nel nome del figlio e del padre. per tarkovskij (inserto della rivista "incroci", 2009)

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  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    Michele Passalacqua

    LA ZONA

    IN MEMORIA DI

    Andrej Tarkovskij

    Arsenij Tarkovskij Cinque poesie

    tradotte da

    Amedeo Anelli

    NEL

    NOME

    DEL

    FIGLIO

    EDELPADRE

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    Michele Passalacqua

    LA ZONAUn poemetto, sette icone e uno scritto

    in memoria di Andrej Tarkovskij

    1986 - 2004

    Lamore vuol dire tutti i doninel rogo e sempre per nulla!

    (Marina Ivanovna Cvetaeva)

    Era l vicino, sembrava, ma non potevo avvicinarmi:appena mi avvicinavo lei era a sette passi.

    (Arsenij Aleksandrovi Tarkovskij)

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    NON BASTA VIVERE

    Molti anni sono trascorsi dalla morte prematura di Andrej Tarkovskij. Nulla stato di-menticato, e quel passato una sorgente. Il poemetto La Zona nato dalle ceneri arden-ti del grande regista russo. Tarkovskij non stato soltanto un regista cinematografico,ma un autentico maestro di quella verit speciale e rara che la vita poetica, forte testi-monianza etica di una certezza lirica: c un silenzio profondissimo, nella vita; un padre

    silenzio, intimo e intraducibile, che ci ordina di essere innocenti e assoluti, come goc-ce dacqua che risuonano nellabbandono religioso di una pura attenzione.

    Chi ? Cosa vede? Cosa ascolta?Nella verde dismisura della natura, una coscienza pani-ca, viandante tra boschi e acquitrini, percepisce gli elementi visibili e invisibili del pae-saggio come riflessi dellAltrove, bisbiglio di icone ondeggianti. La natura che sciogliee consola, mediatrice tra langosciosa interrogazione storica e lapparire sghembo delsacro, dellimmortalit. la grande madre natura (la grande madre Russia!), memoria

    nel corpo, nel bttito e nel respiro di una vicinanza struggente: la madre perduta, lin-fanzia lontanissima. Madre vastit, grande spazio di affetti e afflizioni, selvaggia no-stalgia di una luminosa tenerezza che cinfonde la forza e le parole per non soccombereal sogghigno dei barbari, allincubo del mondo.

    una qualit estrema dellamore, al di l di tutte le il lusioni e regressioni interpersona-li, enigmatica e imperativa, per cui non resta altro che inginocchiarsi, benedire anche lafoglia secca, la pozzanghera, lalito di vento Quando tutto perduto (vanit delle am-

    bizioni e delle bramosie umane, che inquinano anche larte, la letteratura, la politica, lascienza!), la poesia torna a quel vuoto amniotico, al sussurro stranito di Dio, allocea-no sapiente, oscuro e informe, dellorigine, a quel non luogo di ogni dissolversi, trasfor-marsi e nascere. Il tempo mitico dellinfanzia, quando tutto era possibile, affonda lesue radici nelle geologie siderali di un Grande Tempo, nella cupa genialit di un sonno-sogno che ci suggerisce i colori, le battute, le luci, gli accenti giusti. Dove niente per-duto, impuro, e tutto si compie perch gi da sempre.

    L ci sono voci che, dallabisso naturale del silenzio, sorgono mormorando alla nostranuca racconti di una bellezza che toglie il respiro: essenza dolorosa, macerata e feconda,che ci necessaria come laria e il pane. la bellezza che ordina la semplicit del gestoeroico, limpresa da compiere, il sacrificio ineludibile, la parola decisiva: luomo non pi un animale spaventato, la maschera miserabile dellio predato e predatore, ma lastele di uno spirito che risponde e attraversa il male, lumilt e lo stile di una divina im-personalit. Senza quel silenzio, senza quelle voci, luomo condannato allinfamia diuna infelicit improduttiva e divorante, impoetica e distruttiva, dove lunica realt la

    stupidit sociale organizzata in funzione di una ottusa sopravvivenza scientifica, e fi-nalizzata alla violenza dellindifferenza, alla normalit quotidiana del suicidio di mas-sa.

    Primavera 2004

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    LA FORZA DI IVN

    La lucentezza incoloredella fine: una bambinadacqua cupa, fredda,che guarda la guerra.Diluvia la notte, corrono

    grandi alberi bianchi,e ridendo cade la stella,la testa nel pozzodi un altro mondo.

