relazione finale - ca' rustica

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Analisi storica sulla città di Meda nell'ambito di progetto di conservazione e recupero della Ca' Rustica di Meda

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  • 3INDICE

    -CATASTI

    CATASTO TERESIANO............................................................................................................pag.5CATASTO LOMBARDO-VENETO............................................................................................pag.7CESSATO CATASTO...............................................................................................................pag.10MAPPA WEGIS........................................................................................................................pag.13

    -STORIA

    BIBLIOGRAFIA........................................................................................................................pag.14LE ORIGINI DI MEDA TRA MITO E STORIA..........................................................................pag.15 Legenda venerabilium virorum Aymonis et VermondiBreve Istoria Di Meda - Emanuele Lodi -IL PRIMATO BENEDETTINO (XI-XII secoli)............................................................................pag.24La Sentenza dellarcivescovo Robaldo del 1138Alexandri Papae III Litterae Gratiose 1178LE LIBERTA COMUNALI (XII sec.).........................................................................................pag.29Il PERIODO VISCONTEO E SFORZESCO (XIV-XV sec).......................................................pag.30LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA DI SAN VITTORE..........................................................pag.32LANTICO VOLTO DI MEDA IN UN DIPINTO DI LUINI...........................................................pag.33LA DOMINAZIONE SPAGNOLA (XVI-XVII).............................................................................pag.34LA DOMINAZIONE AUSTRIACA (XVIII secolo).......................................................................pag.36DA MONASTERO A VILLA: LINTERVENTO DI POLLACH.....................................................pag.37Caduta del Campanile - Leopoldo PollachDisegno di Balaustra - Leopoldo PollachDALL OTTOCENTO AL DOPOGUERRA................................................................................pag.41La recinzione di Enrico Griffini del 1933IL PIANO SAMONA - Storia e attualit...................................................................................pag.44

    -REPERTORIO DEI BENI STORICO-ARCHITETTONICI DELLA PIAZZA-

    VILLA ANTONA TRAVERSI.....................................................................................................pag.52CHIESA DI SAN VITTORE......................................................................................................pag.66CHIESA DEL S. CROCIFISSO (EX SANTA MARIA)...............................................................pag.77PALAZZO DE CAPITANI, BRIVIO, CARPEGNA.....................................................................pag.80CA RUSTICA.......................................................................................................................... pag.81

    -PROGETTO DI RIUSO E CONSERVAZIONE-

    Il recupero del centro storico Medese: un dibattito attuale.......................................................pag.84PROGETTO DI RIUSO - LA CA RUSTICA-............................................................................pag.86PARCO DELLA BRUGHIERA..................................................................................................pag.89PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO...............................................................................pag.94ANALISI CRITICA DELLE NORME TECNICHE......................................................................pag.99RELAZIONE DEL RILIEVO GEOMETRICO..........................................................................pag.100SCHEDE RILIEVO.................................................................................................................pag.101

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  • 5CATASTO TERESIANO 1721

    IdentificazioneId: 173368Segnatura: 3063 -Numero Mappa: 1Numero Foglio: 8Titolo attribuito: MAPPA ORIGINALE DEL COMUNE CENSUARIO DI MEDAIstituto Conservatore: Archivio di Stato di MilanoAnno iniziale Mappa: 1721Anno finale Mappa: 1721Scala Numerica: 2000Orientamento: nordMediazione Grafica: inchiostro nero, inchiostro colori, acquerello, matita

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  • 7CATASTO LOMBARDO-VENETO 1855

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  • 9IdentificazioneId: 154239Segnatura: 2496 -Numero Mappa: 1Numero Foglio: 7

    Titolo attribuito: MAPPA ORIGINALE DEL COMUNE CEN-SUARIO DI MEDAIstituto Conservatore: Archivio di Stato di MilanoAnno iniziale Mappa: 1855Anno finale Mappa: 1873

    Scala Numerica: 2000Orientamento: nordMediazione Grafica: inchiostro nero, inchiostro colori, acquerel-lo, matita

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    CESSATO CATASTO 1897

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    IdentificazioneId: 140847Segnatura: 273 -Numero Mappa: 1Numero Foglio: 13

    Titolo attribuito: MAPPA ORIGINALE DEL COMUNE CENSUARIO DI MEDAIstituto Conservatore: Archivio di Stato di MilanoAnno iniziale Mappa: 1897Anno finale Mappa: 1902Scala Numerica Allegati: 1000

    Orientamento: nordMediazione Grafica: inchiostro nero, inchiostro colori, matita

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    BIBLIOGRAFIA

    LIBRI

    - Leandro Zopp, Per una storia di Meda dalle origini alla fine del secolo XVII, 1971- Felice Asnaghi, Meda terra di Fede e Lavoro, 1986- Letizia Maderna, San Vittore in Meda, Milano, Chimera Editore, 2001- Felice Asnaghi, Adriana Minotti, Fausto Valtorti, il Santuario di Meda nei secoli, 1988- Franco Cajani, Le vicende del monastero di San Vittore a Meda, 1988- Emanuele Lodi, Breve Historia di Meda e Traslazione de santi Aimo e Vermondo, 1629- Gianni Mezzanotte, Architettura Neoclassica in Lombardia, 1966- Luca Beltrami, Bernardino Luini 1512-1532, 1911- Alberto Ceppi, Gli affreschi di Bernardino Luini a Villa Pelucca, 2013- Adolfo Venturi, larchitettura italiana del 400, 1924

    TESI DI LAUREA

    - Il *coro del monastero di S. Vittore a Meda (XVI sec.) modificato dal Pollach (XIX sec.): ricostru-zione virtuale architettonica e acustica (auralizzazione) dello stato originale / Luca Ceppi ; rel. Giorgio Campolongo ; correl. Gennaro Granito. - Milano : Politecnico, 2000/01. - 273 p. : ill. ; 30 cm. ((Tesi datt. - Politecnico di Milano, I Facolta di Architettura Milano Leonardo, Laurea in Archi-tettura, A.a. 2000/01, Sessione luglio

    - *Villa Antona Traversi in Meda / Patrizia Maino, Anna Maria Meda ; rel. Paolo Carpeggiani. - Mila-no : Politecnico, 1996/97. - 544 p. : ill. ; 30 cm. ((Tesi datt. - Politecnico di Milano, Architettura, Lau-rea in Architettura, Indirizzo Tutela e recupero del patrimonio storico-architettonico, A.a. 1996/97, Sessione dicembre

    - Leopoldo e Giuseppe Pollach nellanalisi dei documenti autografi dal 1775 al 1847. Civica raccol-ta delle stampe A. Bertarelli del Castello Sforzesco Milano. Autore: MAIOCCHI, CARLO Relato-re: RICCI, GIULIANA Settore Scientifico Disciplinare: ICAR/18 STORIA DELLARCHITETTURAData: 21-dic-2011, Anno Accademico: 2010/2011

    ARCHIVI DI RIFERIMENTO

    - Archivio di Stato di Milano- Archivio privato Antona Traversi, Meda - Civiche Raccolte Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano

    SITOGRAFIA

    - http://www.lombardiabeniculturali.it/- http://www.comune.meda.mi.it/ (per piano di governo del territorio)- http://www.meda-italia.com/- http://www.webalice.it/pietroficarra/confidenziale/meda.html- http://www.villaantonatraversi.it/- http://www.medinforma.info/- http://www.parrocchiemeda.it/

    ALTRO

    - Conferenza Quale centro per Meda 2020? relatori Antonio Citterio, Vermondo Busnelli, Luigi Antona Traversi, 19 settembre 2013.

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    LE ORIGINI DI MEDA TRA MITO E STORIA

    Le origini di Meda si perdono nellAlto Medioevo, incerte come quelle di altre comunit e legate alle origini leggendarie, ancorch verosimili, del Monastero di San Vittore. Incerte anche le origini del nome per molti secoli Medda - per le quali continuano ad essere date diverse e a volte sug-gestive interpretazioni.Nella sua Breve istoria di Meda e Traslatione de Santi Aimo e Vermondo del 1629 Emanuele Lodi riporta la tesi di due suoi predecessori che scrissero dellorigine di Meda, Gasparo Bugatto e Paolo Moriggia. Questi ultimi legano il nome originario dellantica selva sulle colline brianzole in legame allantica Troia. Il primo antico insediamento sarebbe ad opera di esuli troiani che giunti in italia fondarono diversi insediamenti, tra cui quello dedicato alla figura mitologica di Medea, da cui risalirebbe il nome dellattuale citt. Lo stesso Lodi prende le distanze da questa suggestiva quanto discutibile origine, proponendo la pi probabile origine Orobica dellantico insediamento nella selva. Gli Orobi infatti insediarono numerosi centri dalle montagne fino a Come, spingendosi a sud anche in Brianza. Secondo il Lodi il nome quindi potrebbe essere legato ad un ipotetico capitano Orobico o pi semplicemente si ri-ferirebbe alla geografia del luogo che si trova a met della strada tra Milano e Como, da cui quindi Media, derivato in Meda. La vicenda della fondazione del cenobio ad opera dei Santi Aimo e Vermondo fu narrata diversi secoli dopo la fondazione del cenobio, intorno ai primi del Quattrocento, in due preziosi codici oggi in possesso della Biblioteca Trivulziana di Milano e del Getty Museum di Malib in California, attribuiti a Giovannino e Salomone De Grassi e riccamente miniati dallabile mano di Anovelo da Imbonate. Con il trascorrere dei secoli la storia raccontata nei codici - dallevidente intento agiografico, es-sendo stata commissionata dallo stesso Monastero che venerava i suoi santi fondatori, custoden-done anche i corpi fu trasfusa senza sostanziali modifiche in ogni pubblicazione destinata a tratta-re delle origini di Meda.Vuole la tradizione alto medievale, poi riversata nei codici, che due fratelli della nobile famiglia milanese dei Corio, Aimo e Vermondo, assaliti da cinghiali mentre erano a caccia nelle selve che ricoprivano un tempo le prime colline brianzole, si erano dovuti rifugiare sugli alberi e, disperando di salvarsi, avevano fatto voto di edificare in quel posto un monastero e di passare in orazione il resto dei loro giorni in caso di salvezza. Fatto il voto i cinghiali si allontanarono subito, e allora i giovani tornarono nei boschi di Meda ed edificarono sul colle del miracolo il Monastero, cui diede-ro la regola di S. Benedetto e il nome di S.Vittore.

