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NOMISMA – Società di studi economici S.p.A. Palazzo Davia Bargellini Strada Maggiore, 44 – 40125 Bologna tel +39-051.6483149 fax + 39-051.6483155 www.nomisma.it

IL GRUPPO DI RICERCA “AGRICOLTURA E INDUSTRIA ALIMENTARE”

Ersilia DI TULLIO (Responsabile area), Denis PANTINI (Coordinatore), Stefano BALDI, Paolo BONO, Romina FILIPPINI, Fabio LUNATI, Massimo SPIGOLA, Andrea ZAGHI, Silvia ZUCCONI

Patrizia GOZZI (Segretaria)

LO STAFF DI PROGETTO

Silvia ZUCCONI (Responsabile di progetto)

Stefano BALDI

Paolo BONO

Romina FILIPPINI

Andrea ZAGHI

Si ringraziano la Dott.ssa Giuliana Cornelio e il Dott. Antonio Fatigati della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia e la Dott.ssa Francesca Ossola e la Dott.ssa Elena Chiurlo della Struttura Promozione dell'agroalimentare regionale di ERSAF - Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste - per il costante e prezioso supporto fornito durante la realizzazione dell’intero percorso di ricerca.

Si ringraziano inoltre le organizzazioni agricole lombarde (Coldiretti, Confagricoltura, Cia) che hanno contribuito sia alla fase di progettazione che alla realizzazione dell’indagine sulle imprese agricole lombarde. A tutti coloro che hanno partecipato attivamente a tale attività (coordinatori e intervistatori) va chiaramente rivolto un sentito ringraziamento

Nomisma è un Istituto di studi economici, fondato nel 1981 con sede a Bologna, al cui capitale sociale partecipano più di ottanta azionisti fra gruppi industriali, assicurazioni, istituti di credito italiani ed esteri. La parola “nomisma” indicava nel greco antico il valore reale delle cose: in questo spirito Nomisma si propone quale osservatorio sui principali fenomeni dell’economia reale e della società contemporanea. Nomisma compie ricerche a livello internazionale, nazionale e locale sui fattori di produzione, sull’economia dei settori e delle imprese, sui problemi dello sviluppo e – in genere – sui fenomeni che influiscono sulla struttura, il comportamento ed i risultati delle economie contemporanee.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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INDICE

1 FILIERA CORTA: ORIGINI E PERCORSI ................................................................. 6

1.1 Vendita diretta di prodotti agricoli: un inquadramento generale ................................ 6

1.1.1 Premessa ..................................................................................................................................................... 6 1.1.2 Le modalità di vendita diretta ..................................................................................................................... 8

1.2 La normativa di riferimento ............................................................................... 14

1.3 La vendita diretta in Italia in cifre ....................................................................... 20

1.4 Il ruolo della vendita diretta per gli acquisti delle famiglie italiane ........................... 22

1.4.1 Gli acquisti diretti delle famiglie italiane - I risultati dell’indagine dell’Osservatorio Consumi – Nomisma 23

1.5 I modelli di vendita diretta nel contesto internazionale .......................................... 29

1.5.1 Il caso degli Stati Uniti ............................................................................................................................. 29

1.5.2 L’esperienza nel Regno Unito ................................................................................................................... 34

1.5.3 La vendita diretta in Francia .................................................................................................................... 36

2 LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA ................................................................ 37

2.1 La vendita diretta in Lombardia: le dimensioni del fenomeno ................................. 37

2.2 I mercati degli agricoltori in Lombardia ............................................................... 45

2.3 L’indagine sulle aziende agricole Lombarde: metodologia e profilo del campione ...... 48

2.3.1 Il profilo del campione di indagine ........................................................................................................... 48

2.4 Le modalità e la dimensione economica della vendita diretta dell’azienda ................ 53

2.5 La vendita diretta in fiere e sagre, mercati rionali e degli agricoltori ........................ 63

2.6 Ipotesi di sviluppo della vendita diretta nei mercati degli agricoltori ........................ 65

2.7 L’opinione degli Enti Locali: gli esiti delle interviste in profondità ............................ 69

3 MERCATI DEGLI AGRICOLTORI: ANALISI PER CASI DI STUDIO .......................... 73

3.1 Premessa ........................................................................................................ 73

3.2 Il Mercato degli agricoltori di Taranto .................................................................. 74

3.2.1 Nascita del mercato .................................................................................................................................. 74

3.2.2 L’organizzazione del mercato ................................................................................................................... 74

3.2.3 La aziende agricole e i consumatori ......................................................................................................... 76

3.2.4 Il monitoraggio dei prezzi e l’andamento del fatturato ............................................................................ 78

3.3 Il caso di Montevarchi ....................................................................................... 79

3.3.1 Nascita del “Mercatale” ........................................................................................................................... 79

3.3.2 Il Mercato Coperto di Montevarchi .......................................................................................................... 80

3.3.3 L’organizzazione del Mercato Coperto .................................................................................................... 81

3.3.4 Il disciplinare ............................................................................................................................................ 82 3.3.5 La gestione della cassa ............................................................................................................................. 82

3.3.6 Il monitoraggio dei prezzi ......................................................................................................................... 84

3.4 Il caso di Roma - Il Mercato SpazioBIO ............................................................... 86

3.4.1 Nascita del mercato .................................................................................................................................. 86

3.4.2 Descrizione del mercato ........................................................................................................................... 86

3.4.3 La selezione dei produttori ....................................................................................................................... 88

3.4.4 Le modalità di consegna: caratteristiche e criticità ................................................................................. 89

3.4.5 Prezzi clienti e prospettive ........................................................................................................................ 90

3.5 Principali evidenze emerse dall’analisi dei casi di studio: l’analisi SWOT ................... 91

4 ALCUNE CONSIDERAZONI DI SINTESI ................................................................ 95

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PREMESSA

Il decreto MIPAAF del 20 novembre 2007 (Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli) ha conferito rinnovato impulso al ruolo della vendita diretta degli agricoltori in mercati organizzati su suolo pubblico o privato e ha introdotto alcune importanti novità (ruolo centrale attribuito ai Comuni, associazione alla vendita di attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti agricoli, necessità di monitoraggio di tale strumento …). Il decreto ha inoltre ampiamente confermato l’importanza di promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori agricoli, nell’esercizio delle attività di vendita diretta, possano soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all’acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione.

Le novità normative in materia di vendita diretta hanno quindi imposto una nuova riflessione per comprendere il ruolo della filiera corta sia per gli agricoltori che per i consumatori.

Considerando quindi le caratteristiche strutturali e le vocazionalità produttive del settore agricolo lombardo, il presente progetto di ricerca intende fornire gli elementi per definire le caratteristiche della vendita diretta in Regione e di valutarne le opportunità di sviluppo.

Il presente progetto di ricerca si propone quindi di analizzare le recenti evoluzioni della vendita diretta di prodotti agroalimentari con particolare riferimento alle strategie aziendali intraprese dalle imprese lombarde. In particolare, il progetto di ricerca intende proporre e definire:

� un quadro conoscitivo completo sulle modalità organizzative della vendita diretta, individuando lo scenario di riferimento a livello regionale, nazionale ed internazionale;

� l’analisi di tre esperienze di successo relative al modello di vendita diretta di prodotti agricoli in mercati degli agricoltori;

� ruolo e caratteristiche del modello di vendita diretta adottato dalle aziende agricole lombarde;

� l’interesse delle aziende agricole lombarde nei confronti della vendita diretta nei mercati degli agricoltori organizzati su suolo pubblico/privato;

� motivazioni, strumenti di supporto e criticità delle aziende lombarde relativi a tali modalità di vendita diretta;

� le possibili azioni che possono essere intraprese per sostenere e sviluppare la vendita diretta.

Il Rapporto Nomisma è strutturato in quattro parti distinte.

Oltre alla presente premessa, nella prima sezione del Rapporto è proposto il quadro di riferimento della vendita diretta in cui sono definiti origini e percorsi evolutivi individuando anche il comportamento delle famiglie italiane rispetto a tale opportunità di acquisto; nello stesso capitolo sono illustrati i caratteri della vendita diretta in tre paesi: Stati Uniti, Francia e Regno Unito.

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La seconda parte definisce le dimensioni del fenomeno della vendita diretta in Lombardia e raccoglie gli elementi qualitativi emersi dall’indagine sulle aziende agricole e dalle interviste in profondità agli Enti Locali.

Nel terzo capitolo sono illustrate le principali caratteristiche di tre casi di studio relativi a mercati degli agricoltori che rispondono a tre diversi modelli organizzativi.

L’ultima parte, alla luce delle evidenze maturate nell’ambito del progetto di ricerca, formula invece alcune considerazioni conclusive.

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1 FILIERA CORTA: ORIGINI E PERCORSI

1.1 Vendita diretta di prodotti agricoli: un inquadramento generale

1.1.1 Premessa

I modelli di produzione e consumo si sono caratterizzati negli ultimi decenni per profondi mutamenti, in conseguenza del complesso processo di riorganizzazione che ha riguardato l’intero sistema agroalimentare. I meccanismi di modernizzazione e globalizzazione dei sistemi produttivi e degli scambi commerciali, uniti ai cambiamenti nelle modalità di organizzazione del lavoro e della società, hanno favorito la crescita delle cosiddette “filiere lunghe”. Tali filiere sono infatti in grado di allacciare produzione e consumo e sono governate da strategie commerciali la cui attuazione ha implicato una standardizzazione e una riduzione del legame tra processi produttivi e relativi contesti territoriali.

Figura 1.1 – I rapporti di filiera

Fonte: elaborazioni Nomisma.

Le criticità e gli effetti negativi derivati da questi processi evolutivi sono oramai ben noti: la perdita di potere decisionale e la riduzione dei redditi di molti agricoltori, le difficoltà di accesso al mercato da parte delle aziende di piccole dimensioni o con produzioni non conformi agli

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standard richiesti, l’elevato impatto ambientale dovuto a tecniche di produzione intensive, alle modalità di commercializzazione e alle grandi distanze tra sistemi produttivi e consumo, l’industrializzazione e la standardizzazione degli alimenti, l’impoverimento della loro qualità organolettica e nutrizionale, la separazione sociale, culturale e geografica della produzione di alimenti dal loro consumo, il verificarsi di periodiche crisi alimentari, l’incremento delle patologie legate a modelli e pratiche alimentari non adeguati.

E’ importante tenere conto che la combinazione di tutti questi elementi mette a serio rischio la stessa sopravvivenza di una moltitudine di aziende, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, la cui presenza è invece fondamentale per il mantenimento e lo sviluppo del tessuto sociale, economico e culturale delle aree rurali.

Parallelamente all’evolversi di questi processi e anche in relazione agli effetti negativi che ne sono derivati, nel corso degli ultimi due decenni hanno tuttavia cominciato a diffondersi strategie alternative di diversificazione e di ripristino del legame tra i sistemi di produzione e consumo e le risorse naturali, culturali e sociali del territorio di origine.

In altre parole, si è realizzato un passaggio dall’economia della quantità all’economia della qualità, da cui deriva poi la crescita d’importanza di strategie competitive fondate sulla creazione di valore e, quindi, sulla differenziazione e l’eccellenza qualitativa. Ciò significa, da un lato, che all’azienda agricola sono demandate altre funzioni, oltre a quella tipicamente produttiva, di tipo sociale, culturale, ecologico e paesaggistico; dall’altro, che l’agricoltura deve diversificare le proprie attività puntando su nuove fonti di reddito, quali il turismo rurale, l’attività didattica, la trasformazione aziendale dei prodotti e, appunto, la filiera corta.

Filiera corta significa sostanzialmente “vendita diretta” dei produttori agricoli senza intermediazioni e accesso diretto al mercato finale in cui non solo in consumatore ma anche altre tipologie di interlocutori divengono soggetti con cui l’azienda agricola interagisce direttamente. Significa, quindi, minori costi finali del prodotto a causa dell’eliminazione dei passaggi intermedi, primo tra tutti quello rappresentato dai mercati all’ingrosso che sempre più impongono costi di utilizzo troppo elevati per le imprese agricole, mentre la grande distribuzione pretende spesso prezzi di acquisto inaccettabili perché troppo poco remunerativi. Uscire da questa “tenaglia” rappresenta dunque un obiettivo strategico per le imprese agricole e contemporaneamente un possibile vantaggio per i consumatori e per le altre tipologie di utenti (turisti, gruppi di acquisto, ristoranti e pubblici esercizi, dettaglianti …). Affinché ciò si verifichi è necessario che le imprese agricole dispongano di un vero e proprio progetto di consolidamento e sviluppo della propria presenza nell’attuale sistema distributivo, oggi costretta in spazi e condizioni marginali. Se si considerano poi le caratteristiche del sistema agricolo di molte realtà italiane, caratterizzato da un numero elevato di aziende agricole con una superficie media piuttosto piccola e che spesso non riescono a superare le difficoltà della loro posizione marginale rispetto ai mercati di sbocco, pare evidente come la vendita diretta possa rappresentare uno strumento, che se correttamente gestito e sostenuto anche a livello locale, è in grado di aprire nuovi percorsi alle imprese e all’intero sistema agricolo. Al fine di avviare una riflessione attenta a tali aspetti, è proposta nel presente capitolo una analisi delle origini e dei percorsi evolutivi della vendita diretta in ambito agricolo, evidenziando le diverse declinazioni che tale strumento può assumere e le principali esperienze maturate in ambito internazionale.

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1.1.2 Le modalità di vendita diretta

Uno dei principali aspetti che caratterizzano la vendita diretta è la totale autonomia decisionale dell’agricoltore, che ritorna ad essere protagonista della filiera e ad operare liberamente le scelte produttive e commerciali. Il recupero della gestione dell’azienda in tutte le sue funzioni determina la nascita di forme organizzative diversificate, proprio perché ogni impresa orienta l’attività secondo le proprie vocazioni produttive ed imprenditoriali. Una tale varietà nei modelli organizzativi si traduce nelle diverse modalità con cui la vendita diretta viene praticata; queste possono assumere connotazioni significativamente differenti in relazione alla tipologia di prodotti, dimensioni aziendali, localizzazione geografica, caratteristiche del conduttore e della sua famiglia, ecc. Per quanto riguarda l’offerta aziendale, si è osservato che alcune tipologie di prodotto sono particolarmente adatte alla vendita diretta. Ad esempio, vino, olio e formaggi - qualora la trasformazione avvenga in azienda - insieme a prodotti freschi come ortofrutta e carne (nel caso in cui sia presente una macelleria aziendale) risultano ben valorizzati dalla filiera corta. In ogni caso, i prodotti destinati alla vendita diretta devono essere pronti al consumo, cioè utilizzabili dall’acquirente senza ulteriori processi di trasformazione. Rimangono dunque esclusi prodotti come cereali, olive da olio, uva da vino, ecc. Un altro aspetto cruciale è quello della qualità che, al di là della tipologia di prodotto, deve essere comunque eccellente, in modo da generare nel consumatore quel senso di fiducia nei confronti del produttore che è alla base del successo della filiera corta. E’ importante tenere conto anche della dimensione aziendale, fattore in grado di influenzare la pratica della vendita diretta, incidendo sulla diversificazione e sulla dimensione dell’offerta. Da un lato infatti, l’agricoltore cerca di produrre una grande varietà di prodotti, in maniera tale da offrire agli acquirenti una gamma sufficientemente ampia di scelte; dall’altro, è necessario calibrare le quantità prodotte sulla reale domanda, che raramente è sufficientemente elevata da poter assorbire ingenti quantitativi. In definitiva quindi, tendono ad essere più avvantaggiate le piccole aziende, con dimensioni produttive contenute e, allo stesso tempo, con una elevata flessibilità nel modificare gli ordinamenti produttivi in funzione delle necessità di commercializzazione. Un ulteriore elemento che determina la scelta della modalità di vendita diretta da parte dell’imprenditore agricolo, è la localizzazione geografica dell’azienda. Le aziende che si trovano in prossimità di centri abitati o di località frequentate e lungo importanti vie di comunicazione traggono vantaggi dalla maggior facilità di essere raggiunti dai clienti e dalla più alta visibilità per il primo contatto. Il fenomeno di rivalutazione dell’aspetto locale dei circuiti di produzione-consumo di alimenti si esprime attraverso una varietà di iniziative e vede coinvolti nella loro promozione e attivazione una molteplicità di soggetti. L’importanza rivestita da queste esperienze, nella diversità di forme e significati assunta, va ben al di là della loro spesso ridotta dimensione economica e risiede nel loro intrinseco potenziale innovativo. Esse sono espressione della ricerca/creazione di nuove modalità di interazione tra produzione e consumo di cibo, coinvolgendo una grande varietà di soggetti intorno ad una gamma di valori, principi e finalità più ampia rispetto ad obiettivi puramente economici. Ciò premesso, il produttore-venditore si trova di fronte alla scelta sulle modalità attraverso cui presentare i propri prodotti ai consumatori.

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La forma più semplice è la vendita diretta praticata in azienda senza un punto vendita organizzato; questa attività si svolge nelle strutture aziendali (abitazione, magazzini, cantina, frantoio) e tipicamente riguarda uno o due prodotti nei quali l’azienda è specializzata e che, generalmente, vengono venduti anche attraverso altri canali. In questo caso, la vendita diretta si configura come una risorsa aggiuntiva per aziende il cui assetto produttivo e organizzativo è definito su altri parametri. Si ricorda inoltre che questa tipologia sovente si ritrova anche nelle aziende agricole dove i prodotti realizzati internamente o da produttori locali vengono commercializzati in appositi locali destinati a spaccio. La realizzazione di un vero e proprio negozio aziendale presuppone, invece, un impegno maggiore, soprattutto per la necessità di disporre di una più ampia varietà di prodotti, di confezionarli e di presentarli in modo adeguato. In questo caso, risulta fondamentale una solida base di clienti e una localizzazione favorevole. Evidentemente, il rapporto diretto produttore-consumatore è l’elemento fondamentale di questa modalità di vendita e presenta alcuni fattori di vantaggio e alcuni di criticità; tra i primi si possono ricordare il controllo del prezzo e del valore aggiunto, la possibilità di una forte valorizzazione della qualità e della tipicità del prodotto, la fidelizzazione del cliente; mentre, tra gli aspetti di criticità, si possono menzionare le difficoltà logistiche (specie per i prodotti freschi), quando le aziende sono situate lontano dai maggiori poli insediativi, l’offerta limitata in quantità e gamma, quando le aziende hanno dimensioni limitate, le scarse possibilità di marketing. Una modalità di vendita diretta che permette all’agricoltore di raggiungere un numero superiore di potenziali clienti è la vendita che si svolge con un furgone ai margini della strada. In tal caso l’agricoltore ha l’opportunità di posizionarsi in punti strategici della città o in luoghi di passaggio, e di farsi conoscere da un numero superiore di possibili utenti. Tale modalità richiede maggiore capacità organizzativa da parte dell’azienda. Oltre ad alcuni oneri richiesti anche nel caso di allestimento di un negozio aziendale, sono necessari ulteriori investimenti per l’acquisto di mezzi adeguati, necessari allo spostamento e all’esposizione dei prodotti. L’attività aziendale richiede inoltre un minimo di riorganizzazione, in funzione della presenza/assenza del personale, che deve allontanarsi dall’azienda per esercitare attività commerciale. Molto più impegnativa, soprattutto a livello economico e per l’organizzazione richiesta, è l’apertura di un punto vendita esterno all’azienda. Anche se questa soluzione presenta indubbi vantaggi, soprattutto in termini di facilità di contatto con i possibili acquirenti, gli investimenti necessari, sia in fase di avviamento che nel prosieguo dell’attività, raramente sono alla portata delle aziende. Le maggiori difficoltà di carattere logistico-gestionale, nonché i costi più elevati e la necessità di garantire una più ampia gamma di prodotti sono le altre motivazioni che ostacolano l’apertura di questi locali. Di norma, solamente imprese di grandi dimensioni dispongono di capitali sufficienti per adottare una strategia di questo tipo, mentre per i piccoli imprenditori spesso l’unica alternativa è quella di realizzare un punto vendita, comune a più aziende, in cui offrire una gamma comune di prodotti. In ultimo, sono interessanti le prospettive di vendita diretta in mercati rionali, una modalità che consente di ottenere pressoché gli stessi vantaggi del negozio esterno all’azienda, con un impegno di risorse più ridotto. In verità, negli ultimi anni la presenza di produttori agricoli nei mercati rionali si era ridotta considerevolmente, probabilmente a causa della difficoltà di competere con altri venditori ambulanti i quali, rifornendosi nei mercati all’ingrosso, possono contare su una maggiore varietà dell’offerta di prodotti, oltre che di capacità organizzative e gestionali maggiori. Anche al fine di ovviare a questo calo di presenze di agricoltori nei mercati rionali, sono state attivate diverse iniziative che hanno dato il via alla nascita veri e propri mercati degli agricoltori dove si pratica esclusivamente la vendita diretta. In questo contesto stanno

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giocando ulteriore impulso le recenti disposizioni legislative, contenute nella finanziaria del 2007 (Decreto 20 Novembre 2007 - GU n. 301 del 29-12-2007) che mirano proprio ad incentivare la costituzione di mercati riservati ai soli produttori1. Nel corso degli ultimi due anni infatti, i mercati degli agricoltori hanno visto una crescita esponenziale grazie al forte interesse emerso tra l’opinione pubblica e al supporto organizzativo ed economico fornito dalle Amministrazioni Pubbliche e dalle organizzazioni professionali. Questi mercati hanno caratteristiche diverse tra loro; alcuni sono svolti a cadenza non regolare configurandosi per lo più come mostre-mercato, fiere e sagre tradizionali. I mercati degli agricoltori in senso stretto si configurano invece con una cadenza regolare, generalmente mensile o settimanale, offrendo prodotti di qualità e servizi culturali legati all’arte e alla tradizione enogastronomica del territorio, rappresentando inoltre importanti veicoli di valorizzazione del territorio e in alcuni casi di attrazione turistica. Già oggi, in alcune realtà presenti sul territorio nazionale, vi sono casi di mercati dei produttori che si configurano come veri e propri mercati contadini dove, spesso con cadenza settimanale, gli agricoltori hanno la possibilità di vendere direttamente le proprie produzioni. Un’altra tipologia di esperienza riconducibile a quella dei mercati dei produttori, ma con una configurazione diversa, è rappresentata dai mercati coperti che vengono svolti quotidianamente in alcune città italiane. In alcuni casi, pur essendo indicati come mercati degli agricoltori, essi assumono la forma di veri e propri spacci di prodotti locali, dove però manca la presenza diretta del produttore e la gestione è in mano a personale qualificato, ma non sempre riconducibile alle aziende che commercializzano lì le proprie produzioni. Tali modalità organizzative consentono di inserire di diritto tali formule tra i punti vendita abitualmente utilizzati dalle famiglie per la spesa alimentare e al tempo stesso garantiscono all’agricoltore l’opportunità di superare i vincoli organizzativi che la vendita giornaliera rappresenta rispetto alla capacità di disporre di sufficiente manodopera aziendale. Oltre a quelle appena descritte, esistono altre modalità di vendita diretta a disposizione dei produttori agricoli. Si cita a tal proposito il commercio elettronico che permette di effettuare operazioni di acquisto e vendita di beni e servizi tra utenti collegati in rete; oltre al B2B (business to business) tipologia iniziale di questa modalità di vendita, oggi è ormai largamente diffuso il contatto diretto tra azienda e consumatore. Si deve comunque sottolineare che sono ancora poche le transazioni in rete aventi per oggetto prodotti agroalimentari; tra le tipologie di prodotto che maggiormente utilizzano questo canale si possono ricordare vino e olio, prodotti cioè con una bassa frequenza di acquisto, mentre non appare una modalità adeguata alla commercializzazione di referenze facilmente deperibili o dall’acquisto ripetuto. In generale, l’e-commerce consente di sfruttare i due maggiori vantaggi che offre la rete: comodità e tempestività. L’acquirente ha la possibilità di velocizzare gli acquisti di routine e può acquisire più informazioni sulle caratteristiche dei prodotti offerti e, generalmente, può effettuare le sue scelte tra una più ampia gamma di prodotti. Parallelamente il venditore, con poca spesa, può aprire una vetrina importante, vendere senza disporre di una reale struttura distributiva e commerciale, migliorare tempi di magazzino, raggiungere un bacino di clienti molto ampio con costi e tempi contenuti. Inoltre, può acquisire una migliore conoscenza dei propri consumatori, grazie alla possibilità offerta da Internet di dialogare in tempo reale con gli utenti.

1 Per gli approfondimenti normativi in materia di vendita diretta agricola cfr. paragrafo 1.2.

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Un’altra esperienza di filiera corta molto diffusa nel Nord America e Nord Europa è quella del cosiddetto box-scheme, una forma distributiva di prodotti agricoli stagionali, solitamente biologici, organizzata dall’agricoltore che rifornisce direttamente un gruppo di consumatori convenzionati. L’agricoltore si impegna a recapitare al consumatore, generalmente direttamente a domicilio, a intervalli di tempo prestabiliti – con cadenza settimanale o quindicinale – un determinato quantitativo di prodotti coltivati in azienda. Questo tipo di distribuzione diretta viene svolta da singole aziende, ma in molti casi i produttori scelgono di collaborare – in forma associata o di cooperativa – allo scopo di ampliare il paniere di prodotti offerti. Un esempio di box-scheme in Italia è rappresentato dall’iniziativa della cooperativa Officinae Bio di Roma, che propone un nuovo tipo di distribuzione per tutelare integrità e freschezza del prodotto, facendo risparmiare tempo e denaro ai consumatori. Le 11 aziende che compongono la cooperativa operano nel biologico da una ventina d’anni e da circa 4 anni si sono aggregate per realizzare insieme la vendita diretta a domicilio cercando di sfruttare il loro punto di forza, la vicinanza con il consumatore finale. Sono tre le formule che la cooperativa adotta per la distribuzione dei propri prodotti ortofrutticoli: il Cassettone Bio (10 kg di prodotto per 15 euro), la Cassa Bio (5 kg per 8 euro) e le Cassette monoprodotto (5 kg per 8 euro). Ogni settimana l'offerta è presentata sul sito, gli ordini si effettuano via e-mail o per telefono e la consegna è a domicilio a meno che il prodotto non venga ritirato direttamente dal magazzino della cooperativa. E’ importante poi sottolineare che la composizione dei prodotti varia continuamente, nel rispetto della stagionalità e conseguentemente risente dei benefici di una buona stagione agricola e viceversa delle problematiche delle stagioni avverse. A questa tipologia si lega un’altra modalità che si ritrova facilmente negli USA e nel Regno Unito ma che sta prendendo piede anche in Italia: il pick-your-own. Si tratta di una forma di vendita diretta che prevede la raccolta dei prodotti della terra personalmente da parte dei consumatori coinvolti nell’iniziativa. Questo metodo di approvvigionamento è attuato da consumatori in cerca di prodotti freschi, di qualità, a un prezzo ridotto, ma che, allo stesso tempo, apprezzano anche il momento della raccolta come esperienza conviviale e ricreazionale. Dalla parte dei produttori, il pick-your-own è spesso visto come canale di vendita addizionale rispetto agli altri canali commerciali utilizzati. La gestione di questo canale comporta, per l’azienda agricola, una riorganizzazione degli spazi, della programmazione delle colture e della gestione delle attività. Alcune imprese, inoltre, tendono a promuovere le proprie attività tramite newsletter cartacee o siti internet, offrendo così anche ai clienti abituali un servizio di informazione fondamentale per lo svolgimento delle operazioni di raccolta. Generalmente non serve prenotare né pagare in anticipo ciò che si vuole acquistare: in questo modo, tutti i rischi – costi di produzione o un mancato raccolto – rimangono a carico dell’agricoltore. Per quanto riguarda infine le esperienze attivate dal mondo del consumo si riporta la pratica, diffusasi nel corso degli ultimi anni, dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) formati da insiemi di persone che decidono di incontrarsi per acquistare dai produttori agricoli prodotti alimentari da ridistribuire tra loro. Si tratta di gruppi costituiti da cittadini mossi da motivazioni ideologiche o semplicemente per convenienza economica e di gestione degli approvvigionamenti familiari. A livello nazionale, i Gas si sono diffusi sin dal 1994 quando, a Fidenza nacque il primo gruppo. Il concetto di solidarietà, valore di base per i gruppi, è orientato in tre direzioni diverse: verso i produttori locali – generalmente biologici o biodinamici – di cui i componenti del gruppo hanno una conoscenza diretta, verso i produttori dei Paesi meno sviluppati, tramite l’adesione ai principi del commercio equo e solidale e infine tra i consumatori stessi, che insieme portano avanti le attività del gruppo. L’importanza di questi gruppi è stata anche riconosciuta nel testo della legge Finanziaria 2007 (art. 5, commi 47 bis e 47 ter), in cui vengono definiti come

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“soggetti associativi senza scopo di lucro” che “svolgono attività non commerciali, ai fini dell’applicazione del regime di imposta”. Secondo i dati presenti nei principali siti di riferimento, i Gas rilevati sul territorio nazionale sono 428, ma la stima è sicuramente in difetto, dato che risulta molto difficile censire tali realtà, spesso di piccole dimensioni (in media i gruppi sono costituiti da 20-25 famiglie). Anche in questo caso, gran parte dei gruppi sono localizzati nel Nord Italia (circa il 64%) contro il 30% al Centro e solamente il 6% al Sud dove si sono sviluppati solamente negli ultimi anni. La maggior parte dei gruppi instaura inoltre forti relazioni con altre realtà a livello locale – altri Gas, associazioni del commercio equo e solidale, associazioni ambientaliste, tra le altre – dando vita a forme di collaborazione che si concretizzano anche con lo svolgimento di iniziative comuni a livello territoriale (per esempio, campagne di informazione, dibattiti sui temi di attualità, baratto di oggetti ancora utili) che vanno ben oltre l’approvvigionamento sia di prodotti alimentari che non, attività che rimane comunque alla base della loro costituzione.

