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Ministero per i beni culturali e ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici ARCHIVIO DI STATO DI ROMA Università di Roma Tre CROMA Roma tra Restaurazione e l’ elezione di Pio IX amministrazione, economia, società e cultura a cura di Anna Lia Bonella, Augusto Pompeo, Manola Ida Venzo HERDER ROMA-FREIBURG-WIEN 1997 1

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Page 1: Roma tra Restaurazione e l’ elezione di Pio IX ... l'istituzione del corpo degli... · Granducato di Toscana, della nascita di un identico organismo nel regno di Napoli già nel

Ministero per i beni culturali e ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici ARCHIVIO DI STATO DI ROMA

Università di Roma Tre CROMA

Roma tra Restaurazione e l’ elezione di Pio IX amministrazione, economia, società e cultura

a cura di Anna Lia Bonella, Augusto Pompeo, Manola Ida Venzo

HERDER ROMA-FREIBURG-WIEN

1997

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ORIETTA VERDI

L'istituzione del Corpo degli ingegneri pontifici di acque e strade (1809-1817)

Tra le novità istituzionali comparse nel panorama amministrativo di molti stati italiani al momento della Restaurazione e ispirate a modelli sperimentati durante la dominazione napoleonica, spicca per modernità di impostazione ed omogeneità della struttura, la creazione, nel settore dei lavori pubblici, di un corpo professionale di funzionari tecnici dello Stato, generalmente denominato Corpo degli ingegneri di acque e strade, al quale venne delegata la responsabilità di tutti gli aspetti tecnici connessi alla realizzazione delle infrastrutture fondamentali per assicurare i collegamenti e le comunicazioni nel territorio dello Stato1.

Sappiamo della creazione nel 1825 di un Corpo di ingegneri di acque e strade nel Granducato di Toscana, della nascita di un identico organismo nel regno di Napoli già nel periodo murattiano e, per quanto riguarda lo Stato pontificio, troviamo nel 1817 la nuova istituzione di un Corpo di ingegneri in seno alla direzione dei lavori idraulici e stradali2.

Cardine della riforma amministrativa, varata da Pio VII con motu proprio del 23 ottobre 1817, che riunificava e riorganizzava interamente il settore delle acque e delle strade negli stati del pontefice, fu proprio la creazione del Corpo degli ingegneri pontifici di acque e strade, al quale faceva capo, nella nuova organizzazîone accentrata, la progettazione, la cura delle fasi esecutive ed il controllo contabile dei lavori del settore. La nuova normativa, voluta dal cardinal Consalvi in prima persona, nel ristrutturare radicalmente l'assetto amministrativo ed istituzionale dei lavori pubblici, riprendeva nelle sue linee fondamentali 1'organizzazione del servizio di Ponts et Chaussèes, esistente in Francia fin dalia metà del secolo XVIII ed estesa poi a tutti i territori annessi all'impero napoleonico. Aveva difatti funzionato dal 1809 al 1814, nei dipartimenti creati dai francesi nel territorio dello Stato pontificio, un Bureau des ponts et chaussées, introdotto con decreto della Consulta degli stati romani, che raccoglieva in un unico organo le competenze relative ai lavori stradali ed idraulici, precedentemente suddivise tra diversi organismi; l'esperienza positiva maturata in quei cinque anni in un settore centrale per la vita dello stato, non poteva essere facilmente ignorata.

Gli ingegneri di ponts et chaussèes negli stati romani

È stato affermato, in un saggio sulla nascita ed evoluzione del Corpo degli ingegneri di ponts et chaussées nella Francia del XVIII secolo, che tale organismo costituì «il primo esempio e, in certo modo, il modello generale di quei grandi corpi tecnici dello stato che

1 M. MINESSO, L'ingegnere dall'età napoleonica al fascismo, in Storia d'Italia, Annali 10, 1 professionisti, a cura di M. Malatesta, Torino, Einaudi, 1996, pp. 259-302. 2 Per una informazione più dettagliata sull'attività del Corpo degli ingegneri nel Granducato si può far ricorso all'articolo di R. Amico, L'archivio del Corpo degli ingegneri d'acque e strade del compartimento di Pisa, in "Rassegna degli Archivi di Stato", LV (1995), 1, pp. 9-32.

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ancora oggi detengono in Francia tanto potere»3. Uno dei pregi di tale lavoro risiede nell'aver messo a fuoco, attraverso un'indagine approfondita e documentata, l'esemplarità della formazione di una élite tecnico- amministrativa, gli ingegneri di ponts et chaussées, che, in forte anticipo su altri stati europei, realizzava, nella Francia d'ancien régime, un modello di centralizzazione tecnica di un servizio statale, destinato ad un grande successo. Viene inoltre accuratamente valutata l'importanza sostanziale dell'intervento statale nella formazione scientifica degli ingegneri civili, quale fattore decisivo nella creazione di quella élite de fonction publique che trae dal possesso di un sapere tecnico-scientifico regolarmente acquisito e formalmente accertato, e dalla peculiare posizione nell'amministrazione statale, la sua legittimazione politica ed il suo prestigio sociale". L'istituzione, a partire dal 1747 a Parigi, della prima scuola in Europa per la formazione ed il reclutamento degli ingegneri civili, l'Ecole des ponts et chaussées, segnò difatti un momento decisivo nel rapporto fra amministrazione e sapere scientifico: lo Stato, intervenendo per la prima volta nel campo dell'istruzione tecnica superiore, pose le premesse per una solida formazione tecnico-scientifica di funzionari da adibire ad un settore, quello delle comunicazioni, considerato centrale per lo sviluppo del paese, creando cosi un corpo professionale saldamente incardinato all'amministrazione statale, in grado di assicurare risultati positivi alle iniziative intraprese nel corso del XVIII secolo per la costruzione ed il potenziamento di un valido sistema di collegamenti4. L'organizzazione del servizio di ponts et chaussées impostata nella Francia di Luigi XV, passò indenne attraverso i rivolgimenti politici rivoluzionari e venne estesa senza sostanziali modifiche, con decreto della Consulta straordinaria degli Stati romani del 9 dicembre 1809, anche negli stati del pontefice, entrati a far parte dell'impero napoleonico5.

3 L. BLANCO, Stato e funzionari nella Francia del Settecento: gli "ingénieurs des ponts et chaussées", Bologna 1991; in particolare si veda a pp. 12-13 e 17, per le citazioni qui riportate. I:autore sostiene che "la regolarità e l'efficacia dell'intervento regio, attestata dalla qualità e dalla quantità delle realizzazioni viarie (...) a partire dalla metà del Settecento, è garantita, oltreché da fattori generali, dalla costituzione di un solido corpo di funzionari statali, gli ingénieurs des ponts et chaussées incaricati della parte tecnica del servizio". In questo caso egli dice "alla razionalizzazione dell'intervento amministrativo dello Stato si accompagna la creazione di un corpo professionale che trae proprio dal legame con l'amministrazione statale la sua legittimazione politica e sociale". Si rimanda inoltre al volume di Blanco per una esauriente bibliografia in tema di viabilità nella Francia nel XVII e XVIII secolo. 4 Le scuole d'ingegneria hanno, rispetto alle università, origine più recente. In Europa le più antiche sono quelle fondate in Francia: nel 1747 sorge ad opera di Charles Trudaine e di Jean Perronet l'Ecole des Ponts et Chaussées, e nel 1748 nasce l'Ecole des ingenieurs di Mézieres, che dopo la Rivoluzione si trasformò, sotto la guida di L. Carnot, in Ecole Polytechnique. L'ordine degli studi fu fissato tenendo presente che le conoscenze necessarie all'ingegnere facevano capo alla matematica, alla fisica sperimentale e al disegno. La prima scuola creata sul modello francese fu la Scuola Tecnica Superiore di Praga, aperta nel 1806, seguita dalla Scuola di Vienna nel 1815. In Italia le scuole d'ingegneria sorsero solo nel XIX secolo: nel Settecento gli insegnamenti tecnici venivano impartiti nelle scuole militari e presso alcune cattedre universitarie di discipline matematico-filosofiche. A Torino per esempio, nonostante ci fosse una lunga tradizione di insegnamento di matematica pura ed applicata, meccanica ed idraulica bisognerà attendere il 1860 per l'istituzione di una Scuola d'applicazione per ingegneri. Più antica invece la scuola d'ingegneria sorta in seno all'università di Pavia nel 1803, quella di Napoli che iniziò i corsi nel 1811 ed infine quella di Roma che, come vedremo, fu istituita nel 1817 e rilasciava diplomi di libero esercizio professionale. Un primo esame dell' organizzazione del Corpo degli ingegneri pontifici di acque e strade compare nel libro di G. FRIZ, Le strade dello stato pontificio nel XIX secolo, Roma 1967 (Archivio economico dell'unificazione italiana", XVI), pp. 1-155. 5 ASR, Consulta straordinaria per gli Stati romani, reg. 7, pp. 56-75; cfr. anche Bollettino delle leggi e decreti imperiali pubblicati dalla Consulta straordinaria negli Stati romani, VI, Roma, Luigi Perego Salvioni, MDCCCIX, p. 399. Sull'opera legislativa della Consulta straordinaria e sulle problematiche aperte dall'introduzione del sistema amministrativo francese nello stato pontificio, si rimanda al libro di C. NARDI, Napoleone e Roma,