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    Tornando al testo del 1629 di Emanuele Lodi si possono integrare alcune osservazioni in merito a questa narrazione.Pare infatti che allatto della fondazione del monastero esistesse gi in quel luogo una chiesa di modeste dimensioni dedicata a San Vittore, santo originario della Mauritania che venne martiriz-zato a Milano nel 290, in et Massimianea. La storia narra che limperatore ordin che venisse sepolto in una selva non lontano dalla citt perch divenisse pasto per le bestie. La leggenda poi interviene narrando che furono due fiere a custodire il corpo intatto finch non venne ritrovato dal vescovo Materno e seppellito. Il culto del santo era molto vivo nella regione lombarda nei secoli a seguire, specialmente nella campagne, dove un gran numero di chiese e santuari vennero dedicati al santo, che rimpiazzava il culto di Silvano e Mercurio nelle campagne secondo quanto riporta lo Zopp. In Meda probabilmente era presente una modesta cappella simile a quella di San Nazzaro nei pressi di Farga ancora oggi esistente. Aimo e Vermondo avrebbero fondato il cenobio in pros-simit del primo santuario, mantenendo la stessa dedica a San Vittore, mentre il borgo che nacque a ridosso del cenobio assunse il nome della selva stessa.Lodi riprende la vicenda e la colloca, non si sa su quale base, nellanno 776. Tale data diventa col passare del tempo un punto di riferimento per diversi autori, anche se taluni ragionamenti spin-gono alcuni studiosi a spostare quel momento di un cinquantennio e a ritenere Aimo e Vermondo appartenenti alla stirpe dei Manfredingi piuttosto che a unimprobabile nobilt milanese allepocacerto ancora da venire. Al di l delle oscillazioni di chi ha tentato pi o meno attendibili ricostruzioni storiche, a dare maggiori certezze vengono per in soccorso i documenti. E nel periodo successivo alla cosiddetta rinascita Carolingia, nemma met del secolo IX che risale il pi antico documento intorno a Meda, anzi, il nome stesso appare per la prima volta in suddetta occasioneLa prima citazione del Monastero di San Vittore si trova infatti in un documento dellarchivio di S. Ambrogio di Milano dell851, nel quale il cenobio appare confinante di un fondo che il Monastero di SantAmbrogio di Milano possedeva in Noiano.Dallo stesso archivio si ricava che pochi anni dopo, nell856 durante il secondo anno dellimpero di Ludovico II, labate del Monastero di SantAmbrogio Pietro scambia con Tagiperga, badessa del Monastero di Meda, alcuni fondi. Dopo queste testimonianze significative di una fondazione certo anteriore a quelle date, la storia del Monastero di San Vittore pu contare sul suo stesso prezio-sissimo archivio (ci che almeno resta), scrupolosamente conservato oggi dalla nobile famiglia Antona Traversi Grismondi che vive i luoghi che gi furono del convento benedettino. I documenti dellarchivio precedenti al mille, riguardano prevalentemente trattative e scambi di fondi tra il mo-nastero e altri importante entit del territorio lombardo.

    Oratorio dei santi Nazaro e Celso in Farga.

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    Legenda venerabilium virorum Aymonis et Vermondi

    Primary Title: Decorated Initial C

    Maker Name: Attributed to Anovelo da Imbonate (illuminator) [Italian (Lombard), active about 1400]

    Type: Manuscripts

    Medium: Tempera colors, gold leaf, and ink on parchment

    Place Created: Milan, Lombardia, Italy, Europe

    Date: about 1400

    Source: J. Paul Getty Museum

    Primary Title: Aimo and Vermondo, Chased up Two Trees by Four Wild Boars, Appealing to the Virgin and Child and Saint Victor to Save Them

    Maker Name: Attributed to Anovelo da Imbonate (illuminator) [Italian (Lombard), active about 1400]

    Type: Manuscripts

    Medium: Tempera colors, gold leaf, and ink on parchment

    Place Created: Milan, Lombardia, Italy, Europe

    Date: about 1400

    Source: J. Paul Getty Museum

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    Legenda venerabilium virorum Aymonis et Vermondi

    Primary Title: Aimo and Vermondo Killing Two Wild Boars

    Maker Name: Attributed to Anovelo da Imbonate (illuminator) [Italian (Lombard), active about 1400]

    Type: Manuscripts

    Medium: Tempera colors, gold leaf, and ink on parchment

    Place Created: Milan, Lombardia, Italy, Europe

    Date: about 1400

    Source: J. Paul Getty Museum

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    Legenda venerabilium virorum Aymonis et Vermondi

    Primary Title: Aimo and Vermondo Holding Up the Church of Saint Victor

    Name: Attributed to Anovelo da Imbonate (illuminator) [Italian (Lombard), active about 1400]

    Type: Manuscripts

    Medium: Tempera colors, gold leaf, and ink on parchment

    Place Created: Milan, Lombardia, Italy, Europe

    Date: about 1400

    Source: J. Paul Getty Museum

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    Breve Istoria Di Meda - Emanuele Lodi -1629

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    Breve Istoria Di Meda - Emanuele Lodi -1629

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    Breve Istoria Di Meda - Emanuele Lodi -1629

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    Breve Istoria Di Meda - Emanuele Lodi -1629

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    IL PRIMATO BENEDETTINO (XI-XII secoli)

    Non possiamo essere certi che la storia dellinsediamento umano su questo territorio sia comincia-ta giusto con la fondazione del Monastero, ma certo che la storia dei medesi, lungo tutti i secoli che si sono succeduti, stata sempre strettamente collegata alle istituzioni ecclesiastiche e uo-mini di Chiesa sono stati molti dei suoi principali protagonisti. Il Monastero, assai potente fin dalle origini per i molti diritti feudali di cui era titolare, visse pi o meno fiorente fino a quando nel 1798 non fu soppresso a causa delle necessit finanziarie della politica di guerra di Napoleone, e le sue vicende si intrecciarono di frequente con quelle della pi o meno coeva Chiesa di Santa Maria, poi parrocchiale, che i medesi ritennero per molto tempo la loro vera Chiesa, in qualche modo sim-bolo dellidentit stessa dei borghigiani. Anche dopo la soppressione del cenobio, nellOttocento che volgeva alla secolarizzazione e poi ancora nellultimo secolo, la vita quotidiana dei medesi rimasta comunque sempre intimamente legata alle istituzioni religiose.Posto che le origini del Monastero si possono ragionevolmente ritenere di epoca carolingia o tardolongobarda - Vermondo lo scudiero di Desiderio nellAdelchi manzoniano e Aimo (o Aimone) nome di origine germanica che si ritrova in alcune chartae dellepoca del re longobardo - presto lo troviamo nei documenti investito di diritti e poteri di derivazione feudale, il pi importante fra i quali senzaltro il districtus, per il suo carattere pubblico e quindi per le sue dirette conseguenze sulle cose e le persone che appartenevano al territorio interessato. In termini attuali e con la prudenza che tale trasposizione richiede, implicava ogni potest per amministrare un territorio, compresa quella giudiziaria, fatti salvi ovviamente quei poteri che appartenevano alle autorit da cui prove-niva la stessa investitura feudale. I territori e le comunit soggette al Monastero di Meda erano diverse, ma ad accrescere la potenza delle benedettine si aggiungevano le molte terre possedute come diretta propriet privata, sparse qui e l su un ampio territorio, e molti di quei diritti medievali correlati al fatto di essere istituzione religiosa, proprietarie e titolari di districtus al tempo stesso.Gi nel 1036 troviamo a fianco del monastero, come destinataria di donazioni ad opera di Anziver-to, figlio del Fu Giusto da Meda, la Chiesa di Santa Maria, per la salvezza della propria anima.In quella data doveva quindi gi esistere una chiesa del borgo a fianco al cenobio.Non dovette passare per troppo tempo da quella data che ogni diritto su di essa non sappiamo perch pass al potente cenobio, a cominciare da quello di sceglierne il Vicario, scelta che avveni-va nella forma fortemente simbolica dellepoca dellinginocchiarsi davanti alla Badessa per limpo-sizione del berretto sacerdotale.Questa forma di sudditanza dar origine a secolari contrasti fra la Chiesa dei medesi e ilMonastero, sempre risolti a favore delle Monache e cessati solamente con la soppressione del convento.Il primo attrito risale alla scelta della nomina del cappellano che interess la badessa di San Vitto-re e il prevosto di Seveso. I diritti particolari di cui godeva la badessa non si limitavano al campo civile e giudiziario bens anche quello ecclesiastico era di sua pertinenza. Tali diritti consitevano nella scelta del cappellano, detto poi vicario, della chiesa di Santa Maria, nella sovrintendenza del-la stessa e nellintervento della badessa riguardo talune funzioni. Venuto a mancare il cappellano il prevosto di Seveso pretese di sceglierlo, considerando questa una sua competenza. La badessa fece opposizione e ricorse allArcivescovo Robaldo, che prima di emettere la sentenza, volle interrogare testimoni e consultare le parti in causa.Robaldo dopo le testiomonianze a favore della Badessa Martina, decret che la cappella di Santa Maria era e sarebbe sempre appertenuta al Monastero e che i sacerdoti, che avrebbero celebrato i divini uffizi e retto il popolo di Meda avrebbero ottenuto lautorit e linvestitura dalla badessa.La badessa poteva dunque considerarsi la vera padrona di Meda, in ogin campo civile e religioso.In un periodo nella quale la Lombardia scopriva la forza dei comuni, vittoriosi nella battaglia di Legnano nel 1176 contro Federico Barbarossa, le lotte per la libert dei rustici imperversano pi o meno violentemente nel territorio lombardo.

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    A Meda poco prima della suddetta battaglia era venuto a mancare il cappellano: i borghigiani fece-ro sapere alla Badessa Letizia che spettava loro scegliere il nuovo parroco.La Badessa mostr loro la sentenza di Robaldo, cosicch i rustici decisero di evitare una sentenza probabilmente sfavorevole da parte dellArcivescovo di Milano, per rivolgersi direttamente al papa Alessandro III. Altrettanto fece la Badessa, inviando Alberto, un suo sacertode.Il papa invi una lettera a Letizia, nel quale deleg il vescovo di Verona Ogibene nella risoluzione della questione. Dopo una fase di indagine e di esame dei documenti prodotti dai contendenti, Ognibene (Omnebono) emise una sentenza a favore della Badessa. Prima ancora che questa fosse emessa, i Medesi, forse gi consapevoli dellesito negativo, si stavano adoperando alledifi-cazione di una pi grande chiesa nel centro del paese. La Badessa intervenne ancora a bloccare tutto, dimostrando anche con documenti come fosse in suo potere la decisione riguardante le nuo-ve costruzioni ecclesiastiche nel territorio. Di nuovo le delegazioni si sentenziarono ad Alessandro III ad Anagni. E di nuovo il pontefice ribadir le ragioni della badessa in una lettera tuttora conser-vata nellAbbazia di San Benedetto a Seregno e che abbiamo riportato nelle pagine successive.La Bolla papale non fu abbastanza per fermare gli ardori dei Medesi, galvanizzati dalla vittoria di Legnano, i quali occuparono la chiesa e rivendicarono le loro posizioni affidandosi allarcivescovo Algisio di Milano, e al nuovo papa Lucio III nel 1181. La riconferma della sentenza di Omnebene port alla fine del secolo ad una divisione del popolo di Meda. Una grande parte della cittadinan-za, che non era dipendente economicamente dal cenobio, o apertamente in contrasto nelle varie controversie, decise spontaneamente di abbandonare il borgo dopo aver demolito le proprie abi-tazioni e portando via i materiali delle stesse dimore. Non sono conosciute le successive vicende di questi borghigiani, n se essi ricostruirono unitariamente un proprio borgo o se si sparsero per i territori limitrofi non controllati dal monastero, bens lo Zopp propone la chiesa si San Giorgio tra Meda e Cabiate come la possibile chiesa costruita in seguito allabbandono del borgo dai Medesi.Infatti la posizione isolata in mezzo ai campi, la datazione che la fa comparire negli scritti pi antichi attorno al 1200 e soprattutto il fatto che Cabiate non fosse sotto la giurisdizione delle mo-nache, sono indizi interessanti a supporto di questa ipotesi storica.

