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Redazione: via Teodolinda, 5 - Pavia Direttore Responsabile: Giorgio Boatti Iscrizione presso il Tribunale di Pavia N° 473/97 del 7/10/1997 Foglio notizie della Società Pavese per la Cremazione, fondata nel 1881 Ente Morale Sede: Via Teodolinda 5 27100 Pavia - Tel. 0382.35340 Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20 lettera c legge 662/96 filiale di Pavia Stampa: Coop Soc. “Il Giovane Artigiano” - Pavia ANNO 11 NUMERO 2 LUGLIO 2008 SOCREM SOCREM IN QUESTO NUMERO: 2 - IL SACCO DI PAVIA 3 - SINTESI ASSEMBLEA 4 - L’IMPORTANZA DI UN RITO DEL COMMIATO 5 - DONARE IL CORPO ALLA SCIENZA 6 - TESTAMENTO BIOLOGICO 8 - PENSIERO IN CHIAROSCURO... 9 - UN AMICO CI HA LASCIATO 10 - IL CROCEFISSO DI TEODOTE 12 - UN VIAGGIO A CRETA 15 - COMUNE DI PAVIA FOTO DI PIER ENRICO FERRI

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Redazione: via Teodolinda, 5 - PaviaDirettore Responsabile: Giorgio BoattiIscrizione presso il Tribunale di Pavia

N° 473/97 del 7/10/1997

Foglio notizie della Società Pavese per la Cremazione, fondata nel 1881 Ente Morale Sede: Via Teodolinda 5 27100 Pavia - Tel. 0382.35340Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20lettera c legge 662/96 filiale di Pavia Stampa: Coop Soc. “Il Giovane Artigiano” - Pavia

ANNO 11 NUMERO 2 LUGLIO 2008

SOCREM SOCREM

IN QUESTO NUMERO:

2 - IL SACCO DI PAVIA

3 - SINTESI ASSEMBLEA

4 - L’IMPORTANZA DI UN RITODEL COMMIATO

5 - DONARE IL CORPO ALLA SCIENZA

6 - TESTAMENTO BIOLOGICO

8 - PENSIERO IN CHIAROSCURO...

9 - UN AMICO CI HA LASCIATO

10 - IL CROCEFISSO DI TEODOTE

12 - UN VIAGGIO A CRETA

15 - COMUNE DI PAVIA

FOTO DI PIER ENRICO FERRI

“La città andò a sacco e vi fu usataper otto dì continui crudeltà grandee fatti molti incendi…”: questa ladescrizione, che si trova nella “Sto-ria d’Italia” del Guicciardini, delsaccheggio di Pavia operato daifrancesi di Odetto di Fois, signoredi Lautrec, a vendetta della bru-ciante sconfitta subita due anni pri-ma, nel 1527, dal re Francesco I. Pavia nel corso della sua storia disaccheggi ne ha subiti molti. In epo-che remote sino a quello del 1796,operato nel contesto dell’occupa-zione napoleonica. E’ difficile per noi afferrare piena-mente cosa significasse, per le sin-gole vite, per una comunità, per unacittà, subire il saccheggio. Nel girodi pochi giorni il “sacco” di una cit-tà rappresentava il mutamento apo-calittico del proprio orizzonte esi-stenziale: non solo venivano bruta-lizzati affetti, spente vite, distruttericchezze frutto del lavoro dellegenerazioni ma – pressochè repen-tinamente – cambiava il mondoconosciuto e consueto nel quale si

era vissuto. L’incendio delle case,l’abbattimento dei monumenti, ladistruzione delle strutture di difesae convivenza, imponevano l’azzera-mento del panorama col quale si eraabituati a convivere. Nel giro dipochi giorni si diventava sradicatidentro il proprio nido, estranei allapropria città che aveva perso tutti isuoi tratti conosciuti, spaesati a casapropria.Nelle città della nostra epoca, alme-no nel nostro Occidente, non si spe-rimenta da tempo la tragica espe-rienza del saccheggio. Però il “sac-co” delle città non è affatto sparito:la differenza rispetto al passato eche avviene poco per volta, un gior-no dopo l’altro, non repentinamen-te. E non investe contemporanea-mente tutta la totalità del territoriodi una città ma prima una sua por-zione, poi un’altra, poi un’altraancora. A operare il “sacco” nonsolo le soldataglie nemiche ma uninvisibile esercito guidato da gene-rali che spesso non hanno volto mache rispondono a una implacabile

strategia che si chiama speculazio-ne. Che il “sacco di Pavia” sia inatto ce ne accorgeremo forse traqualche anno quando svegliandocidal torpore ci accorgeremo di quan-te e quali fette del territorio urbanesiano state edificate selvaggiamen-te, di quante zone pregiate e quan-to verde siano state stuprati per eri-gere massificate costruzioni desti-nate ad un mercato immobiliaresempre più vorace e incontrollabile.Il “sacco di Pavia” si presenterà conil volto delle abitazioni a schierascervellatamente pianificate persinosul trincerone della tangeziale, aridosso del bivio Vela. Il “sacco diPavia” si lascerà dietro le spalle igiardini che erano stati faticosa-mente conquistati dai residenti del-le case popolari di via Pampuri, alquartiere Pelizza e che stannodiventando aree edificabili, palaz-zoni a ridosso di altri palazzoni. Il“sacco di Pavia” avrà il volto dellecostruzioni che si addenserannoattorno al convento di Santa Chia-ra, l’ex-caserma Calchi, dove lanuova biblioteca comunale non avràil bene di disporre spazi circostantiche avrebbero valorizzato sia ilmonumento sia la sua nuova fun-zione. Il “sacco di Pavia” non dura,come i saccheggi precedenti dellanostra storia, pochi giorni ma si staprotraendo da anni. L’abbiamo sot-to gli occhi, scorgiamo i cambia-menti che impone e che ci rendono“spaesati” in casa nostra, estranei anoi stessi, e non diciamo niente.Se non reagiamo, se non diciamobasta, il “sacco di Pavia”, a diffe-renza delle generazioni che ci han-no preceduto, noi forse ce lo meri-tiamo.

([email protected])

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di Giorgio Boatti

IL PONTE

Il sacco di Pavia

EDITORIALE

Foto di Giulia Morganti

Il 17 febbraio u.s., a Pavia, si è svolta l’Assembleaannuale della Società Pavese per la Cremazione conla consueta attiva partecipazione dei Soci.L’Assemblea ha vissuto alcuni momenti particolar-mente significativi.Il primo ha coinciso con i saluti del Sindaco Dott.ssaPiera Capitelli che ha evidenziato la sempre più effi-cace integrazione della Società nel tessuto cittadino ericordato i buoni rapporti di collaborazione tra il Comu-ne e la Socrem Pavese.La Consigliera Mariuccia Vecchio ha letto l’interventodel Prof. Giuseppe Arona, membro del Direttivo dellaFederazione, assente per impegni inderogabili. Aronanella sua nota ringrazia ed elogia i Dirigenti dellaSocrem per l’impegno svolto con abnegazione rag-giungendo importanti traguardi.Il Presidente della Socrem, dopo una breve comme-morazione del Consigliere Luciano Savoia precoce-mente scomparso, relaziona sull’attività svolta nel 2007e sull’incessante aumento di coloro che scelgono di far-si cremare. Ad oggi gli iscritti sono 4.300 e a Pavia il36% dei deceduti è stato cremato, testimonianza diret-ta di una presa di coscienza sempre maggiore da partedella cittadinanza verso la realtà della cremazione. Inrealtà è cresciuta la consapevolezza dell’importanza diun rito che renda la cremazione non una pratica di sem-plice abitudine e prassi, ma un momento in cui il ricor-do del defunto abbia spazio necessario per permettereuna serena elaborazione del lutto, riducendo il piùpossibile il senso di vuoto del distacco dalla perso-na amata. Sono intervenuti successivamente i Soci: Avv. Cle-mente Ferrario, Dott. Giorgio Boatti, Carlo Ravazzolie il Consigliere Regionale Prof. Carlo Porcari.Tutti evidenziano che la Socrem è ormai diventataun’entità di anno in anno più importante nel contestodella nostra provincia. Tra l’altro da più voci si auspi-ca un suo più funzionale ed incisivo intervento anche

su problematiche di interesse comune come la salva-guardia dell’ambiente, oltre che diventare la prima por-tatrice del culto della memoria.Viene, ancora, ribadito che la Socrem rappresenta, inquesto periodo difficile, la vera laicità dove coesistonodiversi credi religiosi che condividono tutti la stessascelta, manifestandosi come un’importante esempio diconvivenza educativa. Dopo i successivi adempimenti burocratici (la presen-tazione del bilancio consuntivo del 2007, con relazio-ne del Tesoriere e del Presidente del Collegio dei Revi-sori dei Conti, l’illustrazione del conto economico diprevisione per l’anno 2008), si è proceduto alla elezio-ne dei componenti del Consiglio Direttivo e del Colle-gio dei Revisori dei Conti per il prossimo triennio.