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L'introduzione del Bureau des Ponts et Chaussées in luogo dei precedenti organismi preposti all'amministrazione delle strade, ponti, acque ed edifici di Roma e dello Stato pontificio (la Presidenza delle strade, la Presidenza delle acque, la Congregazione del Buon Governo, la Congregazione delle Acque), cambiò radicalmente il funzionamento di quel ramo di amministrazione, riunendone le competenze in un'unica direzione generale dipendente dal prefetto ed in ultima istanza dal ministro degli Interni a Parigi6. Le innovazioni introdotte dall'amministrazione francese nell'organizzazione dei lavori pubblici degli stati romani ed ispirate al criterio della razionalizzazione delle operazioni e della centralizzazione del servizio, si possono ricondurre sostanzialmente a tre punti: fu introdotta una classificazione delle strade dello stato in tre gradi (I, II, III classe), a seconda dell'importanza del collegamento; la direzione dei lavori venne ricondotta sotto la responsabilità degli organi tecnici, ingegneri ed architetti funzionari dell'amministrazione dei lavori pubblici; fu infine avviato un sistema di controlli capillari dei lavori in appalto in grado di assicurare il rispetto dei tempi di consegna, la regolare esecuzione tecnica delle opere, la buona qualità dei materiali impiegati. Quel che maggiormente sorprese gli amministratori francesi nel prendere contatto con la struttura burocratica esistente nello Stato del pontefice, ed in particolare nel settore della viabilità e dell'edilizia, fu, oltre alla contemporanea presenza di più organi indipendenti preposti all'amministrazione dei lavori pubblici, la mancanza di efficienza e di responsabilità del personale tecnico (i "deputati" del Buon Governo e gli architetti della Presidenza delle strade) al quale era demandata la sorveglianza ed il collaudo dei lavori appaltati alle imprese. Nelle "Considerazioni generali sul servizio degli ingegneri" che accompagnano il decreto di introduzione del Bureau des ponts et chaussées negli stati romani, si mette in evidenza che all'assenza dei tecnici statali dai cantieri era da imputarsi la cattiva esecuzione dei lavori di strade ed acque negli stati romani: "Le premier devoir d'un ingénieur en France est d'habiter dans son arrondissement (...) dans les Etats Romains au contraire tous les ingénieurs etaient réunis dans la capitale éloignés des attelieurs (...) Il en resultait que l'homme de l'art, la seule autorité compétente pour juger de l'execution des ouwages, devenait étranger au sercice", si dice chiaramente nella relazione introduttiva al decreto del 18097. Non fu certamente difficile per gli uomini della Consulta, avvezzi all'organizzazione efficiente dell'amministrazione di Ponts et chaussèes operante in Francia da quasi un secolo, individuare nella mancanza di centralizzazione tecnica ed amministrativa del servizio l'origine dell'inefficienza e delle disfunzioni dell'intero settore: emerge in modo evidente dal carteggio tra il barone De Gerando, membro della Consulta, ed il prefetto del dipartimento del Tevere, conte De Tournon, come essi avessero subito colto che il nodo centrale dei problemi faceva capo al mancato inquadramento nell'amministrazione dei lavori pubblici dei funzionari tecnici, gli architetti ed ingegneri. Appare chiaro dalla lettura delle relazioni e dei rapporti degli amministratori francesi il forte contrasto tra la nuova mentalità razionalizzatrice che concepiva i lavori pubblici in modo unitario, come tappa fondamentale nella creazione delle infrastrutture necessarie della moderna società civile, e il farraginoso sistema amministrativo operante negli stati del Roma, Ecole francaise de Rome, 1989, e all'inventario della documentazione prodotta dall'organo della Consulta, pure a cura di C. NARDI, Consulta straordinaria per gli stati romani (1809-1810), Roma, Archivio di Stato di Roma. Scuola di archivista paleografica e diplomatica, 1990 (Studi e strumenti, 3). 6 Per un esame del funzionamento del servizio di strade, ponti, edifici ed acque nello stato pontificio tra fine Settecento e Restaurazione si veda l'articolo di R. SANTORO, L'amministrazione dei lavori pubblici nello stato pontificio dalla prima restaurazione a Pio IX, in "Rassegna degli Archivi di Stato", XLIX (1989), pp. 45-94 7 ASR, Consulta straordinaria per gli stati romani, reg. 17, c. 60

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pontefice ove, all'accavallarsi delle competenze e al moltiplicarsi delle funzioni, corrispondevano risultati operativi assai poco soddisfacenti. Con il medesimo decreto del 1809 la Consulta nominava ingegnere in capo per i lavori di strade, ponti, navigazione, porti, nei due dipartimenti del Tevere e del Trasimeno, l'ingegnere idraulico Andrea Vici, membro dell'Accademia di S. Luca e dell'Accademia di Firenze, da trent'anni collaboratore dell'amministrazione pontificia per i lavori degli acquedotti e delle fontane di Roma, esperto della navigabilità del Tevere ed altri fiumi e canali, conosciuto dalle autorità francesi per il suo talento e la sua onestà. Molti degli architetti e dei funzionari attivi sotto il governo pontificio vennero mantenuti nell'amministrazione francese e spesso destinati a posti di maggiore responsabilità, a dimostrazione che la loro preparazione scientifica e professionale non era assolutamente messa in discussione8. Fondamentalmente diversa divenne però la loro posizione nei confronti dell'amministrazione: inquadrati ora in un rigido sistema gerarchico, alla sommità del quale era posto un ingegnere in capo che rispondeva direttamente al prefetto, gli ingegneri avevano l'obbligo di assolvere una serie di adempimenti, quali la programmazione dei lavori e la predisposizione dei relativi progetti e piani di esecuzione, comprendenti una descrizione dei lavori, il preventivo, il capitolato d'appalto, che prima non erano richiesti; erano inoltre tenuti alla sorveglianza sullo stato di avanzamento dei lavori, alla redazione dei certificati per il pagamento degli appaltatori, ai collaudi, operazioni queste di cui dovevano render conto sull'apposita modulistica importata e diffusa dalla burocrazia d'oltralpe. Tale enorme crescita di responsabilità e di incombenze era opportunamente compensata dal governo francese che corrispondeva loro stipendi adeguati9. Il passo successivo compiuto dall'amministrazione francese, dopo aver predisposto una visita generale alla rete stradale delle province romane, fu un decreto dell'aprile 1810 con il quale la Consulta straordinaria ordinava la rescissione di tutti gli appalti dei lavori stradali stipulati sotto il governo pontificio, avendo individuato nel sistema di aggiudicazione dei lavori l'origine dei guasti riscontrati: gli appalti, conferiti "a tavolino", senza alcuna programmazione e senza prevedere altro controllo da parte dell'amministrazione che due ispezioni l'anno, costavano allo stato cifre considerevoli, mentre le strade versavano, come si era potuto rilevare dalla visita, in situazione disastrosa10.

Pastoret, uditore al Consiglio di stato imperiale, scrive in un voluminoso rapporto

8 Furono reclutati dai ranghi dell'amministrazione pontificia di acque e strade Felice Giorgi, precedentemente responsabile della navigabilità del Tevere da Orte a Ripetta e Ripa Grande fino al mare, Virginio Bracci, architetto delle strade dell'Umbria e della Sabina presso il Buon Governo, nominato ingegnere ordinario di 1' classe con residenza a Tivoli, mentre Giuseppe Camporese, architetto preposto ai lavori stradali del Patrimonio e dea Campagna venne sostituito, come si disse, "nell'interesse dei servizio" da un "ingenieur plus délicat dan sa conduite". 9 Gli stipendi andavano dai 5.000 franchi l'anno per l'ingegnere in capo, ai 2.800 per gli ingegneri ordinari di 1° classe, 2.500 per quelli ordinari di 2° classe e 1.800 per gli aspiranti ingegneri, ai quali si devono aggiungere i rimborsi per le spese di trasferta (previsti da un minimo di 800 franchi ad un massimo di 1.500 franchi) 10 Si legge in una relazione redatta dopo la Restaurazione che nel 1800, per riparare la strada da Cisterna al confine con il regno di Napoli fu fatto un preventivo per i lavori in economia di 14.000 scudi, che salì poi a 64.000 scudi quando si decise di appaltare tale lavoro, e raggiunse poi i 94.000 scudi quando fu affidato a tavolino ad un appaltatore al quale venne corrisposto un anticipo di 30.000 scudi affinché "non si potesse tornare indietro in questo dannosissimo contratto". Questo episodio viene riportato da R. SANTORO, L'amministrazione dei lavori pubblici, cit., pp. 64-65.

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sull'amministrazione degli stati romani, che le gare per i lavori pubblici erano predeterminate e gli impresari consideravano gli appalti una rendita certa che potevano addirittura trasmettere ai figli; i lavori venivano spesso subappaltati, cosicché risultava difficile, se non addirittura impossibile, sia esercitare il controllo sui materiali utilizzati e sulla buona esecuzione delle opere che individuare responsabilità precise qualora si riscontrassero inadempienze. Inoltre l'uso invalso degli architetti camerali di percepire dagli impresari una percentuale, la cosiddetta "tara", pari al 6% dell'ammontare degli appalti, inficiava in maniera sostanziale il rapporto tra il personale tecnico-amministrativo incaricato del controllo dei lavori e le ditte appaltatrici11.

L'amministrazione pontificia spendeva circa 1.000 scudi l'anno per pagare gli onorari di una quindicina di architetti preposti alla redazione delle "misure e stime" e dei riparti di tassa per i lavori alle strade nazionali dell'Agro Romano e alle strade urbane della città di Roma, e di due architetti incaricati di eseguire i controlli in corso d'opera per tutta l'estensione delle 1.942 miglia di rete stradale corriera e provinciale dello stato fino al confine con le Legazioni (escluso l'Agro e la città di Roma); inoltre, non rispettando le scadenze di pagamento dei lavori alle imprese, il governo pontificio si trovava spesso nella posizione di dover tollerare le inadempienze delle ditte e la scarsa accuratezza dei controlli tecnici. Riguardo alla percentuale sui lavori, legittimamente percepita durante il governo pontificio dagli architetti delle strade, gli amministratori francesi si dimostrarono inflessibili di fronte a qualsiasi sospetto di collusione di interessi fra tecnici ed appaltatori, cercando allo stesso tempo di responsabilizzare gli ingegneri e di renderli pienamente consapevoli del prestigio e della dignità professionale connessi ai loro incarichi: il barone De Gerando raccomandava al prefetto De Tournon nel febbraio 1810 di portare a conoscenza degli ingegneri che "1'usage établi sous l'ancien gouvernement... de recevoir independamment de leur traitement diverses sommes des entrepreneurs... serait considéré abusif... et severement puni par l'autorité superieure qui, en assurant achaque ingenieur un traitement analogue a son degré, ses services et son talente, a eu essentiellement en vue de separer leurs interets de ceux des entrepreneurs et d'éloigner tout soupçon de conivence"12. Si deve a questo punto ricordare che nello Stato pontificio d'ancien régime, non era ancora maturata la separazione tra la professione di architetto e quella di ingegnere che si era prodotta in Francia, nella prima metà del secolo XVIII, anche a seguito della domanda di funzionari tecnico-scientifici da immettere nei ruoli amministrativi, nell'ambito della forte accelerazione in senso accentratore ed efficientista impressa a tutto il sistema burocratico dalla monarchia francese. Permaneva invece negli stati del pontefice la figura dell' architetto che esercitava la professione privata, curando la progettazione e la realizzazione di edifici ed architetture per conto di una committenza (aristocratici, enti religiosi, mercanti) interessata all'immagine ed alla rappresentatività degli oggetti architettonici ideati. Accadeva poi che architetti affermati prestassero allo stesso tempo servizio presso l'amministrazione delle strade

11 Il rapporto di A. PASTORET, uditore al Consiglio di Stato, intitolato Mémoire sur la situation des Etats Romains, giugno 1809, si trova agli Archives Nationales di Parigi (d'ora in poi ANP), serie AF IV, 1715. 12 ASR, Congregazione del Buon Governo, III, b. 97 bis (lettera del 10 febbraio 1810).

