partnership pubblico-privata:la risposta per una politicafarmaceutica anticrisi?
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La partnership tra istituzioni e aziende come modello per rispondere alle nuove sfide del Sistema Sanitario nazionale.TRANSCRIPT
Partnership pubblico-privata: la risposta per una politica farmaceutica anticrisi?
GLI SPECIALIdi
MAGGIO 2012
1
EDITORIALE––
Si chiedeva dieci anni fa Michael Reich, celebre docente
di International Health Policy ad Harvard: nell’ambito della
Sanità pubblica i rischi di una partnership con il privato sono
maggiori delle opportunità? (“Private-Public Partnership for
Public Health”, Harvard Series, 2002). Domanda alla quale più
o meno implicitamente rispondeva un articolo apparso pochi
mesi dopo sul New England Journal of Medicine, nel quale si
sottolineava che la cautela nell’approccio al tema non deve mai
sovrastare acriticamente l’effettiva possibilità di rispondere,
sposando la “discussa relazione”, alle nuove sfi de della Sanità
per tutti ( Jonathan Quick, NEJM, 2002, nr. 347).
Gli esperti di Sanità, salute pubblica e di welfare si interrogano
sul senso e sulle condizioni del rapporto tra soggetto pubblico
e attori privati per lo meno da due decenni giungendo a
risposte differenti, variegate, stratifi cate. Si parla inoltre di
questa partnership a varie dimensioni e su piani che vanno dalla
possibile gestione delle grandi emergenze sanitarie nelle aree
a diffi cile sviluppo (World Bank, 1999), alla possibilità di essere
alternativa a modelli arrugginiti di fi nanziamento, se è vero che
la Yale School of Medicine già nel 2001 identifi cava nella partnership
pubblico-privato una via d’uscita ai primi scricchiolamenti di
sostenibilità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Buse and
Waxman, Bulletin of the World Health Organization, nr. 79).
Walter Gatti AboutPharma and Medical Devices
Per quanto riguarda il nostro Paese è chiaro che tra il 2001
e il 2003 la riforma del Titolo V ha permesso fi nalmente di
esprimere esempi di patti virtuosi e collaborativi fra aziende e
SSN, fi nalmente coinvolti in progetti che da Milano a Palermo
hanno provato a fornire negli anni risposte nuove alla
necessità di migliorare processi di distribuzione e logistica,
di appropriatezza e di utilizzo dell’Ict, di gestione delle liste
d’attesa e dei follow-up, a tutto vantaggio del cittadino.
Ora si tratta di far tesoro delle esperienze modellizzabili,
senza enfasi e senza lo sbarramento di certa derivazione
culturale che ogni tanto penalizza i processi di miglioramento
in Italia, come mostrato da questo Speciale di AboutPharma
and Medical Devices.
Non tutto sarà risolto con una collaborazione autentica, ma
sicuramente ci saranno maggiori opportunità, minori ansie
ideologiche, più rilevanti occasioni di migliori performance.
E le diffi denze? Forse, come sottolineava Reich nel citato e
celebre saggio, si frantumerebbero se tutto il sistema fosse
retto soprattutto dalla legge trasversale e condivisa di una
eticità trasparente. Al cui richiamo siamo tutti soggetti:
aziende, servizio sanitario, istituzioni.
La partnership è un’opportunità
Collaborazione virtuosa fra Istituzioni e aziende nella Sanità: un modello per rispondere alle nuove sfi de
2 SPECIALE GIUGNO 2012
EditoreAboutPharma srl a socio unico Via Piccinni 2, 20131 Milanowww.aboutpharma.com [email protected]
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StampaHH GLOBAL S.r.l. – Bergamo
AutorizzazioneTribunale di Milano n. 451 del 20/09/2002
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sommario
01 EDITORIALE
La partnership è un’opportunità
04 SCENARIO ECONOMICO
Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale
08 ISTITUZIONI & CITTADINI
Valore della collaborazione tra pubblico e privato
08 Sanità tra partnership e governance
10 Cittadini, istituzioni e aziende per la sostenibilità dei sistemi sanitari
12 STUDIO
Regioni a confronto
Analisi delle politiche farmaceutiche regionali: criticità e opportunità
di sviluppo
17 BEST PRACTICE
Esperienze di Partnership Asl-Aziende
17 Ottimizzazione del paziente oncologico candidato a intervento
chirurgico, ULSS N. 20 di Verona e Ospedale G. Fracastoro
S. Bonifacio (VR)
17 Gestione del follow-up nel paziente oncologico, ASL CN 2
Alba – Bra (CN)
18 Ottimizzazione dell’effi cienza di gestione delle liste d’attesa in
radiologia, ULSS N 3 di Bassano del Grappa e Ospedale di Asiago (VI)
19 Il progetto “carrello monointervento” per le sale operatorie, USL e
Policlinico di Modena
20 Diabete nei piccoli pazienti: PODIO un portale a supporto della cura,
AOU Federico II di Napoli
21 Gestione del paziente cronico con diabete di tipo 2 – Progetto PRITHA,
ULSS 9 di Treviso
22 TERRITORIO & PHARMA
Partnership Regioni e Aziende: un modello che funziona
22 Un protocollo d’intesa per investire in ricerca clinica nelle ASL toscane
23 L’azienda partner per innovazione e sostenibilità
4 SPECIALE GIUGNO 2012
Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale
a cura della Redazione diAboutPharma and Medical Devices
La spesa pubblica per la sanità continuerà a crescere fi no a raddoppiarsi nell’arco
dei prossimi 40-50 anni. Dal 1960 ad oggi, il tasso di crescita della spesa pro-capite ha
sovrastato quello del Pil pro-capite in media di circa 2 punti percentuali (p.p.).
Negli ultimi 50 anni, l’incidenza sul Pil della spesa sanitaria (sia pubblica che privata) è
almeno raddoppiata in tutti Paesi a economia e welfare sviluppati e non ci sono evidenze
di effetti che dall’allungamento della vita si traducano in riduzione o stabilizzazione
della spesa. Oggi, in Italia ciascun occupato fi nanzia la spesa pubblica dedicata alle
pensioni e alle spese sanitarie degli over 65 con un contributo che equivale al 52,6% del
Pil pro-capite; nel 2050 questa percentuale arriverà al 62,3% (dati Scenario centrale
Awg_Ecofi n). Secondo i dati dello Studio “Federalismo e Sostenibilità del SSN”
(novembre 2011) realizzato dal CERM (Competitività Regolazione Mercati), se oggi
copriamo il 75% della spesa pubblica, nel 2050 con la stessa percentuale di Pil ne
potremo coprire solo il 50% e per allora l’incidenza dell’assistenza sanitaria pubblica
raggiungerà quella per l’erogazione delle pensioni (nel lungo periodo stabilizzata
attorno al 14%). Nella stessa area del Nord Est, ad esempio, si stima che, all’attuale
tasso di disoccupazione, nel 2050 ogni lavoratore occupato dovrà da solo sostenere il
costo di sanità e pensioni 1,2 persone inattive. Il quadro generale mette in luce come
il divario tra spesa e risorse sarà sempre più ampio nel futuro. Nel modello SaniMod
2030, realizzato dal Centro di ricerca CERM, l’incidenza sul Pil della spesa sanitaria
aumenterà, nell’ipotesi più favorevole, di 1 punto percentuale tra il 2011 e il 2030.
Nell’ipotesi più impegnativa, l’incremento supererebbe i 2,4 p.p. In entrambi i casi,
dopo una crescita continua e senza segnali di stabilizzazione o saturazione. Nell’ipotesi
più favorevole, tra il 2011 e il 2030, il Fondo Sanitario Nazionale (Fsn) dovrebbe, per
soddisfare il fabbisogno effi ciente, aumentare da poco meno di 106 mld di euro a oltre
156, con una variazione di oltre 50 mld di euro. Nell’ipotesi più impegnativa, il Fsn
arriverebbe a superare i 186 mld di euro nel 2030, dopo una variazione di oltre 80 mld.
Se il fabbisogno proiettato non trova copertura nelle risorse disponibili, ne discende
una forte sollecitazione a fi nalizzare il dibattito sulla revisione del perimetro dei
Lea, sull’universalismo selettivo, sugli schemi di copayment, etc.; ovvero su tutte le
leve di policy utili a raccordare, in maniera trasparente e rispettosa degli obiettivi
connaturati al SSN, il fabbisogno alle disponibilità fi nanziarie.
La questione demografi caIn prospettiva, il meccanismo di fi nanziamento della Sanità Regionale dovrà tenere
conto delle caratteristiche demografi che e assegnare una spesa standard ad ogni
fascia di età della popolazione, non più basarsi su complesse misurazioni dal basso.
E pur applicando questo modello, che permetterebbe alle Regioni di raggiungere lo
standard di spesa sanitaria e di mettere al primo posto il cittadino, oltre la metà delle
Regioni italiane non riuscirebbe a coprire autonomamente la propria spesa pubblica
con un fabbisogno di perequazione interregionale che arriverebbe a circa 24 mln di
euro nel 2050. Non più quindi innumerevoli e complesse misurazioni per stabilire in
modo analitico il costo standard del servizio sanitario, bensì partire dal cittadino e
defi nire la spesa standard tenendo conto della sua età, adottando un criterio uguale e
trasparente per tutte le Regioni. Un meccanismo che indichi la spesa standard pro-capite
per ciascuna fascia di età e poi redistribuisca le risorse tra le Regioni sulla base delle loro
caratteristiche demografi che. Secondo il modello proposto dal CERM l’età del cittadino
stabilirebbe il suo costo per il SSN, che dovrebbe essere uguale in tutto il Paese. A ciò si
affi ancherebbe un monitoraggio capillare della correttezza della spesa sanitaria da parte
delle autorità competenti. Il nuovo sistema permetterebbe alle Regioni di raggiungere
uno standard sia di spesa che di effi cienza del servizio: una qualità che porta risparmio.
Tuttavia se i livelli di crescita e di sviluppo economico italiani rimarranno quelli attuali,
nemmeno questo modello federalista di effi cienza permetterà di risolvere il problema
della perequazione: la maggior parte delle Regioni infatti continuerebbe a registrare un
divario tra risorse proprie e fabbisogno di spesa che crescerà nei prossimi anni, al
crescere dell’età media della popolazione. Le Regioni che non riusciranno a coprire con
Cresce la domanda di salute, ma calano le risorse per il SSN: nel 2050 il SSN potrà erogare non più del 50% dei servizi richiesti, a parità di punti percentuali di Pil investito. Dati e prospettive.
SCENARIO ECONOMICO––
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gettiti propri la spesa sanitaria, dovranno continuare
ad essere sostenute dalle Regioni più ricche. La Sicilia
ad esempio, se applicasse il modello del CERM agli
attuali standard di sviluppo, si ritroverebbe nel
2015 con una differenza di circa 3 mln di euro che
crescerebbe a circa 5 mln nel 2050, dovuto proprio
all’invecchiamento progressivo della popolazione
e al divario di crescita del Pil regionale. Più della
metà delle Regioni si troverebbe in futuro nella
stessa situazione, con un fabbisogno di perequazione
nazionale totale che arriverebbe a poco più di 12
milioni di euro nel 2015 e a quasi il doppio, circa 24
mln nel 2050. [Box a pagina 6]
Proiezione dei profi li di spesa sanitaria per Regione – SaniMod – Reg 2030A partire dai profi li di spesa pro-capite benchmark
da applicare alla demografi a regionale, alla luce
anche del gap di effi cienza che ciascuna Regione fa
registrare nell’anno base è stato realizzato il modello
SaniMod-Reg di CERM 2030 sulla regionalizzazione
delle proiezioni di spesa. Con questo modello è
possibile mettere a raffronto i due lati della “forbice”:
l’evoluzione del fabbisogno regionale e l’evoluzione
delle fonti di entrata deputate a fi nanziarlo, dando
separata evidenza a ciascuna voce ivi incluso il
supporto del fondo di perequazione interregionale.
I dati del SaniMod-Reg di CERM 2030 mostrano che
la spesa sanitaria del SSN eserciterà pressioni crescenti
sul Pil. A normativa invariata (in particolare, livelli
essenziali e universalismo assoluto), nel 2030, dopo
un trend continuo, l’aumento di incidenza sarà: tra 1
e 1,5 punti percentuali (p.p.) se si considera la spesa
effi ciente (standard); tra 1,3 e 1,8 p.p. se si tiene conto
degli attuali livelli di ineffi cienza. [Tabelle 3 e 4]
Questa dinamica conferma i risultati di Ecofi n, Ocse
e Fmi che suggeriscono un potenziale raddoppio
della spesa sanitaria sul Pil nei prossimi 50 anni.
Nel 2030, nel Mezzogiorno l’incidenza della spesa
standard sarà almeno pari al 10%, con punte sopra
l’11%. Senza risultati di effi cientamento, bisognerà
mettere in conto ulteriori aggravi nell’ordine di
0,5-1 p.p. Altre criticità emergono affi ancando alle
proiezioni della spesa, quelle del fi nanziamento. Se
tutte le Regioni concorrono al fi nanziamento della
spesa standard con una percentuale omogenea del
Pil, la matrice dei fl ussi di redistribuzione passerebbe
da circa 10 mld di euro a circa 13 nel 2030; valori
impegnativi, pari a quasi lo 0,7% del Pil e all’8-9% della
spesa standard. La maggior parte dei fl ussi partirebbe
dal Nord a benefi cio del Mezzogiorno.
Un quadro frastagliatoAlcune Regioni, Umbria e Marche in testa,
saprebbero mettere a frutto la redistribuzione che
ricevono, perché sono effi cienti nella spesa e di
qualità nelle prestazioni, pur con un livello
di infrastrutturazione medio, lontano dai valori
più elevati del Nord (l’Umbria addirittura sotto la
media Italia). Una testimonianza probabilmente del
fatto che gli sforzi di investimento non debbano
puntare tout court sull’ospedale, ma spostarsi sulla
prevenzione e sul territorio.
Le Regioni del Mezzogiorno appaiono (in gradi
diversi) non “meritare”, la redistribuzione di cui
benefi ciano. Troppo bassa la qualità che offrono, e
sprechi equivalenti al 20, anche al 40% del supporto
che ricevono dalla collettività nazionale. Bisogna
cambiare, affi nché la coesione resti sostenibile.