Il 10 marzo u.s., gli eletti si sono riuniti per l’assegna-zione delle cariche.Dopo approfondito dibattito hanno provveduto alla dis-tribuzione degli incarichi e pertanto la Socrem Paveseè così rappresentata:

* Consiglio DirettivoPresidente: Pietro SbarraVice Presidente: Franco Bianchi e Carmina CucinelliTesoriere: Sandro DianiSegretario: Angelo BoggianiConsiglieri: Zobeide Bellini, Roberto Comaschi,Rosaria Maccarino, Ornella Moro,Maria Carla Vecchio, Luciano Zocchi

* Collegio dei Revisori dei ContiPresidente: Lucio AricòRevisori effettivi: Mario Anelli e Urbano Castellani

Revisori supplenti: Agostino Brambilla e Mario Campi

3 IL PONTE

SINTESI ASSEMBLEA E RINNOVO CARICHE SOCIALI

Presentiamo di seguito la nota inviata alla “Provincia Pavese” tramite e-mail, con preghiera di pubblicazio-ne, l’11 marzo u.s. e non pubblicata nonostante avessimo ricevuto conferma di lettura.Ci dispiace molto che la notizia non sia stata data e non sappiamo nemmeno per quali motivi, riteniamo soloche fosse un’informazione importante per tutta la comunità della nostra città che confermava, ancora una vol-ta, l’attività della ns. Associazione che, vogliamo rimarcare, è un’Associazione coordinata esclusivamente davolontari, senza scopo di lucro, premiata dalle varie Amministrazioni comunali e provinciali e, in Pavia e Provin-cia, una delle più consistenti come numero di iscritti.Ritenevamo fondamentale dare immediata informazione, tramite il quotidiano locale, ai ns. Associati sullo svol-gimento dell’Assemblea Generale e del rinnovo degli organismi direttivi.Ci spiace constatare la disattenzione del più importante organo di stampa locale verso una delle più anticheassociazioni operanti nel nostro territorio grazie anche al contributo dei suoi 4.300 iscritti.

SITO-INTERNET

Il nostro sito internet è stato oggetto di un restyling e aggiornamento, reso più moderno e facilmente consul-tabile. Si possono avere tutte le informazioni necessarie riguardanti la cremazione, l’affidamento o la disper-sione delle ceneri in natura, le leggi nazionali, i regolamenti e leggi della Regione Lombardia, consigli e moda-lità di iscrizione alla Socrem.E’ consultabile anche la nostra rivista quadrimestrale “Il Ponte”.

di Pietro Sbarra e Giuseppe Arona

Vogliamo ritornare su un tema chelo scorso anno abbiamo già trattatosu questa nostra rivista, un argo-mento che riprendiamo proprio per-ché alcuni nostri soci ci hanno chie-sto informazioni più particolareg-giate.Tutti sanno che nel nostro cimiteroè stata realizzata la cosiddetta saladel Commiato, una grande, acco-gliente, maestosa sala, e nello stes-so tempo semplice e sobria, senzasovrastrutture o decorazioni chepossano richiamare specifiche sim-bologie religiose, ma che può esse-re utilizzata per cerimonie di com-miato sia per cittadini atei, sia percredenti di fede cattolica o di qual-siasi altra fede: insomma, una saladestinata ad onorare degnamente idefunti in una cerimonia, in un ritodi ultimo saluto.Andiamo con ordine. Anzitutto checosa è e a cosa serve un Rito delCommiato. Ebbene, soprattutto è un modo dicommemorare in maniera personalei propri cari, di salutare chi ci lasciacommemorando tutti insieme ildefunto, ricordandone la vita, gliaffetti, trascorrendo ancora assieme

qualche minuto nel modo in cui luistesso avrebbe desiderato: con l’ac-compagnamento di una musica, lalettura di una poesia, un semplicediscorso, il racconto di qualcheaneddoto, tutto rivolto a celebrare lavita del nostro caro, senza enfasi,con semplicità ed amore.Un rito importante per chi ci lasciae importante per chi ricorda.Immaginiamo un attimo di accom-pagnare nella sala del commiato chici ha lasciato, immaginiamo che unincaricato della Socrem, o un fami-liare, o un amico leggano una poe-sia, ricordino qualche momento divita, facciano sentire le note di unamusica.Ebbene, quale migliore saluto puòriunire parenti e amici intorno allapersona deceduta attribuendo, così,un più ampio significato alla suavita? Quale modo migliore di fare perce-pire ai sopravvissuti il naturale sen-timento di continuazione della vitanel ricordo del defunto addolcendoe rendendo solenne il momento del-la separazione con una cerimoniamolto semplice, ma altamente sug-gestiva ed emozionante?

Ora, chi dovrebbe e potrebbe orga-nizzare in modo adeguato e serioquesta Cerimonia?Noi della Socrem siamo preparati afarlo, con la nostra sensibilità e lanostra professionalità, scegliendoil programma con i parenti deldefunto.E sappiamo adoperarci al massimoper rendere meno traumatico imomenti del commiato, per addol-cire con i sentimenti più veri un ritosia pure struggente che riteniamoimportantissimo, sperando cheanche i nostri Soci condividanoquesta scelta così significativa.Facciamo, tutti assieme, che questacerimonia del commiato diventi unaprassi serena, che completi in modoadeguato tutto quanto concerne l’ul-timo addio ai nostri cari. Contatta-teci e ne parleremo meglio.Nello stesso tempo, siamo convin-ti che l’Amministrazione Comuna-le farà di tutto per agevolarci inquesto nostro intento in primisprovvedendo ai piccoli interventi,che del resto abbiamo già segnala-to, per rendere ancora più funzio-nale l’utilizzo della sala.

4 IL PONTE

L’IMPORTANZA DI UN SERENO RITO DEL COMMIATO

OBLAZIONI DALL’ 11.01.2008

La Socrem Pavese è una associazione di volontariato che si sostiene unicamente con la propria attività isti-tuzionale e con il contributo dei propri Soci. A tutti coloro che hanno contributo con la loro generosità, laSocrem Pavese esprime ringraziamento e riconoscenza. La moglie Casalini Maria e i figli Ermanno e Luigiin memoria di ZAINA ERMANNO e figlio ENRICO, Cremaschi Giampiera, Balottari Elsa in memoria delmarito COVINI MARIO, Calandra Giuseppe, Calandra Carlo, Toffetti Giuliana in memoria del marito CAR-BONI FRANCO, Ponzinibio Aldo, Banottari Elsa in memoria di CIPRESSO DOLORES, Bassi Giuseppi-na per BERSAN ATTILIO, Tassi Giuliano in memoria di TASSI LUIGI, Castoldi Luciana in memoria delMARITO e della MAMMA, Cassinari Carla in memoria della mamma DAGRADA MARIA, i nipoti Loris,Paola, Maurizio, Manuela, Claudio, Cristiana in memoria della zio CASIROLI GASTONE, Gianoli Annain memoria del marito FLORIANO, Restelli Carla e Rosanna in memoria dei DEFUNTI, Montanari Alber-tina in memoria del marito ROMBA ALESSIO, Clementi Rosalinda per i SUOI DEFUNTI, Cogliati Afrein memoria dei SUOI DEFUNTI, Novaresi Vittorina in memoria di NOVARESI e COSTANZI, Nascim-bene Edda in memoria del marito LUCIANO, NN, Boggiani Giuseppe a memoria di DAGRADA GIU-SEPPINA, Ballerini Amedeo per il figlio BALLERINI LUIGI, Del Bò’ Pierina in memoria del FratelloDEL BO’ ANGELO, Balottari Elsa in memoria di CIPRESSO DOLORES, la famiglia Beria ricorda il caroEMILIANO, NN, Capelli Marco in memoria dell’Ing. FERDINANDO CAPELLI, Vrancich Stella in memo-ria del marito TULLIO RESTI, Berra Cele in memoria del marito VENERONI RINALDO, Beretta Maria-pia in memoria di GIUSEPPE INGRAO E DI BERETTA ANGELA E GUGLIELMO, Ingrao Carla eGiuseppina in memoria dei LORO CARI, Di Trani Pasquale in memoria dei GENITORI, Zanaboni Ange-lino e Ascani Virginia in memoria del figlio ZANBONI VALERIO.

