p = probabilità che accada l’evento d = gravità del...
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P = Probabilità che accada l’evento
D = Gravità del danno
K = fattore dovuto alla formazione ed informazione
RISCHIO: probabilità matematica che un evento si verifichi, ovvero che siaraggiunto il livello potenziale di danno.
PERICOLO: qualità o proprietà intrinseca di una determinata entità (materiali oattrezzature da lavoro, metodi e pratiche di lavoro) potenzialmente capace di causare
danni. Si distinguono:a) pericolo per la sicurezza: condizioni che possono determinare incidenti con
danni all’individuo;b) pericolo per la salute: circostanze o agenti che possono colpire la salute
dell’operatore o della sua prole, sia nell’immediato che nel futuro
R =P X D
K
Il rischio
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RISCHI PER LA SICUREZZA(Rischi di natura infortunistica)
• Strutture• Macchine• Impianti elettrici• Sostanze pericolose• Incendio-esplosioni
I rischi per la Sicurezza, o rischi di natura infortunistica, sono quelli responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni, ovvero di
danni o menomazioni fisiche (più o meno gravi) subite dalle persone addette alle varie attività lavorative, in conseguenza di un impatto fisico-traumatico di diversa natura (meccanica, elettrica, chimica, termica, ecc.)
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RISCHI TRASVERSALIO ORGANIZZATIVI
•Organizzazione del lavoro•Fattori psicologici•Fattori ergonomici•Condizioni di lavoro difficile
Tali rischi sono individuabili all’interno della complessa
articolazione che caratterizza il rapporto tra “l’operatore” e
“l’organizzazione del lavoro” in cui è inserito.
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RISCHI PER LA SALUTE
(Rischi di natura igienico ambientale)
•Agenti chimici•Agenti fisici•Agenti biologici
I rischi per la salute, o rischi igienico ambientali, sono quelli responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico del personale addetto ad operazioni, o a lavorazioni, che comportano l’emissione
nell’ambiente di fattori ambientali di rischio, di natura chimica, fisica o biologica, con conseguente esposizione del personale addetto.
I danni per la salute sono spesso posticipati nel tempo, anche a distanza di 10-20 anni rispetto
all’esposizione che li ha indotti; ènecessario pertanto documentare
adeguatamente le esposizioni professionali
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Il rischio biologico
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Rischio professionale cui possono andare incontro alcune categorie professionali
particolarmente esposte e che, in via continuativa, sono addette a quelle attività
lavorative per le quali si può ipotizzare un rischio di esposizione ad agenti biologici.
RISCHIO BIOLOGICO
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RISCHIO BIOLOGICO
Il rischio biologico è la possibilità che ha un agente biologico, situato in origine all’esterno dell’organismo, di penetrarvi e
provocare danni più o meno gravi, sia nei confronti della salute dei lavoratori che della popolazione generale.
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CATEGORIA DI LAVORATORI ESPOSTE AL RISCHIO BIOLOGICO
Le attività che possono comportare rischio di contatto con agenti biologici sono attività con uso deliberato di microrganismi (attività in cui gli agenti biologici
vengono introdotti nel ciclo lavorativo per essere trattati, manipolati o trasformati per sfruttare le loro capacità biologiche) oppure attività con rischio solo potenziale
(attività in cui l’operatore viene in contatto con gli agenti biologici in maniera indiretta).
Sono esposti a rischio biologico tutti i lavoratori:
a contatto con animali e loro prodotti
addetti alla ricerca nel campo della microbiologia
addetti all’industria di trasformazione delle carni, pelli, ecc.
addetti ai servizi sanitari ambulatoriali, ospedalieri e veterinari
addetti allo smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi
addetti agli stabulari
addetti alle biotecnologie
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ATTIVITÀ CON ESPOSIZIONE POTENZIALE AD AGENTI BIOLOGICI
•Industria alimentare •Agricoltura •Zootecnia •Macellazione carni•Piscicoltura •Servizi veterinari •Servizi sanitari (ospedali, ambulatori, studi dentistici, servizi di assistenza) •Laboratori diagnostici (esclusi quelli di microbiologia)•Servizi di disinfezione e disinfestazione •Impianti industriali di sterilizzazione, disinfezione e lavaggio di materiali potenzialmente infetti •Servizi mortuari e cimiteriali •Servizi di raccolta, trattamento, smaltimento rifiuti •Industria di trasformazione di derivati animali (cuoio, pelle, lana)•Impianti depurazione acque di scarico •Manutenzione impianti fognari
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L’emissione del Decreto Legislativo 626/94 e s.m.i, risveglia l’attenzione sulle problematiche relative alla tutela della salute
e alla sicurezza dei lavoratori esposti a rischio infettivo.
