osse rvatorio paolino - barnabiti · 2020. 1. 7. · dio che accoglie tutti nel suo abbraccio...

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Eco dei Barnabiti 1/2018 29 non si può comprendere se non lo si situa nel mondo e nei valori che circolano nella società ellenistico- romana del primo secolo dopo Cri- sto. Come non si può comprenderlo se non si è consapevoli che linguag- gio e comportamento da lui deli- neati sono tributari al modo in cui i cristiani si stavano abituando a pre- gare. Paolo, sostiene Rowan Wil- liams, ricorda al cristiano moderno che il linguaggio teologico si inaridi- sce e muore quando non prende coscienza della pressione di esso esercitata dal modo in cui preghiamo (p. 8). Nella prima Lettera ai Corinti questi due punti vengono affermati con forza: Paolo trasmette solo quanto ha ricevuto dal Signore (1 Cor. 11, 23) e questo, soprattut- to, nel modo di celebra- re la cena del Signore. È la preghiera che ispira la fede e l’agire. Questo piccolo libro su Paolo, che porta alla co- noscenza del vasto pub- blico le conferenze che l’arcivescovo Rowan Wil- liams ha tenuto nella cat- tedrale di Canterbury nel tempo pasquale, si arti- cola in tre momenti: 1) Il mondo sociale di Paolo, tra emarginati e integrati; 2) La sconvolgente idea di Paolo, di predicare un Dio che accoglie tutti nel suo abbraccio amorevo- le; 3) Come Paolo imma- gina il mondo nuovo, la nuova creazione, ossia l’universo cristiano. EMARGINATI E INTEGRATI. IL MONDO SOCIALE DI PAOLO Il mondo di Paolo è il grande impe- ro romano che, sotto Augusto e i suoi successori, si trovò a vivere in un pe- riodo di relativa tranquillità e benesse- re, quello che solitamente si chiama la pax romana. Ovviamente non tutti ne godevano allo stesso modo. Se ci im- maginiamo una serie di cerchi con- centrici, all’esterno troviamo i barbari, tollerati o a volte ostili, che premeva- no sui confini estremi dell’impero e costringevano i romani a continui spo- stamenti di truppe e sanguinosi con- flitti. Gli schiavi occupavano la perife- ria della società. Essi servivano come bene personale i propri padroni e, so- lo in rari casi, per fedeltà o bravura, potevano acquisire una certa autono- mia col titolo di liberti. In un cerchio più interno c’erano i migranti, intere popolazioni a volte che andavano da una parte all’altra secondo le necessità dei commerci o le vicissitudini della vita. Essi potevano muoversi, andare in giro, ma senza nessuna garanzia che il proprio status legale restasse lo stesso. Solo una ristretta parte della popolazione, il cerchio magico inter- no, aveva lo statuto di cittadini roma- ni. Solo a questi veniva assicurata una forma di protezione garantita e solo loro potevano godere di diritti: dispor- re della propria proprietà, fare testa- mento, citare in giudizio, sposarsi sen- za chiedere permesso a nessuno, vota- re, presentarsi come candidati alle elezioni, viaggiare e esercitare gli stes- si diritti in ogni città che godeva degli stessi statuti di quella di provenienza. Osservatorio paolino ROWAN WILLIAMS DIO SECONDO PAOLO Rowan Williams (Swansea, Galles GB 1950-) dal 2003 al 2012 è stato arcivescovo di Canterbury. Teologo formatosi a Cambridge e a Oxford sulla grande tradizione delle chiese d’oriente e d’occidente, ha sempre cercato di rendere intellegibile il messaggio del vangelo agli uomini e alle donne di oggi. È quello che cerca di fare anche in quest’agile volumetto, consapevole che tentare di scrivere un volume mol- to breve su san Paolo è un po’ un az- zardo (p. 5). Soprattutto se ci si con- fronta con opere di grande mole, co- me quella recente del suo caro amico e collega di un tempo, Tom Wright, che aveva appena finito di pubblicare un magistrale studio di 1700 pagine, in cui ciascuna di esse contiene qual- che intuizione nuova e stimolante. Eppure il mondo di Paolo resta un libro chiuso per tanti di quelli che fre- quentano regolarmente la chiesa. So- no ancora moneta corrente nella per- cezione comune molti pregiudizi ri- guardanti Paolo: una certa misoginia, una ostilità verso il sesso e l’omoses- sualità in particolare, la difesa della schiavitù e, in genere, una trasforma- zione della semplice dottrina di Gesù sull’imminenza del Regno di Dio in una complessa filosofia o mitologia che ha finito per trasformare il feno- meno stesso del cristianesimo. Ma è proprio così? Rowan Wil- liams sostiene di no. Paolo non ha inventato né ha trasformato il cri- stianesimo. Più si legge Paolo, più si vede quanto si stia sforzando di ren- dere giustizia a qualcosa che si è già trovato di fronte in quelle narra- zioni e in quelle prassi, e non di im- provvisare un nuovo sistema religio- so (pp. 6-7). Certo, ha cercato di renderlo comprensibile al mondo in cui si trovava a vivere. Paolo, infatti,