di Ambrogio Vaghi - Presidente SO.CREM Varese

5 IL PONTE

DONARE IL CORPO ALLA SCIENZA, SI PUO’ FARE

Bene ha fatto Marco Novarino(Segretario generale della Fonda-zione Ariodante Fabretti di Torino)a sollevare il problema della dona-zione di cadavere a fini di ricercascientifica in aggiunta a quello del-la donazione degli organi per i tra-pianti. Alcune So.crem lo hannoaffrontato nei limiti della legislazio-ne attuale e posso dire che nellaRegione Lombardia qualche risulta-to è stato ottenuto.Vorrei parlare di un caso concretoche ha indotto già alcuni anni fa laSo.crem Varese a prendere una ini-ziativa. Consentitemi di farne lacronaca, forse più efficace di moltiragionamenti teorici. Il socio inge-gner Antonino Mazzoni già avanticon gli anni ( aveva già passato i 90)ma ancora fresco di mente e lesto digambe, tanto da compiere ogni gior-no lunghe camminate in montagna,mi espresse il desiderio di donare ilproprio corpo alla scienza . Era pro-fondamente convinto che studentiin medicina e specializzandi avreb-bero manifestato gravi limiti nellaloro preparazione professionale seavessero continuato a non esercitar-si in corpore vili, oppure a farlo suanimali e manichini. Approfondii laquestione e gli segnalai l’articolo 32del Regio Decreto 1592 del 1933(cioè il vecchio T.U. delle leggisanitarie) che regolava l’utilizza-zione, per finalità di studio,ricerca einsegnamento, di cadaveri dellepersone che ne avevano fatto espli-cito consenso . Tale utilizzazioneera indicata e riservata nelle salesettorie di “Istituti Universitari del-le facoltà di Medicina e Chirurgia”.Certamente un limite, in più il difet-to di disposizioni operative. Le suc-cessive modifiche inerenti la mate-ria, non hanno innovato la parte ini-ziale. Di conseguenza i rappresen-tanti del Coordinamento Regionaledelle So.Crem della Lombardia,consultati in diverse occasioni nelcorso della preparazione, prima del-la Legge Regionale (n.22 del18/11/2003 ) poi del successivoRegolamento di attuazione ( n. 6 del

9/11/2004 ) hanno fatto presentecerte incongruenze del passato e lanecessità di favorire donazioni edutilizzazione di salme a scopo diricerca scientifica.L’articolo 44 del Regolamento(Cadaveri a disposizione dellascienza) stabilisce che… “L’impie-go per finalità di studio e insegna-mento si estende alle sale settoriedelle strutture sanitarie di ricoveroe cura accreditate…l’ufficiale distato civile ove è avvenuto il deces-so accerta la volontà espressa daldefunt… le spese per il trasporto delcadavere dal luogo del decesso allasede della struttura abilitata e le spe-se successive per seppellimento,tumulazione o cremazione sono atotale carico della struttura che nerichiede l’utilizzo… è vietato ilcommercio dei cadaveri ecc. ecc.”Convinti del valore umanitario esociale delle donazioni i dirigentidella So.crem Varese nel 2005 han-no informato tutti i loro soci sotto-ponendo i testi di due dichiarazionitestamentarie riferite una alla dona-zione degli organi e l’altra alladonazione del cadavere a scopo distudio. Ben 84 soci hanno via viaespresso la volontà di donare allascienza il proprio corpo affidando-ne il rispetto al presidente pro tem-pore della società, nominato for-malmente esecutore testamentarioper la loro speciale volontà.Un successo, ma anche una pesan-te responsabilità per la So.crem inmancanza di collaudati procedi-menti operativi burocratici. Richie-sti ma mai ottenuti dall’ASL.La prima esperienza l’abbiamo rea-lizzata alla fine di gennaio di que-sto anno e proprio in occasione del-la morte del “promotore” ingegnerAntonino Mazzoni, all’età di 103anni ! Immediatamente coinvoltodalla So.crem il Magnifico Rettoredell’Università dell’Insubria, prof.Renzo Dionigi, chirurgo di fama,disponeva rapidamente per l’accet-tazione della donazione e per tuttele conseguenti procedure.Il nostro socio, ateo convinto, nelle

volontà testamentarie aveva esclusoqualsiasi rito funebre e dispostol’annuncio della morte soltanto acremazione avvenuta. Purtropponon è stato possibile esaudirlo datala notorietà della persona ed i suoiampi rapporti. I giornali hanno subi-to dato la notizia della dipartita edella donazione della salma a sco-po di studio. Così attraverso l’am-pio riscontro mediatico l’Ingegnereha compiuto una buona promozionedell’idea oltre che naturalmente undono altamente umanitario.Quale esecutore testamentario sonostato preventivamente informatodall’Università anche delle modali-tà di utilizzazione della salma. Pos-so rivelare che, in successione, sonointervenuti tre gruppi di specializ-zandi diretti dai rispettivi professo-ri primari di Ortopedia, Otorinola-ringoiatria e Chirurgia.Le ricerche hanno interessato inter-venti all’anca, alla spalla, all’ac-cesso per tumori alla base del cer-vello e del fegato. Si è trattato del-la messa a punto di tecniche daattuare successivamente in salaoperatoria. Il tutto si è compiutocon assoluta celerità e discrezione ela cremazione della salma è avve-nuta non più di due giorni dopo glistudi.So.crem Varese che ha realizzatoquesta esperienza ha individuatoalcune criticità che vorrebbe supe-rare mettendo a punto un protocol-lo di intesa con l’Università o conaltre strutture sanitarie alle qualiverranno indirizzate le salme deisoci donatori.Per concludere possiamo sottoli-neare:1- che anche in mancanza di una

organica legge nazionale, al di làda venire, si può procedere, sol-lecitando le singole Regioni chehanno piena potestà in materiasanitaria;

2- che si aprono nuovi spazi diintervento per le nostre So.crem,le quali possono incentivare ledonazioni e raccogliere le spe-ciali disposizioni.

Il ripetersi di situazioni del tuttoassimilabili al recente caso di Pier-giorgio Welby (il paziente che haottenuto il distacco del respiratore,ndr) dovrebbe portare anche i massmedia a sollecitare il legislatore aoccuparsi del problema. Un inter-vento normativo oggi è necessarioper stabilire cosa si intende peraccanimento terapeutico e qualisiano i suoi limiti e, quindi, intro-durre il testamento biologico per lescelte del paziente relative alla pro-pria salute nel malaugurato casoche, a seguito di una malattia, entriin stato vegetativo permanente o inuna condizione di vita artificiale.La sofferenza umana merita granderispetto. E merita altrettanto gran-de rispetto la libera determinazionedel paziente che chieda l’interru-zione delle cure. Ma in uno stato di diritto tutto deve

svolgersi entro i binari dell’ordina-mento legislativo. La legge, per-tanto, deve essere il punto di rife-rimento, guidare le scelte delpaziente e il comportamento deldestinatario delle sue richieste, cioèil medico curante. Quest’ultimo,però, oggi appare disorientato dal-la mancanza di norme di riferi-mento e anche dalle autorevoli pre-se di posizione che, da una parte,ritengono pienamente legittimal’interruzione delle cure anche inassenza di una normativa sull’ac-canimento terapeutico e, dall’altra,la negano.Per poter dare ai medici un’indica-zione comportamentale equilibrata,che tenga conto del dettato costitu-zionale e del diritto positivo, sideve partire proprio da quanto san-cito dall’articolo 13 della Cartacostituzionale circa la libertà del

paziente di autodeterminarsi inordine alle cure mediche. Tuttavia,tale norma va esaminata nel conte-sto di tutti gli altri principi costitu-zionali che tutelano la vita e la salu-te (articolo 32 della Costituzione) enon isolatamente.Certo, la richiesta del malato diinterruzione delle terapie che gliprocurassero, senza speranze dimiglioramento, solo dolore e pro-lungamento della sofferenza, nonpuò restare priva di risposta ade-guata. Il procrastinarsi di questasituazione, del resto, stride con ildiritto alla tutela della salute nonsolo fisica, ma anche psichica. Tut-tavia una risposta va data nel rispet-to della legge vigente e non sullabase di spinte emotive, pur rispet-tabili essendo finalizzate a sanareuna carenza normativa, che nuocealla dignità del malato.

