repubblica - senza la musica la vita non avrebbe … · per stabilire le regole essenziali della...

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31© Pearson Italia spaIl bello delle regole, a cura di Giovanna Mantellini e Doris Valente,

Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori© Pearson Italia spaIl bello delle regole, a cura di Giovanna Mantellini e Doris Valente,

Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori

Concetto base

Repubblica È una forma di organizzazione politica nella quale la comunità dei cittadini, liberi e uguali, si autogoverna e non si sottomette al potere di altri.

Il termine deriva dall’espressione latina res publica, che letteralmente significa “cosa del popolo”, alludendo al bene comune e ad una comunità che si organizza per l’interesse collettivo in base a una legge condivisa da tutti.

Nell’articolo 1, la nostra Costituzione afferma che «l’Italia è una repubblica de-mocratica»: è questo il primo dei Principi fondamentali, i dodici articoli che aprono il testo e che costituiscono una vera e propria mappa dei valori su cui si fonda lo Stato italiano: la democrazia, il rispetto dei diritti, l’uguaglianza e la libertà dei cittadini, la pace, la giustizia sociale e internazionale.

Tema 2

La Costituzione come mappa dei valori

Collegamenti

valore del lavoro

centralità della persona

rispetto dei diritti

democrazia e sovranità popolare

libertà di coscienza e religiosa

libertà e uguaglianza dei cittadini

pace e giustizia internazionale

PRINCIPI FONDAMENTALIidee e valori che ispirano

l’intera Costituzione

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

LEZI

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E 6

nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 1-12

I Principi fondamentali

Una premessa alla CostituzioneSpesso si dice che la Costituzione è la legge fonda-mentale dello Stato per sottolineare che le sue norme rappresentano le fondamenta (nel significato letterale della parola) sulle quali poggiano le altre norme. In questo senso tutte le norme della Costituzione sono fondamentali. La Costituzione tuttavia riserva l’agget-tivo “fondamentali” a un insieme di principi, esposti nei primi dodici articoli, che hanno particolare valore perché rappresentano una specie di premessa al con-tenuto della Costituzione, delineando i valori su cui poggia la nostra comunità.

Essi riguardano infatti essenzialmente l’organizzazio-ne dello Stato (artt. 1, 5), regolata poi nella Parte II, e i rapporti tra lo Stato e i cittadini (artt. 2, 3, 4, 6, 7, 8), oggetto della Parte I. Sia pure in un senso diverso da quello degli articoli precedenti, anche l’articolo 9 riguarda i rapporti tra lo Stato e la collettività. Afferma, infatti, da un lato, che lo sviluppo della cultura, intesa nel senso più ampio, deve costituire uno degli obiettivi della Repubblica; dall’altro, che il patrimonio culturale esistente deve essere tutelato e conservato per le generazioni future. Gli articoli 10 e 11 riguardano i rapporti tra lo Stato e la comunità internazionale. Infine l’articolo 12 è dedicato al tricolore, che è per eccellenza il simbolo identificativo dello Stato.Questo inserimento, a chiusura dei Principi fonda-mentali, ha un significato che è insieme politico e giuridico: il tricolore esprime l’unitarietà e la sintesi di tali principi e dunque, per essere modificato, ri-chiede la procedura di revisione costituzionale (vedi Lez. 31). ➧

I Principi fondamentali come idee guida I deputati dell’Assemblea costituente incaricati di re-digere il testo della nuova Costituzione democratica, pur appartenendo a partiti politici diversi erano acco-munati da un ideale antifascista e volevano quindi dar vita a una Costituzione che negasse tutto ciò che il fascismo era stato. Tracce evidenti di questa volontà si trovano nella for-mulazione di molti articoli. Se ne possono dare alcuni esempi: l’uguaglianza “senza distinzione di razza” (art. 3), che per contrapposizione evoca le leggi razziali del 1938 contro i cittadini di origine ebraica; il ripudio esplicito della guerra (art. 11), che nasce anche dalla tragica esperienza del secondo conf litto mondiale in cui il fascismo aveva trascinato l’Italia. ➧I costituenti erano però anche portatori delle idee e dei valori espressi dalle grandi correnti di pensiero – cattolica, liberale, socialista, comunista – alle quali si ispiravano i loro partiti di appartenenza. La composi-zione di queste diverse idee e di questi diversi valori avvenne trovando tra di essi una sintesi e un equilibrio attraverso un serrato dibattito e un accordo che è stato chiamato compromesso costituzionale.Questo aspetto della Costituzione è stato spesso cri-ticato e considerato un limite. Si tratta di una critica ingiusta e che comunque dovrebbe essere estesa a tutte

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Verifica della comprensione1. In che senso i Principi fondamentali possono essere considerati una premessa alla Costituzione?

2. Quali ambiti riguardano?

3. Perché una Costituzione deve rispecchiare le diverse sensibilità politiche?

le Costituzioni emanate nel corso della storia, a co-minciare da quella americana. Come la nostra, esse sono il risultato di un “patto” tra le parti diverse e an-che contrapposte che compongono la società, stipulato per stabilire le regole essenziali della convivenza civile.Non potrebbe comunque essere altrimenti: uno degli aspetti essenziali della g democrazia è l’alternarsi al potere di forze politiche con orientamenti differenti e una Costituzione che rif lettesse esclusivamente le idee e i valori di una sola parte non sarebbe destinata a vivere a lungo. La Costituzione deve rappresentare invece uno spa-zio comune di incontro, aperto e compatibile con il formarsi di maggioranze politiche diverse. Nella Costituzione italiana questo spazio comune si-gnifica democrazia, garanzia dei diritti fondamentali, uguaglianza tra i cittadini, giustizia sociale, g plura-lismo, collaborazione internazionale.

I Principi fondamentali come norme giuridiche

I Principi fondamentali esprimono ideali e valori, ma sono nello stesso tempo norme giuridiche.