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  • Eco dei Barnabiti 1/2018 29

    OSSERVATORIO PAOLINO

    non si può comprendere se non losi situa nel mondo e nei valori checircolano nella società ellenistico-romana del primo secolo dopo Cri-sto. Come non si può comprenderlose non si è consapevoli che linguag-gio e comportamento da lui deli-neati sono tributari al modo in cui icristiani si stavano abituando a pre-gare. Paolo, sostiene Rowan Wil-liams, ricorda al cristiano modernoche il linguaggio teologico si inaridi-sce e muore quando non prendecoscienza della pressione di essoesercitata dal modo incui preghiamo (p. 8).Nella prima Lettera aiCorinti questi due puntivengono affermati conforza: Paolo trasmettesolo quanto ha ricevutodal Signore (1 Cor. 11,23) e questo, soprattut-to, nel modo di celebra-re la cena del Signore. Èla preghiera che ispirala fede e l’agire.

    Questo piccolo libro suPaolo, che porta alla co-noscenza del vasto pub-blico le conferenze chel’arcivescovo Rowan Wil-liams ha tenuto nella cat-tedrale di Canterbury neltempo pasquale, si arti-cola in tre momenti: 1) Ilmondo sociale di Paolo,tra emarginati e integrati;2) La sconvolgente ideadi Paolo, di predicare unDio che accoglie tutti nelsuo abbraccio amorevo-le; 3) Come Paolo imma-gina il mondo nuovo, lanuova creazione, ossial’universo cristiano.

    EMARGINATI E INTEGRATI.IL MONDO SOCIALE DI PAOLO

    Il mondo di Paolo è il grande impe-ro romano che, sotto Augusto e i suoisuccessori, si trovò a vivere in un pe-riodo di relativa tranquillità e benesse-re, quello che solitamente si chiama lapax romana. Ovviamente non tutti negodevano allo stesso modo. Se ci im-maginiamo una serie di cerchi con-centrici, all’esterno troviamo i barbari,tollerati o a volte ostili, che premeva-no sui confini estremi dell’impero e

    costringevano i romani a continui spo-stamenti di truppe e sanguinosi con-flitti. Gli schiavi occupavano la perife-ria della società. Essi servivano comebene personale i propri padroni e, so-lo in rari casi, per fedeltà o bravura,potevano acquisire una certa autono-mia col titolo di liberti. In un cerchiopiù interno c’erano i migranti, interepopolazioni a volte che andavano dauna parte all’altra secondo le necessitàdei commerci o le vicissitudini dellavita. Essi potevano muoversi, andarein giro, ma senza nessuna garanzia

    che il proprio status legale restasse lostesso. Solo una ristretta parte dellapopolazione, il cerchio magico inter-no, aveva lo statuto di cittadini roma-ni. Solo a questi veniva assicurata unaforma di protezione garantita e sololoro potevano godere di diritti: dispor-re della propria proprietà, fare testa-mento, citare in giudizio, sposarsi sen-za chiedere permesso a nessuno, vota-re, presentarsi come candidati alleelezioni, viaggiare e esercitare gli stes-si diritti in ogni città che godeva deglistessi statuti di quella di provenienza.