DOPO IL “CASO WELBY” SERVE UNA LEGGE

A cominciare dal secondo dopoguerra, ma soprattutto nell’arco degli ultimi trent’anni, la ricerca medico-scien-tifica ha letteralmente bruciato le tappe conquistando traguardi e successi a ritmo serrato come in nessun altroperiodo storico. Tuttavia, i successi possono nascondere qualche insidia e la medicina tecnologica, vale a direquella che cura e salva i pazienti anche con il supporto di strumentazioni e di tecniche innovative, non ha fat-to eccezione. Accanto agli esaltanti risultati, infatti, ha mostrato anche i suoi limiti e il rovescio della meda-glia: la creazione (drammatica) di “sottoprodotti”, ovvero di pazienti “salvati” senza essere però restituiti aun’esistenza normale. Si tratta di soggetti strappati alla morte, ma di fatto costretti a una non-vita, sovente instato vegetativo permanente (è il caso di Eluana Englaro in coma irreversibile dal 1992, che per legge deveessere alimentata e idratata) oppure totalmente paralizzati e collegati a un respiratore (Piergiorgio Welby, adesempio, ha vissuto così per circa dieci anni). E se è vero che si tratta di situazioni estreme (benché non raris-sime), è altrettanto evidente che medici, esperti di bioetica e giuristi sono stati costretti ad aprirsi a un con-fronto e ad avviare il dibattito. Del resto, con notevole lungimiranza, già negli anni Cinquanta inviando unmessaggio agli anestesisti-rianimatori riuniti a congresso, Papa Pio XII ricordò loro che l’uomo “ha comun-que il diritto di morire con dignità”.Emblematico è stato dunque il caso di Piergiorgio Welby, il paziente affetto da distrofia muscolare che, dopodecine di appelli alle istituzioni e una lunga battaglia politica, ha trovato un medico disposto a staccargli laspina del respiratore (20 dicembre 2006). Welby ha chiesto il diritto all’autodeterminazione, vale a dire di rifiu-tare quelle cure che avrebbero solo prolungato la sua sofferenza. Welby ha trovato un medico disposto a rischia-re l’incriminazione per omicidio (il giudice lo ha però prosciolto), mentre Eluana ha incontrato magistrati che,in base alle leggi vigenti, sono costretti a farla… “vivere”. Il paradosso deriva dalla deficitaria legislazioneitaliana, che per altro non contempla il “testamento biologico” e neppure fissa paletti chiari circa il cosiddet-to accanimento terapeutico. L’auspicio è che il nuovo Parlamento provveda a fare un po’ di chiarezza.Nel frattempo, per meglio comprendere i contorni della complessa problematica e le difficoltà che incontra oggil’applicazione del testamento biologico (anche sotto forma di atto notarile del singolo cittadino), pubblichia-mo un articolo, tratto da Corriere Medico del 15 marzo 2007, del magistrato Alfonso Marra, presidente dellaII sezione penale della Corte d’Appello di Milano.

LE LEGGI ATTUALI NON RICONOSCONO IL PIENO DIRITTODEI PAZIENTI ALL’AUTODETERMINAZIONE

6 IL PONTE

TESTAMENTO BIOLOGICO

7 IL PONTE

Nel nostro ordinamento c’è lalegge 578 del ‘93 che stabiliscecome momento “giuridico” dellamorte quello in cui si verifica lacessazione irreversibile delle fun-zioni dell’encefalo; funzioni che,in una qualche misura, perduranoperò nei soggetti in stato vegeta-tivo permanente.E’ bene dire subito che chi scrivecondivide il recente orientamentogiurisprudenziale, secondo cui iprincipi dettati dalla Costituzionecirca il rispetto dell’autodetermi-nazione del paziente (articolo 13)e per la tutela della salute, comegarantita dall’articolo 32, nonsono di ostacolo all’introduzionenel nostro ordinamento positivodi una regolamentazione giuridi-ca della richiesta, espressa dasoggetti in stato vegetativo per-manente, di interruzione dellecure quando esse siano inutili perla guarigione e protraggano sem-plicemente la sofferenza. In talsenso si è già pronunciata anchela Corte d’appello di Milano conordinanza del 17 ottobre 2003.In buona sostanza, il diritto ditutela della propria salute noncomporta anche l’obbligo divivere quando si versa in situa-zioni senza ritorno. Se ciò è con-testabile, va tuttavia ritenutoaltrettanto incontestabile il fattoche oggi le norme vigenti sem-brano non permettere, doporichiesta del paziente, l’interru-zione delle cure una volta che sia-no iniziate e vi sia la certezzascientifica che la loro interruzio-ne procuri con immediatezza lamorte. Se il loro protrarsi confi-gura un accanimento terapeutico,è altrettanto certo che l’eventua-le interruzione abbia come imme-diato effetto il decesso. E non èescluso che il medico, accoglien-do la richiesta del paziente einterrompendo le terapie, possavenire chiamato a rispondere diciò davanti al giudice penale. Delresto, il fatto che ci sia già statala pronuncia di qualche giudice,che abbia ritenuto la piena legit-

timità di tale atto interruttivo,non esclude che altre interruzionipossano essere tranquillamentepraticate in situazioni analoghe.Stante la carenza legislativa,infatti, non vi sarà mai da partedei giudici omogeneità di valuta-zione di tale condotta, chepotrebbe addirittura configurarel’ipotesi di eutanasia attiva. Dunque, solo una legge dello sta-to, che indichi i criteri di identi-ficazione dell’accanimento tera-peutico e i suoi precisi confini,potrà dare al medico le direttiveda seguire (e legittimerne la con-dotta) nei casi in cui vi sia larichiesta del paziente di inter-rompere le cure.Appare veramente strano che,dopo il caso Welby, il legislatorenon si sia attivato, anche ricor-rendo alla decretazione d’urgen-za, per colmare il vistoso vuotolegislativo. Questa latitanza in unsettore tanto delicato, qual èquello della regolamentazionedell’accanimento terapeutico edei suoi limiti, nonostante le insi-stenti richieste provenienti davari e consistenti settori sociali,crea sconcerto e disorientamentosia tra i malati e i loro familiari,sia tra i medici curanti. In ipote-si, infatti, potrebbe accadere chein alcuni ospedali sia possibilel’interruzione delle cure, mentrein altri non lo sia. Se poi è veroche oggi merita il massimorispetto l’autodeterminazione delpaziente è però altrettanto veroche, come rimarcato dalla Cassa-zione (III sezione civile, senten-za 1.572 dell’11 luglio 2001), varispettato solo il dissenso allecure consapevolmente espressodal paziente. E comunque restasempre legittimo l’intervento delmedico, garante della salute delsuo assistito, per salvargli la vita.Tutto ciò in ossequio a quantosancisce l’articolo 40 (comma 2)del codice penale secondo cui“non impedire un evento che siha l’obbligo di impedire e quiva-le a cagionarlo”.

Da alcuni, infine, viene impro-priamente invocata la convenzio-ne di Oviedo del 4 aprile 1997,che ha sancito la protezione deidiritti dell’essere umano riguardoall’applicazione della biologia edella medicina; convenzionerecepita in Italia con la legge 145del 28 marzo 2001. Tuttavia lasua esecutività era subordinata(articolo 3) all’emanazione, entrosei mesi, da parte del governo ita-liano dei decreti legislativi con lestatuizioni per l’adattamento del-la nostra normativa ai principidella convenzione stessa. Succes-sivamente, con la legge del 16gennaio 2003, tale termine erastato differito al 31 luglio 2003,ma il governo ha lasciato scade-re anche quest’ultimo terminesenza varate i decreti. In conclu-sione, solo la regolamentazionedell’accanimento terapeutico el’abrograzione della legge 578/93(certificazione della morte cere-brale) potrebbe dare piena citta-dinanza alla richiesta del pazien-te di interruzione delle cure, for-nendo nel contempo ai mediciuna precisa direttiva comporta-mentale.La mancanza di una legge ad hocdanneggia non solo gli ammalatima anche i medici curanti i qua-li, per sostenere la legittimità del-l’interruzione delle terapie, nonpossono che far riferimento alledecisioni dei giudici che l’hannoaffermata. Il che crea disorienta-mento. Si verifica, in sostanza,una situazione assimilabile aquella del navigante che, avendola bussola guasta, per stabilire larotta da seguire, non tenga comeriferimento il faro del porto diapprodo (la legge), ma le luci del-le navi che passano (le decisionidel giudice).

