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I Quaderni del Teatro Persiani di Eschilo traduzione di Monica Centanni diretto da Antonio Calenda in collaborazione con Istituto Nazionale del Dramma Antico Fondazione Onlus

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I Quaderni del Teatro

Persiani

di Eschilotraduzione di Monica Centanni

diretto da Antonio Calenda

in collaborazione conIstituto Nazionale

del Dramma AnticoFondazione Onlus

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I Quaderni del Teatro

volume n. 75

a cura di Stefano Curti

e Ilaria Lucari

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Persiani

diretto da Antonio Calenda

di Eschilo

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ARES, LA GUERRA

Eschilo era un guerriero.

Maratona e Salamina, le battaglie in cui la Grecia

aveva imprevedibilmente vinto sullo stermina-

to esercito degli invasori Persiani, ricacciando i

nemici in Asia, erano state il teatro in cui Eschilo

aveva dato prova di un valore destinato a essere

ricordato nel tempo.

Per la sua tomba il poeta compose un epitaffio in

cui ricordava soltanto le sue gesta sul campo di

Maratona. Eschilo, il guerriero, affida il ricordo

di sé alla gloria militare, non alla gloria poetica:

i posteri dovranno ricordare che il suo nome è il

nome di un combattente valoroso.

I Persiani vengono portati in scena nel 472 a.C.

Sono passati solo otto anni da quando i “barba-

ri” occuparono l’Acropoli di Atene e bruciarono

i templi, costringendo gli Ateniesi a evacuare la

città. Tutti gli spettatori ateniesi hanno ben vivo

il ricordo di quegli eventi: sullo sfondo del teatro

di Dioniso, sotto l’Acropoli, le macerie dei tem-

pli portano ancora i segni dell’incendio e della

profanazione. Senza le vittorie di Maratona, di

Salamina e poi di Platea, Atene non sarebbe esi-

stita e tutta la Grecia sarebbe divenuta una satra-

pia persiana, annessa come provincia d’Occidente

all’immenso impero achemenide.

Eschilo mette in scena la guerra scegliendo, fra le

battaglie che segnano la luminosa serie di successi

dei greci, l’episodio militare in cui Atene giocò

un ruolo determinante: la battaglia navale di

Salamina. La tragedia mira a ribadire la necessità

geopolitica di un confinamento continentale del

potere persiano: una limitazione che lascia spazio

all’egemonia sul mare che Atene si riserva. Come

icasticamente racconta il Messaggero in scena

descrivendo la battaglia, le navi persiane sono

numerosissime ma ingombranti, pesanti e impac-

ciate, mentre Atene con la sua piccola e agile flot-

ta, con le sue navi leggere dalle manovre svelte ed

eleganti, sa danzare sul mare.

Gli spettatori – Greci e Ateniesi - che hanno sof-

ferto la pena, i lutti, il terrore dell’invasione, sono

chiamati a piangere con il nemico, per le sue pene

e per i suoi lutti: a compiangere la sua sconfitta.

Se dunque lo spettatore ateniese partecipa al

dramma riconoscendosi nella parte dei vincitori,

il gioco drammatico prevede però la partecipazio-

ne del pubblico alle emozioni di una scena che è

tutta persiana, così come tutto persiano è il punto

di vista dei personaggi che in scena agiscono e

patiscono. L’identificazione con gli “Ateniesi”

vincitori di Salamina non può procurare al pub-

blico un compiacimento univoco perché si intrec-

cia con lo strazio dei vinti: il poeta dà forma al

difficile esercizio di mettersi nei panni del nemico,

di soffrire con lui e per lui. La proiezione in scena

di questa prospettiva capovolta mette in crisi,

minaccia, l’identità nazionale ellenica consolidata

dai recenti successi bellici.

Il poeta che è stato in guerra si è scontrato fisica-

mente con il nemico, ha visto l’”altro” da vicino e

ora intende rappresentare l’alterità che ha cono-

sciuto per differenza e per analogia.

Per differenza, prima. Il “nemico”, promosso

nella scena tragica al rango di protagonista, finge

di parlare greco ma proclama valori opposti a

quelli su cui la Grecia sta definendo, per diffe-

renza appunto, il proprio profilo politico e cul-

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di Monica CentanniRappresentare Atene

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turale. Il numero e l’oro contrapposti alla pover-

tà di risorse riscattata dalla virtù individuale e

dalla responsabilità collettiva; l’atteggiamento di

subordinazione dei sudditi di fronte a un sovra-

no assoluto che non deve rispondere a nessuno

contrapposto al valore individuale e corale di

un popolo che tale si riconosce in quanto è un

popolo libero, composto di soggetti tenuti tutti,

fino ai più alti ruoli del potere, a dare conto delle

proprie scelte, a rispondere alla città e, nel caso,

a pagarne il prezzo. I barbari – tutti sudditi del

Gran Re - riconoscono l’autorità suprema della

persona regale, legittimata nel suo ruolo da una

diretta investitura divina: una figura del potere

venerata e indiscussa che gode di una garanzia di

fondatezza che in Grecia è sconosciuta. Eppure

nel dramma di Eschilo il Re non è soltanto figu-

ra indiscutibile e assoluta. Serse, contrariamente

all’immagine consegnata dalle fonti storiogra-

fiche, è nella tragedia figura umanissima: figlio

frustrato dai successi di Dario, che si vergogna di

essere umiliato davanti al padre; giovane impul-

sivo mal consigliato; re che piange per il suo

popolo; figura della maestà che pure esibisce, nel

finale del dramma, una veste regale stracciata, a

brandelli. Un tema centrale nei Persiani è l’onore

della veste. Già la prima rappresentazione della

relazione tra Persia ed Ellade è il contrasto, che la

Regina vede in un sogno allegorico, tra “Persia”

che esibisce una veste sontuosa ed “Ellade” che

porta un «abito dorico», semplice e severo. Il

vecchio re Dario, apparso come fantasma, porta

in scena l’abito perfetto della regalità – dalla

tiara ai preziosi calzari -, l’esoscheletro simboli-

co del corpo del Re. Ma l’evocazione dell’Ombra

di Dario compromette la possibilità di un’altra

apparizione di figura regale e il nuovo re Serse

non potrà più sostenere la maschera della per-

fetta maestà. Serse arriva in scena e tra le vesti a

brandelli si vedono le carni del suo corpo nudo:

il contrasto simbolico è fortissimo e il confron-

to, ancora perdente per Serse, è tra il fasto della

veste del padre e la nudità del figlio che quella

veste non ha saputo preservare. Nel finale della

tragedia, a siglare la sconfitta simbolica della

regalità persiana, la Regina che pure aveva pro-

messo che avrebbe portato nuove vesti al figlio,

non è più in grado di rivestire il re: altre vesti non

sono disponibili e la Regina scompare dalla scena

(smentendo la promessa e senza spiegazioni) per

evanescenza della sua funzione. Il corpo di Serse

resta nudo, privo di forma: era la veste – il decoro

del ruolo – che garantiva la fluidità del passaggio

dei poteri dal vecchio al nuovo re.

La centralità del tema della veste, e la questione

della degradazione della maestà regale, ci ricor-

dano ancora che il dramma è tutto persiano.

Nei Persiani è di scena l’estranietà di un oriz-

zonte di valori alieno: ma il poeta rappresenta il

nemico anche per approssimazione e per analogia

e sottolinea e ribadisce la parentela mitica che

vincola i “Barbari” ai “Greci”. Il coro dei Fedeli

ricorda nel suo canto che Perses, capostipite della

gente persiana, discende da Perseo e dall’argiva

Danae, fecondata dalla pioggia d’oro di Zeus:

l’oro che è attribuito proprio dal fasto barbarico

è anche il seme che unisce, miticamente, Greci

e Persiani. Così anche nel sogno allegorico della

Regina “Persia” ed “Ellade”, che pure portano

vesti differenti e hanno un carattere molto diver-

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so – docile l’una, ribelle e indipendente l’altra -,

sono sorelle di sangue.

Il poeta tragico utilizza drammaturgicamente il

pretesto dell’alterità come pregiudizio da verifi-

care, come nodo da sciogliere, e nello sviluppo del

dramma si scopre, tragicamente, che l’altro non è

mai assolutamente estraneo.

Il poeta ha avuto l’opportunità di misurare nel

corpo a corpo quanto il nemico sia diverso dal

nemico che gli si para di fronte, ma ha visto

anche quanto il guerriero sia fratello dell’altro

guerriero con cui si scontra: il poeta, che è stato

sul campo di battaglia, filtra e rappresenta i sen-

timenti di identità e di estraneità relativizzandone

le definizioni.

A un certo punto nei Persiani entra in scena un

Messaggero, giunto dalla lontana Salamina fino

alla reggia di Susa per portare alla Regina notizia

del disastro.

Dapprima nelle parole del messo gli spettatori

avvertono riflesso in scena, nello specchio ribal-

tato della ricezione del nemico, il loro proprio

sentimento di orgoglio. Atene, la piccola città

di cui la Regina, madre di Serse e signora di un

impero sconfinato, non conosce neppure il nome,

è riuscita nell’impresa impossibile di sbaragliare

l’esercito persiano, infinitamente più numeroso.

Il racconto dell’inizio della battaglia di Salamina

– l’appello al valore che si alza forte dal fronte dei

Greci, il canto sacro che saluta l’inizio dello scon-

tro - fa certo fremere di emozione patriottica il

pubblico ateniese: appena sotto il velo della reto-

rica nemica del Messaggero, si scorge malcelato

il vanto di avere difeso la propria libertà sconfig-

gendo l’esercito più potente del mondo.

Risulta dalle fonti antiche che i tragediografi nel

V secolo usassero intervenire anche come attori

nei loro drammi: è verosimile che il poeta-regista

non affidasse a se stesso le parti principali (la Vita

di Eschilo, ad esempio, riporta i nomi di Oleandro

e Tinnisco come attori eschilei), ma si riservasse

ruoli secondari. Il Messaggero dei Persiani pre-

sentandosi afferma che era a Salamina e quindi

può raccontare cosa è successo: probabilmente

è Eschilo che, in veste di messo, si presenta di

fronte al pubblico dei suoi concittadini. E subi-

to, fra gli accenti edificanti che fanno risuonare

l’eco del valore dei Greci, subentrano altre note. Il

Messaggero parla: parla di sangue e di massacri,

del mare fiorito di cadaveri, dell’acqua rossa per

la mattanza, di corpi buttati sulle rive a esalare

l’ultimo respiro, di relitti di navi che galleggiano

su una distesa di morte. Chi era sul campo della

battaglia, chi, come Eschilo a Salamina e prima

a Maratona, ha visto cadere il compagno, ha

visto morire combattendo al suo fianco il fratello,

se parla della guerra conserva negli occhi, nella

mente, nel corpo e nella voce, il ricordo dei suoi

orrori.

Al fronte il guerriero ha imparato che la pena e il

dolore sono comuni a chi vince e a chi è vinto. La

guerra – canta il coro nei Persiani – è un affron-

to alla vita civile: rapisce gli uomini dalle città e

dalle case; lascia le donne prive dei loro uomini

a piangere nei letti vuoti. La guerra contende

energie all’amore: l’impeto del maschio, la furia

erotica sono convertiti in virile, distruttivo, furore

guerriero. Eschilo compone il disastro e l’orrore

della guerra nella forma della rappresentazione:

dà voce e memoria a quegli eventi, cogliendone il

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senso profondo, valido per sempre, in ogni luogo,

per ogni guerra.

A un altro messo, nel teatro di Dioniso, Eschilo fa

raccontare la guerra e questa volta è un soldato

che torna in patria da vincitore: l’Araldo che nel-

l’Agamennone annuncia la presa di Troia e l’im-

minente ritorno del re. E della guerra – sebbene

si tratti di una guerra vinta - il reduce racconta di

nuovo le miserie e le pene. Non la luce e l’eroismo

della battaglia, ma il buio e la paura della notte

ricorda il guerriero: le notti sulle navi da guerra,

la panca stretta e dura su cui dormire; le notti

al campo, il freddo e l’umido della terra dove

stanno buttati a dormire i soldati – come bestie

esposte alle intemperie, i capelli ispidi di sporco

e di gelo. E poi la prima notte dopo la conquista:

come bestie i guerrieri vagano a caccia di bottino,

ma prima cercano cibo e un tetto; come bestie i

vincitori cercano un rifugio nelle case dei vinti.

Questo il primo bottino, il più agognato: un posto

al coperto, un letto in cui dormire finalmente una

notte serena. I dettagli realistici denunciano che è

ancora Eschilo, per bocca del Messaggero acheo,

che racconta la sua guerra.

Nel teatro di Dioniso si mescolano, si corrispon-

dono in cattiva armonia, le emozioni e le voci

dei vinti: nelle Coefore, in controcanto all’Araldo

dell’Agamennone, il coro delle prigioniere troiane

ricorda – ricorda, non racconta - quella stessa

notte in cui Troia fu conquistata, e in scena è

ancora il pathos dei vinti. Le donne ricordano e

intanto tramano la loro propria vendetta: ricor-

dano di quando il guerriero le strappò dal letto

nuziale, ricordano di aver subito un’offesa che

nessuna acqua al mondo potrà lavare. Anche le

fanciulle tebane nei Sette contro Tebe, paventan-

do nei loro incubi la conquista della città, evocano

i vagiti dei lattanti sporchi di sangue, immaginano

l’oltraggio delle donne trascinate via per i capelli,

come cavalle, dalle loro stanze. La guerra, che

contende all’amore il corpo dell’amante, profana

stanza e letto, i luoghi dove l’amore si consuma.

La gloria del poeta è affidata alle opere, ai versi

delle tragedie che rimarranno, resistenti all’usura

del tempo più del bronzo, più del marmo delle

statue. Se Eschilo vuole essere ricordato come

guerriero, gli ultimi versi che il poeta fa incidere

come memorabile epitaffio ricordando Maratona

fanno brillare però ancora una volta la luce della

perla di sapienza che compare come una cifra

in tutti i suoi drammi: la conoscenza si acqui-

sta a prezzo di vero dolore. È l’esperienza fisica

– corpo, nervi e memoria - del combattente di

Maratona e di Salamina che dà carne e vita alla

poesia. (...)

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DIONISO, LA RAPPRESENTAZIONE

Eschilo inventa una rappresentazione di Atene.

I precedenti del genere tragico – la leggendaria

attività di Tespi, i drammi di Frinico, i ditirambi

– costituiscono certo lo sfondo indispensabile per

capire il senso e la portata dell’invenzione eschi-

lea. Ma più che la continuità con la tradizione è

interessante sottolineare l’innovazione che Eschilo

opera sul genere.

La tragedia attica, nella forma in cui la conoscia-

mo, nasce nel momento in cui «Eschilo introdusse

il secondo attore e portò in primo piano il dia-

logo» (Aristotele, Poetica, 49 a 16): ovvero nel

momento in cui viene meno l’alternanza secca

tra il canto del coro e la voce del solista corifeo,

e quindi s’interrompe la necessità del dialogo tra

il coro e l’attore. Solo con Eschilo si instaura la

possibilità di un dialogo non mediato tra attore

e attore, che elude la relazione con il coro: senza

l’introduzione del secondo attore il dialogo tra

Prometeo e Oceano, tra Oreste ed Elettra, tra

Oreste e Clitemnestra, non sarebbe stato possibi-

le.

La preminenza della forma dialogica – dunque

– è la grande innovazione eschilea che fonda

il presupposto per la successiva evoluzione del

genere tragico.

(…) Materia delle opere di Eschilo sono eventi

– mitici o storici – scelti tra quelli che risulta-

no consonanti con i temi che agitano la politica

estera e interna di Atene: all’epoca in cui il poeta

compone le sue opere, lo scontro con i barbari da

un lato e, dall’altro, la rivoluzione istituzionale

che si perfeziona con Efialte e Pericle.

Il fatto che i Persiani trattino direttamente di un

evento storico recente mentre le altre tragedie

prendono spunto da materiali mitologici appare

come un’anomalia solo in una prospettiva lontana

rispetto a quella in cui agiscono e comunicano a

Eschilo e il suo pubblico: il mythos da cui il trage-

diografo dipana il dramma ha – come caratteristi-

ca necessaria e sufficiente – il dato di essere noto

agli spettatori, parte integrante del loro patrimo-

nio di conoscenze. Le guerre persiane sono un

evento di cui viene immediatamente colta la por-

tata epocale: tutti sanno che Serse è arrivato fino

nel cuore della città, fino a incendiare l’Acropoli;

tutti sanno che un esercito potentissimo è stato

sconfitto da un pugno di navi a Salamina, da

un pugno di uomini a Maratona e a Platea (una

riprova e contrario sta nel fatto che la Regina

nei Persiani non ha un nome proprio, perché non

tutti sanno, come ci testimonia Erodoto, che la

il Teatro di Dioniso,

sull’Acropoli Atene

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12 madre di Serse si chiamava Atossa).

Come la polis è una nave in cui tutti i cittadini

sono impegnati a fare da equipaggio, così il teatro

è una macchina in cui gli spettatori sono una com-

ponente essenziale e attiva della rappresentazione.

Alla tragedia, in particolar modo alla tragedia

di Eschilo, lo spettatore-cittadino non dedica un

tempo libero distratto dalla realtà, ma un tempo

superlativamente impegnato, tenuto libero dalle

necessità quotidiane per partecipare a un evento

in cui la realtà sia degnamente rappresentata.

(…) Il tessuto continuo del mito si strappa in

frammenti che prendono forma drammatica: la

tragedia nasce dunque da un distacco dall’origina-

ria rappresentazione rituale. A un certo momento

si interrompe la litania corale sulla nascita di

Dioniso e sui divini pathemata: una voce – il

corifeo che dialoga con il coro, poi il Messaggero

che porta l’annuncio di un evento – interrompe

il canto. In scena accade qualcosa: succedono e

si succedono eventi, e questo accadere non è più

rito, è già dramma. Il moto degli eventi rompe la

ripetitività del modulo sempre uguale a sè stesso;

idion, proprio della tragedia – dice Aristotele – è

l’avvilupparsi e poi il districarsi della trama: è il

suo essere imitazione di una «azione» (Poetica, 49

b-50 a). Ciò che era rito diventa teatro: il poietes

ha inventato un altro modo del fare poetico, un

modo – l’azione drammatica – che porta nello

spazio scenico l’accadere e che presuppone che,

ai mutamenti di questo accadere, partecipi attiva-

mente un pubblico.

L’attrezzo essenziale della rappresentazione è la

maschera dionisiaca che allude alla complicità

nella finzione fra spettatori, coro e attori: il postu-

lato è la simulazione per cui l’hypokrites si finge

un altro e lo spettatore è complice della sua finzio-

ne. E tutti – attori e pubblico – fingono di credere

che in questo spazio, in questo luogo, qualcosa

accada. La poesia drammatica, che fonda i suoi

presupposti sul principio di imitazione, richiede,

evoca e provoca il theatron – il luogo da cui si

guarda lo spettacolo – come sponda complice del-

l’azione. Gli spettatori, che stanno al gioco della

finzione e così acconsentono alla condensazione in

scena di una nuova realtà, ricevono dal dramma

una forte mobilitazione di emozioni: attraverso il

pathos rappresentato si procurano sfogo, libera-

zione e conoscenza.

Aristotele, dunque, accoglie l’analisi platonica sul

carattere imitativo della poesia (che in Platone era

oggetto di una valutazione nettamente negativa)

ma ne ribalta le conclusioni. La poesia è essenzial-

mente rappresentazione, e si ottiene combinando

le facoltà – eminentemente umane – imitativa e

immaginativa (Poetica, 48 b 5): la poesia è mime-

si che mira a rappresentare la realtà, fingendola.

Non solo la tendenza mimetica non è quindi per-

versa né straniante rispetto a un presupposto di

“verità”, ma è una funzione specifica e connatu-

rata all’uomo e soprattutto a quelli fra gli uomini

che sono capaci di fare, di costruire con la materia

dell’immaginazione: i poeti.

Tutti i poeti imitano, dunque: e imitano gesti,

colori, idee, figure, passioni. I poeti drammatici, a

differenza degli altri artisti, mettono le immagini

in movimento. I primi abbozzi di movimento sono

già insiti nella struttura degli originari canti dio-

nisiaci. Ditirambi, threnoi, komoi, canti satirici:

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13in tutte le tipologie di canti cultuali troviamo – in

nuce – la struttura della parodo. Il coro “arriva in

scena”, entra, si presenta. E già questo arrivo è il

primo evento. Il canto più strettamente dionisia-

co – il ditirambo – prenderebbe nome, secondo

un’etimologia ricostruibile dalle fonti tardo-anti-

che, proprio dalla doppia porta che consentiva

l’entrata e l’uscita orchestrica del coro. Dopo

l’entrata scenica il primo snodo di articolazione

del dramma sta già nella composizione del canto

strofico: l’alternanza metrico-ritmica di strofe e

antistrofe, le evoluzioni coreutiche simmetriche,

l’alternanza moto/quiete, canto/parola, rompo-

no l’unità e conformano un ritmo, una forma in

movimento. La costituzione formale del dram-

ma tragico a cui Eschilo concorre potentemente

altro non è che l’invenzione di forme di evoluzio-

ne diversificate, un’articolazione progressiva di

movimenti.

Il mito di per sé è un nucleo di racconto contratto

e in sé concluso. Tutta la trama dell’Agamennone

sta in pochi versi di Omero (Odissea, XI, 409

sgg., Agamennone a Odisseo: «Egisto ha tramato

la mia morte insieme alla mia sposa malvagia»);

tutta la trama dei Persiani sta nella formula lapi-

daria di un dispaccio bellico («I Persiani sono

stati sconfitti»). Il poeta sa, per mestiere, che il

mondo è dicibile solo mediante la rappresenta-

zione. Il drammaturgo sa che la rappresentazione

è, innanzi tutto, l’invenzione di un movimento:

Eschilo raccoglie il frammento – il lacerto del

mito – e lo ricompone, ne distende la materia

facendo accadere in scena eventi in sequenza.

L’invenzione della poesia drammatica consiste

all’origine nell’assunzione di alcune coordinate

fondamentali del teatro rituale: la rappresenta-

zione dell’opera in uno spazio apposito, l’agorà,

e in seguito l’edificio costruito appositamente che

prende nome dalla “platea” dell’agorà, il thea-

tron; l’introduzione di un tempo assoluto contras-

segnato da una sua propria velocità e da un suo

proprio ritmo, distinti rispetto alla velocità e al

ritmo del tempo “normale”; la dipendenza da un

repertorio di storie – i miti.

Ma le coordinate che il teatro poetico condi-

vide con il teatro liturgico – sospensione della

dimensione spazio-temporale consueta e reper-

torio mitico – vengono nella tragedia del tutto

stravolte. Il tempo in cui il drama sviluppa il suo

corso non è il tempo del rito, in cui tutto avviene

“come sempre”, per ripetizione ciclica. Il dramma

inaugura un tempo parallelo al tempo “normale”

che però, come il tempo normale, prevede acca-

dimenti: inizio, durata, sviluppo e fine. Il tempo

drammatico, in cui il punto dell’inizio non tocca,

ciclicamente, il punto della fine, è un tempo in

cui qualcosa accade; in cui qualcosa, dall’inizio

alla fine della rappresentazione, irreparabilmente

muta. Sebbene anche il teatro tragico attinga fon-

damentalmente allo stesso repertorio mitico del

teatro liturgico, il rapporto con il mito è del tutto

differente. Il teatro liturgico infatti è “funzione”,

serve strettamente a confermare – a festeggiare,

a ricordare, a far rivivere – la storia mitica che

rimane, come è necessario rimanga, immutata. Il

teatro poetico invece utilizza il mito per trasfigu-

rarlo; dal repertorio latu sensu “sacro” il teatro

attinge sì – quasi sempre – le sue storie, ma come

scheletri, tracce o spunti narrativi: come trame.

Accade dunque che il mito non solo non venga

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14 riconfermato dalla versione drammatica, ma che

dopo il suo passaggio per il teatro esso non sia

più essenzialmente lo stesso: diventato materia

teatrale, il mito si apre a un’ulteriore e dettagliata

possibilità di varianti. Il teatro non conferma una

“verità” del mito, ma del nucleo mitico riplasma

la materia.

Altri prima di Eschilo avevano strappato il dram-

ma dall’originario contesto religioso. Dalla ripeti-

zione della passione del dio, dal lamento del coro

dei satiri per la sua morte e dal canto di esultanza

per la sua nuova nascita, qualcun altro, prima di

Eschilo, aveva rotto il vincolo liturgico-ripetitivo e

aveva portato dentro quella forma altra materia,

altro senso. Ma Eschilo svincola completamente il

nucleo mitico dalla storia sacra: tutto può essere

materia di rappresentazione, perfino i Misteri di

Eleusi che i cittadini di Atene – raccontando le

fonti antiche – riconoscono irreligiosamente rap-

presentati nelle sue tragedie. In nome di Dioniso,

per onorare il principio della rappresentatività del

mondo, Eschilo commette empietà: tradisce anche

la parola irripetibile, la scena irrappresentabile

che doveva rimanere consegnata al silenzio miste-

rico.

La versione statica – mitografica o misterica – del

mito è breve, precipita presto verso la conclusio-

ne e la chiusura: anche nella versione narrativa

del mito il movimento è – come avverrà poi nelle

tarde “mitologie” – tutto contratto, teso verso

una conclusione. Caratteristica del dramma, e

segnatamente del dramma tragico, è invece – nota

Aristotele – quella di avere una certa estensione

(Poetica, 50 b 25): il nucleo dei fatti, la trama,

viene snodata, il finale viene dilazionato, e in que-

sta distensione c’è spazio per il movimento e lo

sviluppo dell’azione.