Fra le altre modalità di filiera corta, singolare è il caso della vendita tramite distributori

automatici a moneta in cui il consumatore ha la possibilità di acquistare il prodotto 24 ore su 24 erogando il prodotto e immettendolo in un contenitore proprio o acquistabile presso il distributore stesso. Grande successo si sta riscontrando per l’acquisto diretto di latte crudo, di cui si riportano nel box 1.1 alcune caratteristiche.

BOX 1.1 – Il caso della vendita diretta di latte crudo in distributori automatici

In Italia, la vendita diretta tramite utilizzo di distributori automatici sta funzionando soprattutto per il latte crudo. In pratica, l’acquirente ha la possibilità di riempire una bottiglia con latte fresco di giornata erogando il prodotto da un distributore automatico a moneta. Il distributore consente di acquistare la bottiglia (di plastica o di vetro); tale acquisto non chiaramente vincolante, poiché il consumatore ha la possibilità di utilizzare un contenitore proprio ed acquistare solamente il latte. Generalmente, l’acquisto della bottiglia di plastica implica un prezzo aggiuntivo pari a circa il 20% del prezzo del litro di latte (del 50% se la bottiglia è di vetro).

Un prodotto distribuito secondo queste modalità ha alcuni vantaggi, soprattutto di tipo ambientale (si saltano molti passaggi come l’imbottigliamento e il trasporto). Anche per questi motivi il latte crudo ha un costo abbastanza contenuto, attualmente intorno a 1 euro al litro.

Gli erogatori possono essere posizionati in diversi luoghi: se in alcuni casi essi si trovano direttamente in azienda, nella maggior parte dei casi sono collocati nei punti strategici dei centri urbani, facilmente raggiungibili dai consumatori (vicino a strutture pubbliche e commerciali, scuole elementari o all’interno di negozi o supermercati). Il distributore riporta generalmente i nominativi delle aziende che lo riforniscono, in modo tale che il consumatore sia informato sulla provenienza del latte.

Diversificato è anche il metodo di gestione dei distributori. Infatti, nella maggior parte dei casi essi sono riforniti da un’unica azienda, in altri casi sono più di una le aziende coinvolte che si alternano nel rifornimento con turni stabiliti in relazione alla capacità produttiva di ciascuna (mensili, bimestrali o trimestrali).

Questo fenomeno, che conta in Italia già 943 distributori situati in 71 province, è ampiamente presente nel Nord del paese ma si sta diffondendo anche nelle altre aree.

In Lombardia nel 2008 erano presenti 227 distributori automatici di latte crudo (con una crescita del 14% rispetto al 2007) di cui oltre il 50% localizzati in centro urbani. Brescia (22%) e Milano (20%) sono le province con il numero maggiore di erogatori.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Tabella 1.1 – Confronto tra le principali modalità di vendita diretta

MODALITÀ DI VENDITA

CARATTERISTICHE VENDITA IN AZIENDA VENDITA AI MARGINI

DELLA STRADA MERCATI DEGLI AGRICOLTORI

COSTI PER L’AZIENDA

Eventuale pubblicità presso gli utenti

Manodopera

Costi di magazzino, di imballaggio e di trasporto

Eventuale acquisto di prodotto aggiuntivo

Manodopera

Costi di magazzino, di imballaggio e di trasporto

Costi per eventuali materiali promozionali (etichette per esposizione, pubblicità, …)

Eventuali costi richiesti dall’organizzatore del mercato (contributo servizi – es. utilizzo

di frigoriferi, affitto …)

QUANTITÀ

Medie quantità per singolo cliente

Medio-piccole quantità per singolo cliente

Medio-piccole quantità per singolo cliente

QUALITÀ DEL PRODOTTO

Ci possono essere scarti Ci possono essere scarti Domanda di un elevato livello

qualitativo

BARRIERE ALL’ENTRATA

Nessuna in particolare Eventuali necessità di permessi comunali ed autorizzazioni sanitarie

Burocrazia (restrizioni comunali, autorizzazioni

sanitarie)

Maggiori competenze extra-agronomiche (fiscali,

marketing …)

Maggiore organizzazione per la maggiore necessità di

manodopera

VANTAGGI

L’attività produttiva non risente di particolari

interferenze

In genere la manodopera necessaria per l’attività di vendita è quella familiare

Il numero di clienti raggiungibile è superiore rispetto alla vendita in

azienda

Il numero di clienti è potenzialmente molto elevato

Possibilità di stabilire un contatto continuativo

Fidelizzazione.

SVANTAGGI

La posizione dell’azienda potrebbe essere svantaggiosa

E’ possibile intercettare un numero limitato di

consumatori

La posizione dell’azienda potrebbe essere svantaggiosa

Il rapporto con il consumatore rimane comunque

estemporaneo.

Difficoltà organizzative

Necessaria flessibilità produttiva per garantire maggiore assortimento

Maggiore competizione diretta tra i produttori.

Fonte: elaborazioni Nomisma.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

14

1.2 La normativa di riferimento

Alla base delle normative passate e di quelle vigenti in tema di vendita diretta si riconoscono chiare le motivazioni legate all’opportunità di “accorciare” la distanza tra produttore e consumatore, con riferimento sia agli aspetti economici (l’assenza di intermediazione dovrebbe permettere un maggiore guadagno per l’imprenditore e un risparmio di spesa per il consumatore), sia a quelli sociali (favorire la conoscenza e la valorizzazione dell’origine dei prodotti), sia a quelli, infine, ambientali (nella misura in cui può determinarsi una significativa riduzione del consumo di energia e dell’inquinamento legati al trasporto dei prodotti in zone lontane dal luogo di produzione).

A lungo regolata dalla legge 59/1963, che poneva limiti sia soggettivi che oggettivi (art.6), la vendita al dettaglio da parte dei produttori agricoli è stata recentemente regolamentata attraverso l’introduzione di nuove disposizioni che ne hanno semplificato l’applicazione (art. 4 d.lgs. n. 228 del 2001, art. 4 del d.lgs. n. 99 del 2004, art. 10, Legge 20 febbraio 2006, n. 96 e art. 1, comma 1065, Legge 27 dicembre 2006, n. 296).

In particolare, l'art.4 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo) entrato in vigore il 30 giugno del 2001, a proposito dell'esercizio dell'attività di vendita, stabilisce che gli imprenditori agricoli, singoli o associati, o gli enti e le associazioni (estensione realizzata con il d.lgs. n. 99 del 2004) che intendano vendere direttamente prodotti agricoli o prodotti derivati, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

Tale decreto ha introdotto diverse innovazioni, in tema di vendita diretta dei prodotti agricole, che si possono così riassumere:

� possibilità per gli imprenditori agricoli, singoli o associati, di esercitare la vendita diretta

dei prodotti provenienti in misura prevalente (>50%) dalle rispettive aziende � diritto di esercitare la vendita diretta in tutto il territorio della Repubblica previa

comunicazione al Comune � possibilità di esercitare la vendita dei prodotti agricoli anche attraverso la modalità del

commercio elettronico � estensione anche alla vendita dei prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di

manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici

Ma è soprattutto in riferimento alle modalità della vendita diretta che il legislatore delegato ha introdotto diversi elementi innovativi. L'art.4 individua infatti quattro principali modalità di vendita:

� a domicilio; � con commercio elettronico; � su aree pubbliche con posteggio; � in locali aperti al pubblico.

Successivamente, l’art. 10, Legge 20 febbraio 2006, n. 96, (Disciplina dell’agriturismo), ha integrato le diverse forme di vendita diretta recando la disciplina della vendita dei prodotti

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

15

propri, tal quali o trasformati, e dei prodotti tipici locali da parte dell’impresa agrituristica con una norma di rinvio alla normativa in materia di vendita diretta.

L’ultima tipologia di vendita diretta è quella regolata dal DM del MiPaaf del 20 novembre 2007 che contiene le linee di indirizzo per la realizzazione dei mercati riservati all’esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli (mercati degli agricoltori). Questo provvedimento ha quindi permesso di fissare le indicazioni per tutto il territorio nazionale, identificando le modalità di vendita dei prodotti e fornendo indicazioni chiare ed uniformi alle amministrazioni comunali, chiamate a rilasciare le autorizzazioni.

Il decreto ha un duplice obiettivo: accorciare la filiera agroalimentare ed offrire una rilevante integrazione di reddito alle imprese agricole. Si cercano di fornire all’imprenditore agricolo gli strumenti per accedere direttamente al mercato entrando in contatto diretto con il consumatore, valorizzando allo stesso tempo le caratteristiche nutrizionali, la freschezza dei prodotti agricoli e il legame socio-economico con il territorio.

In sintesi, rispetto alle forme di vendita esaminate finora, la novità dei mercati degli agricoltori è rappresentata, oltre che da una disciplina specifica, dal fatto che tale vendita si svolge in un luogo particolare in cui convergono una pluralità di operatori agricoli. Tali mercati, d’altra parte, differiscono dagli altri perché sono interamente dedicati ai produttori agricoli, comprese le cooperative e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci per lo svolgimento delle attività agricole principali (art. 1, comma 2, Dlgs 18 maggio 2001, n. 228). Inoltre, il luogo di realizzazione di tali mercati può essere un’area pubblica o un’area di proprietà privata; è possibile anche che siano costituiti in “locali aperti al pubblico”, dovendosi intendere tale locuzione probabilmente riferita ai mercati coperti che possono svolgersi a loro volta su aree pubbliche o private. Un ulteriore elemento innovativo sta nel fatto che l’impulso per la costituzione dei mercati dei produttori può provenire dai Comuni, anche consorziati o associati, oppure da una richiesta di imprenditori agricoli, singoli o associati, o di associazioni di produttori e di categoria, presentata ai Comuni. Nello specifico, i Comuni hanno diverse responsabilità in merito:

� istituiscono o autorizzano i mercati sulla base di un disciplinare che regoli le modalità di vendita e valorizzi la tipicità e la provenienza dei prodotti e ne danno comunicazione agli assessorati all’agricoltura delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano;

� controllano il mercato che ha sede nel proprio ambito territoriale accertando il rispetto dei regolamenti comunali in materia, nonché delle linee guida contenute nel decreto in esame e del disciplinare di mercato e, in caso di più violazioni, commesse anche in tempi diversi, possono disporre la revoca dell’autorizzazione;

� favoriscono la fruibilità dei mercati agricoli di vendita diretta anche mediante la possibilità, per altri operatori commerciali, di fornire servizi destinati ai clienti dei mercati.

In linea con le precedenti normative sulla vendita diretta, possono esercitare la vendita gli imprenditori agricoli singoli e associati iscritti nel Registro delle Imprese, la cui azienda sia ubicata nell’ambito territoriale amministrativo definito dalle singole amministrazioni competenti (Regione, Comune, associazione di Comuni) per ciascun mercato. Sono richiesti inoltre, dal punto di vista soggettivo, il rispetto del cosiddetto “requisito di onorabilità” e dal punto di vista procedurale, l’obbligo di comunicazione all’autorità amministrativa del territorio di riferimento. L’attività di vendita all’interno di questi mercati riservati è concretamente esercitata dai titolari dell’impresa, ovvero dai soci in caso di società agricola, di società di persone e società a responsabilità limitata equiparate agli imprenditori agricoli, dai relativi familiari coadiuvanti,

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

16

nonché dal personale dipendente di ciascuna impresa. Sono posti in vendita esclusivamente prodotti conformi alla disciplina in materia di igiene degli alimenti, etichettati “con l’indicazione del luogo di origine territoriale e dell’impresa produttrice”.

All’interno dei mercati agricoli di vendita diretta infine, è ammesso l’esercizio dell’attività di trasformazione dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli nel rispetto delle norme igienico-sanitarie; inoltre possono essere realizzate attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti alimentari, tradizionali e artigianali del territorio rurale di riferimento, anche attraverso sinergie e scambi con altri mercati autorizzati.

BOX 1.2 - DECRETO 20 Novembre 2007 - Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. (GU n. 301 del 29-12-2007 )

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Visto l'art. 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti con lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, siano stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta degli imprenditori agricoli, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia;

Visti gli articoli 1 e 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

Considerato che risulta opportuno promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori agricoli nell'esercizio dell'attività di vendita diretta possano soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione;

Ritenuto che tale obiettivo può essere raggiunto attraverso il riconoscimento dei mercati ai quali hanno accesso imprese agricole operanti nell'ambito territoriale ove siano istituiti detti mercati e/o imprese agricole associate a quelle operanti nell'ambito territoriale nel quale siano istituiti detti mercati e che si impegnino a rispettare determinati requisiti di qualità e di trasparenza amministrativa nell'esercizio dell'attività di vendita;

Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 1° agosto 2007, prot. n. 178/CSR;

Visto il parere della Conferenza Stato -città ed autonomie locali, espresso nella seduta del 15 novembre 2007, nel corso della quale i comuni, attraverso l'ANCI, hanno richiesto al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di provvedere alla realizzazione di tutte le attività di supporto e assistenza tecnica ai comuni per l'adempimento delle funzioni loro assegnate;

Decreta:

Art. 1. Mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli

1. In attuazione dell'art. 1 comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono definite le linee di indirizzo per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del codice civile, ivi comprese le cooperative di imprenditori agricoli ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

2. I comuni, anche consorziati o associati, di propria iniziativa o su richiesta degli imprenditori singoli, associati o attraverso le associazioni di produttori e di categoria, istituiscono o autorizzano i mercati agricoli di vendita diretta che soddisfano gli standard di cui al presente decreto. Le richieste di autorizzazione complete in ogni loro parte, trascorsi inutilmente sessanta giorni dalla presentazione, si intendono accolte.

3. I mercati agricoli di vendita diretta possono essere costituiti, su area pubblica, in locali aperti al pubblico nonché su aree di proprietà privata.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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4. I comuni, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, promuovono azioni di informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita.

Art. 2. Soggetti ammessi alla vendita nei mercati agricoli di vendita diretta

1. Possono esercitare la vendita diretta nei mercati di cui all'art. 1 gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese di cui all'art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che rispettino le seguenti condizioni:

a) ubicazione dell'azienda agricola nell'ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti;

b) vendita nei mercati agricoli di vendita diretta di prodotti agricoli provenienti dalla propria azienda o dall'azienda dei soci imprenditori agricoli, anche ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione, ovvero anche di prodotti agricoli ottenuti nell'ambito territoriale di cui alla lettera a), nel rispetto del limite della prevalenza di cui all'art. 2135 del codice civile;

c) possesso dei requisiti previsti dall'art. 4, comma 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

2. L'attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta è esercitata dai titolari dell'impresa, ovvero dai soci in caso di società agricola e di quelle di cui all'art. 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dai relativi familiari coadiuvanti, nonché dal personale dipendente di ciascuna impresa.

3. Nei mercati agricoli di vendita diretta conformi alle norme igienico-sanitarie di cui al regolamento n. 852/2004 CE del Parlamento e del Consiglio del 29 aprile 2004 e soggetti ai relativi controlli da parte delle autorità competenti, sono posti in vendita esclusivamente prodotti agricoli conformi alla disciplina in materia di igiene degli alimenti, etichettati nel rispetto della disciplina in vigore per i singoli prodotti e con l'indicazione del luogo di origine territoriale e dell'impresa produttrice.

Art. 3. Disciplina amministrativa dei mercati agricoli di vendita diretta

1. Fatte salve le disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano in materia di vendita diretta di prodotti agricoli, gli imprenditori agricoli che intendano esercitare la vendita nell'ambito dei mercati agricoli di vendita diretta devono ottemperare a quanto prescritto dall'art. 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

2. L'esercizio dell'attività di vendita all'interno dei mercati agricoli di vendita diretta, in conformità a quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 114 del 1998 e dall'art. 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001, non è assoggettato alla disciplina sul commercio.

3. Il mercato agricolo di vendita diretta è soggetto all'attività di controllo del comune nel cui ambito territoriale ha sede. Il comune accerta il rispetto dei regolamenti comunali in materia nonché delle disposizioni di cui al presente decreto e del disciplinare di mercato di cui all'art. 4, comma 3, e, in caso di più violazioni, commesse anche in tempi diversi, può disporre la revoca dell'autorizzazione.

Art. 4. Modalità di vendita dei prodotti agricoli

1. All'interno dei mercati agricoli di vendita diretta è ammesso l'esercizio dell'attività di trasformazione dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli nel rispetto delle norme igienico -sanitarie richiamate al comma 3, dell'art. 2.

2. All'interno dei mercati agricoli di vendita diretta possono essere realizzate attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti alimentari, tradizionali ed artigianali del territorio rurale di riferimento, anche attraverso sinergie e scambi con altri mercati autorizzati.

3. I comuni istituiscono o autorizzano i mercati agricoli di vendita diretta sulla base di un disciplinare di mercato che regoli le modalità di vendita, finalizzato alla valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti medesimi e ne danno comunicazione agli assessorati all'agricoltura delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

4. I comuni favoriscono la fruibilità dei mercati agricoli di vendita diretta anche mediante la possibilità, per altri operatori commerciali, di fornire servizi destinati ai clienti dei mercati. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - attraverso forme di collaborazione con l'A.N.C.I. - provvede alla realizzazione di tutte le attività di supporto e assistenza tecnica ai comuni per l'adempimento delle funzioni loro assegnate.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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5. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, effettua un monitoraggio annuale dei mercati di vendita diretta dei prodotti agricoli autorizzati e delle attività in essi svolte.

6. L'attuazione del presente decreto non comporta, in ogni caso, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l'esercizio delle relative funzioni è operato nell'ambito delle vigenti disponibilità di bilancio.

Il presente decreto sarà trasmesso all'Organo di controllo per la registrazione e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

A seguito del decreto del 20 novembre 2007, la Regione Lombardia ha divulgato, in data 11 dicembre 2008, una direttiva agli Enti Locali al fine di chiarire alcune indicazioni per lo svolgimento dei mercati a vendita diretta degli imprenditori agricoli.

BOX 1.3 – Regione Lombardia: indicazioni in merito allo svolgimento dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli – La direttiva per gli Enti Locali dell’11 dicembre 2008

Com’è noto, con proprio Decreto del 20 Novembre 2007 (in GU n. 301 del 29 dicembre 2007), il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha approvato la regolamentazione dei mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.

Poiché tali mercati non rientrano nella disciplina del commercio e al fine di agevolare l’avvio dei mercati nei Comuni della Regione Lombardia, sentite sia la Direzione Generale Commercio di regione Lombardia che ANCI Lombardia, si ritiene opportuno fornire le seguenti indicazioni.

Imprenditori agricoli, associazioni di categoria o associazioni di produttori agricoli, devono indirizzare al Sindaco del Comune interessato la domanda di autorizzazione all’apertura di un mercato a vendita diretta. Nella domanda deve essere specificato:

1) Ragione sociale del/dei richiedente/i;

2) il luogo e il giorno della settimana o del mese di svolgimento del mercato;

3) la periodicità del mercato;

4) la denominazione del mercato.

In allegato all’istanza deve essere consegnato all’Amministrazione comunale un disciplinare di mercato in cui sia evidenziato:

- l’ambito territoriale di provenienza degli imprenditori agricoli ammessi alla vendita, che in ogni caso non dovrà essere esterno ai confini regionali o alle province extraregionali immediatamente limitrofe;

- le modalità di assegnazione dei posti e le eventuali rotazioni tra gli imprenditori che aderiscono al mercato;

- la garanzia che i venditori mettono in atto le azioni necessarie alla trasparenza dei prezzi e al riconoscimento dell’origine dei prodotti. In particolare, la garanzia che per ogni prodotto, oltre alle indicazione previste per legge, venga esposto un cartello leggibile riportante il prezzo per etto e/o per chilo, il prezzo per confezioni di pesatura inferiore, l’indicazione della provenienza del prodotto (ragione sociale dell’azienda agricola, comune di produzione);

- la tipologia dei prodotti in vendita;

- l’eventuale esistenza di modalità di organizzazione che favoriscano la tutela dell’ambiente (per esempio, l’utilizzo obbligatorio di sacchetti in “mater-bi”, la preferenza verso prodotti a basso impatto ambientale e di prossimità, etc.);

- l’eventuale esistenza di attività collaterali al mercato finalizzate all’educazione alimentare e a favorire la conoscenza e la sensibilità dei consumatori verso i prodotti del territorio e le modalità produttive;

- l’esistenza di altri operatori che forniscono servizi dedicati ai clienti del mercato e le modalità di erogazione;

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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- l’assenza di condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività da parte degli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta nella società (così come previsto dall’art. 4, del D. L.vo 18 maggio 2001, n. 228);

- la garanzia che gli addetti alla vendita siano i titolari o i relativi familiari coadiuvanti, i soci o i dipendenti delle Aziende agricole partecipanti al mercato;

- le modalità di controllo, da parte dei proponenti il mercato, del rispetto dei requisiti richiesti agli imprenditori che vi partecipano, anche mediante l’acquisizione, da parte dei proponenti il mercato, dei fascicoli SIARL delle Aziende partecipanti per una verifica della tipologia e del volume di produzione;

- le sanzioni previste in caso di mancato adempimento.

Ogni operatore deve garantire di porre in vendita i prodotti della propria Azienda e, nel rispetto del limite di prevalenza, prodotti ottenuto nell’ambito territoriale del mercato. Le imprese agricole provenienti da province extra regionali dovranno garantire di porre in vendita esclusivamente prodotti provenienti dalla provincia di appartenenza. Nel caso in cui l’operatore sia una forma associazionistica, essa deve evidenziarsi con banchi o stand di vendita intestati al consorzio o all’associazione.

In presenza di richiesta di autorizzazione allo svolgimento dei mercati su aree private, entro sessanta giorni dal recepimento della domanda l’Amministrazione comunale provvede ad accettare, chiedere integrazioni o chiarimenti, o a respingere la richiesta, motivando l’eventuale diniego ed eventualmente indicando le possibili alternative. Qualora entro il termine sopra indicato l’Amministrazione non fornisca risposta all’istanza o non chieda integrazioni o ulteriori chiarimenti, la stessa è automaticamente accolta.

Qualora l’istanza sia relativa alla concessione di spazi pubblici, si ritiene opportuno che l’Amministrazione comunale si esprima in merito entro lo stesso arco temporale di sessanta giorni.

L’Amministrazione, anche al fine di evitare il generarsi di confusione tra i consumatori, valuterà l’opportunità di fornire agli organizzatori specifiche indicazioni tese ad evitare che i mercati a vendita diretta previsti sul territorio comunale o parte di esso si svolgano nello stesso giorno o luogo dei mercati ordinari. Provvederà inoltre a segnalare gli obblighi igienico-sanitari in relazione ai prodotti posti in vendita ai sensi dell’Ordinanza del Ministero della Salute del 03 aprile 2002 e successive modificazioni e integrazioni, e indicherà i casi di violazione degli adempimenti per i quali verrà revocata l’autorizzazione al mercato.

L’Amministrazione comunale può disporre la revoca dell’autorizzazione in caso di violazioni, anche in tempi diversi, delle disposizioni contenute nei regolamenti comunali in materia e del disciplinare di mercato.

L’Amministrazione comunale, nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, può promuovere azioni di informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita.

Qualora, così come previsto dal D.M. 20/11/2007, l’Amministrazione comunale intenda organizzare di propria iniziativa un mercato degli imprenditori agricoli, devono comunque essere rispettate le previsioni riportate nelle presenti direttive.

Si ricorda infine, ai sensi dell’art, 4, comma 3 del citato Decreto, l’obbligo per le Amministrazioni comunali di comunicare agli assessorati all’Agricoltura delle Regioni e Province autonome, l’istituzione dei mercati e i relativi disciplinari adottati. Per la Regione Lombardia le comunicazioni dovranno pervenire al seguente indirizzo: Direzione Generale Agricoltura - Via Pola 12/14 - 20124 MILANO.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

20

1.3 La vendita diretta in Italia in cifre

In Italia, nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un incremento del numero di aziende che svolge la vendita diretta e del numero di agricoltori che hanno integrato l’attività dei campi con altre attività multifunzionali (servizi ristorativi, ricettivi e culturali).

Le ragioni di questa crescita sono da ricercarsi soprattutto nella crescente pressione sui prezzi alla produzione esercitata dagli operatori a valle della filiera.

In termini numerici, già nel 20052 si contavano circa 160 mila aziende che vendevano la propria produzione senza intermediazione al consumo o altre tipologie di utenti finali; di queste, circa 76 mila utilizzavano questo canale di vendita in misura prevalente (oltre il 50% della produzione propria viene venduto al consumatore senza intermediari), per un fatturato compreso tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro (5% della produzione della branca agricoltura) ed una Superficie Agricola Utilizzata prossima ai 630 mila ettari (5% della Sau italiana). Occorre considerare, come illustrato in nota, che l’indagine RICA-REA prende in esame solo le aziende con più di 4 UDE (circa 4.800 euro di reddito lordo standard). Non considera quindi aziende di piccole dimensioni in cui la vendita diretta rappresenta spesso una attività di commercializzazione importante o quantomeno diffusa.

Figura 1.2 – La vendita diretta in Italia: le dimensioni del fenomeno (2005)

Imprese che adottano la

vendita diretta

160 mila

Vendita diretta non prevalente (principalmente

ingrosso, cooperative,

ecc.)

Vendita diretta prevalente

84 mila

76 mila

2,5 miliardi di €=

5% della produzione agricola italiana

630 mila ettari=

5% della SAU italiana

10,2% delle aziende agricole italiane >4 UDE

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA-ISTAT.

2 Stime Nomisma su dati indagine RICA-REA-ISTAT relativa ad un campione di imprese agricole con dimensione economica (Reddito Lordo Standard) superiore a 4 UDE (circa 4.800 euro). L’esclusione delle imprese con RLS inferiore a 4 UDE porta a concludere che le stime proposte rappresentano una sottostima delle dimensioni del fenomeno della vendita diretta in Italia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Tramite la vendita diretta le aziende hanno cercato alternative ai tradizionali canali di vendita allo scopo di accrescere il loro valore aggiunto grazie al contatto diretto con il consumatore, spesso alla ricerca di maggiori vantaggi (economici e non) negli acquisti.

Nel complesso, le imprese agricole con vendita diretta (prevalente) rappresentano circa il 10% delle aziende agricole nazionali. L’area geografica nella quale è più forte l’incidenza delle imprese con vendita diretta sul totale è il Centro, con un valore pari al 17,6%, seguito dal Nord-Est (11% circa), mentre i valori più bassi sono riscontrati nel Sud-Italia (8,7%) e nel Nord-Ovest (7,4%).

Figura 1.3 – Incidenza per regione delle aziende che effettuano vendita diretta in forma prevalente sul totale delle aziende agricole (2005)

11%10%

7%5%

12%

7%

12%

25%22%

19% 18%

16%15%

12%

10%

8% 8%7% 6%

4%

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

Marc

he

Tosc

ana

Valle

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Puglia

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a

Veneto

Lom

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ia

Cam

pania

Basi

licata

Sic

ilia

Pie

monte

Tre

ntino A

-A

ITALIA

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA-ISTAT.

Entrando nel dettaglio delle singole regioni, secondo i dati RICA-REA il primato spetta alla regione Marche con una incidenza pari al 24,7%, seguita da Toscana (22,4%), Valle d’Aosta (18,7%) e Liguria (18,3%). Sono questi valori estremamente elevati che indicano come questa forma di vendita sia già consolidata in determinate aree del Paese. Con percentuali inferiori ma comunque significative si segnalano Emilia-Romagna (16%), Friuli Venezia Giulia (15,2%) e Sardegna (12,3%).

In termini assoluti, la regione con il numero maggiore di aziende con vendita diretta è la Puglia, in cui si concentra il 19,5% del totale nazionale (31.180 aziende), davanti a Campania (12.083 aziende, 7,6%) e Sicilia (6,3%) per quanto riguarda il Sud. La vendita diretta è diffusa anche nelle aziende del Centro (26,5%) dove sono la regione Marche (11% con oltre 17 mila aziende) e la Toscana (8% con 12.820 aziende) a detenere il primato. Al Nord infine, dietro all’Emilia-Romagna, si collocano Veneto (8.080 aziende), Piemonte (5.490), Liguria (3.950) e Lombardia (3.450). Le ragioni che stanno alla base di una ripartizione regionale di questo tipo si possono imputare in parte alla diversa struttura distributiva esistente nelle diverse regioni italiane. Laddove i canali di commercializzazione lunghi, che prevedono un ruolo primario della

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

22

distribuzione moderna organizzata, sono meno sviluppati, è più diffusa la modalità di vendita diretta dei prodotti. A tale motivazioni si sommano chiaramente le vocazioni produttive e turistiche di ciascun territorio.