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e delle acque seguendo i cantieri pubblici per conto dello Stato13. Giuseppe Valadier, Raffaele Stern, Giuseppe Camporese, tanto per citare alcuni artisti attivi nel periodo qui esaminato, progettarono opere architettoniche famose e nel contempo figurano nell'organigramma dell'amministrazione delle strade, come tecnici incaricati di seguire opere di ingegneria civile. Inoltre sembra di poter affermare che nello Stato pontificio mentre gli architetti sorvegliavano i lavori stradali ed edilizi, gli ingegneri si occupavano prevalentemente di lavori idraulici ed erano particolarmente attivi nelle province di Ferrara e Bologna ove praticavano la professione privata e prestavano la loro opera anche al servizio delle comunità e della Congregazione delle acque. Diverrà presto evidente agli stessi amministratori francesi che la mancanza di una preparazione specifica, che fornisse agli architetti gli strumenti necessari ad intervenire senza esitazioni nel campo delle opere pubbliche, rischiava di inficiare il nuovo sistema di affidamento ed esecuzione dei lavori di acque e strade, varato negli stati romani all'inizio del 1810. Si arrivò presto a proporre l'ammissione di alcuni giovani architetti romani "pleins de talente et de zéle", i quali seguivano la carriera di ingegnere "avec ardeur", alla Scuola del Corps des Ponts et Chaussées, e a pagare loro i viaggi d'istruzione e di studio a Parigi14. I primi risultati della riconversione amministrativa non tardarono ad arrivare: già alla fine del 1810 si registrava con malcelata soddisfazione, in un rapporto alla Consulta che "tout a changé de face et l'on peuét considérer comine l'un des phénorriènes les plus étonnant celui qui a placé le service des ponts et chaussées dans ... l'état ie pius satisfaisant". Merito questo che gli amministratori francesi ascrivevano in gran parte al lavoro compiuto dagli ingegneri romani, elogiandone la capacità di inserirsi in cosi breve tempo nel meccanismo amministrativo importato d'oltralpe: "Ces ingénieurs... se trouvent aujourd'hui parfaitemlent instruits de notre legisiation, de nos formes, et à portée de correspondre en tous poincs avec l'admirzistration générale des ponts et chaussées qui, j'ose le dire, est l'une des mieux et de plus fortement organisées de l'Empire"15. La ripresa dei modello francese: l’ istituzione del corpo degli ingegneri pontifici di acque e strade. Durante il quinquennio napoleonico non si riuscì comunque ad andare al di là di un’opera di profondo risanamento amministrativo: abbandonate metodologie di lavoro lente ed inefficienti ed una prassi di lavoro invecchiata e superata, gli amministratori romani apprezzarono gli effetti positivi dell’ ammodernamento della struttura amministrativa, anche se le ripercussioni di tali cambiamenti sulla rete idraulica e stradale dello stato non furono altrettanto rapide ed evidenti.

13 Questa tematica, unitamente alle problematiche sorte con l'estensione del servizio amministrativo di ponts et chaussées nello stato pontificio tra il 1809 ed il 1814, sono state esaminate da O. VERDI, Vie di comunicazione nel territorio di Campagna in epoca napoleonica, in Viabilità e territorio nel Lazio meridionale, a cura di R. Santoro, Frosinone 1992, pp. 19-47 al quale si rimanda per una bibliografia più completa sull'argomento. 14 ANP, serie AF IV, 1715, si segnala il paragrafo Personnel des ingénieurs romains all'interno del "Rapport sur l' état des départments à l'époque du premier avril et sur les operations pendant le premier trimestre du 1810”; sono inoltre attestati vari viaggi di studio a Parigi dell’ 'archîtetto camerale Stern in ASR, Congregazione dei Buon Governo III, b. 97, fasc. 10895 15 ASR. Consulta Straordinaria per gli stati romani, reg. 19, cc. 550-553 (31 ottobre 1810)

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Tra le voci discordi dai toni trionfalistici usati dagli amministratori francesi nei rapporti sull’ andamento del settore delle comunicazioni degli stati romanî, sembrano decisamente credibili le riflessioni dell' ingegnere capo Andrea Vici, il quale, nel 1814 al termine del breve periodo napoleonico, attribuiva allo stato di abbandono nel quale erano "giaciute le strade per molti anni", all’ ostruzionismo degli appaltatori e soprattutto alla scarsità dei finanziamenti accordati dal governo francese per i lavori di riparazione e manutenzione delle strade di II e 111 classe, il perdurare delle pessime condizioni della rete viaria nello Stato pontificio16. Risale pure al febbraio 1814, caduto il governo francese durante la breve parentesi murattiana, una relazione dei responsabile amministrativo del Bureau di acque e strade, Andrea Carletti, nella quale si legge una critica vibrante al cosiddetto "sistema francese" per la riparazione delle strade, definito "dispendioso e dannevole", e si auspica il pronto ritorno alla prassi precedente17. Si trattava in questo caso di una voce che restò inascoltata, anche se conteneva molti elementi di verità, poiché le intenzioni del cardinal Consalvi, il quale un anno più tardi affidò alla Congregazione Economica l'incarico di studiare una riforma dei lavori pubblici riprendendo le impostazioni francesi, andavano nella direzione opposta ed il 23 ottobre del 1817, sulla base dei suggerimenti e del progetto elaborato dalla Congregazione, Pio VII emanava il motu proprio che riformò l'intero settore di acque e strade, cui fece seguito il regolamento del 7 luglio 1818. Il nucleo qualificante della nuova normativa si incentrava sull'istituzione di un "Corpo di ingegneri di acque e strade, fabbriche camerali e militari" organizzato al suo interno secondo la gerarchia sperimentata durante l'occupazione francese (ingegnere in capo-ispettore, ingegneri sotto-ispettori, ingegneri ordinari, assistenti), al quale era affidata la responsabilità della realizzazione dei avori del settore, dalla progettazione tecnica, comprensiva anche dei preventivi li spesa, ai controlli sulla fase esecutiva, al collaudo e consuntivo finale. Di sicuro interesse si è rivelata la lettura dei rapporti preparatori alla redazione del motu proprio per comprendere quanto profondamente si fosse radicata nella coscienza degli amministratori pontifici l'esperienza compiuta durante il quinquennio napoleonico; una memoria presentata alla Congregazione Economica dal segretario di essa, monsignor Nicolai, personalità di spicco nell'amministrazione pontificia ed esperto del settore di acque e strade, raccoglie in poche pagine le proposte ed suggerimenti più importanti avanzati in ire differenti progetti di legge, che verranno integralmente accolti nella composizione finale della riforma del 1817. Dopo aver deplorato l'assenza nello stato pontificio di un Corpo di ingegneri civili per i lavori pubblici, presente invece in "tutti gli stati d'Europa", il prelato passa ad esaminare l'origine delle inefficienze e delle disfunzioni girate nell'amministrazione di acque e strade, sottolineando la grave carenza di organi tecnici consultivi in grado di valutare adeguatamente i progetti da realizzare, la scarsezza di controlli ed ispezioni ai cantieri in corso d'opera, ridotta poche visite annuali effettuate da architetti mal pagati e poco responsabilizzati i quali controllavano i lavori a campione (metodo dei "tasti"); infine il Nicolai, riprendendo le considerazioni avanzate dai francesi sull'argomento, critica

16 4SR, Congregazione del Buon Governo, serie 111, b. 97. 17 Ivi, b. 97 bis, "Rapporto del capo dell'ufficio delle acque e strade, 5 febbraio 1814" al nuovo prefetto di Roma, Piranesi. Per informazioni più dettagliate sui sistemi di costruzione riparazione delle strade utilizzati sotto il governo pontificio e durante il dominio francese si rimanda quanto scrive R. SANTORO, L'amministrazione dei lavori pubblici, cit. pp. 75-77

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aspramente l'uso istituzionalizzato degli impresari di versare agli architetti una percentuale sull'importo dei lavori, la "tara", quale forma di retribuzione per le prestazioni tecniche da essi fornite18. Si avanza quindi la proposta d'istituire in primo luogo un "Corpo d'ingegneri, uomini abili ed onorati per esaminare ed invigilare (...) tutto ciò che riguarda la intrapresa, la buona condotta e l'esecuzione delle opere pubbliche" stabilendone minutamente i compiti e le responsabilità, nonché gli organi e la gerarchia interna. Inoltre il Nicolai afferma in maniera inequivocabile che non potrà più essere tollerata alcuna collusione tra ingegnere ed imprenditore dei lavori, pena l'immediata destinazione dell'interessato dall'impiego: "È assolutamente necessario (... ) che mentre agl'ingegneri di questo Corpo si assegna un congruo proporzionato stipendio e distinzioni onorifiche, venga peraltro del tutto vietato d'interessarsi in qualunque maniera nelle imprese e negli appalti dei lavori pubblici (...) imperciocché (...) il loro officio pubblico colliderebbe col loro interesse privato". Tale suggerimento fu accolto nel testo della legge del 1817, che prevedeva pene severe, dalla destituzione dall'impiego all'inibizione all'esercizio della professione fino al deferimento in giudizio criminale, per quegli ingegneri che avessero accettato percentuali o tangenti dagli imprenditori. Un lungo sommario allegato alla memoria illustra i pericoli insiti nel cosiddetto "sistema di pagar gl'ingegneri colle tare dei lavori", concludendo che il mantenimento di un Corpo d'ingegneri, anche se apparentemente più dispendioso per lo stato, poiché comportava il pagamento dello stipendio e delle indennità di trasferta di una settantina di ingegneri, in realtà si sarebbe risolto in un risparmio per l'amministrazione, che avrebbe pagato prezzi più bassi per gli appalti dei lavori, ora non più comprensivi delle "vistosissime tare sulle perizie" un tempo versate dagli impresari agli ingegneri19.