    Osservatorio paolino

    ROWAN WILLIAMSDIO SECONDO PAOLO

    Rowan Williams (Swansea, GallesGB 1950-) dal 2003 al 2012 è statoarcivescovo di Canterbury. Teologoformatosi a Cambridge e a Oxfordsulla grande tradizione delle chiesed’oriente e d’occidente, ha semprecercato di rendere intellegibile ilmessaggio del vangelo agli uomini ealle donne di oggi.

    È quello che cerca di fare anche inquest’agile volumetto, consapevoleche tentare di scrivere un volume mol-to breve su san Paolo è un po’ un az-zardo (p. 5). Soprattutto se ci si con-fronta con opere di grande mole, co-me quella recente del suo caro amicoe collega di un tempo, Tom Wright,che aveva appena finito di pubblicareun magistrale studio di 1700 pagine,in cui ciascuna di esse contiene qual-che intuizione nuova e stimolante.

    Eppure il mondo di Paolo resta unlibro chiuso per tanti di quelli che fre-quentano regolarmente la chiesa. So-no ancora moneta corrente nella per-cezione comune molti pregiudizi ri-guardanti Paolo: una certa misoginia,una ostilità verso il sesso e l’omoses-sualità in particolare, la difesa dellaschiavitù e, in genere, una trasforma-zione della semplice dottrina di Gesùsull’imminenza del Regno di Dio inuna complessa filosofia o mitologiache ha finito per trasformare il feno-meno stesso del cristianesimo.

    Ma è proprio così? Rowan Wil-liams sostiene di no. Paolo non hainventato né ha trasformato il cri-stianesimo. Più si legge Paolo, più sivede quanto si stia sforzando di ren-dere giustizia a qualcosa che si ègià trovato di fronte in quelle narra-zioni e in quelle prassi, e non di im-provvisare un nuovo sistema religio-so (pp. 6-7). Certo, ha cercato direnderlo comprensibile al mondo incui si trovava a vivere. Paolo, infatti,

  • Paolo era cittadino romano, civis ro-manus sum, ed era orgoglioso di esser-lo, fino ad appellarsi al tribunale diCesare per non essere messo a mortedai suoi correligionari che lo accusa-vano di aver profanato il Tempio a Ge-rusalemme. Come spiega Rowan Wil-liams, Essere un cittadino romano eraun po’ come avere un passaporto bri-tannico all’inizio del XX secolo: poteviandare più o meno dappertutto edaspettarti di essere trattato in modoadeguato (p. 15). Il mondo di Paolo èun mondo in cui non esiste nulla dicorrispondente alla nostra idea di di-ritti umani universali. Nulla che somi-gli all’uguaglianza generale davanti al-la legge. La cittadinanza non era unaquestione di classe o di reddito, mauna questione di identità.

    Insomma, un mondo che non ha al-cuna concezione di diritti o dignitàumana universali, un mondo in cui laposizione sociale determinava piutto-sto precisamente tutto quanto riguar-dava l’individuo (p. 21). Era tuttaviaun mondo molto attivo commercial-mente, molto creativo culturalmente,in cui linguaggi e tradizioni si mesco-lavano liberamente nel contesto dellavita delle città, tenuti insieme in ma-niera abbastanza instabile da due ele-menti principali: l’autorità dell’impero

    romano e la lingua greca (p. 18). Unmodello diremmo esemplare di que-sta società è rispecchiato nella comu-nità cristiana di Corinto: un luogo incui schiavi e cittadini, commercianti elavoratori migranti, si mescolavano in-sieme; un luogo davvero molto raro(p. 22). Una comunità che RowanWilliams definisce “eccentrica”.

    Ma Paolo, oltre a essere cittadinoromano e di lingua e cultura greco-ellenistica, era anche un ebreo. Ap-parteneva a quella folta schiera diebrei imprenditori e commercianti,mercanti, viaggiatori e maestri dettala diaspora: popolo ebraico disper-so per i paesi del Mediterraneo neisecoli immediatamente precedentil’inizio dell’era cristiana. Anche ilmondo ebraico, a cui appartiene perstirpe Paolo, è fieramente segmenta-to: ci sono gruppi e tendenze profon-damente connotate: farisei e saddu-cei, esseni e zeloti. Per vivere biso-gna identificarsi: un mondo dove lelinee di demarcazione sono scavateprofondamente ed è quasi impossibi-le oltrepassarle, un mondo di com-plesse politiche identitarie (p. 28).