Senza dubbio, anche da questo punto di vista,

furono i primi drammaturghi – gli “inventori”

del ditirambo e poi della tragedia – che affron-

tarono il problema teorico e tecnico dello svilup-

po dell’azione drammatica. È difficile stabilire

con esattezza i momenti di rottura di scarto e di

innovazione del teatro eschileo rispetto alla tradi-

zione del genere. Si può notare però, che già nei

primi drammi di Eschilo, troviamo una struttura

compositiva bene abbozzata e un edificio archi-

tettonico che ha già in nuce tutte le potenzialità

dell’evoluzione successiva. Dal punto di vista

compositivo, già nei Persiani, sia pure con qual-

che durezza e difficoltà di connessione sintattica

tra le parti, troviamo il canto alternato al parlato

e al recitativo (la partizione del dramma in paro-

do, episodio, stasimo, esodo), e troviamo anche

le articolazioni interne al canto – le parti anape-

stiche, le parti liriche – e quelle interne al parlato

– le rehseis, la sticomitia, l’alternanza ritmica tra

trochei e giambi.

Ma dal punto di vista architettonico e sceno-

grafico già i Persiani, le Supplici e soprattutto

l’Orestea presuppongono un’articolazione dello

spazio ulteriore rispetto alla prima separazione

che divide il theatron – il luogo in cui stanno gli

spettatori – dal choros – il luogo della rappresen-

tazione della danza e del canto corale: assistiamo,

infatti, a una tendenza alla definizione di una

zona-orchestra, rispetto a una zona-skene, che in

seguito, nell’evoluzione delle forme architettoni-

che e drammaturgiche, diverrà il proscenio netta-

mente separato rispetto al “coro”.

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15L’articolazione, strutturale e compositiva, è dun-

que già abbozzata, quando non addirittura già

presente, nei primi drammi eschilei. L’opera di

Eschilo è comunque la prima fonte dello stadio

germinale di queste evoluzioni ed è insieme il

testo in cui di quelle tendenze evolutive si apprez-

zano varianti originali e stadi diversi.

Eschilo drammaturgo ha, ancora, da affrontare,

da impostare e da risolvere in pratica, tragedia

per tragedia, una serie di problemi che riguarda-

no le origini del dramma: come dar movimento

alla trama mitica, per sorreggerne e dilatarne la

durata; come rappresentare il “mito” come avve-

nimento che accada “in diretta”; come giustifica-

re la presenza sia del coro sia degli attori in scena

(un problema che Sofocle considererà già risolto a

priori, e che Euripide neppure si porrà, se non in

alcuni drammi prettamente corali); come motiva-

re le uscite sceniche e lo scambio fra i personaggi;

come dividere e semantizzare lo spazio scenico.

Eschilo è dunque evidentemente impegnato sul

fronte della soluzione di alcune questioni essen-

ziali della drammaturgia: deve scegliere fra diver-

se modalità di giustificazione scenica e di soluzio-

ne drammaturgica. Ogni dramma eschileo è, in

questo senso, una soluzione possibile di un’equa-

zione a più incognite.

Nei Persiani, ad esempio, Eschilo si trova di

fronte al problema di far “accadere” dramma-

ticamente una notizia: in uno scontro navale

una flotta greca di proporzioni ridotte ha scon-

fitto l’esercito dei barbari, molto più numeroso.

In quel caso il poeta sceglie come espediente

centrale di drammatizzazione la moltiplicazione

delle inquadrature soggettive in cui viene scom-

posto lo scenario della sconfitta: l’annuncio del

Messaggero – centrale nella struttura del dram-

ma – viene anticipato dall’angoscia del coro, dai

presagi e dagli incubi della Regina; e poi seguito

dall’interpretazione di Dario e dal compianto lut-

tuoso di Serse. Lo stesso annuncio viene chiamato

ad accadere più volte, con piccoli spostamenti del

punto di prospettiva. Come una successione di

fotogrammi statici nel cinematografo scorrendo

dà un’illusione di movimento, così Eschilo ottiene

un effetto drammatico e spettacolare proiettan-

do l’illusione multipla di diverse sfumature di

pathos provocate dallo stesso evento: l’angoscia

e poi il cordoglio del coro dei fedeli, il presagio

e poi l’ansia della regina; l’esperienza diretta del

Messaggero; la severità profetica dell’Ombra di

Dario; il disfacimento, nella figura in pianto di

Serse, del decoro regale.

(…) Scelto un mito e i suoi personaggi, Eschilo

ha anche il problema di motivare la presenza sce-

nica del coro. La composizione del coro, per altro,

risponde sempre a una scelta che ha una motiva-

zione forte sul piano drammaturgico: se le Erinni

e le Danaidi sono addirittura protagoniste delle

Eumenidi e delle Supplici, anche le prigioniere

troiane che costituiscono il coro delle Coefore

hanno un ruolo attivo nel dramma. In quel caso

la solidarietà tra coro e attore non è configurata

e garantita da un rapporto affettuoso o gerarchi-

co interno (come in Persiani, Sette contro Tebe,

Agamennone), e neppure si fonda su una relazio-

ne familiare (come nelle Supplici, e in certo senso

anche nel Prometeo): contro i “signori” della reg-

gia in cui le Troiane sono state condotte schiave il

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16 coro cova autonomi motivi di risentimento – un

odio che solo molto parzialmente coincide con la

vendetta dei figli di Agamennone.

Eschilo dunque, nel variare il numero degli attori,

lavora anche sulle modalità di introduzione dei

personaggi in scena; e in quest’arte – secondo

Dionigi di Alicarnasso - «mostra più varietà di

Euripide e di Sofocle»; e gioca sulla variazio-

ne per caratterizzare i personaggi, di modo che

anche lo stile espressivo sia ispirato al pathos

specifico.

(…) Importanti sono anche le innovazioni appor-

tate da Eschilo alla scenografia, alla coreografia e

ai costumi. Si può ipotizzare che il primo a utiliz-

zare come fondale scenico la tenda di Serse, pre-

data a Platea, fosse stato Frinico nelle Fenicie del

476 a.C., tragedia ambientata, come i Persiani,

davanti a una delle regge achemenidi. Ma forse

già nei Persiani e certamente nell’Orestea, Eschilo

usa la porta scenica per le entrate e le uscite degli

attori e del coro e l’apertura del fronte scenico

crea un potente spazio interno, alternativo allo

spazio visibile, disegnando una nuova prospettiva

per l’illusione. È Eschilo dunque probabilmente

il primo a usare lo spazio del retroscena come

dimensione ulteriore rispetto all’area aperta della

rappresentazione.

(…) Un’ulteriore testimonianza dell’inventiva

eschilea si legge nelle complesse strutture metri-

co-ritmiche dei corali e nella cura dedicata ai

movimenti orchestici: ancora a distanza di secoli

Ateneo riporta la notizia che nei Sette contro Tebe

Eschilo «rendeva visibile l’azione attraverso le

movenze della danza» (I, 22 a). A Eschilo le fonti

antiche assegnano anche l’invenzione di costumi

specificamente teatrali (Ateneo, I, 21 d): un’in-

novazione indirizzata a conferire dignità propria

al genere teatrale che da un lato ha l’effetto di

riscattare il dramma dalla semplicità delle rap-

presentazioni folkloriche, dall’altro segna uno

scarto e una diversificazione rispetto ai costumi

liturgici usati nelle cerimonie rituali; anzi, sempre

secondo Ateneo, furono i sacerdoti di Eleusi che,

per le fogge dei paramenti religiosi, si ispirarono

ai costumi teatrali inventati da Eschilo.

Rappresentare gli eventi: una grande sfida – poe-

tica e teorica – che si attiva anche per mezzo di

una serie articolata di innovazioni tecniche.

Per raggiungere l’obiettivo di far prendere agli

eventi forma di tragedia Eschilo costruisce una

dimensione in cui le coordinate entro le quali si

organizza e si orienta la percezione normale del

tempo e dello spazio risultano sospese. Il tea-

tro, e in particolare il teatro tragico a partire da

Eschilo, proietta una dimensione spazio-tempora-

le parallela a quella della normalità. Ma l’apertu-

ra estetica a un diverso orizzonte – capace di pro-

vocare immense emozioni – inficia l’idea stessa

della realtà come blocco compatto, univocamente

e chiaramente percepibile. La realtà – insegna

il teatro – è finzione. O piuttosto: la realtà si

lascia dire solo attraverso la finzione e il teatro è

il sommo artificio in quanto, smascherando nei

suoi presupposti lo scarto tra verità e apparenza,

attiva – producendola nel corso dell’azione – una

forma di sapienza; e «chi si fa ingannare - dirà

Gorgia in riferimento anche all’esperienza teatrale

– è più sapiente di chi resiste all’inganno». Contro

un’ideologia letteralista del reale, il teatro è una

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17macchina che, mediante la rappresentazione, rie-

sce a catturare gli eventi e a preservarne non la

lettera, ma il senso: e questo è l’obiettivo ultimo

della creazione per mezzo di parole o di immagini

– della rappresentazione verbale o plastica – che

porta il nome comune di poiesis artistica. Ma

illusione, mascheramento, oblio e rivelazione sono

propriamente i giochi di Dioniso.

Eschilo e Dioniso. Molti titoli dei drammi eschi-

lei perduti fanno riferimento a miti dionisiaci e

vi è certamente una facile intenzione agiografi-

ca nella leggenda – riportata da Plutarco – che

vuole che il dio fosse comparso in sogno al poeta

quand’era ragazzo invitandolo a comporre tra-

gedie. Ma l’onore più perfetto che Eschilo riser-

va a Dioniso sta nel fatto che la tragedia anche

quando non tratta dei miti divini, anche quando,

come sempre accade, traveste scenograficamente

l’altare del dio collocato al centro dell’orchestra, è

opera irreligiosamente dionisiaca perché attiva la

dimensione virtuale dell’illusione. L’arte tragica

di Eschilo non è una sublimazione di eventi altri-

menti “reali”: è una tecnica, l’unica che il sapien-

te riconosce come efficace, mediante la quale il

mondo trova un accesso all’espressione.

Dioniso pretende un totale abbandono e in cam-

bio restituisce realtà alla rappresentazione: ogni

grado di finzione si materializza a teatro – santua-

rio del dio – e diventa credibile. Nelle Eumenidi, a

un certo punto del dramma, risulta plausibile che

compaia in scena una doppia Atena: la statua

della divinità ma anche l’attore che impersona

la dea. È la promessa di un gioco di riflessi e di

simulazioni potenzialmente infinito.

Per tutto questo, Eschilo è davvero, come lo chia-

ma il coro di Aristofane in una controversa battu-

ta, il «bacchico sovrano» (Rane, 1259). Eschilo

figura di Dioniso: il dio che imita, sdoppia, tra-

veste; il dio che barcolla e fa barcollare ogni certo

fondamento. Le fonti riportano un aneddoto che,

proprio per la sua intenzione non edificante,

potrebbe essere vero: Sofocle, che si credeva sag-

gio, irrideva Eschilo perché componeva le sue tra-

gedie in stato di ebbrezza. Ebbro, il poeta, come

Dioniso.

da Rappresentare Atene di Monica Centanni,

in Eschilo – Le Tragedie, I Meridiani, Arnoldo

Mondadori Editore (Milano, 2003)

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18 Sullo sfondo un edificio scuro, un palazzo anti-

co, austero, che non ha nulla dello splendore

dell’iconografia orientale. Dinanzi allo spetta-

tore si apre l’imponente sala settecentesca di un

museo, il cui pavimento nella parte centrale è

coperto da un enorme telo e protetto da una serie

di sacchi di sabbia. Intorno a questo spazio si

muovono con cautela e circospezione degli uomi-

ni in abito scuro: sono i conservatori del museo,

intenti a proteggere il patrimonio loro affidato.

Analogamente che nel prologo dell’Agamennone,

c’è un’atmosfera di attesa, carica di inquietudine.

I Persiani rimasti in patria aspettano l’esito della

spedizione di Serse contro i Greci e si interrogano

sull’avvenire del proprio popolo così come il coro

dei vecchi di Argo si interrogava sulla sorte del-

l’esercito e dei capi greci impegnati all’assedio di

Troia.

Improvvisamente un’esplosione scuote il palazzo

dalle fondamenta e provoca una fenditura nel

muro di fondo: la violenza della guerra irrom-

pe nella calma apparente del museo, rendendo

tangibile la forza distruttiva che promana da un

teatro di guerra, sia pure lontano, e che minaccia

un popolo e il suo patrimonio culturale e, dunque,

la sua identità. L’idea di Calenda non è suggerita

dalla tragica contemporaneità della guerra in

Irak con le note vicende del museo archeologico

di Bagdad, ma è una intuizione personale prece-

dente ai fatti di cronaca e legata alla consapevo-

lezza che la civiltà di un popolo e la sua autentica

sopravvivenza sono legate alla sopravvivenza del

patrimonio culturale e della memoria collettiva

che vanno rigorosamente salvaguardati.

Il reperto custodito con tanta cura al centro della

scena ha un valore emblematico: è il mosaico che

raffigura la battaglia di Isso, vinta da Alessandro

Magno contro Dario III nel 333 a. C. a distanza

di più di un secolo da quella persa da Serse a

Salamina nel 480 a. C., rappresentata nella tra-

gedia. Isso è una battaglia presa a simbolo dello

scontro tra Occidente e Oriente e al tempo stesso

vuol essere un richiamo alle guerre continue e

sempre diverse che insanguinano la storia dell’uo-

mo.

Perché non è lo scontro di Salamina nella sua

connotazione storica a interessare il regista, né la

sua lettura vuole rifarsi alla contemporanea, san-

guinosa contrapposizione di due diverse civiltà,

ma l’intento è quello di proporre una proiezione

che scavalca i secoli e sottopone all’attenzione

dello spettatore il tema della precarietà delle

fortune umane, la ferocia inutile della guerra, la

rovinosa tracotanza, la hybris, di chi, come Serse,

mira a ingrandire a dismisura la propria potenza.

La titanica impresa del basileus, del re, che

aggioga con un ponte di barche l’Ellesponto, è il

simbolo di una qualsiasi superpotenza che dispie-

ga uomini e mezzi per le proprie mire espansioni-

stiche e viene sconfitta non dalla forza delle armi,

ma dall’ideologia che sostiene un popolo in lotta

per la propria libertà. Una voce sprona gli Elleni

alla battaglia: “Avanti figli dei Greci, liberate

la patria, liberate le donne, i figli, le donne, le

sedi degli dèi del paese, le tombe degli antenati.

Ora per tutto questo si combatte”... E levandosi

al di sopra del tumulto della lotta sospinge con

forza irresistibile la flotta greca contro l’armata

persiana. Ma proprio in questo grido si avverte

l’eco della terribile, traumatica esperienza degli

18

di Caterina BaronePersiani

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Ateniesi che avevano subito l’occupazione del-

l’Acropoli e la distruzione dei templi, delle statue,

delle tombe da parte dei nemici.

E certo l’estremo rischio corso dalla patria in

quell’occasione detta a Eschilo a distanza di pochi

anni, nei Persiani del 472 a.C., il suo atteggia-

mento di condivisione della sofferenza degli scon-

fitti, il suo inquadramento prospettico dell’evento

storico non tanto come un’esaltazione dei vincitori

quanto come una meditazione sul lutto e il dolore

che qualunque guerra porta con sé.

La peculiarità dei Persiani non è solo quella di

essere l’unica tragedia di argomento storico che ci

sia pervenuta del teatro greco, ma di offrirci una

testimonianza diretta dell’evento. Eschilo aveva

combattuto a Salamina, così come a Maratona

nel 490 a.C, e di fatto nelle parole del Messaggero

che riferisce le sanguinose fasi della battaglia si

avverte l’urgenza emotiva di chi di quelle gesta

era stato gloriosamente protagonista e la consa-

pevolezza della forza ideologica che aveva soste-

nuto i Greci nel titanico e decisivo scontro con i

Persiani.

Certo l’essere un soldato era per Eschilo motivo di

vanto al punto che per la sua tomba compose egli

stesso un epitaffio dove celebrava la sua gloria

militare e non la sua attività di poeta. Ma l’orgo-

glio del combattente non esclude in lui la coscien-

za della negatività della guerra col suo carico di

morte e di sofferenza, al punto che anche in una

tragedia “piena di Ares” come I sette contro Tebe

emerge con forza il senso della distruzione e del

dolore legati agli eventi bellici che accomuna vin-

citori e vinti, e nel panorama ideologico del poeta

assume rilievo il monito alla moderazione che

sempre deve guidare l’azione dei vincitori, perché

la colpa di cui si macchia chi prevale sul nemico,

se si abbandona alla strage e ai saccheggi, scatena

l’ira e la vendetta degli dèi:

Ma là dovranno affrontare le sofferenze più

terribili, pena della tracotanza e dell’empietà,

essi che pervenuti nella terra greca non hanno

avuto ritegno di rubare i simulacri degli dèi e

di incendiare i templi; gli altari sono distrutti

e le statue delle divinità giacciono in terra alla

rinfusa, strappate dai loro piedistalli. Compiuti

questi misfatti, patiscono sofferenze non mino-

ri; altre ne avranno, perché la loro disgrazia

non si è consolidata ma va ancora crescendo...

La tracotanza infatti, quando fiorisce, produce

la spiga della colpa, donde miete una messe di

copiose lacrime.

(trad. G. Monaco)

Così afferma Eschilo nei Persiani (vv. 807-22) e

poi in maniera simile nell’Agamennone (vv. 338-

42), esprimendo un concetto che verrà in seguito

ripreso dal pacifista Euripide a condanna di ogni

forma di violenza:

Insensato mortale chi distrugge le città e fa

dono di templi e di tombe, asilo dei morti, allo

squallore: non potrà che perire!

(Troiane 95-7)

La messa in scena dei Persiani aggiunge un tas-

sello significativo al percorso artistico di Calenda

e al suo impegno civile sul fronte della costan-

te condanna dell’insensatezza di ogni conflitto

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20 armato. Una tematica che era già stata posta

in luce nell’Agamennone - accanto al problema

della vendetta e della giustizia legato alle vicende

della stirpe degli Atridi - e alla quale il regista

assegna un ruolo centrale nei Persiani, lasciando

nell’ombra altri temi, come quello dei rapporti

generazionali tra padre e figlio, tra Dario e Serse.

Nello spettacolo siracusano è stata messa in primo

piano la sofferenza e la distruzione apportata

dalla guerra al di là di ogni ideologia o apparte-

nenza etnica. E anche il punto di vista ateniese,

che nella tragedia eschilea, pur nel rispetto del

dolore dei nemici, appare in filigrana connotato

dall’orgoglio del vincitore, viene messo in ombra

per dare risalto al cordoglio di un popolo piegato

e vinto.

Non c’è enfasi nelle voci dei personaggi, ma un

dolore raggelato, contenuto. Composti sono i

gesti, luttuosi nella loro semplicità gli abiti, tutti

neri e novecenteschi nella foggia. Non urla l’orro-

re della disfatta subita dall’esercito il Messaggero

(Roberto Herlitzka) che riferisce gli eventi accom-

pagnando le parole con il riflesso condizionato di

una gestualità militare della quale ha smarrito il

senso: nella sua rhesis si legge lo sgomento incre-

dulo di chi ha visto crollare inopinatamente una

forza immensa per mano di un esercito inferiore

per uomini e mezzi. E la litania dei nomi dei

guerrieri caduti fa da contrappunto luttuoso nella

inesorabile sequenza del suo racconto all’elen-

co dei combattenti partiti al seguito di Serse,

pronunciato nella parodo dai dignitari persiani.

La terribilità della sconfitta sta tutta in quella

responsione che ritornerà ancora nel finale per

bocca del Coro nel lungo compianto all’unisono

con il re sconfitto.

Neppure Atossa (Piera Degli Esposti) esprime

platealmente la sua sofferenza di regina e di

madre, e tuttavia nella sua manifesta volontà di

non cedere alla sventura e di trovare un rimedio

per il futuro ricorrendo ai consigli del defunto

Dario, si cela un senso di cosmico dolore, di tragi-

ca impotenza, come testimonia il funebre drappo

nero che ella srotola dall’alto del tetto lungo la

facciata del palazzo dopo il ritorno del figlio.

E anche l’ombra di Dario (Osvaldo Ruggieri)

dispensa pacatamente i suoi moniti alla modera-

zione e indica nella rinuncia ad aggressive mire

espansionistiche la via per ritrovare e mantenere

la prosperità: è il rispetto degli dèi e della giusta

misura a garantire il benessere di un popolo, non

la forza degli eserciti.

Solo nel finale, costruito con una struttura ad

antifona tra Serse (Luca Lazzareschi) e il Coro, il

dolore si fa pianto e il tema musicale che percorre

la tragedia fin dall’inizio esplode nelle note di una

marcia funebre che, riecheggiando le sonorità

verdiane delle bande del centro-sud per il Cristo

morto, accompagna il re sconfitto fuori scena.

Il saggio è riferito alla versione dello spettacolo

allestita nel maggio 2003 al Teatro Greco di

Siracusa.

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21Note di regia

di Antonio Calenda

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Immagini del backstage di Siracusa

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23Persiani è una sofferta elegia sul tema della guer-

ra, dominata da un profondo senso di pietas.

Persiani, che Eschilo scrisse e rappresentò ad

Atene nel 472 a.C. - e che nel 470, per volontà di

Ierone e alla presenza di Eschilo, fu replicato al

Teatro di Siracusa - apparteneva a una trilogia,

assieme a due drammi d’argomento mitologico,

purtroppo perduti, Fineo e Glauco, con cui non

aveva alcuna relazione tematica. Non potendo

contare su uno sviluppo in forma trilogica, l’au-

tore impose al testo linearità e semplicità tecnica,

e una notevole incisività e compattezza sul piano

dei contenuti.

Un clima di partecipata attesa è, infatti, creato

fin dalle prime battute del coro d’anziani, oppres-

so dalla preoccupazione per l’esito della guerra

contro i Greci. A Susa - il luogo dell’azione - alla

corte del Re di Persia, da troppo tempo non giun-

gono notizie di Serse, partito alla guida di un

grande esercito e di un’immensa flotta. Anche la

regina Atossa, madre di Serse e vedova del gran-

de re Dario, è tormentata da tragici presagi che

confida al coro. Ed è molto bello questo dialogo

che, se a un primo livello di lettura, ha semplice-

mente la funzione di amplificare il senso generale

di ansietà, rivela in realtà ad Atossa la reverenza

che il coro le riserva, in quanto moglie di Dario:

un sentimento che la regina assume su di sé come

in una vestizione. In questo momento di necessità,

lei rappresenta per i cittadini una figura materna

nonché un simbolo forte dello stato: un’interdi-

pendenza felice, che offre particolare robustezza

alla scena.

Creazione poetica di forza ancora maggiore è la

figura del Messaggero accorso da Salamina, per

mettere a parte della grave disfatta persiana. Nel

suo monologo - un esempio altissimo di scrittura

teatrale - s’intuisce un’identificazione dell’autore

con il personaggio, che offre il quadro degli orrori

di Salamina come se avesse partecipato alla bat-

taglia (una meravigliosa licenza poetica, poiché

è chiaro che solo una staffetta avrebbe potuto

coprire una tale distanza).

Nel racconto del Messaggero, riverbera inizial-

mente il risentimento verso l’ambizioso Serse,

unico vero responsabile della sconfitta; egli ora

ritornerà in patria, lasciando sul terreno della

battaglia una moltitudine di valorosi cavalieri

persiani, che il messo ricorda in un elencare incal-

zante, disperato, ma in cui vibra anche un accen-

to di recriminazione. Uno spunto che ritroveremo

nel coro finale, quando Serse è accolto con rabbia,

e solo dopo viene onorato.

Anche i sentimenti del Messaggero si placheranno,

tanto che il suo discorso sembrerà mantenere una

sorta d’equidistanza, di contemplatio aeternitatis

rispetto ai fatti: condizione dilatata dalle risposte

addolorate del coro. Un coro che ho immaginato

espresso sommessamente, quasi in pianto.

Sarà l’ombra di Dario a riconoscere apertamente

nell’ambizione dei Persiani, nell’hybris di Serse,

la causa di una così dura punizione divina, cui

seguirà l’ulteriore disfatta di Platea.

L’avvento di Serse, con i segni dell’umiliazione

subita, non farà altro che acuire lo smarrimento

di questi piccoli uomini, davanti ai quali il gio-

vane re cade in ginocchio, raccontando la rovina

dei propri sogni. E nel ridurre a misura semplice,

umana, la sofferenza di Serse, il lamento del coro

fluisce senza arrestarsi: iterazione senile di una

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preghiera che ormai non ha ragione.

Un monito duro, chiarissimo, a non perdere di

vista la limitatezza dell’uomo: un monito alla

cui efficacia Eschilo - che pure fu direttamente

colpito dalla ferocia delle guerre contro i Persiani

- sacrifica la possibilità di cantare l’eroismo dei

suoi Greci. Conserva invece con fermezza il punto

di vista dei nemici vinti, dando voce ad una

dolenza d’universale validità.

Dunque, ancora una volta ci appare naturale

alludere, attraverso le parole eterne della trage-

dia e attraverso le figure in cui la faremo rivi-

vere sulla scena, all’immaginario condiviso cui

tutti - pubblico e interpreti - possono guardare.

L’immaginario di quel Novecento che ci ha inse-

gnato, al di là di ogni dubbio, come l’ideale di

una pace assoluta sia pura utopia, come ogni

istante di pace si riduca in realtà a un momento

di placata violenza, che paradossalmente spesso

va difeso con le armi. Ogni uomo oggi conosce

l’inevitabile, oscuro retaggio che la guerra porta

con sé: scie di depravazione e ferocia, che ren-

dono tutti - vincitori e vinti - sofferenti, umiliate

presenze di una tragica realtà.

Davanti all’insensatezza dei genocidi, delle per-

secuzioni che abbiamo impressi nella memoria

e che continuano a sfilare sotto i nostri occhi, il

monito di Eschilo appare in tutta la sua necessità

e Persiani diviene metafora di una realtà che ci

appartiene.

Quest’evidente contiguità con il nostro mondo,

ha fatto sì che ci sentissimo autorizzati a cercare,

nella recitazione, toni della verità: toni colloquiali

e bassi del vero dolore, canti giocati sulla voce

sommessa di figure (gli anziani del coro) che sen-

tiamo vicine.