18 Della relazione del Nicolai e dei sommari a stampa di cui si riportano le citazioni, sono conservate

copie sia nell'archivio della Congregazione Economica, b. 128, che nel Camerale II, Strade, b. 3/7. È noto inoltre che gli architetti prestavano la loro opera presso l'amministrazione delle strade in qualità di liberi professionisti e intervenivano solo in alcune fasi dei lavori di strade ed edifici: erano incaricati di redigere i preventivi dei lavori, le cosiddette "misure e stime", comprensivi delle operazioni tecniche, dei materiali e dei relativi costi, inclusa la "tara", sulla base dei quali provvedevano poi alla redazione dei "riparti di tassa" da, esigere dai contribuenti; controllavano ed ispezionavano i cantieri affidati alle ditte attraverso, gare d'appalto, collaudavano i lavori portati a termine. Per queste prestazioni gli architetti percepivano una percentuale sul costo dei lavori, versata loro dall'appaltatore, non appena( questi veniva saldato con gli introiti della tassa esatta a cura della Presidenza delle strade; per, quanto riguarda "i disegni e l'assistenza" ai lavori, a parte qualche progetto più importante normalmente non era previsto un rimborso di tali prestazioni per gli architetti, e nel caso lo s riconoscesse opportuno, l'onorario concordato con i destinatari dei lavori, privati o comunità sarebbe stato comunque pagato da questi ultimi attraverso il riparto di tassa. All'architetto Giovanni Stern, creditore di un migliaio di scudi per onorario di diversi lavori di assistenza per la riparazione della strada di Montopoli e Poggio Mirteto e per i disegni per la costruzioni del ponte di Riosole richiesta da alcune comunità interessate, autore di un ricorso presentato nel 1789 presso il Tribunale delle strade per essere saldato, fu risposto che non gli poteva essere pagata la sua percentuale finchè non fosse stata esatta tassa, operazione alla quale non si era potuto procedere da parte della Presidenza per una controversia insorta fra l'appaltatrice re dei lavori e le comunità, a causa delle inesattezze riscontrate nel preventivo redatto dallo Stern stesso. Inoltre, riguardo alla richiesta dell'architetto di esser pagato per i disegni e l'assistenza ai lavori del ponte di Riosole, il Presidente delle strade specifica che "secondo le informazioni prese da altri architetti del Tribunale, non sogliono mai pagarsi i disegni quando non sia un'opera insigne", e in ogni caso l'architetto avrebbe dovuto richiederne il pagamento non all'appaltatore dei lavori ma alle comunità interessate (ASR, Tribunale delle strade, b. 333, ora in Presidenza delle strade, Fiscale, b. 6, fasc. 4

19 La memoria prosegue presentando il nuovo organismo della Direzione centrale di acque e strade, coadiuvata dal Consiglio d'Arte, organo tecnico consultivo composto dagli ingegneri con il grado di ispettori

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All'argomento della formazione degli ingegneri, il Nicolai dedicava una parte importante delle sue considerazioni, cercando di dimostrare come l'intervento statale nella preparazione scientifica dei funzionari tecnici da adibire all'amministrazione pubblica fosse determinante per assicurarsi del buon livello delle prestazioni professionali nelle delicate fasi di progettazione ed esecuzione di opere pubbliche. Egli proponeva pertanto l'assunzione nel Corpo esclusivamente di ingegneri che avessero compiuto il ciclo degli studi di matematica e fisica presso le università di Roma e di Bologna e suggeriva l'apertura di una cattedra d'Idraulica presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. La Scuola degli ingegneri pontifici di acque e strade L’assenza di scuole statali speciali o corsi di laurea specifici per la forma:ione degli ingegneri civili era, ancora agli inizi del secolo XIX, un fenomeno che riguardava non soltanto lo stato pontificio, ma la maggior parte degli stati italiani ed europei, ad esclusione della Francia. La formazione universitaria dell'ingegnere avveniva all'interno del corso di studi matematico-filosofici, mentre per gli architetti si richiedeva la frequenza all'Accademia di Belle Arti; le scuole di applicazione per ingegneri erano pressoché sconosciute e nella maggior parte dei casi gli aspiranti ingegneri curavano direttamente e privatamente, presso lo studio di un ingegnere o di un architetto accreditato e abilitati all'esercizio della professione, l'applicazione pratica delle discipline apprese20. “L'istruzione de' giovani che si destinano alle professioni di architetto ed ingegnere era veramente ne' passati tempi abbandonata affatto e negletta" scrive, in una memoria del 1825, Giuseppe Venturoli, professore di matematica, membro del Collegio Filosofico dell'Università di Bologna, ispettore del Consiglio d'Arte e direttore della Scuola degli Ingegneri di Roma. "Si ammettevano i giovani all'esercizio di queste professioni" prosegue Venturoli "senza prova di studio, senza garanzia, senza esperimento veruno. (...) Era ingegnere, era architetto chi professava di esserlo e ritrovava credenza (...) e solamente nelle legazioni di Bologna e di Ferrara eravi qualche provisione degli eminentissimi Legati o delle magistrature civiche per la quale gli aspiranti erano soggetti ad un esame e muniti di una matricola di approvazione"21. Mentre l'insegnamento dell'architettura era impartito presso l'Accademia di S. Luca, mancavano invece presso le università dello stato alcuni insegnamenti indispensabili alla preparazione degli ingegneri, come la scienza delle costruzioni e l'idraulica, ed inoltre non era prevista nessuna attività di sperimentazione su casi concreti: "Finora non vi è stato altro modo d'imparare la pratica" scrive ancora Venturoli "se non col frequentare per alquanti anni lo studio d'un ingegnere o architetto esercente. Ma in questa maniera (...) gl'ingegneri tengono i giovani a studio come aiutanti, ma non hanno, generalmente parlando, nè l'impegno, nè l'agio, nè la volontà d'istruirli (...) temendo di svelare i secreti dell'arte".

generali, che esamina tutti i progetti ed i preventivi presenti dagli ingegneri, e dal Consiglio amministrativo; viene poi esposta le gerarchia degli ingegneri (ispettori, sotto-ispettori, ordinari ed aspiranti) con le rispettive responsabilità, compiti doveri, la loro remunerazione, comprensiva di stipendio (stabilito in 90 scudi mensili per il 3ado più alto, 60 scudi per i sotto-ispettori, e rispettivamente 50, 40 e 30 scudi per ingegneri in capo, ordinari ed aspiranti), indennità di viaggio e di trasferta, le possibilità di avanzamenti carriera. Una serie di regole rigorose obbligava gli ingegneri a risiedere nella località loro assegnata, alla presenza costante in servizio, alla puntualità nelle consegne di preventivi progetti. 20 M. MINESSO, L'ingegnere, cit., pp. 262 ss. 21 ASR, Congregazione degli studi, b. 218

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A questo stato di cose pose rimedio Pio VII con l'emanazione della legge del 1817 che riformando, come si è detto, l'intero settore di acque e strade con la creazione del Corpo degli ingegneri pontifici, fissava nel titolo VI, "Istruzione e scuole", i capisaldi della formazione degli ingegneri di acque e strade. Veniva istituita con il medesimo motu proprio una scuola speciale per la preparazione dei tecnici da impiegare nell'amministrazione dei lavori pubblici: "Per formare dei buoni ingegneri forniti di tutte le cognizioni necessarie all'esercizio dell'arte vi sarà una scuola d'ingegneri in due punti dello stato, cioè una a Roma ed una in Ferrara" esordisce il titolo VI della legge. La scuola di Roma, dal momento che quella di Ferrara venne soppressa nel 1820, sarebbe stata diretta dal professore di matematica, meccanica ed idraulica presso l'università di Bologna, membro del consiglio di lavori idraulici, e cioè dal professor Venturoli, mentre avrebbero fatto parte del Consiglio d'istruzione della scuola oltre al Venturoli stesso, due ingegneri ispettori, l'uno del consiglio di strade l'altro di quello delle acque. Presso l'Accademia di S. Luca venne inoltre istituita, con la stessa legge del 23 ottobre 1817, una cattedra di Architettura Idraulica e di Costruzione "nella quale s'insegnerà tutto ciò che spetta all'arte dell'ingegnere". Dell'importanza di istituire una cattedra d'Idraulica con materie relative alle acque tratta una memoria, probabilmente redatta anch'essa dal Nicolai, presentata al cardinal Consalvi poco prima dell'emanazione della legge del 1817: dei due indirizzi che concorrevano a formare la preparazione dell'ingegnere civile, il primo, che aveva per oggetto la "costruzione di fabbriche", con particolare riguardo agli archi, alle volte, alle strade, ai ponti, si sarebbe svolto presso la scuola di Architettura pratica e costruzione, già esistente presso l'Accademia di S. Luca. Il secondo ramo, definito "assai più difficile del primo", comprendeva lo studio dell'idraulica, ed in particolare delle teorie idrodinamiche, delle opere e macchine idrauliche, della navigabilità dei fiumi, della manutenzione dei porti e canali, e, non essendo presente fra gli insegnamenti dell'Accademia di S. Luca, come invece accadeva presso le accademie di Firenze, Milano e Bologna, se ne auspicava il pronto inserimento fra gli insegnamenti di quella istituzione22. Il progetto di riunire la Scuola degli ingegneri all'archiginnasio della Sapienza fu avanzato poco dopo l'emanazione della legge istitutiva, nei primi mesi del 1818, dal rettore dell' università della Sapienza e sottoposto al parere del Consiglio d'istruzione, venne da questo bocciato, mentre fu invece proposta una "aggregazione onoraria" della scuola all'ateneo romano. Le motivazioni addotte dal Consiglio evidenziano la peculiarità della nuova istituzione scientifica e la diversa natura della formazione impartita presso la scuola d'ingegneria, che si presentava come scuola di specializzazione post-lauream e non come facoltà universitaria, finalizzata alla preparazione degli ingegneri da inserire nell'amministrazione dei lavori pubblici: ad essa difatti si accedeva dopo il corso di studi di matematica e fisica, l'insegnamento delle materie istituzionali veniva impartito da ingegneri del corpo ed il Consiglio d’ istruzione stesso era costituito da ingegneri impiegati nel servizio di acque e strade. Si temeva forse che nella fase iniziale la scuole d’ ingegneria potesse essere assimilata all’università perdendo l’autonomia di scelte e la capacità di controllo che la legge conferiva in tema di orientamenti disciplinari, corpo insegnante, selezione degli allievi,