Poi ci sono Regioni “ricche”, come il Lazio, la Valle
d’Aosta, e le due Province Autonome di Bolzano e
Trento, che, nell’ipotesi di fi nanziamento adottata,
dovrebbero concorrere positivamente alla
redistribuzione, mentre invece ricevono risorse: il
Lazio attraverso i prestiti sanitari negoziati con lo
Stato (ma non l’unica Regione con sindrome dei soft
budget constraint); le altre attraverso la
fi scalità speciale. La contraddizione è amplifi cata
dal fatto che sono tutte ineffi cienti nella spesa: il
Lazio mostra lo spreco maggiore in valore assoluto
(oltre 1 mld di euro); le altre hanno gli sprechi
percentuali più alti (rispettivamente, 21, 23 e 17%).
La maggior parte delle Regioni “ricche” riesce a
centrare il binomio di effi cienza/qualità e
contribuzione alla redistribuzione territoriale
(in primis Emilia Romagna, Lombardia, Toscana).
Tuttavia, non si deve sottovalutare che, attraendo
mobilità, esse ricevono i relativi fl ussi fi nanziari
che si muovono prevalentemente dal Mezzogiorno.
Il controvalore complessivo della mobilità è di
circa 1 mld l’anno, più del doppio della capienza
del Fondo Nazionale per le Non Autosuffi cienze
nella sua breve vita del 2008 e del 2009, e oltre il
3,3% degli investimenti fi ssi lordi annui di tutta la
Pubblica Amministrazione.
Cosa farePer tutti i Paesi a economia e welfare sviluppati,
bismarkiani o beveridgiani che siano, le proiezioni a
medio-lungo termine sono uno strumento essenziale
per valutare la sostenibilità della spesa, e per
interrogarsi per tempo sull’assetto di governance più
adatto a perseguire assieme, bilanciandoli, l’obiettivo
di tenuta dei conti e quello dell’adeguatezza delle
prestazioni e dell’equità d’accesso per i cittadini. Per
l’Italia c’è la motivazione in più del completamento
della governance federalista. Secondo lo studio
”Federalismo e Sostenibilità del SSN”, nell’arco degli
ultimi 5 anni le Regioni con i conti nel miglior stato
sono quelle che hanno saputo creare equilibrio tra
il fi nanziamento e la spesa, che hanno erogato le
SCENARIO ECONOMICO––
6 SPECIALE GIUGNO 2012
Nel modello SaniMod 2030, realizzato dal Centro di
ricerca CERM, Sono considerate Regioni benchmark:
Emilia Romagna, Lombardia e Umbria scelte per
qualità elevata di prestazioni sanitarie e con equilibrio
di bilancio. Il modello è microfondato nei profi li di spesa
tariffaria pro-capite per fascia di età del Ministero della
Salute, sulla base dei profi li delle Regioni benchmark.
Il Pil reale è espresso in termini pro-capite, per
calcolare il tasso di crescita reale del Pil pro-capite,
grandezza necessaria in qualità di driver della
spesa sanitaria pro-capite. Per quanto riguarda la
demografi a, lo scenario sotteso a tutte le proiezioni
è quello “centrale” sviluppato dall’Istat nel 2007 (con
anno base il 2007).
Tabella 1 Il quadro macro - Modello SaniMod 2030
Media dei profi li di spesa delle Regioni benchmark,
combinata con le proiezioni demografi che e con
le proiezioni del Pil, permette di tracciare scenari
di proiezione, su scala nazionale sia per la spesa
sanitaria in valore assoluto (Euro dell’anno base),
sia per l’incidenza della stessa spesa sul Pil.
Tabella 2 Proiezioni - Modello SaniMod 2030
Vengono proposte le proiezioni secondo uno scenario
in cui l’elasticità è unitaria, lo spread è di 1,5 p.p. e si
adotta l’ipotesi di healthy ageing. La progressione
della vita attesa, e il generale miglioramento dello
stato di salute che ne è alla base, tendono a ridurre
nel tempo il fabbisogno sanitario di una stessa fascia
di età. Ogni anno il profi lo di spesa pro-capite subisce
due variazioni: una traslazione verso l’alto, impressa
dalla crescita economica che favorisce il progresso
di tecnologie/tecniche di offerta e la consapevolezza
della domanda; e uno scivolamento verso destra, che
fa sì che il miglior stato di salute delle fasce di età più
giovani si estenda, anno dopo anno, almeno in parte,
alle fasce di età contigue e più anziane.
Il Modello SaniMod 2030: Proiezione dei profi li di spesa sanitaria a livello Nazionale
2011 2012 2013 2014 2015 2020 2025 2030
Pil reale (Euro/mld) 1.566,89 1.559,06 1.566,85 1.578,13 1.592,97 1.723,83 1.886,51 2.031,30
Pil reale var % 0,70% -0,50% 0,50% 0,72% 0,94% 2,00% 1,70% 1,30%
Pil pro-capite (Euro) 25.912,73 25.695,87 25.750,01 25.870,01 26.055,28 27.968,67 30.457,96 32.694,94
Pil pro-capite var% -0,84% 0,21% 0,47% 0,72% 1,87% 1,62% 1,25%
2011 2012 2013 2014 2015 2020 2025 2030 var
spesa stnd. / Pil 6,76% 6,87% 6,82% 6,97% 7,02% 7,22% 7,85% 8,27% 1,51%
spesa lorda / Pil 7,10% 7,21% 7,26% 7,32% 7,37% 7,58% 8,24% 8,69% 1,59%
spesa stnd. (Euro/mld) 105,9 107,04 108,35 109,96 111,78 121,40 148,06 168,04 62,14
spesa lorda (Euro/mld) 111,20 112,39 113,77 115,46 117,36 130,62 155,47 176,44 65,24
Pil 2010 Euro/mld 1.556,00Tabella 1Il quadro macro Modello SaniMod 2030
Tabella 2ProiezioniModello SaniMod 2030
proiezioni di crescita riportate nel Programm di Stabilità
previsione a breve, ultimo aggiornamento
acquisto
Forbice in divaricazione tra spesa potenziale e risorse.
Serve un assetto di governance in grado di:
- promuovere effi cienza
- compiere scelte di priorità (universalismo selettivo)
- ribilanciare il carico del pay-as-you-go (multipilastro)
Le prestazioni Ltc fi nanziate dal pubblico dovranno
divenire molto selettive rispetto alla situazione
economico-patrimoniale.
In Italia un criticità in più: la transizione
federalista che stenta a chiudersi. Le Regioni
economicamente più deboli, con gap di effi cienza,
qualità e infrastrutture, sono le stesse che
sperimenteranno il più rapido invecchiamento.
Key points
SCENARIO ECONOMICO––
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prestazioni di qualità più elevata e infi ne, aspetto non
meno importante, che hanno ricevuto un fl usso di
assistiti in ingresso.
A confronto con le Regioni in cima alla classifi ca per
gestione più effi ciente, il Piemonte mostra un livello
di sovra spesa relativamente contenuto, pari al 4,5%.
Anche il livello di infrastrutturazione e dotazione
strumentale è tra i più elevati in Italia, assieme a
Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Trentino
Alto Adige. Posto che la mobilità deve rimanere una
garanzia di cittadinanza nazionale, le Regioni del
Nord dovranno provarsi effi cienti e di qualità anche
senza contare sulle risorse della mobilità e, le Regioni
del Mezzogiorno, dovranno migliorare effi cienza
equalità anche per valorizzare endogenamente quelle
risorse che ora son drenate.
Le sfi de, come si vede, sono tante; ed è per questo
che, nonostante il rallentamento imposto dalle
urgenze della crisi, l’agenda delle riforme non
deve essere trascurata. Il quadro è ovviamente
complicato dalla profonda divaricazione di
effi cienza e qualità esistente tra le Regioni. Per
superare questi gap, è necessario fi ssare in maniera
chiara le regole di standardizzazione della spesa
e le regole per il suo fi nanziamento integrale, con
l’obbligo, per le Regioni che sovraspendono, di
attivare la loro leva fi scale con la tempistica e per
gli importi compatibili con un sano andamento
dei conti pubblici.
Questo cambiamento ne dovrebbe portare con
sé tanti altri, coinvolgenti i rapporti tra livelli
di governo, i rapporti tra Regione e Enti Locali
sottesi, la verifi ca infrannuale delle tendenze, il
funzionamento della Conferenza Stato-Regioni.
“È imprescindibile mettere in atto una gestione che
segua due principi: promuova effi cienza e compia
scelte di priorità. In futuro sarà inevitabile che
le prestazioni fi nanziate dal pubblico dovranno
divenire molto selettive”, spiega Fabio Pammolli,
Direttore del CERM. “L’effi cienza – continua
Pammolli – non è suffi ciente a risolvere i problemi
di defi cit regionali. È necessario applicare in
modo rapido e capillare la Legge di Bilancio,
altrimenti il federalismo non è realizzabile”. Per
Fulvio Moirano, Direttore di AGENAS (Agenzia
Nazionale per i Servizi Sanitari), bisogna
“sviluppare un Sistema Sanitario che sia orientato
al cittadino” e propone un’ipotesi di lavoro che
permetta di monitorare, il SSN precisando che:
“Per poter funzionare, un sistema di valutazione
deve tener conto di diversi aspetti: l’effi cacia,
l’effi cienza e soprattutto l’empowerment del cittadino.
Quest’ultimo aspetto comporta l’umanizzazione
delle cure, il coinvolgimento e la partecipazione
dei cittadini e non ultima la soddisfazione degli
utenti”. Per Massimo Russo, Assessore alla Salute
della Regione Siciliana, “l’alleanza tra sistema
e cittadini deve fondarsi sulla responsabilità di
entrambe le parti”. Sulla centralità di un’alleanza
tra stakeholders è d’accordo anche Moirano Direttore
di AGENAS che ritiene necessario “sostenere un
nuovo sistema sanitario pubblico che veda tutti gli
attori – istituzioni, cittadini, e comunità scientifi ca –
partecipare attivamente alla governance del sistema”.
Tabella 4 Proiezioni della spesa sanitaria corrente SSR; grandezze al lordo delle ineffi cienze con spesa pro-capite in crescita maggiore di 1,5 p.p. rispetto allo stesso tasso del Pil ed ipotesi di Healthy ageing
Tabella 3Proiezioni della spesa sanitaria corrente SSR; grandezze standard con spesa pro-capite in crescita allo stesso tasso del Pil pro-capite
% Pil PIE VdA LOM BOL TRE VEN FVG LIG EMR TOS UMB
2015 7,11% 7,33% 5,75& 7,05% 7,45% 6,50% 7,24% 7,82% 6,33% 7,08% 7,91%
2020 7,23% 7,55% 5,97% 7,42% 7,83% 6,76% 7,39% 7,79% 6,54% 7,22% 8,09%
2025 7,38% 7,77% 6,20% 7,82% 8,25% 7,05% 7,55% 7,78% 6,81% 7,41% 8,33%
2030 7,55% 8,04% 6,46% 8,29% 8,74% 7,37% 7,74% 7,83% 7,12% 7,63% 8,63%
% Pil PIE VdA LOM BOL TRE VEN FVG LIG EMR TOS UMB
2015 7,14% 7,36% 5,77% 7,09% 7,48% 6,53% 7,27% 7,87% 6,37% 7,12% 7,95%
2020 7,35% 7,65% 6,06% 7,54% 7,94% 6,86% 7,50% 7,92% 6,65% 7,34% 8,23%
2025 7,62% 8,02% 6,41% 8,09% 8,52% 7,28% 7,80% 8,06% 7,04% 7,65% 8,61%
2030 7,96% 8,45% 6,81% 8,73% 9,20% 7,76% 8,17% 8,28% 7,51% 8,04% 9,10%
% Pil MAR LAZ ABR MOL CAM PUG BAS CAL SIC SAR ITALIA
2015 7,45% 7,18% 8,89% 10,15% 10,94% 11,00% 10,01% 11,07% 10,44% 9,75% 7,60%
2020 7,73% 7,52% 9,20% 10,29% 11,29% 11,35% 10,13% 11,32% 10,69% 10,19% 7,88%
2025 8,12% 7,94% 9,63% 10,57% 11,78% 11,81% 10,35% 11,70% 11,07% 10,70% 8,26%
2030 8,59% 8,43% 10,17% 10,97% 12,37% 12,35% 10,66% 12,18% 11,56% 11,26% 8,71%
% Pil MAR LAZ ABR MOL CAM PUG BAS CAL SIC SAR ITALIA
2015 7,41% 7,15% 8,85% 10,10% 10,90% 10,96% 9,97% 11,02% 10,39% 9,71% 7,56%
2020 7,60% 7,40% 9,05% 10,12% 11,14% 11,19% 9,97% 11,16% 10,54% 10,07% 7,76%
2025 7,85% 7,69% 9,34% 10,25% 11,46% 11,48% 10,04% 11,37% 10,76% 10,42% 8,00%
2030 8,16% 8,02% 9,70% 10,47% 11,83% 11,77% 10,19% 11,64% 11,02% 10,76% 8,23%
Per approfondireFederalismo e Sostenibilità del SSN- novembre 2011. Fabio Pammolli-CERM
Proiezioni a medio-lungo termine della spesa sanitaria SSN -SaniMod 2011-2030. Fabio Pammolli e Nicola C. Salerno.
CERMLa sostenibilità dei Sistemi Sanitari Regionali. SaniMod-Reg 2012-2030 - WORKING PAPER 1-2012. Fabio Pammolli, Nicola C. Salerno. CERM
SCENARIO ECONOMICO––
8 SPECIALE GIUGNO 2012
Valore della collaborazione tra pubblico e privato
a cura della Redazione diAboutPharma and Medical Devices
Sanità tra partnership e governace
Intervista a Giovanni Monchiero
Direttore Generale ASL Cuneo 2 e Presidente FIASO
Quando parliamo di privati in Sanità pensiamo a imprenditori privati che forniscono servizi
complementari alla Sanità pubblica secondo modelli sia di partnership che di sponsorizzazione.
In base alla sua esperienza di Direttore Generale e Presidente FIASO, in che modo, questi due
modelli di collaborazione possono migliorare la gestione della Sanità?