    Dalle dita gocciolail sonno, il tempo dove

    tutti sono in paceperch hanno pagato.

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    RUBLV E IL RAGAZZO

    Solo un po di neve alla bocca,e questatroce macchiasul muro bianco!Vogliono inferni edificantie madonne per i servi;altri spezzeranno le citt,vorranno bellezza e bottino,ma non prenderannoquesta mitezza incomprensibile.

    Dalle icone, dai palazzi,gli angeli sono fuggitinel bosco delle fiaccole calpestate,negli occhi assassinati,dove il silenzio messia, grondante,ha una madre pagana:la lingua mozzata del buffonela ninfa idiota del villaggiola mente muta del santo,torneranno ad esserelarmonia di tre viventi,la pura nudit della grazia.

    Il ragazzo non conosceva il segretoma part lo stesso. Felicetra rogo e pioggia,

    ai piedi della grande campana,ascolta loro cupo del cielo,un coro che incombesul corpo stracciato,tre tuniche dacquamarinanella pace che imperversa.

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    LA MENTE DI SOLARIS

    Se penso agli ultimi giorni Erapeggio che uccidersi. La vergogna,

    la vergogna che pu salvarci.

    Dopo una terra irriconoscibile

    splende la sfera di un oceano:tempeste di memoria, suonie vortici dove ognuno

    ritorner dolore, carezza,oppure maschera inconfessabile

    che scruta gli sconosciutidella propria vita dimenticata.

    Linfinito buio, immobile:come canne sublimi

    volano i corpi abbracciati,

    i dolci paesaggi invernaliabitati dai fuochi umani.

    Se non vado, non posso saperlo.

    I lampi della pioggiaatterrano la vita, la offrono

    ad un vuoto scrosciante.Sapere nutrito di corsi daria,che calma il viso agli spazi,mentre i capelli e i vestiti,umilt macerate,ascoltano lerba dacqua,ladagio dellabbandono.La tazza tintinna,i frutti sono lucidi, fermi,e un uomo lascia le sue ragioni.

    I l mio non un sonno: qualcosa che mi circondae che viene da lontano,come il silenzio di un capoche ha una ciocca bianca.

    Mare madre di corpi verdecupiche guardano serenida un grigio doltrevita,voci di ricordi affondati,

    visioni udite nel ventregravido di chi ritornava:l emergeranno soltantole nostre isole benigne,lacquazzone entrer nella casae bagner le spalle di quelliche ci radicarono il respiro.Nella veloce curva dei cielisar ancora la pacedei miracoli crudeli.

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    LA BRACE DELLO SPECCHIO

    Se parlo adesso, se decido,non balbetter pi.

    Lentamente, il soffitto cedecome unanima di materia

    verde, a pezzi.Nel disgelo, le stanzesono caverne di grigiobruno,e dal cunicolo del corridoiofugge la spoglia di un uomo.

    Tempo crivellato da una mareadi segni bianchi, augri,voci in visibilio.Nel mirino dellamoreappare un pazzo con un rasoio,tramortito dallapplausodi una folla in volo.Lascer la discordiadei sessi, delle famiglie,e sar una sentinella dacquapresso un roveto ardente.

    Io sono cadutoe qui ci sono erbe, radici.

    Le dita sonobeate, protesealla radura immobile,dove il dio di una folatasciama tra due sguardi:la mente un attimo prodigio.

    La casa vuol dire: noinella notte, coro stuporeper un alone sulla tavola:

    chi svan ritornando stato qui adesso!

    Una stanza sfolgorantedaria e legno vicina!La voce biancachiama let delloro,la fertile calma dei campiche arresta il respiro.Nel fato di uno specchio,cupo uno sguardo verginefissa la sua brace,lra del suo volto.

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    Il silenzio di chi si svegliacon un viso di rame, e fiuta,punta con le mani, gli occhi.La stanza da letto una miniera di neroverde,un sonno che brilla

    come unalba sottoterra:oggetti, echi, respirihanno let del bronzo.

    Una donna si spezza, maledicele sue viscere, si contorce

    ad ogni partenza.Non sa capire quel destinarsi

    a vuoto, quellinumanotrascinato da unarmoniache sfida le pozzanghere

    di ogni popolo, le luci spinatee i vicoli maligni

    di ogni frontiera inaccessibile.