22 ASR, Camerale II, Strade, b. 317.

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conferimento dell’ abilitazione all’ esercizio della professione d’ ingegnere e reclutamento del personale per i posti vacanti nel Corpo degli ingegneri pontifici23. Si riparlò di nuovo dell'annessione della scuola d'ingegneria di Roma !1'università della Sapienza durante il pontificato di Leone XII, poiché il pontefice, che nel 1824 si era occupato di riorganizzare con la legge Quod divina Sapientia gli studi universitari, desiderava che la scuola degli ingegneri pontifici fosse inquadrata nell'archiginnasio romano: al professor Venturoli, presidente del Consiglio d'Arte e direttore della scuola, autorità scientifica indiscussa in materia, venne richiesto dalla Congregazione degli Studi, nel settembre 1825, di esprimere un parere circa la possibilità e le modalità di realizzazione di tale progetto24. Dalla lunga e articolata memoria presentata da Venturoli emerge la disponibilità delle alte gerarchie del Corpo degli ingegneri pontifici ad inserire le scuole tecniche nelle università statali, in maniera che gli allievi, dopo aver conseguito la laurea nelle discipline matematico-filosofiche, potessero proseguire gli studi per conseguire la patente di ingegnere presso la medesima sede; una serie di condizioni furono però poste per salvaguardare tutte le autonomie delle scuole speciali e mantenere quindi il controllo e la gestione dell'insegnamento nelle mani degli ingegneri del Corpo, attraverso la partecipazione dei membri del Consiglio d'Arte al Collegio filosofico, che d'ora in poi avrebbe conferito le "patenti" di abilitazione all'esercizio della professione. Circa un anno più tardi, il 18 agosto 1826, la Congregazione degli Studi emanò ordinanze speciali, approvate da Leone XII, in base alle quali la scuola degli ingegneri di Roma e altre che sarebbero state istituite (nel 1834 si riparlò di riaprire la scuola d'Idraulica a Ferrara) venivano riunite alle università di Roma e Bologna, mantenendo però l'insegnamento agli ingegneri del Corpo, i quali prendevano anche parte al Collegio filosofico, incaricato di esaminare gli allievi al termine dei corsi (un triennio per gli aspiranti ingegneri ed un biennio per gli architetti) e di conferire le abilitazioni all'esercizio della professione25. La scuola aveva una durata di tre anni con un esame al termine di ciascun anno sulla base del quale gli alunni venivano collocati in una "scala di merito"; compiuto il corso triennale con profitto gli allievi conseguivano, dopo un rigoroso esame finale, l'abilitazione all'esercizio della professione di ingegnere in tutto lo stato; inoltre i primi classificati nella "scala di merito" venivano inseriti nei posti vacanti del Corpo degli ingegneri pontifici. Si accedeva alla scuola, come si è detto, solo dopo aver compiuto gli studi universitari di matematica e fisica poiché la finalità primaria di essa, come si legge chiaramente in un verbale del Consiglio d'istruzione dell'ottobre 1818, consisteva "nell'applicazione di queste teorie ai casi di pratica e sull'esercizio di tutte quelle operazioni di tavolino che di

23 Il parere del Consiglio d'istruzione del 30 marzo 1818, si trova in ASR, Consiglio d’Arte, b. 13, anno 1818, fasc. 5; nella relazione si mettono in evidenza le gravi lacune nell'inquinamento della matematica impartito presso la Sapienza di Roma ove non veniva insegnato al calcolo infinitesimale e"limitandosi al solo uso dell'algebra cartesiana, i giovani non possono uscire capaci neppure di darsi alle applicazioni che esige l'arte dell'ingegnere". 24 ASR, Congregazione degli studi, b. 218. Di Giuseppe VENTUROLI (1768-1846) cono sciamo un trattato di idraulica, Elementi di meccanica e idraulica, pubblicato nel 1806 e successivamente riedito nel 1809 e nel 1817 a Milano, la cui importanza scientifica nel panorama degli studi di idraulica fluviale è stata messa in luce da P. BUONORA, Fiumi e canali in Umbri (secc. XVI-XIX). Ingegneri, comunità, Stato di fronte al controllo delle acque, Tesi di dottorato in Storia urbana e rurale, Perugia 1992, pp. 180-182. 25 Non è stato possibile rintracciare il testo delle ordinanze del 1826, del quale però possono leggere gli articoli più interessanti in una lettera di Venturoli del 18 ottobre 1834 i Consiglio d'Arte, b. 13, e in un carteggio fra il segretario della Congregazione degli Studi ed Tesoriere, datato 1836, in Congregazione degli studi, b. 219, fasc. 58.

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campagna, le quali costituiscono l'arte dell'ingegnere", proponendo agli allievi anche "casi desunti dal vero" sui quali eseguire le "necessarie operazioni di campagna, immaginare i progetti di massima, i quali discussi e scelto o suggerito il lavoro più conveniente, far distendere ad essi il piano d'esecuzione, il dettaglio estimativo, colle analisi dei prezzi (...) affinché al sortir della scuola possano esercitare la professione con decoro del Corpo e con utile del governo"26. Nel regolamento della scuola degli ingegneri si legge inoltre che l'altro scopo precipuo di essa era, oltre alla formazione degli ingegneri civili, la promozione della "scienza meccanica" e dell'idrometria "all'effetto di assicurare l'applicazione dei principi e delle teorie a tutti i casi di pratica"27. Tra i requisiti indispensabili per l'ammissione alla scuola d'ingegneri, oltre alla preparazione scientifica dell'allievo, che doveva comprendere "tutti i corsi degli studi fisici e matematici" compiuti con profitto in una delle due università di Roma o di Bologna nonché abilità accertata nel disegno architettonico, era richiesta "buona morale" ed educazione religiosa28. Gli insegnanti delle tre materie principali, Geometria descrittiva, Architettura statica ed idraulica, Idrometria, dovevano essere ingegneri del Corpo, scelti dal Consiglio d'Istruzione e destinati dalla Segreteria di Stato all'insegnamento; nel gennaio 1818 furono nominati professori di Geometria descrittiva nella scuola di Roma e di Ferrara rispettivamente, gli ingegneri Maurizio Brighenti e Carlo Sereni, nell'insegnamento di Architettura statica ed idraulica, Nicola Cavalieri e Bonaventura Benetti, mentre per l'Idrometria furono chiamati gli ingegneri Gregorio Vecchi a Roma e l'anziano Teodoro Bonati a Ferrara, che fu nominato anche direttore di quella scuola29.

26 ASR, Consiglio d'arte, b. 13, anno 1818, verbale dell'8 ottobre 1818 27 ASR, Congregazione degli studi, b. 218. Il regolamento a stampa della scuola degli ingegneri, contiene i seguenti argomenti: Professori ed insegnamento. Distribuzione delle lezioni. Esercizi scolastici. Degli scritti e libri di testo. Delle osservazioni ed esperienze, Dell'esame annuale. Della scala di merito. Dell'ammissione e del ruolo degli allievi. Disciplina della Scuola. Una minuta di "Progetto di regolamento della Scuola degl'ingegneri istituita col motu proprio li nostro signore del 23 ottobre 1817" si trova in ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 1818, e fu presentata al Segretario di Stato a nome del Consiglio d'Istruzione. Il progetto contiene alcune proposizioni che non figurano nel regolamento definitivo, relative alle ore d'insegnamento ; all'impiego dei fondi destinati alla scuola. Nella busta 13 dell'archivio del Consiglio D'Arte, denominata "Istruzione", si trova documentazione pervenuta o redatta dal Consiglio d'Istruzione della Scuola degli Ingegneri dal 1818 al 1847. 28 N. NICOLAI, Sulla presidenza delle Strade ed Acque e sua giurisdizione economica, I, orna 1829, pp. 69-75. 29 ASR, Consiglio d'Arte, b. 4, fasc. 1. Bonati scrisse un'opera dal titolo Sperienze (...) in confutazione del signor Genneté, in Raccolta d'autori italiani che trattano il moto delle acque, I, Firenze 17642, p. 525, nella quale confutava le tesi del Genneté sul rapporto fra l'altezza e velocità delle correnti fluviali. Per una più ampia trattazione delle problematiche connesse controllo delle acque e ai lavori idraulici nello stato pontificio del secolo XVIII si rimanda a P. BUONORA, Fiumi e canali, cit., e dello stesso autore, La Valle Umbra. Genesi e trasformazioni di un sistema idraulico (secoli XVI-XIX), Ancona 1994 (Quaderni monografici di "Proposte ricerche", 17).

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Fig. 1- ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 1818, fasc. L Schizzo di "tubi comunicanti" che illustra il manoscritto delle lezioni di Idrometria tenute nella Scuola degli ingegneri di Ferrara nel 1818.

Una delle norme del regolamento della scuola stabiliva che alla fine di ogni lezione ciascun professore avrebbe dettato il "sommario" della lezione seguente e alla fine dell'anno tutti i "sommari" delle lezioni dovevano essere inviati al Consiglio d'Istruzione; il Consiglio avrebbe poi valutato e paragonato i sommari pervenuti da Roma e da Ferrara per i primi anni e sulla base di essi avrebbe redatto i libri di testo per la scuola30.

I corsi prevedevano dunque l'insegnamento della Geometria descrittiva e di tutte le sue applicazioni, dalle proiezioni alla prospettiva lineare ed aerea, al

30 In ASR, Consiglio d'arte, b. 13, anno 1818, si trova un "Sommario delle lezioni d’ Idrometria date in Ferrara nella Scuola degl'Ingegneri l'anno 1818", manoscritto.

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Fig. 2 - ASR, Consiglio d'Atte, b. 13, anno 1818, fasc. 1. Disegno di "vasi comunicanti" che accompagna il testo manoscritto delle lezioni di Idrometria della Scuola di Ferrara nel 1818. disegno delle strade e delle opere idrauliche, al taglio delle pietre e dei legnami, alla descrizione delle macchine; nel corso di Architettura statica ed idraulica si apprendevano le tecniche di costruzione delle strade, argini, terrapieni, tetti, fondamenta, archi, cupole, ponti, chiaviche, botti, chiuse, sostegni, mole ed inoltre si fornivano cognizioni sulla scelta dei materiali da costruzione, sulle loro qualità e durata, nonché sui prezzi e sui criteri per redigere una stima, una perizia, un preventivo, un collaudo. Nel corso d'Idrometria pratica si acquisivano le cognizioni necessarie, accompagnate da opportune esercitazioni pratiche, alla progettazione e costruzione di opere idrauliche, fontane, canali, opifici, inalveazioni di fiumi, rettificazione dei corsi d'acqua, arginature, bonifiche, porti. Le lezioni si svolgevano in campagna due volte la settimana per acquistare dimestichezza nell'uso degli strumenti geodetici ed idraulici, che entravano a far parte della dotazione d'ufficio di ogni ingegnere (tavoletta pretoriana con bussola e dioptra, catena metrica di 10 metri, livella a bolla d'aria o a pendolo con canocchiale, biffe, canne, staggia); inoltre due giorni erano dedicati all'illustrazione e spiegazione delle materie insegnate, mentre i restanti due giorni erano destinati alla ripetizione in classe del programma e ai compiti scritti.