L’esperienza di questi anni ci stanno aiutando a separare nettamente le relazioni
commerciali da quelle di partnership, che si differenziano per una trasparenza nel
vero senso del termine. Le strutture aziendali che coltivano questo tipo di rapporto di
collaborazione, non sono le stesse che gestiscono rapporti di fornitura o acquisizione
di beni e servizi con l’inevitabile confl itto d’interesse. I nostri partner privati non
cercano di parlare con le direzioni generali per poter circuire poi i farmacisti, i
decisori di spesa o i primari: queste cose sono state superate da molto tempo. Ci
sono moltissimi contesti di partnership pubblico privato in cui c’è uno sponsor. Ma la
vera partnership è quella in cui le due parti danno qualcosa. Noi come FIASO siamo
partiti cercando sponsor che ci aiutassero a fare ricerca. Abbiamo visto, nel corso
della ricerca, che alcuni sponsor, potevano diventare partner interessati a partecipare
attivamente alla ricerca. Abbiamo quindi fatto anche dei progetti per come migliorare
l’assistenza domiciliare o la gestione del paziente oncologico. La partnership si traduce
in queste cose concrete e continuative su temi di organizzazione. Abbiamo esperienze
particolarmente felici che ci hanno aiutato a studiare argomenti di elevata rilevanza
per la Sanità pubblica con risultati assolutamente positivi.
Oggi le proposte di collaborazione che noi, come Asl riceviamo e sollecitiamo,
vanno nella direzione di una collaborazione lontana da confl itto di interesse, oltre
ad approfondire tematiche organizzative, di conoscenza e, a volte, anche questioni
strategiche o fi losofi che. Recentemente abbiamo presentato un lavoro sul benessere
organizzativo che ha coinvolto 61.000 persone in cui lo sponsor, mentre sosteneva
il nostro progetto, ha fatto al stessa ricerca nella sua azienda perché indagavamo un
problema comune a tutte le aziende, sia pubbliche che private. Si possono
creare scambi utilissimi.
Quali sono gli elementi chiave specifi ci messi in gioco da ciascuna delle due parti in una
collaborazione virtuosa?
Per quello che riguarda logica organizzativa, ricerca dell’effi cienza, capacità di
motivare i collaboratori, l’attenzione alla clientela – utenza, in ambiente sanitario,
– penso che noi, come Asl, abbiamo solo da imparare dai privati. L’esperienza
dell’aziendalizzazione in Sanità va in questa direzione. Quando parliamo di privato
tendiamo a confi gurarlo con le virtù ottocentesche: l’imprenditore per capacità di
rischio, professionali, gestionali fa il bene dell’azienda e dei suoi collaboratori, crea
ricchezza e fa il bene della comunità. In realtà non è purtroppo sempre così. Quando
Risorse economiche insuffi cienti mettono a rischio la sostenibilità del sistema sanitario. Per garantire un accesso alla salute universale e di qualità, servono nuovi modelli di governance e partecipazione. La partnership pubblico-privato può essere un modello per una gestione ottimale delle risorse e un taglio agli sprechi? Quali regole e ruoli perché istituzioni politiche e sanitarie, cittadini e aziende siano protagonisti di un modello virtuoso? Spunti e proposte nell’intervista a Giovanni Monchiero, Direttore Generale ASL Cuneo 2 e Presidente FIASO (Federazione italiana aziende sanitarie ospedaliere) e nell’intervento dell’associazione Cittadinanzattiva.
Risultati
assolutamente
positivi per
partnership
su temi
organizzativi
ISTITUZIONI & CITTADINI––
Giovanni Monchiero
9
invece parliamo di azienda pubblica l’idea è l’opposto:
luogo di corruzione, tangenti, ineffi cienza, incapacità,
inappropiatezza, misconoscimento del merito. Ma
anche in questo caso, la realtà non è sempre così.
Il pubblico forse manca di capacità, ma nella sua
tradizione ha un insieme di motivazioni, una visione
della propria funzione che è pregna di valori positivi
che vanno comunicati anche in un rapporto di
collaborazione con il privato.
Dall’esperienza di partnership si ritrovano dei modelli che
applicati possono migliorare altri contesti, soprattutto nel
caso di Regioni più in diffi coltà?
Nelle Regioni meno virtuose, c’è un problema
di governo del sistema che va risolto a livello
di strutture di singola regione che, dobbiamo
ricordare, è un ente territoriale ontologicamente
diverso, più politico e quindi in qualche misura
lontano dal mondo delle aziende, anche di quelle
pubbliche come l’Asl. Sarebbe invece di grande
interesse se venisse realizzata un’idea già ventilata,
anche al Ministero di qualche anno fa, e che punta
a costruire dei gemellaggi fra Aziende sanitarie
più avanzate sul piano organizzativo e quelle meno,
per creare esperienze di osmosi che sarebbero
utilissime. La diffi coltà maggiore è però far passare
questa operazione non come colonizzazione, ma
gemellaggio, altrimenti è un’imposizione. Deve
nascere da un progetto condiviso spontaneamente,
meglio se casuale. Noi come Asl di Cuneo abbiamo
per esempio collaborato con l’Asl di Matera qualche
anno fa sulla scuola di umanizzazione. Tutto era
nato spontaneamente in un convegno. Si potrebbe
superare lo spontaneismo attraverso l’intervento
di un ente regolatore come l’Agenas (Agenzia
Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) non
molto amata dalle Regioni con piani di rientro,
ma se Agenas e Ministero stesso, con il consenso
delle Regioni aiutassero la costruzione di queste
occasioni, il Sistema sanitario ne ricaverebbe dei
benefi ci. L’azienda farmaceutica, potrebbe quindi
aver il ruolo non solo di sponsor, ma di piattaforma
per queste attività.
In Italia abbiamo 21, a volte 23 Sistemi sanitari Regionali.
Cosa manca perché il federalismo sia reale?
Deve essere applicato. Sono due i pilastri su cui si
basa il federalismo: la responsabilizzazione delle
singole autonomie e la presenza di un regolatore
centrale che faccia da arbitro. Paradossalmente
il federalismo avrebbe bisogno di un Governo
centrale ancora più forte di quanto non sia in
uno Stato unitario, proprio per la sua funzione di
regolatore. Ci lamentiamo dei costi, ma gli scandali
in sanità non sono i costi, ma il livello dei servizi a
parità di spesa pro-capite.
La Sanità del Trentino Alto Adige, ad esempio ha
alta qualità a 2.500 euro a testa contro i 1.700 della
nostra Als. Il Governo centrale deve fare l’arbitro
con tutti gli strumenti più opportuni. C’è stato
un malinteso nel federalismo considerando solo
l’autonomia come criterio fondante. All’autonomia
infatti deve corrispondere la responsabilità che
può essere pretesa solo se c’è l’arbitro che “fi schia il
rigore”, che dice “devi cambiare la qualità dei tuoi
servizi, devi spendere di meno”. Solo negli ultimi
anni è iniziata questa attività. Penso che il Governo
tecnico debba fare uno sforzo e superare la visione
puramente fi nanziaria dei tagli lineari del Ministero
dell’economia, e contare più su Ministero della
Salute e altri enti come Agenas per progetti atti a
perseguire l’effi cienza.
In vista del Piano della salute, quali parole chiave, elementi
ritiene necessarie siano prese seriamente in considerazione
per una salute sostenibile e di qualità?
Appropiatezza. Si devono prevedere dei piani che
evitino quel consumismo sanitario soventemente
alimentato dalla politica. Quando la politica fa
la polemica sulle lista d’attesa, apparentemente
tutela i diritti, in realtà alimenta il consumo
sanitario. Noi abbiamo circa 5 visite specialistiche
pro-capite all’anno che vanno al di là di qualsiasi
esigenza ragionevole di salute. Ci sono luoghi dove
questo numero diventa 4 o 7 con standard di salute
paragonabili. Il consumismo sanitario è una brutta
abitudine. Poi direi equità perché è indubitabile
che oggi abbiamo un sistema generalista,
universalista, dove tutti sono assistiti, ma non del
tutto equo sulla qualità dei servizi resi e rischia di
diventare meno equo sul piano della contribuzione
da parte dei cittadini.
Questo è un Paese dove il sistema fi scale non
ha ancora un piano di equità per premettere
di applicare un parametro fi scale in sanità.
Bisognerebbe studiare un altro modello. Terzo
elemento chiave è logiche di governo che
perseguano l’effi cienza, perché di effi cienza
parliamo e non applichiamo. Nella ricerca
dell’effi cienza e della gestione del sistema,
certamente tutte le forme di partnership pubblico
privato hanno un ruolo importante. Se non siamo
effi cienti, il sistema non sarà più sostenibile non
per un discorso di costi: il SSN universalistico che è
complessivamente molto effi ciente. In Svizzera costa
il doppio e in Francia e Germania è nell’ordine del
40% in più. Il nostro sistema che ha risultati di salute
ottimi, ha il costo pro-capite più basso d’Europa,
ma nonostante questo siamo convinti che ci siano
sacche di ineffi cienza migliorabile, per questo
punto molto sulla necessità di logiche di governo
del sistema che portata nella logica di effi cienza è la
prima condizione di sostenibilità.
Dobbiamo darci l’obbligo di ridefi nire i Lea (Livelli
essenziali di assistenza), inventare strumenti
per verifi carne la reale applicazione. Su questa
Gli scandali in
sanità non sono i
costi, ma il livello
dei servizi a
parità di spesa
pro-capite
Appropriatezza,
equità, effi cienza
ISTITUZIONI & CITTADINI––
10 SPECIALE GIUGNO 2012
base si defi niscono quindi costi di fi nanziamento
benchmarck e si verifi ca l’effi cacia. Il termine di
paragone per l’allocazione delle risorse deve
essere una quota pro-capite pesata in base a criteri
condivisi, come l’età, visto che si tende ad ammalarsi
in età avanzata. Deciso questo, tutte le aziende sono
fi nanziate in base a tariffe riviste: quanto ci rimette
un ospedale fi nanziato a tariffa? Nel pubblico viene
ripianato, ma i bilanci non sono trasparenti, con
norme di contabilità che non tengano conto di cosa
abbiamo dato, perché e con che risultati.
Cittadini, istituzioni e aziende per la sostenibilità dei sistemi sanitari
Intervento dell’Associazione Cittadinanzattiva
Teresa Petrangolini, Segretario generale e Vittorino Ferla,
Responsabile Relazioni Istituzionali
Perché la Spesa sanitaria non sia intesa solo come “costi”, il cittadino e la comunità sono elementi attivi che possono valutare e migliorare sostenibilità e universalità dei servizi attraverso partnership virtuose sia con le istituzioni che con le aziende
L’universalità dei diritti e la sostenibilità del
sistema sono (o dovrebbero essere) i due grandi
principi che presiedono alla concreta defi nizione
dei servizi sanitari. A seconda dell’ordine in cui
vengono considerati, gli esiti possono essere
molto diversi. Se si parte dall’universalità, la
sostenibilità diventa un percorso che parte
dalla defi nizione delle risorse necessarie per
raggiungere gli obiettivi, prosegue con la verifi ca
delle disponibilità, stimola la ricerca delle
eventuali risorse aggiuntive, e solo alla fi ne può
provocare una ritaratura degli obiettivi. Se si parte
dalla sostenibilità, il percorso può ridursi alla
suddivisione delle disponibilità accertate, senza
altre ricerche, e i principi di universalità sono
utilizzati solo come criteri di ripartizione. I mezzi
uffi cialmente utilizzati per mettere sotto controllo
e ridurre la spesa sanitaria sono generalmente
molto rozzi (si taglia dove è più facile) e inadeguati.
Più di un osservatore ritiene che le riduzioni
ottenute nell’immediato possono essere fonti
di maggiori spese nel futuro. Inoltre la spesa
sanitaria viene trattata come un mero costo,
trascurando i suoi caratteri di investimento
sulle persone e di mobilitazione di risorse
imprenditoriali e tecnologiche.
La ricerca della sostenibilità, comunque inevitabile,
non può essere solo un’operazione tecnica e
fi nanziaria ma dovrebbe essere una chiamata
alla responsabilità di tutti i soggetti ed anche dei
cittadini, per individuare priorità, ridurre sprechi e
spese inutili mettere in campo nuove risorse.
Il ruolo dei cittadiniNel mondo della Sanità la cittadinanza attiva può
giocare un ruolo propositivo e non soltanto
rivendicativo anche nelle politiche della
sostenibilità. I cittadini hanno maturato una
crescente consapevolezza dei propri diritti e una
corrispondente capacità di essere non soltanto
i destinatari dei servizi ma soggetti attivi nei
processi di cura e assistenza, nella governance
istituzionale e nella tutela dei diritti. Hanno
constatato spesso, per esperienza diretta, che
la conclamata “centralità” era poco più di una
dichiarazione retorica ed hanno dato vita ad
esperienze, come quella del Tribunale per i Diritti
del Malato, che sono ormai parte integrante del
sistema sanitario.
Le forme organizzative adottate dalla cittadinanza
attiva sono estremamente articolate e hanno
anticipato non soltanto la gran parte delle leggi
sulla partecipazione civica in Sanità, ma addirittura
i contenuti dell’ultimo comma dell’art. 118 ultimo
comma della Costituzione ratifi cato dal referendum
del 2001. Non sono mancate, e non mancano,
interpretazioni riduttive, e i tentativi di circoscrivere
i rapporti fra cittadini, professionisti e istituzioni
in modelli ristretti e unilaterali sono ricorrenti. Si è
comunque sviluppato un ricco insieme di esperienze e
di istituti che non trova riscontro in altri settori.
L’empowerment alla base delle partnership cittadini-istituzioniL’approccio principale alla partecipazione dei
cittadini che si può cogliere nell’art.118 della
Costituzione è quello dell’empowerment defi nito
come “processo dell’azione sociale attraverso il quale
le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono
competenza sulle proprie vite, al fi ne di cambiare il
proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità
e la qualità di vita”.
Parlare di partecipazione e di empowerment in un
momento di grave crisi del modello sociale europeo e
della sua capacità di garantire l’accesso universale alle
cure signifi ca, necessariamente, chiedersi in quale
misura questi processi possano contribuire a costruire
nuovi modelli di universalità e di sostenibilità dei
sistemi. È possibile tentare una prima verifi ca in
tre ambiti cruciali per il futuro dei servizi sanitari:
l’assistenza personalizzata dei soggetti fragili, il
presidio del territorio e il sistema delle valutazioni.