La Costituzione è prima di tutto un testo giuridico che contiene principi, cioè norme di carattere generale, e regole, norme più circostanziate e precise. Ideali, valori, interessi di per sé stanno al di fuori delle norme e, semmai, costituiscono le motivazioni o gli obiettivi per cui queste vengono emanate. Tuttavia, possono essi stessi diventare norme quando, appunto, si traducono in principi. Si pensi all’uguaglianza: essa rappresenta un valore, un ideale dell’umanità, ma per il nostro ordinamento è diventata anche una norma giuridica attraverso l’affermazione contenuta nell’ar-ticolo 3 della Costituzione.Quanto abbiamo detto sfata alcuni luoghi comuni che riguardano gli articoli di apertura della Costituzione. Si dice che essi contengano espressioni prive di signi-ficato concreto e si cita spesso, a titolo di esempio, l’articolo 4: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro». Certamente nessun disoccupato può chiamare in giudizio lo Stato per costringerlo a trovargli un lavoro, ma ciò non significa che questa affermazione non debba essere considerata un princi-pio in senso giuridico: se per ipotesi una legge del Par-lamento ostacolasse la possibilità dei cittadini di avere o di svolgere un lavoro, potrebbe essere impugnata davanti alla Corte costituzionale ed essere privata di efficacia per incostituzionalità (vedi Lez. 29).

g Democrazia Il termine, che deriva dal greco démos, “popolo”, e kratía, “dominio”, indica un’organizzazione dello Stato in cui il potere politico è esercitato dai cittadini.

g Pluralismo Il termine deriva dalla radice latina plus (“più, molti”) e indica un atteggia-mento culturale e politico che considera legit-timi, e quindi accetta, molteplici punti di vista, opinioni, progetti circa i problemi della socie-tà. Le democrazie liberali sono sistemi politici pluralistici in quanto consentono la coesisten-za di diversi partiti, di diverse confessioni reli-giose, associazioni culturali, sindacali ecc.

Può sembrare curioso che tra i Principi fondamentali l’Assemblea costituente abbia inserito l’articolo 12:

«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni».

In realtà un articolo sulla bandiera è presente in tutte le Costi-tuzioni, anche se un membro dell’Assemblea costituente obiettò che la norma sapeva «un po’ di modello di sartoria».

➧Il tricolore è un principio fondamentale?

I valori che animano la Costituzione italiana rappresentano una chiara negazione del fascismo in tutte le sue manifesta-zioni, politiche, economiche e culturali. Ecco alcuni esempi.

CostItuzIone rePubblICana

regIme fasCIsta

libertà artt. 13-23 Tribunale speciale per la difesa dello Stato con-tro i reati politici (1926); censura; pena di morte; potere di polizia

Pluralismo artt. 8, 18, 39, 49 Sindacato unico (1926); partito unico (1925); religione di Stato (1929: Patti lateranensi)

uguaglianza art. 3 Leggi razziali (1938)

sovranità popolare, democrazia

artt. 1, 48 Elezioni ridotte a con-sultazione su lista unica (1928); soppressione del Parlamento (1939)

➧I valori costituzionali come negazione del fascismo

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

LEZI

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Una Repubblica democratica fondata sul lavoro

La forma repubblicanaLe parole di apertura della Costituzione – «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» – sono diventate nel tempo una specie di formula ri-petuta meccanicamente, ma hanno un significato im-portante. Che l’Italia sia una Repubblica significa innanzi tut-to che il capo dello Stato non è un re, diventato tale per successione ereditaria, ma un Presidente eletto, sia pure indirettamente, dai cittadini (vedi Lez. 26). La forma repubblicana, scelta dagli italiani attraverso il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, distingue il nostro Paese da alcune grandi democrazie occiden-tali (per esempio Inghilterra e Spagna) la cui forma di governo è ancora di tipo monarchico.La Costituzione tuttavia attribuisce alla parola “repub-blica” anche un significato ben più ampio:

una comunità formata da cittadini liberi e uguali che si autogovernano attraverso propri rappre-sentanti senza cedere il potere ad altri.

È questo del resto il significato che essa ha avuto nella storia, in opposizione alle monarchie assolute in cui il re deteneva tutto il potere dello Stato. L’idea di Repubblica così intesa include perciò anche le moderne monarchie, che sono regimi pienamente democratici in cui i poteri del re non sono dissimili da quelli di un Presidente. ➧

Una democrazia rappresentativaIl significato e il contenuto della parola “democratica” vengono definiti nel comma 2 dell’articolo 1.

Democrazia significa innanzi tutto che il potere politico ha la sua fonte e la sua legittimazione nella sovranità popolare («La sovranità appartie-ne al popolo»).

Tuttavia il popolo, cioè l’insieme dei cittadini, può

esercitare il potere soltanto nelle forme previste dal-la Costituzione. Come in tutti gli Stati moderni, il popolo non esercita direttamente il potere politico (se non in pochi casi, come il referendum), ma attraverso un insieme di or-gani che sono espressione della sua volontà (vedi Tema 5). Le regole essenziali in base alle quali ciò si verifica sono le seguenti:

� gli organi che esercitano il potere sono eletti diret-tamente o indirettamente dai cittadini;

� tutti i cittadini, con l’unica discriminante dell’età o di particolari condanne penali, sono elettori e possono essere eletti alle cariche pubbliche;

� il compito di governare spetta ai rappresentanti eletti dalla maggioranza dei cittadini, ma chi non go-verna ha il compito importante di fare opposizione, cioè di sorvegliare ed eventualmente criticare le deci-sioni della maggioranza perché possano essere trovate le soluzioni migliori per il Paese. A ogni elezione, inoltre, se cambia l’orientamento degli elettori, la minoranza può diventare a sua volta maggioranza;

� le decisioni dei rappresentanti eletti vengono a loro volta prese a g maggioranza.

I limiti all’esercizio del potere politicoOltre che nelle forme, l’esercizio del potere deve av-venire nei limiti stabiliti dalla Costituzione, per evi-tare quella che gli studiosi chiamano “tirannia” della maggioranza, cioè una situazione in cui la maggio-ranza, pur legittimata dal consenso popolare, leda i di-ritti della minoranza. Per scongiurare questa evenienza sono previsti alcuni correttivi diretti a tutelare l’azione e gli interessi delle minoranze.

nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 1, 4

articolo fondamentale

Art. 1 «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»

articoli collegati

Artt. 5, 35-38, 56-58, 83, 87, 114, 117, 136, 138

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Verifica della comprensione 1. Che cosa significa il termine “repubblica”?

2. Perché la nostra può essere definita una democrazia rappresentativa?

3. la Costituzione italiana considera il lavoro un valore, tanto da inserirlo nell'articolo 1. Che significato ha questo per te?

I più importanti limiti sono:

� la rigidità della Costituzione stessa, che impone alla maggioranza il rispetto dei principi costituzionali;

� la funzione di garanzia affidata al Presidente della Repubblica e alla Corte costituzionale (vedi Lezz. 26 e 29);

� l’introduzione di maggioranze qualificate (fino ai 2/3 dei membri del Parlamento) per le decisioni che ri-guardano questioni essenziali: la revisione della Costitu-zione, l’elezione del Presidente della Repubblica e quella dei giudici della Corte costituzionale. In questo modo anche le minoranze diventano determinanti perché di regola le forze politiche al potere non raggiungono da sole maggioranze così elevate come quelle richieste.