Alfonso Marramagistrato

(da Corriere Medicodel 15 marzo 2007)

8 IL PONTE

SPIGOLATURE (18) di Dino Reolon

PENSIERI IN CHIAROSCURO SU “NOSTRA SORELLA MORTE”

9 IL PONTE

UN AMICO CI HA LASCIATO

di Clemente Ferrario

In una notte dello scorso aprile,addormentandosi nel suo letto sen-za più svegliarsi, se n’è andato Mar-co Fraccaro, un personaggio illustre,socio della nostra SOCREM.Tracciare la sua figura non è sem-plice. È stato uno scienziato di famainternazionale. Si era occupato digenetica, una disciplina sulla qualeha lasciato una traccia importante.Era uomo di cultura, con gli inte-ressi più diversi, dalle arti figurati-ve al cinema. E ancora, ha datomolto al sistema universitario pave-se: per trentatrè anni rettore delCollegio Cairoli, un ruolo svoltocon grande impegno e grande pas-sione. Il suo stile di governo, lageniale capacità di promuovere ini-ziative culturali, resteranno nellamente di tanti allievi.Di Fraccaro tanto si è detto e tantosi dirà ancora. Credo però cheanche delle persone della sua statu-

ra culturale e istituzionale si deb-bano ricordare piccole ma signifi-cative schegge di vita, atte a rifini-re un ritratto umano. Qualcosa inproposito posso dire anch’io, cheho conosciuto Marco Fraccaro nel-l’ottobre del 1932, il primo giornodella prima elementare, nel cortiledella scuola Carducci. Cinque annidi elementari e poi il ginnasio e illiceo al Foscolo e ancora gli annidell’Università anche se passati infacoltà diverse. Anche nei decennisuccessivi vi è stato tra noi un rap-porto intenso, vivo. Lui sapeva gui-dare il dialogo con saggezza, equi-librio, con quei suoi giudizi pene-tranti su uomini e cose.Quando è morto ho cercato e tro-vato tra le mie carte una fotografiadella nostra prima elementare, laclasse disposta su tre file del corti-le della scuola. In prima fila c’è luiche impugna la bandiera italiana.

La maestra non poteva aver avutodubbi nella scelta dell’alunno piùmeritevole di tale assegnazione.Negli ultimi anni del nostro anticorapporto si è dato spazio alla comu-ne passione per il calcio. Amavanonaturalmente la stessa squadra, l’In-ter, che ritenevamo rappresentassel’aristocrazia di quello strano mon-do del pallone.Si, questo va ricordato perchéanche il calcio, comunemente rite-nuto argomento da discussioni albar, era per Marco l’occasione dicommentare gli episodi del gioconon solo per il loro peso atletico,ma anche per i significati umani chelui sapeva cogliere.Un’ultima nota: le ceneri di MarcoFraccaro saranno disperse sul mon-te Grappa. Anche questa scelta didispersione delle ceneri è rivelatri-ce di una capacità di vedere ilfuturo.

Bassano del Grappa

10 IL PONTE

IL CROCIFISSO DETTO DI TEODOTE IN S. MICHELE MAGGIORE A PAVIA

Chi entra in S. Michele non può nonaccorgersi di questo Crocifisso.Apparteneva al monastero femmini-le di Teodote (fanciulla longobardala cui lastra tombale con iscrizionedell’VIII secolo si trova in una del-le sale del Castello) o della Pusterla(= piccola porta). Per le benedettineo monache nere, così dette dal famo-so Opicino de’ Canistris, era unareliquia preziosa, per cui era statanascosta, ma talmente nascosta chenon si sapeva più dove era statanascosta. A fine ’700 l’ordine reli-gioso viene soppresso (siamo duran-te il governo di Giuseppe II, figliodi Maria Teresa d’Austria, periododurante il quale sono soppressi gliordini che per l’imperatore non era-no socialmente utili), i locali dell’e-dificio si vuotano, qualcuno scendenella cripta della cappelletta del Sal-vatore e scopre per caso il Crocifis-so in fondo al pozzo. 1799 arriva inS. Michele. Nel 1943 è nascosto inseminario (ovvero, torna nel mona-stero di Teodote, diventato, appun-to, sede del seminario), nel 1946ritorna in S. Michele: entro una cor-nice marmorea settecentesca era sta-to posizionato nella prima cappellaa destra del presbiterio. Ora, dopo irecentissimi restauri, si trova nellaprima cappella a sinistra del presbi-terio all’interno di una teca moder-na che gli permette una più lungaconservazione.La datazione è ancora incerta. Glistudiosi hanno messo a confrontocon il Nostro i Crocifissi di Vercel-li e di Casale Monferrato e la Crocedi Ariberto d’Intimiano a Milano edhanno riscontrato somiglianze chehanno portato ad una conclusione:tutti sono anteriori al XII secolo,mettendo in rilievo soprattutto il

particolare delle gambe parallele,quindi dei piedi paralleli e non diuno sull’altro come siamo solitivedere. È un Christus triumphans anche seè sulla croce, dall’espressione sere-na e tranquilla. Dopo il XII secolo,con la nascita dell’ordine francesca-no, sulla croce ci sarà il Christuspatiens, ovvero il Cristo sofferente,con la testa molto inclinata, l’e-spressione sofferente, gli occhichiusi, tutti i segni di dolore e conun piede sull’altro, quindi con trechiodi.La Croce, che è di circa 500 annidopo, è fatta con due tavole di legno. Su cinque lamine d’argento è rap-presentata tutta la Staurosis: Gesùcon perizoma dorato, Maria eS. Giovanni ai lati, in alto i duedischi del sole e della luna che ricor-dano la natura divina e la naturaumana del Cristo, ai piedi la Mad-dalena, la committente e l’iscrizionepurtroppo con lacune che lascianoincompleto il nome della badessa(RAIN…DA: Raingarda? Rainar-da?).La testa, lievemente inclinata, è atutto tondo: tracce di doratura neicapelli e nella barba; negli occhi,aperti, sono due pezzetti di pastavitrea azzurra, uno applicato dall’e-sterno ed uno dall’interno.Il Crocifisso non ha un segno didolore, no la corona di spine, no laferita al costato inferta dopo la mor-te secondo il vangelo di S. Giovan-ni, no le ferite provocate dai chiodipoiché, a differenza dei Crocifissigià menzionati, Questo non ha ichiodi.I recenti restauri, eseguiti in un labo-ratorio romano, ce lo hanno restitui-to così come lo vediamo.

La testa era l’unica parte in buonostato. C’erano troppi chiodi postiper “tenere” la struttura: sono sta-ti tolti.C’era una patinatura nera, una bru-nitura ottocentesca messa per copri-re delle lacune, per nascondere ilcattivo stato di conservazione eanche per far vedere che era “ vec-chio”: è stata tolta. Le figurine, cheerano state appiattite, sono tornate inrilievo. È stato trovato diverso mate-riale di riempimento, è stata messain luce la pece nera originale del pie-de sinistro ed è stato tolto il piededestro perché si presentava come unrozzo rifacimento.Si nota immediatamente che manca-no delle parti: c’erano, ma i restau-ratori hanno deciso di toglierle,dopo aver constatato che non eranooriginali in quanto frutto di un inter-vento cinquecentesco. Essi hannoavuto la conferma di questo inter-vento, infatti hanno trovato dietro alsoppedaneo (lo zoccolo che sostienei piedi) due ampolline: una contene-va ossa di vescovi pavesi, l’altraconteneva una piccola pergamena sucui si leggeva “badessa Beccaria,1527, ho restaurato il Crocifisso”(testo che, scritto in latino, è statocosì tradotto e semplificato dallasottoscritta). Che dire della teca che lo contiene?Nulla o… solo far notare che è sta-ta studiata in maniera da servire alloscopo, quale? L’argento resta lucen-te in quanto non è a contatto con l’a-ria che lo annerirebbe. Ed allora, se ancora non l’abbiamofatto, andiamo ad ammirare questocapolavoro di oreficeria, capolavoroche rende la chiesa di S. Michelemaggiore ancora più importante diquanto essa non lo sia già.