    Nellultimo quarto di secolo un ulteriore lite ebbe dei risvolti importanti in quanto mise in contrasto il Comune di Milano con lImperatore Enrico IV. Intorno allanno 1190 il comune di Barlassina non voleva riconoscere il diritto di signoria della Badessa, mentre questa sosteneva le spettasse in quanto Barlassina si trovava nel territorio di Farga, acqui-stato nel 1138 dal convento di San Simpliciano. I rustici di Barlassina si rivolsero al comune di Milano, che diede loro ragione. La Badessa fece ricorso ai giudici imperiali dappel-lo tramite la nuova magistratura istituita dalla Pace di Co-stanza del 1188. Le sentenze del Comune e dei giudici imperiali si annullarono a vicenda e la conflittualit si risolse con lintervento dellimperatore stesso da Pavia con un diploma che annullava le sentenze dei giudici milanesi a favore della sentenza dei giudici imperiali. La badessa Letizia otteneva un altro successo a favore del suo Mona-stero. Grata per lenergica difesa dimostrata a favore del Cenobio, ospit limperatore Enrico IV e sua moglie Costan-za nel 1194, mentre questi erano in viaggio verso le Puglie. Limperatrice era in cinta di Federico II, che nacque il 26 dicembre di quello stesso anno.

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    La Sentenza dellarcivescovo Robaldo del 1138

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    Alexandri Papae III Litterae Gratiose 1178

    ALEXANDER, episcopus servus servorum Dei.Dilectis in Christo filialibus L(etizia)/abbatisse et sororibus Meten-sibus salutem et apostolicam benedictionem. Suscepti regiminis/ amministriatione compellimur iustas petitiones

    religiosarum perso/ narum admittere , et efficaciter exaudire,nut non videantur in his/ repulsam apud nos sustinere, que previa ratione requirunt. Eapropter dilecte/ in Christo filie, vestris iustis postulationibus gratum impertientes assensum, / auctoritate apostolica prohibemus, ne cui liceat infra parrochiam monaste/rii vestri sine auctoritate

    Mediolanensis archiepiscopi et assensu vestro ecclesiam / vel oratorium de novo construere, salvis tamen privilegiis et auten/ticis scriptis apostolice sedis . Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam / nostre constitutionis in-fringere, vel ei aliquanteus contraire. Si quis / autem hoc attemptare presumpserit, indigniationem omnipotentis /

    Dei et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius, se noverit incursurum.Dat(a) Anagnie, XI kal(endas) Junii (B P).

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    LE LIBERTA COMUNALI (XII sec.)

    Sulla questione della Chiesa di Santa Maria il Monastero non indietreggi mai, neanche quando vendette alla comunit che viveva intorno al cenobio gran parte dei suoi diritti. Come in altri piccoli borghi facendo seguito a quanto era avvenuto prima a Milano e nelle altre citt e poi nei pi mo-desti centri urbani a partire dal XIII secolo,anche i medesi avevano preso col tempo coscienza di essere capaci di amministrarsi autonomamente. Seppure legandosi al pi potente e vicino capo-luogo, con il passare del tempo riuscirono a ottenere una propria autorit. E del 1211 un atto di nomina di consoli e podest, ma Meda citato come comune gi in un do-cumento del 1178. Il 29 maggio del 1211 il podest di Milano, Guglielmo de Andito, affid a dele-gati del Comune di Milano il compito di scegliere e nominare un podest per gli uomini di meda. Il primo podet fu Emanuele de Ermenulfis, detto Manoello, che giur di reggere e guidare il popolo di Meda eccetto i diritti di honore et districtus che appartenevano alla benedettine. Manoello redasse nuovi statuti da porre allapprovazione del Comune di Milano, giudicando i suoi insuffienti a guidare Meda, con il problema ulteriore della mancanza di entrate, in quanto lattivit economi-ca era ambito del Monastero. Gli statuti videro lopposizione della Badessa Allegranza, in quanto questi cozzavano con la sua autorit ed in quanto aveva lei il diritto di giurisdizione nel borgo. La disputa si risolse ancora a favore del Monastero, in quanto i diritti che gli spettavano non consenti-vano il nuovo statuto. Le vicende di San Vittore godettero della salute dellimpero sotto Federico, con il popolo Medese che non riusc ancora a contrastare la supremazia del cenobio. Con la morte nel 1239 dellimpera-tore, con lotte intestine dal 1244 per la successione tra badesse nel monastero, si arriv al 1252, quando la nuova monaca eletta, Maria da Besozzo, venne a patti con il comune di Meda, rinun-ciando a una parte dei suoi diritti pubblici. Dopo lesito fallimentare del primo podest questo il primo momento di svolta nel borgo sotto il profilo delle libert concesse alla cittadinanza. Il monastero cedette al Comune il mercato e la curaria dello stesso, i diritti di dare leggi, im-partire giustizia, stabilire oneri sociali, norme di comportamento, esigere banni o taglie per reati commessi. La cessione venne fatta a titolo di transazione tra Monastero per il prezzo di mille lire di terzioli. I diritti vennero ceduti a fronte di gravi difficolt economiche, tanto che larcivescovo di Milano acconsent alla cessione. Al monastero restavano oltre a qualche questione di tornaconto economico per le proprie casse, i diritti sulla chiesa di Santa Maria, e la scelta del suo vicario.Non fu per la Lombardia un periodo tranquillo la seconda met del secolo. La guerra tra i Viscon-ti e i Torriani impervers sul territorio lombardo, e molte volte il campo di battaglia fu la Brianza. Anche Meda dovette in pi occasioni sopportarne le conseguenze o con il versamento di tributi in denaro o con il mantenimento di truppe delluno o dellaltro esercito o con contributi in derrate e animali. I Torriani occuparono anche per un certo periodo Meda e i centri vicini della Martesana (Cant, Vimercate, Mariano, Seregno). Gli stessi Torriani presero diversi territori in posseso del Monastero nelle zone di Nobile e Seregno. La prima tregua del 1294, con la nomina di Matteo Visconti a Vicario Imperiale dellImperatore Adolfo di Nassau, che suggellava la supremazia viscontea a Milano. Nel 1311, una cospirazione finita male ai danni dellimperatore Enrico VII sceso a Milano, decret la fine dei Torriani e la loro cacciata. Il monastero con la nuova situazione politica, si prodig per riappropiarsi dei terreni presigli, non senza fatica e non senza ricorrere pi volte al sistema di giustizia. Nei primi decenni del XIV seco-lo, Il Monastero il pi delle volte riusc a riottenere i propri fondi.

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    Il PERIODO VISCONTEO E SFORZESCO (XIV-XV sec)

    Dopo molte lotte si arriva infine nel Basso Medioevo e lautonomia comunale, anche se giunta tardi e quanto mai limitata nei piccoli borghi, comincia a cedere il passo ai signori locali, diventati potenti da queste parti prima con la forza e poi in virt del riconoscimento del loro ruolo per investitura. Meda si leg cos indissolubilmente - e non poteva essere diversamente vista la vicinanza con la citt - alle vicende dello stato di Milano, giurando fedelt prima ai Visconti e poi agli Sforza.Nel 1395 Gian Galeazzo poneva giuridicamente fine al Comune di Milano, avviando una nuova fase per la storia lombarda. Le citt giurarono singolarmente fedelt al duca, ma venne sostanzialmen-te riconfermato lapparato politico, dove ogni citt mantiene i propri statuti, eventualmente rettificati dal Vicario del Duca.

    Non pervenuto ai nostri giorni il primo atto di fedelt di Meda a Gian Galeazzo, bens nei Registri Ducali conservato quello prestato al Duca Filippo Maria nel 1412.Occorre fare una piccola digressio-ne riguardante la popolazione del borgo di Meda. Tra XI e XII secolo il borgo godeva di un economia fiorente gestita dal monastero, e il borgo ad esso continuo ospitava si pensa pi di mille abitanti, un inse-diamento tra i pi importante della zona. Ma labbandono della citt da parte dei cittadini dissidenti le que-stioni della chiesa, ed un trecento caratterizzato da guerre e dallarrivo della peste, avevano notevolmente diminuito la popolazione di Meda, con conseguenze non facili sul pia-no economico e finanziario. Tale situazione di disagio e povert costrinse la Badessa Margherita De Fedeli a chiedere una supplica al duca per ridurre lestimo. Unispe-zione da parte della Camera Ducale constat delle entrate diminuite notevolmente, case in rovina, fondi incolti e abbandonati per man-canza di agricoltori. Lestimo di 130 lire era addirittura insopportabile per le casse monastiche.Una crisi spirituale di Filippo Maria, angosciato dalla salvezza divina, port ad un gesto di cari-t nei conforonti dellantico monastero, sicch lestimo fu ridotto a 80 lire. E da rilevare come la situazione economica e sociale dipendesse anche da meccanismi interni al nuovo sistema della signoria. I fondi del monastero erano affitati adesso anche da persone esterne al borgo di Meda, che affidavano a loro volta a delegati che gestivano la manovalanza. Per la composita situazione di propriet i contadini guadagnavano sempre meno, cosicch molti abbandonavano Meda per andare in citt (tra cui Milano) per unesistenza meno miserevole. Anche allinterno il Monastero non viveva lantico splendore, solo nove monache erano presenti in quel periodo nel cenobio.