Infine un elemento importantissimo che condiziona l’esercizio del potere politico è l’ampia autonomia di cui godono gli enti locali in base all’articolo 5 e che, dopo la riforma costituzionale del 2001, viene così sin-tetizzata dall’articolo 114: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolita-ne, dalle Regioni e dallo Stato» (vedi Lez. 37). Poiché ciascuno di questi enti è governato dalla maggioranza espressa dai propri elettori, si viene a formare una rete di maggioranze che possono essere diverse a seconda del livello territoriale di autorità e che si inf luenzano reciprocamente.

Il lavoro come valore per la collettivitàAl lavoro, inteso in senso ampio come qualsiasi attività che «concorra al progresso materiale o spirituale della società», la Costituzione attribuisce un valore fonda-mentale; con ciò segna la propria distanza rispetto alle Costituzioni g liberali dell’Ottocento, nelle quali

g Maggioranza/minoranza Nel sistema democratico, ogni deci-sione viene presa con una votazione. Passa la proposta che ottiene il maggior numero di voti, quella cioè che ha l’approvazione della maggioranza. La maggioranza può essere assoluta, quando com-prende almeno la metà più uno di tutti coloro che hanno diritto al voto; può essere qualificata, quando, per approvare, si richiede una percentuale superiore alla metà. Al contrario, il gruppo che ottiene meno della metà dei consensi è detto minoranza.

g Liberalismo È una concezione politica affermatasi nell’Otto-cento che sostiene il valore supremo, nella società e nella politica, dell’individuo e della sua libertà. Nell’Ottocento, liberali erano i movimenti e partiti politici che lottavano per ottenere dai sovrani le costituzioni e la libertà economica. Oggi si chiamano liberali i partiti che, pur non negando le esigenze della giustizia sociale, sostengono che lo Stato deve interferire il meno possibile nella vita economica e sociale.

La risposta è controversa, come possiamo intuire esaminando alcuni possibili criteri di distinzione.

la qualità e la quantità dei poteri esercitati Nel mondo occidentale, dalla conquista delle Costituzioni, non ci sono più monarchie assolute e i poteri dei re sono simili a quelli dei Presidenti. Ci sono però monarchie assolute nell’area mediorientale (Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti).

assunzione della carica: per successione o per elezioneStoricamente ci sono stati molti esempi di re elettivi, ma attual-mente si diventa re per successione. Esiste però un’eccezione: co-me capo della Città del Vaticano, il Pontefice (eletto dai cardinali) è considerato un re e non un Presidente.

Durata della carica: vitalizia o temporanea È vero che la carica dei re dura tutta la vita, ma altrettanto accade per molti Presidenti nei regimi dittatoriali.

➧Quali differenze vi sono tra un re e un Presidente?

il criterio principale su cui si fondava il ruolo sociale dei cittadini era la proprietà. Il valore del lavoro viene affermato dall’espressione di apertura «fondata sul la-voro» e soprattutto dall’articolo 4 che lo definisce un diritto e un dovere per tutti i cittadini.Il riconoscimento del lavoro come un diritto impegna lo Stato a promuovere le condizioni che rendano ef-fettivo questo diritto, e cioè a porsi come obiettivo la riduzione della disoccupazione. Il riconoscimento del lavoro come un dovere impegna invece tutti i cittadini a svolgere un’attività o una funzione che contribuiscano allo sviluppo della col-lettività.

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

LEZI

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La centralità della persona umana

nella Costituzione

Principi fondamentali, art. 2

articolo fondamentale

Art. 2 «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»

articoli collegati

Artt. 3, 8, 13, 18, 32, 36, 39, 41, 49

Il contenuto innovativo dell’articolo 2Nell’ambito dei Principi fondamentali, l’articolo 2 ri-veste un’importanza particolare perché in esso ven-gono enunciati ben tre principi che rappresentano per certi aspetti il presupposto di tutti gli altri. Non ca-sualmente, nelle intenzioni dell’Assemblea costituente, l’articolo (anche se in una formulazione parzialmente diversa) doveva essere collocato in apertura della Co-stituzione e soltanto nella fase finale dei lavori si decise di farlo precedere dall’attuale articolo 1.I tre principi enunciati – il valore della persona umana e della sua dignità, il pluralismo sociale, la solidarietà – non soltanto sono in totale opposizione al regime fascista, così come a ogni forma di g Stato totalita-rio, ma sono anche fortemente innovativi rispetto allo Statuto albertino, la precedente Costituzione italiana (vedi Introduzione).Nello Statuto non vi era traccia del principio plura-listico; alla proclamazione dei diritti inviolabili della persona faceva riscontro il riconoscimento a “tutti i regnicoli” (ossia gli abitanti del Regno) dei diritti civili e politici, “salve le eccezioni determinate dalle leggi”; la solidarietà veniva intesa unicamente come obbligo di pagare le imposte.

Proprio per la sua carica innovativa dunque il testo dell’articolo 2 fu discusso a lungo dai costituenti e fu più volte modificato prima della stesura definitiva.

Il principio personalistaIl principio personalista, cioè la centralità della persona e della sua dignità, esprime l’idea che lo Stato debba essere al servizio dei cittadini e non viceversa.

Esso trova il suo fondamento nelle parole dell’articolo 2, ma viene poi richiamato in numerose altre disposi-zioni. Nell’articolo 3 si afferma per esempio che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale» e che «è compi-to della Repubblica rimuovere gli ostacoli […] che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana». La persona umana è quindi portatrice di diritti invio-labili, che le vengono riconosciuti e garantiti. Ai diritti inviolabili fanno riscontro doveri inderogabili di solidarietà, cui nessuno può sottrarsi per garantire il godimento dei diritti a tutti (vedi Lez. 12).Ma su quali siano i diritti, tra quelli indicati nella Co-stituzione, da ritenere inviolabili, le opinioni non sono concordi. Secondo l’orientamento prevalente, sono tali i diritti strettamente connessi al modello di Stato, democratico e sociale, che la Costituzione stessa ha delineato. Questi diritti inviolabili coincidono in gran parte con i diritti umani riconosciuti da molte conven-zioni internazionali cui l’Italia ha aderito. ➧Nel nostro sistema costituzionale il rispetto della perso-na e della sua dignità rappresenta un limite invalicabile per tutte le azioni dello Stato e non c’è obiettivo, per quanto importante, che possa giustificare il mancato rispetto di questo principio.

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Verifica della comprensione1. Qual è il contenuto innovativo dell’articolo 2?