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Fig. 3 - ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 1818, fasc. 1. Schizzo raffigurante un barometro "pieno di mercurio", a corredo del sommario delle lezioni di Idrometria tenute nella Scuola degli ingegneri di Ferrara nel 1818. Particolarmente curata era la parte del corso riservata alle esercitazioni, dette "osservazioni esperienze": i professori dovevano concordare con il Consiglio d'Istruzione e con gli Ingegneri del Corpo in servizio, il programma di esperimenti da compiere con gli allievi, in modo tale che si proponessero alla ricerca casi concreti "d'immediata utilità al servizio del governo" e di essi si doveva stendere la "descrizione ed i risultati". Si ricorda a questo proposito la varietà di argomenti che furono oggetto di studio e di sperimentazione nelle due scuole di Roma e di Ferrara tra il 1819 ed il 1820, pubblicate nell'opuscolo a stampa dal titolo "Ricerche geometriche ed idrometriche fatte nella Scuola degl'Ingegneri pontifici d'acque e strade l'anno 1820". In esso sono contenuti i risultati delle esercitazioni svolte sul Po Grande, l'elenco delle "altezze di livello di alcuni stabili di Roma si antichi che moderni riferite al sott'arco della cloaca Massima al suo sbocco nel Tevere", desunte dalle "livellazioni" eseguite dagli allievi della scuola di Roma degli anni 1819 e 1820, i rilievi dei "livelli delle escrescenze del Tevere segnati in diversi luoghi della città" dal 1495 al 1805. Oltre ai risultati degli esperimenti sono presenti nell'opuscolo un saggio sul corso dei fiumi di Gregorio Vecchi, ingegnere in capo della legazione di Ravenna e professore d'Idrometria alla scuola di Roma, un saggio di Maurizio Brighenti, ingegnere e professore di geometria descrittiva presso la scuola di Roma, sulle "Sezioni piane delle superfici", ed ancora un

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articolo di Clemente Loreta, allievo del terzo anno della Scuola di Roma, sulla costruzione della colonna Traiana31.

Fig. 5 - ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 1819, fasc. 14. Pianta dei locali destinati alla Scuola nazionale degli ingegneri nell'immobile del liceo-convitto a Ferrara. Apprendiamo inoltre che gli alunni della scuola d'ingegneria di Roma nel 1819 disegnarono la pianta di Villa Borghese, rilevarono con la bussola il corso del Tevere fuori porta S. Paolo e ne scandagliarono il letto presso S. Giovanni dei Fiorentini, livellarono il corso dell'acqua Mariana; nel 1820 portarono a termine la livellazione del Corso di Roma, le mappe degli acquedotti Vergine e Felice dalle sorgenti fino a Roma, inviate alla Presidenza delle Acque, la pianta di Campo Vaccino "levata collo squadro agrimensori segnando le apparenti vestigia degli antichi monumenti e quelle dissepolte cogli ultimi scavi". Un'attenzione speciale venne dedicata, nel rinato interesse, proprio di questo inizio secolo per le vestigia dell'antica Roma, all'area archeologica del Foro Romano, oggetto di una esercitazione svoltasi nel corso del 1820, sotto la guida dell'ingegner Vecchi, dagli alunni della scuola di Roma che "livellarono per lungo e per traverso tutta quell'area rilevando la depressione de' vari punti scoperti dell'antico Foro Romano, sotto il piano attuale di Campo Vaccino" e calcolarono il preventivo di spesa per gli scavi necessari a scoprire e portare alla luce l'arca del Foro (pari a 140.886 scudi)32

31 ASR, Camerale Il, Strade, b. 6, fase. 2; la minuta della lettera di trasmissione dell'opuscolo a stampa alla Segreteria di Stato si trova in ASR, Consiglio d Arte, b. 13, anno 1820, agosto 13, prot. 1846. 32 Le informazioni sono contenute in una minuta del 28 gennaio 1820 inviata dal Coniglio d'Istruzione alla Segreteria di Stato, conservata in ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 820, fasc. 174. Notizie sui lavori eseguiti

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Dal punto di vista pratico, l'impianto delle due scuole di Roma e di Ferrara comportò un notevole impegno finanziario e professionale, poiché i direttori delle scuole, unitamente al corpo insegnante, si occuparono dell'allestimento dei locali dove le scuole ebbero sede, compresi i laboratori per gli esperimenti, corredati da complessi strumenti per le esercitazioni pratiche, dell'acquisto di libri e di tutto l'occorrente per il corretto funzionamento dei corsi. Mentre la scuola di Roma, sita per un primo periodo presso i"locali dell'Apollinare" all'Accademia di S. Luca, ottenuti "dalla compiacenza del marchese Canova", poi presso 1'archiginnasio della Sapienza, fu sistemata gradualmente, la scuola di Ferrara utilizzò subito parte degli arredi e tutto il corredo degli strumenti (nell'inventario sono citati 95 diversi oggetti fra "macchine modelli e strumenti", fra cui un "areometro di Nikolfon", una "fontana di Erone", "barometro e termometro di Reaumur") della scuola d'Idrometria istituita dal governo francese a Ferrara con legge del 4 settembre 1802 e rimasta attiva anche sotto il governo pontificio fino al 181733. Il preventivo per il funzionamento delle due scuole fu per il primo anno dei corsi (il 1818) di 390 scudi, contro i mille che lo stato spendeva precedentemente per la sola scuola Idrometrica di Ferrara, dal momento che, utilizzando gli ingegneri del Corpo come insegnanti, non si doveva corrispondere loro un altro salario; il preventivo del 1819 per le due sedi saliva però a 600 scudi e addirittura quello del 1820, compilato per la scuola di Ferrara con estrema cura dal direttore Teodoro Bonati, saliva alla ingente somma di 813 scudi per questa sola sede, di cui 214 scudi per le spese di ristrutturazione di un'ala del soppresso liceo-convitto di Ferrara, onde adeguarne i locali alle esigenze della scuola (Foto n. 5), e ben 598 scudi per il funzionamento dell'attività didattica. Scorrendo l'elenco delle richieste di materiale, redatto quell' anno dal Bonati, emerge la sollecitudine e l'interesse del vecchio insegnante d'idrometria per l'istituto ferrarese, già peraltro abbastanza ben attrezzato: scaffali per riporre gli strumenti, "modelli di topografia", un particolare tipo di tavoletta pretoriana, diottra, bussola, "livello a bolla d'aria armato di cannocchiale aeronautico", e, per quanto riguarda i testi, si segnala l'acquisto dell'atlante del Perronet, Descrizione de' progetti e delle costruzioni de' ponti di Neuilly, "opera in francese in 4 folio grande con volume di figure"34. Vennero iscritti al primo anno di corso presso la scuola d'ingegneria di Ferrara, che vantava peraltro una tradizione di quindici anni di attività didattica ereditata dalla scuola Idrometrica fondata dai francesi, dodici nuovi allievi, tutti della provincia di Ferrara, Bologna e Ravenna, mentre tre studenti frequentarono il secondo anno di corso, avendo superato il primo presso la scuola Idrometrica; tutti superarono l'esame finale e cinque di essi riportarono il massimo dei voti35. L'istituzione ferrarese fu però soppressa con ordine della Segreteria di Stato del 25 dicembre 1819, per motivi di economia: 1'accreditamento di 813 scudi richiesto da Teodoro Bonati per il 1820, sembrò al governo, che ne concesse 150 a Ferrara e 300 alla scuola di Roma, eccessivo, e, nonostante le rimostranze del legato di Ferrara, gli allievi dell'ultimo anno di corso frequentarono gli ultimi sei mesi di scuola e sostennero gli esami finali presso la sede di Roma36 ; la scuola di Roma, da allora in poi detta "nazionale", ereditò parte del materiale dagli allievi della Scuola d'Ingegneria fino al 1825 si trovano nella memoria del professor Venturoli citata alla nota 17. 33 ASR, Consiglio d'Arte, b. 13, anno 1818, fasce. 3, 16 e 19. 34 Ivi, anno 1818, fasc. 29, anno 1819, fase. 14. 35 Ivì, anno 1819, fasce. 8 e 29. I ruoli degli allievi e le "scale di merito" per ciascun anno sono conservati nella b. 13 del Consiglio d'Arte. 36 Ivi, anno 1820, lettera del 16 febbraio.

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didattico, strumenti e macchine, della scuola ferrarese, nonché gli allievi di quella sede rimasti a metà del triennio, mentre si registrava l'iscrizione del primo allievo-ingegnere romano, Antonio De Rossi, nel 182137. Il patrimonio librario della scuola romana si arricchiva ogni anno di nuovi testi e strumenti: un Trattato delle acque correnti del cavalier Carlo Fontana, Mémoire pouir la distribution des eaux du canal de l'Ozireq, di Girard, Tables logarithmiques, Trattato di geometria descrittiva, ed il Gabinetto della scuola equipaggiato con "strumenti geodetici ed idrometrici, modelli, macchine, libri d'arte", venne annoverato, su proposta del professor Venturoli, tra i Musei scientifici dell'università della Sapienza38. Il reclutamento degli ingegneri pontifici di acque e strade Più di trecento aspiranti ingegneri presentarono la domanda e la documentazione comprovante gli studi fatti, i progetti realizzati, la "buona condotta", e quanto altro potesse giovare all'accoglimento nell'istituendo Corpo degli ingegneri pontifici, all'indomani della pubblicazione del rnotu proprio del 1817 e dei relativi bandi di concorso per ottantatre posti di ingegnere presso l'amministrazione dei lavori pubblici. Se si escludono Giuseppe Venturoli, direttore della scuola d'ingegneria e presidente del Consiglio d'Istruzione e d'Arte, Girolamo Scaccia, Raffaele Stern, Giuseppe Camporese39, Giuseppe Valadier, Gianbattista Martinetti, Luigi Gozzi e Luigi Brandolini, membri del Consiglio d'Arte per i lavori idraulici e stradali, del Consiglio delle Fabbriche dello stato, abbellimenti ed antichità e del Consiglio d'Istruzione, e gli ingegneri Maurizio Brighenti, Nicola Cavalieri, Gregorio Vecchi, Carlo Sereni, Bonaventura Benetti e Teodoro Bonati, professori nelle due scuole di Roma e Ferrara, e pochi altri architetti ed ingegneri tutti già impiegati nell'amministrazione delle acque e strade precedentemente all'emanazione della riforma del 1817 e confermati successivamente ad essa, i ranghi del Corpo degli ingegneri pontifici, furono ricoperti dopo attenta selezione dei titoli di studio e di servizio di 345 aspiranti. 37 Ivi, anno 1820, lettera del 25 settembre, prot. 2134. Molti strumenti dei fornitissimi gabinetti della scuola di Ferrara furono rifiutati dalla scuola di Roma, poiché considerati 'macchine più proprie per un gabinetto di fisica che per la scuola degl'ingegneri o sono grandi recipienti per esperienze idrauliche di poco valore e d'incomodo e dispendioso trasporto". 38 Ivi, anno 1826; la segnatura archivistica della memoria del Venturoli è citata alla .nota 17. 39 Apprendiamo di una disavventura professionale in cui Giuseppe Camporese, ispettore dei lavori di acque e strade nell'Agro Romano e Comarca a sinistra del Tevere e nelle delegazioni di Frosinone e Benevento, incorse nel dicembre 1819, quando il cardinal Consalvi, recatosi a Frascati per la via Anagnina, si accorse dei "grandi guasti" esistenti sulla carreggiata tra porta Furba e Tor di Mezza Via e, chiestane ragione al Presidente delle strade, decise di sospendere dall'incarico di ispettore, membro del Consiglio d'Arte, il Camporese definito dal Segretario di Stato "così poco curante dell'adempimento dei suoi doveri che non si è neppur scosso agli avvisi ed ordini ricevuti da monsignor presidente per il pronto ristauro della strada suddetta". La lettera con cui il Camporese si discolpa non sembrò molto convincente ed egli venne effettivamente destituito e rimpiazzato provvisoriamente dall'ingegner Martinetti, nonostante la richiesta da lui inoltrata di far eseguire dagli altri ispettori una perizia al tratto di strada incriminato. Pochi mesi più tardi, all'inizio di maggio 1820, il Camporese richiedeva al Presidente delle strade il permesso di assentarsi da Roma per quindici giorni, poiché il suo medico gli aveva prescritto un "cambiamento d'aria marina", a seguito di una seria malattia che aveva prodotto "nel suo fisico un debilitamento generale nel sistema di nervi e segnatamente delle vacillazioni al capo, per cui a gran stento poté disimpegnare quelle attribuzioni che gl'incombevano". C'è da chiedersi se, a seguito di quel provvedimento disciplinare, si fosse davvero consumata, nei confronti del povero ispettore, un'ingiustizia che lo precipitò in quella forma depressiva che oggi viene definita "esaurimento nervoso" (ASR, Presidenza delle strade, b. 281/1 e 389/1). Il Camporese era stato comunque reintegrato nelle sue funzioni di membro del Consiglio d'Arte i126 gennaio 1820 (ASR, Consiglio d'Arte, b. 5).