    Paolo combatte tutta la vita per ab-battere queste barriere. Scrive RowanWilliams: Potete leggere la Lettera aiRomani dall’inizio alla fine e immagi-

    narvi di sentire Paolo che, girando latesta ora da una parte e ora dall’altra,dice tanto all’ebreo quanto al gentile:“Tu pensi di avere fondati motivi persentirti superiore: lascia che ti dicache non lo sei. Soltanto perché sto di-cendogli che loro non sono superiori,non pensare di esserlo tu (p. 29).

    Emarginati ed integrati erano cate-gorie che stavano molto a cuore aicontemporanei di Paolo. Ma la suavisione – che il regno di Dio era ve-nuto in Gesù Cristo – lo spingeva adabrogare ogni differenza di etnia, diclasse o di genere. Non esiste giudeoe greco, schiavo e uomo libero, ma-schio e femmina. Poiché tutti voi sie-te uno in Cristo Gesù (p. 41).

    Ma com’era Paolo come uomo?Non ne sappiamo molto. Sappiamoche la sua salute era instabile (Gal. 4,13); probabilmente soffriva di unamalattia agli occhi; alcuni diconoche fosse epilettico; ma finora nessu-no ha potuto individuare che malat-tia fosse (se malattia era) quella “spi-na nella carne” di cui Paolo parlanella 2 Lettera ai Corinti (2 Cor. 12,7ss). Anche l’aspetto fisico ci sfugge.Gli Atti di Paolo e Tecla (un apocrifodel II secolo) ce lo presentano comeun uomo piccolo, con le gambe stor-te, il volto sottile, il naso ricurvo, cal-vo con le folte sopracciglia unite nelmezzo; ed è così che viene invaria-bilmente raffigurato nella tradizioneartistica bizantina (p. 32). Come tem-peramento era un uomo appassiona-to, dalla forte personalità, capace digrandi tenerezze e di rabbie improv-vise, non disgiunte da insulti e sarca-smi. È un uomo di profonde emozio-ni; e, come tutte le persone dotate diprofonde emozioni, chiaramente tro-va piuttosto complicato operare inun mondo sociale molto rigido e re-strittivo (p. 35).

    Un ultimo aspetto, su cui noi rara-mente riflettiamo, è l’appartenenzareligiosa di Paolo. Nel mondo di Pao-lo, nessuno appartiene a una religio-ne. Paolo va in sinagoga perché èebreo, non perché abbia una religio-ne. Come afferma Rowan Willams,“Non esiste ‘una religione’ nel I se-colo cristiano” (p. 36). Essere religio-so faceva parte dell’essere cittadino,o schiavo, o qualunque altra cosa:parte dell’essere una persona nelmondo romano. Con ogni probabilitàla realtà che vi si avvicina di più, pernoi, è il mondo religioso dell’India,

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    OSSERVATORIO PAOLINO

    Paolo. Mosaico (sec. XI) sulla lunetta della facciata di S. Pietro in Civate(Como). Arte protoromanica lombarda

  • con la sua enorme profusione di dèie dee, i suoi gruppetti informali didevoti legati a questa o a quella prati-ca o tradizione, e il suo ostinato e to-tale rifiuto di pensare la religione co-me qualcosa di distinto da tutto il re-sto (p. 38).

    Quello che Paolo predicava non erauna nuova “religione”. Era un nuovoordine mondiale, un nuovo modo diappartenere a Dio e agli altri.