In generale, sono diverse le iniziative che hanno concorso alla promozione della vendita diretta negli ultimi anni. Si ricordano prima di tutto quelle legate al turismo enogastronomico, che solo nel 2005 ha interessato oltre 5 milioni di persone3. Fra le esperienze che hanno contribuito maggiormente vi è sicuramente Cantine Aperte, l’evento legato al vino che coinvolge ogni anno circa mille aziende vitivinicole e oltre un milione di visitatori. L’impatto di questa manifestazione, e delle altre organizzate dal Movimento del Vino (Calici di stelle, Benvenuta vendemmia, Novello in cantina), sulla vendita diretta è rilevante, soprattutto nelle regioni con il numero maggiore di aziende partecipanti: Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia. Un altro progetto che ha partecipato alla crescita della vendita diretta è la creazione, da parte delle Regioni, delle Strade dei vini e dei sapori; in Italia ne sono nate oltre 150, diffuse soprattutto in Veneto, Puglia, Toscana e Emilia-Romagna. Per avvicinare i consumatori all’azienda agricola, si è mostrata decisiva anche l’iniziativa Fattorie Aperte, giunta nel 2005 alla sua settima edizione, che coinvolge le oltre 800 strutture didattiche accreditate nelle diverse regioni. Nella fattispecie, la regione con il numero maggiore di fattorie didattiche è l’Emilia-Romagna, con circa 280 strutture, seguita da Lombardia, Marche e Veneto. Nella sola Emilia-Romagna, nel 2005, la partecipazione ha raggiunto circa 68.000 presenze, alle quali vanno aggiunti gli oltre cinquemila gruppi che nel corso dell’anno hanno visitato le aziende didattiche della regione, per un totale di oltre 100.000 visitatori. Effettivamente, l’impatto dell’iniziativa sulla vendita diretta non è rilevante, ma favorisce l’incontro tra aziende agricole e famiglie, creando un rapporto di fiducia che sicuramente può contribuire, nel tempo, alla crescita del canale corto. Anche le Città di prodotto, associazioni composte principalmente dalle amministrazioni comunali, possono giocare un ruolo nello sviluppo della filiera corta. Nate per promuovere la cultura e l’immagine dei territori rurali attraverso la valorizzazione delle produzioni agricole, complessivamente sono presenti in Italia 11 Città di prodotto (es. Città del Pane, Città dell’Olio, Città del Castagno, ecc.). Le più numerose sono le Città del vino, 539 comuni, seguite da quelle dell’olio, 284, da quelle della mela annurca, 142, e da quelle del castagno, 45.

1.4 Il ruolo della vendita diretta per gli acquisti delle famiglie italiane

Per comprendere in maniera più chiara la portata del fenomeno, è importante completare l’analisi indagando anche il comportamento delle famiglie italiane. Negli ultimi anni infatti sono intervenuti diversi cambiamenti nella percezione del cibo e si sono sviluppati nei consumatori nuovi atteggiamenti e bisogni: una crescente domanda di alimenti sicuri, salubri e “naturali”, una crescente sensibilità verso i contenuti culturali del cibo (espressi come tipicità, qualità organolettica, autenticità), una nuova attenzione e un crescente senso di responsabilità verso le implicazioni etiche (sociali, ambientali) delle modalità di produzione e consumo, la volontà di esprimere anche attraverso le scelte alimentari il senso di appartenenza a un dato contesto

3 Istituto Nazionale Ricerche Turistiche.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

23

socio-culturale, la volontà di esercitare attraverso il proprio comportamento di consumo un ruolo politico, teso cioè a influire sulle caratteristiche del modello di sviluppo del sistema agroalimentare (o, più in generale, economico).

I motivi per i quali i prodotti locali sono ricercati, proprio perché fanno parte del consumo quotidiano, riguardano, soprattutto, la qualità organolettica e la freschezza, il minore impatto ambientale e, generalmente, la maggior salubrità, ma anche l’appartenenza alla cultura alimentare e alle tradizioni locali, la conoscenza diretta, la fiducia e la solidarietà nei confronti dei produttori.

1.4.1 Gli acquisti diretti delle famiglie italiane - I risultati dell’indagine dell’Osservatorio

Consumi – Nomisma

Al fine di mettere meglio in evidenza la relazione che intercorre tra consumatore e produttore e per indagare le attitudini all’acquisto diretto delle famiglie, nell’ambito dell’Osservatorio Consumi – Nomisma è stata realizzata un’indagine su un campione rappresentativo di famiglie italiane4. Di seguito si propone quindi un’analisi dei principali risultati scaturiti da tale indagine.

Nel 2008, in Italia il 36,1% delle famiglie residenti in comuni capoluogo ha acquistato prodotti agricoli e alimentari direttamente dall’agricoltore in almeno una occasione.

Figura 1.4 – Nel 2008 la sua famiglia ha acquistato prodotti agricoli/alimentari direttamente dall’agricoltore?

Non risponde

0,3%

No63,6%

Si36,1%

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

4 L’indagine ha coinvolto 675 responsabili degli acquisti alimentari, con oltre 18 anni e residenti in comuni capoluogo di provincia italiani; è stata realizzata con metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). Il margine massimo di errore delle stime dell’indagine è pari al 3,77% al livello fiduciario del 95%.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

24

Il 16,4% delle famiglie dichiara di aver acquistato prodotti in un mercato degli agricoltori; una quota di analoghe dimensioni ha acquistato direttamente presso l’azienda agricola (15,1%), mentre sono in numero inferiore le famiglie che realizzano acquisti in fiere e sagre paesane (6,2%) e da furgoni lungo le strade (3,7%).

I dati svelano una intensità di utilizzo dei mercati degli agricoltori per alcuni versi sorprendente. Nella percezione del consumatore il concetto di mercato degli agricoltori presenta ambiti connotativi ancora non chiari (dovuti anche alla attuale limitata diffusione di tale modalità) che lasciano possibili spazi di sovrapposizione con forme diverse, quali i mercati rionali, dove possono essere presenti sia produttori che commercianti (soprattutto nelle area centro-meridionali del paese) e le stesse “fiere e sagre”. Ciononostante i risultati ottenuti mostrano comunque l’ampio favore dei consumatori verso tale modalità di acquisto dei prodotti alimentari.

Figura 1.5 - Nel 2008 la sua famiglia ha acquistato prodotti agricoli/alimentari direttamente dall’agricoltore in …

3,7%

1,6%

15,1%

6,2%

16,4%

0,0%

10,0%

20,0%

Aziendaagricola

Fiere e sagredi paese

Mercato degliagricotori

Furgone lungole strade

Altro

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

In merito ai prodotti, il 27% delle famiglie acquista direttamente “frutta e ortaggi” di stagione, mentre è significativamente più basso il numero di consumatori che acquista prodotti trasformati come formaggi, latte e burro (13,5%), olio d’oliva (8%), vino (4,4%) e salumi (3,6%). Infine, poco più del 3% degli intervistati tende a rivolgersi direttamente al produttore agricolo per l’acquisto di carne, uova e miele.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

25

Figura 1.6 - Quali sono i prodotti che abitualmente acquistate direttamente dall’agricoltore?

(Risposta multipla)

4,4% 3,6% 3,4% 3,3% 3,3% 3,1%

27,0%

13,5%

8,0%

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

Frutta eortaggi

Formaggi, Latte, Burro

Olio d'oliva Vino Salumi Carne Uova Miele Altriprodotti

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

In riferimento alla frequenza di acquisto diretto dall’agricoltore, ben il 25,5% ha affermato di approvvigionarsi almeno una volta al mese; nello specifico, l’11,7% delle famiglie ha l’abitudine di acquistare direttamente circa una volta alla settimana mentre il 6,5% 2-3 volte al mese. Circa il 10% invece tende ad acquistare dal produttore saltuariamente, meno di una volta al mese. Nella valutazione di questi risultati è importante tenere conto che la frequenza con cui il consumatore viene a contatto con il produttore dipende fortemente anche dalla diffusione delle diverse modalità di vendita diretta sul territorio. A titolo d’esempio, un’estesa presenza di mercati degli agricoltori nei centri urbani crea nuove occasioni di incontro tra i due interlocutori aumentando pertanto la cadenza con cui una famiglia si approvvigiona dall’agricoltore.

Figura 1.7 - Con quale frequenza acquistate direttamente dall’agricoltore?

Circa ogni settimana;

11,7%

Circa 2-3 volte al

mese; 6,5%

1 volta al mese; 7,3%

Meno di 1 volta al mese; 10,1%

Non risponde;

0,7%

Non acquisto direttamente

; 63,6%

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

26

Entrando con maggiore dettaglio nelle scelte d’acquisto operate dal consumatore, si è cercato di comprendere quale sia la caratteristica dei prodotti che spinge le famiglie a scegliere gli acquisti diretti dal produttore.

Figura 1.8 - Lei acquista direttamente dall’agricoltore perché i prodotti sono …

(Prima risposta in ordine di importanza)

Più freschi; 13,0%

Di qualità (gusto, odore, colore); 9,5%

Più sicuri; 3,3%

Con prezzi più bassi;

3,9%

Di origine locale; 2,8%

Maturati in campo; 1,6%

Altro; 1,6%

Non risponde;

0,8%

Non acquisto direttamente

63,6%

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

Le caratteristiche organolettiche dei prodotti rappresentano la principale motivazione degli acquisti diretti. Il 13% delle famiglie italiane preferisce compiere gli acquisti direttamente dall’agricoltore poiché i prodotti offrono maggiori garanzie di freschezza; un ulteriore 9,5% riesce invece a reperire prodotti di maggiore qualità. Solo il 3,9% delle famiglie vede nell’acquisto senza intermediari un canale per ottenere soprattutto prezzi inferiori rispetto alle altre forme di distribuzione a cui abitualmente si rivolge. L’origine locale (2,8%) e il fatto che i prodotti siano maturati in campo (1,6%) sono gli altri caratteri tenuti in considerazione, che completano la ricerca di prodotti dalle caratteristiche organolettiche superiori.

In relazione alla spesa, in un anno, ben il 16,2% delle famiglie italiane dedicano mediamente agli acquisti diretti fino al 10% del proprio budget alimentare; l’8,5% delle famiglie italiane residenti nei capoluoghi di provincia acquista dal produttore oltre il 20% della spesa alimentare.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

27

Figura 1.9 - Nel 2008 più o meno quanto è il peso degli acquisti diretti dagli agricoltori sul totale della spesa alimentare?

Fino al 10%; 16,2%

Dal 10% al 20%; 6,9%

Dal 20% al 50%; 6,8%

Oltre il 50% sul totale

della spesa; 1,7%

Non risponde;

4,8%

Non acquisto direttamente;

63,6%

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

L’indagine ha poi valutato l’interesse delle famiglie italiane ad acquistare i prodotti locali nei mercati di agricoltori nel caso fossero presenti nelle vicinanze dell’abitazione.

Figura 1.10 - Se vicino a casa sua ci fosse un mercatino di agricoltori dove acquistare prodotti locali, Lei sarebbe interessata/o ad acquistarli?

71,9%

12,3%

1,8%

12,7%

1,3%0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

Sicuramentesi

Forse si Forse no Sicuramenteno

Non risponde

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

La risposta fornisce sicuramente un quadro positivo sul potenziale della vendita diretta nei mercati degli agricoltori: secondo l’indagine infatti, circa il 72% delle famiglie italiane sarebbe disposta ad approvvigionarsi secondo tale modalità se si presentasse l’occasione con più facilità.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

28

A queste si aggiunge un 12,3% di “indecisi” ma tendenzialmente favorevoli mentre rimane un 12,7% di famiglie che comunque non ha manifestato interesse in tal senso.

Considerando l’elevata percentuale di consumatori potenzialmente propensi all’acquisto direttamente dall’agricoltore, si è valutato l’interesse rispetto ai prodotti da reperire nei mercati dei produttori.

Figura 1.11 - Quali sono i prodotti degli agricoltori locali che vorrebbe trovare nel mercatino?

(Risposta multipla)

32,6%29,1% 28,3%

23,8%19,5% 16,9%

4,7%

88,3%

58,8%

33,8%

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

Frutta e ortaggi

Formaggi,Latte, Burro

Carne Olio d'oliva Salumi Uova Vino Miele Piante &Fiori

Altri prodotti

Fonte: Osservatorio Consumi - Nomisma.

La quasi totalità (88,3%) delle famiglie italiane interessate all’acquisto nei mercati degli agricoltori, dichiara di ricercare soprattutto frutta ed ortaggi.

Sono tuttavia molti (58,8%) i consumatori che includerebbero prodotti lattiero-caseari nel loro paniere di spesa alimentare.

Gli altri prodotti su cui ricade la scelta dopo quelli appena citati sono le carni (33,8%), l’olio d’oliva (32,6%), i salumi (29,1%) e le uova (28,3%).

Vino, miele, piante e fiori rappresentano per il consumatore, seppure con percentuali modeste, una seconda scelta.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

29

1.5 I modelli di vendita diretta nel contesto internazionale

1.5.1 Il caso degli Stati Uniti

Dopo la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti, la produzione e la distribuzione alimentare passarono da una dimensione regionale ad una globale. Il progresso nel sistema dei trasporti, in particolare, permise ai compratori di non dover essere più dipendenti dall’offerta locale spingendo quindi i supermercati a coordinare gli acquisti tramite magazzini centralizzati.

In conseguenza di ciò, i piccoli produttori, incapaci di competere sui medesimi livelli di prezzo, quantità e requisiti di distribuzione, fallirono o si rivolsero alla vendita diretta tentando di diversificare la rendita e di catturare nuovi consumatori. In tutta risposta, a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 cominciarono ad emergere le prime forme di vendita in azienda che hanno visto prevalere la modalità pick-your-own. Questo fenomeno si sviluppò dapprima nel Nord Est e successivamente nel resto del Paese per poi diffondersi ampiamente in tutti gli stati.

I mercati degli agricoltori negli USA nascono per motivazioni non dissimili, sennonché la loro rinascita ebbe inizio più tardivamente in California, negli anni ’70. Il tipico mercato agricolo nel cuore delle città era quasi scomparso a causa dell’avvento dei supermercati e dell’ampliarsi delle periferie. Secondo l’USDA sino a circa 30 anni fa, negli USA si potevano trovare meno di 100 mercati degli agricoltori.

In altri termini, la ricerca di canali di commercializzazione alternativi per i prodotti agricoli associata all’evolversi delle forze economiche e sociali, contribuirono alla rinascita della vendita diretta negli anni ’60 e ’70. L’incremento dei prezzi dei carburanti e dei beni alimentari resero la spesa presso i farmers’ markets o le aziende con il sistema pick-your-own più economica per i consumatori.

I consumatori, insoddisfatti dei prodotti dei supermercati orientarono la loro attenzione sulle aziende agricole locali in grado di fornire prodotti freschi di qualità e di stagione. Allo stesso tempo, il movimento di riqualificazione della terra verificatosi tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, portò alla nascita di una nuova generazione di agricoltori che oggi mettono in atto le pratiche dell’agricoltura biologica e di consumatori che ricercano cibo sicuro meno dipendente dai combustibili fossili per la produzione ed il trasporto.

Negli Stati Uniti, la vendita diretta di prodotti agricoli è regolamentata dal “Farmer-to-

Consumer Direct Marketing Act” del 1976 che garantisce finanziamenti ai dipartimenti dell’agricoltura nei singoli stati al fine di promuovere la creazione e l’attivazione della vendita diretta degli agricoltori ai consumatori. Ogni stato ha il compito di impiegare tali fondi per la realizzazione di leggi e regolamenti e per facilitare l’avvio dei punti vendita.

La crescente popolarità, negli USA, del cibo prodotto localmente si può facilmente dedurre dalle stime realizzate dall’US Census of Agriculture5 secondo le quali la domanda per questa tipologia di prodotti dovrebbe crescere dai circa 4 miliardi di dollari nell’annata 2002 a circa 7 miliardi nel 2012.

5 Local and Fresh Food in the US, Packaged Facts, 2007.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

30

In generale, le principali modalità di vendita diretta diffuse negli Stati Uniti si possono così riassumere:

� Vendita diretta in azienda; � Pick-your-own; � Mercati o stand lungo le strade; � Farmers markets collocati in prossimità di aree urbane; � Consegne a domicilio; � Vendita su furgoni posteggiati lungo le strade, in parcheggi o in luoghi simili con un

potenziale traffico di clienti.

Come già illustrato in precedenza, la vendita diretta in azienda, il pick-your-own e i farmers’

markets si sono radicati negli USA già dagli anni ’70. A New York, nel decennio 1974-1984, il numero di imprese agricole con vendita diretta aziendale crebbero ad un tasso del 5%, mentre le aziende pick-your-own e i farmers’ markets fecero segnare rispettivamente aumenti del 110% e 378%. Proprio questi ultimi rappresentano una delle forme di vendita diretta più diffuse al giorno d’oggi.

Il numero di questi mercati negli Stati Uniti è in continua crescita tanto che nell’agosto 2008 ne sono stati censiti 4.685. Si tratta di un incremento del 6,8% in soli due anni (nell’agosto 2006 furono riportati 4.385 farmers markets) e +150% rispetto ai 1.755 del 1994, anno in cui l’USDA ha cominciato a registrarli ufficialmente.

Figura 1.12- Evoluzione del numero di farmers' market negli USA

1.755

2.410

3.137

3.706

4.685

2.746 2.863

4.385

0

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

Fonte: USDA-AMS.

Il risultato di una crescita di tali dimensioni nel numero di mercati degli agricoltori è facilmente riscontrabile anche nel valore della produzione complessiva venduta in tali strutture: nel 2005 si stimava in poco più di 1 miliardo di dollari6, valore che nel 2000 era di poco superiore a 888 milioni. Mediamente, nel 2005, le vendite per singolo farmers’ market raggiungevano i 245.000 dollari con una media per agricoltore di 7.108 dollari.

6 AMS 2006 National Farmers Market Survey.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

31

Organizzazione, regolamenti e tipologia di prodotti commercializzati

Secondo una ricerca realizzata dall’USDA nel 20007, quando ancora il numero di farmers’ markets (FM) era inferiore alle 3.000 unità, solo il 18% dei mercati non era autosufficiente. Questi ricevono infatti sostegno economico dalle autorità locali (città o contee), dalle autorità statali o federali o da istituzioni pubbliche (Camere di commercio, associazioni). Il restante 82% era in grado di finanziarsi autonomamente per mezzo di forme di tassazione che permettevano di coprire tutte le spese.

Nel 30% dei casi, l’amministrazione era affidata ad un manager pagato, mentre nel 63% dei FM un consorzio di produttori gestiva, talvolta in via esclusiva, il mercato; il 18% era invece amministrato da istituzioni pubbliche e il 42% da associazioni private8. Significative le indicazioni riguardanti le tipologie di prodotti venduti. Tralasciando i prodotti ortofrutticoli freschi, presenti praticamente in tutti i farmers’ market, oltre la metà dei mercati commercializzava prodotti trasformati e prodotti da forno. La carne e in genere i prodotti lattiero-caseari presentavano invece gli indici di penetrazione più bassi: presenti rispettivamente nel 37% e 19% dei casi. E’ interessante poi osservare che il 75% dei mercati era costituito solo da agricoltori che vendevano in maniera prevalente le loro produzioni; se si considera invece la provenienza, risulta che il 45% dei mercati commercializza prodotti non necessariamente realizzati nelle aree contigue al mercato stesso. Il 40% dei mercati consente l’integrazione dell’offerta con prodotti di produzione non propria al fine di completare la gamma offerta.

Si ricorda poi che, grazie all’aiuto di programmi di nutrizione attivati dall’USDA, come il WIC (Women, Infants and Children Farmers Market Nutrition Program) e il Senior Farmers Market

Nutrition Program, i farmers’ markets permettono alle persone più disagiate di ottenere alimenti freschi. Questi programmi garantiscono fondi federali per l’acquisto di beni alimentari dai farmers’ markets.

Caratteristiche dei produttori

Il numero medio di produttori per mercato nel 2000 era pari a circa 27 unità, circa il 28% dei quali utilizzava il mercato come unica modalità di vendita dei propri prodotti. Interessanti anche i dati riguardanti il fatturato per produttore e le distanze dai mercati. Il valore delle vendite medio annuo realizzato da un produttore era di circa 12.000 dollari. Ma ben il 64% di essi realizzava un fatturato inferiore a 5.000 dollari e solo il 19% superava i 10.000; tra questi poi, solo l’1% era in grado di andare oltre i 50.000 dollari.

Rispetto alla distanza dal farmers’ market, il 38% dei produttori si trovava in un’area distante meno di 16 chilometri dal mercato, mentre si può notare come il 29% percorreva tra i 17 e i 32 km per raggiungere il luogo in cui era situato il mercato.

7 U.S. Farmers Markets-2000 A study of emerging trends, USDA (2002). Nel primo semestre 2009 l’USDA renderà pubblici i risultati di un ‘indagine sui farmers’ markets condotta nel 2006. 8 Gli operatori non erano limitati ad una sola scelta. Ad esempio, un’associazione privata potrebbe essere gestita da un manager pagato.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

32

Figura 1.13 – Distanza dei produttori agricoli dal mercato (2000)

≤ 16 km; 38%

da 17 a 32 km; 29%

da 33 a 80 km; 21%

> 80 km; 12%

Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati USDA.

Caratteristiche dei consumatori

Il numero medio di consumatori che frequentava i farmers’ market nel 2000 era di 1.055 alla settimana, 68% dei quali viveva in un raggio inferiore ai 16 chilometri di distanza dal mercato e solamente il 13% viveva ad una distanza superiore ai 32 chilometri. Considerando invece il valore degli acquisti, ogni consumatore effettuava una spesa media annua di 306 dollari, pari ad una spesa media settimanale di circa 17 dollari.

Figura 1.14– Distanza dei consumatori dal mercato (2000)

> 80 km; 5%

da 33 a 80 km; 8%

da 17 a 32 km; 19%

<=16 km; 68%

Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati USDA.

Esplicativi anche i risultati di un’ indagine della Colorado State University: il 25% dei consumatori americani hanno dichiarato che i mercati degli agricoltori rappresentavano la loro prima scelta per l’acquisto di prodotti freschi; a tale quota va inoltre aggiunta quella di coloro che li considerava come seconda opportunità (12%). E’ quindi evidente come i mercati degli

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

33

agricoltori negli Stati Uniti siano una tipologia di punto vendita alimentare che rientra nelle abitudini di acquisto di molte famiglie.

Tabella 1.2 - Scelta dei punti vendita alimentari dei consumatori americani

Fonte primaria di

alimenti

Fonte primaria

di prodotti freschi

Fonte secondaria di prodotti

freschi

Supermercati 76% 56% 29% Magazzini/Centri commerciali 19% 10% 23% Negozi specializzati in prodotti biologici/biodinamici/heathfood 2% 2% 8% Farmers’ markets 1% 25% 12% Altre modalità di acquisto diretti dal produttore 1% 5% 3% Negozio di specialità 1% 1% 3% Nessuna preferenza -- -- 22%

Fonte: Colorado State University Study of U.S. Adults, 2006.

Caratteristiche fisiche dei farmers’ markets

Relativamente alle caratteristiche fisiche dei mercati, l’indagine realizzata nel 2000 riporta inoltre che la superficie media complessiva dei mercati (incluse le superfici accessorie dei parcheggi e degli altri servizi all’utenza) era di circa 5.500 metri quadrati. Considerando la sola superficie di vendita, la dimensione media dei mercati degli agricoltori era pari a circa 650 metri quadri.

Il 91% dei farmers’ market dichiarava infatti di avere, in media, 30 stand aperti (non fissi, costituiti da chiostri o bancarelle dei produttori) con una superficie media di 18 metri quadrati. Solo il 19% dei farmers’ market aveva anche stand coperti (che significa operare in una struttura fissa e permanente). Questi mercati presentavano una media di 32 stand di questo tipo, con una superficie media di circa 26 metri quadrati per ciascuno.

Per quanto riguarda l’età dei mercati, nel 2000 la media era prossima ai 15 anni, mentre il 27% di essi aveva un’età inferiore ai 5 anni. Infine, solamente il 13% dei mercati rimaneva aperto tutto l’anno, in media per 1,8 giorni alla settimana. I mercati che al contrario non erano funzionanti tutto l’anno stavano aperti per circa 18 settimane (circa 4-5 mesi).

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

34

1.5.2 L’esperienza nel Regno Unito

Nel corso degli anni ’90, in maniera simile a ciò che avvenne negli USA, alcuni settori dell’agricoltura britannica si trovarono in difficoltà a causa della competizione sul prezzo operata dai supermercati che smisero di approvvigionarsi localmente e cominciarono a rifornirsi sui mercati internazionali.

In questo contesto, si sviluppò il fenomeno dei farmers’ market nel Regno Unito: il primo fu inaugurato nel 1997 a Bath, ma già nel 2006 si contavano 550 farmers’ market, per un totale di circa 10.000 produttori agricoli, sparsi per tutto il territorio nazionale.

Alcune previsioni sul potenziale di sviluppo per questa modalità di commercializzazione ritengono che, nel contesto attuale, risulterebbero economicamente sostenibili 800 mercati. Per garantire un livello standard di gestione e amministrazione dei farmers’ market nel Regno Unito, FARMA, l’associazione nazionale dei farmers’ market, ha istituito un disciplinare in cui sono contenuti i criteri e le linee guida principali.

In particolare, si identificano tre principi fondamentali:

A. Il produttore deve provenire da un’area definita “locale”. 50 km è la distanza massima suggerita, estendibile a 80 per le località costiere o urbane;

B. Il produttore deve coltivare/allevare o trasformare i prodotti che commercializza;

C. Il banco di vendita è gestito dall’agricoltore stesso o coadiuvanti che sono a conoscenza dei processi produttivi.

Relativamente alle altre forme di vendita diretta di prodotti agricoli attive nel Regno Unito, il box-scheme rappresenta sicuramente una tipologia fortemente diffusa; questa modalità risulta particolarmente legata al biologico – nel 2007 i box-schemes di prodotti biologici hanno realizzato un fatturato di 100 milioni di sterline - tanto da suscitare anche l’interesse delle più grandi catene di distribuzione del Paese. Un’altra modalità di vendita diretta presente nel Regno Unito è quella del “pick-your-own” (PYO); questo fenomeno, sviluppatosi negli anni ’50 dalla necessità degli produttori ortofrutticoli di incrementare il proprio reddito ed esploso vent’anni più tardi grazie all’introduzione sul mercato di grandi camere frigo, portò il numero di imprese PYO a 10.000 unità. Successivamente, la forte competizione operata dal sistema di distribuzione moderno causò un ridimensionamento di questa tipologia di vendita. Attualmente infatti, sul territorio britannico operano circa 1.000 aziende PYO, gran parte delle quali situate ai margini dei principali centri urbani.

Nel complesso, si stima che la vendita diretta di prodotti agricoli e derivati nel Regno Unito generi un giro di affari annuo intorno ai 2 miliardi di sterline.

Le vendite nei farmers’ markets

Il fatturato generato ogni anno da queste attività è stato stimato9 intorno a 220 milioni di sterline, in forte crescita (+32,5%) rispetto ai 166 milioni del 2002. Secondo un’indagine10 del 2002 realizzata dalla NFU (National Farmers Union), un’associazione di rappresentanza degli

9 Sector Briefing – Farmers’ Markets in the UK: Nine Years and Counting (2006). 10 Farmers’ Markets – A Business Survey, 2002.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

35

agricoltori, presso i farmers’ markets presenti sul territorio inglese, in Gran Bretagna il reddito medio annuo conseguito dai produttori attraverso questa modalità di vendita è stato calcolato in circa 12.000 euro.

Organizzazione, regolamenti e tipologia di prodotti commercializzati

Il primo farmers’ market di Bath era gestito da una partnership tra autorità locale e attivisti ambientali, dopodiché si sono sviluppate altre forme organizzative tenute da una molteplicità di soggetti operatori; tra i principali si identificano autorità locali, gruppi di volontari, venditori ambulanti, cooperative di produttori, imprese private, ecc..

Caratteristiche dei consumatori

Considerando il lato della domanda, nel 2002 si registrava una media di 2.000 visitatori per ogni giornata di mercato, per un totale annuo di circa 15 milioni di consumatori che frequentano i farmers’ market; di questi, il 60% sono acquirenti abituali dei mercatini. L’80% dei consumatori effettua una spesa media per visita inferiore a 28 euro; la spesa media è di circa 19 euro per ogni occasione di acquisto presso i farmers’ markets.

Figura 1.15 - Spesa media pro-capite dei visitatori dei farmers’ market nel Regno Unito (2002)

≤ 14 euro; 42%

da 14 a 28 euro; 38%

da 29 a 48 euro; 20%

Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati National Farmer Union.