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Quattro quaderni con copertina azzurra, compilati probabilmente tra il 1817 ed il 1818, sintetizzano scrupolosamente nomi, cognomi, luogo di provenienza, età, "studi e abilitazioni di teoria e di pratica", servizi prestati "presso il governo e presso consorzi o privati", accompagnando talvolta la registrazione di questi dati con le osservazioni in merito del Consiglio d'Arte, dei 345 aspiranti al posto di ingegnere di acque e strade; le informazioni registrate nei quaderni trovano il loro immediato precedente in tre buste contenenti le domande e la relativa documentazione (Foto n. 6) prodotte dai concorrenti avanti al Consiglio d'Istruzione, incaricato di vagliarle, ed effettuare la selezione40. Dalle legazioni di Bologna, Ferrara, Ravenna, Pesaro giunsero circa 170 domande, gli aspiranti romani risultano essere una settantina, mentre le restanti petizioni provengono da vari luoghi dello Stato (Perugia, Terni, Assisi, Frosinone, Macerata, Forli) e fuori dello Stato (Siena). Molti dei concorrenti, pur non avendo conseguito un titolo di studio universitario, erano in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione d'ingegnere, la cosiddetta "patente", ottenuta dagli organi del governo francese durante gli anni dell'occupazione; un decreto di quel governo, risalente al 22 maggio 1806, stabiliva che sarebbero stati inseriti nell'elenco degli ingegneri abilitati, per quei paesi nei quali non si richiedevano esami, coloro che avessero potuto provare di aver esercitato la professione per almeno dieci anni. Un caso esemplare è quello di Rufillo Righini di Forlimpopoli, domiciliato a Forli, di 61 anni, il quale non possedeva alcun titolo di studio, ma era stato membro dell'Accademia Clementina di Bologna dal 1778 e di quella di Belle Arti di Firenze dal 1795, divenne dal 1797 Provveditore camerale, fu poi iscritto dal 180i nel ruolo degli ingegneri dalla Prefettura del Rubicone, aveva restaurato l'abbazia di S. Vitale di Ravenna nel 1782, progettato e realizzato la cattedrale di Cattolica e nel i804 il palazzo pubblico di Forlì, costruito un ponte nelle saline di Cervia, riparato le chiuse dei mulini della Meldola, finché nel 1815 fu nominato da monsignor Pacca ingegnere distrettuale di Forlì. Assunto nel Corpo degli ingegneri pontifici come ingegnere ordinario per i lavori di acque e strade della legazione di Forli, fu riformato nel 1820, probabilmente per problemi di salute e di età41. Dalla maggior parte dei curricula presentati dagli aspiranti ingegneri emerge che, prima del 1817, la formazione scientifica raramente avveniva nelle università dello stato o nelle accademie; spesso invece i concorrenti più anziani avevano studiato privatamente presso agrimensori, architetti, geometri ed ingegneri, mentre negli aspiranti più giovani la

40 Si tratta delle prime tre buste dell'archivio dei Consiglio d'Arte nelle quali sono da segnalare molti diplomi di ingegneri ed architetti rilasciati dalle università di Roma e Bologna; i quaderni sono contenuti nella b. 1. Le informazioni ivi contenute permettono di ricostruire le carriere di architetti e tecnici meno noti e di attribuire con certezza la paternità di alcuni restauri di chiese e palazzi pubblici nel territorio dello stato pontificio e talvolta di pitture ed affreschi compiuti tra il 1770 ed il 1817, data l'eterogeneità delle esperienze di quanti aspiravano all'impiego di ingegnere pontificio: apprendiamo ad esempio che Giuseppe Pelucchi, architetto romano, 78 anni, fu assistente nel 177ó dell'architetto Desiset ai restauri della chiesa di S. Luigi dei Francesi ed inoltre "ha inventato, diretto e compito la stanza dei Papiri al Vaticano", coordinò "molti lavori" alla facciata e nell'interno della chiesa di Palestrina nel 1768, diresse i restauri della chiesa di Trevignano "preservando la tribuna di Raffaello", eseguì "i disegni di 4 beatificazioni della collegiata di Capranica, piantata ed elevata dai Fondamenti”. realizzò casa Brandi. Si auspica un'edizione critica dei quaderni che metterebbe a disposizione degli studiosi una preziosa quantità di dati utili per la ricostruzione di carriere e l'attribuzione di opere compiute nel territorio dello stato pontificio tra la fine del XVIII e gli inizi i del XIX secolo. 41 La notizia si trova nel quaderno n. 3 al numero 151.

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preparazione teorica era senz'altro più ricca e completa. D'altra parte nella generazione più adulta i titoli di servizio e le opere realizzate superavano di gran lunga i titoli di studio, spesso non documentati ma semplicemente dichiarati con la tipica frase "Asserisce aver studiato". Molto ricco e documentato il curriculum di Paolo Provinciali, 37 anni, romano, destinato all'importante incarico di ingegnere in capo-ispettore dell'Agro Romano e Comarca, il quale dopo aver frequentato i corsi di matematica pura ed applicata presso l'università della Sapienza ed aver studiato "architettura civile, militare ed idraulica", entrò a far parte nel 1809 del Corps des ingénieurs des ponts et chaussées con l'incarico di sovrintendere alla navigazione del Tevere nel dipartimento di Roma e porto di Fiumicino, successivamente nel 1816 fu nominato ingegnere idraulico per le paludi Pontine; autore di una pubblicazione sui pesi e misure dello stato, corredata dalle tavole di riduzione al sistema metrico decimale, di un progetto per la navigabilità del Tevere dal torrente Vezza fino alla Nera e nel tratto che attraversa Roma, presentato alla direzione generale di Parigi tra il 1811 ed il 1813, fu inoltre responsabile di molte opere di canalizzazione nelle paludi Pontine, della cui buona esecuzione reca attestati di Andrea Vici e di Gerolamo Scaccia, e di un ponte di pietra sul fiume Amaseno. Provinciali aveva inoltre avuto modo di studiare a fondo l'amministrazione di Ponts et chaussées durante un lungo soggiorno parigino, e di quelle conoscenze certo si avvalse quando assieme agli ingegneri Camillo Cornetti, Vincenzo Federici e Luigi Castagnola, fu incaricato dalla Congregazione Economica di stendere molti dei rapporti e studi preparatori per la riforma del 1817. Dirigerà a lungo i lavori di strade dell'Agro e della Comarca con il grado di sotto ispettore, uno degli incarichi più alti dopo i membri del Consiglio d'Arte, al quale spettava un trattamento economico assai remunerativo, con uno stipendio di 720 scudi all'anno, più un rimborso per le spese di trasferta che oscillava dai 750 ai 900 scudi annuali42 . Emergono inoltre dalla lettura dei curricula degli aspiranti ingegneri, studi ed interessi specialistici di alcuni di loro: Luigi Valadier, figlio del più famoso Giuseppe, ispettore delle Fabbriche camerali di Roma, dopo aver studiato architettura con il padre, matematica con il cavalier Carlo Fontana e prospettiva con il professor Simelli, progettò e curò l'esecuzione di un tratto della via Nomentana fuori Porta Pia, presentò l'invenzione di uno strumento per la misurazione della latitudine e longitudine delle strade in luogo della "catena", ma si distinse specialmente per la sua abilità in campo architettonico ed i suoi interessi archeologici. Aveva portato a termine nel 1817 il rilievo topografico del Palatino "con tutto quel che ivi esiste antico e moderno", il disegno del Foro Romano, del Monte Pincio e della "Passeggiata sul Tevere", aveva misurato "tutti gli antichi monumenti dati in luce dal Feoli", e soprattutto aveva eseguito durante il governo francese i disegni dei sotterranei "interrati" dell'arena del Colosseo, poi rivisti e perfezionati tra il 1819 ed il 1820 "per offrirli in dono al governo" pontificio; si tratta degli ipogei presenti nell'arena centrale del Colosseo dei quali l'unica pianta conosciuta è quella eseguita da Luigi Valadier, attualmente conservata presso l'Archivio di Stato di Roma43. 42 La pratica di Paolo Provinciali si trova schedata con il n. 112 nel quaderno n. 2, ASR, Consiglio d'Arte, e completa di allegati nella b. 3, con il medesimo numero. 43 La posizione di Luigi Valadier si trova riassunta nel quaderno n. 2 con il numero 75, mentre manca la pratica con gli allegati; le 14 piante del Colosseo si trovano nella collezione Extravagantes con il n. 28/6. Inoltre nell'archivio della Presidenza delle strade, b. 389/1 si trova a lettera con cui il cardinal Consalvi comunica al Presidente delle strade l'avvenuta promozione di Luigi Valadier da ingegnere aspirante ad ingegnere ordinario di seconda classe delle strade urbane, con lo stipendio di 180 scudi all'anno, per la realizzazione, tra l'altro, dei disegni e rilievi degli ipogei del Colosseo.