    Documento della fedelt Medese a Filippo Maria Visconti

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    Oltre allattivit agricola pare che in questo periodo a Meda vi fossero altre attivit economiche, legate ad una aristocrazia borghigiana Medese, ovvero quelle famiglie pi ricche e di pi antica cittadinanza. In particolar modo in documento dellarchivio sforzesco conservato a Parigi, parla di una concessione ducale a favore di Iacominus, Ambrosius et Jhoannes fratres de Medda magi-stri morsiorum et speronorum, ovvero fabbricanti di armi. Altri testi confermano questa industria presente a Meda almeno fino allarrivo degli Spagnoli.Non si sa molto del periodo della Repubblica Ambrosiana a Meda, ma con il ritorno della signoria in mano agli Sforza, il monastero riprese delle misure per calmare la crisi che lo attanagliava. La Ba-dessa Violante ottenne da parte di Bianca Maria, consorte di Fran-cesco Sforza nel 1456, un decreto che solleva il Monastero da oneri e tasse. La Badessa continu lopera di bonifica affidando al fratello Emanuele de Lamairola, detto il Rosso, la carica di procuratore e sindaco del Monastero. Il Rosso era addetto alla riscossione dei pagamenti, e nel farlo si affianc a personaggi armati che misero in ginocchio la popolazione, che reag denunciando al ducato la situa-zione e ottenendo, dopo molte dispute, il bando dalla citt del fratello della Badessa. Un grande scandalo per la comunit accade a que-sto punto: un gruppo di uomini armati del Rosso e alcune monache guidate dalla monaca Antonia, rinchiudono la badessa e i personaggi a lei fedeli in una stanza del Monastero. Lintervento provvidenziale dellArcivescovo di Seveso e di alcuni militari del ducato mise in fuga i criminali liberando la Badessa Violante. Gli strascichi della vicen-da andarono avanti per anni, coinvolgendo pi volte il Duca, la moglie, lArcivescovo e il vescovo di Como. La conclusione resta incerta in alcune parti per mancanza di fonti, ma sostanzialmente i personaggi coinvolti furono nel tempo allontanati, e il monastero sub un riassetto atto a risollevar-ne leconomia e lo spirito benedettino.Sotto Ludovico il Moro, Meda e tutto il ducato vive lultimo periodo di serenit prima delle invasio-ni degli eserciti stranieri. Il borgo Medese vanta tradizionalmente un evento storico importante del periodo sforzesco. Nel 1496 infatti avviene qui, lincontro tra Ludovico il Moro e Massimilano I dAsburgo, sceso in Italia, in presenza dei rappresentanti degli Stati italiani e del Legato del Papa. Oggi una targa sulla Ca Rustica commemora questo incontro.Anche i medesi vissero quel terribile periodo di lotte e devastazioni che segu al primo discendere di stranieri in Italia alla fine del Medioevo: lanzi-chenecchi, spagnoli, francesi, svizzeri, eserciti pi o meno feroci che guerreggiando a pi riprese sul territorio milanese portavano ovunque saccheggi e desolazione. Al governo del Ducato si succedet-tero momentanei conquistatori che si alternarono agli ultimi Sforza. Questo fatto (e altri fattori di debolezza che ne discendevano), nel quasi cin-quantennio che pass dalle pretese di Luigi XII di Francia allincameramento del Ducato da parte di Carlo V, significarono per i medesi non solo depauperamento del territorio e riduzione della popolazione ma soprattutto paure e incertezze quotidiane per almeno un paio di generazioni.

    Bianca Maria Visconti

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    LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA DI SAN VITTORE

    Fu tuttavia proprio in quel periodo che il Monastero intraprese e port a conclusione ledificazione di ci che di pi prezioso dal punto di vista artistico e architettonico il millenario cenobio ha lascia-to in eredit alla citt di oggi: la Chiesa di San Vittore. Riassestate le finanze dopo un lungo perio-do di turbolenze e di difficolt interne che avevano caratterizzato gran parte del secolo XV non senza lapporto benevolo delle riduzioni fiscali concesse dagli Sforza per il Monastero evidente-mente venuto il momento di edificare al posto della modesta chiesa conventuale esistente unaltra assai pi sfarzosa. Nellincertezza delle attribuzioni dovute alla mancanza di documenti che attestino con certezza la paternit del progetto architettonico e pittorico e che certo dovevano un tempo esistere nellarchi-vio monastico, si sono fatti molti nomi, ma certo le monache non devono aver lesinato sulle spese perch architetti e pittori sono stati scelti fra i migliori che operavano allepoca nel Ducato.Per quanto riguarda lattribuzione dellarchitettura, la struttura vicina allarchitettura della Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore di Milano e quindi il Venturi nella sua Architettura Italia-na del 400 ha proposto il Dolcebuono e gli altri che operarono a Milano, ma con maggiori infissi dellarchitettura Bramantesca che aveva illuminato il rinascimento lombardo. Pi di recente stata avanzata da parte del proprietario Antona Traversi lipotesi,altrettanto attendibile, di Cesare Cesa-riano.La Chiesa, completata nel 1520 sotto la badessa Maria Cleofe Carcano e consacrata nel 1536, fu progettata secondo lo schema a doppia chiesa, detto di Santa Giustina o Cassinense, tipica delle chiese monastiche della prima met del 500. Tale schema planimetrico prevede una chiesa a na-vata unica ma separata in due ambienti da un divisorio: la parte interna riservata alle monache, quella esterna al popolo.La storiografia e la tradizione letteraria legata a San Vittore ha sempre identificato in Bernardino Luini (1481-1523) lautore di riferimento dellapparato decorativo della chiesa monastica. Tuttavia molto discutibile che sia il suo un lavoro organico e completo di questo apparato decorativo. Gli anni di com-pletamento degli affreschi vedono gi il pittore originario di Dumenza un artista affermato in Lombardia con la sua pittura Leonardesca e con le sue abilit nella decorazione pittorica, tuttavia se lapparato decorativo di cornice, appare raffinato e impeccabilmente congruente alla architettura, da presumere che le scene raffigurate allinterno di queste architetture dipinte debbano considerarsi successive e se non della stessa scuola del Luini, ad opera di emuli del maestro ma che non riescono a raggiunger le sue vette.Dai documenti, oltre al gi citato Lodi che nel 1620 si sofferma brevemente a descrivere la nuova chiesa, sappiamo che la chiesa aveva un tempo sei altari. La facciata attuale barocca ha coperto loriginale prospetto della chiesa.

    La badessa Cleofe Carcano

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    LANTICO VOLTO DI MEDA IN UN DIPINTO DI LUINI

    Recenti ricerche storiche epubblicazioni avvalorano la tesi della presenza dI Bernardino Luini a Meda nei primi del 500. Infatti il Lodi che nel suo Breve Historia de Meda parla di un Bernardino Lucino attivo nel dipingere la chiesa, non tutti gli storici sono convinti che questa storpiatura del nome indichi davvero il Luini (lo Zopp lascia aperte le possibilit in merito).Studiosi del Luini come Beltrami, e storici di Meda come Felice Asnaghi e Luigi Antona Traversi Grismondi (erede della villa Traversi, ex Monastero di San Vittore) si sono confrontati a seguito della pubblicazione di un libro del professor Alberto Ceppi dal titolo Villa Pelucca e gli affreschi del Luini. In particolare, di questo ciclo di affreschi del 1520-1532, lopera oggetto di interesse per la storia di Meda la Raccolta della Manna conservata alla Pinacoteca di Brera. Riportiamo le parole del Ceppi:

    Personalmente ritengo che Luini si sia ispirato, per ambientare la scena, alla piazza antistante la foresteria dellan-tico monastero benedettino di Meda proprio dove lartista ha realizzato una serie di bellissimi affreschi per lannessa

    chiesa cinquecentesca di San Vittore. Salendo lantica caratteristica viuzza ora chiamata Salita delle Benedettine, si arriva nella piazza e lo scorcio prospettico che si presenta piacevole e inaspettato, ricorda questa scena con la salita, le case a destra, i monti lontani (ora celati da alberi e costruzioni ma una volta sicuramente visibili) si ha la sensazione di rivivere ed essere calati emotivamente nello stesso ambiente. Se questa mia ipotesi fosse confermata, avvalorereb-

    be le tesi secondo le quali gli affreschi della Pelucca sarebbero da datare intorno al 1520, anno in cui Luini lavorava anche a Meda.

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    LA DOMINAZIONE SPAGNOLA (XVI-XVII)

    Passato definitivamente agli Spagnoli il dominio dello Stato di Milano, vengono a poco a poco assorbite le ferite causate dalle armi. Pur con i problemi dovuti a una pesante tassazione e a un rinnovato infeudamento di larga parte dello Stato, si apre un periodo di maggiore tranquillit, la cosiddetta Estate di San Martino del secondo 500. E del 1545 un censimento di Meda, nellambito di riscossione di tributi in tutto lo Stato. A meda rispetto ai 217 nuclei familiari del 1178, risiedevano 496 persone in un centinaio di nuclei familiari. Nel monastero invece vivevano 70 persone tra monache e addetti alle svariate funzioni. La popolazione risulta essere caratterizzata in prevalenza da braccianti (circa la met dei capifa-miglia). Le famiglie pi importante e ricche risultavano i Porro e gli Avogadro, inoltre risiedevano in Meda anche 8 gentiluomini milanesi, famiglie di Milano con possedimenti a Meda. Nessuna famiglia competeva in propriet con il Monastero.Con una nuova stabilit ritornarono gli storici contrasti tra Monastero e chiesa parrochiale, questa volta anche in ambito economico. Infatti gli storici diritti ottenuti dal Monastero ai tempi di Bianca Visconti, erano stati riconfermati da Sforza e Spagnoli. Nella riscossione di tributi in tutto il territo-rio lombardo dellepoca, il monastero e i personaggi affiliati ad esso erano ben privilegiati rispetto al resto della cittadinanza. Da questo squilibrio riaffiora il sentimento di ostilit verso il cenobio benedettino e verso il parroco da esso nominato. Il popolo occup la chiesa e imped lesercizio delle funzioni liturgiche. La Badessa si rivolse allArcivescovo di Milano Gainnangelo Arcimboldi, che invi un precetto al popolo di Meda, una copia del quale su affissa alla porta della chiesa e le altre date alle famiglie pi illustri del borgo. Di questo precetto e di tutta la disputa ci ha lasciato testimonianza il Custodi nella sua Risposta al Papele. Loccupazione termin con larrivo dei militi del Capitano di giustizia di Milano: si verific una inglo-riosa fuga da parte degli occupanti e non si arriv pi in l di un ammonimento.Le questioni rimanevano insolute, e la Badessa mand un suo rappresentante al pontefice affin-ch venisse ribadito il diritto badiale. Giulio III pubblic la Bolla dUnione della Chiesa parrocchiale col Monastero a Roma il 22 settembre 1553. Le monache per evitare ogni discussione futura fece-ro inserire nella chiesa di Santa Maria una lapide con scritto:

    MEMORIAE PAROCHIALEM HANC ECCLESIAM

    AB HIPPOLITO CARDINALI ESTENSISACRIS VIRGINIBUS SANCTI VICTORIS AD PRECES NICOLAI SICCI IUSTITIAE

    CONCESSAMJULIUS III P. M.

    TEMPLO CENOBII PERPETUO UNIVIT ANNO MDLIIII

    E del 7 febbraio 1542 un documento che testimonia la vita del comune: relativo allelezione del console e dei due sindaci nella piazza pubblica. la Deputazione, lapparato amministrativo che reggeva il Comune era costituito essenzialmente da un console, a tutela dellordine pubblico, e da un sindaco, responsabile della comunit, eletti a pubblico incanto dallassemblea di tutti i capifa-miglia, cui si aggiungevano un cancelliere ed un esattore scelto con asta pubblica, che avevano il compito della compilazione, della ripartizione e della riscossione delle imposte annuali. Il console eletto era Giovanni Maria Parughetti, i sindaci erano Pietro Asnago e Aloisio Busnelli. Meda viveva oramai quotidianit ed eventi non diversamente dalle altre comunit di questa parte del Ducato, tra cui la presenza costante di eserciti spagnoli sul territorio e linsediamento di no-biluomini di una nobilt sempre pi larga, come i De Capitani e i Clerici, che nel tempo avevano acquistato qui e l in territorio medese significative propriet.