Analizzando la tipologia dei visitatori, il 65% di essi è costituito da pensionati, il 32% da famiglie, mentre i giovani single rappresentano solo il 3%. Essi hanno indicato tra le motivazioni principali che li spingono ad effettuare acquisti nei farmers’ market, quelle legate alla possibilità di acquistare un prodotto locale (indicata dal 93% dei consumatori) e fresco (scelta dall’89% degli visitatori). Il 68% di essi lo fa anche perché può, in questo modo, entrare in contatto diretto con il produttore dei cibi che acquista.

Caratteristiche fisiche dei farmers’ markets

La maggior parte di questi mercati hanno una media di 24 bancarelle, ma se ne possono trovare alcuni con oltre 100. La frequenza di attività è variabile (mensile, quindicinale, settimanale), anche se di recente si è registrato un aumento della cadenza; a Londra, ad esempio, i mercati vengono realizzati con cadenza settimanale e hanno una durata compresa tra le 4 e le 5 ore.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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1.5.3 La vendita diretta in Francia

La Francia è impegnata sul fronte della vendita diretta con oltre 100 mila imprese coinvolte su un totale di 650 mila unità, per un valore commercializzato pari a 3,6 miliardi di euro.

Una delle modalità di vendita diretta più diffuse è quella dei mercati degli agricoltori.

In particolare, le prime esperienze sono state realizzate 15 anni fa nel Dipartimento dell’Aveyron. La formula ha subito diverse evoluzioni: da «Marché de pays» la denominazione si è trasformata in «Marché de producteurs de pays» e infine in «Marché paysan».

Non si è trattato di una semplice evoluzione linguistica ma di una precisa strategia di marketing: nei «Marché paysan» infatti sono presenti imprenditori agricoli che vendono esclusivamente prodotti propri mentre negli altri casi viene lasciato spazio anche ad artigiani e commercianti di prodotti locali.

Il ruolo di promozione e di coordinamento viene svolto, spesso, dalle Chambres d’agriculture attraverso l’adozione di una carta degli impegni e di un regolamento, che devono essere condivisi, di uno stesso logo e di campagne promozionali.

La carta degli impegni, nello specifico, precisa i requisiti di coloro che intendono partecipare ai mercati, nonché il fatto che debbano essere agricoltori in attività iscritti alla Mutualité sociale agricole (Msa), l’area geografica del mercato e i prodotti autorizzati alla vendita, con il divieto di svolgere attività commerciali.

I mercati degli agricoltori necessitano di un’autorizzazione alla vendita e all’uso del suolo pubblico.

I prodotti posti in esposizione e in vendita devono essere ottenuti con l’impiego di materie prime aziendali e mediante processi di trasformazione non industriali, oltre a essere conformi alle norme vigenti in materia di protezione dei consumatori e sicurezza igienico-sanitaria. Inoltre quasi tutti i mercati prevedono momenti di animazione in quanto contribuiscono al loro successo. Infine, un altro modello organizzativo che sta alla base di questa forma di vendita diretta è quello del consorzio tra produttori locali: ogni produttore versa annualmente la propria quota associativa necessaria per coprire le spese di gestione dei punti vendita e del consorzio stesso. La divisione degli utili inoltre, viene operata in base al volume venduto da ciascun socio.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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2 LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

2.1 La vendita diretta in Lombardia: le dimensioni del fenomeno

Le dimensioni e le caratteristiche della vendita diretta sono in Lombardia aspetti tutt’ora poco conosciuti, ma di importanza strategica per comprenderne le potenzialità e per supportarne lo sviluppo con interventi adeguati. I dati mostrano come il circuito breve di commercializzazione non sia una realtà di nicchia nell’agricoltura lombarda, ma giochi un ruolo di rilievo nella valorizzazione dei prodotti e della cultura agricola locale. Nel 2005, le aziende agricole che vendevano direttamente i propri prodotti erano circa 3.450 - pari al 9,5% del totale regionale pesando per il 2,2% sul totale delle imprese che realizzano vendita diretta in Italia (160mila). Tali dimensioni si riferiscono ad imprese che realizzano la vendita diretta in forma non prevalente (e quindi che commercializzano principalmente all’ingrosso e/o tramite cooperative). Di queste, il 73% (2.516 unità che incidono per il 6,9 % sul totale regionale) realizzavano prevalentemente la vendita diretta intesa quindi come canale di commercializzazione professionale e continuativo, vale a dire un’attività che affianca la produzione, in maniera organica e strutturata. Queste ultime coprivano una superficie di circa 19.500 ettari (2% della SAU regionale) ed erano in grado di generare un fatturato prossimo ai 170 milioni di euro (2,9% della produzione della branca agricoltura in Lombardia).

Figura 2.1– Le aziende agricola che vendono direttamente in Lombardia (2005)

0

2000

4000

6000

Aziende agricole con vendita diretta (> 4

UDE)*

Aziende agricole con vendita diretta**

3.450

6.000-6.500

Fonte: RICA-REA-ISTAT* e stime Nomisma** su dati RICA-REA-ISTAT*.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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E’ importante sottolineare tuttavia, che le stime sono state elaborate sulla base delle informazioni raccolte con la Rilevazione sui Risultati Economici delle Aziende Agricole (REA) e con la Rilevazione della Rete Contabile Agricola (RICA) che prendono in esame solo le aziende con dimensione economica superiore a 4 UDE11 (4.800 euro). Questo significa che rimangono escluse molte imprese di piccole dimensioni per le quali la vendita diretta spesso rappresenta un importante canale di commercializzazione. Espandendo quindi il campione all’universo delle imprese agricole lombarde, emerge che il numero complessivo di aziende che adottano la filiera corta raggiunge le 6.000-6.500 unità, pari a circa l’11% delle imprese agricole in Lombardia.

Un’analisi più approfondita della struttura e delle performance delle imprese agricole che realizzano la vendita diretta in Lombardia permette di delineare i contorni di questo fenomeno con maggior precisione. I dati, raccolti su un campione rappresentativo di 768 aziende agricole lombarde, forniscono le informazioni di base sui risultati economici dell’attività aziendale e consentono di stimarne le principali variabili strutturali.

Tabella 2.1 – Indicatori strutturali e di redditività aziendale: un confronto tra aziende che attuano la vendita diretta e le aziende agricole lombarde in generale (2005)

UM Aziende con vendita diretta

(> 4 UDE) Totale Aziende Lombardia

(>4 UDE)

Valori medi per azienda

SAU ha 10,8 23,9

Capitale fondiario € 602.761 1.216.356

Macchine e attrezzi € 33.013 62.020

Ore totali di lavoro 2.996 4.125

ULA (unità di lavoro annuali) 1,4 1,9

PLV € 81.449 165.414

PLV/SAU €/ha 7.573 6.921

PLV/ULA € 59.817 88.229

Costi variabili/SAU €/ha 2.896 3.206

Costi fissi/SAU €/ha 1.572 1.404

Reddito lordo € 57.003 106.865

Reddito netto € 40.092 73.309

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati RICA-REA.

Dalla tabella 2.1 emerge in maniera chiara come le imprese agricole che realizzano la vendita diretta in Lombardia risultino generalmente di dimensioni inferiori rispetto all’insieme delle aziende lombarde. Questo aspetto si nota in particolare osservando il valore della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) che, nelle aziende che vendono direttamente, è significativamente inferiore (10,8 contro 23,9 ettari).

11 Unità di Dimensione Economica (UDE) rappresenta l'unità di base per il calcolo della dimensione economica aziendale; è l’unità di misura del Reddito Lordo Standard (RLS) di un’azienda agricola; 1 UDE è pari a 1.200 euro.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Anche per quanto riguarda il “capitale fondiario” e il “capitale in macchine e attrezzi” si riscontra una evidente differenza tra le due tipologie aziendali; in entrambi gli indicatori il valore per le imprese con vendita diretta è circa la metà di quello per le aziende nel complesso, a testimoniare la minore dimensione delle prime.

Il numero di ore impiegate nella conduzione dell’azienda – espresse anche in Unità di Lavoro Annuale (ULA)12 – mette in evidenza l’apporto di manodopera necessario nelle due tipologie di imprese, dimostrando che anche nell’azienda più piccola si richiede un impegno consistente.

Tutto ciò si riflette di conseguenza sulle dimensioni economiche delle aziende che praticano la vendita diretta le quali, in termini assoluti, mostrano valori di Produzione Lorda Vendibile (PLV) e di reddito (lordo e netto) nettamente inferiori.

Certamente le imprese di dimensioni superiori sono in grado di realizzare economie di scala con maggiore facilità, tuttavia, l’analisi non si può limitare esclusivamente ad una interpretazione superficiale delle singole variabili, ma deve essere condotta prendendo in esame alcuni indici calcolati come rapporti tra i diversi parametri.

L’indicatore della PLV per unità di superficie misura la produttività della terra, e la sua analisi viene affiancata a quella dell’indice PLV/ULA in quanto entrambi sono parametri fondamentali che forniscono una prima indicazione sul grado di redditività dell’azienda.

In questo caso, il primo indicatore mette in mostra come le aziende che praticano la vendita diretta siano in grado di generare un valore medio della produzione per ettaro più elevato rispetto alla media lombarda (7.573 contro 6.921 euro rispettivamente).

Ciò può essere legato in parte alla tipologia di prodotti venduti – ortofrutta, prodotti lattiero-caseari e trasformati di carne – che hanno un valore aggiunto più elevato rispetto alle commodity e in parte alla possibilità per l’agricoltore di spuntare prezzi più elevati rispetto a quelli che gli verrebbero corrisposti da una cooperativa o da un grossista.

Il rapporto tra PLV e ULA, che esprime la produttività del lavoro, pone l’accento sui limiti collegati alle piccole dimensioni di queste imprese; l’efficienza economica di un addetto in un’azienda con vendita diretta (circa 60.000 euro/ULA) risulta nettamente inferiore a quella media in Lombardia (88.000 euro/ULA) probabilmente a causa delle maggiori difficoltà delle prime a mettere in atto economie di scala.

E’ interessante osservare poi la relazione tra costi e unità di superficie; se da un lato i costi fissi per ettaro risultano molto simili, i costi variabili per ettaro appaiono inferiori nelle imprese con vendita diretta.

Con i dati a disposizione13 è possibile stimare la crescita del valore della vendita diretta in Lombardia negli ultimi 3 anni.

Nel 2005, secondo i dati RICA-REA, considerando solo le aziende con più di 4 UDE che praticano la vendita diretta in modo prevalente (circa 2.500 aziende), si stima un fatturato da vendita diretta in Lombardia pari a circa 170 milioni di euro.

12 Una Unità di Lavoro Annuale è posta pari a 280 giornate lavorate nell’azienda. Le giornate lavorate sono intese come giornate effettivamente lavorate di almeno otto ore. ULA consente confronti omogenei poiché rappresenta una misura standardizzata del lavoro. 13 Per le stime sono stati considerati i dati RICA-REA-ISTAT e i dati provenienti dall’indagine sulle aziende agricole lombarde che verranno ampiamente analizzati nel paragrafo 2.3.

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La proiezione di tale dato al 2007, utilizzando i risultati dell’indagine sulle aziende, dà origine ad un valore pari a circa 190 milioni di euro, con una crescita stimata, dal 2005 al 2007, pari a circa il 10%.

Espandendo il risultato alle circa 6.500 aziende lombarde che praticano una qualsiasi modalità di vendita diretta (senza limitazione dimensionale e non considerando il carattere di prevalenza), si stima un valore complessivo 2007 di circa 387 milioni di euro (pari al 6,0% della produzione lorda vendibile lombarda).

Considerando la spesa alimentare delle famiglie in Lombardia (463 euro mensili14), gli acquisti diretti presso gli agricoltori pesano sul bilancio familiare per circa l’1,7% della spesa alimentare. In valori assoluti, ciò significa che nel 2007 le famiglie lombarde in acquisti diretti agroalimentari hanno speso circa 8 euro ogni mese.

Figura 2.2–Dimensioni economiche della vendita diretta in Lombardia (2007)

* L’incidenza del valore della produzione da vendita diretta sulla PLV della Lombardia deve essere considerato

come indicatore che fornisce un ordine di grandezza per comprendere la portata del fenomeno.

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati indagine diretta sulle aziende agricole lombarde, RICA-REA,

Consumi delle famiglie - ISTAT.

14 Consumi delle famiglie - Istat, 2007.

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BOX 1.4 – Il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia– L’attenzione alla filiera corta

Il PSR 2007-2013 della Regione Lombardia ha dedicato attenzione alla promozione della filiera corta attraverso l’individuazione di alcune misure specifiche (121-123-311) che in modo particolare offrono alle imprese agricole lombarde strumenti e risorse per il perseguimento degli obiettivi individuati rispettivamente dall’Asse 1 (favorire la propensione all’innovazione e all’integrazione di filiera) e dall’Asse 3 (migliorare la qualità della vita nelle aree rurali e promuovere la diversificazione delle attività economiche). De seguito si illustrano strategie e obiettivi di ciascun Asse e le principali caratteristiche delle misure volte a sostenere la filiera corta.

Asse 1 - Strategia dell’asse: favorire negli imprenditori agricoli la piena consapevolezza delle dinamiche

di mercato ed una maggiore propensione all’innovazione ed integrazione di filiera.

Gli obiettivi specifici con cui viene perseguita la strategia sono:

- aumento delle capacità imprenditoriali e valorizzazione delle risorse umane che si realizza tramite le attività di formazione, consulenza, ammodernamento delle aziende, sostegno alla creazione e sviluppo delle imprese, formazione e informazione per la diversificazione dell’economia rurale e attuazione delle strategie di sviluppo locale e l’integrazione con le iniziative del Fondo Sociale Europeo;

- valorizzazione dei giovani imprenditori che si realizza tramite l’aiuto per l’insediamento dei giovani agricoltori, il piano di sviluppo aziendale, la possibilità di utilizzare uno specifico pacchetto di misure, specifiche priorità e condizioni di favore da adottarsi nelle disposizioni attuative delle altre misure;

- sviluppo delle infrastrutture per il miglioramento della competitività delle aziende che operano in montagna che si realizza tramite la realizzazione e manutenzione di opere di servizio e la tutela e riqualificazione del patrimonio rurale;

- adeguamento delle infrastrutture irrigue e salvaguardia del territorio che si realizza tramite la razionalizzazione del sistema irriguo, la salvaguardia e sistemazione idraulica del territorio ed i pagamenti agroambientali;

- innovazione di processo e di prodotto e riconversione produttiva che si realizza tramite l’ammodernamento delle aziende, l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e l’integrazione con le iniziative del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale;

- stimolo alla gestione associata dell’offerta agricola e le relazioni di filiera che si realizza tramite l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e la modalità dei progetti concordati;

- valorizzazione delle produzioni di qualità lombarde che si realizza tramite il sostegno agli agricoltori che partecipano ai sistemi di qualità alimentare e l’attività di informazione e promozione dei prodotti agroalimentari oltre che specifiche priorità da adottarsi nelle disposizioni attuative delle altre misure;

- diffusione di processi produttivi e prodotti di qualità che si realizza tramite l’ammodernamento delle aziende, l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, la cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, e il sostegno agli agricoltori che partecipano ai sistemi di qualità alimentare e l’integrazione con le iniziative del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.

In questo asse alcuni fabbisogni di intervento che già sono stati evidenziati sono emersi come di prevalente interesse dall’analisi e dalle consultazioni e vengono qui riportati :

- rafforzare e sviluppare l’integrazione di filiera (in particolare del settore lattiero-caseario)

- razionalizzare l’uso della risorsa irrigua

- sviluppare e consolidare la filiera corta.

Filiera corta - Il fabbisogno esprime la necessità di consentire un riavvicinamento da parte dei cittadini consumatori alla dimensione produttiva agricola locale e a perseguire opportunità di maggiore reddito per i produttori. Esso trova risposta attraverso specifiche azioni in grado di attivare iniziative per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti aziendali, l’allestimento di spazi vendita interaziendali, la realizzazione di servizi collettivi per la creazione di reti di imprese inter e intra settoriali e di servizi alla commercializzazione e promozione delle produzioni.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Con riferimento a quanto emerso nell’analisi e nel corso delle consultazioni le caratteristiche e i fabbisogni dei settori produttivi e delle diverse aree trovano, nelle priorità che di seguito vengono esplicitate, specifiche indicazioni cui attenersi nel corso dello sviluppo del Programma.

Misure dedicate alla filiera corta nell’ambito dell’Asse 1

121-123 - Accrescere la solidità e la competitività delle imprese agro alimentari e forestali attraverso un'integrazione di filiera in grado di garantire l'organizzazione dell'offerta, l'orientamento delle produzioni base e l'avvicinamento di produttori e consumatori (filiera corta).

Misura 121 – Ammodernamento delle aziende agricole

Motivazione dell’intervento: miglioramento della competitività del settore agricolo in termini di crescita occupazionale, sviluppo sostenibile, innovazione e crescita economica.

Obiettivo della misura: promuovere l’innovazione di processo e di prodotto e la riconversione produttiva delle aziende agricole.

Beneficiari: Le imprese agricole, nella forma di impresa individuale o società agricola, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 99/2004, titolari di partita IVA, iscritte presso la Camera di Commercio al Registro delle Imprese – Sezione speciale imprenditori agricoli o Sezione coltivatori diretti o Sezione speciale imprese agricole, nonché le imprese agricole nella forma società cooperativa agricola, titolari di partita IVA, iscritte all’albo delle società cooperative di cui al D.M. 23 giugno 2004 “Istituzione dell'Albo delle società cooperative, in attuazione dell'art. 9 del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, e dell'art. 223 - sexiesdecies delle norme di attuazione e transitorie del codice civile”. Le imprese agricole possono essere singole o associate.

Tipologie di intervento: Sono ammesse al finanziamento le spese per: (omissis) c) la realizzazione e/o la ristrutturazione degli impianti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti purché di provenienza aziendale per almeno i 2/3 di quelli utilizzati; (omissis).

Finanziamento: Spesa Pubblica Totale (€) 142.988.428 di cui FEASR 61.199.047

Misura 123 – Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali

Motivazione dell’intervento: Il sistema agro alimentare e forestale è caratterizzato da continui cambiamenti che si riflettono negativamente sugli operatori del settore della produzione primaria provocando un aumento dei costi di produzione e, soprattutto, una continua riduzione dei redditi generando di conseguenza una perdita costante di addetti ed un inadeguato ricambio generazionale. Anche per quanto attiene il comparto della commercializzazione e trasformazione dei prodotti agricoli lo scenario di mercato vede la grande distribuzione assorbire sempre più rilevanti quote della catena di valore del prodotto, con una progressiva riduzione dei margini per gli altri operatori del settore. Quanto sopra si traduce in difficoltà per le imprese a mantenere un adeguato grado di competitività e di capacità di accesso al mercato con ripercussioni negative in termini di remunerazione ai produttori di base e di livelli occupazionali del settore stesso. La misura si propone pertanto di contribuire a creare un settore agricolo e forestale più forte e dinamico incentrato sulle priorità della modernizzazione e dell’innovazione delle catene agroalimentare e forestale, in coerenza con l’obiettivo comunitario di un utilizzo sostenibile delle risorse naturali.

Obiettivo della misura: Obiettivi specifici del PSR: • Stimolare la gestione associata dell’offerta agricola e le relazioni di filiera. Obiettivi operativi della misura. L’aiuto viene concesso per incentivare la realizzazione di progetti che garantiscano l’attivazione di sinergie di raccordo tra le fasi di produzione, commercializzazione e trasformazione dei prodotti agricoli e forestali primari per il conseguimento dei seguenti obiettivi operativi: • accrescere la solidità, la competitività e la capacità di penetrazione nel mercato delle imprese agro alimentari e forestali, attraverso un’integrazione di filiera, in grado di garantire l’organizzazione dell’offerta dei prodotti, l’orientamento delle produzioni di base e l’avvicinamento di produttori e consumatori (filiera corta); • incrementare il valore aggiunto delle produzioni agro alimentari e forestali, incentivando l’introduzione di nuovi processi e tecnologie per lo sviluppo di nuovi prodotti di qualità e la valorizzazione dei sottoprodotti, in particolare la creazione di sistemi agro energetici ad uso aziendale; • rispondere alla crescente domanda del mercato di prodotti che garantiscano il benessere e la salute dei consumatori, potenziando lo sviluppo e l’immissione sul mercato di prodotti alimentari di alta qualità e ad elevati standard di sicurezza.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Beneficiari: dei prodotti agricoli e forestali che sostengono l’onere finanziario delle iniziative. I beneficiari sono: • micro, piccole e medie imprese così come definite dalla Raccomandazione 2003/362/CE; • le altre imprese che occupano meno di 750 addetti o con un fatturato annuo inferiore ai 200 milioni di Euro possono accedere all’aiuto con l’intensità massima dimezzata. Nel settore delle foreste il sostegno è limitato alle microimprese. Il sostegno non può essere concesso ad imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

Tipologie di intervento: Le spese ammissibili comprendono: • la costruzione, l’acquisizione o il miglioramento di immobili; • l’acquisto di nuovi impianti e macchinari, ivi inclusi software per personal computer fino al valore di mercato del bene; • costi connessi alle spese di cui ai punti precedenti, quali gli onorari di architetti, ingegneri e le spese per consulenze (comprese quelle relative all’introduzione di sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale e sistemi di rintracciabilità), gli studi di fattibilità, all’acquisizione di diritti di brevetti e licenze fino ad un massimo del 12%. La trasformazione dei prodotti agricoli di cui all’allegato 1 del trattato in prodotti non compresi nel medesimo sono esclusi dal sostegno. Sono esclusi dal sostegno i costi connessi al contratto di leasing, quali il margine del locatore, i costi di finanziamento, costi indiretti ed assicurativi. Sono esclusi dal sostegno gli interventi di sostituzione e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. In particolare, è considerato investimento di sostituzione, l’intervento che: • non modifica in modo significativo i costi di gestione; • non apporta consistenti vantaggi ambientali e di risparmio energetico; • non migliora il benessere degli animali in modo sostanziale. Gli investimenti connessi all’uso del legno come materia prima sono limitati all’insieme delle lavorazioni precedenti la trasformazione industriale.

Finanziamento: Spesa Pubblica Totale (€) 55.831.479 di cui FEASR 23.895.873

Asse 3 - Strategia dell’asse: garantire la permanenza delle popolazioni rurali nelle aree svantaggiate

attraverso il potenziamento del contributo dell’agricoltura al miglioramento della qualità della vita e la

diversificazione dell’economia rurale per creare nuova occupazione.

Gli obiettivi specifici con cui perseguire la strategia sono:

- sostegno dello sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle zone rurali e in ritardo di sviluppo che si realizza tramite la diversificazione in attività non agricole, il sostegno alla creazione e allo sviluppo delle imprese, la tutela e riqualificazione del patrimonio rurale, l’attuazione delle strategie di sviluppo locale e l’integrazione con le iniziative del FESR - sviluppo del turismo rurale e delle piccole attività imprenditoriali collegabili che si realizza tramite l’incentivazione di attività turistiche e l’integrazione con le iniziative del FESR - sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili ed i servizi connessi che si realizza tramite la diversificazione in attività non agricole

- attivazione di servizi essenziali a vantaggio della popolazione rurale e delle imprese locali che si realizza tramite l’uso integrato delle specifiche misure dell’Asse.

In questo asse i fabbisogni emersi come di prevalente interesse dall’analisi e dalle consultazioni sono la pluriattività agricola (sia in aree peri-urbane che collinari/montane) e un sostegno generalizzato per le aree deboli.

Pluriattività - Il fabbisogno relativo alla pluriattività nelle imprese agricole è finalizzato al mantenimento ed incremento dei redditi provenienti dal settore agricolo. Ciò avviene attraverso una diversificazione orientata alla produzione di bioenergie, di servizi di ricettività e turistici, di servizi reali alla popolazione ed agli Enti Locali e lo sviluppo di iniziative per migliorare la dotazione infrastrutturale in particolare quella che si avvale di ICT a fini ricreazionali-ricettivi delle aree rurale e di promozione dell’offerta turistica. Aree deboli - Il sostegno alle aree deboli è evidentemente motivato dalla necessità di garantire una particolare attenzione ad aree del territorio regionale che presentano maggiori difficoltà ad esprimere in forma compiuta le loro potenzialità.

Misure dedicate alla filiera corta nell’ambito dell’Asse 3

311 - diversificare l'attività agricola verso la realizzazione di attività produttive e di servizio (didattica, filiera corta, servizi verdi ecc. ) utilizzando risorse umane e strumentali dell'azienda.

Misura 311 – Diversificazione verso attività non agricole

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Motivazione dell’intervento: La revisione della PAC con l’introduzione del “pagamento unico per azienda” è stata orientata maggiormente verso gli interessi di consumatori e contribuenti, e tende a ridurre il sostegno al reddito degli agricoltori nella forma tradizionale legata alla produzione. Questa nuova impostazione sollecita il mondo agricolo ad una attenta valutazione delle potenzialità di sviluppo del settore e ad orientare la propria attività conformemente alle esigenze del consumatore ed agli stimoli provenienti dal mercato. In tal senso l’agricoltore è incentivato a diversificare la propria attività verso la produzione di beni e servizi non tradizionalmente agricoli ma che con l’agricoltura condividono il contesto della ruralità che assume una funzione primaria nel riequilibrio territoriale - in termini economici e sociali- e nel presidio, tutela e valorizzazione delle risorse ambientali. La multifunzionalità dell’agricoltura, compreso lo sviluppo della filiera bioenergetica per l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, rappresenta un’opportunità economica molto importante per i conduttori d’azienda e per l’intera famiglia agricola.

Obiettivo della misura: a) Obiettivi specifici del PSR: • Sviluppare il turismo rurale e le piccole attività imprenditoriali collegabili; • sostenere lo sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle zone rurali ed in ritardo di sviluppo. • Sviluppare la produzione di energie da fonti rinnovabili e servizi connessi. b) Obiettivi operativi della misura: la misura si prefigge di sostenere le aziende agricole nella diversificazione delle loro attività con l’obiettivo di integrare il reddito aziendale/familiare, attraverso lo svolgimento di attività non tradizionalmente agricole, ma connesse al settore primario in quanto svolte utilizzando prevalentemente attrezzature e risorse afferenti all’attività agricola. Ci si propone quindi di riconoscere all’azienda agricola nuovi di ruoli in campo sociale, nell’educazione alimentare ed ambientale (fattorie didattiche), artigianale, commerciale, di manutenzione del territorio/paesaggio, turistico, di produzione di energia, ecc.. In particolare, i programmi di intervento perseguono i seguenti obiettivi:

1. valorizzare le risorse umane, strutturali e i beni delle aziende agricole, ed il recupero del patrimonio edilizio aziendale agricolo-rurale; 2. consentire di integrare il reddito aziendale/familiare attraverso le opportunità economiche offerte dalla nuova domanda espressa dai consumatori relativamente a beni e servizi rurali non tradizionalmente agricoli; 3. favorire la permanenza della popolazioni nei territori rurali, in particolare nelle aree più marginali e svantaggiate, promuovendo le opportunità occupazionali; 4. riconoscere nuovi ruoli e funzioni all’impresa agricola, con compiti di presidio, tutela e valorizzazione delle risorse culturali e ambientali, favorendo lo sviluppo in ambito rurale di attività a carattere turistico, sociale, didattico, energetico e commerciale; 5. sostenere le aziende agricole nel processo di diversificazione ed ampliamento della loro attività, sviluppando la capacità di produzione di beni e servizi extra-agricoli, in particolare a riguardo di: a. energia da fonti rinnovabili; b. agriturismo e piccole attività imprenditoriali collegabili; c. integrazione e multifunzionalità delle attività agricole nelle zone rurali e in ritardo di sviluppo.

Tipologie di intervento: (omissis) 3. Altre attività di diversificazione (turismo rurale, fattorie didattiche, filiera corta, ecc.) Investimenti per la modifica ed il recupero di strutture aziendali e fabbricati rurali e l’acquisto di strumentazione ed attrezzature al fine di: a. creare percorsi in azienda, piste ciclabili, percorsi vita, itinerari didattico-naturalistici; b. realizzare attività di custodia, pensione e servizi per gli animali domestici e i cavalli; c. consentire l’ospitalità in azienda per l’attività didattica e di divulgazione naturalistica e agroambientale rivolte in particolare a scolaresche o gruppi, la cura e custodia di bambini (agrinidi), il recupero e re/inserimento di persone socialmente deboli (fattorie sociali; ospitalità a favore di anziani, minori, diversamente abili, persone in terapia, ecc.); d. adeguare i servizi igienico sanitari, anche per persone diversamente abili, e migliorare i requisiti di sicurezza e di prevenzione dei rischi legati all’attività di diversificazione in azienda, con l’adozione di sistemi avanzati e superiori ai livelli stabiliti dalla legge e. realizzare investimenti aziendali connessi e complementari alle iniziative di turismo rurale e dei servizi essenziali promosse da enti pubblici e associazioni nell’ambito delle misure 313 e 321.