Nell’ambito della cura dei malati non autosuffi cienti,
cronici e terminali, si giocano contemporaneamente
Cittadinanzattiva onlus è un movimento di partecipazione civica che opera in Italia e in Europa per la promozione e la tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori. Nata nel 1978, conta oggi 115.539 aderenti e 15 associazioni federate, di cui 13 di malati cronici. È presente in Italia con 19 sedi regionali e 250 assemblee locali. Per la Sanità, l’associazione è attiva con il Tribunale per i diritti del malato ed il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici.www.cittadinanzattiva.it
ISTITUZIONI & CITTADINI––
11
Bibliografi aCittadinanzattiva Diritti non solo sulla carte. Rapporto Pit salute 2010Cap. I Trent’anni di storia(e) – pagg-. 4 – 21 – http://www.cittadinanzattiva.it/documenti-generale/cat_view/125-salute/130-rapporti-pit-salute.html Active Citizenship NetworkThe EU Charter of patients’ Right. A civic assessment Brussels 2011http://www.activecitizenship.net/fi les/european_day/2011/european_conference/abstract.pdf
A. Gaudioso, A. Terzi L’empowerment dei cittadini come fattore di integrazione dei servizi sanitari in Fondazione Smith Kline – Rapporto sanità 2011. Il rapporto dinamico fra ospedale e territorio – Il Mulino, Bologna 2011, pagg. 23 – 46.
la maggior parte della spesa sanitaria e, insieme, la
tutela dei soggetti più fragili e quindi sia l’effettiva
universalità che la sostenibilità del sistema. Il successo
dei trattamenti personalizzati, peraltro, richiede un
elevato impegno di risorse culturali, organizzative –
basti pensare, a questo proposito, alla individuazione
e alla formazione dei care giver, senza i quali le cure
domiciliari non sono praticabili – ed economiche
delle famiglie. Le concrete capacità di empowerment
assumono, quindi, un valore strategico e dovrebbero
essere adeguatamente riconosciute e valorizzate.
Il secondo ambito è quello relativo al presidio
del territorio. In questo caso, il progressivo
accorpamento delle aziende sanitarie, l’adozione di
nuovi criteri di appropriatezza (spesso non motivati
e comunque male spiegati), la riduzione dei
posti letto, delle unità operative e degli ospedali,
l’assenza di misure compensative inducono
nelle comunità locali un senso di abbandono e
di impotenza e il confl itto diventa l’unica forma
possibile di partecipazione.
Si dovrebbe considerare la comunità come “attore
sociale” piuttosto che come “bacino di utenza”. Le
forme tradizionali della rappresentanza non sono
in grado da sole, di sostenere un simile passaggio.
Una strada per affrontare con successo il problema
potrebbe essere quella di aggiornare ed estendere
le esperienze delle Carte dei servizi.
I cittadini valutano i servizi sanitariIl terzo ambito in cui si può giocare la sfi da di
un virtuoso rapporto di partnership tra cittadini
e istituzioni è quello della valutazione in tutti
gli ambiti di governo dei sistemi sanitari. Lo
scenario è in sensibile evoluzione e propone –
naturalmente sempre “a macchia di leopardo”
– sviluppi interessanti almeno in tre situazioni:
il coinvolgimento dei cittadini nelle valutazioni
istituzionali, la loro presenza nei processi di
Health Technology Assessment (HTA) e la valutazione
civica in senso stretto. Nella prima situazione il
punto di vista civico nell’osservazione generale del
sistema resta ancora sottorappresentato e, di solito,
ampiamente mediato dagli apparati regionali. La
partecipazione dei cittadini resta sostanzialmente
un’ipotesi anche nel caso dell’HTA, strumento
per il governo dell’innovazione tecnologica che
sta assumendo un ruolo sempre più strategico in
tutti i paesi. Viceversa, il coinvolgimento degli
stakeholder in generale e dei cittadini in particolare
è considerato universalmente parte integrante dei
processi di valutazione. Appare più consolidato,
il percorso della valutazione civica. L’iniziativa
e la conduzione del processo appartengono alle
organizzazioni civiche mentre le amministrazioni
assumono il ruolo di partner, come riconosce anche
il rapporto CEREF/Ministero della Salute.
In ambito sanitario, è attivo dal 2001 il
programma di Audit civico che consente ai
cittadini di esprimere giudizi motivati su aspetti
dell’organizzazione sanitaria particolarmente
rilevanti per i cittadini.
Il programma ha avuto un’ampia diffusione ed
è stato realizzato in oltre un terzo delle aziende
sanitarie appartenenti a tutte le regioni.
In conclusione, mentre in linea di principio la
presenza dei cittadini nei processi di valutazione
è considerata essenziale, in concreto il
coinvolgimento resta “a discrezione” e lo spazio
concesso ai cittadini resta normalmente modesto
e marginale. C’è ancora tanto da fare. È una tra
le sfi de che interpellano tutti i protagonisti della
governance dei sistemi sanitari.
La partnership con le aziendeIn questo quadro così brevemente delineato,
le partnership che i cittadini possono stringere
con le aziende private possono diventare
strategiche. In molte situazioni, infatti, pazienti
e aziende farmaceutiche possono condividere
obiettivi comuni. Per esempio, per restare
all’ambito strettamente farmaceutico: la rapida
identifi cazione e lo sviluppo di trattamenti
effi caci per rispondere a un’esigenza insoddisfatta,
la necessità di un accesso tempestivo a nuovi
trattamenti promettenti e di un migliore accesso
a informazioni di qualità sui pazienti, l’attenzione
per la somministrazione corretta e sicura dei
farmaci, la gestione ottimale degli
effetti collaterali, ecc.
In generale, la stessa governance dei sistemi
sanitari può trovare uniti su obiettivi comuni
organizzazioni civiche e aziende private. Basti
pensare alla defi nizione dei livelli essenziali di
assistenza, al miglioramento delle performance e alla
informatizzazione delle amministrazioni sanitarie,
alla lotta agli sprechi di risorse pubbliche nel welfare,
alla deburocratizzazione, alla semplifi cazione
e al miglioramento complessivo dei processi di
federalismo sanitario attualmente in corso. In
situazioni siffatte, gli obiettivi convergenti possono
essere raggiunti attraverso un sostegno reciproco,
attività di comunicazione e sensibilizzazione,
iniziative di lobbying per modifi care normative, atti
e comportamenti delle Istituzioni.
Cruciale un dialogo vero in cui organizzazioni
civiche e aziende private riescono a scambiarsi
informazioni e a confrontarsi nonostante le
diffi coltà. Ma quando queste partnership si
realizzano, è davvero possibile dare un contributo
per garantire la sostenibilità e l’universalismo dei
servizi sanitari su tutto il territorio nazionale.
ISTITUZIONI & CITTADINI––
12 SPECIALE GIUGNO 2012
Lo studio “Analisi delle politiche farmaceutiche regionali” è stato condotto in 9
Regioni, realizzando 45 interviste. Per offrire una panoramica globale, tenendo
conto dell’attuale eterogeneità interregionale, la scelta è ricaduta su 9 Regioni (alcune
delle quali con Piano di Rientro) rappresentative del Nord, Centro e Sud: Campania;
Emilia Romagna; Lazio; Lombardia; Puglia; Sicilia; Toscana; Umbria; Veneto. La
novità metodologica dello studio risiede nel fatto che tipicamente in ogni Regione
è stata raccolta la testimonianza dell’Assessore o del Direttore dell’assessorato, del
responsabile delle politiche del farmaco, del responsabile regionale SIFO, di DG di ASL
e AO e dei relativi responsabili del farmaco, permettendo di visualizzare le differenti
percezioni sulle tematiche oggetto di studio e contestualmente analizzare come siano
mediate dalle esigenze di politica regionale. [vedi Box]
Fra gli aspetti più rilevanti emersi dalla ricerca, si può citare la grande diversità di
opinione sull’effi cacia degli strumenti di governo della farmaceutica, che sembra
più legata alla adesione alle scelte operate dalle singole Regioni nell’ambito della
loro autonomia federalista, che non sulla base di considerazioni di evidence delle
politiche; la scarsa fi ducia negli strumenti di governo economico (ad esempio le
compartecipazioni) e una grande attenzione all’appropriatezza, declinata però
diversamente a seconda dei contesti; la grande preoccupazione per il governo
dell’innovazione, ma anche una scarsa fi ducia negli strumenti di valutazione
oggettivi, quali l’HTA (Health technology assessment); la consapevolezza che il
settore farmaceutico, seppure con qualche carenza sul lato della spesa ospedaliera,
è quello soggetto a più accurato e attento monitoraggio e controllo.
Struttura dell’intervistaL’intervista è composta da 17 domande aperte e chiuse. Le prime due domande
hanno lo scopo di ottenere una visione complessiva della percezione, sia oggettiva
che soggettiva, della priorità attribuita alle politiche farmaceutiche; sono
Il CEIS – Centre for Economic and International Studies – dell’Università di Roma Tor Vergata, ha realizzato uno studio comparativo sulle politiche del farmaco nelle Regioni italiane con l’obiettivo di fornire un’analisi critica delle politiche regionali sul farmaco, evidenziando quali siano gli elementi in comune e quali di difformità, le maggiori criticità in termini di governo della spesa e di accessibilità dei pazienti all’innovazione.
Regioni a confronto
di Federico Spandonaro, Docente di Economia Sanitaria presso la facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, Coordiantore scientifi co del rapporto annuale sulla Sanità del CEIS (Centro interdipartimentale di Studi Internazionali sull’Economia e lo Sviluppo)
Analisi delle politiche farmaceutiche regionali: criticità e opportunità di sviluppo
Comitato scientifi co
• Bollero Enrico, Dir. Generale PTV – Coordinatore
forum DG Federsanità
• D’Arpino Alessandro, Segr. Reg. SIFO Toscana
AO Perugia
• Fabrizio Laura, Pres. SIFO, ASL RM C
• Guizzardi Maurizio, D.G. Dip. Pianifi cazione strategica
Ass. Salute – Regione Sicilia
• Leoci Pietro, Resp. politiche del farmaco Reg. Puglia
• Martelli Luisa, Dir. del servizio Politiche del Farmaco
dell Assessorato alle Politiche per la Salute della
Regione Emilia Romagna
• Meneguzzo Marco, Prof. ordinario in Economia delle
Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche – Univ.
Roma Tor Vergata
• Mezzalira Luigi, Dir. Unità Informazione sul Farmaco –
Regione Veneto
• Terranova Lorenzo, Dir. Scientifi co FIASO
• Coordinamento scientifi co di: Spandonaro Federico,
Docente di Economia Sanitaria - Univ. Roma Tor Vergata
Analisi delle politiche farmaceutiche regionali*
*Lo studio è stato realizzato da CEIS in partnership con la Eli Lilly che ha anche concesso un grant incondizionato per sostenere l’iniziativa.
STUDIO––
Campione Intervistati
ASS-DG
Resp. Farm.
Resp. SIFO
DG ASL
DG AO
Resp. servizio farmaceutico
13
state pensate per introdurre gradualmente
l’interlocutore nel contesto prima di entrare nello
specifi co. Le domande 3, 4 e 5 vengono proposte
nell’ottica di una analisi dettagliata su alcune
aree specifi che. Le aree indicate rappresentano
i principali strumenti di impatto per il settore
farmaceutico regionale (le aree sono state
concordate in sede di riunione su proposta dei
diversi partecipanti). Le altre domande sono,
invece, volte ad approfondire tematiche strategiche
per elicitare la situazione attuale e la visione
ottimale auspicabile. Infi ne, considerando le
argomentazioni precedenti, nell’ultima domanda si
vogliono far affi orare le minacce e le opportunità
future con l’intento di fornire spunti di rifl essione
a livello prospettico.
ConclusioniIl progetto “Analisi delle politiche farmaceutiche
regionali”, grazie ad una risposta anche superiore
alle aspettative, dimostrativa del fatto che lo studio
ha incontrato ampio consenso fra gli interlocutori,
ha permesso di analizzare la percezione
dei responsabili dei vari livelli di governo
dell’assistenza farmaceutica, sulle politiche
nazionali e regionali in atto.
Le analisi sono state condotte sotto diverse
prospettive: sia quella regionale, distinguendo
all’interno di questa il caso delle Regioni con
e senza Piano di Rientro, sia quella per ruolo
dell’interlocutore. La prima dimensione è in larga
misura quella risultata fondamentale in termini
esplicativi: risulta, infatti, chiaro come le risposte
siano fortemente condizionate dall’esperienza
regionale; questa conclusione appare del tutto
evidente nell’analisi, ad esempio, dei punti di forza
delle politiche adottate, dove la presenza e l’assenza
dello stesso strumento (nella fattispecie il PTOR),
risultano entrambe paradossalmente citate: al di là
della rispettabilità di entrambe le tesi, appare chiara
l’adesione dei rispondenti alle politiche in atto nel
proprio contesto operativo, con un atteggiamento
che potremmo defi nire “quasi ideologico” rispetto
all’effi cacia delle politiche stesse. Analogamente
nell’esercizio di allocazione delle politiche sui
livelli ottimali di governo, appare chiaro come, su
ogni altra considerazione, prevalga l’esperienza
regionale: a riprova di ciò, solo nelle Regioni ove
sono istituzionalizzate Aree Vaste, tale dimensione
è considerata effettivamente utile per il governo
dell’assistenza farmaceutica. Non emerge, invece,
alcuna regolarità nelle risposte tese ad indagare
il primato fra opzione di regolazione nazionale
e regionale: in generale si nota un concorde
assenso sul fatto che sia necessario un quadro
regolatorio nazionale, a garanzia dell’uniformità
dei LEA, all’interno del quale, però, declinare
regionalmente le politiche. Le preferenze però non
appaiono riconducibili ad un “peso” comune: si
potrebbe sintetizzare il fenomeno dicendo che il
federalismo appare ancora in una fase interlocutoria,
di transizione, senza che ancora si siano defi niti
equilibri stabili nella suddivisione dei ruoli. Forse non
del tutto inaspettatamente, ma in controtendenza
con quanto avviene in altri ambiti come ad esempio
quello ospedaliero, le Regioni settentrionali
appaiono più centraliste nei confronti dell’assistenza
farmaceutica: anche qui, probabilmente si tratta
più di una traduzione dell’esperienza (ovvero
una dimostrazione della maggiore solidità delle
tecnostrutture delle Regioni virtuose), che di una
vision riferita al modello di governo.