Secondo questo Decreto l’esposizione ad agenti biologici viene ad essere considerata a tutti gli effetti un rischio
professionale tutelato per legge e vengono quindi indicate le norme di prevenzione che vanno adottate.
LA PREVENZIONE DEL RISCHIO INFETTIVO
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Per RISCHIO BIOLOGICO si intende la possibilità di contrarre una malattia infettiva, ossia una forma morbosa, determinata da un agente biologico capace di penetrare, moltiplicarsi e produrre effetti dannosi
in un organismo vivente e che successivamente è in grado di allontanarsi da esso e di penetrare in altri organismi
Con il termine CONTAMINAZIONE si intende la presenza di microrganismi patogeni in una determinata area e il loro contatto con le superfici corporee. La sola contaminazione non è in grado di indurre
uno stato di infezione né una condizione di malattia
L’ INFEZIONE è la penetrazione degli agenti patogeni nell’organismo
Lo stato di MALATTIA segue dopo un periodo variabile che prende il nome diPERIODO DI INCUBAZIONE
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Contaminazione infezione incubazione malattia
Perché possa insorgere una malattia infettiva deve concorrere una serie di fattori, alcuni propri dell’agente infettante, quali la virulenza e la carica
infettante, altri propri dell’organismo ospite, come l’età, la costituzione, il sesso e la razza.
Altri fattori dipendono dalle condizioni esterne, come il clima e la situazione ambientale.
Quanto più virulenti saranno i microrganismi e quanto più cospicuo sarà il loro numero, tanto più facilmente essi avranno il sopravvento sulle difese immunitarie e daranno luogo al passaggio dallo stato di infezione a
quello di malattia
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Infettività: va intesa come la capacità di un microrganismo di penetrare e moltiplicarsi nell'ospite;
Patogenicità: è la possibilità di produrre malattia a seguito di infezione e gravità della stessa;
Trasmissibilità: caratteristica di un microrganismo di essere trasmesso da un soggetto infetto ad un soggetto suscettibile;
Neutralizzabilità: disponibilità, o meno, di efficaci misure profilattiche per prevenire la malattia o terapeutiche per la sua cura.
Nella definizione di pericolo biologico vanno prese in considerazione alcune caratteristiche, specifiche dei microrganismi, quali:
InfettivitàPatogenicità
TrasmissibilitàNeutralizzabilità
Infettività + patogenicità = virulenzavirulenzaMisura della capacità di un microrganismo di dar luogo a quadri clinici severi.Può essere stimata in relazione alla morbosità, alla mortalità ed alla capacità di diffusione nella popolazione.
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1) Sostanze infetteSono quelle che contengono microrganismi vitali, compresi batteri, virus, rickettsie, parassiti, funghi, o microrganismi ricombinanti o mutanti che sono conosciuti provocare malattie negli animali e nell’uomo. In queste definizioni non sono incluse le tossine.
2) Campioni diagnosticiSono costituiti da qualsiasi materiale di origine animale o umana, inclusi escreti,secreti, sangue e derivati, tessuti che vengono utilizzati a scopo diagnostico,conesclusione di animali vivi infetti.
3) Prodotti biologiciSono definiti come prodotti biologici finiti, per uso umano o veterinario, quelli fabbricati in conformità a quanto stabilito da Enti Ufficiali Nazionali o secondo le direttive dell’Autorità di Sanità Pubblica. I vaccini vivi per gli animali o per l’uomo sono considerati “prodotti biologici” e non “sostanze infette”.
DEFINIZIONE DI MATERIALE BIOLOGICO
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SICUREZZA BIOLOGICA
Il Decreto Legislativo n. 626/94 ha posto le basi per un’adeguata azione di tutela della salute nei luoghi di lavoro ed è stato sostituito dal decreto n. 81/08. Il titolo X di tale decreto concerne le norme relative all’ “esposizione ad agenti biologici” e gli articoli principali riguardano:
classificazione degli agenti biologici (art. 268) comunicazione e autorizzazione (artt. 269 e 270)valutazione del rischio (art. 271)misure tecniche, organizzative, procedurali (art. 272) applicazioni di norme igieniche generali (art. 273) e specifiche
(artt. 274-277)informazione e formazione dei lavoratori (art. 278)prevenzione e controlli (art. 279)
Una serie di allegati specifica le varie procedure e misure applicative di buona prassi microbiologica, del contenimento del rischio e della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti nonchédell’applicazione di misure di emergenza.