Beneficiari: a. Le imprese agricole, nella forma di impresa individuale o società agricola, nonché nella forma di società cooperativa agricola. b. I soci, persone giuridiche che esercitano un'attività agricola in azienda o persone fisiche, di una società agricola o di una cooperativa agricola. c. I familiari conviventi, ad esclusione dei lavoratori agricoli, del titolare di impresa agricola individuale o dei soci di cui al punto b, che collaborino all’attività di impresa agricola stessa. Per gli interventi di cui al punto “2-Agriturismo” i beneficiari sono solo quelli al punto a.).

Finanziamento: Sostegno pubblico totale (€) 53.204.485 di cui FEASR (€) 23.675.996

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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2.2 I mercati degli agricoltori in Lombardia

Già oggi, il modello di vendita in mercati degli agricoltori si è diffuso con successo sul territorio lombardo. Questa è una realtà in rapida evoluzione. Attualmente15, si stima siano attivi in Lombardia 34 mercati a vendita diretta localizzati prevalentemente (45%) nelle province di Milano e Mantova mentre i rimanenti sono distribuiti in maniera omogenea tra le altre province (figura 2.3).

Una serie di domande poste ai produttori agricoli nell’ambito dell’indagine diretta sulle aziende agricole lombarde ha permesso di estrapolare alcune informazioni su caratteristiche e peculiarità di ciascun mercato permettendo di fornire un quadro più dettagliato del fenomeno.

Figura 2.3- Distribuzione dei mercati a vendita diretta nelle province lombarde

Brescia9%

Bergamo12%

Como9%

Cremona9%

Lecco6%

Mantova21%

Milano24%

Pavia9%

Varese3%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Dalla tabella 2.2 emergono infatti alcune differenze sostanziali ma anche diversi punti in comune tra i mercati degli agricoltori lombardi.

15 Il dato potrebbe non essere esaustivo poiché la realtà dei mercati a vendita diretta è in rapida evoluzione ed è quindi difficile poter avere una fotografia precisa. I numeri di riferimento sono comunque aggiornati al 30 settembre 2008.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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La frequenza e le giornate in cui vengono proposti questi eventi varia da mercato a mercato passando da una cadenza settimanale ad una quindicinale o mensile. In alcuni casi vengono realizzati solamente in determinati periodi dell’anno o in corrispondenza di particolari fiere o sagre.

Prendendo in esame le valutazioni espresse dagli stessi produttori sui mercati in cui si trovano ad operare, si denotano alcuni punti di forza tra cui i migliori margini di guadagno che possono scaturire da questa attività. I maggiori incassi sono legati alla buona affluenza di visitatori, spesso determinata a sua volta da una posizione favorevole nel centro urbano di riferimento.

E’ interessante notare inoltre come gli stessi agricoltori valutino positivamente l’opportunità che viene loro data di entrare in contatto diretto con il consumatore, spesso interessato a conoscere l’azienda e i processi produttivi.

Dall’altro lato, sono emersi, solo in pochi casi, alcuni punti di debolezza di tali mercati. In primo luogo, è stata segnalata la scarsa costanza nella presenza dei produttori alcuni dei quali non frequentano il mercato con regolarità, venendo in qualche modo meno le opportunità di fidelizzazione nei confronti degli utenti. A ciò si aggiungono i costi di gestione e il maggior impegno che viene richiesto all’agricoltore rispetto alla normale attività di coltivazione e allevamento.

Gli aspetti più generali, non legati necessariamente al singolo mercato, verranno ulteriormente sviluppati nel paragrafo successivo in cui sono illustrati tutti i risultati dell’indagine sulle aziende agricole lombarde.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

BOZZA 47

Tabella 2.2 - I mercati a vendita diretta della Lombardia *

Comune PR Mercato Frequenza Giornata Durata Area Organizzazione Opinioni rilevate presso gli agricoltori **

Brescia BS Mercato 47 Settimanale Venerdì Pomeriggio Privata Centro Sociale Lonato BS Mercatino degli agricoltori Mensile Domenica (II) Mattina Privata Buona visibilità ed affluenza Sale Marasino BS Mercato a km zero Settimanale Sabato Mattina Pubblica Comune, Coldiretti Località turistica

Bergamo BG Farmers’ market Settimanale Venerdì Mattina Pubblica Coldiretti Buona affluenza, posizione centrale, ma poco pubblicizzato

Lovere BG Farmers’ market Settimanale Mercoledì Mattina Pubblica Comune, Coldiretti

Treviglio BG Farmers’ market Settimanale Mercoledì Mattina Pubblica Coldiretti Strutture soddisfacenti ma affluenza non adeguate alle esigenze degli agricoltori

Clusone BG Occasionale Domenica Mattina

Cantù CO Agrimercato degli agricoltori comaschi

Bisettimanale Martedì (I e III) Mattina Pubblica Coldiretti Buona affluenza, buona posizione, poca costanza nella presenza delle aziende

Lomazzo CO Agrimercato degli agricoltori comaschi

Bisettimanale Sabato (II e IV) Mattina Pubblica Coldiretti Buona affluenza, poca costanza nella presenza delle aziende

Olgiate Comasco CO Agrimercato degli agricoltori comaschi

Bisettimanale Sabato (I e III) Mattina Pubblica Coldiretti

Cremona CR Farmers market Mensile Domenica (II) Mattina Pubblica Coldiretti Buona remuneratività Casalmaggiore CR Mercato contadino Mensile Sabato Mattina Pubblica Coldiretti Crema CR Farmers market Bisettimanale Domenica (I e III) Mattina Pubblica Coldiretti Lecco, Mandello, Calolziocorte, Oggiono, Calatenuovo

LC Carovana dei produttori agricoli

Settimanale (a rotazione)

Variabile Intera giornata Provincia, Cons. imprenditori agricoli

Osnago LC Mercato agricoltori lecchesi 2 v. settimana Mercoledì e Sabato Pomeriggio e intera giornata

Pubblica Cons. imprenditori agricoli

Milano MI Farmers’ market Settimanale Mercoledì Mattina Pubblica Coldiretti, Consorzio agrario Milano MI Farmers’ market Mensile Sabato (II) Mattina Pubblica Coldiretti Elevata affluenza di pubblico

Milano MI Mercato contadino Mensile Mercoledì (I) Mattina Pubblica Cia Ottimo contatto con i consumatori, difficoltà burocratiche

Melegnano MI Mensile Domenica (III) Mattina Pubblica Cia Buona partecipazione di consumatori Pessano con Bornago MI Mercato a km zero Mensile Sabato Mattina Pubblica Coldiretti Cesano Boscone MI Mercato agricolo Mensile Domenica (II) Intera giornata Pubblica Gorgonzola (SOSPESO) MI Farmers’ market Mensile Domenica (I) Pubblica Coldiretti Vimercate MI Farmers’ market Mensile Sabato (IV) Intera giornata Pubblica Coldiretti Posizione poco favorevole Mantova MN Mercato contadino Settimanale Sabato Mattina Pubblica Cons. operatori agrituristici Ottima risposta dei consumatori Asola MN Mercato contadino Settimanale Mercoledì Mattina Pubblica Cons. operatori agrituristici Ottimo contatto con i consumatori Castiglion delle Stiviere MN Mercato contadino Settimanale Giovedì Mattina C.comm.le Cons. operatori agrituristici Consumatori poco attenti alla qualità Ostiglia MN Mercato contadino Settimanale Sabato Mattina Pubblica Cons. operatori agrituristici Sermide MN Mercato contadino Settimanale Domenica Mattina Pubblica Comune Suzzara MN Mercato contadino Settimanale Venerdì Mattina Pubblica Comune e Associazioni di cat. Recente costituzione Viadana MN Mercato contadino Settimanale Mercoledì Mattina Pubblica Comune e Associazioni di cat. Pavia PV Mercato a impatto zero Settimanale Sabato Mattina Privata Coldiretti Vigevano PV Farmers’ market Mensile Domenica (IV) Mattina Pubblica Coldiretti Voghera PV Farmers’ market Mensile Domenica (II) Mattina Pubblica Coldiretti Luino VA Mercato dei produtt. locali Settimanale Mercoledì Intera giornata Pubblica Associazione di produttori

* La tabella rappresenta una fotografia al 30 settembre 2008. Il fenomeno è in continua evoluzione; potrebbero pertanto essere avvenute alcune variazioni, nel corso dei mesi, anche in relazione alle

caratteristiche dei mercati stessi e le informazioni raccolte potrebbero non essere esaustive. ** Indicazioni emerse nell'ambito dell'indagine sugli agricoltori.

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

48

2.3 L’indagine sulle aziende agricole Lombarde: metodologia e profilo del campione

L’indagine sulla vendita diretta si è rivolta alle aziende agricole lombarde che, tra le modalità di commercializzazione, utilizzano la vendita senza intermediari in una delle sue possibili forme (in azienda, in mercati rionali, in mercati di agricoltori, e-commerce, durante fiere e sagre, ecc.).

L’indagine ha seguito un piano di campionamento complesso che ha definito le ‘regole’ da seguire per selezionare le aziende del campione. E’ stato infatti adottato un campionamento stratificato in base a due variabili: provincia ed orientamento produttivo prevalente dell’azienda.

Per assicurare precisione dei risultati raccolti, l’indagine ha coinvolto l’effettivo responsabile della gestione dell’impresa agricola e si è basata sulla realizzazione di interviste telefoniche o face to face16, sulla base di un questionario strutturato a prevalente risposta chiusa, composto da 5 sezioni tematiche:

1. Le modalità di vendita diretta;

2. La dimensione economica della vendita diretta;

3. La vendita diretta nei mercati;

4. Verifica di alcune ipotesi di sviluppo della vendita diretta in mercati contadini;

5. Il profilo dell’azienda.

L’indagine ha complessivamente coinvolto 492 aziende agricole; il tasso di campionamento è pertanto molto ampio (pari al 7-8% dell’universo di riferimento –composta da circa 6.500 aziende). L’errore delle stime ad un livello fiduciario del 95% è inferiore al 4%.

L’indagine rappresenta quindi un patrimonio importante per la conoscenza del fenomeno oggetto di studio; per le modalità organizzative adottate e per l’ampia dimensione campionaria, i risultati sono infatti da considerarsi rappresentativi anche per l’universo di riferimento.

2.3.1 Il profilo del campione di indagine

Riflettendo la struttura agricola nel suo complesso, la maggior parte delle aziende agricole lombarde con vendita diretta è guidata prevalentemente da un conduttore maschio (77%).

Rispetto alla distribuzione per classe d’età, le aziende lombarde che svolgono vendita diretta sono nettamente sbilanciate verso le classi più giovani: ben il 43% delle aziende con vendita diretta è condotta da agricoltori con meno di 35 anni, contro il 20% del totale delle aziende agricole lombarde.

16 L’indagine è stata realizzata grazie alla preziosa collaborazione delle organizzazioni agricole lombarde (Coldiretti, Confagricoltura, Cia) che hanno contribuito sia alla fase di progettazione che alla realizzazione dell’indagine. A tutti coloro che hanno partecipato attivamente a tale attività (coordinatori e intervistatori) va chiaramente rivolto un sentito ringraziamento.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

49

Al contrario la percentuale di imprenditori agricoli con 65 anni o più è decisamente più bassa (9% contro un 36% sul totale). L’età media, più bassa rispetto al sistema agricolo nel suo complesso, supera di poco i 47 anni.

Figura 2.4 – Confronto per età del conduttore tra totale aziende agricole lombarde e aziende agricole con vendita diretta (%)

5,9

13,6

20,1

24,8

35,6

14,6

28,031,9

15,2

9,1

0

5

10

15

20

25

30

35

40

<35 35-44 45-54 55-64 >=65

Totale az. Agricole lombarde Az. agr. con vendita diretta

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia e

Eurostat.

Oltre la metà dei conduttori agricoli possiede almeno un diploma e circa il 7% ha conseguito una laurea. Da notare anche la percentuale (14%) di coloro che possiedono un titolo di studio pertinente all’attività svolta: l’11% possiede un diploma di perito agrario, il 3% una laurea in agraria o veterinaria.

Figura 2.5 – Titolo di studio del conduttore (%)

46,1 46,1

11,26,7

3,0

0

10

20

30

40

50

60

Elem. Media

Diploma di cui: perito agr.

Laurea di cui: agraria o

vet. Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

50

La quota di aziende con vendita diretta che presenta dimensioni fondiarie rilevanti è superiore rispetto al totale delle aziende agricole lombarde: circa il 18% ha una superficie agricola superiore a 50 ettari contro il 9% del totale.

Rispetto alle dimensioni economiche, le aziende agricole lombarde con vendita diretta hanno per lo più un fatturato inferiore a 50 mila euro (40%). Rilevante è, tuttavia, anche la quota al di sopra a 250 mila euro, pari a circa il 12%.

Si tratta soprattutto di aziende a conduzione diretta con utilizzo di manodopera esclusivamente (62%) o prevalentemente familiare (25%).

Figura 2.6 – Confronto per dimensioni poderali tra totale aziende agricole lombarde e aziende agricole con vendita diretta (%)

50,6

29,7

11,55,6 2,7

32,6 31,9

17,411,9

6,2

0

10

20

30

40

50

60

0-5 ha 6-20 ha 21-50 ha 51-100 ha 100+ ha

Totale az.agricole

Az.agr. con vendita diretta

Fonte:indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia e

Istat.

Figura 2.7 – Classi di fatturato delle aziende agricole lombarde con vendita diretta (%)

39,6

24,2

11,0 11,4 11,8

05

1015202530354045

<50mila € 51-100 mila €

101-160 mila €

161-250 mila €

>251 mila €

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Il 61% delle aziende lombarde che esercita la vendita diretta pratica prevalentemente agricoltura convenzionale; il 19% delle aziende è dedita in maniera prevalente a produzioni con marchio a denominazione (DOP-IGP e DOC-DOCG-IGT). Anche la produzione biologica ha

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

51

una sua rilevanza: circa il 9% produce prevalentemente seguendo tale disciplinare. Indipendentemente dalla prevalenza, circa il 40% realizza produzioni certificate.

Tabella 2.3 – Tipologia di produzione delle aziende agricole con vendita diretta % Convenzionale 61,4 Marchi DOP-IGP-DOC-DOCG 18,9 Integrata 9,6 Biologica 8,9 Non risponde 1,2 Totale 100

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

La vendita diretta rappresenta il canale di commercializzazione prevalente per il 71% delle aziende. Tra gli altri canali utilizzati, si distingue l’ingrosso (canale principale per l’11% delle aziende e comunque utilizzato dal 25%). Segue il conferimento a cooperative (6% come canale principale e 10% sul totale dei canali tuilizzati).

Si rilevano tuttavia differenze notevoli per settore: il vitivinicolo si caratterizza per una quota di fatturato molto elevata derivante dalla vendita diretta, pari in media a oltre l’80%. Tale canale ha un peso molto rilevante anche per la zootecnia da carne e il settore “altro”, rappresentando rispettivamente il 76% e il 78% del fatturato. Per il lattiero-caseario invece, oltre alla vendita diretta (che rappresenta il 71% del fatturato), è importante la quota derivante dal conferimento a cooperative, canale principale per 15% delle aziende.

Diversa la distribuzione del fatturato per canale dei settori ortoflorofrutticolo e seminativo, per i quali la vendita diretta rappresenta rispettivamente il 57% e il 51%. L’ortoflorofrutticolo in particolare commercializza il 26% del fatturato attraverso la vendita all’ingrosso, di cui i mercati ortofrutticoli rappresentano una fetta importante (16%). I seminativi invece vendono più del 20% del fatturato a imprese di trasformazione e circa il 18% all’ingrosso.

Praticamente nulla la percentuale di aziende che vende direttamente i propri prodotti all’estero.

Tabella 2.4 – Principali canali di commercializzazione dei prodotti aziendali in relazione al valore della produzione

1a risposta

% Multipla

%

Vendita diretta 70,7 100,0 Ingrosso 11,0 24,7 Conferimento a cooperative 5,9 10,4 Imprese della trasformazione 3,9 8,4 Mercati ortofrutticoli all’ingrosso 3,7 8,0 Grande distribuzione/catene distributive 3,0 9,2 Export diretto 0,4 1,6 Altro Specificare 1,0 1,8 Non risponde 0,4 0,4 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

52

L’attività di vendita diretta è stata introdotta recentemente dal 10% delle aziende, un quarto la pratica da meno di 5 anni. Una quota più elevata (33%) ha fatto della vendita diretta un canale privilegiato per l’accesso al mercato da oltre 15 anni. Nella maggior parte dei casi non si tratta quindi di una pratica recente.

Figura 2.8 – Da quanti anni l’azienda ha introdotto modalità di vendita diretta? (%)

f ino a 2 anni; 10,4

3-5 anni; 15,0

6-15 anni; 40,4

più di 15 anni; 33,1

Non risponde;

1,0Media: 15 anni

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

La vocazione multifunzionale delle aziende si traduce anche, in alcuni casi, in una introduzione di servizi che esulano l’attività strettamente produttiva. Tra questi si distinguono l’attività agrituristica e l’introduzione di fattorie didattiche.

Il 17% delle aziende con vendita diretta solve anche attività agrituristiche, prevalentemente rivolte al servizio di sola ristorazione (7% delle aziende agricole lombarde con vendita diretta) o al servizio misto di ristorazione e pernottamento (6%).

Circa il 9% delle aziende ha integrato l’attività con la creazione di fattorie didattiche, che accogliendo scuole e gruppi di interesse, nascono dalla necessità di comunicazione diretta fra l'agricoltore e rappresentano un momento di collegamento tra città e campagna.

Figura 2.9 – Multifunzionalità delle aziende agricole lombarde con vendita diretta (%)

fa attività agrituristica?

17,3

82,7

0

20

40

60

80

100

No Si

è una fattoria didattica?

9,3

90,7

0

20

40

60

80

100

No Si Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

53

L’attività multifunzionale delle aziende agricole lombarde con vendita diretta si esercita chiaramente anche attraverso la produzione e la valorizzazione dei prodotti del territorio. Il 19% delle aziende produce vini a marchio di denominazione di origine; il 10% produce invece a marchio DOP-IGP (cfr. tabella 2.3). Il biologico coinvolge un gruppo di aziende con dimensione analoghe.

2.4 Le modalità e la dimensione economica della vendita diretta dell’azienda

Tra le motivazioni per cui le aziende agricole lombarde hanno introdotto la vendita diretta emerge in linea generale l’esigenza di una maggiore redditività aziendale.

Circa l’81% delle aziende individua elementi riconducibili a tale fattore, declinato secondo diverse accezioni. Tramite la vendita senza intermediazioni si ricerca soprattutto stabilità del reddito aziendale (40% sulle prima risposta in ordine di importanza) e una possibilità di spuntare un prezzo superiore rispetto a quello ottenuto negli altri canali (27%). Tra gli altri elementi che concorrono al miglioramento della performance aziendale vengono riconosciuti la possibilità di ottenere un incasso immediato (8%) e di creare una opportunità di lavoro per i familiari (6%).

Oltre alle motivazioni strettamente attinenti alla redditività, vi sono fattori riconducibili ad aspetti maggiormente legati alle opportunità di promozione aziendale, che è citata, considerando tutte le sue possibili declinazioni, dal 17% delle aziende.

Figura 2.10 – Motivazioni dell’introduzione della vendita diretta

(prima risposta in ordine di importanza, %)

40,4

27,4

7,7

5,9

7,1

4,7

2,6

2,4

1,0

0,6

0 10 20 30 40

Maggiore stabilità al reddito

Spuntare un prezzo superiore

Avere un incasso immediato

Creare una opport. di lavoro ai familiari

Far conoscere il nome dell’azienda

Fare conoscere i prodotti locali

Far apprezzare prod. di stagione

Sbocco di mercato a prodotti altrimenti non vendibili

Altro

Non risponde

REDDITIVITA'81%

PROMOZIONE17%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

54

Tra le diverse forme prevale la possibilità di far conoscere il nome e l’immagine dell’azienda (7%), di consentire una maggior conoscenza dei prodotti del territorio (5%), di consentire un ritorno ad abitudini alimentari che privilegiano prodotti di stagione o con una giusta maturazione (3%) e di trovare uno sbocco per prodotti altrimenti difficilmente vendibili (2%).

Se si incrociano poi le motivazioni con gli orientamenti produttivi delle aziende si nota come le aziende specializzate in seminativi (49%), vino (47%) e zootecnia da carne (43%) siano maggiormente sensibili alla possibilità di conferire maggiore stabilità al reddito mediante la vendita diretta.

Viceversa i produttori ortofrutticoli (35%) e gli allevatori di bestiame da latte (34%) appaiono, rispetto ai colleghi, maggiormente focalizzati a spuntare prezzi superiori rispetto agli altri canali di commercializzazione. Interessante anche il dato dei viticoltori relativamente alla possibilità di far conoscere il nome aziendale; per il 16% di essi è la prima ragione che li ha spinti ad implementare modalità di vendita diretta.

Per molte aziende la vendita diretta costituisce quindi un’importante via d’accesso al mercato finale e quindi un’opportunità per l’azienda stessa. Tale indicazione si conferma anche dall’analisi del fatturato commercializzato tramite la vendita diretta. Una quota rilevante di aziende fa della vendita diretta una modalità di commercializzazione pressoché esclusiva dei propri prodotti: per il 35% delle aziende lombarde il fatturato aziendale afferisce completamente (100%) a tale canale di vendita. La stessa percentuale supera il 43% per le aziende vitivinicole, lattiero-caseario e del settore “altro”.

Tabella 2.5 – Incidenza della vendita diretta sul totale fatturato azienda % Fino al 25% 17,5 Dal 25% al 50% 14,6 Dal 50% al 75% 12,6 Dal 75% al 99,9% 18,3 100% 34,8 Non risponde 2,2 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Se si considerano le sole aziende multi-canale (circa il 63%), la vendita diretta assume comunque un ruolo rilevante: mediamente, tramite tale canale “passa” il 52% del fatturato dell’azienda; il restante 48% deriva invece dalla vendita tramite altre modalità di commercializzazione.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

55

Figura 2.11 – Stima del fatturato medio da vendita diretta per le aziende multicanale (%)

Fatturato derivante da vendita

diretta52%

Fatturato aziendale derivante da altri canali48%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Per definire meglio i contorni del fenomeno occorre integrare tale informazione osservando ciò che accade nelle diverse tipologie aziendali.

La quota di fatturato ottenuto da vendita diretta assume, come era lecito attendersi, una forte correlazione con la dimensione economica dell’azienda. Nelle aziende di piccole e medie dimensioni la quota commercializzata direttamente è pari al 70-80% del fatturato; nelle aziende più strutturate tale quota, seppur rilevante, si riduce mediamente al 20-30%.

Altre considerazioni possono essere tracciate poi relativamente alla tipologia produttiva prevalente. Aziende vitivinicole e zootecniche da carne hanno quote superiori al 70% di fatturato commercializzato senza intermediari.

Figura 2.12 – Incidenza media del fatturato da vendita diretta sul fatturato totale per dimensione aziendale e tipologie produttive (%)

80,4 72,060,1 56,4 52,7

35,726,0

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<50m

ila €

51-1

00m

ila €

101-1

60m

ila €

161-2

50m

ila €

251-5

00m

ila €

501m

ila-1

mln

>1m

ln €

77,0 76,0 70,0 66,0 59,0 53,0

0%

20%

40%

60%

80%

100%

vitivi

nic

olo

altro

zoot.

car

ne

zoote

c. la

tte

orto

frutt

icolo

sem

inat

ivo

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

L’attività di vendita diretta viene esercitata attraverso differenti modelli.

La vendita in azienda è senz’altro il modello maggiormente diffuso: il 91% delle aziende che vendono direttamente lo fanno anche in azienda. Tale modalità si rivolge quasi esclusivamente a consumatori e famiglie anche se la metà delle aziende che usa tale modalità vende, più saltuariamente, anche a turisti.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

56

In realtà in Lombardia il modello di vendita diretta di prodotti agroalimentare è assai più complesso e prevede l’integrazione di diverse modalità di vendita.

Solo il 27% usa la vendita in azienda come modalità pressoché esclusiva. Tra gli altri modelli è decisamente diffusa la vendita senza intermediari a negozi al dettaglio o supermercati locali (44%) e a ristoranti e ad altre tipologie di pubblici esercizi (45%).

Tali formule rappresentano un’ulteriore incentivazione dei prodotti a “chilometro zero”. Quasi la metà (43%) delle aziende vende i prodotti sfruttando le occasioni offerte da sagre e feste di paese. Esiste inoltre un gruppo di aziende che usa la vendita diretta secondo formule più “strutturate” attraverso la partecipazione a mercati di soli agricoltori (14%) o a mercati misti di tipo rionale (13%). Infine, seppur meno diffuse, vi sono altre modalità che offrono agli agricoltori l’opportunità di vendere direttamente: l’e-commerce (8%), i mercati ortofrutticoli (8%), la vendita per corrispondenza (7%) o lungo le strade (3%).

Figura 2.13 - Oggi l'azienda vende direttamente senza intermediari i propri prodotti … (%)

91,3

49,0

44,5

43,5

43,3

13,8

13,0

8,3

7,5

7,1

3,3

8,3

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

... in azienda, a consumatori, famiglie, gruppi di acquisto?

... in azienda, a turisti?

... a ristoranti, bar e altri pubblici esercizi?

... a negozi al dettaglio e/o supermercati locali?

... durante feste/sagre di paese, manifestazioni fieristicheo altri momenti simili?

... in mercati contadini (in cui sono presenti SOLOproduttori) organizzati su aree pubbliche/private?

... in mercati rionali (presenti sia produttori checommercianti) organizzati su aree pubbliche/private?

... tramite internet (E-commerce)?

... agli utenti di mercati ortofrutticoli all'ingrosso (adesempio dettaglianti o consumatori) in aree dedicate ai

produttori?

... tramite corrispondenza?

... con un furgone/auto posizionato lungo le strade o inaltre aree pubbliche?

... con formule diverse da quella appena elencate?

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Attenzione particolare merita il settore vitivinicolo, che si distingue per un modello diverso di vendita diretta, molto più orientato alla vendita a turisti, praticata dal 70% delle aziende, ed a ristorazione e pubblici servizi (77%). Diffusa è anche la vendita on-line (20%) o per corrispondenza (19%), mentre più bassa è l’incidenza di aziende che vendono in mercati rionali (7%) o degli agricoltori (8%).

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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All’opposto la zootecnia da carne si distingue per la quota più elevata di preferenze per la vendita nei mercati degli agricoltori (23%) e rionali (17%).

Considerando la distribuzione del fatturato tra le diverse tipologie, si conferma l’importanza della vendita in azienda: in media circa il 63% del fatturato da vendita diretta viene ottenuto secondo tale modalità; la percentuale sale al 70% tra le aziende del settore altro e al 66% per i seminativi e la zootecnia da latte. Gli altri canali di vendita diretta vanno a costituire mediamente quote di fatturato decisamente inferiori, pur con alcuni distinzioni per alcuni settori: tra questi, il fatturato che deriva dalla vendita a negozi al dettaglio è mediamente pari al 10% (14% nell’ortoflorofrutticolo); per ristoranti e pubblici esercizi si raggiunge un peso pari all’8%, che sale al 17% nel settore vitivinicolo.

Figura 2.14 – Fatturato medio da vendita diretta per tipologia di canale (%)

In azienda63%

Negozi dettaglio10%

Ristoranti e pubbl. es.8%

Altro6%

Feste/sagre5%

Mercati contadini4%

Mercati rionali3%

Internet /Corrisp.1%

Furgone lungo strade0,4%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Consumatori e famiglie si confermano i principali clienti anche in termini di fatturato aziendale: i prodotti venduti a tale tipologia di cliente rappresentano infatti in media il 71% del fatturato delle aziende lombarde che vendono direttamente. Segue la vendita ad esercizi commerciali (20% del fatturato), tra cui prevale la vendita ai negozi al dettaglio (12%).

Figura 2.15 – Fatturato medio da vendita diretta per tipologia di acquirente (%)

Consumatori /Famiglie

71%

Negozi dettaglio

12%

Ristoranti /Pubbl.es.

8%

Turisti4%

Gruppi d'acquisto

1%

Associazioni1%

Altro3%

Fonte: Indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Fra le tipologie di prodotto commercializzati, sono maggiormente diffusi i prodotti iscritti nell’elenco dei prodotti tradizionali (37% delle imprese), soprattutto fra quelle aziende che fanno esclusivamente vendita diretta (per cui la percentuale sale al 59%). Seguono i vini a marchio DOCG-DOC-IGT, venduti dal 27% delle aziende totali, e dal 96% delle aziende vitivinicole. I prodotti a marchio DOP o IGP invece vengono commercializzati soprattutto dalle aziende del lattiero-caseario (38% di aziende contro una media del 15%).