Un museo dall’architettura settecentesca legger-

mente cadente, farà da sfondo allo spettacolo,

ma il periodo che evochiamo sarà quello della

seconda guerra mondiale. Nella sala, appeso a

una parete e cautamente coperto da teli, qualcosa

di presumibilmente prezioso: attorno al reperto

si muovono attenti e preoccupati gli anziani del

coro, nell’intenzione di difendere quel bene da

un pericolo che dall’esterno li minaccia. Si tratta

del famoso mosaico, oggi conservato al Museo

Archeologico Nazionale di Napoli, intitolato “La

battaglia di Isso” che raffigura il confronto – suc-

cessivo agli eventi di Salamina, conclusosi nega-

tivamente per i Persiani – fra il re Dario III e

Alessandro Magno.

La guerra narrata nei versi di Eschilo, la figura-

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zione musiva della battaglia di Isso, il conflitto

che avvolge di rumori e inquietudini il museo e i

protagonisti... un moltiplicarsi di echi violenti che

attraversa la storia e si perpetua, dolorosamente,

fino ai nostri giorni.

Quella di recitare Persiani sullo sfondo di un

“luogo della memoria” non è stata una scelta

casuale: musei, monumenti, teatri, sono cattedrali

della memoria, che preservano le nostre coscienze,

la nostra civiltà, dalla barbarie e dal buio. Non vi

è nulla di più importante nella storia dell’uomo,

della possibilità di recuperare quotidianamen-

te, costantemente le iconografie della memoria,

le identità, le radici... Perderle significherebbe

perdere il senso dell’appartenenza, la dignità

dell’esistere: doveva essere questo il sentimento

di un popolo valoroso, opulento, forte, davanti

all’annientamento. Dovevano sentire - i Persiani,

dopo la disfatta di Salamina - un senso d’assenza,

di annullamento, di smarrimento simile a quello

che noi proveremmo se venisse improvvisamente

distrutto un monumento su cui sono radicate la

nostra cultura e la nostra identità.

Quel mosaico è una piccola metafora di tutto que-

sto: e la minaccia incombente della guerra pone in

uno stato d’ansietà i vecchi e colti professori che

compongono il coro. Anziani, fragili ma dignitosi,

lobbie e vestiti scuri a coprire figure scosse dal-

l’angoscia, essi alludono ad una umanità di stu-

diosi d’un tempo, evocano nella nostra memoria

un certo mondo culturale italiano dedito alla cura

sacrale delle testimonianze del passato.

Quando l’eco della guerra riuscirà a invadere la

sala museale, essi inizieranno a dire le parole di

Eschilo, come una preghiera, o un rito laico. Un

26 modo d’aggrapparsi alla memoria, alla dignità

dell’esistenza; forse un tentativo estremo d’esor-

cizzare la paura, attraverso l’antica ed eterna arte

del fare teatro.

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“Persiani”: le fotografiedi Tommaso Le Pera

dell’allestimento a Siracusa

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29

diretto da Antonio Calenda

Persianidi Eschiloscene di Bruno Buonincontri costumi di Elena Manninimusiche di Germano Mazzocchettimovimenti Catherine Pantignyluci di Nino Napoletano suono di Umberto Fioreregia di Antonio Calenda

personaggi interpreti Gli Anziani Giancarlo Cortesi Stefano Alessandroni Francesco Benedetto Stefano Galante Hossein Taheri Claudio TombiniCoro Adriano Braidotti Michele Carli Sebastiano Colla Antonio De Rosa Guglielmo Lentini Luciano Pasini Corrado RussoRegina Atossa Piera Degli EspostiMessaggero Roberta HerlitzkaOmbra di Dario Osvaldo RuggieriSerse Luca Lazzareschi

aiuto regista Roberta Torcello assistente alla scenografia Marta Crisolini Malatestaaiuto costumista Giuseppe Avallone assistente costumista Chiara Solarisuggeritore Guido Penne aiuto coreografo Luciano Pasini

direttore di palcoscenico Mauro Tognaliamministratore di compagnia Giampaolo Andreutticapo macchinista Christian Cerne capo sarta Elena Caucci capo elettricista Salvo Manganarofonico Umberto Fiore

realizzazione scene Teatrotecnica di Salvi e Tacconi snc, L’Aquila; Spazio Scenico srl, Roma; Sir.Co.M. srl, Siracusa; Gruppo Essediuno srl, Roma trasporti Globo srl

I costumi sono stati realizzati dal Laboratorio di Sartoria della Scuola dell’Inda première Elsa Malandracalzature Sacchi Calzature Artistiche, Firenze cappelli Pieroni Bruno snc, Roma parrucche Rocchetti & Rocchetti srl gioielli Tharros, Firenze elementi in gommapiuma Christian Biasci; Arte Costume, Roma; Francesco Barni spa, Prato

prima rappresentazione Siracusa, Teatro Greco, 17 maggio 2003

in collaborazione conIstituto Nazionale

del Dramma AnticoFondazione Onlus

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Piera Degli Esposti

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Roberto

Herlitzka

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Giancarlo Cortesi

Piera Degli Esposti

Stefano

Alessandroni

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Piera

Degli Esposti

Roberto

Herlitzka

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Giancarlo Cortesi

Claudio Tombini

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Giancarlo Cortesi

Stefano Galante

Hossein Taheri

Stefano

Alessandroni

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Roberto

Herlitzka

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Osvaldo Ruggieri

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Luca

Lazzareschi

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Stefano Alessandroni

Adriano Braidotti

Luciano Pasini

Corrado Russo

Giancarlo Cortesi

Michele Carli

Sebastiano Colla

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“Persiani”: le fotografiedi Monica Condini

dell’allestimento 2004-2005

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diretto da Antonio Calenda

Persianidi Eschiloscene di Bruno Buonincontri costumi di Elena Manninimusiche di Germano Mazzocchettimovimenti Catherine Pantignyluci di Nino Napoletano suono di Umberto Fioreregia di Antonio Calenda

personaggi interpreti Gli Anziani (Primo Corifeo) Giancarlo Cortesi Stefano Alessandroni Francesco Benedetto Stefano Galante Claudio TombiniCoro Adriano Braidotti Sebastiano Colla Massimo Masiello Luciano Pasini Corrado RussoUn custode Laura BussaniRegina Atossa Piera Degli EspostiMessaggero Luca LazzareschiOmbra di Dario Osvaldo RuggieriSerse Luca Lazzareschi

aiuto regista Roberta Torcello assistente alla regia e alle coreografie Luciano Pasiniaiuto costumista Elena Caucci suggeritore Guido Penne

direttore degli allestimenti Paolo Giovanazzi direttore di scena Mauro Tognaliamministratore di compagnia Giampaolo Andreutticapo macchinista Christian Cerne macchinista Stefano Visintincapo elettricista Beppe Pizzo fonico Umberto Fiore sarta Marina Arcionmacchinista in allestimento Massimo Tatarella elettricista in allestimento Massimo Carli

realizzazione scene Teatrotecnica di Salvi e Tacconi snc, L’Aquila; Spazio Scenico srl, Roma; Sir.Co.M. srl, Siracusa; Gruppo Essediuno srl, Roma trasporti Globo srl

I costumi sono stati realizzati dal Laboratorio di Sartoria della Scuola dell’Inda première Elsa Malandracalzature Sacchi Calzature Artistiche, Firenze cappelli Pieroni Bruno snc, Roma parrucche Rocchetti & Rocchetti srl gioielli Tharros, Firenze elementi in gommapiuma Christian Biasci; Arte Costume, Roma; Francesco Barni spa, Prato

prima rappresentazione dell’edizione invernale Trento, Teatro Sociale, 29 marzo 2005

in collaborazione conIstituto Nazionale

del Dramma AnticoFondazione Onlus

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Claudio Tombini

Sebastiano Colla

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Piera

Degli Esposti

Luciano Pasini

Stefano Galante

Francesco

Benedetto

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Piera

Degli Esposti

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Adriano Braidotti

Francesco

Benedetto

Claudio Tombini

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Piera

Degli Esposti

Adriano Braidotti

Francesco

Benedetto

Claudio Tombini

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Corrado Russo, Stefano Alessandroni, Sebastiano Colla, Francesco Benedetto, Claudio Tombini, Massimo Masiello,

Piera Degli Esposti

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Piera Degli Esposti

Osvaldo Ruggieri

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Piera Degli Esposti

Osvaldo Ruggieri

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Persiani

di Eschilo

traduzione di Monica Centanni

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Daniela Giovanetti

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81CORO

Noi qui, soli rimasti di tutti i Persiani partiti

per la terra greca, Fedeli ci chiamano,

custodi dei molti tesori e della reggia, d’oro splen-

dente:

per la nostra età veneranda lo stesso signore,

Serse, il Gran Re, il figlio di Dario,

noi prescelse a vegliare sulla sua terra.

Ora però, nell’attesa del ritorno del re

e di tutti i guerrieri, ora

un cattivo presagio troppo forte, dentro, agita il

cuore d’angoscia.

Perché tutto quanto v’era in Asia di forte,

dall’Asia è partito! E qui è tutto un guaito per quei

giovani uomini!

E intanto nessun messaggero, nessun cavaliere

arriva qui, nella città dei Persiani.

Loro alle spalle lasciarono Susa, Ecbatana,

e l’antica fortezza di Cissia, e andarono:

a cavallo alcuni, altri su navi, e altri ancora a piedi

andavano,

a unirsi in torma guerriera.

Amistres è partito, ed è partito anche Artafrenes,

e Megabates e Astaspes,

condottieri di genti persiane, re che son sudditi al

Gran Re.

Ecco, accorrono alla testa di un esercito immenso,

arcieri potenti e cavalieri:

a vedersi terribili, in battaglia superbi,

pronti a rischiare con coraggio la vita.

Artembares è partito, che gode della mischia a

cavallo, e Masistres

e il nobile Imaios, arciere potente; e Farandakes,

e Sosthanes, alla testa dei suoi cavalli.

Altri ancora ne mandò il Nilo che è grande e scorre

fecondo:

Susiskanes e Pegastagon, egizio di stirpe,

e il forte Arsames, che Menfi sacra governa.

E poi Ariomardos che regna sull’antichissima

Tebe:

ai remi delle loro navi moltissimi uomini

incredibili, avvezzi a remare per le paludi del delta.

E poi anche i Lidi, in gran massa,

la gente che sa la dolcezza del vivere,

e domina su tutti i popoli del continente:

Mitragathes li conduce, con il valoroso Arkteus,

regi governatori.

E poi gli abitanti di Sardi, d’oro splendente,

si slanciano su innumeri carri:

fila di carri a due, a tre tiri,

terrificante è il loro spettacolo.

E poi gli abitanti del sacro Tmolo, sicuri

che giogo di schiavitù imporranno sul collo alla

Grecia:

Mardon, Tharybis, incudini forti contro i colpi di

lancia; e gli arcieri

di Misia; e poi Babilonia d’oro splendente

invia in lunghe file un composito esercito:

guerrieri su navi, e altri, fidenti nella forza tesa

dell’arco.

Così tutte le genti, l’arma in pugno, da tutta l’Asia

vanno:

un corteo agli ordini del formidabile Re.

Questo era il fiore degli uomini della terra di

Persia: e ora è partito;

tutti quanti la terra d’Asia aveva nutrito,

tutti ora li piange: troppo forte è la nostalgia.

I padri, le madri, le spose contano i giorni, giorno

per giorno:

ma il tempo s’allunga, e tremano di paura.

Persiani di Eschilo

traduzione di Monica Centanni

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82 La traversata è compiuta: l’esercito del re, distrut-

tore di città,

è passato di là, sulla vicina sponda di terra.

Su un ponte di zattere legato con funi di corda,

ha traversato lo stretto di Elle Atamantide:

quel passaggio chiodato

è un giogo gettato sul collo del mare.

L’Asia è terra ricca di genti: un re bellicoso, al

comando,

conduce quel gregge divino alla conquista di tutta

la terra.

Per due vie lo conduce: per terra e anche per mare

egli conta su validi condottieri. Lui,

che nasce dal seme dell’oro;

lui, l’uomo eppur pari agli dèi.

Un lampo scuro gli brilla negli occhi:

occhi di drago iniettati di sangue.

Molti i guerrieri di terra, molti i combattenti sul

mare,

dietro, di corsa, al carro assiro:

contro uomini che nella lancia cercano la gloria,

l’Ares dell’arco egli conduce.

Nessuno al mondo potrà resistere

alla grande corrente del fiume d’eroi;

nessun solido argine arginare potrà

l’invincibile onda del mare.

All’esercito persiano fare fronte non si potrà:

prode è il cuore della sua gente.

Dagli dèi fu assegnato un destino, che forte

vigeva in antico: ai Persiani imponeva

guerre che abbattessero rocche,

tumulti di cavalli in battaglia,

città devastate e distrutte.

Ma un giorno impararono a guardare le ampie vie

del mare

Che di schiuma imbiancano se forte soffia il vento,

a guardare dell’acqueo paradiso;

ad affidarsi ai cavi sottili di corda, a macchinosi

ordigni,

per trasportare le truppe di là del mare.

Ma se è un dio che trama l’inganno,

chi, se è uomo mortale, potrai mai scampare?

Chi mai saprà tenere ben pronto il suo piede,

per saltare oltre l’ostacolo e mettersi in salvo?

E lei, che come amica dapprima si mostra, lei, che

scodinzola incontro,

come cagna,

lei, Ate, che spinge il mortale dentro la rete ben

tesa:

da là all’uomo è preclusa ogni fuga, ogni scampo.

Per questo il mio cuore è ammantato di nero,

straziato dal terrore,

«ah!

Per l’esercito persiano»,

che mai in città giunga

l’annuncio che priva di uomini resta la gran rocca

di Susa.

E la cittadella di Cissia

Farà eco a quel grido,

«ah!»

Risponderanno le torme confuse

di donne,

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83e faranno a brani i loro pepli di bisso.

Perché si, tutti, cavalieri e fanti, tutti i guerrieri,

via se ne sono andati, come uno sciame

d’api, ci hanno lasciato: dietro il condottiero,

l’esercito tutto ha varcato quel giogo sul mare,

fissato da entrambe le rive

alla sponda di terra.

E i letti, privi dei maschi, per il rimpianto sono

pieni di lacrime,

le donne persiane tutte molli di pianto, ciascuna

ha nostalgia del suo uomo:

a lui, guerriero focoso, focoso amante, ha detto

addio,

e ora è sola, spaiata nel giogo.

Ma ora su, Persiani, sediamoci qui

Presso questa dimora antica

E i nostri pensieri siano saggi e profondi:

incalza necessità.

Cosa farà mai ora il re Serse.

Avrà vinto la potenza dell’arco?

Oppure la punta di una lancia sarà stata più forte?

Ma ecco, come lampo di sguardo divino, una luce

s’avanza:

è la madre del re, è la mia regina! Di fronte a lei

mi prostro.

Dobbiamo rivolgerci verso di lei per salutarla,

a lei tutti rivolgere le nostre parole di omaggio.

CORO

- O tu, Signora, la più nobile tra le donne persiane

dalle forme sinuose, madre augusta di Serse, sposa

di Dario, salve: di un dio tra i Persiani sei stata

compagna, di un dio tu sei madre – se mai, no, il

dèmone antico al nostro esercito non ha voltato le

spalle.

REGINA

Per questo sono qui: ho lasciato la mia reggia

d’oro, e il talamo che fu mio e di Dario, perché

l’angoscia mi strazia il cuore. Ecco dunque a voi

racconterò una storia che non viene da me, ma è

spaventosa, miei cari!

Che mai la grande ricchezza non vada in polvere:

abbattuta a terra, presa a calci, l’immensa fortuna

che Dario innalzò, non senza l’aiuto divino.

Certo ancora sono intatte le mie fortune, nessuno le

tocca: ma per l’occhio ho paura, per l’occhio della

casa che è – io credo – la presenza del suo padrone.

Perciò, poiché così stanno le cose, consigliatemi

voi, voi Persiani, vecchi Fedeli: in voi sta ogni buon

consiglio su cui posso contare.

CORIFEO

Questo puoi tenerlo per certo, Signora di questa

terra : a noi mai devi chiedere due volte una parola

o un atto, che possa farti da guida.

REGINA

Sempre, ogni notte, sono in preda a una ridda di

sogni, da quando mio figlio, è partito con l’esercito

in armi per distruggere la terra di Ionia. Ma mai,

no, ho fatto un sogno così chiaro come quest’ulti-

ma notte.

Due donne mi apparvero: erano belle le loro vesti.

Una era abbigliata con vesti persiane, l’altra con

vesti doriche: le avevo davanti agli occhi, ed erano

entrambe di statura imponente, molto più alte

delle donne esistenti, e di incomparabile bellezza.

Erano sorelle di sangue, della stessa stirpe: a una

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84 era toccato in sorte di abitare la terra greca, all’al-

tra la terra dei barbari.

C’era un contrasto tra loro, a quanto mi parve di

vedere, erano ostili l’una all’altra; mio figlio se ne

accorse e le tratteneva, cercava di ammansirle:

ecco... le lega entrambe al giogo di un carro; ecco...

impone loro le redini al collo. E una stava ritta

come una torre, fiera di quei finimenti e prestava

docile la bocca alla briglia: ma l’altra recalcitra-

va. Ecco... con le mani le bardature del carro fa a

pezzi, a forza si strappa: è senza morso, e spezza

il giogo a metà. Cade mio figlio; e c’è anche suo

padre presente, Dario là in piedi che lo commisera.

Serse allora, non appena se lo vede davanti, si fa a

brani la veste che aveva addosso.

Questo è il sogno che ho fatto stanotte.

E quando mi alzai, immersi le mani nell’acqua

pura di fonte, la mano del sacrificio accostai all’al-

tare, perché volevo fare un’offerta lustrale agli dèi

che allontanano il male, e questo è il loro rito.

Ma ecco... vedo un’aquila che fugge e vola verso

l’altare di Febo il terribile; terribile è la mia paura:

resto là, ammutolita per il terrore, miei cari.

E subito dopo, ecco..un falco si precipita, in volo: lo

vedo avventarsi sull’aquila e con gli artigli spennar-

le il capo; e quella, inerte non reagiva.

Per me è stato angoscioso vedere tutto questo; per

voi ora è angoscioso udirne il racconto.

Ma tenete bene a mente ciò ce ora vi dico: mio

figlio, se sarà fortunato nelle sue gesta, sarà un eroe

ammirato da tutti; ma se invece avrà sfortuna...lui

no, alla città non ha da rendere conto: torni salvo

comunque! ritorni a reggere questa sua terra!

CORIFEO

Non vogliamo, madre, spaventarti troppo con le

nostre parole, ma neppure rassicurarti: gli dei tu

devi pregare e supplicare, se un segno sinistro tu

hai visto, devi chiedere a loro di allontanarlo, e che

tutto vada per il meglio, per te e per i tuoi figli, per

la città e per quanti ti sono cari. Poi dovrai ver-

sare libami alla Terra e ai morti. Chiedi che siano

propizi; che Dario, il tuo sposo, lui che dici di aver

visto durante la notte, mandi tutto il bene possi-

bile a te vostro figlio: là, dalle viscere della terra,

mandi il bene alla luce e tutto il male che al bene si

oppone, lo trattenga giù, nella terra, nascosto nel-

l’ombra di tenebra.

Questo con il mio presago cuore, per il tuo bene io

ti consiglio, e andrà tutto bene, ne siamo certi!

REGINA

Ma certo, lo so, tu mi sei amico: per il bene di mio

figlio e della mia casa, mi hai dato questo responso.

Davvero vada tutto per il meglio! Ora tutto quanto

mi hai prescritto di fare, io lo farò: sacrificherò agli

dei e a chi mi è caro e sta sottoterra, subito appena

rientro a palazzo. Ma c’è ancora qualcosa che vor-

rei sapere, miei cari: dove dicono stia Atene?

CORIFEO

È lontano, verso Occidente, dove il Sole potente nel

tramonto si strema.

REGINA

E dimmi, mio figlio perché desiderava fare sua

preda proprio quella città?

CORIFEO

Perché così tutta l’intera Grecia sarebbe diventata

suddita del Gran Re.

REGINA

Hanno dunque un esercito tanto forte di uomini?

CORIFEO

È un esercito potente, che ha già inflitto ai Medi

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85gravi sconfitte.

REGINA

E cos’altro hanno ancora? Hanno grandi ricchezze

nella loro reggia?

CORIFEO

Una vena d’argento hanno: questo è il solo tesoro

della loro terra

REGINA

E sono bravi anche loro con le frecce e con l’arco?

CORIFEO

No: impugnano la lancia e combattono a piedi da

fermi, con scudi pesanti.

REGINA

E chi è alla testa di quell’esercito? Chi è il loro

padrone?

CORIFEO

Si vantano di non essere schiavi di nessun uomo,

sudditi di nessuno.

REGINA

E come possono difendersi allora, quando i nemici

in armi li assalgono?

CORIFEO

Possono! Tanto che hanno distrutto un esercito di

Dario, che pure era numeroso e potente.

REGINA

Incredibile questo che mi dici! Per i parenti dei guer-

rieri che sono partiti c’è davvero da stare in pena.

CORIFEO

Ma ecco, credo che presto saprai tutto e avrai noti-

zie precise: questo che sento è il passo di corsa di

un guerriero persiano – lo riconosco – e ti porta il

racconto chiaro di ciò che è successo, bene o male

che sia.

MESSAGGERO

Città di tutta la terra d’Asia, terra di Persia, vasto

porto di tesori, ti annuncio che in un solo colpo

una grande fortuna è andata distrutta: il fior fiore

dei Persiani giace a terra, reciso.

Ahimè, è orribile essere il primo ad annuncia-

re sciagure! Eppure è necessario... tutto quanto

abbiamo subito va rivelato, Persiani: è proprio così,

l’esercito dei barbari, tutto, è stato annientato.

CORO

Terribili pene, {sventure} inaudite:

è la rovina! ah! ah! bagnatevi di lacrime, Persiani,

a udire un tale dolore.

MESSAGGERO

Davvero tutto, laggiù, s’è compiuto! E io che ormai

più non ci speravo, vedo il giorno del mio ritorno.

CORO

Oh, lunga, troppo lunga, questa nostra

vita: davvero un’eternità per noi vecchi si è rive-

lata,

ad ascoltare questa sciagura davvero inattesa.

MESSAGGERO

Si, io ero là: non per discorsi sentiti da altri,

Persiani, posso raccontarvi quali pene soffrimmo.

CORO

Ah! inutili

le molte e molte frecce che insieme

dalla terra d’Asia scoccarono, verso la Grecia

terra, divina terra esecranda.

MESSAGGERO

Sono piene di cadaveri miseramente disfatti le

spiagge di Salamina e là intorno, per ogni dove.

No, non bastavano gli archi: tutto l’esercito,

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86 distrutto! Dall’assalto delle navi è stato annientato.

Ah, Salamina, nome sopra ogni altro odioso! Ah,

Atene, come piango a ricordare il tuo nome!

CORO

Tremenda sì, Atene per i suoi nemici!

Ricorda che

troppe donne ha reso sterili

spose, vedove ormai dei loro uomini.

REGINA

Sto in silenzio da tempo sgomenta, colpita dalla

sciagura. Passa il segno questa disgrazia e non

sopporta né parole, né domande.

Ma tuttavia, Necessità costringe i mortali a soppor-

tare sciagure: sono gli dei che ce ne fanno dono!

Scopri dunque tutto il dolore: parla, sii forte anche

se ti viene da piangere per la sciagura, racconta!

C’è qualcuno che non sia morto? Chi dobbiamo

piangere fra i condottieri di tutti quei popoli? Chi

tra i comandanti in carica cadde e lasciò la sua

schiera?

MESSAGGERO

Serse, lui, vive! E vede ancora la luce del sole.

REGINA

Queste tue parole portano alla mia casa una luce

grande; è giorno che splende dalla notte più nera!

MESSAGGERO

Ma Artembares, invece, che era alla testa di die-

cimila cavalli, è un corpo sbattuto sulle rocciose

coste dei Sileni. E Dadakes, capo di mille uomi-

ni...un colpo di lancia, un agile salto e fu balzato

giù dalla nave. E Tenagon, il nobile principe dei

Battriani, vaga cadavere intorno all’isola d’Aiace e

il mare ne fa scempio. Lilaios, Arsames, Argestes:

tre corpi sballottati che cozzano sulla dura costa

dell’isola delle colombe.

Veniva dal paese delle sorgenti del Nilo d’Egitto,

Farnuchos: con lui, dalla stessa nave, Arkteus,

Adeves, Feresseuse caddero in mare.

Matallos di Crisa era a capo di diecimila uomini e

ora è morto; condottiero di trentamila cavalli neri,

fulva, folta, selvatica era la sua barba: ora ha cam-

biato colore, tinta in un bagno rosso di sangue.

E Arabos, il mago; e Artabes della Battriana: ora

sono laggiù, cadaveri che si decompongono, stra-

nieri in quella dura terra.

E Amistris e Amfistreus, che brandiva la lancia che

tanti colpi aveva inflitto; e il nobile Ariomardos

lutto ora porta a Sardi; e Seisames di Misia; e

Tharybis, capo di una flotta di duecentocinquanta

navi: veniva da Lirna, era l’immagine della bellez-

za e ora giace, morto di una brutta morte. Davvero

non ebbe fortuna! Siennesis poi, che era un cam-

pione di coraggio, il comandante dei Cilici, da solo

inflisse gravissime perdite ai nemici, ed è morto

con gloria.

Ho fatto <qui> menzione dei capi, soltanto: di

tante sciagure ben scarso è il mio resoconto.

REGINA

Ahi ahi, abisso di sciagure è questo che sento: onta

per i Persiani, e acuti singulti. Ma ancora dimmi,

parlami ancora: erano così numerose le navi dei

Greci, tante da attaccare battaglia e dare l’assalto

contro la flotta persiana?