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D.Lgs. 81/08 – Art. 267: definizioni
Si definisce "AGENTE BIOLOGICO" qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.
Per “MICROORGANISMO” si intende qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico (virus)
Una “COLTURA CELLULARE” è il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari
Può essere considerato agente biologico qualunque forma di vita, mono o pluri cellulare, che in seguito alla penetrazione nell’organismo umano possa produrre uno stato di malattia, non solo di tipo infettivo (tipiche le malattie batteriche o virali), ma anche di tipo allergico, quale reazione ad una “sostanza”estranea, o di tipo tossico.
COSA DICE LA LAGGE?
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Sulla base delle indicazioni fornite dalNational Institute for Occupational Safety and
Health (NIOSH) degli USA, gli agenti che costituiscono una fonte di rischio biologico sono stati suddivisi in 4 classi a seconda del rischio di
infezione
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Gruppo 1: Agente biologico di gruppo 1 (nessuno o basso rischio individuale e collettivo).
Un agente che ha poca probabilità di causare malattie in soggetti umani
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Gruppo 2: Agente biologico di gruppo 2(moderato rischio individuale, limitato rischio
collettivo)
Un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituisce un rischio per i lavoratori; è poco
probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche
esempi: Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Cryptococcus neoformans, Clostridium tetani, Chlamydia pneumoniae, Corynebacterium diphtheriae,
Helicobacter pylori, Salmonella paratyphi A, B, C, Candida albicans, Herpesvirus, Virus della parotite, Virus della poliomelite
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Gruppo 3: Agente biologico di gruppo 3(elevato rischio individuale, basso rischio collettivo)
Un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche.
Esempi: Bacillus anthracis, Brucella melitensis, Chlamydia psittaci (ceppi aviari), Mycobacterium tuberculosis, Salmonella typhi, Treponema pallidum, Virus dell'epatite B, Virus dell'epatite C, Morbo di Creutzfeldt-Jakob, Echinococcus granulosus, Virus della
sindrome di immunodeficienza umana (AIDS), Plasmodium falciparum
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Gruppo 4: Agente biologico di gruppo 4(elevato rischio individuale e collettivo)
Agente biologico che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di
propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
Esempi: Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo, Virus Ebola, Virus di Marburg
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LIVELLI DI BIOSICUREZZA (BSL)
• BSL1: laboratorio dove vengono cresciuti e mantenuti microrganismi che non provocano malattie
• BSL2: laboratorio di diagnosi e ricerca (patogeni). E’obbligatoria la presenza di cappa a flusso laminare e l’uso di guanti e mascherina
• BSL3: laboratorio di diagnosi e ricerca (alto potenziale di trasmissione aerogena). E’ obbligatoria la presenza di cappa a flusso, autoclave, filtrazione dell’aria in entrata e in uscita
• BSL4: laboratorio di diagnosi e ricerca (alto rischio di trasmissione per inalazione, pericolo di morte, non esiste vaccino o terapia). Cappa a flusso, tuta con pressione positiva,laboratorio isolato, entrata e uscita di aria sterile, elevata esperienza.
BSL-2 più: Separazione fisica dai corridoi d’accesso.