Come era, invece, del tutto lecito aspettarsi, la
soddisfazione per lo stato di sviluppo dei sistemi
di monitoraggio e controllo è minore nelle Regioni
in Piano di Rientro: è quanto meno da riportare
l’alto grado di consapevolezza dell’effettivo stato
dell’arte, rilevato a tutti i livelli intervistati.
Come era prevedibile, nelle risposte sono emerse
divergenze legate ai ruoli professionali, dove
i tecnici puri appaiono essere più cauti nei
giudizi di soddisfazione. In generale è ritenuto
soddisfacente il sistema di monitoraggio e controllo
della farmaceutica convenzionata, ma ancora
non adeguato quello relativo all’ospedaliera.
Analogamente gli intervistati dimostrano ampia
consapevolezza del fatto che il controllo in campo
farmaceutico è maggiore che negli altri ambiti;
segue la capacità di governo del personale e dei
ricoveri ospedalieri, ritenuta comunque buona,
mentre sono considerati insuffi cienti i sistemi
informatici della specialistica e, ancor di più, sul
consumo di dispositivi medici. Punto aggregante,
sia a livello di analisi regionale, che a livello di
analisi per ruolo ricoperto, è il permanere di una
logica legata alla programmazione dell’offerta.
A riprova di ciò, in rarissimi casi sono stati
proposti indicatori per il monitoraggio e il
controllo che guardassero agli esiti, o in generale al
soddisfacimento della domanda.
La criticità maggiore rimane quella fi nanziaria
e l’obiettivo di governo principale quello
dell’appropriatezza: si desume però dalle risposte
che quest’ultima è declinata in modo non del
tutto omogeneo, se non per quanto riguarda il
controllo dei consumi.
Quest’ultimo è ritenuto ancora insoddisfacente
per effetto di un eccesso di variabilità clinica e
anche della carenza di un adeguato fi ltro rispetto
alle “false” innovazioni. Stupisce peraltro che alle
criticità riferite alla gestione dell’innovazione
(che è in agenda più per gli effetti legati al
rischio che le politiche siano insuffi cientemente
STUDIO––
Federalismo
ancora in fase
interlocutoria
14 SPECIALE GIUGNO 2012
Giudizio/Stakeholder PZ/Ass. Pz Professioni Ass. Scientifi che Az. Farm. Farmacie Convenz. Mondo Accademico
Scarso 23% 11% 18% 18% 29% 23%
Suffi ciente 14% 9% 16% 18% 24% 5%
Discreto 20% 32% 11% 27% 14% 16%
Buono 36% 45% 48% 30% 31% 45%
Ottimo 7% 2% 7% 7% 2% 11%
Misurazione e controllo
• Farmaceutica convenzionata
• Spesa pro-capite pesata
• DDD 1000 ab die e ricette 1000 ab
• Linee guida (PPI, sartani..)
• Obiettivi DG, obiettivi aziendali
• Accordi aziendali MMG (Umbria)
• Farmaci equivalenti sulla classe terapeutica
• Farmaceutica ospedaliera
• Raccomandazioni (oncologia, remautologia..)
• Tetti fi le F (Lombardia)
• % uso categorie farmaci
• Gli indicatori utilizzati sono prevalentemente economici sarebbe opportuno l’utilizzo di indicatori di salute
• Scarsa conoscenza indicatori in Lazio; report e dati disponibili per Toscana
Fattori di successo
• Umbria: contenimento farmaceutica convenzionata, appropriatezza, sistemi informativi, PTOR, DPC
• Sicilia: DPC, farmaci equivalenti, ticket, PTOR, gare regionali
• Campania: PTOR, ticket, File F, Prontuari, DPC
• Veneto: collaborazione con i clinici, attento monitoraggio, gare centralizzate, formazione/informazione farmaco
• Lombardia: attento monitoraggio, coinvolgimento dei MMG, assenza PTOR
• Puglia: ticket, PHT; collaborazione MMG e specialisti, Gare interne
• Emilia Romagna: PTOR, Sistemi informativi, acquisti centralizzati, condivisione
• Toscana: obiettivi chiari, ambiziosi e condivisi; disponibilità dati; sistema monitoraggio e benchmarking; comunicazione e cambiamento culturale di professionisti e cittadini (uso generici); Determinazione e professionalità forti; Commissione Terapeutica. Lungimiranza (best practice). Appropriatezza prescrittiva; attenzione ai pazienti (regione si fa carico di terapie Off Label)
• Lazio: gare centralizzate realizzate; distribuzione in nome e per conto; Decreti attuativi del Dlgs78 (sartani, statine e appropriatezza prescrittiva); Flussi consumi farmaceutici; contenimento spesa farmaceutica (territoriale e ospedaliera)
Criticità
• Umbria: collaborazione con i professionisti sanitari (MMG,H), carenza HTA, farmaci innovativi, monitoraggio spesa ospedaliera
• Campania: disomogeneità fra ASL, Biosimilari, DM, centri prescrittori, rischio clinico
• Veneto: dialogo MMG e specialisti
• Lombardia: sostenibilità farmaci innovativi
• Sicilia: Appropriatezza prescrittiva, mancanza personale, adeguamento strutturale, sistemi informativi
• Puglia: appropriatezza prescrittiva, personale, File F
• Emilia Romagna: scarsa collaborazione MMG, scarsa collaborazione MMG e farmacie convenzionate, farmaci innovativi, risorse non commisurata agli obiettivi
• Toscana: rapporti con i medici (governo dei prescrittori); non copertura posti vacanti aziendali (scarso coordinamento attività farmaceutiche); ESTAV; obiettivi troppo ambiziosi (non raggiungibili); troppe delibere, riunioni, schede informative da compilare
• Lazio: aderenza di medici e professionisti; complessità strutture sanitarie; alta presenza di strutture convenzionate; presenza strutture eccellenza attraenti (costi); carenza di risorse per PDR (€; umane es: “farmacisti”); sistema informatico lento; no interventi su spesa alberghiera; mancanza monitoraggio effi cacia provvedimenti
Innovazione Farmaceutica
• Valutazione: criteri non rigorosi
• Accesso: indiscriminato, acritico
• Sostenibilità economica: uso improprio risorse
• Monitoraggio: non suffi ciente
Minacce e opportunità
Le principali minacce che emergono dall’Analisi sono riconducibili alla crisi economica. La scarsità di risorse, che rappresenta la principale minaccia per gli intervistati, allo stesso tempo può innescare un processo di miglioramento del sistema, creando un circolo virtuoso. In particolare vengono individuate come opportunità le politiche volte al miglioramento di appropriatezza prescrittiva, lo sviluppo della medicina personalizzata (farmaco giusto al paziente giusto), gli incentivi all’uso dei generici e la determinazione di criteri più rigorosi per valutare l’innovatività dei farmaci.
Key points
Rapporto con gli stakeholderGiudizio sul livello di collaborazionedi alcuni stakeholder nell’ implementazione delle politiche farmaceutiche(media regioni)
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15
selettive, che non per i rischi di carenza di
accesso o di sostenibilità), non corrispondono
proposte risolutive: addirittura per l’HTA appare
evidenziarsi una diffi denza, crescente passando dai
ruoli politici a quelli aziendali.
Altro elemento sostanzialmente ricorrente è quello
della lamentazione di un insoddisfacente livello
di collaborazione con le imprese (farmaceutiche
ma anche le farmacie convenzionate), come
anche con le associazioni dei pazienti (anche
con il mondo accademico, ritenuto portatore di
interessi non trasparenti). Di fatto dove esiste una
contrapposizione di interessi, non sembra prevalere
la logica della cooperazione, quanto quella della
contrapposizione. Non a caso, dove tali rapporti
sono invece positivi, la collaborazione è citata come
un elemento prioritario di successo del sistema
di governo regionale in campo farmaceutico. In
conclusione, malgrado le partnership fra SSN (e SSR)
siano spesso richiamate come fattori importanti e
opportuni, ancora stenta a delinearsi un modello
per le politiche farmaceutiche capace di integrare
razionalizzazione dell’offerta e governo della
domanda, come anche politiche di welfare e
olitiche industriali.
Andare oltre il controllo della spesa perchè la crisi sia opportunità di crescita
Partendo dai risultati dell’Analisi delle politiche farmaceutiche regionali, allarghiamo l’orizzonte sulle prossime sfi de per una crescita reale del settore sanitario nell’intervista con Federico Spandonaro
Dai dati dell’Analisi che ha coordinato, a che punto siamo
con le politiche farmaceutiche regionali?
Per analizzare le politiche farmaceutiche regionali
dobbiamo ragionare su 2 piani: uno più oggettivo,
legato ai numeri e risultati e un altro, se non
soggettivo più specifi co, che è l’analisi di quello che
sta succedendo nelle Regioni non tanto sul passato
quanto in prospettiva.
Sui numeri sappiamo che la situazione della spesa
convenzionata è sotto controllo, noi abbiamo un
consumo dei farmaci in Italia che pur non essendo
basso in quantità lo è a valore, visto il taglio dei
prezzi. Meno sotto controllo è la spesa ospedaliera,
anche se sappiamo che il tetto è sottostimato se
consideriamo l’innovazione che c’è. Le Regioni
prime della classe sono sempre le stesse del nord,
con qualche eccezione: tengono sotto controllo
la spesa e tutto sommato con ottimi livelli di
appropriatezza. Viceversa nel sud, nonostante i
miglioramenti, ancora alcune Regioni sono indietro
e ci mettiamo anche il Lazio che fa più della metà
del disavanzo. Quello che esce dalla nostra ricerca
è che questa situazione è percepita anche a livello
locale. Sullo stato di attuazione delle politiche
farmaceutiche regionali, le virtuose concordano
di essere al 70-80%, mentre in quelle con piano di
rientro la percentuale è sul 50% circa. Le Regioni
concordano che la spesa farmaceutica abbia validi
sistemi di monitoraggio che funzionano meglio,
mentre tutte le Regioni faticano sul controllo della
specialistica e dispositivi medici: sci si concentra
sulla farmaceutica, più controllabile, mentre
manca la capacità di agire su altri settori.
Quanto pesa la spesa farmaceutica nei piani di rientro.
Ha senso pensare a un suo ulteriore ridimensionamento?
Ci sono altri strumenti per raggiungere l’obiettivo?
Nella ricerca è concorde l’affermazione che
la farmaceutica è importante in termini di
appropriatezza, quasi a signifi care che sarebbe
possibile un’ulteriore razionalizzazione. Credo
che indirettamente in tutte le Regioni ci sia
la percezione che attualmente c’è molta falsa
innovazione, manca il fi ltro, presumibilmente dalle
Agenzie nazionali rispetto a farmaci che arrivano
come innovativi, ma che in realtà poi non sono così
innovativi. I paradosso di questa risposta è che poi,
quando si chiedono quali siano gli strumenti che
sarebbero più utili, ci si aspetterebbe “un maggior
Health technology assessment (HTA)”, ma questo
non emerge. Anzi è vissuto come una sovrastruttura,
invece di qualcosa che possa funzionare.
C’è una diffi denza che si vede anche quando si parla
di criticità che si ha con le aziende fornitrici, ma
anche con le farmacie e, in molte Regioni, anche con
le associazioni pazienti. La sintesi che ne farei è che
c’è una sorta di autoreferenzialità. Ogni qualvolta
c’è un confl itto d’interesse, ovviamente c’è con
chi produce non solo per l’assistenza e anche per
profi tto, ma c’è confl ittualità anche con i pazienti
nella misura in cui vorrebbero qualunque tecnologia
senza doverne pagare il costo. Invece di trovare la
strada del coordinamento della mediazione degli
interessi, si tende a vivere questo contrasto come
una contrapposizione, distorcendo il ragionamento.
È vero che c’è da razionalizzare molto, ma è anche
vero che la spesa farmaceutica è bassa in Italia,
bassissima in alcune Regioni, meno bassa in altre, ma
tendenzialmente comunque bassa.
Ci sono dei modelli per superare queste criticità?
Non ci sono modelli precostituiti. C’è un
doppio passaggio da fare. Uno è culturale, per
comprendere che le politiche di welfare sono
diverse da quelle industriali. Oggi è abbastanza
chiaro che, a fronte di un spesa sanitaria bassa,
il problema non è più la spesa sanitaria, ma il Pil,
L’HTA è vissuto
come una
sovrastruttura
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16 SPECIALE GIUGNO 2012
cioè il denominatore del rapporto. Questo Paese,
se vuole crescere ha un disperato bisogno di
politiche industriali, quindi la politica del welfare
deve tener conto anche dell’impatto sulla politica
industriale. Questo fattore culturale è un fattore
macro da superare. Sono convinto che c’è una
larga parte di opinioni, soprattutto al di fuori del
Sistema Sanitario, che ritiene il SSN un carrozzone
burocratico ineffi ciente, cosa che non corrisponde
a verità. Viene assimilato alla burocrazia della
pubblica amministrazione, senza rendersi conto
che è un settore importante dal punto di vista
industriale, il terzo del Paese.
L’altro passaggio è la creazione di partnership
mirate. Una partnership generale, un tavolo di
concertazione sul SSN secondo me distorce quelli
che devono essere i ruoli. Ciò che invece va fatto
è mettere in agenda progetti specifi ci e su questo
creare partnership con le conferenze delle Regioni.
Un altro dato che vorrei citare della ricerca e
che mi ha colpito è che tra i molti strumenti di
politica economica che ricorrono, quasi per tutti
la sperimentazione clinica viene citata per ultima.
Quasi che la politica farmaceutica sia solo una
questione di controllo della spesa, senza rendersi
conto che una maggiore sperimentazione clinica
potrebbe essere un volano per l’intero settore.
Sono poche le Regioni in cui la collaborazione è
ottimale: solo Toscana e Lombardia, entrambe
virtuose, quasi a suggerire che virtuosità è anche in
partnership mirate su progetti di ricerca e sviluppo.
L’Italia si caratterizza per realtà frammentate e poco
omogenee. Il federalismo, secondo lei tende a bloccare o
potrebbe migliorare, sviluppare il Servizio Sanitario?