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    Come altrove, considerato che occorreva anche amministrare le propriet trascorrendo del tempo sul posto, sorsero anche a Meda, a fianco del potente Monastero, per le esigenze di queste due famiglie, due bei palazzi (Palazzo de Capitani seicentesco e Ca Rustica cinquecentesco) che ancora oggi ornano il centro storico monumentale della citt.La fine del secolo vide un leggero miglioramento delle condizioni economiche grazie allintrodu-zione del baco da seta (Meda non aveva un suolo tra i pi fertili) e di conseguenza un leggero aumento della popolazione. Il nuovo secolo vide nel primo decennio a Meda, le conseguenze delloperato di San Carlo Borro-meo e nella sua controriforma, che mirava a riassettare il clero lombardo soprattutto nelle campa-gne. Con la riorganizzazione degli enti religiosi furono soppressi alcuni monasteri tra i pi poveri, e aggregati a Monasteri di maggior forza. Cos avvenne per le Benedettine di Seregno, che dopo lo scioglimento del loro Monastero, furono mandate a San Vittore. Con la pace ci fu il tempo di rinnovare i contrasti tra medesi e Monastero delle Monache riguardo alla Chiesa di Santa Maria. Fu a seguito di una delle famose visite pastorali del primo Borromeo che nel 1581 S. Carlo, giudicando la chiesa esistente troppo piccola per i fedeli, prescrisse che se ne costruisse una nuova con annesso campanile. Non solo, ma S. Carlo, salvo i diritti del Mona-stero per la nomina del Rettore della Cura, sui rispettivi compiti. La costruzione della nuova chie-sa part nel 1612, in posizione pi avanzata rispetto alla vecchia chiesa sulla piazza. La costruzio-ne and molto a rilento a causa degli eventi sconvolgenti la comunit e a causa dei finanziamenti non sempre costanti e possibili in anni difficili.Nel 1626 la traslazione dei corpi di Aimo e Vermon-do invece fu accolta con grandi feste e con un gran numetro di stranieri, avventurieri e militari (circa otto-cento) presenti in citt.Dopodich Meda sub le sorti che toccarono a tutta la Lombardia, maginficamente espresse nellopera uni-versale dei Promessi Sposi, nonostante a Meda alcu-ne vicende si siano sviluppate in amniera singolare. Per esempio se la grande peste fu quella del 1629, ed li che la popolazione sub le maggiori perdite, a Meda abbiamo nel 1616 un evento, probabilemente una carestia o una epidemia, che port al decesso di 84 persone. Dopo questo anno nero, nellanno del-la peste, le perdite di Medesi, furono sensibilmente minori in una popolazione che era gi stremata da qualche anno prima. Si riscontra inoltre una tendenza dei Medesi, inversa a quella della Lombardia, a non emigrare verso Milano per cercare di che sfamarsi, in questi anni difficili. Le cronache riportano una carestia nel 1635, ed un assalto di soldati spagnoli alla case nel 1638. Una crisi molto forte per il borgo, che si risollever solo a 700 inoltrato, e che vide anche aumentare lo squilibrio economico tra le classi pi povere e la piccola nobilt. I borghesi pi piccoli arrivavano a situazioni di disperazione tale da vendere i loro possedimenti alle famiglie pi ricche, come i De Capitani, che accrescevano sempre pi le loro ricchezze.

    San Carlo Borromeo

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    LA DOMINAZIONE AUSTRIACA (XVIII secolo)

    La dominazione spagnola in Lombardia cessa nel 1706 quando Eugenio di Savoia entra a Milano a capo dellesercito di Piemonte e Austria e poneva fine alla dominazione spagnola, che cesser giuridicamente solo con la pace di utrecht nel 1713. Il nuovo sovrano prendeva il nome di Carlo VI. Si apre un secolo di riscatto per ol territorio lombardo: il seppur severo governo austriaco port ad una rinascita delle attivit economiche, e soprattutto dopo il 1738 durante il periodo Teresiano, il risanamento lombardo sar completato.Per quanto riguarda Meda abbiamo in questi anni i primi rilievi catastali, che ci danno idea di come il borgo si distribuisse attorno al monastero e in base alla geografia del terreno. Altri documenti ci rilevano un incremento della popolazione che ritorna sopra i mille abitanti, e con una diversa conformazione sociale rispetto al passato. Le attivit terziarie infatti richiedono addetti come mai nel passato. Figurano commercianti, osti, barbieri, ferrai e falegnami. Una carica nuova che compare in citt quella di deputato alla sanit, nella figura di Signor Giuseppe Antonio Guidi. Nonostante non si sappiano le specificit di questa carica, era ritenuta importante, perch la nomina avveniva nel concorso per la nomina doveva essere effettuata nel concorso del sindaco e dei deputati.

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    DA MONASTERO A VILLA: LINTERVENTO DI POLLACH

    I grandi cambiamenti per la comunit medese arrivarono con Napoleone. Il 27 maggio 1798 il Mo-nastero di S.Vittore, come altre secolari istituzioni religiose del Milanese, fu soppresso per ordine della nuova Repubblica Cisalpina tramite:Determinazione 8 pratile anno VI: il direttorio esecutivo autorizzato dalla legge 19 fiorile anno VI in vista dei bisogni dello Stato determina di richiamare alla Nazione i beni ed effetti appartenenti alle corporazioni religiose elencate.Dopo alcuni mesi il complesso monastico e tutti i beni che esso conservava furono acquistati prima da una societ e poi da un fornitore dellesercito francese, Giovanni Giuseppe Maunier, mercante marsigliese . Questi chiam ben presto uno degli architetti neoclassici che andava per la maggiore, il viennese Leopoldo Pollach, allievo del Piermarini, e fece trasformare il complesso claustrale in lussuosa dimora nello stile dellepoca. Leopoldo Pollach (Vienna, 1751 Milano, 13 marzo 1806), come scrive Mezzanotte, rimase in qualche modo estraneo alla nuova politica intellettuale ed artistica prodotta dallondata rivoluzio-naria, rivendicando una propria autonomia ed indipendenza. Se questo suo atteggiamento fa di lui, per un verso, un estraneo rispetto allarte e allarchitettura moderna, per un altro verso gli con-sente di seguire un proprio percorso di ricerca e di sviluppo che su alcuni aspetti particolari, quali la decorazione e la progettazione degli arredi,nei cui ambiti toccher punte di vera e genuina cre-ativit. Lautonomia compositiva di Leopoldo Pollach non si rivela soltanto negli aspetti decorativi e dellarredo di interni, ma anche nel tema della villa, assai caro allarchitetto di origine viennese e grazie al quale egli riscosse un grande successo in Lombardia negli anni 90 del Settecento, come gi sottolineato da Mezzanotte. In questo contesto, pi che in altri, sembra concretarsi la libert creativa di Leopoldo Pollach rispetto al suo grande maestro, Giuseppe Piermarini.Nellintervenire sulla secolare struttura del cenobio, il Pollach lavorer in maniera coerente sui topos della propria architettura: se storicamente solo tre documenti attestano la presenza e linter-vento del viennese a San Vittore (di cui uno rinvenuto solo nei primi anni 80 del 900), la storiogra-fia sempre stata concorde nellattribuzione allarchitetto viennese anche in base al confronto con le altre ville del Pollach e ai loro caratteri specifici.

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    Il primo documento, in data 1802 accerta la presenza del Pollach a Meda. Si tratta della descri-zione del crollo del campanile del monastero. Non firmato, attribuibile a lui dal confronto con altri scritti. La descrizione del crollo affiancata da un disegno ad acquerello che riporta le fasi del crollo.Il secondo documento, rinvenuto negli anni 80 del 900 dai proprietari della villa e conservato anco-ra in essa un conto spese intestato a monsieur Maunier del 28 agosto 1802 e firmato dallincari-cato architetto viennese. Un ulteriore documento lo schizzo di un parapetto per una scala contenuto nella raccolta dei di-segni di Giuseppe e Leopoldo Pollach presso La Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli.Il motivo a cerchi intersecati della ringhiera del balcone che guarda la Rotonda della villa uguale a quello rappresentati nello schizzo, che per rimane non corredato di alcuna data scritta o appun-to dellarchitetto che ne lasci trapelare lesatta data.Per quanto riguarda lintervento dellarchitetto viennese al corpo quadrato del monastero sviluppa-to intorno ad un chiostro viene aggiunto un nuovo corpo di fabbrica con funzione dingresso, com-prendente una corte, ed un giardino. La facciata retrostante si affaccia su un giardino ad emiciclo chiamato la Rotonda da cui si gode di ampia vista panoramica su Meda e sulla pianura. La Roton-da, creazione di Pollack, completa con grande senso scenografico la sobria facciata neoclassica ed insiste su un tema caro allarchitetto che quello del giardino di matrice inglese, riflesso di una ricerca di un gusto internazionale che interessava larchitetto e che forse influenz la scelta di Maunier nellaffidarsi a lui. Dellantico cenobio demol alcuni edifici, tra cui due piccole chiese, la casa delle educande e un chiostro, mentre conserv il chiostro centrale trasformandolo in corte gentilizia e dotandolo di un imponente scalone donore. I materiali di risulta furono utilizzati nel livellamento del terreno che va a costituire il belvedere. Del chiostro demolito oggi rimane il pozzo, proprio in quella porzione del parco di nuova creazione. Il Pollack dovette anche ordinare lo spurgo di un antico cimitero delle benedettine. Le salme sono state portate in uno spazio sepolcrale sepolto sotto il sagrato della chiesa di San Vittore

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    Caduta del Campanile - Leopoldo Pollach

    Documenti presenti nella Civica Rac-colta di stampe Achille BertarelliRiferimento A.5,15-4

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    Disegno di Balaustra - Leopold Pollach

    AUTORE: [Leopoldo Pollach]TITOLO: [Cancelli]DATA: /CAZIONE: Milano, Civica Raccolta delle Stampe A. BertarelliSEGNATURA: Vol BB 46, 35TECNICA E SUPPORTO: Disegni a mano libera, inchiostro su carte vergata incollata su carta nuvolata e ritagliataDIMENSIONI: 1 : mm 136 x 232MARGINATURA: /CONTENUTO: cancellata con misure.