Chiusure automatiche, accessi a doppia porta. Aria espulsa
non per ricircolo. Flusso d’aria negativo inlaboratorio
Barriere primarie = Tutte leprocedure seguite in Classe III BSC o in Classe I o II BSC in
relazione a tutto il corpo, all’aria prodotta, alla pressione
positiva, su richiesta del personale
Procedure BSL-3 più:Cambio degli indumenti prima di
Entrare. Doccia all’uscitaDecontaminazione di tutti imateriali prima dell’uscita
dall’impianto
Agenti pericolosi/esoticiche mettono la vita a
repentaglio con minaccia di malattie, aerosol trasmessi da infezioni di laboratorio; oppure agenti correlati con
rischi sconosciuti di trasmissione
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BSL-2 più:Separazione fisica dai corridoi
d’accesso. Chiusure automatiche, accessi a doppia
porta. Aria espulsa non per ricircolo. Flusso d’aria negativo
in laboratorio
Barriere primarie = Classe I o IIDispositivi BSC o di altro
contenimento fisico utilizzati per tutte le manipolazioni
all’aperto di agenti; indumenti protettivi, guanti, protezioni respiratorie, se necessario
Procedura BSL-2 più: Accesso controllato. Decontaminazione di tutti i residui. Decontaminazione degli indumenti da laboratorio
prima del lavaggio
Agenti indigeni o esotici con potenziale trasmissione di
aerosol; l’infezione può avere conseguenze serie e
anche letali
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BSL-1 più:autoclave disponibile
Barriere primarie = Classe I o IIDispositivi di contenimento fisico utilizzati per tutte le
manipolazioni di agenti chepossono causare schizzi o aerosol di materiali infetti;
camici di laboratorio, guanti, protezioni del viso, se
necessario
Procedura BSL-1 più: Accesso limitato Segnali di rischio
biologicoPrecauzioni “chiare” Manuale di biosicurezza con indicazioni per la decontaminazione e procedure
di intervento medico
Associato con malattie umane, rischio = ferite percutanee, ingestione,
esposizione dellemembrane delle mucose
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LavandinoNessunoProcedure standard di
microbiologia
Non riconosciuto comesicura causa di infezione
in adulti sani1
Impianti(Barriere secondarie)
Equipaggiamento di sicurezza (Barriere primarie)
ProcedureAgentiBSL
LIVELLI DI BIOSICUREZZA
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COSA DICE LA LAGGE?
271
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COSA DICE LA LAGGE?
Art. 272
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COSA DICE LA LAGGE?
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COSA DICE LA LAGGE?
Art. 278
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Inoculazione di materiale infetto attraverso la cute:si verifica sempre per cause accidentali e quindi
facilmente identificabili: punture con l'ago di siringhe contenenti materiale infetto;
abrasioni, tagli e ferite che vengano a contatto con materiale, polvere o superfici infette;lacerazioni causate da frammenti di vetreria rotta contaminata;
morsi o graffi di animali di laboratorio infettati sperimentalmente.
Vie di penetrazione nell’organismo
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2) Ingestione di materiale infetto: può avvenire sia per aspirazione diretta di liquidi infetti durante la pipettatura a bocca (vietata) che per contaminazione delle mani e delle dita, con conseguente larga disseminazione di materiale infetto all'interno del laboratorio.
3) Aerosol: la disseminazione sotto forma di aerosol rappresenta una rilevante fonte di dispersione nell’atmosfera di materiale infetto e costituisce una delle più frequenti modalità di contaminazione ambientale, tanto più pericolosa in quanto spesso non sospettata e non facilmente dimostrabile.
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L’aerosol si può formare• nel momento dell’apertura di contenitori, di provette e capsule di Petri o di fiale contenenti materiale liofilizzato;• nell’impiego di agitatori, siringhe, centrifughe;• nello svuotamento di pipette, nella sterilizzazione alla fiamma di anse o aghi bagnati.
E’ indispensabile cercare di evitare la formazione di aerosol adottando gli appositi mezzi ideati a questo scopo e attenendosi alle corrette norme antisettiche.
I microrganismi trasportati con gli aerosol costituiscono una notevole sorgente d'infezione, soprattutto per le vie respiratorie, e rappresentano un rischio spesso sottovalutato nei laboratori in cui si manipola materiale biologico.