di Mara Zaldini

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di Mire

11 IL PONTE

È un giorno come tanti altri: mio marito è sul posto dilavoro, mio figlio a scuola, io ho appena finito il miomenage quotidiano. È una bella giornata e decido direcarmi al cimitero per pulire la bianca lapide marmo-rea, dell’altro mio figlio, dalle impurità che giornal-mente vi si depositano. Esco e, in sella alla mia bici-cletta, imbocco viale Golgi, giro a destra percorrendofino in fondo via Lombroso, quindi a sinistra mi fer-mo allo stop. Di fronte, al di là del piazzale, l’edificiodi ingresso che ospita gli uffici del Policlinico, fa bel-la mostra di sé. Alla mia destra, sul vialetto che con-duce al chiosco di giornali, persone anonime vanno avengono all’ombra degli alberi, sotto i quali sono sta-te poste delle panchine. Sul marciapiede contiguo, fian-cheggiante la carreggiata sulla quale sono in sosta, duegiovani uomini stanno dialogando amabilmente. Guar-do la targa dell’automobile che mi precede ferma allostop: è locale. Il mio sguardo si sposta all’indietro, vasull’asfalto in prossimità della ruota anteriore della miabici e, improvvisamente, sobbalzo sulla sella: propriolì vicino, quasi sotto il mio piede sinistro, una banco-nota rosa, arrotolata, aspetta solo di essere raccolta. Ilmio è uno scatto istintivo. Scendo dalla bicicletta, michino, afferro le cinquantamila lire e, tenendole benstrette nella mano sinistra, mi accingo a risalire in sel-la. Nello stesso momento una fragorosa risata colpiscele mie orecchie: sono i due giovani uomini sul mar-ciapiede vicino che, sbellicandosi, mi guardano burlo-ni. Ci sono cascata: è uno scherzo. Quanto sono creti-na! Come ho fatto a non capirlo subito che erano sol-di falsi messi lì apposta per fare una burla? Se fosse-ro stati veri li avrebbero già presi loro. Rossa di ver-gogna, comincio a pedalare in direzione della miameta. Passo sopra il ponte dalle arcate sopraelevate, sti-le impero, sotto il quale passa la ferrovia e sono ten-tata di fermarmi per buttare giù quei soldi dello scher-zo. Il traffico è intenso e non mi va di perdere del tem-po supplementare; così proseguo verso via Indipen-denza, tenendo sempre stretta la banconota tra la manosinistra e l’impugnatura del manubrio. Cammin facen-do, decido di passare dalla belle-mère per vedere se leiriesce a capire la veridicità di questo biglietto: arrivoin viale Sicilia, ma la belle-mère non è a casa. Prose-

guo per il cimitero, sempre tenendo in mano il bigliet-to con noncuranza… tanto è falso, anche se lo perdo èpoco male. Giunta in loco, mi concedo la soddisfazio-ne di controllare la banconota e… mi accorgo che ibiglietti sono tre, vale a dire centocinquantamila lire.Non importa, sempre falsi sono, dunque li appoggioper terra senza curarmene più di tanto, mentre spolve-ro la lapide di marmo bianco e sistemo i fiori di seta.Finito il mio compito riprendo le banconote, sono lì lìper metterle nel cassonetto della spazzatura, ma pensoche a “buttar via si è sempre in tempo” così, sempretenendole tra la mano e la manopola del manubrio del-la bicicletta, mi avvio per il ritorno. In Piazza Ema-nuele Filiberto angolo Corso Cairoli, c’è una banca emi viene l’idea di entrare per far controllare questebenedette banconote, tagliando così la testa al toro enon pensarci più. Al primo inserviente che trovo chie-do a chi posso farle controllare e quello mi indica lacassa laggiù in fondo. All’impiegata che mi guarda aldilà dello sportello, chiedo: “Scusi, vorrei solo saperese queste banconote sono vere o false”.Lei le guarda, le rigira solo un attimo e me le rendesorridendo: “ma certo che sono vere!”. Prendo questisoldi e, quasi incredula, li ripongo finalmente nella bor-sa, pensando: “Ma chi ha detto che il Venerdì 17 por-ta sfortuna?

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12 IL PONTE

SALA DELL’ACCOGLIENZA - CERIMONIA DI COMMIATO

Presso il Cimitero Monumentale di Pavia, è a disposizione la Sala dell’accoglienza con la possibilità di effet-tuare una cerimonia dell’addio al proprio caro. Riteniamo particolarmente importante che la cremazione siaaccompagnata da una cerimonia, affettuosa e umana, capace di attribuire solennità al momento della separa-zione dal proprio caro defunto. Il rito del Commiato è una cerimonia semplice intensa e ricca di calore e disolidarietà, volta a ricordare ciò che il caro defunto ha rappresentato in vita.I familiari, i parenti e gli amici si riuniscono nella Sala dell’accoglienza, luogo della parola e del pensiero, inun ambiente sereno dove possono riflettere, scambiarsi emozioni e condividere sentimenti per superare lo scon-forto e rendere meno doloroso il distacco dal loro caro.Tutti i Soci o familiari che vogliono beneficiare di questo servizio, devono prendere contatti con la Socremaffinché si possa predisporre una cerimonia personalizzata secondo i propri desideri.

UN VIAGGIO A CRETA

di Gianfranco Moroni

Nella primavera dell’89 leggemmo,mia moglie ed io, un articolo sull’i-sola di Creta, terra ricca di prodottisquisiti, dall’olio d’oliva ai formag-gi, dalla frutta ai vini, né mancava-no fiori e piante favoriti dal climatemperato. Non per nulla Ippocrate,padre della medicina, a suo temponominò Creta “Isola farmaceutica”per le sue piante medicamentose,fra cui la più nota il dìtta-mo dalle miracolose pro-prietà. Si raccontava chegli animali feriti in cacciaandassero a mangiarefoglie di quella pianta eche le frecce si staccasse-ro dal loro corpo permet-tendone la guarigione.Noi ricordavamo Cnosso,la civiltà minoica, il Mon-te Ida che aveva a che farecon gli dei….Nell’articolo si parlavadell’archeologo ingleseArturo Evans, impegnatonella ricostruzione e neirestauri della reggia diCnosso, e ci tornò allamente il nome di Pasife,moglie del re Minosse, ela sua insana passione perun toro (la vendetta, si dis-se, di un qualche dio), pas-sione che diede origine aun mostruoso, feroce esse-re, mezzo uomo e mezzotoro, a cui la città di Atene, per unaguerra perduta, doveva ogni annoinviare sette giovani e sette giovi-nette che il Minotauro inesorabil-mente si pappava.Che storie s’inventavano gli anti-

chi! A Cnosso non avremmo trova-to Teseo, entrato nella reggia peruccidere il toro, e neppure Arianna,che aveva dato una mano al belTeseo, ma sarebbe stato emozio-nante ripercorrere l’antico labirintoricordando quei mitici personaggi.Partimmo dunque verso la straordi-naria isola, e giunti ad Iràclion,sistemati in albergo, fu subito l’ora

di cena e di un sonno ristoratore.Il mattino seguente visitammo perprima cosa il giardino botanico, dicui si dicevano meraviglie. Pieno dipiante e fiori occupava gran partedella collina su cui sorgeva, degra-

dando verso il mare. Tutto era bencurato, i cartellini riportavano ilnome di fiori e piante, le serre era-no ricche di magnifici esemplari enon fu difficile trovare il famosodìttamo assieme ad altre specie daicolori straordinari.Ci sedemmo su un gradino adammirare laggiù il mare che sem-brava aprirsi all’infinito.

Il mattino seguentepercorremmo con l’au-tobus i pochi chilome-tri che portavano aCnosso. L’architettoEvans aveva lavoratoper anni portando allaluce i monumenti del-l’antica reggia e com-piendo un’opera diricostruzione e diminuzioso restauro el’enorme costruzioneera in buona parte rina-ta con i suoi porticati, icorridoi, le colonne, legrandi sale e gli affre-schi rimessi a nuovo.

Quante cose davedere a Creta, dal bur-rone di Samaria, lungodiversi chilometri, aivillaggi costieri e del-l’interno; i paesaggi diElunda e di AghiosNikolaos, la pittorescacittadina di Sitia….