MESSAGGERO

No, davvero: di questa puoi essere certa! Stando al

numero, doveva vincere la flotta dei barbari: a

contare tutte le navi che avevano i Greci, si arri-

va a trecento, più una decina di navi scelte. Serse

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87invece – questo lo so di preciso – guidava una

flotta di mille navi, e le aveva condotte tutte quan-

te, più le navi speciali, da corsa, che erano due-

centosette. Questo è il conto: non ti pare che non

dovevamo perdere in questa battaglia? Ma andò

così: fu un dèmone che volle distruggere il nostro

esercito e caricò i piatti della bilancia con fortune

di peso ineguale. Gli dei salvano sempre la città

della Pallade dea!

REGINA

E allora, è inespugnabile la città di Atene?

MESSAGGERO

Dove ci sono veri uomini, là è un baluardo invin-

cibile!

REGINA

Ma l’inizio dell’attacco, come fu? Racconta: chi

attaccò battaglia, i Greci? O fu mio figlio forte del

numero delle sue navi?

MESSAGGERO

Chi diede inizio, o Signora, a tutto quel disastro, fu

la vendetta divina che non perdona, o un dèmone

malvagio venuto da chissà dove.

Un uomo, un greco, arrivò dal campo ateniese e

disse così a tuo figlio Serse: che appena fossero

calate le ombre nere della notte, i Greci non sareb-

bero rimasti a sostenere l’attacco, ma sarebbero

balzati ai remi, per scappare chi da una parte chi

da un’altra, nella speranza con quella fuga furtiva

di salvarsi la vita.

E lui subito, come sentì questa storia, non si avvide

dell’inganno del greco e neppure si accorse che

gli dei volevano il suo male, e pronunciò questo

discorso a tutti i capitani delle navi: ordina che

non appena la vampa dei raggi del sole scemerà

sulla terra, e la tenebra prenderà il suo posto in

tutto l’orizzonte del cielo, allora schierino la flotta

in tre file, e presidino gli sbocchi e tutti i varchi del

mare. E intanto le navi si appostino intorno all’iso-

la d’Aiace: e così, se per caso i Greci fossero riusciti

a scampare alla morte e fossero riusciti a trovare

una via di fuga furtiva sulle loro navi, a tutti loro

- disse – sarebbe stata mozzata la testa. Così parlò:

troppo fiducioso era il suo cuore e non sapeva cosa

gli stavano preparando gli dei! Loro, in buon ordi-

ne, ubbidienti <...> si apprestavano a preparare il

pranzo, e i marinai intanto mettevano a riposo i

remi, bene appoggiati sui loro scalmi.

E poi che la luce del sole si affievolì e calò la notte,

ognuno allora riprendeva il suo posto ai remi sulle

navi, ciascuno in armi al suo posto. E fila per fila,

lungo ogni nave, si passavano l’ordine, e avanzava-

no, ciascuno al posto assegnato. Per tutta la notte i

condottieri delle navi fecero muovere avanti e in

dietro l’intera flotta.

Avanzava la notte, ma i Greci non tentavano fughe

furtive da nessuna parte. E quando il giorno, con

i suoi cavalli splendenti, invase tutta la terra –

splendida vista di luce – riecheggiò, dalla schiera

dei Greci, un rimbombo prima ... ecco sembrava

un canto, una musica sacra; e alta ne riprodusse

la roccia dell’isola l’eco. Il terrore calò sui barbari,

vacillava ora ogni certezza: no, non per la fuga

intonavano i Greci quel sacro peana! Era un inci-

tamento a lanciarsi in battaglia con coraggio da

prodi!

Il suono di una tromba, e ovunque, là, divampò

la battaglia. Ecco il rumore dei remi che simulta-

neamente battono l’acqua profonda del mare, a

un solo comando; ecco tutti insieme appaiono, ora

possiamo vederli! L’ala destra prima, ben schiera-

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88 ta, avanzava alla testa della formazione, e tutta la

flotta veniva dietro. E intanto un grido, alto, si udì:

«Figli dell’Ellade, avanti! Liberate la patria, libe-

rate i vostri figli, le donne, i templi dei nostri dèi, i

sepolcri dei nostri antenati! Tutto è in gioco: qui e

ora è la sfida!».

Dalla nostra parte, come una risacca rispose il

frammisto brusio delle lingue persiane. Non c’era

più un istante da aspettare!

Ecco, ogni nave con il suo rostro di bronzo urta

contro una nave nemica; una nave greca diede

inizio all’attacco e spezzò via i rembi di una nave

fenicia; le prue l’una contro l’altra puntavano, di

qua, di là, si agitavano. Dapprima la marea del-

l’armata persiana fece fronte all’attacco: ma presto

la gran massa di navi rimase accalcata nello stretto

passaggio, e non potevano più prestarsi soccorso

l’un l’altra; ma si intralciavano invece, urtavano

una sull’altra coi loro stessi rostri, e si spezzavano

i remi. Le navi greche con destrezza giravano loro

intorno, le urtavano, facevano rovesciare gli scafi:

non si vedeva più l’acqua del mare, ma una massa

di rottami di navi e corpi di morti; e cadaveri e

cadaveri sulle rive, sugli scogli intorno.

È la fuga poi, senza più nessun ordine: ogni nave

– ed erano tante nell’esercito dei barbari – rema

scomposta in fuga. E gli altri brandivano i remi

spezzati, i rottami di legno, e continuavano a col-

pire, a massacrarci – come dei tonni, una retata di

pesci – a farci a pezzi la spina dorsale. L’acqua del

mare era tutta un pianto, tutta un lamento; final-

mente calò l’occhio nero della notte, e fu finita.

Ma la caterva di tutte quelle sciagure, neppure se

continuassi a raccontare di fila per dieci giorni, no,

non potrei esaurirla. Sappi questo, soltanto: che

mai in un solo giorno morì un numero così grande

di uomini.

REGINA

Ahi, ahi, un mare immenso di sciagure erompe sui

Persiani e su tutta la gente dei barbari!

MESSAGGERO

Ma sappi che non siamo neppure a metà del disa-

stro. Sul nostro esercito si è abbattuta poi una

disgrazia così grande, che vale il doppio di quanto

già pesava.

REGINA

E quale evento può esserci ancora peggiore di que-

sto? Parla! Qual è la disgrazia che dici s’è abbattu-

ta sull’esercito, ad aggravare ancora di più il conto

del nostro disastro?

MESSAGGERO

Quanti tra i Persiani erano nel fiore delle forze,

quanti erano nobili d’animo ed eletti di nascita,

i primi su cui il re poteva sempre contare, sono

morti tutti senza onore!

REGINA

Me infelice, per questa sventura! Come sono

morti?

MESSAGGERO

C’è un’isola là, davanti alla costa di Salamina;

è un’isoletta, non ha approdi per le navi: Pan la

frequenta con le sue danze, lungo la spiaggia sul

mare.

Serse li aveva mandati là, quei disgraziati, perché

qualora i nemici in rotta dalle navi avessero cerca-

to salvezza nell’isola, li avrebbero uccisi: là i solda-

ti greci sarebbero stati facile preda; e poi avrebbero

anche potuto trarre in salvo i nostri caduti in mare.

Ma non aveva previsto bene cosa sarebbe successo!

Non appena un dio ebbe dato ai Greci la vittoria

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89in quella battaglia navale, essi subito si bardarono

delle loro belle armature di bronzo e saltarono giù

dalle navi; ecco, circondano l’isola tutt’intorno,

e non c’è più via di scampo. Da ogni parte pio-

vevano colpi su colpi: pietre scagliate dai Greci,

frecce dalle corde dei loro archi; e i nostri cadeva-

no morti, uno dopo l’altro. Alla fine tutti insieme

sferrano l’attacco decisivo: è il rombo di un solo

assalto! Sono colpi, carni fatte a pezzi, smembrate,

è il massacro di quei disgraziati, finchè tutti, tutti

persero la vita!

Serse allora pianse: davanti agli occhi aveva un

abisso di sciagure. Il suo seggio era posto in vista

dell’intero campo di battaglia, su un’altura eleva-

ta sopra la distesa del mare; si strappò le lunghe

vesti, alto si levò il suo lamento! E subito dà gli

ordini alle truppe di terra e si getta in una fuga

scomposta.

Questa è la disgrazia che si aggiunge a quella

prima: su tanto abbiamo da piangere.

REGINA

Ti odio, dèmone che così hai ingannato le speranze

dei Persiani! Un’amara punizione ha avuto mio

figlio dalla gloriosa Atene: non bastavano tutti quei

barbari che Maratona già aveva ucciso? Mio figlio

pensava di poter compiere la loro vendetta e si è

tirato addosso questa immensa mole di sciagura.

Ma tu dimmi, le navi che sono scampate al disa-

stro, dove le hai lasciate? Sai indicarmi dove, pre-

cisamente?

MESSAGGERO

I comandanti delle navi superstiti si danno a una

fuga affannata, scomposta, e il vento gli aiuta;

l’esercito di terra invece – ciò che ne rimaneva – si

è disfatto in suolo di Beozia, alcuni tra i tormenti

della sete anelando l’acqua di una fonte, <sfiniti

altri> nell’ansimo della fatica. Noi, ci inoltram-

mo nel territorio della Focide, fino alla Doride e

al golfo Maliaco, dove il fiume Spercheo irriga la

piana con le sue acque feconde; e poi la pianura

di Acaia e le città dei Tessali ci accolsero, stremati

dalla fame. E là moltissimi morirono di sete e di

fame, le due piaghe che ci torturavano.

Attraverso la regione di Magnesia giungemmo

quindi in Macedonia, fino a traversare il guado del-

l’Axios, fino alle paludi di Bolbe, al monte Pangeo,

fino alla terra degli Edoni. Ma proprio quella notte

un dio mandò una gelata fuori stagione e ghiacciò

tutto il corso del sacro Strimone. Allora, chi prima

non credeva affatto agli dei, là si metteva a pre-

gare, a supplicare, prostrato ad adorare Terra e

Urano. E quando i soldati ebbero finito di invocare

a lungo gli dèi, provarono ad attraversare il fiume

gelato: chi di noi riuscì a passare di là d’un balzo,

prima che si diffondessero i raggi divini del sole,

riuscì a salvarsi. Ma arde fulgente lo splendido

disco del sole, e i raggi sciolgono la superficie del

guado, col caldo della loro vampa:cadevano allora

uno dopo l’altro, e fortunato fu chi più presto ebbe

interrotto il respiro di vita.

I superstiti che erano riusciti a mettersi in salvo tra-

versarono la Tracia, con fatica dopo molte sofferen-

ze - certo sono rimasti ben pochi! – fino a rifugiarsi

nella loro terra, nelle loro case. Perciò la città dei

Persiani ora può piangere, rimpiangere la sua gio-

ventù, il frutto più caro di questa terra. Quanto ho

detto è vero, e ancora tralascio di raccontare molte

sciagure che sui Persiani il dio fece piombare.

CORO

O dèmone delle terribili pene! Come sei pesante e

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90 schiacci sotto ai tuoi piedi la gente persiana!

REGINA

Ah, me disgraziata: per l’esercito è tutto finito! O

visione della notte, che mi sei apparsa nel sonno,

con quanta chiarezza mi mostrasti queste sciagure!

E voi, invece, prendevate alla leggera i miei presa-

gi!

Tuttavia, poiché mi avete dato questo responso,

prima di tutto voglio andare a pregare gli dèi, e poi

verrò a portare offerte alla Terra e ai morti: andrò

a prenderle nella mia reggia. So che la mia offerta

è tardiva rispetto a tutto quanto già è accaduto;

ma vorrei che per il futuro ci attendesse una sorte

migliore.

E voi, dopo tutto questo, voi che siete i Fedeli

dovrete darmi fidati consigli. Quanto a mio figlio,

se arriva qui prima che io ritorni, consolatelo e

scortatelo fino alla reggia: accompagnatelo, che

non aggiunga, a tutte queste sventure un’altra

sventura.

CORO

Zeus, tu sei il re : <...> i Persiani

erano tronfi d’orgoglio, erano ricchi di genti,

e ora quell’esercito tu hai annientato,

e Susa ed Ecbatana

di nero dolore hai velato.

Molte donne con tenere mani

si stracciano i veli;

una pioggia di lacrime inonda i seni:

così fanno parte del loro dolore.

Prima, le spose persiane con dolci lamenti

Si struggevano per la nostalgia di rivedere

il compagno, a cui s’erano appena accoppiate;

quelle dolci coltri del letto di spose,

quel giovane, delicato piacere: a tutto, addio!

Piangono ora di un pianto insaziato.

E anch’io sulla sorte di che se n’è andato

Alzo il canto del lutto che qui si conviene.

Tutta, tutta ora piange

la terra d’Asia svuotata.

Serse era la guida, ah,

Serse fu la rovina, ah,

Serse sventatamente tutto condusse

In quelle navi di morte sul mare.

Ma perché invece Dario, prima, era indenne,

alla testa dei suoi arcieri, tutti persiani,

lui, l’amato condottiero di Susa?

Guerrieri di terra e insieme guerrieri di mare,

ali di lino occhi scuri sul mare,

le navi, ahi, li guidarono,

le navi, ahi, li rovinarono:

navi, assalti, dappertutto il disastro

dagli scontri con gli Ioni.

A malapena è scampato lo stesso sovrano – così ci

hanno detto –

attraverso le pianure di Tracia,

attraverso gli orrori per via.

E quelli che per primi trovano la morte ah!

Prede del destino ah!

Intorno alle spiagge cicree ah!

<sono straziati!> Piangi, dilàniati,

profondo sia l’urlo,

fino al cielo salga il dolore ah!

leva un lungo ululato,

alta voce di questa pena.

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91Putridi di crudo salso ah!

Straziati dai muti

Figli del mare incorrotto ah!

È in lutto ogni casa, privata del suo

Signore: e i genitori senza più figli (dispersi)

Per disgrazia divina ah!

Per la pena invecchiano,

a sentire tutto questo dolore.

E i sudditi d’Asia,

già più non obbediscono alla legge persiana,

si sottraggono ora al tributo

imposto dai loro sovrani;

già a terra più non

si prostrano: è distrutta

tutta tutta la potenza regale.

La lingua degli uomini

non ha più freni; il popolo, sciolto,

ora parla, liberamente:

il giogo del nostro potere s’è sciolto!

Intrisa di sangue è la terra

di Aiace; onde la battono, intorno:

là, in quell’isola, la Persia tutta è sepolta!

REGINA

Miei fedeli, chi ha conosciuto disgrazie sa che

quando i mortali sono travolti dalle ondate del

male, allora usano aver paura di tutto.

Così ora è per me: tutto è pieno di paura. Negli

occhi, le immagini dell’odio degli dèi; negli orecchi

rimbomba uno strepito, e non è certo un peana!

Un colpo così forte di sciagure stravolge di terrore

la mente.

Così sono venuta qui, senza cocchio, senza sfarzo,

di nuovo qui dalla mia reggia, e porto libami che

siano grati al padre di mio figlio. Sono le offerte

che i morti dolcemente blandiscono: buon latte

bianco di vacca pura, le stille che produce l’ape dai

fiori – il miele tutto dorato – mescolati insieme con

l’acqua di una fonte vergine, e alla pura bevanda

che sgorga dalla terra, selvatica madre. Ecco il

vino, la delizia della vite vetusta; e inoltre, dall’al-

bero che ha sempreverdi le foglie, dal lucente

ulivo, ecco il frutto fragrante; e poi ghirlande di

fiori, sbocciati dalla Terra feconda.

Ora i miei cari, accompagnate queste offerte per gli

Inferi con sacri inni, ed evocate il genio di Dario.

Io, intanto, farò bere alla terra queste offerte, così

raggiungeranno gli dèi della terra.

CORO

Tu, sposa del Re, tu dai Persiani venerata regina,

tu devi mandare i libami alle dimore di sottoterra:

noi canteremo inni intanto, per chiedere agli dèi

che scortano i morti

di essere buoni con noi, da sotto la terra.

Avanti, puri dèmoni ctoni,

terra, Hermes e tu re degli Inferi

mandate su quest’anima, che venga alla luce!

Perché se esiste un rimedio più forte di queste scia-

gure, lui lo conosce;

lui, solo fra tutti i mortali, potrà dire il limite di

questo male.

Ah!

Mi ascolta il beato, il re pari agli dèi, mi ascolta?

Le barbare, chiare parole della mia lingua,

i diversi lamenti così duri a sentirsi, li ascolta?

La pena del mio immenso dolore

metterò nel mio urlo:

ma dal cuore della mia terra, lui mi ascolta?

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92 Avanti tu, Terra, e voi tutti, Signori degli Inferi,

concederete che quello spirito grande

venga qui dalle vostre dimore. Il dio dei Persiani,

della gente di Susa:

lui mandate quassù,

lui, il più grande che mai

sia stato sepolto in terra di Persia.

Ah!

Mi era caro quell’uomo, {...} caro mi è questo

tumulo:

amavo quel suo modo di essere che qui è sepolto.

Aidoneo, scortalo su, fallo apparire, Aidoneo!

Fa’ apparire {Dario}, il divino sovrano, Dario! Eh!

Mai lui fece morire i suoi uomini,

mai le sue guerre portarono disastrosa rovina;

«mente divina», in Persia, «mente divina» veniva

chiamato:

sempre il suo esercito bene guidò! Eh!

Re antico re, sovrano, vieni qui, vieni:

appari sulla cima di questo tumulo,

e il calzare tinto di croco solleva,

fa’ apparire la punta splendente della tiara regale;

vieni, padre, Dario padre buono, vieni! Ah!

Vieni ad ascoltare questi nuovi, nuovi dolori:

sovrano, mio sovrano, appari ora!

Nell’aria aleggia una caligine scura di Stige infer-

nale:

tutti i nostri giovani, tutti sono morti!

Vieni padre, Dario, padre buono, vieni! Ah!

Ah, ah!

Quando moristi, molte lacrime hai fatto versare a

chi ti amava!

Perché tutte queste sciagure, signore? Signore,

<perché?> E possibile

per due volte ancora per quale colpa questi lamen-

ti?

Per tutta la terra <...> relitti di navi a tre scalmi,

disfatte!

Ah! navi che non son più navi, non più navi.

OMBRA DI DARIO

Fedeli tra i fedeli, compagni della mia giovinezza,

vecchi Persiani, quale pena affligge il nostro paese?

La terra risuona di gemiti, è colpita, spaccata.

E voi poi che cantate questo canto luttuoso, e que-

ste nenie che evocano le anime dei morti! Pietoso è

il canto con cui mi evocate, ma non è facile uscire

di là – non è facile! – perché gli dèi inferi sono più

buoni a prendere le anime, che a lasciarle andare.

Tuttavia sono riuscito ad avere la meglio su di loro,

ed eccomi a voi: fa presto ora, che non mi contesti-

no di essere rimasto qui per troppo tempo.

Qual è questa nuova sciagura che incombe sui

Persiani?

CORO

Ho ritegno a rivolgere a te lo sguardo,

ho ritegno a rispondere a te parole

per l’antico rispetto!

OMBRA

Vengo qui da sotterra indotto dai tuoi lamenti: parla

ora! E non fare lunghi discorsi ma in breve dimmi!

Metti da parte la reverenza che hai verso di me!

CORO

Non oso assecondarti,

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93non oso risponderti,

e dire a chi amo cose che non vorrei mai dire!

OMBRA

E allora, poiché quest’antica paura ti paralizza la

mente, tu, vecchia compagna del mio letto, tu mia

nobile sposa, metti fine a questi pianti e a questi

lamenti, e parlami chiaramente! Lo sai, ai mortali

tocca soffrire umani dolori: molte sciagure vengono

dal mare, molte dalla terra, molti mali capitano agli

uomini, se la loro vita si prolunga troppo in avanti.

REGINA

Tu tra gli uomini sei stato il più felice, per tuo for-

tunato destino!

Finché hai visto la luce del Sole sei stato invidiato

e hai condotto fra i Persiani la vita beata di un dio:

e ora io ti invidio, perché sei morto prima di vedere

l’abisso di queste sciagure!

Ecco, Dario,saprai tutto: per dirla in una sola

parola, l’impero dei persiani è stato annientato!

OMBRA

E come? La calamità di una peste? Una rivolta nel

paese?

REGINA

No, niente di tutto questo: presso Atene l’intero

esercito è stato distrutto!

OMBRA

E chi dei miei figli portò l’esercito fino a laggiù?

Parla!

REGINA

È stato il bellicoso Serse: lui ha svuotato tutte le

plaghe del continente!

OMBRA

Sventurato! E per terra o per mare tentò la follia

di quest’impresa?

REGINA

Per terra e per mare: c’erano due fronti, due eser-

citi.

OMBRA

E come ha fatto un tale esercito di terra passare di

là del mare?

REGINA

Con dei ponteggi aggiogò lo stretto d’Elle, per

creare un passaggio.

OMBRA

A questo è arrivato? Ha incatenato il potente

Bosforo?

REGINA

Si: un demone, forse, doveva avergli toccato la

mente.

OMBRA

Ah, un grande dèmone davvero deve essere stato,

per farlo delirare così!

REGINA

Ed ecco gli effetti che quella sciagura ha provoca-

to!

OMBRA

E perché piangete così per questa impresa?

REGINA

L’esercito navale rovinò, e provocò la rovina anche

dell’esercito di terra.

OMBRA

E così tutte quante le nostre truppe sono state

annientate in battaglia?

REGINA

Per questo tutta la città di Susa piange la perdita

dei suoi uomini.

OMBRA

Ahimè! Era forte la loro difesa! Potevano contare

su molti guerrieri!

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94 REGINA

Tutta, tutta la gente della Battriana è morta: nes-

suno arriverà più alla vecchiaia

OMBRA

Disgraziato! Ha perduto tutti quei giovani, tutti i

nostri alleati!

REGINA

Solo Serse, solo lui, desolato con pochi altri dicono...

OMBRA

Dove, com’è morto? Oppure è riuscito a salvarsi?

REGINA

Per fortuna ha raggiunto il ponte, che collega le

due terre.

OMBRA

E si è messo in salvo di qua, sul continente? È pro-

prio sicuro?

REGINA

Sì, le notizie sono chiare su questo punto.

OMBRA

Ah! troppo presto le profezie si sono compiute! E

contro mio figlio Zeus ha fatto precipitare il com-

pimento degli oracoli divini!

Ora ecco, è come se si fosse aperta una nuova

sorgente di disgrazie per tutti i miei: e mio figlio,

che non sapeva di quegli oracoli, per l’impulso

della sua giovinezza li ha fatti avverare; lui che

credeva di poter far schiavo il sacro Ellesponto, di

incatenare quell’acqua sacra, la divina corrente dl

Bosforo.

E del guado ha fatto una strada: fissò dall’una a

dall’altra parte con ceppi, a colpi di martello, un

largo passaggio per il suo numeroso esercito.

Lui, un mortale, credeva di esser più potente anche

degli dèi – che idea insensata – più potente dello

stesso Poseidone.

Solo un colpo di follia può aver preso mio figlio!

E temo ora che gli immensi tesori che io avevo

conquistato diventino preda di tutti, del primo che

arriva.

REGINA

Ma questo, devi saperlo, l’ ha imparato frequen-

tando persone malvagie, il bellicoso Serse: conti-

nuavano a dirgli che tu avevi conquistato per i tuoi

figli grandi tesori con le tue guerre; e che lui invece

era un vile, che faceva guerre solo interne, e che

non accresceva per nulla la fortuna del padre.

Gente cattiva che lo avviliva, continuamente, e lui

li ascoltava: un giorno, infine, decise di fare questa

spedizione contro la Grecia.

OMBRA

Ecco, è stata compiuta un’impresa enorme, spro-

porzionata, che mai potrà essere dimenticata:

impresa grandissima, davvero! È riuscito a svuota-

re questa città di Susa, e mai era successo.

Noi, tutti quanti abbiamo avuto in passato il suo

stesso potere, mai si potrà dire che abbiamo provo-

cato tali pene.

CORO

E allora, Dario signore? Dove vanno a parare que-

sti discorsi? In queste condizioni, cosa possiamo

fare per il meglio, noi, gente di Persia?

OMBRA

Mai più dovrete fare spedizioni contro il paese dei

Greci, neppure se le truppe dei Medi, saranno più

numerose: perché la terra, la terra stessa, combatte

al loro fianco.

CORO

Come puoi dire questo? Al loro fianco... e come?

OMBRA

Uccide i soldati con la carestia, anche se sono

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95numerosi.

CORO

Ma noi prenderemo guerrieri robusti e scelti.

OMBRA

No, nessuno: neppure gli uomini che ora sono

rimasti in terra greca, riusciranno a tornare e sal-

varsi.

CORO

Ma come puoi dire questo? Non è vero che tutte le

truppe dei barbari possono sempre passare l’Elle-

sponto e venire via dall’Europa?

OMBRA

Pochi, pochi dei molti che erano si salveranno, se

c’è da credere agli oracoli divini. E quanto è acca-

duto finora è ben davanti ai nostri occhi: purtrop-

po si avverano sì quegli oracoli, tutti e sempre, non

solo in parte! E se le cose stanno così, lui lascia

laggiù un bel numero di uomini scelti, perduti per

essersi illuso nelle sue vane speranze.

Loro intanto son rimasti là, dove l’Asopo bagna la

piana con le sue acque: là sofferenze atroci li atten-

dono e sarà il castigo per la loro superbia, per il

loro empio ardimento. Sono infatti proprio quelli

che, giunti in terra greca, non ebbero ritegno di

predare le immagini degli dèi, di dar fuoco ai tem-

pli: altari devastanti, statue sacre divelte e gettate a

terra, alla rinfusa. Chi ha fatto del male, ne soffre

altrettanto, non meno! E altre sciagure verranno:

non è questo il colmo del male. Butterà ancora

quella fonte e sarà un sanguinoso libame offerto

alla terra di Platea dalla lancia dei Dori: cumuli di

cadaveri che fino alla terza generazione, muti testi-

moni, agli occhi di tutti insegneranno che non deve

chi è mortale esser troppo superbo. La superbia

dopo il fiore dà il frutto: ed è spiga di rovina da cui

si miete messe di pianto.

Guardate quindi questo castigo e ricordatevi sem-

pre di Atene, ricordate la Grecia! Nessuno dovrà

mai disprezzare ciò che il dio gli accorda, e per

brama di altri possessi dissipare una grande fortu-

na. Zeus, si sa, punisce i progetti troppo superbi:

è lui che presiede al giudizio, e chiede il conto,

severo.