2. Che cosa prevede il principio personalista?

3. Quali diritti sono considerati inviolabili?

4. Perché il pluralismo si trova associato nel medesimo articolo in cui si afferma l'esistenza di diritti inviolabili dell'uomo?

Così, per esempio, l’esigenza di prevenire e reprimere i reati non può autorizzare in alcun modo forme di «violenza fisica e morale sulle persone comunque sot-toposte a restrizioni di libertà» (art. 13). Ugualmente non c’è necessità, fosse anche quella di contrastare una grave minaccia alla salute pubblica, che consenta allo Stato di disporre trattamenti sanitari che violino «i limiti imposti dal rispetto della persona umana» (art. 32).Il principio della centralità della persona e della sua dignità non opera soltanto in senso “verticale”, nei rap-porti tra lo Stato e la società, ma anche in senso “oriz-zontale”, nei rapporti tra le parti sociali. Anche qui i ri-chiami della Costituzione sono precisi: il lavoratore ha diritto a una «retribuzione […] in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa» (art. 36); il limite posto all’iniziativa eco-nomica privata e cioè che essa «non può svolgersi […] in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41).

Il principio pluralisticoI diritti inviolabili sono riconosciuti a ogni es-sere umano sia come singolo, sia come parte delle «formazioni sociali ove si svolge la sua per-sonalità».

Di fronte allo Stato non ci sono infatti soltanto indivi-dui singoli, ma una pluralità di gruppi sociali – le famiglie, le comunità religiose, i sindacati, i partiti ecc. – attraverso le quali le persone fanno valere le proprie idee, le proprie inclinazioni, i propri interessi.La coesistenza di una molteplicità di formazioni sociali con orientamenti diversi (esistono più partiti, più sindacati, più comunità religiose) favorisce da un lato la rete di relazioni dei singoli e la loro partecipazione alla vita collettiva, dall’altro contribuisce allo sviluppo della società nel suo insieme grazie alla ricchezza delle idee e degli stimoli di cui può avvalersi. Il pluralismo è perciò considerato dalla Costituzione un valore fondamentale e, anche se il termine non viene usato esplicitamente, la formulazione dell’arti-colo 2 non lascia adito a dubbi. Del resto il principio pluralistico viene ribadito da numerose norme, a co-minciare da quella contenuta nell’articolo 8 che riguar-da la libertà delle confessioni religiose. Altre sono con-tenute nella Parte I: il diritto dei cittadini «di associarsi liberamente» (art. 18); il riconoscimento della libertà sindacale (art. 39); il diritto dei cittadini «di associarsi liberamente in partiti» politici (art. 49).

g Stato totalitario È uno Stato che nega ogni forma di pluralismo ed esercita un controllo “totale” sulla società, invadendo anche la sfera privata e personale dei cittadini. Per raggiungere questo sco-po, usa la violenza contro coloro che non sono disposti a concedere il consenso. Benito Mussolini sintetizzò in una formula l’essenza del totalitarismo: «Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato».

Dal Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti uma-ni (1948):

«il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo».

Dal Preambolo della Carta dei diritti fondamentali del-l’unione europea (2000):

«l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità uma-na, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la perso-na al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

➧La dignità della persona nei documenti internazionali

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

LEZI

ON

E 9

Le diverse forme dell’uguaglianza

nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 3, 6

articolo fondamentale

Art. 3 «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […].»

articoli collegati

Artt. 13-54

Uguaglianza giuridica, politica, sostanziale

Il principio dell’uguaglianza è alla base dei siste-mi giuridici e politici contemporanei.

Esso figurava, insieme alla libertà e alla fratellanza, nel-le bandiere dei rivoluzionari francesi del 1789, e indica-va l’uguaglianza giuridica, ossia l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.Il principio che una sola legge dovesse valere per tutti i cittadini rappresentava una profonda rottura rispetto al passato: fino a quel momento, i diritti e i doveri di ciascuno dipendevano dall’essere nobile o borghese, ricco o povero e così via. L’idea di uguaglianza giuridica (o formale), cioè dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla leg-ge, fu alla base delle Costituzioni liberali ottocente-sche. Essa fu rafforzata e integrata, nei primi decenni del Novecento, dall’uguaglianza politica, cioè dal riconoscimento a tutti i cittadini dei diritti politici (in primo luogo del diritto di voto). Contemporaneamente, si diffuse una terza idea di uguaglianza, relativa alla sfera economica e sociale: l’uguaglianza sostanziale. Questa idea affermava la necessità di ridurre quelle disuguaglianze tra i cittadini che rendono di fatto impossibile per alcuni, spesso i meno abbienti, l’esercizio effettivo dei diritti ricono-sciuti dalle norme.

L’uguaglianza nella Costituzione italianaNella Costituzione italiana l’affermazione dell’ugua-glianza giuridica tra i cittadini è seguita da una serie di specificazioni («senza distinzione di sesso, di razza, di lingua…») che si riferiscono a quelle che sono state nella storia le più ricorrenti cause di discriminazione tra gli esseri umani. Tuttavia la portata del principio va oltre queste specificazioni e implica il divieto di discriminazioni di qualsiasi tipo.Uguaglianza giuridica significa essenzialmente attri-buzione di pari diritti e doveri. Questo principio ammette però delle eccezioni. Ci sono infatti diffe-renze di cui è necessario tener conto: per esempio l’articolo 6 afferma che «la Repubblica tutela con ap-posite norme le minoranze linguistiche». È la ragionevolezza il criterio che distingue le dif-ferenze di cui il Parlamento deve tener conto per dare significato al principio di uguaglianza da quelle che costituiscono invece discriminazioni vietate. Il cri-terio è però ampio e incerto per cui molte leggi fini-scono davanti alla Corte costituzionale per sospetta violazione del principio di uguaglianza.

L’uguaglianza sostanziale La Costituzione inoltre tiene conto di quanto nella realtà il godimento effettivo dei diritti sia inf luen-zato da condizioni quali la salute, il grado di istru-zione, il tipo di lavoro svolto, il reddito disponibile e così via. All’uguaglianza giuridica aggiunge perciò il principio dell’uguaglianza sostanziale, e cioè l’im-pegno della Repubblica a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che di fatto impedi-

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scono a molti cittadini di godere pienamente dei diritti di cui, in astratto, sono titolari.Nella Costituzione stessa a que-sto impegno corrispondono da un lato diritti sociali, quali l’istruzione e la salute, il cui con-creto soddisfacimento deve essere garantito a tutti, dall’altro diritti economici per i citta-dini che si trovano in particolari situazioni, di difficoltà (inabilità al lavoro, disoccupazione, vec-chiaia e così via, art. 38).