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Le buone pratiche: igiene personale
• lavarsi le mani regolarmente e subito dopo ogni contaminazione
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IN LABORATORIO INDOSSARE SEMPRE IL CAMICE
NO SI
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pulizia dell’ambiente• mantenere tutte le superfici pulite• decontaminare le superfici dopo ogni
contaminazione• rimettere al proprio posto le attrezzature e le
sostanze utilizzate• eliminare adeguatamente la vetreria rotta
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Procedure di lavoro
• devono essere seguite scrupolosamente
• presuppongono:– conoscenza dei rischi– utilizzo di un manuale che
• identifichi i rischi• specifichi le procedure da attuare per
eliminare o minimizzare i rischi
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altre buone pratiche
È vietato fumare e consumare cibi e bevande all’interno del laboratorioIndossare sempre il camice e lavarlo frequentementeNon indossare sandaliI capelli lunghi devono essere raccoltiNon portare lenti a contattoIn laboratorio è vietato lavorare da soli
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lavoratori esposti
non solo noi che stiamo in laboratorio ……ma anche
– Servizi di pulizia– Forze dell’ordine– Vigili del fuoco
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piano di sicurezza
• scritto e accessibile a tutti
• individuazione delle attivitàche possono comportare una esposizione
• descrizione di cosa fare in caso di situazioni di emergenza
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precauzioni per oggetti acuminati e taglienti
non raccogliere con le mani i vetri rotti
non reincappucciare gli aghi
utilizzare sempre contenitori resistenti alle punture per eliminare
gli oggetti appuntiti e taglienti
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decontaminazione degli ambienti ed eliminazione dei rifiuti
• l’ambiente di lavoro deve essere conservato pulito e decontaminato
• le superfici di lavoro, gli arredi e le attrezzature devono essere regolarmente e opportunamente decontaminati
• i rifiuti devono essere suddivisi ed eliminati in base alla tipologia
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Contenimentoinsieme di procedure ed accorgimenti tecnici
attuabili per la gestione del rischio
•Disegno del laboratorio•Cappe di sicurezza•Attrezzature a tenuta•Dispositivi di protezione individuale
•Controllo degli accessi•Pratiche generali di igiene•Procedure, protocolli e istruzioni operative•Decontaminazione e disinfezione•Piani di emergenza
•Formazione e informazione•Sanitario – Sierologico – Farmacologico•Visite periodiche•Vaccini e farmaci•Smaltimento rifiuti infetti
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contenimento
cabina ermetica
flusso di aria laminare
provetta chiusa
apporre una barriera tra l’agente infettivo e l’ambiente circostante
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Dispositivi di protezione collettiva
Quei sistemi che possono intervenire direttamente sulla fonte inquinante, prima, cioè, che possa essere coinvolto il singolo
lavoratore
contenitori cappe chimiche barriere cabine di sicurezza biologica
armadi di sicurezza
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Protezione collettiva
Cappa per la protezione da agenti chimici
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A - filtro HEPA posto sull’espulsione
C - filtro HEPA sull’aria di ricircolo
D - aria aspirata sotto il piano di lavoro
E - filtro HEPA sotto il piano di lavoro
Protezione collettiva
Cappa a flusso laminare di classe IIper la protezione da agenti biologici
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i rischi per la sicurezza compaionoquando viene a mancare l’integrità della
barriera
in tale situazione i dispositivi
di protezione individualediventano una importante
linea di difesa
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3a categoria - di progettazione complessa destinati asalvaguardare da rischi di morte o lesioni gravi e di carattere permanente.
2a categoria - vi rientrano quelli che non rientrano nelle altre due precedenti categorie
1a categoria - di progettazione semplice destinati asalvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità
Qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di
minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro.
I DPI devono essere:
- Adeguati ai rischi da prevenire- Adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro- Adeguati alle esigenze ergonomiche e di salute del
lavoratore
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Convenzionalmente i DPI vengono suddivisi in funzione delle parti del corpo che devono proteggere:
PROTEZIONE DELLA TESTA
PROTEZIONE DEGLI OCCHI E DEL VISO
PROTEZIONE DELL’UDITO
PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE
PROTEZIONE DEGLI ARTI SUPERIORI
PROTEZIONE DEL CORPO
PROTEZIONE DEGLI ARTI INFERIORI
PROTEZIONE DALLE CADUTE DALL’ALTO
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dispositivi di protezione individuale
• Vengono utilizzati in aggiunta alle procedure operative ed agli accorgimenti tecnici
• devono essere opportunamente puliti e decontaminati dopo l’uso o eliminati in modo appropriato
• devono essere rimossi quando si esce da un’area contaminata
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Non sono dispositivi di protezione individuale:
le attrezzature di soccorso e di salvataggio; le attrezzature di protezione individuale delle forze
armate, delle forze di polizia e del personale di servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
le attrezzature proprie dei mezzi di trasporto stradali; i materiali sportivi;
gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la
salute del lavoratore; i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
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I DPI devono essere impiegati quando l'esposizione a fattori di rischio non può
essere evitata o comunque convenientemente ridotta con misure
tecniche preventive, mezzi di protezione collettiva, metodi organizzativi
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Ciò presuppone:
- la VALUTAZIONE DEL RISCHIO dell'attività o della lavorazione
- l’accertamento del RISCHIO RESIDUO che si possa convenientemente ridurre o eliminare con l'adozione dei D.P.I.