    UN’ACCOGLIENZA UNIVERSALE:LA SCONVOLGENTE IDEA

    DI PAOLO

    L’affermazione paradigmatica diPaolo nella lettera ai Galati stabilisceche tutti i vari tipi di status, i marca-tori identitari, sono irrilevanti: Nonesiste giudeo e greco, schiavo e uo-mo libero, maschio e femmina. Poi-ché tutti voi siete uno in Cristo Gesù(Gal 3, 28). Per poter apparte-nere al popolo di Dio non sideve cominciare da un maz-zo di qualifiche etniche o le-gali o sociali. Gesù estende ladignità della piena apparte-nenza al popolo di Dio a tuttiquei tipi di persone in com-pagnia delle quali la gente rispettabile e devota non vo-leva decisamente ritrovarsi(p. 42). L’apertura di Gesù a co-loro che agli occhi della mag-gioranza non erano “qualifica-ti” per appartenere al popolodi Dio sta alla base della scon-volgente idea di Paolo di un’ac-coglienza universale (p. 42).In altre parole non è una no-stra conquista, ma appartene-re al popolo di Dio è l’acco-glienza di Dio, un’iniziativadi Dio, nient’altro; non unanostra blanda filosofia socia-le. Questa semplice idea co-mincia a destabilizzare moltedelle idee dominanti in queltempo e in quell’ambito so-ciale, perché in buona sostan-za significa abbattere i muridella separazione. Come si af-ferma nella prima lettera diPietro: “quelli che un tempoerano non popolo, ora sonodiventati un popolo” (1 Pt 2,10). Per Paolo la comunità cri-stiana è una “casa per chi èsenza casa” (p. 45).

    Se abbattere le barriere della se-parazione è il primo momento, go-dere di una più grande libertà ne è ilnecessario corollario. L’idea che ap-partenendo alla comunità di Dio sipassi dall’essere schiavi all’esserepersone libere rappresenta il cam-biamento più radicale che si potes-se immaginare nel mondo antico(p. 46). Ovviamente non si tratta difare tutto quello che ci salta in menteo, come dice Rowan Williams, con-cedere alle nostre meravigliose, uni-che, lussureggianti personalità di fio-rire in ogni direzione possibile e dipestare i piedi a tutti (p. 48), ma, co-me specifica Paolo ai Corinti, la li-bertà è al servizio della costruzionedella comunità: bisogna cercare gliinteressi degli altri, non i nostri. Lalibertà cristiana è quella di lasciareche Dio compia in te cose a misuradi Dio: dare vita, promettere perdo-no e riconciliazione, comunicare

    speranza con parole e azioni (p. 50).La nostra libertà, sembra suggerireRowan Williams, consiste nel la-sciarci possedere dalla Spirito vivodi Gesù, che è amore, gioia, pace,pazienza e così via.

    La libertà non si realizza in un go-dimento egoistico delle proprie po-tenzialità, ma si concretizza nellacostruzione di comunità cristiane. Ilmodello di vita nella comunità con-siste nel servizio reciproco, generatoda una profonda attenzione all’altro(p. 58). Nella comunità ognuno ha ilproprio dono da offrire e ognuno habisogno dei doni di tutti gli altri.Paolo sostituisce la reciprocità deldebito con la reciprocità del dono.Questa comunità di credenti ha inquesto mondo il suo inizio, ma lasua completa realizzazione sarà solonel regno di Dio. Se c’è una caratte-ristica di questa comunità è quelladi essere aperta a tutti! La chiamata

    di tutti i popoli a formare lafamiglia di Dio non deve si-gnificare un’esclusione delpopolo eletto, gli ebrei, contutti i corollari di persecuzio-ni e olocausti che si sono ve-rificati nella storia, ma – asse-risce Rowan Williams – soloche per il tempo presente ècompito nostro portare la lorovocazione in ogni contestoumano (p. 64). Perché la lorochiamata è stata estesa ai cre-denti di ogni retroterra etnico(p. 64).

    Nella Lettera ai Romani Pao-lo allargherà questa prospetti-va a tutto l’universo, che gemefinché non raggiunga la pienarealizzazione, che consiste nelcolmare lo scarto tra Dio e ciòche non è Dio (p. 70).