Il lungo viaggio verso la parità di genereL’affermazione dell’uguaglianza dei diritti ha per lungo tempo riguardato soltanto l’universo maschile. Per le donne il percorso è stato molto più lento. Lo Statuto albertino, la Costituzione del Re-gno d’Italia a partire dall’Unità (1861), proclamava il principio dell’uguaglianza davanti alla legge, ma il Codice civile del 1865, per esempio, vietava alle donne di assumere la funzione di tutore e di disporre dei propri beni senza il consenso del marito. La situazione non migliorò sotto il fascismo. Se alcuni divieti caddero, altri furono aggiunti: le donne non potevano diventare presidi di istituti di istruzione me-dia e neppure partecipare ai concorsi per l’insegna-mento di determinate materie (per esempio il latino e il greco nei licei classici). Quanto ai diritti politici, le donne italiane hanno esercitato per la prima volta il diritto di voto il 2 giugno 1946, in occasione del referendum istituzio-nale e dell’elezione dell’Assemblea costituente. ➧La Costituzione del 1948, nel riaffermare il principio dell’uguaglianza davanti alla legge, vieta esplicita-mente il sesso come causa di discriminazione (oggi si preferisce l’espressione discriminazione di ge-nere). L’adeguamento delle leggi ai nuovi principi costi-tuzionali è stato tuttavia molto lento e ancora oggi non sono scomparse del tutto le discriminazioni di fatto che rendono più difficili per le donne sia l’inse-rimento nel mondo del lavoro e l’avanzamento nella carriera, sia l’accesso alle cariche pubbliche (g pari opportunità).

g Pari opportunità Il concetto indica la piena realizzazione della parità giuridica e sociale tra uomini e donne. Negli ultimi decenni, numerosi organismi internazionali, a cominciare dalla Ue, hanno promosso iniziative volte a denunciare discriminazioni verso le donne e a sollecitare presso gli Stati misure legislative per porvi rimedio. L’Italia fin dal 1977 ha adottato provvedimenti per rimuo-vere discriminazioni delle donne, per esempio nel mondo del lavo-ro. Nel 2006 è entrato in vigore un Codice delle pari opportunità tra uomo e donna. Inoltre, di ogni Governo fa parte un ministro delle Pari opportunità.

1893 Nuova Zelanda

1901-15 Australia, Finlandia, Norvegia, Islanda, Danimarca

1917-21 Urss, Canada, Regno Unito, Austria, Germania, Paesi Bassi, Usa, Svezia

1931 Portogallo, Spagna

1945-48 Giappone, Italia, Francia, Belgio, Paesi socialisti dell’Est europeo

1952-60 Grecia, gran parte dei Paesi ex colonie

1971 Svizzera

➧Il diritto di voto alle donne nel mondo

Verifica della comprensione1. Che cosa significa l’espressione “uguaglianza giuridica”?

2. Quale idea di uguaglianza appartiene all’ambito politico? Quale all’ambito economico?

3. Perché nel nuovo articolo 51 della Costituzione si parla di pari opportunità tra uomini e donne?

� Anche se costituiscono più del 50% della popolazione, le donne sono presenti nelle istituzioni nazionali in misura molto modesta. Questa scar-sa rappresentanza femminile, segno evidente della distanza che separa il mondo della politica dalla vita reale e dalla società, ha sollecitato nel 2003 una riforma dell’articolo 51 della Co-stituzione (che riguarda il diritto di tutti i cittadini ad accedere agli uffici pub-blici e alle cariche elettive). � Nel nuovo testo dell’articolo si leg-ge che «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari oppor-

tunità tra donne e uomini». Su quali possano essere questi provvedimenti si discute da anni, molto prima che il problema facesse il suo ingresso nel-la Costituzione. � Una proposta controversa e avversa-ta anche da molte donne è quella delle cosiddette quote rosa: per facilitarne l’accesso alle cariche elettive, un certo numero di posti all’interno delle liste elettorali presentate dai partiti deve essere riservato a candidate donne. � La proposta di legge ricevette nel 2006 una bocciatura dal Senato, ma non è stata accantonata.

ApprofondimentoCostituzione e attualità

Pari opportunità per le donne?

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

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La libertà religiosa

Libertà di coscienza e libertà religiosaLa g libertà di coscienza si è affermata storicamente prima di tutto come rivendicazione della libertà reli-giosa nei confronti di regimi politici che imponevano o vietavano una religione piuttosto che un’altra. La Co-stituzione non nomina mai la libertà di coscienza, ma non perché non ne riconosca il valore: al contrario la libertà di coscienza in materia religiosa come in qual-siasi altro campo, rappresenta l’essenza stessa della persona e della sua dignità al cui rispetto sono fi-nalizzate tutte le norme costituzionali. Le norme giuridiche non possono in alcun modo in-terferire con i convincimenti interiori della persona: esse si occupano piuttosto delle manifestazioni esteriori di tali convincimenti, dei comportamenti che ne sono espressione e che possono avere conseguenze sugli altri o sulla collettività. Per questo motivo la Costituzione, quando si occupa di libertà di pensiero e di libertà religiosa, che rientra-no nella libertà di coscienza, tutela rispettivamente la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21) e la libertà di «professare […] la propria fede religiosa in qualsiasi forma» (art. 19).

L’articolo 19 riconosce a ciascuno la libertà di professare qualsiasi fede religiosa e anche di non professarne alcuna.

Il problema religioso non riguarda tuttavia soltanto i singoli individui. Coloro che professano la stessa reli-gione costituiscono infatti delle comunità che si orga-nizzano secondo proprie regole (la Chiesa cattolica è la comunità dei cristiani che riconoscono l’autorità del Papa). Lo stesso articolo 19 prende in considerazione questo aspetto del problema religioso, riconoscendo la libertà di professare la fede religiosa in forma «indivi-duale o associata».Rispetto alle comunità religiose lo Stato può assumere atteggiamenti diversi: se considera una religione come religione ufficiale, essa gode di privilegi particolari ri-spetto alle altre (Stato confessionale); se invece lo Stato si limita a riconoscere a ciascuno la libertà di pra-ticare qualsiasi religione, tutte le comunità si trovano nella stessa posizione (si ha cioè uno Stato laico) (vedi anche g Stato ateo/Stato teocratico).