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    DALL OTTOCENTO AL DOPOGUERRA

    Dopo il non breve periodo di guerre napoleoniche in cui Meda cambi pi volte appartenenza alle (assai mutevoli) nuove circoscrizioni amministrative, la popolazione si adatt con fatica al ritorno degli Austriaci e partecip alle vicende politiche del Risorgimento come gli altri paesi intorno, fino alla nascita del nuovo Regno dItalia.La fine del regime feudale e delle istituzioni corporative aveva intanto offerto nuove possibilit di iniziativa a chi voleva correre il rischio di intraprendere e gi nella prima met del secolo la popola-zione era cresciuta (dai 1555 del 1805 ai 2888 del 1859) e si era formato un dinamico artigianato del mobile. Con il miglioramento delle vie di comunicazione e poi con la ferrovia nacquero le prime vere imprese, presto ampliate alla dimensione di industrie vere e proprie. Non mancarono per fenomeni di emigrazione verso il Sudamerica o la Francia. Nel 1836 avviene un altra delle vicende importanti dellex Monastero, ormai completamente tra-sformaro in Villa. Il 15 settembre di quellanno gli eredi di Mar-gherita e Giovanni Giuseppe Maunier, morto nel 1830, operano la transazione di parti di villa ereditate allavvocato Giovanni Traversi di Milano. La piena acquisizione della villa richiedera alcuni anni, fino alla completa propriet della famiglia di Conti. Gli interventi da quel periodo ad oggi sono pressoch limitati a qualche interno, su progetto di Pelagio Palagi.Per quanto riguarda le vicende del Risorgimento, a Meda si ricorda il passaggio di Giuseppe Garibaldi. La vicenda stretta-mente legata a quella della famiglia Antona Traversi, che nono-stante facessero parte dellaristocrazia, erano forti sostenitori di Garibaldi e carbonari. Nel museo privato della villa dedicato al Risorgimento vi sono tracce fisiche del passaggio di Garibaldi: una ciocca di capelli e la carozza con la quale, in compagnia del conte Traversi, visit Meda.Nellottocento si nota il riassetto delle vicende religiose della citt. La Chiesa di San Vittore, non svolgendo pi la sua funzione di chiesa conventuale, sub danni irreversibili nella parte posteriore, nel tempo fu adibita perfino in granaio, mentre intatta rimase la parte anteriore.In virt della soppressione del Monastero la Chiesa di Santa Maria pot finalmente svolgere libe-ramente il suo ruolo di Chiesa Parrocchiale e quando nel corso dellOttocento se ne present la necessit e la possibilit la chiesa fu ampliata e fu dotata di un vero campanile.

    dunque nel 1800 che Santa Maria Nascente inizia una normale vita di parrocchia e, specie attraverso gli scritti dei suoi parroci, possibile ripercorrere ancora per un po la storia religiosa, sociale e civile da cui si apprende che nella secon-da met del 1800 cominci a profilarsi il problema di una chiesa pi ampia. Impossibilitati da ragioni burocratiche a costruirne una nuova, ampliarono la vecchia con laggiunta di due navate, unarcata in fondo alla navata maggiore, altare e nuovo cam-panile. Il definitivo ampliamento fu completato nel 1881, mentre la facciata risale al 1893, facciata che si pu considerare parallela a quella di San Vittore nella dispozione delle statue, e con delle volute laterali che armonizzano laggiunta delle navate laterali. Architetto dellintervento Morgari.

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    E nellultimo quarto del secolo che si vedono i primi segni di sviluppo edilizio fuori dalla cerchia del nucleo storico, corrispondenti a sostanziali trasformazioni nella struttura economica e produt-tiva di Meda. Nella seconda met del 1800 infatti la crisi dellagricoltura, causata dal depaupera-mento del terreno (di natura argillosa) e dalla concorrenza di America e Asia nella produzione di cereali e bachi da seta, non riesce pi a garantire la sopravvivenza della popolazione.Inizia cos a prendere piede l attivit artigianale legata alla lavorazione del legno, che gi dallini-zio del secolo integrava le rendite dei contadini.Lo sviluppo economico e il passaggio da uneconomia agricola a quella industriale, grazie allatrasformazione di alcune aziende artigiane, favorito dalla realizzazione della rete ferroviaria Milano-Seveso-Erba, inaugurata nel 1879: la ferrovia apre nuovi collegamenti commerciali tra il grande centro produttivo che Milano e la Brianza.Allinizio del Novecento oltre alle industrie inserite in un mercato internazionale - la Baserga, la SALDA, la Lanzani - erano ormai attive anche numerose botteghe che costituivano un rilevantetessuto economico, un gruppo consistente di contadini che si erano fatti artigiani per avviarsi con il passare degli anni a diventare imprenditori.A fronte della crescita economica e sociale fu come altrove necessario dotare il paese di nuove istituzioni e strutture. A parte le istituzioni municipali, adattate ai tempi nuovi, nacquero nel 1868 la Societ di Mutuo Soccorso e pi tardi da questa una Scuola di Disegno, e poi scuole pubbliche, asilo, bande musicali, un nuovo cimitero, un nuovo municipio, ecc. Nel primo dopoguerra si manifest la necessit di una scuola allaltezza delle nuove esigenze nel campo della produzione del mobile e nel 1932 venne inaugurato il Palazzo delle Scuole Pro-fessionali. E del il Monumento ai Caduti, eretto su progetto degli architetti Scala e Donini e a cui collabor anche il medese Carlo Agrati. Il monumento, ideato nello stile prospettico dellepoca, si trova in cima a una scalinata ed sormontato da tre croci e da una vittoria alata, opera bronzea di Cesare Busnelli, anchegli medese. Il monumento segnava un tempo il profilo della collinetta mentre oggi immerso in uno scenario fatto di alberi. significativo soprattutto perch anche un ossario, ospitando i resti di soldati medesi caduti nella Grande Guerra, in quella dAfrica e nel corso della Seconda Guerra Mondiale.Nella piazza, da segnalare, la recinzione realizzata da Enrico Agostini Griffini (1887-1952) che riprende le decorazioni in ferro battuto settecentesche della foresteria. La cancellata apre due ingressi al complesso, una in asse con la chiesa, laltra in asse con la Porta del Ghiaccio, che da accesso ai giardini delle villa. Del progetto di Griffini, alleghiamo il disegno originale.Nel secondo dopoguerra scomparve in fretta ci che restava del mondo contadino e lindustria del mobile pi avanzata ebbe loccasione di incontrare un mondo nuovo di designers con i quali sperimen-tare nuove soluzioni in quellambito di eccellenza che oramai caratterizzava la citt. La comunit me-dese, cresciuta a dismisura in pochi decenni - 3.876 gli abitanti nel 1881, 6.986 nel 1911, 9.237 nel 1936, 14.883 nel 1961, 18.245 nel 1971 ha visto nellul-timo cinquantennio il vecchio borgo trasformarsi e confondersi con le botteghe e le industrie.La crescita della popolazione ha reso necessaria la costruzione di una grande e nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Maria Nascente e ad opera dellarchitetto sono anzi nate due nuove parrocchie, quella della Madonna di Fatima, costituita nel 1964, e quella di San Giacomo, costituita nel 1973.

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    La recinzione di Enrico Griffini del 1933

    Palazzo Antona Traversi, Meda : cinta della chiesa . - 1:50. - Settembre 1922.Disegno : inchiostro di china e matita su carta da lucido ; 30 x 77 cm. Timbro: n. 25. Stato di conservazione: buonoCollocazione: C-09/1Segnatura: Griffini 1/11 disSoggetto luoghi: Italia - Lombardia - Milano - [Meda]Nomi, Enti, Esposizioni: Griffini, Enrico Agostino [1887-1952]

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    IL PIANO SAMONA - Storia e attualit.

    Il giorno 4 Maggio dellanno 1968 alle ore 21 nella sala delle adunanze a Meda il Sindaco, il Sig. Fabrizio Malgrati, il Segretario Comunale, Sig. Dr. Arturo Amorese, e i Consiglieri Comu-nali, si riuniscono in consiglio per approvare, secondo le normative vigenti, il progetto di P.R.G. e la bozza delle relative norme di attuazione elaborate dagli Arch. Prof. Giuseppe Samon, Oscar Cagna e Alberto Samon e dare mandato al sindaco affinch svolga tutte le formalit per lappro-vazione del Piano. Dalla relazione possiamo trarre gli elementi principali di questo progetto; Samon descrive Meda come un comune dalla piccola area (834 ha.) al limite settentrionale della Provincia di Milano, dalla morfologia territoriale diversificata fra collinare (raggiunge unalti-tudine non superiore ai 270 m) e pianura con un dislivello di circa 100-150 metri fra di esse, il cui accostamento crea un interessante passaggio naturale caratterizzato dalla discontinuit del terre-no dalle lievi ondulazioni e dal tenue contrasto fra suolo nudo e masse scure della vegetazione. Queste particolarit morfologiche influenzano non poco la forma urbana della citt attuale e di quello che potrebbe essere il suo futuro.

    Caratteristica della citt la sua economia fiorente dovuta alla prosperit industriale e commer-ciale di un artigianato lanciatissimo in tutto il mondo. Di fronte a questa rinnovata vitalit si mostra evidente una serie di decisioni urbanistiche fondate su una nuova essenza insediativa basata sulle esigenze degli abitanti di questo Comune.

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    Studiando la storia insediativa di questa citt si pu risalire al nucleo originale fondato sul lavoro agricolo, che si insediato sulla parte collinare del paese o appena ai piedi di esse, con la presen-za di qualche villa che, con il monastero, davano vita alla parte importante della citt, estesa tutto ad est del torrente Tar, che ad oggi scorre nella parte centrale della pi ampia struttura urbana della citt, quella nata a partire dalla fine dellOttocento, dopo lapertura dellasse ferroviario Mi-lano-Seveso-Meda-Asso, avvenuta nel 1879. La nascita della ferrovia ha portato a estendere il nucleo originario abitativo, scendendo dalle colline fino a raggiungere la linea e, in breve tempo, a superarla, allargandosi anche nella pianura. Tutto ci avveniva senza un piano ne un disegno, crescendo su aggiunte successive di singole parti, andando cos a mancare una forma organica allabitato.

    Ad oggi, in seguito allo sviluppo urbano della citt da corso Matteotti verso le citt di Camnago, Seveso e, in secondo luogo, Lentate Sul Seveso, la via Manzoni come principale asse di viabilit stata sostituita in gran parte dalla via Seveso (in direzione nord-ovest) e dalla via Cadorna (in direzione sud-est) che collegano la Superstrada Milano-Meda(posta a sud-est) , costruita succes-sivamente al Piano Samon, alla parte ad ovest della citt, per poi proseguire verso i paesi limitro-fi. Attraverso una rotatoria in largo Terragni, alla fine di via Seveso, si pu quindi immettersi nelle direttive periferiche di Meda che conducono fuori paese. Corso Matteotti e via Manzoni sono col-legate a questa nuova direttiva attraverso due nuove vie a senso unico; corso Italia, che da corso Matteotti scende in via Seveso, e via Cristoforo Colombo, che sale dalla rotatoria in largo Terragni fino a piazza Volta, creando un quadrilatero. Attorno ad esse venuta a crescere la citt, senza un ordine prestabilito che quello sommario dettato dalle strade suddette e quello delle propriet frammentate che imponevano la formazione di una struttura edilizia senza ordine interno, regolata dal bisogno di soddisfare alcune necessit prevalenti, senza una vera e propria intrinseca funzionalit in relazione al loro futuro.

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    Edifici di varia natura e con vari indirizzi funzionali si sono addossati fra loro senza una logica interna salvo casi isolati di costruzioni prevalentemente industriali che oggi presentano caratte-ri veramente moderni rispetto al nuovo modo di avviare il lavoro e di prevederne gli sviluppi. Si tratta di poche eccezioni che appartengono alledilizia costruita negli anni dopo la Seconda Guerra Mondiale e attribuiti solo da alcuni artigiani pi sensibili ed a qualche industriale che, in possesso di mezzi maggiori, riuscito a creare complessi che sono vere e proprie isole dentro la citt.Il risultato di interventi cos discontinui stato frammentarizzare il tessuto edilizio che ora si pre-senta generalmente caotico, compromettendo anche la viabilit, che si ritrova ad avere troppe strade e poche piazze per la natura vivace della citt, e una scarsezza di zone a verde pubblico. Anche ledilizia in cui non vi siano destinazioni artigianali sorta senza un proprio carattere; sono perci scarse le corrispondenze formali e duso con lessenza della citt nuova. Si tratta in genere di edifici di quella linguistica corrente e dozzinale che forma la massa delledilizia di tutte le pro-vincie italiane, con un vocabolario figurativo di secondo ordine, dai volumi sgraziati, quasi sempre fuori scala per eccesso.Il piano, proponendosi a razionalizzare in senso positivo le assenze della nuova citt, dovrebbe creare i suoi fondamenti in quello che non si fatto e si potrebbe ancora fare, in quello che di que-ste essenze rappresenta lespressione pi immediata, nel fatto che labitato si estende ai piedi di una zona di collina ancora ricca di verde e giardini. Questo piano punta quindi a tenere conto del nucleo antico vero e proprio della citt, ormai costituito da quei pochi brani di edilizia appariscente che si abbarbicano alla collina e che strutturano le parti pi in vista di essa come parco di essenze pregiate. Qui spicca anzitutto lex convento di S. vittore, ora Villa Traversi, che costituisce il cuneo di verde proprio al centro del territorio comunale ai piedi della collina laddove si inizia la struttura urbana che la circonda seguendo due direzioni, una verso nord-ovest e laltra verso nord-est.