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REQUISITI DEI D.P.I.(D.Lgs.n 81/09 CAPO II Art.76)
1. I D.P.I. devono essere conformi alla norme di cui al D.Lgs475/92
2. I D.P.I. di cui al comma 1 devono inoltre: • a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza
comportare di per sé un rischio maggiore • b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di
lavoro • c) tenere conto delle esigenze di lavoro o di salute del
lavoratore • d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue
necessità3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso di più D.P.I.,
questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti
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Il responsabile del servizio sicurezza deve essere consultato perché:
• è colui che è a perfetta conoscenza della valutazione del rischio e del fatto che l'adozione dei DPI ha escluso la praticabilità di altri interventi tecnici
• è colui che ha completato l'iter di valutazione, per conto del datore di lavoro, seguito dall'adozione di misure tecnico organizzative e procedurali
• ha accertato che permangono ulteriori rischi (RISCHIO RESIDUO)
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Il medico competente deve esprimere parere:
- sui DPI adottati- sull'adeguatezza dei DPIIn caso di difficoltà il medico competente può disporre di accertamenti specialistici per garantire la compatibilità dei DPI.
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• I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’articolo 77, comma 4 e 5
• I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato
• I lavoratori: » a) hanno cura dei DPI » b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa
• Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI
• I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione
Obblighi dei lavoratori (art. 78 D.Lgs. n. 81/08)
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L'utilizzatore è garantito nell'acquisto dei DPI da tre fondamentali adempimenti del costruttore:
• dichiarazione di conformità CE • apposizione della marcatura CE* sul DPI e
sull'imballaggio • redazione, anche in lingua italiana, della nota
informativa che deve essere obbligatoriamente rilasciata secondo il modello dell'allegato II, la quale fornisce una spiegazione esauriente delle caratteristiche prestazionali e del corretto utilizzo del DPI
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Protettori auricolari
I dispositivi di protezione auricolare sono definiti come un dispositivo di protezione individuale che, grazie alle loro proprietà di attenuazione, riducono gli effetti del rumore sull'udito al fine di valutare un danno uditivo.
Inserti auricolariInserti auricolari prestampati
Inserti auricolarimodellabili dall'utilizzatore
CuffieCuffie montate su elmetto
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norma UNI 10720 (1998)
Guida alla scelta e all'uso degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie
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Maschere protettive:• mascherine igieniche per polveri innocue o irritanti per filtrazione
di materiale con diametro >=5 micron • FFP1 per la protezione da polveri nocive, aerosol a base acquosa di
materiale particellare (>=0,02 micron) quando la concentrazione di contaminante è al massimo 4,5 volte il corrispondente TLV (valore limite di soglia)
• FFP1 per la protezione da vapori organici e vapori acidi per concentrazione di contaminante inferiore al rispettivo TLV
• FFP2 per la protezione da polveri a media tossicità, fibre e aerosol a base acquosa di materiale particellare (>= 0,02 micron), fumi metallici per concentrazioni di contaminante fino a 10 volte il valore limite (buona efficienza di filtrazione)
• FFP3 per la protezione da polveri tossiche, fumi aerosol a base acquosa di materiale particellare tossico con granulometria >=0,02 micron per concentrazioni di contaminante fino a 50 volte il TLV (ottima efficienza di filtrazione)
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maschere con filtri antigas di classe 1, 2, 3, rispettivamente con piccola, media e grande capacità di assorbimento e con colorazioni distinte dei filtri: marrone per gas e vapori organicigrigio per gas e vapori inorganicigiallo per anidride solforosa, altri gas e vapori acidiverde per ammoniaca e suoi derivati organiciblu/bianco per ossidi di azotorosso/bianco per mercuriomaschere combinate con filtri in grado di trattenere sia particelle in sospensione solide e/o liquide che gas e vapori respiratori isolanti.
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Appendici delle norme UNI EN 169 (1993), UNI EN 170 (1993) e UNI EN 171 (1993)
Protezione personale degli occhi
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Occhiali• meccanici• elettrici• da abbagliamento• da saldatura• termici/antiappannamento• da verniciatura• di protezione da chimici• da radiazioni laser • da raggi ultravioletti • da raggi X
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Visiere
Visiera a rete metallica
Dispositivi per la protezione integrale del visoLe visiere di protezione consentono di abbinare una perfetta visibilità allamassima sicurezza.Schermi in policarbonatoparticolarmente adatti alla protezione meccanica, schermi in acetato da utilizzare in presenza di prodotti chimici
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Protezione del capo e dei capelli
L'elmetto è obbligatorio non solo in tutti quei casi in cui vi sia il pericolo di caduta di materiali dall'alto, ma anche qualora vi sia pericolo che il capo possa entrare a contatto con elementi pericolosi.