Il concordato fra Stato e Chiesa Ai rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose la Co-stituzione dedica due articoli dei Principi fondamenta-li, il primo dei quali riguarda la religione cattolica che è la fede della grande maggioranza degli italiani. L’articolo 7 afferma che i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica sono «regolati dai Patti lateranensi» e da eventuali successivi accordi tra le due parti.I Patti lateranensi, stipulati nel 1929 durante il regime fascista, comprendevano un trattato (in cui veniva ri-conosciuta la Città del Vaticano come Stato autonomo sotto la sovranità del Papa ➧), una convenzione fi-nanziaria e un Concordato (“concordato” è la de-nominazione ufficiale degli accordi tra la Chiesa cat-tolica e uno Stato in materia religiosa). Il Concordato non soltanto proclamava la religione cattolica come la sola religione di Stato, ma conteneva una serie di nor-

nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 7-8; Parte I, Titolo I, art. 19

articolo fondamentale

Art. 8, comma 1 «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.»

articoli collegati

Artt. 3, 21

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Verifica della comprensione1. In che senso la libertà religiosa è una forma della libertà di coscienza?

2. Qual è la caratteristica dello stato laico?

3. Quali sono le innovazioni del nuovo Concordato del 1984?

me che attribuivano alla Chiesa cattolica una posizione privilegiata rispetto alle altre confessioni religiose. Per queste ragioni l’approvazione dell’articolo 7 pro-vocò, fra i costituenti e anche in seguito, un vivace dibattito. Tuttavia, il Concordato restò in vigore fino al 1984, anno in cui fu stipulato un nuovo accordo, che ha introdotto modifiche importanti: è scomparsa l’af-fermazione che la religione cattolica è la sola religione dello Stato; l’insegnamento della religione cattolica è mantenuto, ma studenti e genitori hanno la facoltà di scegliere se avvalersene o meno; sono state eliminate le norme più palesemente in contrasto con i principi costituzionali.

Le altre confessioni religioseL’articolo 8, affermando che «tutte le confessioni so-no ugualmente libere davanti alla legge», rafforza il divieto di discriminazioni già espresso attraverso il principio pluralistico e il principio di uguaglianza.Alle confessioni religiose la Costituzione riconosce il diritto di organizzarsi secondo proprie regole, purché non siano in contrasto con le norme giuridiche italiane. Inoltre, se lo Stato ritiene opportuno regolare con una legge i propri rapporti con una di queste confes-sioni, deve prima raggiungere un’intesa, cioè un accor-do, con i rappresentanti della confessione stessa. A partire dagli anni ottanta del Novecento sono state stipulate numerose intese, con la Tavola valdese, con la Chiesa luterana, con l’Unione delle comunità ebraiche, e molte altre. Le intese estendono alle altre confessioni alcune nor-me che riguardano la religione cattolica, per esempio alcuni vantaggi fiscali e finanziari, come la partecipa-zione alla ripartizione dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

� Il Concordato del 1984 ha introdotto sostanziali modifiche rispetto a quan-to stabilito del Concordato del 1929 sui rapporti fra Stato e Chiesa. Una di que-ste modifiche riguarda l’insegnamen-to della religione cattolica.� L’articolo 36 del Concordato del 1929 affermava: «L’Italia considera

fondamento e coronamento dell’istru-zione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. Tale insegnamento sarà dato a mez-zo di maestri, professori, sacerdoti e religiosi, approvati dall’autorità ec-clesiastica […]».

� L’articolo 9.2 del nuovo Concordato del 1984 afferma invece: «La Repub-blica italiana riconosce il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italia-no, continuerà ad assicurare, nel qua-dro delle finalità della scuola, l’inse-gnamento della religione cattolica nel-le scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabi-lità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avva-lersi o non avvalersi di tale diritto».

ApprofondimentoCostituzione e attualità

L’insegnamento della religione cattolica

g Libertà di coscienza È la libertà dei propri convincimenti inte-riori. L’obiezione di coscienza è il rifiuto di compiere atti contrari alle proprie convinzioni, anche se sono obbligatori per legge. Essa viene riconosciuta come un diritto in alcuni casi eccezionali: per esempio, al personale sanitario, per le pratiche di interruzione volontaria della gravidanza e per quelle di riproduzione medical-mente assistita; al personale universitario (compresi gli studenti) per le attività di sperimentazione sugli animali.

g Stato ateo/Stato teocratico Lo Stato ateo e lo Stato teocratico rappresentano le due posizioni estreme nei confronti della religio-ne. Nello stato ateo (dal greco átheos, “senza Dio”) non è ricono-sciuta la libertà individuale di religione e le comunità religiose sono considerate illecite. Se ne sono avuti esempi negli Stati comunisti. Nello stato teocratico (dal greco theokratía, “potere di Dio”) non c’è separazione tra potere politico e potere religioso, che vengono esercitati, in tutto o in parte, dalle stesse autorità. Esistono Stati teocratici tra i Paesi di religione islamica.

La Chiesa cattolica è la comunità dei fedeli cristiani cat-tolici (di tutti i Paesi del mondo) organizzata secondo una struttura gerarchica che ha al vertice il Papa.

La Città del Vaticano è invece uno Stato indipendente che è nato nel 1929 con il trattato del Laterano:

� il suo territorio (0,44 km2) è situato all’interno della città di Roma

� gli abitanti sono circa 900

� la lingua ufficiale è l’italiano

� la moneta è l’euro

� dal punto di vista giuridico è una monarchia assoluta a ca-rattere elettivo

➧ Chiesa cattolica e Città del Vaticano

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nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 10-11

articolo fondamentale

Art. 11 «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

articoli collegati

Artt. 52, 60, 75, 78, 87, 103, 117

L’Italia nella comunità internazionale

tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

I rapporti tra gli StatiNell’ambito del proprio territorio e nei confronti di coloro che vi abitano, ciascuno Stato detiene il mono-polio della forza ed è dunque sovrano, può cioè stabili-re le regole e farle rispettare (vedi Introduzione). Sono i confini a separare lo spazio interno, nel quale lo Stato detta le proprie regole, dallo spazio esterno nel quale valgono le regole di altri Stati. I confini non sono tuttavia una barriera insormontabile e da sempre si instaura tra gli Stati una fitta rete di re-lazioni commerciali, economiche, culturali, politiche che danno vita a una particolare comunità – la comu-nità internazionale – i cui soggetti sono appunto in primo luogo gli Stati.Nell’ambito di questa comunità tutti gli Stati, quali che siano la loro dimensione, il loro sviluppo eco-nomico, la loro potenza militare, hanno, almeno dal punto di vista giuridico, le stesse caratteristiche e si trovano in una condizione di parità e di reciproca indipendenza. Come avviene in ogni comunità, per-ché i rapporti si svolgano in modo ordinato e pacifico

occorre che vi siano delle regole e che siano rispettate.Sia la definizione di queste regole (il diritto inter-nazionale), sia il loro rispetto sono però essenzial-mente affidati alla volontà degli Stati stessi; e poiché ciascuno di essi dispone della forza militare, il rischio ricorrente è che tale forza venga usata per risolvere le controversie o per punire veri o presunti comporta-menti illegittimi.