    LA NUOVA CREAZIONE:L’UNIVERSO CRISTIANO

    DI PAOLO

    La cerniera di questa ricon-ciliazione Paolo la vede in Ge-sù; e precisamente nella suamorte in croce come un mal-fattore (Hegel parlava di ve-nerdì santo speculativo), cherappresenta lo sprofondamen-to nell’oscurità e nella mortedi Dio; e la sua resurrezione,la sua costituzione in potenza

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    OSSERVATORIO PAOLINO

    Paolo. Affresco (sec. IV). Roma, Catacombe divia Dino Compagni

  • alla destra di Dio, per opera delloSpirito. Paolo arriva a questa consa-pevolezza in forza della sua espe-rienza sulla via di Damasco, quandolo avvolse una luce dal cielo e, ca-dendo a terra, udì una voce che di-ceva… Io sono Gesù, che tu perse-guiti… (Atti 9, 5). Paolo allora com-prende che Gesù non è una merafigura individuale che riemerge dalpassato, ma qualcuno che porta ilvolto e la gloria di Dio fino al cuoredella sofferenza umana. Questo è ilmistero svelato: colui che sembra es-sere un maledetto da Dio, ne è il suopieno rivelatore: sul volto di Gesùsplende la gloria di Dio, quella chegli ebrei chiamano la Šekinah, l’ac-

    cecante irradiazione della presenzadi Dio. In lui, quindi, si cela come ingerme il nuovo mondo, che aspettacome un bimbo di venire alla luce.

    Per Rowan Williams in Paolo già siprefigura la preghiera trinitaria, dauna parte; e la visione del mondoescatologico, dall’altra, dove lo Spiri-to di Gesù appare come il grande ri-conciliatore, degli uomini con gli uo-mini e degli uomini con la natura.Cristo è… la restaurazione dell’uma-nità autentica, nel contempo pienez-za di umanità e pienezza di divinità(p. 91). L’uomo assurge alla dignitàdi figlio di Dio, e la vita nello spiritoè una vita di persone che si apronoalle altre persone.

    Rowan Williams non è però unutopico sognatore di un ipotetico fu-turo; egli ritiene che queste realtà sipossono e si debbono sperimentarefin da ora. Ecco come si esprime aquesto riguardo: Io non ritengo chePaolo abbia cambiato idea riguardoalla speranza futura del ritorno di Cri-sto nella gloria. Ma sembra esseresempre più interessato a come noisperimentiamo adesso la vita che Cri-sto darà in pienezza alla fine dei tem-pi (p. 101). Paolo aspira al futuro diCristo, ma perché ha già cominciatoa percepirlo nel presente.

    CONCLUSIONE

    I limiti di questa operetta giaccio-no proprio là dove sono i suoi meriti.

    In fondo si tratta di conferenze aifedeli nel tempo di preparazione allaPasqua. Il linguaggio, necessariamen-te, è semplice e diretto e senza prete-se di apparati scientifici. A tal puntoche, in una sua breve recensione in-sieme ad altri libri di spiritualità, ilCard. Ravasi può affermare che ildettato dell’arcivescovo odora un po’di ‘ecclesialese’. Ma subito dopo ag-giunge che l’ancoraggio testuale è so-lido e impedisce di stemperare ilmessaggio teologico in un impalpabi-le appello predicatorio.

    Il merito di queste meditazioni su“Dio secondo Paolo” consiste nellostracciare certe immagini stereotipatedel divino, soprattutto con l’irruzionedi Cristo, che è la ‘pericolosa novità’introdotta dal cristianesimo. Paolo haintrodotto una visione di Dio acco-gliente e misericordioso. Con la cen-tralità di Cristo e dello Spirito, inol-tre, ha aperto alla visione trinitariadel Dio unico.

    Quello che può mancare in com-plessità è ampiamente ricompensatodalla chiarezza e dalla immediatez-za del testo, che invita a rifletteresulla preghiera, sulla novità della vi-sione cristiana e sull’impegno chene deriva.

    Giuseppe Cagnetta

    Abbiamo parlato di:

    Rowan Williams, Dio secondo Paolo(Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose,2016, pp. 117, € 11,00).

    Eco dei Barnabiti 1/201832

    OSSERVATORIO PAOLINO

    Grotte Vaticane, peribolo, dipinto monocromo con San Silvestro Papa chedivide le ossa dei Santi Pietro e Paolo (Guidubaldo Abbatini, 1600 ca.-1656)