Ma voi convincetelo con i vostri buoni consigli a

essere prudente, a desistere dall’offendere gli dèi,

con il suo orgoglio arrogante.

E tu vecchia madre di Serse, che a lui sei tanto

cara, và a casa, prendi le vesti più belle, e và in

contro a tuo figlio: per il dolore di tutte quelle

sciagure si è stracciato le splendide vesti e sul suo

corpo pendono ora a brandelli!

Ma tu sai come fare: parlagli, placalo! Solo a te, lo

sai bene, presterà ascolto.

Io ora ritorno sotto, nell’ombra.

E voi, vecchi, fatevi animo: anche nella sventura

dovete concedere al vostro cuore un po’ di gioia

ogni giorno. Questo serve, e non altra ricchezza, a

chi è destinato alla morte!

CORO

Quante disgrazie ora, e quante pene ancora ci

saranno per i barbari! Le ascolto e ne soffro!

REGINA

O dèmone, quante sciagure incombono su di me!

Ma più di tutto, questa è la disgrazia che mi morde

il cuore: il disdoro di mio figlio, sentire di quelle

vesti stracciate che porta addosso!

Vado ora; prendo a casa una bella veste e mi appre-

sto ad andare incontro a mio figlio: è quanto ho di

più caro e nella disgrazia non voglio abbandonarlo.

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96 CORO

Ah, ah, splendida, felice vita

godevamo nel nostro paese,

allora, quando il re di un tempo,

che a tutto provvedeva, che male non faceva, il re

imbattibile,

pari ad un dio, Dario, comandava su questa terra.

Un tempo si, il nostro vanto erano campagne di

guerra gloriose; i soliti assalti alle rocche,

in ogni scontro;

e i ritorni dalle battaglie sicuri, senza pene, senza

dolori;

E tutte le città che lui conquistò

senza mai valicare il confine del fiume Halys,

senza andare lontano da casa:

come quelle sul golfo Strimonio

che sono vicine

alle dimore dei Traci.

Ma anche lontano dal mare, le città di terraferma

circondate di torri

obbedivano a lui, al nostro signore;

e pure le altre gloriose, adagiate intorno al largo

Ellesponto;

nel senso della Propontide,

e sulla foce del Ponto.

E le isole poi, lungo la costa del mare circondate

dalle onde,

vicine al nostro continente:

Lesbo e Samo, fiorita d’ulivi,

e Chio e Paro, e Nasso e Micono

e Andro che a Tino vicina si stringe.

E poi dominava sulle città che stanno sul mare, a

mezzo fra le due coste:

Lemno e l’isola di Icaro,

e Rodi e Cnido, e Pafo e Soli

città di Cipro, e Salamina,

la cui madrepatria è ora causa di tanti lamenti.

E poi era signore delle ricche, popolose

città del dominio di Ionia,

città greche che col suo senno lui dominava.

E mai si esaurivano le sue riserve: sempre

uomini freschi in armi e il ricambio di diverse

truppe alleate.

Ora no, non v’è dubbio: il dio ci ha voltato le spalle!

Dalle guerre, ora, solo pene da sopportare:

e soffriamo, domati dai gravi colpi del mare.

SERSE

Ah!

Disgraziato che sono per questo crudele destino!

No, non si poteva prevedere questa sorte!

Feroce è quel dèmone che si avventò sulla gente

persiana!

Quale pena ancora mi aspetta? Mi si piegano le

ginocchia

a guardar questi vecchi, i miei cittadini.

Meglio davvero, Zeus, se anch’io, insieme a tanti

che se ne sono andati,

fossi stato velato dal destino di morte.

CORO

Oh oh, mio re, la bella armata,

l’alto onore dei Persiani, lo splendore di quei guer-

rieri!

E ora un dèmone li ha falcidiati!

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97La terra urla di dolore per la sua

gioventù uccisa da Serse: all’orlo l’Ade hai colmato

di morti persiani.

Venivano da Ecbatana quegli eroi,

il fiore di questo paese: erano arcieri valenti,

e a mucchi, a miriadi, sono morti.

Ah ah, la potenza del loro valore!

Tutta l’Asia, o re di questa terra,

- atroce atroce – è in ginocchio, piegata.

SERSE

Per me, si, per me si deve piangere!

Eccomi, il pianto della mia gente,

la rovina della mia patria, io sono!

CORO

A salutare il tuo ritorno

è un urlo di morte, un canto di sciagura,

come un funereo lamento Mariandino:

leverò, leverò un grido, lacrime e pianto {...}.

SERSE

Levate l’urlo {...} scomposto

del dolore: il dèmone! È lui

che mi si è rivoltato contro.

CORO

Leverò si il mio urlo di dolore, per rendere onore

ai lutti del mio popolo; quei duri colpi del mare

sul mio paese, sulla mia gente: questo il com-

pianto. Piango: lacrime e ancora lacrime nel mio

lamento.

<SERSE>

Con gli Ioni stava,

con gli Ioni, l’Ares che sfracella le navi, l’Ares che

decide la vittoria;

e di notte, sulla distesa del mare, falcidiò la sua

messe di morte,

su quella spiaggia del dèmone maledetto.

CORO

Grida ahi, ahi! E chiedigli ancora:

dove sono tutti i nostri guerrieri?

dove sono i tuoi capitani?

SERSE

Cadaveri li ho lasciati: sono caduti

dalle navi di Tiro, morti galleggiano

sulle rive di Salamina, sbattuti sulle coste di

roccia.

CORO

Oh oh! E dove sono Farnuchos

e il prode Ariomardos?

Dov’è Sevalkes, il sovrano?

E Lilaios, di nobile stirpe?

E Menfis e Tharybis, Masistras

Artembares e Istaichmas dov’è?

Dimmi, dimmi, dove sono?

SERSE

Ahimè,

hanno ben visto l’antica

Atene crudele: un colpo di remo e tutti,

ahi ahi miserabili! Sbattuti a riva, a morire di spa-

smi.

CORO

E fra tutti questi, forse anche il fiore di Persia,

il tuo fedelissimo, il tuo occhio attento,

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98 il condottiero di in numeri schiere,

il figlio di Batanochos,

<...> Alpistos?

E il figlio di Sesames, e il figlio di Megabates,

e Parthos e il forte Oibares,

tutti, tutti li hai lasciati? Infelice!

Ai nobili Persiani sciaguratissima sciagura tu

annunci!

SERSE

Stridìo di magico incanto: il desiderio acuto

dei miei prodi compagni tu provochi in me;

mi rammenti crudeli, <indimenticabili>, indimentica-

bili pene con questi nomi:

un grido, un grido <...> da dentro il petto!

CORO

Altri ancora noi rimpiangiamo:

è il condottiero di mille e mille guerrieri di

Mardi,

è Xanthes; e poi ancora Anchares l’ario;

e Diaxis, e ancora Arsakes,

comandanti delle schiere a cavallo;

e anche Egdadatas e Lythimnas

e Tolmos, mai sazio di guerreggiare.

Sono morti, morti e sepolti! Non posso credere che

non ci siano,

vicino alla tenda tirata su ruote, che non siano qui

dietro di te!

SERSE

Se ne sono andati, tutti andati i capi del mio eser-

cito!

CORO

Andati... senza gloria.

SERSE

Ah! Ah!

CORO

Ah! gli dèi

<...> ci hanno inflitto questa imprevedibile

sciagura. Quale potenza nello sguardo di Ate!

SERSE

Noi, colpiti da questa sventura...

CORO

... colpiti, si, chi non lo vede?

<SERSE>

...nuova, nuova sventura: mai visto un tale disa-

stro!

CORO

Con le navi degli Ioni

si sono scontrati: e non hanno avuto fortuna, dav-

vero!

Cero la gente persiana non sa far la guerra!

SERSE

Come posso smentirti? Un esercito immenso

e ahimè, sono stato battuto.

CORO

Cosa ci resta, ora? Dimmelo, rovina dei Persiani!

SERSE

Vedi cosa resta della mia veste?

CORO

Vedo, ahimè, vedo! SERSE E questa faretra...

CORO

Questo, mi dici, è tutto quello che si è salvato?

SERSE

Si, ecco, la custodia delle mie frecce.

CORO

È ben poca cosa, di tanto che avevi!

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99SERSE

Noi ormai siamo privi di ogni risorsa.

CORO

I guerrieri degli Ioni non evitano, no, la battaglia!

SERSE

Troppo valorosi sono! Ho visto lo spettacolo

di una sconfitta incredibile!

CORO

Le nostre navi in fuga, vuoi dire?

SERSE

E io mi sono stracciato la veste alla vista di un tale

disastro.

CORO

Ahimè, ahimè! Che disastro!

SERSE

Più che un disastro...

CORO

Doppio, triplo disastro...

SERSE

Per noi è dolore; ma è un godimento per i nostri

nemici!

CORO

La nostra forza è piegata.

SERSE

Sono nudo: non ho più il mio seguito!

CORO

È stata la rovina dei tuoi compagni, sul mare!

SERSE

Piangi, piangi il disastro, e poi presto a casa!

CORO

Ah, la sciagura...

SERSE

Grida, si, rispondi al mio lamento!

CORO

È un dono luttuoso, che il mio lutto al tuo lutto

concede!

SERSE

Leva acuto il lamento: il tuo canto accompagni il

mio canto!

CORO

Oh!

Pesante è questa sventura

e sotto il peso io soffro.

SERSE

Colpo su colpo, come il colpo del remo: battiti,

piangi per me!

CORO

Piango! Sono tutto un lamento!

SERSE

Grida, si, rispondi al mio lamento!

CORO

Ecco, grido, signore!

SERSE

Alto l’urlo del tuo lamento! Più forte!

CORO

Oh!

Più cupo ancora mescolerò

più cupo il colpo del mio dolore!

SERSE

Sì, battiti il petto, e urla forte il lamento al modo

dei Misi!

CORO

Mi fa male, mi fa male questa sciagura!

SERSE

Su, deturpati il viso, pizzica, strappa i bianchi peli

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100 del mento!

CORO

Li strappo, li strappo con furia, e gemo di dolore!

SERSE

Grida forte! CORO Sì, grido!

SERSE

Il peplo straccia, con le unghie le pieghe...

CORO

Mi fa male mi fa male...

SERSE

I capelli pizzica, strappa: questo è il compianto per

il nostro esercito!

CORO

Li strappo, li strappo con furia, e gemo di dolore!

SERSE

Pianto nei tuoi occhi! CORO Sì, piango!

SERSE

Grida, sì, rispondi al mio lamento!

CORO

Oh, oh!

SERSE

Continua a gemere, e và verso casa!

CORO

Ah, (terra di Persia, quant’è duro calcarti!)

SERSE

In tutta la città si spanda – oah! – il lamento!

CORO

Lamento, sì – oah! – il lamento!

SERSE

Gemito e pianto nei vostri passi.

CORO

Ah, terra di Persia, quant’è duro calcarti!

<SERSE

...>

<CORO

...>

SERSE

Ah, per le navi triremi....

<CORO>

ah, per quelle barche funeste, sono morti!

<SERSE

Scortami ora alla reggia.>

CORO

Tua scorta saranno i miei aspri lamenti.

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i protagonisti

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102 Luca Lazzareschi si è diplomato alla Bottega Teatrale di

Firenze diretta da Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi.

Vincitore del Premio della Critica Teatrale 2002 e del

Premio Randone-Primafila 1999, è stato diretto in teatro

da registi di primo piano: da Gabriele Lavia (in Edipo Re di

Sofocle, Il Misantropo di Molière, Riccardo II, Otello, Riccardo

III e Amleto di Shakespeare), Cesare Lievi (Erano tutti miei

figli di Arthur Miller), Marco Sciaccaluga (Le tigri di G.

Bona), Gianfranco De Bosio (Edipo tiranno di Sofocle), a

Mario Missiroli (Lulù di Franz Wedekind), Vittorio Gassman

(Non Essere e Macbeth di Shakespeare), Glauco Mauri

(Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare). Ha

affrontato un notevole repertorio d’autori, alternando ai

classici greci ed elisabettiani, opere del novecento italiano

(Un marito di Italo Svevo diretto da Patroni Griffi, Vestire

gli ignudi di Luigi Pirandello) e interessanti esempi di dram-

maturgia straniera (Zoo di vetro di Tennesee Williams per la

regia di Werner Schroeter, lo splendido Le affinità elettive

goethiano, diretto da Matteo Tarasco). Fra gli impegni più

recenti va citato Il benessere di Brusati, diretto da Mauro

Avogadro; un ottimo successo ha ottenuto affrontando

il ruolo di Edgar nel Re Lear, prodotto dallo Stabile del

Friuli-Venezia Giulia per la regia di Antonio Calenda. Per

il cinema, ha recitato in Where angels fear to tread, regia

di Charles Sturridge e Vuoti a perdere, regia di Massimo

Costa, mentre per la televisione è stato tra i protagonisti

di Incantesimo e di diverse altre fiction.

Luca Lazzareschi

Messaggero / Serse

La sua ricca e lunga attività teatrale ha avuto inizio negli

anni Sessanta a fianco del regista Antonio Calenda al

Teatro Centouno di Roma, uno dei centri più vivaci

della ricerca e sperimentazione italiana. Da allora ha

lavorato con i più importanti registi italiani. Tra le sue

interpretazioni ricordiamo: Operetta di Gombrowicz

(regia di Antonio Calenda), Le serve di Genet (regia di

Maurizio Scaparro), Antonio e Cleopatra di Shakespeare e

La figlia di Iorio di D’Annunzio (regia di Giancarlo Cobelli),

Rosmersholm di Ibsen (regia di Massimo Castri), Medea di

Alvaro (regia di Werner Schroeter), Molly Bloom di Joyce

(regia di Ida Bassignano), Zoo di vetro di Williams (regia di

Furio Bordon), Madre Coraggio di Brecht (regia di Antonio

Calenda).

Veri eventi, nel teatro più recente, sono stati i suoi spet-

tacoli Stabat Mater di Tarantino, per la regia di Cherif,

Antigone con l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia di

Roma diretta da Marcello Panni, Berenice con la regia di

Sandro Sequi, Edipo a Colono di Sofocle e Rappresentazione

della Passione, diretti da Antonio Calenda. E recentemen-

te, sempre con la stessa regia, è stata protagonista di un

“dittico” dedicato ad Achille Campanile, in cui ha rivelato

- dopo tanti intensi ruoli drammatici - insospettabili e tra-

volgenti doti comiche.

Nel 2001 è stata un’intensa Clitemestra in Agamennone e

Coefore di Eschilo, che – per la regia di Antonio Calenda –

il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia ha messo in scena

in collaborazione con l’Istituto Nazionale del Dramma

Antico al Teatro Greco di Siracusa. Nel 2003, a Siracusa

ha ricevuto il prestigioso Premio “Eschilo d’oro” quale

interprete di tante eroine tragiche.

Va naturalmente segnalata un’importante attività cinema-

tografica, diretta da registi come Zampa, Moretti, Mingozzi,

Wertmüller, Pasolini e recentemente Marco Bellocchio

ne L’ora di religione, film che le è valso il Premio David

di Donatello. Ha recentemente recitato ne Il vestito da

sposa di F. Infascelli e in Corpo-Immagine di M. Puccioni. È

stata impegnata nella fiction Diritto di difesa per Rai Due,

dove interpretava il ruolo dell’avvocato Malatesta, men-

tre su Rai Tre è tuttora in corso la rubrica Storie di Piera.

Notevole è anche il suo impegno in qualità di regista nella

lirica e come scrittrice-sceneggiatrice, di cui si ricorda

soprattutto l’autobiografico Storia di Piera, firmato assieme

a Dacia Maraini, a cui è seguito recentemente Piera e gli

assassini.

Piera Degli Esposti

Regina

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103Diplomato presso l’Accademia Nazionale di Arte

Drammatica Silvio D’Amico nel 1956, debutta come

Cassio nell’Otello di Shakespeare con Gassman e Randone.

È stato Nanni Lasca ne La lupa di Verga con Anna Magnani,

Tebaldo in Giulietta e Romeo, il Conte di Leicester nella

Maria Stuarda di Schiller, per le regie di Franco Zeffirelli.

È stato inoltre Giasone nella Medea di Anouilh per la

regia di Giancarlo Menotti, Ernesto Roma nell’Arturo

Ui di Brecht, regia di Gianfranco De Bosio, Oreste nel-

l’Elettra di Sofocle per la regia di Franco Enriquez, il

Diavolo-Mendoza in Uomo e Superuomo di G. B. Shaw. Da

ricordare, soprattutto, la sua intensa collaborazione con

Aldo Trionfo: Arden di Ferversham, Candelaio di Bruno,

Ettore Fieramosca di D’Azeglio. È stato diretto da registi

come Visconti, Strehler, Ronconi, Ferrero, Patroni Griffi,

Salveti, Capitani, Missiroli, Crivelli, Fenoglio, Menegatti,

Brissoni, Maiano, De Martino, Marcucci, Danza, Barino, De

Ponticelli, Zanussi, Cottafavi, Luisi, Susan Sontag, Zampieri,

Blasi, Bisonti, De Fusco, Venturi. È recente l’incontro con

Antonio Calenda e il Teatro Stabile del Friuli-Venezia

Giulia: ha interpretato il ruolo dello spettro nell’Amleto

con Kim Rossi Stuart, andato in scena nella stagione

1998-’99, poi l’Agamennone e le Coefore di Eschilo nel

2001, progetto realizzato al Teatro Greco di Siracusa in

collaborazione con l’INDA. Sempre con Calenda ha inter-

pretato nel 2003 Apollo nelle Eumenidi eschilee al Teatro

Greco di Siracusa e Kent nel Re Lear che ha debuttato nel

luglio 2004 nell’ambito del “56° Festival Shakespeariano al

Teatro Romano di Verona” .

Inizia come annunciatore radiofonico RAI nel 1965, con-

temporaneamente segue i corsi di recitazione e regia al

Teatro Studio di Roma. Nei tre anni di corso dirige e

interpreta La lezione di Ionesco, Finale di partita di Beckett,

Terrore e miseria di Brecht. Con una propria compagnia

sperimentale mette in scena Il drago di Scwartz, I cenci di

Artaud e cura regie in Italia e Svizzera per il mimo Roy

Bosier. Nel 1969 fa parte del Golem di Fersen al Maggio

Fiorentino. Tra il 1971 e il ’72 collabora con il teatro La

Fede di Giancarlo Nanni, nello spettacolo Risveglio di

primavera di Wedekind. Fonda con Luciano Meldolesi la

Cooperativa Majakowskij e interpreta Il mistero buffo di

Majakowskij, I paraventi di Genet e Anatol di Schnitzler.

Dal 1983 al 1993 è nella Compagnia di Giancarlo Sbragia,

interpretando ruoli di primo piano ne La professione della

Signora Warren di Shaw, Madame Bovary di Flaubert, Faust

di Goethe, Il più felice dei tre di Labiche, Dott. Jeckill e Mr.

Hyde di Stevenson. Ha lavorato inoltre con Ermanno

Olmi in Piccola città di Wilder, con Guicciardini, Gregoretti

e Parodi. L’incontro con Antonio Calenda avviene ne

L’inventore del cavallo di Campanile e la collaborazione

continua con spettacoli prodotti dal Teatro Stabile del

Friuli- Venezia Giulia, come Rappresentazione della Passione,

Agamennone e Coefore di Eschilo, Otello di Shakespeare.

Recentemente il regista gli ha affidato la conduzione dei

due spettacoli-concerto Vedo una voce e La musica del

Teatro, andati in scena in concomitanza con il laboratorio

sul Sogno di una notte di mezza estate, dove Cortesi ha

recitato, rappresentando un punto di riferimento per i

giovani professionisti che vi hanno preso parte. Nella sta-

gione 2004-2005 ha ottenuto un personale successo ne

L’Eden della tartaruga tratto da Massimo Bontempelli, sem-

pre per il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. È costan-

te la sua collaborazione per le tre reti radiofoniche RAI.

Osvaldo Ruggieri

Ombra di Dario

Giancarlo Cortesi

Primo Corifeo

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104 Adriano BraidottiTriestino, si diploma alla scuo-

la Galante Garrone di Bologna.

I suoi primi lavori in teatro:

Elogio al progresso di G. Motton,

regia di Walter Le Moli, Ligabue

di C. Zavattini, regia di Vittorio

Franceschi, La Locandiera di C. Goldoni, regia di Andrea

Taddei, Bene finisce bene da W. Shakespeare, regia di

Alessandro Marinuzzi, Pinne di Angela Giassi, regia di Fulvio

Falzarano. È intensa la sua attività come mimo di strada

per diversi Comuni. Per il Teatro Stabile del Friuli-Venezia

Giulia è stato Pilade in Coefore di Eschilo, ha preso parte

all’Agamennone e sempre per la regia di Antonio Calenda,

nel 2002, ha interpretato Cassio nell’Otello shakespea-

reiano. Ha poi recitato nel coro di Eumenidi e I Persiani

di Eschilo per la regia di Calenda. Fra gli impegni teatrali

più recenti vanno citati almeno Il tempo e la stanza di

Botho Strauss e l’Alcesti al Teatro Olimpico di Vicenza

entrambi per la regia di Walter Pagliaro. Con la compagnia

di Mariano Rigillo ha recitato in Fratelli d’Italia firmato

da Frangipane e nel 2004 è stato ancora con Calenda in

Riflessioni sul Sogno di una notte di mezza estate e in Re

Lear di Shakespeare, dove ha interpretato il personaggio

di Edmund. Interessante anche la sua attività cinematogra-

fica e televisiva che lo vede impegnato in alcuni film e in

fiction quali Un papà quasi perfetto, Vivere, Camera Café. Ha

firmato un cortometraggio intitolato Stai calma.

Laura BussaniNata a Trieste nel 1971, si è diplo-

mata presso la Civica Accademia

d’Arte Drammatica Nico Pepe.

Si è perfezionata seguendo semi-

nari e laboratori con Eugenio

Allegri, Juri Alshitz, Alessandro Marinuzzi, Judith Malina e

Hanon Reznikov, Egisto Marcucci, Gabriele Ferzetti.

Ha preso parte in qualità di allieva attrice alla messa in

scena di produzioni teatrali fra cui La patria del Friuli con

la regia di Eugenio Allegri, Mistero contadino con la regia di

Claudio De Maglio, Streghe con la regia di Fernanda Hrelia

e Cechov drammaturgia originale di Anton Cechov, con la

regia di Juri Alshitz. Da professionista ha al suo attivo A291

scritto e interpretato con Angela Giassi, Minetti, ritratto di

un artista da vecchio con la regia di Monica Conti, presen-

Stefano AlessandroniStudia recitazione con Vanna

Polverosi, studia canto da basso-

baritono con il M° Manno, batte-

rista e percussionista, inizia la sua

carriera teatrale con Solitudini di

P. Crepet per Riccione Arteteatro.

L’anno successivo inizia la sua collaborazione con il Teatro

Stabile del Friuli- Venezia Giulia: è il prete nell’Amleto di W.

Shakespeare per la regia di Antonio Calenda, Pietro nella

Rappresentazione della Passione, sempre per la medesima

regia, spettacolo inserito nelle manifestazioni per il grande

Giubileo 2000. Successivamente - con lo stesso regista - è

nel coro di Agamennone e Coefore di Eschilo e interpreta il

ruolo di Brabanzio nell’Otello di William Shakespeare.

È stato protagonista di una puntata della fiction di Rai

Tre La squadra, regia di A.Gaudino. Nuovamente con

Antonio Calenda è stato nel coro di Eumenidi di Eschilo,

e nel ruolo di Bottom in Riflessioni sul Sogno di una notte

di mezza estate prodotto dallo Stabile del Friuli-Venezia

Giulia. Recentemente ha recitato nel film di Filippo Gili

Prima di andar via.

Francesco BenedettoSiciliano, si diploma all’Accade-

mia d’Arte Drammatica di Torino.

Tra le esperienze più importanti

da ricordare quelle con Emilia-

Romagna Teatro per la regia di

Giancarlo Corbelli: Troilo e Cressida e il recente Macbeth e

per la regia di Cesare Lievi Donna Rosita nubile e Caterina

di Heillbron. Importante anche la collaborazione con Luca

Ronconi: da Gli ultimi giorni dell’umanità a Venezia salva,

Sturm und Drang. Con la regia di Cobelli ancora Vita e

morte di Re Giovanni, per la regia di Walter Pagliaro Il

Timone d’Atene e per la regia di Elio De Capitani La sposa

di Messina.

Ha fatto parte del cast degli ultimi e più significativi

allestimenti del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia:

Agamennone e Coefore di Eschilo per la regia di Antonio

Calenda e per la medesima regia, ha interpretato il ruolo

di Montano nell’Otello di Shakespeare. Sempre con lo stes-

so regista è stato nel coro di Eumenidi e ha recitato nello

shakespeariano Riflessioni sul Sogno di una notte di mezza

estate e recentemente ha interpretato Osvald nel Re Lear.

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del Friuli-Venezia Giulia: Giovanna d’Arco al rogo di Claudel-

Honneger, il dittico di Campanile Un’indimenticabile serata

e Un’(altra) indimenticabile serata, al fianco di Piera Degli

Esposti, Rappresentazione della Passione e lo spettacolo

musicale Fin de Siècle per la regia di Antonio Calenda. Di

recente ha partecipato agli spettacoli Agamennone, Coefore,

Eumenidi e Otello, sempre diretto da Calenda e ha soste-

nuto il ruolo di Andrea, diretto da Alfredo Arias, nello

spettacolo Pallido oggetto del desiderio.

Massimo MasielloNato a Napoli, ha studiato mimo,

recitazione e Storia del Teatro

presso l’Accademia del Teatro

Diana diretta da Guglielmo Guidi.