Nella comunità internazionale la pace e l’ordi-ne dipendono dunque dalla scelta degli Stati di rinunciare all’uso della forza e di cercare tutte le possibili forme di accordo e di cooperazione.

Questa scelta viene indicata allo Stato italiano dagli articoli 10 e 11 della Costituzione.

La limitazione della sovranità La Costituzione afferma che lo Stato italiano adegua la propria legislazione interna «alle norme del dirit-to internazionale generalmente riconosciute», derivanti cioè dalle consuetudini e dalle convenzioni stipulate dalla generalità degli Stati; aggiunge che esso «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità», necessarie ad assicurare «la pace e la giustizia».Questi principi hanno una forte connotazione “in-ternazionalistica”: l’Italia non deve rimanere chiu-sa entro i propri confini, ma essere aperta alla colla-borazione con gli altri Stati e rispettosa delle regole formulate dalla comunità internazionale. In questo spirito, l’Italia ha aderito a un gran numero di trattati internazionali ed è stata anche promotrice dell’unificazione europea (vedi Tema 8). L’adesione all’Unione europea, che ha comportato per tutti gli Stati partecipanti la rinuncia a una parte della pro-pria sovranità in nome di un interesse collettivo, non ha creato all’Italia problemi di ordine costituzionale perché la possibilità di questa rinuncia era già prevista dall’articolo 11.

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Verifica della comprensione1. Perché nella Costituzione si afferma il principio del ripudio della guerra? Che significato ha l’articolo 11?

2. nella Costituzione si dice che per assicurare la pace internazionale l’Italia può rinunciare a una parte della propria sovranità, a determinate condizioni: sapresti spiegare questa affermazione?

Il ripudio della guerraCoerente con questi principi di collaborazione, è il ripudio della guerra come strumento di offe-sa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Molte furono le motivazioni che lo ispirarono: la reazione alla guerra in cui il fascismo aveva trascinato il popolo ita-liano e il proposito di non ri-percorrere una strada così ro-vinosa; la considerazione della guerra come un atto immo-rale; l’intento di trasferire sul piano internazionale i princi-pi di libertà e di rispetto della persona umana proclamati per i cittadini italiani. ➧Il divieto della guerra, tuttavia, non comprende la guerra di difesa, anche in aiuto di un altro Stato vit-tima di un’aggressione. Spetta al Parlamento deliberare un’eventuale guerra e al Presidente della Repubblica dichiararla.

L’articolo 11 oggiPoiché la partecipazione del nostro Paese a una guerra non sembrava neppure ipotizzabile, per lungo tempo su questi principi è caduto il silenzio. A partire dagli anni novanta del Novecento, però, sempre più spesso le forze militari italiane sono chiamate a intervenire all’estero, sotto l’egida dell’Onu (vedi Lez. 2) o anche della g Nato, per porre fine a conf litti etnici, per im-pedire la violazione dei diritti umani, per reprimere attentati terroristici. Anche quando si tratta di “mis-sioni di pace” promosse dalle Nazioni Unite (Caschi blu) questi interventi comportano spesso azioni di guerra. Il dibattito sui limiti imposti dalla Costituzione al ricorso alla guerra è diventato di attualità. Secon-do l’opinione di molti, il principio del ripudio della guerra, formulato in termini generali e con riferi-mento alla guerra tradizionale, non è più adeguato alla molteplicità di forme che i conf litti hanno as-sunto oggi nel mondo (guerra umanitaria, guerra al terrorismo, guerra preventiva); occorrono dunque nuove norme che stabiliscano le condizioni in cui le nostre forze militari possono legittimamente inter-venire all’estero.

� Esiste, oltre a quella di difesa, una “guerra giusta” che non sia in contra-sto con i principi della Costituzione? L’ipotesi più discussa è quella della cosiddetta guerra umanitaria, cioè dell’intervento armato nei confronti di un Paese in cui si verificano violazioni gravissime e sistematiche dei fonda-mentali diritti umani.

� Secondo l’opinione di alcuni giu-risti essa sarebbe non soltanto con-sentita, ma “dovuta” in base al diritto internazionale che la Costituzione ri-

chiama all’articolo 10. Il “nucleo forte” dei diritti umani avrebbe infatti dato vita a una norma consuetudinaria che attribuisce alla comunità internazio-nale e anche ai singoli Stati il compito di garantirne il rispetto.

� Secondo altri, il fine umanitario, al contrario, non giustifica il ricorso alla guerra, che la Costituzione vieta «co-me mezzo di risoluzione delle contro-versie internazionali» e che rappre-senta comunque una violazione della sovranità di un altro Stato.

ApprofondimentoCostituzione e attualità

Esiste una guerra umanitaria?

g Nato È l’acronimo di North Atlantic Treaty Organization (Orga-nizzazione del patto del Nord Atlantico). Fu istituita nel 1949 attra-verso il cosiddetto Patto atlantico stipulato da dodici Stati (dieci europei, tra cui l’Italia, più Usa e Canada) ai quali altri si aggiunsero dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica. È un trattato di alleanza militare che ha lo scopo di difendere da aggressioni esterne gli Stati aderenti e anche di comporre le loro eventuali controversie. Nel 1999 intervenne nel Kosovo, senza un mandato dell’Onu, per fer-mare le violazioni dei diritti umani da parte dei serbi nei confronti della popolazione di etnia albanese.

È la più grande organiz-zazione umanitaria del mondo, con 300 000 fun-zionari e circa 97 milioni di volontari. Ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1917, 1944 e 1963. Ai compiti origina-ri di soccorso ai feriti, prigionieri, dispersi di guerra e alle popolazioni civili coinvolte in conflitti armati, si è aggiunta l’assistenza umanitaria in situazioni di emergenza e di disastri naturali.

➧ Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionali

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tema 2 La Costituzione come mappa dei valori

I doveri di solidarietà LE

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La solidarietà come valore costituzionaleNella Costituzione italiana, come in tutte le Costitu-zioni, la parola ricorrente è “diritti”, mentre i dove-ri vengono menzionati raramente. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa quale sia stata storicamente la funzione delle costituzioni: garantire ai cittadini spazi di libertà nei confronti del potere politico (i diritti civili) e, successivamente, assicurare loro alcune pre-stazioni essenziali da parte della Pubblica amministra-zione (i diritti sociali). Tuttavia i doveri non sono affatto irrilevanti. Nel mo-dello di Stato delineato dalla Costituzione italiana la solidarietà tra i cittadini rappresenta uno dei valori fondamentali.