Figura 2.16 – Nel 2007, tramite vendita diretta, l’azienda ha commercializzato …? (%)

37,4

27,3

15,3 14,410,1

05

101520253035404550

Prodottitradizionali

Vini DOCG-DOC-IGT

ProdottiDOP-IGP

Prodottibiologici

Prodotti alotta

integrata Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Le aziende lombarde convogliano tramite la vendita diretta prodotti che chiaramente riflettono la vocazione del territorio. Considerando la rilevanza in base al fatturato, si distinguono soprattutto formaggi e vini. Per il 21% delle aziende i formaggi rappresentano il prodotto venduto direttamente più importante in termini di fatturato. I vini sono il prodotto principale per il 19% delle aziende. Le tipologie di prodotti vendute sono comunque parecchie. In tal senso occorre considerare la quota di aziende, che indipendentemente dall’importanza sul fatturato, vendono i diversi prodotti. Il 39% delle aziende che fa vendita diretta commercializza formaggi, il 37% vino e “piante e fiori”. Importante è la quota di aziende che vende direttamente ortaggi (24%), il miele e gli altri prodotti dell’apicoltura (22%), la frutta (20%), la carne (19%) e i salumi (15%).

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Tabella 2.6 – Prodotti commercializzati con vendita diretta

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Per potenziare un canale di vendita così importante come la vendita diretta, le aziende lombarde si sono attivate attraverso due modalità principali: la pubblicità presso il consumatore finale (43,7%) e l’ampliamento del numero di occasioni di vendita diretta (30%). Esiste comunque un gruppo di aziende che non fa nulla (16,5%) e non ha ritenuto opportuno adottare alcun tipo di attività di potenziamento di tale modalità di vendita. Ciò è vero soprattutto per le aziende della zootecnia da latte, per cui la percentuale di “inattivi” sale al 25%.

1a risposta Multipla

Formaggi 21,1 38,6 Vini/Spumanti/Distillati 18,9 36,7 Piante e fiori 12,2 36,5 Ortaggi 6,9 24,5 Miele/Prodotti dell'apicoltura 8,9 22,2 Carne 7,3 19,4 Frutta 8,3 19,6 Salumi 4,5 14,7 Riso e cereali 4,3 6,3 Latte 3,0 4,5 Uova 0,6 1,4 Farine 0,8 2,7 Olio 0,4 1,6 Marmellate e conserve 0,8 4,5 Burro e altri derivati del latte 0,4 3,7 Pasta 0,0 0,4 Altro 1,2 5,1 Non risponde 0,2 0,2 Totale 100,0

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

60

Figura 2.17 – L’azienda ha potenziato la vendita diretta tramite …

(prima risposta, %)

16,5

5,1

3,0

8,3

10,6

4,1

1,6

5,3

1,8

43,7

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Pubblicità al consumatore

Apertura di un sito Internet

Adesione a circuiti di promozione del territorio

Aumento del numero di prodotti vendutidirettamente

Maggior numero di canali di vendita diretta

Partecipazione a feste e sagre paesane

Partecipazione a mercati contadini

Altro

La vendita diretta non è stata potenziata inalcun modo

Non risponde

PUBBLICITA' E PROMOZIONE

48,5%

INCREMENTO OCCASIONI

26%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Le motivazioni che inducono le aziende a introdurre la vendita diretta vedono una soddisfazione delle attese di stabilizzazione del reddito e della ricerca di maggiori margini.

Rispetto agli altri canali, il 29% delle aziende riesce infatti a spuntare prezzi anche superiori al 25%. Un ulteriore 33% riesce mediamente ad ottenere un prezzo superiore (tra il +10 e +25%).

Tabella 2.7 – La vendita diretta consente di ottenere un prezzo … % Anche molto più elevato (anche oltre il 25%) 29,1 Con una differenza compresa tra il 10% e il 25% 32,9 Con una differenza non superiore al 10% 18,5 Sostanzialmente identico 4,9 Non so, perché vendo tutto direttamente 10,4 Non risponde 4,3 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Per alcune tipologie di prodotto, in particolare, il differenziale rispetto agli altri canali raggiunge livelli elevati.

In media la vendita diretta consente di spuntare un prezzo superiore di circa il 45-50%, rispetto alla vendita a grossisti, e del 25-30% rispetto alla grande distribuzione, ma si rilevano forti differenziazioni rispetto alle tipologie di prodotto vendute.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

61

Per la frutta, ad esempio, la vendita diretta consente di ottenere un differenziale che può arrivare anche al 75% in più rispetto a quanto spuntato nella vendita all’ingrosso. Differenziale analogo si registra nella vendita di piante e fiori. Leggermente inferiore il “guadagno” unitario relativo agli ortaggi, pari a circa il 60%. Più basso invece, il differenziale di prezzo relativo ai prodotti che prevedono un processo di trasformazione da parte dell’azienda, quali il formaggio (+36% circa rispetto alla vendita a grossisti), il vino (+33%) o i salumi (+28%).

Figura 2.18 –Vendita diretta: differenziale di prezzo rispetto alla vendita a grossisti e alla grande distribuzione

0 10 20 30 40 50 60

Grande distribuzione

Ingrosso

+ 45-50%

+ 25-30%

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Fra i comparti che riescono a vendere ad un prezzo anche molto più elevato si distinguono quindi l’ortoflorofrutticolo e gli altri comparti, in cui sono rappresentati per lo più il florovivaismo (per entrambi, il 36% di aziende dichiara un prezzo di vendita medio superiore al 25%), ma anche il comparto dei seminativi (37%), che vende soprattutto riso, cereali e farine.

Tali fattori permettono alle aziende lombarde con vendita diretta di essere fiduciose per il futuro, e ciò è un fatto sicuramente da sottolineare.

Oltre il 63% delle aziende prevede per i prossimi 2-3 una crescita del fatturato aziendale. Inoltre il solo fatturato della vendita diretta è previsto in crescita da una quota ancor maggiore di aziende lombarde (66%).

Tale ottimismo è giustificato da almeno due fattori: le aziende con vendita diretta hanno una maggior certezza del mercato grazie ad una più ampia capacità di presidio del mercato finale (non dipendono in maniera esclusiva da intermediari) e si sentono più pronte ad affrontare il futuro poiché vedono in tale strumento una sorta di investimento a garanzia dell’attività.

Particolarmente ottimiste le aziende a seminativo, con un saldo positivo pari al 69%, sia relativamente al fatturato totale che per quello legato alla vendita diretta; in questo caso però entrano sicuramente in gioco altri fattori legati alla congiuntura nazionale ed internazionale dell’ultimo anno, riguardante soprattutto l’aumento globale della domanda di cereali e la conseguente lievitazione dei prezzi.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

62

Tabella 2.8 – Nei prossimi 2/3 anni il fatturato dell’azienda sarà … FATTURATO

totale

%

da vendita diretta

% In elevata crescita (superiore al 15%) 5,9 8,7 In discreta crescita (tra il 5% e il 15%) 20,1 20,7 In leggera crescita (tra il 2% e il 5%) 37,2 37,0 Inalterate (tra il -2% e il +2%) 27,0 26,0 In leggero calo (tra il -2% e il -5%) 6,5 5,7 In discreto calo (tra il -5% e il -15%) 1,4 0,6 In elevato calo (superiore al -15%) 1,2 0,8 Non risponde 0,6 0,4 Totale 100,0 100,0 Saldo tra previsioni positive e negative 54,1 59,3

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

In generale le attese sul fatturato derivante dalla vendita diretta è superiore rispetto alle aspettative sul fatturato totale, ciò è vero per tutti i comparti analizzati, fatta eccezione della zootecnia da carne, per cui il saldo fra previsioni positive e negative, sempre molto positivo, si assesta sui 61 punti percentuali per quanto riguarda il totale del fatturato e sui 57 punti per il fatturato relativo alla vendita diretta.

Infine, la vendita diretta per le aziende lombarde sta assumendo importanti gradi di strutturazione poiché il 54% delle aziende etichetta/marchia i propri prodotti con il logo aziendale conferendo così riconoscibilità al prodotto nell’utente finale. Tale fenomeno si ritrova soprattutto nei comparti in cui il prodotto meglio si presta all’etichettatura. Il vitivinicolo guida la graduatoria con una etichettatura che riguarda l’87% delle aziende; seguono le aziende a seminativo (61%) che vendono soprattutto riso e farine.

Figura 2.19 – Etichetta i prodotti che vende direttamente? (%)

86,7

61,258,0

54,146,8

40,835,9

0%

10%

20%30%

40%

50%

60%

70%80%

90%

100%

Vitiv

inic

olo

Sem

inativo

Zoot.

latt

e

TO

TALE

Ort

ofr

utt

icol

o

Zoot.

carn

e

Altro

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

63

2.5 La vendita diretta in fiere e sagre, mercati rionali e degli agricoltori

La vendita diretta in fiere e sagre di paese coinvolge il 43% delle aziende lombarde.

Tale modalità di vendita è prevalentemente saltuaria: il 17,5% delle aziende agricole lombarde vi fa ricorso solo 4-5 volte all’anno. Circa il 15% lo fa almeno una volta al mese. Sono per lo più i familiari a essere coinvolti in tali occasioni (22%) alternandosi allo stesso imprenditore agricolo (14%). Le aziende mostrano una soddisfazione per tale tipologia di vendita poco più che sufficiente (valutazione media: 6,3).

Tabella 2.9 – La vendita diretta in fiere e sagre Frequenza prevalente

% Ogni settimana 5,7 2-3 volte al mese 4,9 1 volta al mese 4,9 4-5 volte all’anno 17,5 Più raramente 8,3 Non risponde 2,0 Non partecipa 56,7

Totale 100

Personale coinvolto

% Imprenditore agricolo 14,2 Familiari 22,0 Soci 1,6 Dipendenti 3,5 Altro 0,6 Non risponde 1,4 Non partecipa 56,7

Totale 100,0

Valutazione sulla soddisfazione (media): 6,3

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

I mercati rionali sono una forma di vendita diretta che coinvolge il 13% delle aziende agricole lombarde. Sono formule caratterizzate da una maggior frequenza di vendita (prevalentemente 1 volta alla settimana), della durata di circa mezza giornata, in cui sia i familiari che l’imprenditore agricolo trova un coinvolgimento.

La soddisfazione associata è mediamente maggiore (punteggio medio pari a 7).

Tabella 2.10 – La vendita diretta in mercati rionali Frequenza prevalente

% Ogni giorno 0,4 2-3 volte a settimana 1,8 1 volta a settimana 3,7 2-3 volte al mese 0,4 Più raramente 1,2 Non risponde 5,5 Non partecipa 87,0 Totale 100,0

Durata prevalente % Tutta la giornata 1,6 Mezza giornata 6,5 Altro 0,2 Non risponde 4,7 Non partecipa 87,0 Totale 100,0

Personale coinvolto % Imprenditore agricolo

3,5

Familiari 3,7 Soci 0,8 Dipendenti 0,6 Non risponde 4,5 Non partecipa 87,0 Totale 100,0

Valutazione sulla soddisfazione (media): 7,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

64

Il 14% delle aziende agricole lombarde già oggi ha partecipato a mercati riservati a soli agricoltori. Seppur il fenomeno sia in progressiva e rapida evoluzione, un gruppo importante di aziende ha già sperimentato tale modalità di vendita diretta.

Le aziende hanno partecipato a tale iniziative soprattutto in alcune occasioni isolate (con frequenza che non supera qualche evento al mese); il 6% delle aziende agricole lombarde usa già oggi tale formula di vendita diretta almeno 1 volta alla settimane; la stessa percentuale sale all’11% per le aziende della zootecnia da carne. La partecipazione si rivolge per lo più a un numero ristretto di mercati: 1 o 2. Molto raramente a più di 3.

In questo caso è l’imprenditore agricolo ad essere coinvolto più spesso in prima persona.

La durata prevalente di tali iniziative è di circa mezza giornata. La soddisfazione associata è decisamente buona (7,3 è il punteggio medio). Particolarmente soddisfatte sono le aziende zootecniche che attribuiscono a tale forma di vendita un valutazione pari a 8.

Tabella 2.11 – La vendita diretta nei mercati degli agricoltori Frequenza prevalente

% Ogni giorno 0,2 2-3 volte a settimana 2,0 1 volta a settimana 3,7 2-3 volte al mese 2,4 Più raramente 4,1 Non risponde 1,4 Non partecipa 86,2 Totale 100,0

Durata prevalente % Tutta la giornata 4,1 Mezza giornata 8,3 Solo qualche ora 0,2 Non risponde 1,2 Non partecipa 86,2 Totale 100,0

Personale coinvolto % Imprenditore agricolo

7,3

Familiari 4,1 Soci 0,8 Dipendenti 0,6 Non risponde 1,0 Non partecipa 86,2 Totale 100,0

Valutazione sulla soddisfazione (media): 7,3

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

I mercati degli agricoltori offrono alcuni importanti vantaggi rispetto alla vendita in azienda, rintracciabili soprattutto nelle opportunità di fidelizzazione dell’utente finale e di raggiungere un numero più ampio di potenziali clienti.

Tabella 2.12 – Vantaggi dei mercati degli agricoltori rispetto alla vendita in azienda

1a risposta

% Multipla

%

Costruire un rapporto più continuativo con il consumatore 5,1 10,6 Raggiungere un numero più ampio di consumatori 3,9 10,2 Far conoscere i prodotti del territorio 2,0 7,9 Spuntare un prezzo di vendita superiore 1,8 3,3 Non risponde 1,0 1,0 L’azienda non partecipa a tali mercati 86,2 86,2 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

65

Esistono comunque alcune connotazioni negative associate a tale forma di vendita: sono necessarie maggiori disponibilità di tempo e manodopera, oltre alle maggiori capacità organizzativa dell’aziende e competenze in ambiti non strettamente agricoli.

Tabella 2.13 – Svantaggi dei mercati degli agricoltori rispetto alla vendita in azienda

1a risposta

% Multipla

%

Maggiore necessità di personale 6,3 7,9 Maggiore organizzazione dell’attività di vendita 1,6 5,9 Non ho abbastanza tempo 2,4 4,5 Sono lontano dall'azienda (perdo i clienti in azienda) 0,8 1,8 Necessità di avere una gamma di prodotti più ampia 0,6 2,4 Richiesta di maggiori capacità manageriali 0,6 1,8 Costi di gestione elevati 0,4 2,6 Maggiore concorrenza con le altre aziende 0,0 2,0 Non risponde 1,0 1,0 L’azienda non partecipa a tali mercati 86,2 86,2 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

2.6 Ipotesi di sviluppo della vendita diretta nei mercati degli agricoltori

Il decreto MIPAAF del 20 novembre 2007 (Attuazione dell'articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli) ha regolamentato i mercati dei produttori agricoli e ha introdotto alcune importanti novità attribuendo un ruolo centrale ai Comuni e sottolineando l’importanza che questi possano avere nel soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all’acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione e alla trasparenza dei prezzi.

Alla luce di tale importante novità, occorre valutare la reazione delle aziende nei confronti dell’interesse verso l’adesione a mercati a vendita diretta. Il 25% delle aziende accolgono con entusiasmo tale ipotesi. Tra queste il 7% vende già in iniziative simili. Si amplia così del 18% la “domanda potenziale”.

Sul fronte opposto, non occorre trascurare che il 45% delle aziende che fanno vendita diretta non sono interessate a tali iniziative. Tali aziende indicano tra le motivazioni del mancato interesse criticità prevalentemente legate alla preferenza per la vendita in azienda (27%) e alla richiesta di maggiore personale (9%) ed organizzazione (2%) che tale modalità di vendita comporta.

Le aziende maggiormente interessate ad uno sviluppo dei mercati degli agricoltori in Lombardia sono quelle già maggiormente vocate alla multifunzionalità; fra di esse, oltre ad una percentuale elevata di vendita diretta in azienda a consumatori (95% delle aziende) e turisti (62%), si riscontra una maggior partecipazione a feste e sagre di paese (74% di aziende) e a mercati rionali (28%), oltre ad una più elevata propensione a vendere direttamente a pubblici esercizi (69%) e negozi (64%). Maggiore è anche la quota di aziende che pratica attività agrituristica (23%) e di fattoria didattica (13%). Si riscontra inoltre una percentuale più elevata di aziende che etichettano i prodotti venduti direttamente (69%).

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

66

Figura 2.20 – Interesse per la creazione di nuovi mercati degli agricoltori (%)

25,4

23,2

6,3

45,1

0 20 40 60

Entusiasti

Coinvolti

Scettici

Non interessato

MOTIVI DEL MANCATO INTERESSE A PARTECIPARE A MERCATI DEGLI AGRICOLTORI % Preferisco la vendita diretta in azienda 27,2 Non ho una disponibilità sufficiente di personale 9,3 Avrei ripercussioni negative sull’organizzazione dell’attività dell’azienda

2,0

Preferisco vendere in mercati rionali 0,4 Preferisco vendere in fiere/sagre/feste di paese 0,2 Vendo già in un numero sufficiente di mercati 0,2 Altro 3,5 Non risponde 2,2

Totale 45,1

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

In generale si tratta di aziende più strutturate, che riuscirebbero a sostenere una maggior frequenza di vendita nei mercati (oltre il 75% sostiene che riuscirebbe a vendere almeno 1 volta alla settimana), guidate da un imprenditore con titolo di studio mediamente più elevato (il 60% ha almeno un diploma). Per tali aziende la vendita diretta è punto focale dell’attività, potenziata sia attraverso la pubblicità diretta al consumatore (57%) sia aumentando il numero delle occasioni di vendita (30%).

Per quanto riguarda il comparto di attività si rileva un maggior interesse delle aziende vitivinicole e della zootecnia da carne, più orientate alla multifunzionalità, per cui la vendita diretta rappresenta già una quota rilevante del fatturato aziendale: il 43% vende esclusivamente tramite tale modalità. All’opposto sono meno interessate le aziende del lattiero caseario, che lamentano soprattutto difficoltà organizzative e di disponibilità di personale, e le aziende degli altri comparti che preferiscono la vendita in azienda.

Quali caratteristiche dovrebbe preferibilmente avere il mercato degli agricoltori per avere il maggior appeal delle aziende agricole lombarde?

L’identikit che esce dall’indagine è molto chiaro: dovrebbe essere vicino all’azienda (criterio di scelta più importante per il 29% delle aziende lombarde cha hanno interesse nei confronti di tale iniziativa che sale al 40% considerando l’insieme delle citazioni) e possibilmente in un comune sufficientemente popoloso (11% e 27% rispettivamente). Anche la periodicità è un parametro importante, che divide però le aziende: quelle più strutturate e più grandi prediligono alte frequenze di vendita (14%); le altre preferiscono invece una periodicità più sporadica (13%).

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

67

Tabella 2.14 – Criteri di scelta di un mercato a vendita diretta

1a risposta

% Multipla

%

Vicinanza all’azienda 29,1 40,2 Popolosità del Comune 11,2 27,2 Alta frequenza di vendita 4,7 14,4 Bassa frequenza di vendita 3,7 13,4 Facilità di accesso/viabilità 1,6 11,6 Presenza di eventi periodici 1,0 7,1 Orari di apertura 0,8 6,3 Vendita di soli prodotti biologici 0,6 1,8 Altro 1,8 3,5 Non risponde 0,4 0,4 L’azienda non è interessata 45,1 45,1 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

In merito alla distanza preferibile, le aziende sono più precise: l’ideale sarebbe poter compiere un tragitto (andata e ritorno) non superiore ai 100 km (distanza massima segnalata dal 22% delle aziende lombarde). Il mercato dovrebbe inoltre essere localizzato in un comune di dimensioni medio-grandi (39% delle indicazioni) piuttosto che in grandi città o in città metropolitane (solo l’8% richiede un mercato in tali tipologie di centro urbano). Evidentemente subentrano in tal caso problemi logistici di accesso al mercato da parte degli agricoltori e di trasporto delle merci.

Tabella 2.15 – Distanza massima (andata e ritorno) che le aziende sono disposte a compiere per raggiungere il mercato a vendita diretta

% Meno di 50km 15,0 Da 50 a 99 km 22,2 Da 100 a 149 km 9,3 150 o più 6,7 Non risponde 1,6 L’azienda non è interessata 45,1 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Tabella 2.16 – Dimensioni dei comuni in cui dovrebbe essere organizzato il mercato a vendita diretta

% Piccole dimensioni 10,4 Medio-grandi dimensioni 39,2 Grandi dimensioni 12,2 Città metropolitane 8,5 L’azienda non è interessata 45,1 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

68

Anche in merito alla frequenza c’è consenso tra le aziende. L’impegno “sostenibile” per le aziende è per lo più di una periodicità di vendita di 1 volta alla settimana (18,5%). Il 15% indica una frequenza minore (2-3 volte al mese).

Tabella 2.17 – Frequenza ideale del mercato a vendita diretta % Ogni giorno 1,8 2-3 volte alla settimana 8,9 1 volta alla settimana 18,5 2-3 volte al mese 14,8 Più raramente 9,8 Non risponde 1,0 L’azienda non è interessata 45,1 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

Il sostegno che gli agricoltori chiedono è chiaro. Il successo di tali iniziative passa per il supporto assicurato dalle istituzioni e/o dall’ente promotore del mercato nel far conoscere l’iniziativa al consumatore (oltre il 42% ritiene utile tale tipologia di supporto).

Tabella 2.18 – Iniziative necessarie a supporto del mercato % Far conoscere l’iniziativa (attraverso cartellonistica..) 42,3 Creare un sito Internet dedicato al mercato a vendita diretta 1,4 Organizzare eventi legati ai prodotti del territorio 5,7 Organizzare attività didattiche con le scuole 2,0 Predisporre materiali promozionali per le aziende agricole 2,4 Altro 0,2 Non risponde 0,8 L’azienda non è interessata 45,1 Totale 100,0

Fonte: indagine Nomisma sulle aziende agricole per Regione Lombardia.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

69

2.7 L’opinione degli Enti Locali: gli esiti delle interviste in profondità

Se dapprima l’analisi si è rivolta all’individuazione dell’opinione delle aziende agricole lombarde, occorre spostare l’attenzione alla sfera di soggetti, gli Enti Locali, che, a seguito del decreto ministeriale del 20 novembre 2007, hanno assunto un ruolo centrale in materia di mercati a vendita diretta. Secondo tale prospettiva, il percorso di ricerca ha dedicato una intera fase di lavoro alla realizzazione di interviste in profondità atte a definire l’interesse degli Enti Locali lombardi e a comprendere il possibile livello di coinvolgimento degli stessi in tali iniziative.

Le interviste in profondità, basate sulla somministrazione di un questionario semi-strutturato, hanno così consentito di definire:

• le principali caratteristiche sull’esperienza maturata nell’ambito dell’organizzazione di mercati a vendita diretta;

• il ruolo espresso dal Comune nell’organizzazione e nella gestione del mercato;

• le motivazioni che hanno indotto l’Ente Locale a sostenere un percorso di organizzazione dei mercati degli agricoltori;

• le problematiche incontrate per la costituzione del mercato;

• l’impegno richiesto al Comune in termini di investimenti materiali e di tempo;

• il giudizio complessivo dell’esperienza del mercato.

Nell’ambito dell’indagine in profondità sugli Enti Locali sono state realizzate le seguenti interviste:

• Comune di Varese;

• Comune di Osnago;

• Provincia di Lecco;

• Comune di Melegnano;

• Comune di Pavia;

• Comune di Mantova.

Per completare il quadro conoscitivo è inoltre stata realizzata una intervista in profondità ad ANCI Lombardia.

Le interviste in profondità hanno evidenziato l’esistenza di esperienze mercatali con caratteristiche molto differenti tra loro, sia in relazione alle principali modalità organizzative (frequenza, caratteristiche del luogo in cui è organizzato il mercato, ruolo fattivamente espresso dall’Ente Locale e/o dalle organizzazioni agricole …) sia in relazione ai prodotti venduti dipendenti dalle caratteristiche del territorio in cui insistono (produzioni tipiche e di nicchia in alcuni casi, produzioni più indifferenziate in altri).

Elemento comune di tali esperienze è la molteplicità delle funzioni espresse dai mercati degli agricoltori che possono essere declinate secondo differenti connotazioni.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

70

I mercati a vendita diretta rappresentano così, in maniera trasversale, uno strumento di:

1. Accesso al mercato finale per l’agricoltore, oggi ancora costretto in spazi e condizioni marginali, che offre maggiori opportunità di incontro e di fidelizzazione con il consumatore;

2. Implementazione e consolidamento di filiere corte;

3. Valorizzazione delle produzioni del territorio;

4. Supporto all’educazione alimentare del consumatore in grado di sensibilizzare sulla stagionalità delle produzioni;

5. Valorizzazione dei centri urbani;

6. Richiamo turistico in grado di rafforzare il legame prodotto-territorio.

Dall’analisi emersa esiste però un punto ancora in penombra su cui però spesso converge il dibattito.

Le filiere corte, per loro stessa definizione, rappresentano una modalità in grado di individuare percorsi per il raggiungimento di una maggiore efficienza che incorpora anche la capacità di salvaguardia del potere di acquisto del consumatore.

Tale obiettivo è chiaramente ascritto anche alla declinazione di filiera corta che si esercita nel modello dei mercati a vendita diretta, così come la normativa ha previsto laddove si richiama che i mercati possano soddisfare le esigenze dei consumatori, non solo in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione, ma anche in merito alla trasparenza dei prezzi.

L’individuazione della reale capacità che tali mercati hanno nel salvaguardare il potere di acquisto del consumatore è ancora però difficilmente misurabile.

Poche sono le realtà, non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, in cui si sia intrapreso un percorso strutturato, codificato e condiviso di analisi e monitoraggio dei prezzi. Spesso tale attività risulta ancora poco organizzata e codificata, se non estemporanea.

In realtà, il tema della trasparenza dei prezzi e della tracciabilità di quale sia il reale differenziale di prezzo che i mercati a vendita diretta sono in grado di garantire costituisce un nodo cruciale, non trascurabile, anche per lo stesso successo nel tempo di tali iniziative.

La definizione e la misurazione della capacità calmierante dei mercati a vendita diretta rappresentano infatti strumenti capaci di definirne il vero ruolo e di garantirne la continuità nel tempo non solo come canale saltuario per l’acquisto di prodotti di nicchia ma anche di vera opportunità alternativa per alcune tipologie di produzioni.

Se già oggi le esperienze lombarde hanno individuato un percorso in grado di assolvere gran parte degli obiettivi preposti e hanno codificato un attento sistema che ne disciplina le principali caratteristiche organizzative, occorre però considerare che un ulteriore sforzo possa essere compiuto per valutare appieno la loro capacità di rappresentare una reale opportunità per il consumatore anche in termini di capacità di spesa.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

71

Tabella 2.19 – Analisi SWOT relativa alla presenza di un mercato degli agricoltori per il territorio

Punti di Forza Punti di Debolezza

• Miglioramento delle performance economiche delle aziende agricole del territorio

• Creazione di un rapporto diretto fra agricoltore e consumatore

• Strumento in grado di rispondere alla richiesta di salvaguardia del potere d’acquisto dei cittadini

• Educazione del consumatore alla stagionalità dei prodotti

• Valorizzazione del centro urbano o delle aree cittadine presso cui si svolge il mercato

• Promozione e valorizzazione dei prodotti tipici locali

• Possibili impatti positivi dal punto di vista ambientale per l’incentivazione al consumo di prodotti locali/”chilometri zero”

• Controlli non sempre strutturati sui prezzi di vendita dei prodotti

• Necessità di impiegare polizia municipale per la gestione del traffico in prossimità dell’area del mercato

• Burocrazia spesso onerosa per gli agricoltori e gli organizzatori del mercato

Opportunità Minacce

• Contributo al passaggio dell’azienda agricola ad una gestione dell’attività maggiormente orientata al mercato e alle esigenze del consumatore

• Modalità di sostegno dell’economia rurale

• Possibile interazione con gli enti di promozione turistica del territorio per sviluppare percorsi eno-gastronomici integrati

• Possibile interazione con la ristorazione locale

• Possibile strumento per la rivalutazione di quartieri marginali/degradati

• Momento di dialogo e collaborazione fra Enti Locali e associazioni di categoria da cui sviluppare iniziative comuni a vantaggio del territorio

• Rischio di veder snaturata la funzione dell’agricoltore se si perde la vocazione produttiva e prevale quella “commerciale”

• Ostilità da parte dei commercianti che vedono i mercati come elemento di conflitto con la loro attività

Fonte: elaborazioni Nomisma.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

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Tabella 2.20 – Funzioni degli Enti Locali nella promozione delle iniziative di un mercato degli agricoltori

• Individuazione dell’area più idonea della città su cui organizzare il mercato

• Concessione delle autorizzazioni ed espletamento delle questioni amministrative e burocratiche

• Investimenti diretti spesso trascurabili (nel caso di strutture coperte è possibile che il Comune sostenga la messa a norma dell’edificio in cui viene organizzato il mercato)

• Attività di comunicazione per il supporto promozionale dell’evento

• Gestione dell’ordine pubblico

• Verifica delle condizioni igienico-sanitarie dei prodotti venduti nell’ambito del mercato per evitare eventuali problematiche di concorrenza sleale

• Anello di congiunzione per la gestione di eventuali disequilibri con le attività commerciali della zona in cui è organizzato il mercato

• Azioni di sviluppo e mantenimento del mercato attraverso l’ampliamento del numero di banchi presenti nel mercato

Fonte: elaborazioni Nomisma.