Sul piano musicale si è forma-

to nel canto con Antonio Sinagra e Antonio Romano

e ha studiato solfeggio con il maestro T. Esposito. Enzo

Castaldo e Alfredo Girard lo introducono alla danza

contemporanea e al tip tap. Ha perfezionato la dizione

con Giovanni Sirano e frequenta i corsi di doppiaggio

di Renato Cortesi. Intensa la sua attività teatrale, a cui

intreccia impegni televisivi (Uno mattina per Rai Uno e nel

2003 Domenica In) e alcune prove cinematografiche (La

volpe a tre zampe per la regia di Sandro Dionisio e Luna

Rossa con Licia Miglietta e Carlo Cecchi, entrambi nel

2001). Sul palcoscenico debutta nei primi anni Novanta

e interpreta fra gli altri Mezzo secolo di canzoni al fianco

di Rosalia Maggio e Roberto Murolo, La donna di Viviani,

per la regia di Alfonso Guadagni, molti testi di Viviani fra

cui Festa a Montevergine, La Marcolfa di Dario Fo, Libertà

– Omaggio alle Quattro Giornate di Napoli per la regia di

Giovanni D’Angelo). Apprezzato cantante, è poi con

Peppe Vessicchio in Suggestioni sonore, diretto da Antonio

Calenda nello spettacolo ‘Na sceneggiata e successiva-

mente, con lo stesso regista, partecipa allo spettacolo

Riflessioni sul Sogno di una notte di mezza estate ed è prota-

gonista del concerto Vedo una Voce.

Luciano PasiniStudia recitazione con Carla

Bizzarri al Teatro dell’Elfo, ma la

sua passione è la danza. Studia

con il M° Borsic ed è solista e

primo ballerino al Teatro Bellini

105tato con la Compagnia di prosa Gianrico Tedeschi e la A.

Artisti Associati, La mostra di Claudio Magris, Riflessioni sul

Sogno di una notte di mezza estate, ed Eumenidi (nel ruolo

di Ermes), spettacoli diretti da Antonio Calenda per il

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia.

Sebastiano CollaSebastiano Colla, nato a Velletri,

si è formato presso un laborato-

rio teatrale della sua cittadina nei

primi anni ‘90, sotto la guida di

Gianmaria Volontè, che ha anche

firmato la regia di uno dei suoi primi spettacoli: Tra le

rovine di Velletri dal libro P.L.La Racca. Da tredici anni lavo-

ra in teatro, citiamo qui alcune delle sue interpretazioni:

L’agnello del povero di Zweig con la regia di Franco Però

per il Festival di Spoleto del 1997; La voce nella tempesta

di Beppe Fenoglio con la regia di Antonio Salines; Sogno

di una notte di mezza estate di William Shakespeare con la

regia di Alighiero; Chi ha paura di Virginia Wolf? di Edward

Albee, con la regia di I. Ghione.

Il suo impegno lo si riconosce anche nel mondo della

televisione: lo ricordiamo fra i protagonisti della serie di

Rai Uno: Ricominciare, ne Il Maresciallo Rocca, ne Il bello

delle donne e ancora in Incantesimo. Fra le partecipazioni

cinematografiche: Compagna di viaggio di P. del Monte,

L’odore della notte di C. Calligari e Giro lune tra terra e mare

di G. Gandino in concorso a Venezia nel 1997 in cui inter-

pretava il ruolo di Nerone.

Ha recitato nel coro di Eumenidi e ha avuto un ruolo di

protagonista in Riflessioni sul Sogno di una notte di mezza

estate diretto da Antonio Calenda, con il quale ha lavorato

anche nella recente produzione di Re Lear. Apprezzato il

suo impegno nella recente fiction tv Santa Rita da Cascia

per la regia di Capitani.

Stefano GalanteInizia la sua carriera teatrale al

Teatro Popolare La Contrada di

Trieste con Quasi d’amore, uno

spettacolo su testi di Bontempelli

per la regia di Orietta Crispino.

Nello stesso teatro, in occasione di Centocinquanta la

gallina canta, avviene l’incontro con Antonio Calenda e

l’inizio di una lunga collaborazione con il Teatro Stabile

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106 Friuli-Venezia Giulia e sempre per la stessa produzione,

la seconda guardia nell’Antigone di Anouilh con la regia di

Furio Bordon. Recentemente è stato il ricco mercante ne

Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi, a teatro ha lavorato

in La bottega del caffè, di Fassbinder, regia di Massimo Belli,

in Agamennone, Coefore e nell’Otello shakespeareiano, ulti-

me produzioni del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia,

per la regia di Calenda. Con lo stesso regista ha preso

parte al coro in Eumenidi, momento conclusivo dell’Ore-

stea eschilea e nel 2004 ha recitato in Riflessioni sul Sogno

di una notte di mezza estate e ha interpretato il ruolo del

Matto nel Re Lear shakespeariano. È stato protagonista

del cortometraggio L’assassinio di via Belpoggio di Alberto

Guiducci.

di Catania e al Comunale di Bologna. Nel 1987 inizia la

sua collaborazione con il Teatro Verdi, ed è proprio a

Trieste il suo ritorno alla prosa. Con il Teatro Stabile

del Friuli-Venezia Giulia ha recitato in Irma la dolce, Fin

de Siècle e Rappresentazione della Passione per la regia di

Antonio Calenda; in Antigone di Anouilh per la regia di

Furio Bordon, in Agamennone e Coefore per la regia di

Calenda. Recentemente è stato assistente alla regia di

Alfredo Arias nel Pallido oggetto del desiderio messo in

scena dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. Diretto

da Calenda è stato nel coro di Eumenidi di Eschilo, in

scena nel maggio 2003 al Teatro Greco di Siracusa. Nel

2004 è stato aiuto regista di Antonio Calenda nello spet-

tacolo ‘Na sceneggiata, andato in scena con successo al

Teatro Trianon di Napoli, e nell’opera verdiana Falstaff

in cartellone alla Fondazione Teatro lirico “G.Verdi” di

Trieste. Ha preso parte inoltre a Riflessioni sul Sogno di una

notte di mezza estate e a Re Lear, sempre per la regia di

Antonio Calenda.

Corrado RussoDiplomato alla scuola dell’Istitu-

to del Dramma Antico, frequenta

molti laboratori di teatro-danza

e prende parte a seminari vocali

su canto e ritmo tenuti da Moni

Ovadia, Bruno De Franceschi. Lavora con Remondi e

Caporossi, interpreta Acarnesi di Aristofane per la regia di

Egisto Marcucci, si impegna con Carla Cassola ne Le serve

di J.Genet, progetto ETI, nell’Ubu re per la regia di Claudio

Morganti. Da ricordare inoltre la presenza in Sogno di una

notte di mezza estate di William Shakespeare, coreografie

di Lindsay Kemp, regia di David Haughton. Recente l’im-

pegno in Agamennone, Coefore ed Eumenidi che Antonio

Calenda ha messo in scena al Teatro Greco di Siracusa.

Claudio TombiniDal 1990 al 1994 frequenta

i corsi di recitazione presso il

Transteatro di Fano unitamen-

te a svariati laboratori: dal Living

Theatre, a Ferruccio Soleri, al

Teatro Nô, al teatro-danza con Marie Cool. Per due sta-

gioni è stato il becchino nell’Amleto di Shakespeare con la

regia di Antonio Calenda prodotto dal Teatro Stabile del

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Nata a Firenze, ha studiato pittura murale all’Istituto d’Ar-

te. Il suo debutto come costumista è avvenuto a diciasset-

te anni, nel film Giovanna di Gillo Pontecorvo. Da allora

ha lavorato ininterrottamente alternando l’attività profes-

sionale con l’insegnamento della sua materia all’Istituto

d’Arte e all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha colla-

borato a quasi duecento produzioni, tra film, opere liriche,

spettacoli di prosa e di balletto, in teatri italiani ed europei,

con registi italiani e stranieri. Si ricordano le importanti

collaborazioni con Luca Ronconi (1969, Orlando Furioso),

Mario Missiroli (Tartufo di Molière con Ugo Tognazzi, Lulù

di Wedekind con Stefania Sandrelli), Franco Enriquez

(Orestea al Residenz Theater di Monaco, diretto da Ingmar

Bergman). Negli anni ’80 è chiamata in Olanda da Orazio

Costa e collabora con Guido De Moor (regista e direttore

del Teatro Reale dell’Aja).

Dal ’90 partecipa a tutte le messe in scena di Armand

Delcampe (regista e direttore del più prestigioso teatro

belga, lo Jean Vilar di Lovaine). Molte le sue collaborazioni

con il teatro lirico, di cui si ricordano: Didone ed Enea di

Purcell ed Orfeo ed Euridice di Monteverdi con la regia di

Eric Vos. A seguire un Rigoletto, con la regia di Micha Van

Hoecke, con cui si riapre il Teatro Verdi di Busseto. Sempre

per la lirica ha firmato i costumi anche per Antonio

Calenda: Attila di Verdi e con la stessa regia è da ricordare

anche Il visitatore di Schmitt, con Turi Ferro e – sempre

nella prosa – Agamennone e Coefore di Eschilo (per il

Teatro Greco di Siracusa nel 2001), Otello di Shakespeare

con Michele Placido, Giulio Cesare di Shakespeare per Giorgio

Albertazzi ed Eumenidi di Eschilo. Ultimamente ha firmato

i costumi di Dio salvi la regina, balletto con Carla Fracci,

all’Opera di Roma. Con il marito Italo Dall’Orto, dirige

una compagnia che ha prodotto Il Piccolo Principe di Saint-

Exupéry. Da segnalare, inoltre, una grande attività nel

cinema, di cui ricordiamo Profondo rosso di Dario Argento

e Yuppi du di Celentano e Un viaggio chiamato amore con la

regia di Michele Placido.

107Nato a Napoli, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti,

dove è stato allivo di Giuseppe Caporossi.

Ha cominciato la carriera di scenografo e costumista nel

1968. Dal 1973 ha collaborato con la Cooperativa Teatrale

Gli Ipocriti, della quale è socio fondatore. Nel 1987 ha

tenuto corsi speciali di scenografia per allievi registi

presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico

di Roma. Fra i registi con cui ha collaborato ricordiamo:

Bruno Cirino, Lorenzo Salvati, Gianfranco De Bosio, Enzo

Muzii, Ugo Gregoretti, Augusto Zucchi, Manlio Santarelli,

Marzio Scaparro, Giorgio Ferrara, Giancarlo Nanni, Luigi

De Filippo, Andrea Camilleri, Sergio Fantoni, Armando

Pugliese, Walter Le Moli, Marco Lucchesi, Marco Parodi,

Pietro Maccarinelli.

Notevole il suo sodalizio artistico con Antonio Calenda,

per il quale ha firmato le scenografie di spettacoli di

successo, quali Prometeo incatenato di Eschilo, Musica dei

ciechi di Raffaele Viviani, Il visitatore di Eric-Emmanuel

Schmitt, Giovanna d’Arco al rogo di Honegger-Claudel,

Anima e corpo di Vittorio Gassman. Recenti, sempre per

Calenda le scenografie da lui create per Agamennone,

Coefore ed Eumenidi di Eschilo, per Otello e per Re Lear di

Shakespeare.

Elena Mannini

Costumi

Bruno Buonincontri

Scene

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108 Dapprima studia fisarmonica poi, dopo il liceo, si laurea in

Musicologia con una tesi sulla storia del jazz. Nel 1978 l’in-

contro con Antonio Calenda che lo avvicina alla composi-

zione di musiche di scena e, con la sua regia, debutta nella

Rappresentazione della Passione.

Ha così iniziato così una lunga collaborazione che lo porta

a sperimentarsi nei più diversi generi teatrali, dal varietà

(Cinecittà), alla commedia musicale (Le ragazze di Lisistrata),

dai classici al teatro del Novecento e contemporaneo,

alla nuova drammaturgia italiana. Oltre a questa più che

ventennale collaborazione, vanno ricordate le musiche di

scena per spettacoli di Vittorio Gassman, Egisto Marcucci,

Beppe Navello, Vincenzo Salemme, Giancarlo Sammartano,

Attilio Corsini, Vittorio Franceschi, Renato Carpentieri,

Walter Pagliaro.

Sue le musiche degli spettacoli Otello di Shakespeare e

soprattutto Agamennone, Coefore ed Eumenidi di Eschilo,

produzioni recenti del Teatro Stabile del Friuli-Venezia

Giulia per la regia di Calenda

Ha scritto, su testi di Dino e Gustavo Verde, la commedia

musicale Arcobaleno per la regia di Gino Landi e l’operina

La ballata dell’amore disonesto. Per il cinema ha composto

la colonna sonora di film di Sergio Rubini (Il viaggio della

sposa presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 1997).

Il suo concerto Musica e figure, che comprende una scelta

di musiche per il teatro è stato eseguito in vari Festival

e stagioni concertistico-teatrali. Ha pubblicato i dischi:

Musica e figure, Il viaggio della sposa e Cabaret da viaggio.

Recentemente, per le sue musiche di scena, ha ricevuto

il Premio della Critica Teatrale assegnato dall’Associazio-

ne Nazionale dei Critici di Teatro e il prestigioso Premio

“Olimpico” Eti.

Germano Mazzocchetti

Musiche

Nata a Lille (Francia), segue una formazione di danza

classica e moderna in Francia, America, Belgio e Italia. Dal

1976 al 1979 frequenta la Scuola Multidisciplinare ESEC di

Parigi e studia musicologia alla Sorbonne. Nel 1979 ottie-

ne una borsa di studio per la danza al Ted Shawn Festival,

all’Università di Lee (Massachusetts) in America. Dal 1979

al 1981 frequenta a Bruxelles la Scuola Internazionale

Multidisciplinare MUDRA creata da Maurice Bejart, sotto

la direzione di Micha Van Hoecke, assieme al quale par-

tecipa alla fondazione, nell’ottobre 1981, della compagnia

L’Ensemble.

Da allora partecipa a tutte le creazioni della compagnia

e a tutte le tournée all’estero (Taiwan, Brasile, Columbia,

Russia). Nell’estate del 1981 ottiene una borsa di studio

per il corso di coreografia in collaborazione con musicisti-

compositori, all’Università di Guildford (Londra). Nel 1993

è assistente di Micha Van Hoecke alla Scala di Milano per

la creazione Il bacio della fata di Igor Strawinsky. Tra il 1992

e il 1994 partecipa come docente ai corsi di formazione

professionale organizzati dall’Atelier della costa Ovest e

dal Teatro Verdi di Pisa.

Catherine Pantigny

Movimenti

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109Direttore del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia dal

maggio 1995, Antonio Calenda si è laureato in Filosofia del

Diritto e ha iniziato la propria attività teatrale nell’ambito

del Teatro Universitario di Roma. Nel 1965 ha fonda-

to insieme a Virginio Gazzolo e Luigi Proietti il Teatro

Centouno che ha rappresentato per l’attività di ricerca

e sperimentazione di quegli anni uno dei primi punti di

riferimento. Successivamente ha lavorato per il Teatro di

Roma e ha diretto in due riprese, e per un periodo di

nove anni, il Teatro Stabile dell’Aquila le cui produzioni

hanno circuitato all’estero, in paesi quali Australia, Francia

e Canada. Ha fondato la Compagnia Teatro d’Arte per la

quale, dal 1982, ha diretto spettacoli ospitati sovente da

festival internazionali, e organizzato numerose manifesta-

zioni culturali in Italia.

Ha curato la regia dei seguenti spettacoli

1965 Iperipotesi di Giorgio Manganelli con Virginio

Gazzolo. Scene di Franco Nonnis (Teatro

Centouno)

Il Rumore di Boris Vian con Virginio Gazzolo,

Piera Degli Esposti, Lidia Biondi, Lisa Pancrazi. Scene

di Franco Nonnis (Teatro Centouno)

Direzione memorie di Corrado Augias con Luigi

Proietti, Maurizio Gueli, Virginio Gazzolo. Scene di

Franco Nonnis (Teatro Centouno)

1966 Le conferenze di John Cage con Sylvano Bussotti

(Teatro Centouno)

1967 Il desiderio preso per la coda di Pablo

Picasso con Luigi Proietti, Paila Pavese, Manuela

Kustermann. Scene di Franco Nonnis (produzione

Centouno - Teatro Valle di Roma)

Un leggero malessere di Harold Pinter con

Francesca Benedetti e Virginio Gazzolo. Scene di

Franco Nonnis

10 minuti fino a Buffalo di G. Grass con Piera

Degli Esposti, Virginio Gazzolo. Scene di Franco

Nonnis

Le mammelle di Tiresia di G. Apollinaire con

Virginio Gazzolo, Paila Pavese, Maurizio Gueli.

Scene di Franco Nonnis (produzione Centouno -

Teatro Valle)

1968 La Celestina di De Rojas con Laura Adani, Luigi

Proietti, Paila Pavese, Micaela Esdra, Marisa Belli.

Scene di Franco Nonnis (Teatro Centouno)

Riflessi di conoscenza di Corrado Augias con

Luigi Proietti, Paila Pavese. Scene di Franco Nonnis

(Teatro Centouno)

1969 Nella giungla della città di Bertolt Brecht con

Ferruccio De Ceresa, Paila Pavese, Luigi Proietti,

Ileana Ghione e Mino Bellei. Scene di Franco

Nonnis (Centouno in coproduzione con il Teatro di

Roma)

Il Dio Kurt di Alberto Moravia con Luigi Proietti,

Alida Valli, Luigi Diberti. Scene di Franco Nonnis

(Teatro Stabile dell’Aquila)

Coriolano di William Shakespeare con Luigi

Proietti, Mario Scaccia, Edda Albertini, Roberto

Herlitzka. Scene di Franco Nonnis (Teatro Romano

di Verona)

Operetta di W. Gombrowicz con Luigi Proietti,

Piera Degli Esposti, Virginio Zernitz. Scene di

Franco Nonnis (Teatro Stabile dell’Aquila)

1970 Agamennone, Coefore ed Eumenidi da Eschilo

Scene di Franco Nonnis. Con Piera Degli Esposti,

Carlo Valli, Armando Bandini, Lucia Negrini e

Virginio Zernitz

La cortigiana dell’Aretino con Piera Degli Esposti,

Gabriele Lavia. Scene di Franco Nonnis (Teatro

Stabile dell’Aquila)

1971 Il balcone di Genet con Sergio Tofano, Franca

Valeri, Mariano Rigillo, Milena Vukotic, Roberto

Herlitzka. Scene di Franco Nonnis (Compagnia

Nuovo Teatro)

1975 Antigone di Sofocle con Claudia Giannotti e

Giampiero Fortebraccio. Scene di Nicola Rubertelli

Herr Brecht di Bertolt Brecht con Giampiero

Fortebraccio e Claudia Giannotti. Scene di G.

Gentilucci

Lear di Edward Bond con Giampiero Fortebraccio

e Claudia Giannotti. Scene di Mario Ceroli, costumi

di Ambra Danon (Teatro Stabile dell’Aquila)

1977 A piacer vostro di William Shakespeare con

Giampiero Fortebraccio, Cloris Brosca, Roberto

Herlitzka, Andrea Giordana, Carlo Simoni. Scene di

Nicola Rubertelli, costumi di Ambra Danon (Teatro

Stabile dell’Aquila)

1978 Rappresentazione della passione, con Elsa

Merlini. Scene di Francescangelo Ciarletta, costumi

Antonio Calenda

Regia

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di Ambra Danon (Teatro Stabile dell’Aquila)

La madre di Bertolt Brecht con Pupella Maggio e

Giampiero Fortebraccio. Scene di Nicola Rubertelli,

costumi di Ambra Danon (Teatro Stabile dell’Aqui-

la)

1979 Riccardo III di William Shakespeare con Glauco

Mauri, Elsa Merlini, Giampiero Fortebraccio, Rosa

Di Lucia e Leda Negroni. Scene di Nicola Rubertelli,

costumi di Ambra Danon (Teatro Stabile dell’Aqui-

la)

1980 Operetta di W. Gombrowicz con Pino Micol, Maria

Monti, Cochi Ponzoni, Giampiero Fortebraccio.

Scene di Nicola Rubertelli, costumi di Ambra

Danon (Teatro Stabile dell’Aquila)

1981 Farsa di Antonio Petito con Pupella Maggio e

Pietro De Vico. Scene di Nicola Rubertelli, costumi

di Ambra Danon (Compagnia Sala Umberto)

Enrico IV di Luigi Pirandello con Giorgio

Albertazzi, Marisa Mantovani, Luigi Pistilli. Scene di

Nicola Rubertelli, costumi di Ambra Danon (Plexus

s.r.l.)

1982 Sogno di una notte di mezza estate di William

Shakespeare con Mario Scaccia, Eros Pagni, Roberto

Herlitzka. Scene e costumi di Paolo Tommasi

(Teatro Romano di Verona)

L’inventore del cavallo di Achille Campanile con

Pietro De Vico, Anna Campori. Scene e costumi di

Riccardo Berlingeri (Compagnia Teatro d’Arte)

1983 ‘Na sera e maggio di Antonio Calenda con

Pupella, Beniamino e Rosalia Maggio. Scene di

Nicola Rubertelli, costumi di Riccardo Berlingeri

(Compagnia Teatro d’Arte)

Sior Todero Brontolon di Carlo Goldoni

con Gastone Moschin, Maddalena Crippa. Scene

di Nicola Rubertelli, costumi di Ambra Danon

(Compagnia Teatro d’Arte)

1984 Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller con

Gastone Moschin, Graziano Giusti e Paila Pavese.

Scene di Nicola Rubertelli, costumi di Ambra

Danon (Compagnia Teatro d’Arte)

Cinecittà di Pier Benedetto Bertoli e Antonio

Calenda, con Pietro De Vico, Anna Campori, Rosalia

Maggio e Dino Valdi. Scene di Nicola Rubertelli,

costumi di Ambra Danon, musiche di Mario Pagano

e Germano Mazzocchetti

1985 Questa sera... Amleto di M. Prosperi e Antonio

Calenda, con Pupella Maggio, Aldo Tarantino,

Gianni Musy e Gabriella Poliziano. Scene di Nicola

Rubertelli, costumi di Riccardo Berlingeri, musiche

di Germano Mazzocchetti

1986 Le ragazze di Lisistrata di Pier Benedetto

Bertoli e Antonio Calenda, con Maddalena Crippa,

Gigi Bonos, Aldo Tarantino. Scene di Nicola

Rubertelli, costumi di Riccardo Berlingeri, musiche

di Germano Mazzocchetti e Mario Pagano

Tartufo di Molière con Anita Bartolucci, Angiola

Baggi, Antonio Maschini, Gastone Moschin. Scene di

Nicola Rubertelli, costumi di Germano Monteverdi

1987 Aspettando Godot di Samuel Beckett con Mario

Scaccia, Pietro De Vico, Pupella Maggio e Aldo

Tarantino, Fiorenzo Fiorentino, Sergio Castellitto

e Cesare Gelli. Scene e costumi di Riccardo

Berlingeri, musiche di Germano Mazzocchetti

Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg

con Maddalena Crippa. Scene di Nicola Rubertelli,

costumi di Ambra Danon

Il sindaco del rione Sanità di Eduardo de Filippo

con Turi Ferro. Scene di Nicola Rubertelli

1988 Alta distensione da Achille Campanile con Pietro

De Vico e Anna Campori. Scene e costumi di

Riccardo Berlingeri

L’aria del continente di Nino Martoglio con

Nino Frassica, Pietro De Vico e Anna Campori.

Scene di Nicola Rubertelli

Les liaisons dangereuses di C. Hampton con

Umberto Orsini. Scene e costumi di Paolo Tommasi

Amanda Amaranda di P. Shaffer con Rossella

Falk e Marina Confalone. Scene di Nicola Rubertelli,

costumi di Ambra Danon.

1989 Le sedie di Eugene Ionesco con Mario Scaccia.

Scene e costumi di Nicola Rubertelli

Svenimenti testi di Anton Cechov con Giorgio

Albertazzi. Scene di Nicola Rubertelli, costumi di

Ambra Danon

1990 Plautus ipotesi scenica di Alberto Bassetti

e Antonio Calenda. Con Pietro De Vico e Anna

Camporti. Scene e costumi di Nicola Rubertelli

Giorni felici di Samuel Beckett con Anna

110

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111Proclemer. Scene di Nicola Rubertelli, costumi di

Ambra Danon

Il medico dei pazzi di Eduardo Scarpetta con

Carlo Giuffrè e Angela Pagano. Scene di Nicola

Rubertelli, costumi di Ambra Danon

1991 Le rose del lago di Franco Brusati con Gabriele

Ferzetti, Pietro De Vico e Anna Campori. Scene di

Nicola Rubertelli. Costumi di Guido Schlinkert.

Tradimenti di Harold Pinter con Ivana Monti

e Andrea Giordana. Scene e costumi di Ambra

Danon

Madre Coraggio di Bertolt Brecht con Piera

Degli Esposti. Scene di Nicola Rubertelli, costumi di

Guido Schlinkert

1992 Danza di morte di August Strindberg con Anna

Proclemer e Gabriele Ferzetti. Scene e costumi di

Ambra Danon

1993 La tana di Alberto Bassetti con Sandra Collodel,

Daniela Giovanetti, Daniela Giordano, Maria Paiato

e Alvia Reale. Scene e costumi di Guido Schlinkert

L’onorevole, il poeta e la signora di Aldo

De Benedetti con Ivana Monti, Andrea Giordana

e Gianpiero Bianchi. Scene e costumi di Nicola

Rubertelli

1994 La musica dei ciechi di Raffaele Viviani con Piera

Degli Esposti e Nello Mascia. Scene e costumi di

Bruno Buonincontri

Prometeo di Eschilo con Roberto Herlitzka, Piera

Degli Esposti e Gabriele Ferzetti. Scene di Bruno

Buonincontri, costumi di Guido Schlinkert

Rosanero di Roberto Cavosi con Daniela

Giovanett i , Alv ia Reale . Scene di Bruno

Buonincontri

1996 Il visitatore di Eric-Emmanuel Schmitt, traduzione

di Enzo Siciliano, con Turi Ferro e Kim Rossi Stuart.