    Da una sala di ghiaccio e cartapestaudire la nebbia delle sirene,ascoltare lautunno delle industrie.Non basta linfelicit, non bastavivere. Fili frustano laria,carrello e binariscandiscono il loro oblonel rovescio del mondo.Tre volti vannonella quiete del tempo,e la loro storia si sgranaa fuoco e freddo.

    Vogliono sparire dagli uominiche divorano anche il loro schifo,toccare il verde, la pace disabitata

    di una zona che li chiamacon la loro pupilla pi semplice,

    mite e intollerabile.

    IL GENIO DELLA ZONA

    Non serve a niente, non hasenso, ma il suo buio scintilla

    nel suono del pozzo.Grigio di una verit che piomba

    in fondo alla vita,musica di pietra e cisterna.

    C una voce in ogni cosae ascolta il genio delleco

    con gli occhi sommersi.

    Un animale nero, fedele,fiuta la nostalgia di un uomo,abbattuto nella maceria cristallinadi unaurora palustre.Rester come una contradache dorme nella certezzadi chi, crollando, ritorna.

    Altri disattivano gli ordigni,pezzo per pezzo, e lacquascioglie, in spirali di ruggine,secoli dastio.

    Non possiamo entrare facilmente,qui tutto cambia ogni momento,

    e il desiderio pi intimopu realizzare anche uninfamia.

    Dobbiamo fermare la nucae procedere nellintoccabile,

    parola per parola, fino alla

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    ACQUE DELLA NOSTALGIA

    Basta con queste bellezze eccessive.

    Cineraria, roccia, stanza della grottadove riverbera lacquazzone:

    lentamente il corpo sottiledi un respiro in esilio,

    dalla pena di un crepuscolocede al nero della sua terra,

    affonda in pace.

    Madrelingua, sottovocelvita nel buio di cobalto,tra lenzuola incandescenti,

    il sonno del ventre gravido.Laria quella cosa leggerache ruota intorno alla testa

    e diventa pi chiaraquando sorridi!

    La fine del mondo semplicecome la luce che scavaun paese improvviso,

    tra valle e dirupo.Il sangue scende dal nasoin memoria delle offese,e la candela attraverser

    lo stagno, per tutti.In quel punto grideranno

    fuoco, si darannopane, acqua e cielo,

    parler il sogno di uninvettiva.

    Dove sono fuggitiresta lerba tra i pilastri,

    il bene della neve,il vuoto di una cantilena.

    Nudit di un addio, grande ventonegli occhi, nello specchio

    dove si volta la mente,amore che serra disamore,

    e fissa il suo silenzio silvano,il sorriso che sfiora il mondo.

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    NATURA DI UN SACRIFICIO

    I congegni di una nube irradianteuccidono il cielo, falciano

    lidea del mondo.Un busto dombra annuncia,da unra spaventosa,il suo ultimo volto:Maria dell uomo

    sangue che ci salvi!.

    Strade macerate, calcinate,stanze che frananodove la voce uno scheletro di fiamma,per ritornare ai grigidi un orto disumano,alla ruggine bellezza,ai nostri occhidi madre che ci perse.

    Per lo stesso verbo, principiodi viscere e silenzio,gesto di ogni giorno,rinunciamo alle elemosine,al conforto dei lamenti.Padre della vita strappataregno trafitto di lacrime

    carne gremita di vocipane della nostra passione!

    Dopo un grande pericolola luce il buioruotano alle spallee marcano la decisionedi fare fuoco.

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    Arsenij Aleksandrovi Tarkovskij fra i maggiori poeti del Nove-cento europeo di lingua russa. Lasua poesia unisce tradizioni dipensiero dell'Occidente - umane-

    simo e personalismo, tradizionivisibili e tradizioni sotterranee,fra queste importante per l 'Autorequella gnostica - e del vicino O-riente, aiutato in questo dalla po-derosa opera di traduttore da nu-merosissime letterature. La suapoesia inoltre possiede una forte

    tangibilit e figurativit e perse-gue quel filone di "pensiero ap-passionato" tanto caro a Dostoe-vskij e alla "linea skovorodianadella cultura russa. Una poesianutrita di elementi ed alterit, diterrestrit - Alla terra ci che ter-reno il titolo della sua secondaraccolta - di una filosofia e tangi-bilit degli elementie di forti ten-sioni sia fisiche che metafisiche.

