli)• Musicoterapia e processi di personalizzazione nellaPsicoterapia di un caso di autismo (L. Degasperi) • La recetti-vità musicale nei pazienti psichiatrici: un’ipotesi di studio (G.Del Puente, G. Manarolo, S. Remotti) • Musica e Psicosi: unpercorso Musicoterapico con un gruppo di pazienti (A.Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo dellaMusicoterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro cheproduce senso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • LaMusicoterapia non esiste (D. Gaita) • L’Anziano e la Musica.L’inizio di un approccio musicale (B. Capitanio) • Riflessionisu una esperienza di ascolto con un soggetto insufficientementale psicotico (P. Ciampi) • Un percorso musicoterapico:dal suono silente al suono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • Lacomprensione dell’intonazione del linguaggio in bambiniDown (M. Paolini).

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazioneal parto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambitopsichiatrico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M.Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) •Metodologie musicoterapiche in ambito psichiatrico (M.Vaggi) • Aspetti di un modello operativo musicoterapico (F.Moser, I. Toso) • La voce tra mente e corpo (M. Mancini)•Alcune indicazioni bibliografiche in ambito musicoterapico(G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R.Benen zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair)• La Musicoterapia: proposta per una sistemazione catego-riale e applicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi dellepercezioni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L.Postacchini, C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche inambito neurologico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti interapia: lo spazio della danza (R. De Leonibus) • La musicote-rapia nella letteratura scientifica internazionale, 1ª parte (A.Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interio-re (W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e laMusicoterapia (R. Benenzon) • Ascolto musicale eMusicoterapia (G. Del Puente, G. Manarolo, P. Pistarino, C.Vecchiato) • La voce come mezzo di comunicazione non ver-bale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M.Jacoviello) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità(D. Morando) • Gruppi di ascolto e formazione personale (M.Scardovelli) • Esperienza estetica e controtransfert (M. E.Garcia) • Funzione polivalente dell’elemento sonoro-musica-le nella riabilitazione dell’insufficiente mentale grave (G.Manarolo, M. Gilardone, F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali eteleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler,Vernero, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazionelogopedica (L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’appli-cazione della musicoterapia con pazienti autistici e in coma(R. Benenzon) • La musica come strumento riabilitativo (A.Campioto, R. Peconio) • Linee generali del trattamento musi-60

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articoli pubblicati

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post-comatosi (R. Meschini) • Musicoterapia e demenzasenile (F. Delicato) • Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) •Musicoterapia in un Servizio Residenziale per soggettiAlzheimer (M. Picozzi, D. Gaita, L. Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C. A. Zambrino) • Il trattamento musicote-rapico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) • Lamusicalità autistica: aspetti clinici e prospettive di ricerca inmusicoterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzon nell’approc-cio al soggetto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musico-terapia (S. Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suonodi una relazione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postacchini)• La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Manifestazioniossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in un trattamento dimusicoterapia (G. Del Puente) • Musica e adolescenzaDinamiche evolutive e regressive (I. Sirtori) • Il perimetrosonoro (A. M. Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni, S.Mutalipassi, L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di interazione ecomunicazione con bambini pluriminorati: un approccio possibi-le (M. M. Coppa, E. Orena, F. Santoni, M. C. Dolciotti, I. Giampieri,A. Schiavoni) • Musicoterapia post partum (A. Auditore, F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicoterapiae tossicodipendenza (P. L. Postacchini) • Il paziente in coma:stimolazione sonoro-musicale o musicoterapia? (G. Scarso, A.Visintin) • Osservazione del malato di Alzheimer e terapiamusicale (C. Bonanomi, M. C. Gerosa) • Due storie musicote-rapiche (L. Corno) • Il suono del silenzio (A. Gibelli) • Il set-ting in Musicoterapia (M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti introdut-tivi (L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilitazione inMusicoterapia (P. L. Postacchini) • Prospettive terapeutichenell’infanzia: “Dalla disarmonia evolutiva alla neuropsicopa-tologia (G. Boccardi) • Musicoterapia e ritardo mentale (F.Demaestri, G. Manarolo, M. Picozzi, F. Puerari, A. Raglio) •Indicazioni al trattamento e criteri di inclusione (M. Picozzi)• L’assesment in Musicoterapia, il bilancio psicomusicale e ilpossibile intervento (G. Manarolo, F. Demaestri) •L’assessment in musicoterapia, osservazione, relazione e ilpossibile intervento (F. Puerari, A. Raglio)• Tipologie di com-portamento sonoro/musicale in soggetti affetti da ritardomentale (A. M. Barbagallo, C. Bonanomi) • La musicoterapiaper bambini con difficoltà emotive (C. S. Lutz Hochreutener)