La solidarietà consiste nella consapevolezza di far parte di una comunità nella quale i diritti di ciascuno dipendono anche dai comportamenti di tutti; ciò presuppone l’adempimento di doveri politici, economici e sociali che sono inderogabili in quanto, proprio per la loro importanza, nes-suno può sottrarsi a essi.

Il primo è indicato già nei Principi fondamentali (art. 4) ed è il dovere che impone a ciascuno di contribuire con il proprio lavoro, inteso nel senso più ampio, al progresso della società.

I doveri previsti dalla CostituzioneLa Costituzione elenca i seguenti doveri:

� il dovere civico del voto (art. 48), attraverso il quale ogni cittadino partecipa alle scelte politiche che riguardano l’intera collettività;

� il «sacro dovere» di difendere la patria (art. 52); a esso è collegato, nello stesso articolo, l’obbligo del servi-zio militare che, dopo l’istituzione del servizio militare professionale, è circoscritto esclusivamente a situazioni di guerra o di gravi crisi internazionali;

� l’obbligo per tutti di «concorrere alle spese pub-bliche in ragione della loro capacità contributiva» e in base a «criteri di progressività» (art. 53); quest’ob-bligo trova il suo fondamento nella necessità, comune a tutti gli Stati, di reperire le risorse necessarie per coprire i costi dei servizi pubblici. Per la nostra Costituzione il pagamento delle g im-poste è anche lo strumento per operare una redi-stribuzione del reddito tra i cittadini ed è quindi espressione di una solidarietà che va al di là di quella economica: lo dimostrano la collocazione di questo dovere tra i “Rapporti politici” e il riferimento al cri-terio della progressività (chi ha un reddito più ele-vato deve pagare imposte più che proporzionalmente maggiori rispetto a chi ha un reddito più basso);

� il dovere per tutti i cittadini «di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi» (art. 54). Il significato e la portata del dovere di fedeltà alla Repubblica hanno dato adito a interpre-tazioni diverse, ma tutti concordano nel ritenere che, comunque inteso, esso non può comportare in nessun caso una limitazione dei diritti di libertà (per esempio di manifestazione del pensiero).

nella Costituzione

Principi fondamentali, artt. 2, 4

articolo fondamentale

Art. 2 «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»

articoli collegati

Artt. 23, 32, 34, 38, 48, 52-54, 118

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Verifica della comprensione 1. Che cosa significa l’aggettivo “inderogabile”?

2. In che cosa consiste il valore costituzionale della solidarietà?

3. Perché il voto è previsto fra i doveri civici?

I doveri implicitamente indicati dalla CostituzioneAltri doveri sono implicitamente indicati dalla Costituzione attra-verso la formulazione di alcuni articoli. Tra gli altri:

� il dovere di sottoporsi ai trattamenti sanitari (per esem-pio le vaccinazioni) necessari per tutelare la salute «come interesse della collettività» (art. 32);

� il dovere di istruirsi, per fa-vorire, oltre alla propria crescita personale, il progresso della società attraverso la formazione di cittadi-ni maturi e consapevoli (art. 34);

� i doveri che derivano dalla sicurezza sociale (art. 38) fondata su due diversi concetti: l’assistenza, finan-ziata attraverso le imposte, che spetta a chi è inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi; la previdenza che offre a coloro che hanno svolto (o stanno svolgendo) un’attività lavorativa, una copertura economica nei casi di vec-chiaia, malattia, disoccupazione, e che viene finanziata prevalentemente attraverso i contributi delle categorie interessate, lavoratori stessi e datori di lavoro.

Il volontariatoLa solidarietà non equivale soltanto all’adempimento di doveri imposti dalle norme giuridiche, ma è anche l’espressione libera e volontaria della socialità umana. Il termine volontariato sintetizza in modo efficace questo aspetto della solidarietà: occuparsi del bene co-mune non per una imposizione esterna, ma per una propria scelta interiore, mettendo a disposizione gra-tuitamente il proprio tempo e le proprie competenze.Negli ultimi decenni il fenomeno ha avuto un grande sviluppo e ha dato vita a nuove forme organizzative (cooperative sociali, organizzazioni g non profit) che operano nei campi più diversi, spesso in collabora-zione con le istituzioni pubbliche. La Costituzione riconosce il ruolo sociale del volonta-riato: l’articolo 118, nel testo adottato con la riforma del 2001, afferma che le istituzioni pubbliche «favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» (vedi Lez. 37).

� La solidarietà di cui parla l’articolo 2 riguarda i rapporti che devono inter-correre tra i membri della collettività. La consapevolezza dei drammatici problemi ambientali esistenti ha tut-tavia portato a concepire da tempo un’idea di solidarietà più ampia, che deve intercorrere anche tra le genera-zioni presenti e quelle future.

� Quasi un anticipo di questa idea si può forse leggere nell’articolo 9 dove viene affermata la necessità di tutelare

il paesaggio e il patrimonio storico e artistico.

� La Carta europea dei diritti fon-damentali esprime in modo efficace nel suo preambolo il nuovo modo di intendere la solidarietà. Dopo aver elencato gli atti da cui derivano i diritti dei cittadini dell’Unione, conclude: «Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future».

ApprofondimentoCostituzione e attualità

Solidarietà tra generazioni

g Imposta Prelievo obbligatorio di denaro operato nei confronti dei cittadini da parte dello Stato e degli enti pubblici territoriali (Re-gioni, Province, Comuni). Scopo del prelievo è quello di finanziare le spese pubbliche generali, che non si possono direttamente ripar-tire fra i cittadini che ne usufruiscono (per esempio: una strada, che viene usata da molte persone; l’illuminazione pubblica; il costo dell’amministrazione della giustizia, della difesa ecc.). Una grande distinzione viene fatta tra imposte dirette, che colpiscono il reddito o il patrimonio del contribuente, e imposte indirette, che colpiscono le manifestazioni della ricchezza, per esempio i consumi.

g Settore non profit Le organizzazioni del volontariato produ-cono un’enorme quantità di servizi che contribuiscono in modo rilevante al benessere dell’intera collettività. Per definire l’insie-me di queste organizzazioni nel linguaggio economico viene usata l’espressione settore non profit o anche terzo settore, per distin-guerlo dal “primo settore”, formato dalle imprese che agiscono secondo la logica del mercato, e dal “secondo” che comprende lo Stato e gli enti pubblici.

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