    Inoltre presente una dualit e spe-cularit che propria di un trattamen-to molteplice, fra temporalit e intem-poralit, dei piani e dei luoghi della

    poesia. Nel contenimento intempora-le del tempo, presente, passato e futu-ro si danno come luoghi di una mor-fologia unica e non prendibile delmondo, luoghi di una natura natu-rante in una storia infera ed in unanaturalit della storia che sopravanzaogni letteralizzazione verso tradizioni

    a venire.

    Amedeo Anelli

  • 8/8/2019 Nel nome del figlio e del padre. Per Tarkovskij (Inserto della rivista "incroci", 2009)

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    Arsenij Tarkovskij

    LA CACCIA

    Sta per terminare la caccia.Mi hanno aizzato i cani.

    Il levriero attaccato penzoloni alla mia coscia.La testa rovescio allindietro

    cosicch le scapole mi segnano le corna.

    Barrisco.Mi recidono i tendini.Mi f iccano la canna del fucile nellorecchio.

    Cade su un fianco, simpiglia le corna alle verghe inzuppate.Vedo locchio velato che ha un filo derba appiccicato.Il bulbo oculare nero rigido senza riflessi.Le zampe legate, infilato nella pertica, lo caricheranno sulle spalle...

    1944

    KORE

    Quando a lunghi sorsi berrleterna separazione come gelido mercurio,non andare via, dammi la manoe conducimi nellultimo viaggio.

    Fermati sul limitare della mortesino alle tenebre, come un raggio di giorno,resta ancora un pocoalmeno due metri1 sopra di me.

    La bocca terribile della divina Koreci d il benvenuto con un sorriso,e gli sguardi dei suoi occhi ciechidenudano l anima, occhi doltretomba.

    1) letterale: tre arcin (1 arcin circa 0,71 m)

    1958

    OXOTA

    KPA

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    TERRESTRE

    Se il destino avesse volutoche fossi nato nella stessa culla degli dei,

    la balia celeste mi avrebbe nutritodel latte divino delle nuvole,

    sarei divenuto spirito dei giardini o delle acqueguardiano delle messi e delle tombe.

    Ma sono un uomo e temo una sorte non terrestreLimmortalit non fa per me.

    Grazie, perch mi togli limpulso di sorrideresul sale e sul fiele di quaggi.

    Violino dOlimpo, dunque addio,non compiangermi, non ridere di me.

    1960

    Come Ges messo in croce,il dente della montagna diventava nero alla cimadovera il l imite fra il cielo e la polvere vicina alla terra ocra,

    mentre il sole saliva lungo la croce,e tutti noi, come su una zattera di pietranavigavamo sulloceano di pietra.Cos sognavo.

    In mezzo a quali steppe,in quale luogo, tra quali altipianie lanima di chi tanto vicina alla miaportava il proprio accecante dolore?E da chi dei miei antenatiricevetti questo lascito fatale:le spine sullarchitrave torto,la luce lilla degli zigomi cereie liscrizione sul capo reclinato?

    1962

    EMHOE

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    OSPEDALE DA CAMPO

    Voltarono il tavolo alla luce. Ero distesola testa china verso il basso, come carne sulla stadera,lanima appesa a un filo palpitava,mi vidi dal di fuori!Comero tale e quale ero soppesatocon unti pesi da bazar.

    Eravamonel mezzo di uno scudo di neve,sbrecciato sul limite occidentale,nel cerchio dacquitrini che non gelano,di alberi dai fusti fracassatie dove erano piccole stazioni ferroviariedai crani fracassati, nerecon i berretti di neve doppiotripli.

    Quel giorno il tempo si ferm,fermi gli orologi, anche le anime dei treni

    non sfrecciarono pi sulla massicciata,senza fanali, sugli ultimi grigi sbuffi del vapore.Non cerano in quel limbo dove ero disteso,nudo nella vergogna,n le nozze di corvi, n le tormente, n i disgeli,ero nel mio sangue, fuori dalla forza di gravitdel futuro.Ma si mosse lo scudo accecante di nevee fece un giro attorno al proprio assee bassi sopra la mia testa virarono

    sette aereoplani,la garza, come una scorza legnosasul corpo sera indurita, fluivanelle mie vene un sangue estraneo dal flacone;ma respiravo, come un pesce sulla sabbiainghiottendo forte, la terrestre, di mica,fredda e benedetta aria.