LA VENDITA DIRETTA IN LOMBARDIA

73

3 MERCATI DEGLI AGRICOLTORI: ANALISI PER CASI DI STUDIO

3.1 Premessa

Al fine di acquisire informazioni sulle modalità di gestione dei mercati degli agricoltori e sugli effetti prodotti dalle esperienze già maturate, sono stati individuati tre casi di studio, considerati come modelli consolidati sul campo.

Al fine di selezionare i mercati che corrispondano a schemi differenti si è ritenuto opportuno basare la scelta su alcuni criteri discriminanti, tra cui:

1. Forma organizzativa

2. Dimensione del comune in cui è organizzato il mercato

3. Caratteristiche produttive del mercato in base alla tipologia dei prodotti venduti.

I tre casi studio considerati sono il mercato degli agricoltroi di Taranto, il mercato coperto di Montevarchi e il mercato SpazioBio di Roma. Le principali caratteristiche dei tre mercati sono sintetizzati nel prospetto seguente.

Tabella 3.1 – Principali caratteristiche dei casi di studio

Anno di apertura

Organizzazione Dimensione del

centro Tipologia di prodotti

Mercato degli agricoltori di Taranto

2005 Organizzazione professionale

Medie dimensioni Ortofrutta e prodotti

alimentari locali

Mercato coperto di Montevarchi

2008 Enti locali Piccole

dimensioni Ortofrutta e prodotti

alimentari locali

Mercato SpazioBio di Roma

2007 Consorzio di

imprese Centro

metropolitano

Ortofrutta, prodotti alimentari e non

alimentari Biologici

Fonte: elaborazioni Nomisma.

Ciascun caso di studio si è sviluppato in due parti: la visita diretta al mercato e l’intervista in profondità ai responsabili dell’organizzazione. Il tutto finalizzato alla raccolta del maggior numero possibile di informazioni su caratteristiche del mercato, ruolo esercitato dall’organizzatore e dai diversi attori locali, modalità organizzative, costi di gestione, risultati raggiunti per gli agricoltori e per i consumatori, eventuali sviluppi dell’iniziativa.

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3.2 Il Mercato degli agricoltori di Taranto

3.2.1 Nascita del mercato

Il 12 maggio del 2005 è stato inaugurato a Taranto, nel pieno centro cittadino, il primo mercato degli agricoltori in Italia. A questo traguardo si è arrivati dopo circa un anno di gestazione, laddove le esigenze degli agricoltori (raccolte da Coldiretti) si incrociavano con quelle delle associazioni dei consumatori, in un periodo di forte crisi per il mondo agricolo e di difficoltà dei consumatori per la spesa di beni alimentari di prima necessità, anche in funzione di un elevato livello dei prezzi alimentari.

Negli anni precedenti alla costituzione del mercato, in occasione delle principali festività, Coldiretti organizzava a Taranto la manifestazione “campagna amica”, per portare le aziende agricole a vendere direttamente i propri prodotti in città. In occasione del Natale 2004, questa manifestazione si protrasse con ottimo successo per circa 1 mese.

Da qui l’idea di Coldiretti di rendere permanente la possibilità di acquisto diretto da aziende agricole nel centro della città. Per l’organizzazione di un mercato permanente Coldiretti ha incontrato, oltre alle difficoltà legate all’ottenimento di licenze e permessi, alcune problematiche di individuazione di un gruppo di aziende disponibili e determinate ad aderire alla costituzione del mercato con una frequenza di vendita giornaliero. L’impegno continuativo e le necessità di avere una presenza costante di personale poneva

infatti alcuni dubbi tra le imprese agricole circa le possibili ripercussioni sull’attività produttiva.

La costituzione di un mercato di agricoltori ha da sempre avuto l'obiettivo di diffondere maggiormente la conoscenza presso il consumatore delle produzioni locali, altrimenti scarsamente pubblicizzate dalla comunicazione di massa, che al contrario orienta spesso verso prodotti d'immagine e di cui si ignora l'origine.

Con i mercati degli agricoltori la Coldiretti intende:

� contribuire alla diffusione delle tradizioni culturali locali;

� tutelare il potere d'acquisto del consumatore, spesso disorientato nella scelta dei prodotti alimentari e preoccupato per i frequenti rincari;

� salvaguardare la redditività del produttore.

3.2.2 L’organizzazione del mercato

Nei primi due anni di attività il mercato giornaliero, dal lunedì al sabato, era aperto tutto il giorno, sia la mattina che il pomeriggio.

L’esperienza ha poi mostrato una forte concentrazione delle vendite nella prima parte della giornata: i clienti, soprattutto anziani e residenti in centro, fanno abitualmente la spesa al mercato durante le ore mattutine.

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Per una maggior efficienza organizzativa e contemporaneamente per venire incontro anche alle esigenze delle aziende, Coldiretti ha successivamente limitato l’orario di apertura: da settembre 2007 il mercato è aperto la mattina, dalle 8 alle 14.

Carta d’identità del “Mercato degli agricoltori di Taranto”

Data inizio: 12 maggio 2005

Luogo: Corso Umberto I, Taranto (centro cittadino)

Superficie: Circa 200 mq

Cadenza: Giornaliero: dal lunedì al sabato

Durata: Dalle 8.00 alle 14.00

Soggetto promotore: Coldiretti

Altri soggetti coinvolti: Associazioni dei consumatori e Comune di Taranto

Aziende agricole che partecipano:

12 (sempre le stesse; non esiste una sistema di turnazione)

Prodotti venduti: Olio, vino, latte e caseari, salumi e carni, frutta e verdura, pollame, pane, pasta

Provenienza: Tutte le aziende provengono dalla provincia di Taranto

Quota di partecipazione: 300 € al mese per affitto spazio e costi di gestione (utenze, pulizia …)

L’organizzazione del mercato fa capo completamente a Coldiretti, ma un ruolo importante è ricoperto anche dal Comune e dalle associazioni dei consumatori (Adoc, Adiconsum, Federconsumatori, Codacons e Adusbef). L'attività delle associazioni non è strutturata ma occasionale, e si concretizza per lo più nella raccolta delle impressioni dei consumatori allo scopo di migliorare il servizio offerto.

Il Comune ha avuto un ruolo importante soprattutto nella fase iniziale del progetto, patrocinando il mercato e concedendo tutte le autorizzazioni necessarie per l’avvio dell’attività, alle aziende e alle associazioni coinvolte, in tempi celeri. Alcuni problemi tuttavia, sono nati relativamente alla concessione degli spazi per il carico e scarico delle merci, per cui non si sono ancora avuti esiti positivi, con conseguenti problemi logistici per le aziende.

Le aziende che partecipano al mercato si impegnano a firmare un protocollo d’intesa con Coldiretti e a rispettare un decalogo di regole a tutela e garanzia del consumatore rispetto a:

� Qualità dei prodotti commercializzati e rispetto delle norme igienico-sanitarie;

� Freschezza delle produzioni che devono essere vendute entro 2-3 giorni dalla raccolta;

� Prezzo all’origine;

� Gentilezza e cortesia degli operatori;

� Rispetto delle norme di rintracciabilità di prodotto;

� Etichettatura chiara e facilmente comprensibile;

� Promozione e degustazione dei prodotti commercializzati;

� Prodotti venduti direttamente dal produttore o da suo collaboratore;

� Rispetto delle buone pratiche agricole e dell’ambiente.

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Coldiretti ha una funzione di controllo a monte garantendo la tracciabilità di tutti i prodotti venduti attraverso tecnici convenzionati, che controllano l’azienda rispetto delle norme HACCP, all’effettiva origine dei prodotti , processo produttivo, ecc... Le aziende si impegnano inoltre ad indicare esplicitamente quali prodotti venduti sono di produzione propria e quali eventualmente non provengono dall’azienda stessa, rispettando comunque quanto previsto dal regolamento.

L’etichettatura è a cura delle singole aziende secondo uno stile predefinito.

A carico dell’azienda ci sono, oltre ai costi di trasporto delle merci, anche le spese delle utenze, la pulizia, la manutenzione e l’affitto dello spazio nel mercato. Si tratta di un costo fisso di 300 euro che le aziende pagano a Coldiretti, la quale mantiene i rapporti con i proprietari dello stabile (circa 200 mq coperti).

La vendita diretta nel mercato è curata direttamente dalle aziende agricole e nella gran parte dei casi dal titolare stesso, o da suoi familiari, scelta determinata dalla convinzione che vi sia maggiore capacità di trasmettere al consumatore il valore reale del prodotto: la percezione dei consumatori migliora sensibilmente nel momento in cui a vendere sono gli stessi titolari dell’impresa.

Il mercato, in termini di tipologie di imprese che vi aderiscono, è stato organizzato in modo da garantire un’offerta variegata, per assecondare le esigenze del consumatore che richiede un luogo dove poter comprare tutte le referenze necessarie ai bisogni familiari.

3.2.3 La aziende agricole e i consumatori

Per le aziende che hanno aderito al mercato l’attività è cambiata sensibilmente. Aumentando le vendite realizzate direttamente, a scapito di quelle a grossisti o all’industria, si è assistiti ad una trasformazione aziendale sia dal punto di vista organizzativo che produttivo.

Gli agricoltori hanno ampliato la gamma produttiva, potenziato il personale, prevedendo la presenza di un addetto alle vendite che ha dovuto acquisire maggiori capacità commerciali, riorganizzato il lavoro in funzione del minor tempo a disposizione per la fase strettamente produttiva.

La rimodulazione dell’azienda, in funzione del mercato, è stata considerevole poiché ha riguardato sia gli investimenti (la cui destinazione ha riguardato soprattutto l’acquisizione di dotazioni per il trasporto dei prodotti o per agevolare la produzione di nuovi prodotti per il

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completamento della gamma) che la struttura organizzativa aziendale, che ha richiesto l’assunzione di nuovo personale e a realizzazione dell’attività produttiva durante le ore pomeridiane. Per sopperire alla necessità di nuove competenze, Coldiretti ha inoltre realizzato un percorso di formazione del personale delle aziende per migliorare la tecnica di presentazione del prodotto, in termini di promozione e packaging, ed educare ad una maggiore attenzione agli aspetti igienico-sanitari.

Seppure la vendita nel mercato, rispetto alla vendita in azienda, ha comportato trasformazioni profonde, i vantaggi di vendere direttamente i prodotti nel mercato degli agricoltori si sono rilevati comunque importanti. Innanzitutto il mercato ha offerto l’opportunità di costruire un rapporto continuativo con i consumatori e la possibilità di raggiungere un numero più ampio di clienti, con conseguente aumento della redditività. A posteriori dunque questa scelta, importante ed onerosa, si è dimostrata un importante investimento per l’azienda, portando a buoni risultati economici: i ricavi sono aumentati più che proporzionalmente rispetto all’aumento dei costi.

Le aziende agricole che partecipano al mercato di Taranto sono 12, tutte residenti nella stessa provincia. Tranne una cooperativa vitivinicola, sono tutte aziende di piccole dimensioni, a conduzione familiare. Ci sono inoltre due aziende che non appartengono strettamente alla fase agricola, ma esercitano attività artigianale nella produzione di pasta e pane, completando così la gamma di prodotti freschi a disposizione del consumatore.

Nel corso del tempo le aziende hanno potenziato la vendita diretta tramite l’aumento del numero di prodotti venduti. Al Mercato degli Agricoltori, i consumatori possono così degustare ed acquistare prodotti locali come gli ortaggi e la frutta di stagione, gli oli, i vini, i formaggi, la carne, i salumi, il miele, le confetture, il pane e la pasta.

Al momento non è presente un distributore di latte fresco perché ciò richiederebbe investimenti significativi per il mantenimento della catena del freddo lungo il trasporto, dall’azienda al mercato. L’idea potrebbe però concretizzarsi nel momento in cui la stessa azienda avrà la possibilità di rifornire più mercati, assumendo una rilevanza economicamente vantaggiosa.

La clientela tipica del mercato è formata da persone anziane che vivono in centro, nei paraggi del mercato stesso. In molti casi per il consumatore non si tratta di un vantaggio in termini di economicità della spesa, ma soprattutto in termini di freschezza, qualità e trasparenza sull’origine dei prodotti.

Il favore dell’iniziativa sia da parte degli agricoltori che dei consumatori ha spinto Coldiretti ad espandere l’esperienza in altri quartieri di Taranto e in provincia. Oggi esiste già un altro mercato degli agricoltori, ancora in via sperimentale, nato grazie all’impulso di un’associazione

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di imprese. Il mercato si sta organizzando seguendo le logiche del mercato già esistente, ma con l’introduzione di alcuni elementi di novità, la più rilevante riguarda l’esistenza di una cassa unica per la gestione delle entrate. Tuttavia sono già emersi alcuni aspetti di criticità imputabili, da un lato ad un’offerta non abbastanza variegata, e dall’altro all’assenza del titolare dell’azienda sul mercato. Ciò incide soprattutto sulla percezione dei consumatori: chi cura la vendita, non essendo direttamente coinvolto, è più asettico rispetto al prodotto e non riesce a comunicarne la bontà e le specificità organolettiche del prodotto. Un terzo mercato sarà organizzato a Tamburi, area socialmente più debole del comune di Taranto.

Da dicembre l’associazione di imprese, che raggruppa tutte le aziende partecipanti ai vari mercati, prenderà il posto di Coldiretti nella gestione dei mercati stessi. Quest’ultima manterrà tuttavia un ruolo di supporto e di controllo dell’attività svolta, visto che tutte le aziende continueranno ad utilizzare il marchio Coldiretti.

3.2.4 Il monitoraggio dei prezzi e l’andamento del fatturato

Secondo Coldiretti, la nascita e lo sviluppo del mercato degli agricoltori di Taranto, ha avuto, ed avrà sempre di più, un effetto calmierizzante sui prezzi. Coldiretti si occupa direttamente del monitoraggio dei prezzi di vendita del mercato degli agricoltori, misurando il differenziale rilevato negli altri canali di vendita della città, quali i mercati rionali e i supermercati; il monitoraggio presenta in alcuni casi alcune difficoltà oggettive soprattutto quando i prodotti presentano differenti livelli di qualità. Anche le associazioni dei consumatori effettuano controlli sui prezzi di vendita realizzando rilevazioni sul campo e il confronto con altre tipologie di punti vendita, ma ciò avviene in maniera occasionale, e non c’è ad oggi una rilevazione strutturata.

Dal primo dicembre 2008, tra le nuove regole che Coldiretti darà alle aziende che partecipano ai mercati di Taranto, ci sarà una rigida imposizione sui prezzi di vendita, questi dovranno essere almeno il 30% inferiori a quelli ufficialmente rilevati per l’area di riferimento.

Le motivazioni che hanno introdotto le aziende a partecipare al mercato degli agricoltori vanno rintracciate soprattutto nelle opportunità di ottenere un incasso immediato e di far conoscere i prodotti locali a consumatori e turisti, ritornando anche alla stagionalità dei consumi. Rispetto alla commercializzazione tramite altri canali, la vendita diretta consente agli agricoltori che vi partecipano di vendere ad un prezzo mediamente superiore del +10%.

Buoni i risultati raggiunti dagli agricoltori in termini di reddito. Il fatturato complessivo del mercato tra il 2005 e il 2008 è aumentato ad un ritmo di crescita media annua tra il +10%/+15%. Le previsioni per il 2009 sono in linea con l’andamento rilevato.

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3.3 Il caso di Montevarchi

3.3.1 Nascita del “Mercatale”

Per valorizzare le risorse economiche e socio-culturali del Val d’Arno, area storicamente riconosciuta come luogo d’incontro e di scambio commerciale di prodotti del mondo rurale, le amministrazioni locali, con la collaborazione e il sostegno delle associazioni di categoria, hanno

dato vita ad importanti iniziative a sostegno della filiera corta. Un impegno che evidenzia la volontà di rilanciare un’idea di produzione e consumo ispirata a principi etici e culturali della tradizione rurale. Non solo quindi una mera funzione economica, ma una vera e propria rieducazione del consumatore verso una maggiore consapevolezza della risorsa alimentare.

A seguito di una attenta riflessione fra gli attori locali sulle attuali problematiche del mondo agricolo e del suo rapporto con gli

altri protagonisti della filiera, dai trasformatori ai commercianti, fino al consumatore finale, si concretizza a Montevarchi un progetto sperimentale per la promozione e la valorizzazione delle produzioni Valdarnesi. Nasce così “il Mercatale” di Montevarchi, un appuntamento mensile che dal 2005 permette ai produttori locali di “portare in piazza” i frutti della propria terra e dell’artigianato alimentare tradizionale. Un luogo dove il produttore non è solo semplice venditore, ma protagonista del territorio, attraverso un’attività di promozione e comunicazione, e dove il consumatore può apprezzare la qualità e la genuinità di prodotti stagionali e di origine garantita.

Il contesto

Comuni del Valdarno: 10

Popolazione totale: 90.000

Altri mercati in provincia di Arezzo:

Casentino, Valtiberina, Val di Chiana. In totale 4 mercati mensili, a rotazione settimanale. Format di Montevarchi.

L’iniziativa è stata avviata grazie all’integrazione di competenze e professionalità differenti. Il “Mercatale” è stato promosso a cura del Comune di Montevarchi, che ha effettuato gli investimenti necessari ed ha sviluppato il partenariato con gli altri soggetti interessati. Oltre alla provincia di Arezzo ed Arsia-Regione Toscana, hanno garantito la collaborazione e il sostegno le associazioni di rappresentanza del mondo della produzione (Cia, Coldiretti, Confagricoltura) del consumo (Slow Food, Federconsumatori).

L’amministrazione comunale si avvale inoltre di un gruppo di lavoro informale, promosso dall’assemblea degli agricoltori, il “Comitato del mercato” con ruolo di rappresentanza degli espositori, come supporto per le varie necessità organizzative e logistiche.

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Carta d’identità del “Mercatale”

Data inizio: 2005

Luogo: piazza centrale di Montevarchi

Cadenza: mensile (ogni secondo sabato del mese)

Durata: tutta la mattina (in occasioni particolari il mercato è prolungato per tutta la giornata)

Prodotti venduti:

olio, vino, formaggi, salumi, miele, frutta e verdura, pollame, trasformati (soprattutto biologici), di provenienza locale

Espositori

Numero: Circa 70 in totale, 45 ogni edizione con rotazione legata alla stagionalità

Provenienza: Area del Valdarno, Casentino e Valtiberina (vallate della provincia aretina)

Quota di partecipazione:

da 15 € a 35 € + iva in base alla fascia dell’incasso (cui si aggiungono 30 € nel caso di utilizzo del frigo). Somma dovuta per contribuire alle spese di allestimento e promozione

Il successo del “Mercatale”, format replicato in altri comuni italiani, oltre alla provincia di Arezzo, ha indotto le amministrazioni ad organizzare un progetto di vendita diretta più strutturato, che possa rispondere alle esigenze quotidiane dei consumatori. “I mercati mensili sono un bel fenomeno di cultura, ma non fanno economia”, è così che prende avvio l’esperienza del “Mercato coperto”, uno spaccio quotidiano per la vendita diretta delle produzioni locali.

3.3.2 Il Mercato Coperto di Montevarchi

Il “Mercato Coperto”, che si svolge tutti i giorni in un area appositamente allestita nel centro di Montevarchi, è una naturale evoluzione del “Mercatale”, che continua comunque a svolgersi ogni secondo sabato del mese.

L’obiettivo del progetto non è solo quello di garantire reddito agli agricoltori e tutelare, al tempo stesso, i consumatori, ma ha soprattutto l’ambizione di rieducare al consumo

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consapevole e ristabilire l’antico rapporto città-campagna, attraverso l’acquisto quotidiano di prodotti direttamente presso l’agricoltore o l’allevatore.

Non solo dunque la promozione dei cosiddetti “prodotti di nicchia”, specificità locali, quali il Pollo del Val d’Arno o il sedano di Montevarchi, che, in quanto tali si pongono sul mercato a prezzi più elevati, ma la volontà di far apprezzare prodotti freschi, genuini e con la giusta stagionatura, provenienti dalla campagna locale. Ciò contribuisce anche alla sostenibilità ambientale, abbattendo l’uso del carburante, e conseguentemente, traffico e inquinamento, grazie alla vicinanza tra produzione e mercato.

Per il successo dell’iniziativa è importante la collaborazione delle diverse parti in gioco, dagli enti pubblici locali (Comune, Provincia di Arezzo e Regione Toscana), con un ruolo di coordinamento e promozione, alle associazioni di categoria (Cia, Coldiretti, Confagricoltura e SlowFood), che contribuiscono a capire le esigenze delle aziende e dei consumatori.

3.3.3 L’organizzazione del Mercato Coperto

L’amministrazione comunale ha provveduto all’allestimento dello spazio pubblico, sostenendo le spese di ristrutturazione dell’immobile, adeguamento degli impianti, allestimento degli arredi (scaffali, frigo…), oltre al pagamento del tecnico che svolge gli oneri burocratici verso l’Asl.

Il progetto prevede una progressiva autonomia da parte degli espositori. È stato costituito a tal proposito un “Comitato del mercato”, come strumento di rappresentanza degli agricoltori, cui partecipano anche i rappresentanti delle associazioni ed i tecnici responsabili del progetto, con un ruolo decisivo in ambito organizzativo. Il Comitato del Mercato ha il compito di valutare le domande di partecipazione al mercato e l’armonizzazione delle presenze.

I criteri di scelta degli espositori devono essere guidati da:

� diversificazione dei prodotti, in modo da garantire, il più possibile la completezza della gamma, compatibilmente con la stagionalità;

� la territorialità delle aziende, dando la priorità alle aziende del Val d’Arno e, in seconda istanza, alle aziende della provincia di Arezzo;

� la tipicità e la qualità e la tracciabilità delle produzioni;

� la sostenibilità sociale e ambientale del processo produttivo.

Il Comitato ha anche il compito di organizzare il calendario delle presenze e la disposizione degli spazi espositivi, in relazione alla stagionalità delle produzioni, garantendo la presenza del maggior numero di aziende del territorio. Dopo i primi tre anni di attività si prevede una responsabilizzazione degli agricoltori ed una autonomia gestionale ed economica a regime.

Carta d’identità del “Mercato Coperto”

Data inizio: 2 febbraio 2008

Cadenza: giornaliera

Durata: 9-13 e 16-21 Prodotti venduti:

prodotti agricoli e dell’artigianato alimentare locale

Localizzazione: piazza dell’Antica Gora (Centro cittadino)

Superficie: 250 mq

Investimento: 200.000 € da Comune e Regione

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3.3.4 Il disciplinare

Condizione inderogabile per la partecipazione al mercato, da parte delle aziende, è la sottoscrizione del disciplinare, che contiene regole e principi ispiratori dell’iniziativa, cui ogni azienda deve attenersi, pena l’esclusione dal mercato.

Il numero di aziende che partecipano al mercato è passato dalle 50 iniziali alle 60 attuali

Ci sono oltre 10 domande in corso di valutazione

� Le aziende devono assicurare la presenza delle produzioni al “Mercato Coperto” con continuità e puntualità, come da impegno annuale o stagionale comunicato nella domanda;

� Le aziende si impegnano a conferire esclusivamente i prodotti indicati nella domanda di partecipazione; eventuali integrazioni dovranno essere comunicate al Comitato, che si riserverà di accettarle;

� I prodotti dovranno essere consegnati durante l’orario indicato dal Comitato con documento di trasporto dall’azienda al punto vendita, comunicazione dei prezzi e delle caratteristiche del prodotto;

� I prodotti dovranno essere idonei alla messa in vendita e le singole aziende dovranno occuparsi della loro disposizione sugli scaffali, ponendo particolare attenzione ad una corretta informazione a favore del consumatore;

� Le aziende sono responsabili del buon mantenimento igienico-sanitario e della buona presentazione dei prodotti medesimi, così come del loro ritiro in caso dell’eventuale invenduto e/o avariato;

� Il prezzo di vendita non potrà essere superiore al prezzo praticato in azienda, nell’impegno della trasparenza e dell’informazione al consumatore;

� Le offerte e le promozioni saranno coordinate dell’Organizzazione, in accordo con gli espositori;

� Gli espositori si impegnano altresì a collaborare alle iniziative che l’Organizzazione promuoverà per lo sviluppo della “Filiera corta” nel Valdarno (mense pubbliche, ristorazione locale, gruppi d’acquisto, ecc…);

� L’azienda deve comunicare tempestivamente eventuali periodi di assenza e/o eventuali diminuzioni e/o mancanza di produzioni, così da permettere al Comitato la possibilità di sostituzione con altri espositori.

� È prevista la presenza di alcuni operatori dell’artigianato agroalimentare del Valdarno, (per prodotti come pane e salumi) a condizione che siano mantenuti i requisiti di territorialità, tipicità e utilizzo di materie prime locali.

3.3.5 La gestione della cassa

Le aziende che partecipano al mercato, attraverso la rappresentanza del Comitato del Mercato, hanno il compito di organizzare la gestione del locale. A tale fine è stato fatto un accordo con una cooperativa di servizi locale che si occuperà della gestione dell’attività all’interno del

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mercato: disposizione degli scaffali, controllo di qualità e conformità con il disciplinare, ma soprattutto la gestione della cassa.

Per la gestione dell’incasso è stato aperto un conto corrente, a bilancio zero, su cui la cooperativa versa giornalmente le entrate del mercato. Tutti i prodotti sono etichettati con codice a barre che permette di identificare l’azienda produttrice. Nello scontrino appare ogni prodotto e la relativa azienda. A fine mese ciascun agricoltore riceve l’elenco dei suoi prodotti venduti e il corrispettivo in denaro.

Per le aziende con obbligo fiscale, il problema della contemporaneità di rilascio della fattura al consumatore è stato risolto grazie all’ideazione di un programma che rilascia una fattura ai clienti, al momento dell’acquisto. Il cliente riceve così uno scontrino non fiscale con tutte le voci di spesa più una fattura per ogni azienda da cui ha acquistato. Per velocizzare la procedura di emissione della fattura ed evitare di chiedere ogni volta i dati dell’acquirente è stata creata la “Carta del mercato”, una carta nominale con codice a barre identificativa del cliente.

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Ad oggi sono state rilasciate circa 4.000 “Carte del mercato”

Vengono battuti circa 350 scontrini al giorno (a febbraio erano 150)

La spesa media per ogni scontrino è pari a circa 8/9 €

Il giro d’affari mensile si aggira attorno ai 90.000 €

Incidenza degli acquisti al mercato coperto sulla spesa alimentare delle famiglie di Montevarchi

2,0%

3.3.6 Il monitoraggio dei prezzi

L’equità e la congruità dei prezzi praticati nel mercato sono costantemente monitorati attraverso un osservatorio attivato in collaborazione con Federconsumatori Toscana. Il mercato deve infatti assolvere alla finalità principale del contenimento del caro prezzi dei prodotti agricoli alimentari.

Gli agricoltori devono attenersi alle regole della trasparenza del prezzo. Al mercato coperto di Montevarchi ogni prodotto è etichettato con l’indicazione della provenienza (con il nome dell’azienda produttrice) e del prezzo; ogni eventuale criticità è immediatamente segnalata. Secondo il rapporto Federconsumatori al mercato “tuttigiorni” di Montevarchi si trovano prodotti freschi e genuini ad un prezzo spesso inferiore a quelli del supermercato.

Alcuni esempi chiave.

Il vino, prodotto nelle colline di Mercatale Valdarno, ed il latte proveniente dalle mucche allevate ai piedi del Pratomagno, vengono venduti “alla spina” con notevole risparmio per i consumatori, legato in gran parte al riuso delle bottiglie e dei contenitori, contribuendo inoltre alla risoluzione del problema dei rifiuti.

Vino (13 %vol.)

Prezzo di vendita al mercato:

Sfuso: 1,20 €/litro (è il prezzo più basso per il vino del Valdarno)

Box da 10 litri: 15,00 €

Prezzo di vendita medio: 1,68 €/litro nei negozi e nella grande distribuzione

Risparmio per il consumatore Circa 40%

Latte

Prezzo di vendita all’ingrosso: 0,38 €/litro (0,42 €/litro per il biologico)

Prezzo di vendita al mercato: 1,00 €/litro + contenitore 0,30 €

Maggiore incasso per l’agricoltore: circa 0,60 €/litro (escluso il costo della macchinetta)

(prezzo di vendita +150%)

Confezionato presso la GD 1,60 €/litro

Risparmio per il consumatore circa 0,60 €/litro (prezzo di acquisto -37,5%)

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Di seguito si riportano, a titolo esemplificativo, i prezzi rilevati da Federconsumatori presso il mercato coperto di Montevarchi e presso la grande distribuzione, relativamente a due referenze del comparto ortofrutticolo: le zucchine e le albicocche.