Vorremmo tornare, sederci a mezzacollina e godere l’aria profumata insolitudine. Ma sarà ancora così?Riapriremo i libri, guarderemo lediapositive e niente potrà cancella-re una ritrovata emozione.

13 IL PONTE

Qualche tempo fa ho assistito ad unconcerto d’organo in una chiesa del-la periferia di Milano. Una chiesaluminosa e dalle linee architettoni-che immediate, caratteristiche -queste ultime - proprie di un parti-colare stile artistico del Novecento.Si respirava una complice armonio-sità tra l’essenzialità dell’edificio ei simboli della fede cristiana in essopresenti. A far da sintesi, in questoangolo di ritrovata tranquillità, lamusica: brani d’eccellenza interpre-tati magistralmente dall’organista.Era il mondo di J.S. Bach e di unsuo grandissimo predecessore, mae-stro e conterraneo, D. Buxtehude.Così, tra uno sguardo veloce all’im-ponente crocifisso sospeso in aria,nel bel mezzo dell’arcata principa-le, davanti al transetto e l’orecchioproteso ad ascoltare l’ordinata suc-cessione di note, sovvenivano pen-sieri e riflessioni sulle domandesempre nuove (e sempre antiche)che riguardano l’esistenza diciasccuno, nessuno escluso.Se ogni tanto riuscissimo a spo-

gliarci del frenetico mondo che cicirconda spesso dominato dallabanalità e da uno svuotamento valo-riale, prodotto finale di un modo divivere consumistico e omologato acategorie di “non-pensiero”, potrem-mo ritrovare la capacità di interro-garci e di ri-entrare in noi stessi.Questo non significa necessaria-mente che si debba vivere attana-gliati dal dubbio o, peggio, dacostanti sospetti. Significa peròaccompagnare la nostra navigazio-ne, quotidiana e immersa nella real-tà, senza fuggire dalle responsabili-tà che ci attendono. Anche dallaresponsabilità finale.Responasabilità: cioè di chi rispon-de in prima persona delle proprieazioni, di chi è consapevole di unimpegno, di chi non si sottrae aduna promessa data in forza della suaparola.Di chi, in modo gratuito, ha la facol-tà di lasciarsi interpellare dalla Paro-la (il Logos, Cfr. Vangelo secondoGiovanni, Prologo, Cap. 1, 1-18) e diporsi con essa in una posizione dia-

logante e di fiduciosa attesa. Ecco-ci al nocciolo della questione: l’at-tesa. La vita di ciascuno è in atte-sa. L’attesa che contraddistingue equalifica l’umanità racchiusa nellanostra carne.L’attesa “della vita e del mondo cheverrà” e di un futuro certo di cuiperò non conosciamo nè la dimen-sione, nè il portato.Di esso intra-vediamo qualche trac-cia, qualche spiraglio di luce. Inaltre parole per essere aiutati a per-cepire e immaginare lo scenariofinale che ci attende ci affidiamoall’esercizio razionale e illuminatodei nostri sensi.E di essi ci fidiamo.Ci lasciamo guidare verso un tem-po di misericordia, di vita nuova. Edi braccia finalmente schiodate dal-la croce.E chissà, forse troveremo ad atten-derci anche le note della passacagliain Do minore (e quali se no?!?) diJohan Sebastian, il gigante di Eise-nach, ad introdurci alla visione,ormai compiuta, del Volto di Dio.

L’ATTESA

di Emanuele Chiodini

CASA PONTE E DINTORNI

A Casa Ponte, una borgata comunale,c’è l’abbellito palazzo municipale,con i suoi “uffici” e sala consigliare,dove si discute e decide che c’è da fare.A pian terreno c’è l’ufficio postale, e – l’indispensabile- sede ambulatoriale.Luoghi – si dice – abbastanza frequentati,da gente con disturbi e… pensionati.Di fronte, un bar con discreta affluenza:il venerdì è sempre chiuso: beh, pazienza.Francamente non so quanti sian gli abitanti,ma son sicuro, non possono essere tanti.A pochi passi… verso Poggio Ferrato…il ponte sul “Nizza”, ben ristrutturato.Sulla destra ci son due grossi “capannoni”,per gare sportive e varie “manifestazioni.Recente esempio; per la “fiera” Valligiana:…esposizione prodotti locali e cavalli in “ginkana”.Vengono utilizzati pure per conservare sane le “cose” necessarie per le feste paesane.Poco più sù il silenzioso luogo del pianto, luogo di “sconforto”:… il freddo camposanto.Non lontano la vecchia chiesa parrocchiale:qualche messa, matrimonio e funerale

Mario Campi

HO CHIUSO LA FINESTRA

Ho chiuso la finestra… perché,non voglio vedere il pianto del cielo.

Ho chiuso la finestra, per isolarmi dal resto del mondo almeno per un pò.

Ho chiuso la finestra,per conservare nell’ambiente tanti bei ricordi.

Perché la mia mamma è partita,è volata verso il cielo.

Mi ha lasciato un grande rimpianto,e la sua esperienza.. che mi scalda il cuore...!

Rosa Mazzoleni

di Claudio Corbellini

14 IL PONTE

DIAPASONAGOPUNTURA

La diapasonagopuntura nasce dal-la combinazione dell’agopunturacon diapason che riproducono esat-tamente la vibrazione e il suono del-le campane tibetane.Si esegue un trattamento di ago-puntura classico, frutto di un’anali-si fisiopatologica del paziente,integrato con la diagnostica occi-dentale.Poi si scelgono due canali d’ago-puntura da trattare e sono fattivibrare i diapason corrispondenti.,che vengono, quando la vibrazionesi riduce, mantenendo però inalte-rate le caratteristiche vibratorie,messi in contatto con l’ago chequindi, oltre a facilitare la condu-zione del suono nei canali, assumela stessa vibrazione del diapason.La correttezza della tecnica, chemantiene invariata l’onda elasticagenerata dal diapason, mi è stataconfermata dal Professor FabioUccelli ingegnere dell’Università diPisa, che studia in maniera scienti-fica la musicologia.Il suono e le sue vibrazioni risulta-no molto efficaci in quanto, comeafferma il Pro. Fabio Uccelli, nelsuo libro: “La musica all’originedella conoscenza umana.” Laconoscenza umana deriva da unaelaborazione sistematica delleemozioni, attraverso un lungo eautomatico processo d’analisi dellemedesime, che ha determinato, nelcorso dell’evoluzione, sia la forma,sia la natura dei “sensori cerebrali”delegati a riceverle.

Le prime “emozioni” che raggiun-gono gli esseri viventi sono tra-smesse da mezzi elastici, quali l’ac-qua del mare, il liquido amniotico esono di tipo ritmosonico (musicale),come il battito del cuore materno.Con il suono e le vibrazioni, per-tanto, siamo in grado di raggiunge-re le componenti emozionali piùprofonde. L’evoluzione degli esseri viventi hadeterminato un progressivo aumentodel livello di coscienza che è passa-ta da una coscienza puramente emo-zionale, necessaria per la sopravvi-venza e la perpetuazione della spe-cie, sino a raggiungere la consape-volezza di sé, con una psicologizza-zione delle emozioni medesime chesono gli archetipi più profondi del-la nostra personalità.Il trattamento aumenta notevolmen-te l’efficacia dell’agopuntura ed èmolto indicato nelle forme psichi-che, quali stress, ansia, depressio-ne, insonnia e somatizzazionivarie. Si sono ottenuti ottimi risul-tati anche nella fibromialgia e neidolori senza causa apparente, che ingenere sono i più difficili da tratta-re con l’agopuntura.Ho iniziato terapie di forme idiopa-tiche, quali la cistite interstiziale einizierò trattamenti nelle formeallergiche ed autoimmunitarie, inconsiderazione dell’importanza del-la componente psichica.Si sono visti miglioramenti imme-diati, anche in forme dolorose adeziologia nota, ottenendo significa-

tivi e rapidi miglioramenti. Ultima-mente, l’impiego in atleti e in per-sone quali ballerini di danza clas-sica, in cui spesso, le tensioni psi-chiche peggiorano e, probabilmen-te, inducono problematiche tendi-no-muscolari si è rilevato estrema-mente efficace.Non ritengo invece che sia più effi-cace dell’agopuntura senza diapa-son nelle forme artrosiche.La grande efficacia che ho riscon-trato mi ha spinto ad indagare sel’abbinamento fosse già stato effet-tuato in precedenza.Pertanto mi sono messo in contattocon un medico tibetano che mi haconfermato trattarsi di una praticaantica, iniziata migliaia d’anni fa inTibet e tuttora applicata, ovviamen-te con le campane tibetane, tra l’al-tro ho saputo che l’applicazione eraeffettuata con una delle modalitàche ho individuato, cioè l’applica-zione di un ago sul punto BAI HUIsituato sul vertice del capo, dovetermina un ramo del canale (meri-diano) d’agopuntura del Fegato, cheattraversa in profondità il cervello.Ho scoperto, inoltre che l’inventoredel diapason terapeutico, l’america-no Richard Utt, utilizza una tecnicasimile alla mia, poiché negli StatiUniti è possibile effettuare l’ago-puntura senza essere medici.I metodi efficaci, infatti, quando itempi sono maturi, possono esserescoperti o riscoperti contempora-neamente in luoghi diversi dellaterra.