    Le labbra erano arse, ed ancora a cucchiainimi abbeveravano, e ancora

    non potevo ricordare il mio nome,ma resuscit sulla mia linguail vocabolario di re Davide.

    Poise ne and anche la neve, e venne prematura la primavera,venne in punta di piedi, anche gli alberiavvilupp col suo scialle tutto verde.

    1964

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    Notizie

    TARKOVSKIJ ARSENIJ (Elizavetgrad, 1907 - Mosca, 1989), uno dei pi grandi poeti e traduttori russi delNovecento, pur avendo scritto poesie fin dalla prima giovinezza, ha dovuto attendere lera del disgeloe lanno 1962 perch finalmente potesse essere pubblicata una sua raccolta: Pered snegom(Neve immi-nente). accusato di misticismo fin dalla fine degli anni venti ed ritenuto nocivo, pericoloso, proprio in vir-t del suo talento- dunque da non stampare n divulgare -alla vigilia di quella che doveva essere lapubblicazione del suo primo volume (1946). Ennesima condanna da parte di un regime che, nello stes-so tempo, insignisce il capitano Tarkovskij dellOrdine della Stella Rossa per aver combattuto eroica-mente per il suo paese, in una guerra dalla quale ritorna mutilato (1941-1943).La fede incrollabile nella verit della poesia e nelleternitdella vita (non riducibili alle convulsionidella storia, n tantomeno al realismo socialista)gli ha permesso di attraversare il lungo inverno so-vietico senza sporcare licona della propria anima. Cos, dopo il 1962 e fino allanno della morte, ve-dranno la luce altre nove raccolte. La Russia comunista non lo pu pi ignorare e, nel 1987, lo onoracon lOrdine della Bandiera Rossa per il Lavoro.Negli ultimi anni di vita, sopporta unultima, grande ferita: quella di sopravvivere al figlio AndrejTarkovskij. Quel figlio che, ereditando e trasmettendo la sostanza immortaledelle sue parole, avevacontribuito non poco alla conoscenza internazionale della sua poesia.

    TARKOVSKIJ ANDREJ (Zavrae, 1932 - Parigi, 1986), nasce in un villaggio, sulle rive del Volga, oggiquasi del tutto scomparso in un lago artificiale: lacqua, mito originario e onnipresente nei suoi film,custodisce e dissolve i luoghi felici e leggendari della prima infanzia. I luoghi del famoso cascinale,dove andava in villeggiatura con la sorellina Marina e i genitori giovani e felici. La magia di quelletdelloro ritorner, dolorosa e trasfigurata, nel fi lm Lo specchio(1974).Dopo la separazione dei genitori, Andrej resta con la madre, Maria Viniakova Tarkovskaja, stabilen-dosi a Mosca. La forza, la religiosit, la cultura della madre, saranno fondamentali per la formazionedi Andrej, cos come la costante presenza poetica del padre, pur fisicamente assente, anche a causadella guerra, per lunghi periodi.

    Studia arte figurativa, musica, arabistica, geologia. Come geologo raccoglitore parte per una spedizio-ne in Siberia, al termine della quale, nel 1954, torna a Mosca per iscriversi al VGIK, prestigioso IstitutoCinematografico, dove studia regia. Le diverse passioni culturali di un giovane brillante e irrequieto,trovano finalmente una via certa per esprimersi e, nel 1960, si diploma.Dal 1962 al 1979 realizza, nonostante il crescente ostracismo delle autorit sovietiche, cinque film con-siderati, dalla critica internazionale, cinque vette della cinematografia mondiale. Nel 1982, Andrej inItalia per girare il suo sesto lungometraggio, Nostalghia, e in questoccasione matura lo strappo defini-tivo che lo allontaner dal suo paese. Dopo aver realizzato lultimo film, Sacrificio, si spegne esule aParigi alla fine del 1986.