Tutti gli elmetti devono avere un certificato di qualità e garanzia.
Gli elmetti dielettrici, in particolare, debbono possedere caratteristiche tali da proteggere efficacemente la testa dei lavoratore in caso di contatti con elementi sotto tensione
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• Le mani devono essere protette con guanti di tipo diverso secondo le necessità e le caratteristiche del lavoro da svolgere.
• Guanti isolanti• Sono adatti a lavorare su apparecchiature elettriche in
tensione qualora la tensione sia superiore a 25 V verso terra (per corrente alternata) e a 50 V verso terra (per corrente continua).
• Il materiale base adottato per la costruzione di questi particolari quanti è il lattice di gomma. Sui guanti deve essere indicata la tensione massima sopportabile, che può variare da 5.000 a 30.000 V.
Protezione delle mani
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• Questo tipo di guanti, in grado di resistere per 6 minuti alla temperatura di 220°C prima che la temperatura interna del guanto raggiunga i 78°C (temperatura di ustione), è particolarmente adatto per il maneggiamento di pezzi incandescenti e per lavori di saldatura.
• La fibra aramidica ha una eccezionale resistenza al taglio, all'abrasione e al l'usura, possiede ottime proprietà isolanti e resiste bene alla fiamma.
Guanti in fibra aramidica
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• Questi mezzi sono particolarmente adatti in tutti quei casi in cui occorre maneggiare pezzi taglienti e spigolosi (lamiere, trucioli, barre profilate grezze ecc.), oppure sia necessario proteggersi dalla proiezione di scintille in fase di molatura o altro.
• Per questo tipo di guanti assumono particolare importanza le caratteristiche di resistenza alla perforazione, alla rottura a trazione, al taglio, alla lacerazione e alla cucitura.
Guanti in cuoio o pelle
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Guanto in acciaio
La più alta protezione contro il taglio e la trafittura causata da coltello
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Guanti di protezione dagli agenti chimici
• Il materiale utilizzato per questo tipo di guanti deve possederecaratteristiche diverse, appositamente studiate per i prodotti chimici da maneggiare.
• I materiali più comunemente usati sono la gomma naturale, il neoprene, il cloruro di polivinile, il nitrile. Tutti garantiscono buone proprietà, pur se variamente influenzate dalla temperatura, dalle concentrazioni delle sostanze e dal tempo di contatto o immersione nelle stesse.
• Questi mezzi devono necessariamente possedere una buona sensibilità al tatto, un'ottima resistenza all'abrasione e al taglio, nonché essere felpati internamente e zigrinati esternamente sul palmo e sulle dita.
n.d.possibile, rapida
possibile, lentascarsa o nullanullaDEGRADAZIONE
n.d.variabilevariabilebassonullo o bassoTASSO DI PERMEAZION
E (mg*sec/mq)
n.d.da zero a pochi minuti
almeno dieci minuti
almeno un'oraalcune oreTEMPO DI PERMEAZION
E
DATI NON SUFFICIENTI
DA EVITARESCONSIGLIATIUTILIZZABILIIDEALIGIUDIZIO
CLASSE X
CLASSE 4
CLASSE 3
CLASSE 2
CLASSE 1
RESISTENZA DEI GUANTI AGLI AGENTI CHIMICI
41EthylAldehyde
11241EthylAlcohol
34141Ethyl
Acetoacetate
3444241EthylAcetate
1341Ethoxyethanol, 2-
23EthidiumBromide
4344Ether
111312Ethanolamine
3131Ethanol
212224Ethane
41Ethanal
3Epoxypropane, 1,2-
44Epoxybutane, 1,2-
33X4X41Epichlorohydrin
1Epibromohydrin
AltroNeoprene
NitrilePVCUretanoPolietilen
e clorurato
LatticeGomma butilica
Sostanza
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Protezione dei piedi
• I lavoratori, qualora siano addetti a lavorazioni in cui esistono pericoli di ustioni, causticità, schiacciamenti ecc., devono essere provvisti di adatte calzature resistenti e adatte a proteggere ipiedi. Queste calzature devono essere tali da potersi sfilare rapidamente.