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Un organigramma degli ingegneri pontifici "distribuiti per ciascun servizio", compilato certamente nel 1818, subito dopo la selezione delle domande degli aspiranti ingegneri, offre un quadro chiaro delle nuove suddivisioni interne del servizio di acque, strade e fabbriche, degli ingegneri addetti ai ciascun servizio, circa 90 in totale, delle loro attribuzioni e compiti, residenza e capitoli sui quali pagare i loro stipendi e trasferte; nel dicembre 1819 il cardinal Consalvi, dopo due anni di sperimentazione della nuova organizzazione del servizio di acque, strade e fabbriche, apportò alcune modifiche all'organico degli ingegneri, che fu ridotto a 75 posti, dimezzando il numero degli ispettori e diminuendo di qualche unità anche i gradi di ingegnere in capo, ordinario e aspirante, al fine, cosi scrisse, di rendere più spedito il disbrigo degli affari amministrativi44. Si possono istituire diversi confronti fra l'organigramma del 1818 ed un altro elenco di una sessantina di ingegneri in servizio presso l'amministrazione di acque e strade e fabbriche camerali, senza data ma risalente probabilmente al 1828, dopo la riduzione dell'organico, il quale contiene nomi e cognomi, età, residenza, grado, tempo di servizio prestato nel Corpo e precedentemente, onorario mensile, accompagnato da osservazioni relative agli anni di servizio complessivamente prestati presso l'amministrazione pubblica, di quanti furono prescelti per occupare i posti in organico del Corpo degli ingegneri pontifici; il criterio seguito nell'immissione in ruolo sembra essere quello dell'anzianità di servizio, per cui gli architetti e gli ingegneri con più esperienza ricoprirono i gradi più elevati della gerarchia (ingegnere in capo, ispettore, ingegnere ordinario) mentre chi non poteva vantare servizi precedenti rimase nel gradino più basso della carriera, aspirante ingegnere45. L'attività incessante che gli ingegneri pontifici iniziarono subito dopo la loro assunzione in servizio nel 1817, è documentata nell'archivio del Consiglio d'Arte, serie Strade nazionale e provinciali e Lavori idraulici nazionali e provinciali, ricco di progetti, disegni, piante, topografie di strade, ponti, canali, porti, opere di bonifica, sottoposti al vaglio e all'approvazione del Consiglio d'Arte prima della realizzazione; la documentazione contabile (perizie, preventivi, rapporti con le ditte appaltatrici), le memorie e le relazioni di lavoro si trovano invece nell'archivio del Corpo degli Ingegneri pontifici di acque e strade (18171870) poi Corpo reale del Genio Civile (1870-1889); i carteggi, le istruzioni agli ingegneri del Corpo, i regolamenti, le determinazioni di massima circa la materia di acque e strade, le pratiche complete dei lavori curati dagli ingegneri per conto dell'amministrazione, sono conservati fino al 1833 fra gli Atti sciolti dell'archivio della Presidenza delle strade e successivamente fra le carte della Prefettura generale di acque e strade poi divenuta dal 1848 Ministero dei Lavori Pubblici46. È stato detto che la professione dell'ingegnere nei paesi europei fu fortemente segnata dall'esperienza napoleonica e che essa conobbe una rapida diffusione ed un accrescimento di prestigio proprio nell'epoca della Restaurazione, periodo caratterizzato peraltro da un costante interesse dello Stato all'ampliamento delle infrastrutture destinate ad incrementare la comunicazione ed i commerci47.

44 L'organigramma è conservato in ASR, Consiglio d'Arte, b. 5. Il testo del biglietto della Segreteria di Stato contenente le modifiche apportate all'organico degli ingegneri e il quadro con la nuova distribuzione del personale si trova in Nicolai, Sulla Presidenza, cit., pp. 82-383. 45 L'elenco citato, probabilmente una minuta, si trova unito ai quaderni 1-4 contenenti il sommario delle domande degli aspiranti ingegneri, nell'archivio del Consiglio d'Arte, b. 1 46 I fondi documentari citati sono conservati presso l'Archivio di Stato di Roma; poche carte relative agli ingegneri pontifici si trovano inoltre nella miscellanea denominata Appendice al Camerlengato pure all'Archivio di Stato di Roma. 47 M. MINESSO, L'ingegnere, cit., pp. 261 ss.

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Nello stato pontificio i tecnici delle costruzioni, ingegneri ed architetti, avevano esercitato, durante l'ancien régime, la loro professione fondamentalmente su base privata ed occasionalmente chiamati ad offrire le loro prestazioni nel campo dei lavori pubblici, per tranches di lavoro ben determinate (perizie, preventivi, misure e stime, progetti, collaudi) e sempre sulla base di un rapporto di lavoro privatistico, non si erano mai inseriti stabilmente negli organici della pubblica amministrazione. Esistevano certamente gli architetti della Presidenza delle strade, i quali seguivano, dalla fine del XV secolo al XVIII, in maniera continuativa, per conto dell'amministrazione delle strade i cantieri aperti dai privati a Roma per costruire o ristrutturare edifici ed i lavori di riparazione della rete stradale compiuti da ditte appaltatrici; inoltre gli architetti camerali si occupavano fin dal Cinquecento di curare per conto del sovrano pontefice le varie fasi, dalla progettazione alla esecuzione, delle grandi "fabbriche camerali", ma le loro competenze erano prevalentemente limitate al settore edilizio e ad una fascia ristretta di operazioni. Mancava, come è noto, una concezione unitaria delle opere pubbliche ed era assente una progettazione statale di lungo respiro per equipaggiare il territorio dello stato di quelle opere, strade, ponti, canali, considerate di pubblica utilità. La rete viaria dello stato era rimasta fino all'invasione dei francesi, priva di un intervento statale globale e coerente: l'iniziativa e la responsabilità della costruzione e della riparazione delle strade e ponti, porti e canali dello stato pontificio era generalmente demandata alle comunità e ai proprietari di terreni circostanti, che affidavano i lavori a ditte tramite appalti pluriennali; la sorveglianza dei cantieri era poi estremamente parcellizzata tra diversi organismi istituzionali, dalla Congregazione del Buon Governo alla Presidenza delle strade, limitata a poche visite annuali effettuate da architetti ed ispettori statali, per cui gli appaltatori avevano buon gioco ad imporre le loro condizioni ed i loro metodi di lavoro, dato che, tra l'altro, gli accordi contrattuali non potevano essere rivisti che ogni nove o dieci anni. Nella città di Roma ad esempio accadeva spesso che i privati intervenissero personalmente, con propri muratori, per provvedere alla riparazione del tratto di strada o piazza o fognatura antistante la loro abitazione48. La situazione di disordine e di confusione che regnava nel settore dei lavori pubblici di acque e strade si presentò agli amministratori francesi, nei primi anni del XIX secolo, in tutta la sua irregolarità, assolutamente incompatibile con le esigenze di rapidi spostamenti di truppe e la necessità di continui contatti con la capitale dell'impero. L' intervento legislativo non si fece attendere e nell'imporre il modello amministrativo ampiamente sperimentato in Francia da più di mezzo secolo, i dominatori compresero quanto fosse importante la collaborazione dei tecnici pontifici, architetti e geometri, periti idraulici e agrimensori, senza la cui partecipazione non si sarebbe mai potuto varare la nuova organizzazione dei lavori pubblici. La breve esperienza francese ebbe senz'altro il merito di aver uniformato le varie esperienze e la diversa preparazione teorica e pratica dei tecnici pontifici nel campo dei lavori pubblici, inquadrandoli per la prima volta in una corporazione professionale, quella degli ingénieurs des ponts et chaussées, alla quale si delegava la realizzazione di una serie di obiettivi vitali nel campo delle comunicazioni tra i territori annessi all'impero e la capitale; la novità del

48 Per un'informazione più approfondita sull'amministrazione delle strade nello stato pontificio durante ì secoli XV-XVIII si rimanda ai lavori pubblicati sull'argomento da Daniela Sinisi ed Orietta Verdi in varie occasioni, citati comunque dettagliatamente negli articoli di D. Sinsi, La Presidenza delle strade ed il suo archivio nel XVIII secolo, e di O. VERDI, Licenze edilizie a Ronza nel secolo XVIII, in "Ronza Moderna e Contemporanea", II (1994), 2, rispettivamente alle pp. 491-502 e 503-516.

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modello organizzativo francese risiedeva soprattutto nell'aver creato e fornito al personale tecnico motivazioni e finalità che coincidevano con i piani governativi di sviluppo della rete stradale, nell'aver impresso agli appartenenti al Corpo una coesione professionale senza precedenti nell'amministrazione pontificia, aumentandone in maniera sostanziale competenze attribuzioni e responsabilità. La ripresa, con la creazione della direzione generale di acque e strade, della struttura amministrativa di Ponts et chaússèes nello stato pontificio, rilanciò in maniera definitiva la nascita della professione di ingegnere civile, funzionario di un'amministrazione pubblica efficiente e ben organizzata, capace di conseguire obiettivi impensabili solo due decenni prima. La contemporanea istituzione di una struttura idonea alla formazione scientifica degli aspiranti ingegneri definì il legame inscindibile tra stato, sapere scientifico e funzionari tecnici. La frequenza alla scuola assicurò, dal 1817 in avanti, un reclutamento di funzionari con una preparazione scientifica omogenea in tutti i campi di attività dei lavori pubblici, dall'edilizia all'idraulica, una perfetta disciplina, un forte spirito di corpo. L'organizzazione centralizzata dei lavori pubblici infine pei mise al governo pontificio di realizzare progressivamente il controllo del territorio dello stato, dotandolo di una rete stradale sempre più efficiente e ramificata, capace di espletare rapidamente i servizi postali e commerciali e di rendere più rapide le comunicazioni con le province più lontane dello stato. Le centinaia di pratiche provenienti da tutte le delegazioni dello stato, relative ai lavori in corso nella prima metà del secolo XIX per la riparazione, manutenzione, nuova costruzione di strade, ponti, canali, porti, argini, ferrovie, opere di bonifica, mulini, opifici, diretti e curati con grande diligenza dagli ingegneri del Corpo, dimostrano meglio di qualsiasi argomento come un'amministrazione efficiente avesse in breve tempo riconquistato allo stato terre, fiumi e strade abbandonati e dimenticati fino a qualche decennio prima.

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