AGGIORNAMENTO QUOTE SOCIALI

Ci sono pervenute diverse richieste di associazione vitalizia; il Consiglio Direttivo, nella riunione del 23 novem-bre 2006 dopo aver esaminato le esigenze, ha deliberato l’istituzione della quota vitalizia per coloro che lorichiedono.

Pertanto le quote sociali sono:

- quota di iscrizione euro 15,00- quota sociale annua euro 10,00- quota vitalizia “una tantum”, per persone di età inferiore ad anni 70 euro 250,00- quota vitalizia “una tantum”, per persone di età superiore ad anni 70 euro 200,00

15 IL PONTE

DAL PARCO CIMITERIALE AL SECONDO FORNO DI CREMAZIONE

Nell’ultimo numero di questa rivi-sta ho parlato del progetto di recu-pero dell’area denominata lotti chesarà trasformata in un parco cimi-teriale.In seguito all’esame del progettoda parte della Commissione Edili-zia Comunale, l’idea iniziale saràarricchita dalla collocazione di unao più superfici acquatiche destina-te, come l’intera area verde, alladispersione delle ceneri. Il proget-to sarà approvato entro questomese dalla Giunta Comunale e

subito dopo, verranno realizzati imanufatti, mentre le piantumazionisaranno portate a termine nel mesedi ottobre per sfruttare il periodopiù opportuno dal punto di vistavegetativo. I progetti di quest’anno non riguar-dano però solo l’intervento cheavevo annunciato nel precedentenumero, e che ora ho precisato, maè previsto un intervento di manu-tenzione straordinaria di tre luoghicimiteriali inserito nel piano delleopere pubbliche di quest’anno.Il primo intervento riguarderà lasede storica delle urne cinerarieposta a sud dell’antico forno di cre-

mazione che sarà ampliata e chesarà complessivamente oggetto diun restauro conservativo.Il secondo intervento riguarderà ilmausoleo della Prima Guerra Mon-diale all’interno del quale dovran-no essere restaurati i mosaici delpavimento, ma successivamente alrifacimento dell’area circostantel’obelisco posta a copertura del sot-terraneo per la quale è necessariala realizzazione di una idoneacopertura impermeabilizzante.Il mausoleo della Seconda Guerra

Mondiale ha problemianaloghi ed anche inquesto caso dovremorivedere radicalmentela copertura imper-meabilizzante nonchéle metodologie dilavoro al fine di rea-lizzare interventi riso-lutivi e di durevoleefficacia.Nell’ambito deglistessi interventi dimanutenzione straor-dinaria previsti nelpiano delle opere pub-bliche verranno final-mente compiuti inter-venti

migliorativi dellasala dell’acco-glienza al fine diadeguarla, perquanto possibile acausa della suastrutturale inade-guatezza, allenecessità del ceri-moniale.Il nostro ufficiotecnico sta predi-sponendo un pro-getto che, nellasua fase esecutivae prima della suaattuazione, sarà

preventivamente verificato con isoggetti che operano nel settore.E’ fin d’ora possibile precisare cheverrà realizzato un tunnel per il tra-sferimento automatico dei feretridalla sala al termine della cerimo-nia verso l’area tecnica del forno dicremazione non accessibile al pub-blico; contestualmente dovrà esse-re affrontato il problema dellagestione del cerimoniale al fine direndere meno “freddo” il momen-to del commiato.Infine sono in corso i lavori di alle-stimento del secondo forno di cre-mazione alla conclusione dei qualiPavia diventerà uno dei più grandicentri di cremazione regionali apartire dal mese di luglio di que-st’anno. Durante il montaggio del-le singole componenti del nuovoforno non ci sarà interruzione delservizio in quanto il forno attual-mente in funzione non interrompe-rà l’attività; per una sola giornatasarà invece necessario rinviare dialcune ore l’apertura al pubblicodel cimitero per consentire il tra-sferimento della camera di combu-stione dalla sede stradale di ViaVeneroni all’interno della strutturadestinata ad ospitarla.

COMUNEDI PAVIASETTORESERVIZI CIVICI

Assessore ai Servizi Civici Avv. Ettore Filippi

Cimitero Monumentale di Pavia

Cimitero Monumentale di Pavia

16 IL PONTE

Sede: Via Teodolinda 5 - 27100 Pavia - Tel. 0382.35340 - Fax 0382.301624

APERTA DAL LUNEDÍ AL SABATO - (ESCLUSI I GIORNI FESTIVI)dalle ore 9.00 alle ore 12.00

GIOVEDÍ anche dalle ore 16.00 alle ore 18.00sito internet: www.socrempv.it - e-mail: [email protected]

SOCREM Società Pavese per la Cremazione

Madunett, Francesco Mauro Donetti, era un pavese purosangue, nato da famiglia molto povera nel 1868. Vendi-tore ambulante di formaggi; furmagè, aveva il suo banchetto fisso in Piazza Grande. Sveglio, vivace, desiderosodi cultura, ha amato tantissimo Pavia, la sua storia ed il suo dialetto. Questo amore, unito ad una ispirazionepoetica disinvolta, lo ha portato a scrivere varie opere, poesie soprattutto. Interessantissima questa, dalla qualederiva proprio la sua ironia, ma anche la sua grande bizzarria.

Dispusizion pr’i mè füneraj

Quand mi crepi, ai fünerajm’ racumandi, poch travaj:câr ad tèrza e sensa fiur, una cassa ad poch valur, senz avis né manifest,purtèm sü d’matina prèstg’sarà no tanti curiusa tajam i pagn sut vus.

A l’infazia abandunàdèghi pür chi poch cag vama però sti gram tripelè un inütil fai gnì adrè.

Par andà a la meno spesabasta un prèvi pr’anda in Cesa,sam rifüdan la dutrinasta povr’anima tapinapar schivà d’andà a l’infèrans’rangiarà cul Padr Etèran.

D’bonaman par nun fa intortdègan mia ai becamort, sag di poch mè poe stat ditche in tra d’lur i tacan lite sut vus i poor parentlur gh’ingüran di accident.

D’munument mi n’in voei mia,quèi jèn tüt danè trat via,un gram sass d’quai üsüvalsensa scrivag tanti bal,du parol ma ciar e nèt;suta chi ghè Madunète in d’la tèra ad sura viafègh gni sü l’érba ca bsia se i curius am cercaran pudaran bsijass i man.

Terminà tüt i funzionfè una bona culazione mangè d’bon apetitma cerchè ad tacà no litdop, par mèt un po’ d’lègriae tegn alt un po’ l’muralpudi leg’ la puesia d’la rason dal capural,se quæi dün par pregiüdizil’vuriss di che quèst al stonapudi leg al spusalizidal Madoj cun la Sabronache l’mè spirit indülgentimvisibil ma presentl’va farà guarì l’magoncun la so benedizion.

“Ma se l’piang al va cunsula freghei i occ un na sigula.”

MadunettMarzo 1948

PAVIA VIGEVANO VOGHERA

Via Teodolinda, 5 Presso la sede Presso la segreteriatutti i giorni feriali della Circoscrizione Centro del Centro Adolesceredalle ore 9.00 Palazzina “Sandro Pertini”; V.le Repubblica, 25 alle ore 12.00 via Leonardo Da Vinci, 15; tutti i giorni ferialidal lunedì al sabato; tutti i martedì feriali negli orari d’ufficio il giovedi anche dalle ore 16.30 dalle ore 16.00 alle ore 18.30alle ore 18.00