    Questo cuneo lespressione pi genuina e stabile della citt, il simbolo del suo passato e quindi dovrebbe essere posto in evidenza pi di quanto non lo sia oggi, chiuso come da un sordo muro di cinta che lo esclude dalla vista della citt.

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    A questo dovrebbe seguire tutta una destinazione collinare nuova in cui la collina stessa assuma la forma di un parco attrezzato che dovrebbe essere elemento unitario, unica architettura di verde e di attrezzature future, controparte allo sviluppo in pianura della citt, elemento di attrazione sin-golare e studiato a fondo per esprimere tutto quanto possibile del sentimento che oggi ci anima in rapporto alle relazioni sempre pi stabili tra luomo di oggi e lambiente naturale.Sottolinea Samon come nella natura luomo di oggi sente di poter godere per una certa parte del suo tempo. Proprio perch il contatto con la natura gli piacevole pi che nel passato, ne dovreb-be sentire la figurabilit intrinseca ed essenziale che lo guida a intervenire in essa senza eccessi, ma solo per sottolinearne le qualit, creandovi tutte quelle attrezzature che rendono pi stabile e piacevole le sue relazioni di soggiorno.

    Si tratta quindi di progettare e prevedere un intervento nella natura che proprio del nostro tempo, in cui la natura si fa diventare unarchitettura di parco, perch solo in questo modo possiamo annullare la profonda cesura che ci divide da essa, trovando in ogni punto partico-lari tagli, particolari estensioni, speciali punti di vista, interventi di manufatti che creano pause od emergenze capaci di umanizzare gli aspetti naturali in una forma di parco che, a differen-za di quella pensata dalle magnifiche tradizioni cinque-seicentesche, crea una promozione di massa entro lambito delle forme naturali e quindi deve lasciare in queste una naturalit pi pregnante e pi schiva di quei fatti artificiali che costituiscono la gloria delle ville e dei parchi del passato.Quelli erano i parchi di re e principi, questi sono i parchi dove il tempo libero trova sempre pi esteso il senso della proporzione tra il proprio corpo e lambiente naturale in cui luomo viene fisicamente incluso, con un godimento che nasce dalle profonde differenze tra la vita di ogni giorno in citt e i grandi e i piccoli spazi dellambiente naturale con la sua varia configu-razione. E questo il secondo punto per costituire unessenza della citt che sia nello spirito della profonda trasformazione a cui da un ventennio sottoposto linsediamento comunale in tutti i suoi aspetti.

    Con queste parole Samon delinea unidea di verde per la cittadinanza, un verde pubblico aperto al paese, ben differente da quello attuale, chiuso da alte mura senza che possa esser vissuto se non in alcune eventi, sempre troppo pochi per potere davvero valorizzare questo patrimonio. Pi a nord la parte verde del parco della brughiera, si sempre pi inselvatichita a causa della mancan-za di cure, ed ora presenta una vegetazione varia, in alcuni punti dallottimo pregio paesaggistico, ma in altri forma un muro totalmente invalicabile. Linteresse di alcune associazioni e dellente del Parco della Brughiera hanno provveduto a pulire alcuni percorsi gi esistenti e ad aprire sentieri nuovi che si snodano allinterno della vegetazione, fornendo valide alternative alle strade carroz-zabili per chi usa biciclette o vuole passeggiare nella natura.

    Il terzo punto, forse il pi difficile, intuire quali possano essere i modi per riproporre una forma urbana che oggi purtroppo non esiste, malgrado i chiarissimi termini di rinnovamento interno alla vita della citt. E evidente il contrasto fra il grande sviluppo dellattivit artigianale-industriale di questi bravissimi mobilieri che hanno relazioni di affari in tutte le parti del mondo e la frammentaria espansione edilizia cui tale sviluppo ha dato luogo.Il contrasto di qualit fra una struttura industriale e commerciale che amplifica tutto un sistema di educazione di relazione e il prodotto edilizio che dovrebbe nascere manifestando con un disegno i caratteri di questa struttura, rende necessaria una ricerca profonda dellunit dellinsediamento ur-bano nelle sue prospettazioni future. Questo dovrebbe avere un disegno, una forma le cui espres-sioni morfologiche si configurino secondo caratteristiche che mettano in evidenza la struttura e non secondo le discontinuit occasionali delluna casa accanto allaltro, del magazzino accanto alla casa, della scuola accanto al magazzino e cos via. Questo terzo punto rappresenta quindi la ricerca della forma urbana, una ricerca che nel caso di meda pu cos configurarsi.

    Anzitutto: la ricerca di un elemento tipologico che organizzi la particolare estensione funzio-nale della destinazione casa, magazzino, laboratorio e spazio libero dellartigiano, secondo proporzioni corrispondenti alle reali necessit future della piccola industria del mobile.

    In secondo luogo: organizzazione di questo nucleo in una speciale struttura di quartiere che tenga conto di tale forma.

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    In terzo luogo: lannullamento della espressione anonima che hanno alcune strade fonda-mentali proprio perch create per pure e semplici necessit di traffico e non per immedesi-marsi nella vita urbana, e quindi, progettare linserimento di tali strade nella forma della citt facendo in modo che ai margini di esse i manufatti siano architettonici ed abbiano una conti-nuit tale da determinare di per se stesso gli spazi direttori dei tratti urbani fondamentali.

    In quarto luogo: definire architettonicamente le emergenze motivazionali che caratterizzano le espressioni pi vive della citt nei cosiddetti centri direzionali di essa, ubicandoli in modo che costituiscano, per la posizione in cui si trovano e per la convergenza delle linee di traf-fico, dei veri e propri nodi di interesse architettonico in cui si concentrino gli aspetti pi vivi degli interessi economici e sociali della citt.

    In quinto luogo: definizione precisa dei confini dellespansione urbana per far si che la forma di questa espansione presenti, proprio ai confini una sua linea di carattere figurativo inalte-rabile perle relazioni spaziali secondo cui concepita: in una citt in cui le espressioni arti-stiche costituiscono lelemento di fondo di tutta lattivit civile, la presentazione dellabitato secondo una configurazione cos fatta ci con un disegno di confine che abbia una forma preordinata quasi un obbligo e un saluto, un invito, una presentazione di cui ora la citt manca.

    In sesto luogo infine: organizzazione dei servizi scolastici con sale di ritrovo, di conferenze ed attrezzature per lo sport studiate secondo unorganizzazione di parti che impegni la desti-nazione di questi servizi verso finalit da approfondire in maniera molto precisa, in relazione al fabbisogno, non solo del Comune di Meda, ma di altri Comuni che, intorno a Meda, usu-fruiscono dei servizi sociali di questa citt. La scuola dovrebbe avere un suo nucleo culturale di particolare importanza, un centro di cui per ora Meda difetta, in quanto non esiste la con-vergenza di interessi culturali intorno a una scuola, e la scuola di grado superiore potrebbe creare questa convergenza. Il complesso di palestre e di altre attrezzature sportive dovrebbe completare il nucleo di questa scuola, mentre le scuola materne, elementari e medie, dotate di ampi spazi verdi, dovrebbero essere localizzate e distribuite in maniera armonica, in modi precisi con determinato raggio di influenza in rapporto ai quartieri della citt. Altres esse dovranno costituire ulteriori elementi ordinatori del tessuto urbano, quindi determinanti per la formazione di un contesto in cui le diverse espressioni morfologiche trovino una precisa unit strutturale.

    Ad oggi queste direttive sembrano esser state in gran parte ignorate. Manca un filo conduttore architettonico a regolare la forma delle varie tipologie, e nello stesso complesso manca un ricono-scimento funzionale e spaziale. I quartieri appaiono privi di una programmazione che vada oltre il singolo lotto, spesso le costruzioni, un tempo nuclei monofamiliari, sebbene formati da un alto nu-mero di persone, lasciavano un minimo di spazio verde privato o comunque una corte, oggi sono state soppiantate da anonimi condomini alti intorno ai 25 metri, andando cos a saturare quel poco di spazio verde che restava nei lotti o andandolo ad asfaltare per crearvi parcheggi. Le strade fondamentali nonch quelle secondarie restano tuttora anonime, con la differenza che ora buona parte delle vie del centro storico siano quasi totalmente disabitate e la mancanza di manutenzio-ne ha lasciato gli edifici al degrado. le architetture restano prive di una qualsiasi forma piacevole, salvo in rari casi di abitazioni o attivit industriali, volute da persone con un forte interesse verso il senso della bellezza, cos girando per la citt compaiono talvolta delle architetture che spiccano del contesto monotono. La mancanza di norme di buongusto architettonico ha portato e tuttora porta Meda su una strada di anonimato architettonico. Il quinto punto, quello di confini prestabiliti e fissi, che mancavano a e mancano tuttora tanto che ormai la citt si fusa con quelle vicine, fa-cendo si che nella trama ininterrotta di abitazioni tutti uguali non si legga il suo confine; ci ha an-che portato a saturare quella fascia verde che dal centro storico creava un ventaglio che andava a fare un cerchio intorno alla citt fuori dalla periferia. Manca anche tutta la parte artistica richiamata nel piano di Samon; Meda, sebbene citt di numerosi artisti, che producono arte principalmente nel tempo libero per piacere personale e spesso le loro opere sono sconosciute quasi totalmente alla comunit, manca totalmente di una linea comune di interesse artistico nello sviluppo e nellab-bellimento della citt.

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    Il sesto punto invece stato in buona parte rispettato. Dagli anni del piano Meda ha visto fiorire diverse scuole di ogni grado,senza per che venisse a crearsi un polo scolastico o culturale defi-nito, restando ogni edificio un sistema a s e staccato dagli altri, spesso anche molto distanti fra loro. Palestre comunali e private sono state costruite nelle zone ancora non saturate del polo e del san giacomo lungo le maggiori vie di quelle aree, anche qui senza per definire un area ma viven-do su edifici singoli scollegati.

    Allinterno del suo piano Samon ha delineato unarea verde a nord-ovest del centro storico da valorizzare con interventi per la comunit e, sebbene siano mancati questi interventi, almeno si conservata quasi totalmente intatta questarea, a differenza di buona parte del ventaglio che da essa dipartiva, in gran parte saturato dalle costruzioni successive.