    PASSALACQUA MICHELE nato nel 1952 a Santeramo in Colle (Bari). Dal 1980 al 1995 ha vissuto e lavo-rato a Milano. Risiede nel paese di origine e lavora in una biblioteca di Bari.Ha pubblicato due raccolte poetiche. Altri testi sono sparsi su riviste, antologie, etc. Dal 1985 al 1995 halavorato ad un ciclo di opere pittoriche, allestendo mostre personali e partecipando ad alcune colletti-ve. Ha pubblicato materiali critici, artistici e letterari, su vari periodici. Ha collaborato, con interventicritici o creativi, alla cura e allorganizzazione di mostre darte.

    passalacqua1952.wordpress.com myspace.com/micheledellerma ilmiolibro.it

    ANELLI AMEDEO nato nel 1956 a Santo Stefano Lodigiano.

    Si occupa di poesia, filosofia, critica letteraria e critica darte. Ha fondato e dirige dal 1991 la rivista in-ternazionale di poesia e filosofia Kamen. Ha pubblicato alcune raccolte poetiche. Ha curato volumi diletteratura e cataloghi darte. Numerosi i suoi interventi su riviste e volumi collettivi. Ha tradotto, conStefania Sini, lopera dei poeti russi Arsenij Tarkovskij e Osip Mandeltam.

    viadelvento.it lietocolle.it vicolodelpavone.it

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    Note

    Per la definizione dellinserto, sono stati utilizzati ed elaborati due ritratti fotografici di Arsenij Tar-kovskij ed uno di Andrej Tarkovskij, nonch alcuni dettagli di fotogrammi, anchessi rielaborati, trattidai seguenti film di Andrej Tarkovskij: Solaris(1972), Lo specchio(1974), Stalker(1979). Per informa-zioni pi precise in merito ai ritratti fotografici e alle fonti, si rimanda, in particolare, ai sitiwww.nostalghia.com (molto ricco di immagini, documenti e aggiornamenti internazionali sulloperadel regista), www.tarkovskij.altervista.org(sito italiano, in costruzione, ma gi ricco di materiali) ewww.tarkovskij.com(sito in costruzione dellAndrei Tarkovsky International Institute). I testi del poemetto La Zonasi articolano su sfondi e campiture elaborati a partire dai sette quadri diMichele Passalacqua che accompagnano, nella versione originaria, i testi stessi (La cosa grigia - PerMilo De Angelis, 1986; Liconoclasta, 1989-1990; Blu fuoco di Persefone, 1993; Autoritratto I - Le nottibianche, 1988-1990; Luogo innato, 1988-1990; Langelo della vertigine I I , 1991; Caput mortuum, 1989-1990). Le soluzioni grafiche-immaginali del presente inserto sono relative al progetto specifico, nellambito della rivista incroci www.incrocionline.wordpress.com. La versione originaria, testi e imma-gini a colori, visibile sul sito della rivista e allindirizzo www.myspace.com/micheledellerma,oltre adessere disponibile in forma di plaquette, a richiesta, sul sito www.ilmiolibro.it.

    Linserto stato curato da Michele Passalacqua, con la collaborazione di Amedeo Anelli e la supervi-sione di Lino Angiuli.

    Bibliografia essenziale

    Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, a cura di Vittorio Nadai, Ubulibri, Milano 1988.Arsenij Aleksandrovi Tarkovskij, Poesie scelte, a cura di Gario Zappi, Libri S cheiwiller, Milano 1989.Arsenij Tarkovskij, La steppa e altre poesie, a cura di Amedeo Anelli e Stefania Sini, Via del VentoEd., Pistoia 1998.

    Lorenzo Pompeo, I due Tarkovskij : la poesia di Arsenij e il cinema di Andrej, in Controluce, 1999, 11.Andrej Tarkovskij, Diari: martirologio, 1970-1986, a cura di Andrej A. Tarkovskij, trad. di NormanMozzato, Ed. della Meridiana, Firenze 2002.Andrej Tarkovskij, Luce istantanea, a cura di G. Chiaramonte e Andrej A. Tarkovskij , introduzione diT. Guerra, Ed. della Meridiana, Firenze 2002.Andrej Tarkovskij, LApocalisse, trad. di Andrej A. Tarkovskij , Ed. della Meridiana, Firenze 2005.Lo specchio della memoria, foto di Lev Gornung e Vladimir Murako, testi di Andrej e Arsenij Tarko-vskij , Ed. della Meridiana, Firenze 2007.Paola Pedicone, Aleksandr Lavrin, I Tarkovskij: padre e figlio nello specchio del destino, Tracce Ed., Pe-scara 2008.