• Le calzature di sicurezza debbono possedere i seguenti requisiti: flessibilità, leggerezza, resistenza all'usura, sottopiedi in cuoio con trattamento antisudore, puntale in acciaio conforme alle norme DIN, imbottitura al malleolo.
• Indipendentemente dal tipo di scarpa usata, particolare attenzioneoccorre porre nelle suole: devono essere imperforabili e con profilo di suola antiscivolo, antiolio, antiacido, antistatico eantisdrucciolo, in funzione dell'uso cui sono destinate.
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DOTAZIONE MINIMA DI D.P.I. IN OGNI LABORATORIO
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• Occhiali:– a stanghetta con ripari laterali – a mascherina con valvole – per protezione chimica– per protezione alle alte/basse temperature – per raggi UV – per raggi laser – per raggi X
• Maschere protettive • Visiera, maschera facciale
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• Guanti:
•monouso di materiale compatibile con le sostanze manipolate e di materiale anallergico
• guanti in cotone (sottoguanti) • per alte temperature • per criogeni
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• Protezione dei piedi
• Copriscarpe• Calzature da lavoro a norma
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D.P.I.specifici per CRIOGENI
•Visiera
•Guanti
•Grembiule
•Copriscarpe
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La segnaletica di sicurezzaLe norme impongono l’obbligo negli ambienti di lavoro di predisporre idonea
segnaletica di sicurezza per informare i lavoratori sui rischi presenti nell’ambiente di lavoro.
Hanno lo scopo di attirare in modo rapido, comprensibile e inequivocabilel’attenzione su oggetti e situazioni che possono provocare pericoli.
Non sostituiscono in nessun caso le misure di sicurezza e protezione
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TIPOLOGIA DEI SEGNALI
Sono tondi, con bordo rosso e banda trasversale rossa su fondo bianco.Indicano le cose che sono vietate
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Sono triangolari, di colore giallo e informano il lavoratore di un pericolo
TIPOLOGIA DEI SEGNALI
Carichi sospesi Sostanze infette Sostanze corrosive Pericolo generico
Fiamme libere Materiale radioattivo Sostanze velenose Tensione elettrica pericolosa
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PROTEZIONE VIE RESPIRATORIE
PROTEZIONE AGLI OCCHI
GUANTI DI PROTEZIONE
CALZATURE DI PROTEZIONE
CASCO DI PROTEZIONE PROTEZIONE DELL’UDITO
Sono tondi, di colore blu o azzurri e informano sui comportamenti da assumere
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Segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite disicurezza o ai mezzi di salvataggio
Segnale che fornisce indicazioni sulle attrezzature antincendio
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Obiettivi della gestione rifiuti:
minimizzare il rischio per gli operatori, per la salute pubblica e per l’ambiente
•A livello della produzione: minimizzare le quantità prodotte per ogni tipologia
•A livello della raccolta interna: differenziare e separare i contenitori rispettando le tipologie dei rifiuti e i criteri di non miscibilità
•A livello di produzione e deposito temporaneo: smistamento delle varie tipologie di rifiuti nelle zone adibite a deposito rifiuti e accorta gestione delle stesse.
•A livello di trattamento e smaltimento: individuare il metodo più efficace di trattamento e smaltimento nel rispetto dei principi di economia e delle legislazioninazionali, avviando quanto più possibile al recupero o al riciclaggio.
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Il Decreto Legislativo n.156/2006 classifica i rifiuti secondo la loro origine in:
► rifiuti urbani► rifiuti speciali
e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in:
► rifiuti pericolosi► rifiuti non pericolosi
I rifiuti prodotti in un laboratorio biologico sono, in genere:
rifiuti assimilabili agli urbanirifiuti speciali pericolosi e non pericolosirifiuti sanitari infettivi e non infettivi
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I rifiuti provenienti da laboratori ove si manipolano materiali biologici devono essere considerati potenzialmente infetti:
Essi dovranno essere raccolti in appositi sacchi di plastica posti in contenitori di cartone facilmente riconoscibili, che verranno inviati
all’inceneritore.
I materiali e le colture, prima di essere scartati, dovranno essere disinfettati, o sterilizzati in autoclave, o decontaminati
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Grazie per lGrazie per l’’attenzioneattenzionee e …….. non fatevi del male.. non fatevi del male!!