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e il tra-vaglio di parto: descrizione di un’esperienza (P. L. Righetti) •Aspettar cantando: la voce nella scena degli affetti prenatali(E. Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico dell’ascoltocreativo (M. Borghesi) • Musicoterapia e Danzaterapia: lecontroindicazioni al trattamento riabilitativo di alcune patieneurologiche (C. Laurentaci, G. Megna) • L’ambiente sonorodella famiglia e dell’asilo nido: una possibile utilizzazione disuoni e musiche durante l’inserimento (M. G. Farnedi) • LaMusicoterapia Prenatale e Perinatale: un’esperienza (A.Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nella musi-ca, in psicoterapia, in musicoterapia (P. L. Postacchini) •L’improvvisazione in psicoterapia (A. Ricciotti) • L’improv-visazione nella pratica musicoterapica (M. Borghesi) • Latastiera elettrica fra educazione e riabilitazione: analisi di uncaso (Pier Giorgio Oriani) • Ritmo come forma autogeneratae fantasia di fusione (G. Del Puente, S. Remotti) • Aspettiteorici e applicativi della musicoterapia in psichiatria (F.Moser, G. M. Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzionato)• La mente musicale/educare l’intelligenza musicale (J.Tafuri) • Reversibilità del pensiero e pensiero musicale delbambino (F. Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività (M.Benedetti) • Inchiostro, silicio e sonorità neuronali (A. Colla)• Le valenze del pensiero musicale nel trattamento dei defi-cit psico-intellettivi (F. De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce poco fa(D. Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) • Lamusica allunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) •Musicoterapia e simbolismo: un’esperienza in ambito istitu-zionale (A. M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale(M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musicoterapia(G. Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P. Postacchini) •Prospettive formative e professionali in Musicoterapia (P. E.Ricci Bitti) • Un coordinamento nazionale per la formazione inMusicoterapia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porzionato) •L’utilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) •L’intervento musicoterapico nella riabilitazione dei pazienti

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& terapiaGli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.edizionicosmopolis.com

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1) I colleghi interessati a pubblicare articoli originalisulla presente pubblicazione sono pregati di invia-re tre copie dattilo scritte ed una copia su dischet-to redatta secondo il programma Word perWindows (tipo RTF) al seguente indirizzo: Dr. Gerardo Manarolo, Vico Curletto Chiuso, 5/6 16121, Genova.

2) L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisionecritica del comitato di redazione.

3) La comunicazione di accettazione verrà inviatanon appena il comitato di redazione avrà espressoparere favorevole alla pubblica zione.

4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto in linguaitalia na e accompagnato dal nome e cognome del-l’autore (o degli autori) completo di qualifica pro-fessionale, ente di appartenenza, reca pito postalee telefonico, abstract in lingua inglese non supe-riore alle 500 battute.

5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenereai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunicazio-ne, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazio ne, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell’infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L’Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medici na, Merano,1991, pp. 197-205.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsa bilità degli Autori. La proprietà lettera-ria spetta all’Editore, che può autorizzare la ripro-duzione parziale o totale dei lavori pubblicati.

I Quaderni Italiani di Musicoterapia sono distribuitipresso le Librerie Feltrinelli.

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