    Molto allavanguardia e di forte sensibilit unaltra idea avuta da Samon nel suo piano per la riqualificazione di Meda; sul territorio del comunale infatti si contano diversi corsi dacqua di natura torrentizia provenienti dallarea delle Groane o della Brughiera, la maggior parte dei quali vanno a imettersi nel pi grande di essi presente a Meda, il torrente Tar (o Ter) che scorre da Cabiate e continua verso Seveso il suo corso. Allepoca di Samon era utilizzato soprattutto come scarico delle acque nere e reflue di diverse ditte e abitazioni che stavano sorgendo sulle sue sponde, in un contesto che andava sempre pi a perdere la sua forma naturale verso un qualcosa di inquinato e irrecuperabile.

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    Samon propose cos sul corso del fiume di creare una strada pedonale a livello di quella gi esistente sulla quale affacciassero botteghe artigiane e commerciali, creando una camminata dove il pedone potesse svagarsi guardando il lavoro e allo stesso tempo comprare i prodotti delle lavorazioni. Qui il concetto presente in tutta Meda di casa-bottega assumeva anche un significato educativo e museale, dove la maestria artigiana veniva messa in mostra nel suo ambiente naturale. In tal modo si sarebbe valorizzato un luogo che pian piano diventava intollerante per il paese con un attrazione alternativa e interessante.

    Inutile dire che questa fra tutte gli spunti dati da Samon questo fu quello totalmente ignorato, cos che Meda non solo perse questa opportunit commerciale per mostrare la maestria dei propri artigiani, ma il torrente, totalmente ignorato fino a met degli anni 90 si riemp degli scarichi delle lavorazioni spesso anche chimiche, che facevano defluire nelle sue acque prodotti nocivi al punto che il torrente emanava un odore nauseabondo per chi vi vivesse intorno, tanto che ben presto assunse il nomignolo dialettale di Tumbun, ossia grande tomba. Ultimamente, complici leggi ambientali che talvolta vengono anche fatte rispettare e i fallimenti di molte delle industrie affacciate su di esso, il Tar sta vivendo un periodo di forte ripresa, fino a venire inserito in molti progetti ambientali come percorso protetto di alcune specie animali nei loro spostamenti fra i diversi parchi della zona; non raro infatti vedere nel suo interno diverse specie di volatili, qualche mammifero e, nei periodi in cui le acque sono estremamente pulite, pure qualche pesce.

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    Repertorio dei Beni Storico-Architettonici

    Piazza Vittorio Veneto rappresenta il nucleo storico principale di Meda. Chiamata piazza di S. Ma-ria dallanno 1000 solo nel 1922, in occasione delledificazione del Monumento dei Caduti, che la piazza prende il nome di Vittorio Veneto.La piazza situata sullestremit del colle che sovrasta la citt di Meda e si caratterizza per for-ma irregolare con tipica pavimentazione in rizada. Il valore del sito strettamente correlato agli edifici monumentali che creano la chiusura dello spazio aperto, quali, la chiesa di San Vittore, Villa Antona Traversi e Palazzo dei Capitani. Il comparto di Piazza Vittorio Veneto stato dichiarato con Deliberazione Regionale VIII/09211 di notevole interesse pubblico quale bene paesaggistico.Il comparto descritto tra le vie Antona Traversi, San Martino, Vicolo Santa Maria, vicolo Manin e Salita delle Benedettine e fanno parte i seguenti edifici storici e monumentali:- Villa Antona Traversi- Chiesa di San Vittore- Palazzo dei Capitani- Santuario Santo Crocifisso- C Rustica

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    VILLA ANTONA TRAVERSI

    Soppresso il Monastero delle Monache di Meda con il provvedi-mento della Repubblica Cisalpina, tutto il complesso fu venduto al Maunier e ben presto trasformato in villa per volont del nuo-vo proprietario. Il Pollack, architetto molto apprezzato in Lom-bardia e che, oltre alla Villa Reale di Milano, ha lasciato molte testimonianze del suo lavoro in Brianza in particolare, oper le necessarie trasformazioni per adattare il monastero alle nuove esigenze residenziali.Egli vi oper ampie demolizioni e innalz nuove costru-zioni: il chiostro divent cortile donore e buona par-te del monastero lasci il posto allimponente e se-vera facciata, edificata a dominio di un emiciclo, la Rotonda, che sovrasta la citt dallalto della collina.

    Al corpo quadrato dellantico monastero, sviluppato intorno ad un chiostro, larchitetto viennese Pollack, aggiunse, allinizio del XIX sec. un nuovo corpo di fabbrica con funzione dingresso, com-prendente una corte, ed un giardino, trasformando il complesso in una villa per un facoltoso mer-cante. Ledificio in muratura presenta volte al piano terra e solai ai piani superiori; la corte interna (ex chiostro), ed un ulteriore corte rustica verso piazza Vittorio Veneto.

    Il Pollack, che lavorando a Meda pot anche assistere allimprovviso crollo del campanile di San Vittore mai pi riedificato lasciandocene una descrizione con disegno di sua mano, oper con neoclassico rigore e, pur senza arricchire gli interni come aveva fatto altrove, realizz nondimeno ambienti di buon gusto corrispondenti allo stile dellepoca e alcune sale splendidamente decorate, tra le quali si possono citare la Sala delle Maschere, lOttagono e la Sala degli Specchi.

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    La facciata esterna neoclassica della foresteria del palazzo, in piazza Vittorio Veneto, si distingue per sobriet; lascia trapelare leleganza essenziale degli interni, quasi in continuit con lausterit dellantica vita monastica. In parte precedente allintervento del Pollach, presenta un portone din-gresso barocco. Immediatamente a destra del volume della villa si alza la ricca facciata barocca della chiesa di S. Vittore, lunica parte dellantico monastero a non aver subito una trasformazione totale.

    Dal portone barocco si accede a quella che la corte rustica, dove sono presenti balaustre dai motivi barocchi (sono del 1730 circa). Da qui si accede per mezzo dello scalone donore alla Corte principale dellex convento.

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    La Sala del coro testimonianza delle modifiche del Pollack apportate allantico monastero. La sala infatti di 215 mq per unaltezza di 9,50 metri, stata ricavata nello spazio riservato al coro del monastero e vanta una ricchissima decorazione cinquecentesca, opera di Bernardino Luini. Lantica chiesa interna (quella riservata alle monache) stata divisa orizzontalmente da un sola-io ligneo opera del Pollack, creando due locali: in alto lattuale Sala del Coro, e inferiormente la LImonera.Per quanto riguarda la sala del coro, spicca il tondo con Cristo benedicente al centro della parete di fondo, che mostra la chiara derivazione leonardesca del Bernardino Luini. Dopo esser stata utilizzata come granaio nellOttocento, la sala stata recentemente sottoposta a restauri: attual-mente utilizzata per convegni e manifestazioni di carattere artistico e culturale.

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    Il piano inferiore dellex chiesa interna un vasto ambiente, 200 mq per 5 m di altezza, articolato da sei poderosi pilastri che sorreggono grandi archi in muratura. Il locale, che reca tracce degli antichi affreschi, viene denominato Limonera in quanto per tutto lOttocento fu utilizzato come rico-vero invernale degli agrumi coltivati in vaso.

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    Dalla Limonera si raggiunge lampia corte interna quadrata, oltre 600 mq scoperti circondati da un quadriportico coperto, di circa 400 mq, intorno al quale si sviluppa il corpo principale della villa. Si tratta di uno spazio di profonda suggestione, lantico chiostro, cuore del monastero, trasformato da Pollack in cortile donore. Larchitetto ne rifece i lati principali e chiuse gli archi di quelli laterali con finestroni senza serramento. Oggi lo spazio lasciato a prato ed attraversato da un camminamen-to di lastre in granito dalle dimensioni irregolari.

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    Affacciati sul chiostro si aprono la Sala della Maschere e lOttagono, due eleganti saloni neoclas-sici, di 140 mq complessivi, di cui il primo prende il nome dal motivo che ne decora pareti e volta: maschere della commedia e della tragedia tra fregi e greche.

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    La Rotonda sul retro della villa, creazione di Pollack, completa con grande senso scenografico la sobria facciata neoclassica. Nonostante la semplicit dellimpianto, circa 3000 mq disegnati a parterre, la maestria dellarchi-tetto viennese consiste nellaver saputo sfruttare le peculiarit orografiche del sito. La villa infatti situata sulla sommit di una piccola collina di Meda circondata da un parco che digrada fino alla-bitato e che fa da schermo alledificio, appena visibile attraverso gli alberi. La collina non ha subito cambiamenti dallepoca della costruzione di Villa Antona Traversi, il vigneto esistente fin dai tempi del Monastero di S. Vittore scomparso solo negli anni Cinquanta del Novecento.

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    Ci che restava del Monastero e lormai villa neoclassica furono acquistati nel 1836 da Giovanni Traversi, e da lui il complesso pass al nipote e quindi ai suoi discendenti, fino agli attuali proprie-tari, gli Antona Traversi. Della lunga vita del cenobio la villa conserv comunque tracce importanti, sia sotto il profilo artistico che documentale.Sono conservati allinterno anche affreschi a suo tempo strappati dalla parete daltare della Chie-sa, ma il vero tesoro costituito senzaltro da ci che resta del millenario archivio del Monastero.Pur ridotto di molto a causa della dispersione della maggior parte delle carte, larchivio conserva oltre 4000 pergamene ed fonte preziosissima di documentazione per la storia medese e di molte altre localit possedute dalle monache di San Vittore: molte sono le pergamene altomedievali a cominciare dal IX secolo e le importanti carte papali e imperiali, oltre al fondamentale libro cro-naca dei secoli moderni.Ledificio, tuttora abitato dalla nobile famiglia proprietaria, conserva anche interessanti raccolte private.Significativi i cimeli di guerra e i ricordi della vita letteraria di Giannino Antona Traversi, frutto in particolare della sua attivit di combattente, patriota e Commissario per i Cimiteri di Guerra, e del suo fervore di commediografo, partecipe attivo della vita culturale della sua epoca, a cavallo del 900, ampiamente documentata attraverso limportante corrispon-denza con i maggiori letterati del tempo.In una sala sono riuniti anche i ricordi di Giovanni Antona traversi, deputato e patriota attivo nel Risorgimento italiano, legato al mondo politico del suo tempo, a Cavour, a Garibal-di, a Mazzini.

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    Alcune cartoline storiche che ci mostrano limportanza paesaggistica e identificativa della citt della Villa Traversi.

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    CHIESA DI SAN VITTORE

    La Chiesa quella del secolare Monastero di Meda, sorta vicino al luogo dove cera laltra, che si faceva risalire allepoca della leggendaria costruzione del monastero. La Chiesa di S.Vittore, eretta sotto la Badessa Maria Cleofe Carcano, fu finita di costruire nel 1520 e consacrata nel 1536 ed tuttora luogo religioso. Allinterno un vero scrigno darte, una delle migliori espres-sioni del tardo Rinascimento lombardo, impreziosita oltremodo dal barocchetto della facciata, aggiunta nella forma attuale solamente nel 1730.

    Nel pur ricco archivio del Monastero non esistono informazioni che possano far risalire con certez-za agli artefici della chiesa e quindi sono stati fatti molti nomi, ma la struttura vicina comunque allarchitettura della Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore di Milano e quindi si pensato al Dolcebuono e agli alt