Scene di Bruno Buonincontri, costumi di Elena

Mannini. Coproduzione Plexus T. Srl, Teatro Stabile

di Catania, Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

Il maresciallo Butterfly di Roberto Cavosi,

con Virginio Gazzolo. Scene di Pier Paolo Bisleri.

Produzione Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

Un’indimenticabile serata da Achille Campanile,

con Piera Degli Esposti. Scene e costumi di Pier

Paolo Bisleri. Produzione Teatro Stabile del Friuli-

Venezia Giulia

1997 Edipo a Colono elaborazione drammaturgica

di Ruggero Cappuccio, con Roberto Herlitzka,

Piera Degli Esposti. Scene e costumi di Bruno

Buonincontri. Produzione Teatro Stabile del Friuli-

Venezia Giulia

Irma la dolce di Alexandre Breffort e Marguerite

Monnot, con Daniela Giovanetti, Fabio Camilli,

Paolo Triestino, Gian. Scene e costumi di Bruno

Buonincontri. Produzione Teatro Stabile del Friuli-

Venezia Giulia

Riccardo III di William Shakespeare, traduzione

di Patrizia Valduga, con Franco Branciaroli. Scene

e costumi di Bruno Buonincontri. Coproduzione

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia/Teatro de gli

Incamminati

1998 Amleto di William Shakespeare, con Kim Rossi

Stuart. Scene di Francesco Calcagnini, costu-

mi di Nanà Cecchi. Musiche di Goran Bregovic.

Produzione Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

Rappresentazione della passione elaborazione

drammaturgica di Antonio Calenda, con Piera Degli

Esposti. Scene e costumi di Bruno Buonincontri.

Coproduzione Teatro Stabile del Friuli-Venezia

Giulia/Teatro Stabile Abruzzese

1999 Ma che c’entra Peter Pan? di Alberto Bassetti,

con Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti, Riccardo

Peroni. Coproduzione Teatro Stabile del Friuli-

Venezia Giulia/Compagnia Stabile Attori e Tecnici

Fin de Siècle di Gianni Borgna, spettacolo musi-

cale con Piera Degli Esposti

2001 Bentornato Politeama spettacolo a cura di

Antonio Calenda per la riapertura del Politeama

Rossetti di Trieste. Con Giorgio Albertazzi, Max

René Cosotti, Giancarlo Giannini, Andrea Jonasson,

Kataklò, Daniela Mazzucato, Rita Pavone, Michele

Placido, Gigi Proietti, Teddy Reno; presentato da

Pippo Baudo

Agamennone di Eschilo, con Mariano Rigillo,

Piera Degli Esposti, Roberto Herlitzka, Daniela

Giovanett i , Osvaldo Ruggier i , Giampiero

Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi,

Alessandro Preziosi

Coefore di Eschilo, con Piera Degli Esposti, Daniela

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Giovanetti, Alessandro Preziosi, Osvaldo Ruggieri,

Giampiero Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo

Cortesi

2002 Otello di William Shakespeare, con Michele Placido,

e con Pino Michienzi, Giorgio Lanza, Giancarlo

Cortesi, Rossana Mortara, Valentina Valsania.

Giulio Cesare di Shakespeare per Giorgio Albertazzi, di Nicola Fano e Antonio Calenda da

William Shakespeare, con Giorgio Albertazzi.

2003 La mostra di Claudio Magris, con Roberto

Herlitzka e con la partecipazione di Mario

Maranzana, scene e costumi di Pier Paolo Bisleri.

Persiani di Eschilo con Piera Degli Esposti,

Roberto Herlitzka, Osvaldo Ruggieri, Luca

Lazzareschi - al Teatro Greco di Siracusa

Eumenidi di Eschilo con Piera Degli Esposti,

Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Anita

Bartolucci, Hossein Taheri - al Teatro Greco di

Siracusa

2004 Riflessioni sul Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare – laboratorio per

giovani attori professionisti con Luca Lazzareschi

– Sala Bartoli del Politeama Rossetti

Re Lear di William Shakespeare con Roberto

Herlitzka, Daniela Giovanetti, Luca Lazzareschi,

Alessandro Preziosi, Giorgio Lanza, Rossana

Mortara, Osvaldo Ruggieri – al 56°Festival

Shakespeariano al Teatro Romano di Verona

Ha diretto inoltre le seguenti opere liriche

Herodiade di Jules Massenet con Monserrat Caballé,

José Carreras e Juan Pons (Teatro dell’Opera di Roma)

Agnese di Hohenstaufen di Gaspare Spontini, con

Monserrat Caballé, Sergio Frontali, Veriano Luchetti

(Teatro dell’Opera di Roma)

Semiramide di Gioacchino Rossini, con Monserrat

Caballè e Rockwell Blake (Teatro San Carlo di Napoli)

Il turco in Italia di Gioacchino Rossini, con R. Blake e

M. Devia (Inaugurazione stagione 1994/95 del Teatro del-

l’Opera di Bologna)

Giovanna d’Arco al rogo testo di Paul Claudel, musi-

ca di Arthur Honegger, direttore Julian Kovatchev, con

Daniela Giovanetti, Virginio Gazzolo (Coproduzione

Teatro Verdi di Trieste-Teatro Stabile del Friuli-Venezia

Giulia)

Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart,

con Mariella Devia, Michele Pertusi (Teatro Massimo di

Palermo)

Il Trovatore di Giuseppe Verdi (Oper Frankfurt), diretore

Paolo Carignani

Attila di Giuseppe Verdi, inaugurazione della stagione ver-

diana 2000-2001 della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe

Verdi di Trieste, direttore Donato Renzetti, con Ferruccio

Furlanetto

Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, per la

stagione 2000-2001 del Teatro Massimo di Palermo con

Daniela Mazzuccato

Falstaff di Giuseppe Verdi, per la stagione 2003-2004

della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste,

direttore José Collaudo, con Andrea Rinaldi.

Il turco in Italia di Gioacchino Rossini, direttore

Antonino Fogliani, con Marco Vinco, Angeles Blancas Gulin,

Bruno Praticò, scene di Nicola Rubertelli, costumi di

Maurizio Millenotti (per la stagione 2003-2004 del Teatro

San Carlo di Napoli)

Salomè di Richard Strass, direttore Gabriele Ferro, con

Catherine malfitano, Janice Baird, Morten frank, Larsen,

scene e costumi di Paolo Tommasi, per la stagione 2004-

2005 del Teatro Massimo di Palermo.

Ha realizzato numerose regie radiofoniche e televisive. Tra

queste, La vedova Fioravanti di M. Moretti, L’agente segreto di J. Conrad, La signora Ava di F. Iovine.

Nel 1971 ha diretto il film Il giorno del furore, scritto

con Edward Bond e interpretato da Claudia Cardinale,

Oliver Reed e John Mc Enery.

112

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il Teatro Stabiledel Friuli-Venezia Giulia

dal 1954 al 2005

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115Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Accademici Intronati di Siena Gli Ingannati 1963/64 Fulvio TOLUSSO Adriana Innocenti, Lino Savorani, Egisto Marcucci, Marisa Fabbri, Vittorio Franceschi

Vittorio ALFIERI Antigone 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Anna Miserocchi, Luciano Alberici, Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri

Antonio ANIANTE La rosa di zolfo 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè, Cesco Ferro, Ottorino Guerrini, Enrica Corti

Jean ANOUILH Leocadia 1954/55 G. Cesare CASTELLO Laura Solari, Piero De Santis, Pietro Privitera

Jean ANOUILH Antigone 1999/00 Furio BORDON Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti, Anita Bartolucci, Giampiero Fortebraccio, Umberto Raho

Alexey ARBUZOV Vecchio mondo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lina Volonghi, Ferruccio De Ceresa

Luca ARCHIBUGI La notte della vigilia 1995/96 Guglielmo Ferro Federico Grassi, Fulvio D’Angelo, Nicoletta Corradi, Maurizio Rapotec, Luisa Vermiglio

John ARDEN La danza del serg. Musgrave 1966/67 Luciano DAMIANI Egisto Marcucci, Giampiero Becherelli, Mariangela Melato, Lino Savorani

ARISTOFANE Le donne a parlamento 1963/64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Lino Savorani Giorgio Valletta

Jean Pierre AUMONT Incontro 1957/58 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Antonio Pierfederici, Enrica Corti

Alfredo BALDUCCI I dadi e l’archibugio 1959/60 Sergio VELITTI Leonardo Cortese, Pina Cei, Omero Antonutti, Carlo Bagno, Lino Savorani

Alberto BASSETTI Le due sorelle 1996/97 Antonio CALENDA Claudia Poggiani, Daniela Giovanetti

Alberto BASSETTI Sopra e sotto il ponte 1996/97 Maurizio PANICI Ivana Monti, Bruno Armando

Alberto BASSETTI Ma che c’entra Peter Pan? 1998/99 Antonio CALENDA Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti, Riccardo Peroni

Samuel BECKETT Beckett concerto 1987/88 Marco SCIACCALUGA Vittorio Franceschi

Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento de Ruzante... 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Mario Bardella, Marisa Mantovani

Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento, Bilora 1971/72 Francesco MACEDONIO Gianfranco Saletta, Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Luciano D’Antoni, Orazio Bobbio

Carlo BERTOLAZZI Lulù 1956/57 Fernando DE CERESA Laura Solari, Ottorino Guerrini, Cesco Ferro, Giulio Bosetti

Carlo BERTOLAZZI L’egoista 1972/73 Fulvio TOLUSSO Mario Feliciani, Mimmo Lo Vecchio, AngioIa Baggi, Lino Savorani, Gianfranco Saletta

Ugo BETTI Il paese delle vacanze 1954/55 Carlo LODOVICI Laura Solari, Isabella Riva, Giuseppe Caldani

Ugo BETTI La fuggitiva 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani, Mario Bardella, Lino Savorani, Renato Lupi, Micbele Riccardini

Teatro Stabiledel Friuli-Venezia Giulia

Le produzioni dal 1954

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116 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Ugo BETTI Una bella domenica 1957/58 Sergio VELITTI Enrica Corti, Antonio Pierfederici, di settembre Carlo Bagno, Lino Troisi, Maria

Grazia Francia, Marisa Bartoli, Rina Centa, Dario Mazzoli, Michele Riccardini

Francesco Augusto BON Il matrimonio di Ludro 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Lino Savorani, Isabella Riva

Furio BORDON Canto e controcanto 1966/67 Giovanni POLI Mariangela Melato, Oreste Rizzini, Werner Di Donato, Edda Valente

Furio BORDON (a cura di) Il mio Carso (da S. Slataper) 1968/69 Francesco MACEDONIO Franco Mezzera, Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Franco Jesurum, Cip Barcellini, Marianella Lazlo, Giampiero Becherelli, Lino Savorani

Furio BORDON (a cura di) Il maggio francese 1969/70 Furio BORDON Orazio Bobbio, Mimmo Lo Vecchio, LinoSavorani, Giorgio Valletta, Giampiero Becherelli

Furio BORDON Le avventure di Fiordinando 1970/71 Francesco MACEDONIO Giorgio Valletta, Orazio Bobbio, Lino Savorani, Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Gianfranco Saletta, Saverio Moriones, Elisabetta lonino

Furio BORDON (a cura di) Teatro medioevale 1970/71 Furio BORDON Elisabetta Bonino, Orazio Bobbio, Lino Savorani, Ariella Reggio, Lidia Braico, Mimmo Lo Vecchio

Furio BORDON Amico Sciacallo 1970/71 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Mario Scaccia, Leda Negroni

Furio BORDON (a cura di) Per l’anima in tormento 1972/73 Francesco MACEDONIO Lidia Braico, Riccardo Canali, Elvia che ci hai dato Dudine, Franco Jesurum, Mimmo Lo

Vecchio

Furio BORDON (a cura di) La commedia dell’arte 1973/74 Furio BORDON Nico Pepe, Ada Prato, Franco Però

Furio BORDON (a cura di) Lezione documento: Estate 75 Furio BORDON Registrazione su nastro Trieste 1919-1945

Furio BORDON (a cura di) Lontani da tutto 1975/76 Furio BORDON Mimmo Lo Vecchio, Lidia Braico, Daniele Griggio, Giorgio Valletta

Furto BORDON (testo) Il viaggio incantato 1989/90 Francesco MACEDONIO Marionette di PodreccaAngelo BRANDUARDI (musiche originali)

Furio BORDON In confidenza 1990/91 Furio BORDON Nicoletta Corradi, Marionette di siamo marionette Podrecca

Furio BORDON Oblomov (da GONCAROV) 1991/92 Furio BORDON Glauco Mauri, Tino Schirinzi, Barbara Valmorin, Laura Ferrari, Silvio Fiore, Giorgio Lanza, Beatrice Visibelli, Claudio Marchione, Nicoletta Corradi

Furio BORDON (a cura di) Amici devo dirvi 1992/93 Furio BORDON Roberto Sturno, Gianni De Lellis, Poesie e prose di David Maria Turoldo Stefania Barca

Furio BORDON L’idiota (da DOSTOEVSKIJ) 1993/94 Glauco MAURI Roberto Sturno, Massimo Do Rossi, Miriam Crotti, Gianni De Lellis, Elena Ghiaurov, Stefania Micheli, Amerigo Fontani, Patrizia Burul, Cesare Lanzoni, Nicoletta Corradi, Giulia Monte, Matteo Chioatto

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117Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Giuseppe Antonio BORGESE L’arciduca 1957/58 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Enrica Corti, Antonio Pierfederici, Lino Troisi, Carlo Bagno

Gianni BORGNA Fin de Siècle 1999/00 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti Viaggio nella canzone italiana del Novecento

Bertolt BRECHT Un uomo è un uomo 1962/63 Fulvio TOLUSSO Renzo Montagnani, Marisa Fabbri, Lino Savorani, Oreste Rizzini, Vittorio Franceschi

Bertolt BRECHT L’Antigone di Sofocle 1963/64 Fulvio TOLUSSO Nicoletta Ruzi, Marisa Fabbri, Franco Mezzera, Massimo De Vita

Bertolt BRECHT Baal 1985/86 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Giancarlo Dettori, Anna Teresa Rossini, Margherita Guzzinati

Alexandre BREFFORT Irma la dolce 1996/97 Antonio CALENDA Daniela Giovanetti, Fabio Camilli, Paolo Triestino, Gian

Antonio CALENDA (a cura di) Rappresentazione 1997/98 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Giampiero della Passione Fortebraccio, Maximilian Nisi,dal Codice V.E. 361 della Biblioteca Nazionale di Roma, curato dalla copista Maria Jacoba Fioria Giancarlo Cortesi

Andrea CALMO Il Saluzza 1961/62 Giovanni POLI Gino Cavalieri, Gina Sammarco, Marisa Fabbri, Gianni Musy, Carlo Bagno

Achille CAMPANILE Un’indimenticabile serata 1996/97 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Stefano Galante

Albert CAMUS I giusti 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Germana Paolieri, Mariangela Melato, Egisto Marcucci

Lino CARPINTERI La pignatta 1965/66 Ugo AMODEO Oreste Rizzini, Lino Savorani, Caria e Mariano FARAGUNA (da L’AULULARIA di Plauto) Colosimo, Vittorio Francescbi

Lino CARPINTERI Le maldobrie 1970/71 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella e Mariano FARAGUNA Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo

Vecchio, Gianfranco Saletta, Lidia Braico

Lino CARPINTERI Noi delle vecchie province 1972/73 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella e Mariano FARAGUNA Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo

Vecchio, Gianfranco Saletta, Lidia Braico

Lino CARPINTERI L’Austria era 1974/75 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Giorgio Valletta, Lidia e Mariano FARAGUNA un paese ordinato Braico, Riccardo Canali, Franco

Jesurum, Luciano D’Antoni, Gianfranco Saletta, Ariella Reggio, Orazio Bobbio

Roberto CAVOSI Il maresciallo Butterfly 1995/96 Antonio CALENDA Virginio Gazzolo, Andreja Blagojevic, Sergio Pierattini, Lucka Pockaj, Silvano Torrieri

Anton CECOV Il tabacco fa male, 1954/55 Luchino VISCONTI Memo Benassi La villeggiatura, Il canto del cigno

Anton CECOV Ivanov 1968/69 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Ottavia Piccolo, Mario Pisu, Massimo De Francovich, Lino Savorani, Paola Bacci

Anton CECOV Zio Vania 1970/71 Giulio BOSETTI Ferruccio De Ceresa, Paola Bacci, Mario Erpichini, Giulia Lazzarini

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118 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Dante CICOGNANI Il gatto con gli stivali 1956/57 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola di Recitazione e Maria Grazia Spinazzi

Tonino CONTE e Aldo TRIONFO (Vedi Aldo TRIONFO)

Roberto DAMIANI La vita xe fiama 1991/92 Furio BORDON Gastone Moschin (da Biagio Marin)

Ezio D’ERRICO L’amante in città 1954/55 Carlo LODOVICI Mimmo Lo Vecchio, Giorgio Valletta, Gianni Mantesi, Laura Solari

René DE CECCATY Pallido oggetto del desiderio 2001/02 Alfredo ARIAS Pino Micol, Daniela Giovanetti, Francesca Benedetti

Ghigo DE CHIARA Un capriccio 1996/97 Nino MANGANO Valeria Ciangottini, Andreja Blagojevic

Salvatore DI GIACOMO Assunta Spina 1958/59 Sandro BOLCHI Lorica Corti, Gianmaria Volonté, Ottorino Guerrini, Margherita Guzzinati, Lino Savorani

Feodor DOSTOEVSKIJ Delitto e castigo 1955/56 Fernando DE CRUCCIATI Lino Savorani, Giorgio Valletta, Lidia Riduzione teatrale di Gaston Baty Braico, Marisa Mantovani

Mario DRSIC-DARSA I nobili ragusei 1969/70 Coita SPAIC Gianrico Tedeschi, Franco Mezziera, Giampiero Becherelli, Lino Savorani, Gianni Musy, Nicoletta Rizzi,

Friedricb DÜRRENMATT Romolo il Grande 1983/84 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Scaccia, Jerzi Stuhr, CarIa Cassola, Lidia Koslovich

Massimo DURSI La giostra 1958/59 Massimo DURSI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini, Umberto Raho, Enrica Corti, Gianmaria Volontè

Tbomas S. ELIOT Assassinio nella cattedrale 1956/97 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti, Lino Savorani, Cesco Ferro, Lino Troisi, Marisa Mantovani

ESCHILO Prometeo incatenato Estate 65 Aldo TRIONFO Franco Mezzera, Egisto Marcucci. Angela Cardile, Nicoletta Rizzi, Enrico D’Amato

ESCHILO Agamennone 2000/01 Antonio CALENDA Mariano Rigillo, Piera Degli Esposti, Roberto Herlitzka, Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi, Alessandro Preziosi

ESCHILO Coefore 2000/01 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Alessandro Preziosi, Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi

ESCHILO Eumenidi 2002/03 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Daniela Giovanetti, Osvaldo Ruggieri, Anita Bartolucci, Hossein Taheri

ESCHILO Persiani 2002/03 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Roberto Herlitzka, Luca Lazzareschi, Osvaldo Ruggieri, Giancarlo Cortesi

Diego FABBRI Inquisizione 1997/98 Sergio VELITTI Ottorino Guerrini, Antonio Pierfederici, Enrica Corti, Lino Troisi

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119Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Diego FABBRI Processo a Gesù 1962/63 Fulvio TOLUSSO Fosco Giachetti, Marisa Fabbri, Mario Pisu, Lino Savorani, Oreste Rizzini

Mariana FARAGUNA e Lino CARPINTERI (Vedi Lino CARPINTERI)Silvio FIORE La coscienza di Ulisse 1996/97 Silvio FIORE Giulio Pizzirani, Fernando Pannullo

Vittorio FRANCESCHI Pinocchio minore 1963/64 Massimo de VITA Vittorio Franceschi, Sonia Gessner, Lino Savorani, Carlo Montagna, Adriana Innocenti

Vittorio FRANCESCHI Gorizia 1916 1966/67 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Oreste Rizzini, Lino Savorani, Vittorio Franceschi, Nicoletta Rizzi, Alessandro Galante Garrone

Vittorio FRANCESCHI Scacco pazzo 1990/91 Nanny LOY Alessandro Haber, Vittorio Franceschi, Monica Scattini

Vittorio FRANCESCHI Jack lo sventratore 1992/93 Nanni GARELLA Alessandro Haber, Gianna Piaz, Mariella Valentini, Nicola Pistoia, Vittorio Franceschi

Renato GABRIELLI A different language 2004/05 Graham EATOUGH Sergio Romano, Celina Boyack

Carlo Emilio GADDA Il guerriero, l’amazzone, 1996/97 Virginio GAZZOLO Virginio Gazzolo, Angela Cardile lo spirito della poesia nel verso immortale del FoscoloDodo GAGLIARDE Ma cos’è questa crisi? 1996/97 Enrico PROTTI Dodo Gagliarde, Sara Alzetta, LiviaEnrico PROTTI Bonifazi, Paolo Fagiolo,

Maurizio Zacchigna

Vittorio GASSMAN Anima e corpo 1996/97 Vittorio GASSMAN Vittorio Gassman, Luciano Lucignani, talk show d’addio Attilio Cucari, Marco Alotto,

Emanuele Salce, Antonetta Capriglione

Vittorio GASSMAN Bugie Sincere 1997/98 Vittorio GASSMAN Ugo Pagliai, Paola Gassman, Virgilio Zernitz, Michela Cadel, Alessandra Celi, Lamberto Consani, Paolo Fagiolo, Gianluigi Fogacci, Paolo Giovannucci, Tiziano Pelanda, Enzo Saturni

Giuseppe GIACOSA Tristi amori 1961/62 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri, Omero Antonutti, Carlo Bagno

Silvio GIOVANINETTI Gli ipocriti 1956/57 Carlo LODOVICI Giulio Bosetti, Ottorino Guerrini, Laura Solari, Marisa Mantovani

Nikolaj GOGOL L’ispettore generale 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Carlo Bagno, Cesco Ferro, Pina Cei, Anna Menichetti, Omero Antonutti

Carlo GOLDONI La donna di garbo 1954/55 Carlo LODOVICI Laura Solari, Luigi Almirante

Carlo GOLDONI La donna di garbo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lucilla Morlacchi, Gianni Galavotti, Carlo Montagna, Franco Mezzera

Carlo GOLDONI La bottega del caffe 1956/57 Carlo LODOVICI Memo Benassi, Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti

Carlo GOLDONI La vedova scaltra 1960/61 Giovanni POLI Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Giorgio Valletta, Carlo Bagno, Omero Antonutti

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120 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Carlo GOLDONI Arlecchino 1961/62 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Margherita servitore di due padroni Guzzinati, Omero Antonutti, Marisa

Fabbri

Carlo GOLDONI Arleccbino 1972/73 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Giorgio Valletta, servitore di due padroni Mimmo Lo Vecchio, Gianfranco

Saletta, Ariella Reggio

Carlo GOLDONI Il teatro comico 1964/65 Eriprando VISCONTI Franco Mezzera, Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Egisto Marcucci, Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Lino Savorani

Carlo GOLDONI Tonin Bella grazia 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Lino Toffolo, Mariangela Melato, Fulvia Gasser, Lino Savorani

Carlo GOLDONI Il bugiardo 1967/68 Gianfranco DE BOSIO Paola Bacci, Elisabetta Bonino, Leda Palma, Gabriele Lavia, Giulio Bosetti, Claudio Cassinelli

Carlo GOLDONI Le massere 1970/71 Giovanni POLI Giusy Carrara, Lidia Braico, Donatella Ceccarello, Anna Maestri, Lino Savorani, Ariella Reggio

Carlo GOLDONI Sior Todero Brontolon 1975/76 Francesco MACEDONIO Corrado Gaipa, Elsa Vazzoler, Umberto D’Orsi, Marina Dolfin

Carlo GOLDONI La famiglia dell’antiquario 1976/77 Furio BORDON Regina Bianchi, Michele Abruzzo, Gianni Galavotti, Anna Bonaiuto, Geppy Glejeses

Carlo GOLDONI Le donne gelose 1977/78 Francesco MACEDONIO Maria Dolfin, Paolo Bonacelli, Donatella Ceccarello

Carlo GOLDONI Il mondo della Luna 1982/83 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca

Carlo GOLDONI I Rusteghi 1985/86 Francesco MACEDONIO Giulio Brogi, Valeria Ciangottini, Anna Teresa Rossini, Margherita Guzzinati, Giampiero Becherelli, Alvise Battain, Riccardo Peroni, Barbara Cupisti

Carlo GOLDONI L’Arcadia in Brenta 1985/86 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca

Carlo GOLDONI L’adulatore 1986/87 Giorgio PRESSBURGER Giulio Brogi, Anna Teresa Rossini, Anna Campori, Franco Angrisano, Riccardo Peroni

Carlo GOZZI L ‘augellin belverde 1962/63 Giovanni POLI Renzo Montagnani, Marisa Fabbri, Oreste Rizzini, Lino Savorani

Carlo COZZI Re Cervo 1965/66 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola di Recitazione

Carlo GOZZI L’amore delle tre melarance 1984/85 Francesco MACEDONIO Marionette di Podrecca

Franz GRILLPARZER Medea 1994/95 Nanni GARELLA Ottavia Piccolo, Gianni De Lellis, Dorotea Aslanidis, Graziano Piazza, Sara D’Amario, Riccardo Maranzana, Valeria D’Onofrio

Claudio GRISANCICH Alida Valli che nel 1996/97 Mario LICALSI Orazio Bobbio, Ariella Reggio Quaranta iera putela

Slavko GRUM Avvenimento 1971/72 Francesco MACEDONIO Franca Nuti, Gina Sammarco, nella città di Goga Gabriele Lavia, Franco Mezzera

Dante GUARDAMAGNA Delitto e castigo 1972/73 Sandro BOLCHI Ugo Pagliai, Angiola Baggi, Lino (da DOSTOEVSKIJ) Savorani, Orazio Bobbio, Giorgio

Valletta, Saverio Moriones

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121Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Dante GUARDAMAGNA La breccia 1963/64 Ruggero JACOBBI Oreste Rizzini, Nicoletta Rizzi, Lino e-Maria Silvia CODECASA Savorani, Franco Mezzera, Massimo