Il federalismo è una virtù: pensare di gestire un
SSN complesso a livello centrale è perdente da tutti
i punti di vista. Basta rifarsi anche al solo principio
di sussidiarietà per dire che il federalismo è una
virtù. Quello che esce dalla ricerca è che siamo
veramente a metà del guado. Quando abbiamo
chiesto ai nostri interlocutori quali strumenti
andassero gestiti a livello regionale e quali a quello
nazionale, la risposta è stata di unanime consenso
sulla necessità di un quadro generale da adattare
alle singole esigenze regionali poi, se andiamo a
vedere le percentuali, ci accorgiamo che non c’è
condivisione su nulla. Il paradosso è che le Regioni
del Sud, che procedono a rilento, sembrano essere
quelle che più mirano al decentramento, ma penso
si tatti di una fase più evolutiva. Anche nel Nord
c’è stata una stagione di grande passione per la
devolution, poi oggi la tendenza è più centralista.
Non so se la crisi accelererà o rallenterà il processo.
Da un lato la crisi accelera la ricerca di equilibri
anche nell’ambito del federalismo, dall’altro
quando si fanno riforme in momenti di scarsità di
risorse, tutto diventa più diffi cile. Il federalismo
sta andando avanti a stop and go. Siamo in riforma
da almeno dieci anni.
Anche lo slittamento del Patto della Salute va in
questo senso. Il problema del federalismo è una
questione anche culturale. Non è facile cambiare
pelle, soprattutto in Sanità dove il principio di
universalismo è stato sempre interpretato come
“tutto uguale a tutti”. Ora, uguale è un estremo
limite dell’equità, “uguale a tutti” signifi ca non
fare federalismo, sanità integrativa, non si fa nulla.
C’è bisogno di un’evoluzione quasi più politica che
tecnica. In realtà il meccanismo del cambiamento è
in corso, anche in Sicilia, dove il rientro non è stato
senza problemi, la Puglia si è mossa nella direzione
giusta, l’asse critico sembra essere fra Lazio Calabria
e Campania e il Molise. Qui i tempi sono maturi
perché qualcosa cambi anche sul lato dell’assistenza.
L’innovatività è una valida alternativa alla politica dei
tagli lineari?
La Sanità come altri settori del nostro Paese è tenuta
in scacco dalla sua inerzia, più che dei costi. Mi
risulta che Regioni che si sono dotate per tempo
di sistemi informativi abbiano fatto tutt’altro
che tagli lineari. Ad esempio non mi risulta che
Toscana, Emilia e Lombardia abbiano fatto tagli
lineari. È un po’ il cane che si morde la coda, chi
è fuori controllo lo è perché non ha la gestione
della situazione, per questo diventa schiavo della
fi nanza. L’innovatività è percepita come un fattore
critico di spesa e a volte di scarsa rispondenza alle
aspettative. Questo è pericoloso perché, dal punto di
vista della politica industriale, l’innovazione vera è
motore di profi tto e ulteriore ricerca e innovazione;
dal punto di vista assistenziale, se non sappiamo
distinguere una buona da una cattiva innovazione,
si creano ritardi e costi. L’Italia non si è mai voluta
schierare nell’applicazione degli strumenti che
servono alla valutazione economica di HTA. Da una
parte un problema è la trasparenza del processo
e dall’altro sono i tetti. Se i metodi di valutazione
devono rispondere soprattutto a una logica di tetti
di spesa, allora la valutazione economica è budget
impact, quindi bisogna decidere se la priorità sia la
crisi fi nanziaria. Io personalmente sono convinto
dai macronumeri che oggi la spesa pro-capite
per farmaci in Italia sia la più bassa della media
in Europa e, corretta per età, è molto più bassa.
Quando si esagera in questa differenza signifi ca che
si stanno violando delle logiche di mercato. Oggi la
priorità non è il rilancio. La strategia del Governo
tecnico c’è, ma non siamo usciti dalla crisi, siamo
ancora in emergenza e mancano alcune dimensioni
di rifl essione. Il contributo che il sanitario e il
sociale possono dare all’economia del Paese non è
valutato, ma speriamo che, come è accaduto per le
pensioni, sia presto considerato.
STUDIO––
Per crescere
servono politiche
industriali e
partnership
mirate su
progetti specifi ci
C’è bisogno di
un’evoluzione
più politica
che tecnica
17
Ottimizzazione del percorso del paziente oncologico candidato a intervento chirurgico
U.L.S.S. N° 20 di Verona, Ospedale “G. Fracastoro” S. Bonifacio.
Referente: Chiara Bovo, Direttore Sanitario
Nel corso del 2010 l’Azienda U.L.S.S. N° 20 di Verona ha individuato nella gestione
del percorso del paziente oncologico candidato ad intervento chirurgico una
potenziale area di miglioramento della performance del processo operatorio.
Azioni propostePer raggiungere tale obiettivo gli esperti hanno introdotto diverse soluzioni.
Tra queste: l’elaborazione di un sistema di pianifi cazione e controllo delle sale
operatorie; la progettazione e l’implementazione dei protocolli relativi al processo
operatorio dalla fase preliminare di preparazione del paziente, fi no alla dimissione
dal blocco operatorio. Per facilitare l’introduzione e l’integrazione delle nuove
pratiche sono state inoltre elaborati e divulgati specifi ci supporti informatici.
Risultati e impattoL’introduzione delle azioni proposte ha comportato un netto miglioramento delle
prestazioni fornite dalle sale operatorie, portando un deciso incremento del tasso di
utilizzo delle 9 sale operatorie, da un valore pari all’80% a un livello quasi di eccellenza
prossimo al 90%. Se nell’anno 2009 il blocco operatorio eseguiva 7.024 interventi, gli
effetti dell’implementazione del progetto hanno comportato un incremento prossimo
al 90%. Questo miglioramento corrisponde a un potenziale aumento della capacità
erogativa di 1.053 interventi, che, moltiplicati per il valore medio dei DRG di 3.500
euro, genererebbero un valore aggiuntivo potenziale di 3.687.600 euro/anno nei
prossimi anni. Tali azioni hanno portato, inoltre, a: riduzione dell’incidenza di eventi
avversi, eventi sentinella e near miss; migliore pianifi cazione delle liste operatorie;
riduzione dei tempi operatori e a molti altri benefi ci che potranno essere evidenziati
solamente nel corso degli anni, ma che sono tangibili già nei primi mesi.
Gestione del follow-up nel paziente oncologico
ASL CN2, Alba – Bra di Cuneo. Referente: Giovanni Monchiero, Direttore Generale
Nella normale gestione del percorso del paziente oncologico l’assenza di un
protocollo standardizzato o di un processo defi nito comporta una diffi cile e
dispendiosa programmazione delle risorse e una perdita costante delle informazioni
sui pazienti.
Attraverso una disamina del processo gli esperti hanno individuato la mancanza di
un sistema che consenta il follow-up del paziente oncologico: per il 40% dei pazienti,
dopo una prima visita specialistica, tutte le informazioni venivano perse,
generando un’elevata mobilità passiva e una costante diminuzione della qualità
percepita dal paziente.
Con la partnership fra Aziende sanitarie e farmaceutiche sono stati realizzati progetti per migliorare la gestione di processi diagnostico-terapeutici, ma anche di liste d’attesa o di carrelli in sala operatoria. A guadagnarne soprattutto il paziente, ma anche l’effi cienza e la spesa, che si riduce. Ecco alcuni esempi di buone pratiche.
BEST PRACTICE––
Esperienze Partnership Asl – Aziende Pharma
a cura della Redazione diAboutPharma and Medical Devices
Effi cienza dall’80
a quasi il 90%
18 SPECIALE GIUGNO 2012
L’obiettivo individuato dal team di esperti,
puntava a portare la percentuale dei pazienti
seguiti al follow-up dal 70 a circa il 100%.
Azioni proposteDall’analisi delle variabili che incidevano sul
percorso del paziente oncologico sono state
individuate diverse azioni di miglioramento che
puntavano a integrare le informazioni tra i diversi
attori del processo, a generare un follow-up del
paziente e un’ottimizzazione del percorso di cura.
Per generare queste azioni, il team dell’ASL 2
di Cuneo ha progettato un supporto software
di gestione in grado di far convergere tutte le
azioni di miglioramento individuate in un’unica
soluzione, semplifi cando il lavoro dei diversi attori
del percorso (strutture ospedaliere e MMG).
Risultati e impattoL’implementazione delle azioni ha permesso di
raggiungere una percentuale dei pazienti “persi”
inferiore al 10%. Queste implementazioni a regime
dovrebbero raggiungere uno standard di follow-up
prossimo al 99%, garantendo eccellenti prestazioni.
Ottimizzazione dell’effi cienza di gestione delle liste d’attesa in radiologia
ULSS 3, strutture Sanitarie di Bassano del Grappa e
Ospedale di Asiago (VI). Referente: Valerio Fabio Alberti,
Direttore Generale
L’effi cienza complessiva del processo di erogazione
di prestazioni radiologiche presso le Strutture
Sanitarie di Bassano del Grappa, è pari al 57%.
Il rimanente 43% delle prestazioni non è in linea
con la normativa Regionale (DGR 600/2007).
Ad esempio, la prestazione TAC con urgenza entro
60 giorni a Bassano nel 73% dei casi richiede tra
i 60 e i 200 giorni. Lo sforzo progettuale va nella
direzione di avvicinare il più possibile l’effi cienza
del servizio erogato ai pazienti al 100% in modo che
qualsiasi prestazione radiologica avvenga nei tempi
stabiliti dalla normativa vigente.
Obiettivi Nel settembre 2009 la Direzione Generale dell’ASL
di Bassano del Grappa ha chiesto a Eli Lilly Italia
S.p.A. di elaborare un progetto gestionale per
minimizzare le liste di attesa delle prestazioni
radiologiche erogate dall’Ospedale di Bassano del
Grappa e dall’Ospedale di Asiago, riconducendole
entro i limiti previsti dalla DGR 600/2007,
verifi cando l’adeguatezza delle risorse disponibili
e razionalizzando il ricorso a strutture esterne
attualmente impiegate in qualità di integratori
di offerta. La garanzia di livelli appropriati di
performance e di accesso alle prestazioni sanitarie
radiologiche comporta benefi ci sia per il paziente
(outcome sanitario) sia per l’Azienda Sanitaria
(riduzione degli sprechi: tempo, costi inutili).
MetodoLa complessità dell’analisi da condurre e la confusa
conoscenza delle cause alla radice del problema
delle liste di attesa hanno orientato la scelta
delle linee guida del progetto. L’intero intervento
progettuale poggia sulla metodologia Six Sigma,
che si basa su un approccio volto al raggiungimento
dell’eccellenza nei processi operativi. Concepito
inizialmente nel mondo industriale, oggi
viene utilizzato sia nei processi manifatturieri
sia nell’erogazione dei servizi. L’approccio
metodologico è stato quello classico denominato
“DMAIC” (Defi ne, Measure, Analyze, Improve, Control).
Il primo step è volto alla defi nizione quantitativa
del problema, per molti versi la fase più delicata
del progetto sia per le diffi coltà obiettive, che
per la necessità di identifi care con chiarezza fi n
dall’inizio la rotta da seguire (Defi ne). La seconda
fase (Measure) identifi ca quali variabili del problema
hanno maggiore impatto sulla performance del
processo. Nella fase successiva (Analyze), attraverso
l’uso della statistica descrittiva, viene confermata
la validità e il peso. La quarta fase (Improve) è
fi nalizzata a generare un piano d’azione specifi co.
La sostenibilità delle correzioni introdotte è
garantita dall’ultima fase (Control), che stabilisce i
criteri per mantenere nel tempo i risultati ottenuti.
RisultatiL’effi cienza del processo è stata defi nita in termini
di livello di compliance ai requisiti evidenziati dalla
DGR 600/2007 [Tabella 1].
Il modo più semplice è contabilizzare il numero
di prestazioni appropriate (con liste d’attesa entro
i limiti previsti dalla DGR 600/2007) rispetto
al numero di prestazioni totali. Considerato il
numero di prestazioni, siti, e tipologie di urgenza
da gestire, la valutazione dell’effi cienza allo stato
attuale si ottiene dalla media pesata dell’effi cienza
delle singole prestazioni, per le singole categorie di
urgenza e nei singoli siti. L’obiettivo del progetto
è sintetizzato nella ricerca ed implementazione
di azioni che portino l’effi cienza del processo il
più vicino possibile al 100%. È stata effettuata una
valutazione iniziale (dati di baseline) attraverso
la quale sono stati rilevati i tempi di attesa per
BEST PRACTICE––
Pazienti follow-up
dal 70 al 99%
19
tutte le prestazioni erogate negli anni 2009 –
2010. Attraverso l’applicazione della metodologia
Six Sigma, anche grazie all’impiego di tecniche
statistiche e software specifi ci (Analisi delle
distribuzioni statistiche; Analisi degli andamenti
nel tempo dei tempi di attesa; Analisi della
varianza generalizzata) è stato possibile identifi care
le cause che impattano sulla durata delle liste
d’attesa:
1) Organizzazione del lavoro
2) Capacità produttiva del servizio
3) Metodi di pianifi cazione
4) Stato della strumentazione
5) Corretta classifi cazione delle urgenze da parte
del Medico di famiglia (appropriatezza prescrittiva)
Nella fase di identifi cazione delle soluzioni
(IMPROVE) il team di progetto ha validato una serie
di azioni correttive che consentiranno, a regime,
di portare l’effi cienza del processo dal valore
attuale del 57% al 75%, valore minimo ottenibile
con l’implementazione completa delle soluzioni
strutturate dal team di progetto.
Il progetto “carrello mono intervento” per le sale operatorie
USL e Policlinico di Modena. Referente: Stefano Cencetti,
Direttore Generale
La Regione Emilia Romagna ha tra i suoi obiettivi
principali quello di migliorare il percorso del
paziente oncologico.
All’interno del percorso oncologico, la chirurgia
è da sempre considerata un passaggio cruciale.
L’effi cienza della gestione delle sale operatorie
è correlata alla riduzione del rischio clinico,
parametro importantissimo per la sicurezza del
paziente sottoposto ad intervento chirurgico.