Zucchine

Prezzo di vendita all’ingrosso: 0,60 €/kg

Prezzo di vendita al mercato: 1,45 €/kg

Maggiore incasso per l’agricoltore:

escluso costo gestione del mercato: circa 0,85 €/kg

compreso costo gestione del mercato: circa 0,70 €/kg

Variazione incasso: +115%

Prezzo di vendita presso la GD 1,50 €/kg

Risparmio per il consumatore circa 0,05 €/kg

Variazione prezzo di acquisto: -3,3%

Albicocche

Prezzo di vendita all’ingrosso: 2,29 €/kg

Prezzo di vendita al mercato: 2,90 €/kg

Maggiore incasso per l’agricoltore:

escluso costo gestione del mercato: circa 0,60 €/kg

compreso costo gestione del mercato: circa 0,30 €/kg

Variazione incasso: +14%

Prezzo di vendita presso la GD 3,50 €/kg

Risparmio per il consumatore circa 0,60 €/kg

Variazione prezzo di acquisto: -17%

Il caso dell’Olio.

Presso la grande distribuzione è possibile risparmiare sensibilmente acquistando prodotti di minore qualità. È possibile, ad esempio, acquistare olio extra vergine di oliva a 4 €/litro, prezzo impossibile per un olio di produzione locale. Il costo di produzione dell’olio nel Valdarno è di 8-10 €/litro. È stato fatto un accordo con i produttori di olio presenti sul mercato per un prezzo di vendita pari a 9 €/litro (venduto in lattine da 5 litri). Lo stesso prodotto presso i negozi al dettaglio può costare anche 12 €/litro.

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3.4 Il caso di Roma - Il Mercato SpazioBIO

3.4.1 Nascita del mercato

Il caso di Roma riguarda il mercato di vendita diretta di prodotti di agricoltura biologica gestito dal consorzio SpazioBIO e situato all’interno della “Città dell’Altra Economia”, un complesso inaugurato il 29 settembre 2007, nell’ambito di un progetto di riqualificazione dell’area dell’ex mattatoio, nel rione Testaccio.

È questo l’esito principale dell’attività svolta dal Tavolo dell’altra economia, un gruppo di lavoro permanente nato su idea dell’ex-assessore alle periferie Luigi Nieri, volto a raccogliere tutte le iniziative legate prevalentemente all’economia del terzo settore e a “quelle pratiche economiche che si caratterizzano per l’utilizzo di processi a basso impatto ambientale, che garantiscono un’equa distribuzione del valore e che non perseguono il profitto e la crescita ad ogni costo”.

Il Comune di Roma ha investito circa 3-4 milioni di euro, principalmente derivanti da finanziamenti erogati dal Ministero delle Attività produttive nell’ambito della Legge n. 266 del 1997 (la cosiddetta Legge Bersani), finalizzata a favorire lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano, quale era appunto l’area dell’ex-mattatoio.

Tali fondi sono stati impiegati per effettuare un restauro conservativo delle strutture presenti e creare un vero e proprio centro con una superficie di 3.500 mq in cui sono state collocate, oltre al mercato di prodotti biologici, che pesa per circa l’80% del fatturato totale della “città dell’altra economia”, diverse altre attività: commercio di prodotti equi e solidali e di prodotti ottenuti dal riciclo dei materiali, una sala convegni, un ristorante che utilizza soprattutto prodotti biologici ed equo solidali, finanza etica e turismo responsabile.

Il Comune avrebbe dovuto in teoria finanziare anche una campagna promozionale dell’intero complesso, ma una serie di concause (tra cui l’inatteso cambio di giunta) ha ritardato e forse escluso tale possibilità.

3.4.2 Descrizione del mercato

Il mercato di prodotti biologici nasce dall’esigenza dei produttori laziali di trovare uno sbocco remunerativo, di spuntare, in altri termini, un prezzo superiore rispetto agli altri canali di vendita. Soprattutto nei confronti della Grande Distribuzione, per cui la situazione era e continua ad essere abbastanza problematica, in quanto la qualità delle produzioni non è riconosciuta dai distributori, che preferiscono affidarsi a produttori esteri o di altre regioni con prezzi inferiori.

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A ciò si aggiunga la sostanziale assenza di mercati fissi dei coltivatori nel territorio comunale, se non alcuni mercatini rionali in cui convivono commercianti e produttori agricoli. SpazioBIO è gestito da un consorzio di produttori non solo agricoli, composto dai seguenti soggetti:

� Aiab, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, che associa produttori biologici e consumatori, è un’associazione non lucrativa impegnata nella promozione dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica;

� Cooperativa Agricoltura Capodarco, cooperativa sociale del territorio di Grottaferrata, che promuove l’agricoltura sociale attraverso la coltivazione, produzione e vendita di prodotti biologici;

� Officinae Bio, cooperativa che coinvolge diverse aziende biologiche del Lazio, unite al fine di accorciare la filiera di vendita e offrire più qualità e servizi a prezzi competitivi;

� Consorzio Il Pugnalone, consorzio costituito da aziende agricole che coltivano secondo le regole dell’agricoltura biologica;

� Consorzio per l’ambiente CO.P.A. formato da cooperative sociali impegnate nel recupero e integrazione nel mondo del lavoro di persone svantaggiate e provenienti da situazioni di disagio.

Tali soggetti erano già presenti nel Tavolo dell’Altra Economia e hanno seguito l’intero progetto fin dall’inizio. Agli investimenti fatti dal Comune, che ha consegnato i locali già con gli scaffali, il consorzio ha poi aggiunto ulteriori investimenti in frigoriferi e nelle dotazioni informatiche e gestionali.

Il ruolo delle associazioni agricole è stato fin qui marginale, se si eccettua un interesse di Coldiretti e Legambiente, che hanno contribuito a diffondere alcune iniziative intraprese da SpazioBIO, come la “Bio Domenica”, in cui, nell’ampio piazzale antistante il punto vendita si è organizzato un vasto mercato all’aperto di prodotti biologici. Tuttavia, è soprattutto Aiab, l’associazione degli agricoltori biologici a costituire il motore di SpazioBIO.

Carta d’identità di “SpazioBIO”

Data inizio: 29 settembre 2007

Luogo: Città dell’Altra Economia, rione Testaccio, Roma

Orari: dal martedì al venerdì, orario 10-13,30; sabato e domenica 10-20

Dipendenti: 6

Fatturato: circa 680.000 euro (dato provvisorio)

Prodotti venduti:

prodotti alimentari da agricoltura biologica del Lazio e di altre regioni italiane: olio, vino, formaggi, salumi, carne fresca, ortofrutta fresca e trasformata, pasta, cereali; prodotti cosmetici e detersivi alla spina da materie prime naturali ed equo-solidali; abiti da cotone biologico; sementi

Numero produttori: circa 120 in totale, tra aziende agricole e cooperative

Provenienza produttori:

50% laziali e 50% da altre regioni italiane

Quota di partecipazione:

ricarico sui prodotti da parte del consorzio SpazioBIO finalizzato a coprire i costi di struttura e di personale

Numero referenze: circa 1.300

Numero medio giornaliero scontrini:

circa 160

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In fase d’avvio il consorzio teneva i prodotti in conto vendita per gli agricoltori ed erano questi ultimi, da un punto di vista formale, a vendere, tramite il personale assunto. Successivamente la gestione è cambiata, al fine di rendere il sistema più snello. Ora non si tratta di un vero e proprio Mercato degli Agricoltori. Le aziende agricole vendono in realtà i propri prodotti al consorzio SpazioBIO, il quale applica un ricarico che va a coprire il canone d’affitto da pagare al comune, proprietario dei locali, le utenze, il costo dei 6 dipendenti e la gestione dell’invenduto. Il passaggio diventa, invero, molto simile alla fornitura di un normale negozio, sebbene si possa comunque parlare di “filiera accorciata”. D’altra parte, la struttura delle aziende agricole, prevalentemente di piccole dimensioni, non permetterebbe la sostenibilità di un modello basato su una moltitudine di banchetti gestiti ognuno da personale delle aziende stesse.

3.4.3 La selezione dei produttori

Per quanto riguarda la selezione dei produttori i criteri sono i seguenti:

1. La filosofia del mercato è chiaramente orientata a privilegiare i produttori biologici laziali. Quindi un nuovo produttore laziale che voglia partecipare al mercato deve coltivare ed eventualmente trasformare prodotti certificati biologici ai sensi del Reg. (CEE) n. 2092/91;

2. Tuttavia, il mercato segue anche una logica di assortimento. Per questo motivo, per alcuni prodotti trasformati (es. vino, olio, pasta) sono ammessi produttori non laziali, a condizione che oltre alla certificazione biologica detengano anche la certificazione Aiab, il cui disciplinare richiede ulteriori comportamenti di garanzia del metodo di produzione biologico;

3. Nell’ambito della certificazione AIAB ricadono poi anche trasformatori no-food (cosmetici ottenuti da materie prime naturali biologiche, pannolini ottenuti da biomateriali a base di mais), i cui prodotti sono tenuti in appositi scaffali;

4. Infine, sono ammessi anche produttori italiani e stranieri afferenti ai circuiti del commercio equo e solidale (in linea peraltro con la filosofia dell’intera “Città dell’Altra Economia”): detersivi alla spina ottenuti con materie prime naturali e capi di vestiario da cotone biologico sono i principali prodotti esposti.

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Al momento gli spazi espositivi non appaiono ancora saturati. Tuttavia, dalla data di apertura sono aumentati costantemente il numero dei produttori (giunti a circa 120 tra singole aziende e cooperative) e il numero delle referenze (circa 1.300).

3.4.4 Le modalità di consegna: caratteristiche e criticità

Relativamente alle modalità di consegna dei prodotti, ogni produttore provvede a consegnare direttamente al mercato stesso secondo scadenze per lo più settimanali nei prodotti trasformati e giornaliere nei prodotti freschi.

Nel caso dei prodotti trasformati, le aziende dispongono di strutture in grado sia di confezionare che di etichettare i prodotti con il proprio marchio. In generale, non si ravvisano particolari criticità, in quanto i produttori non devono rispettare scadenze, stagionalità o rotazioni.

Nel caso dei prodotti freschi vi sono invece alcune distinzioni da fare.

Innanzitutto, per quanto riguarda l’ortofrutta fresca è stato garantito un ruolo di fornitore in esclusiva ad un’azienda, l’azienda agricola Caramadre. Era questa, d’altra parte, una delle pochissime aziende laziali già attive nella vendita diretta di prodotti ortofrutticoli biologici, tramite alcuni punti fissi e mercatini rionali e le consegne a domicilio. Per questa azienda la struttura del mercato prevede un banco in proprio, gestito a rotazione dal personale di SpazioBIO e dal personale dell’azienda stessa. Il criterio dei prodotti forniti è quello della stagionalità (uno degli obiettivi di Aiab, del resto, è favorire la diffusione di una conoscenza dei consumatori in tal senso), naturalmente cercando di mantenere un assortimento adeguato. Come per le altre aziende agricole Caramadre vende formalmente i suoi prodotti al Consorzio, ma a differenza delle altre gestisce l’invenduto per conto proprio.

Nel caso delle carni fresche e dei latticini, invece, si assiste alla rotazione nelle forniture tra 3-4 aziende, che non hanno dimensioni tali da avere una propria struttura di confezionamento ed etichettamento e si rivolgono a dei terzisti. È questa, indubbiamente, una criticità che può essere estesa anche ad altri piccoli produttori di trasformati. Un obiettivo di SpazioBIO è trovare una modalità di etichettatura comune che ponga tutte queste aziende sotto l’“ombrello” del Consorzio.

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Per alcuni prodotti si potrebbe peraltro sopperire con la vendita sfusa (es. cereali o pasta) o alla spina (es. latte fresco o vino) ma per il momento non si è ancora riusciti ad implementare un sistema che garantisca i requisiti igienico-sanitari senza andare ad incidere troppo sul livello dei prezzi. Nel caso del latte ciò è dovuto anche ad un giro d’affari non ancora sufficiente a giustificare un investimento in macchinari; la gestione dell’invenduto, per un prodotto ad elevata deperibilità come il latte fresco, sarebbe al momento troppo onerosa.

3.4.5 Prezzi clienti e prospettive

Il mercato non ha previsto un sistema di monitoraggio dei prezzi così come è avvenuto in altre realtà. A detta dei soggetti intervistati, i prezzi sono mediamente superiori rispetto a quelli che si possono vedere nella Grande Distribuzione. Il motivo sta però nella diversità dei prodotti, che nel caso di SpazioBIO sono artigianali, mentre nel canale della distribuzione si hanno prodotti più standardizzati, non solo nel processo produttivo, ma anche nel gusto.

Discorso a parte è quello relativo all’ortofrutta fresca, che al contrario denota prezzi inferiori rispetto agli altri canali distributivi, riuscendo a fare della filiera accorciata una realtà ed un vantaggio per produttore e consumatore. Si tratta quindi di articoli che fungono da richiamo per veicolare anche gli altri prodotti. Il comparto ortofrutticolo incide per quasi un quarto sul fatturato totale del mercato.

D’altra parte tali considerazioni vengono riconosciute dai clienti, aumentati costantemente dal giorno dell’apertura, soprattutto attraverso il passaparola. Si tratta, è bene precisarlo, di una categoria di clienti particolarmente consapevole e fidelizzata rispetto ai temi dell’ambiente e dell’agricoltura biologica. Per questo motivo non provengono solamente dal vicinato, ma giungono anche da zone lontane della città, nonostante l’area circostante non sia stata ancora completamente riqualificata e convivano sacche di degrado.

Le prospettive in generale appaiono buone, i gestori prevedono un incremento del fatturato del 30% nel prossimo anno. Inoltre, prevedono di implementare un mercato mensile all’aperto nel piazzale antistante, dato anche il rilevante successo ottenuto con l’iniziativa “Bio Domenica”, con migliaia di visitatori giunti.

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3.5 Principali evidenze emerse dall’analisi dei casi di studio: l’analisi SWOT

I tratti caratteristici dei tre casi di studio sono sinteticamente riportati nella tabella 3.2.

Tabella 3.2 – Sintesi delle principali caratteristiche strutturali ed organizzative dei mercati analizzati

Località Nome mercato Area

Organizzatore

N. espositori

Caratteristiche espositori

Modalità di vendita

Monitoraggio dei prezzi

Taranto Mercato degli agricoltori

Privata Coldiretti 12 Tutti residenti nella provincia di Taranto

Presenza dell’agricoltore sul mercato

Controlli occasionali da parte di Coldiretti

Montevarchi (AR)

Mercato “tuttigiorni”

Pubblica Comune 50/60 Tutte residenti nell’arco di 20 km dal comune

Vendita delegata ad una cooperativa di servizi; l’agricoltore può non essere presente

Controlli strutturati e periodici da parte di Federconsumatori

Roma SpazioBio Pubblica Consorzio di imprese

120

Produttori di biologico.

50% residenti nel Lazio 50% residenti in altre regioni

L’azienda agricola vende direttamente al consorzio. Sarà il consorzio ad occuparsi della vendita al pubblico; rappresenta un’eccezione la vendita di ortofrutta

Nessun controllo

Fonte: elaborazioni Nomisma.

L’analisi SWOT mette in luce punti di forza (Strengths), di debolezza (Weaknesses), opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) associate ai tre diversi modelli organizzativi della vendita diretta in mercati degli agricoltori.

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Tabella 3.3 – Analisi SWOT dei modelli di gestione di un mercato degli agricoltori

Mercato Punti di Forza Punti di debolezza Minacce Opportunità

Mercato degli agricoltori di Taranto

• La presenza diretta del produttore nel mercato garantisce una migliore comunicazione al pubblico del prodotto

• La presenza esclusiva di produttori locali dà maggiore impulso all’economia del territorio

• Possibilità da parte dei consumatori di acquistare prodotti freschi, di stagione e di origine certa

• La presenza del produttore nel mercato potrebbe compromettere la normale attività produttiva dell’azienda

• L’agricoltore vende quasi esclusivamente tramite tale modalità

• La vendita esclusiva potrebbe incorporare il rischio di trasformazione del ruolo tradizionale dell’agricoltore

• L’azienda deve riorganizzare la produzione in funzione del mercato, altrimenti si rischia di non soddisfare le esigenze dei consumatori in termini di completezza della gamma

• Potrebbero crearsi conflitti con i piccoli commercianti locali

• Maggiore remuneratività per le aziende agricole

• Rieducazione del consumatore alla stagionalità dei prodotti

• Educazione dell’agricoltore ad una gestione produttiva che tenga conto anche delle esigenze del mercato

• Maggior presidio del mercato finale

Mercato “tuttigiorni” Montevarchi

• Il produttore non è obbligato ad essere presente sul mercato, in tal modo l’attività produttiva dell’azienda non è in alcun modo compromessa

• Il produttore può decidere di essere presente sul mercato per organizzare attività promozionali, quali degustazioni, e far conoscere i propri prodotti

• La presenza esclusiva di produttori locali dà maggiore impulso all’economia del territorio

• Possibilità da parte dei consumatori di acquistare prodotti freschi, di stagione e di origine certa

• Scostamento dal modello normativo

• L’azienda deve riorganizzare la produzione in funzione del mercato, altrimenti si rischia di non soddisfare le esigenze dei consumatori in termini di completezza della gamma

• Potrebbero crearsi conflitti con i piccoli commercianti locali

• Maggiore remuneratività per le aziende agricole

• Rieducazione del consumatore alla stagionalità dei prodotti

• Educazione dell’agricoltore ad una gestione produttiva che tenga conto anche delle esigenze del mercato

• Maggior presidio del mercato finale

SpazioBio di Roma

• Il produttore non deve essere presente sul mercato, in tal modo l’attività produttiva dell’azienda non è in alcun modo compromessa

• L’apertura ad aziende al di fuori della regione consente di completare la gamma dei prodotti offerti

• Possibilità da parte dei consumatori di acquistare prodotti di qualità elevata

• L’assenza del produttore potrebbe compromettere la buona comunicazione al pubblico del prodotto

• L’apertura ad aziende al di fuori della regione non stimola le aziende locali ad organizzare la produzione in funzione del mercato

• Non si tratta di un vero e proprio mercato a vendita diretta. I prodotti degli agricoltori vengono acquistati da un consorzio. Il consorzio si impone di acquistare SOLO da agricoltori, e non da distributori. Se tale prerogativa verrà meno, il mercato si configurerà come attività commerciale

• Maggiore remuneratività per le aziende agricole

• Rieducazione del consumatore ad un consumo consapevole e sostenibile

Fonte: elaborazioni Nomisma.

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4 ALCUNE CONSIDERAZONI DI SINTESI

Oggi in Lombardia circa l’11% delle aziende agricole (circa 6.500) ha adottato forme di vendita diretta senza intermediari. Anche le dimensioni economiche sono già oggi rilevanti: la produzione agroalimentare venduta direttamente dalle aziende lombarde ha raggiunto nel 2007 circa 387 milioni di euro; seppur spurio, tale valore rappresenta il 6% della produzione lorda vendibile regionale.

Anche dal punto di vista della domanda, tale modalità di vendita assume contorni rilevanti: l’incidenza degli acquisti diretti delle famiglie lombarde sui consumi alimentari ha raggiunto l’1,7%, pari ad una spesa media mensile di quasi 8 euro per nucleo familiare.

Il profilo delle aziende agricole lombarde che praticano la vendita diretta identifica una dimensione medio-piccola, per lo più con fatturato inferiore a 50 mila euro (40%) e una superficie agricola al di sotto dei 20 ettari (61%), a conduzione diretta con utilizzo di manodopera esclusivamente (62%) o prevalentemente familiare (25%).

Per le aziende lombarde, la vendita diretta è uno strumento importante poiché consente di dare stabilità al reddito (aspetto prioritario per il 40% delle imprese), di migliorare la performance aziendale grazie alla possibilità di spuntare prezzi più favorevoli (27%) e di disporre di una maggiore liquidità (8%). Oltre al contributo legato alla redditività aziendale, la vendita diretta rappresenta un importante strumento di marketing e di promozione (17%) che l’attività tradizionale raramente consente; l’accesso diretto al mercato finale permette in particolare di far conoscere il nome dell’azienda (7%), di far apprezzare i prodotti locali (5%) e con un giusto grado di maturazione (3%), di ritornare ad abitudini di consumo in linea con la stagionalità delle produzioni e di conferire uno sbocco anche ai prodotti difficilmente vendibili (2%) ad altre tipologie di acquirenti.

L’attività di vendita diretta in Lombardia viene esercitata attraverso differenti modelli, spesso associando più formule di vendita senza intermediazione.

La vendita in azienda è senz’altro il modello maggiormente diffuso: il 91% delle aziende usa tale modalità, rivolgendosi quasi esclusivamente a consumatori e famiglie; seppur più raramente, la metà delle aziende vende anche a turisti.

Per il 27% delle aziende la vendita diretta in azienda rappresenta una modalità pressoché esclusiva. In realtà in Lombardia il modello di vendita diretta di prodotti agroalimentare è assai più complesso e prevede l’integrazione di diverse modalità di accesso al mercato finale, affiancando così la vendita in azienda ad altre tipologie di canale corto.

Diffusa è la vendita senza intermediari a “negozi al dettaglio e supermercati locali” (il 44% adotta tale modalità) e a “ristoranti e altri pubblici esercizi” (45%). Quasi la metà (43%) delle aziende sfrutta le occasioni di vendita offerte da sagre e feste di paese. Esistono inoltre formule più “strutturate” che vedono già oggi la partecipazione a mercati di soli agricoltori (14%) o a mercati misti di tipo rionale (13%). Infine, seppur meno diffuse, vi sono altre modalità che offrono agli agricoltori l’opportunità di vendere direttamente: l’e-commerce (8%),

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i mercati ortofrutticoli che hanno aree destinate ai produttori (8%), la vendita per corrispondenza (7%) o lungo le strade (3%).

Al di là del modello multi-canale, la vendita diretta per le aziende lombarde presenta gradi di strutturazione in molti casi già evoluti, anche perché nella maggior parte dei casi non si tratta di una pratica recente: un quarto delle aziende la pratica da meno di 5 anni ma un ulteriore 33% ha fatto della vendita diretta un canale privilegiato per l’accesso al mercato da oltre 15 anni. Anche per questo il 54% delle aziende etichetta e marchia i propri prodotti con il logo aziendale conferendo così riconoscibilità al prodotto nell’utente finale.

La reazione delle aziende lombarde in merito alle novità legislative in materia sono positive.

La conferma dell’importanza di promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori agricoli, nell’esercizio delle attività di vendita diretta, possano soddisfare le esigenze dei consumatori, ha di fatto conferito un impulso a tale formula.

L’interesse per nuove iniziative in tal senso è alto: il 25% delle aziende lombarde che fanno vendita diretta accolgono con entusiasmo tale ipotesi. Tra queste il 7% vende già in iniziative simili. Si amplia così del 18% la “domanda potenziale” delle aziende. Un ulteriore 23% si dice probabilmente disponibile a parteciparvi. Tale coinvolgimento potrebbe ulteriormente ampliarsi poiché le aziende che oggi non vendono direttamente potrebbero vedere in tale formula un interesse per l’accesso al mercato finale.

L’identikit del mercato degli agricoltori restituisce preferenze precise in merito ad alcuni caratteri. Per la maggior parte delle aziende lombarde interessate, il mercato degli agricoltori deve infatti avere alcune peculiarità specifiche che rappresentano pre-condizioni alla partecipazione: vicinanza all’azienda (non più di 50 km), organizzazione in un comune sufficientemente popoloso ma di facile accesso (le grandi città e i centri metropolitani non rappresentano in tal senso una soluzione ad alto gradimento), frequenza di vendita non elevata (al massimo 1 volta a settimana).

Alcune tipologie di aziende (più piccole, meno strutturate, con manodopera esclusivamente familiare) non riescono a vedere tale strumento come una opportunità (44%): individuano barriere all’entrata di tipo organizzativo (manodopera e tempo soprattutto) e continuano a preferire la vendita in azienda che offre maggiori possibilità di continuità dell’attività produttiva.

I mercati degli agricoltori rappresentano comunque una buona opportunità, anche se non per tutte le aziende lombarde. Le evidenze empiriche maturate nell’ambito del progetto di ricerca convergono nella necessità di dare impulso allo strumento della vendita diretta poiché rappresenta una possibile modalità di promozione del binomio prodotto-territorio.

Tale suggestione è emersa anche dalle interviste in profondità con gli Enti Locali, vero nodo ispiratore dei possibili percorsi di sviluppo dei mercati a vendita diretta. Oggi la situazione sul territorio restituisce esperienze molto eterogenee tra loro, con caratteristiche differenti sia rispetto alle principali modalità organizzative (frequenza, caratteristiche del luogo in cui è organizzato il mercato, ruolo fattivamente espresso dall’Ente Locale e/o dalle organizzazioni agricole …) che in relazione ai prodotti venduti, dipendenti dalle caratteristiche del territorio in cui insistono (produzioni tipiche e di nicchia in alcuni casi, produzioni più indifferenziate in altri). Elemento che accomuna le esperienze oggi presenti sul territorio è la molteplicità delle funzioni espresse dai mercati degli agricoltori; l’opportunità di offrire un concreto accesso al mercato finale e di valorizzazione delle produzioni locali sono certamente i principali compiti che oggi i mercati riescono ad interpretare nelle diverse realtà lombarde. A tali funzioni,

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occorre sicuramente aggiungere il ruolo che il rapporto diretto con il produttore riesce a giocare nella sensibilizzazione all’educazione alimentare del consumatore, che acquisisce strumenti per un ritorno alla stagionalità dei consumi.

Dal punto di vista della gestione della città è importante non trascurare la capacità che un mercato degli agricoltori ha nell’animare l’area in cui è organizzato e le possibili sinergie turistiche che ne possono scaturire.

Esiste però un punto ancora in penombra su cui spesso converge il dibattito.

Le filiere corte, per loro stessa definizione, rappresentano una modalità in grado di individuare percorsi per il raggiungimento di una maggiore efficienza, che incorpora anche la capacità di salvaguardia del potere di acquisto del consumatore. Tale obiettivo è chiaramente ascritto alla declinazione di filiera corta che si esercita nel modello dei mercati a vendita diretta, così come previsto dalla normativa laddove si richiama che i mercati possano soddisfare le esigenze dei consumatori, non solo in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione, ma anche in merito alla trasparenza dei prezzi.

L’individuazione della reale capacità che tali mercati hanno nel salvaguardare il potere di acquisto del consumatore è ancora però difficilmente misurabile. Poche sono le realtà, non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, in cui si sia intrapreso un percorso strutturato, codificato e condiviso di analisi e monitoraggio dei prezzi. Spesso tale attività risulta ancora poco organizzata e codificata, se non estemporanea. Il tema della trasparenza e della tracciabilità del reale differenziale di prezzo che i mercati a vendita diretta sono in grado di garantire costituisce un nodo cruciale, non trascurabile, anche per lo stesso successo nel tempo di tali iniziative.

Se già oggi le esperienze lombarde hanno individuato un percorso in grado di assolvere gran parte degli obiettivi preposti e hanno codificato un attento sistema che ne disciplina le principali caratteristiche organizzative, vale la pena compiere un ulteriore sforzo per valutare appieno la loro capacità di rappresentare una reale opportunità per il consumatore anche in termini di capacità di spesa.

Il panorama di riferimento è ora chiaro.

Da un lato, i consumatori dimostrano per tali strumenti una buona “assonanza cognitiva”, ne riconoscono i valori positivi e valutano con fiducia la proposta offerta nell’intento di salvaguardia della qualità delle produzioni acquistate oltre che della convenienza. Dall’altro, l’indagine sulle imprese ha confermato l’importanza che la filiera corta assume per la capacità delle aziende stesse di stare sul mercato. In questo senso, partendo dai consumatori locali vi è la possibilità di costruire una strategia complessiva di valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari lombardi che faccia leva sulla riconoscibilità dell’origine e delle sue tipicità. I mercati degli agricoltori rappresentano così, non solo uno strumento in grado di convogliare al consumatore esclusivamente le eccellenze del territorio, ma anche quelle produzioni, non necessariamente differenziate, che costituiscono il paniere di prodotti della tavola di tutti i giorni.

I mercati degli agricoltori possono quindi rappresentare un mezzo – e non necessariamente l’obiettivo ultimo – di una strategia che porti, da un lato, ad elevare il livello di conoscenza e di informazione del consumatore sui prodotti del territorio e sulla loro stagionalità e dall’altro a far sempre più convergere le imprese su tecniche di produzione e standard qualitativi adeguati alle esigenze del mercato.

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Occorre quindi predisporre un percorso coerente, dove i mercati a vendita diretta possano giocare un ruolo che consenta di offrire un contributo per irrobustire il tessuto imprenditoriale agricolo e per far crescere i suoi attori, incrementandone non solo la capacità produttiva ma anche le competenze manageriali, organizzative e di mercato.

La vendita diretta nei mercati degli agricoltori è in grado di rappresentare quindi uno degli elementi per superare le difficoltà di accesso al mercato finale, da sempre uno dei principali fattori di criticità per la capacità competitiva del sistema agricolo. Rimanendo Sono comunque necessarie politiche di crescita del sistema imprenditoriale agricolo (non solo per quello rivolto alla vendita diretta) per far sì che si rafforzino, non tanto le dotazioni produttive, ma soprattutto le capacità organizzative e le competenze extra-agronomiche (fiscali, commerciali, marketing).