De Vita, Vittorio Franceschi, Marisa Fabbri

Margherita HACK Variazioni sul cielo 2003/04 Fabio Massimo IAQUONE Sandra Cavallini

Peter HANDKE Attraverso i villaggi 1984/85 Roberto GUICCIARDINI Marisa Fabbri, Giancarlo Dettori, Giulio Brogi, Regina Bianchi, Anna Teresa Rossini

Peter HANDKE L’ora in cui non sapevamo 1994/95 Giorgio PRESSBURGER Livio Bogatec, Patrizia Burul, Stojan niente l’uno dell’altro Colja, Andreina Garella, Alojz Milic,

Lucka Pockaj, Riccardo Maranzana, Monica Samassa, Maurizio Soldà, e con Mariano Rigillo (voce recitante)

Vaclav HAVEL L’opera dello straccione 1975/76 Fulvio TOLUSSO Corrado Gaipa, Marina Dolfin, Umberto D’Orsi

Hugo von HOFFMANSTHAL La leggenda di Ognuno 1957/58 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Umberto Raho, Carlo Bagno, Mario Verdani, Lino Troisi, Marisa Bartoli, Lidia Lagonegro, Lino Savorani, Mario Adorf

Arthur HONEGGER Giovanna d’Arco al rogo 1995-96 Antonio CALENDA Daniela Giovanetti, Virginio Gazzolo e Paul CLAUDEL

Odön von HORVATH Storie del bosco viennese 1977-78 Franco ENRIQUEZ Valeria Moriconi, Corrado Pani, Pina Cei, Micaela Esdra, Nestor Garay

Odön von HORVATH Fräulein Pollinger 1984-85 Giorgio PRESSBURGER Daniela Mazzucato, Sandro Massimini, Franco Nebbia

Bohumil HRABAL Una solitudine 1992-93 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Patrizia Burul, troppo rumorosa Paolo Meloni, Franco Noè, Tiziano

Pelandi

Albert HUSSON La cucina degli angeli 1954-55 Alessandro BRISSONI Laura Solari, Gianni Mantesi, Pietro Privitera

Henrik IBSEN Il piccolo Eyolf 1967/68 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Franca Nuti, Paola Bacci, Massimo Gridolfi

Henrik IBSEN Casa di bambola 1973/74 Francesco MACEDONIO Ludovica Modugno, Carlo Montagna, Mario Maranzana, Delia Bertolucci, Franco Mezzera

Eugene JONESCO Sicario senza paga 1968/69 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Marina Bonfigli, Alvise Battain, Josè Quaglio

Georg KAISER Davide e Golia 1957/58 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Enrica Corti, Carlo Bagno

Georg KAISER Il funzionario Krehler 1979/80 Paolo MAGELLI Cecilia Polizzi, Flavio Bucci, Gianni Galavotti, Micaela Pignatelli

Tullio KEZICH La coscienza di Zeno 1978/79 Franco GIRALDI Renzo Montagnani, Marina Dolfin, (da I. SVEVO) Gianni Galavotti

Tullio KEZICH La coscienza di Zeno 2002/03 Pietro MACCARINELLI Massimo Dapporto (da I. SVEVO)

Tullio KEZICH Bouvard e Peuchet 1982/83 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Maranzana, Vittorio e Luigi SQUARZINA (da G. FLAUBERT) Franceschi

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122 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Heinrich von KLEIST La brocca rotta 1977/78 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Marina Dolfin, Lino Savorani, Franco Jesurum, Francesca Muzio

Pavel KOHOUT Roulette 1976/77 Roberto GUICCIARDINI Regina Bianchi, Paolo Graziosi, Lorenza Guerrieri, Daniele Griggio

Boris KOBAL e Maurizio SOLDÀ Bonjour TRIESTEsse 2003/04 Boris KOBAL Boris Kobal, Maurizio Soldà

Franz Xavier KROETZ Renzo e Anna 1974/75 Furio BORDON Orazio Bobbio, Ariella Reggio

Eugene LABICHE La Cagnotte 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Omero Antonutti, Lino Savorani, Pina Cei

Stefano LAURI Hänsel e Gretel 1967/68 Ugo AMODEO Edoardo Zammarchi, Maria Pia (dai F.lli Grimm) Bellizzi, Mimmo Lo Vecchio, Mariella

Terragni

Vladimiro LISIANI Un buso in mia contrada 1969/70 Francesco MACEDONIO Lidia Braico, Ariella Reggio, Cip Barcellini, Franco Rossi, Giorgio Valletta, Giusy Carrara, Fulvia Gasser, Gianfranco Saletta

Enrico LUTTMANN Sonno 2002/03 Marco CASAZZA Paola Bonesi, Marco Casazza, Adriano Giraldi, Enrico Luttmann, Lorenzo Michelli, Alessandro Mizzi, Andrea Orel, Mariella Terragni

Giuseppe MAFFIOLI Del povaro soldato 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Vittorio Franceschi, Oreste Rizzini, (da RUZANTE) Nicoletta Rizzi

Claudio MAGRIS Stadelmann 1990/91 Egisto MARCUCCI Tino Schirinzi, Barbara Valmorin, Gianni De Lellis

Claudio MAGRIS La mostra 2002/03 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Mario Maranzana

Curzio MALAPARTE Das Kapital 1981/82 Franco GIRALDI Mario Maranzana, Vittorio Franceschi, Margherita Guzzinati

Libero MAZZI Trieste con tanto amore 1968/69 Giulio BOSETTI Cesco Baseggio, Giulio Bosetti, Franca Nuti, Luigi Vannucchi

Libero MAZZI Omaggio ai poeti triestini: 1971/72 Franca Nuti, Franco Mezzera Camber Barni

Arthur MILLER Il crogiuolo 1974/75 Sandro BOLCHI Marina Dolfin, Giorgio Valletta, Lino Troisi, Ludovica Modugno, Franco Mezzera

Sergio MINIUSSI L’anno della peste 1959/60 Ugo AMODEO Dario Mazzoli, Mario Licalsi, Giorgio Valletta, Dario Penne, Franco Jesurum

Sergio MINIUSSI Dialoghi con Leucò 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Egisto Marcucci, e Aldo TRIONFO (da PAVESE) Nicoletta Rizzi, Franco Mezzera,

Oreste Rizzini

MOLIERE Don Giovanni 1971/72 Giulio BOSETTI Giulio Bosetti, Lino Savorani, Paola Bacci, Giampiero Becherelli, Cesare Gelli

Ferenc MOLNAR La leggenda di Liliom 1959/60 Leonardo CORTESE Leonardo Cortese, Anna Menichetti, Lidia Lagonegro, Omero Antonutti, Pina Cei, Lino Savorani

Robert MUSIL Vinzenz e l’amica 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Vittorio Franceschi, degli uomini importanti Franco Mezzera

Alfred de MUSSET I capricci di Marianna 1956/57 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Giulio Bosetti, Cesco Ferro, Ottorino Guerrini

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123Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Aldo NICOLAI Gli asini magri 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Omero Antonutti, Rino Romano, Carlo Bagno

Clifford ODETS La ragazza di campagna 1958/59 Franco ENRIQUEZ Gianmaria Volontè, Ottorino Guerrini, Enrica Corti

John OSBORNE Motivo di scandalo 1965/66 Raffaele MAIELLO Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Lino e riflessione Savorani, Vittorio Franceschi

John OSBORNE Un patriota per me 1996/97 Giancarlo COBELLI Massimo Belli

Moni OVADIA Trieste, Ebrei e Dintorni 199798 Moni OVADIA Moni Ovadia

Alcide PAOLINI Lezione di tiro 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Antonella Marchi, Stefano Lescovelli

Pier Paolo PASOLINI Calderon 1979/80 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Marina Dolfin, Gianni Galavotti, Francesca Muzio

Pier Paolo PASOLINI I Turcs tal Friùl 1994/95 Elio DE CAPITANI Lucilla Morlacchi, Fabiano Fantini, Renato Rinaldi, Giovanni Visentin

John PATRICK Attimo fermati, sei bello! 1954/55 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Pietro Privitera, Grazia Migneco, Gianni Mantesi

Franco PERO’ Winckelmann: “Finalmente 1996/97 Franco PERO’ Giulio Brogi, Massimo De Rossi verrà la quiete”

Aldo PERRINI Non si dorme a Kirkwall 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Pietro Privitera, Isabella Riva, Marisa Mantovani, Mario Bardella, Lino Savorani

Harold PINTER Tradimenti 1988/89 Furio BORDON Paola Bacci, Giampiero Bianchi, Paolo Bonacelli

Luigi PIRANDELLO Lumie di Sicilia 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani, Isabella Riva

Luigi PIRANDELLO Ma non è una cosa seria 1956/57 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti, Marisa Mantovani, Cesco Ferro, Lino Savorani

Luigi PIRANDELLO Questa sera 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè, si recita a soggetto Margherita Guzzinati

Luigi PIRANDELLO Questa sera 1986/87 Giuseppe Mariano Rigillo, Paola Bacci, si recita a soggetto PATRONI GRIFFI Leopoldo Mastelloni, nella ripresa

Vittorio Caprioli, Giovanni Crippa, Laura Marinoni

Luigi PIRANDELLO L’imbecille-La patente 1959/60 Fulvio TOLUSSO Carlo Bagno, Dario Mazzoli, Lino La giara Savorani, Mimmo Lo Vecchio, Giorgio

Valletta

Luigi PIRANDELLO Sei personaggi 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, in cerca d’autore Margherita Guzzinati, Lino Savorani,

Carlo Bagno

Luigi PIRANDELLO Sei personaggi 1987/88 Giuseppe Vittoriti Caprioli, Mariano Rigillo, in cerca d’autore PATRONI GRIFFI Ilaria Occhini, Giovanni Crippa,

Laura Marinoni, Caterina Boratto

Luigi PIRANDELLO Così è se vi pare 1961/62 Sandro BOLCHI Gianni Musy, Gina Sammarco, Mario Pisu, Margherita Guzzinati, Marisa Fabbri, Omero Antonutti

Luigi PIRANDELLO Enrico IV 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Renzo Ricci, Eva Magni, Mariangela Melato

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124 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Luigi PIRANDELLO Non si sa come 1969/70 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Anna Maria Gherardi, Giampiero Becherelli

Luigi PIRANDELLO Ciascuno a modo suo 1988/89 Giuseppe Mariano Rigillo, Ilaria Occhini, PATRONI GRIFFI Giovanni Crippa, Laura

Marinoni,Vittorio Caprioli

Stefano PIRANDELLO La scuola dei padri 1954/55 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Carla Bizzarri, Gianni Mantesi

PLAUTO Anfitrione 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Marisa Mantovani, Mario Bardella

Giovanni POLI La commedia degli Zanni 1967/68 Giovanni POLI Franco Jesurum, Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Giorgio Valletta, Gabriele Lavia, Lidia Braico, Mario Valgoi, Salvo Anselmo, Leda Palma

Giovanni POLI L’alfabeto dei villani 1971/72 Giovanni POLI Aldo Bonato, Daniela Foà, Michela e Sandra Martni, Mario Zanotto

Marco PRAGA Le vergini 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Mario Bardella, Marisa Mantovani, Lino Savorani

Giorgio PRESSBURGER Karl Valentin Kabarett 1980/81 Giorgio PRESSBURGER Vittorio Caprioli, Gianni Galavotti, Paolo Rossi, Jole Si/vani

Giorgio PRESSBURGER Eroe di scena 1985/86 Giorgio PRESSBURGER Carlo Simoni, Lea Padovani, Aldo fantasma d’amore (Moissi) Reggiani, Claudio Gora, Lidia

Kozlovich, Gian Paolo Poddighe

Stanislawa PRZYBYZEWSKA L’affare Danton 1982-83 Maciej KARPlNSKY Mario Maranzana, Vittorio Franceschie Andrzej WAJDA

RECITAL di Paola Borboni 1958/59

RECITAL di Diana Torrieri 1959/69

RECITAL di Paola Borboni Fantasia in nero 1959/69

RECITAL di Paola Borboni 1960/61

RECITAL di Marisa Fabbri 1963/64

Antonio RICCARDINI L’ultimo de carneval 1971/72 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio, Ariella Reggio, Giorgio Valletta Franco Jesurum, Luciano Virgilio, Marino Masè

Renzo ROSSO Il pianeta indecente 1983/84 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Leda Negroni, Anna Teresa Rossini

William SAROYAN I giorni della vita 1956/57 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Marisa Mantovani, Cesco Ferro, Camillo Milli, Giulio Bosetti, Vittorio Congia, Lino Troisi

Jean-Paul SARTRE Nekrassov 1969/70 Ernesto GUIDA Giulio Bosetti, Mario Pisu, Marianella Laszlo, Lino Savorani, Gianni Musy

Friedrich SCHILLER Intrigo e amore 1993/94 Nanni GARELIA Ottavia Piccolo, Dorotea Aslanidis, Gianni De Lellis, Graziano Piazza, Virginio Gazzolo

Eric-Emmanuel SCHMITT Il visitatore 1995/96 Antonio CALENDA Turi Ferro, Kim Rossi Stuart, Sabina (traduzione: Enzo SICILIANO) Vannucchi, Sergio Tardioli

Arthur SCHNITZLER Anatol 1975/76 Roberto GUICCIARDINI Gabriele Lavia, Manuela Kustermann, Virgilio Zernitz

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125Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Arthur SCHNITZLER Anatol 1992/93 Nanni GARELLA Roberto Sturno, Gianni De Lellis, Sara Alzetta, Monica Bucciantini, Nicoletta Corradi, Alvia Reale, Stefania Barca

Arthur SCHNITZLER Casanova a Spa 1987/88 Luca de FUSCO Mariano Rigillo, Vittorio Franceschi, Anna Teresa Rossini, Giampiero Becherelli

William SHAKESPEARE Amleto 1998/99 Antonio CALENDA Kim Rossi Stuart, Gianni Musy, Osvaldo Ruggieri, Alvia Reale, Gianfranco Varetto, Rossana Mortara, Alessandro Preziosi

William SHAKESPEARE Come vi garba 1964/65 Eriprando VISCONTI Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi, Franco Mezzera, Lino Savorani, Vittorio Franceschi

William SHAKESPEARE La bisbetica domata 1958/59 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Ottorino Guerrini, Carlo Bagno, Gianmaria Volontè, Lino Savorani, Cesco Ferro, Margherita Guzzinati

William SHAKESPEARE La dodicesima notte 1960/61 Giovanni POLI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri, Anna Miserocchi, Margherita Guzzinati, Omero Antonutti

William SHAKESPEARE Macbeth 1966/67 Tino BUAZZELLI Tino Buazzelli, Paola Mannoni, Egisto Marcucci

William SHAKESPEARE Molto rumore per nulla 1957/58 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Antonio Pierfederici Lino Troisi, Ottorino Guerrini, Carlo Bagno

William SHAKESPEARE Otello 1965/66 Beppe MENEGATTI Luigi Vannucchi, Nicoletta Rizzi, Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi, Oreste Rizzini

William SHAKESPEARE Otello 2001/02 Antonio CALENDA Michele Placido, Sergio Romano, Giancarlo Cortesi, Giorgio Lanza, Rossana Mortara, Valentina Valsania

William SHAKESPEARE Re Lear 2003/04 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Daniela Giovanetti, Luca Lazzareschi, Alessandro Preziosi, Giorgio Lanza, Rossana Mortara, Osvaldo Ruggieri

William SHAKESPEARE Riccardo III 1989/90 Gabriele LAVIA Gabriele Lavia, Monica Guerritore, Dorotea Aslanidis, Gianni De Lellis, Barbara Valmorin, Giorgio Crisafi

William SHAKESPEARE Riccardo II 1991/92 Glauco MAURI Roberio Sturno, Gianni Galavotti, Ireneo Petruzzi, Donatello Falchi

William SHAKESPEARE Riccardo III 1996/97 Antonio CALENDA Franco Branciaroli, Lucilla Morlacchi, Anita Bartolucci, Giorgio Bonino, Gea Lionello, Antonio Zanoletti

George Bernard SHAW L’uomo del destino 1956/57 Gianfranco DE BOSIO Laura Solari, Giulio Bosetti, Cesco Ferro

Georges SHEHADE La storia di Vasco 1962/63 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Renzo Montagnani, Vittorio Franceschi, Massimo De Vita

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126 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Valeria SISTO COMAR La santa calce 1965/66 Anna GRUBER Nicoletta Rizzi, Ottavio Di Donato, Giorgio Valletta, Lino Savorani, Tonino Pavan, Stella Migliore

SOFOCLE Elettra Estate ’64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Fosco Giacchetti, Adriana Innocenti, Franco Mezzera, Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Paola Boccardo

SOFOCLE Edipo a Colono Estate ’66 Edmo FENOGLIO Tino Buazzelli, Roldano Lupi, Giulia Lazzarini, Raul Grassilli, Paola Mannoni, Tino Bianchi, Omero Antonutti

SOFOCLE Edipo a Colono 1996/97 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Piera Degli Esposti,scrittura rievocativa Ester Galazzi, Dodo Gagliarde,di Ruggero CAPPUCCIO Gino Monteleone, Paolo Fagiolo,

Stefano Galante, Antonio Tallura, Maurizio Zacchigna

SOFOCLE Edipo Re 1967/68 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Franca Nuti, Mario Valgoi, Gabriele Lavia

Marko SOSIC Ballerina Ballerina 1996/97 Branko ZAVRSAN Lucka Pockaj

Luigi SQUARZINA Tre quarti di lana 1961/62 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Gianni Musy, Omem Antonutti, Mario Maranzana, Omera Lazzari

Luigi SQUARZINA Romagnola 1964/65 Eriprando VISCONTI Adriana Innocenti, Vittorio Franceschi, Franco Mezzera

Luigi SQUARZINA e Tullio KEZICH (Vedi Tullio KEZICH)

August STRINDBERG Il pellicano 1980/81 Gabriele LAVIA Gabriele Lavia, Lea Padovani, Carlo Simoni, Paola Pitagora

Italo SVEVO Inferiorità 1955/56 Ottavio SPADARO Filippo Scelzo, Mario Bardella

Italo SVEVO Un marito 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Anna Miserocchi, Omero Antonutti, Marisa Fabbri, Margherita Guzzinati

Italo SVEVO L’avventura di Maria 1968/69 Aldo TRIONFO Franca Nuti, Gianni Galavotti, Massimo De Francovich, Paola Bacci

Italo SVEVO Terzetto spezzato 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Stefano Lescovelli, Antonella Marchi

Italo SVEVO Caro bonbon 1990/91 Marco SCIACCALUGA Massimo De Francovich

Italo SVEVO L’avventura di Maria 1995/96 Nanni GARELLA Gabriele Ferzetti, Patrizia Zappa Mulas, Gianni De Lellis, Giorgio Lanza, Umberto Raho, Stefania Stefanin, Riccardo Maranzana, Barbara Trost, Daniele Bonnes

Italo SVEVO Senilità 1997/98 Francesco MACEDONIO Roberto Herlitzka, Lucka Pockaj, Alvia adattamento di Alberto BASSETTI Reale

John Milhngton SYNGE Il furfantello dell’ovest 1961/62 Fulvio TOLUSSO Gino Cavalieri, Gianni Musy, Carlo Bagno, Gina Sammarco, Marisa Fabbri, Omero Antonutti

Carlo TERRON Avevo più stima dell’idrogeno 1959/60 Mario MARANZANA Pina Cei, Omero Antonutti, Dario Penne

Charles THOMAS Jenny nel frutteto 1955/56 Ottavio SPADARO Marisa Mantovani, Mario Bardella

Sergio TOFANO (Stò) Una losca congiura 1955/56 Spiro DALLA PORTA Allievi della Scuola di Recitazione ovvero Barbariccia contro Bonaventura

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127Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali

Sergio TOFANO (Stò) L’isola dei pappagalli 1956/57 Spiro DALLA PORTA Maria Grazia Spinazzi, Cesco Ferro

Sergio TOFANO (Stò) Bonaventura, 1957/58 Spiro DALLA PORTA Allievi veterinario per forza della Scuola di Recitazione

Fulvio TOMIZZA Vera Verk 1962/63 Fulvio TOLUSSO Paola Borboni, Fosco Giachetti, Marisa Fabbri, Edda Valente, Renzo Montagnani, Lino Savorani

Fulvio TOMIZZA La storia di Bertoldo 1968/69 Giovanni POLI Franco Mezzera, Marina Bonfigli, Alvise Battain, Lino Savorani

Fulvio TOMIZZA L’idealista (da I. CANKAR) 1976/77 Francesco MACEDONIO Corrado Pani, Leda Negroni, Carlo Cattaneo, Nestor Garay

Aldo TRIONFO e Sergio MINIUSSI (vedi Sergio MINIUSSI)

Aldo TRIONFO Sandokan, Yanez e i tigrotti 1969/70 Aldo TRIONFO Giulio Brogi, Claudia Giannotti,e Tonino CONTE della Malesia alla conquista Lino Savorani, Franco Mezzera, della Perla di Labuan (da Salgari) Antonio Francioni, Franco Jesurum,

Orazio Bobbio, Saverio Moriones, Mimmo Lo Vecchio

Aldo TRIONFO Margherita Gautier: 1970/71 Aldo TRIONFO Valeria Moriconi, Lia Zoppelli, e Tonino CONTE la dame aux camelias (da Dumas) Gianni Agus, Ennio Balbo, Rodolfo

Baldini

David Maria TUROLDO Il martirio di Lorenzo 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi, Enrico d’Amato

Heinrich von KLEIST Anfitrione 2001/02 Shahroo KHERADMAND Roberto Herlitzka, Giorgio Lanza, Rossana Mortara

Franz WEDEKIND Il Marchese von Keith 1979/80 Nino MANGANO Luigi Diberti, Valeria Ciangottini, Pietro Biondi, Gianni Galavotti

Tennessee WILLIAMS Zoo di vetro 1979/80 Tatiana PAVLOVA Tatiana Pavlova, Marisa Mantovani, Paolo Privitera, Mario Mariani

Tennessee WILLIAMS Lo zoo di vetro 1989/90 Furio BORDON Piera Degli Esposti, Franco Castellano, Diego Ribon, Beatrice Visibelli

Carl ZUCKMAYER Il capitano di Köpenik 1973/74 Sandro BOLCHI Renato Rascel, Lino Savorani, Elio Crovetto, Nino Pavese

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57. “Anima e Corpo” (2 ediz.)di Vittorio Gassman, testi di Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Giacomo Gambetti, Vittorio Gassman, Maria Grazia Gregori, Rita Sala

58. Gigi Proietti: un attore e il suo teatrotesti di Mario Brandolin, Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Rita Sala

59. “Un’indimenticabile serata ovvero gli asparagi e l’immortalità dell’anima”da Achille Campanile, testi di Carlo Bo, Antonio Calenda, Oreste Del Buono, Franco Quadri, Enzo Siciliano

60. “Edipo a Colono”di Sofocle, scrittura rievocativa di Ruggero Cappuccio, testi di Antonio Calenda, Ruggero Cappuccio

61. “Bugie Sincere”di Vittorio Gassman, testi di Vittorio Gassman, Ruggero Cappuccio, Peter Brown

62. “Irma la dolce”di Alexandre Breffort - Marguerite Monnot, testi di Rita Sala, Danilo Soli, Didier C. Deutsch

63. “Senilità”da Italo Svevo, adattamento teatrale di Alberto Bassetti, testi di Italo Svevo, Alberto Bassetti, Daniele Del Giudice, Mario Brandolin

64. “Riccardo III”di William Shakespeare, traduzione di Patrizia Valduga, testi di Mario Brandolin, Alessandro Serpieri, Giovanna Mochi, Patrizia Valduga

65. “Amleto”di William Shakespeare, traduzione di Agostino Lombardo, testi di Mario Brandolin, Agostino Lombardo, Alessandro Serpieri, Roberta Gefter Wondrich, Renzo S. Crivelli, Giuseppina Restivo, Guido Botteri

66. “Ma che c’entra Peter Pan?”di Alberto Bassetti

67. “Rappresentazione della Passione”elaborazione drammaturgica di Antonio Calenda, testi di Odoardo Bertani, Guido De Monticelli, Angelo Mandorlo, Renzo Tian

68. “Antigone”di Jean Anouilh, versione italiana di Furio Bordon, testi di Furio Bordon, Antonio Calenda, Ilaria Lucari

69. I Piccoli di Podrecca70. “Agamennone” e “Coefore”di Eschilo, traduzione di Manara Valgimigli, testi di Antonio Calenda, Caterina Barone, Ilaria Lucari

71. “La Mostra”di Claudio Magris, testi di Guido Botteri, Cesare De Michelis, Luca Doninelli, Enzo Golino, Ilaria Lucari, Lorenzo Mondo, Ermanno Paccagnini, Giovanni Raboni

72. “Eumenidi”di Eschilo, traduzione di Manara Valgimigli, testi di Antonio Calenda, Caterina Barone, Ilaria Lucari

73. “Pallido Oggetto del Desiderio”adattamento teatrale di René De Ceccatty e Alfredo Arias, testi di Alfredo Arias, René De Ceccatty

74. “Re Lear”di William Shakespeare, traduzione di Agostino Lombardo, testi di Antonio Calenda, Agostino Lombardo, Paolo Quazzolo, Giuseppina Restivo

75. “Persiani”di Eschilo, traduzione di Monica Centanni, testi di Monica Centanni, Antonio Calenda

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I “Quaderni del Teatro”

pubblicati dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

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Teatro Stabiledel Friuli-Venezia Giulia

Mariagiovanna ELMIpresidente

Cristina BENUSSIvice presidente

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collegio dei revisori

Cosimo CECEREpresidente

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soci

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Teatro Stabile del Friuli-Venezia GiuliaViale XX Settembre, 4534126 TRIESTE

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Antonio CALENDAdirettore

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Emmanuele BONNESOriana CRESSIMarzia GALANTEIlaria LUCARIufficio marketing e comunicazione

Giampaolo ANDREUTTIufficio produzione

Ada D’ACCOLTI Bruno BOBINIufficio segreteria

L’organigramma 2004-2005

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