Il Policlinico di Modena sviluppa il 70% della
propria attività chirurgica in oncologia e possiede
19 sale operatorie. Oggi l’infermiere, insieme
al ferrista, attrezza ciascuna sala operatoria.
Il Policlinico non è dotato di un carrello mono
intervento, ma di una serie di depositi satellite
dai quali gli operatori sanitari prelevano il
materiale per le sale operatorie. Non è presente un
controllo sistematico sull’uso dei materiali e delle
attrezzature, limitato oggi solo ai dispositivi ad alto
costo, con conseguente incremento dei rischi, costi
di gestione e tempi di preparazione.
Obiettivi Il progetto del carrello mono intervento prevede
obiettivi a breve termine riassumibili in:
• Migliorare le attuali performance della sala operatoria
• Migliorare i fl ussi di materiali
• Ridurre l’utilizzo di zone di stoccaggio di materiale ed attrezzature
• Ridurre i tempi di preparazione della sala operatoria
Questi obiettivi consentiranno di ottenere un
miglioramento dell’intero sistema, in un’ottica di
economia di scala che non esclude di estendere il
progetto a tutti gli altri interventi.
MetodoNel luglio 2010, nell’ottica di minimizzare il rischio
clinico e ridurre gli sprechi dell’intervento chirurgico,
la Direzione Generale del Policlinico di Modena
ha chiesto a Eli Lilly il supporto per la realizzazione
di uno studio di fattibilità relativo alla creazione
di un carrello mono intervento. Il carrello mono
intervento è stato realizzato per standardizzare il
“traffi co” nelle sale operatorie. Con “mono intervento”
si intende il carrello predisposto per una singola
tipologia di intervento. È stato proposto di elaborare
una nuova procedura di gestione dei fl ussi e dei
processi di preparazione delle sale operatorie
che dovranno essere standardizzati per tipologia
di intervento senza subire variazioni in relazione
all’equipe medica impegnata.
Risultati L’esito del lavoro è un nuovo modello di gestione
che prevede l’utilizzo di un carrello mono
intervento: il progetto, di carattere sperimentale, è
applicato al caso pilota degli interventi chirurgici
alla mammella. Attualmente, per eseguire gli
Tabella 1Classifi cazione urgenze secondo DRG.600/2007
Codice priorità Tempo di intervento Specifi ca dell’intervento
“U” “URGENTE” immediato Intervento immediato per situazioni ad alto rischio da trattare in emergenza
“B” “BREVE” 10 gg Prestazion da erogare per situazioni passibili di aggravamento in tempi brevi
“D” “DIFFERIBILE” 30 gg per visite60 gg per esami diagnostici
Prestazioni da erogare per verifi che cliniche programmabili e che non condizionano nell’immediato lo stato di salute
BEST PRACTICE––
Rischio clinico
-30%
Effi cienza dal
57 al 75%
20 SPECIALE GIUGNO 2012
interventi sulla mammella, il carrello contenente i
materiali è preparato da ciascun blocco operatorio.
La reingegnerizzazione di questo ambito
ha introdotto una serie di miglioramenti
come ad esempio la riduzione del 30% del
rischio clinico.
Diabete nei piccoli pazienti: PODIO, un portale a supporto della cura
Azienda Universitaria Ospedaliera Federico II - NAPOLI.
Referente: Giovanni Canfora, Direttore Generale
Per supportare i piccoli pazienti diabetici e le loro
famiglie nella cura quotidiana della malattia,
è stato istituito PODIO (Portale Orientato
Diabetologia Infantile Ospedaliera). Frutto
della collaborazione tra l’Azienda Ospedaliera
Universitaria “Federico II” e la Eli Lilly, fornisce
in modo personalizzato le informazioni e gli
strumenti per migliorare il percorso di cura del
paziente diabetico giovanile. PODIO rappresenta
una community a disposizione dei pazienti e delle
famiglie. Dialogando con un avatar, è possibile
comunicare direttamente con i medici, avere
accesso al primo soccorso, ricevere informazioni
sulle strutture del territorio sensibili alle esigenze
dei piccoli pazienti, quali scuole, palestre e
ristoranti. Le famiglie, inoltre, possono utilizzare
PODIO direttamente dal proprio computer
e dallo smartphone.
ProblemaLa gestione del paziente diabetico giovanile da parte
del Policlinico consiste nell’erogazione di una serie di
prestazioni mediche specialistiche, inclusi trattamenti
farmacologici a carico della farmacia ospedaliera.
Nel momento delle dimissioni dalla struttura
ospedaliera, al paziente viene associata una cartella
clinica cartacea riportante gli aspetti diagnostici e le
terapie proposte. In seguito il MMG valuta, conferma
o modifi ca la terapia, erogando richieste da utilizzare
presso le farmacie distrettuali. Nella prima fase di
verifi ca dei fabbisogni gli esperti hanno identifi cato
lacune e criticità a carico del processo di gestione del
paziente diabetico giovanile:
1. Assenza di un sistema di controllo delle
prescrizioni e verifi ca dell’erogato.
2. Assenza di una politica di gestione del paziente
diabetico giovanile integrata e condivisa tra i
diversi attori della fi liera sanitaria (specialisti,
Policlinico, MMG, medico scolastico, farmacie,
associazioni di pazienti).
3. Scarsa conoscenza dei protocolli di gestione dei
pazienti da parte dei MMG.
4. Scarsa sensibilità sociale e collaborazione da
parte di attori esterni al mondo sanitario;
5. Scarso livello di condivisione di protocolli
scientifi ci tra strutture
Le conseguenze più serie che gli specialisti del
Policlinico si trovano a gestire si concentrano
sulle liste di attesa e sul grande numero di visite e
consulenze inappropriate: si può stimare che ogni
anno ricevono 4.500 richieste inutili.
Obiettivo Il progetto PODIO ha l’obiettivo di migliorare
la gestione del paziente diabetico giovanile,
attraverso l’integrazione dei pediatri di libera
scelta e dei medici di medicina generale con
gli specialisti ospedalieri, semplifi cando ed
ottimizzando la terapia e l’assistenza. L’idea è
avviare processi innovativi nella Sanità campana,
utilizzando al meglio le nuove tecnologie, ponendo
al centro le esigenze dei pazienti e migliorando la
comunicazione tra specialisti dell’AOU e medici del
territorio. Si può stimare che ogni anno siano 4.500
le richieste che riguardano questa popolazione di
pazienti, che potrebbero essere evitate grazie a una
gestione più effi ciente ed effi cace del loro percorso
terapeutico. Ciò comporterebbe una maggior
benefi cio dell’assistito e del Sistema Sanitario
pubblico, oltre a un risparmio di risorse.
Il progetto ha l’obiettivo di ridurre questi accessi,
fi no ad eliminarli.
Metodo e azioniLe competenze tecniche, cliniche e scientifi che
dell’equipe medica sono state messe a disposizione
dei professionisti che hanno costruito il software.
Uno scambio di linguaggi indispensabile per creare
un prodotto agevole, user friendly ma nel contempo
effi cace ed effi ciente sotto il profi lo scientifi co. La
partnership tra Policlinico ed Eli Lilly è intervenuta
sulle criticità individuate in fase di analisi dei
fabbisogni attraverso:
• l’ottimizzazione dei meccanismi di feedback tra azione proposta dai MMG e gli specialisti ospedalieri;
BEST PRACTICE––
Patient Access card
21
• la semplifi cazione dell’accesso ripetuto ai farmaci per il paziente diabetico giovanile.
I principali output di progetto sono stati
aggregati su una piattaforma web che oggi
permette la condivisione di informazioni su
data server gestiti dal Policlinico, che supporta il
modello sperimentale innovativo di gestione del
paziente, permette l’individuazione di canali di
comunicazione conciliabili con tutte le condizioni
al contorno e i criteri di carattere normativo
(aspetti legati alla privacy, o alla prescrivibilità
dei farmaci), culturale (interazione tra specialisti,
MMG, medici scolastici) e di sostenibilità
pratica e organizzativa.
Risultato e impattoLa reingegnerizzazione del percorso del paziente
diabetico giovanile, a cui tende la completa
attuazione della piattaforma, consente oggi di
migliorare i processi assistenziali, comportando
una gestione integrata delle informazioni cliniche
e di follow up e una condivisione di queste tra
specialisti ospedalieri, MMG e altri medici esterni.
Ma anche e soprattutto introducendo strumenti
che, operando sulla condivisione e fruizione di
conoscenza, possono essere il solo strumento di
facilitazione dell’accesso al farmaco.
L’impatto più tangibile è atteso nel numero di visite
“inutili”, la cui riduzione è stimata nell’ordine
del 40%, con benefi ci concomitanti anche
sull’accessibilità ai farmaci dei pazienti. È attesa
una riduzione di 1.800 visite inutili dalle
attuali 4.500.
Attualmente i pazienti giovani (0-18 anni) gestiti
dal Policlinico sono 510 (Diabete tipo 1, Mody,
Diabete tipo 2, Disordini genetici, Malattie
mitocondriali, Malattie croniche con squilibri
glucidici, fi brosi cistica, iperplasia surrenale
congenita, ipercorticosurrenalismo), di cui 420
sottoposti a follow-up bi-trimestrale.
Tra gli obiettivi dell’implementazione c’è il
coinvolgimento del 50% dei pazienti gestiti nel
primo anno di attività.
Gestione del paziente cronico con diabete di tipo 2- Progetto PRITHA
Azienda Ulss 9 Treviso per pazienti di Treviso e Belluno.
Referente: Pierpaolo Faronato, Direttore Sanitario
Grazie al Progetto PRIHTA (Program for research,
Innovation, Health Tecnology and Assestment, fase 2)
esiste oggi un modello unico di diabetologia e
protocolli condivisi tra diabetologi delle Aziende
sanitarie e MMG con cui 40.000 pazienti delle
province di Treviso e Belluno con diabete di tipo 2
possono contare su percorsi dedicati e altamente
specialistici. Frutto di un percorso iniziato nel
2009 dall’U.O. di Malattie Metaboliche e Nutrizione
Clinica di Treviso, il progetto si è affermato a
livello regionale rendendo omogenei i trattamenti
clinici di 7 servizi diabetologici in 5 aziende
sanitarie (1 Belluno, 2 Feltre, 7 Pieve di Soligo,
8 Asolo, 9 Treviso).
Nell’U.O. di Malattie Metaboliche e Nutrizione
Clinica di Treviso, per riorganizzare e gestire il
lavoro sul paziente diabetico, sono stati creati
percorsi interni con ambulatori specializzati
nelle diverse criticità che interessano i pazienti.
È previsto: un ambulatorio per il piede diabetico
(in collaborazione con la Chirurgia vascolare,
l’Ortopedia e le Malattie Infettive) che coinvolge
anche il personale infermieristico e attua screening
nei pazienti che normalmente accedono per
visite di controllo.
Altri ambulatori sono dedicati ai pazienti diabetici
con complicazioni cardiovascolari e dislipidemia,
uno per gli affetti da patologia endocrinologica; un
altro per i pazienti con grave insuffi cienza renale o
in attesa di trapianto di fegato.
Infi ne, è stato attivato un ambulatorio per l’analisi
della retina (in collaborazione con l’U.O. di
oculistica), data l’elevata percentuale di patologie
retiniche conseguenti al diabete mellito.
Obiettivo di questi ambulatori è di offrire elevate
prestazioni e di ridurre le lista d’attesa negli
altri ambulatori specialistici. Vie preferenziali
sono, infi ne, state create con il Dipartimento di
Prevenzione (per incrementare l’abitudine ad
attuare attività fi sica con i “gruppi cammino”)
e in particolare con la Medicina dello Sport,
in cui vengono studiati pazienti con malattia
cardiovascolare di elevato grado, che verranno
inviati in palestre specializzate per attuare attività
fi sica strutturata.
Gli aspetti più signifi cativi del progetto sono
sintetizzabili in: ottimizzazione dell’attività
ambulatoriale con prenotazione tramite segreteria
centralizzata, che con il nuovo modello nell’ULSS
9 avviene per visite urgenti/prioritarie entro 24-72
ore mentre per prime visite non urgenti, controlli e
certifi cati al massimo entro 30-40 giorni; creazione
di protocolli condivisi specialistici con Medici di
Medicina Generale su step di terapia e modalità
di invio alla specialista e per il trattamento
dell’iperglicemia, con l’ottimizzazione del rapporto
tra ospedale e territorio e la riduzione delle
richieste di visite non congrue (420 in meno).
BEST PRACTICE––
420 visite
non congrue
risparmiate
Riduzione
del 40% di
visite inutili
22 SPECIALE GIUGNO 2012
Partnership Regioni e Aziende: un modello che funziona
a cura della Redazione diAboutPharma and Medical Devices
Un protocollo d’intesa per investire in ricerca clinica nelle ASL toscane
Intervento di Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana
In un contesto generale nel quale anche le aziende pharma vivono le tensioni originate
dalla crisi economica, la Regione Toscana ha segnato decisamente un passaggio
importante – pur nel quadro di una politica di contenimento della spesa farmaceutica
– nella direzione di costruire con le aziende – in particolare con quelle fortemente
presenti con insediamenti produttivi sul territorio toscano – rapporti di sistema su
obiettivi comuni per lo sviluppo di una ricerca di qualità.
Incentivare la relazione fra il sistema salute ed il sistema industriale e commerciale
(con particolare riferimento alle industrie chimico-farmaceutiche, biomedicali,
tecnologiche ed a tutte quelle ad alto impatto sulla migliore risposta di salute) ha,
infatti, costituito un passo signifi cativo per favorire lo sviluppo di sinergie controllate
che, pur assicurando priorità e vincoli del SSR, consentono ad oggi l’adozione di
programmi di ricerca cofi nanziati ed opportunamente regolamentati in termini
di sviluppo economico su tematiche di reciproco interesse ed impegno. Le Aziende
farmaceutiche apportano, infatti, un contributo fondamentale allo sviluppo del
settore delle biotecnologie e delle scienze della vita ed attribuiscono valore strategico
alle attività di R&S, migliorando i progetti di ricerca industriale e quelli di produzione
e commercializzazione dei farmaci e perseguendo la concentrazione a livello di aree
continentali dei processi di sintesi e di screening biologico e preclinico di nuove terapie
e la diffusione delle attività di studio in centri universitari ed ospedalieri di adeguata
qualifi cazione e di elevato livello scientifi co.
Già nel 2006, partì dall’Assessorato di cui allora ero responsabile l’idea di istituire una
sorta di patto, sancito da un protocollo di intesa (D.G.R. n. 788 del 30 ottobre 2006) tra
la Regione Toscana, che si impegnava a garantire un miglioramento dei processi
amministrativi e delle procedure di propria competenza per la sperimentazione
clinica, e le aziende farmaceutiche, che si impegnavano ad investire di più in
ricerca nelle strutture delle aziende sanitarie toscane, in programmi di ricerca di alto
profi lo presso i Centri Sperimentatori e in aree terapeutiche da individuarsi di concerto
con la Regione secondo un concordato piano di sperimentazioni cliniche.
Obiettivo fi nale comune ai soggetti fi rmatari, è sia lo sviluppo integrato di convergenze
e sinergie fra settore pubblico ed investitori privati che la promozione della crescita
economica e sociale delle comunità locali e delle imprese del territorio regionale.
Infatti la sfi da della competitività e dell’innovazione deve poter contare su un quadro
normativo ed economico certo e stabile che sostenga anche il tessuto imprenditoriale,
con forti potenzialità in questo caso di attrazione di risorse da parte delle case madri
per importanti insediamenti produttivi e di ricerca. Tale protocollo di intesa è stato
sottoscritto ad oggi da 10 aziende farmaceutiche: Boehringer Ingelheim Italia Spa.,
Eli Lilly Italia Spa., Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite Srl, Novartis Farma
Spa, Glaxosmithkline Spa, Sanofi -Aventis Spa, Amgen Dompe’ Spa, Abiogen Pharma
Spa, Astrazeneca Spa, Roche Spa. La Regione ha iniziato a esercitare una più intensa
azione di stimolo nei confronti delle aziende sanitarie attraverso incontri periodici,
monitorando a cadenza mensile i tempi di completamento delle procedure (parere del
comitato etico e defi nizione del contratto) e supportando alcune best pratices che nel
tempo si sono diffuse in tutto il territorio toscano. La collaborazione con le aziende
Centrale per la gestione della Sanità, la Regione è un interlocutore fondamentale per il mondo dei servizi e del Pharma. La partnership pubblico-privato tra SSR e aziende farmaceutiche è un modello di crescita sperimentato con successo in Toscana su obiettivi comuni per lo sviluppo di una ricerca di qualità. Il contributo di Enrico Rossi, Presidente di Regione Toscana e l’esperienza aziendale nelle parole di Patrik Jonsson, Presidente e AD di Lilly Italia.
EnricoRossi
TERRITORIO & PHARMA––
Un quadro
normativo certo
per investire
in R&S
23
private ha portato ad uno schema di contratto tipo
tra azienda sanitaria e imprese farmaceutiche
che, oggetto di periodiche revisioni, ha permesso
di dirimere questioni che spesso trovavano
interpretazioni differenti negli uffi ci legali di ambo le
parti, causando ritardi non indifferenti.
Il miglioramento dei rapporti e il clima di reciproca
fi ducia tra le parti, ha consentito poi lo sviluppo di
un intenso confronto su altre tematiche attinenti
le sperimentazioni cliniche: è emerso che, mentre
sul fronte delle capacità strettamente tecniche e
professionali dei centri sperimentatori le perfomances
erano di tutto rilievo, le imprese segnalavano la
necessità di migliorare alcuni processi gestionali
quali quelli legati all’arruolamento dei pazienti o alla
gestione dei dati in termini di qualità e tempestività.
Così come l’intervento diretto e una precisa
assunzione di responsabilità del vertice politico,
rappresentato dall’Assessorato, erano riusciti a
esercitare un impulso effi cace a livello di sistema
nel suo complesso, a livello delle aziende si è
ritenuto necessario coinvolgere direttamente i
vertici aziendali. Una delibera regionale (D.G.R.
n. 81 del 9 febbraio 2009) ha quindi stabilito che
in ogni azienda fosse individuata una fi gura di
vertice, referente e interfaccia con l’assessore sulle
sperimentazioni cliniche. Tale fi gura è denominata
“Facilitatore delle sperimentazioni cliniche”, e
il ruolo può essere ricoperto solo dal Direttore
Generale o dal Direttore Sanitario, in quanto
soggetti dotati della massima autorità e di adeguato
potere decisionale, i quali agiscono per tramite di
due fi xer aziendali che, appositamente formati,
hanno il compito di affi ancare il facilitatore nel
monitorare e gestire le sperimentazioni.
Il protocollo di intesa Regione Toscana – Imprese
Farmaceutiche si è rivelato uno strumento effi cace
per rendere più snelli e veloci i processi, oltre a
rappresentare un ottimo esempio di collaborazione
pubblico-privato. In nome della velocità e
dell’effi cienza non sono,comunque, mai venute
meno la serietà e la rigorosità con cui i Comitati
etici esaminano i protocolli di sperimentazione
clinica, continuando a costituire una solida garanzia
per le aspettative e la sicurezza dei soggetti in
sperimentazione. Ma la collaborazione pubblico-
privato non si ferma qui. Nel 2010 la Regione ha
promosso la costituzione di 5 distretti tecnologici,
tra i quali quello delle Scienze della Vita. L’obiettivo
è quello di attrarre nuovi investimenti produttivi e
di ricerca, favorire l’integrazione e le collaborazioni
tra le imprese e la rete delle eccellenze presenti nel
sistema della ricerca (università, CNR, altri istituti) e
valorizzare il “sistema di raccordo” già presente sul
territorio. Il Distretto Scienze della Vita è stato avviato
con l’insediamento del Comitato di Indirizzo e con la
nomina del Presidente, il dottor Rino Rappuoli.
Il Servizio Sanitario Regionale, presente nel Comitato
d’Indirizzo del Distretto, parteciperà attivamente
alla defi nizione delle strategie e delle attività, al
fi ne di inserire nella pratica clinica e assistenziale
le innovazioni prodotte. Defi nita la struttura di
governance, è stata intrapresa la fase operativa vera
e propria con la quale, sulla base del Programma
Strategico, saranno messi in pratica interventi e
azioni nel campo della ricerca, del trasferimento
tecnologico e della formazione. L’implementazione
del distretto, dunque, prevede l’utilizzo di
risorse regionali, nazionali e comunitarie per co-
fi nanziare progetti di ricerca preclinica e clinica ed
infrastrutture (facilities, laboratori) nei vari comparti
delle scienze della vita.
Ancora, nell’ambito della programmazione dei fondi
strutturali (POR CReO FESR 2007-2013 linea 1.1.c),
sono stati ammessi a fi nanziamento, per circa 33
mln, 27 progetti di ricerca industriale e sviluppo
sperimentale in materia di salute, condotti in
partenariato fra imprese (PMI e GI biotech e pharma)
e enti di ricerca (Università toscane e CNR).
I progetti, attualmente in corso, riguardano la ricerca
preclinica e clinica di farmaci e composti per la cura
di diverse patologie, dall’oncologia alla reumatologia,
dalle malattie orfane a quelle gastrointestinali. Tra
le iniziative fi nanziate: Faber, per la creazione di un
laboratorio congiunto pubblico-privato che si propone
di diventare una delle eccellenze nel panorama
italiano per lo studio preclinico di nuovi farmaci
broncodilatatori e antinfi ammatori per le malattie
respiratorie; Dekavil, per l’artrite reumatoide; Orione
per la creazione di terapie che consentano la cura di
patologie, quali quelle derivanti da infezioni causate
da ceppi batterici altamente resistenti, che hanno un
elevato costo sociale e per le quali, pertanto, esiste
un alto medical need; il progetto Pods, per la cura delle
malattie rare di origine plasmatica e il Biovax, per la
creazione di un vaccino universale contro
il meningococco B.
L’azienda partner per innovazione e sostenibilità
Intervento di Patrik Jonsson, Presidente e Ad di Lilly Italia
La Sanità pubblica, sempre più protagonista di
dibattiti e confronti, è oggetto, nel nostro Paese,
di una crescente attenzione da parte delle forze
politiche di ogni schieramento e dei decisori
pubblici a tutti i livelli, spesso in primo piano
perché è una delle più importanti voci di spesa e
ancor più lo sarà in futuro.
La rifl essione che abbiamo fatto, però, non si è
fermata alla presa d’atto che il sistema sanitario
è centrale tanto quanto la sua sostenibilità, siamo
Patrik Jonsson
TERRITORIO & PHARMA––
In corso progetti
di ricerca
preclinica e
clinica
24 SPECIALE GIUGNO 2012
andati oltre, interrogandoci su quale ruolo esso
giochi all’interno dell’apparato economico generale:
è la forza motrice oppure il vagone di coda della
nostro sistema produttivo? Il SSN può rappresentare
il volano di crescita per il Paese? Noi pensiamo di si,
crediamo, infatti, che sia un forza motrice non solo
anticiclica ma anche, e soprattutto, elemento che
con una corretta gestione e una politica di sostegno
all’innovazione possa generare prodotto interno
lordo (Pil). Esistono diversi motivi per guardare
alla Sanità come ad un fattore di crescita, sia nel
breve che nel lungo periodo, un buono stato di
salute, infatti, può: aumentare il tempo disponibile
per il lavoro favorire la produttività, migliorare le
aspettative di vita, quindi permettere di raggiungere
livelli di istruzione della popolazione più elevati.
Così cresce lo stock di capitale umano. Va poi
considerato il ruolo fondamentale della spesa in
ricerca e sviluppo, su cui il settore in cui Lilly
opera si basa saldamente, e come tale divisione
rappresenti un formidabile volano per l’intera
economia, oltre ad avere un forte impatto
sull’offerta di lavoro.
Tuttavia, in tempi di crisi, a causa della congiuntura
internazionale decisamente poco favorevole e di
un’infl azione molto elevata, la Sanità nazionale
e regionale vive un periodo di grossa diffi coltà e
i numeri parlano chiaro: le Regioni sottoposte a
piano di rientro sono otto e ogni lavoratore fi nanzia
la spesa pubblica sanitaria, quella destinata alle
pensioni e ai costi degli over 65, con un contributo
che oggi equivale al 52,6% del Pil pro-capite e
nel 2050 salirà al 62,3%. Il carico economico che
grava su ogni occupato è frutto di un trend storico
sistematico: negli ultimi 50 anni l’incidenza
della spesa sanitaria sul nostro prodotto interno
lordo nazionale è almeno raddoppiata non c’è
alcun dato che faccia pensare che l’allungamento
progressivo della vita possa portare a una riduzione
o stabilizzazione, e continuerà a crescere fi no a
duplicarsi nell’arco dei prossimi decenni. Il risultato
è che, se oggi copriamo il 75% della spesa pubblica,
nel 2050 con lo stessa percentuale di Pil ne
potremo coprire solo il 50% e per allora l’incidenza
dell’assistenza sanitaria pubblica raggiungerà quella
per l’erogazione delle pensioni (nel lungo periodo
stabilizzata attorno al 14%).
Nell’ultimo mezzo secolo, l’incidenza sul Pil
della spesa sanitaria (sia pubblica che privata) è
aumentata almeno del doppio, non solo in Italia,
ma in tutti Paesi a economia e welfare sviluppati.
Operando in questo scenario, un’azienda
farmaceutica come la nostra deve essere
consapevole di muoversi in un sistema molto
complesso e sfi dante e, come prima cosa, deve
compiere una scelta strategica importante:
essere parte del problema o parte della
soluzione? Lilly ha fatto la sua valutazione: vuole
essere parte della soluzione e ambisce prima di
tutto ad essere riconosciuta come partner affi dabile
dalle Istituzioni. La logica che abbiamo adottato
ormai da diversi anni è di porci nei confronti
della Sanità pubblica non più come azienda
semplicemente fi nanziatrice, bensì come un vero
e proprio interlocutore qualifi cato, mettendo
a disposizione la nostra esperienza e le nostre
conoscenze, acquisite nell’arco degli oltre
135 nei quali abbiamo operato nelle maggiori
aree terapeutiche.
Lilly crede fermamente nel valore della creazione
di una rete di eccellenza integrata e recettiva, a
benefi cio dei pazienti e del SSN, attraverso il dialogo
ed il coinvolgimento di cittadini, di comunità
scientifi che. Per favorire un ascolto attivo fi nalizzato
ad una migliore comprensione dei bisogni in
evoluzione, in un contesto contraddistinto da una
sempre maggiore complessità ed estensione dei
confi ni del sistema salute e dello stesso concetto
di Sanità, Lilly ha attivato al suo interno una
struttura dedicata alla partnership con la Pubblica
Amministrazione. La nostra risposta vuole essere
l’evoluzione da un approccio di semplice accesso
alle terapie a uno di creazione di reale valore per
i propri clienti e, indirettamente, per il Sistema
complessivamente considerato. Il cliente, per
un’azienda come la nostra, non può più identifi carsi
con il solo medico bensì anche e soprattutto con chi
sostiene i costi economici e organizzativi necessari
per soddisfare i bisogni di salute del paziente.
Il valore da offrire, dunque, non può essere solo
quello terapeutico offerto dai propri farmaci,
ma deve comprendere il contributo che l’azienda
può dare alle complesse esigenze del sistema,
collaborando e prendendo in carico un ruolo da
protagonista nella partita per salvaguardare la
sostenibilità del SSN.
Da diversi anni Lilly ha lanciato un approccio
alternativo per collaborare con i clienti: mettiamo
a disposizione il nostro know how per supportare
progetti che, pur nella grande varietà di ambiti e
dislocazione geografi ca sul territorio, hanno tutti
tre principi ispiratori fondanti e imprescindibili:
conducono a un miglioramento concreto del
servizio sanitario, lasciano invariati i costi per il
sistema, danno maggiore certezza del percorso
diagnostico e assistenziale per il paziente.
Attraverso un dialogo aperto, etico e trasparente
Lilly si pone l’obiettivo di elaborare e proporre
programmi di collaborazione che rispondano ai
bisogni espressi, e talvolta ancora inespressi, dei
singoli pazienti e che siano fi nalizzati a migliorare
l’effi cienza complessiva del Sistema Sanitario.
(fonte dei dati citati: Federalismo e Sostenibilità del SSN, novembre 2011. CERM).
TERRITORIO & PHARMA––
L’azienda può dare
un contributo
alla sostenibilità
del SSN